Progettare lo spazio onirico: il «Giardino dei Tarocchi» a ... · dino dei Tarocchi è...

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10 N. 10 - 2007 NIKI DE SAINT-PHALLE: "L’ARCHITETTO DI QUESTO GIARDINO" Nata nel 1930 nella famiglia dei bancari Saint Phalle, Niki si sente figlia della Depressione 1 , del- la crisi economica che manda in fallimento gli af- fari paterni. Con la sua vita e la sua arte vuole ri- scattarsi da questo senso di decadenza e dimo- strare la presenza di forze positive dentro di lei, da trasmettere agli altri 2 . Durante il suo percorso non fa che ribellarsi all’immagine precostituita di donna del mondo alto-borghese nel quale è stata educata. Ci si aspetta da lei che sia una cristiana praticante, una buona moglie e un’amorevole ma- dre 3 . Al contrario, sceglie l’ateismo e abbandona il marito, Harry Mathews, e due figli. I suoi primi olii degli anni Cinquanta colpiscono per la loro anticonvenzionalità rispetto alla produzione dei contemporanei e, negli assemblaggi di poco suc- cessivi, la trasgressione verso i valori della so- cietà perbenista americana 4 emerge con energia ancora maggiore: l’artista costruisce salotti dotati di lame e oggetti puntuti, i pericoli di una vita trop- po comoda 5 . Ma è con gli Shooting paintings che Niki de Saint Phalle acquista fama internazionale e, all’inizio degli anni Sessanta, entra a far parte dell’ambito dei Nouveau Rèalistes accanto a Jean Tinguely, poi suo compagno e insostituibile collaboratore anche nella realizzazione dei Taroc- chi. Una vera e propria esplosione di colore, gli Shooting paintings sono costituiti da supporti sui quali sono posizionati palloncini riempiti di pig- menti variopinti; l’artista e il pubblico sparano contro di essi per far uscire le tinte che si distri- buiscono casualmente sulla tela 6 . Con questi la- vori Niki de Saint Phalle raggiunge l’apice di una netta rivolta verso il mondo maschile. Dopo l’estrema provocazione, si concentra sul- la scoperta degli aspetti femminili di se stessa. È proprio a partire da questo periodo che la critica riconosce una linea conduttrice che porta Niki de Saint Phalle fino al Giardino dei Tarocchi. Alla metà degli anni Sessanta l’artista realizza le pri- me Nanàs, apoteosi della donna in tutti i suoi aspetti 7 , sculture che trasmettono libertà, gioia e potere di comunicare. Nel 1966, al Museet Art di Stoccolma, è invitata dal giovane direttore Pontus Hulten a realizzare Hon, 8 che in svedese significa “lei”, la prima Nanà percorribile: “Da quel momen- to in poi la scala operativa sarà quella monumen- tale, di dialogo e interazione con condizioni urba- ne o naturali, di lettura di contesti, di esorcismi e sfide di immane forza, grandi tensioni assolute” 9 . Nel 1967, all’Expo di Montreal, si compie “il sal- to progettuale dalla scultura, pur di grandi dimen- sioni, alla proiezione plastica ambientale ed ar- chitettonica, aprendosi così dunque la prospettiva che porta direttamente al Giardino” 10 . In que- st’occasione la de Saint Phalle presenta un com- plesso di opere, insieme ambientale di Nanàs, dal nome Le Paradis fantastique 11 . Negli anni tra il 1967 e 1969 progetta inoltre delle case-sculture nel sud della Francia e nel 1970, con la sua colla- borazione, Jean Tinguely 12 inizia Il ciclope, nella foresta di Fontainebleau. Nel 1972 la famiglia Ra- binovitch le commissiona Golem, una scultura ar- chitettonica per bambini da collocare al Rabino- vitch park a Kiryat Hayovel a Gerusalemme; nel 1973 l’artista realizza il Drago, ancora un gioco per bambini da collocare nel giardino dei Nellens, nella città belga di Knokke le Zoute. La scultura è concepita come una vera e propria casa in minia- tura, con tanto di cucina, bagno, stanza da letto e dei giochi 13 . È proprio nel Giardino dei Tarocchi che la di- mensione architettonica, e persino urbanistica, dell’opera di Niki de Saint Phalle si esplicita ed esprime con la forza più intensa. In questo spazio le essenziali e aride forme maschili si riconciliano con le linee morbide ed accoglienti del mondo femminile, mentre l’artista si proclama fin dalla scritta apposta all’inizio della passeggiata signora Progettare lo spazio onirico: il «Giardino dei Tarocchi» a Capalbio, tra arte e architettura Silvia BOTTINELLI, Claudia LAMBERTI, Matteo MATTEI Iniziato come una personale esigenza di dar forma simbolica al mondo interiore umano da parte del- l’artista Niki de Saint Phalle, con la collaborazione del compagno Jean Tinguely; realizzato grazie alla concessione del terreno da parte della famiglia Caracciolo e senza permessi edilizi, quale una sorpren- dente performance d’autore nella campagna maremmana, il Giardino dei Tarocchi di Capalbio si rivela un interessante caso di studio sul rapporto tra arte contemporanea e paesaggio. Un ulteriore motivo di at- tenzione dal punto di vista architettonico è l’intervento di Mario Botta a concludere i lavori con un ingres- so sobrio, ma d’impatto e valenza semantica forte. L’articolo si propone di descrivere la genesi e gli esiti dell’opera, con brevi cenni ai problemi di conservazione, anche attraverso il contributo delle interviste di- rettamente fatte dagli autori a Niki de Saint Phalle e Mario Botta. Parole chiave: architettura del paesaggio, arte ambientale, giardini, Capalbio (GR), Giardino dei Taroc- chi, Niki de Saint Phalle, Jean Tinguely, Mario Botta

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NIKI DE SAINT-PHALLE:"L’ARCHITETTO DI QUESTO GIARDINO"

Nata nel 1930 nella famiglia dei bancari SaintPhalle, Niki si sente figlia della Depressione1, del-la crisi economica che manda in fallimento gli af-fari paterni. Con la sua vita e la sua arte vuole ri-scattarsi da questo senso di decadenza e dimo-strare la presenza di forze positive dentro di lei,da trasmettere agli altri2. Durante il suo percorsonon fa che ribellarsi all’immagine precostituita didonna del mondo alto-borghese nel quale è stataeducata. Ci si aspetta da lei che sia una cristianapraticante, una buona moglie e un’amorevole ma-dre3. Al contrario, sceglie l’ateismo e abbandonail marito, Harry Mathews, e due figli. I suoi primiolii degli anni Cinquanta colpiscono per la loroanticonvenzionalità rispetto alla produzione deicontemporanei e, negli assemblaggi di poco suc-cessivi, la trasgressione verso i valori della so-cietà perbenista americana4 emerge con energiaancora maggiore: l’artista costruisce salotti dotatidi lame e oggetti puntuti, i pericoli di una vita trop-po comoda5. Ma è con gli Shooting paintings cheNiki de Saint Phalle acquista fama internazionalee, all’inizio degli anni Sessanta, entra a far partedell’ambito dei Nouveau Rèalistes accanto aJean Tinguely, poi suo compagno e insostituibilecollaboratore anche nella realizzazione dei Taroc-chi. Una vera e propria esplosione di colore, gliShooting paintings sono costituiti da supporti suiquali sono posizionati palloncini riempiti di pig-menti variopinti; l’artista e il pubblico sparanocontro di essi per far uscire le tinte che si distri-buiscono casualmente sulla tela6. Con questi la-vori Niki de Saint Phalle raggiunge l’apice di unanetta rivolta verso il mondo maschile.

Dopo l’estrema provocazione, si concentra sul-la scoperta degli aspetti femminili di se stessa. Èproprio a partire da questo periodo che la criticariconosce una linea conduttrice che porta Niki de

Saint Phalle fino al Giardino dei Tarocchi. Allametà degli anni Sessanta l’artista realizza le pri-me Nanàs, apoteosi della donna in tutti i suoiaspetti7, sculture che trasmettono libertà, gioia epotere di comunicare. Nel 1966, al Museet Art diStoccolma, è invitata dal giovane direttore PontusHulten a realizzare Hon,8 che in svedese significa“lei”, la prima Nanà percorribile: “Da quel momen-to in poi la scala operativa sarà quella monumen-tale, di dialogo e interazione con condizioni urba-ne o naturali, di lettura di contesti, di esorcismi esfide di immane forza, grandi tensioni assolute” 9.

