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TEORIE DELLO SVILUPPO PROF . S. CAVICCHIOLI Le presenti slide sono una proprietà intellettuale di Accademia Socratica, sono concesse ad esclusivo uso personale dell’Allievo ed è vietata qualsiasi forma di divulgazione, riproduzione, duplicazione anche parziale non autorizzata Accademia Socratica Scuola di Counseling ad Indirizzo di Scienze Sociali www.socratica.it A. A. 2012-2013 Corso 11^, Classe I GLOSSARIO DI PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO 1

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TEORIE DELLO SVILUPPO – PROF. S. CAVICCHIOLI

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A. A. 2012-2013 – Corso 11^, Classe I

GLOSSARIO DI PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO

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Principale Bibliografia di Riferimento:

- Camaioni L., Di Blasio P., Psicologia dello sviluppo, Il Mulino;

- Camaioni L., Manuale di psicologia dello sviluppo, Il Mulino;

- Miller P. H., Teorie dello sviluppo psicologico, Il Mulino;

- Rollo D, Dizionario di psicologia della sviluppo e dell’educazione, Carocci.

IN TUTTI I CASI TUTTE LE ELABORAZIONI CONTENUTE NEL PRESENTE CORSO SONO UNA

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Insieme di tutti i possibili eventi fisici, biologici, sociali e culturali con cui

l’individuo interagisce nel corso dello sviluppo, a partire dalla vita embrionale. La

relazione individuo-ambiente è sempre interdipendente e le influenze sono

reciproche.

AMBIENTE

ASSIMILAZIONE - ACCOMODAMENTO

ASSIMILAZIONE: processo in virtù del quale ogni nuova informazione

proveniente dalla realtà esterna, o acquisita per mezzo dell’esperienza, può

essere incorporata nelle strutture cognitive già esistenti. (ad es. quando un

bambino porta un oggetto alla bocca si ha un’assimilazione motoria)

ACCOMODAMENTO: processo in base al quale le strutture interne esistenti si

modificano per adeguarsi alle caratteristiche delle novità ambientali assimilate.

(ad es. quando un bambino afferra una palla, contemporaneamente la assimila

allo schema della prensione e modifica quest’ultimo per disporre le dita

diversamente da quando afferra un pezzo di carta)

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Versione semplificata e abbreviata della lingua madre usata per parlare al

bambino piccolo, adeguandosi alle sue competenze limitate, con la funzione di

facilitare l’acquisizione e lo sviluppo del linguaggio. E’ dello anche motherese,

perché indica la «lingua delle madri», pur non essendo prerogativa solo di

queste ultime, in quando presente anche in altri adulti, familiari e non, e negli

stessi bambini quando si rivolgono a bambini più piccoli. Il baby talk ha

caratteristiche distintive a tutti i livelli della produzione linguistica: ad es. dal

punto di vista lessicale, si basa su un vocabolario ristretto e legato

all’esperienza quotidiana del bambino, come vezzeggiativi, diminutivi e termini

che semplificano parole d’uso comune (ad es. ciccia per carne, ninna per

dormire); la struttura sintattica si connota per la presenza di frasi brevi e

semplici, prive di subordinate, attive piuttosto che passive; si ha poi un timbro

di voce alto con l’intonazione accentuata su alcune parole, il ritmo lento e

cantilenante.

BABY TALK

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Letteralmente «fornitore di cure», è un termine utilizzato per indicare la persona o

le persone che si occupano in modo significativo di un bambino, in particolare

nei primi mesi o anni di vita. In generale, il caregiver privilegiato nella prima

infanzia può essere la madre biologica, il padre o altre figure di riferimento che

hanno una funzione di accudimento nei confronti del piccolo (per es. i nonni)

CAREGIVER

COMPLESSO DI EDIPO

Espressione usata da Freud per indicare il conflitto provato dai bambini tra i 3 e i

5 anni durante la fase fallica, quando sviluppano fantasie e desideri incestuosi

per il genitore dell’altro sesso e, allo stesso tempo, rivalità e gelosia per il

genitore dello stesso genere. Il superamento di questo complesso costituisce un

punto centrale nello sviluppo della personalità e l’inizio del processo di

identificazione con il genitore. La versione femminile del complesso edipico è il

Complesso di Elettra.

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Possedere il concetto di conservazione (o invarianza) significa comprendere

che le proprietà base di un oggetto o di una sostanza non vengono modificate

da cambiamenti nel loro aspetto esteriore: ad. es. un liquido non muta di

quantità se travasato in un altro recipiente, anche se cambia di livello.

La conservazione, secondo la teoria piagetiana è una tipica acquisizione del

pensiero operatorio concreto, tanto che le prove di conservazione vengono

usate per «diagnosticarlo». Le operazioni mentali reversibili di quello stadio

permettono di compensare o annullare le trasformazioni reali osservate,

consentendo al bambino di risolvere le contraddizioni del periodo precedente

(ad es., se il liquido è lo stesso o può «sembrare» di più quando il contenitore è

più alto?). Gli es. più noti sono sulla conservazione del liquido, ma anche nella

conservazione del numero e della lunghezza vale lo stesso principio di

reversibilità.

CONSERVAZIONE

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In senso generale con questo termine si intende la relazione del bambino con la

madre o con la sua figura di accudimento (caregiver). Più in particolare, dal

punto di vista dello sviluppo comunicativo, si parla di diade o di relazione

diadica per fare riferimento agli scambi di natura espressiva o affettiva che

coinvolgono madre e bambino nei primi sei mesi di vita, quando cioè la loro

comunicazione riguarda la diade stessa.

