Progetto per il consolidamento statico ed il risanamento ...La Chiesa in particolare, trae le sue...
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Progetto per il consolidamento statico ed il
risanamento esterno della Chiesa di Santa
Margherita in Bagnasco (CN)
Caratterizzazione dei materiali esistenti. Indagini in situ e definizione
delle proprietà meccaniche delle murature da utilizzare nella
modellazione ad elementi finiti
Paolo Ruggieri, Leonardo Isgrò – ENARCH Srl – Piazza Savoia, 6 - TORINO – Coordinamento indagini e rilievi in situ,
progettazione e direzione lavori interventi strutturali
Paolo Sattamino, Ada Zirpoli – HARPACEAS Srl – Viale Richard, 1 – MILANO – Analisi non lineare delle strutture
murarie e studio delle modellazione dei materiali esistenti
INTRODUZIONE
Gli studi di cui al presente articolo si riferiscono alle strutture murarie costituenti il complesso
edilizio della Chiesa Parrocchiale di Santa Margherita, sito nel Comune di Bagnasco (CN). Il
complesso edilizio è formato, oltre che dalla Chiesa, anche dagli annessi campanile e canonica.
Gli stessi studi fanno parte di un organico progetto per il consolidamento statico ed il risanamento
esterno e restauro architettonico del complesso edilizio messo a punto dall’Arch. Zoppi Giuseppe
Franco, Priero (CN) (progettazione architettonica e rapporti con gli enti preposti alle varie
autorizzazioni) e dall’Ing Ruggieri Paolo, di ENARCH Società di Ingegneria S.r.l., Torino
(progettazione strutturale e consolidamento statico).
La Chiesa in particolare, trae le sue origini in un periodo storico collocabile tra il 1100 ed i primi
del 1200 d.C., quando si diffuse il culto della martire S. Margherita in area ligure e basso
piemontese. Lo stile originario era quindi il romanico e fu ridotto, verso la fine del 1700 al Barocco-
Corinzio attuale.
Data la sua rilevanza storico-artistica, la Chiesa di Santa Margherita rientra tra le costruzioni
tutelate dalla Sovraintendenza ai beni artistici ed architettonici del Piemonte.
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Figura 1: Localizzazione della Chiesa di S. Margherita
La Chiesa nella sua configurazione attuale ha dimensioni massime interne di 26.80 m lungo l’asse
principale e di 18.85 m lungo il transetto ed è suddivisa in tre navate delimitate internamente da
quattro colonne centrali a sezione rettangolare ed esternamente dai muri perimetrali di spessore
variabile da 80 a 100 cm circa. Gli orizzontamenti di copertura sono costituiti da volte a botte e a
vela e cupole emisferiche sostenute da archi a tutto sesto. L’altezza massima interna si ha in
corrispondenza della navata centrale dove si raggiungono i 18 m circa mentre in corrispondenza dei
nartece, delle navate laterali e dell’abside l’altezza massima è di 12 m circa.
La canonica è interconnessa con le murature della Chiesa e del campanile ed è composta da
murature di spessore pari a circa 55 cm, con orizzontamenti prevalentemente lignei e solo in
minima parte costituiti da volte a padiglione in muratura.
Il campanile, situato nella zona frontale della Chiesa (lato piazza), è anch’esso interconnesso con le
murature della Chiesa ed è composto da murature di spessore variabile e rastremate dal basso verso
l’alto in corrispondenza dei piani di calpestio di accesso alla cella campanaria, costituiti da tavolati
in legno.
Figura 2: Facciata principale della Chiesa
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Figura 3: Pianta piano terra della Chiesa e della canonica
Il complesso edilizio della Chiesa di Santa Margherita è attualmente inagibile per ordinanza del
Comune di Bagnasco del Febbraio 2009 resasi indispensabile a seguito di intense nevicate che
durante gli inverni 2008-2009 hanno prodotto una inflessione notevole della copertura lignea la
quale premendo contro la volta del presbiterio ne ha determinato il crollo in alcune parti.
Figura 4: Volta del presbiterio con evidenza delle porzioni murarie crollate
Oltre alle problematiche riguardanti le strutture murarie di copertura, si sono rilevate delle criticità
strutturali, seppur localizzate, anche sui maschi murari verticali.
Il corpo della Chiesa è interessato infatti dalla presenza di un’importante lesione ad andamento sub
verticale passante sulle murature della parete absidale e di un sistema di lesioni sulle murature del
campanile che ne denunciano la tendenza al distacco dalle murature del corpo principale della
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Chiesa. Sia le lesioni della zona absidale che quelle rilevate nelle murature del campanile sono
attribuibili a cedimenti fondazionali localizzati dovuti con tutta probabilità anche al flusso delle
acque meteoriche passante nel sottosuolo. Il complesso della Chiesa si trova, infatti, su un’area
pianeggiante posta ai piedi della collina degradante verso il fiume Tanaro, e crea pertanto una
trincea naturale su cui defluisce parte dell’acqua piovana proveniente da monte.
Figura 5: Lesione absidale vista dall’esterno
Figura 6: Lesione delle murature del campanile
Le problematiche sopra esposte e la necessità di riaprire al pubblico il manufatto certificandone i
necessari livelli di sicurezza hanno imposto, nell’ambito di un progetto di consolidamento statico, la
verifica della totalità dell’edificio di culto oltre che per i carichi statici presenti, anche in presenza
degli effetti del sisma.
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Sono pertanto stati svolti un insieme di indagini e di calcoli di verifica statica e sismica riguardanti
il complesso edilizio, necessari per la scelta ed il dimensionamento di opportuni sistemi di
consolidamento strutturale indispensabili per ripristinare i requisiti minimi di sicurezza per le
strutture.
Gli interventi in questione hanno previsto principalmente la cucitura ed il rinforzo della volta a vela
posta al di sopra dell’altare, la cucitura di alcune porzioni di muratura interessate da fenomeni
fessurativi localizzati ed il consolidamento fondazionale alla base dei maschi murari della zona
absidale e del campanile, tramite l’esecuzione di cordoli di sottomurazione in calcestruzzo armato
fondati su micropali.
Ai sensi delle NTC 2008, gli interventi suddetti si configurano come interventi di miglioramento
per i quali è prevista la verifica di sicurezza globale delle strutture. Per tale ragione sono state
condotte opportune analisi mediante diversi modelli di calcolo agli elementi finiti di tipo spaziale
capaci di rappresentare in modo dettagliato le geometrie delle strutture e le caratteristiche
meccaniche dei materiali costituenti le strutture in opera dell’intero complesso edilizio.
Le analisi e le verifiche di cui sopra sono state effettuate con l’ausilio del codice di calcolo agli
elementi finiti Midas Gen 2014 v.1.1.
