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Sistema Museale del Lago di Bolsena Quaderni 16 Preistoria di un paesaggio. La Caldera di Latera e il territorio circostante a cura di Patrizia Petitti Fabio Rossi 2012

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Preistoria di un paesaggio.

La C

aldera di Latera e il territorio circostante

Sistema Museale del Lago di Bolsena

Quaderni16

Preistoria di unpaesaggio.

La Caldera di Laterae il territorio circostante

a cura di

Patrizia Petitti

Fabio Rossi

2012

Unione Europea Regione Lazio Provincia di Viterbo Comune di Valentano

€ 10,00 ISBN: 978-88-95066-30-1

Museo della preistoria della Tuscia e della Rocca Farnese

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Sistema museale del lago di Bolsena(Provincia di Viterbo)Comuni di: Acquapendente, Bagnoregio, Bolsena, Cellere, Farnese, Gradoli, Grotte di Castro, Ischia di Castro,Latera, Lubriano, Montefiascone, Valentanowww.simulabo.it

Comune capofila: BolsenaL.go San Giovanni Battista de la Salle, 301023 Bolsena (VT)Tel. 0761 795317 - Fax 0761 795555e-mail: [email protected]

Quaderno realizzato dal Museo della preistoria della Tuscia e della Rocca Farnese01018 -I- Valentano (VT)

ISBN: 978-88-95066-30-1

IMMAGINe dI CoPeRTINA

Tavoletta enigmatica. Vallone (Valentano -VT), cfr cap. 5, scheda n. 74, 12.

Foto: Marcello Leotta

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IndIce deglI autorI

laura Maria alfano, “Sapienza” Università di Roma, Ro-ma. (L.M.A.)

clarissa Belardelli, Area Valorizzazione Territorio e Patri-monio culturale, Regione Lazio, Roma. (C.B.)

giorgio Brocato, geologo libero professionista, Roma.(G.B.)

Sergio camiz, dipartimento di Matematica “Guido Castel-nuovo”, “Sapienza” Università di Roma, Roma. (S.C.)

Veronica carrubba, Viterbo. (V.C.)

eugenio cerilli, Società Cooperativa ARX, Roma. (E.C.)

Isabella damiani, Sovraintendenza ai Beni Culturali di Ro-ma Capitale, U.o. Musei di Arte Antica, Roma. (I.D.)

gian Maria di nocera, dipartimento di Scienze dei BeniCulturali, Università degli Studi della Tuscia, Viterbo.(G.M.D.N.)

lucina giacopini, Is.I.P.U.-Istituto Italiano di PaleontologiaUmana, Roma; SAF S.r.l.-Per la cultura e l’ambiente, Roma.(L.G.)

diego Mantero, Riserva Naturale Regionale Selva del La-mone, Farnese (VT); Is.I.P.U.-Istituto Italiano di Paleontolo-gia Umana, Roma. (D.M.)

azzurra Mascelloni, “Sapienza” Università di Roma, Roma.(A.M.)

Federico nomi, Università degli Studi della Tuscia, Viterbo.(F.N.)

neda Parmegiani, Istituto di Studi sulle Civiltà dell’egeo edel Vicino oriente, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Ro-ma. (N.P.)

carlo Persiani, Sovraintendenza ai Beni Culturali di RomaCapitale. (C.P.)

Patrizia Petitti, Soprintendenza per i Beni Archeologici del-l’etruria Meridionale, Roma. (P.P.)

Maurizio Poscolieri, Istituto di Acustica e Sensoristica,Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma. (M.P.)

Manuela romagnoli, dipartimento di Scienze e Tecnologieper l’Agricoltura, le Foreste, la Natura e l’energia, Universitàdegli Studi della Tuscia, Viterbo. (M.R.)

Fabio rossi, Museo della preistoria della Tuscia e della Roc-ca Farnese, Valentano (VT). (F.R.)

Stefano Spina, dipartimento di Scienze e Tecnologie perl’Agricoltura, le Foreste, la Natura e l’energia, Università de-gli Studi della Tuscia, Viterbo. (S.S.)

anna rita taddei, Centro Interdipartimentale di Micro-scopia elettronica, Università degli Studi della Tuscia, Viter-bo. (A.R.T.)

Pietro tamburini, Museo territoriale del lago di Bolsena,Bolsena (VT). (P.T.)

Silvana Vitagliano, Area Valorizzazione Territorio e Patri-monio culturale, Regione Lazio, Roma. (S.V.)

la redazione e l’elaborazione digitale della tav. 1 fuoritesto sono opera di eugenio cerilli.

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PReFAzIoNI

La pubblicazione della collana dei Quaderni costituisce una delle più evidenti risposte che il Sistemamuseale del lago di Bolsena (Simulabo)1 si è dato e ha dato per rispettare l’impegno di procedere ver-so …una compiuta e integrata interpretazione del territorio, fondata sullo studio, la conoscenza, latutela, la valorizzazione e la divulgazione del patrimonio culturale da questo espresso2.

Attraverso i Quaderni, difatti, si è inteso prima di tutto offrire alla collettività un ulteriore strumento diconoscenza del territorio sistemico, dai contenuti assai diversificati sia per argomento sia per complessità,comunque in grado di soddisfare le esigenze di un’ampia fascia di pubblico, compresa tra l’ambito scola -stico e il livello specialistico, spaziando soprattutto tra le discipline storiche, antropologiche e naturalistiche.

Con questo studio complessivo sulle ricerche e sulle acquisizioni di archeologia preistorica e proto-storica effettuate nella Caldera di Latera, la nostra collana giunge alla pubblicazione del suo sedicesi-mo volume, edito ad appena sette anni di distanza dal primo, segno inequivocabile della vitalità scien-tifica che - diretta essenzialmente alla promozione del territorio, all’integrazione dei programmi sco-lastici e alla divulgazione scientifica in ambito sistemico - ancora muove gli operatori coinvolti a variotitolo nell’istituzione, impegnati senza soluzione di continuità in un’attenta e vivace programmazione,sostenuta finanziariamente dalla Regione Lazio.

Il Museo della preistoria della Tuscia e della Rocca Farnese di Valentano nel 2005 curò la pubbli-cazione del secondo volume della prima fase editoriale dei Quaderni, dedicato a una collezione di an-tichità etrusche da poco acquisita3; nel rispetto della nuova fase editoriale della collana4, resa possibiledall’integrazione tra il finanziamento regionale e il cofinanziamento dei Comuni firmatari della con-venzione istitutiva del Simulabo5, il museo presenta oggi un lavoro di carattere specialistico, rivolto es-senzialmente a un pubblico colto o, meglio ancora, di studiosi della materia.

Come ben si evince dal titolo Preistoria di un paesaggio. La Caldera di Latera e il territorio circostante,si tratta di uno studio di topografia storica, condotto nell’ambito di un’unità geografica che, nel corso deimillenni, ha subito grandi mutamenti di carattere geologico, formatasi a seguito di un’intensa e prolungataattività vulcanica, ancora oggi manifestata da fenomeni di vulcanesimo secondario, poi intensamente popo-lata, soprattutto nel corso dell’età del Bronzo, per la feracità del suolo e l’abbondanza delle acque.

Un’opera, quindi, di respiro territoriale, progettata, curata e partecipata da due specialisti di arche-ologia preistorica e protostorica, quali sono Patrizia Petitti e Fabio Rossi, strutturata secondo un’artico-lazione complessa, imposta dalle dimensioni e dalla stratificazione tematica dell’argomento scelto,svolto anche grazie al concorso di una vera e propria équipe di esperti nelle singole discipline, sia diambito archeologico sia naturalistico, che hanno contribuito al completamento dell’analisi generale, of-frendo al mondo degli studi, per la prima volta, un’ampia ricostruzione geologica, archeologica e am-bientale del territorio calderico laterese dalla sua formazione agli albori della storia.

1 Sull’articolazione del Simulabo v. da ultimo F. Rossi (a cura di), Guida al Sistema museale del lago di Bolsena, V ediz., Acquapendente 2011;sulla dimensione culturale e sulle finalità dell’istituzione v. P. Tamburini, Il pregio dell’imperfezione ovvero il Sistema museale del lago diBolsena, in Nuova Museologia 16, Milano 2007, pp. 26-29.2 estratto dalla mission del Simulabo con cui si apre il regolamento approvato dal Comitato Scientifico il 22 febbraio 2007 e ratificato dal-l’Assemblea degli Amministratori il successivo 31 marzo.3 G. Barbieri, La collezione D’Ascenzi, in Quaderni del Sistema museale del lago di Bolsena 2, Bolsena 2005.4 Questa, a partire dall’undicesimo volume, accoglie studi, per contenuto e forma, maggiormente legati all’ambito disciplinare, mentre i primidieci numeri hanno illustrato soprattutto argomenti di ampio respiro, d’interesse collettivo, sui temi più diversificati. A questo proposito v. P.Tamburini, Prefazione, in M. L. Medori, La ceramica “white-on-red” della media Etruria interna, in Quaderni del Sistema museale del lagodi Bolsena 11, Bolsena 2010, p. III.5 Finanziamenti che, erogati sulla base del III Atto integrativo dell’Accordo di Programma Quadro 1 (annualità 2006) a seguito della vali-dazione progettuale curata dall’Area Servizi e Strutture Culturali dell’Assessorato regionale, hanno comportato una partecipazione finanziariadei Comuni pari al 10% dell’importo totale, corrispondente all’1% per ogni Comune aderente.

PIeTRo TAMBURINI

Dottore di ricerca della Sapienza – Università di RomaCoordinatore del Simulabo

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Questo volume dedicato alla Caldera di Latera ha il pregio di essere il risultato di una ricerca multi -disciplinare: sono state infatti coinvolte specializzazioni diverse per gli strumenti utilizzati ma con unobiettivo condiviso, quello di ricostruire l’evoluzione nella preistoria di un paesaggio dominato dallapresenza di acqua, al cui interno ricollocare le comunità antiche ricostruendone i lineamenti. In questocaso possiamo dire che la multidisciplinarità della ricerca non è stata solo teorizzata, come spesso accade, ma è stata effettivamente raggiunta ed ha consentito una lettura del mondo antico più completadi quanto la sola ricerca archeologica avrebbe permesso. Nel volume trovano posto indagini scientificheprogettate per rispondere alle domande formulate dagli archeologi ma anche, e questo appare più in-consueto, ricerche che hanno trovato nella documentazione archeologica uno strumento di verifica econtrollo di dati di origine naturalistica: in entrambi i casi si afferma una prospettiva di indagine che sisforza di superare i limiti delle singole discipline. da un punto di vista strettamente archeologico il la-voro presenta il profilo di un’indagine di carattere territoriale, in cui hanno trovato posto tutti i dati chenel tempo e in circostanze diverse sono stati registrati.

Come sempre quando una ricerca di questo genere arriva alla pubblicazione, l’opera è uno strumentoconoscitivo utile anche per la tutela dei beni archeologici e, più in generale, per la gestione di un paesag -gio speciale, che richiede ogni sforzo per conciliare la necessità di conservare con quella di non ostaco -lare uno sviluppo sostenibile.

Nella continua opera di valorizzazione, promossa e realizzata dal Museo della preistoria della Tu -scia e della Rocca Farnese di Valentano, rientra anche l’attività editoriale che comprende ricerche pub-blicate nell’ambito della propria collana di Studi, Testi, Cataloghi oppure, come in questo caso e già nel2005 con il volume dedicato alla Collezione d’Ascenzi, all’interno dei Quaderni del Sistema musealedel Lago di Bolsena. È questo il segno, fra i molti altri, della vitalità dell’istituzione, attenta ad una di-vulgazione di qualità e ad offrire strumenti per la conoscenza del territorio, obiettivo primario di unmuseo come il nostro.

La ricerca che con molta soddisfazione qui si presenta, frutto di una lunga e articolata elaborazionepluridisciplinare, offre a partire da una sistemazione coerente dei dati, per la maggior parte inediti, unainnovativa e accurata analisi conoscitiva di un paesaggio a noi tanto caro, quale è in particolare laCaldera di Latera, durante la preistoria e la protostoria.

La realizzazione dell’opera inoltre, molto articolata, ha favorito ancora una volta la stretta collabo-razione non solo di singoli studiosi ma anche di enti e Istituzioni, quali in particolare la Soprintenden-za per i Beni Archeologici dell’etruria Meridionale e l’Area Valorizzazione Territorio e Patrimonio cul-turale della Regione Lazio, impegnati a vario titolo nell’area in questione ormai da molti anni.

L’auspicio è che i risultati conseguiti nello studio siano di interesse non solo della comunità scien-tifica, ma soprattutto di tutti coloro che sono interessati alla conoscenza della propria storia, anche lapiù remota.

FRANCeSCo PACChIAReLLI

Sindaco di Valentano

ALFoNSINA RUSSo

Soprintendente per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale

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1. SToRIA deGLI STUdI

La Caldera di Latera è una depressione di for-ma ellittica, originata dal collasso di uno strato-vulcano complesso: il carattere più immediata-mente percepibile della caldera è l’isolamento dalterritorio circostante, dal quale la separa una cer-chia di ripide colline, il cosiddetto recinto calderi-co che segna con particolare evidenza il confinedell’area a N, e e S, mentre ad o il margine è me-no nettamente definito ed interrotto dalla colata dilava della Selva del Lamone (cfr infra 3). La cal-dera, circa 7x9 km e dunque di modesta estensio-ne, è divisa da un punto di vista amministrativo trai Comuni di Latera (VT) e Valentano (VT), lembimarginali ricadono nei Comuni di Farnese (VT)ed Ischia di Castro (VT).

I primi studi archeologici sull’area, in una faseche si può considerare ancora antiquaria, risalgo-no al 1868 e riguardano un gruppo di oggetti pro-venienti genericamente dal territorio di Valentano(de Rossi 1868, p. 25, tav. II). Il contesto di ap-partenenza, sepoltura come riferisce de Rossi oripostiglio come è stato ipotizzato successivamen-te (Montelius 1895-1910, vol. II, tav. 142, 11-14;Pinza 1905, col. 423, tav. XXII, 4, 8, 10; Caranci-ni 1984, p. 174), è incerto a causa dell’assenza diinformazioni di prima mano sul momento dellascoperta. Incerta è anche l’esatta composizionedel complesso, formato secondo de Rossi da dueasce ad occhio, un’ascia ad alette ed una a canno-ne, una punta di lancia ed uno specchio: è proba-

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bile infatti che quest’ultimo, di età ellenistica, siastato associato arbitrariamente al contesto origina-le perché gli altri materiali sono da assegnare, sul-la base dell’analisi tipologica, al IX e all’VIII sec.a.C. (Pellegrini 1993a).

Le ricerche moderne sulla preistoria e proto-storia della Caldera di Latera iniziano nel 1972con la scoperta dell’insediamento sommerso delLago di Mezzano ad opera di F. Sonno, ammini-stratore della tenuta al cui centro giace il laghetto1

(Colonna 1973, p. 543, tav. CXVII, b-c). di origi-ne vulcanica, il lago è incassato tra i rilievi colli-nari che lo chiudono lungo tutto il perimetro conl’eccezione del settore Ne, che si apre su un pia-no attraversato dall’emissario Fosso delle Volpi-olpeta; il lago, di forma oggi quasi circolare, pre-senta un diametro di circa 800 m ed una profon-dità massima di circa 31 m (cfr infra 3).

L’anno successivo alla scoperta ebbe luogouna prima campagna di prospezione, rilievo topo-grafico e raccolta di materiali di superficie. La ri-cerca fu condotta in collaborazione con la Soprin-tendenza Archeologica per l’etruria Meridionaleda C. Mocchegiani Carpano, M. C. Franco e L.Ferri Ricchi (Mocchegiani Carpano 1976; FerriRicchi 2001, pp. 136-151). Per il Lazio si trattavadi uno dei primi interventi di archeologia nelle ac-que interne, interventi che dovevano misurarsi tral’altro con i problemi di carattere tecnico posti daquesto tipo di indagine, ancora non convenziona-le in Italia.

Il materiale recuperato nel 1973 è stato par-zialmente esposto nella mostra tenutasi nel mesedi giugno 1975 nell’Aula dei Convegni del Consi-glio Nazionale delle Ricerche a Roma (Franco1975a); un ulteriore lotto di materiali fu presenta-to nel successivo mese di luglio nell’ambito dellamostra “Nuove scoperte ed acquisizioni nell’E-truria Meridionale” tenutasi presso il Museo Na-zionale etrusco di Villa Giulia, sempre a Roma(Franco 1975b). L’impatto della collezione rac-colta nel 1973 sulla ricerca archeologica fu straor-dinario per la quantità e la qualità dei dati che imateriali recuperati offrivano ad uno studio tipo-cronologico. Questo effetto è stato confermatodall’edizione completa del 1982 a firma di M. C.Franco, tanto che il complesso raccolto nel corsodella campagna 1973 costituisce ancora oggi, inattesa della pubblicazione delle ricerche successi-ve, una delle basi per la ricostruzione del Bronzoantico e medio in Italia centrale. Il volume “L’in-sediamento preistorico del Lago di Mezzano” sicontraddistingue anche per un primo sforzo di va-

lorizzazione del potenziale conoscitivo degli ele-menti di struttura dell’abitato, cioè i pali infissinel fondale lacustre che indicavano possibili areedi insediamento: alcuni di essi, sottoposti ad ana-lisi radiometrica (Belluomini, Manfra 1976; Ales-sio et alii 1975, pp. 316-319) e xilotomica (Fol-lieri et alii 1982, pp. 175-183), restituirono preli-minari indicazioni cronologiche e ambientali.

Negli anni 1973-1974 il Gruppo ArcheologicoRomano estese la sua attività di ricognizione si-stematica alla Caldera di Latera e individuò, tral’altro, due siti importanti per la protostoria dellazona, e cioè Monte Saliette (d’ercole, di Genna-ro 1991-1992, pp. 694-695; Pennacchioni 1995, p.220, fig. 3, 1-4) e Poggio evangelista (Fugazzoladelpino, delpino 1979, p. 278, fig. 1, a; di Gen-naro 1986, pp. 53-55; d’ercole, di Gennaro 1991-1992, pp. 694-695; Pennacchioni 1995, p. 219,fig. 1, 1-9).

Nel 1983, dopo una lunga pausa, la soprinten-denza riprese le ricerche nel Lago di Mezzano, al-largando la prospettiva dell’indagine all’interacaldera, che diventò obiettivo di un lavoro di am-pio respiro; non solo infatti la soprintendenza con-dusse direttamente studi e campagne di scavi masi impegnò anche ad organizzare in un progettounitario collaborazioni diverse sia con istituti diricerca che con il volontariato locale.

La qualità di ambiente conchiuso, tipico dellacaldera, e la notevole articolazione morfologicaall’interno di essa ne fanno una zona ideale per lostudio dei processi che hanno regolato l’occupa-zione del territorio da parte dell’uomo fin dalle fa-si più antiche. Altrettanto caratterizzante è la pre-senza di acqua, assai cospicua in passato ed orarappresentata soprattutto dal Lago di Mezzano(Giraudi, Narcisi 1994, pp. 12-13): l’associazionetra questo ed un esteso insediamento protostoricoha costretto, fin dall’inizio dell’indagine, ad inter-rogarsi sul rapporto originale tra strutture costrui-te dall’uomo e specchio d’acqua. Il recupero dellarelazione uomo-ambiente come chiave di letturadell’evidenza, impostasi per la ricerca nel Lago diMezzano, si è successivamente estesa a tutta lacaldera, il cui assetto ha subito nel tempo non po-chi cambiamenti (cfr infra 3). Risulta così subitoindividuata la linea di sviluppo dello studio, ricol-locare la presenza dell’uomo nell’ambiente in cuiessa è maturata.

Le ricerche archeologiche condotte dalla so-printendenza hanno privilegiato il sito di Mezza-no. Le indagini, avviate appunto nel 1983, si po-nevano come obiettivo l’esplorazione sistematica,

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quanto possibile completa, del fondale del lago edil rilievo delle emergenze archeologiche con loscopo di ricostruire la pianta dell’abitato sommer-so che copre gran parte dell’età del bronzo. Lecampagne di ricerca sono proseguite con discretaregolarità fino al 1996, anno in cui è stato esegui-to un primo saggio di scavo; successivamente lacarenza di risorse ha provocato la totale interru-zione della ricerca sul campo. Nelle ultime duecampagne, condotte negli anni 1995-1996, fu av-viata anche l’indagine dendrocronologica sui palidi un’area dell’insediamento, la zona identificatacome M2: grazie all’impegno di Leone Fasani, al-lora all’Università degli Studi di Milano, si dispo-ne della prima curva, per ora fluttuante, dell’etàdel bronzo in Italia centrale.

Anche il sito di Poggio evangelista (Latera) èstato oggetto di ricerca da parte della soprinten-denza. Lo scavo, avviato nel 1985 per risolvere undelicato problema di tutela, ha messo in luce uninsediamento occupato dalla seconda metà del VIsec. a.C. fino ad epoca tardo-ellenistica: si tratta diun centro fortificato che, presentando importantistrutture destinate all’immagazzinamento, sembralegato ad un’intensa produzione agricola e forseanche alla lavorazione del metallo, visto che ilcolle sul quale sorge l’abitato è disseminato discorie ferrose. Le estese indagini condotte in quel-la occasione non hanno evidenziato resti di inse-diamenti protostorici, la cui presenza continua adessere attestata dai soli materiali raccolti in super-ficie e da esigui frammenti ceramici provenientida uno strato rimescolato (Berlingò 1995, 2005, p.174; Berlingò, d’Atri 2003, pp. 249-250).

Nel 1986 fu costituito a Valentano il GruppoArcheologico Verentum (G.A.V.), che riprendeval’esperienza di una precedente sezione locale delGruppo Archeologico Romano. Il principale inte-resse del G.A.V., attivo per oltre un decennio, eracostituito dalle ricerche di superficie; i risultati diquesto impegno sono confluiti tra l’altro nella mo-stra allestita dal Gruppo nel 1989 “Valentano:messaggi dal passato. Presenze preistoriche sulterritorio”.

Proprio a seguito di una segnalazione delG.A.V. la soprintendenza fu costretta ad interveni-re sul Monte Starnina (Valentano): purtroppo ledue brevi campagne di scavo nel 1986 e 1987 di-mostrarono che l’attività della cava di materialevulcanico, che aveva demolito gran parte delmonte, aveva quasi completamente distrutto uninsediamento del Bronzo finale, di cui restavanosolo poche tracce (Conti et alii 1993, pp. 58-60).

Anche l’intervento della soprintendenza sul si-to di Monte Saliette (Valentano) nel 1992 è statoprovocato da un problema di tutela: una profondaaratura aveva fatto affiorare materiale archeologi-co, confermando i risultati delle precedenti rico-gnizioni. Lo scavo di emergenza, che purtroppoper problemi finanziari non fu seguito da succes-sive campagne regolari, portò all’individuazionedei resti di un insediamento del Bronzo medio(Conti et alii 1993, pp. 50-58; cfr infra 6.1), tute-lato poi da vincolo archeologico (d.M. 20 maggio1994).

I risultati del ciclo di indagini avviate nel 1983,con la ripresa delle ricerche nel Lago di Mezzano,furono resi noti con la mostra “Vulcano a Mezza-no. Insediamento e produzioni artigianali nellamedia valle del Fiora nell’età del Bronzo”(AA.VV. 1993). La mostra, allestita nel 1993 nel-la Rocca Farnese di Valentano il cui complesso re-stauro era stato appena concluso, rispondeva al-l’esigenza di proporre alla comunità scientifica unprimo organico, seppur parziale, quadro dei risul-tati dei diversi interventi coordinati dalla soprin-tendenza e nello stesso tempo costituiva anche ilprimo passo verso la costituzione del Museo dellapreistoria della Tuscia e della Rocca Farnese.

Nella prospettiva di ricostruire intorno all’in-sediamento sommerso del Lago di Mezzano unoscenario per quanto possibile organico dell’occu-pazione antica, nel biennio 1993-1994 la soprin-tendenza ha impostato e portato a termine un pro-gramma di ricognizione sistematica della caldera,finalizzato alla tutela e allo studio dei problemigeo-archeologici. L’intervento è stato condotto incollaborazione con l’eNeA (Agenzia nazionaleper le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppoeconomico sostenibile) ed è stato realizzato dallaSocietà Cooperativa ARX (Roma), che non si è li-mitata alla sola esecuzione ma ha anche fornito unapporto scientifico originale.

oltre all’ovvio obiettivo di indagare sistemati-camente l’area, rientrava nella parte archeologicadel progetto la redazione di carte tematiche (cfrinfra 4.1) per meglio valutare il significato dellepresenze note ed impostare eventuali futuri svi-luppi della ricerca, che purtroppo la mancanza dirisorse hanno impedito.

Per quanto riguarda gli aspetti geologici del-l’indagine, essi rientrano nel filone di studi pa-leoclimatici, per i quali i bacini lacustri, fossili,bonificati o ancora esistenti, costituiscono pre-ziosi “archivi naturali” capaci di registrare flut-tuazioni relative ad un arco di tempo ampissimo,

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che va dalle decine di migliaia d’anni alla singo-la stagione.

La prima fase della ricerca è stata occupatadallo studio aerofotogeologico, ovvero la letturadelle foto aeree, eseguita da C. Giraudi (eNeA)che ha quindi potuto redigere una prima carta disituazioni di interesse geologico, poi verificata aterra dalla squadra di ricognitori, formata da ungeologo ed un archeologo.

Nel maggio del 1995 il GeoForschungszen-trum di Potsdam, in collaborazione con l’Univer-sità degli Studi “La Sapienza” di Roma (diparti-mento di Biologia Vegetale) e con la soprinten-denza, ha prelevato dalla zona centrale del Lagodi Mezzano tre carote parallele di sedimento lacu-stre, la cui lunghezza massima superava 29 m. Lasequenza documentata dalle carote è divenuta ilpunto di riferimento delle ricerche paleoambienta-li non solo della caldera ma anche delle aree cir-costanti2 perché costituisce la registrazione conti-nua delle variazioni climatico-ambientali degli ul-timi 34000 anni.

Per completare con adeguati studi geologici alcontorno le ricerche condotte sulle carote preleva-te dal fondo del lago, negli anni 1995 e 1996 nel-l’ambito delle campagne di indagine effettuate nelLago di Mezzano dalla soprintendenza, si è pro-ceduto a sondaggi mirati che hanno interessato siala costa settentrionale del Lago di Mezzano chel’olpeta, emissario del lago stesso. Tale parte del-la ricerca è stata eseguita in collaborazione conl’eNeA, cui si deve anche lo studio dei dati rac-colti in quell’occasione (Giraudi 2004).

Centrale nella storia della ricerca nella calderaè la realizzazione del Museo della preistoria dellaTuscia e della Rocca Farnese, inaugurato nel giu-gno 1996 a Valentano3. Questo museo, risultato diuna lunga riflessione sui temi della valorizzazionee dell’integrazione tra strutture statali e locali, na-sce da un percorso esemplare di collaborazione atutti i livelli; innanzitutto tra gli enti Locali, Co-mune di Valentano e Regione Lazio da una parte eSoprintendenza Archeologica per l’etruria Meri-dionale dall’altra, istituzioni che, concentrando leloro forze su un progetto condiviso, hanno dimo-strato la qualità dei risultati che si possono rag-giungere operando su obiettivi comuni, pur nel ri-spetto delle specifiche competenze di ognuno.

Il progetto prevedeva la creazione di una strut-tura di ampio respiro, che “raccontasse” i risulta-ti della ricerca sulla preistoria e protostoria del-l’Alto Lazio, travalicando quindi il territorio co-munale di Valentano per offrire al pubblico un

quadro organico e completo, fino a quel momen-to mancante sia nei musei statali che in quelli lo-cali. Questo progetto era favorito dalle dimensio-ni della Rocca Farnese, che con i suoi ampi spa-zi monumentali consentiva di pianificare un mu-seo non limitato alla sola esposizione ma com-pleto dei servizi e degli strumenti che la museo-logia moderna prevede: una sorta quindi di mu-seo “centrale” della preistoria, complementare al-l’altro museo centrale del Viterbese, il Museo Na-zionale etrusco ospitato nella Rocca Albornoz diViterbo e dedicato alla fase etrusca e romana delterritorio di cui Valentano, appunto, racconta lapreistoria.

All’epoca della progettazione del museo fuposto anche il delicato problema del rapporto congli altri musei locali: nelle intenzioni della so-printendenza e del comune il museo di Valentanoavrebbe dovuto costituire l’elemento centrale diun sistema dedicato all’archeologia in genere ealla preistoria in particolare e in quanto taleavrebbe funzionato come punto di riferimentoper le altre strutture. Queste avrebbero dovutosviluppare argomenti specifici, conciliando in talmodo l’ambizione dei diversi centri di realizzareun museo con la necessità di creare spazi esposi-tivi tra loro complementari, spazi che, senza so-vrapporsi sugli stessi temi ed argomenti, desserovisibilità all’enorme potenziale dell’Alto Lazio;solo una politica di questo tipo avrebbe consenti-to al territorio di “fare sistema” attirando e man-tenendo l’interesse di un turismo colto per un ve-ro e proprio circuito archeologico. Purtroppo, adistanza di tempo, si deve riconoscere che questoindirizzo strategico è stato in parte disatteso: èstato recuperato, e non soltanto per quanto ri-guarda i beni archeologici4, solo con l’istituzionerelativamente recente del Sistema museale delLago di Bolsena5, di cui il museo di Valentano èuno degli istituti fondatori, e con il maturare dinuovi orientamenti all’interno del comitatoscientifico che guida il sistema stesso. Anche laprogettazione scientifica e l’allestimento del mu-seo di Valentano hanno richiesto l’apporto dimolti soggetti: con la soprintendenza, cui si devela direzione complessiva dell’intervento e chenaturalmente ha partecipato mettendo a disposi-zione dati, materiali e competenze 6, hanno colla-borato il gruppo di professionisti della SocietàCooperativa ARX, incaricata dal comune dellaprogettazione e realizzazione dell’allestimento7,alcune istituzioni scientifiche attive sul territorio8

e le associazioni di volontariato9. La Società

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Cooperativa ARX ha saputo rielaborare il contri-buto di tutti in un allestimento efficace, che ave-va ed ha ancora il principale merito di mettere alprimo posto i problemi della comunicazione coni diversi tipi di pubblico che frequenta i musei ar-cheologici.

Il Museo della preistoria della Tuscia e dellaRocca Farnese è stato “pensato” dalla soprinten-denza, in questo validamente sostenuta dagli entiLocali e dai progettisti, come protagonista del ter-ritorio in tutti i settori di attività, dalla valorizza-zione alla didattica, dalla conservazione alla ricer-ca scientifica vera e propria.

Pur con queste premesse soltanto in anni re-centi, nonostante le mille difficoltà finanziarie checondizionano sempre di più il settore della cultu-ra, il museo si è andato costruendo un ruolo spe-cifico, ha sviluppato nei confronti di visitatori dietà e condizioni diverse l’attività di valorizzazio-ne e divulgazione del proprio patrimonio museale,ha svolto un’opera di comunicazione e diffusionedei risultati scientifici sia con l’allestimento dimostre10 sia collaborando alla realizzazione di in-contri di studio rivolti agli specialisti11, ha pro-mosso articolati progetti di restauro e ripreso an-che la pubblicazione di volumi della propria col-lana scientifica.

Naturalmente il successo di una struttura mu-seale, che è poi in estrema sintesi dare compimen-to alla propria “missione”, è proporzionato alle ri-sorse destinate alla gestione e promozione e al-l’attività scientifica e culturale in genere; in que-sto senso si deve riconoscere che uno degli osta-coli principali al completo dispiegamento dellepotenzialità di un museo, alla sua capacità di pro-grammare e concordare con terzi progetti comuni,resta proprio il problema rappresentato dalla pre-senza stabile di personale specializzato.

L’esperienza ha insegnato che, paradossalmen-te, la difficoltà maggiore per le Amministrazionilocali non è reperire i fondi per creare le strutturema piuttosto assicurare nel tempo una gestione or-dinaria di qualità. Neppure il museo di Valentanosi è sottratto a questo destino: dopo l’inaugurazio-ne esso è stato gestito fino al 1998 attraverso unacooperativa locale, grazie ad un finanziamento re-gionale per l’occupazione giovanile (L.R. 37/88);dal 1999 al 2003 il museo è stato gestito dalla So-cietà Cooperativa ARX a titolo del tutto gratuito.Successivamente al 2003 il Comune di Valentano,con un deciso cambiamento di rotta, ha assuntodirettamente la gestione della struttura museale,garantendo fra l’altro la presenza costante di un

operatore museale qualificato, in organico fra ilpersonale dell’ente, e una direzione scientificache dal 2006 è affidata annualmente con incaricoad un professionista esterno. Tuttavia, a parere dichi scrive, nonostante gli indubbi risultati rag-giunti negli ultimi anni12, perché il museo possaattuare le proprie funzioni e raggiungere in modocompiuto i propri obiettivi culturali13, è indispen-sabile assicurare una direzione stabile, in gradoquindi di realizzare progetti a più lungo termine edi più ampio respiro.

Per quanto riguarda il territorio della caldera,l’attività sul campo è ripresa soltanto nel 1998, in-fatti a partire da quell’anno l’area è diventata og-getto di ricognizione da parte del Centro Regiona-le di documentazione (C.R.d.) della Regione La-zio: l’operazione si collocava all’interno di un piùampio progetto di intervento sistematico di pro-spezione archeologica e documentazione territo-riale nell’Alto Lazio e rispondeva all’esigenza disoddisfare una delle funzioni istituzionali delC.R.d., che si configura anche come centro di do-cumentazione e servizio territoriale.

L’intervento si è sviluppato fino al 2004 esten-dendosi, nel corso degli anni, anche a comunicollocati intorno alla Caldera di Latera. L’opera-zione si è definitivamente conclusa, almeno perquanto riguarda la protostoria, con la preliminarepubblicazione della maggior parte dei siti dell’etàdel bronzo e del ferro nel Repertorio dei siti pro-tostorici del Lazio. Province di Roma, Viterbo eFrosinone edito dalla Regione Lazio nel 2007(Belardelli et alii 2004; Belardelli et alii 2007;damiani 2001).

L’ultimo intervento di ricerca sul campo è sta-to realizzato direttamente dal museo di Valentanoin collaborazione con l’Università degli Studi del-la Tuscia e, ovviamente, con la soprintendenza.Infatti nell’estate 2010 è stata effettuata una cam-pagna di scavo, i cui risultati sono presentati inquesta sede, nel sito protostorico in loc. Vallone(Valentano), noto per aver restituito nel corso del-le ricognizioni 1993-1994 una c.d. tavoletta enig-matica (Petitti 2000, pp. 141-142).

Questo volume costituisce in ordine di tempol’ultimo capitolo della storia degli studi: esso sipropone di offrire una sintesi completa degli in-terventi che si sono succeduti, non sempre se-condo un progetto unitario, negli anni. Poichénelle intenzioni dei curatori l’opera vuole esserela base organica per le ricerche future, si è com-piuto ogni sforzo per farvi confluire i risultaticonseguiti separatamente da enti ed Istituti di-

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versi, i cui obiettivi specifici erano però in qual-che misura sovrapponibili ed integrabili tra loro.Per questo motivo il volume raccoglie il contri-buto del C.R.d. della Regione Lazio e dell’Uni-versità degli Studi della Tuscia di Viterbo, con-tributo che si integra con quello della Soprinten-denza per i Beni Archeologici dell’etruria Meri-dionale e, per il Comune di Valentano, del Mu-seo della preistoria della Tuscia e della RoccaFarnese.

da un punto di vista scientifico il volume,che fa riferimento anche all’esperienza del Re-pertorio, si è proposto di registrare pur con tuttii loro limiti i dati provenienti dalle ricerche ter-ritoriali, sia quelli nuovi che quelli più datati marimasti “nel cassetto” oppure resi noti in modopreliminare in attesa di un’occasione per esserepresentati alla comunità scientifica; in questaprospettiva quindi si è ritenuto di poter allargareil raggio geografico dell’area di interesse anchea zone relativamente lontane dalla Caldera diLatera o comunque non pertinenti ad essa da unpunto di vista geografico o geologico, come adesempio la pianura costiera tra il Fiora e l’Arro-ne, nello spirito appunto del Repertorio che èstato quello di raccogliere e sistematizzare ogninotizia disponibile.

L’intento più ambizioso del volume è peròquello di realizzare la massima integrazione pos-sibile tra classi diverse di dati, quelli archeologicie quelli paleoambientali e ciò anche per superarel’autoreferenzialità che a volte caratterizza alcunisettori della ricerca archeologica. In questo caso ilprogramma della soprintendenza, già nato con ta-li caratteristiche, ha avuto la fortuna di potersisuccessivamente incrociare ed intrecciare con leindagini svolte dal dipartimento di Biologia Ve-getale dell’Università degli Studi di Roma “LaSapienza”.

L’obiettivo finale del progetto era quello di af-frontare uno specifico problema scientifico, cioèla ricostruzione del paesaggio naturale ed umanoed il loro rapporto dialettico, ma pari importanzaha la necessità di sostenere l’azione di tutela delpatrimonio archeologico, che è basata sullaprofonda conoscenza scientifica del territorio esulla conseguente formazione di una opinionepubblica consapevole.

L’auspicio dei curatori e degli autori è che ilvolume abbia raggiunto pienamente questo scopo.

A conclusione della storia degli studi, si ritieneutile presentare la bibliografia dei numerosi con-

tributi redatti nel corso degli anni relativamentealle ricerche sulla preistoria e protostoria dellaCaldera di Latera: di seguito sono riportate, sud-divise per aree tematiche, le edizioni originali didati e materiali14.

ricerche archeologiche

Belardelli C., de Maria L., Fei F., Toro A.,Turchetti R., Vitagliano S. 2004, Ricognizioni ecatalogazione in Etruria Meridionale: alcuni ri-sultati, in N. Negroni Catacchio (a cura di), Prei-storia e Protostoria in etruria. Atti del sesto in-contro di studi, 2 voll., pp. 523-526.

Berlingò I. 1995, I centri dell’area laziale, inQuaderni del Museo Civico Archeologico di Piti-gliano 1, Pitigliano, pp. 161-169.

Berlingò I., d’Atri V. 2003, Piana del Lago.Un santuario di frontiera tra Orvieto e Vulci, inAnnali della Fondazione per il Museo “ClaudioFaina” X, pp. 241-251.

Conti A. M., Persiani C. 1995, Monte Saliette(Valentano, VT) 1992. La raccolta di superficie.Approccio teorico e riscontro oggettivo, in N. Ne-groni Catacchio (a cura di), Preistoria e Protosto-ria in etruria. Atti del secondo incontro di studi, 2voll., pp. 267-268.

di Lorenzo B. 1997, Lago di Mezzano, cam-pagne 1993, 1995: nuove indagini nell’insedia-mento palafitticolo sommerso dell’età del Bronzo,in Atti del Convegno Nazionale di ArcheologiaSubacquea, pp. 37-42.

Ferri Ricchi L. 1998, Escursioni di livello dialcuni laghi dell’Italia centrale nel tardo olocene:implicazioni climatiche, storiche ed archeologi-che, in Forma Lacus Antiqui, Atti III Seminario diGeoarcheologia, Bollettino di Studi e RicercheXII, pp. 59-88.

Ferri Ricchi L. 2001, Oltre l’avventura. Miste-ri e meraviglie del mondo sotterraneo e sommer-so, Formello, pp. 136-151. [Testo ristampato conmodifiche in Mondo Sommerso, n. 5, Maggio2012].

Mocchegiani Carpano C. 1976, Resti di un vil-laggio preistorico sommerso nel lago di Mezzano-Viterbo, in Prospezioni 1, pp. 33-37.

Petitti P. 1986, Discussione, in G. L. Carancini(a cura di), Atti dell’Incontro di Acquasparta1985, Quaderni di Protostoria 1, pp. 364-365.

Petitti P. 1987, Lago di Mezzano-Valentano(VT), in Archeologia Subacquea 3, supplemento alBollettino d’Arte 37-38, pp. 210-211.

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edizione di dati e materiali

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Barbina V., Calligaris F., del Fabbro A., Turel-lo A. 1984, Udine Radiocarbon laboratory datelist II, Radiocarbon 26, pp. 293-296.

Belluomini G., Manfra L. 1976, Datazione conil metodo del carbonio 14 dei reperti lignei del la-go di Mezzano, in Prospezioni 1, pp. 39-42.

Belardelli C., Angle M., di Gennaro F., TruccoF. (a cura di) 2007, Repertorio dei siti protostori-ci del Lazio. Province di Roma, Viterbo e Frosi-none, Firenze.

Berlingò I. 2005, Rinvenimenti da PoggioEvangelista (Latera), in Annali della Fondazioneper il Museo “Claudio Faina” XII, pp. 173-199.

Colonna G. 1973, Lago di Mezzano (e MonteBecco), in Studi etruschi XLI, Notiziario, p. 543.

damiani I. 2001, Farnese. Nuovi dati sullepresenze protostoriche nel territorio, in LazioCultura 0, pp. 14-15.

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d’erme L., Pellegrini e., Petitti P. 1991-1992,L’insediamento sommerso del lago di Mezzano, inRassegna di Archeologia 10, pp. 692-693.

de Rossi M. S. 1868, Secondo rapporto suglistudi e sulle scoperte paleoetnologiche nel Bacinodella Campagna Romana, Roma.

di Gennaro F. 1986, Forme di insediamento traTevere e Fiora dal Bronzo finale al principio del-l’età del Ferro, Firenze.

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Pacini L. C., Palombo M. R. 1987-1988, I re-sti di mammiferi del lago di Mezzano (età delBronzo), in Informazioni 4-5, pp. 38-41.

Pennacchioni M. 1995, Integrazione di dati peralcuni insediamenti preistorici dell’area volsiniese,vulcente e tarquiniese, in N. Negroni Catacchio (acura di), Preistoria e Protostoria in etruria. Atti delsecondo incontro di studi, 2 voll., pp. 219-226.

Petitti P. 2000, La Caldera di Latera: appuntisu materiali di nuova scoperta e contatti a lungadistanza, in N. Negroni Catacchio (a cura di),Preistoria e Protostoria in etruria. Atti del quartoincontro di studi, pp.141-149.

Pinza G. 1905, Monumenti primitivi di Roma edel Lazio antico, in Monumenti Antichi dei Lin-cei, col. XV.

esposizioni

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AA.VV. 1993, Vulcano a Mezzano. Insedia-mento e produzioni artigianali nella media valledel Fiora durante l’età del Bronzo, Catalogo del-la mostra.

AA.VV. 2004, Il Museo della Preistoria dellaTuscia e della Rocca Farnese di Valentano. Sto-ria, archeologia, natura e tradizioni, Roma.

Franceschi e. 2008, Indagini archeometrichesu due reperti metallici provenienti dal lago diMezzano, in P. Petitti, F. Rossi (a cura di), AeS.Metalli preistorici dalla Tuscia, Catalogo dellamostra, pp. 17-20.

Franco M. C. 1975a, Presentazione del mate-riale archeologico rinvenuto nel lago di Mezzano(Viterbo) durante la campagna di ricognizionepreliminare “Settembre 1973” e programmazionedi ricerca sistematica dell’insediamento, Catalo-go della mostra.

Franco M. C. 1975b, Materiale dell’età delBronzo dal lago di Mezzano, in Nuove scoperte eacquisizioni nell’Etruria Meridionale, Catalogodella mostra, pp. 65-76.

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Rossi F. 2008, L’attività metallurgica nell’inse-diamento del lago di Mezzano: nuovi elementi, in P.Petitti, F. Rossi (a cura di), AeS. Metalli preistori-ci dalla Tuscia, Catalogo della mostra, pp. 15-16.

ricerche geologiche e paleoclimatiche

di Sabatino B., d’Ambrosi C., Brizi N. 1985,Ricostruzione storico vulcanologica del lago diMezzano, in Informazioni 1, pp. 54-57.

di Sabatino B., Brizi N., d’Ambrosi C., BrutiG., Tamantini S., Veralli G. 2002, Lago di Mezza-no. Geologia e Idrologia, in Informazioni 18,nuova serie, pp. 79-96.

Follieri M., Petitti P., Fasani L., Giardini M.,Giraudi C., Narcisi B., Ramrath A., Sadori L.1999, Palaeoenvironmental change and humanimpact at Lago di Mezzano (Italy), Abstracts of 2nd

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Giraudi C. 2007, Le variazioni climatiche in Ita-lia Centrale negli ultimi 10.000 anni, in Quadernidella Società Geologica Italiana 1, pp. 18-24.

Giraudi C., Narcisi B. 1994, Ricerche paleocli-matiche in ambiente lacustre, Roma.

Giraudi C., Petitti P., Sadori L. 2003, L’abitatosommerso del lago di Mezzano (Valentano-VT).Cambiamenti naturali ed interventi umani, in Attidella XXXV Riunione Scientifica dell’Istituto Ita-liano di Preistoria e Protostoria, vol. II, pp. 933-936.

Palagiano C. 1969, La morfologia del Lago diMezzano, in Bollettino della Società GeograficaItaliana 10-11, pp. 626-637.

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P.P., F.R.

