Presentazione Le Rovine in Attesa - Alfonso Cernelli

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[email protected] http://alfonsocernelli.blogspot.it/ www.alteregoedizioni.it 1 LE ROVINE IN ATTESA di Alfonso Cernelli Romanzo Alter Ego Edizioni 2015 pagg. 227 Pur nella loro diversità anagrafica, sociale e culturale, due uomini si ritrovano ad affrontare un breve ed intenso percorso di vita comune, che li porterà a condividere un velleitario progetto rivoluzionario. Protagonista del romanzo è Erminio Narri, un giovane insoddisfatto e frustrato, che vive con precarietà tutte le esperienze della sua modesta esistenza: il lavoro, l’amicizia e l’amore. Appartenente ad una famiglia della media borghesia caduta in disgrazia, è riuscito ad ottenere soltanto una misera occupazione in una vecchia e malandata biblioteca di teologia, nonostante lunghi anni di studi giuridici alle spalle. Il momento del riscatto sembra però arrivare quando riceve inaspettatamente la lettera di un anziano nobiluomo meridionale, che lo invita a recarsi presso la sua avita dimora per discutere di un “affare urgente e segreto”. Il marchese Alberico Priviano, questo è il nome del misterioso mittente, vive in un antico e decaduto palazzo, in una “terra circondata dai monti eppure così vicina al mare”, che non è difficile identificare nel Cilento. Qui, in mezzo agli amati libri e quasi in solitudine, il marchese coltiva un suo visionario progetto di redenzione collettiva, in cui cerca di coinvolgere Erminio. Questi, nonostante le iniziali titubanze, finirà per aderirvi, nella convinzione di poter ottenere quella fama e quel denaro che, altrimenti, non avrebbe mai creduto di poter raggiungere.

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LE ROVINE IN ATTESA

di Alfonso Cernelli – Romanzo – Alter Ego Edizioni – 2015 – pagg. 227

Pur nella loro diversità anagrafica, sociale e culturale, due uomini si ritrovano ad affrontare

un breve ed intenso percorso di vita comune, che li porterà a condividere un velleitario

progetto rivoluzionario.

Protagonista del romanzo è Erminio Narri, un giovane insoddisfatto e

frustrato, che vive con precarietà tutte le esperienze della sua modesta esistenza: il

lavoro, l’amicizia e l’amore. Appartenente ad una famiglia della media borghesia

caduta in disgrazia, è riuscito ad ottenere soltanto una misera occupazione in una

vecchia e malandata biblioteca di teologia, nonostante lunghi anni di studi giuridici

alle spalle.

Il momento del riscatto sembra però arrivare quando riceve inaspettatamente

la lettera di un anziano nobiluomo meridionale, che lo invita a recarsi presso la sua

avita dimora per discutere di un “affare urgente e segreto”. Il marchese Alberico

Priviano, questo è il nome del misterioso mittente, vive in un antico e decaduto

palazzo, in una “terra circondata dai monti eppure così vicina al mare”, che non è difficile

identificare nel Cilento. Qui, in mezzo agli amati libri e quasi in solitudine, il

marchese coltiva un suo visionario progetto di redenzione collettiva, in cui cerca di

coinvolgere Erminio. Questi, nonostante le iniziali titubanze, finirà per aderirvi, nella

convinzione di poter ottenere quella fama e quel denaro che, altrimenti, non avrebbe

mai creduto di poter raggiungere.

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E sarà proprio la trattazione di questo oscuro progetto ad avvincere i

protagonisti in un comune destino, che li porterà ad accettare definitivamente il peso

della propria inettitudine morale e materiale. I due, apparentemente così diversi, si

scopriranno vicini, entrambi pervasi nel profondo dell’animo da una solitudine alla

quale hanno cercato di dare maldestramente sollievo con l’ansia del successo ed una

vana aspirazione di rivincita.

Concepito quale opera sullo spinoso tema dell’unificazione del Paese e sulla

genesi della questione meridionale, il romanzo, pur attraversato da una sottile vena

polemica, tipica di un certo “revisionismo” della vicenda risorgimentale, tenta di

collocarsi oltre la mera disputa politica. La vicenda narrata diviene pertanto

occasione per lanciare un’invettiva contro la seduzione del denaro ed un

ammonimento sulla inconsistenza dei desideri di gloria e sulla pericolosità

dell’ambizione del potere.

PER CHI FOSSE INTERESSATO ALL’ACQUISTO, LE MODALITÀ SONO INDICATE ALL’INDIRIZZO

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INCIPIT

Era un foglio diverso da tutti quelli che ingombravano lo scuro tavolo.

Originariamente chiuso in una busta, era stato dispiegato, letto, ripiegato con cura, poi

di nuovo dispiegato, letto, ripiegato con cura. Questa sequenza di atti era stata

ripetuta almeno quindici volte da quando la missiva era arrivata. Ora era lì, in bella

vista, tra una pila di testi sacri e versi sparsi di salmisti dimenticati. Un foglio scritto

fitto, animato dalle linee nervose di una grafia quasi incomprensibile, graffiato dalla

penna sorretta da dita esperte e tremolanti.

Il giovane bibliotecario allungò la mano sulla superficie liscia dello scrittoio,

fino a toccare quel pezzo di carta. Voleva saggiarne la reale consistenza con i

polpastrelli. La lettera era indirizzata a lui, proprio a lui che non ne riceveva una da

tempo. Sorrise, con una contrazione delle labbra così lieve da risultare indecifrabile a

chiunque avesse voluto indagarne il significato. Il sorriso era dovuto a una

considerazione talmente evidente e banale che non avrebbe avuto senso esprimere ad

alta voce. Egli rimuginava su quanto quella lettera fosse diversa da tutti gli altri fogli

che affollavano il tavolo; gli apparteneva, a differenza dei tomi che lo circondavano e

che permeavano l’aria dell’inconfondibile profumo della carta antica.

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La sala oblunga era semideserta, c’erano più mosche che esseri umani. Le

prime svolazzavano molli, si poggiavano un secondo sulle copertine dei libri e poi

ripartivano; a volte si scontravano in volo, producendo ronzii convulsi.

Gli esseri umani erano tre in tutto: il giovane bibliotecario, il direttore e un

altro uomo che la penombra rendeva indistinguibile da quello che lo circondava.

Ognuno era immobile davanti al suo banco; solo quello del direttore aveva l’apparenza

di una scrivania, se non altro perché era ingombro di documenti, non certo importanti,

ma pur sempre documenti, con tanto di timbri, firme e numeri di protocollo. Sul tavolo

del bibliotecario, invece, c’era una pila di libri da catalogare e, soprattutto, la lettera.

Scossa dalla brezza che entrava dalla grande finestra semiaperta, sembrava volesse

anche lei prendere il volo, sfrontata e quasi orgogliosa della sua diversità rispetto ai

pesanti volumi che il vento non riusciva a smuovere. Sul terzo scrittoio c’era un

giornale aperto alla pagina della cronaca, che nessuno leggeva; l’uomo aveva

appoggiato la testa sul foglio e, in quella posizione innaturale del collo, riposava beato.

Tutti, persone, mosche e libri, sembravano fiacchi e privi di forze. Era l’ultimo sole di

settembre che li rendeva così, sfibrati dalla calura dell’estate che finiva.

Il direttore ruppe quell’incanto. Si alzò, facendo stridere la sedia sul

pavimento, avvicinandosi al giovane. Lo fissò lungamente prima di aprire bocca […]