PROFESSIONAL Morbo di Crohn EDITION rettocolite ulcerosa · rettocolite ulcerosa Morbo di Crohn...

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1 ADVANCES IN INFLAMMATORY BOWEL DISEASES Crohn's e Colitis Foundation of America’s Clinical & Research Conference CLOSTRIDIUM DIFFICILE UN’ARDUA SFIDA NELLA GESTIONE DELLE IBD PROFESSIONAL EDITION IBD BENEFICI DELLE TERAPIE E RISCHIO DI CANCRO rettocolite ulcerosa & Morbo di Crohn BIOSIMILARI RIVOLUZIONERANNO LA GASTROENTEROLOGIA? O R L A N D O 2 0 1 5

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ADVANCES IN INFLAMMATORY BOWEL DISEASES

Crohn's e Colitis Foundation of America’s Clinical & Research Conference

CLOSTRIDIUM DIFFICILEUN’ARDUA SFIDA NELLA GESTIONE DELLE IBD

PROFESSIONALEDITION

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DELLE TERAPIE E RISCHIO

DI CANCRO 

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BIOSIMILARIRIVOLUZIONERANNO

LA GASTROENTEROLOGIA?

ORLANDO

2015

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Direttore Responsabile Francesco Maria Avitto

Direttore Editoriale Vincenzo Coluccia

Direttore Scientifico Lucia Limiti

E D I T O R I A L S T A F FMedical Editor Patrizia Maria Gatti, Sara Raselli, Leonardo ScaliaMagazine Editor Marco LanducciWeb Editor Marzia Caposio

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ADVANCES IN INFLAMMATORY BOWEL DISEASES

Crohn's e Colitis Foundation of America’s Clinical & Research Conference

CLOSTRIDIUM DIFFICILEUN’ARDUA SFIDA NELLA GESTIONE DELLE IBD

PROFESSIONALEDITION

IBDBENEFICI

DELLE TERAPIE E RISCHIO

DI CANCRO 

rettocolite ulcerosa&Morbo di Crohn

BIOSIMILARIRIVOLUZIONERANNO

LA GASTROENTEROLOGIA?

ORLANDO

2015

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Iscritta al Registro degli Operatori di Comunicazione in data 28/05/2013 con numero 23556.Via Mantova 44, 00198 ROMA

Supplemento al n°2 di Popular ScienceAprile - Maggio 2016

04 HIGHLIGHTS 08 BIOSIMILARI Rivoluzioneranno la

gastroenterologia?

12 CLOSTRIDIUM DIFFICILE Un’ardua sfida nella

gestione delle IBD 16 IBD Benefici delle terapie e

rischio cancro

Totale 63.000

Farmacisti ospedalieri 2.275

Mmg 35.815

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Gastroenterologi 8.705

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Highlights AIBD Conference

2015Biosimilari, integrazione di nuove terapie, Morbo di Crohn e deficit della crescita, gestione delle IBD in presenza di Clostridium Difficile. Sono questi i punti salienti dei dibattiti che hanno caratterizzato l’edi-zione 2015 della Crohn's and Colitis Foundation of America Advances in Inflammatory Bowel Diseases (AIBD) Conference, tenutasi ad Orlando.

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L' introduzione delle nuove terapie con biosimilari nel trat-tamento del morbo di

Crohn o della colite ulcerosa rap-presenta una delle strategie efficaci per prevenire e curare anche l'abuso di narcotici in questi pazienti e si abbina al miglioramento dell'uti-lizzo di sistemi di determinazione dei livelli endoscopici nel monito-raggio delle malattie infiammatorie intestinali.