Sono state condotte le seguenti tipologie di analisi:
Analisi Lineare Statica, con verifiche allo S.L.U. (stato limite ultimo) delle strutture
murarie portanti (maschi murari). Tale analisi ha permesso, in una prima fase, di verificare
la bontà del modello di calcolo e di tarare i parametri di resistenza e deformabilità delle
strutture murarie tenuto conto dei risultati delle prove sperimentali e delle analisi visive
effettuate in situ. Tale analisi è stata svolta sul modello dell’edificio esistente e sul modello
dell’edificio comprensivo degli interventi di consolidamento in fondazione.
Analisi Lineare Dinamica, con associazione dello spettro di risposta sismico tipico del sito
in cui sorge il complesso edilizio, con verifiche allo S.L.V. (Stato Limite di Salvaguardia
della Vita), S.L.D. (Stato Limite di Danno) e verifica della risposta sismica globale con
valutazione del modo di vibrazione fondamentale del campanile e della struttura nel suo
insieme e dei modi di vibrazione successivi. Tale analisi ha permesso di effettuare una prima
valutazione del comportamento sismico delle strutture e della loro capacità di resistenza
nell’ipotesi di comportamento elastico lineare del materiale. Tale analisi è stata svolta sul
modello dell’edificio esistente e sul modello dell’edificio comprensivo degli interventi di
consolidamento in fondazione.
Analisi Elasto-Plastica Non Lineare, conosciuta anche come Analisi di Push-Over,
consistente nell’applicazione dei carichi gravitazionali e, per la direzione considerata
dell’azione sismica, di un sistema di forze orizzontali monotonamente crescente (in
direzione positiva e negativa) fino al raggiungimento delle condizioni ultime di collasso di
una porzione di struttura o della struttura nel suo insieme. Il risultato finale è valutato in
termini di capacità dell’intera struttura, o di una porzione di essa, di resistere all’azione
sismica. La capacità di resistenza è rappresentata da una curva che lega la massima forza di
taglio alla base con lo spostamento di un punto di controllo dell’edificio, solitamente riferito
alla copertura. Il vantaggio principale di questo tipo di analisi è quello di poter tenere in
conto del comportamento non lineare del materiale attraverso l’associazione di una legge
costitutiva di tipo elasto-plastico. In tal modo, all’aumentare delle forze orizzontali
rappresentanti l’azione sismica, viene abbattuta la rigidezza degli elementi finiti in cui si
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supera la resistenza a trazione del materiale pervenendo così alla curva di capacità della
struttura.
I contenuti del presente lavoro si riferiscono alle indagini preliminari in situ ed alle valutazioni
numeriche che sono state svolte al fine di approfondire la conoscenza delle strutture murarie
esistenti e del terreno di fondazione, arrivando a definire le proprietà meccaniche delle murature da
utilizzare nelle varie tipologie di analisi svolte sui modelli ad elementi finiti messi a punto per lo
studio di vulnerabilità sismica delle strutture esistenti.
INDAGINI PRELIMINARI FINALIZZATE ALLO STUDIO DI VULNERABILITA’ SISMICA
DELLE STRUTTURE ED ALLA DEFINIZIONE DELLO STATO DI DEGRADO DELLE
STRUTTURE ESISTENTI
Le indagini preliminari svolte sono consistite in quanto segue:
Rilievo delle geometrie, esteso alla chiesa ed alla canonica;
Rilievo del quadro fessurativo, esteso alla chiesa ed alla canonica;
Caratterizzazione dei materiali esistenti;
Indagini geotecniche, geofisiche e sismiche;
Rilievo delle geometrie
Il rilievo delle geometrie ha comportato le seguenti operazioni:
Rilievo architettonico della Chiesa, del Campanile e della Canonica con restituzione di
piante, prospetti, sezioni. Tale rilievo, costituito da piante, prospetti e sezioni è riportato
sulle tavole grafiche del progetto architettonico redatto dall’Arch. Franco Zoppi ed allegato
alla presente.
Ricostruzione della geometria (spessori delle murature, dimensioni delle volte e degli archi)
e degli schemi statici grazie a specifici rilievi di dettaglio in situ;
Restituzione grafica in CAD 3D utile per la successiva costruzione del modello di calcolo
FEM dei piani medi di:
o pareti perimetrali;
o pareti interne principali;
o archi, cupole e volte.
Le immagini di seguito riportate (Figura 7) mostrano i risultati di tale restituzione grafica.
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Figura 7: Ricostruzione geometrica in CAD 3D delle strutture esistenti
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Rilievo del quadro fessurativo, esteso alla chiesa ed alla canonica
Tale rilievo ha comportato le seguenti operazioni:
Rilievo degli stati di dissesto in atto e della consistenza delle opere di consolidamento già
realizzate, per quanto visibili e rilevabili al momento dei sopralluoghi compiuti;
Rilievo e restituzione del quadro fessurativo presente sulle strutture murarie della canonica e
del corpo principale della chiesa, con particolare riferimento alle murature absidali e del
campanile;
Caratterizzazione dei materiali esistenti
Indagini visive in situ
Tali indagini sono consistite nell’approfondita valutazione visiva delle tipologie di muratura
presenti.
Prove con martinetto piatto
La prova con martinetto piatto rappresenta la tecnica sperimentale più utilizzata per la
caratterizzazione meccanica delle murature. Essa permette di ottenere informazioni riguardanti sia
lo stato tensionale in esercizio sia i parametri meccanici.
In particolare, la prova può essere svolta con martinetto piatto singolo o doppio.
La prova con martinetto singolo (Fase 1) consente di definire la sola tensione di esercizio. Essa
consiste nel praticare, inizialmente, un taglio nella muratura e misurare l’avvicinamento dei lembi
della fessura tramite estensimetri e placchette metalliche (basi estensimetriche) precedentemente
predisposte sulla muratura. Al termine di questa prima fase, si inserisce il martinetto all’interno del
taglio e si applica una pressione nota fino a portare i lembi di muratura, avvicinati per effetto del
taglio, alle condizioni iniziali. A questo punto è possibile calcolare la tensione a cui è sottoposta la
muratura tramite la seguente relazione:
a mP k k dove:
- P è la pressione del fluido all’interno del martinetto;
- ka è il rapporto tra l’area del martinetto e quella del taglio (< 1);
- km è una costante che dipende dalla geometria e dalla rigidezza del martinetto;
- σ è la pressione di esercizio della muratura.
La prova con martinetto doppio (Fase 2) è successiva alla Fase 1 e consiste nell’effettuare un
secondo taglio per l’alloggiamento del secondo martinetto piatto parallelamente al primo ad una
distanza di circa 50 cm. In questa fase si applica una pressione verticale alla porzione di muratura
compresa tra i due tagli misurando le deformazioni al crescere della pressione applicata.
Per ottenere la tensione limite a compressione fm occorre aumentare la pressione nei martinetti fino
a quando appaiono le prime lesioni verticali all’interno del provino.
Il modulo elastico può essere ricavato essendo nota la tensione σ applicata ed il legame tensione-
deformazione E(ε)= σ / ε.
Nel caso in esame sono state eseguite le prove in tre punti diversi della muratura esterna della
chiesa utilizzando due martinetti piatti (tipo Boviar). Sono state posizionate 4 basi di misura (3
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verticali e 1 orizzontale) tra i due martinetti e per le prove n° 1 e n°3 sono state posizionate 3
ulteriori basi sul martinetto superiore per determinare lo stato di sollecitazione locale della
muratura.
