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1 Progetto per il consolidamento statico ed il risanamento esterno della Chiesa di Santa Margherita in Bagnasco (CN) Caratterizzazione dei materiali esistenti. Indagini in situ e definizione delle proprietà meccaniche delle murature da utilizzare nella modellazione ad elementi finiti Paolo Ruggieri, Leonardo Isgrò – ENARCH Srl – Piazza Savoia, 6 - TORINO – Coordinamento indagini e rilievi in situ, progettazione e direzione lavori interventi strutturali Paolo Sattamino, Ada Zirpoli – HARPACEAS Srl – Viale Richard, 1 – MILANO – Analisi non lineare delle strutture murarie e studio delle modellazione dei materiali esistenti INTRODUZIONE Gli studi di cui al presente articolo si riferiscono alle strutture murarie costituenti il complesso edilizio della Chiesa Parrocchiale di Santa Margherita, sito nel Comune di Bagnasco (CN). Il complesso edilizio è formato, oltre che dalla Chiesa, anche dagli annessi campanile e canonica. Gli stessi studi fanno parte di un organico progetto per il consolidamento statico ed il risanamento esterno e restauro architettonico del complesso edilizio messo a punto dall’Arch. Zoppi Giuseppe Franco, Priero (CN) (progettazione architettonica e rapporti con gli enti preposti alle varie autorizzazioni) e dall’Ing Ruggieri Paolo, di ENARCH Società di Ingegneria S.r.l., Torino (progettazione strutturale e consolidamento statico). La Chiesa in particolare, trae le sue origini in un periodo storico collocabile tra il 1100 ed i primi del 1200 d.C., quando si diffuse il culto della martire S. Margherita in area ligure e basso piemontese. Lo stile originario era quindi il romanico e fu ridotto, verso la fine del 1700 al Barocco- Corinzio attuale. Data la sua rilevanza storico-artistica, la Chiesa di Santa Margherita rientra tra le costruzioni tutelate dalla Sovraintendenza ai beni artistici ed architettonici del Piemonte.

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Progetto per il consolidamento statico ed il

risanamento esterno della Chiesa di Santa

Margherita in Bagnasco (CN)

Caratterizzazione dei materiali esistenti. Indagini in situ e definizione

delle proprietà meccaniche delle murature da utilizzare nella

modellazione ad elementi finiti

Paolo Ruggieri, Leonardo Isgrò – ENARCH Srl – Piazza Savoia, 6 - TORINO – Coordinamento indagini e rilievi in situ,

progettazione e direzione lavori interventi strutturali

Paolo Sattamino, Ada Zirpoli – HARPACEAS Srl – Viale Richard, 1 – MILANO – Analisi non lineare delle strutture

murarie e studio delle modellazione dei materiali esistenti

INTRODUZIONE

Gli studi di cui al presente articolo si riferiscono alle strutture murarie costituenti il complesso

edilizio della Chiesa Parrocchiale di Santa Margherita, sito nel Comune di Bagnasco (CN). Il

complesso edilizio è formato, oltre che dalla Chiesa, anche dagli annessi campanile e canonica.

Gli stessi studi fanno parte di un organico progetto per il consolidamento statico ed il risanamento

esterno e restauro architettonico del complesso edilizio messo a punto dall’Arch. Zoppi Giuseppe

Franco, Priero (CN) (progettazione architettonica e rapporti con gli enti preposti alle varie

autorizzazioni) e dall’Ing Ruggieri Paolo, di ENARCH Società di Ingegneria S.r.l., Torino

(progettazione strutturale e consolidamento statico).

La Chiesa in particolare, trae le sue origini in un periodo storico collocabile tra il 1100 ed i primi

del 1200 d.C., quando si diffuse il culto della martire S. Margherita in area ligure e basso

piemontese. Lo stile originario era quindi il romanico e fu ridotto, verso la fine del 1700 al Barocco-

Corinzio attuale.

Data la sua rilevanza storico-artistica, la Chiesa di Santa Margherita rientra tra le costruzioni

tutelate dalla Sovraintendenza ai beni artistici ed architettonici del Piemonte.

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Figura 1: Localizzazione della Chiesa di S. Margherita

La Chiesa nella sua configurazione attuale ha dimensioni massime interne di 26.80 m lungo l’asse

principale e di 18.85 m lungo il transetto ed è suddivisa in tre navate delimitate internamente da

quattro colonne centrali a sezione rettangolare ed esternamente dai muri perimetrali di spessore

variabile da 80 a 100 cm circa. Gli orizzontamenti di copertura sono costituiti da volte a botte e a

vela e cupole emisferiche sostenute da archi a tutto sesto. L’altezza massima interna si ha in

corrispondenza della navata centrale dove si raggiungono i 18 m circa mentre in corrispondenza dei

nartece, delle navate laterali e dell’abside l’altezza massima è di 12 m circa.

La canonica è interconnessa con le murature della Chiesa e del campanile ed è composta da

murature di spessore pari a circa 55 cm, con orizzontamenti prevalentemente lignei e solo in

minima parte costituiti da volte a padiglione in muratura.

Il campanile, situato nella zona frontale della Chiesa (lato piazza), è anch’esso interconnesso con le

murature della Chiesa ed è composto da murature di spessore variabile e rastremate dal basso verso

l’alto in corrispondenza dei piani di calpestio di accesso alla cella campanaria, costituiti da tavolati

in legno.

Figura 2: Facciata principale della Chiesa

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Figura 3: Pianta piano terra della Chiesa e della canonica

Il complesso edilizio della Chiesa di Santa Margherita è attualmente inagibile per ordinanza del

Comune di Bagnasco del Febbraio 2009 resasi indispensabile a seguito di intense nevicate che

durante gli inverni 2008-2009 hanno prodotto una inflessione notevole della copertura lignea la

quale premendo contro la volta del presbiterio ne ha determinato il crollo in alcune parti.

Figura 4: Volta del presbiterio con evidenza delle porzioni murarie crollate

Oltre alle problematiche riguardanti le strutture murarie di copertura, si sono rilevate delle criticità

strutturali, seppur localizzate, anche sui maschi murari verticali.

Il corpo della Chiesa è interessato infatti dalla presenza di un’importante lesione ad andamento sub

verticale passante sulle murature della parete absidale e di un sistema di lesioni sulle murature del

campanile che ne denunciano la tendenza al distacco dalle murature del corpo principale della

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Chiesa. Sia le lesioni della zona absidale che quelle rilevate nelle murature del campanile sono

attribuibili a cedimenti fondazionali localizzati dovuti con tutta probabilità anche al flusso delle

acque meteoriche passante nel sottosuolo. Il complesso della Chiesa si trova, infatti, su un’area

pianeggiante posta ai piedi della collina degradante verso il fiume Tanaro, e crea pertanto una

trincea naturale su cui defluisce parte dell’acqua piovana proveniente da monte.

Figura 5: Lesione absidale vista dall’esterno

Figura 6: Lesione delle murature del campanile

Le problematiche sopra esposte e la necessità di riaprire al pubblico il manufatto certificandone i

necessari livelli di sicurezza hanno imposto, nell’ambito di un progetto di consolidamento statico, la

verifica della totalità dell’edificio di culto oltre che per i carichi statici presenti, anche in presenza

degli effetti del sisma.