L'integrazione di nuove terapie

nella cura dei pazienti con ma-lattie infiammatorie intestinali (IBD) è stata al centro di molte comunicazioni e dibattiti. "Uno degli aspetti interessanti delle IBD è che vi sono molti progressi nello sviluppo di nuovi approcci terapeu-tici", ha dichiarato Richard MacDer-mott dell’Albany Medical Center di New York. Queste nuove opzioni di trattamento comprendono tera-pie recentemente approvate dalla US Food and Drug Administration (FDA) I partecipanti hanno anche affronta-

to i temi più importanti relativi alla terapia con biosimilari in pazienti che sono stati trattati con inflixi-mab e adalimumab per molti anni.

Una terza grande tematica è stata rappresentata dai bambini affetti da morbo di Crohn con deficit della crescita. Trattamento iniziale conservativo, nutrizione, steroidi, e immunomodulatori, oppure approc-cio più aggressivo, come ad esempio avviene con i farmaci biologici? "La questione della terapia conservativa in contrasto con quella aggressiva SH

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è dibattuta da molti anni nell’IBD, nelle patologie gastroenteriche e in generale nella medicina ", ha aggiunto MacDermott.

La parte relativa alla pediatria è sta-ta caratterizzata anche da sessioni sulla prevenzione e la gestione della dipendenza dai narcotici. "Questo è un settore di fondamentale impor-tanza sul quale i clinici dell’IBD sono concentrati", ha detto Mac-Dermott. "Sono in aumento gli studi sulla causa e il trattamento degli abusi di stupefacenti nei nostri

pazienti. L’uso e l'abuso dei narco-tici rappresenta una sfida per ogni paziente e per ogni caregiver”.

Grande attenzione è stata riservata anche ai metodi diagnostici e al monitoraggio della progressione dell’IBD tramite l’utilizzo dei diversi sistemi che determinano i livelli endoscopici della malattia. Gli esperti hanno dibattuti sui cri-teri di valutazione – inclusi il Mayo, Ulcerative Colitis Endoscopic Index of Severity (UCEIS), il Crohn's Di-sease Endoscopic Index of Severity

(CDEIS) e il Simple Endoscopic Score for Crohn's Disease (SES-CD) — e hanno illustrato i metodi mi-gliori per ottimizzare questi sistemi di valutazione nella pratica clinica. "Una sfida per qualsiasi approccio diagnostico è quella di documentare la portata e la gravità delle lesioni osservate. Altrettanto importante è l’essere in grado di confrontare i risultati di una endoscopia rispetto ad un’altra endoscopia eseguita a diversi mesi di distanza, sulla stessa persona", ha aggiunto MacDermott.

La parte relativa alla pediatria è stata caratterizzata anche da sessioni sulla prevenzione e la gestione della dipendenza dai narcotici. "Questo è un settore di fon-damentale importanza sul quale i clinici dell’IBD sono concentrati", ha detto MacDermott. "Sono in aumento gli studi sulla causa e il trattamento degli abusi di stu-pefacenti nei nostri pazienti. L’uso e l'abuso dei narco-tici rappresenta una sfida per ogni paziente e per ogni caregiver”.

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BIOSIMILARI Rivoluzioneranno la gastroenterologia?

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È in arrivo un grande cambiamento nel trattamento dei pazienti con colite ulcerosa e Morbo di Crohn e i gastroenterologi negli Stati Uniti si stanno attivando per essere pronti a informare i pazienti circa i potenziali rischi e i benefici dei trattamenti con i nuovi farmaci biosimilari SH

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"Per molti questo è un argomento ancora poco conosciuto" ha detto David Rubin, della University of Chicago Medical Center, all’inizio del dibattito durante la Crohn's and Colitis Foundation of America Advances in Inflammatory Bowel Diseases Conference a Orlando nel dicembre 2015.