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1 diversa la ricostruzione degli avvenimenti proposta da L. Ferri Ric-chi (1998, pp. 66-69; 2001, pp. 136-151).2 I dati, ancora in corso di elaborazione, sono ad esempio utilizzatinella ricostruzione paleoambientale proposta di recente per l’abitatodi Poggio olivastro (Canino, VT) e la necropoli della Selvicciola(Ischia di Castro, VT; Cerilli et alii 2011). 3 L’apertura al pubblico della struttura museale è il risultato di un lun-go cammino iniziato circa un decennio prima: l’istituzione, infatti,del museo civico a Valentano risale alla deliberazione del ConsiglioComunale n. 81 del 25 ottobre 1985; lo stesso atto deliberava che lasede naturale del costituendo museo fosse la Rocca Farnese, di pro-prietà civica, a quel tempo oggetto di un delicato restauro. Non èozioso far notare, inoltre, quanto fosse chiaro agli Amministratoriche se da un lato la Regione Lazio avrebbe potuto finanziare tramiteopportune leggi (per es. la legge allora in vigore n. 76 del 18 giugno1975) l’acquisto di attrezzature e materiali necessari, dall’altro il co-mune avrebbe dovuto far fronte a tutte le spese relative alla gestionedel museo, comprese certamente quelle del personale, spese fonda-mentali per il suo funzionamento: tale consapevolezza comincerà adavere una concreta attuazione, come si dirà in seguito, solo in annimolto più recenti. Alle ingenti spese necessarie all’articolata proget-tazione e all’allestimento fu possibile far fronte grazie ai finanzia-menti dei primi programmi comunitari (P.I.M. e obiettivo 5b per leannualità 1991-1993), mentre le varie attività del museo, sostanzial-mente a partire dalla sua apertura, sono realizzate grazie ai finanzia-menti erogati, su presentazione di progetti annuali, in base alla leggeregionale n. 42 del 24 novembre 1997 “Norme in materia di Beni eservizi culturali del Lazio”. Un ulteriore ampliamento della strutturamuseale ha compreso la creazione di apposite aree di ricerca, studioe conservazione e l’allestimento di una nuova sezione didattica, tut-te collocate in un’ala contigua alla parte del complesso occupata dalprecedente allestimento. Tale intervento, in corso di completamentonel 2012, è reso possibile ancora una volta ai finanziamenti erogatidella Regione Lazio (APQ 1-III Atto Integrativo).4 A tale proposito si veda in particolare quanto stabilito nel Regola-mento del Sistema museale del Lago di Bolsena, art. 5 punto B (Ac-cesso di nuovi istituti culturali), approvato nel 2007 e consultabileon-line all’indirizzo www.simulabo.it.5 Per un efficace inquadramento del Sistema museale del Lago diBolsena si rimanda ad alcuni recenti contributi ad esso dedicato:Tamburini 2007a, 2009; Forti et alii 2010.6 L’intera struttura ha partecipato in modi diversi alla realizzazionedel museo: qui si ricordano in particolare, oltre a Patrizia Petitti cheha diretto l’intervento, Flavia Trucco, Franca Lorena Bellomarini,Sara Costantini. 7 Un ruolo di particolare rilevanza hanno svolto Anna Maria Conti eCarlo Persiani. Il progetto scientifico è stato redatto, insieme a Patri-zia Petitti, da Anna Maria Conti e Carlo Persiani; ad Anna MariaConti si deve in particolare il coordinamento dell’intera operazione e

la progettazione del sistema comunicativo-didattico; Carlo Persianiha steso in particolare la relazione scientifica per il progetto; euge-nio Cerilli, Luciana Allegrezza, daniela zampetti hanno collaboratoalla progettazione scientifica e alla realizzazione dell’allestimento. Ilprogetto architettonico dell’allestimento, redatto in assoluta interdi-sciplinarità con i progettisti scientifici e della comunicazione, è degliarchitetti Maria Rosaria Ilari e delia Rossella Pozzi; l’ideazione del-la grafica per i pannelli e parte della realizzazione sono dell’architet-to enrico Conti.8 Alle operazioni hanno contribuito l’allora Soprintendenza Specialeal Museo Preistorico etnografico “L. Pigorini”, che sotto la direzio-ne di Grazia Maria Bulgarelli stava esplorando l’insediamento neo-eneolitico di Poggio olivastro (Canino, VT) e l’Università degli Stu-di di Pisa che conduceva, su concessione del Ministero per i Beni ele Attività Culturali, lo scavo della Grotta delle Sette Cannelle (Ischiadi Castro, VT), diretto da Paola Ucelli Gnesutta.9 hanno collaborato Romualdo Luzi di Valentano e il Gruppo Ar-cheologico Verentum, in quel momento diretto da Bonafede Manci-ni, il Gruppo Archeologico Romano-Sezione di Vignanello ed in par-ticolare Fulvio Ceccarelli, Luciana Pallotta e Alessandro Anselmi.10 Si ricordano, in particolare, per la loro importanza e per il succes-so ottenuto le seguenti: “Vietato NON Toccare”. Percorsi tattili ol-fattivi (Rocca Farnese, 17 agosto-30 settembre 2007), realizzata incollaborazione con l’Ufficio Accoglienza disabili dell’Universitàdegli Studi di Siena e AES. Metalli preistorici dalla Tuscia (RoccaFarnese, 12 settembre-31 ottobre 2008), realizzata in collaborazionecon la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’etruria Meridio-nale.11 In particolare si ricordano i periodici incontri di studio dedicati al-la preistoria e protostoria dell’etruria, organizzati in collaborazionecon Nuccia Negroni Catacchio (Università degli Studi di Milano eCentro Studi Preistoria e Archeologia).12 Per l’alto livello delle attività e delle iniziative realizzate, il museodi Valentano ha ottenuto nel 2008 dalla Regione Lazio il riconosci-mento del “Marchio di Qualità”, in base a quanto previsto dalla leg-ge regionale n. 42 del 24 novembre 1997 “Norme in materia di Be-ni e servizi culturali del Lazio. Si veda a riguardo il decreto del Pre-sidente n. 119 del 10 marzo 2008, pubblicato nel supplemento ordi-nario n. 38 al Bollettino Ufficiale della Regione Lazio n. 16 del 28aprile 2008.13 A tale proposito è utile la lettura del nuovo regolamento del museo,in particolare l’art. 2 (finalità e funzioni), approvato con deliberazio-ne del Consiglio Comunale n. 53 del 21 novembre 2008, e la Cartadella qualità dei servizi approvata con deliberazione della Giunta Co-munale n. 11 del 7 gennaio 2009.14 La bibliografia completa delle citazioni relative ai siti della Calde-ra di Latera è invece consultabile sul Repertorio dei siti protostoricidel Lazio. Province di Roma, Viterbo e Frosinone (Belardelli et alii2007).

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2. I PRoGeTTI dI RICoGNIzIo-Ne NeLLA CALdeRA dI LATe-RA e NeL TeRRIToRIo CIRCo-STANTe

2.1 LA RICoGNIzIoNe deLLA SoPRINTeN-deNzA PeR I BeNI ARCheoLoGICI deLL’e-TRURIA MeRIdIoNALe, ANNI 1993-1994: FI-NALITà, AMBITo GeoGRAFICo e CRoNoLoGI-Co, MeTodoLoGIA deLL’INdAGINe

Negli anni 1993 e 1994 la Soprintendenza Ar-cheologica per l’etruria Meridionale (ora Soprin-tendenza per i Beni Archeologici dell’etruria Me-ridionale) ha elaborato e realizzato un progetto distudio riguardante l’area della Caldera di Latera1.Le indagini sono state condotte al fine di accerta-re le evidenze morfologiche e geologiche dell’e-ventuale esistenza di un antico ambiente lacustreimpostato nella caldera, di definirne l’evoluzionenel tempo ed, infine, di stabilire le interazioni tral’ambiente naturale e il popolamento umano nelcorso della storia. Pertanto contemporaneamenteallo studio geologico è stata condotta anche la ri-cognizione archeologica volta ad isolare le testi-monianze dell’occupazione antropica nel corsodella preistoria e protostoria e delle epoche suc-cessive.

I rilevamenti diretti sul terreno2 sono stati con-dotti nei mesi di novembre e dicembre del bien-nio, per utilizzare appieno il periodo di aratura e

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quindi sfruttare al massimo le migliori condizionidi visibilità del terreno, impiegando i periodi pre-cedenti e successivi per le analisi preliminari e l’e-laborazione dei dati ottenuti.

Nel 1993 è stato investigato il settore orientaledella Caldera di Latera, nell’area compresa tra laSS 320 Castrense a e, la SP del Lago di Mezzanoa o, gli abitati di Latera e Valentano rispettiva-mente a N e S.

durante il 1994 l’indagine è stata svolta nel-l’intera caldera. In particolare sono state ricontrol-late ed integrate le aree già indagate nell’anno pre-cedente ed analizzato per la prima volta il settoreoccidentale della caldera nell’area compresa tra laSP del Lago di Mezzano ad e e la Selva del La-mone ad o.

Come base cartografica delle ricerche è statautilizzata la Carta Tecnica Regionale della Regio-ne Lazio (cfr infra 3.1).

Il rilevamento sul terreno è stato precedutodallo studio aerofotogeologico eseguito da CarloGiraudi (eNeA AMB/MoN/GeoC) su foto aereedel 1954; per necessità di scala i dati furono regi-strati su tavolette IGMI (scala 1:25.000) e succes-sivamente riportati sulla CTR Lazio 1:10.000. Lalettura delle foto aeree (Giraudi, Narcisi 1994)consentì di individuare in varie località alcune ca-ratteristiche morfologiche riferibili a piccoli pianidi abrasione lacustri o a rotture di pendio, moltoprobabilmente rappresentative di paleolinee di ri-va. Nella zona settentrionale (tratto iniziale delFosso olpeta) queste linee sono state localizzatesia a quota 480-470 m s.l.m. sia a quota 450 ms.l.m.; nell’ampia valle dell’olpeta a N di Valen-tano invece erano stati riconosciuti gradini morfo-logici attorno a quota 420-410 m s.l.m.. Nel setto-re occidentale della caldera il limite vulcanico/la-custre dedotto dalle foto aeree era attestato attor-no a quota 390-400 m s.l.m.; sono stati inoltre ri-conosciuti possibili terrazzi di abrasione proprio aqueste quote. Le probabili soglie del bacino lacu-stre sembravano essere posizionate attorno a quo-ta 400 m s.l.m. (valle del Fosso olpeta, nella zonacircostante Poggio del Mulino, CTR 344020 Va-lentano), 410 m s.l.m. (zona Campo delle Pecore,CTR 344020 Valentano), 425 m s.l.m. (a N di Pia-no del duca, CTR 344020 Valentano).

Il rilevamento geologico di campagna è statocondotto tramite il criterio litostratigrafico, accer-tando la distribuzione della copertura vulcanica,gli affioramenti di serie clastiche di ambiente la-custre e fluvio-lacustre, e le evidenze morfologi-che segnalate dalla lettura delle foto aeree.

Per quanto riguarda la ricognizione archeolo-gica, le condizioni generali del lavoro imponeva-no una ricerca sistematica, rimandando la formu-lazione di circostanziate ipotesi di ricerca a fasisuccessive all’elaborazione dei dati raccolti nel1993-1994.

E.C.

2.2 LA RICoGNIzIoNe deLLA ReGIoNe LA-zIo-CeNTRo ReGIoNALe dI doCUMeNTA-zIoNe, ANNI 1997-2004: FINALITà, AMBIToGeoGRAFICo e CRoNoLoGICo, MeTodoLo-GIA deLL’INdAGINe

Gli interventi sistematici di prospezione ar-cheologica e documentazione territoriale nell’Al-to Lazio viterbese da parte del Centro Regionaledi documentazione (C.R.d.) hanno avuto inizioufficialmente con il “Piano annuale 1998”3. Nel1998, infatti, accantonate momentaneamente leattività di ricerca diretta tramite i propri funziona-ri, il C.R.d. ha concentrato sforzi e risorse nelladefinizione delle strategie più efficaci di interven-to dell’ente Regione e in modo particolare sullapropria configurazione di struttura di documenta-zione e di servizio nell’ambito delle funzioni isti-tuzionali4. Si scelse allora, attraverso una messa afuoco degli obiettivi, di indirizzare le attività inmodo che, senza perdere la ricchezza delle espe-rienze precedentemente maturate5, né rinunciarealle numerose collaborazioni in atto con le altreistituzioni scientifiche presenti sul territorio, taliinterventi fossero volti soprattutto alla cataloga-zione territoriale6. La raccolta dei dati mediantecensimento e catalogazione sul territorio avevatrovato, già nel “Piano annuale 1996”, una consi-derevole attenzione, anche grazie allo strumentodell’avviso pubblico per la formazione di gradua-torie di catalogatori esterni cui affidare incarichidi censimento, precatalogazione e catalogazionedei beni culturali, in particolare dei beni archeolo-gici7, organizzati e monitorati dagli archeologi in-terni, ai quali era anche affidato il ruolo di con-trollo e collaudo del lavoro effettuato. L’operazio-ne, almeno per ciò che riguarda la preistoria e laprotostoria, ha fatto seguito ad un’attenta indagi-ne bibliografica di base già effettuata dai funzio-nari archeologi competenti del C.R.d. su granparte dei siti che sarebbero stati oggetto di indagi-ne sul territorio8. In vista di tali rinnovati obietti-vi, nel 1997 il C.R.d. ebbe una notevole attenzio-ne in sede di programmazione economica da par-te della Giunta Regionale e vide incrementato in

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maniera significativa il proprio capitolo di bilan-cio. Le risorse ordinarie crebbero ancora grazie afondi europei per la prima volta utilizzati per la ri-cerca archeologica territoriale, mediante un ampioprogetto presentato nell’ambito della MisuraII.3.1. relativa al sostegno delle aree rurali. L’altroimportante nodo da sciogliere riguardava l’indivi-duazione delle situazioni, dei contesti e degli am-biti geografici che avrebbero dovuto essere ogget-to della ricognizione territoriale, nonché il metododa adottare ed i relativi strumenti. Venne scelto dieffettuare la ricognizione archeologica a tappeto,rinunciando, almeno in linea generale e comunqueprovvisoriamente, ad approfondimenti o a strate-gie diversificate per ambiti cronologici9.

L’areale geografico scelto in occasione dellaprima campagna di ricognizioni nella provincia diViterbo fu quello della Caldera di Latera e del La-go di Bolsena, Comuni di Farnese, Ischia di Ca-stro, Valentano, Bolsena, San Lorenzo Nuovo,Gradoli, Grotte di Castro, per un totale di 32 inca-richi per altrettanti catalogatori10. La scelta vennecriticata in sede di Comitato tecnico-scientifico11;tuttavia, si decise di non cambiare strategia e dipartire proprio dal presupposto che la ricognizionesistematica in un territorio già abbastanza notoavrebbe consentito il controllo puntuale delle evi-

denze conosciute e la collocazione delle stesse suuna cartografia più aggiornata insieme ai siti dinuova individuazione, portando finalmente la do-cumentazione territoriale vecchia e nuova, acquisi-ta dai dati bibliografici o desunta dalle ricognizio-ni, ad un medesimo, omogeneo livello. L’anno se-guente, 1998, in virtù di una programmazionetriennale che premiò i risultati ottenuti fino a quelmomento e le scelte coraggiose che ne erano allabase, fu possibile estendere la ricognizione ai Co-muni di Acquapendente, Latera e Proceno12. L’in-dagine territoriale è proseguita, anche se con risor-se man mano sempre più ridotte, fino al 2004; nelcorso degli anni, all’elenco dei comuni intorno alnucleo originario della Caldera di Latera si sonoaggiunti anche Montefiascone, Marta e onano13. Idati ricavati dal territorio avrebbero dovuto essereelaborati e pubblicati a seconda dei diversi ambiticronologici; di fatto, lo sono stati sistematicamen-te solo per quanto riguarda la protostoria. La mag-gior parte dei siti dell’età del bronzo e del ferro èinfatti confluita, sotto forma di una scheda sempli-ficata e abbreviata rispetto al contenitore originaledella scheda SI (cfr infra 4.2)14, nel Repertorio deisiti protostorici del Lazio. Province di Roma, Vi-terbo e Frosinone (Belardelli et alii 2007).

C.B., S.V.

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1 Funzionario responsabile P. Petitti.2 dell’esecuzione di queste ricerche è stata incaricata la Società Coo-perativa ARX, sotto la supervisione di Patrizia Petitti (SBAeM); laraccolta e l’elaborazione dei dati sono state curate da eugenio Ceril-li per la parte geoambientale e da Gaetano Cofini per la parte ar-cheologica; all’elaborazione dei dati archeologici e cartografici han-no partecipato anche Anna Maria Conti, Gian Piero orsingher e Car-lo Persiani. 3 Il Piano fu approvato con la deliberazione del Consiglio Regiona-le n. 642 del 1979 (BURL n. 29 del 29.10.1979, parte prima). essoprevedeva la suddivisione del territorio laziale in 8 aree di interven-to, relative ad altrettanti comprensori geografico-amministrativi; in-dicava gli strumenti metodologici da utilizzare; rinviava a successi-vo atto l’istituzione di un comitato tecnico-scientifico che avrebbedovuto programmare l’attività e controllarne gli esiti sotto l’egida diun apposito protocollo d’intesa con il Ministero per i Beni e le Atti-vità Culturali (MI.B.A.C.) (d.G.R. 10021/1988). La composizionedel comitato è stata modificata nel 1992 (d.G.R. 8046/1992).4 Il C.R.d. è stato istituito nel 1981 (L.R. 18/1981, Istituzione delcentro regionale per la documentazione dei beni culturali ed am-bientali). L’esperienza del C.R.d. nasce da molto più lontano: già in-fatti nel 1877 l’allora sindaco di Viterbo Polidori in una lettera al sot-toprefetto della città faceva presente l’esigenza, a lui manifestata dalMinistro della Pubblica Istruzione, ad effettuare un censimento “deimonumenti classici” del circondario, allo scopo di redigere un cata-logo completo delle opere con la loro esatta ubicazione. Tale opera-zione avrebbe dovuto essere effettuata con l’impiego di “giovani stu-diosi” mediante borse di studio. L’idea del censimento e della cata-logazione dei beni culturali del Lazio è alla base della redazione, nel1979, del Piano per il censimento e la catalogazione dei beni cultu-rali e ambientali del Lazio, alla cui progettazione parteciparono an-che funzionari del MI.B.A.C. e docenti dell’Università degli Studi diRoma “La Sapienza”, a riprova della volontà della Regione Lazio direalizzare un’operazione scientificamente valida e metodologica-mente rigorosa. L’interazione fra Regione Lazio e MI.B.A.C. cul-minò nella firma di una convenzione per la sperimentazione del Cen-tro di documentazione (d.G.R. 10021/1988). L’incarico di mettere apunto la strategia per l’ambito protostorico venne affidato a RenatoPeroni (L.R. 17/1979, Norme in materia di censimento e cataloga-zione dei beni culturali e ambientali del Lazio; e d.C.R. 2745/1980,Criteri e modalità di attuazione del Piano per il censimento e la ca-talogazione dei beni culturali e ambientali del Lazio).5 In particolare le attività realizzate fino a quel momento grazie allariorganizzazione del C.R.d. avvenuta a seguito dell’applicazionedella Legge Regionale 31/1991 (Ramelli di Celle et alii 1988; Bar-tolini et alii 1995 a e b).6 Il lavoro avrebbe dovuto contribuire, tra l’altro, ad un progetto diampio respiro, finalizzato anche alla redazione del Piano TerritorialePaesistico Regionale da parte delle strutture regionali dell’Urbanisti-ca, coerentemente con le successive direttive del Nuovo Codice deiBeni Culturali (PTPR n. 556 del 25.07.2007 e n. 1025 del21.12.2007). 7 Per ragioni di spazio, non è possibile entrare nel merito di tutte le

ricerche fino ad ora condotte: gli incarichi di ricognizione territoria-le sono stati infatti molteplici, anche se non tutti indirizzati in ma-niera specifica alla documentazione dei siti protostorici. Si ricordanoqui non solo le ricognizioni territoriali ma anche gli altri ambiti di in-tervento del Centro Regionale di documentazione e poi dell’AreaValorizzazione Territorio e Patrimonio culturale per la preistoria e laprotostoria. Queste sono state infatti oggetto di diversi progetti, tuttirealizzati in accordo con la SBAeM: la documentazione bibliografi-ca, confluita poi nel Repertorio dei siti protostorici del Lazio (cfr in-fra); lo studio sistematico, la documentazione e la pubblicazione deimateriali dei siti costieri della prima età del ferro a N di Roma (cfrtra gli altri Belardelli, Pascucci 2002; Belardelli et alii 2008); la ca-talogazione museale; la schedatura di materiale fotografico e di ar-chivio relativo a vecchi scavi di siti protostorici; la catalogazione dicollezioni private; la pubblicazione di repertori tipologici tematici(cfr ad es. de Angelis 2001). 8 Si veda lo spoglio bibliografico denominato ARChBIB, in parteconvertito in un primo indice ragionato per la preistoria e protostoriadella Sabina e della Media Valle del Tevere, a cura di C. Belardelli eM. P. Moscetta, inedito, Archivio C.R.d..9 Già in prima battuta sono state fatte delle eccezioni a tale strategiache, anche se ragionevole, tuttavia non risultava pienamente soddi-sfacente per alcune situazioni; le eccezioni non hanno però potuto ri-guardare il territorio della Caldera di Latera.10 Per la Caldera di Latera e il territorio circostante le indagini terri-toriali e le schede di sito sono state eseguite da Filippo Avilia (Bol-sena), Marzia Bonato (Bolsena), Samou Camara (Farnese), Marghe-rita Capriati (Grotte di Castro), Giuseppe Ceraudo (Bolsena), Gaeta-no Cofini (Valentano), Alberto Curci (Bolsena), Isabella damiani(Farnese), Silvia Festuccia (Ischia di Castro), Ivana Fiore (Valenta-no), Lucina Giacopini (San Lorenzo Nuovo, Gradoli), Claudio Giar-dino (Ischia di Castro, Valentano), Silvana Valeria Iodice (Bolsena),diego Mantero (San Lorenzo Nuovo, Gradoli), Francesca Pompilio(Grotte di Castro), Maria Paola Rosati (Bolsena), Francesco Sirano(Ischia di Castro). Non sono compresi in questo elenco gli incarichirelativi alla realizzazione dei rilievi archeologici (scheda MA/CA) ealla documentazione di reperti (schede RA e RA/I). Sui primi risul-tati delle ricerche si vedano Parenti 1992, damiani 2001 e Belardel-li et alii 2004.11 L’argomento principale, per altro non contestabile, consisteva nelfatto che il territorio in questione era già stato oggetto di diverseesplorazioni ed indagini nel passato. 12 Incarichi di ricognizione e schedatura svolti da Massimiliano Mun-zi (Latera) e Fabio Parenti (Acquapendente, Proceno).13 Ricognizioni e schede eseguite da Brunella Badei (Marta), France-sco Boanelli (Capodimonte), elisabetta Ferracci (vari ambiti comu-nali fra cui onano), Iefke van Kampen (Marta), Federica zabotti(Montefiascone e Marta).14 Il data base originale del Repertorio, con il quale è stata effettuatanel 2001-2003 una prima versione della sistematizzazione dei dati, èstato realizzato in formato Access da Flavia Trucco (SBAeM) sullafalsariga delle voci del Repertorio dei siti protostorici del Lazio (Be-lardelli, Pascucci 1996 e Belardelli et alii 2007).

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3. AMBIeNTe e PAeSAGGIo

3.1 CARATTeRI MoRFoLoGICI e GeoLoGICI

La Caldera di Latera oggi si presenta comeun’ampia depressione (circa 70 km2) bordata a N,e e S dal recinto calderico costituito da pendici ri-pide, solcate da corsi d’acqua stagionali. I confinioccidentali del recinto sono meno nettamente de-finiti e sono interrotti dalla colata di lava dellaSelva del Lamone che dal Lago di Mezzano siestende sin quasi al fondovalle del Fiume Fiora.La cresta del recinto passa da quote attorno ai 600m s.l.m. a N, ai 500 m s.l.m. ad e e ai 550 m s.l.m.a S; la base delle pendici passa da 500 m s.l.m. aN, ai 410-420 m s.l.m. a e e S. In posizione de-centrata verso No è presente il Lago di Mezzanoda cui si origina il Fosso olpeta; a So del Lago diMezzano si estendono le colline della colata di la-va della Selva del Lamone.

Il centro della Caldera di Latera è occupato daun gruppo di colline che si raccordano con i pog-gi della Selva del Lamone; tra queste spiccanoPoggio Montione (612 m s.l.m.) e Monte Spinaio(558,8 m s.l.m.). La presenza del Monte Calvegliodi Latera (584,4 m s.l.m.) a Ne di Poggio Mon-tione crea una strettoia in cui scorre il Fosso ol-peta. Il tratto iniziale di quest’ultimo scorre in di-rezione So-Ne e quindi e, fluendo in una vallenon molto ampia con quote di base che passanodai 455 m s.l.m. circa ai 434 m s.l.m. a SSo diMonte Calveglio di Latera. da questo punto l’ol-

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peta piega verso Se attraverso una stretta valleche si allarga a S dell’abitato di Latera. Giunto inlocalità La duchessa, l’olpeta piega verso So.Questa parte del corso del fosso scorre in un’am-pia valle pianeggiante e attualmente bonificata,con quote di base che vanno dai 424,9 m s.l.m. ado di Ponte Sasso, ai 390 m s.l.m. in località Il Pia-no, che segna il limite So dell’area indagata. Neipressi del margine No della valle si elevano bas-se colline: Poggio Cantinaccio (429,3 m s.l.m.),Poggio S. Luce (447,2 m s.l.m.) e la collina aNNo di Prati (438,7-421 m s.l.m. circa).

Nella parte settentrionale del settore occidenta-le della caldera è presente una serie di colline ter-razzate separate da valli strette e profonde con as-se NNe-SSo, che scendono dal Lago di Mezzanoverso la Selva del Lamone, in corrispondenza del-la confluenza tra il Fosso della Faggeta ed il Fos-so olpeta; a S di questo, una serie di rilievi for-mano il recinto meridionale della caldera, con for-me dolci ed a luoghi con piccoli terrazzi.

In località Ponte di S. Maria di Sala, la con-fluenza del Fosso olpeta con il Fosso della Fag-geta avviene in corrispondenza di un’improvvisastrettoia che segna il confine tra le valli internedella caldera, il suo recinto meridionale e la cola-ta di lava della Selva del Lamone che, emessa dalcratere del Lago di Mezzano, ha occupato una pa-leovalle passando attraverso la porzione occiden-tale del recinto, distrutta in un evento esplosivo. Idue fossi scorrono proprio in corrispondenza dellimite tra le lave del Lamone, più resistenti, ed iprodotti piroclastici della caldera, maggiormenteerodibili. dal ponte di S. Maria di Sala in avanti,l’olpeta torna a scorrere in una stretta forra, perpoi confluire nel Fiume Fiora.

La distribuzione dei litotipi e la geomorfologiadell’area risultano intimamente connesse con lastoria e l’evoluzione del vulcanismo quaternariodel distretto Vulcanico Vulsino, di cui si fornisco-no brevi cenni.

3.1.1 IL VULCANISMo NeL LAzIo ed IL dI-STReTTo VULCANICo VULSINo

Gli eventi vulcanici che hanno interessato l’a-rea laziale sono fortemente legati alle profondemodificazioni crostali del margine occidentaledella penisola, dalla Toscana al Lazio, che sonoavvenute contemporaneamente ed in seguito all’e-mersione dell’ossatura degli Appennini ed allaformazione del neonato bacino oceanico tirrenico.Quest’ultima fase di tettonica distensiva è iniziata7 milioni di anni fa (Tortoniano, Miocene supe-

riore), si è sviluppata nel Messiniano (6,6-5,3 Ma)e ha raggiunto il picco massimo nella prima partedel Pliocene (5,3-3,5 Ma) (Cosentino et alii1993). A causa di queste deformazioni lo spessoredella crosta subì un assottigliamento ed una rottu-ra con fratture orientate in direzione NNo-SSe(“appenninica”), con formazione di una serie digradini grosso modo paralleli all’attuale linea dicosta; ulteriori fratture in direzione antiappennini-ca (NNe-SSo) dislocarono ulteriormente la cro-sta peninsulare, formando una serie di bassi strut-turali che ospitarono bacini di mare poco profon-do, a sedimentazione prevalentemente terrigena,successivamente evoluti in ambienti dapprima la-gunari e poi continentali (lacustri, fluvio-lacustri epalustri). Attraverso le profonde fratture crostalirisalirono grandi quantità di diversi tipi di magmache alimentarono l’intenso vulcanismo che ha ca-ratterizzato soprattutto la storia geologica recentedell’Italia centrale. I distretti vulcanici del Laziofanno parte della “Provincia Magmatica Romana”che si estende dalla Toscana meridionale fino alGolfo di Napoli. di seguito si esporrà una brevesintesi delle manifestazioni vulcaniche laziali perpoi approfondire le vicende legate all’evoluzionegeologica del centro vulcanico di Latera.

Una delle manifestazioni più antiche lungo ilmargine tirrenico è localizzata nell’area tolfetanadove, circa 2,6 Ma, si ebbe una vasta e superficia-le intrusione del cripto-domo lavico di Tolfa, conconseguente metamorfismo da contatto dei depo-siti sedimentari preesistenti, accompagnata da iso-late intrusioni di domi da endogeni a esogeni (Co-sentino et alii 1993). L’attività proseguì in dire-zione dell’area Cerite e Manziate con la risalita dimagmi viscosi lungo fratture ad andamento an-tiappenninico e con la messa in posto di una seriedi domi vulcanici.

Successivamente (1,35-0,8 Ma) l’attività vul-canica si manifestò nell’area dei Monti Cimini,anche qui con la messa in posto di domi e cupoledi ristagno, accompagnata da violente fasi esplo-sive che determinarono la formazione di un este-so plateau ignimbritico, il cosiddetto “peperino”.

A partire da 800000 anni fa entrarono in atti-vità i distretti Vulcanici Vulsino (Bolsena) e Vi-cano (Vico), successivamente iniziò l’attività deldistretto Vulcanico Sabatino (Bracciano) e delVulcano Laziale (Nemi e Albano).

Il vulcanismo dei Colli Albani (distretto Vul-canico dei Colli Albani) è perdurato da circa600000 anni fino a circa 20000 anni fa (Cosentinoet alii 1993; Giordano 2008); nell’ultima fase, a

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carattere freatomagmatico ed esplosivo, hannoavuto origine gli edifici vulcanici conici nei qualioggi si trovano i bacini lacustri attivi di Albano eNemi, ma anche altri bacini lacustri fossili. Studirecenti hanno mostrato come una certa attivitàidromagmatica finale si sia manifestata anche nelcorso dell’età del bronzo e in epoca romana, so-prattutto dal cratere di Albano, con tracimazionedelle acque del lago e produzione di lahar chehanno costituito la Formazione del Tavolato (Fu-niciello et alii 2002, 2003), fenomeni questi talida non far più considerare il Vulcano Laziale co-me definitivamente estinto.

Anche il distretto Vulcanico Sabatino (Cosen-tino et alii 1993; Giordano 2008) ha avuto originecirca 600000 anni fa. La sua attività, di naturaesplosiva sin dalle prime fasi, ha interessato la zo-na compresa tra Manziana e la valle del Tevere etra Bassano Romano e la città di Roma, con di-verse fasi, diversi centri di emissione e diversicollassi calderici, alcuni dei quali oggi ospitanobacini lacustri attivi, come i Laghi di Bracciano edi Martignano, o fossili, come la Valle di Bacca-no. L’attività del distretto Vulcanico Sabatino ter-mina intorno ai 40000 anni fa.

Il distretto Vulcanico Vicano (Cosentino et alii1993) iniziò la sua attività circa 800000 anni fa,sviluppandosi principalmente da un edificio cen-trale, troncato da una caldera eccentrica al centrodella quale sorse il vulcano di Monte Venere; ilcratere del vulcano sarà poi occupato dall’odiernoLago di Vico. L’attività vulcanica vicana, a carat-tere prevalentemente esplosivo e che gli Autori di-vidono in quattro fasi, termina circa 90000 anni fa.

L’area vulsina (Cosentino et alii 1993), dopouna sedimentazione marina avvenuta durante il ci-clo neogenico (Argille di Acquapendente), subìuna generale emersione durante il Pliocene supe-riore. L’emersione avvenne in modo differenzialee l’area ne risultò profondamente disarticolata se-condo direttrici prevalenti NS, Ne-So e No-Se.In concomitanza con il sollevamento regionale,ebbe inizio l’attività vulcanica del distretto Vulsi-no, prevalentemente esplosiva con emissioni su-baeree a carattere areale. La prima fase iniziò cir-ca 800000 anni fa nella parte orientale con colatedi lava e coni di scorie. Successivamente, circa600000 anni fa, l’attività si concentrò nel centroPaleovulsino, probabilmente localizzato in corri-spondenza dell’attuale Lago di Bolsena. dal vici-no centro vulcanico di Bolsena-orvieto un’eru-zione, avvenuta circa 370000 anni fa, determinòla messa in posto di un’estesa coltre ignimbritica

(“Tufo di Bagnoregio” o “Ignimbrite di orvieto”)e lo sprofondamento della Caldera di Bolsena,collocata al margine nord-orientale della depres-sione lacustre. Tra i 300000 ed i 150000 anni faentrò in attività il centro di Montefiascone, conemissione di prodotti ignimbritici di ricaduta.

Intorno ai 400000 anni fa, con lo spostarsi del-l’attività vulcanica verso o, si sviluppò il grandestrato-vulcano di Latera i cui prodotti (circa 50km3) si estendono fin verso i Monti Romani. In ba-se al tipo di attività sono state distinte tre fasi prin-cipali (Nicoletti et alii 1979, 1981; Varekamp 1980;Metzelin, Vezzoli 1983; Santi 1990). La prima fasedell’attività del vulcano di Latera fu caratterizzatada sporadiche emissioni laviche che oggi affioranonei pressi di Farnese, le lave del Fosso olpeta, e diCanino. Nella seconda fase (270000-160000 anni)l’attività assunse un carattere più esplosivo e ven-nero messe in posto le numerose coltri ignimbriti-che che formano l’edificio vulcanico. Nel corso diquesta fase si formò anche la grande Caldera di La-tera. Sono presenti depositi di ricaduta, dovutispesso ad eruzioni di tipo pliniano, e depositi disurge piroclastico e di colate ignimbritiche. La ter-za fase del vulcano di Latera (160000-145000 an-ni) fu caratterizzata dal ritorno ad un’attività preva-lentemente effusiva (“lave finali”, es. lave dellaSelva del Lamone) e debolmente esplosiva localiz-zata sui bordi ed all’interno della caldera con for-mazione di coni di scorie intra e pericalderici.

Riassumendo in un quadro organico i numero-si lavori pubblicati sull’area (Gentilini 2001), so-no state proposte sette formazioni piroclastiche (ounità eruttive, U.e.) separate da paleosuoli, chesegnano i periodi di interruzione dell’attività erut-tiva (Conticelli et alii 1986; Vezzoli et alii 1990).Le sette unità eruttive sono dalla più antica allapiù recente (Cosentino et alii 1993; Gentilini2001): U.e. di Canino, U.e. di Farnese, U.e. diSovana, U.e. di Sorano, U.e. di Grotte di Castro,U.e. di onano, U.e. di Pitigliano. Intercalati aipredominanti depositi da colata piroclastica sonostati riconosciuti sei principali depositi da cadutadi tipo pliniano, denominati in maniera informalecon le lettere dell’alfabeto da fall A a fall F (Pal-ladino, Agosta 1997). Indice di attività post-vul-canica ancora in atto è la presenza di campi geo-termici (Barberi et alii 1984): nell’ambito di unprogetto di ricerca congiunto eNeL-AGIP sonostati perforati alcuni pozzi profondi, che hannodato risultati potenzialmente positivi ai fini dellosfruttamento dell’energia geotermica.

Al termine dell’attività vulcanica, avvenuta

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circa 60000 anni fa, in un momento ancora da de-finire esattamente, l’area della caldera venne oc-cupata da un bacino lacustre la cui evoluzione èstata indagata nel corso delle ricerche condotte nel1993 e 1994 dalla Soprintendenza per i Beni Ar-cheologici dell’etruria Meridionale.

3.1.2 L’eVoLUzIoNe deL PAeSAGGIo NeLLACALdeRA dI LATeRA

L’elaborazione e la correlazione dei datimorfologici e geologici accumulati nel corso del-le due campagne di ricerca sul terreno1 hanno per-messo di confermare, sia pure con discontinuità,la localizzazione delle paleolinee di riva indivi-duate mediante l’analisi aerofotogeologica preli-minare (Cerilli, Cofini 1998).

La paleolinea superiore era collocata a quota480 m s.l.m. e racchiudeva un’area localizzata nelsettore settentrionale della caldera, comprendenteanche l’attuale Lago di Mezzano (tav. 1 fuori te-sto). La soglia doveva essere collocata immedia-tamente a N di Monte Calveglio, tra questo e loc.Coste dei Preti, con deflusso verso o. In questazona, nel corso del rilevamento, sono state osser-vate rotture di pendio localizzate a quota 490 ms.l.m. e 500 m s.l.m., probabile indicazione che illivello del lago poteva aver raggiunto, forse mo-mentaneamente, anche queste quote; nel caso diraggiungimento dei 500 m s.l.m., ma anche a quo-ta 480 m s.l.m., secondo la morfologia attuale sisarebbero dovute aprire altre soglie a Se e ad edel Lago di Mezzano con ulteriore deflusso versoSe; è anche probabile che queste valli siano stateincise successivamente proprio dal reticolo idro-grafico impostatosi con le oscillazioni lacustri,tranne nel caso della valle tra Monte Spinaio eMonte Caso che conserva un “passo” a quota 490m s.l.m.. Nel corso del rilevamento geologico dicampagna non sono stati intercettati depositi lacu-stri in corrispondenza di questa antica linea di ri-va, perché coperta da detriti di falda e colluvi op-pure perché posta esattamente al limite tra questied il basamento vulcanico, e quindi il suo ricono-scimento rimane definito indirettamente.

La paleolinea di riva intermedia era collocata aquota 450 m s.l.m. e racchiudeva due aree localiz-zate sempre nel settore settentrionale della caldera,una in corrispondenza del Lago di Mezzano, l’al-tra immediatamente ad e di questa tra Casale LaVorga e Monte Calveglio di Latera (tav. 1 fuori te-sto). Sono state individuate due soglie: una a N delPozzo dell’olpitella, che metteva in comunicazio-ne i due specchi lacustri, l’altra immediatamente a

S di Monte Calveglio di Latera, che permetteva ildeflusso verso e e Se. Anche in questo caso nelcorso del rilevamento sono state individuate diver-se rotture di pendio, soprattutto in prossimità dellasoglia orientale, ma anche depositi lacustri localiz-zati nella piana del Fosso delle Volpi e in una zonaad e del Pozzo dell’olpitella, ai piedi delle pendi-ci settentrionali di Poggio Montione.

La paleolinea inferiore era collocata a quota410 m s.l.m. e racchiudeva l’area orientale e meri-dionale della caldera compresa tra gli abitati di La-tera e Valentano (tav. 1 fuori testo). In questo casola soglia non è stata localizzata esattamente, madoveva essere posizionata probabilmente nella zo-na di Le Prata, attuale valle del Fosso olpeta: èipotizzabile che l’erosione abbia modellato, allar-gandola, quest’area già naturalmente poco rilevata.di nuovo, nel corso del rilevamento a questa quo-ta, e a quote leggermente superiori, sono state in-dividuate diverse rotture di pendio e sporadici af-fioramenti di sedimenti lacustri, osservati in sezio-ni naturali anche a quote leggermente inferiori, no-nostante questa riva passi generalmente per areecoperte da detrito di falda e colluvi che tendono amascherarla. Inoltre nell’area a S dell’abitato diLatera, tra Le Coste e la collina a N di loc. Prati,sono stati individuati affioramenti di sedimenti la-custri, in sezioni naturali e artificiali, posti a quotesuperiori ai 410 m s.l.m. (tra 420 e 430 m s.l.m.),che ben si accordano con le rotture di pendio os-servate a S di Poggio Montione-Poggio Paterno,testimonianza che il livello lacustre avrebbe rag-giunto quote superiori anche in questo settore del-la caldera. All’interno di quest’area, inoltre, sonostate riconosciute zone riferibili ad antichi ambien-ti palustri, naturale evoluzione successiva all’ab-bassamento delle acque; d’altra parte l’intensaopera di regimazione artificiale delle acque e dibonifica per drenaggio o colmatura, soprattuttonella piana del Fosso delle Volpi ad e del Lago diMezzano e tra Ponte Sasso e l’abitato di Valenta-no, hanno mascherato le evidenze dell’evoluzionerecente dell’ambiente intracalderico. Nell’area a Ndi dove si doveva presumibilmente trovare la so-glia di questo specchio lacustre, tra Panton delleMurcie e Poggio del Corgnolo, spesso in corri-spondenza di rotture di pendio, (a quota 440 ms.l.m. e 410-380 m s.l.m.) sono stati individuati de-positi carbonatici travertinosi, soprattutto fogliet-tati e a luoghi contenenti resti di fauna dulcicola,spesso localizzati al tetto di depositi terrigeni (limie sabbie fini) con strutture di tipo trattivo, deposi-tati in ambiente fluviale o fluvio-lacustre.

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I depositi di travertino sembrano essere alli-neati secondo un’ampia fascia incurvata occupataanche da detriti di falda, colluvi e alluvioni recen-ti. Molto probabilmente tale allineamento rispec-chia le caratteristiche tettoniche locali (cfr infra3.2, fig. 14): una zona intensamente fratturata, cheha favorito la risalita di acque termali. Sebbene inquest’area l’erosione successiva abbia asportatoparte della copertura lacustre, la morfologia resi-dua non indicherebbe la presenza di un ambientelacustre unitario, ma sembra più verosimile ipo-tizzare l’esistenza di un ambiente particolarmentefrazionato costituito da una serie di piccoli spec-chi d’acqua, più o meno interconnessi.

La sequenza temporale delle paleorive ricono-sciute all’interno della Caldera di Latera non è fa-cilmente determinabile in base ai soli dati morfo-logici e geologici, ma necessita del supporto cro-

nologico e dell’analisi della distribuzione spazia-le, orizzontale e verticale, delle evidenze archeo-logiche (cfr infra 7 e 8). Solo nell’area del Lago diMezzano, ricerche successive (Giraudi 2004; Sa-dori et alii 2004; Giraudi, Sadori 2011; Sadori etalii 2011) hanno permesso di ricostruire la crono-logia delle oscillazioni del livello del lago. Infatti,successivamente al biennio 1993-1994, sono statecondotte altre ricerche multidiscliplinari, con par-ticolare riguardo al Lago di Mezzano, grazie allequali è stata ricostruita l’evoluzione geomorfolo-gica e paleobotanica recente ponendola anche inrelazione con l’occupazione umana di questa par-ticolare zona della caldera, desunta dai dati ar-cheologici, in particolare dalle strutture di abitatosommerse presenti all’interno del lago (cfr infra1). I risultati di queste indagini ben si accordanocon quanto ipotizzato per l’intera Caldera di Late-

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Fig. 1-a) Carta geologica del bacino del Lago di Mezzano. Legenda: 1) sedimenti lacustri del V terrazzo, 2) sedimenti lacustri del IV terrazzo, 3)sedimenti lacustri del III terrazzo, 4) copertura vulcanica, 5) accumulo di frana, 6) conoide alluvionale, 7) orli di terrazzi lacustri, 8) trincee perimpianto di irrigazione, 9-10) sezioni geologiche; b) assetto idrogeologico attuale del Lago di Mezzano (da Giraudi 2004, ridisegnata).

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ra, fornendo un ulteriore indi-spensabile contributo alla rico-struzione delle vicende geologi-che e antropiche di questa zona.

Il Lago di Mezzano (42°37’N,11°56’e, 452 m s.l.m.) è un pic-colo specchio lacustre localizzatonel quadrante No della Caldera diLatera ed occupa il fondo di uncratere prodotto da un’eruzionefreatomagmatica avvenuta circa100000 anni fa, durante l’ultimafase dell’attività vulcanica delcomplesso di Latera (Nappi et alii1995)2. Attualmente il lago, chepuò essere considerato la faseevolutiva recente e attuale del-l’antico paesaggio lacustre dellacaldera, ha un diametro di 800 med una profondità massima di 31m (Giraudi 2004; Sadori et alii2004; Giraudi, Sadori 2011). daesso si origina un emissario artifi-ciale, il Fosso delle Volpi, che lomette in connessione con il Fossoolpeta, il quale, come già osser-vato, a sua volta confluisce nelFiume Fiora. L’assetto idrogeolo-gico attuale è la risultante di unaserie di processi sia naturali, siaartificiali (fig. 1). Prima dei lavo-ri di bonifica e regimazione delleacque all’interno della Caldera diLatera, il lago ed il suo bacino dialimentazione dovevano esserepiù estesi e il suo emissario natu-rale, attraverso una soglia, davaorigine al Fosso olpeta; successi-vamente tutto il reticolo idrografi-co è stato regimentato, e i maggiori affluenti dellago sono stati deviati artificialmente verso il Fos-so olpeta (Giraudi 2004).

Su questa forma geografica si sono sviluppatemolteplici ricerche sedimentologiche, geochimi-che e paleobotaniche (Ramrath et alii 1999a,1999b, 2000; Wilkes et alii 1999; Giraudi 2004;Sadori et alii 2004; Sadori 2006; Giraudi, Sadori2011; Sadori et alii 2011), nonché archeologiche(cfr infra 1). I dati desunti dai carotaggi continuieffettuati all’interno del lago, dalle analisi geolo-giche al contorno e dalle ricerche archeologichehanno permesso di riconoscere le principali varia-zioni climatiche degli ultimi 34000 anni, nonché il

forte impatto antropico avvenuto a partire dall’etàdel bronzo. La cronologia dell’intera colonna stra-tigrafica campionata è stata basata sulle misuredegli spessori delle varve, su datazioni AMS al ra-diocarbonio, sullo studio dei livelli di tephra esull’interpolazione dei tassi di sedimentazione(Sadori et alii 2011).

In estrema sintesi, durante l’ultimo massimoglaciale e durante l’olocene il livello del lago hasubito una serie di variazioni altimetriche, positi-ve e negative rispetto al livello attuale, in relazio-ne al regime pluviometrico derivante dalle oscil-lazioni climatiche. Nel corso dell’olocene il livel-

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Fig. 2-oscillazioni del livello del Lago di Mezzano. Legenda: 1) datazioni radiometriche, 2)livello del lago inferiore alla quota segnalata, 3) livello del lago superiore alla quota segnala-ta, 4) periodi di bassi livelli lacustri, 5) oscillazioni di livello causate da intervento antropico(da Giraudi 2004, ridisegnata).

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lo del lago si innalza in corrispondenza di fasiumide o fresco-umide alle quali corrispondonomaggiori precipitazioni, mentre si abbassa nelcorso di fasi aride o caldo-aride durante le quali siverifica una minore piovosità3 (fig. 2). A questeoscillazioni di livello corrisponde anche la varia-zione della direzione del drenaggio delle acquesuperficiali del bacino lacustre (Giraudi 2004, Sa-dori 2006) con spostamento laterale e verticaledella soglia del canale di sfioro: l’acqua fluisce indirezione del lago durante i periodi di basso livel-lo e quindi una parte del canale si comporta da im-missario con allontanamento della soglia di de-flusso, mentre durante i periodi di innalzamentodel livello del lago l’acqua defluisce in direzionedell’attuale olpeta, con avvicinamento della so-glia. Questi movimenti hanno lasciato testimo-nianze nei vari ordini dei terrazzi lacustri e nei de-positi di torba presenti sulla soglia del lago e sul-la piana a eNe (Giraudi 2004), permettendo didatare più o meno esattamente le variazioni del li-vello del lago, anche con l’aiuto delle testimo-nianze archeologiche, la cui localizzazione spa-ziale, orizzontale e verticale, è in funzione del-l’assetto idrogeologico del momento e delle ne-cessità degli antichi abitanti del luogo. Inoltre, l’a-nalisi del contenuto pollinico dei sedimenti del la-

go (cfr infra 3.1.3), oltre a meglio definire leoscillazioni climatiche, ha permesso di ricostruirel’avvicendamento delle essenze vegetali. Semprein estrema sintesi, ai periodi aridi corrisponde unariduzione della quantità di piante presenti, con di-minuzione della copertura arborea e relativamen-te maggiore abbondanza di essenze non arboree,viceversa nei periodi con maggiori precipitazionila copertura vegetale si intensifica anche con au-mento delle specie arboree (Sadori et alii 2004,2011) (fig. 3); inoltre dall’esame della composi-zione floristica e dell’accumulo di micro-carboninella parte superiore delle carote è stato possibileindividuare i chiari segni di impatto antropico sul-l’ambiente circostante il lago (cfr infra 3.1.3), conlocalizzazioni cronologiche che ben si accordanocon i dati archeologici.

3.1.3 eVoLUzIoNe CLIMATICA oLoCeNICA eAMBIeNTI LACUSTRI NeLL’ITALIA CeNTRALe

Le variazioni climatiche avvenute nel corsodella storia della Terra hanno sempre profonda-mente influenzato l’evoluzione del paesaggio siafisico (geomorfologia, idrogeologia) sia biologico(piante e animali); di conseguenza anche l’evolu-zione antropica, fisica e sociale, è stata fortementelegata alle alternanze climatiche4. L’individuazio-

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Fig. 3-Lago di Mezzano: a) spettro pollinico delle specie arboree negli ultimi 10000 anni (da Sadori et alii 2011, ridisegnata); b) spettri polli-nici delle specie arboree (AP) e non arboree (NAP) negli ultimi 4100 anni (da Sadori et alii 2004, ridisegnata); c) variazione della concentra-zione dei micro-carboni negli ultimi 4100 anni (da Sadori et alii 2004, ridisegnata).

