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PROGETTO DI RICERCA TESI DI DOTTORATO: IL SISTEMA DEI PERMESSI NEGOZIABILI PER LA GESTIONE DELL’ACQUA Greti Lucaroni

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PROGETTO DI RICERCA

TESI DI DOTTORATO:

IL SISTEMA DEI PERMESSI NEGOZIABILI PER LA GESTIONE DELL’ACQUA

Greti Lucaroni

PREMESSA

La risorsa idrica, come la gran parte delle risorse ambientali è stata da sempre considerata

una risorsa libera, disponibile in quantità illimitate e per questo, pur essendo fondamentale per

la determinazione del benessere, non era mai entrata nella sfera dell’economia in quanto non

oggetto di scambio all’interno del mercato.

Il nostro modello economico, economia di mercato basata sulla proprietà privata dei fattori

di produzione, affida il conseguimento dell’uso ottimo delle risorse economiche ai

meccanismi del mercato. Come è stato più volte sottolineato nell’ambito dell’economia

ambientale, se una risorsa economica rimane fuori da questi meccanismi difficilmente se ne

realizza un uso razionale, come accade a tutti i beni economici ai quali non viene attribuito un

valore di scambio nel mercato.

In mancanza della “mano invisibile” del mercato che conduce alla razionalità del sistema,

l’alternativa che resta per conseguire un assetto razionale dell’uso di queste risorse è quella

della pianificazione di interventi di politica ambientale mirati.

L’inadeguata gestione delle risorse idriche pone una grave sfida allo sviluppo sostenibile

mondiale, considerata la scarsità della risorsa in alcune aree geografiche che ne limita

considerevolmente l’uso umano e che provoca il degrado dell’ecosistema.

Garantire un uso sostenibile delle risorse idriche è una necessità strategica ampiamente

riconosciuta in Europa e uno degli obiettivi principali riportati nella importante direttiva

quadro sulle acque adottata dall’Unione europea.

Una fornitura affidabile e la protezione delle risorse idriche tramite una corretta gestione

sono indispensabili per sostenere tutti gli aspetti della vita umana e di quegli ecosistemi che

dipendono da esse.

Mentre l’uso dell’acqua varia in Europa a causa dei diversi climi, culture, costumi,

economie e condizioni naturali, sono molti i paesi che affrontano la sfida comune di gestire

delle risorse idriche limitate sia in termini di quantità che di qualità.

Un’efficace tutela dell’ambiente, in particolare delle risorse idriche, viste come condizione

primaria della sostenibilità dello sviluppo, non si può realizzare con il tradizionale approccio

settoriale e di emergenza, ma richiede una politica preventiva che incida sulle cause e porti

quindi ad una revisione delle politiche economiche e sociali che determinano le

trasformazioni dell’ambiente.

Coerentemente con questa idea, lo sviluppo sostenibile e la tutela dell’acqua vengono

inserite in diversi rapporti internazionali.

A Rio de Janeiro, nel 1992, la Conferenza delle Nazioni Unite per l’ambiente e lo sviluppo

chiude la fase “costituente” che, nell’arco di un ventennio, a partire dalla Conferenza

dell’ONU sull’ambiente umano (Stoccolma, 1972), ha determinato in tutti i paesi democratici

lo sviluppo delle politiche pubbliche per l’ambiente.

Rispetto a Stoccolma, la Conferenza di Rio rappresenta un elemento di continuità e,

insieme, di rottura. Prende atto, infatti, dei risultati ottenuti, in termini di mitigazione degli

inquinamenti, di produzione normativa, di istituzionalizzazione della questione ambientale, di

spesa pubblica per l’ambiente, di sensibilità popolare per il tema, ma constata anche che tutto

ciò non basta a incidere sulle cause dei problemi né, soprattutto, ad affrontare gli aspetti

globali della crisi.

Con la Conferenza di Johannesburg (2002) si sancisce in modo definitivo l’importanza

dell’acqua per lo sviluppo delle attività umane, ma anche per la “semplice” sopravvivenza

dell’uomo.

Nei Trattati dell’Unione Europea, da quello di Maastricht (febbraio 1992) a quello di

Amsterdam (luglio 1997), il perseguimento di questi indirizzi rappresenta un obbligo per

l’Unione e per gli Stati membri.

Il Sesto programma d’azione a favore dell’ambiente e di uno sviluppo sostenibile

(“Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta”) contiene sostanziali novità di approccio

rispetto ai precedenti programmi ambientali dell’Unione.

Questo si presenta come lo strumento di attuazione in ambito comunitario delle politiche

ambientali e costituisce il quadro unitario di riferimento per le politiche degli Stati membri.

Nel corso degli anni, la Comunità europea ha prodotto numerosi documenti programmatici

volti all’integrazione degli obiettivi di sostenibilità nelle principali linee di attività. L’insieme

di questi documenti configura il tentativo di avviare un’ampia modernizzazione della società

europea, mediante la realizzazione di riforme strutturali.

L’orizzonte delle politiche di sostenibilità ne risulta notevolmente ampliato, ma soprattutto,

sul piano teorico, si delinea la possibilità di un intervento a tutto campo dell’Unione nel

merito delle politiche economiche e sociali, finora lasciate alla sussidiarietà.

Nel caso delle risorse idriche le scelte pianificatorie finiscono con l’uscire dall’ottica delle

semplici decisioni sulle modalità d’uso dell’acqua e diventano occasione per la verifica della

compatibilità della coerenza delle ipotesi di sviluppo nella loro triplice accezione sociale,

economica ed ambientale.

L’acqua, fra le varie risorse ambientali, ha le caratteristiche più marcate di fattore di

produzione ed è per questo che è la prima per la quale si sente oggi la necessità di un

approccio economico.

Oggi non è più possibile ingessare un sistema socio-economico e territoriale dentro un

rigido piano per le risorse idriche, qualunque esso sia.

La pianificazione non basta più, bisogna chiedere aiuto ai meccanismi più duttili e flessibili

di mercato per trovare la via dell’utilizzo ottimo della risorsa nel contesto di riferimento.

Il passaggio dalla pianificazione al “governo” comporta una profonda modifica delle

modalità di approccio e della strumentazione tecnica ed amministrativa.

Di tutti i settori regolamentati dalla politica ambientale comunitaria, quello dell’acqua ha

prodotto la legislazione più vasta consistente in più di quaranta testi tra regolamenti, direttive

e decisioni e, adottando approcci in materia di protezione delle acque, che si sono evoluti,

negli ultimi vent’anni, in modo significativo. Le modalità di governo sancite dalla

legislazione comunitaria, possono essere suddivise in tre fasi.

All’inizio degli anni Settanta, a seguito delle prime Convenzioni sulla protezione delle

acque, si è dato maggior peso alla protezione dall’inquinamento causato da alcune sostanze

pericolose, per le quali vennero fissati valori limite di emissione per gli scarichi industriali e/o

obiettivi di qualità ambientale per i ricettori finali.

In seguito, si è ritenuto utile definire criteri di qualità per i diversi usi dell’acqua adottando,

ad esempio, le Direttive sulla qualità delle acque superficiali destinate alla produzione

d’acqua potabile, sulla qualità delle acque di balneazione, sul consumo umano, ecc., e

fissando valori limite per i diversi parametri fisici, chimici e biologici.

Si tratta, in entrambe le fasi, della definizione di standards qualitativi imposti dall’autorità

pubblica.

Negli anni seguenti è andata maturando la consapevolezza che una legislazione così

complessa, basata sul concetto di obiettivi di qualità ambientale, non fosse comunque

sufficiente per la protezione dell’ambiente acquatico.

Per fronteggiare le diverse nuove situazioni, negli anni Ottanta è stato proposto un

approccio definito qualità minima delle acque basato su limiti rigidi, vincolanti i più

importanti parametri fisico-chimici.

Da queste indicazioni è emersa la proposta del Consiglio Ambiente CEE (1988) di definire

linee direttrici per una gestione integrata delle risorse idriche.

Le norme comunitarie più recenti, ad esempio le Direttive sul trattamento delle acque

reflue urbane (91/271/CEE) e la 91/676/CEE (direttiva nitrati) che combinano la definizione

degli obiettivi di qualità ambientale con la fissazione di valori limite d’emissione, confermano

l’applicazione dell’approccio combinato alla protezione delle acque. Anche la Direttiva

96/61/CEE sulla prevenzione e riduzione integrale dell’inquinamento, che fissa valori limite

di emissione per le industrie interessate basandosi sulla Best Available Technology, indica

che, quando le condizioni locali consentono l’adozione di misure meno rigorose, i valori

limite d’emissione possono tener conto della ubicazione geografica e delle condizioni

ambientali locali.

Ma lo strumento fondamentale che abbiamo per realizzare questo cambiamento nella

gestione delle acque è la direttiva 2000/60/CE del 23.10.2000 che istituisce un quadro per

l’azione comunitaria in materia di acque.

La Direttiva conferma l’impianto organizzativo per distretti idrografici ma introduce alcuni

nuovi e fondamentali elementi che costituiscono il presupposto per realizzare il processo di

internalizzazione della risorsa idrica nei sistemi economici. In particolare fornisce l’impianto

normativo per lo studio dei permessi negoziabili come strumento di gestione delle acque.

Bisogna guardare all’adozione di questa Direttiva per iniziare l’attuazione del corpo di

regole necessarie a gestire la fase di ingresso dell’acqua nella sfera dell’economia e la

creazione degli strumenti più opportuni per gestire gli inevitabili impatti.

Nella Direttiva, si conferma l’adozione di un approccio combinato alla protezione delle

acque. La proposta prevede una serie di obblighi che consentiranno di fissare obiettivi e

norme di qualità ambientale fondati su una base comune a tutta la Comunità.

Il documento rappresenta la base della strategia europea in materia di acqua in quanto mira

a proteggere e migliorare la qualità degli ecosistemi acquatici, a promuovere un uso

sostenibile dell’acqua basato su una gestione a lungo termine, e a garantire la disponibilità di

una giusta quantità d’acqua quando e dove necessario.

Importante passo della Comunità sarà la realizzazione del Sesto Programma d’azione nel

quale i problemi delle acque occupano una posizione rilevante. L’azione rivolta a questi

problemi ha individuato temi prioritari come combattere l’inquinamento; promuovere il

razionale uso dell’acqua; combattere le deficienze idriche persistenti; prevenire e gestire le

situazioni di crisi.

Sulla stessa linea, l’OCSE sta intraprendendo una serie di attività per migliorare le

politiche di gestione delle risorse idriche nei Paesi membri e non membri, basandosi sulle

recenti esperienze. Gran parte di queste attività consiste nel sostenere gli obiettivi concordati a

livello internazionale, inclusi quelli riguardanti l’accesso all’acqua potabile e ai servizi

igienici.

In Italia, la legislazione sulle acque, per un lungo periodo, si è sviluppata per strati

successivi, avendo come oggetto non tanto le risorse idriche quanto le attività connesse con le

stesse. La struttura amministrativa si è frazionata per materie corrispondenti alle varie attività

mentre la dottrina giuridica ha dedicato particolare attenzione allo studio di categorie generali

di usi pubblici, con particolare riferimento ai beni demaniali di uso generale.

La nostra legislazione in materia ambientale, e quella in materia di risorse idriche in

particolare, è attualmente tutta strutturata sulla pianificazione, dal Piano Regolatore generale

degli acquedotti (1963) al piano di risanamento delle acque (legge 319/76) per arrivare al

Piano di Bacino (legge 183/89) e ai Piani di tutela dei corpi idrici (D.lgs 152/99).

