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Prof. Giuseppe Nibbi Lo sguardo di Erodoto 2007 4 – 12-13 aprile 2007 Anassagora LO SGUARDO DI ERODOTO SULLE "OMEOMERÌE"... Alla fine dell’itinerario scorso abbiamo lasciato – ancora una volta – la Sicilia. Abbiamo anche detto arrivederci all’Etna: sappiamo che all’interno del grande vulcano abita Empedocle: qui egli vive la stessa vita dell’Etna, amalgamato alle "quattro radici" dell’Universo: l’aria, il fuoco, la terra e l’acqua. Ad Agrigento, nell’antico porto di San Leone, ci siamo imbarcati sulla nave Sidonia ben guidata del capitano Agenore di Tiro e, in compagnia di Erodoto, siamo tornati in Grecia. Siamo sbarcati nel porto del Pireo ad Atene dove ci aspetta un altro personaggio che ha due soprannomi: Noùs, che significa la Mente e ò physikótatos, «il super-fisico», perché la sua passione è lo studio per le scienze naturali. Questo personaggio si chiama Anassagora di Clazòmene che in questo momento ad Atene, dove è emigrato da tempo, ha qualche problema. Come mai? Prima di incontrare da vicino Anassagora di Clazòmene prendiamo in considerazione il fatto che siamo ad Atene: se ci mettessimo a parlare senza limiti di questa città: passerebbero i mesi. Ci dobbiamo occupare della polis di Atene in funzione di questo itinerario: la nostra garanzia è Erodoto che – già dal primo Percorso (2005-2006) sulla scia del suo sorriso – ha messo a nostra disposizione molti dati utili per conoscere, per capire e per applicarci nell’esercizio dell’apprendimento, della lettura, della scrittura, e

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Prof. Giuseppe Nibbi Lo sguardo di Erodoto 2007 4 – 12-13 aprile 2007

Anassagora

LO SGUARDO DI ERODOTO SULLE "OMEOMERÌE"...

Alla fine dell’itinerario scorso abbiamo lasciato – ancora una volta – laSicilia. Abbiamo anche detto arrivederci all’Etna: sappiamo che all’interno delgrande vulcano abita Empedocle: qui egli vive la stessa vita dell’Etna,amalgamato alle "quattro radici" dell’Universo: l’aria, il fuoco, la terra el’acqua.

Ad Agrigento, nell’antico porto di San Leone, ci siamo imbarcati sulla naveSidonia ben guidata del capitano Agenore di Tiro e, in compagnia di Erodoto,siamo tornati in Grecia. Siamo sbarcati nel porto del Pireo ad Atene dove ciaspetta un altro personaggio che ha due soprannomi: Noùs, che significala Mente e ò physikótatos, «il super-fisico», perché la suapassione è lo studio per le scienze naturali. Questo personaggio si chiamaAnassagora di Clazòmene che in questo momento ad Atene, dove è emigratoda tempo, ha qualche problema. Come mai?

Prima di incontrare da vicino Anassagora di Clazòmene prendiamo inconsiderazione il fatto che siamo ad Atene: se ci mettessimo a parlare senzalimiti di questa città: passerebbero i mesi. Ci dobbiamo occupare della polis diAtene in funzione di questo itinerario: la nostra garanzia è Erodoto che – giàdal primo Percorso (2005-2006) sulla scia del suo sorriso – ha messo a nostradisposizione molti dati utili per conoscere, per capire e per applicarcinell’esercizio dell’apprendimento, della lettura, della scrittura, e

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dell’investimento in intelligenza. Erodoto ci ricorda che nella Storiadell’Umanità e nella Storia del Pensiero le cose funzionano in modo strano:magari passa un millennio e non succede niente, e poi all’improvviso, in pochidecenni (in meno di un secolo) e in uno spazio molto limitato, accade di tutto!Questo succede – allude Erodoto – ad Atene nel V secolo a.C.. Se ci mettiamoa fare un elenco (lo fanno tutti, facciamolo anche noi) dei nomi dei personaggiche vivono e che passano di qui ci accorgiamo che l’elencazione risulta moltolunga: Anassagora (siamo qui per incontrare lui…), Gorgia, Protagora,Parmenide, Zenone, Melisso, Democrito, Archelao, Socrate, Platone, Ippia,Prodico, Isocrate, Antifonte, Eschilo, Sofocle, Euripide, Aristofane,Ippocrate, Mirone, Fidia, Prassitele, Zeusi, Ictino, Ippodamo, Callicrate,Mnesicle, Alcmene, Cresila, Policleto, Tucidide, Senofonte, Iperide,Trasimaco, Lisia, Temistocle, Milziade, Cimone, Pericle, Aristide, Alcibiade.Ora citiamo anche Erodoto e poi ci fermiamo perché se no ci passiamo tutta lanotte…

Scrive Bertrand Russell: «In questa età era possibile come in poche altre,essere insieme intelligenti e felici». Erodoto però, in modo molto piùrealistico, ci racconta che nel V secolo a.C., nell’Ellade cova la rivolta, laribellione degli Ioni contro i Persiani. Ripetiamo a grandi linee – nei particolarici siamo già occupati (Cfr. Percorso 2005-2006) di questi avvenimenti – lastoria delle cosiddette guerre persiane perché è in questo contesto cheemerge e si afferma la polis di Atene nella quale siamo sbarcati perincontrare Anassagora.

Tutto comincia (l’arché, questa parola si usa anche in "storia" non solo infisica e in metafisica) con la ribellione degli Ioni contro i Persiani. Erodoto,nel V libro de Le Storie (di cui si consiglia la lettura), scrive che a capo dellarivolta c’è un certo Aristagora, un uomo politico di Mileto il quale «non ha uncuore da leone». Aristagora lo conosciamo: lo abbiamo incontrato qualchesettimana fa.

La rivolta degli Ioni segna l’inizio di un processo che porterà al trionfo diAtene. Tra gli aneddoti più stravaganti che ci racconta Erodoto [Le Storie V35] c’è quello di Istieo, che è il suocero di Aristagora ed è l’ideatore del pianoeversivo contro i Persiani: molti di voi – in viaggio nel 2005-2006 – dovrebberoricordarlo questo personaggio. Istieo è il tiranno di Mileto che ha fatto ungran piacere a Dario, il re dei Persiani, di cui è suddito: Dario avevasottomesso tutte le polis della Ionia. Istieo ha salvato un ponte dalladistruzione e su quel ponte Dario col suo esercito ha potuto attraversare ilDanubio e salvarsi dagli Sciti che gli avevano dato una bella lezione (questiavvenimenti sono noti a molti di voi). Dario apprezza il ruolo storico svolto daIstieo in un momento tanto cruciale e come ricompensa, ma anche per tenerlod’occhio, lo promuove e, anziché mantenerlo nella carica di tiranno di Mileto, lo

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sostituisce con Aristagora, lo nomina suo consigliere e lo porta con sé a Susa,la capitale persiana.

Istieo, anche se va a stare meglio, non digerisce questo fatto e da Susacomincia a tramare e a organizzare la rivolta. Nonostante le grandi difficoltàper la distanza, per i controlli, comunica con Aristagora e quando decide didare il via all’operazione, per avvisare i ribelli sul giorno e sull’ora dellasommossa, fa rapare a zero uno schiavo sordomuto, gli tatua sul cranio ilmessaggio, attende che gli siano ricresciuti i capelli e lo invia a Mileto, sicuroche l’ordine non sarebbe stato intercettato anche se avessero perquisito ilcorriere. Perché Erodoto racconta questo avvenimento, e noi ci domandiamo: ècredibile? Come al solito, in Erodoto è la metafora, l’allegoria, che è credibile:gli Ioni, rispetto all’impero asiatico sono inferiori militarmente ma fannotesoro (questo vuole affermare Erodoto) della creatività dell’ingegno greco.

Tutte le popolazioni della fascia costiera si sollevano e dovunque le truppepersiane di occupazione vengono annientate. I rivoltosi, ci racconta Erodoto,sanno però che Dario sarebbe tornato con un esercito ancora più forte diquello che a suo tempo aveva conquistato la Ionia. Per questo motivo,nell’autunno del 499 a.C., Aristagora, che governa Mileto, sbarca nella Greciacontinentale e, ci racconta Erodoto, cerca di convincere le polis più importantia formare una grande alleanza tra tutti i Greci che abitavano al di là e al quadel mare Egeo. Sparta, ci racconta Erodoto, non vuole partecipare a questainiziativa: gli Spartani pensano che i Persiani siano un popolo troppo lontano(immaginano anche che siano esseri molto strani) e che non si sarebbero mossiverso il Peloponneso. Tebe, l’altra potente polis greca del continente, odiaAtene: i Tebani per nessun motivo avrebbero mai fatto parte di una coalizioneinsieme agli Ateniesi.