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ne e la collocazione temporale di queste ultime so-no basate sull’analisi di diversi parametri, come adesempio cambiamenti di temperatura, regime plu-viometrico, bilancio idrologico dei bacini fluviali,variazioni di livello del mare e dei laghi, evoluzio-ne del suolo, cambiamenti della copertura vegeta-le, alternanze e variazioni nelle associazioni fauni-stiche. La definizione qualitativa e quantitativa diquesti parametri si basa sull’analisi di moltepliciindicatori vicarianti (proxy records) tratti da diver-si “archivi” naturali. Solo per citarne alcuni: rap-porti isotopici dell’ossigeno osservati in caroteprelevate da sedimenti oceanici o in carbonati con-tinentali (sedimenti lacustri, speleotemi, traverti-ni), evoluzione dei terrazzi marini, fluviali e lacu-stri, evoluzione dei ghiacciai (morene laterali efrontali) e degli ambienti periglaciali (detriti diversante, suoli), particolari aspetti nei sedimentimarini e lacustri (materiale continentale depositatoa seguito della fusione di iceberg-IRD events, de-positi di sapropel, apporti di sedimenti eolici), par-ticolari strutture evolutive dei suoli (soliflussi,crioturbazioni, pedorelitti loessici), contenuto iso-topico nelle alghe, spettri pollinici, spettri dellaconcentrazione dei microcarboni, associazioni fau-nistiche (reperti fossili di invertebrati e vertebrati)nelle quali la presenza/assenza e/o i rapporti quan-titativi tra le diverse specie animali riconosciuteforniscono indicazioni di tipo climatico e pa-leoambientale. In merito alla validità di questi in-dicatori climatici c’è da puntualizzare che se leevidenze fisiche generalmente non sono influenza-te dall’attività umana, quelle biologiche invecepossono essere fortemente alterate dall’impatto an-tropico, soprattutto in periodi storici durante i qua-li il paesaggio subisce profonde alterazioni artifi-ciali (Giraudi et alii 2011).

Nelle ultime due decadi è stato dato un notevo-le impulso alle ricerche relative ai cambiamenti cli-matici glaciali e post-glaciali e all’impatto antropi-co sull’ambiente della regione circum-mediterra-nea. Queste ricerche sono state condotte in ambien-ti sia marini che continentali, i cui sedimenti, comevisto, sono veri e propri archivi naturali dei cam-biamenti climatici del passato e dell’attività umana(Antonioli et alii 2000; Mann et alii 2008; Robertset alii 2011a). da questi studi derivano una serie diricostruzioni delle oscillazioni del clima, avvenutedurante il Pleistocene e l’olocene, che possono es-sere focalizzate a scale temporali diverse, da quellamillenaria a quella sub-decennale, se non, a volte,stagionale, passando attraverso oscillazioni cente-narie e decennali (Guilizzoni et alii 2007).

Gli studi paleoclimatici in ambiente continen-tale prendono in esame i depositi sedimentari(glaciali, periglaciali, fluviali, lacustri, eolici) e lemorfologie che derivano dalle modificazioni in-dotte dagli agenti esogeni; per ottenere una coper-tura temporale più estesa e dettagliata devono es-sere effettuati di preferenza in contesti sedimenta-ri conservativi (Giraudi, Narcisi 1994).

Restringendo e focalizzando l’attenzione alcampo paleolimnologico, c’è da osservare che ibacini lacustri (fossili, bonificati, esistenti) offro-no enormi risorse per lo studio paleoclimatico(Giraudi, Narcisi 1994), perché grazie alla vastadiffusione geografica, orizzontale e altimetrica,possono fornire indicazioni relative ad una ampiagamma di situazioni paleoambientali; inoltre i la-ghi presentano spesso una sedimentazione conti-nua o con lacune ben riconoscibili, la cui scansio-ne cronologica risulta ben definita anche con l’ap-porto di datazioni radiometriche, queste condizio-ni favoriscono registrazioni relative a variazioniclimatiche con scale temporali da millenarie a sta-gionali; infine allo studio geologico e paleobiolo-gico si possono affiancare i risultati della ricercaarcheologica, come ulteriore fonte di indicazionicronologiche e paesaggistiche.

d’altra parte, secondo alcuni Autori, la rico-struzione delle variazioni paleoambientali a scalaglobale, regionale e locale, può essere d’aiuto perla comprensione di fenomeni storici e sociali (peril Mediterraneo si veda, ad esempio, drysdale etalii 2006; Staubwasser, Weiss 2006; Mercuri etalii 2011; Roberts et alii 2011a, 2011b).

Basandosi su una sintesi dei dati geologici,stratigrafici, geomorfologici ed isotopici raccoltida archivi continentali, Giraudi et alii (2011) han-no presentato uno studio sulle differenze ambien-tali e climatiche tra la prima e la seconda metà del-l’olocene nell’Italia centrale e meridionale. Inquesto lavoro gli Autori hanno confrontato leinformazioni provenienti dalle evidenze geologi-che e geomorfologiche delle fasi di espansioneglaciale e delle attività periglaciali appenninichecon le variazioni di livello dei paleolaghi e i datiisotopici dell’ossigeno provenienti da livelli car-bonatici lacustri e da depositi carbonatici di grotta(speleotemi), tutti questi dati sono stati correlatimediante datazioni radiometriche o livelli di teph-ra individuati nei depositi studiati. In estrema sin-tesi gli Autori osservano che l’inizio dell’oloceneè segnato da rapidi cambiamenti ambientali. Nel-l’Italia peninsulare nell’intervallo compreso tra9500 e 6000-5500 anni cal. BP circa, corrispon-

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dente all’optimum climatico olocenico, le tempe-rature medie sono state probabilmente più alte e lecondizioni ambientali sono state generalmentestabili; tra 9000 e 7000 anni cal. BP circa le preci-pitazioni meteoriche sono state particolarmenteelevate. La fine del periodo “umido” sembra veri-ficarsi più tardi, a circa 6000-5000 anni cal. BP.da questo momento sono ben riconoscibili rapideescursioni climatiche, con evidente variabilità del-le precipitazioni meteoriche e della temperatura.di particolare rilevanza è l’evento climatico che siè verificato a circa 4200 anni cal. BP5, corrispon-dente all’inizio di un periodo particolarmente ari-do, cronologicamente vicino alla deposizione deltephra di Avellino (“Pomici di Avellino” Auct.,Somma-Vesuvio; Sulpizio et alii 2010a, 2010b) ecorrelabile con l’IRD Bond event 3 (Andrews2000; Bond et alii 1997, 2001). da questo mo-mento inizia un periodo di significativi cambia-menti ambientali negli Appennini e, più in genera-le, nell’Italia centrale; a seguito di tale evento, lavariabilità ambientale sembra più pronunciata efrequente. Allargando il raggio di osservazione,gli Autori osservano che alcuni cambiamenti am-bientali nel corso del primo olocene e dopo i 4200anni cal. BP sembrano essere in fase con gli IRDevents (ice rafted debris o Heinrich event, heinri-ch 1988) del Nord Atlantico, ciò che indicherebbesia connessioni tra il Nord Atlantico e l’area me-diterranea, sia una possibile influenza della circo-lazione atmosferica nella parte meridionale delNord Atlantico relativamente al controllo dell’ap-porto di umidità sul bacino del Mediterraneo cen-trale tramite masse d’aria provenienti da o. In de-finitiva, secondo gli studiosi, l’evoluzione del cli-ma può essere considerata come il motore dellamaggior parte dei cambiamenti ambientali osser-vati. Per quanto riguarda l’analisi di dettaglio del-le oscillazioni del livello lacustre dei laghi, Girau-di et alii (2011) prendono in considerazione i nu-merosi dati noti in bibliografia principalmente peril Lago del Fucino (Abruzzo), il Lago dell’Accesa(Toscana) ed il Lago di Mezzano (Lazio), il primodefinitivamente bonificato nella seconda metàdell’ottocento dopo vari tentativi condotti sin dal-l’epoca dell’imperatore Claudio, gli altri ancoraattivi, integrando le loro osservazioni con alcunidati frammentari disponibili per il Bacino di Rieti(Lazio) ed il Lago di Albano (Lazio). Le oscilla-zioni del Lago del Fucino e del Lago dell’Accesacoincidono in corrispondenza delle variazioni po-sitive riscontrate a 11700 e 7700 anni cal. BP e ne-gative a 4200 anni cal. BP (Giraudi et alii 2011).

Nel periodo tra circa 22000 e 14000 anni BP, leoscillazioni del Lago di Mezzano possono essereconfrontate con quelle del vicino Lago di Vico(Giraudi 2004): tra questi due laghi è evidente lacoincidenza fra gli alti livelli lacustri riscontratiattorno a circa 22000 anni cal. BP (I terrazzo delLago di Mezzano) e 15000 anni cal. BP (II terraz-zo). Per il periodo successivo, è rilevata una di-screta correlazione delle oscillazioni di livello(Giraudi 2004, 2007; Giraudi et alii 2011) tra ilLago di Mezzano ed il Lago del Fucino a partireda circa 10000 anni BP, anche se nella sequenzadei dati del Lago di Mezzano appaiono alcune la-cune. In particolare (fig. 4), si può osservare unacoincidenza fra gli alti livelli lacustri databili acirca 2800 anni cal. BP, al II sec. a.C. (III terrazzodel Lago di Mezzano) e al XII-XIV sec. d.C.6 (IVterrazzo) (Giraudi 2004), periodi corrispondentiad un aumento di piovosità, come indicato ancheda una discreta correlazione con le fasi di avanza-ta di alcuni ghiacciai appenninici (Giraudi 2004,2007; Giraudi et alii 2011). evidenze di variazio-ni ambientali spesso coeve a quelle osservate neiLaghi del Fucino e dell’Accesa sono state descrit-te anche per il Lago di Albano ed il Bacino di Rie-ti (Giraudi et alii 2011 e relativa bibliografia). AlLago di Albano si osserva un brusco cambiamen-to ambientale poco prima della deposizione deltephra di Avellino (circa 4200 anni cal. BP). NelBacino di Rieti, le analisi dei sedimenti del paleo-lago bonificato, il cui livello è stato in parte con-trollato dall’accumulo di depositi di travertino, in-dicano variazioni ambientali a scala millenariastatisticamente coeve con quelle descritte per i La-ghi del Fucino e dell’Accesa (a circa 10745-10245, 8200-7800, 4805-4245, 2950-2490 annical. BP). Tutti questi record portano ad individua-re, soprattutto per gli ultimi 7000 anni, una fittaalternanza di fasi fresche, umide o fresco-umideintervallate da fasi aride o caldo-aride (fig. 5).

Come già detto, alle osservazioni dei recordgeologici, geomorfologici e sedimentologici, pos-sono essere affiancate anche le analisi di altri in-dicatori che riguardano la sfera biologica, comead esempio gli spettri pollinici ottenuti da cam-pionamenti in sedimenti continentali e suoli, so-prattutto se costruiti mediante carotaggi, possibil-mente continui, effettuati in sedimenti lacustri. Inparticolare, i laghi vulcanici del Lazio, in quantospesso sede di un accumulo di sedimenti regolaree prolungato nel tempo (Follieri et alii 1998), co-stituiscono un archivio insostituibile per la pre-senza di lunghe sequenze polliniche ben scansio-

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Fig. 5-Variazioni climatiche in Italia centrale negli ultimi 7000 anni, a confronto con le variazioni di livello dei laghi di Mezzano e del Fuci-no (da Giraudi 2004 e 2007, ridisegnata).

Fig. 4-Confronto tra le oscillazioni di livello del Lago di Mezzano e dei Laghi di Vico e del Fucino. Legenda: 1) datazioni radiometriche, 2)livello del lago inferiore alla quota segnalata, 3) livello del lago superiore alla quota segnalata, 4) periodi di bassi livelli lacustri, 5) oscilla-zioni di livello causate da intervento antropico (da Giraudi 2004, ridisegnata).

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nate cronologicamente mediante datazioni direttee indirette.

del Lago di Mezzano già si è accennato prece-dentemente (cfr supra 3.1.2). L’analisi delle trecarote prelevate dal fondo del lago (Ramrath etalii 1999a, 1999b, 2000; Wilkes et alii 1999; Gi-raudi 2004; Sadori et alii 2004; Sadori 2006; Gi-raudi, Sadori 2011; Sadori et alii 2011) ha per-messo l’individuazione di varie fasi di espansionee ritiro della copertura vegetale arborea (fig. 6)che corrispondono rispettivamente ad un incre-mento o ad una riduzione della piovosità7.

Nelle carote prelevate dal fondo del Lago diMezzano, oltre ad importanti cambiamenti dicomposizione floristica, si registra una sequenzadi decrementi, improvvisi e netti, della concentra-zione del contenuto pollinico che indicano consi-derevoli variazioni di densità della copertura fore-stale, con minimi a circa 8200, 7600-7300 (corri-spondente alla massima percentuale di quercesempreverdi), 5400, 3700-3400 e 2900 anni cal.BP (Sadori et alii 2011). L’esame della parte piùrecente delle carote, ultimi 4000 anni circa, haperò evidenziato quanto possa essere influentel’impatto antropico sul record naturale (Sadori etalii 2004, 2011). Ad esempio, questo diviene par-ticolarmente evidente nell’età del bronzo, tra cir-ca 4100 e 2900 anni cal. BP (Giraudi et alii 2011;Sadori et alii 2011). durante questo periodo, incorrispondenza della forte riduzione di coperturaarborea, oltre ad un cambiamento della composi-zione floristica si osserva un notevole aumentodella concentrazione di micro-carboni (Giraudi etalii 2011): l’incremento degli incendi e la riduzio-ne della copertura arborea è da imputare non soloallo sfruttamento del bosco per il combustibile ne-cessario alle attività quotidiane o per la produzio-ne metallurgica ma anche alla formazione di nuo-ve aree da adibire a coltivazione e pascolo, comeindica il contemporaneo innalzamento della con-centrazione dei pollini di cereali e legumi, che inquesto intervallo raggiungono il loro massimo8.Gli incendi giocano un ruolo importante per lamodificazione del paesaggio anche durante il pe-riodo etrusco-romano e medievale, così come du-rante i secoli più recenti, durante i quali diventaevidente una forte pressione antropica sull’am-biente (Sadori et alii 2011). La coincidenza tra ri-duzione della copertura arborea ed impatto antro-pico non è invece da invocare, secondo Giraudi etalii (2011), per l’evento avvenuto intorno ai 3800anni cal. BP, quando un netto e forte cambiamen-to climatico verso condizioni più aride è indicatoda una riduzione della copertura arborea, alla qua-le però non è associato il drammatico incrementodegli incendi boschivi. C’è comunque da osserva-re che la corrispondenza tra incendi e attività uma-na deve essere sempre verificata mediante ulterio-ri indicatori. Ad esempio, tracce di evidenti ed im-portanti incendi naturali (Sadori et alii 2011) sitrovano anche all’inizio dell’olocene, intorno ai10000 anni cal. BP, in un periodo nel quale il cli-ma è stato piuttosto instabile e la presenza umanafacilmente determinabile, ma non di forte impattosulla vegetazione. Successivamente, fino ai 3800

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Fig. 6-Curve polliniche percentuali dal Lago di Mezzano (da Sadoriet alii 2011, ridisegnata).

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anni cal. BP, si può riconoscere solo un certo nu-mero di incendi sporadici e isolati (Sadori et alii2011). Questi dati sono l’ulteriore evidenza chenel periodo compreso tra l’inizio dell’olocene edi 3800 anni cal. BP l’occupazione antropica delterritorio non è stata determinante ai fini delle tra-sformazioni del paesaggio. Come già accennato,tutte queste osservazioni sono l’ulteriore evidenzadi come, durante i periodi storici caratterizzati daun forte impatto antropico, gli indicatori paleoam-bientali biologici siano sempre da verificare accu-ratamente.

Nell’area laziale, altri laghi di origine vulcanicasono stati oggetto di indagini interdisciplinari (Gi-raudi, Narcisi 1994), in particolare riguardo all’a-spetto paleobotanico si possono citare: Lagaccione,Lago di Vico, Stracciacappa, Valle di Castiglione(Follieri et alii 1998; Magri 1999; Magri, Sadori1999; Magri 2008a, b; Bertini 2010).

Il Lagaccione è un maar9, localizzato 2 km aSo del Lago di Bolsena; lo specchio d’acqua, og-gi completamente bonificato, occupava un cratere

originato da un’esplosione idromagmatica duran-te le ultime fasi di attività del distretto VulcanicoVulsino (cfr infra 3.1.1). Il Lago di Vico (si vedasopra e infra 3.1.1) occupa la depressione calderi-ca formata nel corso dell’attività del distretto Vul-canico Vicano; lo specchio lacustre era probabil-mente già impostato nel corso della terza fase diattività del complesso, a partire dai 140000 anni fa(Locardi 1965). Il Lago di Stracciacappa, oggiestinto, occupava l’omonimo cratere, localizzatocirca 35 km a N di Roma, attivo durante l’ultimafase esplosiva del distretto Vulcanico Sabatino(cfr infra 3.1.1) tra gli 80000 e 40000 anni fa (Co-sentino et alii 1993; de Rita et alii 1993). Il Lagodi Castiglione era uno dei bacini lacustri, ora fos-sili, che occupavano i crateri di alcuni centriesplosivi eccentrici del distretto Vulcanico deiColli Albani (cfr infra 3.1.1); la Valle di Casti-glione si trova nei pressi di Gabii a circa a 20 kmad e di Roma, sulle pendici settentrionali del Vul-cano Laziale; la sua formazione risale alla secon-da fase del Vulcano Laziale (fase dei Campi d’An-

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Fig. 7-Tentativo di correlazione tra le curve polliniche percentuali delle specie arboree, esclusi pino e ginepro, (AP) e non arboree (NAP) daValle di Castiglione, Lagaccione, Lago di Vico e Stracciacappa, le date sono anni 14C BP (da Follieri et alii 1998, ridisegnata, cui si rimandaper la tabella delle deviazioni standard delle datazioni 14C e l’illustrazione dei particolari).

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nibale o delle Faete) avvenuta tra i 300000 ed i200000 anni fa circa (Cosentino et alii 1993; deRita, Giordano 2009). In Follieri et alii (1998) so-no correlate le sequenze polliniche ottenute dal-l’esame delle carote prelevate dai sedimenti diquesti quattro laghi. In particolare la correlazionedei diagrammi pollinici delle specie arboree ri-spetto a quelle non arboree (fig. 7) consente, comevisto precedentemente, la definizione dell’esten-sione temporale e dell’intensità di fasi umide earide che possono essere collocate cronologica-mente col supporto di datazioni radiometriche emediante la correlazione con le fasi polliniche eu-ropee. Nelle sequenze polliniche sono ben marca-te le alternanze tra gli interstadiali tardopleistoce-nici umidi, evidenziati dall’incremento della co-pertura forestale, e gli stadiali aridi con predomi-nanza di vegetazione di prateria e/o steppica, cosìcome è ben evidente la rapida ed intensa refore-stazione dovuta alla deglaciazio-ne che segna il passaggio tra Plei-stocene e olocene. Negli stessidiagrammi, sia pure con minoreevidenza data la compressione discala, sono ben leggibili le alter-nanze oloceniche della coperturavegetale.

Un ulteriore apporto allo studiodei depositi lacustri è rappresenta-to dall’osservazione della presen-za/assenza di clasti dovuti ad ap-porto eolico, come ad esempiogranuli di quarzo, all’interno deisedimenti. Un esempio è dato dallavoro di Narcisi (2000) riguardodue carote prelevate una al Lagac-cione e l’altra nel Lago di Vico. Inquesto studio i granuli di quarzo,rinvenuti all’interno dei sedimentilacustri campionati dalle trivella-zioni, sono attribuiti ad un apportoeolico di provenienza nord-saha-riana; inoltre si osserva una certacorrelazione tra l’aumento dellaquantità dei granuli di quarzo el’incremento dei pollini di piantenon arboree (fig. 8), viceversa bas-si contenuti in quarzo corrispon-dono a percentuali basse o inter-medie di pollini non arborei. Iprincipali picchi del quarzo sonocorrelati ai periodi steppici corri-spondenti ai MIS 4 e 2, mentre i

valori più bassi sono stati trovati nei sedimenti re-lativi ai MIS 5 e 3 e durante l’olocene iniziale emedio10. In quest’ultimo periodo, la minore con-centrazione di granuli di quarzo al Lagaccione ècollocata circa in corrispondenza di 8200 anni fa11,mentre al Lago di Vico, dove in corrispondenza diquesta data la concentrazione di granuli di quarzo ècomunque molto bassa, il picco minimo si registraa 5300 anni fa12; in corrispondenza di questi mini-mi si collocano anche le percentuali più basse dipolline non arboreo; successivamente a queste datei granuli di quarzo aumentano così come, in parte,le piante non arboree. Per quanto riguarda il Lagodi Vico, Narcisi (2000) rileva che per quanto si pos-sa osservare un incremento del deposito eolico tra4300 e 2000 anni BP13, i pollini di piante non arbo-ree indicano che, durante questo intervallo, le areecircostanti il lago rimangono forestate, malgradoun importante impatto antropico; conseguentemen-

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Fig. 8-Correlazione tra depositi eolici dal Lagaccione e dal Lago di Vico (da Narcisi 2000, ri-disegnata). In tratto continuo il contenuto in quarzo, espresso come percentuale della frazio-ne minerale (scala superiore), in grigio percentuale dei pollini delle specie non arboree (sca-la inferiore). date 14C BP non calibrate, in asterisco data 40Ar/ 39Ar (da Magri 1999, ridi-segnata).

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te, se all’apporto eolico corrisponde un incrementodell’aridità, quest’ultima non causa la deforestazio-ne attorno al Lago di Vico. In conclusione, Narcisi(2000) osserva che questi apporti eolici nell’Italiacentrale possono riflettere fenomeni globali, anchesulla scorta di un confronto sostanzialmente positi-vo con record provenienti da regioni polari. In par-ticolare i cambiamenti idrologici tardo-quaternarinella regione sahariana appaiono essere coinciden-ti con gli apporti eolici nell’Italia centrale e questaconcordanza suggerisce che, nel corso dell’ultimociclo climatico, le caratteristiche di questi apportisono largamente guidate dalle variazioni climatichedel Nord Africa14. L’apporto eolico di materiale diprovenienza africana è anche testimoniato nei re-cord palinologici del Mediterraneo occidentale(Magri, Parra 2002).

L’esame di studi interdisciplinari paleolimno-logici, anche recenti, potrebbe essere allargato alocalità geograficamente distanti dalla regione la-ziale. Limitandosi all’Italia peninsulare e solo perfare alcuni esempi si possono citare: il già nomi-nato Lago dell’Accesa (Abruzzo) (Peyron et alii2011), Campo Felice (Abruzzo) (di Rita, Magri2004), il Lago di Monticchio (Basilicata) (Allen etalii 2002), il Lago di Pergusa (Sicilia) (zanchettaet alii 2007; Sadori, Giardini 2007; Sadori, Narci-si 2001), il Lago Alimi Piccolo (Puglia) (di Rita,Magri 2009), ma ci si potrebbe spingere anche intutta la regione circum-mediterranea, dalla Peni-sola Iberica (Pantaléon-Cano et alii 2003; Pèlachset alii 2011; Pérez-obiol et alii 2011), alla Grecia(Peyron et alii 2011), al Mar di Marmara (Fusco,Ricci-Lucchi 2004), alla Turchia (Tecer dağ: Ku-zucuoğlu et alii 2011, Van dağ: Wick et alii2003), ad Israele (Soreq Cave: Bar-Matthews,Ayalon 2011); non meno importanti sono gli studisull’evoluzione paleoambientale del Sahara(Baumhauer, Runge 2009; Mercuri et alii 2011),soprattutto, come visto precedentemente, alla lucedella presenza di materiali da apporto eolico diprovenienza nord-africana all’interno dei sedi-menti lacustri delle nostre latitudini.

C’è però da osservare che, se a scala millena-ria le oscillazioni climatiche quaternarie e oloce-niche trovano confronti coerenti in tutta la regio-ne mediterranea, a livello locale e a scala centena-ria o decennale, si possono avere delle differenzetra i vari siti analizzati, dovute alla posizione geo-grafica, alle caratteristiche microclimatiche, alladiversa risposta alle sollecitazioni ambientali lo-cali da parte di piante ed animali, nonché all’in-fluenza dell’impatto antropico.

La recente pubblicazione di diversi contributidi sintesi riguardo le oscillazioni climatiche avve-nute nel Mediterraneo nel corso degli ultimi12000 anni (Brayshaw et alii 2011; Giraudi et alii2011; Roberts et alii 2011a, 2011b; Sadori 2007;Sadori et alii 2011; Vanniére et alii 2011; zan-chetta et alii 2011b) consente di riassumere l’evo-luzione del clima nel corso dell’olocene, con par-ticolare riguardo alla penisola italiana.

La sintesi di questi lavori indicherebbe una di-screta concordanza fra tutti i proxy records esami-nati dai vari Autori nell’individuare una serie difasi climatiche che si sono alternate nel corso del-l’olocene, ma contemporaneamente indica un di-verso contributo delle componenti naturali ed an-tropiche tra la prima e la seconda parte dell’olo-cene, così come diventa evidente un certo sfasa-mento ed una diversa risposta locale alle variazio-ni climatiche globali tra la parte occidentale equella orientale del bacino del Mediterraneo.

In generale, dall’inizio dell’olocene fino a cir-ca 4200 anni cal. BP, il clima sembra essere so-stanzialmente stabile, anche in funzione della con-figurazione astronomica (Giraudi et alii 2011), el’impatto antropico poco determinante (Sadori etalii 2011): il clima è il principale motore dei cam-biamenti ambientali. Successivamente ai 4200 an-ni cal. BP, corrispondente, come più volte afferma-to, ad una improvvisa e forte fase arida, il clima di-viene più instabile con forti variazioni, anche sta-gionali, di temperatura e umidità (Giraudi et alii2011), e l’impatto antropico diviene determinanteai fini delle trasformazioni del paesaggio (Sadoriet alii 2011): le variazioni ambientali sono deter-minate sia dal clima sia dalle attività umane.

dal punto di vista geografico, la storia climati-ca dell’olocene mostra una separazione tra l’areaoccidentale e quella orientale del bacino del Me-diterraneo (Roberts et alii 2011a). Ad e durantel’olocene iniziale si assiste ad un incremento del-le precipitazioni nel corso della stagione inverna-le, seguito da un declino oscillante dopo i 6000anni cal. BP circa15. In particolare i periodi 8600-8000, 6300-6000 e 3900-3300 anni cal. BP sonocaratterizzati da un clima tendenzialmente umido,mentre i periodi 6600-6500, 5300-5000, 4500-3900 e 3100-2800 anni cal. BP sono relativi a fa-si di aridità spesso marcata (Roberts et alii2011b). Ad o si hanno variazioni di intensità del-le precipitazioni piccole e poco coerenti spazial-mente, con un massimo incremento durante l’olo-cene medio (6000-3000 anni cal. BP) e un succes-sivo decremento fino ai valori attuali.

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La linea di demarcazione tra questi due domi-ni climatici sembra correre attraverso i Balcani,l’Italia meridionale e, presumibilmente, la Tuni-sia; in base a questa ricostruzione climatica (Ro-berts et alii 2011a) la mediterraneizzazione degliecosistemi terrestri sembra avvenire prima nellaparte orientale del Mediterraneo e successivamen-te in quella occidentale: parallelamente a questevariazioni climatiche, e parzialmente stimolati daesse, in tutto il bacino del Mediterraneo a partiredal neolitico ma in particolare durante l’età delbronzo, si verificano profondi cambiamenti eco-nomici e sociali, che porteranno allo sviluppo disocietà umane complesse.

Nel Mediterraneo centrale (Sadori et alii 2011),durante il periodo di optimum climatico olocenico(11000-8200 anni cal. BP), successivo alla degla-ciazione, il generale riscaldamento è accompagna-to da inverni piovosi; l’intervallo 9500-7800 annical. BP si riferisce ad una fase umida caratterizzatada forti differenze stagionali con inverni umidi eestati secche, all’interno di questa fase la riduzionedelle foreste avvenuta circa 9400 anni cal. BP indi-vidua un momento arido; la fine dell’optimum cli-matico è segnata da un ristretto evento arido (8200anni cal. BP) che provoca una nuova riduzione del-la copertura boschiva; successivamente, dai 6000anni cal. BP, si ha un incremento delle condizioniaride e l’inizio (a circa 5800 cal. BP) delle testimo-nianze di impatto antropico, che diviene via via piùevidente a partire dai 4500 anni cal. BP (Sadori2007). Tra i 4400 ed i 4100 anni cal. BP si verificaun rapido cambiamento climatico (Sadori et alii2011), che culmina con l’evento fortemente arido a4200 anni cal. BP; successivamente, intorno ai4000 anni cal. BP (Sadori 2007), l’impatto antropi-co diviene via via più forte. Il periodo tra 3800 e3400 anni cal. BP è caratterizzato da una secondariduzione delle foreste (Sadori et alii 2011) da im-putare sia a cambiamenti climatici in senso aridosia all’impatto antropico; un segnale è dato dall’in-cremento degli incendi di origine naturale, ma an-che, e forse soprattutto, antropica. A partire dai2800 anni cal. BP la copertura vegetale cambia dra-sticamente a causa di un chiaro, e sempre più forte,impatto antropico (Sadori 2007).

La storia climatica dell’Italia peninsulare, col-locandosi all’interno di questo settore centrale delMediterraneo, non si discosta di molto da quantoappena descritto e da quanto accennato preceden-temente. Successivamente alla deglaciazione, chesi presenta con un passaggio rapido soprattutto inalta montagna (Giraudi et alii 2011), si ha un pe-

riodo (9500-5500 anni cal. BP) con temperaturemedie annue più alte dell’attuale, che sono ac-compagnate da intense precipitazioni meteorichetra i 9500 e i 7000 anni cal. BP; all’interno di que-sto periodo si colloca la punta arida di 8200 annical. BP16. A partire dai 6000 anni cal. BP le tem-perature iniziano a diminuire (Giraudi et alii2011), ma le estati sono più calde ed inizia a ma-nifestarsi un periodo di aridità. Le basse tempera-ture che si verificano tra i 4500 ed i 4000 anni cal.BP (Giraudi et alii 2011), individuano un periodopiù freddo dell’attuale, il cosiddetto NeoglacialeAppenninico, all’interno del quale si colloca l’e-vento di aridità di 4200 anni cal. BP, al quale cor-risponde un corto periodo fresco e umido, seguitoda un periodo fresco e arido; come già detto, suc-cessivamente a questo evento il clima diviene for-temente instabile e l’impatto antropico sempre piùevidente17. Come già accennato, dal punto di vistapaleoambientale, nel corso dell’olocene il bacinodel Mediterraneo, e quindi l’Italia peninsulare, havissuto profonde trasformazioni del paesaggio ve-getale ad opera sia dei cambiamenti climatici siadel sempre crescente impatto antropico; in ognicaso l’occupazione umana di un territorio è sem-pre stata dipendente dalla distribuzione delle es-senze arboree e erbacee, sia nelle fasi di sfrutta-mento diretto come fonte di cibo e materia primadelle risorse vegetali naturali, ed animali in essecontenute e dipendenti, sia nelle fasi di trasforma-zione attiva del territorio, che hanno portato allasottrazione di aree naturali sempre più estese, daadibire a pascolo, coltivazione, aree residenziali e,non ultimo, per lo sfruttamento di materia primacombustibile e da costruzione.

A seguito della deglaciazione, la parte inizialedell’olocene è stata caratterizzata da cambiamen-ti rapidi e dinamici del paesaggio; a causa di con-dizioni più umide rispetto alle attuali la vegeta-zione glaciale prevalentemente aperta è sostituitainizialmente da foreste pioniere (betulla, pino) esuccessivamente da foreste decidue di clima tem-perato (Roberts et alii 2011a).

Nella seconda metà dell’olocene, dopo l’even-to arido di 4200 anni cal. BP, l’instabilità climati-ca, caratterizzata da fluttuazioni di temperatura earidità soprattutto durante la stagione estiva (Gi-raudi et alii 2011), diviene particolarmente favo-revole allo sviluppo di una copertura arborea e ar-bustiva costituita da essenze sempreverdi sclerofi-le (Roberts et alii 2011a). Il contemporaneo incre-mento dell’impatto antropico (Roberts et alii2011a), contribuisce pesantemente alla riduzione

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delle foreste a favore della vegetazione erbacea;durante gli ultimi sei millenni diviene evidente ilcambiamento nel rapporto tra i pollini di speciearboree (AP) e di specie non arboree (NAP); pa-rallelamente si assiste ad un incremento della ve-locità di sedimentazione all’interno dei fiumi e deilaghi, da imputare all’erosione dei suoli, che ri-mangono sempre più esposti agli agenti atmosfe-rici. Tra queste due fasi esiste un intervallo (6500-3000 cal. BP) durante il quale le foreste mesocra-tiche erano pienamente sviluppate e la maggiorparte delle aree di pianura erano geomorfologica-mente stabili (Roberts et alii 2011a); durante que-sto periodo, nella ricostruzione dei processi am-bientali mediterranei, diviene difficile distinguereil ruolo dell’azione antropica da quello del cam-biamento climatico naturale. Soprattutto dallametà del I millennio a.C., la combinazione dellevariazioni della copertura vegetale indotte dall’es-sere umano, in associazione ad un clima più seccoe variabile e ad un cambiamento nel regime degliincendi, causano lo stabilirsi della tipica vegeta-zione sclerofila e la formazione del paesaggio del-la regione circum-mediterranea (Roberts et alii2011a). Per questo Roberts et alii (2011a) osser-vano che “in realtà molti paesaggi mediterraneisono il risultato delle relazioni sinergiche, e inqualche caso contingenti, tra genti, animali, pian-te, clima ed altri componenti naturali”.

In conclusione, ed in estrema sintesi, si può af-fermare che l’olocene ha fatto da testimone delpassaggio da un sistema terrestre dominato dallanatura ad uno dominato dall’essere umano (Mes-serli et alii 2000): con quali risultati, saranno soloi posteri a giudicare.

Manoscritto consegnato ad Aprile 2011.

E.C.

3.2 ANALISI GeoMoRFoMeTRICA deLL’A-ReA deLLA CALdeRA dI LATeRA

La descrizione morfologica dell’area dellaCaldera di Latera è stata arricchita da un’analisiquantitativa delle forme del rilievo presenti nelterritorio oggetto di studio. A questo scopo sonostati presi in considerazione gradienti topografici,espressione dell’assetto morfologico locale, e pa-rametri quali la quota, l’acclività e l’esposizione,espressione gli ultimi due della variazione dell’al-timetria rispetto al pendio, rispettivamente in sen-so longitudinale e trasversale. Questi parametri

sono stati calcolati elaborando un Modello Nume-rico Altimetrico (Digital Elevation Model, DEM)in formato raster che copre l’area di studio conuna risoluzione spaziale di 30 m/pixel.

I gradienti topografici locali si sono ricavatidal DEM di riferimento, tenendo conto di una sot-toarea di 3x3 pixels e calcolando le differenze diquota del pixel centrale rispetto agli otto circo-stanti. Si sono così ottenuti 8 strati di dati rasterche possono essere elaborati tramite i metodi diclassificazione multidimensionale come si è solitioperare nel caso di scene da satellite multispettra-li (es. LANDSAT, SPOT, ecc...).

Lo scopo finale del procedimento è quello diottenere una suddivisione del territorio centratosulla Caldera di Latera in classi omogenee dal pun-to di vista dell’assetto morfologico, applicando unapproccio statistico multidimensionale, in cui i va-lori dei gradienti topografici costituiscono lo spa-zio delle variabili da elaborare. Le carte tematicherisultanti descrivono la distribuzione spaziale diqueste unità di terreno omogenee in cui è eviden-ziato l’impatto di processi erosivi e tettonici sullamorfologia. In queste carte la visualizzazione delrilievo costituisce un fattore importante nella valu-tazione della classificazione, che comunque allostato attuale è basata, per ogni classe, sulle statisti-che dei gradienti topografici e dei parametrimorfometrici. Le classi discriminate sono state poiconfrontate sia con i lineamenti geo-strutturali co-nosciuti nell’area della Caldera di Latera che conla posizione di alcuni siti protostorici.

Un’indagine analoga era stata già affrontata inParmegiani, Poscolieri 1996, in cui si esaminava-no i rapporti tra le comunità che abitavano il baci-no del Fiume Fiora durante l’età del bronzo e ilterritorio circostante, al fine di spiegare le scelteinsediamentali, analizzando dati multispettrali, ot-tenuti da scene da satellite, e dati morfometrici,derivati da un DEM.

Al fine di ottenere il DEM della Caldera di La-tera, si sono utilizzati i dati ASTER. Gli ASTER(Advanced Spaceborne Thermal Emission andReflection radiometer) Global Digital ElevationModel (GDEM) sono il risultato di un accordo trail Ministero dell’economia, Commercio e Indu-stria giapponese e la NASA. Si tratta di una bancadati acquisita tramite il sensore satellitare ASTERper tutto il pianeta. I dati GDEM sono stati pro-dotti da coppie stereo utilizzando le 1,3 milioni discene della banca dati ASTER, raggiungendo unarisoluzione di circa 30 m/pixel, e sono stati orga-

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nizzati in sottoaree di 1x1 gradi secondo il forma-to GeoTIFF. Questi dati sono liberamente scarica-bili dal sito WEB: http://www.ersdac.or.jp/GdeM/e/index.htm.

Il DEM dell’area di studio è stato ricavato rita-gliando una scena ASTER GDEM (fig. 9) e conver-tendo le originali coordinate geografiche della cartanumerica in coordinate chilometriche UTM (proie-zione Universale Trasversa di Mercatore) WGS84.La superficie finale coperta è ampia 21x20,6 km. Infig. 10 è mostrato un rilievo ombreggiato ottenutotramite un’elaborazione del DEM in cui la fonte diilluminazione è posta ad un’altezza di 64° sull’oriz-zonte e con un azimut di 208°.

L’identificazione di una classificazione natura-le delle unità statistiche di un campione, descrittoda una tavola di dati multidimensionale, è unobiettivo assai difficile da raggiungere con unametodologia automatica. Infatti non esiste, atutt’oggi, un metodo capace di trattare adeguata-mente qualunque configurazione di punti in unospazio multidimensionale, perché forma e distri-buzione possono essere talmente diverse da impe-dire di concepire una strategia efficiente in qua-lunque situazione. Al contrario, l’esperienza inse-gna che una buona classificazione può essere otte-nuta selezionando caso per caso il metodo che me-glio s’adatta alla specifica distribuzione degli og-

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Fig. 9-Sottoscena ASTeR GdeM a livelli di grigio con l’area di studio della Caldera di Latera inquadrata in rosso.

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getti dello studio, a seguito del confronto fra varimetodi applicati sulla stessa tavola di dati. Lo spe-cifico problema della classificazione di dati DEMè stato affrontato recentemente da Camiz et alii(c.s.; cfr anche Poscolieri 2010) che hanno con-frontato alcuni metodi di classificazione su unaparticolare area di studio. dal confronto è risulta-ta particolarmente interessante la cosiddetta Tan-dem Analysis (Arabie, hubert 1994), che è stataqui adottata: si tratta d’un metodo di Analisiesplorativa dei dati (Camiz 2001), un modello co-gnitivo in grado di suggerire una possibile struttu-ra dei dati basato su un’analisi fattoriale, che ri-cerca caratteri indipendenti che agiscono comefattori di variazione dei dati ed una classificazio-

ne gerarchica che permette di ripartire il campio-ne in sottocampioni omogenei rispetto ai fattoriindividuati. Sviluppato negli anni Settanta del se-colo scorso (Lebart et alii 1977; Bellacicco, La-bella 1979), il metodo è stato implementato in nu-merosi package statistici, incluso SPAD (Lebart etalii 1999), ma è stato criticato fra gli altri da Ara-bie e hubert (1994), perché non è sempre in gra-do d’identificare una classificazione esistente apriori, se non risulta evidente nelle componentiprincipali. In realtà la Tandem Analysis si è rivela-ta assai utile per la ricerca esplorativa di partizio-ni possibili compatibili con la struttura fattorialecosì identificata, aiutando in questo modo nellasintesi che si cerca nell’analisi esplorativa (Lebart

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Fig. 10-Rilievo ombreggiato dell’area di studio ottenuto dal deM simulando la posizione della fonte di illuminazione ad un’altezza di 64° sul-l’orizzonte e con un azimut di 208°.

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et alii 1995) e, nonostante le critiche, continua adessere largamente utilizzata nelle applicazioni. Lasuccessione analisi fattoriale-classificazione ge-rarchica ha il vantaggio di poter identificare, pri-ma della classificazione la dimensione effettivadel campione, in modo da non dare eccessivo pe-so a variabili fortemente correlate fra loro edescludere variabili con peso marginale che potreb-bero influenzare ugualmente la classificazione.Inoltre la classificazione gerarchica, consistente inuna serie di partizioni incapsulate una nell’altra edottenute aggregando iterativamente due classi diuna partizione in una nella partizione successiva,permette di posticipare la determinazione del nu-mero delle classi, basandosi proprio sull’esamedella struttura della gerarchia ottenuta. Con altrimetodi il numero di classi deve essere selezionatoa priori, senza alcun possibile riferimento.

dal punto di vista tecnico, i metodi usati fannoriferimento all’inerzia, misura della dispersionedei punti-unità nello spazio multidimensionale, edalla sua ripartizione secondo direzioni ortogonalio secondo punti specifici. Come tale, l’inerzia èanche una misura d’informazione. obiettivo deimetodi adottati è sempre quello di massimizzarla,per massimizzare l’informazione che si può inter-pretare. In questo senso l’Analisi delle Compo-nenti Principali (ACP, Lebart et alii 1995; Jolliffe2002) consiste nella ricerca di un insieme di ca-ratteri linearmente incorrelati capaci di riprodurreal meglio la struttura dei dati iniziali, descritti dacaratteri con una certa struttura di correlazione.L’identificazione di tali caratteri attraverso la co-siddetta Singular Value Decomposition (Abdi2007) permette di ordinarli in ordine decrescentedi importanza, secondo la quantità di inerzia deipunti iniziali da essi spiegata, e quindi di quantitàd’informazione contenuta. Analogamente, le tec-niche di classificazione adottate, tanto la K-means(McQueen 1967; Gordon 1999) quanto la classifi-cazione gerarchica secondo Ward (1963), hannol’obiettivo di minimizzare l’inerzia entro le classi(che non viene spiegata) e massimizzare quella frale classi, che informa sulla loro distinzione. Latecnica K-means parte da una partizione iniziale(che eventualmente viene costruita in modo ca-suale) e successivamente sposta le unità da unaclasse all’altra in modo che esse appartengano al-la classe il cui baricentro è il più vicino ad esse. Inquesto modo l’inerzia entro gruppi è progressiva-mente minimizzata, fino alla stabilità. La classifi-cazione gerarchica secondo Ward (1963), parten-do dalle unità o da un certo numero di classi già

definite, ad ogni passo aggrega le due classi che,unendosi, rendono minimo l’aumento dell’inerziaentro i gruppi. In questo modo si ottiene un siste-ma di partizioni incapsulate, fra le quali è possibi-le scegliere quella più indicata alle proprie esigen-ze. Questa libertà di scelta costituisce un vantag-gio innegabile rispetto alla tecnica K-means, incui il numero di classi deve essere definito a prio-ri. Tuttavia, poiché le partizioni risultanti da unagerarchia non sono ottime dal punto di vista del-l’inerzia, ad esse si può applicare nuovamente latecnica K-means per ottimizzare le classi, in parti-colare massimizzando l’inerzia interclasse. Èchiaro che dopo quest’ultimo passaggio, le parti-zioni non sono più incapsulate fra loro.

Nel nostro caso, nel quale i pixel del dato rasterda classificare sono dell’ordine del milione, abbia-mo applicato ai valori dei gradienti topograficil’ACP seguita da una tecnica di classificazione mi-sta, inizialmente di tipo K-means, per ottenere rapi-damente un numero di classi trattabile da una clas-sificazione gerarchica, poi dal metodo gerarchicosecondo Ward (1963) ed infine, una volta determi-nato il numero di classi di una possibile partizione,nuovamente dal metodo K-means per ottimizzare leclassi ottenute. Tutte le analisi sono state effettuatecon il programma SPAD (Lebart et alii 1999).

L’ACP degli otto gradienti risulta in due com-ponenti principali che insieme spiegano la quasitotalità dell’inerzia complessiva (94,19%), anche

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Fig. 11-Rappresentazione dei gradienti e dell’orientamento sul pianogenerato dai primi due autovettori dell’analisi delle componenti prin-cipali. Le percentuali si riferiscono all’inerzia lungo l’asse corri-spondente.

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se con valori dissimili fra loro (57,79% e 36,40%rispettivamente). La distribuzione dei gradientisul piano generato da essi (fig. 11) mostra che ledirezioni di massima variabilità dei gradienti sitrovano su assi leggermente ruotati rispetto aipunti cardinali, il primo quasi corrispondente alladirezione NNo-SSe ed il secondo alla direzioneeNe-oSo; l’orientamento prevalente risulta in-vece verso o, come si vede dalla sua posizione,una volta proiettato sul piano fattoriale. Conside-rando le distanze euclidee fra i pixel su questo pia-no fattoriale, la classificazione K-means su duepartizioni in 10 classi inizialmente costruite ca-sualmente e poi incrociate fra loro, ha condotto a35 classi sulle quali è stata applicata la classifica-zione gerarchica. occorre specificare che la diver-

sa inerzia spiegata dai primi due fattori fa sì che leclassi formate siano più distinte secondo il primoche non rispetto al secondo. In base all’inerzia en-tro gruppi, delle partizioni ottenute sono risultateottimali quelle in 10, 14 e 20 classi, sulle quali èstata riapplicata la K-means per ottimizzarle ulte-riormente. La scelta della partizione in 14 classifra le tre indicate è stata fatta in base a considera-zioni geomorfologiche.

I valori medi dei gradienti e delle altre varia-bili considerate in ciascuna classe della partizio-ne scelta sono riportati nella tab. 1. In particolare,nella prima colonna sono indicati il numero dellaclasse e il colore con cui è visualizzata nella car-ta tematica, la percentuale di pixel del DEM ap-

partenenti alla classe, la superfi-cie coperta in km2. Nella secondacolonna è fornita un’interpreta-zione morfologica; nella terzasono riportati i valori medi del-l’altimetria, dell’acclività e del-l’esposizione della classe. Nellaquarta colonna infine sono mo-strati i valori medi degli otto gra-dienti topografici relativi al pixelcentrale, in blu i positivi, in rossoi negativi. La freccia al centromostra la direzione della massi-ma pendenza.

La prima classe (poco meno diun terzo del totale) comprendearee per lo più pianeggianti conleggera esposizione a No, le clas-si 2, 4 e 12 presentano pendenzaabbastanza bassa (~5°) con espo-sizione variabile, ma ben definita,rispettivamente verso o, e e S.Queste classi si trovano nella fa-scia inferiore del grafico di accli-vità rispetto ad esposizione, mo-strato in fig. 12. Le classi 5, 6, 9,10 e 11 corrispondono tutte adaree a pendenza media (circa12°÷13°) e con esposizione varia-bile, mentre la classe 3 appareleggermente meno acclive (~10°)ed è esposta a NNo. In fig. 12queste classi occupano la fasciaintermedia del grafico. Le classi8, 13 e 14 appaiono le più acclivi(circa 25°÷30°) e sono collocatenella fascia superiore del grafico

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Tab. 1-Classi ottenute elaborando i gradienti topografici dell’area della Caldera di Latera me-diante Tandem Analysis basata sulla matrice di correlazione. ogni classe, di cui è riportatala superficie coperta, è descritta tramite un’interpretazione morfologica, i valori medi dei pa-rametri morfometrici principali e dei gradienti topografici calcolati rispetto al pixel centraledi una sottoarea di 3x3; in rosso i gradienti negativi, in blu i gradienti positivi.

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in fig. 12, mentre la classe 7, anch’essa nella fa-scia superiore di fig. 12, presenta una pendenzamedia leggermente inferiore (~21°) alle altre ed èesposta a No.

In fig. 13 è mostrata la carta tematica che illu-stra la distribuzione spaziale delle unità di terrenocorrispondenti alle classi della partizione descrittein tab. 1. Le tonalità scelte rispecchiano, secondola teoria dei colori, i valori medi di esposizione edacclività delle varie classi, espressi rispettivamen-te come parametri di gradazione di colore e satu-razione, mentre per la luminosità si è utilizzataun’ombreggiatura media. da notare che per la pri-ma classe (aree pene-pianeggianti e superficie dellago) si è selezionato di default il colore nero.

Al fine di indagare i rapporti tra tettonica, vul-

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Fig. 12-Grafico della relazione tra acclività ed esposizione delle 14classi geomorfometriche individuate.