"Si tratta di un enorme business", ha aggiunto Miguel Regueiro dell'Università di Pittsburgh. "Che ci piaccia o no, questo è ciò che ci accingiamo ad affrontare in futuro". L'esperienza internazionale ha dimostrato che i biosimilari potrebbero costare fino al 30% in meno, rispetto a molti prodotti biologici sul mercato. Tuttavia, ci sono potenziali preoccupazioni circa i diversi principi attivi, legate a immunogenicità, intercambiabilità e alla commutazione “senza l’intervento medico”. I farmaci biosimilari comportano una potenziale immunogenicità o cross-reattività se si rimane all'interno di una classe, ha precisato Rubin. "Se si dispone di anticorpi diretti contro l’infliximab e si passa a un biosimilare di infliximab , è molto probabile riscontrare lo stesso problema di prima". “L’immunogenicità sta per diventare uno dei principali problemi sia tra i biosimilari che tra i loro ideatori - prevede Stephen Hanauer, della Feinberg School of Medicine della Northwestern University di

Chicago - La genetica individuale determina alcuni aspetti della immunogenicità, ma la maggior parte dei fattori determinanti rimangono sconosciuti. Sono necessarie ulteriori ricerche”. “I biosimilari non sono farmaci generici”, ha poi sottolineato Rubin. "Sono strutture molto complesse, difficili da replicare e hanno un potenziale immunogenico molto più elevato". La struttura proteica di un biosimilare può affiancare la struttura biologica, per esempio, ma la componente glicosilata varia secondo un certo numero di fattori differenti.“Poiché i farmaci biologici sono realizzati in animali vivi, anche lo stesso agente biologico tende a variare nel corso del tempo”, ha detto Brian Feagan del Robarts Research Institute presso la University of Western Ontario in Canada. Ha fatto riferimento a questa eterogeneità nel tempo come "una deriva della produzione." In sua difesa, ha aggiunto, "i produttori sostengono di possedere protocolli per il controllo di qualità. Per riuscire a determinare se qualcosa sta cambiando, quando un paziente passa da un biologico al suo biosimilare, occorrono 18 mesi di studio rigoroso, ha detto Feagan.

La struttura proteica di un biosimilare può affiancare la struttura biologica, per esempio, ma la componente glicosilata varia a seconda di un certo numero di fattori differenti. Poiché i farmaci biologici sono realizzati in animali vivi, anche lo stesso agente biologico tende a variare nel corso del tempoSH

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Clostridium difficileUn’ardua sfida nella gestione delle IBD

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"Circa il 7% dei pazienti ospedalizzati per una riacutizzazione di IBD si trova ad essere Clostridium Difficile positivo", ha sottolineato Moss. I gastroenterologi si

basano su test per identificare le infezioni da CDI e ora le analisi con la PCR stanno in gran parte sostituendo i test ELISA. "La PCR è un ottimo banco di prova, estremamente sensibile per le CDI, quando non è presente una IBD", ha detto Moss. Ma se un paziente ha anche in corso una malattia infiammatoria intestinale cronica e ha avuto un paio di infezioni, è molto difficile determinare se i sintomi sono causati dalla colonizzazione di un’infezione primitiva precedente o da una nuova infezione in atto. In uno studio del 2013, sono stati valutati campioni archiviati che erano positivi per CD. È emerso che solo il 10% dei test PCR-positivi sarebbe stato positivo se fosse stato utilizzato il test ELISA (J Pediatr Gastroenterol Nutr 2013; 57.: 293-297). Questo studio suggerisce che "molti dei pazienti positivi con il test PCR per CD, sarebbero stati negativi nei test precedenti", ha precisato Moss. "Ma tali pazienti sono colonizzati o infetti?". In un altro studio, i ricercatori hanno dimostrato che i livelli di C difficile rilevato mediante PCR erano nettamente inferiori a quelli rilevati con altri metodi di dosaggio (J Clin Microbiol 2013; 51:. 3624-3630). "Molti pazienti hanno una colonizzazione di basso livello, non un’infezione attiva che causa la malattia", ha aggiunto Moss.