Insomma, ci spiega Erodoto, per i Greci, prima di prendere delle decisioniinsieme, è più stimolante litigare tra loro (tra vicini, tra parenti), poi si vedrà:intanto, contrastandosi a vicenda, allude Erodoto, stimolano l’inventiva,liberano risorse creative. Senza contrasti (senza l’armonia misteriosa deicontrari…) non si crea nulla?

Aristagora, ci racconta Erodoto, riceve solo l’aiuto di Eretria e di Ateneche, di comune accordo, inviano a Mileto una flotta di venti navi. Questo gestodi solidarietà, scrive Erodoto nel capitolo 97 del V libro de Le Storie, èl’archè kakòn, l’inizio dei guai, «la fonte delle sventure sia per ilmondo greco che per quello persiano». Il termine kakòn, in greco, significa:male, sciagura. E così – come possiamo constatare – anche Erodoto usa laparola archè, l’inizio, ma non la utilizza da fisico, né da metafisico ma dastorico.

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Gli Ioni e gli Ateniesi compiono un grave errore strategico: invece diattendere i Persiani dentro le mura di Mileto attaccano per primi e avanzanoall’interno dell’Anatolia e occupano la città di Sardi. Erodoto racconta [LeStorie V 101] che durante l’occupazione di Sardi un soldato dà fuoco a unacasa e che nel breve spazio di una notte tutta la città viene distrutta dallefiamme [Chi ha avuto la fortuna di leggere Vojna i mir, Guerra e pace di LeoneTolstòj ricorda senz’altro la straordinaria descrizione dell’incendio di Mosca:qualcuno non ha ancora letto questo romanzo?].

Dario, il re dei Persiani, quando viene a sapere questo fatto s’infuria e,urlando domanda: «Chi è che ha distrutto Sardi?» «Gli Ioni e gli Ateniesi» glirispondono. «Gli Ateniesi? E chi sono gli Ateniesi?» chiede Dario. Dario –racconta Erodoto ridendo sotto i baffi – fino a quel momento non li aveva maisentiti nominare gli Ateniesi, dall’alto del suo potere non sapeva neppure cheesistessero. Il re dei re prende un arco, ci racconta Erodoto, e fa scoccareuna freccia in cielo: «Che siano stramaledetti gli Ateniesi!» (ha sempre portatomale questa frase!) grida a squarciagola e dopo ordina a un servitore, al suocameriere personale, ci racconta Erodoto nel capitolo 105 del libro V de LeStorie, di ripetergli, ogni qual volta che si siede a tavola, la seguente frase:«O re, ricordati degli Ateniesi!».

Questa cura – tre volte al giorno prima dei pasti – funziona, e Dario, nel490 a.C., decide di invadere la Grecia. Con un’enorme flotta di 600 navi, condecine di migliaia di soldati e migliaia di cavalli, ci racconta Erodoto, Dariosalpa da Samo e attraversa il mar Egeo. La polis di Eretria viene subitoassediata e distrutta. Atene chiede aiuto agli Spartani, ma questi, ci raccontaErodoto ironizzando nel capitolo 111 del libro VI de Le Storie, si scusanodicendo che purtroppo quello era il periodo della luna piena e che la legge(chissà forse l’avevano promulgata a posta quel giorno) proibiva loro dicombattere durante la fase del plenilunio. L’unica polis che aiuta Atene è lapiccola Platea e da quel giorno i Plateesi vennero ricordati ad Atene in ogniricorrenza.

Tutti sappiamo che lo scontro tra i Greci (Atene e Platea) e i Persianiavviene nella piana di Maratona (è l’anno 490 a.C.). Milziade, ci raccontaErodoto, il capo degli strateghi ateniesi, schiera le forze più valide sulle ali ealleggerisce volutamente il centro dello schieramento. I Persiani penetranocon facilità nel centro ma vengono accerchiati e sconfitti. Secondo Erodoto[Le Storie VI 117] muoiono 6400 Persiani e 192 Ateniesi, ma queste cifre sonoipotetiche.

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Finito il plenilunio arrivano a Maratona (che, non ci si aiuta tra vicini?)pure gli Spartani ma la battaglia è già finita e quindi, ci racconta Erodoto [LeStorie VI 120] sempre più ironico, «i forti guerrieri lacedemoni non poterono faraltro che guardare i cadaveri dei Persiani per vedere com’erano fatti». E siaccorgono – allude Erodoto con amarezza – che erano tali e quali a loro e che ilsoldato nemico, di diverso, aveva solo la foggia della divisa.

Gli Ateniesi, forti della vittoria, considerano il pericolo persiano unproblema risolto, ma il previdente Temistocle, arconte di Atene, opera percostruire una grande alleanza ellenica. Atene, per volere di Temistocle e con ifinanziamenti provenienti dalle altre polis alleate, investe nella costruzione diuna potente flotta e diventa la città più forte dell’Ellade sul piano militare.

Dopo Dario, ci racconta Erodoto, anche Serse, suo figlio, attacca laGrecia. Non volendo correre i rischi del padre, Serse, scrive Erodoto [LeStorie VII 60-87], fa le cose in grande e organizza un esercito mai vistoprima a memoria d’uomo: si parla di 1.700.000 soldati e 80.000 cavalieri.Erodoto [Storie VII 21] scrive: «quando le truppe si fermavano perabbeverarsi, i corsi d’acqua venivano prosciugati». L’attacco è duplice: via terrapassando per la Tracia, la Macedonia e la Tessaglia, e via mare con una flottadi 1200 navi.

Il primo problema per le forze di terra è quello di attraversare lo strettodei Dardanelli. Avendo un’improvvisa tempesta distrutto il ponte di legnocostruito dai genieri egizi, Serse comanda, ci racconta Erodoto [Le Storie VII35], che le acque dell’Ellesponto siano punite con 300 frustate, e dopo averdetto «onda amara, tu non sei uno stretto ma un fiume torbido e salmastro», faaccostare, fianco a fianco, 300 navi ed entra in Europa con tutte le truppe: ilpassaggio, ci racconta Erodoto, dura sette giorni e sette notti senza alcunainterruzione e anche questo fatto è un archè kakòn, l’inizio dei guai, la fontedi molte sventure.

[Qui viene in mente un romanzetto – sono appena 2000 pagine, ma bastaleggerne 4 al giorno – che s’intitola Vojna i mir, Guerra e pace di LeoneTolstòj: l’ho già detto prima? Ma come mi distraggo facilmente! Tolstòjracconta con grande efficacia quando Napoleone decide di invadere econquistare la Russia: è un archè kakòn. Qualcuno non ha ancora letto questoromanzo?].

Ci sono tutti i popoli dell’impero nell’esercito di Serse ed Erodoto, nellibro VII de Le Storie (61-79), li elenca tutti, ben 47, e li presenta indettaglio con uno straordinario testo descrittivo di cui ci siamo occupati nelprimo Percorso. Erodoto, con la descrizione dettagliata di questo enormeesercito, vuole mettere in evidenza quale pericolo abbia corso l’Ellade nel 480a.C.. Le battaglie di questa guerra, in cui i Greci, questa volta alleati tra loro,

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sconfiggono sempre i Persiani, sono tre e sono famosissime: le Termopili,Salamina e Platea.

Nel primo Percorso (2005-2006), leggendo Le Storie di Erodoto, abbiamoseguito da vicino queste battaglie per trarne insegnamenti che non esaltano laguerra: Erodoto mette in evidenza la "tragica necessità delle guerre":Erodoto sembra alludere al fatto che, oltre ai drammatici aspetti umanitariche crea, la tragedia della guerra si lega alla constatazione che "un conflittofa girare l’economia", e questa circostanza diventa la più terribile delletentazioni che fa passare in secondo piano "la pietà e la misericordia" rispettoagli affari. Negli anni successivi alle guerre persiane, la città di Atene conosceun periodo di grande benessere e questo periodo è passato alla Storia come la«mitica età di Pericle». Questa situazione favorevole si crea per opera delgoverno di Temistocle il quale si prodiga per allargare la cosiddettaConfederazione ellenica: più di 400 città greche decidono di unirsi intorno adAtene che consolida il suo titolo di "metropolis" (città-madre o chioccia) edanno origine ad una sorta di Società delle Nazioni con sede nell’isola di Delo,dove noi siamo stati in compagnia di Erodoto a studiare la situazione.

