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Ugo Foscolo

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Ugo Foscolo

Vita

• Maggiore di quattro figli, nacque a Zante, una delle isole jonie dipendenti dalla Repubblica veneta, il 6 febbraio 1778.

• Successivamente alla morte del padre, che esercitava la professione di medico sull'isola, nel 1792 si trasferì presso la madre a Venezia, dopo aver compiuto i primi studi a Spalato.

Amore e studi

• Dopo l'amore (secondo alcuni studiosi non corrisposto) con Isabella Teotochi Albrizzi, nel cui salotto si riunivano alcuni tra gli intellettuali più importanti del tempo, proseguì gli studi a Padova, dove iniziò a comporre sonetti di scarso valore e successo.

Il successo

• Nel 1797 Foscolo scrisse la sua prima tragedia, "Tieste" che, dopo ben nove rappresentazioni consecutive a clamor di pubblico, lo consacrò autore di successo.

Politica

• Contemporaneamente, cominciò il suo percorso politico all'insegna del giacobinismo, proprio nel momento in cui Napoleone cominciava ad esportare in Europa le idee della rivoluzione francese.

Il tradimento di Napoleone

Sempre nel '97, in onore al popolo di Reggio Emilia che per primo aveva accettato le idee rivoluzionarie, scrisse l'ode "A Bonaparte liberatore" che gli procurerà i primi fastidi politici, fino a dover fuggire a Milano all'indomani del trattato di Campoformio (quando Napoleone cede Venezia all’Austria). Da quell'evento nacque la diffidenza, che lo accompagnerà poi per tutta la vita, verso la politica di Bonaparte

Incarichi di governo a Venezia

• Quando, abolito il governo della Serenissima, si fondò in Venezia una municipalità provvisoria, il Foscolo credette suo dovere ritornare nella sua patria di elezione, ricoprendo incarichi di governo, ma si trovò spesso a protestare contro gli "ipocriti della libertà" tra cui mise lo stesso Alfieri.

Amicizia con Vincenzo Monti e polemica con la classe politica

• Ceduta Venezia all'Austria, Foscolo raggiunse Milano, dove divenne redattore del "Monitore italiano" e strinse amicizia con Vincenzo Monti, che già aveva conosciuto a Bologna. L'attività letteraria del tempo fu sempre in aperta polemica con la classe politica dominante, basti pensare al sonetto contro la soppressione nelle scuole della lingua latina, proposta dal gran Consiglio Cisalpino nel 1798.

Persecuzione dalla polizia ed uscita delle Ultime lettere di Jacopo Ortis

• Nell'aprile di quell'anno il "Monitore" fu soppresso e Foscolo fu perseguitato dalla polizia anche per aver fondato immediatamente l'"Italico", che il governo lasciò vivere soltanto pochi mesi.

• Il bisogno economico portò nuovamente Foscolo a Bologna, con un misero impiego, dove affidò all'editore Marsigli una prima versione de "Le ultime lettere di Jacopo Ortis", poi completata dall'editore stesso

Poesie: odi e sonetti

• Furono quelli gli anni di una intensa maturazione personale e letteraria del Foscolo: del 1800 è l'ode "A Luigia Pallavicini caduta da cavallo", del 1802 l'ode "All'amica risanata" e le "Poesie" (che comprendono le due odi più dodici sonetti, tra cui i famosissimi "Alla sera", "A Zacinto", "In morte del fratello Giovanni").

Alla sera

• Forse perchè della fatal quïete • Tu sei l’immago a me sì cara, vieni, • O Sera! E quando ti corteggian liete • Le nubi estive e i zeffiri sereni,

• E quando dal nevoso aere inquiete • Tenebre, e lunghe, all’universo meni, • Sempre scendi invocata, e le secrete • Vie del mio cor soavemente tieni.

• Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme • Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge • Questo reo tempo, e van con lui le torme

• Delle cure, onde meco egli si strugge; • E mentre io guardo la tua pace, dorme • Quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.

A Zacinto • Nè più mai toccherò le sacre sponde

Ove il mio corpo fanciulletto giacque, Zacinto mia, che te specchi nell’onde 4Del greco mar, da cui vergine nacque Venere, e fea quelle isole feconde Col suo primo sorriso, onde non tacque Le tue limpide nubi e le tue fronde 8L’inclito verso di Colui che l’acque Cantò fatali, ed il diverso esiglio Per cui bello di fama e di sventura 11Baciò la sua petrosa Itaca Ulisse. Tu non altro che il canto avrai del figlio, O materna mia terra; a noi prescrisse 14Il fato illacrimata sepoltura.

Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo Di gente in gente; mi vedrai seduto Su la tua pietra, o fratel mio, gemendo 4Il fior de’ tuoi gentili anni caduto: La madre or sol, suo dì tardo traendo, Parla di me col tuo cenere muto: Ma io deluse a voi le palme tendo; 8E se da lunge i miei tetti saluto, Sento gli avversi Numi, e le secrete Cure che al viver tuo furon tempesta; 11E prego anch’io nel tuo porto quiete: Questo di tanta speme oggi mi resta! Straniere genti, l’ossa mie rendete 14Allora al petto della madre mesta.

In morte del fratello Giovanni (1803)

Alla musa (1803)

• Pur tu copia versavi alma di canto • Su le mie labbra un tempo, Aonia Diva, • Quando de’ miei fiorenti anni fuggiva • 4La stagion prima, e dietro erale inanto

• Questa, che meco per la via del pianto • Scende di Lete ver la muta riva: • Non udito or t’invoco; ohimè! soltanto • 8Una favilla del tuo spirto è viva.

• E tu fuggisti in compagnia dell’ore, • O Dea! tu pur mi lasci alle pensose • 11Membranze, e del futuro al timor cieco.

• Però mi accorgo, e mel ridice amore, • Che mal ponno sfogar rade, operose • 14Rime il dolor che deve albergar meco