Product Data Sheet - Xeptagen | Life Biotechnology … HCC. I livelli di SCCA-IgM in cirrotici ad...

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HEPA-IC PRODUCT PROFILE Edizione Italiana

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HEPA-IC

PRODUCT PROFILE

Edizione Italiana

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HEPA- IC code XG003

Un kit Elisa concepito per il dosaggio dei livelli circolanti dell’immunocomplesso

SCCA-IgM, nuovo marcatore di HCC, che può essere utilizzato per:

Diagnosi di HCC

Hepa-IC può essere utilizzato per la diagnosi di HCC poiché l’analisi di SCCA-IgM è altamente sensibile fino al

70% di rilevazione di HCC ed estremamente specifica fino al 100% nei soggetti senza malattia. Il dosaggio di

SCCA-IgM ha dimostrato una più alta accuratezza diagnostica paragonata all’analisi di riferimento dei livelli di AFP. Inoltre, l’elevata complementarietà dei dosaggi dei livelli di SCCA-IgM e di AFP permette di ottenere la

migliore identificazione di HCC con la combinazione dei due test [1].

Determinazione del rischio di HCC

Hepa-IC può essere utilizzato per valutare il rischio di evoluzione ad HCC in pazienti con malattie epatiche benigne poiché l’incremento nel tempo dei livelli di SCCA-IgM in pazienti cirrotici è prognostico di evoluzione

ad HCC. I livelli di SCCA-IgM in cirrotici ad alto rischio di HCC risultano più alti rispetto ai cirrotici con basso

rischio di HCC, ciò consente l’attuazione di una sorveglianza sierologica basata sulla analisi annuale di SCCA-

IgM [2,3].

Determinazione dell’evoluzione della malattia epatica in pazienti HCV positivi.

Hepa-IC può essere utilizzato per monitorare la progressione dell’epatite in pazienti HCV positivi. L’incremento

nel tempo dei livelli sierici di SCCA-IgM è associato con un peggioramento della malattia epatica con

deterioramento istologico nei pazienti con epatite C [4].

Previsione della risposta terapeutica nel trattatamento dell’epatite C

Hepa-IC può essere utilizzato per prevedere la risposta terapeutica al trattamento dell’epatite C. La terapia

antivirale con interferone pegilato e ribavirina causa una diminuzione significativa dei livelli circolanti di SCCA-

IgM solo nei pazienti che rispondono alla terapia come misurato dalla risposta virologica sostenuta basata

sulla negativizzazione dell’HCV RNA sierico a 24 settimane dalla terapia [5].

Prognosi dei pazienti con HCC

Hepa-IC può essere utilizzato per determinare la prognosi di pazienti con HCC poiché livelli di SCCA-IgM elevati

risultano associati a periodi di sopravvivenza più brevi. Infatti, livelli significativamente più alti di SCCA-IgM

sono presenti in pazienti HCC con una sopravvivenza più breve (<36 mesi) rispetto a pazienti HCC con

sopravvivenza più lunga [6].

Monitoraggio del trattamento terapeutico di HCC

Hepa-IC può essere utilizzato per monitorare l’efficacia dei trattamenti nei pazienti affetti da HCC. Infatti, la

diminuzione dei livelli in circolo di SCCA-IgM nei pazienti HCC è associata ad una risposta positiva alla terapia

con trattamento locoregionale o con sorafenib [7].

References 1. Beneduce L., Castaldi F, Marino M, Quarta S, Ruvoletto M,

Benvegnù L, Calabrese F, Gatta A, Pontisso P, Fassina G.

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novel biomarkers for hepatocellular carcinoma. Cancer, 103: 2558-

2565, 2005.

2. Pontisso P, Quarta S, Caberlotto C, Beneduce L, Marino M,

Bernardinello E, Tono N, Fassina G, Cavalletto L, Gatta A, Chemello

L. Progressive increase of SCCA-IgM immune complexes in cirrhotic

patients is associated with development of hepatocellular

carcinoma. Int. J. Cancer, 119: 735-740, 2006.

3. Buccione D, Fatti G, Gallotta A, Loggi E, Di Donato R, Testa L, Saitta

C, Santi V, Di Micoli A, Erroi V, Fazio V, Picciotto A, Biasiolo A, Degos

F, Pontisso P, Raimondo G, Trevisani F. SCCA-IgM as predictor of

hepatocellular carcinoma in patients with liver cirrhosis. OJGas. 2:

56-61. 2012.

4. Biasiolo A, Chemello L, Quarta S, Cavalletto L, Bortolotti F,

Caberlotto C, Beneduce L,; Bernardinello E, Tono N, Fassina G,

Gatta A, Pontisso P. Monitoring SCCA-IgM complexes in serum

predicts liver disease progression in patients with chronic hepatitis.

J. Viral Hepat. 15: 246-249, 2008.

5. Giannini E G, Basso M, Bazzica M, Contini P, Marenco S, Savarino V,

Picciotto A. Successful antiviral therapy determines a significant

decrease in squamous cell carcinoma antigen-associated (SCCA)

variants' serum levels in anti-HCV positive cirrhotic patients. J. Viral

Hepat. 17: 563-568, 2009.

6. Pozzan C, Cardin R, Cazzagon N, Picciocchi M, Vanin V, Giacomin A,

Sergio A, Pontisso P, Farinati F. SCCA-IcM in hepatocellular

carcinoma (HCC): diagnostic and prognostic role. In Proceedings of

the International Liver Congress 2011 by EASL, Berlin, Germany,

March 30 - April 3 2011; J. Hepatol, 54 (1): S101, 2011.

7. Morisco F, Guarino M, Tortora R, Donnarumma L, Loperto I,

Camera S, Mariniello A, Tuccillo C, Beneduce L, Di Costanzo G,

Caporaso N. Serum levels of SCCA-IgM are related to the efficacy of

HCC treatments. In Proceedings of 18th National Congress of the

Italian Federation of Digestive Diseases FISMAD, Napoli, Italia, 28-

31 Marzo 2012.

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HEPA- IC code XG003

Kit ELISA per la determinazione di Immunocomplessi delle varianti proteiche

dell’antigene Squamous Cell Carcinoma (SCCA) nel Carcinoma Epatocellulare

(HCC)

PRODUCT PROFILE

Il carcinoma epatocellulare (HCC): dalla diagnosi al trattamento ........................ 6

Marcatori tumorali sierologici per la diagnosi dell’ HCC ....................................... 7

Hepa-IC ELISA Kit ..................................................................................................... 8

Incremento degli immunocomplessi SCCA-IgM e sviluppo dell’HCC nei

pazienti cirrotici ...................................................................................................... 10

Previsione della risposta terapeutica del trattamento antivirale ....................... 14

Monitoraggio del trattamento terapeutico di HCC .............................................. 14

Bibliografia ............................................................................................................. 15

Lista cumulativa delle pubblicazioni su Hepa-IC ................................................. 16

Hepa-IC - Product Data Sheet ............................................................................... 19