Queste città non rinunciano alla loro identità statale, e sono molto diversetra loro: ogni pòlis conserva quindi la propria indipendenza politica. Il patto, inpratica, prevede che ogni città dia un con-tributo economico, paghi una tassain modo fa costituire un patrimonio comune da utilizzarsi in caso di bisogno:naturalmente questo patrimonio comune viene gestito dalla "metropolis", daAtene ma non in casa sua, bensì nella casa comune: ecco il ruolo dell’isola diDelo: il cui santuario diventa la sede comune della Confederazione ellenica.Qui possiamo fare tesoro di tutti i concetti che abbiamo già studiato inproposito (Cfr. in www.inantibagno.it gli itinerari iniziali di questo Percorso inparticolare la Lezione n. 4 ) dove Erodoto, in relazione a Delo, parla di«trasmissione delle offerte».

Quando Erodoto pronuncia nella sua lingua ionica l’espressione«trasmissione delle offerte» (Erodoto utilizza diciotto volte la parola offerte)vuole riferirsi all’idea dello sviluppo della sapienza poetica orfica, da una fasearcaica la veteroprosopopea di stampo orfico-dionisiaco che ha le sue radicinella Tracia rurale dove vengono prodotti i fantastici Racconti orali sulleOrigini (attraverso l’intreccio della parola detta e cantata), ad una faserinnovata la deuteroprosopopea di stampo orfico-apollineo che ha la sua sedein Delo, "metafora vivente della polis" (così si canta negli Inni sacri ad Apollo),che produce (attraverso la tessitura della parola scritta) Inni sacri, Canzonidi gesta, Poemetti ciclici, Composizioni liriche (quella che viene chiamata laletteratura greca-ionica). L’espressione «trasmissione delle offerte» assumeanche un valore politico: è il pagamento del "con-tributo" da versare per darerisorse alla Confederazione.

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Abbiamo detto che queste polis sono molto diverse tra loro (ce n’è dirurali, di commerciali, di industriali, a democrazia flessibile, a democraziarigida …): che cos’è che le tiene unite a Delo? Le tiene unite una cultura dibase comune, le tiene insieme il movimento della sapienza poetica orfica.Erodoto ci ha insegnato che l’espressione «trasmissione delle offerte» sancisceil passaggio dalla fase arcaica in cui si sviluppa la cultura rurale che produce lefigure di Orfeo e di Dioniso, quando ogni Nazione (ogni villaggio contadino) sene stava per conto suo, ad una nuova fase in cui la polis mercantile prende ilsopravvento, sottomette la campagna, e le figure rurali di Orfeo e Dionisovengono rimosse e sostituite dalle immagini dei nuovi dèi "cittadini-politici" (ingreco il significato si equivale)": Apollo e Artemide.

A Delo (territorio sacro, dove ogni Nazione ha un suo edificio, unarappresentanza istituzionale) la sede della Confederazione è il santuario diApollo e di Artemide che si erge sulle tombe (sulle radici comuni) delle antichedivinità orfico-dionisiache: Ilizia (la grande levatrice), Latona (la divinapartoriente).

Quando ad Atene va al potere Pericle – e la metropoli diventa sempre piùforte rispetto alle altre poleis – propone di rivedere il Patto confederale edecide, con una scusa, che è molto più sicuro per tutti trasferire il tesorodella Confederazione ad Atene. E senza neppure convocare una conferenza,compie l’atto del trasferimento e da quel momento è lui a decidere come equando si sarebbero impiegati i fondi dell’Alleanza. Si preoccupa solo dimandare un dispaccio alle 400 città alleate su cui scrive che «per garantirel’unità basta che in ogni polis confederata ci siano le statue di Apollo e Artemide»:insomma potevano affidarsi agli dèi.

Con questa operazione (e chi ha il coraggio di contrastare Atene?) Periclepotenzia la flotta di Atene che, solo sulla carta, passa per essere la flottadella Confederazione. Inoltre Pericle fa costruire, con i soldi della cassacomune, – visto che Atene aveva sostenuto lo sforzo maggiore contro iPersiani che l’avevano in parte distrutta – i grandi edifici che fanno di Ateneuna polis bellissima.

Naturalmente qualcuno non ci sta: qualcuno ha il coraggio di contrastareAtene e questa decisione. Sparta non aderisce al patto: in primo luogo perchési ritiene autosufficiente dal punto di vista militare e poi perché la polis diSparta ha un’idea diversa della democrazia rispetto ad Atene: a Sparta ilregime democratico è rigido ed è lo Stato che dirige e regola tutti i settoridella vita delle cittadine e dei cittadini (scuola, servizi, tempo libero,economia). Gli Spartani avversano il libero mercato – che fiorisce ad Atene –perché crea, a loro dire, gravi sperequazioni sociali (un divario eccessivo traricchi e poveri). Per gli Spartani il libero mercato ateniese, la vita brillante elo stile di vita fondato sulla proprietà privata è causa di ingiustizia sociale,

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preferiscono che l’ente superiore sia lo Stato che deve provvedere allasuddivisione delle risorse secondo le necessità delle cittadine e dei cittadinipredicando anche un’ideale di vita austera e comunitaria.

Sapete che esiste da secoli la polemica sulla mancata nascita, in questoperiodo, di un’unica nazione ellenica, forte e invincibile. Si dà la colpa dellarivalità Atene-Sparta, si dà la colpa allo scarso sentimento ellenico della«traditrice Tebe», che è la terza grande polis greca la quale sta fuori dellaConfederazione e quando arrivano i Persiani si è sempre schierata dalla loroparte pur di mantenere la propria autonomia e di danneggiare gli Ateniesi. IGreci non sono mai riusciti a mettere in piedi uno Stato unitario ma lafrantumazione in tante póleis, ciascuna con il suo carattere, ha tuttavia datoalla Storia del Pensiero Umano molto di più di quanto potesse dare unapotenza imperiale. Se leggiamo il testo de Le Storie di Erodoto – che fa daguida alle nostre riflessioni – ci rendiamo conto che allo scrittore non passaneppure lontanamente nella mente l’idea di pensare alla Grecia come unimpero: lo Stato unitario di carattere imperiale è una forma istituzionalemolto negativa per Erodoto, anzi non è neppure una "forma istituzionale" ma èun proprietà personale. La positività, la creatività, la potenzialità sta nelladiversità, nella varietà, nei contrari (l’armonia misteriosa dei contrari).

Tutte le studiose e gli studiosi concordano nel dire che i Greci, nelle loropóleis, hanno disegnato per sempre una dimensione sociale che forse è la solaveramente vivibile per l’essere umano. La comunità vera e civile è quella che dàdavvero la possibilità a tutti i suoi membri di conoscersi e di incontrarsi, a tuper tu, e questo, nella pòlis – scrivono le antichiste e gli antichisti – si potevafare.

Vi ricordo che stiamo trattando questi argomenti in funzione di unincontro: quello con Anassagora di Clazomene che ad Atene ha avuto qualcheproblema. Ma prima di incontrare Anassagora dobbiamo chiederci: chi èPericle, il governante ateniese che abbiamo visto poco fa agire in modo assaispregiudicato? Pericle è figlio di un ammiraglio e appartiene al cetoaristocratico ateniese. Ma, per salire i gradini del potere, non si allinea alpartito aristocratico che aveva perso colpi dopo i buoni risultati ottenuti dalgoverno democratico di Temistocle: Pericle segue l’onda favorevole e, findall’inizio, si schiera con il partito democratico.

C’è da dire che Pericle ha combattuto valorosamente, con ruoli diresponsabilità, a Salamina e a Platea e, di conseguenza, appartiene al gruppodei valorosi difensori della patria, e siccome il demos, cioè il popolo, eracostituito in gran parte di ex combattenti, la sua scelta politica in campodemocratico non può che portarlo, al momento delle elezioni, alla vittoriaelettorale.