In questa fase dello sviluppo comunicativo il bambino si impegna in interazioni

diadiche con l’adulto in assenza di oggetti o con gli oggetti in assenza

dell’adulto, fino a quando la comparsa di fenomeni di attenzione condivisa non

trasforma l’interazione in triadica. Vedi «Triade»

DIADE

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Ripetizione automatica, da parte del bambino, di parole che gli vengono rivolte da

altri. Può apparire in condizioni di linguaggio normale con funzioni ludiche (il

bambino piccolo «gioca» con le parole sentite, che ripete per puro divertimento)

o essere parte di una patologia (ad es. l’autismo). In quest’ultimo caso il

linguaggio è anormale e la ripetizione di parole può essere l’unica forma di

espressione vocale articolata.

ECOLALIA

EGOCENTRISMO

Termine che contrassegna la tendenza a vedere il mondo da una prospettiva

soggettiva e la mancanza di capacità di riconoscere che gli altri possano avere

punti di vista diversi.

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Disciplina fondata da Piaget con l’obiettivo di delineare una teoria della

formazione della conoscenza. Più in particolare: se è vero che l’epistemologia è il

settore della filosofia che si occupa dello studio della conoscenza, con

particolare interesse per i principi e i metodi della conoscenza scientifica,

svincolandola dalla filosofia e aggiungendovi l’aggettivo genetica nel senso di

genesi o sviluppo, Piaget rese l’epistemologia genetica una TEORIA DELLO

SVILUPPO MENTALE.

EPISTEMOLOGIA GENETICA

Termine che potrebbe essere tradotto con «dare un’impronta». Fu adottato da

Lorenz attraverso celebri esperimenti di etologia con oche e anatre. Lo studioso

osservò come subito dopo la schiusa, nell’arco di un certo periodo di tempo

definito sensibile o critico, i piccoli mostrino una rilevante prontezza nel seguire

(following) il primo oggetto in movimento che compare nel loro campo visivo.

Lorenz chiamò questo fenomeno imprinting (ovvero impronta percettiva), una

forma particolarmente rapida di apprendimento in cui le caratteristiche

specifiche della madre-chioccia vengono apprese dai pulcini subito dopo la

nascita.

IMPRINTING

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Dall’inglese babbling, indica la sequenza di sillabe, consonanti e vocali, ripetute

due o più volte (mamama, papapa, tatata), che il bambino comincia a produrre a

circa 4-6 mesi di vita. Le consonanti che appaiono per prime nelle produzioni dei

bambini sono la m e la p, a cui fanno seguito n, b, t, d.

LALLAZIONE

REVERSIBILITA’/IRREVERSIBILITA’

La reversibilità o capacità di annullare un’azione con un’altra opposta è alla

base delle operazioni logiche del periodo scolare. Prima di allora, secondo

Piaget, le azioni interiorizzate del periodo preoperatorio sono isolate e non sono

coordinate in un sistema e il bambino non è capace di attivarne più di una alla

volta. Inoltre le azioni interiorizzate o schemi mentali in quanto interiorizzazioni

di percezioni o movimenti conservano le caratteristiche delle percezioni e dei

movimenti, pertanto sono rigide e irreversibili: il dato percettivo prevale sulla

rappresentazione mentale giovane e fragile. L’esempio più noto

dell’irreversibilità del pensiero e della prepotenza del dato percettivo è costituito

dalle prove di conservazione che il bambino non riesce a risolvere prima del

periodo operatorio concreto.

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E’ la capacità della madre o del caregiver, di accorrere quando c’è bisogno di aiuto.

RESPONSIVITA’

Il concetto di stadio, che si trova anche nell’accezione di fase o periodo, definisce

le unità attraverso le quali si verificano i cambiamenti strutturali nelle qualità e nelle

caratteristiche del comportamento e nelle funzioni psichiche dell’individuo, per

effetto del passare del tempo. Dalla definizione sintetica derivano alcuni criteri che

definiscono lo stadio di sviluppo: gli stadi individuano cambiamenti qualitativi (il

camminare carponi, il camminare eretti, ad es. in quanto qualità diverse della

motricità, appartengono a stadi differenti); tra uno stadio e l’altro i cambiamenti

sono strutturali, cioè si hanno modificazioni sostanziali nelle strutture che servono

a interagire con la realtà, gli stadi si integrano gerarchicamente (passando a un

nuovo stadio le «vecchie» strutture non sono abbandonate ma integrate nelle

«nuove»); nel disporsi in frequenza, gli stadi hanno un ordine logico; il passaggio

dall’uno all’altro non è subitaneo, ma graduale. La concezione stadiale nella sua

versione originale (es. Piaget, Freud) postula una fondamentale universalità (tutti i

b. attraversano la medesima sequenza stadiale). Attualmente però la maggior parte

di studiosi, pur condividendo del concetto di stadio una certa progressione, ritiene

che la successione da uno stadio all’altro non sia indipendente dall’esperienza e

dalle influenze culturali.

STADIO

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Termine con cui si può fare riferimento sia all’interazione bambino-adulto-oggetto

che alla relazione bambino-madre-padre. Nel primo significato, la triade è un

«insieme di tre elementi connessi», passaggio cruciale nello sviluppo

comunicativo durante il primo anno di vita: è intorno ai sei mesi che il bambino

inizia a guardare alternativamente l’adulto e un oggetto esterno, mentre fino ad

allora guardava l’uno o l’altro, e l’interazione da diadica diventa triadica. In quanto

«gruppo di tre persone», invece, la triade segna la transizione alla genitorialità,

cioè il passaggio dalle due diadi, madre-bambino e moglie–marito, alla triade

familiare.

TRIADE