Fig. 13-Carta tematica relativa all’area della Caldera di Latera, che mostra la distribuzione spaziale delle classi identificate applicando il me-todo della Tandem Analysis ai gradienti topografici locali.

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canismo e classi geomorfometriche, sulla carta te-matica, che riporta la distribuzione sul territoriodelle classi individuate, sono stati sovrapposti li-neamenti strutturali, tettonici e i limiti di caldera(fig. 14) descritti in Lombardi et alii (1993, fig. 1).Si consulti la legenda della figura per comprende-re il significato delle strutture riportate; da evi-denziare il riferimento a zone di mineralizzazioneal centro e lungo il lato So della caldera indicatein fig. 14 come aree di giallo intenso.

Sulla base del confronto menzionato tra strut-ture e classi, si può notare tra l’altro la correlazio-ne tra il presunto allineamento tettonico, conorientazione eo, che attraversa il lato N della Cal-dera di Latera, e l’andamento della classe 12, lo-calizzata per lo più a N di esso ed inclusa all’in-terno del lato settentrionale della Caldera di Vepe,

lungo il versante No della caldera principale. Sideve inoltre evidenziare la fitta ripartizione in pic-coli settori, appartenenti a varie classi, all’internodei crateri di Mezzano, di Lagaccione e di altricollocati al centro della Caldera di Latera. da no-tare inoltre che le valli fluviali, spesso controllatestrutturalmente, con orientamento per lo più Ne-So soprattutto ad o e a S della Caldera di Latera,sono chiaramente sottolineate dall’andamentodelle classi morfometriche 7, 8 e 9 da un lato del-la valle e dalle classi 2 (particolarmente estesa ado di Latera), 11, 13 e 14 dall’altro lato. da ricor-dare inoltre che le classi 7 e 9 caratterizzano ilbordo interno orientale della Caldera di Latera,mentre le classi 4, 5, 6 e 11 quello esterno, pro-spiciente il Lago di Bolsena e fortemente erosodalle acque meteoriche.

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Fig. 14-Stessa rappresentazione di fig. 13 con sovrapposti in giallo i lineamenti strutturali e i limiti della caldera illustrati in Lombardi et alii (1993).

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Tab. 2-Coordinate UTM, classe geomorfometrica, parametri morfometrici e gradienti topografici calcolati rispetto al pixel centrale di una sot-toarea di 3x3 (in rosso i gradienti negativi, in blu i gradienti positivi) relativi a quattro siti protostorici localizzati nella Caldera di Latera.

L’inquadramento geomorfologico quantitativodel territorio centrato sulla Caldera di Latera, pre-sentato in questo lavoro, ha cercato di fornire unquadro sinottico della distribuzione delle formedel rilievo nell’area di studio, evidenziandone lecorrelazioni con l’assetto geo-strutturale e vulca-nico dell’area.

Si è così costruita una carta tematica che tra-mite diverse tonalità di colore consente di metterein evidenza la distribuzione sul territorio delle di-verse unità di terreno omogenee individuate. L’a-nalisi è partita dai gradienti topografici, che illu-strano in forma semplice ma esaustiva, l’anda-mento morfologico locale su tutta l’area della cal-dera e nei dintorni più prossimi.

Un ultimo aspetto che è stato affrontato è lostudio delle caratteristiche territoriali, in questocaso del rilievo, di quattro siti dell’età del bronzodislocati nella Caldera di Latera: Poggio evange-lista, Poggio Montione, Vallone e Monte Saliette.In tab. 2 sono illustrate la loro posizione geografi-ca in coordinate chilometriche e le loro caratteri-

stiche morfologiche, rappresentate tramite la clas-se geomorfometrica di riferimento ed i valori deiparametri morfometrici e dei gradienti topograficilocali. Tre di essi, Poggio evangelista, PoggioMontione e Monte Saliette sono in una posizionesopraelevata rispetto alla piana della caldera, convalori di acclività e di gradienti paragonabili; ilquarto invece, Vallone, è situato nei pressi dellapiana, come espresso dai valori molto bassi di ac-clività e dei gradienti.

In fig. 15 infine è riportata un’immagine tridi-mensionale tratta da Google Earth su cui è statasovrapposta la classificazione geomorfometricamostrata nelle figg. 13 e 14. Vi sono indicati tra-mite un segnaposto giallo la posizione dei quattrositi protostorici menzionati; questo permette difornire un impatto visivo immediato del loro inse-rimento nel territorio e dei loro rapporti con gli as-setti morfologico e vulcano-tettonico dell’areadella Caldera di Latera.

M.P., N.P., S.C.

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Fig. 15-Carta geomorfometrica della fig. 13 sovrapposta in 3d ad una scena Google earth: sono indicati dal segnaposto giallo quattro siti proto-storici: Poggio evangelista, Poggio Montione, Vallone e Monte Saliette.

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1 Sulla metodologia di rilevamento, di restituzione grafica ed elabo-razione dei dati cfr infra 4.1.2 Pertanto si tratta di un maar, cioè di un lago che occupa un cratereoriginato da un’unica esplosione dovuta all’interazione del magma inrisalita con falde acquifere superficiali.3 Nel corso del Pleistocene nella fascia tirrenica le variazioni climati-che hanno effetti differenti rispetto all’olocene. durante i periodi piùfreddi si ha un decremento delle precipitazioni meteoriche con conse-guente riduzione degli spazi forestati a vantaggio di una maggioreestensione degli spazi aperti di tipo prateria o steppa. Viceversa du-rante i periodi caldi le precipitazioni sono maggiori con ampliamentodella copertura arborea a scapito degli spazi aperti. Queste variazionisono anche evidenziate dalle diverse associazioni faunistiche che sirinvengono nei depositi pleistocenici dell’Italia peninsulare.4 Sulla dipendenza dello sviluppo storico dai fattori naturali non c’ècomune accordo nella comunità scientifica. Comunque, l’estensoredi questo specifico contributo considera che il bisogno primario disoddisfare le necessità vitali (acqua, cibo, una zona in cui abitare,un’area in cui seppellire i propri morti) abbia avuto una profonda in-fluenza sull’evoluzione sociale ed economica dei gruppi umani e, diconseguenza, sul loro sviluppo culturale, nel senso più ampio del ter-mine, soprattutto nel caso di società caratterizzate da un’economia disussistenza e da un organizzazione poco complessa. In realtà unastretta relazione tra condizioni ambientali e sviluppo storico può es-sere rilevata anche nel caso di società complesse. Molti studiosi han-no collegato il collasso di intere comunità, conflitti armati e il decli-no di popolazioni, a periodi di cambiamento climatico (si veda adesempio: Field, Lape 2010; Galloway 1986; Lee et alii 2008; Web-ster 1995; Weiss, Bradley 2001; zhang et alii 2006, 2007a, 2007b; erelative bibliografie). Inoltre, l’incremento della complessità inducel’aumento dell’interdipendenza dei diversi “fattori al contorno” checaratterizzano la struttura economica e sociale, così che anche unasingola variazione di uno di questi parametri, ad esempio quelli pa-leoambientali, ma certamente non solo questi, può indurre variazio-ni anche significative nell’intero sistema sociale. Infine, ai sistemicomplessi può essere applicata l’analisi matematica dei sistemi nonlineari comunemente nota come “teoria del caos” (un’ottima esposi-zione divulgativa si trova in Gleick 2000), ampiamente impiegata inambito scientifico, ma anche economico e sociale, secondo la qualeeventi locali possono avere ripercussioni spesso imprevedibili, e nonsempre riconoscibili, anche a notevoli distanze.5 Si veda anche, ad esempio: Magny et alii 2009, zanchetta et alii2011a. Inoltre per un panorama dei cambiamenti climatici del passa-to a scala globale e regionale si veda http://www.ncdc.noaa.gov/ paleo/recons.html.6 Corrispondente alle fasi iniziali della Piccola età Glaciale (XIV-XIX sec.), ben riconoscibile nelle aree alpine, ma sulla cui durata edesistenza a carattere globale non c’è completo accordo; questa fasefredda è stata preceduta da una fase calda nota come Periodo CaldoMedievale (IX-XIII sec.) (orombelli 2007; Sachs, Myhrwold 2011a,b).7 I dati provenienti da questa ricerca sono stati utilizzati anche per la ri-costruzione paleoambientale della necropoli eneolitica de La Selvic-ciola (Ischia di Castro, Viterbo). In particolare è stato messo in evi-denza come le variazioni pluviometriche possano aver guidato l’atti-vità delle sorgenti termali locali, determinando variazioni nella forma-zione del travertino che, a loro volta, potrebbero aver influenzato lemodalità di frequentazione della necropoli stessa (Cerilli et alii 2011).8 L’analisi del contenuto di microcarboni in un sedimento è un otti-mo strumento per lo studio dei cambiamenti climatici e dell’impattoantropico sul territorio; per un panorama recente sulla storia pa-leoambientale olocenica del bacino del Mediterraneo e sull’influen-za delle attività umane, tracciata mediante l’esame del contenuto inmicrocarboni, si veda ad esempio Sadori, Giardini 2008; Kaplan etalii 2010; Vannière et alii 2011; Boyle et alii 2011.9 Cfr nota 2.10 MIS: Marine Isotope Stages (già indicati come oIS, oxygen Iso-

topic Stages, Shackleton 1967, 1995): periodi climatici dedotti dallevariazioni del rapporto tra gli isotopi dell’ossigeno nei sedimenti fos-sili ottenuti da carotaggi effettuati nei fondali marini; finora sono sta-ti riconosciuti e classificati 103 stadi di oscillazione delle temperatu-re, numerati a partire dall'attuale stadio identificato come MIS 1.11 date non calibrate; una calibrazione effettuata con il programmaoxCal 4.1.7, © Christopher Bronk Ramsey 2010, indica un interval-lo tra 9259 e 9037 cal (95,4%) BP, calibrazione puramente indicati-va in quanto non si dispone dei dati originari completi di deviazionestandard.12 6179-5998 cal (95,3%) BP (cfr nota 11).13 Tra 4862-4844 cal (95,4%) BP e 1990-1903 cal (95,4%) BP (cfrnota 11).14 A maggiori apporti di polvere eolica, e maggiori concentrazioni dipolline di piante non arboree, dovrebbero corrispondere periodi diclima tendenzialmente arido, che causano la desertificazione delleregioni nord-africane, viceversa il decremento dei granuli di quarzoe la diminuzione di essenze non arboree dovrebbero essere associatia fasi climatiche più umide, che favoriscono l’aumento della coper-tura boschiva alle nostre latitudini e l’incremento della copertura ve-getale con conseguente stabilizzazione dei suoli nella regione nord-sahariana.15 All’inizio dell’olocene il livello globale dei mari, e quindi del Me-diterraneo, era più basso della soglia dello stretto del Bosforo, o al-meno non era così alto da assicurare uno scambio efficace tra il Me-diterraneo ed il Mar Nero, che risultava quindi essere separato dalMediterraneo tanto da essere un lago d’acqua dolce; intorno al 9400cal. BP, il livello del Mediterraneo inizia ad innalzarsi e l’acqua afluire verso il Mar Nero, con un flusso che aumenta drasticamentenel periodo successivo; attualmente il Mar Nero ha una salinità parialla metà di quella del Mediterraneo (Sadori et alii 2011). Questabrusca variazione di livello del Mar Nero ha ovviamente avuto unnotevole impatto sugli insediamenti umani costieri, con conseguenzetalmente importanti da poter essere legato, secondo alcuni autori, almito del diluvio universale (Giosan et alii 2009), mito peraltro co-mune in diverse culture. d’altra parte la correlazione tra i cambia-menti del regime pluviometrico e delle temperature, spesso derivan-ti da variazioni atmosferiche a carattere globale, e l’evoluzione dellesocietà umane (si veda anche nota 4), può essere verificata anche inluoghi lontani dalle nostre regioni. Ad esempio nell’area sud-occi-dentale degli Stati Uniti le oscillazioni climatiche tardoolocenichesono state messe in correlazione con l’abbandono di insediamenti ela redistribuzione della popolazione (Polyak, Asmerom 2001). op-pure nelle isole dell’Indonesia e del Pacifico meridionale l’aumentodella costruzione di fortificazioni in pietra, per difendersi da invasio-ni, tra l’inizio e la fine della Piccola era Glaciale è stato messo incorrelazione (Field, Lape 2010) con il contemporaneo spostamentoverso S della fascia piovosa equatoriale, spostamento che avrebbe in-dotto la migrazione degli abitanti delle isole più settentrionali, dovela piovosità diminuì, verso le isole più meridionali, più piovose. Maanche ai giorni nostri, la tendenza allo spostamento verso N della zo-na di convergenza intertropicale, con la conseguente riduzione delleprecipitazioni in alcune zone ed inondazioni in altre, negli anni a ve-nire potrà avere conseguenze drammatiche sui raccolti con conse-guenti carestie, tumulti e migrazioni (Sachs, Myhrwold 2011a,2011b) e con ripercussioni economiche e sociali anche a scala glo-bale.16 Per contro, in europa settentrionale questa fase è caratterizzata daestati più fresche di circa 1°C e quindi minore evaporazione estiva.17 Per quanto riguarda l’Italia peninsulare c’è da segnalare (Giraudi etalii 2011) l’apparente discrepanza tra le indicazioni fornite dagli iso-topi stabili (in particolare il ‰18o: a ‰18o basso corrisponde unclima umido, a ‰18o alto corrisponde un clima arido) e le oscilla-zioni dei livelli lacustri: ciò è da imputare al fatto che i livelli dei la-ghi dipendono dal bilancio idrologico anche stagionale, e quindi conestati più calde l’aumento dell’evaporazione porta a livelli più bassianche all’interno di periodi tendenzialmente umidi.

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4. LA RICoGNIzIoNe SUL CAM-Po: MeTodoLoGIA e RACCoL-TA deI dATI

4.1 Le ModALITà dI RICoGNIzIoNe AdoT-TATe NeL PRoGeTTo deLLA SoPRINTeNdeN-zA PeR I BeNI ARCheoLoGICI deLL’eTRURIAMeRIdIoNALe, ANNI 1993-1994

4.1.1 La cartografiaCome base cartografica delle ricerche nella

Caldera di Latera è stata utilizzata la Carta Tecni-ca Regionale della Regione Lazio in scala1:10.000 (aerofotografie del 1990, rilievo del1991; sezioni n. 333130 Il Voltone, 333140 Late-ra, 333150 Gradoli, 344010 Farnese, 344020 Va-lentano, 344030 Capodimonte); i toponimi indica-ti nel testo si riferiscono a questa Carta.

La scelta di non utilizzare la carta IGM1:25.000 fu dettata non tanto dalla sua minore sca-la, e quindi dai minori dettagli morfologici rico-noscibili, quanto dalle caratteristiche di “attualità”della CTR, che riportava in modo più fedele le re-centissime trasformazioni morfologiche del terri-torio, sia naturali sia antropiche.

Tutti i dati raccolti nel corso delle ricognizionied annotati sulla relativa scheda (fig. 1) sono statirestituiti sotto forma di carte tematiche: carta diutilizzazione dei suoli, carta di visibilità del terri-torio, carta di distribuzione dei ritrovamenti ar-cheologici, carta di distribuzione degli affiora-

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Fig. 1-Scheda tipo utilizzata nella ricognizione SBAeM 1993-94.

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menti geologici. L’elaborazione dei dati geologicie geomorfologici raccolti durante il rilevamento ela precedente analisi aerofotogeologica ha per-messo di stilare una carta geologica sintetica inscala 1:25.000 (tav. 1 fuori testo), ottenuta per ri-duzione fotostatica dalla CTR.

Nelle carte di utilizzazione dei suoli sono statidistinti i terreni arati, fresati o seminati di recente,le aree incolte, a pascolo o occupate da vigneti edoliveti, le zone boschive.

Nelle carte di visibilità del territorio sono statedistinte le zone ben visibili, quelle poco visibili, lezone non visibili al momento della ricognizione,le aree non visibili nel prossimo futuro e quellenon più visibili. Nello specifico, le aree ben visi-bili si riferiscono a campi arati di recente che han-no consentito un’attenta osservazione delle evi-denze riscontrabili; le aree poco visibili si riferi-scono a settori del territorio che non consentivanoaccurate indagini, ad esempio aree incolte con ve-getazione rada o i bordi di terreni fresati o semi-nati di recente; le aree non visibili al momentodella ricognizione sono rappresentate da porzionidel territorio coperte dal manto erboso (aree di pa-scolo o terreni incolti con vegetazione fitta) o dacampi già coltivati e pertanto non percorribili pernon danneggiare le colture agricole; le aree nonvisibili nel prossimo futuro corrispondono a zoneboschive; le aree non più visibili sono state inte-ressate da modificazioni antropiche (cave, minie-re, pozzi) che ne hanno definitivamente compro-messo 1’osservabilità.

Nelle stesse carte sono stati indicati i percorsi ef-fettuati giornalmente nel corso della ricognizione.

Le carte di distribuzione dei ritrovamenti regi-strano le evidenze archeologiche in base alla loca-lizzazione sul territorio, alla loro effettiva osser-vabilità e alla loro attribuzione cronologica. Sonostati distinti i ritrovamenti erratici, i materiali lo-calizzati, i materiali localizzati in settori non ac-curatamente indagabili, le strutture scavate nellaroccia (ipogei spesso ristrutturati per il ricoverodegli animali o utilizzati come cantine o magazzi-ni agricoli) e le necropoli. La determinazione del-la cronologia dei ritrovamenti è stata effettuata perfasi di età piuttosto ampie per favorire l’aggrega-zione dei dati: età preistorica, età arcaica, età ro-mana, età medievale e rinascimentale, età moder-na. I ritrovamenti di diverse epoche localizzatinella stessa località sono stati rappresentati sullacarta con diagrammi a torta: l’ampiezza dei setto-ri varia proporzionalmente alle frequenze appros-simative dei materiali.

Nella carta geologica degli affioramenti sonostate inserite tutte le stazioni di osservazione; conil medesimo colore sono stati rappresentati i lito-tipi con caratteristiche simili e correlabili fra loro.Nella carta geologica sintetica sono stati rappre-sentati il basamento vulcanico, la possibile distri-buzione dei sedimenti lacustri e fluvio-lacustri de-dotta sia dagli affioramenti che dalla lettura dellefoto aeree, e l’estensione delle fasce di detrito ecolluvi più spesse. Sempre in quest’ultima cartasono state rappresentate le probabili paleolinee diriva lacustri a quota 480, 450 e 410 m s.l.m..

4.1.2 I Litotipi Vulcaniti

I differenti litotipi vulcanici presenti nell’areaindagata sono stati inizialmente distinti in base al-le loro caratteristiche tessiturali e strutturali; i lo-ro rapporti stratigrafici sono stati dedotti tramitela posizione reciproca osservata nei singoli affio-ramenti. Non è stata costruita un’unica sequenzastratigrafica per le due aree sia per la difficoltà dicorrelazione stratigrafica tra affioramenti spessomolto distanti, sia perché la definizione stratigra-fica del basamento vulcanico esulava dagli scopidella ricerca.

Nell’area orientale (ricognizione 1993) sonostati distinti, dal basso in alto:

- (Aor1) deposito piroclastico granulare fitta-mente pseudostratificato, con pseudostrati di variegranulometrie da fine (silt) a grossolano (ghiaia fi-ne e media), non gradati né classati, laminazioni dapiane a convolute, sono presenti vari inclusi grigia-stri (bombe vulcaniche) attorno ai quali girano lelaminazioni dei granuli piroclastici, colore verda-stro e grigio-verdastro, direzioni variabili e pen-denze da orizzontale a mediamente inclinata (35°-40°), spessore massimo di affioramento circa 10 m;

- (Aor2) deposito piroclastico massivo di co-lore nocciola con schegge e blocchi di vulcanitelitoide leucititica grigiastra, spessore massimo diaffioramento circa 5 m;

- (Aor3) ignimbrite leucititica grigiastra, lo-calmente nerastra, violacea o arancio, da compat-ta a incoerente (porzioni superficiali degli affiora-menti più potenti); in alcuni punti si presenta conformazioni a “velo di cipolla”, spessore massimodi affioramento circa 10 m;

- (Aor4) ignimbrite leucititica nerastra o aran-cio, vacuolare, compatta, spessore massimo di af-fioramento circa 7 m;

- (Aor5) deposito piroclastico incoerente ascorie di colore violaceo, dimensioni delle scorie

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da 1-2 cm a 5 cm circa, non stratificato né classa-to, spessore massimo di affioramento circa 3 m;

- (Aor6) deposito piroclastico granulare pseudo-stratificato di colore nero, granulometria da fine amedia, spessore massimo di affioramento circa 5 m;

- (Aor7) depositi piroclastici granulari più omeno pseudostratificati, con granulometrie varia-bili da fini a medie, di colore giallo, giallo-aran-cio, arancio, violaceo, varicolori da compatti a in-coerenti, spessore molto variabile, spessore mas-simo di affioramento circa 5 m.

I litotipi descritti affiorano diffusamente su tut-te le pendici del recinto calderico, sulle collinecentrali della caldera e formano anche le collinepresenti al margine nord-occidentale della pianadell’olpeta a N di Valentano.

Nell’area occidentale (ricognizione 1994) sonostati distinti, dal basso in alto:

- (Aoc1) deposito piroclastico massivo di co-lore nocciola con schegge e piccoli blocchi di vul-canite litoide leucititica grigiastra e piccoli nodulialterati di lava microcristallina grigiastra, spesso-re massimo di affioramento circa 2 m;

- (Aoc2) deposito piroclastico granulare fitta-mente pseudostratificato, con pseudostrati di variegranulometrie da fine (silt) a grossolano (ghiaia fi-ne e media), non gradati né classati, laminazioni dapiane a convolute, sono presenti vari inclusi grigia-stri (bombe vulcaniche) attorno ai quali girano lelaminazioni dei granuli piroclastici, colore verda-stro e grigio-verdastro, direzioni variabili e pen-denze da orizzontale a mediamente inclinata (35°-40°), spessore massimo di affioramento circa 10 m;

- (Aoc3) ignimbrite leucititica grigiastra o ne-rastra, da compatta a incoerente (porzioni superfi-ciali degli affioramenti più potenti); spessore mas-simo di affioramento circa 5 m;

- (Aoc4) deposito piroclastico di granulome-tria fine, friabile a luoghi più compatto, di colorebianco o bruno-giallastro; spessore di affioramen-to circa 1 m;

- (Aoc5) depositi cineritici fini, probabilmen-te rimaneggiati, friabili con livelli compatti, damassivi a fittamente pseudostratificati, con livellipiano-paralleli o leggermente ondulati, a luoghiconvoluti; colore da bianco a bianco-giallastro agiallo-aranciato, qualche livello grigiastro; spes-sore di affioramento circa 10 m.

Sono stati inoltre osservati affioramenti piro-clastici la cui posizione stratigrafica è risultata in-certa per impossibilità di correlazione:

- (Aoc) deposito di ignimbrite leucititica dicolore grigio-giallastro-aranciato da massiva a

pseudostratificata, compatta ma intensamentefratturata, con formazioni a "velo di cipolla", incui sono presenti al tetto sacche detritiche; spes-sore di affioramento circa 5 m;

- (Aoc) depositi piroclastici granulari più omeno pseudostratificati, di colore giallo, giallo-arancio, arancio, varicolori, da compatti ad incoe-renti, spessore di affioramento circa 1 m.

I litotipi descritti affiorano diffusamente su tut-te le pendici meridionali delle colline a S del Lagodi Mezzano e sulle colline centrali della caldera.

Sedimenti lacustri e fluvio-lacustri

Gli affioramenti di sedimenti attribuibili adambienti lacustri o fluvio-lacustri sono piuttostoscarsi. Ciò è da imputare principalmente alla co-pertura vegetale delle aree più accidentate e aglialti spessori del suolo nelle aree pianeggianti o po-co pendenti, unitamente alla scarsità di incisioninaturali o artificiali. Ben più abbondanti, soprat-tutto nel settore occidentale, sono le testimonian-ze offerte dalla copertura detritica, che ha restitui-to prove indirette della presenza di depositi quasisicuramente lacustri o fluvio-lacustri. di seguitosi dà la descrizione degli affioramenti più rappre-sentativi della facies lacustre e fluvio-lacustre.

- Corso del Fosso olpeta tra quota 405 m s.l.m.(loc. La duchessa) e quota 393 m s.l.m. (loc. IlPiano) [CTR 344020 Valentano].

In questo tratto il corso d’acqua incide per 3-4m di profondità i sedimenti della pianura; ciò, uni-to ai periodici lavori di pulizia del canale eseguitidal Consorzio di bonifica Val di Paglia, consentedi osservare estese sezioni di sedimenti. Si trattadi alternanze di limi e sabbie da fini a medie egrossolane, di colore variabile da grigio chiaro anero alternati, con strati variabili da pochi centi-metri a 20-30 cm, laminazioni piane raramenteconvolute; alla base è presente uno strato di ghiaierossastre mediamente compatte, costituito da ciot-toli di 5-15 mm di materiale vulcanico di diversicolori (biancastro, rosso, arancio), debolmente ar-rotondati con forma da ellissoidale appiattita asub-sferica, matrice sabbiosa medio-grossolana(massimo spessore visibile circa 20 cm). In diver-si tratti del corso del Fosso olpeta sono visibili ac-cumuli allungati nel senso della corrente e spessi20-40 cm (piccole barre fluviali laterali) costituitida grossi ciottoli di ignimbrite grigiastra leucititi-ca da debolmente arrotondati ad arrotondati, fram-misti a materiali ceramici rinascimentali e moder-ni, laterizi e rifiuti vari. I materiali di queste barrelaterali sono visibili anche sulla superficie dei

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campi circostanti il corso dell’olpeta come risul-tato della dispersione dei prodotti di scavo in oc-casione dei lavori periodici di pulizia del canale.

- Corso del canale affluente di sinistra dell’ol-peta in loc. I Prati, Le Micce, S. Antonio, Il Piano(quote da 401 a 390 m s.l.m.) [CTR 344020 Va-lentano].

Anche lungo il corso di questo canale è visibi-le quanto appena descritto per l’olpeta. In parti-colare in loc. I Prati si osserva una piccola sezio-ne di circa 130 cm di altezza costituita da alter-nanze di ghiaie, sabbie e sabbie limose con anda-mento lentiforme.

- A N di Poggio Montione (quota 450 m s.l.m.)[CTR 333140 Latera].

In questo punto, in corrispondenza di un gradi-no morfologico individuato dalle foto aeree, è sta-ta osservata una sezione con una serie clastica al-ta circa 140 cm, costituita da alternanze di ghiaiefini, sabbie, limi ed argille-limose, in strati di va-rio spessore da pochi centimetri a 30 cm; gli stra-ti sono da debolmente a marcatamente laminaticon laminazione piana.

- Rive del Lago di Mezzano (quota 452 ms.l.m.) [CTR 333140 Latera].

In alcuni punti lungo la riva del Lago di Mez-zano è visibile una piccola sezione (60 cm di al-tezza) costituita da sabbie grossolane e ghiaie me-dio-fini alternate, incise dall’attuale lago. Sonoprobabilmente depositi da riferirsi a fasi recentidella sedimentazione lacustre.

- Valli degli affluenti del Fosso olpeta a S delLago di Mezzano (loc. Panton delle Murcie, Ca-valline, Campo del Carcano, Poggio del Cerro,Poggio del Corgnolo) [CTR 344020 Valentano].

Nei fossi minori e nei canali di drenaggio piùprofondi della pianura del Fosso olpeta sono sta-ti rilevati strati di depositi clastici con granulome-trie variabili da ghiaie fini a sabbie grossolane,medie e fini, con strutture sedimentarie di tipotrattivo; presenti anche limi ed argille a volte con-tenenti resti vegetali.

I sedimenti clastici a granulometria maggioresono riportabili ad ambienti sub-acquei con mo-vimenti d’acqua costanti e non molto veloci;mentre i sedimenti limosi ed argillosi si possonoriferire ad ambienti con acqua calma o stagnanteovvero piccoli stagni od acquitrini con apportod’acqua con in carico materiali terrigeni in so-spensione.

Sulle pendici e sui terrazzi meridionali dellecolline che dal Lago di Mezzano scendono versoil Fosso olpeta, a quote comprese mediamente

tra 380-390 e 400-410 m s.l.m., sono presenti de-triti ed affioramenti di travertino più o meno va-cuolare, a volte con frazione terrigena, con o sen-za gusci di gasteropodi inclusi. Analoga forma-zione è stata riscontrata a quota 440 m s.l.m.(Panton delle Murcie) alla chiusura di una seriesedimentaria che presenta alla base materiale ci-neritico probabilmente rimaneggiato, cui segueun livello carbonatico fittamente fogliettato conal tetto circa 50 cm di travertino. Livelli carbo-natici fittamente fogliettati si trovano anche aquota 420-430 m s.l.m.. Lungo la valle del Fos-so della Faggeta le profonde incisioni mettono inluce potenti depositi di materiale cineritico stra-tificato misto a carbonati, a luoghi con gusci digasteropodi.

depositi di falda, conoidi di detrito, depositi

colluviali, prodotti di alterazione

- Piede delle pendici orientali del recinto cal-derico in loc. Le Coste (quota 425-430 m s.l.m.)[CTR 333150 Gradoli].

In questa zona alcuni canali di drenaggio con-sentono di osservare i sedimenti esistenti al di so-pra del substrato vulcanico e al di sotto del suolo.detti sedimenti sono costituiti da accumuli strati-ficati di spessore variabile dai 10 ai 150 cm di ma-teriali vulcanici variamente alterati, probabile pro-dotto del dilavamento ed alterazione superficialedei litotipi vulcanici. L’assenza di evidenti struttu-re sedimentarie non consente di attribuire con si-curezza questi accumuli ad un ambiente marcata-mente lacustre o fluvio-lacustre, né di escluderlo.

- Piede delle pendici settentrionali del recintocalderico a N del Pozzo olpitella (quota 500-450m s.l.m.) [CTR 333140 Latera].

In quest’area si osserva un reticolo idrograficocon andamento centripeto verso le quote più basse.Al piede delle pendici del recinto calderico, i corsid’acqua (Fosso di Fossa Taldo, Fosso di MacchiaCedua) percorrono un alveo molto inciso con pare-ti alte anche 10 m. Su di esse sono visibili grossipacchi di strati costituiti da materiali terrosi fini egranulari, frammisti a detriti vulcanici anche digrosse dimensioni. detti depositi sono probabil-mente da ascrivere a fasce o conoidi di detrito. Co-munque all’interno di essi è possibile riconoscerelenti di sedimenti sabbiosi laminati. Sul fondo deicorsi d’acqua le alluvioni sabbiose attuali sono in-cise per una profondità di circa 50 cm.

- Pian dell’Alberone (quota 450-400,7 ms.l.m.) [CTR 340020 Valentano].

In quest’area si osserva una situazione simile a

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quella appena descritta; sono assenti sezioni rap-presentative della coltre di detrito. In loc. Piandell’Alberone (quota 410 m s.l.m.), in un canale,è stata osservata una sezione di circa 170 cm, chepresenta alla base argilla nocciola chiaro simile aquella osservata in un piccolo canale di drenaggioa N dell’olpeta (stazione n° 2, loc. Il Piano) e pas-sa verso l’alto a suolo sabbioso fine-moderata-mente argilloso da bruno a nerastro con granuli.

In loc. Piano del Pazzo (area No, quota 404 ms.l.m., CTR 340020 Valentano), al momento dellaricognizione, era visibile una zona un tempo palu-dosa, bonificata agli inizi degli anni ‘60, già se-gnalata dalle foto aeree; al centro è presente unachiazza di circa 7 m di diametro di materiale mi-nerale bianco-giallastro con odore di zolfo corri-spondente a una probabile emissione di gas e/o ac-que sulfuree.

4.1.3 Le modalità di ricognizione: visibi-lità e campionatura dei materiali

Come già precedentemente anticipato, le ricer-che sul terreno sono state effettuate durante i me-si di novembre e dicembre, soprattutto per sfrutta-re appieno il periodo di aratura dei campi e quin-di di massima visibilità delle eventuali presenzearcheologiche. Nel corso della seconda campagnadi ricognizione (1994) sono state anche ricontrol-late le zone già indagate nell’anno precedente, perverificare se eventuali variazioni di visibilità deiluoghi avrebbero permesso di arricchire il cam-pione dei dati già disponibile.

Per quanto riguarda i criteri di campionamentodel materiale archeologico, in relazione alle pre-senze preistoriche e protostoriche si è preferitoraccogliere tutto il materiale visibile, mentre perle presenze di età successiva è stato raccolto soloil materiale diagnostico.

Tutti i ritrovamenti archeologici sono stati de-scritti tramite l’apposita scheda (fig. 1) sulla qua-le sono state annotate tutte le caratteristiche delterreno nonché la tipologia e la consistenza dellatestimonianza archeologica osservata.

E.C.

4.2 Le ModALITà dI RICoGNIzIoNe AdoT-TATe NeL PRoGeTTo deLLA ReGIoNe LAzIo-CeNTRo ReGIoNALe dI doCUMeNTAzIoNe,ANNI 1997-2004

4.2.1 La cartografiaPer la raccolta delle informazioni sul campo, di

concerto con l’Istituto Centrale per il Catalogo e ladocumentazione, con cui era in atto una collabora-zione costante, venne utilizzata in via sperimentaleuna scheda allora nuova, la scheda SI (= sito). L’in-sieme delle schede SI, il cui modello ha subito manmano diverse modifiche ed integrazioni, costituisceancora oggi la parte più consistente dell’archiviodei beni archeologici del C.R.d.. Le schede SI, cor-redate all’occorrenza da TMA (tabelle di materialiarcheologici)1, sono dotate di una preziosa docu-mentazione fotografica del sito oggetto di esame edi stralcio cartografico con la localizzazione del si-to individuato; la base scelta fu la Carta TecnicaRegionale in scala 1:10.000, con l’indicazione del-le coordinate del sito, generalmente nella formaGauss-Boaga, per la georeferenziazione delle evi-denze, come già ricordato (cfr supra 2.2).

I dati raccolti sul campo, oltre che confluire inuna scheda SI, sono stati sintetizzati in carte di la-voro comprensive di tutto il territorio comunale og-getto dell’esplorazione, in cui le aree visitate eranoman mano caratterizzate da colori che distingueva-no il grado di visibilità del terreno indagato; sonostati inoltre segnalati livelli geologici leggermenteo pesantemente intaccati da attività sopravvenutenel tempo sia naturali che umane, cave moderne,proprietà private inaccessibili. Le evidenze archeo-logiche sono state riportate in carta secondo i crite-ri della Carta Archeologica d’Italia, anche nel casodi materiali preistorici e protostorici2. I collaborato-ri hanno poi realizzato stralci cartografici dellaCTR allegati a ciascuna scheda SI, su copia carta-cea in formato pagina o doppia pagina, in modo darenderne agevole la riproduzione ed eseguita inmodo tale da conservare sui due lati gli assi di ori-gine delle coordinate. Il sito, rispetto alle coordina-te indicate nella scheda, è stato segnato con un pun-to, salvo i casi di aree estese, delle quali sono statiriportati i limiti misurati.

Le foto allegate a loro volta alle schede, a co-lori o bianco/nero, dovevano presentare il sito nelmodo più panoramico possibile, tale da renderloriconoscibile nonostante il trascorrere del tempo.Il trasferimento dei dati raccolti nel Sistema Infor-mativo Territoriale dei Beni Culturali (SIT) dellaRegione avrebbe dovuto avere luogo contestual-mente alla partenza del progetto; per una serie dicircostanze, che hanno riguardato nel tempo la suamessa a punto, tale operazione è in corso solo at-tualmente, con nuovi incarichi di collaborazione(seconda graduatoria per incarichi di catalogazio-ne dei Beni Archeologici, d.G.R. 98/2004), coor-dinati da S. Vitagliano.

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4.2.2 Le modalità di ricognizione: visibi-lità e campionatura dei materiali

La ricognizione territoriale è stata eseguita daciascun catalogatore singolarmente3; ad ogni col-laboratore è stata assegnata, nell’ambito di uno opiù comuni, una porzione di territorio individuatasulla Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000.Le indagini sul campo sono state eseguite a tappe-to per la maggior parte dei casi, a campione in unristretto ambito territoriale4.

I passaggi sulle aree esplorate sono stati ese-guiti a maglie strette, a circa 50 cm di distanza fral’uno e l’altro; i materiali individuati sono stati re-gistrati sulle schede in grosse categorie e riportatiin percentuale rispetto alla diffusione sul terreno.L’indicazione data ai collaboratori è stata di non

raccogliere il materiale (cfr nota 1), bensì di la-sciarlo sul posto5, con la conseguente impossibi-lità, già in fase di controllo, di verificare i dati for-niti dai ricercatori, specie per le segnalazioni di si-ti preistorici e protostorici.

In generale, ciascun sito è stato visitato unasola volta: il limitato tempo a disposizione diciascun collaboratore non ha permesso ulterioricontrolli, se non in situazioni particolari. La re-visione dei siti e delle schede avrebbe dovuto es-sere oggetto di un approfondimento del lavoro,che in questa sede si può finalmente intraprende-re per la Caldera di Latera e per il territorio cir-costante, ma che non è stato effettuato sistemati-camente per tutte le aree.

C.B., S.V.

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1 L’impiego della scheda TMA è stato oggetto di una vivace discus-sione all’interno del C.R.d.: in un primo tempo, infatti, questo mo-dello di scheda fu fatto adottare in sostituzione della raccolta direttadel materiale. Successivamente, tale uso improprio è stato corretto ela scheda progressivamente abbandonata.2 Tale scelta, anche se non soddisfacente, è stata tuttavia adottata datutti i collaboratori nel corso degli anni; la documentazione su cartaè perciò omogenea.3 In alcuni casi le ricognizioni sono state condotte da due catalogato-ri insieme ma la scelta di unire le forze è stata autonoma rispetto al-le indicazioni del C.R.d.. In molti casi il funzionario della Soprin-

tendenza competente ha accompagnato una o due volte il ricercatoreincaricato, per mostrargli il territorio oppure ha fornito a tavolino no-tizie, aiuto e consigli. Ciò ha garantito, pur nell’autonomia di ciascunente, la continuità del lavoro e la circolazione delle informazioni.Talvolta anche alcune associazioni di volontari locali hanno dato in-dicazioni e materiali ai catalogatori. 4 Per esempio, le ricognizioni a Farnese di I. damiani.5 Anche su questa indicazione chi scrive ha espresso il proprio per-sonale, completo dissenso; non essendoci però alcun obbligo da par-te dei collaboratori di raccogliere i materiali man mano rinvenuti,quasi sempre le evidenze sono state lasciate sul terreno.

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5. CATALoGo deI RITRoVA-MeNTI1

Comune di Farnese

1-campo del gottimo

DescrizioneArea con industria litica e frammenti ceramici.CartografiaCTR sezione 344010, Farnese; foglio e particellacatastale: 24: 38; coord. X 1721860/Y 4715720.Dati relativi al suolo Conformazione del sito: pendio lieve verso So.Quota: 300-315 m s.l.m..Caratteri ambientali: Fosso olpeta a circa 300 m aSe.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa.Visibilità del terreno: mediocre.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.1999 (sito Farnese 34; scheda Farnese 34; nume-ro catalogo generale: SI 12/00797833; TMA12/00798202; TMA 12/00797846; I. damiani).dimensioni area: 80x200 m.densità della concentrazione: media.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:non determinabile.Commistione con reperti di epoca successiva: ele-vata incidenza (80% di materiali di età orientaliz-zante-arcaica).BibliografiaCasi et alii 1998; Casi, Stoppiello 1993; damiani

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2001; Belardelli et alii 2007, sito 65, p. 288.Attribuzione cronologica del complessoetà del bronzo.Collocazione materialiRoma-Regione Lazio, C.R.d..Catalogo analitico dei materiali 1) Sopraelevazione a lingua (fig. 1,1). Frammento relativo adestremità di sopraelevazione a lingua, verosimilmente relati-va a tazza o ciotola. Impasto medio bruno-rossiccio; superfi-ci lisciate parzialmente abrase. Lungh. 2,3; largh. 3,7.2) Frammento di parete (fig. 1,2). Frammento di parete piut-tosto spessa, con decorazione consistente in una solcaturasotto la quale è un motivo, attualmente costituito da due filedi punti orizzontali da cui parte una sottile incisione obliqua(losanga? Meandro?). Impasto grossolano bruno-nerastro;superficie estremamente abrasa e dilavata, cosicché i restidella decorazione sono leggibili con difficoltà. Lungh. 2,5;largh. 3,7; spess. 1,1.3) Orlo. estremità assottigliata e sagomata, accenno di spi-golo interno. Impasto medio grigio-nerastro; superfici liscia-te molto dilavate. Lungh. 1,9; largh. 3,1; spess. 1.4) Fondo. Frammento di fondo pertinente verosimilmente acontenitore di grandi dimensioni. Impasto grossolano bruno-nerastro con inclusi anche molto grandi; superfici lisciatemolto dilavate. Lungh. 1,8; largh. 10,8.

In buona parte del campo affiorava un livello diterreno vulcanico ricco di pomici privo di mate-riali archeologici. I frammenti di età orientaliz-zante e arcaica come quelli d’impasto non tornito,tutti in quantità molto scarsa, affioravano in unafascia del campo che presentava terreno di coloremarrone bruno. La bibliografia segnala la presen-za di materiali del Paleolitico superiore, eneolitici

e di età non determinabile. Le ricognizioni docu-mentarono allora (1998-1999) anche la presenzadi materiali pertinenti al Bronzo medio appennini-co; il sito dista poco meno di 800 m da Roccoia,località dalla quale è già nota la provenienza dimateriale della medesima facies e che in seguitoalle ricognizioni ha restituito anche materialieneolitici (cfr infra scheda 13)

C.B., I.D.

2-campo della Villa

DescrizioneArea con industria litica e frammenti ceramici.CartografiaCTR sezione 344010, Farnese; foglio e particellacatastale: 24: 47, 51; coord. X 1721140/Y4715150.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: 297-298 m s.l.m..Caratteri ambientali: Fosso olpeta a circa 700 m aSe.Utilizzazione del suolo: agricola, colture in atto.Visibilità del terreno: mediocre.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.1999 (sito Farnese 38; scheda Farnese 38; nume-ro catalogo generale: SI 12/00797837; TMA12/00798204; I. damiani).dimensioni area: 30x60 m.densità della concentrazione: bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:secondaria?Commistione con reperti di epoca successiva: me-dia incidenza (40% di materiali di età arcaica e ro-mano-repubblicana).Bibliografiadamiani 2001; Belardelli et alii 2007, sito 62, p.288.Attribuzione cronologica del complessoBronzo antico.Collocazione materialiRoma-Regione Lazio, C.R.d.. Catalogo analitico dei materiali Industria litica 1) Cote (fig. 1,3). Pietra pomice molto porosa e leggera; frat-tura superiore antica, inferiore recentissima. Tracce di solchida usura ad andamento obliquo. Lungh. (conservata) 3,2; lar-gh. 5,4.2) Intaccatura (fig. 2,1). Intaccatura su estremità di raschia-toio doppio biconvesso (déjeté a sinistra), integro, tallone afaccette (12x8 mm), priva di cortice. L’encoche è inversa e dipiccolo raggio, abbastanza profonda, ottenuta con ritocco ri-pido. Lungo i margini laterali c’è un ritocco diretto a scagliepiatte, abbastanza profondo e regolare. Calcare marnoso ros-

Fig. 1-Campo del Gottimo (scheda n. 1); Campo della Villa (schedan. 2). Scala 1:2.

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so, patina (usura). Lungh. 3,5; largh. 2,75; spess. 0,97. 3) Perforatore (fig. 2,2). Perforatore su lama a ritocco bilate-rale, appena frammentaria l’estremità della punta, tallonediedro (16,4x6 mm), privo di cortice. Il punteruolo, robusto eben evidenziato, distale, è ottenuto mediante distacchi bilate-rali diretti, profondi. Lungo il margine destro, debolmenteconvesso, il ritocco è diretto, a scaglie profondo, regolare. Ilmargine sinistro, rettilineo, mostra invece ritocco diretto, ri-pido profondo, ad andamento leggermente denticolato. Cal-care marnoso rosso, patina (usura). Lungh. 3,42r; largh. 1,68;spess. 0,67.Ceramica4) Ansa a gomito. Frammentaria. Impasto medio nerastro, su-perfici lisciate parzialmente abrase. Lungh. 3,6; largh. 1,4.definita precedentemente ansa con appendice ad ascia (da-miani 2001).

Il campo è stato indagato in un’area molto ristret-ta data la presenza di colture in crescita.

C.B., I.D., S.V.

3-campo della Villa

DescrizioneArea con industria litica e frammenti ceramici.CartografiaCTR sezione 344010, Farnese; foglio e particellacatastale: 24: 58; coord. X 1721080/Y 471520.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: circa 296 m s.l.m..Caratteri ambientali: Fosso olpeta a circa 700 m aSe.Utilizzazione del suolo: agricola, colture in atto.Visibilità del terreno: mediocre.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.1999 (sopralluoghi: 2; sito Farnese 39; schedaFarnese 39; numero catalogo generale: SI12/00797838; I. damiani).dimensioni area: 30x60 m.densità della concentrazione: bassa.

Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:secondaria?Commistione con reperti di epoca successiva:bassa incidenza (20% di materiali di età arcaica eromano-repubblicana).Attribuzione cronologica del complessoetà del bronzo.Collocazione materialiRoma-Regione Lazio, C.R.d..Catalogo analitico dei materiali1) Pièce esquillé. Un lato monofacciale, tallone su cortice, in-tegro. Esquillement distale inverso. Quarzo. Lungh. 2,05; lar-gh. 1,57; spess. 0,66.2) Lama ritoccata (fig. 3). Lama ritoccata a dorso naturalecon tallone diedro (7,4x3,4 mm inclinato lateralmente), fram-mentaria nella parte distale. Il margine destro è coperto dicortice, il sinistro, concavo, è interessato da ritocco diretto,soprelevato profondo, regolare. Calcare marnoso grigio-ver-de. Lungh. 4,5r; largh. 1,93; spess. 1,32.

Il campo è stato indagato in un’area molto ristret-ta data la presenza di colture in crescita. eranopresenti industria litica pari a circa il 40% dei ma-teriali visibili e frammenti in impasto, generica-mente attribuibili all’età del bronzo.

C.B., S.V.

Fig. 2-Campo della Villa (scheda n. 2).

Fig. 3-Campo della Villa (scheda n. 3).

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4-castelletto di Prato Frabulino, Prato di Fra-

bulino

DescrizioneArea con frammenti ceramici; tomba.CartografiaCTR sezione 344010, Farnese; foglio e particellacatastale: 18: 130, 173, 242; coord. X 1722070/Y4715740.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pendio lieve verso S.Quota: 290-300 m s.l.m..Caratteri ambientali: Fosso olpeta a circa 200 m a S.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa; bo-sco ceduo; incolto. Visibilità del terreno: buona nell’area seminativa;mediocre nell’area boschiva.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.1999 (sito Farnese 35; scheda Farnese 35; nume-ro catalogo generale: SI 12/00797834; TMA12/00798203; I. damiani). dimensioni area: 40x100 m.densità della concentrazione: bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primaria.Commistione con reperti di epoca successiva:bassa incidenza (10% di materiali di età orienta-lizzante-arcaica).BibliografiaBelardelli et alii 2007, sito 54, p. 292.Attribuzione cronologica del complessoetà del bronzo.Collocazione materialiRoma-Regione Lazio, C.R.d..

Frammenti ceramici di età protostorica erano visi-bili nel terreno incolto intorno agli ulivi e intornoalla tomba dell’età del bronzo già esplorata, comepure nelle canalette naturali che seguivano la pen-denza del terreno. L’area boschiva subito a montenon risultava visibile al momento delle ricogni-zioni, data la presenza di humus e sterco. dellatomba del Bronzo medio, interrata, erano visibili imargini superiori della camera.

C.B., I.D.