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Il carcinoma epatocellulare (HCC):

dalla diagnosi al trattamento Il Carcinoma epatocellulare (HCC) è uno dei più comuni tumori al mondo, in particolare il quarto per incidenza. L’indice di mortalità per questa neoplasia è alto. La maggior parte dei pazienti con HCC muore pochi anni dopo la diagnosi e meno del 5% degli individui affetti dalla malattia sopravvive dopo 5 anni (1, 2). Le infezioni da virus dell’Epatite B (HBV) ed Epatite C (HCV), l’esposizione all’aflatossina B e l’eccessivo consumo di alcool sono stati identificati come maggiori fattori di rischio per lo sviluppo di HCC. Le infezioni da HBV e soprattutto da HCV rappresentano la causa principale di malattia cronica del fegato condizione che aumenta drasticamente la probabilità di trasformazione neoplastica degli epatociti (1-3). Ogni anno lo 0,5% circa dei pazienti affetti da patologie epatiche croniche sviluppa l’epatocarcinoma. Questa percentuale definisce una popolazione ad alto rischio di incidenza di HCC: a livello mondiale circa 300 milioni di persone sono affette da virus dell’HBV e 170 milioni di persone sono infette dai virus dell’HCV (3). Ciò significa che circa 2.5 milioni di persone infette da HBV e HCV dovrebbero essere costantemente controllate perché a rischio di sviluppare HCC. Anche la cirrosi rappresenta una tra le principali cause di mortalità ed allo stesso tempo un importante fattore di rischio per lo sviluppo di HCC indipendentemente dall’eziologia della patologia. Il rischio annuale di sviluppare HCC tra i cirrotici risulta compreso tra 1 e 6 % e la diagnosi dell’epatocarcinoma in uno stadio precoce è obbligatoria per migliorare una prognosi altrimenti infausta. I pazienti a rischio, inclusi i portatori cronici del virus dell’Epatite B e gli individui con cirrosi, dovrebbero essere quindi inseriti in programmi di screening (4,5) per la diagnosi precoce di HCC. Poiché la diagnosi si effettua normalmente negli stadi più tardivi della malattia, la completa guarigione clinica dei pazienti è estremamente rara, in quanto i trattamenti risultano non soddisfacenti e la morte giunge spesso in pochi anni. Ad eccezione della determinazione di AFP presente nel siero, test biochimici capaci di rilevare marcatori tumorali sono di scarso aiuto per la diagnosi di HCC, dal momento che non ci sono marcatori con sensibilità e specificità tali da effettuare una diagnosi della malattia in una fase precoce dello sviluppo. Tuttavia anche per AFP, sensibilità e specificità sono limitate. Soltanto il 50-70% dei pazienti affetti da HCC, hanno livelli elevati di AFP, mentre solo circa un terzo dei pazienti con piccoli noduli tumorali (< 3 cm) hanno un livello di AFP nel siero al di sopra di 200 ng/mL. Fissando un livello di cut off di 100 ng/mL, la sensibilità risulta tanto bassa da essere inaccettabile come valore diagnostico. La DCP (Des-γ-carboxy prothrombin) è una proteina che, in seguito ad un difetto acquisito di carbossilazione post-traduzionale di un precursore della protrombina, si presenta in concentrazioni aumentate nel siero di pazienti affetti da epatocarcinoma (HCC). Non è ancora chiaro se la ridotta attività della γ-carbossilasi sia causata dalla deficienza di vitamina K o dall’alterazione di un gene che codifica per questo enzima (6). Tuttavia, la specificità e la sensibilità dell’analisi dei livelli sierici di DCP rimangono basse, e tali da non dare significato clinico a questo test (Tab. 1) (7). La scoperta dell’epatocarcinoma nei primi stadi di sviluppo potrebbe ridurre in maniera consistente i decessi causati da questa forma tumorale. Dal momento che questa forma di tumore si sviluppa nel 90% dei casi in pazienti affetti da cirrosi, esiste una popolazione a rischio ben definita per la quale lo screening di massa potrebbe essere giustificato in quanto 1) tale popolazione è facilmente identificabile, 2) interventi chirurgici di resezione del tumore in fase precoce di sviluppo

sono potenzialmente radicali, 3) l’epatocarcinoma è un tumore che tende a crescere lentamente e rimanere confinato al fegato (8). Sono state effettuate diverse campagne di screening/sorveglianza della patologia in pazienti ad alto rischio i cui risultati sono stati pubblicati, altre sono in atto e/o in via di conclusione. Ecografia e determinazione di α-fetoproteina sono, allo stato attuale, le uniche strategie di screening possibili per diagnosticare la presenza di noduli di piccole dimensioni, ma allo stesso tempo non sono totalmente soddisfacenti da giustificare massicci programmi di screening (8,9).

METODI VANTAGGI SVANTAGGI

DETERMINAZIONE DI AFP

Non invasiva (prelievo ematico)

Può dare falsi positivi (> 50 %) e falsi negativi (>30 %)

DETERMINAZIONE DI DCP

Non invasivo (prelievo ematico)

Accurato solo negli stadi più tardivi di HCC

TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA (CT)

Non invasivo

Accurata quando i noduli neoplastici sono chiaramente evidenti (diametro > 3 cm)

ULTRASUONI (US) Non invasivo

Accurata quando i noduli neoplastici sono chiaramente evidenti (diametro > 3 cm)

RISONANZA MAGNETICA (MRI)

Non invasivo

Accurata quando i noduli neoplastici sono chiaramente evidenti (diametro > 3 cm)

ANALISI ISTOLOGICA DI BIOPSIA EPATICA

Può confermare la diagnosi per lesioni < 2 cm

Invasiva (biopsia epatica) C’è bisogno di un patologo esperto

Tabella1: Confronto tra diversi metodi di diagnosi di HCC.

Ci sono, inoltre, diversi fattori molecolari che sono stati in seguito considerati utili (Tab. 2) nel valutare la risposta terapeutica, la probabilità di recidive e la sopravvivenza del paziente. Marcatori di proliferazione, regolatori del ciclo cellulare/apoptosi, molecole di adesione, promotori dell’angiogenesi sono spesso considerati indicatori prognostici significativi, anche se non sempre forniscono risultati chiari. Tuttavia nessuno di essi, al momento, possiede le caratteristiche per diventare un rilevante marcatore di prognosi clinica (10). La terapia dell’HCC consiste, il più delle volte, in cure palliative, incentrate soprattutto sul controllo della malattia e volte ad offrire al paziente la possibilità di prolungare la sopravvivenza in condizioni quanto più possibili adeguate. Una forma tumorale localizzata e resecabile è data da un tumore che può essere asportato chirurgicamente (11). La resezione chirurgica garantisce maggiori speranze ma è praticabile in pochi casi: pazienti con forme tumorali piccole e localizzate hanno tempi di sopravvivenza prolungati dopo l’operazione, ma la diagnosi tardiva spesso arriva quando il tumore è già ampiamente diffuso nel fegato. Pazienti con cancri non operabili possono ricevere trattamenti che prolunghino i tempi di sopravvivenza

7

(Tab. 3). L’epatocarcinoma è insensibile alla radioterapia e la chemioterapia si rivela spesso inconcludente. L’unica soluzione in grado di offrire buone possibilità di sopravvivenza a lungo termine è il trapianto di fegato (11).