La muratura nei punti sottoposti a prova è di tipo misto, ovvero, elementi lapidei con dimensioni
variabili da pochi centimetri a qualche decimetro e mattoni pieni legati da malta di calce e sabbia.
In Figura 8 che segue sono riportate le posizioni in cui sono state eseguite le prove.
Figura 8: Ubicazione delle prove con martinetti piatti
In particolare i risultati sono stati i seguenti:
Prova n°1: eseguita sul lato nord dell’abside ad un’altezza di circa 120 cm dal piano del terreno; nel
corso della prova a circa 10 bar di pressione sono apparse lievi fessurazioni al di sotto del
martinetto inferiore nella porzione di muratura costituita da mattoni pieni. In tale prova è stata
eseguita anche la prova con martinetto singolo.
Prova n°2: eseguita sul lato ovest della chiesa sulla muratura del corpo principale della chiesa a
circa 130 cm dal piano del terreno; nel corso della prova, a circa 14 bar di pressione, nella porzione
di muratura compresa tra i martinetti sono apparse lievi fessurazioni nella malta tra gli elementi
lapidei con il progressivo allentamento di questi ultimi.
Prova n°3: eseguita sul lato est della chiesa alla base del campanile a circa 170 cm dal piano del
terreno. Non sono state rilevate fessurazioni nel corso della prova. In tale prova è stata eseguita
anche la prova con martinetto singolo.
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Figura 9: Prova n°1: lato nord dell’abside
Figura 10: Prova n°2: lato ovest della chiesa
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Figura 11: Prova n°3: lato est della chiesa (campanile)
La tabella seguente riassume i dati ottenuti dalle prove con martinetti piatti.
Indagini geotecniche, geofisiche e sismiche
In relazione alle presunte caratteristiche litostratigrafiche del sottosuolo, alla tipologia dei manufatti
in esame ed alla necessità di definire in modo adeguato il modello geologico, geotecnico del
sottosuolo e la pericolosità sismica nel rispetto delle NTC 2008 sono state previste ed eseguite le
indagini geotecniche, geofisiche e sismiche e sismiche descritte di seguito:
a) Prove geotecniche in sito costituite da:
- n°2 sondaggi geognostici a carotaggio continuo;
- prove penetrometriche dinamiche discontinue SPT a varie profondità durante la
perforazione;
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- n°2 piezometri a tubo aperto per verifica del livello della falda acquifera e delle sue
oscillazioni nel tempo.
Il sondaggio S1, ubicato nei pressi dell’abside è stato spinto fino alla profondità di 5.0 m dal piano
campagna ed ha messo in luce la presenza di un sottosuolo caratterizzato da un primo strato (fino a
profondità di 3,20 m circa) costituito da terreni a grana fine con prevalenza di limi argillosi e argille
limose. Al di sotto di tale strato superficiale si è riscontrata la presenza di terreni con caratteristiche
meccaniche migliori costituiti da ghiaie e ciottoli in matrice limosa e limosa sabbiosa. La falda è
stata rilevata alla profondità di 3.20 m.
Il sondaggio S2, ubicato sul marciapiede in prossimità del campanile è stato spinto fino alla
profondità di 15.0 m da piano campagna ed ha messo in luce la presenza di un sottosuolo
caratterizzato da un primo strato (fino a profondità di 2,30 m circa) di terreni rimaneggiati seguito
da terreni con caratteristiche meccaniche migliori costituiti da ghiaie eterometriche e ciottoli in
matrice limosa e limosa sabbiosa. La falda è stata rilevata alla profondità di 8,20 m.
Figura 12: Localizzazione dei sondaggi geognostici con prelievo a carotaggio continuo
b) Indagini geofisiche e sismiche costituite da:
- n°2 misure di microtremore sismico ambientale e relativo calcolo delle curve H/V per la
determinazione delle frequenze di risonanza del sottosuolo;
- n°1 stendimento MASW/SASW con modellazione della relativa curva di dispersione teorica
nel modo fondamentale e superiori. Per la valutazione della Vs30 (velocità media di
propagazione delle onde di taglio entro i primi 30 m di profondità) in modo da risalire alla
“categoria di sottosuolo” e quindi al coefficiente amplificazione stratigrafica
dell’accelerazione sismica;
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- n°3 misure di microtremore sismico ambientale sulla verticale del campanile per il calcolo
della frequenza fondamentale di vibrazione dello stesso.
Sulla base del modello derivato dalle suddette analisi, con riferimento alla Tab. 3.2.III delle NTC
2008, il sottosuolo del sito in esame ricade nella categoria B: “Rocce tenere e depositi di terreni a
grana grossa molto addensati o terreni a grana fina consistenti con spessori superiori a 30 m,
caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da
valori di Vs,30 compresi tra 360 m/s e 800 m/s”.
Figura 13: Localizzazione dei sondaggi geognostici e sismici
Dai risultati delle analisi dinamiche modali svolte sulla struttura si è potuto notare come le prima
forma modale sia propria del campanile nel senso che la stessa non movimenta in modo sostanziale
le masse della chiesa e della canonica. Il periodo relativo a tale modo di vibrazione è stato messo a
confronto, per controllo, con quello ottenuto dall’applicazione della seguente formula empirica
reperibile in letteratura (Circolare n°22 del 24/05/1982 punto 3.4.4.3) che permette di calcolare il
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periodo di vibrazione fondamentale di edifici in muratura, in funzione dell’altezza H e della
larghezza di base l della costruzione:
0.062
H HT
l Hl
Considerando la massima dimensione in pianta del campanile l=4.20 m e la sua altezza al di sopra
dello spiccato dalle murature del corpo chiesa H=17.30 m si è ottenuto:
0.06 0.41sec periodo fondamentale2
1= 2.43 frequenza fondamentale
H HT
l Hl
f HzT
Si è ottenuto dunque un ottimo accordo tra la frequenza fondamentale di vibrazione calcolata con la
formula empirica da letteratura tecnica, quella misurata sulla verticale del campanile attraverso la
tecnica del microtremore sismico ambientale e quelle ottenute dalle analisi dinamiche.
Confronto su frequenza fondamentale del campanile
Formula empirica 2.43 Hz
Microtremore sismico 2.30 Hz
Analisi modale
Modello con base incastrata 2.64 Hz
Analisi modale
Modello con interazione terreno-struttura e micropali di
fondazione
2.49 Hz
L’immagine seguente riporta il diagramma spettrale delle frequenze del campanile ottenute
dall’indagine con microtremore sismico.
Figura 14: Spettro di frequenze del campanile
DEFINIZIONE DELLE PROPRIETA’ MECCANICHE DELLE MURATURE
In merito ai materiali utilizzati nelle verifiche occorre in primo luogo precisare quanto di seguito
riportato.
