Presentazione standard di PowerPoint · L’INFINITO Sempre aro mi fu quest’ermo olle, E questa...

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GIACOMO LEOPARDI

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GIACOMO

LEOPARDI

L’INFINITO

Sempre caro mi fu quest’ermo colle, E questa siepe, che da tanta parte Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e rimirando, interminati Spazi di là da quella, e sovrumani Silenzi, e profondissima quiete Io nel pensier mi fingo, ove per poco Il cor non si spaura. E come il vento Odo stormir tra queste piante, io quello Infinito silenzio a questa voce Vo comparando: e mi sovvien l’eterno, E le morte stagioni, e la presente E viva, e il suon di lei. Così tra questa Immensità s’annega il pensier mio: E il naufragar m’è dolce in questo mare.

Analisi della poesia: METRICA: endecasillabi sciolti la prima parte descrive il paesaggio mentre la seconda parte è più riflessiva. FIGURE RETORICHE: -enjambements : interminati/spazi... sovrumani/silenzi (amplificano la musicalità e danno importanza a determinate parole ). -metafora : "A questa voce« (il vento che fruscia diventa una voce, un suono familiare, umano quasi che lo richiama alla realtà). -Anastrofe: sempre caro mi fu quest'ermo colle: -Iperbole: consiste nell'intensificare un'espressione esagerando o riducendo oltre misura la qualità di una cosa (sovrumani, profondissima) -Onomatopea: Stormir -Metafora S'annega…..il naufragar m'è dolce in questo mare

TEMI: • La morte in parallelo alla forte sofferenza • Il sentimento di angoscia e di tristezza nei confronti del presente

COMMENTO:L' idillio è uno studio visivo degli elementi del paesaggio per produrre nel lettore la suggestione "dell' Infinito". La vaghezza del linguaggio, basata sull' uso di parole di significato indeterminato, le quali, più che precisare le cose secondo le categorie di spazio e di tempo, ne sfumano i contorni producono una poesia dell' indefinito

1) Giacomo Leopardi nasce il 29 giugno 1798 a Recanati nelle Marche. Fin da piccolo egli trascorre molto tempo nell'imponente biblioteca del padre scegliendo da sé le sue letture.

2) Nel 1809 si dedicò ad uno studio che egli definì "matto e disperatissimo" che danneggiò irreparabilmente il suo fisico e lo rese di animo più triste

3) Stringe amicizia con Pietro Giordani che intuendo il suo senso d'isolamento , l'insofferenza verso il chiuso ambiente della famiglia e di Recanati e la sua genialità, lo incita a proseguire gli studi e le prove poetiche. Intanto nel 1819 si avvia alla cosiddetta "conversione dal bello al vero" cioè dalla poesia alla filosofia, egli afferma infatti:

"cominciai a seguire la mia infelicità in un modo assai più tenebroso , c ominciai ad abbandonare la speranza, a riflettere profondamente sopra le cose, a divenir filosofo di professione (di poeta ch'io era) , a sentire la mia infelicità certa del mondo in luogo di conoscenza, e se io mi metteva a far versi, quei versi traboccavano di sentimento"

La vita (1798-1837)

4) Nel 1819 è colpito da una malattia agli occhi che lo tormenterà tutta la vita. Tenta la fuga da Recanati, esasperato dall'oppressione familiare e dall'incomprensione che lo circonda, ma i suoi piani vengono scoperti e il progetto fallisce. In questo momento di profondo malessere fisico e di cupa depressione, in cui medita anche il suicidio, il poeta rielabora e dà forma poetica ai motivi del suo pessimismo. Nascono infatti i "Piccoli Idilli "

5) Si reca poi a Roma, ma la città e l'esperienza romana lo deludono profondamente. Fa dunque ritorno a Recanati e comincia a comporre le "Operette Morali" (in prosa).

6) Nel 1930 a Firenze vive un amore non corrisposto, appassionato e disperato scrive le poesie "Ciclo di Aspasia.

7) Le sue condizioni fisiche peggiorano sempre di più tanto che egli ormai sempre più depresso si definisce : "un tronco che sente e pena ".

8) Nell'aprile 1836 per sfuggire ad un'epidemia di colera , va ad abitare sulle pendici del Vesuvio e ispirato da questo paesaggio compone i suoi ultimi capolavori come "La Ginestra o il fiore del deserto" . Nel 1837 le sue condizioni di salute si aggravano, muore il 14 giugno.

OPERE

LO ZIBALDONE (1817-1832)) È una raccolta di pensieri sulla vita, Sul mondo e sulla filosofia

OPERETTE MORALI (in prosa) In forma di dialoghi

I CANTI (1904)-POESIE Comprende i GRANDI IDILLI E I PICCOLI IDILLI

POETICA CONCEZIONE PESSIMISTICA DELLA VITA

Vive in una continua condizione di infelicità e dolore

La natura ha creato l’uomo con un desiderio di felicità pur sapendo che è impossibile raggiungerla.

7) VOCABOLI: aulici alternati a parole di uso comune

8) LINGUAGGIO: ha intensa musicalità Uso dell’endecasillabo sciolto Parole scelte per la loro capacità di rievocare immagini vaghe e indistinte

Si interroga sull’origine dell’infelicità umana e individua la causa di tutto nella NATURA

La donzelletta vien dalla campagna in sul calar del sole, col suo fascio dell'erba; e reca in mano un mazzolin di rose e viole, onde, siccome suole, ornare ella si appresta dimani, al dí di festa, il petto e il crine. Siede con le vicine su la scala a filar la vecchierella, incontro là dove si perde il giorno; e novellando vien del suo buon tempo, quando ai dí della festa ella si ornava, ed ancor sana e snella solea danzar la sera intra di quei ch'ebbe compagni nell'età piú bella. Già tutta l'aria imbruna, torna azzurro il sereno, e tornan l'ombre giú da' colli e da' tetti, al biancheggiar della recente luna. Or la squilla dà segno della festa che viene; ed a quel suon diresti che il cor si riconforta. I fanciulli gridando su la piazzuola in frotta, e qua e là saltando, fanno un lieto romore; e intanto riede alla sua parca mensa, fischiando, il zappatore, e seco pensa al dí del suo riposo

Poi quando intorno è spenta ogni altra face, e tutto l'altro tace, odi il martel picchiare, odi la sega del legnaiuol, che veglia nella chiusa bottega alla lucerna, e s'affretta, e s'adopra di fornir l'opra anzi al chiarir dell'alba. Questo di sette è il più gradito giorno, pien di speme e di gioia: diman tristezza e noia recheran l'ore, ed al travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno. Garzoncello scherzoso, cotesta età fiorita è come un giorno d'allegrezza pieno, giorno chiaro, sereno, che precorre alla festa di tua vita. Godi, fanciullo mio; stato soave, stagion lieta è cotesta. Altro dirti non vo'; ma la tua festa ch'anco tardi a venir non ti sia grave.

IL SABATO DEL VILLAGGIO