MARCATORI VANTAGGI SVANTAGGI

Marcatori di proliferazione (PCNA, Ki-67, Mcm2, Mib-1)

Valutazione del grado d’invasività Predizione di recidive Predizione di sopravvivenza a lungo termine

Bassa specificità Bassa specificità

Marcatori di morfologia nucleare (AgNOR)

Valutazione dello stadio del tumore Predizione di recidive Predizione della progressione tumorale

Bassa specificità Bassa specificità

p53 and MDM2 Predizione di sopravvivenza a lungo termine

Bassa specificità Bassa specificità

Regolatori del ciclo cellulare (CyclinE, Cdc2, p27)

Predizione di recidive Predizione di sopravvivenza a lungo termine

Bassa specificità Bassa specificità

Promotori tumorali (ras, c-myc, c-erbB-2, EGF-R)

Predizione di recidive Predizione della progressione tumorale

Bassa specificità Bassa specificità

Regolatori dell’apoptosi (Fas, Fas L)

Predizione di recidive

Bassa specificità Bassa specificità

Molecole di adesione (E-cadherin, ICAM-1, CD44 isoforms)

Valutazione dello stadio del tumore

Bassa specificità Bassa specificità

Marcatori dell’invasività tumorale (MMP, uPA)

Predizione di recidive Predizione di sopravvivenza a lungo termine

Bassa specificità

Promotori dell’angiogenesi (VEGF, bFGF)

Predizione di sopravvivenza a lungo termine

Bassa specificità Bassa specificità

Tabella 2: Comparison among molecular biomarkers studied for

prognostic relevance in HCC.

La riduzione della mortalità per l’epatocarcinoma può essere ottenuta con il miglioramento della diagnosi precoce, la quale permetterebbe un intervento terapeutico tempestivo ed efficace. È quindi di importanza cruciale identificare biomarcatori altamente sensibili e specifici per l’HCC, che consentano di diagnosticare la neoplasia e di definirne lo stadio nella popolazione considerata a rischio, in una fase precoce di sviluppo della malattia, in modo da permettere un intervento terapeutico tempestivo. La possibilità di utilizzare dispositivi diagnostici in vitro basati su marcatori sierologici del tumore con accuratezza

diagnostica adeguata permetterebbe di diffondere le metodiche di screening della popolazione a rischio poiché tali strumenti sono caratterizzati da un grado di invasività minimo e da bassi costi di esecuzione.

TRATTAMENTO METODO

Ablazione per radiofrequenza

Necrosi delle cellule tumorali al calore

Ablazione mediante laser

Necrosi delle cellule tumorali con calore laser-indotto

Iniezione percutanea di etanolo

Necrosi delle cellule tumorali con infusione di alcool ecoguidata

Infusione dell’arteria epatica

Necrosi di cellule tumorali per infusione di chemioterapici nell’arteria epatica

Chemoembolizzazione

Necrosi di cellule tumorali per infusione di chemioterapici nell’arteria epatica, seguita da blocco del flusso ematico dell’arteria

Tabella 3: Scelte terapeutiche alternative alla chirurgia nel trattamento

dell’HCC.

Marcatori tumorali sierologici per

la diagnosi dell’ HCC Il marcatore sierologico più usato nella diagnosi dell’HCC è l’ α-fetoproteina (AFP), che risulta elevato (>20 ng/mL) nella maggior parte dei pazienti con HCC (30-60%) ma mostra una bassa specificità diagnostica (70-80%), in quanto un numero considerevole di pazienti con malattie epatiche croniche può avere livelli di AFP compresi tra 20 e 200 ng/ml (12-14). Inoltre, i livelli sierici di AFP in pazienti con cirrosi e con HCC, spesso maggiori del valore del cut off (>100 ng/mL), sono usati per aumentare la specificità ma con una forte riduzione della sensibilità che arriva a valori estremamente bassi (5-15%) (3). Data l’alta eterogeneità dell’HCC (15), altri biomarcatori sono stati trovati iperespressi nel tessuto epatico e/o nel siero dei pazienti. Nel 35-53% di pazienti affetti da epatocarcinoma sono stati trovati livelli elevati di Des-γ-Carbossi Protrombina (DCP) (16-17), come risultato di un difetto acquisito nella carbossilazione post-traduzionale del precursore della protrombina nelle cellule neoplastiche (6). Alcuni studi hanno riportato risultati contrastanti circa l’utilizzo del marcatore DCP rispetto ad AFP (18) altri, invece, hanno raccomandato entrambi i saggi per migliorare la sensibilità e specificità (19). I livelli di mRNA di Glypican-3 (GPC3) sono iperespressi nel 75% di tumori epatici e solo nel 3,2% di tessuti epatici normali (20). Mediante tecniche di immunoistochimica è stata confermata la iperespressione della proteina GPC3 nel 72% di pazienti affetti da HCC (21), mentre, mediante saggi ELISA, la forma circolante della proteina GPC3 è stata trovata nel 40-53% di pazienti con HCC (21-22). Altri marcatori proposti per la diagnosi di HCC, inclusi lectin-reactive AFP, p53 autoantibodies, carbohydrate-deficient-transferrin, hepatitis B virus (HBV) encoded X antigen, e alpha-L-fucosidase hanno dimostrato una scarsa accuratezza (23). L’iperespressione delle varianti proteiche dell’antigene Squamous Cell Carcinoma (SCCA-1, SCCA-2 and SCCA-PD) è stata recentemente dimostrata, mediante tecniche di immunoistochimica, in biopsie chirurgiche di resezione del tumore (24). La proteina SCCA è un inibitore di proteasi seriniche; essa è presente

8

fisiologicamente in strati granulari e spinosi dell’epitelio squamoso normale, ma è tipicamente espressa in cellule neoplastiche di origine epiteliale (25). Dati recenti, infatti, indicano che sia la SCCA-1 che la SCCA-2 (26), le due isoforme fino ad adesso identificate, proteggono le cellule neoplastiche dalla morte per apoptosi indotta con diversi stimoli, ed inoltre, esperimenti in vivo hanno dimostrato che la SCCA-1 può addirittura promuovere la crescita tumorale (27-28).

Hepa-IC ELISA Kit

Kit ELISA per la determinazione di

Immunocomplessi delle varianti proteiche

dell’antigene Squamous Cell Carcinoma (SCCA)

nel Carcinoma Epatocellulare (HCC)