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Sappiamo – abbiamo già citato quest’opera – che Plutarco di Cheroneanelle sue Vite parallele, scrive anche la Vita di Pericle, un testo che cometutte le opere di Plutarco ha avuto molto successo fino al Romanticismo.Plutarco scrive:

LEGERE MULTUM….

Plutarco di Cheronea, Vite parallele. Pericle

Pericle aveva un bel viso ma la sua testa aveva un strana forma e questo inconvenientegli valse il soprannome di "schinocefalo", testa di cipolla …

Per questo inconveniente gli scultori sono stati costretti a raffiguralosempre con l’elmo e c’è chi formula l’ipotesi che la forma del suo capo siadovuta a un sovrappiù di cervello.

Pericle ha avuto come maestro e guida spirituale Anassagora diClazomene. Ah!, ecco comparire Anassagora di Clazomene! Ma ascoltiamo checosa scrive Plutarco di Cheronea:

LEGERE MULTUM….

Plutarco di Cheronea, Vite parallele. Pericle

Pericle apprese da Anassagora di Clazomene la scienza delle cose celesti, le speculazionielevate, un modo di esprimersi sublime, immune da scurrilità bassa e plebea, la fermezzadei lineamenti, mai allentati dal sorriso, la grazia del portamento, un modo di panneggiarela veste, che non si scomponeva per quanto potesse muoversi parlando, una tonalità divoce inalterabile e altri simili atteggiamenti che riempivano di stupore chiunquel’avvicinava. …

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Una volta sull’agorà (sulla piazza di Atene), Pericle si ferma ad ascoltareimperturbabile per tutto il giorno un cittadino molto arrabbiato (era unartigiano e protestava per la legge, appena approvata dalla bulé, cheintroduceva la ricevuta fiscale) che lo copre d’insulti e, quando viene sera,Pericle dice solo: «Scusa ma dovrei andare a cena, però, se non ti dispiaceaccompagnarmi, sarei lieto che tu potessi continuare ad insultarmi fin sullaporta di casa». Erano tempi in cui gli uomini politici, invece di denunciare idetrattori, li facevano sfogare, anche perché, come in questo caso, la legge èlegge: il cittadino ha diritto di sfogarsi ma ha il dovere di rilasciare regolarericevuta.

Pericle è stato un grande oratore: mentre nei dibattiti politici era calmo emisurato, quando si trattava di arringare le masse «tuonava, lampeggiava eportava nella lingua un fulmine tremendo», scrive Plutarco. Pericle hafrequentato anche la Scuola di retorica di Zenone – quando il pensatore diElea (che ha accompagnato Parmenide in missione diplomatica) si è trasferitoper qualche anno ad Atene – e quindi ha imparato anche ad essere unformidabile dialettico.

Ascoltiamo, a questo proposito, che cosa ci riferisce Plutarco:

LEGERE MULTUM….

Plutarco di Cheronea, Vite parallele. Pericle

Un giorno Archidamo di Sparta chiese a Tucidide chi, fra lui e Pericle, fosse più bravonella lotta, e Tucidide rispose: «Ogni volta che riesco a metterlo al tappeto lottando, luicontesta di essere caduto da solo, si fa aggiudicare la vittoria e convince perfino coloroche hanno visto che lo stendevo a terra di essere caduto di sua spontanea volontà» …

Pericle è molto abile nel gestire la cosa pubblica; capisce, ad esempio, unfatto fondamentale: la necessità di retribuire tutti quelli che lavoravano per ilbene comune in modo da pretendere da loro il funzionamento puntuale deiservizi. Introduce la paga per i soldati, per gli amministratori e per imagistrati. Incrementa gli spettacoli popolari, organizza banchetti all’aperto,processioni e festival di canzoni, insomma cura quello che oggi chiamiamol’effimero, rimborsando, a spese dello Stato, per alleggerire le tensioni sociali,il biglietto d’ingresso ai più poveri.

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Naturalmente Pericle ha un occhio di riguardo per l’arte e contribuisce adare origine a uno dei periodi più fecondi della Storia della cultura. Abbiamogià detto che Pericle, con il denaro della Confederazione ellenica e con lesovvenzioni dei cittadini più ricchi, fa costruire decine e decine di edifici,soprattutto edifici sacri, commissionando opere ai più grandi artistidell’epoca. Atene, durante l’età di Pericle (469-429 a.C.), diventa un enormecantiere nel quale i più grandi architetti e i più famosi scultori, insieme aschiere di artigiani e di operai, si cimentano per realizzare i loro progetti.Vengono utilizzati tutti i materiali possibili: il marmo, il bronzo, l’avorio, l’oro,l’ebano e il cipresso.

Naturalmente gli esponenti del partito aristocratico all’opposizione eanche molti notabili del partito democratico cominciano a protestare per letroppe spese pubbliche, e allora, scrive Plutarco, ericle risponde: «Va bene, daoggi costruirò a mie spese. Però ogni edificio porterà sul frontone il mionome». Di fronte a questa affermazione la bulé (l’assemblea legislativa) vota alarga maggioranza l’ulteriore finanziamento per le opere pubbliche. Questi –allude Plutarco – sono certamente atti di arroganza politica però,contemporaneamente, a Pericle va riconosciuto il fatto di avere favorito uncambiamento di mentalità nei confronti degli artisti e delle artiste: ce cosasignifica? A noi sembra strano,ma gli uomini di potere greci – quelli chesiedono nella bulé di Atene – sono o aristocratici (soprattutto proprietariterrieri) o democratici (soprattutto mercanti o affaristi) e non hanno moltaconsiderazione per chi pratica la scultura e la pittura. Chi, per vivere, ècostretto a lavorare con le mani – secondo la mentalità delle classi privilegiategreche – viene considerato inferiore. I banausoi, ovvero i manovali(sia bracciantato agricolo che manovalanza industriale), sono quasi sempreschiavi. Aristotele, nell’opera intitolata Politica, mette in evidenza il fatto chei poveri sono tali perché affetti dalla banausia (costretti allamanovalanza), dalla mancanza d’istruzione, che è l’opposto dellapaideia, l’educazione, che risulta un privilegio riservato ai ricchi.

Plutarco racconta che ad Atene nessun giovane ricco (aristocratico odemocratico che sia), pur ammirando le meravigliose statue e le stupefacentipitture, avrebbe mai desiderato essere Fidia o Policleto, giacché, scrivePlutarco: «I Greci apprezzano i profumi e le tinte, ma considerano i profumieri e itintori ignobili operai banausoi]». Racconta ancora Plutarco diCheronea che Filippo, il re di Macedone, avendo sentito suo figlio Alessandro[il futuro Megalexandros, Alessandro Magno] suonare il liuto con eccezionalemaestria, lo abbia rimproverato severamente perché suonava troppo bene. PerFilippo la bravura artistica rivela lunghe ore di applicazione sullo strumentousando le mani e questo rende il concertista simile ad un ς-banausos, adun manovale.

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Pericle entra in contrasto con questa mentalità. Pericle distingue il ruolodel manovale, del ς-banausos, che lavora con le mani senza istruzione, vittimadell’ignoranza, schiavo della banausia (della manovalanza), dal ruolodell’artista che viene definito, in greco, con il termine ίης-tecnìtes, il qualelavora con le mani (come lo scultore, come il pittore) in modo creativo con lapaideia, con la competenza dei saperi, producendo la cultura.

Con questa mentalità (alternativa a quella corrente), Pericle amacircondarsi di grandi maestri e, in particolare, nomina lo scultore Fidia suoconsigliere nelle arti plastiche. I maligni – allude Plutarco di Cheronea – diconoche la consulenza non si sia limitata solo alle statue, ma abbia sconfinatoanche nel campo delle modelle. Lo scultore Fidia, consulente di Pericle per learti plastiche, viene accusato infatti di combinare incontri, nel proprio studio,tra l’uomo politico e alcune signorine che cercano una scorciatoia per farecarriera. Ma queste notizie sembrano create ad arte (dalla stampascandalistica?) per colpire Pericle il quale ha infranto dei tabù.

Le fonti della tradizione ci fanno sapere che Pericle ha un rapportoaffettivo di lunga durata con una colta e bella donna ionica: la celebreAspasia. A causa della relazione con questa donna Pericle,che tiene famiglia,sibecca una denunzia per concubinaggio.