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Sono pertanto stati svolti un insieme di indagini e di calcoli di verifica statica e sismica riguardanti

il complesso edilizio, necessari per la scelta ed il dimensionamento di opportuni sistemi di

consolidamento strutturale indispensabili per ripristinare i requisiti minimi di sicurezza per le

strutture.

Gli interventi in questione hanno previsto principalmente la cucitura ed il rinforzo della volta a vela

posta al di sopra dell’altare, la cucitura di alcune porzioni di muratura interessate da fenomeni

fessurativi localizzati ed il consolidamento fondazionale alla base dei maschi murari della zona

absidale e del campanile, tramite l’esecuzione di cordoli di sottomurazione in calcestruzzo armato

fondati su micropali.

Ai sensi delle NTC 2008, gli interventi suddetti si configurano come interventi di miglioramento

per i quali è prevista la verifica di sicurezza globale delle strutture. Per tale ragione sono state

condotte opportune analisi mediante diversi modelli di calcolo agli elementi finiti di tipo spaziale

capaci di rappresentare in modo dettagliato le geometrie delle strutture e le caratteristiche

meccaniche dei materiali costituenti le strutture in opera dell’intero complesso edilizio.

Le analisi e le verifiche di cui sopra sono state effettuate con l’ausilio del codice di calcolo agli

elementi finiti Midas Gen 2014 v.1.1.

Sono state condotte le seguenti tipologie di analisi:

Analisi Lineare Statica, con verifiche allo S.L.U. (stato limite ultimo) delle strutture

murarie portanti (maschi murari). Tale analisi ha permesso, in una prima fase, di verificare

la bontà del modello di calcolo e di tarare i parametri di resistenza e deformabilità delle

strutture murarie tenuto conto dei risultati delle prove sperimentali e delle analisi visive

effettuate in situ. Tale analisi è stata svolta sul modello dell’edificio esistente e sul modello

dell’edificio comprensivo degli interventi di consolidamento in fondazione.

Analisi Lineare Dinamica, con associazione dello spettro di risposta sismico tipico del sito

in cui sorge il complesso edilizio, con verifiche allo S.L.V. (Stato Limite di Salvaguardia

della Vita), S.L.D. (Stato Limite di Danno) e verifica della risposta sismica globale con

valutazione del modo di vibrazione fondamentale del campanile e della struttura nel suo

insieme e dei modi di vibrazione successivi. Tale analisi ha permesso di effettuare una prima

valutazione del comportamento sismico delle strutture e della loro capacità di resistenza

nell’ipotesi di comportamento elastico lineare del materiale. Tale analisi è stata svolta sul

modello dell’edificio esistente e sul modello dell’edificio comprensivo degli interventi di

consolidamento in fondazione.

Analisi Elasto-Plastica Non Lineare, conosciuta anche come Analisi di Push-Over,

consistente nell’applicazione dei carichi gravitazionali e, per la direzione considerata

dell’azione sismica, di un sistema di forze orizzontali monotonamente crescente (in

direzione positiva e negativa) fino al raggiungimento delle condizioni ultime di collasso di

una porzione di struttura o della struttura nel suo insieme. Il risultato finale è valutato in

termini di capacità dell’intera struttura, o di una porzione di essa, di resistere all’azione

sismica. La capacità di resistenza è rappresentata da una curva che lega la massima forza di

taglio alla base con lo spostamento di un punto di controllo dell’edificio, solitamente riferito

alla copertura. Il vantaggio principale di questo tipo di analisi è quello di poter tenere in

conto del comportamento non lineare del materiale attraverso l’associazione di una legge

costitutiva di tipo elasto-plastico. In tal modo, all’aumentare delle forze orizzontali

rappresentanti l’azione sismica, viene abbattuta la rigidezza degli elementi finiti in cui si

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supera la resistenza a trazione del materiale pervenendo così alla curva di capacità della

struttura.

I contenuti del presente lavoro si riferiscono alle indagini preliminari in situ ed alle valutazioni

numeriche che sono state svolte al fine di approfondire la conoscenza delle strutture murarie

esistenti e del terreno di fondazione, arrivando a definire le proprietà meccaniche delle murature da

utilizzare nelle varie tipologie di analisi svolte sui modelli ad elementi finiti messi a punto per lo

studio di vulnerabilità sismica delle strutture esistenti.

INDAGINI PRELIMINARI FINALIZZATE ALLO STUDIO DI VULNERABILITA’ SISMICA

DELLE STRUTTURE ED ALLA DEFINIZIONE DELLO STATO DI DEGRADO DELLE

STRUTTURE ESISTENTI

Le indagini preliminari svolte sono consistite in quanto segue:

Rilievo delle geometrie, esteso alla chiesa ed alla canonica;

Rilievo del quadro fessurativo, esteso alla chiesa ed alla canonica;

Caratterizzazione dei materiali esistenti;

Indagini geotecniche, geofisiche e sismiche;

Rilievo delle geometrie

Il rilievo delle geometrie ha comportato le seguenti operazioni:

Rilievo architettonico della Chiesa, del Campanile e della Canonica con restituzione di

piante, prospetti, sezioni. Tale rilievo, costituito da piante, prospetti e sezioni è riportato

sulle tavole grafiche del progetto architettonico redatto dall’Arch. Franco Zoppi ed allegato

alla presente.

Ricostruzione della geometria (spessori delle murature, dimensioni delle volte e degli archi)

e degli schemi statici grazie a specifici rilievi di dettaglio in situ;

Restituzione grafica in CAD 3D utile per la successiva costruzione del modello di calcolo

FEM dei piani medi di:

o pareti perimetrali;

o pareti interne principali;

o archi, cupole e volte.

Le immagini di seguito riportate (Figura 7) mostrano i risultati di tale restituzione grafica.

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Figura 7: Ricostruzione geometrica in CAD 3D delle strutture esistenti

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Rilievo del quadro fessurativo, esteso alla chiesa ed alla canonica

Tale rilievo ha comportato le seguenti operazioni:

Rilievo degli stati di dissesto in atto e della consistenza delle opere di consolidamento già

realizzate, per quanto visibili e rilevabili al momento dei sopralluoghi compiuti;

Rilievo e restituzione del quadro fessurativo presente sulle strutture murarie della canonica e

del corpo principale della chiesa, con particolare riferimento alle murature absidali e del

campanile;

Caratterizzazione dei materiali esistenti

Indagini visive in situ

Tali indagini sono consistite nell’approfondita valutazione visiva delle tipologie di muratura

presenti.

Prove con martinetto piatto

La prova con martinetto piatto rappresenta la tecnica sperimentale più utilizzata per la

caratterizzazione meccanica delle murature. Essa permette di ottenere informazioni riguardanti sia

lo stato tensionale in esercizio sia i parametri meccanici.

In particolare, la prova può essere svolta con martinetto piatto singolo o doppio.