La diagnosi precoce del carcinoma epatico è difficile dal momento che mancano biomarcatori adeguati, in grado di differenziare con valori adeguati di sensibilità e specificità l’HCC dalle lesioni epatiche benigne. Varianti proteiche dello Squamous Cell Carcinoma Antigen (SCCA) sono state recentemente identificate in resezioni chirurgiche del tumore ma non in tessuti epatici di controllo. Si tratta di un nuovo biomarcatore per la diagnosi di epatocarcinoma, come dimostrato anche dalle tecniche di immunoistochimica effettuate utilizzando l’anticorpo anti-SCCA (Hepa-Ab, XEPTAGEN) (24). La ricerca nel circolo sanguigno del biomarcatore ha permesso di individuare l’antigene SCCA complessato alle immunoglobuline di classe M (SCCA-IgM) nel siero di pazienti affetti da HCC. Le IgM sono considerate la principale componente dell’immunità innata, poiché sono capaci di legarsi ad un ampio spettro di antigeni tumorali (29, 30). Le IgM hanno un ruolo importante nella prima linea di difesa contro gli antigeni infettivi, nella regolazione, nella proliferazione delle cellule immuni e nell’immunosorveglianza delle cellule tumorali (29). Xeptagen ha sviluppato un saggio immunometrico (Hepa-IC), con il quale è possibile dosare i livelli di immunocomplesso SCCA-IgM circolanti nel siero dei pazienti affetti da epatocarcinoma (31, 32). Hepa-IC consente di determinare la presenza delle varianti di SCCA come immunocomplessi circolanti. La concentrazione di SCCA-IgM circolante è espressa in AU/mL (Unità Arbitrarie per millilitro). L’utilizzo del kit ha permesso di valutare l’utilità degli immunocomplessi SCCA-IgM in termini di sensibilità e specificità diagnostiche per l’identificazione dell’HCC comparata alla determinazione dell’AFP. Utilizzando Hepa-IC la maggior parte dei campioni di epatocarcinoma risultava fortemente reattiva (sensibilità, SE = 70%) (media ± SD = 2568.5 + 6797.3 AU/mL), mentre tutti i controlli erano negativi (n=73, <120 AU/mL) (Fig 1A). Livelli circolanti di immunocomplesso SCCA-IgM sono stati rivelati nel 26% dei pazienti cirrotici ma con livelli più bassi rispetto ai pazienti con epatocarcinoma (media ± SD = 147.5 ± 348.3 AU/mL). L’immunocomplesso è stato rilevato anche nel 18% dei pazienti con epatite C cronica ma sempre con livelli più bassi rispetto ai pazienti con epatocarcinoma (media ± SD = 39.5 ± 89.7 AU/mL) (Fig 1B). Gli stessi campioni sono stati testati in parallelo mediante saggi ELISA per il contenuto di AFP e non è stata osservata alcuna correlazione con i livelli di AFP, significativamente elevati (> 20 ng/mL) in circa il 42% dei pazienti con HCC (30, 31, 32). Utilizzando un cut off per AFP di 20 o 100 ng/ml, il 96 o l’80%, rispettivamente, dei pazienti con HCC risultavano positivi per almeno un marcatore. È stato realizzato uno studio retrospettivo su 160 campioni di siero provenienti da pazienti con differenti malattie epatiche, ma nessuna concomitante, e 73 donatori sani (32). I pazienti

con malattie epatiche comprendevano 60 casi con epatocarcinoma (età media ± DS = 64 ± 14 anni, rapporto M/F =2/1) con diversa eziologia (80% HCV, 18% HBV, e 2% dei casi con co-infezione da HBV/HCV); 50 casi con cirrosi (età media ± DS = 51 ± 9 anni, rapporto M/F =2/1) comprendenti infezioni da HCV per l’86% dei casi, e da HBV per il 14%; ed infine il terzo gruppo di 50 pazienti con epatite C cronica (età media ± DS = 44 ± 12 anni, livello ALT medio ± DS = 96.19 ± 81.06 U/L, rapporto M/F =1/1). Studi preliminari effettuati sui sieri di pazienti affetti da HCC indicavano che SCCA libero era identificato con bassa sensibilità e specificità rispetto ai soggetti sani (dati non indicati). La situazione era notevolmente differente nell’identificazione di SCCA-IgM. La concentrazione di immunocomplesso circolante si mostrava concomitante con la iper-espressione della proteina SCCA nel tessuto epatico determinata mediante immunoistochimica su campioni di tessuto provenienti da interventi bioptici, utilizzando l’anticorpo Hepa-Ab (Hepa-Ab, XEPTAGEN). In figura 2 è mostrato tale parallelismo; in pazienti con epatite cronica, la presenza di SCCA era rilevata nel 50% dei casi, dove il 65% di questi mostrava una reattività con score 1 (< 30% di epatociti positivi). La percentuale di reattività legata alla SCCA aumentava al 75% nei pazienti con cirrosi, dove il 50% dei campioni di tessuto epatico mostrava uno score 2 (30-50% di epatociti positivi), mentre nel 93% dei campioni derivanti da pazienti affetti da HCC era evidente la reattività legata alla SCCA, di cui il 70% mostrava score 3 (> 50% epatociti positivi) (Fig.2) (30, 31, 32). In tabella 4 è mostrata un’analisi comparativa dei valori di sensibilità, specificità, valori di predittività positiva (PPV) e negativa (NPV) tra i livelli di SCCA-IgM e AFP (valore di cut off pari a 20 ng/mL e a 100 ng/mL) in pazienti con patologie epatiche e controlli normali (30, 31).

96

94

95

100

73

83

100

64

80

96

SCCA-IgM 120 AU/mL

& AFP 20 ng/mL

HCC vs Control

HCC vs CR

HCC vs CH

NPVPPVSpecificitySensitivity BIOMARKER

77

71

73

100

73

80

100

74

82

70

SCCA-IgM 120 AU/mL

HCC vs Control

HCC vs CR

HCC vs CH

83

78

80

100

74

82

100

72

82

80

SCCA-IgM 120 AU/mL

& AFP 100 ng/mL

HCC vs Control

HCC vs CR

HCC vs CH

63

59

63

100

72

95

100

84

98

42

AFP 20 ng/mL

HCC vs Control

HCC vs CR

HCC vs CH

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94

95

100

73

83

100

64

80

96

SCCA-IgM 120 AU/mL

& AFP 20 ng/mL

HCC vs Control

HCC vs CR

HCC vs CH

NPVPPVSpecificitySensitivity BIOMARKER

77

71

73

100

73

80

100

74

82

70

SCCA-IgM 120 AU/mL

HCC vs Control

HCC vs CR

HCC vs CH

83

78

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100

74

82

100

72

82

80

SCCA-IgM 120 AU/mL

& AFP 100 ng/mL

HCC vs Control

HCC vs CR

HCC vs CH

63

59

63

100

72

95

100

84

98

42

AFP 20 ng/mL

HCC vs Control

HCC vs CR

HCC vs CH

Tabella 4: : Analisi comparativa dei valori di sensibilità, specificità,

valore predittivo positivo (PPV), valore predittivo negativo (NPV) di

SCCA-IgM e AFP, nel differenziare pazienti con HCC (n=50) da quelli

con cirrosi (CR, n=50), epatite cronica (CH, n=50) e controlli normali

(Control, n=50). Associazione dei due marcatori con diversi valori di cut

off.

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Figura 1: A: Livelli serici di SCCA-IgM e AFP in campioni derivanti da pazienti affetti da HCC, cirrosi, epatite cronica e controlli sani , determinati

utilizzando metodiche ELISA. B: Box plot per i valori di SCCA-IgM (in alto) and AFP (in basso) nei quattro gruppi studiati. Il box indica il più piccolo e il

più grande quartile e la linea nel mezzo indica la mediana. I box si restringono in prossimità della mediana e la lunghezza tra le estremità delle

restrizioni rappresenta l’intervallo di confidenza del 95%. Una linea tratteggiata unisce le osservazioni più vicine che cadono nel range di 1.5 volte

l’interquartile (IQRs) tra il più piccolo e il più grande quartile. Le croci rappresentano i valori erratici più vicini cioè superiori a 1.5 volte IQRs e i cerchi

rappresentano i valori erratici più lontani che superano 3 IQRs dai quartili.

Figura 2: A: Espressione di SCCA in tessuto epatico cirrotico. B: Distribuzione dello score relativo alla reattività in tessuto epatico che mostra la

reattività relativa a SCCA nei differenti gruppi di pazienti.