5-Farnese 33

DescrizioneArea con frammenti ceramici.CartografiaCTR sezione 344010, Farnese; foglio e particella ca-tastale: 18: 126, 131, 179, 240, 241; coord. X17220906/Y 4715900-A, X 1722020/Y 4715820-B.

Dati relativi al suoloConformazione del sito: pendio lieve verso No-Se.Quota: 300-310 m s.l.m..Caratteri ambientali: Fosso olpeta a circa 320 m a S.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa (A);ulivi (B).Visibilità del terreno: mediocre.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.1999 (sito Farnese 33; scheda Farnese 33; nume-ro catalogo generale: SI 12/00797832; TMA12/00797842; TMA 12/00797843; TMA12/00797844; I. damiani). dimensioni area: 30x100 m (A); 250 x 150 m (B).densità della concentrazione: alta nell’area A;media nell’area B. Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primaria.Commistione con reperti di epoca successiva: ele-vata incidenza (80% e 90% di materiali di etàorientalizzante-arcaica rispettivamente nell’areaA e nell’area B).Attribuzione cronologica del complessoetà del ferro (A e B).Collocazione materialiRoma-Regione Lazio, C.R.d.. Catalogo analitico dei materiali Area A

1) Scodella (fig. 15,1). Parete appena rientrante, orlo appiat-tito. Impasto fine bruno-nerastro; superfici lisciate e lucidate.Lungh. 2,5; largh. 2,6; spess. 0,9; diam. 12. Cfr Mattonara,scavi SBAeM 2005, sett. A, US 26, inv. dis. C.R.d. 857, ine-dito.2) Olla (fig. 15,2). Profilo rientrante; cordone digitato al disotto dell’orlo su cui è impostata una presetta a bugna conimpressione centrale. Impasto medio nerastro; superfici li-sciate parzialmente screpolate. Lungh. 2,9; largh. 4,8; spess.2,8. 3) Tazza (fig. 15,3). orlo molto sporgente assottigliato all’e-stremità. Impasto medio bruno-nerastro con inclusi bianchi;superfici nere lucide. Lungh. 2,5; largh. 3; spess. 1,9. Cfr Pa-scucci 1998, fig. 14,6; altro esemplare dal sito della Matto-nara, scavi SBAeM 2005, sett. A, US 19, inv. dis. C.R.d.782, inedito.4) Olla (fig. 15,4). orlo svasato, superiormente appiattito edecorato da una serie di impressioni semicircolari (unghiate).Impasto medio bruno-nerastro; superfici lisciate all’internoipercotte e screpolate, all’esterno lisciate a stecca. Lungh.5,1; largh. 5; spess. 1,2. Cfr Pascucci 1998, fig. 14,5.5) Dolio (fig. 15,5). orlo ricurvo lacunoso all’estremità. Im-pasto grossolano bruno-grigiastro; superfici lisciate ed ester-namente lucidate. Lungh. 4,9; largh. 3,1; spess. 1,8. Cfr Tor-re Valdaliga, scavi 1972-73, taglio LV, inv. dis. C.R.d. 339,inedito.6) Tazza (fig. 15,6). orlo assottigliato molto svasato. Impa-sto fine beige-grigio; superfici lisciate e lucidate. Lungh. 1,9;largh. 2,3; spess. 0,5.

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Area B

7) Olla? (fig. 15,7). orlo svasato arrotondato e assottigliatoall’estremità. Impasto fine-medio, bruno-nerastro; superficilisciate e lucidate con steccature evidenti, bruciate. Lungh.3,2; largh. 4,4; spess. 1; diam. 6,5.8) Scodella (fig. 15,8). Profilo rientrante, a spigolo; orlo ap-piattito superiormente, vasca troncoconica poco profonda.Impasto medio bruno-grigiastro; superficie interna nera li-sciata e lucidata, esterna scrostata e abrasa con tracce di in-gubbiatura. Lungh. 4,5; largh. 6,1; spess. 1; diam. 24,6. CfrMaffei 1981, fig. 19,1 e 3 per la forma e, in un ambito terri-toriale diverso ma probabilmente analogo dal punto di vistafunzionale, l’esemplare con maniglia da eremo dei Camal-doli, Belardelli et alii 2007, fig. 123,9.9) Olla o vaso a collo (fig. 15,9). orlo svasato e sagomato.Impasto medio-fine grigio-rosa; superficie ben lisciata e luci-data, saponosa al tatto. Lungh. 3,9; largh. 3,5; spess. 1.10) Tazza a vasca arrotondata (fig. 15,10). orlo lievementesvasato, parete concava, vasca probabilmente profonda; restidell’attacco di un’ansa sulla massima espansione e sull’orloin prossimità della frattura laterale destra. Impasto fine grigiocon piccoli inclusi; superficie grigia abrasa. Alt. 3; largh. 2;diam. 7,5.11) Frammento di piede probabilmente relativo a vaso tripo-de (fig. 15,11). Impasto medio grigio con inclusi; superficiebeige-rossiccia molto abrasa, fratture poco vive. Lungh. 4;spess. 3. Cfr Iaia 1999, fig. 27,8: esemplare miniaturistico dalcontesto funerario di Bisenzio, tomba Polledrara 7, alla cuifoggia in versione non miniaturistica potrebbe riferirsi il no-stro frammento; Trucco 2001, fig. 100, pp. 86-87: il presen-tatoio su tre piedi di Tarquinia, necropoli di Villa Bruschi Fal-gari, tomba 73, solo è ad integrazione della possibile funzio-ne del frammento. 12) Sfera (fig. 15,12). Impasto beige con inclusi affioranti insuperficie; superficie avana fortemente abrasa. diam. 3.

Frammenti fittili d’impasto non tornito sono pre-senti nell’area A, e in misura molto limitata anchepiù a S di questa. I materiali di età orientalizzantesono presenti nell’area a uliveto e seminativo ra-do a S e nel lembo di pianoro a N, con coltura bas-sa e fitta, visibile con difficoltà. È possibile chenon vi sia soluzione di continuità tra l’insedia-mento qui localizzato e i resti di materiale dellostesso periodo identificati nel sito di Castelletto diPrato di Frabulino (cfr supra sito 4). I frammentirinvenuti nella zona orientale di A risultano moltorovinati e di difficile inquadramento cronologico;tuttavia, alcuni confronti sembrano riferire il ma-teriale di entrambe le aree, A e B, ad un contestonon propriamente residenziale, bensì di tipo gene-ricamente produttivo (rurale?). La presenza di va-si chiusi (olle, vasi a collo, dolii) e di forme aper-te grandi (scodelle, alcune tazze) e la mancanza diforme pregiate da mensa con o senza decorazione,suggerisce una datazione a ridosso della prima etàdel ferro, probabilmente nella sua fase avanzata.

C.B., I.D.

6-la Forma

DescrizioneManufatto litico isolato.CartografiaCTR sezione 344010, Farnese.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: 398 m s.l.m..Caratteri ambientali: clasti lavici e suoli poco evo-luti.Utilizzazione del suolo: agricola, arativa.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del sig. R. Ciavatta 2010.densità della concentrazione: manufatto isolato.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:secondaria.BibliografiaCasi 2012, sito 112, p. 60. Attribuzione cronologica del complessoPaleolitico superiore (Aurignaziano-epigravettia-no antico).Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali1) Grattatoio su lama (fig. 4). Fronte con ritocco ripido, ri-tocco a scaglie scalariforme destro, parziale corto sinistro;doppia intaccatura mesiale su bordo sinistro e destro; assotti-gliamento del bulbo. Presenza di patina doppia. Ejecta; per-cussione. Lungh. 11; largh. 5,03; spess. 3.

L.G., D.M.

Fig. 4-La Forma (scheda n. 6).

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7-Murciarelle, Palombaro II

DescrizioneArea con frammenti ceramici.CartografiaCTR sezione 344010, Farnese; foglio e particellacatastale: 24: 35; coord. X 1721290/Y 4715080.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: circa 300 m s.l.m..Caratteri ambientali: Fosso olpeta a circa 700 m aSe.Utilizzazione del suolo: bosco ceduo.Visibilità del terreno: mediocre.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.1997-1999 (sito Farnese 40; scheda Farnese 40;numero catalogo generale: SI 12/00797839; I. da-miani).dimensioni area: 20x60 m.densità della concentrazione: bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primaria.Commistione con reperti di epoca successiva: ele-vata incidenza (materiali di età arcaica).BibliografiaCasi 1991; damiani 2001; Belardelli et alii 2007, si-to 53, pp. 291-292; Casi 2012, sito 185, pp. 65-66.Attribuzione cronologica del complessoBronzo antico.Collocazione materialiRoma-Regione Lazio, C.R.d.. Catalogo analitico dei materiali Industria litica1) Cote in pietra arenaria (fig. 15,14). evidenti tracce di uti-lizzazione di diversa morfologia sulla superficie e lungo unafaccia laterale. Rotta longitudinalmente. Lungh. 11; largh. 3,9. Ceramica2) Olletta a profilo rientrante (fig. 15,13). orlo lacunoso;corpo presumibilmente globulare; decorazione a nastro oriz-zontale campito con tratti obliqui paralleli corrente sotto l’or-lo e, sul corpo, ad elementi angolari con punti impressi a ro-tella. Impasto fine bruno-grigiastro; superfici lisciate. Lungh.2,6; largh. 2,7; spess. 0,9.3) Olla a colletto (fig. 15,15). orlo sagomato lievementesporgente; grosso cordone molto rilevato decorato a taccheoblique, impostato subito sotto l’orlo. Impasto fine bruno-grigiastro; superfici ben lisciate con tracce evidenti di stecca-ture all’esterno. Lungh. 5; largh. 5,7; spess. 2,5. Modificatorispetto al disegno già pubblicato (damiani 2001).

Frammenti ceramici di età protostorica sono statirinvenuti ai margini del bosco, tra e sopra le pie-tre ammassate naturalmente che circondavano lequerce. Molto numerosi erano anche i frammentidi età arcaica di dimensioni pure grandi, talvoltaincastrati o affioranti tra i massi che formavano il

muro che costeggiava il bosco. Il sito corrispondeal n. 38 della carta archeologica della Selva delLamone di Casi 1991.

C.B., I.D., S.V.

8-Panton delle Murcie

DescrizioneArea con industria litica.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano; Lat. 42° 35’ 01”,59 N-Long.11° 46’ 41”,74 e.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pendio.Quota: 380 m s.l.m..Caratteri ambientali: rocce piroclastiche e sedi-menti di colore bruno.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizioneSBAeM 1994 (scheda 238; G. Cofini). dimensioni area: 150x80 m.densità della concentrazione: bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:non determinabile.Commistione con reperti di epoca successiva:nessuna incidenza. Attribuzione cronologica del complesso Paleolitico superiore finale. Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali 1) Lamella a doppia intaccatura (Bordes T.91; fig. 6,1).Frammento distale con intaccatura ritoccata diretta sinistra,inversa destra. Selce rosata a grana fine; patina lustra; per-cussione. Lungh. 1,2; largh. 1,9; spess. 0,4. Cfr Giacopini,Mantero 1995a, 1998.2) Grattatoio su scheggia spessa (Bordes T.3; fig. 6,2). Fram-mentario, mancante di porzione della faccia dorsale causaazione di combustione di cui restano tracce evidenti; fronteampio leggermente convesso con ritocco ripido a scaglie.Selce rosata a grana grossa; percussione. Lungh. 2,0; largh.2,4; spess. 1,1.

Il complesso litico è costituito da schegge su selceed ejecta, in due casi con tallone scagliato e assotti-gliamento del bulbo, 2 frammenti laminari, 1 fram-mento di nucleo di cronologia incerta, 1 doppia in-taccatura e 1 grattatoio su scheggia di cui sopra.

L.G., D.M.

9-Panton delle Murcie

DescrizioneAmbienti ipogei.Cartografia

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IGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano; Lat. 42° 35’ 05” N-Long. 11°46’ 35” e.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pendio ripido.Quota: 385 m s.l.m..Caratteri ambientali: rocce piroclastiche stratificate.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizioneSBAeM 1994 (scheda 239; G. Cofini). osservazioni: gli ambienti ipogei sono stati rinve-nuti a circa 450 m in direzione SSe dalla quota415,2.Attribuzione cronologica del complessoeneolitico.

Nel pendio orientale del pianoro sono stati ricava-ti 4 ambienti ipogei, 3 ben riconoscibili e 1 più in-certo, strutturalmente assimilabili a tombe a grot-ticella di età eneolitica (fig. 5).dei 3 ambienti, solo il primo a partire da S è sta-to parzialmente esplorato al momento della rico-gnizione, liberandone l’ingresso dalla vegetazioneche lo ostruiva. Sul fondo dell’ipogeo è presenteuna piccola cavità di forma quadrangolare di di-mensioni pari a 23x23x30 cm. Il pavimento del-l’ambiente era interrato. Il primo ipogeo (lungh. 2,5 m; largh. 1,52 m; alt.massima 1,16 m) dista dal secondo solo 2 m; ana-loga distanza è stata osservata fra l’ambiente n. 3,piuttosto incerto, e il n. 4, mentre il secondo dista

dal terzo circa 20 m; gli ambienti sembrano quin-di disposti a gruppi di due.

F.R.

10-Pian di Sala

DescrizioneArea con industria litica, frammenti ceramici ededilizi. CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344010, Farnese; Lat. 42° 35’ 05”,19 N-Long. 11°44’ 51”,37 e.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pendio lieve.Quota: 399-401 m s.l.m..Caratteri ambientali: rocce piroclastiche e sedi-menti di colore bruno.Utilizzazione del suolo: agricola.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizioneSBAeM 1994 (scheda 279; G.P. orsingher). dimensioni area: 15x10 m e 10x7 m.densità della concentrazione: bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:secondaria.Commistione con reperti di epoca successiva: ele-vata incidenza (materiali di età storica).osservazioni: i materiali sono stati raccolti a circa29 m in direzione SSo dalla quota 409,1.Attribuzione cronologica del complessoPost Paleolitico.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali 1) Lama con intaccatura (fig. 6,3). Lama a sezione sottile conintaccatura semplice diretta su bordo distale. Selce bianca a gra-na fine; percussione. Lungh. 1,5; largh. 2,85; spess. 0,3.2) Lama a ritocco marginale (fig. 6,4). Lama a ritocco par-ziale su bordo dritto destro in posizione mesiale, tallone pun-tiforme, tracce d’uso inverse su bordo sinistro. Selce marro-ne a grana fine; percussione. Lungh. 3,2; largh. 3.3) Grattatoio su ciottolo (fig. 6,5). Grattatoio frontale su ciotto-lo piatto; fronte convesso asimmetrico ottenuto con distacchi la-minari ripidi e ritocco marginale complementare. Selce biancaa grana fine; percussione. Lungh. 1,5; largh. 2,85; spess. 0,3.4) Nucleo (fig. 6,6). Nucleo su ciottolo a un piano di percus-sione preparato ed inclinato; superficie di débitage caratteriz-zata da distacchi paralleli trasversali rispetto ad una traccia ne-gativa di distacco estesa a tutta la superficie di débitage che ri-corda i nuclei a distacco preferenziale. Selce beige a grana me-dia; cortice; patina doppia; percussione. Lungh. 3,2; largh. 3.

Sono state individuate due concentrazioni di ma-teriale vario che hanno restituito alcune scheggedi selce. Le due aree sono poste a poca distanzal’una dall’altra e a quote differenti. Fig. 5-Panton delle Murcie (scheda n. 9). Schizzo di campagna.

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Il complesso dei manufatti litici è costituito da 12schegge, da 4 strumenti realizzati su ejecta e da 1 nu-cleo con unico negativo di distacco che ricorda i tipia scheggia preferenziale di tecnica levallois, riutiliz-zato per la produzione di lame. A parte il probabileriutilizzo del nucleo, le caratteristiche tecnologiche etipologiche fin troppo comuni dei manufatti in esameconferiscono all’insieme il carattere delle industrieoloceniche, con l’esclusione forse del solo nucleo suciottolo (n. 4 del catalogo) che potrebbe apparteneread un orizzonte precedente (Paleolitico superiore).

L.G., D.M.

11-Pian di Sala

DescrizioneArea con industria litica.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344010, Farnese; Lat. 42° 34’ 53”,62 N-Long. 11°44’ 56”,08 e.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pendio lieve.Quota: 401,1 m s.l.m..Caratteri ambientali: rocce piroclastiche e sedi-menti di colore bruno-grigiastro.Utilizzazione del suolo: agricola.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizioneSBAeM 1994 (scheda 288; G. Cofini). dimensioni area: 160x100 m.densità della concentrazione: bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:non determinabile.Commistione con reperti di epoca successiva:nessuna incidenza. osservazioni: i materiali sono stati raccolti nellametà o del terreno indagato.Attribuzione cronologica del complessoPaleolitico superiore. Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali 1) Nucleo prismatico su ciottolo a un piano di percussione li-scio (fig. 6,7). Tecnica mista. Superficie di débitage con ner-vures subrettilinee, punto di percussione ben evidente in cor-rispondenza delle nervures con successivo intervento di per-cussione con distacchi di schegge. Selce beige a grana media;cortice; percussione e pressione. diam. 2,4.

oltre al nucleo primastico, il gruppo di materiali ècostituito da 3 schegge, 1 nucleo a lame su ciotto-lo a piano di percussione liscio, 1 frammento la-minare con ritocco marginale diretto.

L.G., D.M.

12-Poggio del cerro

DescrizioneAmbiente ipogeo.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano; Lat. 42° 34’ 40” N-Long. 11°48’ 19” e.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pendio ripido.Quota: 370 m s.l.m..Caratteri ambientali: rocce piroclastiche. Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizioneSBAeM 1994 (scheda 242; G. Cofini). osservazioni: l’ambiente è stato individuato a cir-ca 300 m in direzione e dalla quota 385.Attribuzione cronologica del complessoeneolitico.

L’ambiente ipogeo, ricavato nel pendio Se delpianoro, è strutturalmente assimilabile alle tombea grotticella di età eneolitica; sembra presentareun dromos di accesso.

F.R.

13-Poggio del cerro

DescrizioneAmbiente ipogeo.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano; Lat. 42° 34’ 48”,19 N-Long.11° 46’ 14”,34 e.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pendio ripido.Quota: 382 m s.l.m..Caratteri ambientali: rocce piroclastiche. Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizioneSBAeM 1994 (scheda 244; G. Cofini). osservazioni: l’ambiente è stato individuato a cir-ca 200 m in direzione o dalla quota 388.Attribuzione cronologica del complessoeneolitico.

L’ambiente ipogeo, ricavato nella roccia pirocla-stica del pendio e di un pianoro, è strutturalmenteassimilabile alle tombe a grotticella di età eneoli-tica. La struttura presenta dimensioni pari a lungh.1 m, largh. 1 m e alt. 1,50 m.

F.R.

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14-roccoie, roccoia

DescrizioneArea con frammenti ceramici.CartografiaCTR sezione 344010, Farnese; foglio e particellacatastale: 17: 35 (parte), 36; coord. X 1722390/ Y4716350.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante, con pendiolieve verso Se.Quota: 320-330 m s.l.m..Caratteri ambientali: Fosso olpeta a circa 250 ma S.Utilizzazione del suolo: pascolo; bosco ceduo.Visibilità del terreno: mediocre.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.1997-1999 (sito Farnese 36; scheda Farnese 36;numero catalogo generale: SI 12/00797835; I. da-miani).dimensioni area: 30x50 m.densità della concentrazione: bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primaria.Commistione con reperti di epoca successiva: me-dia incidenza (50% di materiali di età orientaliz-zante-arcaica).BibliografiaCasi, Stoppiello 1993; damiani 2001; Belardelliet alii 2007, sito 49, pp. 292-293.Attribuzione cronologica del complessoeneolitico.Collocazione materialiRoma-Regione Lazio, C.R.d.. Catalogo analitico dei materiali 1) Ansa o presa con foro longitudinale passante. Impasto me-dio grigio; superfici grigio-rosa lisciate e molto dilavate.Lungh. 5; largh. 6,8; spess. 6.

La vasta superficie pressoché pianeggiante, liberadalla selva e caratterizzata da prato a pascolo e ce-spugli, risultava all’epoca della ricognizioneesplorabile in misura molto ridotta; i frammenticeramici furono rinvenuti ai lati del sentiero di vi-sita n. 4 della Selva del Lamone, in mezzo alla bo-scaglia. Rispetto alle notizie bibliografiche, secondo lequali erano documentate presenze dal Bronzo an-tico avanzato al Bronzo medio appenninico, si èaggiunto a seguito della ricognizione il dato rela-tivo ai materiali eneolitici.

C.B., I.D.

Comune di Gradoli

15-la Montagnola

DescrizioneArea con industria litica.CartografiaCTR sezione 333150, Gradoli.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Verentum.Bibliografia Tamburini 2000.Attribuzione cronologica del complesso Neolitico; Neo-eneolitico.Collocazione materialiValentano (VT)-Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali 1) Grattatoio su estremità di lama (fig. 6,8). Grattatoio suestremità di lama con fronte semiconvesso a ritocco paralle-lo obliquo. Selce marrone a grana media; pressione. Lungh.1,55; largh. 2,7; spess. 0,5. Cfr Corridi, Moroni 1993. data-zione: Neo-eneolitico.2) Lama ritoccata (fig. 6,9). Frammenti di lama riflessa a ri-tocco diretto laterale sinistro con intaccatura mesiale; tracced’uso marginale sul bordo destro. Tracce di ritocco su bordodistale. Tallone corticale, scheggiatura basale inversa. Selcenocciola a grana media; pressione. Lungh. 1,65; largh. 3,15;spess. 0,65. Cfr Martini, di Lernia 1989-90; Corridi, Moroni1993. datazione: Neo-eneolitico.3) Nucleo prismatico a due piani di pressione opposti (fig.6,10). Nucleo a due piani di pressione opposti su nucleo ci-lindrico o prismatico di cui uno preparato attraverso un di-stacco di due schegge. Il secondo risulta parzialmente aspor-tato da un intervento di percussione successivo al débitageper pressione interrompendo le nervature semiparallele dellasuperficie debitata. Selce nocciola a grana media; pressione.diam. 1,7. datazione: Neolitico.

L.G., D.M.

Comune di Grotte di Castro

16-colle Mortaro

RINVeNIMeNTo ADescrizioneArea con frammenti ceramici.CartografiaCTR sezione 333110, Grotte di Castro; foglio eparticella catastale: 8: 172; coord. X 4730130/Y1735000.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: 450-460 m s.l.m..Caratteri ambientali: il sito è a 270 m a No dalFosso del Purgatorio.Utilizzazione del suolo: agricola.Visibilità del terreno: buona.

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Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.2001 (sito Grotte di Castro 122; scheda Grotte diCastro 122; numero catalogo generale: SI12/00831114; M. Capriati).dimensioni: 30x30 m.densità della concentrazione: medio-bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primariaCommistione con reperti di epoca successiva:nessuna incidenza.Attribuzione cronologica del complessoetà protostorica (prima età del ferro?).Collocazione materialiMateriali non raccolti.

Sul terreno è stata riscontrata una concentrazionedi frammenti ceramici d’impasto che farebbe ipo-tizzare la presenza di un piccolo insediamento ri-feribile ad età protostorica, probabilmente ad unmomento avanzato della prima età del ferro.

RINVeNIMeNTo BDescrizioneArea con frammenti ceramici e laterizi.CartografiaCTR sezione 333110, Grotte di Castro; foglio eparticella catastale: 8: 166; coord. X 4730433/Y1735810.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: 450-460 m s.l.m..Caratteri ambientali: a 270 m a No dal Fosso delPurgatorio.Utilizzazione del suolo: agricola; castagneto.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.2001 (sito Grotte di Castro 124; scheda Grotte diCastro 124; numero catalogo generale: SI12/00831116; TMA 12/00831135; M. Capriati).dimensioni: 90x70 m.densità della concentrazione: medio-bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primaria.Commistione con reperti di epoca successiva:bassa incidenza (materiali di età romana).Attribuzione cronologica del complessoetà protostorica (prima età del ferro?).Collocazione materialiMateriali non raccolti.In un tratto pianeggiante a breve distanza dalFosso del Purgatorio (senza nome sulla cartogra-

fia), coltivato ad ortaggi, si osservavano materia-li ceramici e laterizi di età romana ed una scheg-gia di selce, probabile residuo di lavorazione.Lungo le pendici boscose che sovrastano il cam-po verso e si rinvenivano scarsi frammenti di ce-ramica d’impasto e rari frammenti di tegole dietà romana.

RINVeNIMeNTo CDescrizioneArea con frammenti ceramici.CartografiaCTR sezione 333110, Grotte di Castro; foglio eparticella catastale: 8: 92; coord. X 4730655/Y1735360.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: 480 m s.l.m..Caratteri ambientali: a 220 m a No dal Fosso delPurgatorio.Utilizzazione del suolo: bosco.Visibilità del terreno: mediocre.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.2001 (sito Grotte di Castro 126; scheda Grotte diCastro 126; numero catalogo generale: SI12/00831118; M. Capriati).dimensioni: 50x50 m.densità della concentrazione: media.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primaria.Commistione con reperti di epoca successiva: altaincidenza (materiali di età romana).Attribuzione cronologica del complessoPrima età del ferro (?).Collocazione materialiMateriali non raccolti.

Sulla superficie del sentiero che attraversa un trat-to di bosco si osservavano frammenti ceramici dietà romana e d’impasto. Altri scarsissimi fram-menti analoghi, molto dilavati, si riscontravanonel bosco stesso.

RINVeNIMeNTo dDescrizioneArea con frammenti ceramiciCartografiaCTR sezione 333110, Grotte di Castro; foglio eparticella catastale: 8: 190; coord. X 4730000/Y1735040).Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.

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Quota: 460-470 m s.l.m..Caratteri ambientali: a 180 m a N dal Fosso delPurgatorio. Utilizzazione del suolo: vigneto.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.2001 (sito Grotte di Castro 120; scheda Grotte diCastro 120; numero catalogo generale: SI12/00831112; M. Capriati).dimensioni: 30x30 m.densità della concentrazione: medio-bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primaria.Commistione con reperti di epoca successiva:nessuna incidenza.Attribuzione cronologica del complessoetà protostorica (prima età del ferro?).Collocazione materialiMateriali non raccolti.

dall’interno di un vigneto, posto a circa 170 m aS di un’altra area rilevata durante la ricognizione,si riscontrava l’affioramento in superficie di scar-sa ceramica d’impasto non tornita verosimilmentedi età protostorica, poco caratterizzata per essereinquadrata entro limiti cronologici più puntuali(momento non iniziale della prima età del ferro?).

C.B.

17-la civita

DescrizioneArea con frammenti ceramici.CartografiaCTR sezione 333110, Grotte di Castro; foglio eparticella catastale: 17: 437-A; coord. X1736320/Y 4728340; foglio e particelle catastali:17: 559, 429, 431, 434, 435, 436-B; coord. X1736485/Y 4728315.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante (A); pendioda No a Se (B).Quota: 408-410 m s.l.m. (A); 428-436 m s.l.m. (B).Caratteri ambientali: terrazzamento artificiale aNo e bosco a Se che copre le pendici del pianoro(A); area vasta presso la via vicinale di Civita (B).Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.2000 (sopralluoghi: 2; siti Grotte di Castro 116 e112; schede Grotte di Castro 116 e 112; numerocatalogo generale: SI 12/00798551 e SI

12/00798547; F. Pompilio).dimensioni: 40x55 m (A); 100x200 m (B).densità della concentrazione: media.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primaria.Commistione con reperti di epoca successiva: altaincidenza (materiali di età arcaica e romana).BibliografiaTamburini 1985; Belardelli et alii 2007, sito 2, p.294.Attribuzione cronologica del complessoPrima età del ferro (a partire da).Collocazione materialiMateriali non raccolti.

Punto A: in un terreno lavorato, limitato a No dauno dei terrazzamenti artificiali tipici della zona ea Se dal bosco che ricopriva le pendici del piano-ro (settore Se dell’abitato antico), si osservavaun’area di frammenti ceramici: tra i materiali sinotavano una modesta quantità di tegole d’impa-sto rosso e d’impasto chiaro; diversi frammentid’impasto grezzo tornito, d’impasto rosso e d’im-pasto chiaro; pochissimi frammenti di bucchero edi vernice nera (tra cui 1 frammento di fondo adanello). da sottolineare la presenza di alcuniframmenti di ceramica d’impasto grezzo non tor-nito (tra cui 1 orlo di bacile con parete interna lu-cidata a stecca). L’attestazione di materiale riferi-bile alla prima età del ferro è un dato che sembraprecisare la cronologia relativa delle prime fasi dioccupazione del pianoro.Punto B: nel settore centrale del pianoro, a Ne eSo della strada vicinale, si identificava una vastaarea di frammenti fittili e materiale da costruzio-ne; tra i materiali si riconoscevano: frammenti diceramica d’impasto grezzo non tornito lucidato astecca (tra cui 1 frammento di bacile), per un 5%del materiale visibile; d’impasto grezzo tornito;d’impasto rosso (tra cui alcune olle globulari);d’impasto chiaro (tra cui alcuni frammenti di reci-pienti di ceramica tardo-italo-geometrica); pochiframmenti di bucchero; bucchero grigio; ceramicaa vernice nera; 1 frammento di ceramica attica afigure rosse (kylix?); 1 frammento di ceramicaetrusca a figure rosse (forma aperta); 2 pesi da te-laio. Lungo il margine dei campi sono stati accan-tonati, nel corso dei lavori agricoli, numerosispezzoni di tufo rosso locale e di leucitite basalti-ca. Lungo la sede stradale (via vicinale di Civita)era visibile un tratto lungo 6 m parzialmente la-stricato con spezzoni di tagli diversi di leucititebasaltica, già interpretato come un tratto di baso-

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lato romano. Al riguardo, va notato che sembravapiuttosto trattarsi di un piano costituito da mate-riale da costruzione reimpiegato, in un punto deltracciato soggetto a ristagno delle acque piovane.Spezzoni di leucitite basaltica sono infatti diffusa-mente presenti in tutta l’area della città antica. Perquanto riguarda il materiale rinvenuto, esso sem-bra riferibile per la maggior parte a fasi abitativedella città antica comprese tra il VI ed il III sec.a.C..

C.B.

18-Santa Maria delle colonne

DescrizioneArea con frammenti ceramici.CartografiaCTR sezione 333110, Grotte di Castro; foglio eparticella catastale: 7: 292; coord. X 4730264/Y1734227.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: 480 m s.l.m..Caratteri ambientali: sorgente di Santa Maria del-le Colonne a 30 m verso N.Utilizzazione del suolo: vigneto.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.2001 (sito Grotte di Castro 132; scheda Grotte diCastro 132; Numero catalogo generale: SI12/00831124; M. Capriati). dimensioni: 120x60 m.densità della concentrazione: media.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primaria.Commistione con reperti di epoca successiva: me-dia incidenza (materiali di età arcaica, romana,moderna).osservazioni: il sito è a 50 m a Ne di Santa Ma-ria delle Colonne.Attribuzione cronologica del complessoetà del ferro?Collocazione materialiMateriali non raccolti.

In un campo coltivato a vigneto, profondamentesconvolto da lavori agricoli, affioravano fram-menti di tegole d’impasto di colore rosso brunoin superficie e nerastro all’interno, con forti in-clusi di origine vulcanica. Si riscontravano inol-tre rari frammenti di ceramica genericamente in-quadrabili tra basso medioevo e XII secolo. Èquindi probabile che il sito abbia conosciuto al-

meno due differenti fasi di frequentazione, la piùantica delle quali è riferibile all’età del ferro-orientalizzante.

C.B.

Comune di Ischia di Castro

19-castelfranco, Porcareccia

DescrizioneArea con industria litica e frammenti ceramiciCartografiaCTR sezione 343040, Ponte dell’Arsa; foglio eparticella catastale: 9: 72; coord. X 1715120/Y4715440.Dati relativi al suolo Conformazione del sito: pianeggiante, posto a do-minio di due vallette ad e e ad o.Quota: 210 m s.l.m..Caratteri ambientali: tufo di tipo latitico (MonteCalvo); Fosso dell’Arsa in prossimità.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa; vi-gneto.Visibilità del terreno: media.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.1999 (sito Ischia di Castro 8; scheda Ischia di Ca-stro 8; numero catalogo generale: SI12/00797152; F. Sirano).dimensioni area: 20x10 m.densità della concentrazione: media.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primaria.Commistione con reperti di epoca successiva: ele-vata incidenza (95% di materiali di età romana).Attribuzione cronologica del complessoPost Paleolitico.Collocazione materialiRoma-Regione Lazio, C.R.d..

Piccolo insieme costituito da 3 manufatti litici dicalcare marnoso: 2 schegge e 1 probabile gratta-toio su scheggia ritoccata frammentaria.

C.B., S.V.

20-chiusa del Vescovo

DescrizioneArea con frammenti ceramici; tombe.CartografiaCTR sezione 343080, Ponte San Pietro; foglio eparticella catastale: 16: 9; coord. X 171418/Y471198.Dati relativi al suolo Conformazione del sito: vallecola in declivio.

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Quota: 140-150 m s.l.m..Caratteri ambientali: Fiume Fiora a 550 m.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.2000 (sito Ischia di Castro 96; scheda Ischia diCastro 96; numero catalogo generale: SI12/00797876; TMA 12/00797548; C. Giardino).dimensioni: 30x40 mdensità della concentrazione: bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primaria.Commistione con reperti di epoca successiva: ele-vata incidenza (70-80% di materiali di età roma-na).BibliografiaBelardelli et alii 2007, sito n. 115, p. 340. Attribuzione cronologica del complessoetà del ferro?Collocazione materialiMateriali non raccolti.

Sono stati rinvenuti materiali d’impasto e precisa-mente: 1 frammento di olla con cordone, 1 fram-mento di parete di dolio e 6 frammenti di pareti.

C.B.

21-nocchieto

DescrizioneArea con industria litica.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano; Lat. 42° 33’ 52”,65 N-Long.11° 46’ 23”,47 e.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pendio lieve.Quota: 390-400 m s.l.m..Caratteri ambientali: rocce piroclastiche e sedi-menti di colore bruno-grigiastro.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizioneSBAeM 1994 (scheda 302; G. Cofini). dimensioni: 500x50 m.densità della concentrazione: bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:non determinabile.Commistione con reperti di epoca successiva:nessuna incidenza. osservazioni: i materiali sono stati raccolti a circa300 m in direzione S dalla quota 385.

Attribuzione cronologica del complessoPaleolitico superiore.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali1) Lama ritoccata (fig. 6,11). Lama a ritocco denticolato sulmargine sinistro, tallone preparato, bulbo spesso. Tracce diutilizzazione sul margine destro. Selce grigia zonata chiara agrana fine; pressione. Lungh. 1,5; largh. 4,3; spess. 0,4.

Su un’area piuttosto ampia è stato recuperato uncomplesso di 47 manufatti dalle caratteristiche ti-pologiche piuttosto omogenee, che ne consentonol’inserimento nelle industrie pleistoceniche relati-ve ad una fase iniziale del Paleolitico superiore. I nuclei sono limitati al tipo informe (1) e ad 1frammento di nucleo, mentre le schegge, in totale13, sono caratterizzate dalle maggiori dimensionidi quelle su ejecta (> 3,5 cm). Le lame prodotte suselce locale costituiscono la maggioranza (4 su 5),mentre le lamelle (6) sono essenzialmente ricava-te da ciottoli silicei. La presenza di talloni faccettati (20% sul totaledei talloni) costituisce il dato caratterizzante diquesto insieme; il tipo liscio è nell’ordine e il se-condo tipo più rappresentato, mentre i talloni di ti-po puntiforme, scagliato, diedro, lineare, naturalesono del tutto sporadici.Tra gli strumenti è presente 1 grattatoio su scheg-gia di dimensioni maggiori rispetto alla media del-l’industria (> 4,5 cm). Le lame ritoccate (14) costi-tuiscono la classe con morfologie del ritocco diffe-renziate: 5 presentano un ritocco marginale rasanteparallelo, 3 un ritocco a scaglie scalariforme, 1 unritocco marginale semiripido, 1 a ritocco inverso, 1a ritocco marginale ripido, 1 a ritocco inverso par-ziale, 1 a ritocco ripido; 4 sono su ejecta.Completano gli aspetti tipologici del complesso 1punta a ritocco ripido sinistro e bifacciale scala-riforme rasante destro, 1 strumento con ritoccocoprente bifacciale e 1 scheggia di tipo preferen-ziale.

L.G., D.M.

Comune di Latera

22-Fosso di Macchia cedua

DescrizioneArea con frammenti ceramici.CartografiaIGMI F. 136 I No, Valentano; CTR sezione333140, Latera; Lat. 42° 38’ 01” N-Long. 11° 48’32” e.

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Dati relativi al suoloConformazione del sito: pendio lieve.Quota: 480 m s.l.m..Caratteri ambientali: sedimenti di colore brunocon alberi di quercia; fosso moderno. Utilizzazione del suolo: arativa.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizioneSBAeM 1993 (scheda 102; G. Cofini). dimensioni area: 150x60 m.densità della concentrazione: bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:non determinabile.Commistione con reperti di epoca successiva: ele-vata incidenza (materiali di età storica). osservazioni: i materiali sono stati individuati in unterreno arato a circa 70 m a eSe dalla quota 481.Attribuzione cronologica del complessoBronzo antico.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali 1) Bugna circolare (fig. 16,1). Frammento di parete legger-mente convessa con bugna di forma circolare di grandi di-mensioni, alquanto sporgente e sottolineata da una leggerastrozzatura. Impasto medio di colore bruno; superfici liscia-te. Lungh. 5,2; largh. 5,6; spess. 3,1; diam. bugna 4. Cfr Coc-chi Genick 1998, tipo 231; Conti et alii 1993, tav. 2,3; Fran-co 1982, tav. XL, M1-12 (su scodellone); Fugazzola delpino,Pellegrini 1999, tav. XIII,97 (con foro non passante); Persia-ni 1986, tav. 3,11.

All’interno di una elevata concentrazione di mate-riale riferibile ad età storica è stato recuperato 1unico elemento ceramico di età protostorica.

F.R.

23-le coste

DescrizioneArea con frammenti ceramici.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione333150, Gradoli; Lat. 42° 36’ 47” N-Long. 11°50’ 55” e. Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: 438 m s.l.m..Caratteri ambientali: sedimenti di colore bruno-grigio; drenaggi moderni per le acque piovane.Utilizzazione del suolo: agricola.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizioneSBAeM 1993 (scheda 155; G. Cofini).

dimensioni area: 150x170 m.densità della concentrazione: alta.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:non determinabile.Commistione con reperti di epoca successiva: me-dia incidenza (materiali di età storica). osservazioni: i materiali provengono dall’areaposta a circa 200 m in direzione No dalla quota451, ai margini di un ampio campo arato.Attribuzione cronologica del complessoetà del bronzo.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali 1) Bugna conica (fig. 16,2). Frammento di parete con anda-mento rettilineo e con piccola bugna conica applicata. Impa-sto medio di colore bruno chiaro; superfici molto erose. Lun-gh. 4,9; largh. 6,8; spess. 2,8.2) Presa orizzontale (fig. 16,3). Frammento di parete con an-damento rettilineo e piccola presa a lingua orizzontale, conestremità arrotondata. Impasto medio di colore bruno chiaro;superfici molto erose. Lungh. 5,4; largh. 4,9; spess. 2,1.3) Attacco di ansa (fig. 16,4). Frammento di parete con an-damento leggermente convesso e attacco inferiore di ansa anastro. Impasto medio di colore bruno chiaro; superfici li-sciate. Lungh. 4,9; largh. 6,5; spess. 2,5.4) Scodella carenata? (fig. 16,5). Frammento di parete concarena a spigolo molto arrotondato, probabilmente di scodel-la ad orlo rientrante. Impasto medio di colore bruno chiaro;superfici molto erose. Lungh. 4; largh. 5; spess. 1,1.5) Fondo (fig. 16,6). Frammento di fondo semplice con pare-te rettilinea e spigolo interno arrotondato. Impasto grossola-no di colore bruno chiaro; superfici molto erose. Alt. 4,8; lun-gh. 5,5; largh. 5,8; spess. parete 1,2; spess. base 0,8.6) Parete con cordone (fig. 16,7). Frammento di parete conandamento rettilineo e cordone plastico applicato, poco rile-vato e recante impressioni di forma sub-ellittica. Impasto me-dio di colore bruno chiaro; superfici molto erose. Lungh. 4;largh. 4,1; spess. 2,5.7) Parete con cordone (fig. 16,8). Frammento di parete conandamento leggermente convesso e cordone plastico applica-to, poco rilevato e recante impressioni di forma circolare. Im-pasto medio di colore bruno chiaro; superfici molto erose.Lungh. 3,3; largh. 5,2; spess. 1,7.8) Parete con cordone (fig. 16,9). Frammento di parete conandamento rettilineo e cordone plastico applicato, molto rile-vato e recante impressioni irregolari di forma circolare moltoprofonde. Impasto medio di colore bruno scuro; superficimolto erose. Lungh. 3,9; largh. 4,9; spess. 3,1.9) Ansa orizzontale a sezione circolare (fig. 16,10). Ansaorizzontale, mancante di un’estremità, a sezione circolare.Impasto grossolano di colore bruno scuro; superfici moltoerose. Lungh. 6,4; largh. 4,2; spess. 2,7.

del complesso fanno parte numerosi frammenticeramici di epoche diverse, di cui 27 in ceramicad’impasto (6 frammenti di pareti di olle di grandidimensioni con cordoni plastici con impressionidigitali, 3 frammenti di parete con presa orizzon-tale, 3 frammenti di pareti con bugne coniche, 1frammento di parete con attacco di ansa a nastro,

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1 ansa frammentaria a sezione circolare, 1 fondopiatto, 12 frammenti di pareti semplici).

F.R.

24-le coste

DescrizioneArea con industria liticaCartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione333150, Gradoli; Lat. 42° 36’ 34” N-Long. 11°50’ 05” e.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: 428-420 m s.l.m..Caratteri ambientali: sedimenti di colore brunocon frammenti di rocce vulcaniche; è presente uncanale di scolo moderno per le acque piovane.Utilizzazione del suolo: agricola.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizioneSBAeM 1993 (scheda 156; G. Cofini). dimensioni area: 300x260 m.densità della concentrazione: bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:non determinabile.Commistione con reperti di epoca successiva: ele-vata incidenza (materiali di età storica). osservazioni: i materiali sono stati individuati inun terreno arato a circa 400 m a So dalla quota451.Attribuzione cronologica del complessoeneolitico.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali 1) Cuspide foliata (fig. 6,12). Foliato a losanga, frammenta-rio, a sezione sottile biconvessa con peduncolo corto conver-gente appena concavo; ritocco bifacciale coprente. Selce noc-ciola a grana fine; cortice; patina lustra; percussione e pres-sione. Lungh. 1,4; largh. 1,9; spess. 0,4. Cfr Campetti 1993;Martini, di Lernia 1989-90.

Insieme alla cuspide è stata recuperata 1 scheggiain selce con ritocco marginale inverso erto.

L.G., D.M.

25-le coste

DescrizioneArea con industria litica e frammenti ceramici.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione333150, Gradoli; Lat. 42° 36’ 15” N-Long. 11°50’ 13” e.

Dati relativi al suoloConformazione del sito: pendio lieve.Quota: 430-416 m s.l.m..Caratteri ambientali: sedimenti di colore brunocon frammenti di rocce vulcaniche e vegetazionespontanea.Utilizzazione del suolo: agricola.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizioneSBAeM 1993 (scheda 160; G. Cofini). dimensioni area: 300x200 m.densità della concentrazione: alta.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:non determinabile.Commistione con reperti di epoca successiva: me-dia incidenza (materiali di fine VII-prima metà delVI sec. a.C.; III-II sec. a.C.).osservazioni: i materiali sono stati raccolti nellametà Se di un campo parzialmente arato, posto acirca 200 m ad oSo dalla quota 416,1.Attribuzione cronologica del complessoPaleolitico medio; Paleolitico superiore.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali 1) Raschiatoio semplice (Bordes T.9; fig. 6,13). Raschiatoiosemplice dritto su scheggia di grandi dimensioni; ritocco ascaglie scalariforme sul margine destro. Intaccatura prossi-male ritoccata. Selce avana a grana grossa; percussione.diam. 2,2. Cfr Giacopini, Mantero 1995a. datazione: Paleo-litico medio.2) Raschiatoio su ciottolo (Bordes T.62; fig. 6,14). Raschia-toio su piccolo ciottolo, semplice concavo-convesso con ri-tocco a scaglie scalariforme e ritocco subparallelo comple-mentare marginale a scaglie; in posizione distale distacchi bi-facciali. Selce avana a grana media; cortice; patina spessa;percussione. Lungh. 1,65; largh. 2,65; spess. 1. datazione:Paleolitico medio.3) Lamella a dorso (Bordes T.85; fig. 6,15). Frammento pros-simale di lamella a dorso con ritocco bilaterale e assottiglia-mento del bulbo. Selce nocciola a grana fine; patina lustra;percussione. Lungh. 0,7; largh. 1,7; spess. 0,3. Cfr Giacopi-ni, Mantero 1995a. datazione: Paleolitico superiore.4) Strumento composito (Bordes T.64+41; fig. 6,16). Stru-mento multiplo su lama frammentaria mancante dell’estre-mità distale, composto da lama a larga intaccatura diretta sulmargine destro e indiretta a ritocco a scaglie più marginalecorto complementare sinistro; bulino trasversale opposto suintaccatura sul bulbo che è assottigliato. Selce rosata a granafine; percussione. Lungh. 1,7; largh. 3,15; spess. 0,55. data-zione: Paleolitico superiore.

I materiali raccolti sono riferibili ad una frequen-tazione preistorica. La maggiore concentrazionedell’industria litica è riscontrata in alcuni settoridel terreno esplorato caratterizzato da piccoli dos-si e aree di pendio accentuato.

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L’industria litica, diffusa, è costituita da un picco-lo contingente di manufatti che, per quanto esiguonumericamente e riconducibile a due orizzonti di-versi, è interessante per la patina spessa, relativa-mente omogenea, per la patina doppia presente suimanufatti del Paleolitico medio e per la presenzadi 1 cristallo di quarzite delle misure decimetricheche conferma se non lo sfruttamento quantomenola presenza di tale materiale in superficie, presen-za già registrata nelle aree di affioramento di Pog-gi del Mulino.

L.G., D.M.

26-Monte calveglio di latera

DescrizioneArea con frammenti ceramici.CartografiaIGMI F. 136 I No, Valentano; CTR sezione333140, Latera; Lat. 42° 37’ 50” N-Long. 11° 48’37” e.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pendio lieve.Quota: 480 m s.l.m..Caratteri ambientali: ignimbrite leucitica e sedi-menti di colore bruno-grigio; vegetazione sponta-nea di querce e castagni.Utilizzazione del suolo: agricola.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizioneSBAeM 1993 (scheda 100; G. Cofini). dimensioni area: 10x10 m.densità della concentrazione: bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:non determinabile.Commistione con reperti di epoca successiva:nessuna incidenza. osservazioni: i materiali sono stati individuatinell’area posta a circa 420 m in direzione No dal-la cima del Monte Calveglio.Attribuzione cronologica del complessoetà del bronzo.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali 1) Frammento di olla (fig. 16,11). Frammento di olla con orloleggermente everso, quasi a colletto, con estremità arrotondatae accenno di spigolo molto smussato sul lato interno. Impastomedio di colore bruno; superficie esterna erosa, superficie in-terna lisciata. Lungh. 3,3; largh. 5,5; spess. 1,2; diam. 17,4.2) Presa a lingua orizzontale (fig. 16,12). Frammento di pa-rete con presa orizzontale a sezione triangolare, con leggeraimpressione centrale. Impasto medio di colore bruno; super-fici erose. Lungh. 2,5; largh. 6,2; spess. 3,4.

F.R.