La prova con martinetto singolo (Fase 1) consente di definire la sola tensione di esercizio. Essa

consiste nel praticare, inizialmente, un taglio nella muratura e misurare l’avvicinamento dei lembi

della fessura tramite estensimetri e placchette metalliche (basi estensimetriche) precedentemente

predisposte sulla muratura. Al termine di questa prima fase, si inserisce il martinetto all’interno del

taglio e si applica una pressione nota fino a portare i lembi di muratura, avvicinati per effetto del

taglio, alle condizioni iniziali. A questo punto è possibile calcolare la tensione a cui è sottoposta la

muratura tramite la seguente relazione:

a mP k k dove:

- P è la pressione del fluido all’interno del martinetto;

- ka è il rapporto tra l’area del martinetto e quella del taglio (< 1);

- km è una costante che dipende dalla geometria e dalla rigidezza del martinetto;

- σ è la pressione di esercizio della muratura.

La prova con martinetto doppio (Fase 2) è successiva alla Fase 1 e consiste nell’effettuare un

secondo taglio per l’alloggiamento del secondo martinetto piatto parallelamente al primo ad una

distanza di circa 50 cm. In questa fase si applica una pressione verticale alla porzione di muratura

compresa tra i due tagli misurando le deformazioni al crescere della pressione applicata.

Per ottenere la tensione limite a compressione fm occorre aumentare la pressione nei martinetti fino

a quando appaiono le prime lesioni verticali all’interno del provino.

Il modulo elastico può essere ricavato essendo nota la tensione σ applicata ed il legame tensione-

deformazione E(ε)= σ / ε.

Nel caso in esame sono state eseguite le prove in tre punti diversi della muratura esterna della

chiesa utilizzando due martinetti piatti (tipo Boviar). Sono state posizionate 4 basi di misura (3

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verticali e 1 orizzontale) tra i due martinetti e per le prove n° 1 e n°3 sono state posizionate 3

ulteriori basi sul martinetto superiore per determinare lo stato di sollecitazione locale della

muratura.

La muratura nei punti sottoposti a prova è di tipo misto, ovvero, elementi lapidei con dimensioni

variabili da pochi centimetri a qualche decimetro e mattoni pieni legati da malta di calce e sabbia.

In Figura 8 che segue sono riportate le posizioni in cui sono state eseguite le prove.

Figura 8: Ubicazione delle prove con martinetti piatti

In particolare i risultati sono stati i seguenti:

Prova n°1: eseguita sul lato nord dell’abside ad un’altezza di circa 120 cm dal piano del terreno; nel

corso della prova a circa 10 bar di pressione sono apparse lievi fessurazioni al di sotto del

martinetto inferiore nella porzione di muratura costituita da mattoni pieni. In tale prova è stata

eseguita anche la prova con martinetto singolo.

Prova n°2: eseguita sul lato ovest della chiesa sulla muratura del corpo principale della chiesa a

circa 130 cm dal piano del terreno; nel corso della prova, a circa 14 bar di pressione, nella porzione

di muratura compresa tra i martinetti sono apparse lievi fessurazioni nella malta tra gli elementi

lapidei con il progressivo allentamento di questi ultimi.

Prova n°3: eseguita sul lato est della chiesa alla base del campanile a circa 170 cm dal piano del

terreno. Non sono state rilevate fessurazioni nel corso della prova. In tale prova è stata eseguita

anche la prova con martinetto singolo.

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Figura 9: Prova n°1: lato nord dell’abside

Figura 10: Prova n°2: lato ovest della chiesa

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Figura 11: Prova n°3: lato est della chiesa (campanile)

La tabella seguente riassume i dati ottenuti dalle prove con martinetti piatti.

Indagini geotecniche, geofisiche e sismiche

In relazione alle presunte caratteristiche litostratigrafiche del sottosuolo, alla tipologia dei manufatti

in esame ed alla necessità di definire in modo adeguato il modello geologico, geotecnico del

sottosuolo e la pericolosità sismica nel rispetto delle NTC 2008 sono state previste ed eseguite le

indagini geotecniche, geofisiche e sismiche e sismiche descritte di seguito:

a) Prove geotecniche in sito costituite da:

- n°2 sondaggi geognostici a carotaggio continuo;

- prove penetrometriche dinamiche discontinue SPT a varie profondità durante la

perforazione;

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- n°2 piezometri a tubo aperto per verifica del livello della falda acquifera e delle sue

oscillazioni nel tempo.

Il sondaggio S1, ubicato nei pressi dell’abside è stato spinto fino alla profondità di 5.0 m dal piano

campagna ed ha messo in luce la presenza di un sottosuolo caratterizzato da un primo strato (fino a

profondità di 3,20 m circa) costituito da terreni a grana fine con prevalenza di limi argillosi e argille

limose. Al di sotto di tale strato superficiale si è riscontrata la presenza di terreni con caratteristiche

meccaniche migliori costituiti da ghiaie e ciottoli in matrice limosa e limosa sabbiosa. La falda è

stata rilevata alla profondità di 3.20 m.

Il sondaggio S2, ubicato sul marciapiede in prossimità del campanile è stato spinto fino alla

profondità di 15.0 m da piano campagna ed ha messo in luce la presenza di un sottosuolo

caratterizzato da un primo strato (fino a profondità di 2,30 m circa) di terreni rimaneggiati seguito

da terreni con caratteristiche meccaniche migliori costituiti da ghiaie eterometriche e ciottoli in

matrice limosa e limosa sabbiosa. La falda è stata rilevata alla profondità di 8,20 m.

Figura 12: Localizzazione dei sondaggi geognostici con prelievo a carotaggio continuo

b) Indagini geofisiche e sismiche costituite da:

- n°2 misure di microtremore sismico ambientale e relativo calcolo delle curve H/V per la

determinazione delle frequenze di risonanza del sottosuolo;

- n°1 stendimento MASW/SASW con modellazione della relativa curva di dispersione teorica

nel modo fondamentale e superiori. Per la valutazione della Vs30 (velocità media di

propagazione delle onde di taglio entro i primi 30 m di profondità) in modo da risalire alla

“categoria di sottosuolo” e quindi al coefficiente amplificazione stratigrafica

dell’accelerazione sismica;

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- n°3 misure di microtremore sismico ambientale sulla verticale del campanile per il calcolo

della frequenza fondamentale di vibrazione dello stesso.

Sulla base del modello derivato dalle suddette analisi, con riferimento alla Tab. 3.2.III delle NTC

2008, il sottosuolo del sito in esame ricade nella categoria B: “Rocce tenere e depositi di terreni a

grana grossa molto addensati o terreni a grana fina consistenti con spessori superiori a 30 m,

caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da

valori di Vs,30 compresi tra 360 m/s e 800 m/s”.

Figura 13: Localizzazione dei sondaggi geognostici e sismici

Dai risultati delle analisi dinamiche modali svolte sulla struttura si è potuto notare come le prima

forma modale sia propria del campanile nel senso che la stessa non movimenta in modo sostanziale

le masse della chiesa e della canonica. Il periodo relativo a tale modo di vibrazione è stato messo a

confronto, per controllo, con quello ottenuto dall’applicazione della seguente formula empirica

reperibile in letteratura (Circolare n°22 del 24/05/1982 punto 3.4.4.3) che permette di calcolare il

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periodo di vibrazione fondamentale di edifici in muratura, in funzione dell’altezza H e della

larghezza di base l della costruzione:

0.062

H HT

l Hl

Considerando la massima dimensione in pianta del campanile l=4.20 m e la sua altezza al di sopra

dello spiccato dalle murature del corpo chiesa H=17.30 m si è ottenuto:

0.06 0.41sec periodo fondamentale2

1= 2.43 frequenza fondamentale

H HT

l Hl

f HzT

Si è ottenuto dunque un ottimo accordo tra la frequenza fondamentale di vibrazione calcolata con la

formula empirica da letteratura tecnica, quella misurata sulla verticale del campanile attraverso la

tecnica del microtremore sismico ambientale e quelle ottenute dalle analisi dinamiche.