Nelle prime norme nazionali è preminente la preoccupazione di garantire le diverse utenze,

prescindendo da valutazioni di compatibilità degli usi con il mantenimento di adeguate

caratteristiche quali-quantitative dei corpi idrici interessati dai prelievi.

In particolare, il costo dell’acqua determinato dall’esistenza di una tassa si differenzia solo

in base alla destinazione d’uso e alla quantità senza criteri qualitativi. In un certo senso si

paga per l’utilizzo dell’acqua sulla base dei costi di distribuzione dell’acqua e non

considerando il depauperamento quantitativo e qualitativo della risorsa.

Lo sviluppo socio-economico, accentuando gli squilibri tra domanda e offerta di acque

idonee ai diversi usi, ha posto le premesse per un cambiamento radicale, tradotto solo

parzialmente in conseguenti disposizioni normative.

Il processo di cambiamento è stato avviato dalla L.319/76 (legge Merli), che ha dettato una

disciplina degli scarichi, degli insediamenti produttivi, sostanzialmente uniforme e demandato

alle Regioni le attività più propriamente legate agli aspetti pianificatori, con particolare

riguardo alla predisposizione del Piano Regionale di Risanamento delle Acque.

I compiti che la legge assegnava alle Regioni, se da un lato hanno consentito

l’affermazione del ruolo essenziale inerente l’espletamento delle funzioni di pianificazione

programmazione e coordinamento, dall’altro hanno messo in luce l’inadeguatezza dei

contenuti dello strumento Piano, sostanzialmente riconducibile ad una programmazione degli

adeguamenti delle reti di fognatura e degli impianti di depurazione.

Solo con le successive modifiche della Merli sono state introdotte disposizioni, anche

riferite alla pianificazione e riguardanti specifiche sostanze e particolari usi delle acque, più

direttamente mirate alla protezione della risorsa.

I risultati sono stati insufficienti sia per le carenze delle strutture di controllo, sia per

l’equivoco di una politica ambientale fondata prevalentemente sui divieti, sia per lo

scollamento fra la gestione della quantità e quella della qualità delle acque.

La situazione non è stata sostanzialmente modificata da provvedimenti legislativi di portata

innovativa quale, per gli aspetti più propriamente legati alla pianificazione, quello sulla difesa

del suolo (L.183/89 che istituisce l’Autorità di Bacino), non collegato organicamente con la

legislazione preesistente e fonte pertanto d’incertezze su aspetti anche sostanziali.

Più di recente, a dimostrazione del cambiamento culturale intervenuto, la L.36/94 (legge

Galli) ha introdotto il principio di salvaguardia del bene acqua per le generazioni future,

indirizzando gli usi al risparmio e al rinnovo delle risorse per non pregiudicare il patrimonio

idrico, visto in forma complessiva e integrata.

La politica delle risorse idriche, oggi, è ormai stabilmente inserita nel quadro, più generale,

della politica ambientale sostenibile, e la legge Galli e il D.Lgs.152/99 e s.m.i., che definisce

la disciplina generale per la tutela delle acque superficiali e sotterranee attraverso la riduzione

dell’inquinamento e il perseguimento di usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, hanno

sancito l’avvento di una nuova cultura dell’acqua dichiarando che l’uso delle risorse idriche

deve essere compatibile con l’ambiente e con le necessità delle generazioni future.

Nella legislazione italiana si è avviato un processo di riforma, centrato sull’individuazione

di nuovi livelli di coordinamento che superano i confini amministrativi tradizionali e

dovrebbero costituire il nuovo sistema di pianificazione e di governo delle risorse idriche.

Alla funzione di governo si richiede oggi di decidere come allocare le risorse fra i diversi

usi attraverso il bilancio domanda-disponibilità, di stabilire come garantire la loro

disponibilità quali-quantitativa e i requisiti da rispettare nei vari usi, di realizzare le

infrastrutture destinate ad assicurare tale disponibilità, di stabilire i ruoli di tutti i soggetti

pubblici e privati, di controllare i risultati delle loro funzioni connesse all’uso delle risorse

ambientali.

La tutela della risorsa acqua, in particolare, richiede un’azione unitaria e integrata, non

settoriale e isolata, e necessita di una prevenzione non limitata ai soli corpi idrici, ma che

tenga in considerazione tutti i fenomeni e tutte le attività antropiche che direttamente o

indirettamente incidono sulla qualità della risorsa acqua.

BREVE INTRODUZIONE AI PERMESSI NEGOZIABILI

Negli ultimi anni si è sviluppata una letteratura sempre più vasta sui tentativi di includere i

concetti di “mercati dell’acqua” e “incentivi di mercato” nella gestione delle risorse idriche.

La rapida crescita della popolazione e del reddito pro capite hanno avuto come conseguenza

quella di una maggiore scarsità d’acqua e di un incremento nell’inquinamento della stessa.

I problemi nel settore idrico sono correlati alla divergenza tra il prezzo dell’acqua e il suo

costo in termini economici, divergenza che è dovuta principalmente alla presenza di sussidi

diretti o indiretti, all'esistenza di fallimenti delle istituzioni e del mercato ed all'assenza di

diritti di proprietà ben definiti sulle risorse idriche.

In presenza di un sistema di diritti negoziabili di inquinamento dell'acqua (TWPR -

Tradeable water pollution rights), l’autorità di regolazione stabilisce un limitato numero di

permessi di emissione, allo scopo di ottenere standard di qualità dell’acqua sostenibili.

Ciascun permesso consente al titolare di emettere un’unità di sostanza inquinante specifica

durante un determinato periodo di tempo. La distribuzione dei permessi può avvenire in base

al consumo storico (grandfathering) o per mezzo di vendite all’asta.

I titolari possono scambiare i permessi sul mercato per cui, ad esempio, una fonte

inquinante che ha bassi costi di riduzione dell’inquinamento può aumentare la propria

capacità di depurazione e vendere i permessi a fonti che, invece, hanno alti costi di riduzione

dell’inquinamento. In tal modo, si minimizza il costo totale di riduzione dell’inquinamento.

Quando gli scarichi sono situati in punti differenti lungo la falda acquifera, il prezzo dei

permessi dovrebbe riflettere le diverse posizioni delle fonti e i vari tipi di impatto dei loro

scarichi sulla qualità dell’acqua.

In alcuni paesi, i programmi TWPR si stanno espandendo non solo nella quantità, ma

anche nell’ampiezza dei progetti in cantiere. Viene incoraggiato sempre più lo scambio tra

diverse combinazioni di fonti puntuali e fonti non puntuali. I partecipanti possono essere enti

singoli, gruppi di enti o enti simili, o anche un intero Stato.

Una struttura analoga caratterizza i programmi basati su diritti negoziabili di consumo

dell'acqua (TWAR – Tradeable water abstraction rights).

Infatti, come i TWPR tendono a redistribuire il peso della riduzione dell'inquinamento

verso le imprese con tecnologie più efficienti, così i TWAR cercano di ridistribuire l’acqua

disponibile verso l’uso più efficiente della risorsa. L’impiego di diritti negoziabili sull'acqua

si prefigge lo scopo di inviare segnali di domanda e di offerta agli agenti del settore per

preservare le acque, coordinare l’utilizzo delle stesse e fornire agli agenti privati maggiori

incentivi ad investire nel mantenimento del capitale del settore idrico.

I diritti negoziabili sull'acqua possono, inoltre, soddisfare gli obiettivi degli ambientalisti,

permettendo loro di intervenire sul mercato dei permessi stessi per migliorare la qualità

dell’acqua. Un'associazione ecologista, infatti, può potenzialmente acquistare i permessi di

inquinamento per ritirarli dal mercato. Così facendo essa non solo riduce i permessi

effettivamente impiegati (e dunque l'inquinamento idrico esistente), ma aumentando la

domanda dei permessi ne incrementa il prezzo, aumentando così anche il costo che deve

sostenere un'impresa per poter inquinare.

Esistono, tuttavia, una serie di note obiezioni all’utilizzo di strumenti economici nella

gestione dell’acqua. Tali argomenti vanno da questioni di carattere etico fino all'esistenza di

fallimenti del mercato e all’ineguale distribuzione delle risorse.

STRUTTURA ANALITICA

Il concetto dei permessi negoziabili viene attribuito a Dales (1968), che li propose come

un’alternativa alle tasse per l’ottenimento di un set di standard ambientali predeterminati.

Secondo Dales, bisognerebbe stabilire dei diritti di proprietà per le risorse ambientali e poi

venderli al migliore offerente.

Montgomery (1972) mise a punto i fondamenti teorici dei permessi negoziabili nel

contesto di un modello di equilibrio economico generale. Nel modello, l’inquinamento viene

considerato come un’esternalità che può essere scambiata in un mercato decentralizzato

caratterizzato da licenze di emissione. In tal modo, l’autorità di regolazione, nel raggiungere

un dato obiettivo di qualità dell’ambiente, può gestire l’inquinamento proveniente dalla fonti

industriali a costi minori per ciascuna regione. Montgomery mostra che, coerentemente col

teorema di Coase, in un mercato concorrenziale dei permessi, l’efficienza nei costi viene

raggiunta indipendentemente dall’allocazione iniziale.

Come sottolineavano i lavori di Dales (1968) e Montgomery (1972), il vantaggio

economico dei permessi negoziabili nasce dal fatto che il prezzo dei permessi è uguale per

ogni fonte inquinante, perciò, attraverso il meccanismo del prezzo, è possibile uguagliare il

costo di abbattimento marginale delle imprese in ogni dato periodo. In tal modo, l’autorità di

regolazione può sicuramente raggiungere l’obiettivo fissato in termini di quantità di sostanze

inquinanti al minimo costo sociale. Questi contributi hanno, tuttavia, un carattere

prevalentemente statico, in quanto l'attenzione sull'allocazione ed il funzionamento dei

permessi si focalizza in un singolo periodo.

La base concettuale dinamica per i permessi negoziabili viene invece attribuita a

Tietenberg (1985). In uno scenario dinamico, nel quale siano consentite le operazioni bancarie

sui permessi e il prestito degli stessi, il valore attuale netto del costo di abbattimento

marginale viene uguagliato nei vari periodi di tempo (Hagem e Westskog, 1998).

Il concetto di prezzo dei permessi fornisce, inoltre, un segnale per coloro che si apprestano

ad entrare sul mercato riguardo alla scarsità della qualità ambientale, relativamente ad altri

bacini e alle opportunità di abbattimento tecnologico.

Questi primi contributi dettero luogo ad un’ampia letteratura focalizzata su modelli teorici.

Tali modelli trattavano alcuni degli aspetti che possono influire negativamente sull’impiego

dei permessi, tra i quali i costi di transazione, l’incertezza riguardo profitti e benefici futuri,

l'esistenza di informazione asimmetrica, gli strumenti di regolazione preesistenti, il grado di

monitoraggio e di applicazione dei permessi e la volatilità del prezzo degli stessi. Nonostante

le criticità che questi aspetti pongono riguardo all'utilizzo dei permessi, la conclusione

generale emergente dalla letteratura è che i permessi negoziabili rappresentano una misura

efficiente in termini di costo per limitare il livello totale di emissioni inquinanti.

Per quanto concerne i sistemi basati su diritti negoziabili di inquinamento dell'acqua

(TWPR), esiste un ampio consenso in letteratura sul fatto che essi debbano essere specifici

per ciascun bacino idrico, a seconda della natura di ogni bacino, delle caratteristiche

biologiche, degli agenti inquinanti specifici, del tipo di fonti inquinanti, della normativa di

regolazione esistente e del contesto sociale. Tuttavia esistono alcuni elementi comuni

nell’implementazione di tali sistemi. In tutti gli schemi di implementazione, infatti, l’autorità

di regolazione stabilisce un obiettivo, una data quantità di sostanze inquinanti che il bacino

può tollerare per poterne preservare la sostenibilità. La quantità viene espressa in un’unità di

misura omogenea per un dato periodo di tempo; questa quota di inquinamento viene poi

distribuita sotto forma di permessi che consentono ai rispettivi titolari di emettere un

determinato ammontare di sostanze inquinanti.