Al cap. 8 delle NTC’08 e al cap. C8A.1 delle Istruzioni per l’applicazione delle NTC’08 si
approfondisce il concetto di “Livello di conoscenza” della struttura esistente, in merito ai
diversi parametri coinvolti nel modello, quali: geometria, dettagli costruttivi, relazioni di
riferimento (geologiche, geotecniche e strutturali), documentazione a disposizione nei tempi
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successivi della costruzione, rilievi strutturali geometrici e dei dettagli esecutivi ed in fine
prove in situ ed in laboratorio;
In funzione del livello di conoscenza (LC1 – Conoscenza Limitata; LC2 – Conoscenza
Adeguata; LC3 –Conoscenza Accurata) si definirà appunto un “Fattore di Confidenza –
FC”, per mezzo del quale si ridurranno le resistenze medie dei materiali analizzati con prove
in situ;
Nella situazione in esame, si è adottato un Livello di Conoscenza di tipo LC2 (conoscenza
adeguata), il quale ha portato ad un Fattore di Confidenza FC=1.20, in funzione della
situazione di conoscenza descritta di seguito:
Geometria: la geometria della struttura è nota in base alle operazioni di rilievo
approfonditamente eseguite. Tali operazioni hanno compreso il rilievo, piano per
piano, di tutti gli elementi in muratura incluse nicchie e cavità, il rilievo delle
geometrie di archi e volte in muratura, l’analisi delle tipologie di solai e dei carichi di
peso proprio da essi trasmesso sui maschi murari.
Dettagli costruttivi: possono ritenersi noti solo parzialmente in base a verifiche in-
situ limitate basate su rilievi di tipo visivo su un numero limitato di elementi privi di
intonaco. Per tali elementi è stato possibile valutare la tipologia di murature presenti
e la qualità del collegamento tra le pareti verticali.
Proprietà dei materiali: le proprietà meccaniche dei materiali utilizzati per la
modellazione e per la verifica di resistenza degli elementi sono scelte in base ad
indagini in situ esaustive effettuate mediante prove in situ con martinetti piatti,
singoli e doppi, oltreché esami visivi sulle superfici murarie.
Le caratteristiche meccaniche dei materiali adottate per la modellazione e per la verifica degli
elementi strutturali sono di seguito riportate.
I valori di calcolo della resistenza a compressione e della resistenza a trazione sono ottenuti
dividendo i valori medi per il fattore di confidenza e per il coefficiente parziale di sicurezza sui
materiali. Quest’ultimo, in accordo alle Norme Tecniche, assumerà valore diverso a seconda del
tipo di analisi svolto. I valori utilizzati sono i seguenti:
- γm= 1.0 per le analisi statiche non lineari [p.to 7.8.2.2.1 D.M. 14/01/2008]
- γm= 2.0 per le analisi dinamiche lineari [p.to 7.8.1.1 D.M. 14/01/2008]
Resistenza media a compressione
Il valore medio della resistenza a compressione ottenuto dalle prove con martinetto piatto è pari a
fm,c =15,43 daN/cm2.
Il valore di calcolo della resistenza a compressione è ottenuto dividendo il valore medio suddetto
per il fattore di confidenza e per il coefficiente parziale di sicurezza sui materiali scelto in funzione
del tipo di analisi eseguita.
Resistenza a compressione per le analisi statiche non lineari:
, 2
,
15.4312.86 /
1.2 1.0
m C
d c
m
ff daN cm
FC
Resistenza a compressione per le analisi dinamiche lineari:
16
, 2
,
15.436.43 /
1.2 2.0
m C
d c
m
ff daN cm
FC
Resistenza media a trazione
La resistenza media a trazione della muratura non è nota da prove specifiche e viene pertanto
stimata sulla base delle caratteristiche costruttive rilevate in sito e con riferimento alle indicazioni
riportate dalla Circolare n°617 al punto C8A.2.
La resistenza a trazione può essere stimata con la seguente espressione riportata al punto C8.7.1.5
della stessa Circolare:
01,5mtf
Il valore della resistenza a taglio non confinata è stato assunto pari a τ0= 0,5 daN/cm2 , valore
ritenuto ragionevole per rappresentare globalmente i maschi murari resistenti della struttura in
oggetto. Tale valore assunto sulla base dei valori di riferimento riportati in Tab. C8A.2.1 viene
moltiplicato per il fattore correttivo (pari ad 1,5) che serve a tenere in conto della presenza degli
elementi di ammorsamento per ingranamento tra i paramenti, riportato in Tab. C8A.2.2
Si assume pertanto:
τ0= 0,75 daN/cm2
Il valore di resistenza medio a trazione da adottare ai sensi delle Norme Tecniche sarebbe pertanto,
il seguente:
2
01,5 1,12 /mtf daN cm
Avendo tuttavia costruito un modello di calcolo tale da riprodurre in modo particolarmente
dettagliato le caratteristiche geometriche delle strutture e tenuto conto che le murature esistenti non
presentano fenomeni di fessurazione diffusa ma solo fessurazioni locali dovute a cedimenti
fondazionali e non al superamento della resistenza, si è ritenuto lecito aumentare la resistenza media
a trazione ad un valore di 2,5 daN/cm2 che rappresenta il valore minimo per cui l’analisi per carichi
statici allo stato limite di esercizio non produce alcuna fessurazione nei maschi murari.
Il valore di calcolo della resistenza a trazione è ottenuto dividendo il valore medio suddetto per il
fattore di confidenza e per il coefficiente parziale di sicurezza sui materiali scelto in funzione del
tipo di analisi eseguita.
Resistenza a trazione per le analisi statiche non lineari:
, 2
,
2.52.1 /
1.2 1.0
m t
d t
m
ff daN cm
FC
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Resistenza a trazione per le analisi dinamiche lineari:
, 2
,
2.51.0 /
1.2 2.0
m t
d t
m
ff daN cm
FC
Modulo elastico
Il modulo elastico utilizzato nelle analisi è stato scelto come media dei valori ottenuti dalle prove
con martinetto piatto doppio n° 1 e 2. La prova n°3 è stata esclusa in quanto ha restituito un valore
troppo elevato e pertanto non attendibile.
1550mE MPa
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DESCRIZIONE DELLE ANALISI
Introduzione
La modellazione strutturale elaborata è particolarmente avanzata e complessa data la geometria
dell’edificio. Allo scopo di ben rappresentare le complessità geometriche si è voluto realizzare un
modello tridimensionale sviluppato utilizzando elementi bidimensionali. La base di partenza
disponibile era rappresentata dai classici disegni 2D (piante, sezioni e prospetti) tipicamente ottenuti
dalla campagna di rilevazione. Questo approccio può risultare abbastanza efficiente in presenza di
strutture in muratura modellate solo con pareti verticali. In queste situazioni, infatti, risulta agevole
poter lavorare su modelli CAD piani che vengono importati nell’ambiente di calcolo in un
opportuno formato per poi procedere alla fase di meshing (Figura 15).