Confronto su frequenza fondamentale del campanile

Formula empirica 2.43 Hz

Microtremore sismico 2.30 Hz

Analisi modale

Modello con base incastrata 2.64 Hz

Analisi modale

Modello con interazione terreno-struttura e micropali di

fondazione

2.49 Hz

L’immagine seguente riporta il diagramma spettrale delle frequenze del campanile ottenute

dall’indagine con microtremore sismico.

Figura 14: Spettro di frequenze del campanile

DEFINIZIONE DELLE PROPRIETA’ MECCANICHE DELLE MURATURE

In merito ai materiali utilizzati nelle verifiche occorre in primo luogo precisare quanto di seguito

riportato.

Al cap. 8 delle NTC’08 e al cap. C8A.1 delle Istruzioni per l’applicazione delle NTC’08 si

approfondisce il concetto di “Livello di conoscenza” della struttura esistente, in merito ai

diversi parametri coinvolti nel modello, quali: geometria, dettagli costruttivi, relazioni di

riferimento (geologiche, geotecniche e strutturali), documentazione a disposizione nei tempi

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successivi della costruzione, rilievi strutturali geometrici e dei dettagli esecutivi ed in fine

prove in situ ed in laboratorio;

In funzione del livello di conoscenza (LC1 – Conoscenza Limitata; LC2 – Conoscenza

Adeguata; LC3 –Conoscenza Accurata) si definirà appunto un “Fattore di Confidenza –

FC”, per mezzo del quale si ridurranno le resistenze medie dei materiali analizzati con prove

in situ;

Nella situazione in esame, si è adottato un Livello di Conoscenza di tipo LC2 (conoscenza

adeguata), il quale ha portato ad un Fattore di Confidenza FC=1.20, in funzione della

situazione di conoscenza descritta di seguito:

Geometria: la geometria della struttura è nota in base alle operazioni di rilievo

approfonditamente eseguite. Tali operazioni hanno compreso il rilievo, piano per

piano, di tutti gli elementi in muratura incluse nicchie e cavità, il rilievo delle

geometrie di archi e volte in muratura, l’analisi delle tipologie di solai e dei carichi di

peso proprio da essi trasmesso sui maschi murari.

Dettagli costruttivi: possono ritenersi noti solo parzialmente in base a verifiche in-

situ limitate basate su rilievi di tipo visivo su un numero limitato di elementi privi di

intonaco. Per tali elementi è stato possibile valutare la tipologia di murature presenti

e la qualità del collegamento tra le pareti verticali.

Proprietà dei materiali: le proprietà meccaniche dei materiali utilizzati per la

modellazione e per la verifica di resistenza degli elementi sono scelte in base ad

indagini in situ esaustive effettuate mediante prove in situ con martinetti piatti,

singoli e doppi, oltreché esami visivi sulle superfici murarie.

Le caratteristiche meccaniche dei materiali adottate per la modellazione e per la verifica degli

elementi strutturali sono di seguito riportate.

I valori di calcolo della resistenza a compressione e della resistenza a trazione sono ottenuti

dividendo i valori medi per il fattore di confidenza e per il coefficiente parziale di sicurezza sui

materiali. Quest’ultimo, in accordo alle Norme Tecniche, assumerà valore diverso a seconda del

tipo di analisi svolto. I valori utilizzati sono i seguenti:

- γm= 1.0 per le analisi statiche non lineari [p.to 7.8.2.2.1 D.M. 14/01/2008]

- γm= 2.0 per le analisi dinamiche lineari [p.to 7.8.1.1 D.M. 14/01/2008]

Resistenza media a compressione

Il valore medio della resistenza a compressione ottenuto dalle prove con martinetto piatto è pari a

fm,c =15,43 daN/cm2.

Il valore di calcolo della resistenza a compressione è ottenuto dividendo il valore medio suddetto

per il fattore di confidenza e per il coefficiente parziale di sicurezza sui materiali scelto in funzione

del tipo di analisi eseguita.

Resistenza a compressione per le analisi statiche non lineari:

, 2

,

15.4312.86 /

1.2 1.0

m C

d c

m

ff daN cm

FC

Resistenza a compressione per le analisi dinamiche lineari:

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, 2

,

15.436.43 /

1.2 2.0

m C

d c

m

ff daN cm

FC

Resistenza media a trazione

La resistenza media a trazione della muratura non è nota da prove specifiche e viene pertanto

stimata sulla base delle caratteristiche costruttive rilevate in sito e con riferimento alle indicazioni

riportate dalla Circolare n°617 al punto C8A.2.

La resistenza a trazione può essere stimata con la seguente espressione riportata al punto C8.7.1.5

della stessa Circolare:

01,5mtf

Il valore della resistenza a taglio non confinata è stato assunto pari a τ0= 0,5 daN/cm2 , valore

ritenuto ragionevole per rappresentare globalmente i maschi murari resistenti della struttura in

oggetto. Tale valore assunto sulla base dei valori di riferimento riportati in Tab. C8A.2.1 viene

moltiplicato per il fattore correttivo (pari ad 1,5) che serve a tenere in conto della presenza degli

elementi di ammorsamento per ingranamento tra i paramenti, riportato in Tab. C8A.2.2

Si assume pertanto:

τ0= 0,75 daN/cm2

Il valore di resistenza medio a trazione da adottare ai sensi delle Norme Tecniche sarebbe pertanto,

il seguente:

2

01,5 1,12 /mtf daN cm

Avendo tuttavia costruito un modello di calcolo tale da riprodurre in modo particolarmente

dettagliato le caratteristiche geometriche delle strutture e tenuto conto che le murature esistenti non

presentano fenomeni di fessurazione diffusa ma solo fessurazioni locali dovute a cedimenti

fondazionali e non al superamento della resistenza, si è ritenuto lecito aumentare la resistenza media

a trazione ad un valore di 2,5 daN/cm2 che rappresenta il valore minimo per cui l’analisi per carichi

statici allo stato limite di esercizio non produce alcuna fessurazione nei maschi murari.

Il valore di calcolo della resistenza a trazione è ottenuto dividendo il valore medio suddetto per il

fattore di confidenza e per il coefficiente parziale di sicurezza sui materiali scelto in funzione del

tipo di analisi eseguita.

Resistenza a trazione per le analisi statiche non lineari:

, 2

,

2.52.1 /

1.2 1.0

m t

d t

m

ff daN cm

FC

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17

Resistenza a trazione per le analisi dinamiche lineari:

, 2

,

2.51.0 /

1.2 2.0

m t

d t

m

ff daN cm

FC

Modulo elastico

Il modulo elastico utilizzato nelle analisi è stato scelto come media dei valori ottenuti dalle prove

con martinetto piatto doppio n° 1 e 2. La prova n°3 è stata esclusa in quanto ha restituito un valore

troppo elevato e pertanto non attendibile.