Chi è Aspasia di Mileto? Aspasia, a Mileto, sua città natale – secondo imaligni – avrebbe iniziato a lavorare come ragazza-squillo. Trasferitasi adAtene, consce Pericle, anche grazie a una raccomandazione,ci raccontaPlutarco di Cheronea, avuta da una collega, una certa Targelia (la tenutariadella più rinomata casa di appuntamenti della città), che dà un saggio consiglioalla avvenente Aspasia: «Se proprio ti devi vendere non mirare al guadagno:piuttosto che i ricchi stupidi, scegli i potenti intelligenti». Ad Atene la casa diAspasia, oltre che un’accogliente luogo di incontri intimi, è anche, esoprattutto, un salotto culturale. A casa di Aspasia gli intellettuali, le donnecolte, le artiste, gli artisti possono incontrarsi e scambiare idee, fareprogetti, discutere programmi. Plutarco di Cheronea, il quale (se non fossevissuto più di 500 anni dopo) probabilmente avrebbe voluto frequentare anchelui il salotto di Aspasia ma non può confessarlo apertamente, fa dell’ironia:leggiamo ciò che scrive:

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LEGERE MULTUM….

Plutarco di Cheronea, Vite parallele. Pericle

Si racconta che una volta, a seguito di un incidente mortale accaduto durante una gara digiavellotto, in cui un atleta, lanciando l’attrezzo, aveva infilzato uno spettatore, Pericle eProtagora, a casa di Aspasia di Mileto, abbiano discusso un intero pomeriggio per stabilirese la colpa dovesse essere attribuita al lanciatore, ai giudici, al morto o al giavellotto. …

«Non avevano nulla di meglio da fare quei due (Pericle e Protagora) a casadi Aspasia?», allude Plutarco maliziosamente ma lasciando trasparire unacerta invidia. Sappiamo che anche Socrate e i suoi allievi fanno spesso visitaad Aspasia: qual è – si chiedono le esperte e gli esperti – la motivazione? Ilfinissimo esercizio della dialettica o le grazie delle belle ragazze che servonoil vino di Samo nel famoso salotto? Nessuno dei documentaristi e delledocumentariste, neppure un moralista come Plutarco di Cheronea, si è preso labriga di criticare Aspasia la quale (nonostante avesse numerosi nemici enumerosissime nemiche e rischiasse quotidianamente di essere denunciata) èconsiderata una perfetta padrona di casa: gentile, colta e raffinata e ancheattenta ai problemi della politica ellenica. Sembra che più di una iniziativa diPericle sia partita in realtà dalla mente di Aspasia, per esempio la decisioned’intervenire in aiuto di Mileto durante il conflitto con Samo, di cui abbiamoparlato recentemente.

Pericle e Aspasia hanno anche un figlio (Pericle il giovane), che però nonottiene la cittadinanza non avendo entrambi i genitori ateniesi ed è costrettoogni anno a chiedere il rinnovo del permesso di soggiorno: la democrazia ha lesue leggi e gli avversari politici ne hanno sempre approfittato per mettere indifficoltà Pericle.

Tutti i suoi amici, prima o poi, ne hanno pagato le conseguenze: uno diquesti è Anassagora di Clazomene, il personaggio che dobbiamo incontrare.Anassagora – abbiamo prima detto che ha dei problemi – è stato trascinatodavanti ai giudici, condannato a morte, ed è riuscito a salvarsi con la fuga.Fidia è stato accusato di rubare l’oro utilizzato per decorare le statue emalgrado sia riuscito a dimostrare il contrario, staccando il prezioso metallodalle sue opere e facendolo pesare, è finito lo stesso in carcere, dove, aquanto si dice, è morto avvelenato. Aspasia (nel 432 a.C. circa) è statadenunciata dal commediografo Ermippo per miscredenza e per

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favoreggiamento della prostituzione, e solo grazie a un intervento di Pericle,che «per lei, come ci racconta Plutarco di Cheronea, ha pianto davanti allagiuria», ha potuto a evitare la galera.

Ma i problemi più gravi vengono dall’esterno perché Sparta vuole fare laguerra contro Atene (La guerra del Peloponneso): gli Spartani non tollerano lasupremazia ateniese. Per qualche anno Pericle riesce a evitare lo scontro equalcuno insinua che pagasse sottobanco i governanti spartani, ma poi ilconflitto esplode in tutta la sua violenza. Il prudente Pericle, che non a casoPlutarco nelle Vite Parallele paragona a Quinto Fabio Massimo iltemporeggiatore, rifiuta lo scontro frontale e preferisce attendere l’attaccoarroccandosi in Atene. Purtroppo l’affluenza di decine e decine di migliaia dicontadini, che abbandonano la campagna per rifugiarsi dentro le mura dellacittà, fa scoppiare una terribile epidemia, della quale Pericle viene consideratoil principale responsabile. Pericle, come racconta Plutarco, viene destituito econdannato a pagare una multa di quindici talenti. Nell’autunno del 429 a.C.anche Pericle viene contagiato dall’epidemia. Il giorno della sua morte tutti gliamici sono radunati intorno a lui e, ritenendolo ormai in agonia, si mettono aricordare tutte le grandi iniziative che in quarant’anni di governo ha preso avantaggio della patria. Ma Pericle, scrive Plutarco di Cheronea, riprende per unmomento conoscenza e interviene nella conversazione dicendo: «Cari amici,molti di questi successi sono da accreditare alla fortuna… Piuttosto avetedimenticato di citare la mia gloria più grande, e cioè che nessun cittadinoateniese per colpa mia ha indossato gli abiti neri da lutto perché mai,nonostante il potere che ho avuto, mi sono vendicato di un mio nemico».

Durante la cosiddetta età di Pericle (469-429 a.C.), la polis di Atene èattraversata da grandi fermenti di natura sociale, politica, culturale. E ilpersonaggio che stiamo per incontrare, Anassagora di Clazomene, è – a dettadelle studiose e degli studiosi – il più adatto a rappresentare i fermentiintellettuali che caratterizzano la società ateniese. I fermenti intellettualiche in questo momento caratterizzano il mondo culturale ateniese sono distampo razionalistico e quindi, non è casuale il fatto che Anassagora sia statosoprannominato ς-Noùs, la Mente. Ad Atene si vuole interpretare il mondoutilizzando questo strumento, ς-Noùs, la Mente. E la centralità del ς-Noùs, della Mente, la possiamo cogliere nel valore che viene dato alladialettica (all’arte di ragionare, di argomentare, di discutere), nell’interesseper i fenomeni naturali, nel nuovo modo di praticare la medicina d’Ippocrate,nella funzionalità armonica delle linee architettoniche degli edifici della polis,e anche nella semplicità geometrica del piano regolatore del Pireo, progettatoda Ippodamo di Mileto (che abbiamo incontrato qualche settimana fa sullascia de Le Storie di Erodoto). Queste cose ci fanno capire che, nellepensatrici e nei pensatori d’ingegno di quel periodo, c’è un gran desiderio diinterpretare la realtà facendo uso esclusivo delle risorse della Mente, del

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ς-Noùs, dell’Intelletto. Abbiamo capito che con le risorse del ς-Noùs,della Mente, le pensatrici e i pensatori d’ingegno passano in rassegna erinnovano tutto il materiale, che è stato prodotto dal tempo degli albori, dalmovimento della sapienza poetica orfica: lo riscrivono con nuovi generiletterari, compongono il poema filosofico, il ς-Peri physeos, il trattatoin versi Sulla natura.

In questo momento (circa 2500 anni fa) l’Ellade è al culmine dell’Etàassiale della storia e il movimento della sapienza poetica orfica viene investitoda un’onda razionalista che parte dalle polis: Mileto, Crotone, Efeso, Elea,Agrigento, Atene. Gli dèi – come ci ha fatto capire Erodoto attraverso il testode Le Storie – nel dibattito intellettuale dell’epoca, vengono considerati dallepensatrici e dai pensatori razionalisti come "metafore linguistiche" e perquesto motivo inizia uno scontro violento tra laici razionalisti (che pongono alcentro l’Intelletto, anche per definire la fede) e conservatori reazionari (chevogliono imporre credenze superstiziose). «L’Intelletto ς-Noùs]» scriveAristotele (laico razionalista) nella Metafisica: «è come una persona che nonha bevuto, messa al confronto con altre che dicono cose vane».

Anassagora, figlio di Egesibulo – scrive Diogene Laerzio nella sua Raccoltadella vita e delle dottrine dei filosofi che puntualmente incontriamo diitinerario in itinerario –nasce, tra il 500 e il 497 a.C., nella polis ionica diClazòmene.