Nel 1967, all’Expo di Montreal, si compie “il sal-to progettuale dalla scultura, pur di grandi dimen-sioni, alla proiezione plastica ambientale ed ar-chitettonica, aprendosi così dunque la prospettivache porta direttamente al Giardino” 10. In que-st’occasione la de Saint Phalle presenta un com-plesso di opere, insieme ambientale di Nanàs,dal nome Le Paradis fantastique11. Negli anni trail 1967 e 1969 progetta inoltre delle case-sculturenel sud della Francia e nel 1970, con la sua colla-borazione, Jean Tinguely12 inizia Il ciclope, nellaforesta di Fontainebleau. Nel 1972 la famiglia Ra-binovitch le commissiona Golem, una scultura ar-chitettonica per bambini da collocare al Rabino-vitch park a Kiryat Hayovel a Gerusalemme; nel1973 l’artista realizza il Drago, ancora un giocoper bambini da collocare nel giardino dei Nellens,nella città belga di Knokke le Zoute. La scultura èconcepita come una vera e propria casa in minia-tura, con tanto di cucina, bagno, stanza da letto edei giochi13.

È proprio nel Giardino dei Tarocchi che la di-mensione architettonica, e persino urbanistica,dell’opera di Niki de Saint Phalle si esplicita edesprime con la forza più intensa. In questo spaziole essenziali e aride forme maschili si riconcilianocon le linee morbide ed accoglienti del mondofemminile, mentre l’artista si proclama fin dallascritta apposta all’inizio della passeggiata signora

Progettare lo spazio onirico:il «Giardino dei Tarocchi» a Capalbio,tra arte e architettura

Silvia BOTTINELLI, Claudia LAMBERTI, Matteo MATTEI

Iniziato come una personale esigenza di dar forma simbolica al mondo interiore umano da parte del-l’artista Niki de Saint Phalle, con la collaborazione del compagno Jean Tinguely; realizzato grazie allaconcessione del terreno da parte della famiglia Caracciolo e senza permessi edilizi, quale una sorpren-dente performance d’autore nella campagna maremmana, il Giardino dei Tarocchi di Capalbio si rivela uninteressante caso di studio sul rapporto tra arte contemporanea e paesaggio. Un ulteriore motivo di at-tenzione dal punto di vista architettonico è l’intervento di Mario Botta a concludere i lavori con un ingres-so sobrio, ma d’impatto e valenza semantica forte. L’articolo si propone di descrivere la genesi e gli esitidell’opera, con brevi cenni ai problemi di conservazione, anche attraverso il contributo delle interviste di-rettamente fatte dagli autori a Niki de Saint Phalle e Mario Botta.

Parole chiave: architettura del paesaggio, arte ambientale, giardini, Capalbio (GR), Giardino dei Taroc-chi, Niki de Saint Phalle, Jean Tinguely, Mario Botta

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e sovrana di tale universo riconciliato -“io sonol’architetto di questo giardino”- lasciando a MarioBotta il rapporto e il confronto con l’esterno, conl’orgoglio e l’umiltà di chi ha trasferito in un’operafantastica l’ordinario e ha mutato semplici mate-riali e paesaggi in un mondo interiore, raramentescandagliato in tale profondità.

LA REALIZZAZIONE DEL GIARDINO:STORIA E TECNICHE

Per avere una corretta prospettiva sui diversiaspetti del lavoro di Niki de Saint Phalle nel Giar-dino dei Tarocchi è necessario, sin dall’inizio, por-re in evidenza il grande salto temporale che è in-tercorso tra l’ispirazione, la progettazione e lacompleta realizzazione dell’opera. Solo avendopresente questo lungo percorso interiore ed arti-stico si riesce a vedere come, nel Giardino, Nikide Saint Phalle sia riuscita a far confluire le tema-tiche e le riflessioni di tutta una vita.

Il parco nasce come idea già nel 1955, anno fon-damentale per la carriera dell’artista, quando, re-catasi a Barcellona, vede per la prima volta unadelle opere ispiratrici del Giardino, il Parc Güell diAntoni Gaudí. Nello stesso periodo entra in contat-to con il circolo dei Nouveaux Réalistes e soprat-tutto con Jean Tinguely con cui sin dai primi anniSessanta apre uno studio e nel corso del tempo in-staura, oltre ad un’intensa storia d’amore, un rap-porto di reciproca collaborazione artistica.

È importante sottolineare come l’ispirazione perun parco privato di sculture e architetture sia sor-ta in Niki de Saint Phalle ancora prima di aver in-trapreso una vera e propria carriera creativa. Anziè proprio l’impatto con l’imponente opera diGaudí che crea in lei “un vero e proprio shock be-nefico e fondamentale”14. Da questo momento inpoi tutte le opere con cui Niki si esprime seguonoquella primaria suggestione catalana, fino ad ap-prodare alla serie dei ventidue Arcani Maggiori:“se queste sculture non mi avessero consentito ditradurre i miei sogni in realtà, chissà, forse le miefantasie ossessive avrebbero finito col farmi rin-chiudere in una clinica psichiatrica, vittima dellemie stesse visioni. Adesso l’antico desiderio di vi-vere in una scultura sarà finalmente esaudito”15.

La costruzione del Giardino inizia ventiquattroanni dopo la visita al Parc Güell e solo per un ca-so fortuito. L’occasione capita in Svizzera quandoNiki de Saint Phalle incontra una fotografa cono-sciuta anni prima a New York: Marella Caracciolo,alla quale rivela il sogno di progettare un parco disculture. L’amica le propone di rivolgersi ai suoifratelli Nicola e Carlo, che, dopo aver esaminatoun primo modello del Giardino con pianta a ferrodi cavallo, le offrono un sito a forma semicircolarenella loro tenuta: una vecchia cava di pietre in cuierano ancora presenti i dislivelli di escavazione.Una successiva visita personale al colle nella te-nuta maremmana conferma all’artista che il luogoè quello adatto, confacente al suo desiderio diavere un posto appartato, lontano dalle gite turi-stiche di massa, così come espresso nel cartelloche ha collocato all’entrata, in cui descrive come:“il Giardino sia un posto metafisico e di medita-

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zione un posto lontano dalla folla e dall’incalzaredel tempo dove è possibile assaporare le sue tan-te bellezze e i significati esoterici delle sculture.Un posto che faccia gioire gli occhi e il cuore” 16.

I lavori affrontano per prima cosa le figure piùgrandi e complesse da realizzare. Nel 1979, sulcolle di Garavicchio è presente solo una piccolasquadra formata da Niki de Saint Phalle, JeanTinguely e i loro collaboratori personali più fidati,Rico Weber e Seppi Imhof, che avevano già lavo-rato a fianco della coppia artistica. La presenza diTinguely durante questo periodo è fondamentaleper riprodurre le grandi statue sulla base deisemplici modelli preparati da Niki de Saint Phalle.Le statue dell’Imperatrice, del Mago-Papessa, delSole e dell’Imperatore, prime ad avere preso for-ma, sono quelle alla cui realizzazione Tinguely hamaggiormente contribuito. Tutte le sculture piùgrandi sono state iniziate nei primi cinque anni diattività, in concomitanza con la presenza dell’arti-sta svizzero nel cantiere. A quelle già nominateinfatti hanno fatto in breve tempo seguito la Torre,il Papa e la Forza.

Lo scheletro di sostegno di queste grandi strut-ture è un’armatura d’acciaio, piegata a forza dibraccia, su cui, una volta saldata, viene fissatauna rete metallica per fare da supporto al cemen-to gettato a spruzzo. La superficie è dapprima rifi-nita dai collaboratori; in seguito Niki de SaintPhalle delinea i motivi direttamente sul cemento eli suddivide in aree che, nella successiva fase,vengono ricoperte con piastrelle di ceramica, cot-ta direttamente sul posto e decorata in varie fog-ge, colori e dimensioni. In alcuni casi sono utiliz-zati frammenti di specchi o vetri colorati. La deco-razione delle statue, nell’idea iniziale, doveva se-guire lo stile delle precedenti opere di Niki deSaint Phalle, come la Hon o il Golem, realizzaticon la stessa struttura interna ma ricoperti di po-liestere. Nel Giardino solo le opere più piccole se-guono questo procedimento; per le altre, l’artistaha cambiato idea in corso d’opera, portando al di-lungarsi dei lavori per quasi due decenni. Per im-parare a creare e ad usare la ceramica, dapprimasi assume un formatore che aiuta a realizzare lacopertura del grande serpente intorno alla vascadella fontana, e successivamente arriva VeneraFinocchiaro, che dal 1985 in poi instaura una col-laborazione costante con Niki de Saint Phalle finoal 1992, anno in cui si sono conclusi i lavori relati-vi alla copertura delle grandi statue.

Le statue più piccole sono state progettate erealizzate dalla scultrice nel suo studio in Francia,con l’aiuto di Marcelo Zitelli, suo ultimo assisten-te. Le carte della Temperanza, il Mondo, l’Inna-morato, l’Eremita, l’Oracolo, la Morte, l’Appeso,sono state poi portare al Giardino; allo stessomodo anche i lavori di Jean Tinguely hanno presoil loro posto una volta ultimati in studio.