Figura 15: Parete di un edificio monumentale importata in ambiente FEM da ambiente CAD
Ogni parete discretizzata ad elementi finiti deve essere connessa a quelle adiacenti. L’operazione
impone cautela ed attenzione all’analista; sebbene possa essere demandata in modo totale ad uno
strumento di mesh automatico, bisogna sempre verificare (anche solo eseguendo un calcolo statico
con il solo peso proprio oppure un’analisi modale) che la mesh di pareti adiacenti siano congruenti
tra loro (Figura 16).
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Figura 16: Particolare delle mesh congruenti di due pareti
Nei casi invece, come quello in esame, dove sono presenti volte a singola e doppia curvatura,
l’approccio dovrebbe sfruttare strumenti di modellazione geometrica tipici degli ambienti 3D
generici. In questi ambienti è possibile costruire superfici (ed eventualmente anche solidi) di
notevole complessità, imporre relazioni di congruenza con le superfici adiacenti, su cui poi si
definiranno mesh di elementi bidimensionali. Le relazioni di congruenza che si impongono, essendo
a livello di geometria, valgono qualunque sia la mesh che venga successivamente generata. Questo
approccio, ancora poco usuale per molti progettisti o analisti del settore delle costruzioni, sta in
realtà divenendo sempre più interessante soprattutto grazie al crescere dell’esigenza di modellazioni
non più solo basate su elementi monodimensionali. E’ utile precisare che questi approcci di
modellazione geometrica e di mesh sono già noti a tutti coloro i quali hanno potuto cimentarsi con
studi di dettaglio di particolari costruttivi. In questi approcci diviene indispensabile poter disporre di
modellatori CAD in grado di descrivere superfici complesse e di strumenti di meshing adatti a
discretizzare questo tipo di forme (Figura 17). Le analisi di edifici monumentali, in presenza di
forme curvilinee (volte e cupole) ripresentano in maniera estesa queste necessità.
Figura 17: Modellazione geometrica delle volte della struttura in esame
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Con questi presupposti i dati di rilievo sono stati utilizzati solo per le parti relative alle pareti
verticali. Le volte e cupole di copertura sono state generate ex-novo sfruttando i comandi presenti
nel programma midas Fx+. Figura 18 mostra il modello ad elementi finiti della struttura in esame.
Figura 18: Modello ad elementi finiti della chiesa di Santa Margherita in Bagnasco
Gli oggetti
Il modello di calcolo è stato sviluppato usando 3589 elementi beam e 51556 elementi shell. Si è
scelto di sviluppare un modello così sofisticato poiché l’uso di elementi monodimensionali per
effettuare analisi non lineari su strutture così complesse è poco affidabile. Il modello con elementi
monodimensionali è un ottimo approccio in presenza di struttura dove sia possibile individuare in
modo preciso maschi murari. Nei casi invece di presenza di porte e finestre non allineate in
direzione verticale o in presenza di volte complesse, diviene problematica anche la valutazione della
distribuzione del solo carico verticale. E’ d’altra parte evidente che sviluppare correttamente un
modello così complesso impone diverse scelte ed ipotesi da parte del Professionista. Una prima
scelta riguarda la tipologia di elemento finito da utilizzare. Le strategie sono molteplici: dai modelli
ibridi che possono combinare elementi shell con elementi asta, a modelli completamente costituiti
da elementi solidi. Questi ultimi richiedono uno studio accurato dell’intera geometria in ambiente
CAD e poi il travaso negli ambienti di modellazione geometrica sopra citati. La dimensione dei
modelli, nel caso di edifici monumentali, è decisamente corposa; se in analisi elastica la cosa può
non destare molta preoccupazione, diverso è il caso delle analisi non lineari.
In presenza di strutture complesse meglio sempre pensare ad approcci “bilanciati”: per l’analisi
globale è più agevole uno studio con elementi shell; per studi locali invece si può ricorrere a
modelli con elementi 3D. In questo approccio si è seguita la strada degli elementi bidimensionali. In
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particolare, tutti i maschi murari, le volte e le colonne sono stati modellati con elementi shell a 4
nodi. Nei bordi del corpo centrale si è modellata la presenza di un cordolo in c.a. tramite elementi
beam. Lo stesso tipo di modellazione è stata utilizzata per le coperture lignee.
Dimensione degli elementi bidimensionali
E’ evidente che il comportamento dinamico globale della struttura è significativamente influenzato
dalla scelta della dimensione della discretizzazione operata. Modelli con elementi finiti di
dimensioni minori, meglio approssimano il comportamento reale della struttura (che per natura è
caratterizzata da un numero infinito di gradi di libertà), ma richiedono tempi di calcolo
dell’elaboratore più lunghi. E’ evidente, quindi, la tentazione di abbondare col numero degli
elementi allo scopo di meglio cogliere tutti i possibili tipi di comportamento insiti nel modello. E’
però opportuno definire una minima strategia al fine di evitare di sovraccaricare il modello. Un
modello troppo “pesante”, infatti, può risultare ingestibile anche in analisi elastica (ricordiamo che
la tempistica di elaborazione non è solo legata al tempo necessario per eseguire la soluzione
numerica ma anche ai tempi per gestire tutti i risultati, sia grafici sia tabellari).
Al fine di valutare la dipendenza tra la dimensione dell’elemento finito e la risposta dinamica del
modello FEM, si possono considerare 2/3 diversi valori di dimensione della mesh (il che implica
realizzare 2/3 modelli diversi). Per ognuno dei modelli si potranno eseguire analisi modali e
confrontare:
- le forme modali;
- i valori dei periodi di almeno due modi dominanti.
Emergerà sempre la tendenza dei modelli con discretizzazione più fitta ad essere più flessibili e
quindi ad avere periodi propri maggiori rispetto a quelli associati ad una discretizzazione minore. E’
necessario stabilire un limite di scarto. Se due modelli presentano scarti dell’ordine del 7-8% già si
possono considerare confrontabili (sempre che mostrino simili forme modali). In questo caso si è
utilizzata una taglia media degli elementi pari a circa 80 cm. Questa taglia per motivi di efficienza
generale e rapidità di modellazione è stata mantenuta su tutto il modello.
Altro buon parametro di controllo è il confronto tra i risultati dell’analisi modale ed i risultati di
prove dinamiche (dei micro tremori) eseguite in particolare sulle parti più sporgenti in direzione
verticale, tipicamente i campanili. In questo caso il modello ha mostrato un ottimo accordo: la
frequenza misurata pari a 2.3 Hz (Figura 19) ha trovato una buona corrispondenza nel modello che
ha fornito un valore di 2.63 Hz (Figura 20).
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Figura 19: Risultati delle prove di micro-tremore sismico effettuate sul campanile; si noti anche la corrispondenza con la formula empirica speditiva della normativa.
Figura 20: Frequenza e massa mobilitata dei primi due modi di vibrare della struttura in esame; visualizzazione della prima forma di vibrare, che coinvolge prevalentemente il campanile
In generale i primi modi di vibrare coinvolgono il solo campanile. Il corpo della chiesa ha una
frequenza abbastanza lontana da quella del campanile e vibra insieme alla canonica con frequenza
superiore ai 4.2 Hz. Interessante è il modo 2 (in direzione trasversale alla facciata) che coinvolge
prevalentemente il campanile e la facciata stessa, tendendo a ribaltarla (Figura 21).