27-Poggio Montione

Descrizione Area con frammenti ceramici.CartografiaCTR sezione 333140, Latera; foglio e particellacatastale: 11: 6; coord. X 1730050/Y 4721650.Dati relativi al suoloConformazione del sito: sommità del poggio.Quota: 610-612 m s.l.m..Utilizzazione del suolo: bosco.Visibilità del terreno: mediocre.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.2000 (sito Latera 33; scheda Latera 33; numerocatalogo generale: SI 12/00798456; M. Munzi). dimensioni area: 60x90 m.densità della concentrazione: media.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primaria.Commistione con reperti di epoca successiva:nessuna incidenza. BibliografiaBelardelli et alii 2007, sito 28, p. 301. Attribuzione cronologica del complessoTarda età del bronzo. Collocazione materialiMateriali non raccolti.Insediamento con materiale d’impasto della tardaetà del bronzo collocato sulla sommità della colli-na di Poggio Montione; materiali assegnati allafase iniziale e media del Bronzo medio furono rin-venuti dal Gruppo Archeologico Romano sullependici occidentali.

C.B.

28-Pozzo olpitella

DescrizioneArea con frammenti ceramici.CartografiaIGMI F. 136 I No, Valentano; CTR sezione333140, Latera; Lat. 42° 37’ 15” N-Long. 11° 47’21” e. Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: 458 m s.l.m..Caratteri ambientali: rocce piroclastiche e sedi-menti di colore bruno.Utilizzazione del suolo: agricola, arativa.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizioneSBAeM 1993 (scheda 73; G. Cofini). dimensioni area: 250x60 m.

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densità della concentrazione: materiale isolato.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:non determinabile.Commistione con reperti di epoca successiva:bassa incidenza (materiali di età storica). osservazioni: i materiali provengono da un’area po-sta a circa 200 m in direzione S dalla quota 456,7,presso la zona centrale di un ampio campo arato.Attribuzione cronologica del complessoBronzo antico.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali 1) Ansa a nastro con costolature (fig. 16,13). Nastro ad anel-lo a sezione ellittica con luce ampia, applicato su una pareteleggermente convessa. Sono presenti sul nastro due costola-ture parallele, poco rilevate, con andamento longitudinale.Impasto medio di colore bruno chiaro; superfici lisciate contracce di erosione. Lungh. 7; largh. 7,5; spess. 1,3. Cfr Coc-chi Genick 1986, fig. 85,1 su ansa a gomito e tre costolature;Cocchi Genick 1998, tipo 148B.

F.R.

29-Valle della noce

Descrizione Area con frammenti ceramici e laterizi.CartografiaCTR sezione 333140, Latera; foglio e particellacatastale: 2: 95, 112; coord. X 1730350/Y4723700). Dati relativi al suoloConformazione del sito: poggetto di media pendi-ce collinare sul fianco o del Monte Calveglio diLatera.Quota: 480-485 m s.l.m..Caratteri ambientali: Fosso di Macchia Cedua a50 m ad o e a S.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa;bosco.Visibilità del terreno: ottima.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.2000 (sito Latera 10; scheda Latera 10; numerocatalogo generale: SI 12/00796317; TMA12/00796318; M. Munzi). dimensioni area: 20x20 m.densità della concentrazione: bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primaria.Commistione con reperti di epoca successiva: me-dia incidenza (materiali di età arcaica).Attribuzione cronologica del complessoetà del bronzo.Collocazione materialiMateriali non raccolti.

Frequentazione a bassa intensità dell’area nell’etàdel bronzo: sono state riconosciute 3 pareti d’im-pasto. Forse in età etrusca è presente sul poggettouna piccola abitazione rurale, come indicherebbe-ro la rada presenza di laterizi ed il frammento diun bacino, anch’esso d’impasto.

C.B.

Comune di Marta

30-cornesse

DescrizioneArea con industria litica e frammenti ceramici.CartografiaCTR sezione 344080, Marta; foglio e particellacatastale: 5: 322-47; coord. X 1741420/Y4713035.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: 325-326 m s.l.m..Caratteri ambientali: zona caratterizzata da forma-zioni vulcaniche costituite da alternanza di livelli,spesso sottilissimi, di scorie e proiettili vari lavicie tufacei. Formazioni vulcaniche costituite da al-ternanze di lenti, strati e livelli più o meno com-patti di marne, limi e sabbie con prevalenti ele-menti vulcanici (pomici e lapilli) di dimensioniassai variabili fino a ceneri finissime e livelli deiprodotti di alterazione delle facies periferiche divarie formazioni piroclastiche (Pliocene-Pleisto-cene). Presenti piroclastici da lancio, prodotti pre-valentemente incoerenti costituiti da livelli lapil-loso-sabbiosi e cineritici. Terreni asciutti.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa; frut-teti.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.2002 (sito Marta 1; scheda Marta 1; numero cata-logo generale: SI 12/00852013; B. Badei).dimensioni area: 30x100 m.densità della concentrazione: medio-alta.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primaria.Commistione con reperti di epoca successiva:bassa incidenza (materiali di età romana).osservazioni: distante circa 300 m dalla spondameridionale del Lago di Bolsena.Attribuzione cronologica del complessoPost Paleolitico; età protostorica.Collocazione materialiMateriali non raccolti.

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Il sito è caratterizzato dalla presenza di industrialitica e frammenti ceramici piuttosto concentrati:tra l’industria litica rinvenuta si evidenziano:schegge ritoccate, 1 incavo su segmento di lama,1 grattatoio corto, 1 nucleo a lame. Presenti inol-tre molti frammenti di ceramica d’impasto di etàprotostorica fra cui è stata riconosciuta 1 paretecon bugna di piccole dimensioni.

C.B., S.V.

31-cornossa

DescrizioneArea con industria litica.CartografiaIGMI F. 136 I Se, Capodimonte/137 IV So Mon-tefiascone; CTR sezione 344080, Marta; foglio eparticella catastale: 5: 277.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: 307-310 m s.l.m..Caratteri ambientali: settore rettilineo di spiaggiaantistante l’Isola Martana, presso la sponda meri-dionale del Lago di Bolsena, con deboli alture re-trostanti. L’area, circoscritta dal promontorio diCornossa ad o e dai rilievi di Casale Marcello eForcinella ad e, risulta influenzata direttamentedal bacino idrico e dall’incile dell’emissario Mar-ta. Sono presenti deboli solcature di fossi a carat-tere stagionale, perpendicolari alla spiaggia eprovenienti dalle alture retrostanti. L’intera zonaappare influenzata dai meccanismi di deposizioneoperati dal deflusso delle acque verso il fiume e,probabilmente, in antico dalla situazione inversa,condizionati dalla presenza del promontorio diCapodimonte. Visibili deboli apporti alluvionaliprovenienti dalle colline e dal dilavamento deisuoli dei campi soggetti ad aratura. La spiaggia diCornossa è costituita da apporti alluvionali di ori-gine fluvio-lacustre, impostati sulla serie delle pi-roclastiti e delle deiezioni del cratere di Lagac-cione e sui nuclei compatti delle colate leuciti-che-leucititiche rappresentati dal promontorio diCornossa. L’arenile è costituito da livelli di sabbie e ghiaievulcaniche a tessitura medio-grossa, accentuatapresenza di ejecta. La variazione sedimentologicaapprezzabile localmente nelle piccole sezioni pre-senti sui gradini morfologici del lago denotano icaratteri della variabilità del sistema fluvio-lacu-stre, oscillazioni del livello del lago, differenzia-zioni della portata e mutamenti del verso e delcorso del Marta, apporti della rete locale idrica su-perficiale soggetti a mutamenti anche a carattere

stagionale. Indice di pietrosità medio-alto. Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Martanum 1993. dimensioni area: 5.000 m2.densità della concentrazione: alta.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:secondaria.Commistione con reperti di epoca successiva:nessuna incidenza. BibliografiaGiacopini, Mantero 1995a.Attribuzione cronologica del complessoPaleolitico medio; Paleolitico superiore (epigra-vettiano finale).Collocazione materialiMarta (VT)-Biblioteca Civica.Catalogo analitico dei materiali 1) Intaccatura (fig. 7,1). Strumento su scheggia. diaspro;percussione. Lungh. 2,5; largh. 4,0; spess. 0,55. datazione:Paleolitico medio.2) Grattatoio semplice concavo (fig. 7,2). Strumento suscheggia. Selce bruna a grana media; percussione. Lungh.3,4; largh. 5,8; spess. 1,1. datazione: Paleolitico medio.3) Grattatoio su estremità di lama (Bordes T.1; fig. 7,3). Sel-ce grigia zonata a grana grossa; percussione. Lungh. 1,4; lar-gh. 2,35; spess. 0,75. datazione: epigravettiano finale.4) Grattatoio su estremità di lama (Bordes T.1; fig. 7,4). Sel-ce beige zonata a grana fine; percussione. Lungh. 2,1; largh.4,15; spess. 0,8. datazione: epigravettiano finale.5) Grattatoio su estremità di lama (Bordes T.1; fig. 7,5).Tracce di ritocco diretto su un lato ed inverso sul lato oppo-sto. Selce beige a grana fine; percussione. Lungh. 1,55; lar-gh. 3,2; spess. 0,75. datazione: epigravettiano finale.6) Grattatoio doppio (Bordes T.2; fig. 7,6). Strumento su la-ma ritoccata su entrambi i lati (tipo aurignaziano). Selce bei-ge a grana fine; percussione. Lungh. 1,65; largh. 2,5; spess.1. datazione: epigravettiano finale.7) Grattatoio su estremità di lama (Bordes T.1; fig. 7,7).Strumento su lama corta. Selce bianca a grana fine; percus-sione. Lungh. 2,2; largh. 2,9; spess. 1. datazione: epigravet-tiano finale.8) Raschiatoio su estremità di lama (Bordes T.1; fig. 7,8).Tracce di assottigliamento del bulbo. Selce avana a granagrossa; percussione. Lungh. 1,6; largh. 2,8; spess. 0,7. data-zione: epigravettiano finale.9) Grattatoio su estremità di lama (Bordes T.1; fig. 7,9). Ilfronte è obliquo rispetto all’asse del supporto (lama). Selcebeige a grana fine; percussione. Lungh. 2,0; largh. 3,3; spess.0,9. datazione: epigravettiano finale.10) Grattatoio doppio (Bordes T.2; fig. 7,10). Su lama spes-sa ritoccata. Selce bionda a grana fine; percussione. Lungh.1,45; largh. 2,2; spess. 0,8. datazione: epigravettiano finale.11) Grattatoio su scheggia (Bordes T.3, fig. 7,11). diaspro;grana fine; percussione. diam. 2,95; spess. 0,9. datazione:epigravettiano finale.12) Grattatoio su scheggia (Bordes T.3; fig. 7,12). Su calot-ta. Selce grigia a grana grossa; percussione. diam. 3,5; spess.1. datazione: epigravettiano finale.13) Grattatoio su scheggia (Bordes T.3; fig. 7,13). Su calot-

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ta, tendente al tipo carenato. Selce beige a grana media; per-cussione. diam. 2,7; spess. 1,1. datazione: epigravettiano fi-nale. 14) Grattatoio su scheggia (Bordes T.3; fig. 7,14). Il gratta-toio è stato ricavato probabilmente su un nucleo. Selce beigea grana media; patina doppia; percussione. diam. 2,08; spess.1,3. datazione: epigravettiano finale.15) Grattatoio su piccola scheggia (Bordes T.5 bis; fig.7,15). Su scheggia corticale. Selce verde zonata a grana gros-sa; percussione. diam. 2,2. datazione: epigravettiano finale.16) Grattatoio su piccola scheggia (Bordes T.5 bis; fig.7,16). Selce grigia zonata a grana grossa; percussione. diam.2,2. datazione: epigravettiano finale.17) Grattatoio su piccola scheggia (Bordes T.5 bis; fig.7,17). Su scheggia corticale. Selce grigia zonata a grana fine;percussione. diam. 2,15. datazione: epigravettiano finale.18) Grattatoio su piccola scheggia (Bordes T.5 bis; fig.7,18). Su scheggia corticale. Selce marrone a grana grossa;patina spessa; percussione. diam. 2,2. datazione: epigravet-tiano finale.19) Grattatoio su piccola scheggia (Bordes T.5 bis; fig.7,19). Selce bianca a grana grossa; percussione. diam. 1,8.datazione: epigravettiano finale.20) Grattatoio su piccola scheggia (Bordes T.5 bis; fig.7,20). Selce verde e rossa zonata a grana fine; percussione.diam. 2,2. datazione: epigravettiano finale.21) Grattatoio su piccola scheggia (Bordes T.5 bis; fig.7,21). Selce nocciola a grana media; percussione. diam.2,18. datazione: epigravettiano finale.22) Grattatoio su piccola scheggia (Bordes T.5 bis; fig.7,22). Selce beige zonata nera a grana fine; patina spessa;percussione. diam. 2,35. datazione: epigravettiano finale.23) Grattatoio su piccola scheggia (Bordes T.5 bis; fig.7,23). Selce beige a grana grossa, percussione. diam. 2,45.datazione: epigravettiano finale.24) Grattatoio su piccola scheggia (Bordes T.5 bis; fig.7,24). Selce beige a grana grossa; percussione. diam. 2,15.datazione: epigravettiano finale.25) Grattatoio su piccola scheggia (Bordes T.5 bis; fig.7,25). Selce marrone a grana fine; tracce di cortice; percus-sione. diam. 2. datazione: epigravettiano finale.26) Grattatoio su piccola scheggia (Bordes T.5 bis; fig.7,26). Selce marrone a grana fine; percussione. diam. 2,4;spess. 0,6. datazione: epigravettiano finale.27) Grattatoio su piccola scheggia (Bordes T.5 bis; fig.7,27). Selce verde a grana fine; percussione. diam. 1,8;spess. 0,5. datazione: epigravettiano finale. 28) Grattatoio su piccola scheggia (Bordes T.5 bis; fig.7,28). Il grattatoio è ottenuto su una scheggia spessa che po-trebbe risultare di ravvivamento di un nucleo esaurito. Selcegrigia zonata a grana media; percussione. diam. 1,85; spess.0,95. datazione: epigravettiano finale.29) Grattatoio su piccola scheggia (Bordes T.5 bis; fig.7,29). Selce marrone a grana fine; percussione. diam. 2,2;spess. 0,85. datazione: epigravettiano finale.30) Grattatoio su piccola scheggia (Bordes T.5 bis; fig.7,30). Selce beige a grana fine; tracce di cortice; percussione.diam. 2,4; spess. 0,8. datazione: epigravettiano finale.31) Grattatoio su piccola scheggia (Bordes T.5 bis; fig. 8,1).Strumento su scheggia laminare. Selce nera; percussione.diam. 2,7; spess. 0,8. datazione: epigravettiano finale. 32) Grattatoio su piccola scheggia (Bordes T.5 bis; fig.8,2). Il fronte è caratterizzato da una intaccatura che ne de-termina un andamento sinuoso. Selce avana a grana grossa;percussione. diam. 2,2; spess. 0,6. datazione: epigravettia-no finale.

33) Grattatoio unguiforme (Bordes T.6; fig. 8,3). Calcare sel-cifero; percussione. Lungh. 2; largh. 2,5; spess. 0,8. datazio-ne: epigravettiano finale. 34) Grattatoio unguiforme (Bordes T.6; fig. 8,4). Ritoccocomplementare su un lato. Selce nera a grana grossa; percus-sione. Lungh. 3; largh. 3,9; spess. 0,75. datazione: epigra-vettiano finale.35) Grattatoio unguiforme (Bordes T.6; fig. 8,5). Ritoccocomplementare sui due lati. Selce beige a grana grossa; pre-senza di cortice; percussione. Lungh. 2,8; largh. 3,2; spess.0,9. datazione: epigravettiano finale. 36) Grattatoio unguiforme (Bordes T.6; fig. 8,6). Intaccaturainversa mesiale sotto il fronte. Selce marrone a grana fine;percussione. Lungh. 1,9; largh. 1,9; spess. 0,6. datazione:epigravettiano finale. 37) Grattatoio unguiforme (Bordes T.6; fig. 8,7). Strumentosu piccola scheggia. Selce grigia a grana fine con inclusi;tracce di cortice; percussione. Lungh. 1,8; largh. 1,7; spess.0,7. datazione: epigravettiano finale. 38) Grattatoio triangolare (Bordes T.8; fig. 8,8). Selce mar-rone a grana fine; percussione. Lungh. 2,6; largh. 2,7; spess.0,8. datazione: epigravettiano finale. 39) Grattatoio triangolare (Bordes T.8; fig. 8,9). Selce avanaa grana fine; percussione. Lungh. 1,55; largh. 3,3; spess.0,55. datazione: epigravettiano finale.40) Grattatoio su lama ritoccata (Bordes T.9; fig. 8,10). Sel-ce rossa a grana media; percussione. Lungh. 2; largh. 3;spess. 0,78. datazione: epigravettiano finale. 41) Grattatoio su lama ritoccata (Bordes T.9; fig. 8,11). Ri-tocco complementare sui due lati; mancante dell’estremitàprossimale. Selce marrone a grana grossa; percussione.Lungh 1,8; largh. 2,8; spess. 0,8. datazione: epigravettianofinale.42) Grattatoio su lama ritoccata (Bordes T.9; fig. 8,12). Ri-tocco complementare sui due lati; mancante dell’estremitàprossimale. Selce nera a grana grossa; percussione. Lungh1,7; largh. 4,1; spess. 0,9. datazione: epigravettiano finale.43) Frammento di grattatoio (Bordes T.10 bis; fig. 8,13).Fronte di grattatoio su lama ritoccata. diaspro; percussione.Lungh. ,7; largh. 4,1; spess. 0,9. datazione: epigravettianofinale. 44) Frammento di grattatoio (Bordes T.10 bis; fig. 8,14).Fronte di grattatoio. Selce zonata a grana fine; patina spessa;percussione. Lungh. 1,8; largh. 1,7; spess. 0,6. datazione:epigravettiano finale. 45) Frammento di grattatoio (Bordes T.10 bis; fig. 8,15).Fronte di grattatoio su lama ritoccata. Selce avana a grana fi-ne; percussione. Lungh 2,4; largh. 2,0; spess. 0,95. datazio-ne: epigravettiano finale. 46) Grattatoio-bulino (Bordes T.17; fig. 8,16). Lo strumentoè composto da un grattatoio su scheggia (Bordes T.3) e da unbulino diedro d’asse (Bordes T.30). Selce avana zonata a gra-na media; percussione. diam. 3,05; spess. 0,9. datazione:epigravettiano finale. 47) Grattatoio-troncatura (Bordes T.18; fig. 8,17). Lo stru-mento è composto da un grattatoio su piccola scheggia corti-cale (Borde T.5 bis) e da una troncatura normale (BordesT.57). Selce avana a grana grossa; percussione. Lungh. 1,55;largh. 2,05; spess. 0,55. datazione: epigravettiano finale. 48) Punteruolo-grattatoio (Bordes T.21; fig. 8,18). Strumen-to doppio composto da un grattatoio a spalla piatto e da unpunteruolo su estremità distale (Bordes T.16+23). Selce agrana fine; percussione. Lungh. 1,55; largh. 2,05; spess. 0,55.datazione: epigravettiano finale.49) Punteruolo-grattatoio (Bordes T.21; fig. 8,19). Strumen-to composto da una spina (Bordes T.28) su fronte di gratta-

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toio e da un grattatoio su lamella ritoccata (Bordes T.9). Sel-ce avana a grana fine; percussione. Lungh. 1,3; largh. 1,9;spess. 0,6. datazione: epigravettiano finale.50) Micropunteruolo (Bordes T.24; fig. 8,20). Strumento sulamella. Selce avana a grana fine; percussione. Lungh. 0,9;largh. 2,55; spess. 0,45. datazione: epigravettiano finale.51) Micropunteruolo (Bordes T.24; fig. 8,21). Strumento sulamella. Selce grigia zonata marrone a grana fine; percussio-ne. Lungh. 1; largh. 3,45; spess. 0,4. datazione: epigravet-tiano finale.52) Micropunteruolo (Bordes T.24; fig. 8,22). Strumentoframmentario, mancante dell’estremità distale. Selce marro-ne a grana fine con inclusi; percussione. Lungh. 1,3; largh.2,5; spess. 0,7. datazione: epigravettiano finale.53) Lamella (Bordes T.82; fig. 8,23). Frammento distale dilamella a doppio cran. Selce marrone a grana grossa; percus-sione. Lungh. 1,2; largh. 2,05; spess. 0,35. datazione: epi-gravettiano finale.54) Punteruolo-grattatoio (Bordes T.21; fig. 8,24). Raschia-toio su estremità di lama opposto ad una punta, prodotta daritocco ripido su un lato e intaccatura e ritocco ripido sull’al-tro. Selce bianca zonata a grana fine; percussione. Lungh.1,5; largh. 2,9; spess. 0,7. datazione: epigravettiano finale.55) Punteruolo (Bordes T.23; fig. 8,25). Punteruolo distale;tracce di ritocco complementare su un lato. Selce bianca zo-nata a grana media; percussione. Lungh. 1,5; largh. 3,2;spess. 0,6. datazione: epigravettiano finale.56) Punteruolo (Bordes T.23; fig. 8,26). Punteruolo su lama,ritocco diretto su un lato e parziale distale sull’altro a forma-re la punta. Selce beige zonata a grana fine; percussione.Lungh. 1,6; largh. 3,1; spess. 0,55. datazione: epigravettianofinale.57) Bulino diedro multiplo (Bordes T.36; fig. 8,27). Selcebeige a grana fine; percussione. Lungh. 2,7; largh. 2,8; spess.1,4. datazione: epigravettiano finale.58) Lamella a dorso appuntita (Bordes T.84; fig. 8,28). La-mella frammentaria a dorso appuntita prossimale; dorso suun lato e ritocco inverso a formare la punta; intaccatura me-siale destra. Selce marrone a grana media; percussione.Lungh. 0,7; largh. 2,5; spess. 0,35. datazione: epigravettianofinale.59) Nucleo prismatico ad un piano di percussione (BordesT.1; fig. 8,29). Selce avana; percussione. diam. 2,7. datazio-ne: Paleolitico superiore.

Nel complesso sono state evidenziate almeno duedistinte componenti culturali attribuibili al Paleo-litico medio e ad una fase finale del Paleolitico su-periore. Il gruppo più antico, cioè del Paleolitico medio, ècostituito da 35 manufatti che presentano una di-screta percentuale di elementi diagnostici, qualiraschiatoi laterali semplici. È ben attestato il ri-tocco a scaglie scalariforme; osservabile ancheuna certa variabilità tipologica dell’industria conmanufatti levallois, tecnica ben rappresentata, enuclei a stacchi preferenziali. e’ presente un solobifacciale a ritocco parziale ricavato da selce di ti-po “locale”, mentre schegge a tallone faccettato eun elevato numero di strumenti con intaccaturacompletano il quadro complessivo. Il complesso riferibile al Paleolitico superiore

(epigravettiano finale) costituisce il gruppo nu-mericamente più consistente. L’analisi tipologicarealizzata su un campione di 265 manufatti deno-ta il carattere omogeneo del complesso. dal punto di vista tecnico, l’industria è realizzatasu selce e diaspro provenienti dalla vicina dorsalecalcarea mesozoica del Monte Canino e/o dal ba-cino idrografico del Fiume Fiora, e sembra rive-stire un ruolo importante anche l’impiego di ejec-ta. L’osservazione delle superfici rivela che laquasi totalità del materiale presenta patine pocospesse, prodotte da una attività abrasiva operatada sollecitazioni meccaniche relative allo sfrega-mento della sabbia vulcanica. Il numero elevatissimo di nuclei presenti mostrauna tipologia varia, in cui predominano i tipi pri-smatici ad uno o più piani di percussione. I grat-tatoi rappresentano il 37% del totale degli stru-menti; fra essi predominanti sono quelli frontalicorti rispetto ai lunghi con una prevalenza, quin-di, dei tipi su scheggia e soprattutto su piccolascheggia (49% sul totale di questa classe di stru-menti). Il ritocco sopraelevato ripido, caratteri-stico di un forte ravvivamento del fronte, è pre-sente sulla quasi totalità dei grattatoi subdiscoi-dali. Gli strumenti doppi, in tutto 5, sono costi-tuiti da 3 punteruoli-grattatoio, 1 grattatoio-buli-no e 1 grattatoio-troncatura. I punteruoli e i mi-cropunteruoli rappresentano il 7,3%; tra questi èconsiderata anche una spina. I bulini sembranorivestire un’importanza di gran lunga minore(3,6%) rispetto alla classe di grattatoi. Si tratta dibulini diedri sia d’angolo sia multipli, seguiti daisemplici d’angolo, sia su troncatura che su frat-tura. Scarsamente rappresentati i microliti geo-metrici (2,2%) di cui 4 sono trapezi e un seg-mento di cerchio; ugualmente esigui gli strumen-ti a dorso, lamelle e frammenti (6,4%). Sono pre-senti, inoltre, 2 punte a cran. Le troncature costi-tuiscono il 5,5% del totale e, tendenzialmente,sono rappresentate da lame con troncatura nor-male (4,5%), talvolta concava.Le lame ritoccate e i frammenti (12%) rappresen-tano la classe di strumenti più rappresentata subi-to dopo i grattatoi.Tra le intaccature predominano le lame con intac-catura prossimale o distale (3,6%), seguite dallelamelle (1,3%); 3 punte sono del tipo “areniano”.Tra i varied tools sono presenti strumenti con in-taccatura e denticolati; nell’insieme dei microlitigeometrici, numericamente scarsi, sono rappre-sentati i trapezi e i segmenti di cerchio; rari i mi-crobulini; ugualmente gli strumenti a dorso, la-

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melle e frammenti, non appaiono frequenti, cosìcome i cran e i dorsi troncati, sempre in relazionealla totalità degli strumenti; gli strumenti a dorsobilaterale, anche se in quantità modeste, sono rap-presentati come in tutti i giacimenti epigravettianidella costa tirrenica.Per quanto finora osservato nel complesso di Cor-nossa, le caratteristiche tipologiche dell’industriapossono essere così riassunte: a) abbondanza delgruppo di grattatoi con predominanza dei tipi cor-ti sui lunghi (presenza di grattatoi subcircolari;rapporto b/g inferiore all’unità); b) scarsa presen-za dei bulini, con forte presenza dei tipi nucleifor-mi; c) presenza di strumenti a dorso bilaterale; d)presenza dei microliti geometrici, quali i trapezi ei segmenti di cerchio; e) industria generalmente dimedie dimensioni.Tali caratteristiche tipologiche permettono di in-quadrare il complesso di Cornossa in una fase del-l’epigravettiano finale posteriore ai 14000 anniBP, quindi, nella successione delle sottofasi indu-striali, all’epigravettiano finale della zona mediotirrenica (sottofase 2). La mancanza di dati paleoecologici non permet-te di colmare la lacuna presentata dai dati di ca-rattere culturale, benché si suggerisca una possi-bile attribuzione del complesso litico in esamealla fine del dryas II-interstadio Allerød, 12000anni BP.

L.G., D.M.

Comune di Montalto di Castro

32-Breccietello

DescrizioneArea con industria litica.CartografiaIGMI F. 136 III Se, Montalto di Castro; CTR se-zione 353040, Montalto di Castro.Dati relativi al suoloConformazione del sito: con questo toponimo sonostati indicati tre siti diversi. due di essi sono loca-lizzati rispettivamente sulle pendici settentrionali diun’altura che si affaccia sul Fiora e sulla sommitàdi un terrazzo del Fiora, lontano dal ciglio (nn. 52 e53 di Asor Rosa et alii 1995). Il terzo punto di rin-venimento appare in posizione analoga al prece-dente (n. 51 di Asor Rosa et alii 1995). Caratteri ambientali: altura e terrazzo prossimi al-la valle del Fiume Fiora.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione G. F.

Pocobelli 1991.BibliografiaAsor Rosa et alii 1995; Belardelli et alii 2007, si-to 229, p. 302.Attribuzione cronologica del complessoPost Paleolitico.Collocazione dei materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali 1) Nucleo (fig. 9,3). Nucleo a piani di percussione ortogona-li (distacchi 5:4), integro, parzialmente corticato. Selce rossa;percussione; patina (usura). Lungh. 2,4; largh. 2,1; spess. 1,6.

Piccolo insieme litico, consistente in 5 manufatti,proveniente da tre punti di rinvenimento sulla si-nistra del Fiume Fiora.

S.V.

33-campomorto

DescrizioneManufatto litico isolato.CartografiaIGMI F. 136 III Se, Montalto di Castro; CTR se-zione 353040, Montalto di Castro.Dati relativi al suoloCaratteri ambientali: Torrente Arrone in prossi-mità. Condizioni di rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione G. F.Pocobelli 1991.Attribuzione cronologica del complessoPost Paleolitico.Collocazione dei materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali1) Incavo (fig. 9,1). Intaccatura ritoccata inversa su scheggiadi ravvivamento, integra, tallone a faccette (8x4,6 mm), cor-tice residuo. L’encoche è ampia e profonda, inversa, ed inte-ressa la metà distale del margine sinistro. Il ritocco è ripido,abbastanza profondo, ad andamento leggermente denticolato.Alcune denticolature dirette lungo il margine destro possonoessere effetto della giacitura. Calcare marnoso; patina (usu-ra); percussione. Lungh. 3,1; largh. 2,2; spess. 0,6.

S.V.

34-casale camposcala

DescrizioneManufatto litico isolato.CartografiaIGMI F. 136 III Se, Montalto di Castro; CTR se-zione 353040, Montalto di Castro.Condizioni di rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione G. F.Pocobelli 1991.BibliografiaBelardelli et alii 2007, sito 224, p. 303.

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Attribuzione cronologica del complessoPost Paleolitico. Collocazione dei materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.

Manufatto isolato costituito da un pièce esquillé(un lato monofacciale; integro) su ciottolo di cal-care marnoso rosso.

S.V.

35-cava del gesso, Fontanile del Ferro

DescrizioneArea con industria litica.CartografiaIGMI F. 136 III Se, Montalto di Castro; CTR se-zione 353040, Montalto di Castro.Dati relativi al suoloCaratteri ambientali: Fosso del Ferro in prossi-mità.Condizioni di rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione G. F.Pocobelli 1991.BibliografiaAsor Rosa et alii 1995, sito 60 (?), p. 182.Attribuzione cronologica del complessoPost Paleolitico. Collocazione dei materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali1) Perforatore (fig. 9,2). Punteruolo su geometrico (trape-zio su lama, non microlitico), integro, tallone assente, privodi cortice. Il perforatore è d’angolo prossimale sinistro (sul-la base dell’orientamento della lama), robusto e ben eviden-ziato, ed è ottenuto con ritocco bilaterale soprelevatoprofondo. I lati corti del trapezio (margini trasversali dellalama: distale convesso e prossimale diritto) sono costituitida due troncature ottenute con ritocco diretto soprelevatoprofondo, su quella prossimale tendente al subparallelo. Lebasi del trapezio (margini laterali della lama supporto) sonointeressate da ritocco alterno: inverso sul destro leggermen-te concavo, diretto sul sinistro diritto-convesso. Il ritocco èsoprelevato profondo, sul sinistro tendente al ripido. Calca-re marnoso; patina (usura); percussione. Lungh. 2,73; largh.1,7; spess. 0,7.

da due punti di raccolta sulla sinistra del FiumeFiora provengono: 1 scheggia frammentaria diselce e il perforatore sopra presentato che costitui-sce un unicum. In loc. Il Ferro è stata rinvenutainoltre 1 lamella con troncatura inversa di ossidia-na (Asor Rosa et alii 1995, p. 182).

S.V.

36-Fontanile Secco

Descrizione

Area con industria litica.CartografiaIGMI F. 136 III Se, Montalto di Castro; CTR se-zione 353040, Montalto di Castro.Condizioni di rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione G. F.Pocobelli 1991.Attribuzione cronologica del complessoPost Paleolitico. Collocazione dei materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.

Piccolo insieme litico proveniente da cinque pun-ti di rinvenimento prossimi al centro abitato diMontalto di Castro, sulla sinistra del Fiume Fiora.L’industria è costituita da 4 manufatti in ossidiana(2 lamelle, 1 piccola scheggia e 1 bâtonnet) e da 1lamella in calcare marnoso.

S.V.

37-I cretoni

DescrizioneManufatto litico isolato.CartografiaIGMI F. 136 III Se, Montalto di Castro; CTR se-zione 353040, Montalto di Castro.Condizioni di rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione G. F.Pocobelli 1991.Attribuzione cronologica del complessoPaleolitico; post Paleolitico.Collocazione dei materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.

Scheggia riflessa a dorso naturale di calcare mar-noso raccolta a poca distanza dalle aree di rinve-nimento di Cava del Gesso, Fontanile del Ferro(cfr supra, scheda n. 35).

S.V.

38-Incolti

DescrizioneArea con industria litica.CartografiaIGMI F. 136 III Se, Montalto di Castro; CTR se-zione 353040, Montalto di Castro.Condizioni di rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione G. F.Pocobelli 1991.BibliografiaAsor Rosa et alii 1995.Attribuzione cronologica del complessoPost Paleolitico.

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Collocazione dei materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.

Piccolo insieme litico costituito da due punti diraccolta sulla destra del Fiume Fiora. L’industria ècostituita da 1 frammento distale di lamella di sel-ce e da 1 pièce esquillé (un lato bifacciale; inte-gro) di calcare marnoso. Quest’ultimo è interessa-to da un ritocco minuto marginale inverso lungo ilmargine destro. dalla stessa località risulta prove-nire 1 punta di freccia peduncolata assegnata al-l’eneolitico e reperti in ossidiana (Asor Rosa etalii 1995, pp. 179 e 182).

S.V.

39-Pietromassa

DescrizioneManufatto litico isolato.CartografiaIGMI F. 136 III Se, Montalto di Castro; CTR se-zione 353040, Montalto di Castro.Dati relativi al suoloCaratteri ambientali: Fiume Fiora in prossimità.Condizioni di rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione G. F.Pocobelli 1991.Attribuzione cronologica del complessoPost Paleolitico.Collocazione dei materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.

Rinvenimento isolato di 1 pièce esquillé (due latibifacciale), integro, in selce.

S.V.

40-Sughereto

DescrizioneArea con industria litica.CartografiaIGMI F. 136 III Se, Montalto di Castro; CTR se-zione 353040, Montalto di Castro.Condizioni di rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione G. F.Pocobelli 1991.Attribuzione cronologica del complessoPost Paleolitico.Collocazione dei materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali1) Intaccatura. Su lamella utilizzata, frammentaria alle estre-mità. L’incavo, ampio e profondo, è nella parte mediano-di-stale del margine destro ed è ottenuto mediante ritocco ripi-do, diretto. Lungo il margine sinistro (convesso) sono visibi-

li tracce di utilizzazione dirette, denticolate. Selce; percus-sione e pressione (?). Lungh. 2,7r; largh. 1,2; spess. 0,43.

Piccolo insieme litico nell’area dei punti di raccol-ta di Arcipretura e Fontanile Secco, sulla sinistradel Fiume Fiora, costituito da 1 piccola scheggia diossidiana, da 1 scheggia di calcare marnoso patina-ta (usura) e da 1 strumento (lamella intaccata).

S.V.

41-tenuta giovanna

DescrizioneManufatto litico isolato.CartografiaIGMI F. 136 III Se, Montalto di Castro; CTR se-zione 353040, Montalto di Castro.Condizioni di rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione G. F.Pocobelli 1991.BibliografiaAsor Rosa et alii 1995, sito 50, p. 182.Attribuzione cronologica del complessoPaleolitico; post Paleolitico.Collocazione dei materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali1) Perforatore atipico (fig. 9,5). Becco su raschiatoio sem-plice convesso, integro, tallone liscio su distacco (9,7x2,5mm), parzialmente inclinato sulla faccia inferiore, privo dicortice. Il becco, robusto, è ottenuto mediante distacco da unaparte (destra) e ritocco del raschiatoio dall’altra (sinistra) cheformano due lievi inflessioni che evidenziano lo strumentoposto all’estremità distale della scheggia. Il raschiatoio (mar-gine sinistro) ha ritocco diretto, soprelevato profondo, par-zialmente scalariforme. Calcare marnoso; patina (usura); per-cussione. Lungh. 3,46; largh. 1,84; spess. 0,95.

Al toponimo Tenuta Giovanna è attribuito 1 ra-schiatoio riferito ipoteticamente al Paleolitico in-feriore (Asor Rosa et alii 1995, sito 50, p. 182, fig.2A,20), qui invece inserito tra i reperti di Breccie-tello (cfr supra, scheda n. 32), la cui sigla compa-re infatti su quel reperto.

S.V.

Comune di Onano

42-Banditella

DescrizioneArea con industria litica.CartografiaCTR sezione 333060, onano.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Aulanum.

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Attribuzione cronologica del complesso.età protostorica.Collocazione materialionano (VT) - Sede del Gruppo Archeologico Au-lanum.Catalogo analitico dei materiali 1) Strumento multiplo (fig. 9,10). Intaccatura+raschiatoio, inte-gro, privo di cortice, tallone lineare. L’incavo, ritoccato diretto,è ampio e non molto profondo, si apre sulla parte distale delmargine destro ed è ottenuto con ritocco ripido. Il raschiatoiosemplice concavo (ritocco diretto, irregolarmente profondo, so-prelevato) interessa il margine sinistro. Patina (usura); calcaremarnoso; percussione. Lungh. 2,2; largh. 2,3; spess. 0,85.2) Nucleo misto (fig. 9,11). Nucleo misto (ultima fase di utiliz-zazione) con 3 facce utilizzate: 2 a distacchi unipolari (rispet-tivamente 4 e 3) e 1 a distacchi perpendicolari (2:1). Un mar-gine appare riutilizzato (ritocco soprelevato scalariforme). Pri-vo di cortice; calcare marnoso uguale al materiale di unascheggia ritoccata tipo Kombewa non pubblicata; percussione.Lungh. 4,3; largh. 3; spess. 2.3) Perforatore (fig. 9,7). Punteruolo su lamella riflessa, fram-mentario (parte laterale e distale), cortice presente, tallone rot-to. Il punteruolo è ottenuto mediante ritocco bilaterale diretto,misto (ripido di diversa profondità). Patina (usura); calcaremarnoso; percussione. Lungh. 1,35; largh. 1,4r; spess. 0,34.4) Lamella a dorso abbattuto (fig. 9,8). Lamella a dorso ab-battuto curvo, frammentaria (parte mediana e prossimale), pri-va di cortice, tallone rotto. Il dorso è parziale sinistro ed è ot-tenuto mediante ritocco diretto misto, ripido poco profondo(distale) e sottile sul resto, ad andamento leggermente dentico-lato. Lungo il margine opposto (destro, concavo) sono visibilitracce di utilizzazione diretta. Patina (usura); calcare marnoso;percussione. Lungh. 1,55r; largh. 1,04; spess. 0,24.5) Lamella a dorso abbattuto e troncatura (fig. 9,6). Lamellaa dorso abbattuto parziale (parte prossimale del margine de-stro) e troncatura (distale, concava, perpendicolare all’asse delsupporto, diretta), frammentaria (prossimale), priva di cortice,tallone assente (asportato?). Il ritocco del dorso è diretto, ripi-do, poco profondo; sul resto del margine è visibile invece unritocco inverso subparallelo; quello della troncatura è ripidoprofondo. L’uso ha formato una microintaccatura diretta nellaparte mediana del margine sinistro. Patina (usura); selce; per-cussione. Lungh. 1,7r; largh. 1,06; spess. 0,27. 6) Microlamella (o punta) a dorso abbattuto (fig. 9,9). Micro-lamella (o punta) a dorso abbattuto (destro, rettilineo), fram-mentaria (parte mediana e prossimale), priva di cortice, talloneassente. Il dorso è ottenuto mediante ritocco inverso, ripidoprofondo. Lungo il margine sinistro sono visibili tracce di uti-lizzazione alternanti. Calcare marnoso; pressione. Lungh.1,46r; largh. 0,57; spess. 0,3.

Insieme litico significativo costituito da 29 manu-fatti in calcare marnoso e selce cui si aggiungono:5 pezzi di calcare marnoso (2 neri, 2 rossi, 1 gri-gio) e 1 pezzo di selce non lavorati. L’insieme ècomposto da: 1 nucleo (n. 2 del catalogo), 14 ele-menti di débitage e 14 strumenti. I manufatti nonritoccati comprendono: 6 schegge, 5 débris, 1 bâ-tonnet e 2 lamelle.Gli strumenti sono costituiti da: 5 lamelle e 1 mi-crolamella a dorso abbattuto (nn. 4-6 del catalogo),3 perforatori (n. 3 del catalogo), 1 raschiatoio a ri-

tocco profondo misto soprelevato e ripido, 1 scheg-gia a ritocco marginale inverso, 1 manufatto multi-plo (intaccatura ritoccata diretta destra+raschiatoiosemplice concavo sinistro), 1 bulino doppio su la-mella a cresta e 1 troncatura distale inversa rettili-nea, obliqua rispetto all’asse del supporto.Gli strumenti sono costituiti prevalentemente(42,86% del totale) da lamelle a dorso abbattuto,di diversa tipologia: si segnala infatti 1 manufattoa dorso e troncatura, 1 possibile punta a dorso ab-battuto e la ricorrenza di dorsi parziali.

S.V.

43-Bellidonne

DescrizioneManufatto litico isolato.CartografiaCTR sezione 333060, onano.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Aulanum 1995.Attribuzione cronologica del complessoPost Paleolitico.Collocazione materialionano (VT) - Sede del Gruppo Archeologico Au-lanum.Catalogo analitico dei materiali1) Nucleo (fig. 11,1). Nucleo unipolare a lame (almeno sei di-stacchi riconoscibili), integro, parzialmente coperto di corti-ce. Sono visibili due piani di percussione preparati. Anche lafaccia corticata appare utilizzata. Calcare marnoso; percus-sione. Lungh. 3,7; largh. 2,84; spess. 1,7.

Manufatto sporadico che documenta la produzio-ne di lame, utensili poco diffusi negli insiemi liti-ci del territorio di onano.

S.V.