NIKI DE SAINT-PHALLE:IL RAPPORTO CON LA NATURA

“Sapevo che un giorno avrei costruito il miogiardino della gioia. Un piccolo angolo di Paradi-so. Un luogo di incontro tra l’uomo e la natura” 17.

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I pensieri di Niki de Saint Phalle si avveranocon la realizzazione del Giardino dei Tarocchi enon ammettono dubbi sul grado di importanza ri-vestito dal paesaggio nel contesto del parco. Vi-sta come contraltare dionisiaco della rigida razio-nalità, la natura rappresenta per lei l’irrazionalitàintuitiva, frizzante, materna. A Garavicchio, le sueopere si innestano tra i declivi come se fosserogenerate dal terreno, create da un processo orga-nico: “Immergermi totalmente nel luogo era l’uni-co modo per realizzare questo Giardino”18, scri-ve. È per questo che sceglie di vivere, per lungotempo, all’interno di una delle sculture-architettu-re, la Sfinge, che sente come un nume tutelare,un ventre divino nel quale vuole rinascere19.

L’artista non mira semplicemente ad un accor-do con l’ambiente, ma percepisce se stessa co-me una sorta di Madre Natura, che affronta pergli altri i “mostri negativi” e li ripropone domati,ammansiti, non più offensivi. Le sculture di Nikide Saint Phalle, dunque, non si limitano a cercareun rapporto formale con l’aspetto esteriore delluogo, ma risultano espressione del sentimentodella natura che l’autrice ha maturato nel corsodella propria storia personale. Nel parco la Pa-pessa, scultura che conserva all’interno del sitoun ruolo preminente, sia per quanto riguarda laposizione, sia per quanto concerne le dimensioni,simboleggia proprio l’irrazionalità.

Niki de Saint Phalle condivide con altri creatoridi giardini alcuni aspetti della propria concezionedella natura. Come lei, nel 1552, Pier FrancescoOrsini, ideatore del Sacro Bosco di Bomarzo20,mirò alla realizzazione di un mondo separato dal-la realtà, di una dimensione in cui regnasse il nonsense e dove si celebrasse il confronto tra le ca-pacità creatrici dell’uomo e della natura. L’iniziati-va di Orsini si collocava in un contesto culturaletardo cinquecentesco ed il programma iconografi-co di Bomarzo si poneva in contrasto con la rassi-curante ed ordinata visione del mondo propriadell’eredità rinascimentale. Niki si trova ad agireinvece in un’epoca post-freudiana, meno spaven-tata dalle sorprese dell’inconscio. Eppure l’artistasente un’affinità tra il suo Giardino ed il Sacro Bo-sco, a cui dedica citazioni puntuali: la Papessapresenta analogie indiscutibili con l’Orco; la Sfin-ge (o Imperatrice) ed il Drago, non riscontrabili

Fig. 1 - Niki de Saint Phalle, JeanTinguely. La Torre, Giardino deiTarocchi, Garavicchio (GR).

Fig. 4 - Niki de Saint Phalle.La Morte,Giardino dei Tarocchi, Garavicchio(GR).

Fig. 2 - Niki de Saint Phalle.Particolare dei rivestimenti dellestatue. La Sfinge, Giardino deiTarocchi, Garavicchio (GR).

Fig. 3 - Niki de Saint Phalle. Accessoal sentiero nei pressi del Drago,Giardino dei Tarocchi, Garavicchio(GR).

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nell’iconografia tradizionale dei Tarocchi, riman-dano alle sculture con soggetti analoghi presentinel Parco dei Mostri, ed infine la Torre evoca laCasa Pendente di Villa Orsini, che esprime l’in-certezza delle categorie spazio-temporali, invitaalla scoperta dell’ignoto, all’abbandono, alla per-dita di equilibrio.

Ulteriore punto di riferimento per Niki De SaintPhall risulta, come già detto, Parc Güell. Tra il1910 ed il 1914 Antoni Gaudì presentò, in taleopera, forme in continua metamorfosi e accosta-menti fantastici di colori vitalistici. Mentre inGaudì l’architettura è un’integrazione immaginifi-ca dell’ambiente naturale, nei Tarocchi le sculturesi differenziano dal paesaggio, pur conservando-ne l’eco.

Le sculture più grandi hanno volumi pieni emorbidi che ricordano quelli delle colline marem-mane. Negli specchi dei mosaici la vegetazione ele immagini delle opere si duplicano e scompon-gono. Si crea così un effetto di vis à visification,secondo la definizione di Jean Tinguely, che an-nulla la pesantezza dei volumi compatti renden-doli vibranti. Il Giardino subisce continue trasfor-mazioni poiché le variazioni della luce e dell’am-biente, con l’alternarsi delle ore e delle stagioni,si ripercuotono sulla superficie delle opere. Il par-co risulta grazie alla natura una sorta di work inprogress, mai uguale a se stesso. La vegetazionemediterranea cresce spontaneamente e contri-buisce alla metamorfosi continua dello spazio: iprofumi che esala cambiano con le stagioni econferiscono al parco la componente olfattiva chelo rende un’opera d’arte totale.

Il viaggio attraverso il Giardino diventa un’espe-rienza sempre diversa, enfatizzata dalle infiniteprospettive e dai molteplici percorsi che rigano ilverde. “Io volevo che la visita fosse come unapasseggiata attraverso la natura e che le sculturesi scoprissero una dopo l’altra, che non ci fosseuna veduta d’insieme” 21. Il fitto diramarsi dellepiante locali nasconde parte delle opere.

Alla periferia del nucleo centrale della Papessa,il visitatore si imbatte in alcuni lavori di dimensioniridotte, rispetto alle monumentali sculture-archi-tetture degli arcani maggiori. Sono gli skinnies, fi-gure alluse attraverso perimetri di tubi colorati,riempiti visivamente dal paesaggio in cui sono in-serite. Con queste opere, Niki de Saint Phalle in-troduce un elemento ricorrente dell’arte ambien-tale: la trasparenza. Forme traforate che lascianointravedere il contesto in cui sono inserite, cattu-randolo, sono rintracciabili, in Toscana, nei lavoridi Paul Fuchs e di Dario Bartolini22.

Se la vivacità dei colori e la monumentalità de-gli arcani maggiori creano un contrasto apparen-te tra arte e natura, gli skinnies testimoniano unatteggiamento formalmente più silenzioso. Inizial-mente, anche per le grandi sculture-architetture,l’artista studia soluzioni poco esuberanti, pensan-do di ispirarsi alle calde gradazioni cromatichedel paesaggio maremmano, come testimonianoalcuni modellini preparatori. I colori, però, non tar-dano ad esplodere. Niki de Saint Phalle vuolecreare un giardino della gioia e l’aspetto spettraledelle sculture, nella fase intermedia di realizza-

Fig. 5 - Niki de Saint Phalle. La Luna,(skinny), Giardino dei Tarocchi,Garavicchio (GR).

Fig. 6 - Niki de Saint Phalle. Sentieronei pressi della Sfinge, Giardino deiTarocchi Garavicchio (GR).

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zione in cui appaiono coperte di cemento grigio,la spinge a cercare un effetto formale opposto, vi-vace e vitale. I rivestimenti dalle cromie intensetrasportano il visitatore all’interno di una dimen-sione altra, fantastica, entusiasmante, in un luogoseparato dalla realtà quotidiana nel quale trovaspazio il mondo interiore, pensiero e emozione,inconscio e meditazione.

IL MONDO NEL GIARDINO:L’UNIVERSO RAFFIGURATO NEI TAROCCHI

“A Garavicchio si risveglia il desiderio di inter-pretare, di scovare qualche nesso di cui neancheNiki è consapevole; ma oltre le informazioni ac-quisite nella filosofia esoterica, prevalgono anchecontatti intuitivi e impressioni incantate, che po-trebbero accedere alla sfera del mistero”23.

Questa analisi di Anna Mazzanti definisce iconfini di un’indagine iconografica legata ai venti-due Arcani maggiori, all’opera nella sua totalità ealle singole statue. È un’indagine per molti versisoggettiva, proprio per quelle impressioni che siacon le lame dei Tarocchi, sia, di riflesso, con lestatue del Giardino, si generano dall’impatto tra ilmondo personale del visitante e quello dell’opera.Il Giardino dei Tarocchi è un percorso interiore daaffrontare, lo è oggi per chi lo visita e lo è statodurante la costruzione per chi lo ha concepito. “IlGiardino è una passeggiata esoterica. Le cartesono un cammino filosofico che indica le proveper le quali l’uomo deve passare per comprende-re le proprie motivazioni e la sua relazione conl’universo”24.