1550mE MPa

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DESCRIZIONE DELLE ANALISI

Introduzione

La modellazione strutturale elaborata è particolarmente avanzata e complessa data la geometria

dell’edificio. Allo scopo di ben rappresentare le complessità geometriche si è voluto realizzare un

modello tridimensionale sviluppato utilizzando elementi bidimensionali. La base di partenza

disponibile era rappresentata dai classici disegni 2D (piante, sezioni e prospetti) tipicamente ottenuti

dalla campagna di rilevazione. Questo approccio può risultare abbastanza efficiente in presenza di

strutture in muratura modellate solo con pareti verticali. In queste situazioni, infatti, risulta agevole

poter lavorare su modelli CAD piani che vengono importati nell’ambiente di calcolo in un

opportuno formato per poi procedere alla fase di meshing (Figura 15).

Figura 15: Parete di un edificio monumentale importata in ambiente FEM da ambiente CAD

Ogni parete discretizzata ad elementi finiti deve essere connessa a quelle adiacenti. L’operazione

impone cautela ed attenzione all’analista; sebbene possa essere demandata in modo totale ad uno

strumento di mesh automatico, bisogna sempre verificare (anche solo eseguendo un calcolo statico

con il solo peso proprio oppure un’analisi modale) che la mesh di pareti adiacenti siano congruenti

tra loro (Figura 16).

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Figura 16: Particolare delle mesh congruenti di due pareti

Nei casi invece, come quello in esame, dove sono presenti volte a singola e doppia curvatura,

l’approccio dovrebbe sfruttare strumenti di modellazione geometrica tipici degli ambienti 3D

generici. In questi ambienti è possibile costruire superfici (ed eventualmente anche solidi) di

notevole complessità, imporre relazioni di congruenza con le superfici adiacenti, su cui poi si

definiranno mesh di elementi bidimensionali. Le relazioni di congruenza che si impongono, essendo

a livello di geometria, valgono qualunque sia la mesh che venga successivamente generata. Questo

approccio, ancora poco usuale per molti progettisti o analisti del settore delle costruzioni, sta in

realtà divenendo sempre più interessante soprattutto grazie al crescere dell’esigenza di modellazioni

non più solo basate su elementi monodimensionali. E’ utile precisare che questi approcci di

modellazione geometrica e di mesh sono già noti a tutti coloro i quali hanno potuto cimentarsi con

studi di dettaglio di particolari costruttivi. In questi approcci diviene indispensabile poter disporre di

modellatori CAD in grado di descrivere superfici complesse e di strumenti di meshing adatti a

discretizzare questo tipo di forme (Figura 17). Le analisi di edifici monumentali, in presenza di

forme curvilinee (volte e cupole) ripresentano in maniera estesa queste necessità.

Figura 17: Modellazione geometrica delle volte della struttura in esame

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Con questi presupposti i dati di rilievo sono stati utilizzati solo per le parti relative alle pareti

verticali. Le volte e cupole di copertura sono state generate ex-novo sfruttando i comandi presenti

nel programma midas Fx+. Figura 18 mostra il modello ad elementi finiti della struttura in esame.

Figura 18: Modello ad elementi finiti della chiesa di Santa Margherita in Bagnasco

Gli oggetti

Il modello di calcolo è stato sviluppato usando 3589 elementi beam e 51556 elementi shell. Si è

scelto di sviluppare un modello così sofisticato poiché l’uso di elementi monodimensionali per

effettuare analisi non lineari su strutture così complesse è poco affidabile. Il modello con elementi

monodimensionali è un ottimo approccio in presenza di struttura dove sia possibile individuare in

modo preciso maschi murari. Nei casi invece di presenza di porte e finestre non allineate in

direzione verticale o in presenza di volte complesse, diviene problematica anche la valutazione della

distribuzione del solo carico verticale. E’ d’altra parte evidente che sviluppare correttamente un

modello così complesso impone diverse scelte ed ipotesi da parte del Professionista. Una prima

scelta riguarda la tipologia di elemento finito da utilizzare. Le strategie sono molteplici: dai modelli

ibridi che possono combinare elementi shell con elementi asta, a modelli completamente costituiti

da elementi solidi. Questi ultimi richiedono uno studio accurato dell’intera geometria in ambiente

CAD e poi il travaso negli ambienti di modellazione geometrica sopra citati. La dimensione dei

modelli, nel caso di edifici monumentali, è decisamente corposa; se in analisi elastica la cosa può

non destare molta preoccupazione, diverso è il caso delle analisi non lineari.

In presenza di strutture complesse meglio sempre pensare ad approcci “bilanciati”: per l’analisi

globale è più agevole uno studio con elementi shell; per studi locali invece si può ricorrere a

modelli con elementi 3D. In questo approccio si è seguita la strada degli elementi bidimensionali. In

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particolare, tutti i maschi murari, le volte e le colonne sono stati modellati con elementi shell a 4

nodi. Nei bordi del corpo centrale si è modellata la presenza di un cordolo in c.a. tramite elementi

beam. Lo stesso tipo di modellazione è stata utilizzata per le coperture lignee.

Dimensione degli elementi bidimensionali

E’ evidente che il comportamento dinamico globale della struttura è significativamente influenzato

dalla scelta della dimensione della discretizzazione operata. Modelli con elementi finiti di

dimensioni minori, meglio approssimano il comportamento reale della struttura (che per natura è

caratterizzata da un numero infinito di gradi di libertà), ma richiedono tempi di calcolo

dell’elaboratore più lunghi. E’ evidente, quindi, la tentazione di abbondare col numero degli

elementi allo scopo di meglio cogliere tutti i possibili tipi di comportamento insiti nel modello. E’

però opportuno definire una minima strategia al fine di evitare di sovraccaricare il modello. Un

modello troppo “pesante”, infatti, può risultare ingestibile anche in analisi elastica (ricordiamo che

la tempistica di elaborazione non è solo legata al tempo necessario per eseguire la soluzione

numerica ma anche ai tempi per gestire tutti i risultati, sia grafici sia tabellari).

Al fine di valutare la dipendenza tra la dimensione dell’elemento finito e la risposta dinamica del

modello FEM, si possono considerare 2/3 diversi valori di dimensione della mesh (il che implica

realizzare 2/3 modelli diversi). Per ognuno dei modelli si potranno eseguire analisi modali e

confrontare:

- le forme modali;

- i valori dei periodi di almeno due modi dominanti.

Emergerà sempre la tendenza dei modelli con discretizzazione più fitta ad essere più flessibili e

quindi ad avere periodi propri maggiori rispetto a quelli associati ad una discretizzazione minore. E’

necessario stabilire un limite di scarto. Se due modelli presentano scarti dell’ordine del 7-8% già si

possono considerare confrontabili (sempre che mostrino simili forme modali). In questo caso si è

utilizzata una taglia media degli elementi pari a circa 80 cm. Questa taglia per motivi di efficienza

generale e rapidità di modellazione è stata mantenuta su tutto il modello.

Altro buon parametro di controllo è il confronto tra i risultati dell’analisi modale ed i risultati di

prove dinamiche (dei micro tremori) eseguite in particolare sulle parti più sporgenti in direzione

verticale, tipicamente i campanili. In questo caso il modello ha mostrato un ottimo accordo: la

frequenza misurata pari a 2.3 Hz (Figura 19) ha trovato una buona corrispondenza nel modello che

ha fornito un valore di 2.63 Hz (Figura 20).