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Incremento degli immunocomplessi

SCCA-IgM e sviluppo dell’HCC nei

pazienti cirrotici In uno studio condotto su pazienti cirrotici (33, 34) è stato dimostrato che l’aumento progressivo di SCCA-IgM nel tempo è significativamente associato alla progressione del tumore (33, 34). Lo studio retrospettivo è stato condotto su un gruppo di 16 pazienti con cirrosi (gruppo A) che aveva sviluppato l’HCC nel corso di 4 anni (intervallo 2-8 anni) e su un gruppo di 17 pazienti con cirrosi che non avevano sviluppato

l’epatocarcinoma nello stesso intervallo di tempo (gruppo B). Entrambi i gruppi presentavano un profilo epidemiologico e clinico molto simile e la reattività dell’SCCA-IgM non era significativamente differente nei due gruppi [media ± SD: 267.40 ± 382.25 AU/mL vs 249.10 ± 446.90 AU/mL, p = 0.9006]. Al tempo zero i livelli di α-fetoproteina non correlavano con la presenza di SCCA-IgM nello stesso campione di siero (r = -0.11), essendo i valori di AFP simili in entrambi i gruppi. L’aumento annuale di SCCA-IgM (Ф) era significativamente più alto nei pazienti cirrotici che avevano sviluppato l’HCC rispetto a quelli che non avevano sviluppato il tumore epatico [Ф media ± SD = 280.05 ± 606.71

SC

CA

-Ig

Min

cre

ase (Φ

) (

AU

/m

L)/

year

- 350

50

450

850

1250

1650

2050

2450

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 ID patient

Increase over time Φ = SCCA-IgM (T1) – SCCA-IgM (T0)(T1-T0)

HCC

cirrhosis

SC

CA

-Ig

Min

cre

ase (Φ

) (

AU

/m

L)/

year

- 350

50

450

850

1250

1650

2050

2450

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 ID patient

Increase over time Φ = SCCA-IgM (T1) – SCCA-IgM (T0)(T1-T0)

HCC

cirrhosis

Figura 3: Incremento dei livelli di immunocomplesso SCCA-IgM (Ф) in pazienti con cirrosi stazionaria e pazienti il cui stato cirrotico è evoluto ad HCC.

Ф media ± SD = 78.31 ± 96.09 vs –37.92 ± 95.94, p = 0.0006.

Figura.4: Distribuzione degli incrementi annui dei livelli di SCCA-IgM IC (Ф score) nei pazienti con cirrosi stazionaria e nei pazienti in cui la cirrosi è

evoluta ad HCC.

11

(AU/mL)/anno vs -37.92 ± 95.94 (AU/mL)/anno, p = 0.0408] (Fig. 3). Mentre nella maggior parte dei pazienti appartenenti al gruppo A l’aumento annuale di SCCA-IgM era >20 AU/ml lo stesso andamento era osservato solo nel 6% dei pazienti appartenenti al gruppo B, dove nessun aumento o una leggera diminuzione di Ф erano stati osservati nel 76% dei casi (Fig. 4). In conclusione il controllo dei livelli di SCCA-IgM nei pazienti cirrotici sembra essere un parametro utile per predire lo sviluppo dell’epatocarcinoma, permettendo la focalizzazione di strategie terapeutiche con una maggiore velocità.

Applicazione clinica del test SCCA-

IgM per il monitoraggio dei

pazienti con cirrosi epatica Uno studio retrospettivo longitudinale condotto dalle principali cliniche epatologiche Italiane, su un campione di 56 pazienti opportunamente arruolati e seguiti per un intervallo di 12-72 mesi prima dell’eventuale diagnosi di HCC, ha dimostrato che l’utilizzo di Hepa-IC può ridurre il ricorso alla sorveglianza ecografica dei pazienti con cirrosi non trattati con interferone. La riduzione della tecnica ecografica permette di tagliare i costi dei programmi di screening della popolazione a rischio (35). Lo studio ha evidenziato l’elevato grado di accuratezza diagnostica raggiunto con il test SCCA-IgM per l’identificazione dei pazienti con cirrosi a basso rischio di sviluppo di HCC. Infatti, è stato dimostrato che i 28 pazienti con cirrosi ed HCV positivi che non sviluppavano HCC durante almeno un anno di osservazione presentavano livelli di SCCA-IgM costantemente inferiori ai 300 AU/mL nei diversi tempi di analisi, diversamente dai 28 pazienti con cirrosi ed HCV positivi che sviluppavano HCC durante lo stesso arco temporale di osservazione (Tab. 5). Inoltre, si è anche dimostrata la possibilità di identificare i soggetti a massimo rischio di sviluppo di HCC nel corso dei due

anni successivi al prelievo, poiché tali pazienti presentavano valori di SCCA-IgM superiori a 525 AU/mL (Tab. 6). Il dosaggio annuale dei livelli circolanti del marcatore consentirebbe quindi di identificare i pazienti (con SCCA-IgM <300 AU/mL) nei quali la sorveglianza ecografica semestrale per la diagnosi precoce di HCC ha un rapporto costo/beneficio inaccettabile, stante la bassa probabilità di sviluppo della neoplasia nel medio termine. L’esclusione di questi pazienti dalla sorveglianza ecografia consentirebbe di migliorare notevolmente il rapporto costo/beneficio di questa pratica che, così come viene proposta oggi (inserimento nella sorveglianza di tutti i pazienti con cirrosi epatica in classe A/B di Child-Pugh) risulta piuttosto insoddisfacente (36). Sulla base di questi risultati è stato elaborato lo schema clinico di applicazione del kit Hepa-IC (Fig. 5). Tale modello applicativo prevede una sorveglianza di tipo sierologico basata sull’analisi annuale di SCCA-IgM per tutti quei pazienti con cirrosi che risultano HCC negativi alla prima indagine ecografica.

SCCA-IgM Cut off

(AU/mL)

Prevalenza (%)

Se (%)

Sp (%)

PPV (%)

NPV (%)

300 50 57.1 89.3 84.2 67.6

5 57.1 89.3 21.4 97.5

Tabella 5. Sensibilità, specificità e valori predittivi di SCCA-IgM in 56

pazienti nei quali il dosaggio risale a 12-72 mesi prima del tempo

indice (diagnosi HCC o fine periodo) ed in un modello simulato con

prevalenza simile all’incidenza annua osservabile nella pratica clinica

(5%). Il cut off 300 AU/mL permette di identificare i pazienti a basso

rischio di sviluppo di HCC (NPV=97.5%). Se = sensibilità; Sp =

specificità; PPV = valore predittivo positivo; NPV = valore predittivo

negativo.

Ecografia epatica

iniziale

SCCA-IgM (dosaggio annuale)

≤300 AU/mL

>525 AU/mL ALTO RISCHIO

BASSO RISCHIO

Figura 5: Diagramma rappresentativo per la valutazione del rischio di sviluppo di HCC nei pazienti cirrotici utilizzando il test SCCA-IgM dopo un’iniziale ecografia epatica negativa per lesioni focali.

12

SCCA-IgM Cut off

(AU/mL)

Prevalenza (%)

Se (%)

Sp (%)

PPV (%)

NPV (%)

525 50 42.9 100 100 63.6

5 42.9 100 100 97.1

Tabella 6. Sensibilità, specificità e valori predittivi di SCCA-IgM in 56

pazienti nei quali il dosaggio risale a 12-72 mesi prima del tempo

indice (diagnosi HCC o fine periodo) ed in un modello simulato con

prevalenza simile all’incidenza annua osservabile nella pratica clinica

(5%). Il cut off 525 AU/mL permette di identificare i pazienti ad alto

rischio di sviluppo di HCC (PPV=100%). Se = sensibilità; Sp =

specificità; PPV = valore predittivo positivo; NPV = valore predittivo

negativo.