Diogene Laerzio c’informa che Anassagora ha avuto come maestro Diogenedi Apollonia, della Scuola di Mileto, e noi sappiamo che alla Scuola di Mileto(l’abbiamo frequentata anche noi con Talete, Anassimandro, Anassimene,Ecateo, Diogene di Apollonia) s’impara soprattutto a "guardare il cielo",piuttosto che a curare i propri interessi materiali. Per questo motivo, scriveDiogene Laerzio, la famiglia di Anassagora è disperata: loro vogliono che lui,essendo il primogenito, si occupi delle proprietà della famiglia: «Che cosa tiabbiamo fatto studiare a fare?». E Anassagora, candidamente, rispondesempre: «Ma perché non ve ne occupate voi che io ho da guardare il cielo, e ilcielo è enormemente più vasto delle nostre proprietà, e poi è a disposizione diognuno e soprattutto il cielo bada a se stesso!». E allora, visto che insistevano,si disereda da solo e decide di regalare ogni cosa (le terre, le case …) a suofratello minore.

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Su Anassagora scrivono anche i Filostrati di Lemno. Chi sono i Filostratidi Lemno? I Filostrati di Lemno (questo nome va preso in considerazione alplurale…) sono tre autori della stessa famiglia vissuti tra il II e il IV secolod.C. e, a causa di questa omonimìa, è difficile l’attribuzione delle opere chehanno scritto. I Filostrati di Lemno sono autori di due libri intitolati Vite deiSofisti, importanti per le tante notizie che danno, poi hanno scritto un’operaintitolata Immagini in cui descrivono una serie di pitture vere o fantasticheperché purtroppo, anche se fossero state vere, sono andate perdute. Inoltre iFilostrati di Lemno hanno scritto la Vita di Apollonio di Tiana, il più famosotaumaturgo dell’antichità.

Nella Vita di Apollonio di Tiana possiamo leggere che in realtà il giovaneAnassagora si sente felice solo quando può restarsene da solo a osservare gliastri in cima al Monte Miniante. Infatti passa (ricordate le lezioni notturne diAnassimene a Mileto?) le sue notti accampato sul Monte Miniante, intabarratoin una coperta di lana e nel più assoluto silenzio. Una volta, raccontano semprei Filostrati di Lemno, a un concittadino che lo rimprovera aspramente di nonamare abbastanza la patria lui risponde: «Non è affatto vero: io amo moltissimola patria!» e, mentre dice queste parole, con il dito indica il cielo. Raffaello, nellaScuola di Atene, su indicazione di Giulio II, raffigura Platone in questaposizione e c’è da dire che la Vita di Apollonio di Tiana dei Filostrati di Lemnoè un’opera di grande successo nel Rinascimento.

Anassagora diventa famoso, già da giovane, per le sue conoscenzeastronomiche. Plinio il Vecchio nella Storia naturale scrive: «Anassagorasembra abbia appreso i segreti dell’Universo direttamente dai Libri arcani deisacerdoti egizi». Ad Anassagora vengono attribuite previsioni di ogni tipo:un’eclissi di sole, un terremoto (che avrebbe previsto grazie al movimento delfango depositato in un pozzo), e perfino la caduta di una meteorite nel fiumeEgospotamo. Per questo ultimo fatto Anassagora, invece che col suo nome,negli antichi trattati scientifici medioevali viene citato come: «colui che hapredetto la caduta di una pietra dal cielo»: non era prudente citarlo per nomeperchè era all’Indice. Sempre per restare in tema di previsioni, un giorno,racconta Diogene Laerzio, Anassagora si presenta allo stadio dove sisvolgevano le Olimpiadi con il capo coperto da un mantello di pelle, come perproteggersi dalla pioggia, e poco dopo, malgrado il cielo fosse stato fino a quelmomento sereno, viene giù un tremendo acquazzone.

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Anassagora a vent’anni si trasferisce ad Atene dove fonda una Scuola.Alla Scuola di Anassagora hanno studiato Euripide (lo scrittore di tragedie) eArchelao. Chi è Archelao ce lo dice Diogene Laerzio nella sua Raccolta.Archelao è stato il maestro (e probabilmente anche l’amante) di Socrate esoprattutto è famoso per aver intuito che il suono si propaga nell’ariaattraverso un susseguirsi di onde.

Sempre Diogene Laerzio ci mette al corrente che, secondo alcuni,«Anassagora è stato chiamato ad Atene da Santippe, il padre di Pericle, perchéfacesse da istruttore al figlio», secondo altri invece, è sempre Diogene Laerzioche racconta, «Anassagora era un ex soldato persiano giunto in Grecia con letruppe di Serse». Questa ipotesi, scrive Diogene Laerzio, spiegherebbe perchéAnassagora, trent’anni dopo il suo arrivo ad Atene, viene accusato dai nemicidi Pericle di "medismo" (di essere al servizio, come spia, dei Medi) e conquesta accusa viene processato e condannato. Anassagora viene accusato daun certo Tucidide, figlio di Melesia, capo del partito aristocratico (da nonconfondere con Tucidide lo storico) di collaborazione con i Persiani e diempietà, ovvero di vilipendio della religione. Gli storici, come Giuseppe Flavionell’opera Contro Apione, raccontano che Anassagora viene condannato amorte per pochissimi voti. Pericle, come primo ministro non può fare nulla (lamagistratura è autonoma dal potere esecutivo), ma come amico riesce acorrompere i carcerieri in modo che Anassagora possa fuggire, prima ancorache venga letta la sentenza: i giudici applicano la legge e lo condannano persoddisfare l’accusa ma chiudono un occhio sulla fuga e non ordinano nessunaricerca del contumace.

Si poteva condannare a morte per spionaggio un cittadino che, trent’anniprima, era arrivato in Grecia con l’esercito Persiano: un esercito che era statosonoramente sconfitto dagli ellenici? E si poteva condannare a morte perempietà un cittadino che aveva sussurrato: «Zeus è lo zimbello dei poeti»? Ilfatto è che il povero Anassagora è colpevole unicamente di essere amico emaestro di Pericle. Ad Atene la lotta politica è molto dura: senza esclusione dicolpi.

La clandestinità è altrettanto dura per Anassagora, se non altro perché èlontano dal luogo dove si «fa cultura», ma il cielo, che rimane il suo terreno distudio privilegiato, è comunque sempre a sua disposizione, in qualunque luogo sitrovi. Anassagora è ben nascosto: tanto che nessuno – neppure DiogeneLaerzio – è in grado di riferire dove si trovi.

Sappiamo che Pericle, tramite i suoi avvocati, chiede la revisione delprocesso, e Anassagora si ripresenta davanti al tribunale e la condanna amorte viene tramutata nell’esilio: per lo meno non deve più nascondersi.

Anassagora va in esilio a Làmpsaco, una antica colonia fondata dai Focesinella regione della Misia, sulla costa asiatica dell’Ellesponto, oggi è la città

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turca di Lapseki. Anassagora muore a Làmpsaco nel 428 a.C. e i cittadini diquesta polis, che sono molto orgogliosi di averlo avuto tra loro, lo seppellisconocon tutti gli onori e sul sepolcro, scrive Diogene Laerzio, pongono una lapide sucui si legge: «Qui giace Anassagora che, nella ricerca della verità, si spinse finoai confini del cielo». Diogene Laerzio nella sua opera ci lascia una serie diaffermazioni di Anassagora. Leggiamole:

LEGERE MULTUM….

Diogene Laerzio, Raccolta delle vite e delle dottrine dei filosofi

Quando gli comunicarono che era stato condannato a morte, Anassagora commentò lanotizia dicendo: «Non è una gran novità. Da tempo la natura ha condannato a morte tantome quanto i miei nemici!» …

Quando seppe che erano morti i suoi figli, disse semplicemente: «Sapevo di averligenerati mortali» …

A chi gli ricordava che era stato privato degli Ateniesi, ribatteva con fierezza: «Non io diloro, ma loro di me» …

Ai cittadini di Làmpsaco che lo compiangevano perché sarebbe morto lontano dalla patria,obiettava che «da qualsiasi parte si scende, la strada per l’Ade è sempre la stessa» …

Gli arconti di Làmpsaco chiesero ad Anassagora agonizzante: «Come vuoi che siaricordata la tua morte?» egli rispose: «Fate fare un giorno di vacanza ai fanciulli, ognianno, nel mese in cui sono morto» …

Sul processo ad Anassagora – argomento che è sempre risultato di grandeinteresse – Plutarco di Cheronea, rispetto a Diogene Laerzio, racconta le cosein modo un po’ più complicato. Leggiamo, tratti dalla Vita di Pericle i frammentiche ci possono interessare:

LEGERE MULTUM….