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Figura 19: Risultati delle prove di micro-tremore sismico effettuate sul campanile; si noti anche la corrispondenza con la formula empirica speditiva della normativa.

Figura 20: Frequenza e massa mobilitata dei primi due modi di vibrare della struttura in esame; visualizzazione della prima forma di vibrare, che coinvolge prevalentemente il campanile

In generale i primi modi di vibrare coinvolgono il solo campanile. Il corpo della chiesa ha una

frequenza abbastanza lontana da quella del campanile e vibra insieme alla canonica con frequenza

superiore ai 4.2 Hz. Interessante è il modo 2 (in direzione trasversale alla facciata) che coinvolge

prevalentemente il campanile e la facciata stessa, tendendo a ribaltarla (Figura 21).

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Figura 21: Mappa relativa alla seconda forma modale

Altra interessante indagine è stata quella relativa allo studio delle frequenze verticali della strutture

voltate (Figura 22). Si è eseguita un’analisi modale considerando anche la componente verticale

delle masse sismiche derivanti dal peso, dai carichi statici agenti e dalle masse puntuali aggiunte

come descritto in precedenza.

Figura 22: Mappa relativa alla quinta forma modale

Definita la metodologia di modellazione delle parti principali, è bene stabilire alcuni ulteriori

strategie. In particolare, l’attenzione va sempre posta almeno sui due seguenti punti critici:

- collegamento tra volte a crociera ed elementi verticali;

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- collegamento laterale tra volte e pareti verticali.

Collegamento tra volte a crociera ed elementi verticali

In corrispondenza dei terminali delle volte, un primo approccio potrebbe essere quello di far

convergere tutte le volte presenti in un unico punto dal quale sviluppare la colonna rappresentata da

un elemento beam. L’approccio risulterebbe alquanto forzato, non tanto in termini di azione sulla

colonna, ma in termini di concentrazione di sforzi.

Se l’obiettivo è un analisi elastica, l’Utente potrà individuare la concentrazione ed eventualmente

non considerarla nella mappe dei risultati; se invece si vuole seguire un analisi non lineare, vi sono

almeno due problemi da risolvere:

- la concentrazione di tensioni può impedire la corretta esecuzione dell’analisi;

- il solutore può non riuscire a convergere per un certo valori di carico globale agente.

Meglio pensare ad una transizione delle azioni più graduale adottando ad esempio la tecnica di

collegare le imposte delle volte ai muri verticali per mezzo di elementi shell (orizzontali) di

dimensioni pari allo spessore del muro, al quale è stato assegnato un materiale sufficientemente

rigido. Questo approccio permette di meglio ridistribuire il carico sull’imposta.

Collegamento laterale tra volte e pareti verticali

Il collegamento laterale tra le volte e le pareti richiede uno studio accurato. Si tratta di una zona di

transizione tra due parti strutturali che possono avere una notevole differenza di spessore

trasversale. Nel caso in esame si passa da spessori delle volte dell’ordine di 12 cm a pareti spesse

110 cm. In queste situazioni, se si adotta una modellazione ad elementi finiti bidimensionali,

dovendo trasferire dall’ambiente CAD i piani mediani delle pareti e delle volte, è inevitabile che

questi non terminino in corrispondenza di quelli delle pareti: è presente un disassamento da gestire

mediante una zona di transizione. Senza ricorrere a particolari accorgimenti (ad es. link rigidi), si

possono utilizzare delle zone di transizione caratterizzate da uno spessore pari a quello dell’ultima

fascia di elementi shell della volta (Figura 23). L’utilizzo di elementi o di vincoli rigidi è stata

scartata in quanto può portare a concentrazioni di tensione deleterie nelle analisi non lineari. Inoltre,

in analisi lineare le tensioni potrebbero non essere affidabili.

Quando queste zone sono limitate in estensione, complessivamente la modellazione può essere

considerata accettabile, ma nell’esempio in questione le volte si collegano alle pareti verticali per

decine di metri.

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Figura 23: Collegamento volta-parete con zona di transizione (elementi blu e gialli)

Ulteriori zone critiche di modellazione

Il modello presenta ulteriori zone particolari quali frenelli di irrigidimento delle volte, inseriti negli

anni, che sono stati modellati ponendo elementi shell sopra alcuni tratti di volta che ricreano la

struttura irrigidente e che si collegano poi alle pareti laterali.

Altra zona peculiare è rappresentata dal campanile dove, a parte il corpo principale composto da 4

pareti che terminano con aperture tipiche ad arco, al suo interno vi sono piccole volte irrigidenti

(Figura 24).

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Figura 24: Modellazione ad elementi finiti 2D del campanile; sono evidenziate le volte interne

Ulteriori volte sono presenti nella zona centrale del corpo della chiesa. Si tratta di volte “unghiate”

ribassate.

Figura 25: Modellazione ad elementi finiti 2D delle volte unghiate ribassate

Infine, particolare attenzione va posta nella simulazione delle zone di intersezione tra le pareti

verticali, tra cui particolare importanza riveste il collegamento tra le pareti della navata principale e

la facciata. Queste zone di connessione vanno esaminate in situ per capire se in sede di modello agli

elementi finiti abbia senso considerare continuità delle componenti di sollecitazione tra gli elementi

shell adiacenti. Se non verificata, tali elementi vanno resi indipendenti almeno in termini di

trasferimento di azioni flessionali.

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Nel modello in esame il collegamento tra le diversi pareti era sufficientemente garantito, è stata

conservata la completa continuità.

Interazione con il terreno

Per quanto riguarda l’interazione con il terreno è stata considerata sia l’ipotesi di fondazione rigida

sia quella di suolo elastico alla Winkler. Quest’ultima è stata poi la scelta definitiva di modellazione

in quanto ha mostrato risultati più attinenti alla realtà in termini di modi di vibrare, distribuzione

delle reazioni vincolari sforzi normali nelle pareti murarie.

La costante di sottofondo nel caso specifico è stata stimata attraverso le correlazioni di Vesic

(Figura 26) in cui entrano in gioco le caratteristiche geometriche della fondazione e i parametri di

deformabilità sia del terreno che della fondazione stessa.

Figura 26: Formula di Vesic per il calcolo della costante elastica di sottofondo.

Il modulo di elastico del terreno Es è stato ricavato a partire dai risultati delle prove SPT applicando

poi le correlazioni disponibili in letteratura. E’ stato valutato un Es = 70800 kPa. Di seguito si

riporta la tabella con le costanti alla Winkler ricavate considerando la larghezza delle diverse

fondazioni (Figura 27).