I permessi vengono allocati gratuitamente tra i vari titolari oppure vengono scambiati

dietro il pagamento di una somma, in base al consumo storico o per mezzo di aste. Di

conseguenza, i permessi possono essere venduti sui mercati privati a determinate condizioni

da imprese con bassi costi di abbattimento a imprese con alti costi di abbattimento.

Tra i compiti dell’attività di regolamentazione c’è anche il monitoraggio di quantità

eccessive di inquinamento, come nel caso delle sanzioni per le inadempienze, tali che il costo

atteso del mancato adempimento ecceda il costo dell’inosservanza delle norme. Il

monitoraggio dei mercati svolge un ruolo cruciale nel determinare l'efficacia di un sistema di

permessi negoziabili. Ad esempio, la presenza di monopoli nel mercato dei permessi può

generare barriere all’entrata di nuove fonti inquinanti che limitano la possibilità di scambiare i

permessi e l'incentivo ad adottare tecnologie meno inquinanti per evitare di dover acquisire il

permesso (Hahn 1984, Hagem e Westskog 1998). Ciò rende dunque necessario il ricorso ad

un sistema di monitoraggio che sia in grado di garantire la concorrenzialità sul mercato dei

permessi che sola può favorirne il corretto funzionamento sul piano economico e l'efficacia

nel raggiungimento degli obiettivi ecologici.

Esistono due tipi di fonti di inquinamento dell’acqua: quelle puntuali e quelle non puntuali.

Mentre le prime sono fisse e facilmente identificabili nel momento stesso in cui scaricano

nell’acqua elementi inquinanti, le fonti non puntuali sono diffuse e non possiedono punti

d’entrata chiaramente definiti. La regolazione delle fonti non puntuali richiede il controllo di

fonti inquinanti diverse, indipendenti e di piccole dimensioni. Perciò, alcuni autori ritengono

che regolare tali fonti sia oneroso dal punto di vista amministrativo ed economicamente

inefficiente a causa degli alti costi di transazione del monitoraggio (McCann e Easter, 1999).

Com'è noto, tuttavia, in molti bacini idrici le fonti inquinanti più grandi sono proprio quelle

non puntuali e, per di più, la riduzione dell'inquinamento derivante da fonti non puntuali

generalmente costa meno della riduzione di quello da fonti puntuali (Jarvie e Solomon, 1998).

Le esperienze dei vari paesi riguardano principalmente o scambi tra fonti puntuali o scambi

tra fonti non puntuali. Per ottenere un’implementazione adeguata di uno scambio fonte

puntuale-fonte non puntuale, invece, è necessario che siano soddisfatte tre condizioni

fondamentali (Zhang e Wang, 2002): (i) le fonti non puntuali devono essere significative e

contribuire su larga scala all’inquinamento delle acque, (ii) l’abbattimento dell’inquinamento

non puntuale deve essere possibile ed efficace e (iii) il costo di abbattimento delle fonti non

puntuali deve essere meno gravoso del costo di abbattimento di ulteriori fonti puntuali.

La complessità del bacino idrografico è un altro aspetto molto importante da considerare

nella progettazione di sistemi TWPR. Il legame tra attività agricole ed inquinamento è una

variabile stocastica dipendente non solo da fenomeni naturali, quali le condizioni climatiche,

ma anche da altri parametri, quali le caratteristiche di terreni e bacini idrografici. Inoltre, i

movimenti del fondo delle acque sono difficili da monitorare cosicché esiste uno scarto tra

emissioni e rilevamento dell’inquinamento. Poiché questo genera incertezza circa la reale

qualità di un bacino idrografico, alla lunga potrebbe sorgere un problema di irreversibilità

ambientale. In ogni caso, tali ostacoli sono rilevanti in tutte le politiche di regolamentazione

dell’inquinamento idrico e non solo nel caso di sistemi TWPR.

Esistono poi alcuni ostacoli di natura geografica per i mercati basati sui permessi

negoziabili. Uno di questi è relativo al fatto che l’inquinamento dell’acqua è limitato al bacino

idrico, cosicché il numero delle fonti d’inquinamento può essere esiguo con un conseguente

mercato ridotto. Un altro problema è la variabilità degli impatti ambientali sul bacino idrico a

seconda del punto di scarico: ciò può dare origine a luoghi di eccessivo scarico cosicché è

probabile che venga violato l’obiettivo prefissato (Woodward, 2003). Quest’ultimo problema

potrebbe essere risolto con regole sullo scambio stringenti e proporzioni adeguate; ciò

produrrebbe una perdita di flessibilità, ma l’ambiente ne trarrebbe beneficio.

Per quanto concerne gli aspetti etici legati all'applicazione di un sistema di TWPR,

l’argomento contro i permessi negoziabili risiede nella convinzione che la qualità dell’acqua

(e più in generale dell'ambiente) è fondamentalmente un diritto del quale è titolare la

comunità e assegnare alle imprese la facoltà di inquinare priva la comunità di un tale diritto

(Hahn e Hester, 1989). In tale prospettiva, Goodin (1994) paragona i permessi

d’inquinamento alla pratica medievale della vendita delle indulgenze. Se interpretiamo,

infatti, l’inquinamento come un “peccato”, possiamo sperare che l'acquisto dei permessi

consenta “provvidenzialmente” di migliorare la qualità dell’acqua, così come il pagamento

per l’indulgenza doveva servire ad ottenere il perdono divino. Un altro aspetto etico che pone

l'impiego di permessi d'inquinamento è che nel caso di scambi tra fonti puntuali e non

puntuali possono sorgere problemi di moral hazard, dovuti al maggior numero di piccoli

inquinatori che rende difficile individuare il loro contributo specifico all’inquinamento

(Shortle e Horan, 2001).

Per l’allocazione dell’acqua ai vari utenti, sono stati impiegati schemi di permessi di

consumo dell’acqua (TWAR) come un’alternativa ai metodi tradizionali di gestione delle

acque, al fine di incoraggiarne la conservazione ed un'allocazione più efficiente dal punto di

vista economico. Mercati dell’acqua più efficienti richiedono diritti di proprietà ben definiti e

trasferibili, nonché l’assorbimento completo dei costi e, per i partecipanti, la realizzazione dei

benefici derivanti dai trasferimenti.

Esistono tuttavia alcuni ostacoli anche all’implementazione dei diritti di consumo

negoziabili. Un ostacolo considerevole dell’impiego di tali diritti concerne la variabilità

dell’offerta d’acqua nel tempo e nello spazio, il che causa problemi nella definizione dei

diritti di proprietà. Un altro aspetto assai rilevante di cui tenere conto nell'applicazione di un

sistema di TWAR concerne i possibili effetti redistributivi di tipo regressivo che tale sistema

può generare. L'esistenza di effetti regressivi sulla distribuzione del reddito è tanto più

probabile quanto maggiore è la possibilità che prevalga una struttura monopolistica di

mercato. In questo caso, infatti, le fasce povere della popolazione potrebbero essere portate ad

acquistare i diritti sull’acqua ad alti costi. A tale proposito, appare importante sottolineare che

in alcuni paesi in via di sviluppo, come India e Pakistan, dove i mercati dell’acqua sono

illegali e i diritti di proprietà non ben definiti, stanno aumentando le vendite dei diritti

sull’acqua a prezzi molto alti da parte dei monopolisti e si verifica, contemporaneamente, un

assottigliamento delle risorse idriche. Applicare dei diritti di consumo dell’acqua potrebbe

risultare una soluzione, conferendo in tal modo certezza ai diritti sull’acqua dei partecipanti e

incoraggiandoli verso impieghi più efficienti, ma ciò richiede un sufficiente grado di

concorrenzialità del mercato che si va così a costituire.

BREVE RASSEGNA DI ESPERIENZE DI APPLICAZIONE DEI TWPR IN ALCUNI

PAESI

L’applicazione dei diritti negoziabili d’inquinamento dell’acqua (TWPR) è andata

crescendo sia nel numero, sia nell’estensione. Inizialmente, sono stati avviati programmi per

scambi tra sole fonti puntuali; successivamente, ne sono stati progettati altri che consentono

anche scambi tra fonti puntuali e fonti non puntuali.

Le esperienze con i TWPR sono concentrate negli Stati Uniti e in Australia. Secondo uno

studio condotto qualche anno fa dall'EPA (Environmental Protection Agency, l’Agenzia per la

Protezione Ambientale degli Stati Uniti), circa il 40% dei fiumi, il 45% dei laghi e il 50%

degli estuari sottoposti ad accertamenti non risultano abbastanza puliti da ammetterne usi

quali la pesca e il nuoto (EPA, 2000).

La legge federale per il controllo dell’inquinamento dell’acqua (Clean Water Act) fornisce

le linee guida della politica nazionale richieste perché sia eliminato lo scarico degli agenti

inquinanti e siano stabiliti obiettivi intermedi per la protezione della fauna e della flora,

nonché per preservare gli usi ricreativi dell’acqua. Il criterio principale utilizzato negli Stati

Uniti per valutare la qualità dell’acqua consiste nel prendere in considerazione lo scarico di

nutrienti, ma in alcuni Stati sono stati individuati anche altri agenti inquinanti, quali

sedimenti, sali e pesticidi.

Gli obiettivi in materia ambientale negli Stati Uniti vengono supportati da un mandato

federale, il Total Maximum Daily Loads (TMDL), che indica l’ammontare di ogni agente

inquinante che può essere emesso e chi ha il permesso di emetterlo. Tali permessi sono

necessari per ogni luogo che non soddisfi gli standard sulla qualità dell’acqua in base ai

programmi di regolazione attuali (Young e Karkoski, 2000).

Nel TMDL sono prese in esame tutte le fonti inquinanti (scarichi industriali, fognari,

urbani e rurali, e fonti naturali, quali i nutrienti presenti nel suolo), perciò il sistema degli

scambi dei permessi sul mercato può aiutare a ridurre il costo dell’implementazione dei

permessi attraverso una maggiore efficienza e approcci più flessibili.

Dagli anni Ottanta, negli Stati Uniti sono stati attuati, o sono in via di attuazione, 41

programmi basati sui diritti negoziabili. Alcuni Stati australiani hanno introdotto i diritti

negoziabili principalmente per il controllo della salinità dell’acqua fin dagli inizi degli anni

Novanta, ottenendo buoni risultati. Nei paesi in via di sviluppo, invece, questo tipo di

strumenti non è stato utilizzato (una parziale eccezione sono il Messico e il Cile: vedi i

paragrafi 4.4 e 4.5). In Cina ci sono le premesse per uno sviluppo futuro di un sistema di

TWPR.

Nonostante le numerose esperienze con i permessi negoziabili, la quantità degli scambi è

stata finora piuttosto limitata, principalmente per le caratteristiche intrinseche

dell’inquinamento idrico. Qui di seguito vengono presentati i programmi più significativi per

ampiezza ed efficacia.

SCAMBIO TRA FONTI PUNTUALI DI RIFIUTI ORGANICI: FOX RIVER

(WISCONSIN)

La prima applicazione dei diritti negoziabili per l'inquinamento dell'acqua è avvenuta sul

fiume Fox nel Wisconsin, con uno scambio di diritti d’inquinamento tra fonti puntuali per il

controllo della domanda biologica di ossigeno (BOD-Biological Oxygen Demand). Il

programma è stato finalizzato a fornire flessibilità alle fonti puntuali, quali fabbriche di

cartone, cartiere e fabbriche per lo smaltimento degli scarichi municipali, nel raggiungere gli

standard statali sulla qualità dell’acqua (Kraemer e Banholzer, 1999).