Sebbene l’impressione suscitata dagli arcanisia soggettiva e con essa anche quella dei signifi-cati delle diverse statue, queste ultime hanno co-munque una loro sfera d’azione immaginifica chele varie letture e accostamenti personali possonosfumare, ma non alterare completamente. Il Giar-dino è dotato, inoltre, di sentieri e punti di sostache collegano tra loro le statue e che non sonoun semplice percorso per muoversi sul colle, mauna vera struttura interna di rimandi fra le opere.Questa trama viaria amplia così le tematiche del-le singole figure che diventano perciò parte di unragionamento più ampio che investe tutto il giardi-no. Le vie, i punti di sosta, la posizione di ogniscultura assumono quindi grande importanza. Lastruttura interna infatti possiede un particolareorientamento per i significati che sono stati asso-ciati alle figure dei Tarocchi nei secoli e che Nikide Saint Phalle nel corso del tempo conosce e fasuoi. Molteplici sono state le sue fonti di ispirazio-ne riguardanti l’iconografia classica delle figure,ma fondamentali per la formazione esoterica diNiki nel campo dei Tarocchi sono state due operefrancesi: il Monde primitif analysé et comparéavec le monde moderne25…di Antoine de Gébe-lin e l’opera di Oswald Wirth Tarot des imagiersdu Moyen âge26, considerato il più importantestudio esoterico sui Tarocchi; entrambi i testi in-fluiscono su diversi aspetti dell’opera di Niki deSaint Phalle. Il volume di Gébelin infonde nuovavita al gioco dei Tarocchi, ormai caduto in disuso,associandone le figure al mondo esoterico degli

egizi e identificando i ventidue Tarocchi comeun’opera sfuggita alla distruzione delle antiche bi-blioteche. Gli arcani sarebbero, secondo Gebelin,il presunto libro di Thot, il più antico testo delmondo che attraverso le figure fantastiche nondescrive altro che la dottrina segreta dei gerofan-ti. Tutto ciò nei secoli successivi viene poi ampia-mente smentito, ma contribuisce alla rinascita delgioco, portando nuova linfa alla tradizione esoteri-ca a questo collegata.

Il libro di Wirth, al contrario, è una ricostruzionedei Tarocchi sotto un profilo storico, secondo il qua-le le carte sarebbero una creazione medievale deri-vante dalla tradizione degli imagiers, o pittori di im-magini che riproducono soggetti religiosi o profaniper la clientela popolare.Wirth prosegue poi nel de-scrivere i ventidue arcani maggiori attraverso tuttele diverse filosofie esoteriche, associando i vari si-gnificati ad ogni figura, che assume così più sfuma-ture sovrapposte. Egli inoltre realizza un nuovomazzo di Tarocchi comprendente i ventidue arcanimaggiori ridisegnati e mondati da tutte le stratifica-zioni estranee al disegno originario. Il disegno dibase utilizzato è quello del tarocco di Marsiglia,tutt’ora considerato il più fedele all’ipotetico origina-le. È proprio da tali fonti che Niki de Saint Phalleprende spunto per i suoi Tarocchi, a volte solo neicontenuti altre volte anche formalmente.

IL MONDO DEL GIARDINO:PERCORSI E SIGNIFICATI

“Se la vita è un gioco di carte noi nasciamosenza conoscere le regole. Nonostante ciò siamotutti chiamati a giocare una mano. I Tarocchi sonosolo un gioco o indicano una filosofia di vita?”27

È con questa frase che Niki de Saint Phalle ci de-scrive la sua idea principale sul Giardino, un’operache vuole essere una rappresentazione del viaggioche l’uomo compie vivendo. Una narrazione tridi-mensionale, come le carte lo sono in senso bidi-mensionale, delle tappe, delle difficoltà che si devo-no affrontare per arrivare alla fine della via che, co-me vedremo, in realtà non esiste. Camminare suipercorsi fra le statue non è quindi differente checamminare dentro di esse poiché tutte le compo-nenti di questo complesso monumentale fanno par-te di un unico disegno. In questo modo Niki deSaint Phalle non fa altro che sviluppare e accresce-re la tematica degli Shooting paintings che collocalo spettatore al centro della scena, fulcro non piùpassivo dell’opera d’arte. La presenza umana è es-senziale per il suo carico emotivo che determina lavita dell’opera. Il Giardino vuoto, senza visitatoriche interagiscono con le strutture, perde quindi lasua funzione, trasformandosi da mezzo di ricerca afine della ricerca stessa.

Il viaggio del visitatore all’interno del parco ini-zia da uno spazio prospiciente la vasca di unafontana. Qui viene subito immerso nel mondo deiTarocchi e si trova paradossalmente al centro delpalcoscenico, in una posizione opposta a quellaconsueta: colui che dovrebbe guardare si trovaad essere oggetto di osservazione da parte dei

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Tarocchi, che qui assumono il pieno controllo delloro mondo.

Il Giardino si sviluppa sul colle indirizzando il visi-tatore prevalentemente all’ ascesa, ma lasciandolosolo a scegliere fra vari percorsi e direzioni. L’interaopera è tenuta coesa da una precisa trama ed ognisentiero, quindi, possiede un suo significato cheviene segnalato dalle statue che si trovano lungo ilpercorso. È importante sottolineare, però, che nonesiste un itinerario ideale o migliore verso la som-mità del colle, tutti le strade conducono nello stessotempo alla cima del rilievo e in nessun posto in par-ticolare. Il visitatore si trova in un percorso circolarein cui non importa quale sia la meta, ma piuttosto èimportante il viaggio che compie, più simbolico chefisico. Questa è l’esperienza della vita umana, di cuii Tarocchi non sono che le allegorie fantastiche:“Vediamo come tutte queste carte – scriveva Antoi-ne du Gebelin nel suo Du Jeu des Tarot – sianorappresentazioni allegoriche di tutti gli aspetti dellavita e suscettibili di combinazioni illimitate”28. Peravere una chiave di lettura del Giardino si dovrà os-servare accuratamente quali carte si incontranolungo la via che si decide di percorrere, tentando diinterpretare il punto di vista di Niki de Saint Phalleal momento dell’ideazione e del disegno del parco.

Dalla piazza dell’anfiteatro si diramano duesentieri che muovono verso la cima del colle, die-tro le grandi statue: uno, più evidente, è segnalatoda un arco che sostiene l’uccello di fuoco, la cartadel Sole; l’altro, più nascosto, inizia dietro la codadel drago della carta della Forza.

Il sentiero sotto la carta del Sole, potremmo direilluminato da questa, è provvisto di grandi gradinidi cemento che ci accompagnano tra due alte sie-pi. È la strada facile, quella accessibile senza sfor-zo, né di immaginazione né fisico. Si tratta di unpercorso che trasmette sicurezza, una strada checi mostra anche a distanza la sua destinazione e dicui si può immaginare il tragitto anche senza aver-la battuta prima. L’altro sentiero invece è un pas-saggio impervio, per percorrere il quale bisogna in-nanzitutto domandarsi se c’è una via diversa daquella tanto bella ed evidente. Il visitatore deveavere la voglia, ma forse sarebbe più esatto dire laForza, di cercarla; e una volta trovatala, di intra-prenderla. Infatti, oltre a dover fisicamente supera-re il drago quasi scavalcandone la coda, si devepercorrere un breve ma irto e contorto sentiero, ri-cavato tra sassi e radici. Questa è la via difficile,quella che temprerà e saprà ricompensare chi de-ciderà di percorrerla. Contrariamente all’altro itine-rario, questo non anticipa ciò che incontreremo e aprima vista sembra che si spinga nella direzionecontraria a quella che porta alla cima del colle.

La distinzione tra le due vie assume ancora piùsenso se si pensa che nella piazza, all’ internodella vasca, la fontana che l’artista ha scelto dicollocare altro non è che una macchina di Tin-guely rappresentante la Ruota della Fortuna, de-finita anche “del Divenire o del Destino”29, mossadall’ energia di un flusso d’acqua derivante ideal-mente dal Mago e dalla Papessa. La Ruota è ilprimo Arcano che il visitatore ammira da vicino eda questa inizia a giocare, a scegliere le carte e adelineare il proprio futuro.

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Le due strade suddette si scindono progressi-vamente fino a scomparire nella natura, alla som-mità della collina. Niki de Saint Phalle ci accom-pagna per mano nei primi passi dentro al suomondo, ma gradatamente lascia ognuno semprepiù libero di scegliere il proprio percorso, moven-dosi in piena libertà, cambiando direzione o tor-nando sui propri passi senza aver portato a termi-ne il cammino iniziato.