Figura 27: Costanti di sottofondo calcolate a partire da Es e dalla larghezza della fondazione

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Analisi elastica per soli carichi verticali

In questo tipo di modelli è assolutamente utile eseguire un’analisi in ambito elastico prima di

procedere con le non lineari. In particolare, è importante svolgere una prima analisi statica con soli

carichi verticali al fine di ricreare lo stato di sforzo presente. Questa prima indagine consente anche

di verificare le azioni e le tensioni principali di compressione (Figura 28). Queste tensioni non

possono assumere valori elevati proprio per la natura delle strutture monumentali che sono

solitamente composte da pareti di spessore notevole, quindi in grado di distribuire adeguatamente i

carichi verticali in fondazione (Figura 29). Pur in presenza di un modello complesso, risulta

abbastanza agevole il confronto tra i risultati di un’analisi elastica per carichi verticali con un

calcolo speditivo manuale per verificare i valori di pressione attesi. Eccessive concentrazioni di

pressioni alla base potrebbero derivare da errori di modellazione. L’analisi statica lineare funge

quindi da validazione del modello di analisi.

Figura 28: Sforzi principali di compressione per caricamento verticale in campo lineare

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Figura 29: Distribuzione delle reazioni vincolari a seguito di un caricamento verticale in campo lineare

Nel presente modello l’esame delle mappe degli sforzi principali di trazione permette ad esempio di

valutare l’aderenza del modello alla realtà, poiché si nota una concentrazione di trazioni nella zona

in cui in situ si osserva il distacco del campanile rispetto al rimanente corpo della chiesa.

Figura 30: Mappa degli sforzi principale di trazioni a seguito di un caricamento verticale in campo elastico

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Analisi statica non lineare del solo campanile

Il comportamento delle pareti del campanile sotto le azioni sismiche è stato analizzato mediante

analisi di pushover lungo le due direzioni principali. L’obiettivo dell’intervento era quello di

studiare ad un ulteriore livello di dettaglio questa parte di struttura. Si è potuto appurare che le

situazioni critiche sono concentrate soprattutto al collegamento con il resto dell’edificio, come

anche le osservazioni in situ evidenziano. La vulnerabilità è stata verificata tramite un’analisi statica

non lineare con due distribuzioni di forze (metodo Pushover N2). L’edificio è stato spinto attraverso

un sistema di forze orizzontali proporzionali alle masse e proporzionale al primo modo di vibrare.

Sono state fatte due analisi per ogni direzione analizzata, lungo la direzione longitudinale

denominata X, e lungo la direzione trasversale denominata Y. La struttura del campanile presenta

alcune tipiche situazioni che rendono l’analisi più complessa in quanto non vi sono piani rigidi.

Questo costringe a svolgere analisi statiche non lineari in controllo di forza. Nella costruzione delle

curve di capacità è bene prestare attenzione. In assenza di piani rigidi, si rende necessario

campionare diversi punti in sommità della struttura.

Figura 31: Punti di controllo scelti per tracciare le curve di capacità

Figura 32 riporta la curva di capacità del solo campanile per un caricamento di pushover

proporzionale alle masse; la curva è ottenuta in relazione ai quattro diversi punti di controllo. Le

curve sono praticamente sovrapposte, mostrando che la scelta del punto di controllo in questo caso è

ininfluente.

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Figura 32: Curva di capacità del campanile per caricamento proporzionale alle masse (lo spostamento

sull’asse delle ascisse è riportato in cm)

Figura 33: Mappa di danneggiamento nel campanile al termine del caricamento laterale

Data l’elevata irregolarità strutturale, non si è potuto procedere con un’analisi statica non lineare

sull’intera struttura, tuttavia il caricamento verticale in presenza di non linearità del materiale ha

ulteriormente messo in luce quanto emerso in campo elastico: il danneggiamento della struttura

avvenuto nel tempo a causa dei cedimenti differenziali dovuti alla disomogeneità delle costanti

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elastiche di sottofondo. In particolare si noti ancora le zone di fessurazione dovute al distacco del

campanile (Figura 34).

Figura 34: Mappa di danneggiamento dovuto al caricamento verticale

Valutazione dell’IR per il solo campanile

È stato infine effettuato un confronto tra la capacità della struttura e la domanda sismica, espressa in

termini di spettri nel formato ADRS, definiti per il sito in cui giace la struttura e per la categoria di

suolo B. L’intersezione fra lo spettro e l’idealizzazione bilineare della curva di pushover

rappresenta il punto di prestazione della struttura, che rappresenta la condizione per cui la capacità

sismica di una struttura è pari alla domanda sismica richiesta. Il calcolo effettuato attraverso la

procedura descritta e in modo conforme alle norme vigenti indica che l’accelerazione spettrale

massima in direzione X è pari a 0.221 g, mentre in direzione Y è pari a 0.209 g. L’intersezione della

curva di capacità con gli spettri consente di calcolare il valore dell’accelerazione al suolo

corrispondente allo stato limite SLV e successivamente l’Indicatore di Rischio dato dal rapporto tra

la PGA allo SLV e il corrispondente valore dell’accelerazione di aggancio allo spettro per lo stato

limite esaminato. Nel caso in esame l’indice di rischio è pari 0.73 nella direzione X e pari a 0.7

nella direzione Y.

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Interventi di rinforzo

Il passo successivo è stato quello di progettare gli interventi di rinforzo e di modificare il modello

numerico per simulare lo stato di progetto. I valori del modulo di reazione verticale sono stati

incrementati per tenere conto del consolidamento effettuato attraverso l’iniezione di resine nel

terreno; i carichi agenti sulle volte sono stati diminuiti per tener conto dello svuotamento delle

stesse; le volte sono state poi consolidate attraverso elementi di rinforzo. Il modello così ottenuto è

stato utilizzato per valutare il livello di sicurezza statica e sismica globale dell’edificio nello stato di

progetto, verificando quindi l’efficacia e la validità degli interventi scelti.

PROVE SIMULATE PER LA DETERMINAZIONE DEI PARAMETRI DEL MATERIALE

Si è voluto completare lo studio della risposta sismica della struttura in esame, attribuendo ai

materiali un legame costitutivo più complesso. Nello specifico, si è passati da un legame elastico

perfettamente plastico con criterio di rottura alla Mohr Coulomb a un legame denominato Total

Strain Crack (TSC) presente nella libreria del software commerciale midas Fea. Questo legame è

caratterizzato sia a trazione che a compressione da un comportamento elastico quasi fragile con un

criterio di rottura basato sul raggiungimento della resistenza a trazione/compressione del materiale.

Il ramo post-picco decade con funzione esponenziale a trazione e con andamento parabolico a

compressione (si vedano Figura 35 e Figura 36).

Figura 35: TSC – Decadimento esponenziale post-picco della curva sforzo normale di trazione-deformazione.

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Figura 36: TSC – Decadimento parabolico post-picco della curva sforzo normale di compressione-deformazione.

Rispetto al criterio di Mohr Coulomb, questo legame non mette il conto il confinamento nel calcolo

della resistenza del materiale: l’uscita dal campo elastico è determinata unicamente dalla condizione

che lo sforzo principale di trazione (I) raggiunga la resistenza a trazione del materiale (ft) o che lo

sforzo principale di compressione (III) raggiunga la resistenza a compressione del materiale (fc).

Per una muratura, il cui comportamento ricorda molto quello dei terreni, il livello di confinamento,

solitamente fornito dai carichi verticali gravanti sulla struttura, è direttamente proporzionale alla

resistenza a scorrimento, cioè si oppone alla rottura per azioni taglianti.