Il programma ha avuto inizio nel 1981 e la sua introduzione è stata accompagnata dalla

previsione di stringenti limiti di scarico per le singole fonti. Anche le regole riguardo gli

scambi erano restrittive: le fonti, infatti, potevano acquistare permessi extra soltanto nel caso

in sui stessero espandendo o avviando una nuova produzione, o qualora non raggiungessero i

limiti di scarico indicati nei propri permessi. Di conseguenza, non erano consentiti scambi

esclusivamente per un recupero dei costi. Questo costituiva un limite notevole del

programma, che ha contribuito al fallimento dello schema nell’incentivare gli scambi

(O’Neill, Martin, Moore e Joeres, 1983). L’unica transazione avvenuta a Fox River si è

realizzata, infatti, nel 1995, quando una nuova impresa, la McDonald Marina, acquistò

permessi BOD dalla Procter&Gamble, una cartiera a monte, al fine di operare nel bacino

(Jarvie e Salomon, 1998).

Altri fattori che hanno contribuito al malfunzionamento del programma sono stati i

problemi amministrativi e l’incertezza negli scambi. Tutti gli scambi sono stati sottoposti

all’approvazione dell’autorità di regolamentazione e sono state introdotte molte restrizioni al

fine di evitare emissioni eccessive. Ogni scambio è stato sottoposto ad un processo di

revisione lungo sei mesi prima della concessione di una modifica (Hahn e Heaster, 1989).

La struttura oligopolistica dell’industria del cartone e della carta ha causato, inoltre,

l'accumularsi di permessi a fini di concorrenza strategica. Le cartiere più grandi per

dimensioni e quote di mercato, infatti, sono riuscite ad accaparrarsi un maggior numero di

permessi rispetto a quelle più piccole. Quando queste ultime hanno tentato di espandere la

propria produzione, hanno così avuto bisogno di acquistare permessi di inquinamento dalle

imprese maggiori, le quali, tuttavia, per evitare l'espansione sul mercato e dunque la

concorrenza delle imprese minori, si sono rifiutate di vendere loro i permessi necessari. In

questo modo i permessi d'inquinamento sono stati impiegati in maniera strategica dalle

imprese maggiori non come strumento di politica ambientale (svolgendo dunque la funzione

per la quale erano stati originariamente ideati), ma come strumento di politica industriale,

volto a mantenere e sfruttare la posizione dominante sul mercato di queste imprese. La

mancata vendita dei permessi, impedendo alle imprese minori di raggiungere dimensioni

sufficienti a sfruttare le potenziali economie di scala, può finire per allontanare dal mercato le

imprese più piccole, peggiorando dunque la struttura del mercato senza raggiungere alcun

obiettivo rilevante sul piano ecologico. Ciò supporta sul piano empirico le considerazioni

teoriche avanzate in precedenza, mostrando quanto sia importante l'effettiva concorrenzialità

del mercato per il buon funzionamento dei permessi.

SCAMBIO DI NUTRIENTI: IL BACINO TAR-PAMLICO (NORTH CAROLINA)

Fin dal 1989, nel bacino Tar-Pamlico fonti puntuali e fonti non puntuali sono state

regolamentate con un programma di scambi di nutrienti per tutta l’ampiezza del bacino, con

lo scopo di ridurre gli scarichi di nitrogeni del 30% e mantenere stabili gli scarichi di fosforo

(Woodward et al., 2003). Il problema ambientale del bacino è l’eutrofizzazione dell’estuario

del fiume Pamlico, dovuta all’incidenza degli alti livelli di scarichi di nitrogeno e fosforo,

provenienti principalmente da fonti agricole e altre fonti non puntuali.

I membri dell’Associazione del bacino Tar-Pamlico (una fonte puntuale) scambiano

permessi per raggiungere l’obiettivo stabilito dallo Stato. In caso di mancato raggiungimento

dell’obiettivo, lo Stato incoraggia lo scambio tra i produttori d’inquinamento (membri

dell’Associazione) e gli agricoltori (non membri), rappresentati questi ultimi dal "Programma

statale di condivisione dei costi agricoli per il controllo dell’inquinamento da fonti non

puntuali". Lo Stato è responsabile del contratto e della validità dello scambio.

Durante la prima fase (1989-1994), le fonti potevano scambiare crediti di riduzione con

altre fonti puntuali o pagare per applicare le best practices manageriali (BPM) alle fonti non

puntuali. Nel corso di questa fase, le riduzioni di nutrienti sono state maggiori dell’obiettivo

prefissato, a causa dei bassi costi dei miglioramenti apportati alle aziende municipali che

gestiscono lo smaltimento dei rifiuti dell’acqua (Jarvie e Solomon, 1998).

La seconda fase del programma si è conclusa da pochi mesi (al termine del 2004) e gli

scienziati coinvolti stanno attualmente valutando i risultati conseguiti in questo periodo per

metterli a confronto con le stime iniziali che prevedevano una riduzione del 30% nei nutrienti

(Podar, 1999).

SCAMBIO DI NUTRIENTI: IL LAGO DILLON (COLORADO)

Fin dai primi anni Ottanta il lago Dillon, attrazione turistica e significativa fonte

d’approvvigionamento d’acqua per la città di Denver, è stato sottoposto ad ingenti scarichi di

fosforo (Kraemer e Banholzer, 1999). Nel 1982, lo Stato del Colorado stabilì un tetto

massimo di scarichi di fosforo da parte delle fonti puntuali che avevano accesso al lago

(Woodward, 2003).

I permessi di scarico sono stati distribuiti tra fonti puntuali, inizialmente quattro imprese

municipali per la gestione dello smaltimento dei rifiuti dell’acqua, in base a soglie annuali. In

ogni caso, nel 1984 tale quantità-soglia venne aggiornata, in base alle proiezioni sulla crescita

della popolazione ai primi anni Novanta e furono consentiti anche scambi tra fonti di

inquinamento a base di fosforo, puntuali e non.

E’ stato calcolato che i costi marginali di abbattimento delle fonti non puntuali fossero

sostanzialmente più bassi di quelli provenienti da fonti puntuali, cosicché ci si aspettava che

queste ultime acquistassero permessi dalle fonti non puntuali (Kraemer e Banholzer, 1999).

Le fonti non puntuali nella regione erano costituite da proprietari privati o da sistemi di

collocamento individuale (IDS-Individual Disposal System); ciò nonostante, esistono stime

attendibili riguardo i loro scarichi, la qual cosa riduce i costi di transazione dovuti al

monitoraggio (Woodward, 2003). E’ stato calcolato che le fonti puntuali potrebbero ridurre di

circa il 51% il costo dei controlli per le riduzioni degli scarichi non puntuali, piuttosto che

aumentare il livello della tecnologia di quest’ultima (Jarvie e Solomon, 1998).

In sostanza, il programma è delineato in maniera tale che, quando delle fonti puntuali

hanno necessità di aumentare i loro scarichi inquinanti, possono acquistare permessi da fonti

non puntuali che già esistevano prima del 1984, ad un rapporto 2:1. Tale rapporto aiuta ad

aumentare la qualità dell’acqua in ogni scambio.

Le norme del programma proibiscono gli scambi tra fonti puntuali, oltre che il ricorso al

credito bancario per vendite future da parte delle fonti non puntuali (Woodward, 2003). Tali

restrizioni hanno avuto un duplice risultato per il programma. Da una parte, le fonti puntuali

hanno una flessibilità limitata, poiché non possono scambiare tra loro i permessi in eccesso e,

di conseguenza, risultano disincentivate all’abbattimento dagli scarichi inquinanti; in tal

modo, solo le fonti non puntuali ridurranno gli scarichi, dal momento che viene consentito

uno scambio con le fonti non puntuali. Dall’altra parte, gli scambi tra fonti puntuali e fonti

non puntuali assicurano solo risultati non decrescenti circa la qualità dell’acqua; inoltre, non è

ammesso il ricorso al credito da parte delle fonti non puntuali.

Per tutta la durata del programma ha avuto luogo un solo scambio. Secondo Woodward

(2003), due fattori spiegano l’assenza di commercio. Primo, l’assenza di domanda da parte di

fonti puntuali, a causa dell’innalzamento del livello dei servizi di gestione della rete idrica

negli anni Ottanta, ottenuto riducendo gli scarichi ben al di sotto del tetto massimo. Secondo,

le stringenti disposizioni del programma e l’impossibilità di ricorso al credito bancario hanno

disincentivato le fonti puntuali ad investire nelle riduzioni non puntuali per usi futuri.

Nel 1999 ha avuto luogo il primo scambio, precisamente quando un operatore alberghiero

acquistò la stazione sciistica Copper Mountain con l’intento di far sorgere nuovi complessi

residenziali e un centro commerciale che sicuramente avrebbero violato i limiti imposti per i

composti a base di fosforo. L’unico modo di ridurre tali emissioni era acquistare permessi da

fonti non puntuali, sebbene altre fonti puntuali producessero scarichi di fosforo molto al di

sotto dei livelli loro accordati (Woodward, 2003).

L’abbattimento delle emissioni da parte di fonti puntuali era relativamente semplice,

poiché richiedeva solo di passare da un sistema inquinante ad uno basato sulla presenza di

un’impresa per la gestione della rete idrica del luogo. Il risparmio sui costi dell’operatore era

di circa 1.5 milioni di dollari. Oltre a ciò, quasi il 20% delle abitazioni si sarebbe potuto

connettere volontariamente al sistema nei successivi cinque anni. Il risultato di questo tipo di

scambio, unico nel suo genere, fu una crescita economica che non peggiorava la qualità delle

acque del lago.

SCAMBIO DI NUTRIENTI: IL GOLFO CHERRY CREEK (COLORADO)

La riserva di Cherry Creek è un importante area turistica e una fonte

d’approvvigionamento d’acqua. Lo standard di concentrazione del fosforo per la riserva è

stato stabilito nel 1984, così come la quantità massima giornaliera totale di scarico per

prevenire l’eutrofizzazione e mantenere gli standard di qualità dell’acqua. Il programma

consente ad alcune fonti inquinanti puntuali (imprese per la gestione dei rifiuti dell’acqua) di

acquisire crediti per la riduzione dei composti del fosforo attraverso il controllo degli scarichi

corrispondenti da parte di fonti non puntuali. Il programma riguardante gli scambi è

amministrato dall’Autorità per la Qualità dell’Acqua del bacino di Cherry Creek.

Sono stati apportati dei cambiamenti alla normativa allora vigente attraverso una

regolamentazione basata sul controllo fin dal 1985, comunque una guida finale è stata

approvata nel 1997. Dall’inizio del programma si sono verificati tre scambi commerciali di

permessi.

SCAMBI NELL’AMBITO DELL’INDUSTRIA DEL SELENIO: LA VALLE DI SAN

JOAQUIM (CALIFORNIA)

Dal 1998 un gruppo di distretti d’irrigazione e scarico, riuniti nell’Autorità dell’Acqua di

San Luis e Delta-Mendota, ha costituito un ente regionale per lo scarico dei rifiuti e ha

adottato un programma di permessi negoziabili nel tentativo di raggiungere un limite

aggregato di scarico del selenio negli scoli agricoli. Al fine di soddisfare tale vincolo, l’ente

regionale di scarico ha stabilito un mix di strumenti economici: un sistema di tasse e rimborsi

e un sistema di scambi commerciali.