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Figura 21: Mappa relativa alla seconda forma modale
Altra interessante indagine è stata quella relativa allo studio delle frequenze verticali della strutture
voltate (Figura 22). Si è eseguita un’analisi modale considerando anche la componente verticale
delle masse sismiche derivanti dal peso, dai carichi statici agenti e dalle masse puntuali aggiunte
come descritto in precedenza.
Figura 22: Mappa relativa alla quinta forma modale
Definita la metodologia di modellazione delle parti principali, è bene stabilire alcuni ulteriori
strategie. In particolare, l’attenzione va sempre posta almeno sui due seguenti punti critici:
- collegamento tra volte a crociera ed elementi verticali;
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- collegamento laterale tra volte e pareti verticali.
Collegamento tra volte a crociera ed elementi verticali
In corrispondenza dei terminali delle volte, un primo approccio potrebbe essere quello di far
convergere tutte le volte presenti in un unico punto dal quale sviluppare la colonna rappresentata da
un elemento beam. L’approccio risulterebbe alquanto forzato, non tanto in termini di azione sulla
colonna, ma in termini di concentrazione di sforzi.
Se l’obiettivo è un analisi elastica, l’Utente potrà individuare la concentrazione ed eventualmente
non considerarla nella mappe dei risultati; se invece si vuole seguire un analisi non lineare, vi sono
almeno due problemi da risolvere:
- la concentrazione di tensioni può impedire la corretta esecuzione dell’analisi;
- il solutore può non riuscire a convergere per un certo valori di carico globale agente.
Meglio pensare ad una transizione delle azioni più graduale adottando ad esempio la tecnica di
collegare le imposte delle volte ai muri verticali per mezzo di elementi shell (orizzontali) di
dimensioni pari allo spessore del muro, al quale è stato assegnato un materiale sufficientemente
rigido. Questo approccio permette di meglio ridistribuire il carico sull’imposta.
Collegamento laterale tra volte e pareti verticali
Il collegamento laterale tra le volte e le pareti richiede uno studio accurato. Si tratta di una zona di
transizione tra due parti strutturali che possono avere una notevole differenza di spessore
trasversale. Nel caso in esame si passa da spessori delle volte dell’ordine di 12 cm a pareti spesse
110 cm. In queste situazioni, se si adotta una modellazione ad elementi finiti bidimensionali,
dovendo trasferire dall’ambiente CAD i piani mediani delle pareti e delle volte, è inevitabile che
questi non terminino in corrispondenza di quelli delle pareti: è presente un disassamento da gestire
mediante una zona di transizione. Senza ricorrere a particolari accorgimenti (ad es. link rigidi), si
possono utilizzare delle zone di transizione caratterizzate da uno spessore pari a quello dell’ultima
fascia di elementi shell della volta (Figura 23). L’utilizzo di elementi o di vincoli rigidi è stata
scartata in quanto può portare a concentrazioni di tensione deleterie nelle analisi non lineari. Inoltre,
in analisi lineare le tensioni potrebbero non essere affidabili.
Quando queste zone sono limitate in estensione, complessivamente la modellazione può essere
considerata accettabile, ma nell’esempio in questione le volte si collegano alle pareti verticali per
decine di metri.
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Figura 23: Collegamento volta-parete con zona di transizione (elementi blu e gialli)
Ulteriori zone critiche di modellazione
Il modello presenta ulteriori zone particolari quali frenelli di irrigidimento delle volte, inseriti negli
anni, che sono stati modellati ponendo elementi shell sopra alcuni tratti di volta che ricreano la
struttura irrigidente e che si collegano poi alle pareti laterali.
Altra zona peculiare è rappresentata dal campanile dove, a parte il corpo principale composto da 4
pareti che terminano con aperture tipiche ad arco, al suo interno vi sono piccole volte irrigidenti
(Figura 24).
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Figura 24: Modellazione ad elementi finiti 2D del campanile; sono evidenziate le volte interne
Ulteriori volte sono presenti nella zona centrale del corpo della chiesa. Si tratta di volte “unghiate”
ribassate.
Figura 25: Modellazione ad elementi finiti 2D delle volte unghiate ribassate
Infine, particolare attenzione va posta nella simulazione delle zone di intersezione tra le pareti
verticali, tra cui particolare importanza riveste il collegamento tra le pareti della navata principale e
la facciata. Queste zone di connessione vanno esaminate in situ per capire se in sede di modello agli
elementi finiti abbia senso considerare continuità delle componenti di sollecitazione tra gli elementi
shell adiacenti. Se non verificata, tali elementi vanno resi indipendenti almeno in termini di
trasferimento di azioni flessionali.
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Nel modello in esame il collegamento tra le diversi pareti era sufficientemente garantito, è stata
conservata la completa continuità.
Interazione con il terreno
Per quanto riguarda l’interazione con il terreno è stata considerata sia l’ipotesi di fondazione rigida
sia quella di suolo elastico alla Winkler. Quest’ultima è stata poi la scelta definitiva di modellazione
in quanto ha mostrato risultati più attinenti alla realtà in termini di modi di vibrare, distribuzione
delle reazioni vincolari sforzi normali nelle pareti murarie.
La costante di sottofondo nel caso specifico è stata stimata attraverso le correlazioni di Vesic
(Figura 26) in cui entrano in gioco le caratteristiche geometriche della fondazione e i parametri di
deformabilità sia del terreno che della fondazione stessa.
Figura 26: Formula di Vesic per il calcolo della costante elastica di sottofondo.
Il modulo di elastico del terreno Es è stato ricavato a partire dai risultati delle prove SPT applicando
poi le correlazioni disponibili in letteratura. E’ stato valutato un Es = 70800 kPa. Di seguito si
riporta la tabella con le costanti alla Winkler ricavate considerando la larghezza delle diverse
fondazioni (Figura 27).
Figura 27: Costanti di sottofondo calcolate a partire da Es e dalla larghezza della fondazione
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Analisi elastica per soli carichi verticali
In questo tipo di modelli è assolutamente utile eseguire un’analisi in ambito elastico prima di
procedere con le non lineari. In particolare, è importante svolgere una prima analisi statica con soli
carichi verticali al fine di ricreare lo stato di sforzo presente. Questa prima indagine consente anche
di verificare le azioni e le tensioni principali di compressione (Figura 28). Queste tensioni non
possono assumere valori elevati proprio per la natura delle strutture monumentali che sono
solitamente composte da pareti di spessore notevole, quindi in grado di distribuire adeguatamente i
carichi verticali in fondazione (Figura 29). Pur in presenza di un modello complesso, risulta
abbastanza agevole il confronto tra i risultati di un’analisi elastica per carichi verticali con un
calcolo speditivo manuale per verificare i valori di pressione attesi. Eccessive concentrazioni di
pressioni alla base potrebbero derivare da errori di modellazione. L’analisi statica lineare funge
quindi da validazione del modello di analisi.