Il legame TSC può quindi sembrare riduttivo, tuttavia mette in luce un altro aspetto fondamentale

che con le analisi precedenti non poteva essere colto: la ridistribuzione degli sforzi. Infatti, grazie

alla presenza del cosiddetto ramo softening, cioè la caduta di resistenza dopo l’uscita dal campo

elastico, il livello di sforzo raggiunto negli elementi non può essere mantenuto; il carico deve quindi

essere ridistribuito sugli elementi adiacenti, incrementando l’entità dello sforzo già presente su

questi. E’ possibile che anche solo a causa della ridistribuzione gli elementi adiacenti escano a loro

volta dal campo elastico, provocando così una “reazione a catena” che si manifesta in un

danneggiamento diffuso del materiale. Questo comportamento riproduce fedelmente quanto accade

nella realtà.

Il TSC è caratterizzato dai seguenti parametri:

- Lato trazione: resistenza a trazione uniassiale ft, energia di frattura GI,f

- Lato compressione: resistenza a compressione uniassiale fc, energia di frattura Gc

Mentre i valori di ft e fc sono normati o ricavabili con prove standard, l’energia di frattura non è

altrettanto facilmente ottenibile.

Prima di tutto vediamo cosa si intende con questo termine: si chiama Energia di Frattura la quantità

di energia rilasciata dalla formazione di un’unità di area di frattura. E’ una proprietà del materiale e

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non dipende dal percorso di carico che porta alla formazione della fessura. Questo concetto non è da

trascurare in quanto facilità la ricerca del valore numerico di questo parametro.

E’ possibile trovare in letteratura formulazioni che legano l’energia di frattura a diverse quantità.

Nel presente articolo si propone una prova simulata per il calcolo di GI,f. Per la struttura in esame,

infatti, non è mai stato rilevato una rottura dovuta al raggiungimento del limite per compressione

del materiale.

La determinazione in laboratorio di questa quantità è fatta mediante la prova riportata in Figura 37.

Figura 37: Prova di frattura di Modo I

Un provino opportunamente vincolato subisce un caricamento tale da provocare il manifestarsi di

una fessura cosiddetta di Modo I. Solitamente l’innesco della frattura viene controllato partendo da

un provino fin dall’inizio caratterizzato dalla presenza di una fessura di lunghezza a, il cosiddetto

notch. L’energia di frattura viene misurata sulla base dell’incremento di questa fessura iniziale ed è

definita come l’energia rilasciata dalla formazione di un’area unitaria di superficie fessurata.

L’idea è quella di riprodurre in un software ad elementi finiti questa prova per ricavare il parametro

mancante GI,f.

In Figura 38 è rappresentato il provino virtuale per la determinazione dell’energia di frattura.

Figura 38: Provino virtuale per la determinazione dell’energia di frattura

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Il provino virtuale ha uno spessore di 35 cm (pari allo spessore di una delle murature in esame), una

lunghezza di 70 cm ed un’altezza di 60 cm. E’ vincolato con incastri su tutta la parete posteriore.

Dei link perfettamente rigidi in tutti i gradi di libertà assicurano che le forze si distribuiscano sui

due lembi: inferiore e posteriore. Il provino è costituito da elementi finiti solidi a 8 nodi. La zona

verde di Figura 38 è caratterizzata da legame elastico; la zona fucsia è caratterizzata da un legame

elasto-plastico. Questa scelta è stata operata per indirizzare la frattura nella zona di interesse. Si

noti, inoltre, la modellazione del notch. La mesh è stata volutamente lasciata piuttosto rada nella

zona di concentrazione degli sforzi per facilitare poi la lettura di sforzi e deformazioni, senza

togliere nulla alla correttezza della soluzione.

Per coerenza con le analisi effettuate sulla Chiesa di Santa Margherita, alla zona fucsia coinvolta nel

processo di frattura è stato attribuito il legame costitutivo Mohr - Coulomb utilizzato per le analisi

precedentemente esposte. E’ stata svolta un’analisi non lineare in 60 step, utilizzando l’algoritmo

risolutivo di Newton-Raphson con convergenza in spostamento e tolleranza pari a 0.001 mm.

Figura 39 e Figura 40 riportano i risultati in termine di mappe di sforzo.

Figura 39: Mappa degli sforzi verticali (coincidenti con gli sforzi principali di trazione) alla fine della prova di

apertura di modo I

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Figura 40: Mappa degli sforzi verticali (coincidenti con gli sforzi principali di trazione) all’innesco della fessura nel secondo elemento

In particolare, Figura 39 riporta la mappa degli sforzi verticali che, data la regolarità del modello e

della mesh, coincidono con gli sforzi principali di trazione I. Si può osservare come tutti gli

elementi di natura elasto-plastica sono caratterizzati dalla presenza di una “crocetta” posizionata

sui punti di Gauss dell’elemento. I tratta di una comoda visualizzazione di midas Gen per indicare i

punti di gauss in cui è stato calcolato uno valore di sforzo superiore al limite elastico.

Figura 40 invece riporta la mappa degli sforzi verticali al 30esimo step di carico; questo step è

caratterizzato dall’avere la prima fila di elementi, quella subito a ridosso del notch, completamente

fessurata; la seconda file, quella immediatamente dietro, è invece caratterizzata dall’avere i primi

due punti di Gauss, quelli adiacenti alla fila davanti, “crocettati”. Questa condizione è stata

arbitrariamente scelta per stabilire che la fessura si fosse completamente formata nella prima fila di

elementi.

A questo punto è stata fatta una media del legame sforzo – deformazione verticale sui 4 punti di

Gauss su tutti i 12 elementi della prima fila, ottenendo la curva in Figura 41.

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Figura 41: Andamento I – I per la prima fila di elementi elasto-plastici

Per definizione l’energia di frattura non è altro che l’area sottesa dalla curva. Nello specifico:

partendo da un criterio di rottura alla Mohr-Coulomb caratterizzato da un angolo di attrito di 22° e

da una coesione iniziale di 0.2 MPa, è stata calcolata una GI,f = 2.978 10-4 MPa.

CONCLUSIONI

Il progresso raggiunto negli ultimi anni nel campo delle analisi non lineari è considerevole

malgrado purtroppo non siano ancora applicate quotidianamente nella pratica lavorativa.

La procedura di pushover è stata inizialmente sviluppata su modelli piani; l’estensione a strutture

irregolari tridimensionali risulta ancora immatura e inaffidabile.

Nel caso di modelli tridimensionali, persistono sono diverse difficoltà. Non è chiaro come sia

possibile combinare gli effetti direzionali.

Per questa tipologia di struttura inoltre si è spesso in presenza di non regolarità. Pur essendo vero

che per le strutture in muratura non è fissato un vero e proprio minimo di percentuale di massa dei

modi dominanti, svolgere un’analisi statica non lineare con metodo N2 sembra una forzatura.

Volendo ricorrere ad analisi più sofisticate ed in grado di superare l’empasse relativo alla regolarità

strutturale si dovrebbe eseguire un analisi dinamica non lineare. Essa prevede la simultanea

applicazione degli accelerogrammi nelle tre direzioni. La metodologia rappresenta correttamente il

fenomeno del terremoto e riteniamo possa diventare in futuro l’analisi di riferimento.

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Per arrivare a questo obiettivo è necessario però che aumenti la disponibilità di modelli di analisi

completi (non semplici casi test) e riferiti alle reali complessità delle strutture esistenti.