In base al primo sistema, i distretti pagano una tassa o ricevono un rimborso dall’ente

regionale, a seconda che i loro scarichi risultino maggiori o minori della quantità loro

concessa. In base al sistema attuale, lo scambio dei permessi ha luogo solo tra distretti

d’irrigazione, che hanno la necessità di fornire incentivi agli agricoltori per il controllo dei

loro scarichi di selenio (Podar 1999, Woodward et al. 2003).

Il monitoraggio delle fonti non puntuali è facilitato dalla natura degli scoli agricoli, che

sono collegati in una serie di tubature e canali prima dello scarico, e dall’organizzazione dei

coltivatori in distretti d’irrigazione controllati su base locale (Young e Karkoski, 2000). Come

risultato delle caratteristiche di diramazione degli scarichi di selenio, la protezione dei distretti

viene raggiunta principalmente minimizzando la quantità delle acque irrigate, perciò il

controllo dell’inquinamento viene realizzato facilmente attraverso metodi e strumentazioni

d’irrigazione innovativi.

La quantità di scarichi di selenio accordabile è stata distribuita tra i distretti secondo una

formula; il Coordinatore regionale degli scarichi è incaricato del monitoraggio (Young e

Karkoski, 2000).

Le norme che regolano lo scambio consentono di trasferire ogni dotazione all’interno del

gruppo in cambio di denaro, servizi, o qualunque altro strumento legale, fino al punto in cui lo

scambio sia compatibile con la dotazione regionale assegnata per ciascun mese e anno (Young

e Karkoski, 2000).

Gli agricoltori dell’area del Grassland hanno sviluppato un sistema di scambi che fornisce

flessibilità e ulteriori incentivi per ridurre gli scarichi. Poiché ogni distretto gode di

indipendenza nel decidere riguardo le modalità dell’adempimento, sono stati adottati metodi

per gestire l’uso dell’acqua da parte dei coltivatori e sanzioni per rafforzare tali metodi. Prezzi

scaglionati dell’acqua, best practices regionali di mandato e azioni dirette intraprese dai vari

distretti costituiscono esempi di azioni dirette, incentivi e richieste ingiuntive per i coltivatori

che consentono loro di controllare gli scarichi.

Il risultato del programma è una più alta qualità dell’acqua e una riduzione negli scarichi di

selenio da parte di terzi durante i primi due anni. I costo di transazione sono risultati

abbastanza bassi e non sembrano essere proibitivi per gli scambi. Prima del febbraio 2000

solo nove scambi sono stati portati a termine (Woodward et al., 2003).

UN CASO DI SCAMBIO INTERSTATALE DI PERMESSI SULLA SALINITA’: IL

BACINO MURRAY-DARLING (AUSTRALIA)

Uno scambio interstatale di permessi sulla salinità ha avuto luogo nel 1992 come parte

della strategia di scarico della salinità nel bacino Murray-Darling.

Lo scambio di permessi sulla salinità è basato su un sistema di crediti e debiti riguardanti la

quantità di sale che può essere emessa. I permessi vengono scambiati tra il Governo e gli Stati

partecipanti.

Il programma ha avuto successo nel conseguire una riduzione netta della salinità.

UN CASO DI INQUINAMENTO PER ECCESSIVA SALINITA’: IL FIUME HUNTER

(AUSTRALIA)

Il fiume Hunter ha problemi di salinità per sua propria natura, ma la questione è esacerbata

dagli scarichi di acque saline nel fiume da parte di miniere di carbone, centrali elettriche,

imprese di irrigazione e altre industrie, così come sistemi di drenaggio nel bacino del fiume.

Dal 1970, dietro richiesta dell’Agenzia australiana per la Protezione Ambientale, undici

miniere di carbone e due centrali elettriche hanno ottenuto il permesso di scaricare acqua

salina nel fiume, secondo un sistema di licenze con un limite massimo (James, 1997).

Nel 1995 è stato sviluppato un sistema di permessi negoziabili per gli scarichi salini basato

sul sistema di licenze già esistente. Ogni fonte può emettere una percentuale specifica della

quantità totale di scarico concessa, che viene calcolata in relazione alla gestione ambientale,

alla produzione, all’occupazione e al fatturato lordo della miniera (James, 1997). Ciascuna

fonte può scambiare crediti di emissione con altre fonti.

Lo schema fu ideato per eliminare parzialmente gli scarichi durante i periodo di flusso

ridotto e per eliminare gli scarichi totalmente durante le piene, al fine di raggiungere i livelli

salini stabiliti. A causa delle incertezze riguardo le necessità del lungo termine, così come

l’incertezza circa il valore dei diritti e degli accordi sulle dotazioni per periodi di tempo più

lunghi, la maggior parte delle miniere non sono disponibili agli scambi. Il livello di salinità è

rimasto, tuttavia, nei limiti fissati.

LA DOMANDA DI OSSIGENO CHIMICO: IL FIUME UPPER NANPAN (CINA)

Il corso principale del fiume Upper Nanpan viene destinato ad usi industriali ed agricoli. In

ogni caso, il fiume è attualmente così inquinato che non risulta adatto a nessun tipo di utilizzo.

Gli indicatori inquinanti più critici concernono la domanda di ossigeno chimico (COD-

Chemical Oxygen Demand), quella di ossigeno biochimico e l’ammoniaca nitrogena. Sono

presenti massicci scarichi industriali, scarichi fognari municipali e fonti non puntuali. Gli

scarichi inquinanti totali nel fiume sono molto più alti della quantità totale massima possibile

e si stima che continueranno a mantenersi al di sopra dei limiti consentiti.

Nel 1992 è stato sviluppato un sistema di permessi non negoziabili di inquinamento delle

acque per controllare lo scarico defluente di fonti di COD puntuali. La dotazione iniziale è

stata assegnata in base al consumo storico, tenendo conto cioè dei livelli storici di scarico.

Alcune fonti non hanno ancora adeguato le loro emissioni ai limiti consentiti, fissati

attraverso scadenze improrogabili, a causa di una troppo debole applicazione delle norme.

Comunque, l’attuale sistema di permessi non negoziabili costituisce un buon punto di

partenza verso l’impiego in futuro di un sistema di permessi negoziabili (un programma di

scambi tra fonti puntuali), in termini di capacità istituzionale di gestione e di monitoraggio,

apprestamento dei dati riguardo le fonti di emissione e i loro impatti ambientali aggregati

(Tao, Zhon, Barron e Yang, 2000).

In un progetto-pilota di scambi tra fonti puntuali in una zona commerciale più piccola Tao

e al. (2000) hanno dimostrato che si sarebbero potuti raggiungere gli stessi obiettivi totali di

riduzione dell’inquinamento ad un costo totale più basso. Con un mercato degli scambi

relativamente consistente, sarebbe possibile risparmiare il 18.4% sul costo totale di riduzione

dell’inquinamento.

In ogni caso, il raggiungimento di tali risultati è altamente dipendente dalla struttura del

programma e dai particolari incentivi forniti sia alle varie fonti, sia alle agenzie di

regolamentazione coinvolte.

PERMESSI NEGOZIABILI PER I DIRITTI DI CONSUMO DELL’ACQUA

Tradizionalmente, la maggior parte dei paesi ha utilizzato sistemi di comando e controllo

centralizzati gestiti dallo Stato, per garantire un’equa distribuzione dell’acqua e fornire servizi

di distribuzione dell’acqua sussidiati ai centri rurali e urbani. Di recente è emerso un nuovo

schema, caratterizzato da una gestione centralizzata, un controllo dei servizi di distribuzione

dell’acqua sotto il controllo dell’utente, diritti negoziabili sull'acqua (TWR- Tradeable water

rights) e mercati dell’acqua.

L’utilizzo dei TWR dovrebbe inviare segnali di domanda e di offerta agli agenti economici

per preservare lo stato di salute dell’acqua, coordinarne l’impiego e, per di più, far sì che

l’acqua sia gestita come un normale servizio, come si è già detto, attraverso la fornitura di

maggiori incentivi agli agenti privati da investire nel mantenimento del capitale del settore

idrico e conservare meglio tale risorsa.

I TWR possono anche soddisfare gli obiettivi degli ambientalisti. Nella parte occidentale

degli Stati Uniti, gruppi ambientalisti hanno acquistato diritti sull’acqua da agricoltori e altri

proprietari per riversarla in corsi d’acqua, fiumi e laghi. Ciò è stato d’aiuto nella protezione di

questi bacini e della fauna e della flora in essi contenuti, i quali dipendono dalla qualità

dell’acqua.

I primi sistemi basati su diritti negoziabili sull’acqua sono stati impiantati nei paesi

sviluppati in regioni semiaride, quali le regioni statunitensi del Sud-Ovest e l’Australia sud-

orientale.

La maggior parte degli scambi risulta essere relativa agli usi agricoli, principalmente per

l’irrigazione. Gli elementi fondanti della politica perseguita dalla Banca Mondiale riguardo

l’acqua, dagli anni Novanta ad oggi, sono stati meccanismi di mercato e prezzi di recupero

pieno. Perciò, i paesi in via di sviluppo sono incoraggiati ad applicare questi strumenti per la

gestione delle proprie risorse idriche.

Cile e Messico costituiscono noti esempi di mercati di questo tipo e sono gli unici paesi

che hanno stabilito regimi formali di diritti di consumo dell’acqua a livello nazionale. Un

sistema di scambi informali e su scala limitata tra gli agricoltori è comune anche nelle aree

dell’Asia meridionale (Henning e McKay, 2002).

I PROGRAMMI DEGLI STATI UNITI

Fino a qualche anno fa, nella maggior parte del sud-est degli USA, nessuno in realtà

possedeva una grande quantità d’acqua. Per tradizione, chiunque abbia accesso all’acqua può

averne quanta ne desidera, purché la quantità richiesta sia nei limiti della ragionevolezza.

Questa regola non scritta ha funzionato bene in situazioni di dotazioni abbondanti d’acqua.

Ma il fatto che la popolazione sia in continua crescita rende di fatto inutilizzabile un criterio

del genere. Dal momento che ogni utente cerca di accaparrarsi quanta più acqua possibile, la

risorsa acqua si va esaurendo progressivamente. Nessuno ha motivo di limitare il proprio

consumo, poiché tutta l’acqua che non viene utilizzata sarà impiegata da qualcun altro

(Kraemer e Banholzer, 1999).

La maggior parte delle zone in cui sono stati applicati i diritti di consumo dell’acqua sono

concentrate nella parte occidentale degli Usa, dove la crescita della popolazione, la scarsità

dell’acqua e un insieme di sistemi di allocazione dell’acqua generalmente basati sulla dottrina

dell’appropriazione precedente, consentono trasferimenti di mercato ben regolamentati. Per

supportare l’agricoltura e le attività estrattive, l’acqua viene trasportata anche a distanze

considerevoli dalle sue sorgenti.

Questi mercati dell’acqua hanno due scopi: un’allocazione delle risorse più efficiente e la

protezione dell’ambiente.

Nel periodo 1990-1997, nove degli undici Stati occidentali hanno dichiarato la presenza di

uno scambio dei diritti sull’acqua nei corsi interni per usi ambientali. Gli acquirenti erano

agenzie federali, agenzie di Stato ed organizzazioni ambientali private che, attraverso le

acquisizioni dei diritti sull’acqua, sono state in grado di aumentare il flusso nei maggiori

fiumi per proteggere la fauna e la flora dell’acqua e il valore delle attività ricreative connesse

(Landry, 1998).