44-Berogni, Berogne, Borogni

DescrizioneArea con industria litica e frammenti ceramici.CartografiaCTR sezione 333100, onano; foglio e particellacatastale: 14: 80; coord. X 4731325/Y 2257627.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pendio ripido.Quota: 500 m s.l.m..Caratteri ambientali: Fosso Borogni in prossimità;pozzi artesiani sparsi nell’area.Utilizzazione del suolo: agricola.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Aulanum 1994-

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1995; ricognizione C.R.d. 2004 (sito onano 24;scheda onano 24; numero catalogo generale: SI12/00923661, e. Ferracci).dimensioni: 25x25 m.densità della concentrazione: elevata.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primaria.Commistione con reperti di epoca successiva:bassa incidenza (materiali di età storica).osservazioni: durante la ricognizione del C.R.d.,il Gruppo Aarcheologico Aulanum ha messo a di-sposizione i materiali per la documentazione foto-grafica e ha condotto e. Ferracci nell’area del rin-venimento dove, in quell’occasione, sono statiraccolti altri materiali particolarmente concentratiin mezzo ad un campo coltivato per un’estensionemassima di 25x25 m. Un ulteriore sopralluogo nelmaggio 2011 ha permesso di constatare l’affiora-mento di ulteriori materiali ceramici. BibliografiaPacelli 2005; Belardelli et alii 2007, sito 6, p. 310.Attribuzione cronologica del complessoBronzo medio 1-2 e 3; Bronzo recente 1?Collocazione materialionano (VT)-Sede del Gruppo Archeologico Aula-num.Catalogo analitico dei materiali Industria litica 1) Nucleo (fig. 11,6). Nucleo prismatico a due piani di per-cussione opposti, integro, cortice presente. Calcare marnoso,marrone rossiccio uguale a materiali non pubblicati; percus-sione. Lungh. 4,56; largh. 2,56; spess. 2,57. 2) Lama ritoccata (fig. 11,5). Lama ritoccata, integra, corticeassente, tallone liscio su distacco (11x7 mm parzialmenteasportato da un distacco inverso). Il ritocco (ripido, pocoprofondo, inverso) interessa il margine sinistro; il destro è fe-stonato (uso inverso?). Il pezzo è ingrigito dal fuoco. Calca-re marnoso; percussione. Lungh. 2,8; largh. 1,4; spess. 0,6.3) Perforatore (fig. 11,3). Perforatore su possibile nucleounipolare, integro, cortice presente, tallone asportato. Il pun-teruolo è formato da ritocco soprelevato monolaterale e di-stacco. Patina (usura). Calcare marnoso; percussione. Lungh.3,2; largh. 1,43; spess. 1,37.4) Bulino (fig. 9,12). Bulino su nucleo a distacchi bipolariesquillé, frammentario a una estremità, cortice presente. Ilbulino è d’angolo. Patina (usura). Calcare marnoso; percus-sione. Lungh. 2,66r; largh. 2,03; spess. 1,1.5) Troncatura (fig. 11,7). Troncatura su lama, frammentarianella parte mediana e prossiamle, cortice assente, tallonerotto. La troncatura è distale, perpendicolare all’asse, con-cava ed è ottenuta mediante ritocco ripido mordente, inver-so. Calcare marnoso; percussione. Lungh. 1,6r; largh. 1,48;spess. 0,32.6) Cuspide di freccia (fig. 11,4). Cuspide di freccia a pedun-colo e alette, integra, cortice assente. L’estremità è stata rila-vorata dopo una frattura ed è déjeté, il peduncolo è grosso elungo, le alette appena accennate. Il ritocco è coprente su unafaccia, non del tutto sull’altra, è a scaglie piatte, talora sub-parallelo, bifacciale invadente, in alcuni punti coprente. Cal-

care marnoso; percussione e pressione. Lungh. 3,34; largh.2,03; spess. 0,8.7) Cuspide di freccia. Cuspide di freccia a peduncolo e alet-te, integra, cortice assente. Il peduncolo è triangolare e robu-sto, le alette asimmetriche, non molto accentuate, la sezionebiconvessa. Una delle due facce mostra una lavorazione piùaccurata e regolare. Il ritocco invadente è a scaglie piatte, ten-dente a soprelevato alterno. È coprente solo sulla faccia piùregolare, in prossimità della punta. Selce bianca; percussionee pressione. Lungh. 2,84; largh. 1,58; spess. 0,58. Ceramica8) Scodella con presa a bugna conica (fig. 17,1). orlo taglia-to obliquamente e appiattito, fortemente rientrante; vascamolto bassa. Forma complessiva molto larga e schiacciata.Presa a bugna conica impostata sull’orlo e sulla massimaespansione, superiormente appena insellata. Impasto mediogrigio-bruno; superfici lisciate ora ipercotte e screpolate, contracce di ingubbiatura esterna. Lungh. 2,6; largh. 5,6; spess.2,4 (con la presa); diam. 26,6. Cfr Cocchi Genick et alii1995, forma 38 var. b. datazione: Bronzo medio 1-2 e 3.9) Scodella ad orlo rientrante e presa a bugna triangolareeretta (fig. 17,2). orlo assottigliato, profilo rientrante e con-vesso, vasca troncoconica abbastanza profonda. Presa a bu-gna triangolare eretta impostata sull’orlo e sotto la massimaespansione. Impasto fine bruno-nerastro, superficie internaed esterna molto ben lisciata. Alt. 5,5; largh. 5,9; spess. sen-za bugna 1,7; diam. all’orlo 14. Cfr Cocchi Genick et alii1995, forma 37 var. a, in particolare esemplare dal Lago diMezzano. datazione: Bronzo medio 1-2.10) Scodella ad orlo rientrante con presa a bugna (fig. 17,3).orlo rientrante, presa a bugna semicircolare lievemente eret-ta. Impasto medio bruno-rossiccio, superfici lisciate con trac-ce di ingubbiatura esterna, ora screpolate e dilavate. Alt. 2,8;largh. 4,3; spess. 2,6. Cfr Cocchi Genick et alii 1995, forma45. datazione: Bronzo medio 3. 11) Scodella ad orlo rientrante con presa a bugna (fig. 17,4).orlo tagliato obliquamente e appiattito, parete rientrante lie-vemente convessa; vasca probabilmente arrotondata profon-da. Presa eretta, a bugna, impostata sotto l’orlo e sotto lamassima espansione. Impasto medio grigio, superfici lisciatecon tracce di ingubbiatura all’esterno, ora abrase e dilavate.Alt. 4; largh. 5,5; spess. 4; diam. 24,4. Cfr Cocchi Genick etalii 1995, forma 38 var. a. datazione: Bronzo medio 1-2.12) Scodella a calotta (fig. 17,5). orlo appiattito superior-mente, parete rettilinea, vasca molto bassa; presa lievementeeretta, a bugna triangolare (lacunosa) impostata sull’orlo esulla massima espansione. Impasto medio grigio, superfici li-sciate in origine, ora ipercotte e screpolate. Alt. 3,5; largh.5,2; spess. 3,6. Cfr Cocchi Genick et alii 1995, forma 38 var.b. datazione: Bronzo medio 1-2 e 3. 13) Grande scodella con presa a bugna triangolare (fig.17,6). orlo appiattito tagliato obliquamente e sagomato; pa-rete verticale ingrossata; presa a bugna triangolare, eretta, im-postata sull’orlo e sulla massima espansione. Impasto mediorossiccio; superfici originariamente lisciate, ora abrase e di-lavate. Alt. 4,7; largh. 5,9; spess. 4,5; diam. 25,8. Cfr CocchiGenick et alii 1995, forma 37 var. c. datazione: Bronzo me-dio 1-2 e 3.14) Scodella a parete rientrante (fig. 17,7). orlo tagliatoobliquamente e parete rientrante, profilo a spigolo; vascatroncoconica. Impasto grossolano bruno-nerastro; superficioriginariamente lisciate ora abrase e ipercotte. Alt. 5,2; largh.6,8; spess. 0,9; diam. 15. Bibliografia: Cocchi Genick et alii1995, forma 38 var. a. datazione: Bronzo medio 1-2 e 3.15) Scodella ad orlo rientrante con presa a bugna triangola-re (fig. 17,8). orlo rientrante lievemente assottigliato, parete

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molto breve, vasca troncoconica abbastanza profonda. Presaa bugna eretta, lievemente lacunosa all’estremità, impostatasull’orlo e sotto la massima espansione. Impasto medio ros-siccio e bruno; superfici bruno-nerastre lisciate e steccate,originariamente lucidate, ora ipercotte e screpolate. Alt. 3,2;largh. 5,1; spess. 3,6 (con presa); diam. 22. Cfr Cocchi Ge-nick et alii 1995, forma 37 var. b. datazione: Bronzo medio1-2 e 3.16) Scodella ad orlo rientrante con presa a bugna triangola-re (fig. 17,9). orlo rientrante tagliato obliquamente e appiat-tito, parete rientrante convessa, punto di massima espansionemolto alto, vasca arrotondata profonda. Presa a bugna erettaalquanto sporgente impostata sotto l’orlo e al di sotto dellamassima espansione. Impasto fine bruno; superfici ben li-sciate a stecca con tracce di ingubbiatura. Alt. 4,2; largh. 4,4;spess. 1; diam. 23. Cfr Cocchi Genick et alii 1995, forma 37var. b. datazione: Bronzo medio 1-2 e 3.17) Scodella ad orlo rientrante e profilo a spigolo (fig. 18,1).orlo leggermente assottigliato, breve parete rientrante con-vessa, profilo a spigolo, vasca troncoconica abbastanzaprofonda. Impasto grossolano rossiccio; superfici molto abra-se e dilavate. Alt. 4,6; largh. 7,8; spess. 1; diam. 28. Cfr Coc-chi Genick et alii 1995, forma 37 var. a. datazione: Bronzomedio 1-2.18) Tazza con ansa ad anello (fig. 18,2). orlo appiattito su-periormente, tagliato obliquamente; parete rettilinea, vascaarrotondata poco profonda. Ansa ad anello a sezione qua-drangolare, lacunosa lungo un margine, impostata sull’orlo esulla massima espansione. Impasto grossolano nero-rossicciocon numerosi inclusi; superfici ipercotte e screpolate. Alt.3,5; largh. 10,6; spess. 3,3 (con ansa); diam. 28,2. Cfr CocchiGenick et alii 1995, forma 38 var. b. datazione: Bronzo me-dio 1-2 e 3.19) Grande ciotola carenata con presa a bugna troncoconi-ca (fig. 18,3). orlo superiormente appiattito, parete lieve-mente sporgente con accenno di gola, carena pronunciata, va-sca troncoconica poco profonda. Presa a bugna lievementeeretta impostata sulla carena e sotto l’orlo. Impasto mediobruno-rossiccio; superfici originariamente lisciate, ora iper-cotte e abrase. Alt. 3,9; largh. 4,3; spess. con presa 6. L’e-semplare presenta analogie con la forma 196 delle ciotole ca-renate in Cocchi Genick et alii 1995, dalle quali si discostatuttavia per la vasca, molto meno profonda, e per la presenzadella presa a bugna. Analogie si riscontrano anche con le cio-tole carenate della forma 202 var. b di Cocchi Genick et alii1995, anch’esse con vasca più profonda che nel nostro fram-mento e con parete più sviluppata. datazione: in mancanza diun confronto puntuale, si propone una datazione generica alBronzo medio 1-3.20) Tazza ad orlo sagomato (fig. 18,4). orlo appiattito supe-riormente, parete lievemente rientrante, massima espansioneingrossata e arrotondata (forse in corrispondenza dell’attaccodi un’ansa?), vasca troncoconica verosimilmente profonda.Impasto fine bruno-grigiastro; superfici lisciate con ingub-biatuta all’esterno parzialmente abrasa. Alt. 2,3; largh. 2,6;spess. 0,9; diam. 13.21) Tazza-attingitoio carenata (fig. 18,5). orlo assottigliatosporgente, alta parete verticale, carena a spigolo vivo, vascaprobabilmente troncoconica molto bassa. Piccola manigliaorizzontale, profilata, impostata sulla carena. Impasto finegrigio; superfici originariamente lisciate e ingubbiate ester-namente, ora abrase e corrose. Alt. 4,2; largh. 5; spess. allamaniglia 2,8; diam. 9.22) Frammento di tazza a collo (fig. 18,6). Collo distinto ret-tilineo inclinato all’interno, spalla compressa rigonfia, vascapoco profonda. decorazione incisa e impressa consistente in

resti di una fila di elementi a meandro retto verticale, a na-stro, delimitata da due nastri orizzontali campiti a punteggiofitto. Impasto medio bruno-grigiastro; superfici lisciate e lu-cidate, esternamente tracce di ingubbiatura color camoscio,parzialmente dilavata e abrasa. Alt. 5,9; largh. 6; spess. 1,1;diam. 23. Cfr per il motivo decorativo: Macchiarola 1987,motivo 80 versione c; per la forma: Cocchi Genick et alii1995, forma 332. datazione: Bronzo medio 3. 23) Tazza a profilo sinuoso (fig. 18,7). orlo svasato lacunosoall’estremità, profilo sinuoso, vasca a calotta poco profonda.Impasto medio-fine bruno-grigiastro; superfici in origine li-sciate e ingubbiate all’esterno, ora molto dilavate. Alt. 4,2;largh. 4,1; spess. 0,7; diam. 14,2. Cfr Belardelli 2004, tipo 20.datazione: Bronzo recente 1.24) Tazza carenata (fig. 18,8). orlo assottigliato svasato, al-ta parete rettilinea, carena arrotondata, vasca poco profonda.Impasto medio, bruno; superfici lisciate a stecca, esterna-mente molto dilavate. Alt. 7,1 (orientato); largh. 11,2; spess.1; diam. 18. Cfr Cocchi Genick et alii 1995, forma 281; Be-lardelli 2004, tipo 26. datazione: Bronzo medio 3. 25) Ciotola carenata con ansa a nastro (fig. 19,1). orlo ap-pena svasato sagomato, parete concava, carena sporgente, va-sca troncoconica piuttosto profonda. Ansa a nastro lievemen-te sopraelevata impostata sull’orlo e sulla carena. Impastomedio bruno-nerastro con inclusi anche grandi; superfici li-sciate, molto abrase e dilavate. Alt. 5,3; largh. 4,5; spess. 2,6(con ansa); diam. 15,6. Cfr Cocchi Genick et alii 1995, for-ma 202 var. b. datazione: Bronzo medio 1-2.26) Ciotola carenata (fig. 19,2). orlo svasato lacunoso, pare-te rettilinea rientrante, carena sporgente, vasca troncoconicapoco profonda. Impasto medio-fine bruno-rossiccio; superfi-ci lisciate con tracce all’esterno di ingubbiatura bruno-nera-stra, in parte abrasa e ipercotta. Alt. 4,1; largh. 5,6; spess. 0,9;diam. 28. Cfr Cocchi Genick et alii 1995, forma 252 (in par-ticolare esemplare da Poggio evangelista, Latera); Belardelli2004, tipo 60 a. datazione: Bronzo medio 1-2.27) Grande ciotola carenata (fig. 19,3). orlo assottigliato,arrotondato superiormente; parete rientrante lievemente con-cava; resti del punto di attacco della carena di una vasca pre-sumibilmente profonda. Impasto grigiastro grossolano coninclusi anche grandi; superfici originariamente lisciate, oramolto dilavate e corrose. Alt. 6,5; largh. 8,6; spess. 0,8; diam.32. Cfr Cocchi Genick et alii 1995, forma 194 o 195. data-zione: Bronzo medio 1-2. 28) Grande ciotola carenata con ansa a nastro (fig. 19,4).orlo superiormente arrotondato, parete rettilinea rientrante,carena a spigolo poco pronunciato, vasca troncoconica abba-stanza profonda. Ansa leggermente lacunosa a nastro largocon margini leggermente rilevati, impostata sull’orlo e sullacarena. Impasto grossolano rossiccio; superfici originaria-mente lisciate, ora abrase e dilavate. Alt. 6,6; largh. 8,5;spess. 2,9; diam. 34. Cfr Cocchi Genick et alii 1995, forma38 var. c. datazione: Bronzo medio 1-2.29) Ciotola o tazza a gola (frammento) (fig. 19,5). orlo spor-gente appiattito superiormente, parete a gola abbastanza pro-nunciata, frattura inferiore forse in corrispondenza della lineadi carena. Impasto fine grigio e rossiccio; superfici origina-riamente lisciate e ingubbiate esternamente, ora dilavate ecorrose. Alt. 3,7; largh. 5,2; spess. 0,7; diam. 20.30) Piccola tazza con parete decorata a meandro impresso(fig. 19,6). orlo assottigliato e sporgente, parete rettilinea conresti di un motivo inciso costituito da elementi a meandro ret-to verticale, a nastro, delimitati da due nastri orizzontali, ver-sione con nastri campiti a tratteggio trasversale. Impasto finegrigio; superfici originariamente lisciate e lucidate, ora mol-to dilavate. Alt. 2,5; largh. 2,9; spess. 0,5. Cfr per il motivo

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decorativo: Antonielli 1929, tav. VIII,1; Fugazzola delpino1976, fig. 51,2; Macchiarola 1987, motivo 80 versione d.datazione: Bronzo medio 3.31) Tazza o ciotola (frammento) (fig. 19,7). orlo molto sva-sato arrotondato e leggermente sagomato con parete concavaquasi a gola. Impasto medio rossiccio con inclusi molto gran-di; superfici originariamente lisciate e ingubbiate all’esterno,ora abrase e dilavate. Alt. 3,7; largh. 4,2; spess. 0,6; diam. 18.32) Tazza o ciotola (fig. 19,8). orlo assottigliato sporgente,resti della parete inclinata verso l’interno. Impasto fine gial-lo-beige; superfici lisciate in origine, ora dilavate. Alt. 3;largh. 4,8; spess. 0,7; diam. 24.33) Boccale (fig. 20,1). Corpo cilindro-ovoide, orlo lieve-mente svasato, ansa a nastro (mancante con resti dell’impo-stazione sull’orlo e sulla spalla). Impasto grossolano bruno-grigio; superfici lisciate e ora dilavate. Alt. 7; largh. 6,1;spess. 2,6; diam. 11. Cfr Belardelli 2004, tipo 106. datazio-ne: Bronzo recente 1.34) Sostegno (fig. 20,2). orlo appiattito, parete svasata, care-na poco accentuata, vasca troncoconica molto bassa. Impastomedio con inclusi anche grandi, bruno rossiccio; superficicon resti di ingubbiatura scura, ora abrase e ipercotte. Alt.4,4; largh. 7,7; spess. 1; diam. 34,6.35) Sostegno a parete rettilinea svasata (fig. 20,3). orlo as-sottigliato e lacunoso, accenno di spigolo interno, parete ret-tilinea svasata, vasca abbastanza profonda. Impasto grossola-no di colore bruno-rossiccio; superfici lisciate con tracce disteccatura ed ingubbiatura esterna, ora abrase e ipercotte. Alt.4,3; largh. 5,6; spess. 1; diam. 17.36) Olla cilindro-ovoide con cordone liscio (fig. 20,4). orloappiattito superiormente, parete appena svasata. Cordone li-scio a sezione triangolare impostato al di sotto dell’orlo. Im-pasto medio bruno-grigiastro; superfici lisciate, parzialmenteabrase. Alt. 3,8; largh. 3,4; spess. 1,3; diam. 21.37) Olla globulare (fig. 20,5). orlo sporgente, attacco di pa-rete rientrante. Impasto medio grigio, superfici lisciate e in-gubbiate molto accuratamente. Alt. 4,5; largh. 5,8; spess. 1,3;diam. 30. Cfr Cocchi Genick et alii 1995, forme 438-439.datazione: Bronzo medio 3. 38) Dolio cilindro-ovoide (fig. 20,6). orlo appiattito e paretelievemente rientrante. Al di sotto dell’orlo, cordone plasticoliscio su cui è impostata una presa a linguetta (lacunosa al-l’estremità). Impasto grossolano bruno con inclusi medio-grandi; superfici originariamente steccate e ingubbiate, oramolto abrase. Alt. 7,1; largh. 13,4; spess. 3,2; diam. 32.39) Frammento di parete globulare con attacco di ansae, de-corazione impressa e incisa (fig. 20,7). Parete verosimilmen-te globulare, fratturata in prossimità dell’attacco di una pro-babile maniglia orizzontale. decorazione consistente in unmotivo a nastro inciso, campito a punteggio fitto, dalla cuimetà parte un secondo elemento a nastro campito a tratteggioorizzontale. Impasto medio grigio-nerastro; superfici origina-riamente lisciate ora ipercotte e screpolate. Alt. 6,2; largh.3,7; spess. 1,4. Cfr per il motivo decorativo: Macchiarola1987, motivo 15 versione c; per la forma: Cocchi Genick etalii 1995, forma 453 B. datazione: Bronzo medio 3.40) Parete ed orlo con presa quadrangolare (fig. 21,1). orlodiritto sagomato, sotto al quale è impostata una presa qua-drangolare leggermente insellata, probabilmente pertinentead olla. Impasto grossolano bruno-rossiccio; superfici liscia-te, molto screpolate. Alt. 4,1; largh. 5,8; spess. 3,6.41) Olla cilindro-ovoide (fig. 21,2). orlo appiattito superior-mente, con decorazione ad impressioni digitate; cordone li-scio a sezione triangolare impostato al di sotto dell’orlo. Im-pasto medio rossiccio con inclusi medi; superfici molto abra-se. Alt. 5; largh. 5; spess. 1,3.

42) Olla globulare-ovoide (fig. 21,3). orlo tagliato interna-mente a spigolo, profilo rientrante. Serie di tacche paralleleoblique sull’orlo; cordone liscio a sezione grosso modo trian-golare impostato al di sotto dell’orlo. Impasto grossolanobruno-grigio con inclusi anche grandi; superfici lisciate astecca con tracce di ingubbiatura nerastra, parzialmente abra-sa. Alt. 10,4; largh. 6,2; spess. 1,8.43) Tarallo (fig. 21,4). Frammento di tarallo a sezione qua-drangolare irregolare. Impasto grossolano bruno-rossiccio;superfici lisciate, ipercotte e screpolate. Alt. 1,8; largh. 5,2;spess. 3,1; diam. 13.

L’area riveste un particolare interesse per la quantitàdi deposito ancora visibile in superficie a distanza dioltre dieci anni dalla prima raccolta, e per la posi-zione particolarmente favorevole all’insediamentoin quanto prossima al Fosso Borogni. Il depositooriginale doveva essere di notevole consistenza, dalmomento che malgrado la distruzione progressivache esso ha subito nel corso dei secoli, accentuata intempi recenti dagli interventi umani oltre che atmo-sferici, ancora restituisce evidenze tipologicamentee cronologicamente ben identificabili.L’insieme litico di Berogni è, in termini quantita-tivi, consistente. La raccolta è costituita infatti da71 utensili di calcare marnoso, selce, quarzo e os-sidiana cui si affiancano: 7 cristalli di augite, 1pezzo di vetro azzurro, 1 ciottoletto calcareo in 2pezzi a forma di goccia allungata (naturale), 9pezzi di calcare marnoso non lavorati, 1 ciottolet-to di selce rossa (degni di nota poiché attestanol’accuratezza della raccolta). Le caratteristiche più significative del complessosono ravvisabili nella distribuzione delle diversecomponenti dell’industria. La quantità significati-va rispetto agli altri insiemi di nuclei (6; 8,45%) edébitage (50; 70,42%), in confronto agli strumen-ti (15; 21,13%), ne suggerisce un’interpretazionecome di un luogo di lavorazione in situ. La scar-sità degli strumenti (rispetto ai nuclei e al débita-ge) sembra confermare questa ipotesi.È da segnalare la presenza di manufatti in ossidia-na (3; 4,23%), di punte di freccia (4; 5,63% del to-tale dell’industria di questo sito) e di utensili rica-vati dalla stessa materia prima (cfr, ad esempio, n.1 del catalogo). I nuclei (4) sono affiancati da pezzi di materia pri-ma con distacchi (2) e da alcuni strumenti (3) chehanno un nucleo come supporto. Il débitage ècomposto da: 24 schegge, 10 débris, 13 tra lamel-le (3) e microlamelle (10), 2 pièce esquillé e 1frammento indeterminabile. L’insieme degli stru-menti comprende: 3 perforatori (tra cui 1 su nu-cleo e 1 su lamella), 2 intaccature (1 delle quali inquarzo), 2 troncature (1 su piccola lama frammen-

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taria fig. 3,7 e 1 su microlamella), 2 schegge ri-toccate, 1 bulino e 1 lama ritoccata.Nell’ambito del repertorio tipologico dell’impastodi Berogni, le forme aperte prevalgono, almenonella raccolta esaminata, su quelle chiuse; è ricor-rente una foggia di scodella con ansa a nastro lar-go e prese (triangolari, o a bugna conica) sull’or-lo, erette o orizzontali. Compaiono poi diversi ti-pi di tazze e ciotole. Fra le forme chiuse, si indi-viduano olle e vasi (a collo e biconici); i fram-menti con decorazione appenninica presentanomotivi ben inseriti nel repertorio della facies. Perquanto riguarda le forme per le quali è ipotizzatoun momento cronologico più tardo, esse appaionocomunque generiche e non particolarmente carat-terizzate. Il complesso dei materiali d’impastoprovenienti da Berogne presenta, come si è visto,caratteristiche di grande interesse, sia dal punto divista quantitativo che qualitativo. La maggior par-te dei frammenti si colloca in un ambito riferibileal Bronzo medio iniziale (fasi 1-2); diverse formecoprono l’intero arco cronologico del Bronzo me-dio; altre, in numero meno consistente, sono rife-ribili al solo Bronzo medio appenninico (fase 3).Infine, un limitato numero di forme può riferirsiad un momento molto avanzato del Bronzo medioappenninico o ad un orizzonte iniziale del Bronzorecente. In ogni caso, i materiali non sembrano te-stimoniare un contesto più antico del Bronzo me-dio, né hanno un seguito con certezza in fasi del-l’età del bronzo cronologicamente più evolute.

C.B., S.V.

45-la Fratta

DescrizioneArea con industria litica.CartografiaCTR sezione 333100, onano; foglio e particellacatastale: 15: 277; coord. X 4730234/Y 2258057).Dati relativi al suoloConformazione del sito: pendio lieve; pozzi arte-siani sparsi nell’area.Quota: 507 m s.l.m..Utilizzazione del suolo: agricola.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Aulanum 1994-1995; ricognizione C.R.d. 2004 (sopralluoghi: 2;sito onano 23; scheda onano 23; numero catalo-go generale: SI 12/00923660; e. Ferracci).dimensioni: 50x100 m.densità della concentrazione: alta.

Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primaria.Commistione con reperti di epoca successiva:bassa incidenza (materiali di età storica).osservazioni: durante la ricognizione del C.R.d.il Gruppo Archeologico Aulanum ha messo a di-sposizione i materiali per la documentazione foto-grafica e ha condotto e. Ferracci nell’area del rin-venimento del 1994-95, dove non sono stati iden-tificati altri reperti. Attribuzione cronologica del complessoPost Paleolitico. Collocazione materialionano (VT) - Sede del Gruppo Archeologico Au-lanum.Catalogo analitico dei materiali 1) Grattatoio/becco (fig. 10,15). Grattatoio/becco su lama,integro, privo di cortice, tallone asportato. Il becco è ottenu-to con intaccatura diretta distale da un lato e ritocco direttoprossimale dall’altro. Sul grattatoio ritocco misto sovrappo-sto, soprelevato e ripido profondo (alternante sul margine de-stro). Patina (usura); calcare marnoso; percussione. Lungh.2,4; largh. 1,57; spess. 0,7.2) Bulino d’angolo su frattura (fig. 10,16). Bulino, integro,privo di cortice, tallone liscio su distacco (13,3x4,8 mm).due colpi sovrapposti formano il diedro. Calcare marnoso;percussione. Lungh. 2,33; largh. 1,58; spess. 0,6.3) Perforatore (fig. 10,10; manufatto complesso). Punteruo-lo, integro, cortice assente, tallone a faccette (18x5,3 mm) sudiedro. Il punteruolo è d’angolo distale destro, ottenuto conritocco bilaterale a scaglie piatte profondo, su un raschiatoiodéjeté a destra. Sul raschiatoio del margine trasversale dista-le si nota un’intaccatura di piccolo raggio, profonda, ottenu-ta con ritocco a scaglie diretto da un lato e da un distacco in-verso dall’altro. Il margine sinistro mostra una troncatura in-versa, a ritocco ripido marginale che non copre tutto lo spes-sore del margine, su frattura. Patina (usura); calcare marno-so; percussione. Lungh. 2,62; largh. 3,17; spess. 0,55.4) Perforatore/grattatoio (fig. 10,9). Perforatore/grattatoio,integro, cortice assente. Il punteruolo è localizzato nella metàprossimale del margine sinistro ed è formato da ritocco (di-stale) e distacco (prossimale). La metà distale dello stessomargine ospita un grattatoio (ritocco soprelevato sublamella-re, accurato). Lungo il margine trasversale distale sono visi-bili tracce di utilizzazione dirette. Calcare marnoso; percus-sione. Lungh. 2,6; largh. 2,66; spess. 1,08.5) Perforatore (fig. 10,12). Punteruolo su lamella a ritoccobilaterale frammentaria (distale), priva di cortice, tallone li-scio su distacco (8,3x3,6 mm) laterale, inclinato. È una spinaottenuta con ritocco bilaterale ripido, profondo ed è localiz-zata nella parte mediano/distale del margine sinistro. Lungo imargini laterali è visibile un ritocco ripido profondo, diretto,discontinuo ad andamento denticolato. Patina (usura); calca-re marnoso; percussione. Lungh. 3,5r; largh. 1,4; spess. 0,5.6) Lama ritoccata e intaccata (fig. 9,4). Lama ritoccata e intac-cata, frammentaria (distale), cortice assente, tallone diedro(21x5 mm) fortemente inclinato a destra (il tallone occupa lametà prossimale del margine destro). L’encoche, diretta, è nel-la parte mediana del margine destro ed è di ampio raggio,profonda, ottenuta con ritocco misto sovrapposto (soprelevato eripido profondo, scalariforme). Lungo il margine sinistro è visi-bile un ritocco diretto misto: soprelevato, poco profondo nella

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metà distale, minuto marginale sul resto. Patina (usura); calca-re marnoso; percussione. Lungh. 4,2r; largh. 2,46; spess. 1.7) Lama ritoccata (fig. 10,17). Lama ritoccata, frammentaria(alle estremità e parte sinistra), cortice assente, tallone rotto.Il ritocco diretto, soprelevato profondo e regolare, è lungo ilmargine destro, leggermente concavo. Calcare marnoso; per-cussione. Lungh. 3,93r; largh. 2,55r; spess. 0,8.8) Lamella (fig. 10,13). Lamella riflessa, integra, priva dicortice, tallone puntiforme, lungo i margini sono evidentitracce di utilizzazione alterne. Calcare marnoso; percussione.Lungh. 3,64; largh. 1,3; spess. 0,4.9) Microlamella (fig. 10,11). Microlamella, frammento (di-stale), cortice assente, tallone rotto. ossidiana; pressione.Lungh. 1,05r; largh. 0,9; spess. 0,23.10) Troncatura (fig. 10,6). Microlamella troncata, frammen-taria (prossimale), priva di cortice, tallone rotto. La troncatu-ra è convessa, distale, perpendicolare all’asse del supporto edè ottenuta con ritocco inverso, soprelevato, subparallelo. Sel-ce; pressione. Lungh. 1r; largh. 1; spess. 0,24.11) Microlito geometrico (fig. 10,14). Trapezio scaleno, inte-gro, privo di cortice, tallone assente. Sono ritoccati, con ri-tocco soprelevato diretto approssimativo, solo i margini late-rali (il sinistro ha una concavità più pronunciata del destro).Lamella, supporto irregolare. Selce; pressione. Lungh. 2,2;largh. 0,75; spess. 0,23.12) Cuspide di freccia (fig. 10,7). Cuspide di freccia a pe-duncolo e alette, frammentaria (prossimale), priva di cortice.Il peduncolo è grosso e lungo, le alette poco pronunciate. I di-stacchi sulle superfici del manufatto sono bifacciali e co-prenti, il ritocco (piatto, parallelo, anch’esso bifacciale) nonlo è. Selce; percussione e pressione. Lungh. 2,26r; largh.1,55; spess. 0,63.

L’insieme litico di La Fratta, molto consistente dalpunto di vista quantitativo, è costituito da 68 re-perti di calcare marnoso, selce e ossidiana, 9 pez-zi non lavorati (3 di calcare marnoso, 1 di calcaremarnoso rosso, 4 di quarzo e 1 di calcare) oltre a:1 piccolo frammento di vetro fluitato bianco e 12cristalli di augite anche di grandi dimensioni. Lecategorie di manufatti che compongono la raccol-ta sono così ripartite: nuclei 2,94%, débitage61,76%, strumenti 33,82% e 1 cuspide di freccia(1,47%). La scarsità dei nuclei e la relativa ridu-zione del débitage contrastano con la consistenzadegli strumenti. I due nuclei presenti sono: a lamelle e scheg -gia/nucleo. Quest’ultima è interessante poiché te-stimonia l’uso di ottenere una scheggia da un’al-tra: caratteristica di una tecnologia opportunista edella messa in atto di una micro catena di débita-ge. Tra i manufatti non ritoccati (3 frammenti in-determinabili; 5 débris; 13 schegge; 1 lama; 12 la-melle, 6 microlamelle, 1 pièce esquillé e 1 bâton-net) si notano i pochi débris e le numerose lamel-le e microlamelle. Sono radi gli indizi di una la-vorazione in situ, ma significativi invece quellirelativi alla possibile esistenza di scorte (semipronte) a portata di mano da trasformare in stru-

menti o usare come tali. Gli strumenti sono spes-so polifunzionali, non generici e gravementeframmentari. Si annovera in questa raccolta lapresenza dell’unico geometrico completo delleraccolte di onano.

C.B., S.V.

46-Palombini

Descrizione Area con industria litica.CartografiaCTR sezione 333060, onano.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Aulanum.Attribuzione cronologica del complessoPost Paleolitico.Collocazione materialionano (VT) - Sede del Gruppo Archeologico Au-lanum.Catalogo analitico dei materiali1) Grattatoio (fig. 10,2). Grattatoio su nucleo (a lamelle bi-polare, forse su scheggia), integro, privo di cortice, frattura indiaclasi sulla faccia inferiore (?). Il fronte è evidenziato dauna concavità ottenuta mediante 1 distacco ed è formato daun ritocco soprelevato, subparallelo microlamellare, profon-do. Calcare marnoso; percussione. Lungh. 3,5; largh. 3,2;spess. 1,6.

Insieme molto esiguo nell’ambito del quale, tutta-via, sono rappresentate tutte le categorie di utensi-li (débitage, nucleo, strumento). I 2 reperti più si-gnificativi, di cui 1 qui presentato, sembranoorientare l’attribuzione cronologica verso una evi-denza di età olocenica.

S.V.

47-Piana di Berogne

Descrizione Area con industria litica.Cartografia:CTR sezione 333100, onano.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Aulanum 1995.osservazioni: sul terreno adiacente la Strada Pro-vinciale Sorianese; scarsa presenza di ceramicapreistorica.Attribuzione cronologica del complessoPost Paleolitico.Collocazione materialionano (VT) - Sede del Gruppo Archeologico Au-lanum.Catalogo analitico dei materiali

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1) Lamella (fig. 11,11). Lamella riflessa a ritocco bilaterale,integra, cortice assente, tallone a faccette (10x4 mm). Il ri-tocco è alterno (diretto sul margine sinistro, inverso sul de-stro) ripido mordente, l’andamento dei margini è sinuoso.Calcare marnoso; percussione. Lungh. 2,6; largh. 1,4; spess.0,34.2) Lamella (fig. 11,10). Lamella, frammentaria alle estremità,cortice assente, tallone rotto. Selce; pressione. Lungh. 2,92r;largh. 1,08; spess. 0,13.3) Lamella (fig. 11,14). Lamella, frammentaria (distale), cor-tice assente, tallone lineare. Selce; pressione. Lungh. 2r; lar-gh. 1,1; spess. 0,3.4) Raschiatoio (fig. 11,2). Raschiatoio trasversale convesso,ricomposto (in due pezzi), privo di cortice, tallone liscio sudistacco (18x6 mm), bulbo doppio. Il ritocco è ripido profon-do, ad andamento denticolato. Calcare marnoso; percussione.Lungh. 1,9; largh. 3,8; spess. 0,63.5) Troncatura (fig. 11,12). Troncatura obliqua, diretta, dista-le, frammentaria (prossimale), priva di cortice, tallone rotto.Il ritocco è ripido, la patina risilicizzata. Selce; pressione.Lungh. 2,2; largh. 1,2; spess. 0,32.6) Nucleo (fig. 11,8). Nucleo a lamelle unipolare (almeno 6distacchi), integro, parzialmente corticato, patina risilicizza-ta. Calcare marnoso; percussione. Lungh. 3,1; largh. 2,5;spess. 1,84.7) Nucleo (fig. 10,1). Nucleo a lamelle unipolare (almeno 6distacchi). Si notano un paio di distacchi provenienti dallostesso piano di percussione ma ortogonali agli altri ad indi-care anche un uso diverso, benché minoritario, della materiaprima. Patina risilicizzata. Selce, percussione. Lungh. 2,3;largh. 2; spess. 1,84.8) Becco/troncatura (fig. 11,15). Becco/troncatura, integro,privo di cortice, tallone asportato. Il becco (déjeté a sinistra,distale) è formato da intaccatura (diretta, ampia, a ritocco ri-pido profondo) + ritocco (diretto, soprelevato, abbastanzaprofondo, accidentato), la punta è appena frammentaria. Latroncatura, diretta, prossimale, diritta è ottenuta mediante ri-tocco ripido, leggermente denticolato. Patina (usura). Calca-re marnoso; percussione. Lungh. 2,9; largh. 1,63; spess. 0,38.9) Nucleo (fig. 11,9). Nucleo pseudoprismatico, integro, par-zialmente corticato. Le facce di distacco sono due: la prima alame unipolare (almeno 9 distacchi riconoscibili), la secondaa schegge con distacchi perpendicolari (3:12). Patina (risili-cizzata). Calcare marnoso; percussione. Lungh. 5,34; largh.4,1; spess. 2,8.10) Cuspide di freccia (fig. 11,13). Cuspide di freccia a pe-duncolo e alette, frammentaria (una delle facce e parte pros-simale; parzialmente ricomposta). Sono visibili evidenze del-l’azione del fuoco. Sono conservate parte del peduncolo eun’aletta, priva di cortice. Il trattamento delle superfici è a di-stacchi bifacciali coprenti, il ritocco è piatto, subparalleloprofondo (invadente). Patina (usura). Selce; percussione epressione. Lungh. 2,3r; largh. 2,1; spess. 0,6r

L’insieme di Piana di Berogne è costituito da 19manufatti litici così ripartiti: nuclei 3, 15,79% deltotale di questo sito; débitage 12, 63,16%; stru-menti 3, 15,79% e armi (1 cuspide di freccia),5,26%. La composizione dell’industria sembra in-dicare lo svolgersi di un’attività di manifattura li-tica in loco (nuclei, abbondanza del débitage,scarsità degli strumenti). Nell’ambito del débitagesi nota una certa presenza di lame (3) che, asso-

ciate alle lamelle (5) e ai nuclei a lame/lamelle (2a lamelle, cfr n. 6, e 1 pseudoprismatico misto, n.8 del catalogo), indicano una produzione di sup-porti di pregio. Tra gli strumenti si nota il raschia-toio trasversale n. 4, poiché è un utensile raro neisiti di onano. Le troncature (nn. 5 e 7, quest’ulti-ma è un manufatto multiplo: perforatore/troncatu-ra) costituiscono il tema degli altri 2 strumentiidentificabili.

S.V.

48-Podere del Salce

DescrizioneArea con industria litica.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Aulanum 1994-1995.Attribuzione cronologica del complessoPost Paleolitico.Collocazione materiali: onano (VT) - Sede del Gruppo Archeologico Au-lanum.Catalogo analitico dei materiali 1) Lama ritoccata (fig. 10,3). Lama ritoccata, frammentaria(parte mediana/prossimale), tallone rotto, priva di cortice, ac-cenno di cresta. Il ritocco a scaglie piatte, diretto, non moltoprofondo, interessa il margine sinistro. Calcare marnoso; per-cussione. Lungh. 3r; largh. 1,57; spess. 0,65.2) Nucleo (fig. 10,5). Nucleo a distacchi perpendicolari, inte-gro, selce, privo di cortice, abbandonato a causa di una lineadi diaclasi che danneggerebbe ulteriori distacchi. Selce; pati-na (doppia); percussione. Lungh. 3,53r; largh. 1,57; spess.0,65.3) Scheggia (fig. 10,4). Scheggia di ravvivamento (tablette),frammentaria (prossimale), tallone assente (rotto), corticepresente. Si nota qualche evidenza di utilizzazione direttalungo il margine sinistro. Calcare marnoso; percussione.Lungh. 2,4r; largh. 2,1; spess. 1,2.4) Cuspide di freccia (fig. 10,8). Cuspide di freccia a pedun-colo e alette, frammento prossimale privo di cortice. Sono ri-conoscibili il peduncolo e le alette, una delle quali è eviden-ziata da un’intaccatura. Calcare marnoso; percussione e pres-sione. Lungh. 1,4r; largh. 1,6r; spess 0,9.

Modesto insieme litico, coerente, costituito da 8manufatti, cui si aggiungono 1 scaglia di calcaremarnoso non intenzionale e 1 pezzo di selce (mate-ria prima). Anche se con pochissime unità, tutti iraggruppamenti dell’assemblage sono rappresenta-ti: 2 nuclei, 4 elementi di débitage, 1 strumento e 1frammento di cuspide di freccia a cui si aggiungo-no 2 schegge di ravvivamento di nucleo a lamelle,2 nuclei e 1 débris non pubblicati, che costituisco-no una piccola unità operativa. L’utilizzo della sel-ce è pari a quello del calcare marnoso (4:4).

S.V.

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Comune di San Lorenzo Nuovo

49-San giovanni

DescrizioneArea con manufatto litico isolato e frammenti ce-ramici. CartografiaCTR sezione 333110, Grotte di Castro; foglio eparticella catastale: 16: 91; coord. X 1738280/Y4726465.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pendio lieve.Quota: 311 m s.l.m..Caratteri ambientali: terrazzo morfologico di pro-babile pertinenza paleolacustre; alluvionale recen-te subattuale; bacino imbrifero settentrionale delLago di Bolsena; sistema di immissari a caratterestagionale relativi al Fosso del Ponticello.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa; ulivi.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.1999 (sito San Lorenzo Nuovo 57; scheda SanLorenzo Nuovo 57; numero catalogo generale: SI12/00797936, TMA 12/00797935, RA12/00797941-42; d. Mantero).dimensioni area: 10x10 m.densità della concentrazione: bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:secondaria.Commistione con reperti di epoca successiva: ele-vata incidenza (materiali di età romana).Attribuzione cronologica del complessoPaleolitico superiore.Collocazione materialiMateriali non rintracciati.

Nel sito, basoli in giacitura secondaria si notanonei pressi della chiesa di San Giovanni lungo ilmuro perimetrale dell’edificio. Nel campo aratonei dintorni è stato raccolto 1 nucleo in selce a duepiani di percussione opposti.

C.B., S.V.

Comune di Valentano

50-arcipretura

DescrizioneArea con industria litica.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-

cie del Gruppo Archeologico Verentum.Attribuzione cronologica del complessoNeo-eneolitico.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali 1) Nucleo (fig. 12,1). Frammento di nucleo ad un piano di per-cussione, di forma subpiramidale. Selce nocciola zonata a gra-na fine; percussione. diam. 3,2. datazione: Neo-eneolitico.2) Cuspide ad alette (Laplace F7; fig. 12,2). Cuspide fo-liata peduncolata a margini rettilinei ad alette asimmetri-che pronunciate di cui una rettilinea; sezione piano-con-vessa, peduncolo a profilo arrotondato; ritocco piatto bi-facciale coprente costituito da ritocchi regolari di tiposubparallelo. Selce bianca a grana grossa; percussione epressione. Lungh. 1,8; largh. 2,2; spess. 0,5. datazione:Neo-eneolitico.

L.G., D.M.

51-Bottara

DescrizioneArea con manufatto litico isolato e frammenti ce-ramici.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano; Lat. 42° 34’ 50’’,43 N-Long.11° 47’ 39’’,13 e.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: 408 m s.l.m..Caratteri ambientali: rocce piroclastiche e sedi-mento di colore bruno-grigio.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizioneSBAeM 1994 (scheda 219; G. Cofini).dimensioni area: 250x150 m.densità della concentrazione: materiale isolato.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:non determinabile.Commistione con reperti di epoca successiva: ele-vata incidenza (materiali di età romana). Attribuzione cronologica del complessoNeo-eneolitico.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali 1) Cuspide foliata (fig. 12,3). Frammento di foliato a margi-ni concavo-convessi, corpo triangolare e alette fratturate inorigine poco pronunciate. Presenta ritocco piatto bifaccialecon distacchi regolari di tipo subparallelo; sul margine sini-stro ritocco diretto marginale semiripido continuo. Selce noc-ciola a grana fine; pressione. Lungh. 1,4; largh. 2,7; spess.0,4. datazione: Neo-eneolitico.

L.G., D.M.

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52-campo Bello

DescrizioneArea con industria litica e frammenti ceramici.CartografiaCTR sezione 344020, Valentano; foglio e particel-la catastale: 21: 20; coord. X 1729740/Y 4717530.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: 394 m s.l.m..Caratteri ambientali: alluvioni recenti terrazzate;fossi e canali di scolo discendenti verso la Pianadel Fosso olpeta.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa.Visibilità del terreno: mediocre.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.1999 (sopralluoghi: 2; sito Valentano 13; schedaValentano 13; numero catalogo generale: SI12/00797527; TMA 12/00798136; I. Fiore).dimensioni area: 20x30 m.densità della concentrazione: media.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:non determinabile.Commistione con reperti di epoca successiva: ele-vata incidenza (materiali di età storica).Attribuzione cronologica del complessoPaleolitico superiore; età pre-protostorica. Collocazione materialiMateriali non raccolti.

Il materiale, soprattutto ceramico, è stato raccoltoa circa 200 m da un capannone agricolo e si pre-sentava più abbondante in una zona tagliata da uncanale (ceramica d’impasto pre-protostorica e ar-caica: 68,75%; laterizi: 18,75%; ceramica inve-triata: 6,25%; industria litica, fra cui si nota 1 nu-cleo: 6,25%).

C.B., S.V.

53-campo delle Pecore

DescrizioneArea con industria litica e frammenti ceramici. CartografiaCTR sezione 344020, Valentano; foglio e particel-la catastale: 22: 28; coord. X 1728980/Y 4716810.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: 392-393 m s.l.m..Caratteri ambientali: Fosso olpeta a circa 300 m.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa.Visibilità del terreno: mediocre.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.

1999 (sito Valentano 65; scheda Valentano 65; nu-mero catalogo generale: SI 12/00797549; TMA12/00797880; TMA 12/00797549; C. Giardino).dimensioni: 30x30 m.densità della concentrazione: medio-bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primaria.Commistione con reperti di epoca successiva:nessuna incidenza.Attribuzione cronologica del complesso Prima età del ferro?Collocazione materialiMateriali non raccolti.

Sono state osservate tre concentrazioni di mate-riale fittile misto a grumi di argilla cotta e a po-che schegge di selce; veniva riconosciuta 1 pa-rete con motivo decorativo probabilmente del-l’età del ferro.

C.B., S.V.

54-centrale Faberlengo

DescrizioneArea con frammenti ceramici. CartografiaIGMI F. 136 I Se, Valentano; CTR sezione344020, Valentano; Lat. 42° 34’ 47” N-Long. 11°49’ 38” e.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pendio.Quota: 420-430 m s.l.m..Caratteri ambientali: sedimenti di colore bruno-grigio con frammenti di rocce vulcaniche.Utilizzazione del suolo: agricola.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizioneSBAeM 1993 (scheda 182; G. Cofini).dimensioni: 150x100 m.densità della concentrazione: alta.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:non determinabile.Commistione con reperti di epoca successiva: me-dia incidenza (materiali di età storica).osservazioni: l’area di provenienza dei materiali èposta a circa 150 m in direzione NNo dalla quota430,7, ad o della Centrale Faberlengo, in un ter-reno prossimo ad un casale abbandonato.Attribuzione cronologica del complessoetà del Bronzo.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali

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1) Olla (fig. 21,9). Frammento di olla con parete leggermen-te convessa e orlo indistinto con estremità appiattita. È pre-sente una decorazione plastica realizzata con un cordone li-scio a sezione triangolare. Impasto medio di colore brunochiaro; superfici lisciate. Alt. 4; lungh. 4,2; largh. 5,2; spess.1; diam. 24,2.2) Orlo indistinto (fig. 21,8). Frammento di orlo indistintocon estremità arrotondata. Impasto medio di colore brunochiaro; superfici lisciate. Lungh. 3; largh. 3,5; spess. 0,9.3) Parete con bugna (fig. 21,7). Frammento di parete legger-mente convessa con bugna conica poco rilevata. Impasto me-dio di colore bruno chiaro; superfici lisciate. Lungh. 4; largh.3,1; spess. 1,2.4) Parete con cordone (fig. 21,5). Frammento di parete con an-damento rettilineo con decorazione plastica, realizzata con uncordone liscio a sezione triangolare. Impasto medio di colorebruno chiaro; superfici erose. Lungh. 6,6; largh. 5,8; spess. 2.5) Presa orizzontale (fig. 21,6). Frammento di presa orizzon-tale a lingua. Impasto medio di colore bruno chiaro; superfi-ci erose. Lungh. 2; largh. 5,2; spess. 2.

F.R.

55-colle ceraseto

DescrizioneArea con industria litica.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Verentum.Attribuzione cronologica del complesso Paleolitico superiore; post Paleolitico.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.

Complesso di manufatti costituito da 15 reperti inbuona parte prodotti su ejecta. Sono presenti 7schegge (1 in quarzite), 1 micronucleo ad un pia-no di percussione (su ejecta), 1 nucleo a un pianodi percussione e 1 ravvivamento di nucleo; il dé-bitage è inoltre rappresentato da 2 frammenti dilama (1 su ejecta). Tra gli strumenti si contano 1grattatoio unguiforme su ejecta, 1 lamella denti-colata, 1 lamella a dorso unilaterale su ejecta.

L.G., D.M.

56-destra olpeta, il Piano

DescrizioneArea con industria litica.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Verentum.Attribuzione cronologica del complesso

Paleolitico superiore.Collocazione materialiValentano (VT)-Rocca Farnese, deposito SBAeM.

Si tratta di un complesso litico di 35 manufatti ditipologia scarsamente caratterizzata, generica-mente attribuibile al Paleolitico superiore. Il débi-tage è rappresentato da 2 nuclei, 1 micronucleo apiani incrociati e 1 nucleo a due piani opposti; leschegge ordinarie sono complessivamente 13 (1su ejecta), seguono 11 lamelle (1 su ejecta) e 1 la-ma su ejecta.Nel complesso i talloni più rappresentati sono deltipo scagliato (5), seguiti dai puntiformi, dai lisci,dai diedri e dai naturali.Gli strumenti comprendono 1 punteruolo sempli-ce su scheggia (ejecta), 1 troncatura obliqua par-ziale su lama con ritocco inverso, 1 troncaturaobliqua su lama, 1 lama ritoccata a ritocco inver-so (ejecta), 2 intaccature su scheggia e su lama, 1raschiatoio su scheggia in ejecta di dimensionianomale rispetto al resto dell’industria (14 cm).Concludono gli aspetti tipologici del complesso 2lamelle a fine ritocco, una caratterizzata da un ri-tocco inverso parziale e l’altra diretto (quest’ulti-ma su ejecta) e 1 scheggia di tipo preferenziale.

L.G., D.M.

57-la Ferratella

DescrizioneArea con industria litica e frammenti ceramici.CartografiaCTR sezione 344020, Valentano; foglio e particel-la catastale: 17: 64; coord. X 1729800/Y 4717850.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: 393 m s.l.m..Caratteri ambientali: alluvioni recenti terrazzate;fossi e canali di scolo discendenti verso la Pianadel Fosso olpeta.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa.Visibilità del terreno: mediocre.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.1999 (sito Valentano 11; scheda Valentano 11; nu-mero catalogo generale: SI 12/00797525; TMA12/00798135; I. Fiore).dimensioni: 15x20 m.densità della concentrazione: medio-alta.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:non determinabile.Commistione con reperti di epoca successiva: me-dia incidenza (materiali di età arcaica).

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Attribuzione cronologica del complessoetà pre-protostorica (prima età del ferro?).Collocazione materialiMateriali non raccolti.

L’area di concentrazione dei reperti si trova inprossimità dell’incrocio di due canali. oltre aframmenti ceramici, quest’area era ricoperta dauna grande quantità di grumi di argilla concottaanche di grandi dimensioni, che mostravano in al-cuni casi tracce di esposizione al fuoco. Nono-stante la visibilità mediocre, i materiali appariva-no molto consistenti (ceramica d’impasto relativaa frammenti di pareti di olle: 68,9%; ceramica fi-ne sabbiosa riferibile a orli, anse e pareti: 6,8%;concotto: 17,5%; industria litica: 6,8%).

C.B., S.V.