Il monitoraggio degli immunocom-

plessi SCCA-IgM nel siero segnala

la progressione di malattia epatica

nei pazienti con epatiti croniche Circa il 30% dei pazienti affetti da epatite cronica affronta una fase di progressione della patologia epatica. Una delle questioni mediche più discusse e complesse concerne la ricerca di biomarcatori non invasivi per individuare lo stadio di fibrosi che comporta progressione della malattia (37). Nell’epatocarcinoma è stato possibile riscontrare alti livelli

dell’immunocomplesso SCCA-IgM. La valutazione dell’incremento dei livelli sierici di SCCA-IgM nel tempo in pazienti affetti da cirrosi si è dimostrata utile per predire lo sviluppo di tumore. Considerando che SCCA-IgM è presente in basse concentrazioni anche nei pazienti con epatiti croniche, si è pensato di condurre uno studio in questo gruppo di pazienti, per valutare i livelli di immunocomplesso SCCA-IgM (37). Utilizzando il kit diagnostico Hepa-IC (Xeptagen, S.p.A) sono stati determinati i livelli di SCCA-IgM sui sieri di 188 pazienti affetti da epatite cronica e su quelli di 100 donatori sani. In 57 pazienti non trattati è stato possibile prelevare un ulteriore campione di siero dopo un periodo medio di 6 anni. Questi pazienti sono stati quindi suddivisi in 2 gruppi: al gruppo A appartenevano 8 pazienti con score di fibrosi epatica > 2 dopo la seconda biopsia, mentre nel gruppo B sono stati raccolti 49 pazienti nei quali non è stata individuata progressione della fibrosi nelle stesse condizioni di follow up. Dai risultati è emerso che i livelli di immunocomplesso circolante sono stati rilevati in 63 pazienti con epatite cronica su 188 (33%), e in nessuno dei controlli. Non è stata osservata alcuna differenza di risposta nei pazienti colpiti da infezione cronica da HBV o HCV, essendo risultato responsivo il 27.5% dei pazienti positivi ad HBV e il 34% di quelli con infezione da HCV. L’età media (47+13 anni vs 42+14 anni, p = 0.05) e la distribuzione dei sessi (M/F: 0.52 vs 0.48 p = 0.457) hanno prodotto valori simili in termini di reattività sia in pazienti in cui è stato trovato l’immunocomplesso SCCA-IgM che in quelli in cui non è stato riscontrato. Nei pazienti monitorati nel tempo, i valori di reattività a SCCA-IgM più alti sono stati rilevati nel gruppo di

group A group B0

500

1000

1500

2000p= 0.306 n.s.

Chronic hepatitis

SC

CA

-Ig

M (

U/m

l)

Figura 6: Distribuzione dei livelli sierici iniziali di SCCA-IgM in pazienti affetti da epatite cronica con progressione di malattia nel tempo (gruppo A) o

senza (gruppo B). Le barre orizzontali rappresentano i valori medi nei due gruppi.

La figura 7 rappresenta i valori medi di SCCA-IgM rilevati all’inizio dello studio (T1) ed in un secondo momento (T2) nei due gruppi di pazienti con

differente evoluzione della malattia. I livelli dell’immunocomplesso si sono rivelati sostanzialmente stabili nel tempo nei pazienti senza progressione

tumorale (valore medio T1 = 108 U/ml, T2 = 94 U/ml), mentre è stato notato un incremento nel 75% dei pazienti con progressione della malattia

(valore medio T1= 313 U/ml, T2= 707 U/ml, p = 0.014).

SC

CA

-Ig

M (

AU

/mL

)

13

pazienti con successiva progressione di malattia (gruppo A), rispetto a quelli senza progressione istologica (gruppo B), pur senza ottenere un valore di significatività statistica (50% vs 33%, p = 0.432 n.s.). I livelli sierici di SCCA-IgM nei pazienti reattivi, tuttavia, non presentano differenze nei due gruppi (media ± SD, gruppo A: 378 ± 326 U/ml; gruppo B: 252 ± 369 U/ml, p = 0.306), come rappresentato nella figura 6. Per ottenere un maggiore livello di precisione, è stato calcolato l’incremento di SCCA-IgM nel tempo (Ф) per ogni paziente e si è potuto osservare un aumento significativo dei livelli di SCCA-IgM durante il follow up nei pazienti con epatite cronica e progressione della malattia epatica, ma non in quelli senza

progressione istologica (Ф media ± SD: 117 ± 200 U/anno vs -8.8 ± 31 U/anno, p< 0.0001). Come si può osservare nella figura 8, la distribuzione dei valori di Ф in quest’ultimo gruppo di pazienti, caratterizzato soprattutto da valori negativi, riflette un trend decrescente nel tempo per la maggior parte dei pazienti. Gli autori, pertanto, concludono che il monitoraggio dell’andamento di SCCA-IgM nel tempo è un utile approccio per rilevare la progressione tumorale in pazienti colpiti da epatite cronica.

0

100

200

300

400

500

600

700

800

SCCA-IgM

(AU/ml)

T1 T2

Group A

Group B

Figura 7: Valori medi di SCCA-IgM all’inizio (T1) e dopo un secondo prelievo di siero (T2) nei due gruppi di pazienti, con epatite cronica e progressione di

malattia (gruppo A) o senza progressione di malattia (gruppo B).

-200

-100

0

100

200

300

400

500

600

SC

CA

-Ig

M in

cre

as

e (φ

) (U

/ml)

/ye

ars

Figura 8: Distribuzione dell’incremento di SCCA-IgM nel tempo (Ф) nei singoli pazienti. Le barre piene si riferiscono ai pazienti con progressione di malattia epatica (gruppo A) e quelle tratteggiate si riferiscono ai pazienti senza progressione di malattia (gruppo B).

14

Previsione della risposta terapeu-

tica del trattamento antivirale Una efficace terapia antivirale con interferone pegilato (PEG-IFN) e ribavirina può diminuire l’incidenza di HCC in pazienti con cirrosi dovuta ad epatite virale C fermando la progressione della patologia (38). Il ben noto effetto immuno-modulatore della terapia antivirale con interferone (PEG-IFN) ha suggerito di valutare i livelli circolanti dell’immunocomplesso SCCA-IgM nel monitoraggio dell’efficacia del trattamento con PEG-IFN e ribavirina. I campioni di siero di una popolazione di 33 pazienti con infezione cronica da virus dell’epatite C (HCV) e con conferma istologica di cirrosi epatica compensata, sottoposti a trattamento con PEG-IFN e ribavirina, sono stati analizzati per dosare il titolo di SCCA-IgM mediante l’uso di Hepa-IC. La durata del trattamento con PEG-IFN e ribavirina è stata di 24-48 settimane a seconda del genotipo virale. Una risposta virologica sostenuta (SVR) è stata ottenuta in 15 pazienti sulla base della negativizzazione di HCV-RNA nel siero a 24 settimane di follow-up anche in presenza di interruzione anticipata del trattamento per effetti collaterali o non compliance al regime terapeutico. La non-response (NR) al trattamento viene definita come l’assenza della clearance HCV-RNA nel siero durante il trattamento e nel follow-up. Il dosaggio di SCCA-IgM è stato analizzato al tempo iniziale e finale del trattamento e a 6 e 12 mesi di follow-up. I livelli sierici di SCCA-IgM diminuivano significativamente nel tempo a partire dal 59% dei pazienti a fine trattamento (valore mediano di SCCA-IgM = 186.8 AU/mL) fino all’89% dei pazienti SVR a 12 mesi di follow-up della terapia antivirale (valore mediano di SCCA-IgM = 52.4 AU/mL) comparati al tempo iniziale (valore mediano di SCCA-IgM= 451.2 AU/mL, Figura 9); invece, i pazienti NR avevano livelli stabili di SCCA-IgM in circolo alla fine del trattamento e durante il follow-up (39). In conclusione, SCCA-IgM può essere utilizzato in ambito clinico per anticipare il risultato terapeutico del trattamento antivirale con PEG-IFN e ribavirina nei pazienti con cirrosi e infezione da HCV.