Il sentiero sotto la carta del Sole, dopo una se-rie di scalini, si rompe in un bivio. Proseguendo asinistra verso la cima del colle, la scalinata conti-nua per qualche gradino fino a mutare in un pianodi cemento. La via appare ancora senza proble-mi, ma avvertimenti spirituali, sia con la statua delPapa, sia con quella dell’Appeso, inglobato nel-l’Albero della Vita, indicano che questa non è lagiusta impressione. Tali carte rappresentano ledifficoltà e gli aiuti che chi intende percorrere lastrada sa di trovare sul suo cammino, un sentieroche implica un processo di purificazione; grazieanche all’occhio di Shiva che Niki ha posto sulPapa, viene ribadito il sincretismo e l’universalitàdel messaggio.

L’altra via che si sviluppa dal bivio dopo la cartadel Sole ha una lettura più immediata, da lì iniziaun sentiero senza gradini, in discesa fra piante ecespugli, banale come la possibilità per l’uomo divolgersi al negativo e al male. Qui la vegetazione,fatto sicuramente non casuale, non consente divedere molto distante mentre si cammina, tantoche si può avere quasi l’impressione di uscire dalGiardino. Dopo la breve scesa, si arriva diretta-mente in uno slargo circolare in cui si staglia lastatua a cavallo della Morte e, continuando oltre,ci si imbatte in uno stretto viottolo che incrocia or-togonalmente il sentiero principale: in questastrada senza uscita, sia protetto che celato dallanatura, si trova il Diavolo. Tutto ciò è sicuramentefrutto di un piano preciso dell’autrice, “non è certoun caso se, per raggiungere il demone ermafrodi-to, occorre passare per sentieri secondari assailontani dall’angelo custode che si trova nella cap-pella della Temperanza”30. Proseguendo in quellache può essere definita “la selva oscura in cuil’uomo si trova a vivere”31, si giunge ad un’ultimaradura circolare in cui, solitaria e carica di spe-ranza, si staglia, mossa da un’intricata creazionedi Tinguely, la statua del Mondo, l’ultimo arcanodei Tarocchi: “Il Mondo è un vortice, una danzaperpetua in cui nulla si ferma: tutto vi gira inces-santemente , perché il movimento è generatoredelle cose”32.

In questo spazio in cui il Mondo sembra esserel’unico protagonista, Niki de Saint Phalle ha volu-to porre, poco prima dell’inaugurazione del Giar-dino, la statua del Matto, che inizialmente si tro-vava dentro la fontana accanto alla Ruota dellaFortuna. L’opera è posta direttamente in comuni-cazione con l’ultima carta degli arcani e l’accosta-mento può essere letto in molti modi: letteralmen-te come un vagabondo che prosegue incessante-mente nel suo viaggio nel mondo, e simbolica-mente vedendo nel Matto l’energia originaria checonsente alla realtà manifestata di continuarenella sua danza33.

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Dalla parte opposta del Giardino, attraverso ilsentiero che parte dietro il Drago della Forza, l’ar-tista ha voluto una strada simile ed opposta aquella già descritta. Da entrambe le vie il visitato-re esce idealmente fortificato dalle esperienze af-frontate. Con l’itinerario che si avvia dalla cartadelle Forza si entra in contatto con la parte più in-tima del Giardino, una pista che molte volte i visi-tatori compiono come cammino d’uscita e che di-venta, così, un ultimo segreto saluto regalatoci daNiki de Saint Phalle. Superata la coda del drago,dopo pochi gradini la via diventa sassosa e irta,ma la difficoltà ha subito termine e l’ospite passavicino a due opere che qui sono libere dalla natu-ra opprimente: la prima carta che si incontra, vo-lutamente distante dalla via, è lo Skinny che raffi-gura la Luna. La statua è posta su una piccolaterrazza naturale, libera da impedimenti visivi,che si apre al paesaggio della campagna marem-mana. L’altra opera è quella della Temperanza,posta più all’interno del colle e svettante sulla pic-cola cappella semisferica. Entrambe le carte so-no collegate all’artista: la Luna, simbolo principedell’essere femminile, rimanda a tutto ciò che ri-guarda l’immaginazione, l’intuizione, il mistero ele paure dell’inconscio, tutti argomenti questi cheNiki de Saint Phalle sentiva profondamente. LaTemperanza ci viene addirittura indicata come“l’unica via giusta”34, fatta di equilibrio e saggez-za, non facile da perseguire, soprattutto sotto gliinflussi lunari, ma, se seguita con costanza, por-tatrice di frutti insperati. L’itinerario ci introduce al-la grande statua dell’Imperatrice-Sfinge, girando-le intorno fino a giungere alla porta posteriore,dove si accede direttamente al cuore della statuae dove si trovano sia il Carro, che rappresenta lavittoria che l’uomo deve conseguire nel viaggio,sia il piccolo mosaico del Giudizio.

Una volta giunti alla sommità del parco, il visita-tore si trova al cospetto delle opere più grandi cheNiki de Saint Phalle ha concepito, due creazioniche si trasformano da scultura in architettura:l’Imperatrice e l’Imperatore, chiamati dall’arteficeanche Sfinge e Castello, definizione che rispettain pieno le caratteristiche sia simboliche sia for-mali delle opere.

In questo caso il pubblico è spinto ad entrarenelle statue per interagire con gli spazi creati al-l’interno e intorno alle sculture. L’Imperatrice pre-senta forme e cavità dal carattere accogliente epassivo, proprie dell’archetipo femminile, mentreanche le figure e i colori contribuiscono a dare al-l’ospite un messaggio tranquillizzante, avvolgentee statico. L’Imperatore al contrario è costruito conaccenti e forme aggressive e prorompenti. Dallapasserella superiore si staccano decise verso ilcielo sia l’arcano della Torre, sia altre due costru-zioni verticali. Il visitatore, trovandosi in questastruttura, non ha quasi mai l’occasione di stare inun luogo coperto. Anche nello spiazzo interno,circondato dal rincorrersi di ventidue colonne35,la sensazione trasmessa è quella del movimento,incarnato pure dalla colorata fontana centrale.

La Torre di Babele inserita nel Castello indica ilsuperamento della condizione umana e l’approdoad un nuova visione del mondo. Con l’arrivo in

questa zona del Giardino, infatti, i sentieri segnatilasciano il posto al terreno naturale e le rimanentistatue sono collocate in uno spazio ampio, di-stanti tra loro. Qui la vegetazione si sviluppa insimbiosi con le opere, lasciando loro lo spazio peressere osservate. Tali sculture segnano un rag-giungimento progressivo dell’equilibrio interiore; ilvisitatore si trova nel “bosco superiore posto nellaparte alta del giardino, luogo del silenzio e di me-ditazione dopo l’ubriacatura di colori e di forme”36

delle grandi strutture.Con La Scelta o Adamo ed Eva, le differenze e i

contrasti tra l’archetipo femminile della Sfinge equello maschile del Castello giungono ad una so-luzione, che implica uno stadio ulteriore di svilup-po rappresentato dalla statua successiva, l’arca-no della Stella. L’artista ama in questa figura “ilsenso di completezza che emana. Si tratta di unessere pieno […] in contatto con la natura di cuiriflette la sua abbondanza. Essa conosce le leggisegrete dei cieli e della terra” 37; si parla di un es-sere che ha ormai superato la debolezza umanae che prelude alla rappresentazione della com-pleta realizzazione interiore, che l’autrice ha volu-to porre sulla cima del colle. Nella parte sublimi-nale del Giardino, isolate dalle altre figure, Niki deSaint Phalle ha infatti posto le altre due versionidella carta dell’Eremita: l’Oracolo e il Profeta. Es-se rappresentano un essere riconciliato in cui fi-nalmente è giunta a compimento l’inquietudinedella sua opera creatrice e la instabile dinamicadell’assetto universale.

IL GIARDINO E IL MONDO:L’INTERVENTO DI MARIO BOTTA

All’architetto ticinese Mario Botta è stato affida-to il compito di realizzare il portale d’ingresso peril Giardino dei Tarocchi. Il progetto è stato definitonel 1995 e la costruzione, sotto la direzione diRoberto Aureli, è stata completata nel 1996. Daun punto di vista tecnico, si tratta di un volumeparallelepipedo di 850 m_ con un fronte di 42 me-tri, una profondità di 6 metri e un’altezza di 5. Lastruttura portante è realizzata in cemento armato,con un rivestimento di blocchi di tufo toscano del-lo spessore di 20 cm. All’interno si ha un pavi-mento in porfido, mentre le finiture sono costituiteda pareti in gesso. Il diaframma che divide il mon-do esterno dal mondo onirico delle sculture diNiki de Saint Phalle, comunque carico di allusio-ni, reminescenze e spunti di riflessione sulla co-siddetta “realtà”, si presenta come un massicciopresidio al percorso magico del Giardino, quasi adifendere la sacralità del cuore e dell’animo uma-no, l’intima ricchezza di emozioni e associazionidi idee che vengono evocate dalle figure simboli-che delle carte dei Tarocchi. L’accesso al Giardinoavviene al termine del filare alberato che suddivi-de il percorso pedonale da quello veicolare, alculmine dei quali si apre una piccola piazza circo-lare che introduce ad una grande apertura circo-lare, protetta dal cancello semplicemente formatoda un’intelaiatura e da elementi obliqui, secondoil linguaggio corrente di Mario Botta. Lo spazio ditransizione della struttura che ora accoglie la bi-

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Fig. 7 - Mario Botta. Portaled’accesso, Giardino dei Tarocchi,Garavicchio (GR).