Il metodo più comune di acquisizione è quello di contratti d’affitto annuali, acquisti e

donazioni. I prezzi per l’acqua, tuttavia, oscillano considerevolmente a seconda della

domanda e dell’offerta e della durata del diritto in questione.

BANCHE DELL’ACQUA IN CALIFORNIA

Nel 1991, in California è stato introdotto un tipo di commercio dell’acqua a livello statale

basato su vere e proprie banche dell’acqua, dopo un periodo di siccità tra il 1987 e il 1992,

quando la media annuale delle precipitazioni fu meno della metà rispetto ad annate normali,

rendendo così impossibile soddisfare le richieste d’acqua di considerevoli aree urbane e

agricole, oltre che degli abitanti della parte meridionale dello Stato.

In California esiste una notevole differenza tra il Nord e il Sud rispetto ai volumi di

piovosità e la domanda d’acqua è maggiore durante l’estate poiché, ovviamente, i picchi nelle

precipitazioni si verificano nella stagione invernale. Di conseguenza, lo Stato ha sviluppato un

sistema estensivo di bacini di riserva, canali ed acquedotti (Kraemer e Banholzer, 1999).

L’acqua viene raccolta nel Nord dello Stato durante l’inverno e trasferita al Sud durante

l’estate.

In tal senso, le banche dell’acqua aiutano a indurre i titolari dei diritti sull’acqua, che

abitano in regioni con disponibilità di risorse, a trasferire acqua agli acquirenti che si trovano

in regioni con scarsa disponibilità.

La Banca della California stabilisce i prezzi di acquisto e di vendita in base ai budget delle

varie fattorie con alcuni incentivi di profitto per i venditori. Questi ultimi vengono

incoraggiati a trasferire subito i propri diritti, poiché i prezzi sono più alti agli inizi della

stagione: ciò assicura che vi sia abbastanza offerta d’acqua sul mercato. Gli acquirenti non

sono obbligati a garantire i propri acquisti poichè la Banca acquista l’acqua in eccesso.

Il successo del programma viene spiegato anche dal fatto che il controllo completo

sull’intero processo e l’attività di supporto legale per i venditori sono affidati ad un’agenzia di

Stato, al fine di ridurre il rischio ambientale e legale associato a trasferimenti massicci

d’acqua (Garrido, 1998).

Il programma di scambi della California ha incoraggiato anche il trasferimento d’acqua per

la protezione dell’ambiente, consentendo ad agenzie pubbliche e privati di acquisire diritti

sull’acqua per bacini interni (Landry, 1998).

LA BANCA D’OFFERTA DELL’ACQUA DELL’IDAHO SUL FIUME UPPER SNAKE

Nell’Idaho, sul fiume Upper Snake, fin dagli anni Trenta è stato operativo un sistema

informale di servizi bancari sull’acqua, ma la base legale di tale sistema è stata posta con la

legislazione bancaria statale sull’acqua del 1980. La legislazione in questione consente

operazioni bancarie statali attraverso leasing a breve o lungo termine (Kraemer e Banholzer,

1999).

A causa dei bassi prezzi dell’acqua offerta a livello federale, esistono alcuni proprietari di

aree di deposito che conservano grosse quantità d’acqua nelle dighe per gli anni di siccità: ciò

consente loro di recuperare i propri costi attraverso il deposito in banca dell’acqua in eccesso.

La banca viene gestita da un “Comitato dei Nove” locale, che stabilisce i prezzi e fissa

quali sono le priorità negli impieghi dell’acqua. I prezzi dei diritti sull’acqua sono alti, perciò

fino ad ora l’acquirente principale è stata la Compagnia elettrica dell’Idaho, per la produzione

idroelettrica in periodi di elevati prezzi dell’elettricità.

Le norme che regolano dove e come l’acqua può essere utilizzata sono restrittive. I

trasferimenti al di fuori dello Stato sono proibiti e gli usi di irrigazione hanno la precedenza su

tutti gli altri usi.

Nel 1992, l’Idaho ha concesso delle deroghe nel proprio statuto bancario sulla gestione

dell’acqua, rendendo possibile un programma di acquisizioni dell’acqua da parte dell’Ufficio

dei Reclami statunitense per prendere in prestito quantità d’acqua dal programma bancario ed

utilizzarla nei corsi d’acqua interni, come parte degli sforzi di salvare i salmoni del fiume

Snake. I risultati di tali tentativi sono incerti: in un rapporto sul programma federale di

acquisizione dell’acqua redatto dal Dipartimento dell’Idaho delle risorse idriche, non è stata

dimostrata l’esistenza di una stretta relazione tra un aumento del flusso d’acqua nel fiume e

un miglioramento nelle condizioni di vita dei salmoni (Landry, 1998).

L’AUSTRALIA

In Australia i primi esperimenti con scambi temporanei di acqua sono stati realizzati nel

1987. Forme di scambio permanente e temporaneo sono state introdotte formalmente, invece,

con il Water Act del 1989. Risale al 1991, però, la creazione di meccanismi di

regolamentazione degli scambi permanenti, mentre il primo trasferimento è avvenuto nel

1992.

L’obiettivo dei diritti negoziabili di consumo dell’acqua è quello di migliorare la

redistribuzione delle risorse idriche disponibili verso usi più efficienti. Sebbene ogni Stato

segua poi un approccio leggermente differente, lo schema generale di tali programmi è simile

e consiste nell’attribuzione di permessi di allocazione nominali dell’acqua agli irrigatori da

parte dell’autorità dell’acqua con cadenza annuale, a seconda della disponibilità dell’offerta

(Tisdell, 2001). I titolari dei diritti possono scambiare i loro diritti ad alcune condizioni,

relative ai trasferimenti ad altri settori e a grosse distanze.

Le autorità non intervengono circa i termini dello scambio. I programmi TWAR

(Tradeable water abstracion rights) sono accompagnati da previsioni per allocare i diritti

sull’acqua, allo scopo di rafforzare gli impieghi interni e la qualità dell’acqua e di garantire

contatti permanenti con utenti e fornitori che consentano di monitorare e reindirizzare le

riforme politiche sull’acqua (Garrido, 1998).

Il Sud dell’Australia coincide con la parte meridionale del bacino Murray-Darling, che

rappresenta la più grande riserva d’acqua dell’Australia e copre ben quattro Stati. Nel giugno

1995 è stato introdotto un tetto massimo nell’uso dell’acqua all’interno del bacino, fissato al

livello di sviluppo del 1993-1994.

Anche se i mercati sono abbastanza attivi, solo una frazione relativamente piccola del

volume totale dell’acqua assegnata per l’irrigazione viene scambiata in modo permanente

(Henning e McKay, 2002). La maggior parte degli scambi d’acqua è stata limitata al settore

agricolo, consentendo in tal modo ai coltivatori di alto livello di espandere la loro base

coltivata utilizzando l’acqua proveniente da altri possessori, dediti a raccolti di livello

inferiore (Garrido, 1998).

I PAESI DELL’ASIA MERIDIONALE

In paesi quali Pakistan, India, Yemen, Giordania e i Territori Palestinesi, per molti anni

sono stati presenti mercati informali dell’acqua all’interno dei distretti d’irrigazione. Il

funzionamento dei vari mercati dell’acqua è piuttosto simile, essendo basato sul trasferimento

dei diritti sull’acqua dai coltivatori più grandi a quelli più piccoli.

L’acqua viene estratta dalle sorgenti con pompe a diesel o elettriche. Molte di queste

pompe con un eccesso di capacità vendono acqua; i pagamenti possono essere effettuati in

denaro o sotto forma di lavoro, secondo modelli di coltivazione frazionata in due o tre parti.

Nelle coltivazioni a due parti, nelle quali una di esse offre l’acqua e l’altra la terra, i costi e i

profitti sono condivisi.

I modelli di coltivazione a tre parti, invece, funzionano come quelli a due, ma con

l’aggiunta di una terza parte che offre il lavoro. In tutti i sistemi di coltivazione frazionata i

venditori d’acqua hanno un interesse diretto a salvaguardare e fornire tempestivamente

l’acqua agli acquirenti (Henning e McKay, 2002).

In Pakistan, i mercati dell’acqua sono illegali, sebbene il 70% degli agricoltori scambi

risorse idriche lungo i corsi d’acqua per far fronte alla scarsità di tali risorse e potenziarne

l’offerta. Una situazione simile si verifica in Giordania, dove le risorse idriche sono proprietà

dello Stato e la legge proibisce la vendita dell’acqua senza un’approvazione scritta; in ogni

caso, l’acqua viene venduta dalla sorgente agli agricoltori e ai mercati urbani. Nello Yemen,

invece, la presenza di mercati idrici incoraggia gli agricoltori a trasferire i diritti sull’acqua a

compagnie idriche private (Ahmad, 2000).

In questi paesi, l’evidenza empirica suggerisce tuttavia che i mercati dell’acqua, sebbene

risolvano i problemi legati all’allocazione, alla disponibilità e all’accesso all’acqua, stanno

conducendo all’esaurimento di tale risorsa. Questo accade laddove i diritti sull’acqua risultano

non ben definiti.

In una comune sorgente idrica, infatti, i proprietari estraggono quanto possono prima degli

altri, al fine di cogliere i profitti derivanti dalle dismissioni dei diritti sull’acqua e recuperare

gli investimenti nell’infrastruttura. Emergono, tuttavia, problemi di tipo sociale quando

esistono situazioni monopolistiche, con conseguenti alti prezzi e costi sociali per i piccoli

coltivatori acquirenti.

IL MESSICO

In Messico, prestiti e vendite di risorse idriche tra agricoltori per impieghi stagionali hanno

avuto luogo per molti anni, anche quando tali scambi non venivano incoraggiati o erano

addirittura illegali. La riforma del 1992 della legge federale sull’acqua fornisce la base legale

necessaria per le transazioni sul mercato dell’acqua tra singoli agricoltori così come tra

associazioni per l’utilizzo delle risorse idriche (WUA-Water user associations). La riforma è

stata accompagnata da altre misure di liberalizzazione, quali la rimozione dei sussidi

all’agricoltura, l’eliminazione di alcune agenzie e banche pubbliche per l’agricoltura e

l’adesione all’Accordo di libero scambio del Nord America (NAFTA-North America Free

Trade Agreement) tra Stati Uniti, Messico e Canada (Bearne e Trava, 1997).

Queste riforme erano dirette a stimolare la crescita economica attraverso gli investimenti

privati nel settore agricolo e la capitalizzazione delle colture agricole d’irrigazione che, in

ultima analisi, avrebbero contribuito ad un uso del servizio d’irrigazione più efficiente ed

efficace in termini di costo. La legge consente di riversare una maggiore responsabilità sugli

agricoltori per i servizi d’irrigazione e fornisce un meccanismo per ottenere impieghi più

produttivi delle risorse idriche, assicurando ai titolari delle concessioni la sicurezza della

distribuzione dell’acqua.

I diritti di proprietà dell’acqua vengono assegnati dalla Commissione messicana nazionale

sull’acqua (Comision nacional del agua-CNA), che è un’istituzione federale decentralizzata

per la gestione delle risorse idriche. La Commissione può rilasciare concessioni ai singoli

agricoltori o alle associazioni per l’utilizzo delle risorse idriche (WUA). Le concessioni

vengono trascritte in registri che possono essere consultati pubblicamente: ciò consente di

controllare i volumi d’acqua assegnati, fornisce certezza legale circa i diritti sulle risorse

idriche, facilita la pianificazione e la programmazione riguardo tali risorse e costituisce uno

strumento di immediata consultazione per gli utenti, i quali possono far valere in tal modo i

propri diritti durante le eventuali controversie.