Il test “ELISA digitale”Il test ‘ELISA digitale’ è in grado di rilevare la tossina a bassi livelli e potrebbe essere un modo ideale per distinguere l'infezione CD dalla colonizzazione. La nuova generazione di test ELISA, denominati appunto"ELISA digitali", che sono basati su una matrice a molecola singola, è in grado di identificare una singola

molecola di tossina. Si tratta di test 1.000 volte più sensibili del normale test ELISA, ma ancora non così sensibili come un test PCR; sono a metà tra i due. Potrebbero essere un buon modo di identificare persone che non sono solo colonizzate da una precedente infezione, ma che stanno producendo attivamente le tossine. Come ha spiegato Moss: “Se il test ‘ELISA digitale’ è valido, la speranza è che venga identificata una soglia sopra la quale le persone sono infette da CD e sotto la quale le persone sono solo colonizzate”. “Il test ELISA digitale sarà in grado di rilevare la tossina a bassi livelli e potrebbe essere un modo ideale per distinguere l'infezione da CD dalla colonizzazione" ha dichiarato Mark Osterman della University of Pennsylvania School of Medicine di Philadelphia. “Una volta che un medico identifica una reale infezione da C. difficile in una persona con malattia di Crohn o con colite ulcerosa, la vancomicina è la scelta migliore come antibiotico” ha aggiunto Moss. “Nella popolazione non IBD, la vancomicina è generalmente riservata per le infezioni gravi da CD, e il metronidazolo è prescritto per le infezioni meno gravi”. Tuttavia, "nella maggior parte dei pazienti con malattia infiammatoria intestinale, seguendo semplicemente

L’infezione da Clostridium difficile (CDI) è una sfida che diventa particolarmente impegnativa nella cura dei pazienti con IBD, nei quali anche il test per definire l'infezione può rappresentare un problema. “Per i medici specialisti in malattie infettive è facile identificare i sintomi tipici della diarrea associata a Clostridium difficile, ma questi possono sovrapporsi con la maggior parte dei sintomi di una riacutizzazione della IBD di fondo", ha dichiarato Alan Moss, della Harvard Medical School e del Beth Deaconess Medical Center di Boston.

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i loro sintomi, si arriva a una corrispondenza con i criteri di infezione da CD moderata e grave ", ha evidenziato Moss. In proposito mancano comunque degli studi prospettici randomizzati. "Purtroppo, quasi tutti i nostri pazienti con IBD sono esclusi dagli studi controllati sugli antibiotici utilizzati nella CDI, quindi dobbiamo considerare gli studi retrospettivi e di coorte", ha spiegato Moss. In uno studio osservazionale retrospettivo, pazienti IBD ospedalizzati hanno dovuto ricevere vancomicina dopo metronidazolo (Antimicrob Agents Chemother. 2014;58:5054-5059). Sebbene lo studio non sia stato rettificato per la gravità della malattia, i tassi di riammissione in ospedale, entro 30 giorni, erano più alti nei pazienti trattati con metronidazolo, rispetto a quelli trattati con vancomicina. "Questo suggerisce fortemente che nei pazienti con IBD, la maggior parte dei quali soddisfano i criteri per la CDI, la vancomicina è la strada da percorrere", ha aggiunto Moss. E’ anche interessante notare che "nel corso degli ultimi anni, c'è stato un aumento incrementale del tasso di fallimento del metronidazolo nelle infezioni da C diff di grado lieve - ha sottolineato in conclusione Moss - Tale fallimento era intorno al 5%, ma ora è più vicino al 20%".

Se il test ‘ELISA digitale’ è valido, la speranza è che venga identificata una soglia sopra la quale le persone sono infette da CD e sotto la quale le persone sono solo colonizzate da Clostridium difficile

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IBDBenefici delle terapie

e rischio di cancro

Alcune evidenze mostrano che le persone con malattia infiammatoria intestinale, trattate con farmaci biologici e immunomodulatori, possono incorrere in un aumento del rischio per alcuni tipi di cancro, con prevalenze diverse secondo l’età, il sesso e altri fattori. In questo senso si rende necessario il counseling ai pazienti sui benefici di queste terapie e sul rischio relativo di tumori maligni.