Fig. 9 - Mario Botta. Particolare deltufo di rivestimento del portaled’accesso, Giardino dei Tarocchi,Garavicchio (GR).

glietteria e la libreria, i servizi igienicie ospitava un tempo i forni per la la-vorazione delle ceramiche.

Un’arcata ricavata nell’altro settomurario che definisce l’edificio im-mette infine nel giardino. Questo fil-tro, questo passaggio verso un per-corso iniziatico, non intende esclude-re nessuno, ma preservare un’atmo-sfera, la purezza della natura e dei li-beri pensieri che ognuno concepiscedavanti ai grandi temi della vita, dellamorte, dell’amore e di tutto ciò che le

sculture di Niki de Saint Phalle intendono sugge-rire alla riflessione o all’emozione del visitatoreindisciplinatamente disperso o guidato dalle indi-cazioni simboliche nei viottoli di quest’angolo in-cantato di terra maremmana.

Una preziosa testimonianza sulla nascita delportale d’accesso e su quello che la scultrice glirichiese è stata offerta dallo stesso Mario Botta38,per cui ci pare interessante riportarla per interocon le sue parole: “Un’altra storia è il rapporto conNiki de Sainte Phalle. Niki de Saint Phalle lavora-va da 20 anni sul Giardino dei Tarocchi. La cosache mi ha impressionato è che questa donna hafatto tutto da sola, non ha avuto neanche un sus-sidio, semplicemente i Caracciolo gli hanno dona-to il terreno. Io conobbi Niki quando facevo il mu-seo Tinguely, per suo marito, allora lavoravo con

Fig. 8 - Mario Botta. Prospetto, piantae sezione del portale d’accesso,Garavicchio (GR)

Fig. 9 - Mario Botta. Piano disituazione per la preparazionedell’accesso al Giardino dei Tarocchi,Garavicchio (GR).

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lei perché ha fatto la donazione di queste ope-re…Un giorno mi dice: “Io è da anni che lavoro lì,vieni giù ad aiutarmi, perché devo fare l’entrata eio non la voglio fare perché non son capace”. Hafatto tutte queste sculture alte venti metri, una èalta 22 metri… “Ma come non sei capace?” “No,no, no - mi dice - dentro è il mio mondo ma il rap-porto col fuori - era una donna intelligentissima -non posso, non voglio, non sono capace, non vo-glio fare una cosa retorica”. E allora vado a vede-re questo posto, il Giardino dei Tarocchi, che ionon conosco e… sono rimasto sorpreso: ho dor-mito dentro la grande statua, la sfinge. Stabiliamoun bel rapporto, per quasi un paio d’anni vado giùa vederla e poi alla fine bisogna disegnare questoingresso, prendo il tufo, che è della regione delGiardino, e faccio un muro, vedete proprio l’ideadel muro, anzi, il muro dovrebbe poi continuare.Teoricamente, se ci fossero i soldi, dovrebbe cin-gere tutto, invece lì poi si va avanti con una recin-zione normale. I Caracciolo, che hanno poco so-pra la casa, sono molto gentili e ci han dato lapossibilità di fare questa roba, è un muro con unbuco. A lato il buco ha un piccolo bookshop, poic’era il forno per le ceramiche…insomma è natocosì. La difficoltà non era nel fare questo proget-to, ma nel farlo realizzare perché laggiù era tutto“clandestino”! Non c’erano permessi, si sono tro-vati lì un Giardino dei Tarocchi in un’area verde,per cui si è dovuto legalizzare la presenza di que-ste costruzioni abusive…insomma, potevano do-mandare di demolire tutto. Per le grandi sculturenessuno aveva chiesto un permesso! E dopo conNiki avrei fatto tanti progetti, voleva coinvolgermiin una “città dei sogni” in America, ma poi è mortaimprovvisamente…”

Se il maestro Botta definisce l’accesso al Giar-dino dei Tarocchi un muro con un buco, muro pe-raltro interrotto sul nascere, a noi pare piuttostoun buco con un muro intorno, il segno architetto-nico del passaggio da una dimensione a un’altradell’umano peregrinare, dal quotidiano al senzatempo, l’arco di trionfo per cui sfilano le anime deivisitatori, chiamate da Niki de Saint Phalle a ritor-nare ad un più stretto rapporto con la natura, lamadre terra, e con il proprio inconscio, reimmer-gendovisi come si sparisce tra un arbusto e un al-bero alla vista degli altri visitatori, in un’esperien-za unica per ciascuno.

LA CONSERVAZIONE ATTUALEDEL GIARDINO

Come già sottolineato, il Giardino dei Tarocchisi è formato in un esteso lasso di tempo, duranteil quale si è svolta una continua sperimentazionedi procedimenti.

La manutenzione del parco deve dunque tenerconto dell’estrema differenziazione delle tecnichee gli interventi devono svolgersi di volta in voltacon trattamenti specifici39.

Le sculture che presentano maggiore delicatez-za sono quelle realizzate nei primi anni del can-tiere, e non solo perché hanno sopportato più alungo l’aggressione degli agenti esterni. Infatti,

nella fase iniziale, Niki de Saint Phalle procedevelocemente per mostrare i risultati, pertanto nonsi sofferma sul problema della durevolezza deimateriali ed utilizza prodotti di facile reperibilità.Consapevole che ne possano conseguire proble-mi di conservazione, rassicura l’équipe che lavoraal suo fianco, sostenendo che, anche riservandopiù accortezza ai procedimenti costruttivi, il parcorimarrebbe comunque fragilissimo.

In seguito, l’artista stabilisce di investire mag-giori energie negli aspetti tecnici. Dopo la chiusu-ra del cantiere e dopo la morte di Niki de SaintPhalle, gli operai40 continuano a svolgere una ri-cerca di soluzioni che possano rendere il parcopiù resistente, selezionando collanti, stucchi e si-liconi di produzione industriale, ma con caratteri-stiche non comuni. Lo staff che si occupa attual-mente della manutenzione è composto daglistessi tecnici che hanno edificato il parco a fiancodella scultrice e che conservano perciò la memo-ria dei procedimenti, condividendo l’approccioteorico dell’artista sulla manutenzione e valoriz-zazione del Giardino.

Senza venir meno all’obiettivo di preservare illuogo sempre uguale a se stesso dal punto di vi-sta visuale, l’équipe opera sulla materia e nonsulla forma, effettuando là dove necessario la so-stituzione dei materiali originali ed intervenendosulla struttura interna41. Gli operai ritengono che“non ci sarà mai niente di definitivo” e che il Giar-dino, pur essendo scomparsa la sua ideatrice, ri-marrà un work in progress, come se fosse un te-stimone consegnato dall’artista nelle mani di chiinsieme a lei lo ha edificato. Sarà necessarioprendersi cura di esso stagione dopo stagione,applicando alle opere di volta in volta prodottinuovi, dopo averne testato la qualità. Del resto, ilproblema della deperibilità dei prodotti seriali in-veste gli oggetti d’arte contemporanea in genera-le, poiché essi “sono fatti per durare un tempo li-mitato e poi essere sostituiti. L’intervento del re-stauratore è una lotta contro il tempo interno aimateriali: non può annullarne l’invecchiamento,ma può rallentarne la deperibilità e differire cosìla scomparsa dell’opera, cioè la scomparsa dellasua espressività” 42.

Nel panorama del Giardino dei Tarocchi sonopresenti sculture che richiedono maggiori atten-zioni di altre. Alcune, come la Torre di Babele, nonsono ancora state toccate da restauri, mentre al-tre hanno manifestato necessità di interventi ripe-tuti. Fino al 2005 la strategia dell’équipe era diret-ta alla riparazione immediata dei piccoli danni di-stribuiti sulle diverse sculture in seguito all’ag-gressione degli agenti naturali e alla trasforma-zione intrinseca dei prodotti impiegati. Tra i varimateriali si sono rivelati più fragili: gli specchi (so-prattutto la pellicola argentata o colorata che rive-ste il fondo delle tessere e che entra a contattocon il cemento, rimanendo esposta alle infiltrazio-ni d’acqua ed a frequenti sfogliature) e i meccani-smi di Tinguely43. Le parti in ferro tendono ad ar-rugginirsi, perciò lo staff di tecnici ha smontato erimontato interamente la Ruota della Fortuna, so-stituendo gli ingranaggi piccoli e non visibili dall’e-sterno con elementi in acciaio.