Le concessioni hanno una durata che va dai cinque ai cinquant’anni e sono rinnovabili. Le

concessioni idriche sono basate sull’impiego per il consumo, per esempio sulla quantità

d’acqua che viene utilizzata per far crescere una pianta, quella che traspira dalla superficie di

una pianta o quella che evapora dalla superficie terrestre (Kloezen, 1998).

Agli inizi di ogni anno “agricolo”, la Commissione nazionale determina il volume d’acqua

utilizzabile da ciascuna associazione per l’utilizzo delle risorse idriche, sulla base dei livelli

storici di consumo. Ad ogni associazione viene assegnata una quota della riserva disponibile,

proporzionata all’area della superficie d’irrigazione che è gestita dall’associazione: perciò, le

concessioni volumetriche vengono a ragione definite come una frazione del deposito

disponibile.

In base a questa allocazione annuale e alle misure di regolamentazione successive, ogni

associazione è tenuta a redigere il proprio piano d’irrigazione annuale. Seguendo tale piano,

ciascuna associazione dovrebbe erogare agli utenti il volume coerente con quello pianificato e

richiesto, oltre che con i tempi di distribuzione. Dunque, ogni associazione si assume

presumibilmente la responsabilità per il funzionamento del sistema. Il Governo federale è

inoltre autorizzato ad imporre delle restrizioni nell’utilizzo dell’acqua per razionare le risorse

idriche nei periodi di siccità, per prevenire l’eccessivo sfruttamento di una sorgente, per

preservare la qualità dell’acqua, per risanare un ecosistema o per proteggere le sorgenti

d’acqua potabile.

La legge sull’acqua, inoltre, crea un sistema di tasse sull’acqua che devono essere pagate

dai titolari delle concessioni, secondo l’uso deliberato delle risorse. L’ammontare della tassa

viene deciso sia in base alla quantità d’acqua estratta, sia alla quantità e qualità degli scarichi

emessi. Attualmente, la tassa per l’estrazione dell’acqua per l’irrigazione è pari a zero. La

funzione della tassa è quella di prevenire speculazioni da parte di chi possiede risorse idriche

senza sostenere alcuna spesa e non le utilizzi (Easter, 1994).

Esistono anche restrizioni alle vendite tra i vari distretti. Prima che possa aver luogo una

vendita d’acqua al di fuori di un distretto, il 66% degli utenti con diritto di voto deve

approvare la decisione.

In aggiunta, la legge richiede che sia ottenuta l’approvazione da parte della Commissione

nazionale e che tutti i profitti derivanti dalla vendita vadano al distretto e non ai singoli utenti.

Ciò implica che la maggior parte delle vendite avverrà all’interno di ciascun distretto. Di

conseguenza, il valore delle risorse idriche tenderà ad uniformarsi all’interno dei distretti

d’irrigazione, ma non tra i vari distretti.

Kloezen (1998) ha condotto uno studio sul mercato dei diritti sull’acqua tra associazioni

(WUA) nel distretto d’irrigazione Alto Rio Lerma (ARLID-Alto Rio Lerma irrigation

district), nel Messico centrale, durante il periodo 1992-1997. Grazie alle informazioni ottenute

dalla Commissione nazionale e direttamente dalle associazioni, riguardo transazioni, volumi e

prezzi, Kloezen spiega perché è stato possibile riallocare le concessioni idriche attraverso i

diritti negoziabili sull’acqua, anche nel caso di poche transazioni.

La nuova legge stabilisce le condizioni per lo scambio, ma è importante che la

Commissione fornisca ad acquirenti e venditori la flessibilità sufficiente per negoziare e

definire termini e condizioni specifiche per lo scambio delle risorse idriche. E’ necessario che

tale scambio non implichi eccessivi ed ulteriori costi di transazione per il trasporto dell’acqua

dalle associazioni che vendono a quelle che acquistano, né che siano imposte esternalità sugli

altri utenti.

Nel distretto dell’Alto Rio, grazie all’impiego di un sistema basato sui diritti negoziabili, i

guadagni in termini economici per le associazioni derivanti dalla vendita sono meno rilevanti

dei guadagni in termini sociali e politici. Per le associazioni venditrici d’acqua è politicamente

importante, infatti, che esse occasionalmente siano d’aiuto ad altre associazioni, concedendo

un maggiore accesso all’acqua, dal momento che tutte sono parte delle due istituzioni che

decidono sul comportamento sostenibile di ogni associazione: il Comitato idraulico, nel quale

le varie associazioni cercano insieme di negoziare con la Commissione nazionale le

concessioni annuali, i prezzi e le tabelle per l’irrigazione, e la Società a Responsabilità

Limitata, in seno alla quale tutte le associazioni hanno cercato di ridurre il ruolo della

Commissione nazionale nella gestione primaria del sistema (Kloezen, 1998).

Un limite dei mercati è il fatto che, anche in base alla nuova legge sull’acqua del 1992, i

diritti dei singoli utenti continuano ad essere mal definiti, poiché la Commissione nazionale,

nell’assegnare le concessioni, mostra una forte preferenza per le associazioni piuttosto che per

i singoli utenti. Hearne e Trava (1997) hanno esaminato tre casi nel Messico settentrionale e

hanno analizzato come vengono prese le decisioni circa l’allocazione dell’acqua. Nel corso di

tali studi, queste valli d’irrigazione hanno dovuto fronteggiare un periodo di siccità durato tre

anni:ciò ha offerto degli spunti interessanti riguardo la gestione della rete idrica durante i

periodi di scarsità d’acqua. Nei distretti d’irrigazione di Lagunera e di Rio San Juan, sono

state imposte delle soluzioni centralizzate ai problemi di siccità, impedendo in tal modo ai

singoli utenti con diritti di utilizzo dell’acqua certi di negoziare tra loro autonomamente. Nel

distretto di Lagunera, la Commissione ha scelto di minimizzare le perdite di conduzione nei

canali secondari e di limitare l’irrigazione solo a pochi campi vicini ai canali principali. Per di

più, si è deciso che l’intero sistema d’irrigazione sia utilizzato per irrigare solo i campi di

cotone. Tali esempi mostrano come i trasferimenti dell’acqua per l’irrigazione agli utenti

municipali e industriali, con la previsione di meccanismi di compensazione, sotto forma di

una migliorata tecnologia d’irrigazione, potrebbero apportare benefici a tutte le parti

coinvolte. In Messico, la scarsità d’acqua consente alla Commissione di imporre misure

regolatorie di controllo e di intervento per le situazioni di emergenza, che di fatto eliminano la

sicurezza circa le concessioni per l’utilizzo dell’acqua.

IL CILE

In Cile, dall’approvazione del Codice sull’acqua del 1981, il Governo sta cercando di

riallocare i diritti sull’acqua attraverso lo scambio tra privati e una maggiore efficienza

nell’impiego dell’acqua, principalmente nell’irrigazione per l’agricoltura. Il Codice dell’acqua

rafforza la proprietà privata, aumenta l’autonomia privata nell’utilizzo dell’acqua e supporta

la nascita di liberi mercati dei diritti sull’acqua (Bauer 1997).

Il Codice contiene una distinzione tra diritti al consumo e non, laddove il primo tipo

consente un consumo pieno dell’acqua senza alcun flusso di ritorno a valle, mentre il secondo

tipo prevede un flusso di ritorno che non pregiudichi i diritti di altri utenti.

Questo principio ha fatto sorgere conflitti tra i coltivatori e le compagnie elettriche, dovuto

al cambiamento dei percorsi di impiego dell’acqua a monte, originato dai trasferimenti o

dall’aumentata efficienza nell’utilizzo dell’acqua. Ciò ha avuto come risultato una riduzione

nel flusso di ritorno del fiume per gli utenti a valle non aventi causa nel procedimento

giudiziario (Henning e McKay, 2002).

L’assegnazione dei diritti sull’acqua è avvenuta in base al possesso delle terre. Le domande

per l’ottenimento dei nuovi diritti sono pervenute alla Direzione generale dell’acqua (DGA-

Direccion General de Aguas) senza contenere indicazioni specifiche riguardo all’utilizzo

effettivo dell’acqua. Se vi è abbondanza d’acqua disponibile, non c’è motivo di respingere la

richiesta, altrimenti la Direzione generale indice un’asta pubblica e vende così i diritti al

migliore offerente. In teoria, i diritti dovrebbero essere valutati in termini di volume per unità

di tempo, ma in pratica alcuni vengono espressi in termini di frazioni dei canali. Le operazioni

di scambio vengono completate senza l’approvazione della Direzione generale, lasciando in

tal modo tutte le decisioni sulla gestione della rete idrica ai singoli privati.

L’esperienza del Cile con i sistemi TWAR è abbastanza controversa. Alcuni autori

sostengono che sia stata e sarà un programma di successo (Hearne e Eastern 1995, Rosegrant

e Biswanger 1994, Thobani 1994). Secondo questi autori, i mercati dell’acqua cileni

funzionano efficacemente; le risorse idriche si muovono da impieghi a più basso valore a

impieghi a più alto valore, i prezzi sono indicativi della scarsità d’acqua, tanto nel breve

quanto nel lungo termine, e lo scambio dei diritti è attivo. Bearne e Easter (1997) hanno

calcolato i guadagni prodotti dai mercati dell’acqua in quattro valli di fiumi: Maipo, Azapa,

Elqui e Limari, nel periodo 1986-93. Essi hanno condotto un’indagine tra gli agricoltori per

raccogliere informazioni riguardo le caratteristiche individuali dei partecipanti, i prezzi e le

quantità delle varie transazioni, i costi di transazione e i raccolti degli agricoltori. Utilizzando

tali dati e confrontandoli con un metodo alternativo per allocare le risorse idriche diverso dal

libero mercato, un progetto per l’immagazzinamento dell’acqua di largo respiro, essi hanno

constatato l’esistenza di notevoli guadagni economici derivanti dallo scambio in due delle

quattro valli dei fiumi (Elqui e Limari), laddove i mercati risultavano più attivi. Gli introiti

economici provengono dagli scambi internazionali e dagli scambi tra agricoltori e producono

rendite sia per i venditori che per gli acquirenti. Gli autori hanno anche dimostrato che i costi

di transazione non costituiscono una barriera al commercio. Secondo loro, l’ostacolo

fondamentale al commercio è il costo derivante dal dover modificare le infrastrutture.

La valutazione più critica è stata data da Bauer (1997), il quale sostiene che i mercati

dell’acqua in Cile hanno avuto risultati diversi. Il numero delle transazioni è stato chiaramente

inferiore alle aspettative. Bauer fornisce una serie di spiegazioni a questa inattività del

mercato. Nonostante l’esistenza della Direzione generale quale fonte di informazioni

principale, esistono scarse informazioni attendibili riguardo agli scambi di risorse idriche e

questo genera problemi di incertezza e di mancanza di protezione per i terzi da eventuali

danni.

I costi di transazione risultano alti e l’acqua ha un costo non abbastanza elevato per

giustificare investimenti su di essa; è difficile e costoso trasportare l’acqua da un bacino

all’altro, o da valle a monte all’interno dello stesso bacino.

Esiste anche un problema di natura culturale, poiché risulta difficile pensare ai diritti

sull’acqua come ad un servizio e separati, quindi, dalla proprietà della terra. Questo può

incidere sulla risposta dei singoli ai segnali di prezzo e agli incentivi di mercato. Chi è

disposto a vendere i diritti sull’acqua separatamente, tendenzialmente sono coloro i quali

abbandonano l’agricoltura, perché dispongono di un’eredità per esempio, o perché sono

economicamente disperati. Ciò poiché una volta che i diritti sono stati venduti, non ci sono

garanzie di poterli riacquistare in futuro a prezzi ragionevoli. Molti titolari dei diritti

sull’acqua rifiutano di vendere poiché speculano in base alla convinzione che il valore

dell’acqua salirà in un futuro non troppo remoto.