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"Da parte dei pazienti stiamo verificando un aumento, nel corso del tempo, delle domande che riguardano questi tratta-menti ", ha detto Thomas Ullman del Mount Sinai Medical Center di New York City. "Abbiamo bisogno di una discussio-ne aperta e onesta con i pazienti prima di iniziare la terapia. I medici possono iniziare la conversazione con una buona notizia: studi pubblicati non suggerisco-

no che queste terapie predispongano i pazienti con IBD a tutti i tipi di tumori”. Infatti, sia in una revisione sistematica con metanalisi (Aliment Pharmacol Ther 2014; 39:. 447-458) che in uno studio del sistema di Registro Nazionale, condotto in Danimarca (JAMA 2014; 311:. 2406-2413), il rischio complessivo di cancro non è risultato elevato. "Per quanto ri-guarda il cancro, stiamo davvero parlan-

do di molte malattie diverse", ha detto il dottor Ullman. Dovremmo distinguerle quando possibile . I ricercatori stanno facendo proprio questo. I rischi maggiori sembrano essere legati allo sviluppo di linfoma, di tumori cutanei non-melano-ma o di tumori del tratto urinario, secon-do dati anagrafici del paziente e secondo il farmaco prescritto. “Alcuni rapporti pubblicati indicano anche un aumento

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nei tumori cervicali uterini, ma le prove finora rimangono frammentate”, ha sot-tolineato Ullman, rimarcando che non è il caso di parlare di percentuali assolute col paziente. Per esempio, per il linfoma il rischio è basso; anche se moltiplicato rimane comunque un numero piccolo. “Un linfoma del tipo post-trapianto è la forma più comune di linfoma che si svi-luppa nei pazienti affetti da IBD trattati

con tiopurine in 1caso in 1.000 anni-pa-ziente”, ha aggiunto Ullman. Meno comune, ma altrettanto preoccupante è il linfoma post-mononucleosi che si sviluppa in 0,1 per 1.000 anni-paziente. Questa forma tende a colpire gli uomini, in particolare quelli di età inferiore ai 35 anni. Una terzo e ancor meno comune tumore, il linfoma epatosplenico a cel-lule T, tende anche a colpire gli uomini più giovani. Il tasso è di 0,05 per 1000 anni-paziente, e tende a svilupparsi dopo almeno 2 anni di terapia con una combi-nazione di tiopurine e anti-TNF o con le sole tiopurine. Un altro principio attivo di questa classe, l’azatioprina, è stato as-sociato ad un aumento di 2.40 del rischio di linfoma, in uno studio pubblicato sull'American Journal of Epidemiology (2013; 177: 1.296-1.305).” Altri ricercatori segnalano rischi elevati tra due e quattro volte nei pazienti con IBD trattati con questo principio attivo, ha aggiunto Ul-lman. "Quindi si tratta necessariamente di un rischio di cui dobbiamo essere con-sapevoli al momento della prescrizione di questi farmaci". Per ridurre al minimo i rischi per i pazienti, il dottor Ullman raccomanda uno controllo dello stato di eventuali interferenze del virus di Epstein-Barr, specie negli uomini di età inferiore ai 35 anni, cercando di ridurre al minimo l'esposizione alle tiopurine a 2 anni o meno, nella stessa sottopopola-zione e considerando la possibilità della prescrizione di metotrexato, al posto del-le tiopurine, nei pazienti ad alto rischio. Inoltre, la combinazione di azatioprina e 6-mercaptopurina porta a un aumento pari a 4,92 del rischio per lo sviluppo di linfoma nella popolazione IBD, secondo una meta-analisi pubblicata su Clinical Gastroenterology e Hepatology (2015; 13: 847-858). In questo studio, gli uomini con età inferiore a 30 anni erano esposti a maggior rischio, come lo erano gli uomini di età superiore ai 50 anni (che hanno riportato il maggior rischio asso-luto a 4,78). "Bisogna dunque parlare dei rischi di tumore con i pazienti, ma anche dei benefici del trattamento", ha detto Ullman aggiungendo che il rischio di lin-foma ritorna nei pressi della linea di base dopo la sospensione del trattamento con tiopurine, come indica la stessa metana-