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Le ceramiche non hanno ancora manifestato bi-sogno di restauri. Il forno che Niki aveva utilizzatocon Venera Finocchiaro è stato rimosso, ma glistampi sono conservati in un archivio e, qualorasi verificasse la necessità di una sostituzione deipezzi, il lavoro di cottura sarà affidato ad un cera-mista esterno e la smaltatura eseguita servendo-si di campionature esatte dei colori.

Della manutenzione e restauro delle sculture dimedie e piccole dimensioni in poliestere44 si oc-cupano Robert Haligon ed i suoi figli, Gerard eOlivier, che hanno partecipato alla loro realizza-

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zione tecnica ingrandendo i bozzetti modellati daNiki. Le opere di dimensioni minore che necessi-tano manutenzione (come in passato l’Eremita el’Oracolo) sono spedite ad Haligon in Francia,mentre quelle di misure più impegnative vengonorestaurate sul posto, come è avvento per il Mon-do e la Morte che hanno recentemente subito ri-tocchi sulla pellicola pittorica.

Dal 2006, si è deciso di concentrare gli inter-venti su una scultura all’anno, in modo da potereffettuare lavori più accurati e non salvataggi d’e-mergenza.

Attualmente è in corso il restauro del Papa,mentre il 2006 è stato interamente dedicato al re-stauro della Giustizia. Il rivestimento a mosaico èstato completamente rimosso, poiché le infiltra-zioni di pioggia avevano distaccato la superficieesterna dalla struttura di circa un centimetro. Ilcemento su cui poggiano le tessere esterne èstato impermeabilizzato; gli specchi colorati sonostati per quanto possibile recuperati e trattati sulretro con una vernice aggrappante, che ha ladoppia funzione di garantire una più forte adesio-ne delle tessere al supporto e di proteggere lepellicole argentee alla base dei vetri. Infatti questistrati, che donano effetto riflettente alle lastre, ri-sultano particolarmente sensibili all’umidità, chene provoca lo scollamento. Gli specchi perduti du-rante il processo di distaccamento sono sostituiticon pezzi prodotti dalla stessa fabbrica che harealizzato gli originali.45

La messa in posa delle tessere ha rispettato ri-gorosamente gli schemi scelti da Niki, ma l’appli-cazione è stata effettuata con tecniche e materia-li differenti, tesi a garantire una maggiore durata.Il collante scelto, dopo numerose sperimentazio-ni, è il silicone, impiegato per la prima volta sulvolto della Papessa circa dieci anni fa ed ancorain essere. Nella sistemazione delle tessere musi-ve sulla Giustizia si è tenuto conto di un possibileassestamento futuro, distanziando opportuna-mente un elemento dall’altro.

In conclusione, poiché la conservazione attualedel parco viene portata avanti dal personale chesi è occupato della sua stessa costruzione, nonc’è bisogno di indagini a posteriori sulle metodo-logie costruttive, mentre rimane aperto il proble-ma della reazione dei materiali di produzione in-dustriale ai fattori esterni e la questione della lorotrasformazione fisica e chimica col passaggio deltempo. L’approccio dell’équipe tende ad esseresperimentale e mantiene l’atteggiamento di ricer-ca proprio di Niki de Saint Phalle durante le fasi direalizzazione.

CONCLUSIONI

Niki de Saint Phalle, tramite il Giardino, ponel’accento sul rapporto tra scultura e ambiente, trasimbolismo delle creazioni umane e semplicitàdella natura, tra ciò che di più spirituale e profon-do vi è nell’uomo e ciò che di più materiale vi è almondo: terra, roccia, aria. Luogo di riconciliazionetra i conflitti interiori dell’artista e proposta di ri-flessione su quelli dell’umanità intera, nella tor-

Fig. 11 - Niki de Saint Phalle. LaGiustizia, Giardino dei Tarocchi,Garavicchio (GR).

Fig. 12 - Restauri in corso allascultura del Papa, Giardino deiTarocchi, Garavicchio (GR).

Silvia BOTTINELLI, laureata inmuseologia, specialista in storiadell’arte contemporanea, sta svol-gendo il dottorato di ricerca in storiadell’arte contemporanea presso ilDipartimento di Storia delle Arti del-l’Università di Pisa. Si occupa delrapporto tra arte e natura dalleneoavanguardie ad oggi, con parti-colare attenzione all’arte ambienta-le. Studia inoltre i meccanismi di di-vulgazione artistica nel secondo do-poguerra, i premi italiani dagli anniCinquanta agli anni Settanta ed il si-stema internazionale dell’arte nellaseconda metà del Novecento.

Claudia LAMBERTI, laureata instoria dell’urbanistica e specialistain storia dell’architettura contempo-ranea, sta svolgendo il dottorato diricerca in storia dell’architetturacontemporanea presso il Diparti-mento di Storia delle Arti dell’Uni-versità di Pisa. Si è occupata di teo-rie architettoniche e urbanistiche traOttocento e Novecento, collaboracon le cattedre di Storia dell’Archi-tettura delle Facoltà di Lettere e diIngegneria dell’Università di Pisa edha al suo attivo numerose pubblica-zioni di storia dell’architettura dal-l’età bizantina a quella contempora-nea.

Matteo MATTEI, laureato in storiadell’architettura contemporaneapresso l’Università di Pisa con ilProf. Giuseppe Bonaccorso, ha di-scusso una tesi su “Il Giardino deiTarocchi di Niki de Saint Phalle”.

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mentata complementarietà uomo-donna e nellatrascurata relazione artistica tra sogno e menterazionale, quasi che la libera creatività non potes-se sottostare a un progetto, il Giardino dei Taroc-chi si impone all’attenzione della critica come l’ar-chitettura onirica per antonomasia, esplicitatadall’animo e dalla volitività di una donna che tracultura e natura ha saputo parlare a ciascuno ri-chiamando alla coscienza ogni frammento dell’a-nimo nel frammento di pietra, ceramica e vetrodelle sue immaginifiche sculture.

1 N. de Saint Phalle, Traces: uneautobiographie; remembering1930-1949, Lausanne, Acatos,1999, p. 12.

2 N. de Saint Phalle, op.cit., p.63.

3 “I wasn’t going to be like yourmother. You accepted what hadbeen handed down to you by yourparents. Your religion, masculineand feminin roles- your ideas aboutsociety and security. I would spendmy life questioning. I would fall inlove with the question mark”. N. deSaint Phalle, Lettera alla madre, inP. Hulten (a cura di), Niki De SaintPhalle, Bonn, Hatje,1992, p. 185.

4 Niki de Saint Phalle visse solo isuoi primi tre anni di vita in Francia,poi si trasferì a New York, dove ilpadre conduceva i suoi affari.

5 P. Hulten, op. cit., p. 14.6 “I was shooting at my own vio-

lence, I no longer had to carry it in-side of me like a burden. [...] The ri-tual of painting a relief over andover again in immaculate virginalwhite was very important to me.The theatricality of the wholeperformance appealed to me im-mensely”. N. de Saint Phalle, Lette-ra a P. Hulten, in P. Hulten, op. cit.,p. 162.

7 Cfr. P. Hulten, op. cit., p. 15. L'i-spirazione per le Nanàs venne daidisegni di Larry Rivers che mostra-vano sua moglie incinta, Clarice, inattesa della sua prima figliaGwyenne (1964).

8 All’interno di Hon si trovano:nel braccio sinistro un cinema con12 poltrone, in cui si proietta il pri-mo film di Greta Garbo. Nella testaun cervello di legno. Nel seno de-stro un planetario. Nella coscia si-nistra una scultura radio. Nel ginoc-chio sinistro un “sedile per amanti”dotato di microfono. Nel seno sini-stro uno schiacciabottiglie e unmilk-bar. In una gamba una galle-ria. Sulla pancia c'è una terrazza ein ogni parte di Hon si ascolta mu-sica di Bach. Hon rappresentaun’enorme donna incinta supina, ivisitatori devono entrare all’internodella scultura attraverso la vagina,dalla quale poi escono: l’effetto vo-luto sarebbe quello di dare unasensazione di rinascita. Le forme diHon sono curve e piene, secondouna soluzione formale inconfondi-bile per Niki de Saint Phalle. “Honhad something magical about her.She couldn’t help but make youfeel good. Everyone who saw her

broke into a smile”, cfr N. De SaintPhalle, Lettera a Clarice, in P. Hul-ten, op. cit., p. 169.