Figura 28: Sforzi principali di compressione per caricamento verticale in campo lineare
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Figura 29: Distribuzione delle reazioni vincolari a seguito di un caricamento verticale in campo lineare
Nel presente modello l’esame delle mappe degli sforzi principali di trazione permette ad esempio di
valutare l’aderenza del modello alla realtà, poiché si nota una concentrazione di trazioni nella zona
in cui in situ si osserva il distacco del campanile rispetto al rimanente corpo della chiesa.
Figura 30: Mappa degli sforzi principale di trazioni a seguito di un caricamento verticale in campo elastico
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Analisi statica non lineare del solo campanile
Il comportamento delle pareti del campanile sotto le azioni sismiche è stato analizzato mediante
analisi di pushover lungo le due direzioni principali. L’obiettivo dell’intervento era quello di
studiare ad un ulteriore livello di dettaglio questa parte di struttura. Si è potuto appurare che le
situazioni critiche sono concentrate soprattutto al collegamento con il resto dell’edificio, come
anche le osservazioni in situ evidenziano. La vulnerabilità è stata verificata tramite un’analisi statica
non lineare con due distribuzioni di forze (metodo Pushover N2). L’edificio è stato spinto attraverso
un sistema di forze orizzontali proporzionali alle masse e proporzionale al primo modo di vibrare.
Sono state fatte due analisi per ogni direzione analizzata, lungo la direzione longitudinale
denominata X, e lungo la direzione trasversale denominata Y. La struttura del campanile presenta
alcune tipiche situazioni che rendono l’analisi più complessa in quanto non vi sono piani rigidi.
Questo costringe a svolgere analisi statiche non lineari in controllo di forza. Nella costruzione delle
curve di capacità è bene prestare attenzione. In assenza di piani rigidi, si rende necessario
campionare diversi punti in sommità della struttura.
Figura 31: Punti di controllo scelti per tracciare le curve di capacità
Figura 32 riporta la curva di capacità del solo campanile per un caricamento di pushover
proporzionale alle masse; la curva è ottenuta in relazione ai quattro diversi punti di controllo. Le
curve sono praticamente sovrapposte, mostrando che la scelta del punto di controllo in questo caso è
ininfluente.
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Figura 32: Curva di capacità del campanile per caricamento proporzionale alle masse (lo spostamento
sull’asse delle ascisse è riportato in cm)
Figura 33: Mappa di danneggiamento nel campanile al termine del caricamento laterale
Data l’elevata irregolarità strutturale, non si è potuto procedere con un’analisi statica non lineare
sull’intera struttura, tuttavia il caricamento verticale in presenza di non linearità del materiale ha
ulteriormente messo in luce quanto emerso in campo elastico: il danneggiamento della struttura
avvenuto nel tempo a causa dei cedimenti differenziali dovuti alla disomogeneità delle costanti
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elastiche di sottofondo. In particolare si noti ancora le zone di fessurazione dovute al distacco del
campanile (Figura 34).
Figura 34: Mappa di danneggiamento dovuto al caricamento verticale
Valutazione dell’IR per il solo campanile
È stato infine effettuato un confronto tra la capacità della struttura e la domanda sismica, espressa in
termini di spettri nel formato ADRS, definiti per il sito in cui giace la struttura e per la categoria di
suolo B. L’intersezione fra lo spettro e l’idealizzazione bilineare della curva di pushover
rappresenta il punto di prestazione della struttura, che rappresenta la condizione per cui la capacità
sismica di una struttura è pari alla domanda sismica richiesta. Il calcolo effettuato attraverso la
procedura descritta e in modo conforme alle norme vigenti indica che l’accelerazione spettrale
massima in direzione X è pari a 0.221 g, mentre in direzione Y è pari a 0.209 g. L’intersezione della
curva di capacità con gli spettri consente di calcolare il valore dell’accelerazione al suolo
corrispondente allo stato limite SLV e successivamente l’Indicatore di Rischio dato dal rapporto tra
la PGA allo SLV e il corrispondente valore dell’accelerazione di aggancio allo spettro per lo stato
limite esaminato. Nel caso in esame l’indice di rischio è pari 0.73 nella direzione X e pari a 0.7
nella direzione Y.
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Interventi di rinforzo
Il passo successivo è stato quello di progettare gli interventi di rinforzo e di modificare il modello
numerico per simulare lo stato di progetto. I valori del modulo di reazione verticale sono stati
incrementati per tenere conto del consolidamento effettuato attraverso l’iniezione di resine nel
terreno; i carichi agenti sulle volte sono stati diminuiti per tener conto dello svuotamento delle
stesse; le volte sono state poi consolidate attraverso elementi di rinforzo. Il modello così ottenuto è
stato utilizzato per valutare il livello di sicurezza statica e sismica globale dell’edificio nello stato di
progetto, verificando quindi l’efficacia e la validità degli interventi scelti.
PROVE SIMULATE PER LA DETERMINAZIONE DEI PARAMETRI DEL MATERIALE
Si è voluto completare lo studio della risposta sismica della struttura in esame, attribuendo ai
materiali un legame costitutivo più complesso. Nello specifico, si è passati da un legame elastico
perfettamente plastico con criterio di rottura alla Mohr Coulomb a un legame denominato Total
Strain Crack (TSC) presente nella libreria del software commerciale midas Fea. Questo legame è
caratterizzato sia a trazione che a compressione da un comportamento elastico quasi fragile con un
criterio di rottura basato sul raggiungimento della resistenza a trazione/compressione del materiale.
Il ramo post-picco decade con funzione esponenziale a trazione e con andamento parabolico a
compressione (si vedano Figura 35 e Figura 36).
Figura 35: TSC – Decadimento esponenziale post-picco della curva sforzo normale di trazione-deformazione.
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Figura 36: TSC – Decadimento parabolico post-picco della curva sforzo normale di compressione-deformazione.
Rispetto al criterio di Mohr Coulomb, questo legame non mette il conto il confinamento nel calcolo
della resistenza del materiale: l’uscita dal campo elastico è determinata unicamente dalla condizione
che lo sforzo principale di trazione (I) raggiunga la resistenza a trazione del materiale (ft) o che lo
sforzo principale di compressione (III) raggiunga la resistenza a compressione del materiale (fc).
Per una muratura, il cui comportamento ricorda molto quello dei terreni, il livello di confinamento,
solitamente fornito dai carichi verticali gravanti sulla struttura, è direttamente proporzionale alla
resistenza a scorrimento, cioè si oppone alla rottura per azioni taglianti.
Il legame TSC può quindi sembrare riduttivo, tuttavia mette in luce un altro aspetto fondamentale
che con le analisi precedenti non poteva essere colto: la ridistribuzione degli sforzi. Infatti, grazie
alla presenza del cosiddetto ramo softening, cioè la caduta di resistenza dopo l’uscita dal campo
elastico, il livello di sforzo raggiunto negli elementi non può essere mantenuto; il carico deve quindi
essere ridistribuito sugli elementi adiacenti, incrementando l’entità dello sforzo già presente su
questi. E’ possibile che anche solo a causa della ridistribuzione gli elementi adiacenti escano a loro
volta dal campo elastico, provocando così una “reazione a catena” che si manifesta in un
danneggiamento diffuso del materiale. Questo comportamento riproduce fedelmente quanto accade
nella realtà.