lisi. "È abbastanza impressionante che da tre a quattro volte il rischio si riduca a 1-2 volte", ha detto il dottor Ullman. "Questo è certamente una delle notizie incoraggianti". "

Il rischio di melanomaVi sono anche domande sul rischio di melanoma e più ancora sul rischio di tumori cutanei non-melanoma", ha det-to Ullman. Per esempio, uno studio ha dimostrato un aumento del rischio di 1,8 volte per il melanoma tra le persone con IBD trattate con farmaci biologici (Gastroenterology 2012; 143:. 390-399). Sebbene il rischio appaia più basso, “è sufficiente che si voglia considerare i nostri pazienti per essere a rischio per il melanoma". Ullman raccomanda, in proposito, ai gastroenterologi, di inviare tutti i pazienti con IBD a più alto rischio per il cancro della pelle, a un dermatologo, per un esame annua-le cutaneo completo e di consigliare i pazienti circa l'esposizione alla luce ultravioletta e l’uso di creme solari. Per il tratto urinario la probabilità di svi-luppare tumori appare quasi triplicata (HR 2.82) tra i pazienti con malattia infiammatoria intestinale trattati con tiopurine rispetto a quelli non trattati con questi agenti, come suggerisce uno studio pubblicato su Aliment Pharma-col Ther (pubblicato online il 9 novem-bre 2015). In proposito i ricercatori fanno notare rischi elevati clinicamente rilevanti tra gli uomini più anziani inclusi nello studio. "Bisogna ricor-darlo quando stiamo visitando i nostri pazienti", ha detto Ullman. “Infine, la soppressione immunitaria nei pazien-ti con IBD costituisce un potenziale fattore di rischio per il cancro del collo dell'utero – ha continuato Ullman - ma ci sono in letteratura dati frammentati e incoerenti in proposito. "Tuttavia si tratta di una neoplasia che si avvale di una ampia disponibilità degli strumen-ti di screening. È dunque necessario assicurarsi che le pazienti si sottopon-gano a due Pap-test nel primo anno del trattamento con tiopurine e che si sottopongano, prima possibile, alla vac-cinazione contro il papilloma virus”.

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IBDPrevenzione delle dipendenze da narcotici nei pazienti pediatrici

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Nei pazienti pediatrici, la colite ulcerosa e il morbo di Crohn , in particolare negli adolescenti, sono le forme da

considerare esposte al rischio più elevato dell'uso cronico degli stupefacenti."L'u-tilizzo cronico dei narcotici si verifica in circa il 5% dei bambini con una malattia infiammatoria intestinale - più elevato tra gli adolescenti - ed è quasi tre volte superiore a quello rilevabile nella popola-zione pediatrica generale", ha affermato Michael D. Kappelman della University of North Carolina a Chapel Hill. E il rischio si moltiplica più di 6 volte per un bambino o un adolescente con IBD e comorbidità psicologiche come ansia o depressione. Le strategie per indivi-duare, trattare e prevenire questo grave

problema, possono richiedere un lungo cammino per aiutare questi pazienti ad evitare la dipendenza e gli effetti avversi associati, ha aggiunto Kappelman. “La prescrizione degli oppioidi in condizioni acute può essere appropriata nei pazienti pediatrici con IBD dopo la chirurgia o per trattare il dolore associato a complicanze, come la perforazione” ha spiegato Eva Szigethy, psichiatra dell’infanzia e dell’a-dolescenza dell'Università di Pittsburgh in Pennsylvania. La durata del trattamen-to è in genere non più di 14 giorni dopo l'intervento. L'uso continuo per più di 3 mesi o l'uso intermittente per un periodo superiore a 6 mesi, diventa l'uso cronico e non è raccomandato. Inoltre, nessun stu-dio randomizzato e controllato supporta l'uso di narcotici per il dolore addominale