Infine, risultano poco diffuse le aste pubbliche per la vendita dei diritti e nella maggior

parte dei casi l’assegnazione è stata fatta sulla base di “circostanze eccezionali ed interessi

generali”; come conseguenza, le autorità hanno impiegato i diritti sull’acqua per intraprendere

decisioni politiche che poco avevano a che fare con la salvaguardia dell’ambiente (Bauer,

1997). Un ulteriore punto critico riguardo l’assenza di transazioni è dato dal fatto che la

distribuzione iniziale dei diritti sull’acqua è stata più o meno simile ai risultati che poi si sono

ottenuti con l’equilibrio del mercato, prevenendo in tal modo la possibilità di ulteriori scambi

(Garrido, 1998).

Il principale beneficio dei mercati dell’acqua in Cile è la sicurezza legale dei diritti di

proprietà privata, che è servita ad incoraggiare gli investimenti privati negli impieghi agricoli

dell’acqua e a consolidare l’autonomia delle associazioni locali dei vari canali (Bauer, 1997).

La flessibilità del Codice sull’acqua circa lo scambio dei diritti, anche se sono avvenute poche

transazioni, offre la possibilità di un cambiamento nell’allocazione o negli impieghi delle

risorse idriche

CONCLUSIONI

I permessi negoziabili per il consumo e l'inquinamento idrico presentano vantaggi e

svantaggi. Un importante vantaggio è il fatto che le imprese, gli agenti privati e le autorità

governative possono convertire i propri permessi in assets che possono acquistare e vendere

allocandoli in maniera ottimale in una prospettiva intertemporale. I mercati dell’acqua

aiutano, inoltre, gli utenti ad allocare e utilizzare l’acqua in modo più efficiente, stimolando

acquirenti e venditori a trattare questa risorsa naturale come un qualunque bene economico.

Di conseguenza, gli utenti sono incoraggiati a riallocare l’acqua da impieghi a basso valore

verso impieghi di maggior valore. Un altro importante vantaggio derivante dall'istituzione di

mercati dell’acqua, è che essi possono spingere verso la diversificazione dei raccolti,

aumentando la flessibilità dei coltivatori nel rispondere al cambiamento dei prezzi, e verso la

riduzione dei problemi idrici (sia di consumo che di inquinamento) legati a pratiche

d'irrigazione non sostenibili dal punto di vista ecologico.

Infine, l'istituzione di un sistema di permessi idrici pone l’interessante prospettiva che

possano entrare nel mercato e acquistare i diritti in questione anche coloro i quali utilizzano le

risorse idriche per scopi ricreativi o i gruppi ambientalisti che intendono preservare la risorsa

idrica.

Uno dei problemi maggiori che affliggono, invece, i permessi negoziabili per l'acqua

concerne la difficoltà ad istituire un mercato sufficientemente sviluppato (talvolta descritta

con il termine di “debolezza” del mercato), ovvero a sviluppare un numero di scambi

sufficiente, tali da produrre guadagni in termini di efficienza. Un altro importante limite fin

qui evidenziato dai permessi concerne il costo derivante dal mantenimento del mercato, i

cosiddetti costi di transazione, che in alcuni casi possono essere molto alti. Come emerge

dall'esperienza di alcuni paesi, inoltre, è possibile che in alcuni mercati uno o più partecipanti

possano dominare il mercato e distorcere così i prezzi ai quali avviene lo scambio, impedendo

il livellamento dei costi di abbattimento marginale che è richiesto per raggiungere i massimi

guadagni in termini di efficienza.

Laddove si è riusciti a superare queste criticità, lo schema dei permessi negoziabili ha

rappresentato una valida soluzione per risolvere problemi ecologici quali l’impatto congiunto

delle emissioni di nutrienti da parte di fonti puntuali e diffuse. Gli esempi delle differenti

applicazioni mostrano che in presenza di programmi di scambio delle emissioni consentite, i

vari soggetti sono in grado di trarre vantaggio dalla differenza dei costi marginali di

abbattimento tra le imprese per abbassare il costo totale di abbattimento. Questo accade senza

il ricorso a regolamentazioni ambientali dirette che prescrivano le pratiche tecnologiche o

manageriali necessarie, ma con gli incentivi forniti alle imprese per diminuire i costi

attraverso la ricerca di strategie più innovative e meno costose per ridurre l’inquinamento. In

ogni caso, come per tutti gli strumenti regolatori, è indispensabile prestare attenzione alla

progettazione e all’implementazione degli schemi di scambio, dal momento che non esiste

una sola modalità per mettere in piedi sistemi di questo tipo. Ciò poiché tali schemi

richiedono, in fase di progettazione, che sia preso in considerazione il contesto locale dal

punto di vista climatico, ambientale, economico, sociale e legale. Per questo motivo, ogni

paese deve sviluppare una propria strategia d’implementazione e le soluzioni istituzionali

nell’ambito delle quali possono svilupparsi i mercati dell’acqua variano notevolmente da

regione a regione. Sebbene ciò renda complesso ricavare indicazioni generali da case studies

particolari, è tuttavia possibile individuare dai case studies analizzati alcuni requisiti

essenziali per l’esistenza di diritti negoziabili sull’acqua: i diritti sull’acqua devono essere

chiaramente definiti, deve esistere un’istituzione appropriata per distribuire le allocazioni

precedentemente stabilite, deve essere possibile misurare la quantità d’acqua riallocata, i

diritti dei terzi non devono essere lesi e gli utenti devono pagare tasse specifiche per l’utilizzo

dell’acqua.

Dai case studies presentati emergono, inoltre, come necessarie alcune condizioni per un

valido funzionamento di un programma di permessi idrici. In primo luogo, il bacino dovrebbe

essere chiaramente identificabile. Nel caso di permessi d'inquinamento, è necessario che

esistano sufficienti fonti puntuali e non puntuali (a seconda del tipo di scambio) e ampie

differenze nei costi di abbattimento. E’, inoltre, necessario essere in possesso di dati

sufficienti e accurati circa gli scarichi ed i livelli di inquinamento (nel caso dei TWPR), o

circa i livelli di prelievo e consumo dell'acqua (nel caso dei TWAR). C’è poi bisogno di

un’adeguata struttura istituzionale che supporti gli incentivi all’adempimento, i meccanismi di

monitoraggio e di applicazione. Inoltre, la comunità dovrebbe accettare il sistema scelto,

senza percepirlo come un'imposizione esogena dal punto di vista etico e culturale.

Dall’esame dei case studies si evidenzia, infine, che la progettazione dei mercati idrici,

l’allocazione dell’acqua e le regole riguardo lo scambio dovrebbero prendere in

considerazione le interazioni tra la qualità ambientale e i benefici economici. Perciò,

l’integrazione di modelli biologici con quelli economici risulta essenziale per capire come il

cambiamento nei flussi d’acqua potrebbe alterare l’ambiente. Ne consegue che la

progettazione di un valido sistema di permessi non può basarsi su considerazioni

esclusivamente economiche, ma richiede l'individuazione di modelli bioeconomici capaci di

integrare le informazioni biologiche relative al bacino con quelle economiche delle attività

che insistono sul bacino stesso.

Il progetto di ricerca, nel suo complesso, intende studiare le modalità applicative di un

sistema di permessi negoziabili per l’uso e il consumo di acqua.

In particolare si vuole definire la struttura del mercato dei permessi evidenziandone quelle

regole in grado di garantire efficienza ed efficacia nel tempo. Una volta definito l’impianto

teorico si passerà allo studio degli aspetti applicativi.

Il lavoro sarà suddiviso in tre parti una prima parte di teoria economica, una seconda legata

agli aspetti di teoria bioeconomica dei bacini idrografici e la terza di applicazione delle teorie

e metodologie individuate nelle fasi precedenti.

Nella prima parte si vuole studiare l’impianto teorico del mercato dei permessi negoziabili

sull’acqua. Saranno analizzate le diverse strutture del mercato per arrivare a individuare le

variabili critiche che possono inficiare il funzionamento del sistema di allocazione iniziale e

delle successive contrattazioni. In particolare sarà preso in esame il problema della numerosità

degli attori, cioè se esiste un numero ottimo di partecipanti al mercato e se e come tale

variabile incide sull’efficacia della politica dei permessi. A questo sarà affiancata l’analisi

dell’acqua come bene pubblico congestionabile delineandone gli aspetti che incidono sulla

struttura del mercato.

Definite le regole strutturali si passerà alla determinazione delle regole di contrattazione

dei permessi differenziando la fase zero in cui avviene la prima allocazione e le successive. In

questa fase si concentrerà l’attenzione sui modelli di teoria dei giochi in cui i permessi

vengono distribuiti tramite l’impiego di un sistema di asta.

Saranno quindi determinati gli schemi di gestione dei permessi negoziabili, individuate le

criticità e i fattori di successo come meccanismo di determinazione del valore economico

delle risorse idriche.

E ancora saranno individuate le variabili socio-economiche discriminanti per un efficace

funzionamento dei permessi negoziabili, che consentono di esportare lo schema di gestione

del mercato artificiale in contesti diversi.

Nella seconda parte si focalizzerà l’attenzione sui modelli bioeconomici che si applicano ai

bacini idrografici con particolare attenzione alla determinazione della capacità di carico delle

diverse strutture biochimiche e alle modalità di mitigazione degli impatti. In questa parte del

lavoro si intende strutturare il sistema di regole bioeconomiche che si debvono usare per la

costruzione dei mercati dei permessi.

Nella terza parte, infine, si intende attraverso una simulazione di assegnazione dei permessi

valutare la conformità dei comportamenti reali al modello teorico. Nell’applicazione dei

modelli di mercato dei permessi si intende arrivare ad evidenziare i punti critici e punti di

forza di questo tipo di politica ambientale.

In questa ottica, il primo passo sarà l’analisi delle applicazioni nel mondo di sistemi di

permessi negoziabili idrici, con attenzione all’efficacia all’efficienza dei risultati, l’analisi

degli effetti dei diritti di prelievo su consumo idrico e qualità dell’acqua e l’analisi delle

implicazioni distributive sul consumo finale e dei costi amministrativi del sistema di diritti.

Valutate in modo critico le esperienze dei vari paesi e sottolineati i vantaggi e gli svantaggi

in ciascun caso si determineranno delle linee applicative.

Si procederà con l’individuazione dei bacini idrografici dove simulare l’applicazione del

mercato dei permessi. Una volta individuati i siti di interesse si effettuerà la raccolta dati in

modo da rappresentare in maniera completa i parametri ambientali del singolo territorio e di

evidenziare le criticità su cui intervenire e in che misura.

Questo servirà per determinare il numero dei permessi e i tempi necessari per raggiungere

il livello ottimo di utilizzo della risorsa.

L’analisi empirica delle modalità di attuazione dei permessi sarà svolta tramite la

somministrazione di questionari ai soggetti interessati. I questionari simuleranno un modello

di asta per la prima allocazione dei permessi e ai rispondenti sarà chiesto di partecipare ad una

simulazione dell’asta dichiarando la loro disponibilità a pagare e la quantità di permessi

richiesta.

Il lavoro si concluderà con la definizione e mappatura dei criteri di fattibilità per

l’implementazione di un sistema integrato di permessi negoziabili con riferimento alle diverse

tipologie di bacino idrografico. In quest’ottico saranno identificate le caratteristiche

discriminati sia per l’applicazione dei permessi sia per il tipo di mercato da attuare collegate

con le peculiarità specifiche della risorsa.

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