-

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

BS ET 6-m 12-m

Study Time Points

% S

CC

A-Ig

M

Fig. 9: Percentuale dei livelli sierici di SCCA-IgM nei pazienti con cirrosi

da HCV al tempo inziale (BS) e finale (ET) del trattamento, e a 6 mesi

(6-m) e 12 mesi (12-m) di follow up nei pazienti con SVR dopo terapia

antivirale.

Monitoraggio del trattamento tera-

peutico di HCC Uno studio prospettico è stato condotto in due centri clinici per valutare la capacità dei livelli di SCCA-IgM di prevedere l’efficacia della terapia in diversi trattamenti dell’HCC (40). Sono stati arruolati 65 pazienti con nuova diagnosi di HCC e divisi in due gruppi a seconda della terapia ricevuta: 35 pazienti in terapia con trattamento locoregionale (ablazione mediante RF e laser, PEI, TACE) nel gruppo 1 ; 25 pazienti in trattamento con sorafenib nel 2° gruppo. Per la gestione clinica del paziente HCC sono stati utilizzati i criteri della Barcelona-Clinic Liver Cancer (BCLC). I dosaggi dei livelli di SCCA-IgM sono stati eseguiti al tempo zero (inizio) e dopo 1 e 3 mesi dall’inizio del trattamento. La risposta alla terapia è stata valutata con tecniche di imaging secondo i criteri mRECIST. Al tempo zero 19 su 35 pazienti nel gruppo 1 sono risultati positivi al test SCCA-IgM (media± SD, 305 ± 344 AU/mL), mentre 11 su 25 pazienti erano positivi nel gruppo 2 (media± SD, 353 ± 280 AU/mL). Nei 19 pazienti positivi del gruppo 1 si è osservata una riduzione significativa dei livelli di SCCA-IgM nel 79% (15/19) dei casi, durante il follow up dopo trattamento locoregionale, e un’analoga diminuzione è stata osservata nel 64% (7/11) dei pazienti nel gruppo 2 durante la terapia con sorafenib. Inoltre, l’86% (19/22) del totale dei pazienti positivi di entrambi i gruppi che mostravano una diminuzione dei livelli di SCCA-IgM avevano una risposta positiva alla terapia con trattamento locorogeniale o con sorafenib. In conclusione, il dosaggio dei livelli di SCCA-IgM in pazienti sottoposti a trattamento di HCC può essere d’aiuto per il monitoraggio della risposta terapeutica (40).

15

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Hepa-IC - Product Data Sheet USO Hepa-IC è un saggio immunometrico di tipo ELISA per la misurazione della concentrazione degli immunocomplessi dell’antigene del carcinoma delle cellule squamose (SCCA-IgM). TEST Hepa-IC è un innovativo saggio diagnostico in-vitro basato sulla rilevazione delle varianti di SCCA circolanti sottoforma di immunocomplesso (SCCA-IgM). Hepa-IC è un saggio ELISA altamente specifico e sensibile per la rilevazione di HCC, realizzato per misurare SCCA-IgM nel siero dei pazienti (1-15). La concentrazione di SCCA-IgM è espressa in unità arbitrarie (AU/mL) usando uno specifico calibratore come riferimento. Il dosaggio di SCCA-IgM rispetto al test dell’alfa-fetoproteina permette di incrementare notevolmente la sensibilità di rilevazione dell’HCC (1,8,9,11-15). E’ stato dimostrato che il dosaggio di SCCA-IgM è anche utile per valutare il progressivo sviluppo dell’HCC sia in pazienti cirrotici sia in quelli affetti da epatite cronica (2-7,10). PRINCIPIO DEL TEST I calibratori standard e i campioni sono incubati simultaneamente nei pozzetti della piastra sensibilizzata con anticorpo anti-SCCA umana. Gli immunocomplessi SCCA-IgM sono rivelati con l’aggiunta dell’anticorpo secondario coniugato con perossidasi e del substrato enzimatico (ABTS). Lo sviluppo del colore è proporzionale alla quantità di analita presente nel campione. REAGENTI E MATERIALE FORNITO XG003-PL: una piastra multistrip da 96 pozzetti, sensibilizzata con anticorpo oligoclonale di coniglio anti-SCCA. XG003-Calibrator: due vials di calibratore liofilizzato da ricostituire con 440 µl di acqua deionizzata. La concentrazione esatta del calibratore è riportata sull’etichetta. XG-EA: 1.1 mL di soluzione di anticorpo secondario di capra anti-IgM coniugato con perossidasi in PBS contenente 1% di BSA (tappo verde) da diluire 10 volte. XG-CH4: Preparato per soluzione cromogena; contiene una pastiglia di ABTS (2,2’-azino-bis(3-ethylbenzothiazoline-6-sulfonic-acid)) e tampone citrato fosfato in polvere. XG-SB: 200 µl di substrato enzimatico (tappo verde). Soluzione di perossido di idrogeno 30% (w/w). XG-DB5: tampone di diluizione concentrato 5X, 10 mL, contiene Proclin come conservante. Dopo diluizione la soluzione contiene 1% BSA e 0.05% Tween 20. XG-WB2: tampone di lavaggio da ricostituire in acqua deionizzata, due pastiglie. Dopo ricostituzione il tampone contiene 0.05% di Tween 20 in PBS. STRUMENTAZIONE RICHIESTA MA NON FORNITA Pipette di precisione con puntali monouso Washer per micropiastre Lettore per micropiastre con filtro a 405 ± 20 nm Acqua deionizzata CONDIZIONI DI CONSERVAZIONE Conservare a 4°C: XG003-PL, XG-CH4†, XG-SB, XG-DB5*, XG-WB2* Conservare a -20°C: XG-EA, XG003-Calibrator§. Evitare cicli di congelamento e scongelamento ripetuti. (*) Deve essere utilizzato entro un mese dalla ricostituzione (§) Deve essere ricostituito appena prima dell’uso (†) Deve essere conservato al buio

DATA DI SCADENZA La data di scadenza è riportata sul kit. MATERIALE POTENZIALMENTE PERICOLOSO La soluzione dello standard XG003-Calibrator contiene proteine di origine umana. Tale materiale è stato, tuttavia, testato mediante metodi approvati per la presenza di anticorpi diretti verso il virus dell’HIV, verso il virus dell’HCV e per la presenza dell’antigene di superficie del virus dell’epatite B (HBsAg), ed è risultato negativo. Dal momento che nessun test può offrire la completa sicurezza che i virus HIV, HBV, HCV, ed altri agenti infettivi siano assenti, tutti i reagenti di origine umana devono essere considerati potenzialmente infettivi. Di conseguenza si raccomanda fortemente di maneggiare questi reagenti ed i campioni di origine umana in accordo con le Procedure Standard OSHA per i patogeni presenti nel sangue (16). La buona pratica di laboratorio e livelli di sicurezza 2 devono essere usati per materiali che contengono o per i quali si sospetti contenere agenti infettivi (18-19). RACCOLTA E PREPARAZIONE DEI CAMPIONI Il siero rappresenta la tipologia di campione consigliata per l’esecuzione del test Hepa-IC. I campioni di siero dovrebbero essere prelevati in condizioni asettiche ed in modo tale da evitare fenomeni di emolisi. I campioni possono essere conservati a 2-8°C se il saggio è effettuato nelle 24 ore che seguono il prelievo dei campioni, in caso contrario i campioni devono essere congelati. Allo scongelamento, il campione deve essere delicatamente agitato per assicurare consistenza e omogeneità nei risultati. Evitare cicli ripetuti di congelamento e scongelamento. I campioni che mostrano sedimento, eritrociti o torbidità devono essere centrifugati e chiarificati prima di eseguire il test.