9 G. Pettena, Tra arte e architet-tura, in A. Mazzanti (a cura di) Nikide Saint Phalle: Il giardino dei Ta-rocchi, Milano, Charta, 1997, p. 24.

10 E. Crispolti, Nel paese dellemeraviglie plastiche, in A. Mazzan-ti, op. cit., p. 19.

11 Le paradis fantastique è com-missionato dal governo franceseper l'Expo '67 di Montreal a Tin-guely e a Niki de Saint Phalle. Sitratta di un gruppo di sculture all'a-perto, colorato con tinte brillanti ecomposto da nove grandi figure inpoliestere di Niki e da macchine inmovimento di Tinguely. I bambinipossono giocare all'interno dellesculture. L'opera viene poi donataal Moderna Museet di Stoccolma.Dopo essere stata restaurata è orain esibizione permanente vicino almuseo.

12 Accanto a loro lavorarono an-che Eva Aeppli, ex moglie di JeanTinguely, Bernhard Luginbuhl, Je-sus Raphael Soto e Daniel Spoerri.La scultura, alta più di 22 metri, èstata dichiarata monumento nazio-nale.

13 Cfr. P. Hulten, op. cit., pp. 15-16.

14 N. de Saint Phalle, Il giardinodei Tarocchi, Berna, Benteli, 1997,p. 2.

15 I. Palladino, Niki ci fa i Taroc-chi, in “Arte In”, 34, 1994, p. 59.

16 Niki de Saint Phalle, iscrizionesu ceramica all’ingresso del Giardi-no dei Tarocchi.

17 N. de Saint Phalle, Il giardinodei Tarocchi…p. 2.

18 N. de Saint Phalle, Il giardinodei Tarocchi…p. 5.

19 N. de Saint Phalle, Lettera aMarella, in P. Hulten, op. cit., p. 175.Dopo alcuni anni, sentendo il biso-gno di un ambiente con pareti bian-che e non curve, Niki de SaintPhalle si trasferì in uno studio dise-gnato da Tinguely, sempre nei con-fini del parco.

20 Il Parco dei Mostri fu commis-sionato dal Principe Pier France-sco Orsini a Pirro Ligorio nel 1552,per superare la depressione dovu-ta alla perdita della moglie GiuliaFarnese. Horst Bredekamp, VicinoOrsini e il Sacro Bosco di Bomarzo,Roma, 1989, pp. 59-72. Su Bomar-zo cfr. inoltre: M. Calvesi, Gli incan-

tesimi di Bomarzo: il sacro boscotra arte e letteratura, Milano, 2000;Bomarzo: architettura fra natura esocietà, a cura di L Donadono, Ro-ma, 2004

21 Cfr. Intervista a Niki de SaintPhalle, Garavicchio, 1 novembre2000, in S. Bottinelli, Il rapporto traarte e natura nell’arte ambientalein Toscana, tesi di laurea, Univer-sità di Pisa, Corso di laurea in Con-servazione dei beni culturali, a.a.1999/2000, p. 174.

22 Cfr. A. MAZZANTI, Sentierinell’arte, Firenze, 2004

23 A. Mazzanti, op. cit., p.33.24A. Mazzanti, op. cit., p.242.25 Cfr. A. Court de Gébelin, Mon-

de primitif analysé et comparé avecle monde moderne, libro VIII: Con-sidéré dans divers objets concer-nant l'Histoire, le Blason, les Mon-noies, les Jeux…, tomo I, Paris,Sorin, 1781. Tale volume, riguar-dante i Tarocchi, è stato riedito nelcorso del Novecento.

26 Cfr. O. Wirth, Tarot des ima-giers du Moyen-âge, Paris, Nourry,1927

27 N.de Saint Phalle, Il giardinodei Tarocchi…p. 70.

28 S. R. Kplan, I Tarocchi, Milano,Mondadori, 1973, p.48

29 O. Wirth, I Tarocchi, Milano,Mediterranee, 1973, p. 178.

30 Palladino, op. cit., p.60.31 A.G. Cassani, Garavicchio

(Grosseto), Il giardino dei Tarocchi:1979-1991, in “Ananke”, 5, 1994,p.53.

32 Wirth, op. cit., p.258.33 R. Guénon, Il re del mondo,

Milano, Adelphi, 1977, p.21.34 N. de Saint Phalle, Il giardino

dei Tarocchi…p.62.35 Le colonne sono fisicamente

21, anche se una di queste si sdop-pia a circa metà altezza, ed ideal-mente 22 come il totale dei tarocchi,numerati da zero a ventuno. Tale so-luzione scultorea simboleggia la vitacome viaggio senza fine, eterno ri-torno espresso anche nelle vie delgiardino che non portano in realtàda nessuna parte. La circolarità deltempo si riflette in quella dello spa-zio porticato e poi nella collocazioneadiacente nel giardino delle cartedel Mondo e del Matto che sono pro-prio la numero 21 e numero zero.

36 Cassani, op. cit., p. 54.37 N. de Saint Phalle, Il giardino

dei Tarocchi…p.58.38 Il 14 Gennaio 2005 Mario Botta

ha ricevuto nel suo studio di Luganouna delegazione dell’Università diPisa, intrattenendosi a parlare diquesta opera. Col suo assenso pub-blichiamo alcuni brani delle dichia-razioni rilasciate e per sua conces-sione alcuni disegni originali.

39 Per un quadro generale sul di-battito relativo alla metodologia delrestauro di arte contemporanea cfr.L’evoluzione del dibattito internazio-nale, in O. Chiantore, A. Rava, Con-

servare l’arte contemporanea, pro-blemi, metodi, materiali, ricerche,Milano, Electa, 2005, pp. 60-77.

40 Fanno attualmente parte dell’é-quipe che lavora al Giardino: ToninoUrtis, Claudio Celletti, Gianpiero Ot-tavi, Massimo Menchetti, Marco Ia-cotonio. Giardiniere: Fabio Mancini.Le informazioni relative alla conser-vazione del Giardino dei Tarocchicontenute in questo paragrafo sonotratte da una conversazione di SilviaBottinelli con Tonino Urtis, 13 gen-naio 2007.

41 Sull’opportunità di effettuarevere e proprie sostituzioni dei mate-riali delle opere contemporanee cfr.P. Alferj, Il tempo nell’opera. Capola-vori a rischio, in E. Di Martino (a cu-ra di), Arte contemporanea. Conser-vazione e restauro, Torino, Alleman-di, 2005, p.194: “Molte opere d’artecontemporanea perdono d’identitàquando la ‘patina’del tempo si depo-sita su di loro. Se un artista usa ilplexiglas per dare trasparenza all’o-pera, la lastra va sostituita una voltache il tempo (microclima, luce, tra-sporti, polvere…) l’ha resa opaca,così da ripristinare l’iniziale e inten-zionale effetto visivo”. Sullo stessotema, vedi anche M.G. Castellano,Metodologie d’intervento per il re-stauro contemporaneo, in E. Di Mar-tino, op. cit., pp. 238-241.

42 P. Alferj, 2005, p. 194.43 Solitamente della conservazio-

ne delle opere di Jean Tinguely sioccupa Joseph Imof, del Museo Tin-guely di Basilea. Pur rimanendo incontatto con lui, gli operai del Giar-dino intervengono personalmentesui lavori dell’artista. Per una tratta-zione sul restauro delle opere del-l’artista cfr. Jean Tinguely, in O.Chiantore, A. Rava, op. cit., pp. 250-255

44 Per una trattazione generalesulla conservazione di materiali pla-stici e polimeri cfr. E.Mello, Durabi-lità dei materiali e fragilità dell’artecontemporanea, in E. Di Martino,op. cit., pp.198-202.

45 Si sono verificate però dellecomplicazioni, poiché il marchio inquestione ha smesso di produrre lastessa tipologia di specchi impiega-ta per i Tarocchi, perciò l’équipe hadovuto commissionare apposita-mente l’applicazione delle pellicolecolorate ai vetri, processo che hadeterminato un notevole aumentodei costi di produzione. Sul proble-ma della limitata durata della produ-zione dei prodotti industriali cfr. O.Chiantore, A. Rava, op. cit., p. 78:“possono verificarsi cambiamenti diformulazioni da parte delle aziendeproduttrici senza che gli utilizzatorine siano avvertiti. A volte la produ-zione di un composto viene abban-donata per poi essere ripresa condiversa denominazione, magari daun produttore differente. Nomi com-merciali diversi possono corrispon-dere ad uno stesso prodotto”.

Boll.Ing. n.10 4-12-2007 12:05 Pagina 20