cronico, ha aggiunto. L'infiammazione, le lesioni profonde, e la proliferazione batterica nell'intestino possono causa-re dolore in ogni caso di IBD. Il dolore dell’incisione chirurgica può essere rilevante, ma bisogna anche considerare come adesioni e fistole possano causare dolore in questa popolazione, ha detto Szigethy . I pazienti possono anche avere una concomitante sindrome dell'intesti-no irritabile e i sintomi a questa correlati. Kappelman e Szigethy hanno sottolineato la necessità di una maggiore consape-volezza dei fattori di rischio in grado di aiutare i medici ad identificare i pazienti a rischio per l'uso cronico dei narco-tici. Nei pazienti pediatrici più grandi, in particolare quelli dai 15 ai 18 anni, le comorbilità-IBD che non siano frattu- SH

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re e un maggiore utilizzo complessivo dell’assistenza sanitaria, sono stati tutti fortemente associati con l'uso cronico di sostanze stupefacenti secondo i risultati di uno studio di cui Kappelman è coauto-re, pubblicato su Clinical Gastroenterolo-gy and Hepatology  (2015; 13: 310-315).Va anche considerato che il fumo, la storia familiare di abuso di sostanze, e la storia personale di traumi infantili, sono fattori di rischio aggiuntivi per la dipendenza da oppiacei. Limitare l'esposizione può anche aiutare i pazienti pediatrici ad evitare gli effetti avversi gastrointestinali ai narcotici, tra cui vo-mito, prurito, e costipazione intestinale. "Se è già presente una IBD, questi effetti possono degenerare in ulteriori proble-mi", ha detto Szigethy. Per alcuni bambini e ragazzi, l'uso cronico di sostanze stupefacenti può portare alla dipendenza e all’assuefazione. In alcuni casi, può diventare una questione di vita e morte. "La cosa più importante che possiamo fare è la prevenzione". La definizione dei punti critici per la prevenzione, identifi-cati dall’American Society of Addiction

Medicine,  sottolinea che la dipendenza può essere progressiva e potenzialmente fatale, e "questo è il punto più impor-tante", ha aggiunto Szigethy. "Se non si riesce ad individuare e affrontare l’abuso e la dipendenza nei nostri pazienti, si contribuisce alla loro mortalità", ha detto, "che si tratti di overdose accidentale o in-tenzionale". La dipendenza dai narcotici tocca moltissime persone e altrettante specialità mediche. E’ importante per i gastroenterologi educare gli altri medici, in particolare i medici dell’emergenza, i chirurghi, gli anestesisti e tutti coloro che sono propensi a prescrivere oppioidi nel trattamento del dolore nei bambini con IBD, ha rimarcato Szigethy. Anche in questo caso, il primo passo è quello di identificare i pazienti esposti a un rischio più elevato con la raccomandazione di utilizzare un programma gratuito e facile da usare, progettato da medici dell’emer-genza per la valutazione e il vaglio degli oppioidi nei pazienti con dolore cono-sciuto con l’acronimo ‘SOAPP’ (Screener and Opioid Assessment for Patients With Pain).

Va anche considerato che il fumo, la storia familiare di abuso di sostanze, e la storia personale di traumi infantili, sono fattori di rischio aggiuntivi per la dipendenza da oppiacei. Limitare l'esposizione può anche aiutare i pazienti pediatrici ad evitare gli effetti avversi gastrointestinali ai narcotici, tra cui vomito, prurito e costipazione intestinale.

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