I S T RUZ I ON I P E R L ’ U SO NOTE TECNICHE

• Permettere ai campioni ed ai reagenti di raggiungere la temperatura ambiente prima di eseguire il test. Non scongelare i campioni o i reagenti a bagnomaria.

• Agitare delicatamente i campioni ed i reagenti prima dell’uso.

• Evitare che si formi schiuma all’interno dei contenitori che alloggiano i reagenti. Evitare l’esposizione dei reagenti a fonti di calore eccessivo o di luce durante la conservazione e le incubazioni.

• Evitare di toccare i pozzetti della piastra prima e dopo aver aggiunto campioni e/o reagenti.

• Campioni e standard dovrebbero essere analizzati in duplicato.

• Eseguire un curva standard per ciascun test.

• Usare solo strip pre-adsorbite e provenienti dallo stesso batch per ciascun test. Non mescolare reagenti provenienti da kit appartenenti a lotti diversi.

• Eseguire le incubazioni in una scatola chiusa e contenente carta umida allo scopo di prevenire l’eccessiva evaporazione

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PREPARAZIONE DEI REAGENTI

• Ricostituire la soluzione cromogena XG-CH4 con 20 mL di acqua deionizzata.

• Ricostituire il calibratore XG003 liofilizzato con 440 µL di acqua deionizzata.

• Preparare la quantità richiesta del tampone di diluizione XG-DB5 diluendo 5 volte la soluzione concentrata con acqua deionizzata. La conservazione a 4°C potrebbe causare la formazione di cristalli nella soluzione concentrata, in questi casi è opportuno riscaldare la soluzione a 37°C in agitazione fino alla loro completa scomparsa.

• Ricostituire il tampone di lavaggio XG-WB2 in 500 mL di acqua deionizzata.

• Preparare la quantità richiesta dell’anticorpo secondario coniugato XG-EA diluendolo 10 volte con il tampone di diluizione XG-DB5.

ESECUZIONE DEL TEST 1. Preparare i reagenti come descritto sopra. 2. Allestire la piastra con un numero sufficiente di pozzetti

che comprendano gli standard ed i campioni. 3. Rimuovere le strip in eccesso e conservarle nell’apposita

busta di conservazione con l'essiccante fornito. 4. Lavare 3 volte con il tampone di lavaggio XG-WB2

ricostituito (300 µL/well). 5. Dispensare 100 µL/well dei calibratori standard (in

duplicato) partendo dalla soluzione ricostituita ed eseguendo direttamente nella piastra le diluizioni seriali di un fattore 2, ottenendo una curva di calibrazione a cinque punti. Usare il tampone di diluizione XG-DB5 ricostituito come diluente (videoclip dimostrativo al seguente indirizzo http://www.xeptagen.it/elisains). Dispensare, in duplicato, 100 µL/well del tampone di diluizione XG-DB5 ricostituito nei pozzetti relativi al controllo negativo (Bianco). La concentrazione esatta del calibratore è riportata sull'etichetta.

6. Dispensare 100 µL/well della diluizione 1:8 relativa ai campioni (in duplicato). Usare il tampone di diluizione XG-DB5 ricostituito come diluente.

7. Incubare 1h a temperatura ambiente. 8. Lavare 6 volte con il tampone di lavaggio XG-WB2

ricostituito (300 µL/well). 9. Aggiungere 100 µL/well della soluzione diluita di anticorpo

secondario XG-EA. 10. Incubare 1h a temperatura ambiente. 11. Lavare 6 volte con il tampone di lavaggio XG-WB2

ricostituito (300 µL/well). 12. Preparare la quantità richiesta della soluzione

cromogenica aggiungendo 1 µL della soluzione XG-SB ogni 3 mL di soluzione XG-CH4.

13. Aggiungere 150 µL/well della soluzione cromogenica appena preparata. Lasciar incubare al buio per 20 min a 37°C e leggere i valori di densità ottica (OD) di ciascun pozzetto usando un lettore per micropiastre equipaggiato con un filtro a 405 nm.

14. Elaborate i valori di densità ottica con il sofware Xerepro (http://www.xeptagen.it/software) o costruire la curva standard dai valori di OD come descritto nella sezione seguente: elaborazione dei risultati

ELABORAZIONE DEI RISULTATI Eseguire la media delle densità ottiche ottenute in duplicato per ciascuno dei punti dello standard e dei campioni, e sottrarre la media delle densità ottiche relative allo zero standard. I calibratori vengono utilizzati per costruire una curva standard con i valori di OD ottenuti al punto precedente in funzione della

concentrazione in AU/mL (vedi Fig 1). Tale elaborazione può essere effettuata sia con un software sia manualmente ponendo i valori di OD relativi ai punti dello standard sull’asse delle y in funzione delle concentrazioni, in scala logaritmica, sull’asse delle x, e disegnando così la curva standard. Le concentrazioni di immunocomplesso dei campioni vengono quantificate mediante interpolazione sulla curva standard dei valori di OD calcolati per ogni campione. La concentrazione ottenuta deve essere moltiplicata per il fattore di diluizione del campione.

y = 0.387Ln(x) - 0.7484

R2 = 0.9944

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

10 100 1000

SCCA-IgM [Au/mL]

∆O

D@

40

5 n

m

Figura 1: Intervallo di linearità di una tipica curva di calibrazione dopo 20 minuti di incubazione della soluzione cromogenica.

CONTROLLO QUALITÀ Il coefficiente di variazione inter- ed intra-saggio è stato determinato su 4 curve standard ed è risultato essere inferiore al 15%. Per una performance ottimale, l’assorbanza relativa al bianco dovrebbe essere inferiore a 0.2 OD405. Si raccomanda che ciascun laboratorio esegua il test utilizzando propri campioni precedentemente testati e risultati posistivi come controllo di qualità interno in modo da assicurare la correttezza della procedura e dei reagenti. INTERPRETAZIONE Il valore di cut off di SCCA-IgM di 120 AU/mL consente di differenziare l’epatocarcinoma dalle forme non maligne di malattie epatiche croniche (11-14). CARATTERISTICHE SPECIFICHE D’ESECUZIONE L’intervallo di calibrazione è compreso tra 12,5 e 200 AU/mL. L’effetto uncino potrebbe verificarsi per valori di concentrazione superiori a 200 AU/mL (valore letto sulla curva di calibrazione prima di moltiplicare per la diluizione). I campioni con valori superiori a 200 AU/mL dovrebbero essere ulteriormente diluiti e dosati nuovamente. BIBLIOGRAFIA 1. Giannelli G, Fransvea E, Trerotoli P, Beaugrand M,

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