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Plutarco di Cheronea, Vite parallele. Pericle

Sul processo di Anassagora le notizie sono quanto mai contraddittorie: c’è chi lo colloca inperiodi diversi, chi dice che il filosofo fu trascinato davanti ai giudici da Tucidide e chi daCleone, chi parla di condanna a morte, chi di ostracismo e chi di multa da cinque talenti.La cosa più probabile è che ci siano stati due processi e due condanne diverse, ad unagenerazione (a diciotto anni circa di distanza) l’una dall’altra.

L’ostracismo (l’ostracon è un pezzetto di coccio su cui si votava) era una specie dielezione negativa che aveva luogo una volta l’anno, all’inizio dell’inverno. … Perallontanare dalla città un cittadino indegno era necessario raccogliere il consenso dialmeno seimila cittadini ateniesi e il colpevole veniva esiliato per cinque o per dieci anni.Pericle, riuscì sempre a evitare l’ostracismo …

L’ostracismo avrebbe dovuto affermare la supremazia del dèmos (del popolo)sull’individuo emergente, una specie di freno al culto della personalità, spesso si rivelò unostrumento potentissimo nelle mani di pochi invidiosi …

… Il secondo processo ad Anassagora iniziò con la fustigazione di uno schiavo checonfessò di aver udito il filosofo parlare del sole come di una pietra infuocata che ruotavalibera nel cielo. Era un reato grave: alcuni anni prima un certo Diopite era riuscito a farvotare una legge con la quale veniva condannato chiunque insegnasse dottrine sulle cosecelesti. …

Pericle difese il suo maestro e fece di tutto per salvargli la vita: lo fece trasportare davantial Consiglio mentre era febbricitante per una malattia e, mostrando il viso stremato delvecchio sapiente, chiese ai presenti: «Ateniesi, siete convinti che io abbia agito sempreper il bene della patria? Avete voi qualcosa da rimproverarmi? Ebbene sappiate che sonostato discepolo di costui!». …

Anassagora fu assolto più per pietà che per l’accorata difesa di Pericle. …

L’orgoglioso filosofo non riuscì a sopportare una simile umiliazione e adirato anche perchéPericle, ultimamente, preso da troppi impegni, lo aveva trascurato, così, vecchio com’era,si ritirò a Làmpsaco, una città della Ionia settentrionale, e cominciò a lasciarsi morired’inedia.…

Si sdraiò su un letto e si coprì il viso con un velo. Pericle, corse ad assisterlo e disse chenon poteva perdere un consigliere così, ma Anassagora si lamentò di non essere statoricompensato per i suoi insegnamenti e, togliendosi il velo dal viso, disse: «Quelli chehanno bisogno di luce, versano l’olio nelle lanterne». …

Anassagora ha scritto un trattato filosofico intitolato La natura.Naturalmente questo poema viene messo all’indice ma circola in gran segretotra le/gli intellettuali. Plutarco nella Vita di Nicia scrive: «Il poema diAnassagora veniva letto di nascosto e compreso da pochi, che a loro volta lo

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mostravano solo agli amici fidati». Di sicuro sappiamo che questo libro – Lanatura di Anassagora – ha avuto un grande successo. Come facciamo a saperlo?Abbiamo un informatore d’eccezione: Platone (che, come abbiamo detto, èraffigurato col dito in su, come Anassagora). Platone cita Anassagora diClazòmene nel suo dialogo, forse, più famoso: Apologia di Socrate. Il fatto nonmeraviglia perché sappiamo che Anassagora di Clazòmene, circa trent’anniprima, ha subito la stessa sorte di Socrate: condannato a morte per empietà,viene graziato, prende la via dell’esilio ma si lascia comunque morire.

Platone nell’Apologia di Socrate consiglia (indirettamente) alle lettrici e ailettori di procurarsi il testo de La natura di Anassagora e di leggerlo. Diceanche che è facilmente reperibile nell’orchestra, cioè la zona dell’agorà (dellapiazza della polis) dove ci sono le bancarelle dei libri: quindi dobbiamopresumere che, dopo il 399 a.C. (l’anno della morte di Socrate), La natura diAnassagora non sia più un libro proibito, un testo empio, irriverente,profanatore, sacrilego. Platone ci dice anche quanto costa, e La natura diAnassagora è il primo libro di cui si conosce il prezzo di copertina.

Il testo del trattato La natura, del quale rimangono un certo numero diframmenti, contiene il pensiero di Anassagora di Clazòmeme. Anassagoracerca di dare una risposta alle domande che il movimento della sapienzapoetica orfica ha fatto emergere – dalla Scuola di Mileto in avanti sempre dipiù in chiave razionalista – nella Storia del Pensiero Umano. Anassagora sidomanda quali siano gli elementi primordiali e chi o che cosa li animi.Anassagora pensa che l’arché, il principio di tutte le cose, non sia unica (laparola arché è di genere femminile) come sostiene la Scuola di Mileto, né siacomposta di quattro elementi come sostiene Empedocle (che abbiamoincontrato la scorsa settimana), ma per Anassagora le sostanze prime (comelui le chiama) sono infinite, sia per numero che per qualità, e vengono chiamateomeomerìe. Questa parola greca contiene il termine ĩς-hòmoios chesignifica "simile" e il termine ές-méros che significa "parte", quindi laparola "omeomerìe" si può tradurre con l’espressione: "tante parti tuttesimili". Le omeomerìe homoiomerèia] sono infinite infinitesimeparticelle, tutte raggruppate secondo un criterio logico, stabilitodall’Intelletto.

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LEGERE MULTUM….

Anassagora di Clazòmene, La natura [Fr. 1]

Tutte le sostanze [-homoiomerèia] erano insieme, infinite per numero e perpiccolezza: sì, anche la loro piccolezza era illimitata. Stando tutte insieme, nessuna eradistinguibile dalle altre, a causa della loro piccolezza. Su tutte dominavano l’aria e l’etere,anch’essi infiniti: ma nel senso che, nella massa totale, sono grandissimi per quantità eper dimensioni …

All’inizio dei tempi, scrive Anassagora, le omeomerìe erano ammucchiatealla rinfusa, «nel gigantesco spazio dell’Universo in una situazione di calmaprima della tempesta», di esse non era possibile discernere né un colore, né unaqualsiasi altra caratteristica quando all’improvviso «interviene l’Intelletto comese si fosse scatenata la tempesta». Per far capire il concetto, le studiose e glistudiosi parlano anche dell’Intelletto come di un «frullatore» che comincia agirare centrifugando quel che contiene, e così leggiamo quel che scriveAnassagora:

LEGERE MULTUM….

Anassagora di Clazòmene, La natura [Fr. 2A 1]

… il denso, l’umido, lo scuro, il freddo, insomma le cose grevi si riuniscono al centro e, unavolta indurite, prendono consistenza di terra, quelle opposte invece, il caldo, il fulgido, illeggero, l’asciutto, si spingono verso la periferia dell’etere …

Mentre le omeomerìe sono pezzetti infinitesimi di materia, omogenee perqualità e invisibili, data l’esiguità della loro massa, gli oggetti che vediamo innatura, anche i più minuti, contengono nel loro interno tutte le omeomerìepossibili. Questo concetto espresso da Anassagora è fondamentale e verràsistematicamente ripreso ed elaborato nella Storia del Pensiero Umano. Per

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esempio il poeta-filosofo latino Tito Lucrezio Caro [98 a.C. - 55 a.C. circa] nelsuo famoso poema De rerum natura, La natura – opera che ristudieremo a suotempo – scrive: «In ogni cosa si nascondono tutte le sostanze e di questeappaiono solo quelle più numerose o quelle più in vista perché piazzate in primafila». E allora un tavolo di legno ha al suo interno un po’ di tutto, anche il fuoco,il fumo, la cenere e così via; se a noi esso appare fatto soltanto di legno, èperché le omeomerìe del legno si trovano in maggior abbondanza. Perdimostrare queste asserzioni, Anassagora scrive che il cibo mangiato daglianimali si trasforma in carne, ossa, capelli, vene, nervi, unghie, ali e perfinocorna, e, «dal momento che un capello non può nascere da un non-capello, ènecessario che nel cibo ci siano già le omeomerìe dei capelli».