Il TSC è caratterizzato dai seguenti parametri:
- Lato trazione: resistenza a trazione uniassiale ft, energia di frattura GI,f
- Lato compressione: resistenza a compressione uniassiale fc, energia di frattura Gc
Mentre i valori di ft e fc sono normati o ricavabili con prove standard, l’energia di frattura non è
altrettanto facilmente ottenibile.
Prima di tutto vediamo cosa si intende con questo termine: si chiama Energia di Frattura la quantità
di energia rilasciata dalla formazione di un’unità di area di frattura. E’ una proprietà del materiale e
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non dipende dal percorso di carico che porta alla formazione della fessura. Questo concetto non è da
trascurare in quanto facilità la ricerca del valore numerico di questo parametro.
E’ possibile trovare in letteratura formulazioni che legano l’energia di frattura a diverse quantità.
Nel presente articolo si propone una prova simulata per il calcolo di GI,f. Per la struttura in esame,
infatti, non è mai stato rilevato una rottura dovuta al raggiungimento del limite per compressione
del materiale.
La determinazione in laboratorio di questa quantità è fatta mediante la prova riportata in Figura 37.
Figura 37: Prova di frattura di Modo I
Un provino opportunamente vincolato subisce un caricamento tale da provocare il manifestarsi di
una fessura cosiddetta di Modo I. Solitamente l’innesco della frattura viene controllato partendo da
un provino fin dall’inizio caratterizzato dalla presenza di una fessura di lunghezza a, il cosiddetto
notch. L’energia di frattura viene misurata sulla base dell’incremento di questa fessura iniziale ed è
definita come l’energia rilasciata dalla formazione di un’area unitaria di superficie fessurata.
L’idea è quella di riprodurre in un software ad elementi finiti questa prova per ricavare il parametro
mancante GI,f.
In Figura 38 è rappresentato il provino virtuale per la determinazione dell’energia di frattura.
Figura 38: Provino virtuale per la determinazione dell’energia di frattura
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Il provino virtuale ha uno spessore di 35 cm (pari allo spessore di una delle murature in esame), una
lunghezza di 70 cm ed un’altezza di 60 cm. E’ vincolato con incastri su tutta la parete posteriore.
Dei link perfettamente rigidi in tutti i gradi di libertà assicurano che le forze si distribuiscano sui
due lembi: inferiore e posteriore. Il provino è costituito da elementi finiti solidi a 8 nodi. La zona
verde di Figura 38 è caratterizzata da legame elastico; la zona fucsia è caratterizzata da un legame
elasto-plastico. Questa scelta è stata operata per indirizzare la frattura nella zona di interesse. Si
noti, inoltre, la modellazione del notch. La mesh è stata volutamente lasciata piuttosto rada nella
zona di concentrazione degli sforzi per facilitare poi la lettura di sforzi e deformazioni, senza
togliere nulla alla correttezza della soluzione.
Per coerenza con le analisi effettuate sulla Chiesa di Santa Margherita, alla zona fucsia coinvolta nel
processo di frattura è stato attribuito il legame costitutivo Mohr - Coulomb utilizzato per le analisi
precedentemente esposte. E’ stata svolta un’analisi non lineare in 60 step, utilizzando l’algoritmo
risolutivo di Newton-Raphson con convergenza in spostamento e tolleranza pari a 0.001 mm.
Figura 39 e Figura 40 riportano i risultati in termine di mappe di sforzo.
Figura 39: Mappa degli sforzi verticali (coincidenti con gli sforzi principali di trazione) alla fine della prova di
apertura di modo I
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Figura 40: Mappa degli sforzi verticali (coincidenti con gli sforzi principali di trazione) all’innesco della fessura nel secondo elemento
In particolare, Figura 39 riporta la mappa degli sforzi verticali che, data la regolarità del modello e
della mesh, coincidono con gli sforzi principali di trazione I. Si può osservare come tutti gli
elementi di natura elasto-plastica sono caratterizzati dalla presenza di una “crocetta” posizionata
sui punti di Gauss dell’elemento. I tratta di una comoda visualizzazione di midas Gen per indicare i
punti di gauss in cui è stato calcolato uno valore di sforzo superiore al limite elastico.
Figura 40 invece riporta la mappa degli sforzi verticali al 30esimo step di carico; questo step è
caratterizzato dall’avere la prima fila di elementi, quella subito a ridosso del notch, completamente
fessurata; la seconda file, quella immediatamente dietro, è invece caratterizzata dall’avere i primi
due punti di Gauss, quelli adiacenti alla fila davanti, “crocettati”. Questa condizione è stata
arbitrariamente scelta per stabilire che la fessura si fosse completamente formata nella prima fila di
elementi.
A questo punto è stata fatta una media del legame sforzo – deformazione verticale sui 4 punti di
Gauss su tutti i 12 elementi della prima fila, ottenendo la curva in Figura 41.
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Figura 41: Andamento I – I per la prima fila di elementi elasto-plastici
Per definizione l’energia di frattura non è altro che l’area sottesa dalla curva. Nello specifico:
partendo da un criterio di rottura alla Mohr-Coulomb caratterizzato da un angolo di attrito di 22° e
da una coesione iniziale di 0.2 MPa, è stata calcolata una GI,f = 2.978 10-4 MPa.
CONCLUSIONI
Il progresso raggiunto negli ultimi anni nel campo delle analisi non lineari è considerevole
malgrado purtroppo non siano ancora applicate quotidianamente nella pratica lavorativa.
La procedura di pushover è stata inizialmente sviluppata su modelli piani; l’estensione a strutture
irregolari tridimensionali risulta ancora immatura e inaffidabile.
Nel caso di modelli tridimensionali, persistono sono diverse difficoltà. Non è chiaro come sia
possibile combinare gli effetti direzionali.
Per questa tipologia di struttura inoltre si è spesso in presenza di non regolarità. Pur essendo vero
che per le strutture in muratura non è fissato un vero e proprio minimo di percentuale di massa dei
modi dominanti, svolgere un’analisi statica non lineare con metodo N2 sembra una forzatura.
Volendo ricorrere ad analisi più sofisticate ed in grado di superare l’empasse relativo alla regolarità
strutturale si dovrebbe eseguire un analisi dinamica non lineare. Essa prevede la simultanea
applicazione degli accelerogrammi nelle tre direzioni. La metodologia rappresenta correttamente il
fenomeno del terremoto e riteniamo possa diventare in futuro l’analisi di riferimento.
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Per arrivare a questo obiettivo è necessario però che aumenti la disponibilità di modelli di analisi
completi (non semplici casi test) e riferiti alle reali complessità delle strutture esistenti.