Quindi il pensiero di Anassagora di Clazòmene si riassumenell’affermazione: «Tutto in Tutto [ός, Pan tòs Pani]». Ilragionamento del «Tutto in Tutto», porta Anassagora ad affermare che ognicosa possiede non solo le sue caratteristiche principali, ma anche quellecontrarie: il latte, ad esempio, ci appare bianco ma al suo interno deve essereanche un po’ nero. Si legge in un frammento molto ridotto«ς…ς - Leukòs gala … kai mélas, Il latte bianco… e nero».

Sui contrari Anassagora ribalta le teorie di Empedocle: il simile non è allaricerca del simile, bensì del contrario. Gli opposti devono la loro esistenza al«nemico» e, scrive Anassagora, «ognuno di noi avverte il freddo per quanto piùcaldo è il suo corpo». Un rumore può essere giudicato tenue «se udito nelfrastuono dell’agorà (della piazza)», ma può diventare insopportabile «se uditonel cuore della notte», quando regna il silenzio.

Per capire il pensiero di Anassagora, è necessario rendersi conto di checosa lui intenda per Intelletto [Noùs]. È necessario comprendere che il Noùsnon ha niente a che vedere con il concetto della divinità: ed ecco i continuiattacchi e le periodiche accuse di empietà che vengono rivolte ad Anassagora:sono attacchi strumentali. Bisogna riflettere sul fatto che Anassagora non è"religioso", rifiuta i recinti sacrali dei culti superstiziosi, per questo è unmistico, un contemplativo: non guarda al tempio con tutti i suoi apparatidogmatici ma guarda al Cielo dove la ragione può misurarsi con i suoi limiti equindi imbastire anche una riflessione sulla fede. Anassagora – e con lui tutti ifilosofi fisici – sono dei mistici, dei contemplativi, sono persone di fede conscidei limiti della ragione, proprio perché sono laici, proprio perché non sonoreligiosi. Oggi questo discorso – senza distinguere la religione dalla fede – puòsembrare paradossale ma i Padri della Chiesa (lo ristudieremo a suo tempo)cominciano il loro itinerario intellettuale dal deserto dove c’è solo il Cielo concui confrontarsi, quindi procedono sulla scia del movimento della sapienzapoetica orfica.

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Per capire il pensiero di Anassagora, è necessario rendersi conto di checosa lui intenda per Intelletto [Noùs]. L’Intelletto [Noùs] è presente solonelle cose animate e ad esso va attribuito l’ordinamento dell’Universo, cosìcome ci appare, e non la creazione delle sostanze primordiali. Si chiama«Intelletto» perché, a differenza del «Caso», sa quello che fa. L’Intelletto[Noùs] non è per Anassagora un Ente Creatore, ma solo una «sostanzamateriale», anche se con caratteristiche particolarmente raffinate, quali lapurezza, la rarefazione e via dicendo: ma leggiamo questo frammento:

LEGERE MULTUM….

Anassagora di Clazòmene, La natura [Fr. 12]

Tutte le altre cose partecipano di tutto: l’Intelletto [Noùs] invece è infinito e autonomo, enon si mescola a nulla, ma è solo e chiuso in se stesso … È la più sottile e la più puradelle cose: ha perfetta conoscenza di tutto e il supremo dominio su tutto, e per quantecose abbiano esistenza, grandi o piccole che siano, su tutte ha potere l’Intelletto. Tale etanto è questo potere che fu l’Intelletto ad avviare il processo iniziale: ha fatto cominciare ilrivolgimento più piccolo, poi la rivoluzione è diventata più grande e diventerà sempre piùgrande. Tutte le cose che si mescolano, si separano e si dividono, la Mente le haconosciute; e qualunque cosa doveva essere o è stata in passato e ora non è più, e ciòche ora esiste e qualsiasi cosa esisterà un giorno, tutto l’Intelletto ha ordinato …

Anassagora considera l’Intelletto, il Noùs, come un principio vitale internoal cosmo fisico, separato dalle cose e insieme presente in ciascuna di esse cosìcome l’anima in un corpo. E così c’è chi ha definito l’Intelletto, il Noùsanassagoreo, come un grande "purificatore" della materia. E ci siamodomandati più volte: come purificarsi oggi in una società contaminata in moltidei suoi aspetti? Sembra (a detta di molti) che non ci sia nulla – ce losuggerisce la Storia del Pensiero Umano – di più decontaminante che lo studio[studium] inteso come cura dell’anima. Naturalmente lo studio [studium etcura sono sinonimi] non può esplicitarsi senza l’Intelletto, senza il Noùs, equindi, di conseguenza, ecco che possiamo definire l’Intelletto come"purificatore" e lo studio [studium et cura] come strumento di purificazione.

Il concetto di Intelletto, che Anassagora propone, ha dato adito a molteinterpretazioni e questo argomento deve essere approfondito; però il temine

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Intelletto ci fa subito venire in mente Dante Alighieri: per quale motivo?Dante Alighieri percorre un itinerario di studio [studium et cura] sulla viadella "purificazione" e questo è il senso (il motivo poetico) della Commedia diDante: la Commedia è un invito alle lettrici e ai lettori a non perdere «il bendello Intelletto» Ricordate l’inizio (i primi versi) del Canto terzo dell’Infernodella Commedia? Dante, accompagnato da Virgilio che lui chiama Maestro,viene a trovarsi di fronte ad una porta, la porta di una città, su cui c’è uncartello con una scritta: questa è la sola entrata (è un senso unico), senzauscita, dell’Inferno. Dante, in preda all’angoscia, legge il cartello e poi sirivolge a Virgilio per avere una spiegazione.

Per me si va nella città dolente, per me si va nell’eterno dolore,

per me si va tra la perduta gente. Giustizia mosse il mio alto Fattore:

fecemi la divina Protestate, la somma Sapienza e il primo Amore.

Dinanzi a me non fur cose create se non eterne, ed io eterno duro:

lasciate ogni speranza voi c’entrate. Queste parole di colore oscuro

vid’io scritte al sommo d’una porta, perch’io: «Maestro, il senso lor m’è duro».

Ed egli a me, come persona accorta: «Qui si convien lasciare ogni sospetto;

ogni viltà convien che qui sia morta. Noi siam venuti al luogo ov’io t’ho detto

che tu vedrai le genti dolorose c’hanno perduto il ben dello Intelletto». …

Se non si riflette sul pensiero di Anassagora si finisce col perdere di vista«il ben dello Intelletto» e – qualunque sia il modo in cui interpretiamo questoconcetto – si finisce col perdersi «nella selva oscura». Date retta a DanteAlighieri: continuate a correte a Scuola.

La Scuola è qui e dovrebbe far sì che tutte le cittadine e i cittadini –mediante un Percorso di studio – possano coltivare «il ben dello Intelletto»…

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1. REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e scrittura:

Nella tua vita c’è stato un archè kakòn, cioè un gesto di solidarietà che ti ha messonei guai?

Scrivi quattro righe in proposito…

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2. REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e scrittura:

Il gusto, lo svago, la soddisfazione di lavorare con le mani: per fare che cosa?…

Scrivi quattro righe in proposito…

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3. REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e scrittura:

Il sito archeologico di Clazomene si trova nei pressi di Smirne (Ìzmir) sulla costaturca bagnata dal mar Egeo, e con l’atlante, con la guida della Turchia, o sulla rete, lopuoi facilmente individuare…

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4. REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e scrittura:

Sui Filostrati di Lemno puoi approfondire la ricerca con l’enciclopedia, in bibliotecao navigando in rete…

5. REPERTORIO E TRAMA ... per dieci minuti al giorno di lettura e scrittura:

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Fa una piccola ricerca sul dialogo di Platone intitolato "Apologia di Socrate", lo troviin biblioteca: sfoglialo, fai scorrere il testo sotto i tuoi occhi e quando trovi il nome diAnassagora di Clazomene fermati e leggi il capitoletto che lo riguarda …

E pensare che Platone dice che non bisogna scrivere per vendere, ma qui sicontraddice: forse perché si tratta di un’edizione economica?… E chi lo sa?…

Sai quanto costa? Bisognerebbe sapere quanto vale la dracma rispetto all’euro perdare un giudizio…

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