58-Montecaso

DescrizioneArea con frammenti ceramici.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Verentum.Attribuzione cronologica del complessoBronzo antico.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali1) Olla (fig. 22,1). Frammento di olla di forma ovoide, orloleggermente rientrante con estremità arrotondata. È presente,poco sotto l’orlo, un cordone liscio poco rilevato a profilo lie-vemente sagomato. Impasto medio di colore bruno; superfi-cie esterna lisciata, superficie interna grezza di colore bruno.Lungh. 6,5; largh. 5,3; spess. 1,5; diam. 20. Cfr Cocchi Ge-nick 1998, tipo 116. datazione: Bronzo antico.2) Olla (fig. 22,2). Frammento di olla di forma ovoide, orloleggermente rientrante con estremità arrotondata. È presente,poco sotto l’orlo, un cordone liscio poco rilevato a profilo ar-rotondato. Impasto medio di colore bruno; superficie esternalisciata, superficie interna grezza di colore bruno. Lungh. 6,6;largh. 10,2; spess. 1,4; diam. 30. Cfr Cocchi Genick 1998, ti-po 116. datazione: Bronzo antico.3) Olla (fig. 22,3). Frammento di olla di forma cilindro-ovoi-de, orlo verticale appena insellato. È presente, poco sottol’orlo, un cordone liscio a sezione triangolare. Impasto mediodi colore bruno; superfici lisciate. Lungh. 3,5; largh. 5,2;spess. 1,2; diam. 18,2. Cfr Cocchi Genich 1998, tipo 104 (av-vicinabile). datazione: Bronzo antico.4) Scodella con orlo ingrossato (fig. 22,4). Frammento discodella con parete convessa ed orlo ingrossato con estremitàsuperiore appiattita. Impasto medio di colore bruno; superfi-ci lisciate. Lungh. 3,3; largh. 3,2; spess. 1,3; diam. 18. CfrPersiani 1986, tav. 3,15; Sammartino 1996, fig. 2,4 e 6–8.datazione: Bronzo antico.

5) Orlo (fig. 22,5). Frammento di orlo lievemente rientrantecon estremità arrotondata. Impasto medio di colore bruno;superfici erose. Lungh. 3,1; largh. 4,2; spess. 0,9. 6) Bugna (fig. 22,6). Frammento di parete con bugna di for-ma circolare. Impasto medio di colore bruno scuro; superficilisciate. Lungh. 2,5; largh. 3; spess. 0,9.7) Parete decorata (fig. 22,7). Frammento di parete con de-corazione plastica a cordone con tacche di forma triangolareimpresse. Impasto medio di colore bruno; superfici erose.Lungh. 4,3; largh. 4; spess. 1,5.

F.R.

59-Monte Saliette

RINVeNIMeNTo ADescrizioneStrumento litico e frammento ceramico isolati.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Verentum del27/10/1985.Attribuzione cronologica del complessoNeolitico.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materialiIndustria litica1) Accetta litica (fig. 23,1). Frammento di accetta con facciainferiore piana e superiore a profilo convesso, taglio legger-mente espanso. Pietra verde; superficie faccia inferiore erosa,superificie faccia superiore levigata. Lungh. 3,4; largh. 4,1;spess. 0,9. datazione: Neolitico.Ceramica2) Scodella (fig. 23,2). Frammento di scodella a calotta conansa a piccolo rocchetto impostata sull’orlo, assottigliata alcentro e ingrossata ai due estremi, di cui uno mancante. Im-pasto fine di colore bruno-grigio; superfici lisciate di colorebruo-grigio. Lungh. 4; largh. 5; spess. 1. Cfr Bulgarelli et alii1993a, fig. 21,3. datazione: Neolitico.

F.R.

RINVeNIMeNTo BDescrizioneArea con frammenti ceramici.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Romano ante 1992.Attribuzione cronologica del complessoeneolitico; Bronzo antico; Bronzo medio 1-2 e 3.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali

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1) Scodella troncoconica con orlo ingrossato (fig. 23,3).Frammento di scodella troncoconica con orlo ingrossato siaall’interno sia all’esterno, con estremità appiattita. È presen-te, poco sotto l’orlo, un cordone liscio poco rilevato con an-damento angolare. Impasto medio di colore bruno; superficilisciate di colore bruno-grigio. Lungh. 4,8; largh. 4; spess.0,9. Cfr Cocchi Genick 1986, fig. 40,1; Poggiani Keller1991-92, p. 681 (primo a sinistra dal basso, su scodella conorlo indistinto). datazione: Bronzo medio 1.2) Scodella con orlo rientrante (fig. 23,4). Frammento di sco-della con orlo leggermente rientrante con estremità arroton-data e vasca profonda. Impasto fine di colore bruno; superfi-ci lisciate di colore nero. Alt. 3,4; lungh. 3; largh. 5,4; spess.0,7; diam. 22,6. Cfr Aranguren et alii 1985, tav. 7,10; CocchiGenick 1986, fig. 39,10; Cocchi Genick 2001, tipo 400. da-tazione: Bronzo medio 1.3) Scodella con presa triangolare (fig. 23,5). Frammento discodella con parete verticale al di sopra della carena, che ri-sulta piuttosto bassa ed a spigolo vivo; orlo in continuità conla parete superiormente arrotondato. Presa triangolare, leg-germente sopraelevata, impostata fra carena e orlo. Impastofine di colore bruno-grigio; superfici accuratamente lisciatedi colore bruno chiaro. Alt. 4; lungh. 4,4; largh. 10; spess.0,6; diam. 19,6. Cfr Cocchi Genick 2001, tipo 440 [potrebbeessere lo stesso oggetto pubblicato in d’ercole, di Gennaro1991-92]. datazione: Bronzo medio 2.4) Scodella ad orlo rientrante con presa triangolare (fig. 23,6).Frammento di scodella ad orlo rientrante superiormente appiat-tito con presa triangolare leggermente sopraelevata, impostatafra l’orlo e la vasca al di sotto del punto di massima espansio-ne. Impasto medio di colore bruno-grigio; superfici lisciate dicolore bruno-grigio. Lungh. 6; largh. 5,2; spessore 0,8. Cfr Coc-chi Genick 2001, tipo 372A. datazione: Bronzo Medio 2A.5) Scodella ad orlo rientrante con presa triangolare (fig. 23,7).Frammento di scodella ad orlo lievemente rientrante con estre-mità arrotondata e presa triangolare poco accennata impostatasu di esso. Impasto fine di colore nero; superfici lisciate di co-lore nero. Lungh. 5,2; largh. 4,8; spess. 0,7. Cfr Cocchi Genicket alii 1995, tipo 37A. datazione: Bronzo Medio 2A.6) Ciotola carenata (fig. 23,8). Frammento di ciotola con dia-metro massimo all’orlo, che è indistinto e superiormente arro-tondato, con carena bassa e pronunciata con parete al di sopradi essa concava. Impasto medio di colore bruno scuro; super-fici lisciate di colore nero. Alt. 4,1; lungh. 4; largh. 4,4; spess.0,4; diam. 20,4. Cfr Cocchi Genick 1987, fig. 37,3; Cocchi Ge-nick et alii 1995, tipo 289. datazione: Bronzo medio 1-2.7) Ciotola carenata (fig. 23,9). Frammento di ciotola con dia-metro maggiore alla carena, parete al disopra di essa rien-trante e lievemente concava, orlo appena svasato superior-mente arrotondato. Impasto fine di colore bruno scuro; su-perfici lisciate di colore bruno scuro. Lungh. 4,3; largh. 4,2;spess. 0,5. Cfr Aranguren et alii 1985, tav. 8,6; Cocchi Ge-nick 1986, fig. 38,3. datazione: Bronzo medio 1.8) Ciotola carenata (fig. 23,10). Frammento di ciotola care-nata, con probabile punto di massima espansione alla carena.Ansa a nastro verticale impostata tra la parete e la carena. Im-pasto fine di colore bruno; superfici lisciate di colore brunochiaro. Lungh. 6,7; largh. 9; spess. 0,7. Cfr Aranguren, Pe-razzi 2004, fig. 3,2; Franco 1982, tav. VIII,1. datazione:Bronzo medio 1-2.9) Olla globulare (fig. 23,11). Frammento di olla globularecon orlo lievemente rientrante con estremità arrotondata. Abreve distanza dall’orlo è presente un cordone plastico liscioa sezione semicircolare, pronunciato. Impasto medio di colo-re bruno-rossiccio; superfici scabre di colore bruno-rossiccio.Lungh. 6,8; largh. 6,4, spess. 0,8. Cfr Cocchi Genick 1986,

fig. 23,6; Poggiani Keller 1999, fig. 22,13. datazione: Bron-zo antico; Bronzo medio?10) Orlo everso e parete decorata (fig. 24,1). Frammento diorlo leggermente everso ed assottigliato con attacco di pare-te a profilo concavo, probabilmente pertinente ad una cioto-la. È presente sulla parete una decorazione, parziale, formatada un triangolo campito a punti di minute dimensioni, deli-mitato da sottili linee incise. Impasto fine di colore bruno; su-perficie interna lisciata di colore nero, superficie esterna li-sciata di colore bruno scuro. Lungh. 3; largh. 4; spess. 0,4.Cfr Conti et alii 1993, tav. 4,6. datazione: Bronzo medio 3.11) Ansa a nastro con prolungamento pseudo-asciforme (fig.24,2). Frammento di parete con ansa a nastro piuttosto svi-luppata in lunghezza con basso prolungamento pseudoa-sciforme. Impasto grossolano di colore bruno; superfici li-sciate di colore bruno-grigiastro. Lungh. 7,4; largh. 5,6;spess. 0,9. Cfr Cocchi Genick 1998, tipo 171B simile. data-zione: Bronzo antico.12) Ansa a nastro con prolungamento asciforme (fig. 24,3).Impasto fine di colore bruno; superfici lisciate di colore nero.Lungh. 11; largh. 12; spess. 1,6. Cfr Franco 1982, tav. XVI,M1-21. datazione: Bronzo antico.13) Ansa a nastro “a gomito” (fig. 24,4). Impasto medio dicolore bruno chiaro; superfici lisciate di colore bruno-rossic-cio. Lungh. 7,8; largh. 9,6; spess. 1. Cfr Cocchi Genick 1998,tipo 174. datazione: Bronzo antico.14) Ansa canaliculata (fig. 24,5). Ansa canaliculata di formastretta con margini laterali pressoché paralleli, impostata sul-l’orlo che è leggermene rientrante. Impasto medio di colorebruno; superfici lisciate di colore bruno. Lungh. 4,9; largh.4,2; spess. 0,4. Cfr Cocchi Genick 1998, tipo 193; Cuda, Sar-ti 1996, fig. 1,6. datazione: Bronzo antico.15) Orlo decorato a tesa? (fig. 24,6). Frammento di sottileorlo a tesa, mancante dell’estremità. È presente una decora-zione incisa formante un motivo angolare con una serie disottili e brevi segmenti sottostanti. Impasto fine di colore bru-no scuro; superfici lisciate di colore bruno-rossiccio. Lungh.1,6; largh. 2,4, spess. 0,4.16) Parete decorata (fig. 24,7). Frammento di parete a profilorettilineo con una decorazione a piccoli cerchi impressi con leg-gera solcatura orizzontale sottostante. Impasto medio di colorebruno; superfici lisciate di colore bruno. Lungh. 3,2; largh. 2,2;spess. 0,7. Cfr Fratini 2003, fig. 1,1; Belardelli et alii 2007, si-to 242, pp. 355-359, fig. 190,4. datazione: Bronzo medio 3.17) Parete decorata (fig. 24,8). Frammento di parete con pro-filo lievemente concavo, decorato con un motivo ad intagliocon triangoli a vertici alternati, inquadrato fra due nastri inci-si campiti da piccoli punti impressi. È presente anche un ter-zo nastro inciso, con angolo in basso, campito da punti. Im-pasto fine di colore bruno chiaro; superfici lisciate di colorebruno. Lungh. 3,2; largh. 3,8; spess. 0,8. Cfr Macchiarola1987, motivo 203A. datazione: Bronzo medio 3.18) Frammento di parete con bugna circolare appiattita (fig.24,9). Impasto medio di colore bruno-grigiastro; superficieinterna lisciata di colore bruno-grigiastro, superficie esternalevigata di colore nero. Lungh. 4,2; largh. 4; spess. 0,8. CfrCocchi Genick 1998, tipo 229. datazione: Bronzo antico.19) Frammento di parete decorata con un segmento di cor-done liscio semicircolare (fig. 24,10). Impasto medio di co-lore bruno; superfici lisciate di colore bruno. Lungh. 4; largh.2,4; spess. 1. Cfr Cocchi Genick 1986, fig. 42,3; Casi, diGennaro 1991-92, fig. A,6. datazione: Bronzo medio 1.20) Frammento di parete con cordone a sezione triangolaree incisioni verticali (fig. 24,11). Impasto medio di colore bru-no; superficie interna lisciata di colore nero, superficie ester-na lisciata di colore bruno. Lungh. 5,2; largh. 6; spess. 0,8.

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Cfr Cocchi Genick 1986, fig. 20,5. datazione: eneolitico. 21) Frammento di parete con cordone plastico a spirale sem-plice (fig. 24,12). Impasto medio di colore bruno; superfici li-sciate di colore bruno. Lungh. 4,2; largh. 5; spess. 0,8. CfrCalzoni 1962, tav. V; Radi 1981, fig. 23,10; Ceccanti, CocchiGenick 1982, fig. 4,7. datazione: Bronzo medio 1-2 e 3.

V.C.

RINVeNIMeNTo CDescrizioneArea con frammenti ceramici.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Verentum del15/03/1993.Attribuzione cronologica del complessoetà del bronzo; Bronzo medio 3.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali1) Parete con decorazione (fig. 25,1). Frammento di paretecon profilo leggermente concavo, prossimo all’attacco del-l’orlo. È presente una decorazione realizzata con due nastritrasversali incisi, campiti da una fila di punti impressi. Impa-sto fine di colore bruno chiaro; superfici erose di colore bru-no. Lungh. 4; largh. 3,2; spess. 0,9. Cfr Macchiarola 1987,motivo 52A. datazione: Bronzo medio 3.2) Ansa a maniglia (fig. 25,2). Frammento di ansa a manigliasemicircolare, con sezione quadrangolare. È presente una de-corazione a cordone poco rilevato e a profilo arrotondato, conimpressioni subcircolari. Impasto medio di colore bruno scu-ro; superfici lisciate di colore bruno scuro. Lungh. 4,5; largh.2,5; spess. 1,2. Cfr Filippi, Pacciarelli 1991, fig. 5,36.3) Olla (fig. 25,3). Frammento di olla con parete a profiloconvesso, orlo con estremità arrotondata. È presente una de-corazione realizzata a impressioni subrettangolari, con anda-mento irregolarmente orizzontale subito sotto l’orlo. Impastomedio di colore bruno; superfici erose di colore bruno chia-ro. Alt. 3,6; lungh. 4; largh. 4,6; spess. 1; diam. 22.4) Olla (fig. 25,4). Frammento di olla con parete a profiloleggermente convesso, orlo con estremità appiattita. È pre-sente una decorazione realizzata con cordone plastico, a se-zione arrotondata e tacche rettangolari profondamente im-presse, subito sotto l’orlo. Visibile sulla parete un foro con-servato per circa la metà. Impasto medio di colore bruno; su-perfici erose di colore nero. Alt. 4; lungh. 4,5; largh. 4,5;spess. 1; diam. 24.5) Olla (fig. 25,5). Frammento di olla con parete a profiloleggermente convesso, orlo con estremità appiattita e obliquoall’interno. È presente una decorazione realizzata con cordo-ne plastico liscio, a sezione triangolare, subito sotto l’orlo.Impasto medio di colore bruno; superfici erose di colore bru-no. Alt. 5,5; lungh. 6; largh. 4,6; spess. 1,4; diam. 23.

V.C.

RINVeNIMeNTo dDescrizioneFrammento ceramico isolato.

CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Verentum dello08/04/1993.Attribuzione cronologica del complessoBronzo medio 2 e 3.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali1) Frammento di scodellone con presa triangolare (fig.25,6). Frammento di scodellone ad orlo verticale superior-mente appiattito, vasca a profilo leggermente convesso e pre-sa triangolare quasi orizzontale impostata dall’orlo alla va-sca, appena al di sotto del punto di massima espansione. Im-pasto medio di colore bruno; superfici lisciate di colore bru-no scuro. Alt. 4; lungh. 5,5; largh. 7,5; spess. 0,9; diam. 36.Cfr Franco 1982, tav. XI, M2-41 (variante). datazione: Bron-zo medio 2A-3.

V.C.

RINVeNIMeNTo eDescrizioneArea con frammenti ceramiciCartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano; Lat. 42° 33’ 57”,44 N-Long.11° 47’ 50” e.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggianteQuota: 399 m s.l.m..Caratteri ambientali: rocce piroclastiche e sedi-menti di colore bruno chiaro; evidenti alcuni rivo-li dovuti a scorrimento di acque piovane.Utilizzazione del suolo: seminativa.Visibilità del terreno: mediocre.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie effettuata durante lo scavo SBAeM 1992.dimensioni: 150x100 m. densità della concentrazione: alta.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primaria.Commistione con reperti di epoca successiva: altaincidenza (materiali di età storica).osservazioni: nel terreno posto a circa 200 m aNo della quota 445,8, in un’area localizzata pres-so il limite S in prossimità di un’area boschiva,sono state individuate e recuperate alcuni fram-menti di selce frammisti a frammenti ceramici diepoche diverse.Attribuzione cronologica del complessoeneolitico; Bronzo antico; Bronzo medio 1-2 e 3.

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Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali1) Scodella a profilo convesso (S-V-1 92; fig. 25,7). Fram-mento di scodella a profilo convesso, orlo indistinto in conti-nuità con la vasca con estremità arrotondata. Impasto mediodi colore bruno; superficie interna lisciata di colore bruno-rossiccio, superficie esterna levigata di colore bruno-rossic-cio. Lungh. 3,4; largh. 4,4; spess. 0,6. Cfr Pennacchioni1977, tav. 30,49; Cocchi Genick 1998, tipo 5. datazione:Bronzo antico 1.2) Frammento di scodella con bugna (S-P/VI-1 92; fig. 25,8).Frammento di scodella troncoconica, orlo indistinto con estre-mità appiattita. Sotto l’orlo è presente una bugna circolare ap-piattita. Impasto medio di colore bruno; superficie interna li-sciata di colore bruno, superficie esterna lisciata di colore ros-sastro. Lungh. 7; largh. 4,2; spess. 0,8. Cfr Cocchi Genick1998, tipo 229, per la bugna. datazione: Bronzo antico 1.3) Scodella troncoconica (S-X/4-1 92; fig. 25,9). Frammentodi scodella troncoconica con orlo indistinto superiormenteappiattito. Sotto l’orlo è presente una fila di due cordoni, po-co aggettanti e ravvicinati fra loro, decorati con impressionicircolari poco profonde. Impasto grossolano di colore bruno;superfici erose di colore bruno-grigio. Lungh. 6; largh. 6;spess. 1,4. Cfr Carboni 2002, fig. 46,16; Cazzella, Moscolo-ni (a cura di) 1999, tav. 57,10 (per la decorazione). datazio-ne: eneolitico.4) Scodella troncoconica ( S-Q/I-3 92; fig. 26,1). Frammen-to di scodella troncoconica con orlo indistinto superiormenteappiattito. Sotto l’orlo è presente un cordone liscio, poco ag-gettante e leggermente inclinato. Impasto medio di colorebruno; superfici lisciate di colore bruno-grigio. Lungh. 4; lar-gh. 3, spess. 0,7.5) Scodella con orlo distinto ( S-X/8-1 92; fig. 26,2). Fram-mento di scodella con orlo distinto, leggermente inclinatoverso l’interno e con estremità arrotondata; spigolo internopronunciato. Impasto medio di colore bruno; superficie inter-na lisciata di colore bruno, superficie esterna lisciata di colo-re-rossastro. Lungh. 3,5; largh. 3; spess. 1. Cfr Cocchi Ge-nick 1998, tipo 23B; Negroni Catacchio, Miari 1991-92, fig.2, US 9 in alto a sinistra); Persiani 1986, tav. 2,4; Radi 1981,fig. 17,6. datazione: Bronzo antico.6) Scodella ad orlo fortemente rientrante (S-P/XV-1 92; fig.26,3). Frammento di scodella con alta carena a profilo ango-lare, con orlo fortemente rientrante, dritto, poco sviluppato edestremità arrotondata, vasca a profilo rettilineo. Impasto me-dio di colore bruno-grigio; superfici levigate di colore nero.Lungh. 7,8; largh. 10; spess. 0,9 cm. Cfr Cuda, Sarti 1991-92,fig. 3,1; Cocchi Genick, Poggiani Keller 1991, fig. 1,1; Coc-chi Genick 2001, tipo 415 A; Balducci et alii 2007, fig. 1,7.datazione: Bronzo medio 1-2.7) Orlo everso con accenno di carena (S-P-1 92; fig. 26,4).Frammento di orlo lievemente everso con estremità arroton-data, parete leggermente concava e accenno di carena. Impa-sto medio di colore bruno; superficie esterna lisciata di colo-re bruno chiaro, superficie interna lisciata di colore bruno-rossiccio. Lungh. 5; largh. 5,2; spess. 0,8. Cfr Cocchi Genick1986, fig. 35,3 e fig. 39,2. datazione: Bronzo medio 1.8) Tazza o ciotola? (S-X/3-2 92; fig. 26,5). Frammento diciotola con orlo fortemente svasato, a profilo leggermente ar-rotondato con spigolo interno pronunciato, parete convessa.Impasto medio di colore grigio sucro; superfici lisciate di co-lore bruno. Lungh. 6,5; largh. 7,8; spess. 0,8. Cfr Cuda, Sar-ti 1991-92, fig. 2,2. datazione: Bronzo medio 3.9) Orlo svasato (S-P/I-4 92; fig. 26,6). Impasto fine di colo-

re bruno; superfici lisciate di colore bruno. Lungh. 2; largh.3,8; spess. 0,5. Cfr Persiani 1986, tav. 2,12. datazione: Bron-zo antico.10) Sostegno o ciotola ad orlo svasato? (S-P/XII-1 92; fig.26,7). Impasto fine di colore bruno; superfici lisciate di colorebruno-rossiccio. Lungh. 3; largh. 3,2; spess. 0,5. Cfr Cocchi Ge-nick et alii 1995, tipo 68 o 246 (?). datazione: Bronzo medio 3.11) Frammento di ansa a maniglia (S-X/7-1 92; fig. 26,8). Im-pasto medio di colore bruno chiaro; superficie lisciata di colorebruno-grigiastro. Lungh. 5,3; largh. 2,4; spess. 1,6. Cfr Filippi,Pacciarelli 1991, fig. 11,8. datazione: Bronzo medio 1-2 e 3.12) Frammento di parete con cordone orizzontale liscio e bugnacircolare (S-P/XVI-16 92; fig. 26,9). Impasto fine di colore bru-no; superfici lisciate di colore bruno. Lungh. 3; largh. 4; spess. 2. 13) Frammento di parete con decorazione plastica a doppiaspirale (S-P/X-1 92; fig. 26,10). Impasto medio di colore bru-no; superficie interna lisciata di colore grigio, superficie ester-na lisciata di colore bruno. Lungh. 4,4; largh. 4,2; spess. 0,8.

F.R.

RINVeNIMeNTo FDescrizioneArea con frammenti ceramici. CartografiaCTR sezione 344020, Valentano; foglio e particel-la catastale: 23: 24; coord. X 1729320/Y 4715950.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pendio.Quota: 425-435 m s.l.m..Caratteri ambientali: depositi cineritici di vari co-lori con xenoliti laviche e sedimentarie, livelli dilapilli e scorie, livelli a xenoliti prevalenti; Fossoolpeta a circa 1190 m.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa.Visibilità del terreno: mediocre.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.1999 (sito Valentano 63; scheda Valentano 63; nu-mero catalogo generale: SI 12/00797502; TMA12/00797510; G. Cofini).dimensioni: 80x130 m.densità della concentrazione: medio-bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primaria.Commistione con reperti di epoca successiva:nessuna incidenza.BibliografiaBelardelli et alii 2007, sito 36, p. 326.Attribuzione cronologica del complesso eneolitico; Bronzo medio.Collocazione materialiMateriali non raccolti.

La ricognizione, svolta dopo piogge abbondanti, èstata ostacolata dalle stoppie ed effettuata lungo isolchi scavati dall’acqua piovana sul terreno. Iframmenti ceramici erano concentrati in modo si-

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gnificativo; le forme riconoscibili sono riferibili ascodelle (almeno 2, di cui una a parete rientrante) ead 1 boccale (almeno un frammento di orlo spor-gente). Sono stati individuati numerosi frammenti(pareti: 53, di cui almeno due con cordone plasticoe una decorata con linee incise formanti motivo a lo-sanghe che richiamavano sintassi decorative del va-so campaniforme; orli: 2; fuseruola sferoidale: 1).

C.B., S.V.

RINVeNIMeNTo GDescrizioneArea con frammenti ceramici.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Verentum.Attribuzione cronologica del complessoBronzo medio 1, 2 e 3.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali1) Scodella ad orlo rientrante con presa triangolare (fig. 27,1).Frammento di scodella ad orlo rientrante con estremità appiat-tita e leggermente inclinata all’interno, presa triangolare leg-germente sopraelevata e sagomata, impostata fra l’orlo e la va-sca al di sotto del punto di massima espansione. Impasto finedi colore bruno chiaro; superfici lisciate di colore bruno chia-ro. Alt. 4,6; lungh. 6; largh. 10,6; spess. 0,7; diam. 23. Cfr Coc-chi Genick 2001, tipo 449B. datazione: Bronzo medio 2A-3.2) Scodella ad orlo rientrante con presa triangolare (fig. 27,2).Frammento di scodella ad orlo rientrante superiormente arro-tondato con presa triangolare a sezione circolare leggermentesopraelevata, impostata subito fra l’orlo e la vasca al di sottodel punto di massima espansione. Impasto fine di colore brunoscuro; superfici lisciate di colore bruno scuro. Alt. 3; lungh. 4;largh. 4,5; spessore 0,7; diam. 17. Cfr Cocchi Genick 2001, ti-po 371B. datazione: Bronzo medio 2A-3.3) Ciotola carenata (fig. 27,3). Frammento di ciotola carena-ta con alta parete a profilo rettilineo e orlo everso superior-mente arrotondato; vasca troncoconica bassa. Impasto fine dicolore bruno scuro; superfici lisciate di colore bruno scuro.Alt. 5; lungh. 5,5; largh. 6; spess. 0,6; diam. 16. Cfr Franco1982, tav. V,M2-21. datazione: Bronzo medio 2A.4) Ciotola carenata (fig. 27,4). Frammento di ciotola carena-ta con parete al di sopra della carena, che è verso il basso,leggermente rientrante e a profilo lievemente concavo; orloeverso con estremità arrotondata. Sono presenti gli attacchi diun’ansa a sezione triangolare, sull’orlo e al di sopra della ca-rena. Impasto fine di colore bruno scuro; superfici lisciate dicolore bruno. Alt. 5; lungh. 4,6; largh. 4,8; spess. 0,6; diam.11. Cfr Aranguren et alii 1985, tav. 6,2; Franco 1982, tav.IX,M1-12 (con fondo e ansa). datazione: Bronzo medio 1-2.5) Ciotola carenata (fig. 27,5). Frammento di ciotola carena-ta con alta parete a profilo rettilineo e orlo everso superior-mente arrotondato; attacco della vasca troncoconica. Impastofine di colore bruno chiaro; superfici lisciate di colore brunochiaro. Alt. 3; lungh. 3,5; largh. 3,2; spess. 0,5; diam. 8,5. Cfr

Barich 1969, fig. 14,1; Belardelli 2004, tipo 26 e tav. XLIV,4.datazione: Bronzo medio 3.6) Ciotola carenata (fig. 27,6). Frammento di ciotola carena-ta con breve parete a profilo rettilineo leggermente rientran-te, orlo everso superiormente arrotondato; attacco della vascatroncoconica. Impasto fine di colore bruno chiaro; superficilisciate di colore bruno chiaro. Alt. 3; lungh. 3,5; largh. 3,5;spess. 0,4; diam. 7,5. Cfr Barich 1969, fig. 14,6; Belardelli2004, tipo 28 variante b con decorazione e fig. 9,26. data-zione: Bronzo medio 3.7) Orlo decorato (fig. 27,7). Frammento di orlo everso conestremità arrotondata e attacco di parete a profilo convesso.È presente una decorazione realizzata con sei incisioni ret-tangolari sovrapposte in verticale sulla parete. Impasto fine dicolore bruno; superfici erose di colore bruno. Lungh. 2,5; lar-gh. 2; spess. 0,5. Cfr Macchiarola 1987, motivo 159? data-zione: Bronzo medio 3.8) Tazza (fig. 27,8). Frammento di tazza carenata con pareteleggermente rientrante a profilo lievemente concavo; orloeverso con estremità arrotondata; carena a spigolo arrotonda-to e vasca troncoconica. Ansa a bastoncello verticale conestremità sopraelevata. Impasto fine di colore bruno chiaro;superfici lisciate di colore bruno chiaro. Alt. 5; lungh. 6; lar-gh. 4; spess. 0,8.

F.R.

60-Mulino di Valentano

DescrizioneArea con frammenti ceramici.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano; Lat. 42° 34’ 17”,96 N-Long.11° 47’ 03”,04 e.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pendio lieve.Quota: 404 m s.l.m..Caratteri ambientali: rocce piroclastiche e sedi-menti di colore bruno-grigio.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa.Visibilità del terreno: mediocre.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizioneSBAeM 1994 (scheda 327; G. Cofini).dimensioni: 120x50 m.densità della concentrazione: bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:non determinabile.Commistione con reperti di epoca successiva:nessuna incidenza.osservazioni: l’area dei ritrovamenti, costituiti dasoli frammenti di parete di modeste dimensioni inceramica d’impasto, è collocata sull’estremità orien-tale di un terreno localizzato a N dalla quota 404,2.Attribuzione cronologica del complessoetà protostorica.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali

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1) Parete con cordone (fig. 27,9). Frammento di parete con an-damento leggermente convesso con decorazione plastica, rea-lizzata con un cordone a sezione arrotondata e impressioni diforma subcircolare profonde. Impasto medio di colore brunochiaro; superfici erose. Lungh. 3,2; largh. 4,7; spess. 2,1.

F.R.

61-Mulino di Valentano

DescrizioneArea con frammenti ceramici.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano; Lat. 42° 34’ 04”,91 N-Long.11° 47’ e.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pendio lieve.Quota: 400 m s.l.m..Caratteri ambientali: rocce piroclastiche e sedi-menti di colore bruno-grigio.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa.Visibilità del terreno: mediocre.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizioneSBAeM 1994 (scheda 331; G. Cofini).dimensioni: 230x80 m.densità della concentrazione: bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:non determinabile.Commistione con reperti di epoca successiva: me-dia incidenza (materiale di età storica).osservazioni: l’area dei ritrovamenti è collocata acirca 50 m in direzione Ne dalla quota 407,7. Attribuzione cronologica del complessoetà protostorica.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali 1) Orlo ingrossato (fig. 27,10). Frammento di orlo legger-mente ingrossato esternamente ed estremità arrotondata. Im-pasto medio di colore bruno chiaro; superfici erose. Lungh.3,6; largh. 4,1; spess. 1.2) Orlo rientrante (fig. 27,11). Frammento di orlo legger-mente rientrante con estremità arrotondata. Impasto medio dicolore bruno scuro; superfici erose. Lungh. 2,4; largh. 2,8;spess. 1,3.3) Orlo distinto (fig. 28,1). Frammento di orlo distinto, perti-nente ad una forma di grandi dimensioni, con leggero ispes-simento interno ed esterno ed estremità lievemente appiattita.Impasto medio di colore bruno chiaro; superfici erose. Lun-gh. 5,8; largh. 6; spess. 4,5.4) Orlo indistinto (fig. 28,2). Frammento di orlo indistintocon estremità arrotondata. Impasto medio di colore bruno;superfici lisciate. Lungh. 2,5; largh. 4,6; spess. 0,9.5) Fondo (fig. 28,3). Frammento di fondo piatto con attaccoalla parete, che è convessa, con spigolo arrotondato. Impastomedio di colore bruno scuro; superfici erose. Alt. 2,1; lungh.3,5; largh. 4,1; spess. 1.

F.R.

62-olpeta

DescrizioneArea con industria litica, frammenti ceramici e la-terizi.CartografiaCTR sezione 333140, Latera; foglio e particellacatastale: 5: 12; coord. X 1727810/Y 4721640.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: 456 m s.l.m..Caratteri ambientali: scorie, bombe, lapilli, bran-delli lavici dei coni; Lago di Mezzano a 250 m eFosso olpeta a 200 m.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.1999 (sito Valentano 23; scheda Valentano 23; nu-mero catalogo generale: SI 12/00797537; I. Fiore).dimensioni area: 10x40 m.densità della concentrazione: media.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primaria.Commistione con reperti di epoca successiva:bassa incidenza (materiali di età romana). Attribuzione cronologica del complessoNeolitico; età del bronzo.Collocazione materialiMateriali non raccolti.

La ceramica d’impasto ed il concotto sono statirinvenuti in un’area di poche decine di centimetri;a qualche decina di metri da questi materiali, sonostati individuati laterizi di età romana e industrialitica (ceramica d’impasto: 70%; concotto: 10%;schegge: 10%).

C.B., S.V.

63-Pian dei cavalieri, Puzzole

RINVeNIMeNTo ADescrizioneArea con industria litica.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano.Dati relativi al suoloQuota: circa 400 m s.l.m..Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Verentum.BibliografiaGiacopini, Mantero 1995a.Attribuzione cronologica del complesso

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Paleolitico medio; Paleolitico superiore; Neoliti-co; Neo-eneolitico.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali 1) Raschiatoio déjeté (Bordes T.21; fig. 12,4). Manufatto suscheggia a profilo subtriangolare. I due taglienti convergentisono prodotti attraverso larghi distacchi a ritocco sopreleva-to; l’apice arrotondato presenta sui margini, compresa la fac-cia dorsale, sbrecciature irregolari connesse probabilmentecon la sua utilizzazione. Bulbo assottigliato. Selce avana agrana fine; percussione. Lungh. 3,7; largh. 3; spess. 1,1. da-tazione: Paleolitico medio.2) Grattatoio carenato (Bordes T.11; fig. 12,5). Grattatoiocarenato su calotta, frontale a ritocco soprelevato parallelo.Ejecta; tracce di cortice; percussione. Lungh. 3,15; largh.1,8. datazione: Paleolitico superiore.3) Grattatoio su scheggia (Bordes T.3; fig. 12,6). Grattatoiosu scheggia piatta con fronte rettilineo a ritocco paralleloobliquo prodotto per pressione; tallone liscio parzialmenteasportato. Selce beige a grana fine; pressione. Lungh. 1,6;largh. 2,2; spess. 0,5. datazione: Paleolitico superiore.4) Nucleo piatto (fig. 12,7). Nucleo piatto a débitage lamina-re, piano di percussione liscio, inclinato che presenta traccedell’abrasione delle corniche. La superficie di débitage sipresenta canalata con nervature rettilinee parallele. Selceavana zonata a grana fine; cortice; pressione. Lungh. 1,85;largh. 2,5; spess. 1,85. datazione: Neolitico.5) Troncatura obliqua (Laplace T.3; fig. 12,8). Troncaturaobliqua distale a ritocco ripido, su lama a sezione triangolareche presenta sul margine concavo destro ritocco bifaccialemarginale denticolato, sul margine sinistro tracce d’utilizza-zione. Selce avana a grana fine; percussione. Lungh. 1,55;largh. 3,2; spess. 0,4. datazione: Neo-eneolitico.6) Accetta in pietra levigata (fig. 12,9). Accetta levigata a se-zione piano-convessa mancante del margine laterale destro.Fronte interessato da una forte usura e da una serie di distacchidi scaglie su entrambe le facce oltre al margine sinistro. Calca-re marnoso a grana fine; levigatura. Lungh. 3,5; largh. 5,4;spess. 1,4. Cfr Corridi, Moroni 1993. datazione: Neolitico.7) Nucleo piatto (fig. 12,10). Nucleo piano a débitage lami-nare ad un piano di pressione preparato, cornice del piano dipressione marcata con tracce di abrasione; piano di débitagecanalato con lunghe nervature parallele rettilinee. Selce cre-ma a grana fine; cortice; pressione. Lungh. 2; largh. 3,2;spess. 0,9. datazione: Neolitico.

L’insieme litico comprende 111 manufatti che co-stituiscono un gruppo dalle caratteristiche sostan-zialmente omogenee, cronologicamente riferibilial Tardoglaciale o all’inizio dell’olocene. dalcomplesso si discosta per caratteristiche tipologi-che un esiguo numero di strumenti (3) assegnabi-li al Paleolitico medio: 1 denticolato su scheggia adistacco preferenziale, 1 raschiatoio trasversaleconcavo su scheggia corticale e 1 raschiatoio con-cavo-convesso su ciottolo.Nell’insieme i talloni sono presenti su circa il 40%dei manufatti tra i quali prevalgono quelli scaglia-ti (34% del totale), seguiti dal tipo puntiforme(15%), piano, lineare, diedro, mentre quelli aspor-

tati intenzionalmente assommano a circa il 15%. Tra i nuclei (14) prevale il tipo ad un piano di per-cussione (7), segue il tipo cilindrico a lamelle (1),piatto a due piani di percussione opposti (tav. 6, n.6), infine 4 informi. Il débitage è costituito da 5 lame di cui una inquarzite, 15 frammenti di lamelle, 1 lamella contracce di ritocco e 1 riflessa, 1 lama a cresta; leschegge ordinarie assommano a 23, mentre quellecorticali sono poco rappresentate (3).Gli strumenti comprendono 2 grattatoi, uno suscheggia e uno circolare microlitico in diaspro condiametro di 1 cm. I punteruoli normali su scheggiasono 3 mentre è riconoscibile 1 bulino diedro d’as-se di dimensioni anomale rispetto alla media delcomplesso (l max. 4,5 cm). Tra le troncature, 3 so-no oblique e 2 normali (una parziale); seguono 1lama ritoccata con ritocco inverso in diaspro e 1raschiatoio doppio con ritocco a scaglie. Presenti le intaccature tutte su scheggia (6), di cuidue ricavate da diaspro ed ejecta, che costituisco-no il gruppo di strumenti di maggiori dimensioni.La lamella a ritocco denticolato bilaterale testi-monia la presenza di questa classe. I dorsi sonorappresentati da 1 lamella a dorso bitroncata, 1 adorso troncato e 1 a dorso unilaterale. Lamellecon intaccatura (1) e con ritocco marginale (1)concludono il contesto.L’unico strumento con ritocco bifacciale del tipofoliato sembra costituire l’attestazione più tardaall’interno della raccolta.

L.G., D.M.

RINVeNIMeNTo BDescrizioneArea con industria litica.CartografiaCTR sezione 344020, Valentano; foglio e particel-la catastale: 16: 96; coord. X 1728750/Y 4718450.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: 400,7 m s.l.m.. Caratteri ambientali: alluvioni recenti terrazzate;il Fosso di Santa Lucia con acqua sulfurea correparallelo alla strada; sono presenti canali di scolomoderni all’interno dei campi.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa. Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.1999 (sito Valentano 7; scheda Valentano 7; nume-ro catalogo generale: SI 12/00797521; I. Fiore).dimensioni area: 20x40 m.

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densità della concentrazione: media.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:non determinabile.Commistione con reperti di epoca successiva:nessuna incidenza.Attribuzione cronologica del complessoPaleolitico superiore/later. Collocazione materialiMateriali non raccolti.

Cospicua presenza di industria litica (si segnala 1grattatoio) soprattutto in prossimità dei canali(schegge laminari: 3,8%; nuclei a lamelle: 11,5%;strumenti: 2%; frammenti: 82,7%).

C.B., S.V.

64-Pian dell’alberone

DescrizioneArea con frammenti ceramici e laterizi.CartografiaCTR sezione 344020, Valentano; foglio e particellacatastale: 10: 241; coord. X 1728945/Y 4719220.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: 407 m s.l.m..Caratteri ambientali: alluvioni recenti ed attuali,depositi eluviali; fossi e canali di scolo discen-denti verso la Piana dell’olpeta.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.1999 (sito Valentano 5; scheda Valentano 5; nume-ro catalogo generale: SI 12/00797519; I. Fiore).dimensioni area: 30x30 m.densità della concentrazione: bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:non determinabile.Commistione con reperti di epoca successiva: ele-vata incidenza (materiali di età arcaica).Attribuzione cronologica del complessoTarda età del bronzo (prima età del ferro?).Collocazione materialiMateriali non raccolti.

È stato rinvenuto materiale ceramico con superfi-ci molto dilavate, in bassa densità (3-4 frammen-ti/m2); esso proveniva in particolare da un’area allimite del campo coltivato, dove due canali quasisi incrociano. È da segnalare la presenza di 1 orlodi bacino di età arcaica oltre a frammenti d’impa-sto, fra cui 1 parete con cordone digitato forse ri-feribile al Bronzo tardo (o alla prima età del fer-

ro? Ceramica d’impasto: 3,3%; ceramica fine sab-biosa fra cui 1 orlo di bacino: 23,3%; mattoni:46,8%; ceramica grossolana: 26,6%).

C.B., S.V.

65-Pian dell’arciprete

RINVeNIMeNTo ADescrizioneArea con industria litica.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano; Lat. 42° 35’ 08”,93 N-Long.11° 47’ 20”,43 e.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: 400 m s.l.m..Caratteri ambientali: rocce piroclastiche e sedi-menti di colore bruno; sorgenti di acque sulfureein direzione S.Utilizzazione del suolo: agricola, arativa.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizioneSBAeM 1994 (scheda 232; G. Cofini).dimensioni: 150x100 m.densità della concentrazione: media.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:non determinabile.Commistione con reperti di epoca successiva:nessuna incidenza.osservazioni: i materiali provengono da un’areapianeggiante in prossimità della S.P. Valle del-l’olpeta all’incrocio con la S.P. del Lago di Mez-zano, localizzata a circa 200 m in direzione Sodella quota 400,7 e a valle del poggio, che rag-giunge quota di 422,2, posto in direzione No. La prima segnalazione della presenza di industrialitica è stata effettuata dal Gruppo archeologicoVerentum.Attribuzione cronologica del complessoPaleolitico medio; Neo-eneolitico.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali 1) Nucleo globulare (fig. 12,11). Nucleo privo di piani di per-cussione e/o superfici di débitage riconoscibili; i numerosinegativi di distacco ne determinano la forma globulare. Sel-ce avana a grana grossa; percussione. diam. 2,2. datazione:Paleolitico medio.2) Lama ritoccata (fig. 12,12). Lama integra mancante del-l’estremità distale, ritocco discontinuo fine prossimale e cor-to distale sul margine destro, a scaglie corto marginale sini-stro; tallone asportato. Selce nocciola a grana fine; percus-sione. Lungh. 1,5; largh. 3,3; spess. 1,2. datazione: Neo-eneolitico.

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3) Bulino diedro d’angolo (fig. 12,13). Bulino integro diedrod’angolo su scheggia. Selce marrone a grana fine; patina lu-stra; percussione. Lungh. 1,9; largh. 2,95; spess. 0,95. data-zione: Neo-eneolitico.

Il complesso è nella quasi totalità di fisionomiaolocenica. È costituito da 32 manufatti su selce,ejecta e diaspro ripartiti in 2 nuclei, 8 strumenti e22 prodotti del débitage, al cui interno predominala categoria delle schegge sulle lame, entrambe didimensioni piccole; tra le schegge laminari sonopresenti 2 “creste” e 1 frammento di lama riflessa.I nuclei sono costituiti da 1 micronucleo globula-re e da 1 elemento frammentario su selce. Tra gli strumenti si contano 4 raschiatoi carenati a ri-tocco profondo, 1 punta su scheggia spessa, 1 lamaa ritocco marginale su ejecta, 1 intaccatura su scheg-gia in diaspro, 1 lama ritoccata (n. 2 del catalogo), 1bulino diedro d’angolo su scheggia (n. 3 del catalo-go) e 1 nucleo globulare (n. 1 del catalogo).L’insieme delle industrie, seppur esiguo quantitati-vamente, è interessante per vari motivi. In primoluogo per la presenza del micronucleo, caratteriz-zante ormai molti complessi industriali attribuiti alPaleolitico medio diffusi, ad esempio, nell’area su-burbana romana. In secondo luogo per l’estremastandardizzazione dei raschiatoi corti carenati a ri-tocco profondo, che costituisce il gruppo più rap-presentato, ed infine per la scarsa incidenza dei bu-lini, per la tendenza complessiva ad una scarsa la-minarità e per l’utilizzo di materie prime diverse.

L.G., D.M.

RINVeNIMeNTo BDescrizioneArea con frammenti ceramici e laterizi.CartografiaCTR sezione 344020, Valentano; foglio e particel-la catastale: 15: 25-44; coord. X 1728340/Y4718240.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pendio lieve.Quota: 401 m s.l.m..Caratteri ambientali: tufo grigio e giallo stratifica-to a matrice più o meno pomicea con augite, bio-tite e xenoliti laviche anche di grosse dimensioni,relative a Poggio S. Luce. Fosso olpeta a circa1100 m.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.1999 (sito Valentano 41; scheda Valentano 41; nu-mero catalogo generale: SI 12/00797480; G. Cofini).

dimensioni area: 20x30 m.densità della concentrazione: bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primaria.Commistione con reperti di epoca successiva: altaincidenza (materiali di età romana).Attribuzione cronologica del complessoetà del bronzo?Collocazione materialiMateriali non raccolti.

L’esplorazione dell’area è stata effettuata a distan-ze ravvicinate (50/100 cm). I reperti apparivanoconcentrati. Fra i materiali si segnalano l’orlo di 1dolio e vari frammenti d’impasto, tra cui 1 paretecon cordone plastico digitato, riferibili presumi-bilmente all’età del bronzo presenti in misuradell’11% sul totale dei frammenti d’impasto e deilaterizi romani.

C.B., S.V.

66-Poggi del Mulino

DescrizioneArea con industria litica e frammenti ceramici.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano; Lat. 42° 34’ 27”,27 N-Long.11° 46’ 51”,30 e.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pendio lieve.Quota: 404 m s.l.m..Caratteri ambientali: rocce piroclastiche e sedi-menti di colore bruno-grigio.Utilizzazione del suolo: incolto.Visibilità del terreno: mediocre.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizioneSBAeM 1994 (scheda 326; G. Cofini)dimensioni: 100x16 m.densità della concentrazione: bassa.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:giacitura secondaria.Commistione con reperti di epoca successiva:nessuna incidenza.osservazioni: l’area è posta a circa 70 m in dire-zione eNe dalla quota 404, a poca distanza dallaS.P. Valle dell’olpeta in direzione S, presso l’e-stremità N di un terreno incolto. L’area risulta giàsegnalata da precedenti sopralluoghi del GruppoArcheologico Verentum.Attribuzione cronologica del complesso Paleolitico medio; Paleolitico superiore; Neoliti-co; Neo-eneolitico; età del bronzo.

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Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali Industria litica1) Becco-punta (fig. 12,14). Strumento su spessa scheggia,con sommità robusta e nettamente stondata, il cui apice è ri-toccato su entrambe le facce. L’usura dell’apice testimonia unuso in senso rotativo dello strumento che potrebbe rientrarenelle punte da trapano. Ritocchi scagliati bifacciali sui mar-gini e tallone asportato accidentalmente. Selce grigia zonataa grana media; patina spessa; percussione. Lungh. 2,5; largh.3,1; spess. 0,8. Cfr Calzoni 1939; Corridi, Moroni 1993. da-tazione: Neolitico.2) Lamella (fig. 12,15). Frammento distale di lamella contracce di utilizzazione su entrambi i margini. ossidiana; pres-sione. Lungh. 0,9; largh. 2,75; spess. 0,3. datazione: Neo-eneolitico.3) Lama a dorso (Laplace ld2; fig. 12,16). Frammento me-siale di lama a dorso bilaterale con ritocco ripido corto sini-stro; semiripido subparallelo destro. Selce marrone a granagrossa; percussione. Lungh. 1,25; largh. 1,6; spess. 0,3. da-tazione: Neo-eneolitico.Ceramica4) Orlo ingrossato (fig. 28,4). Frammento di orlo con ingros-samento esterno ed estremità superiore arrotondata. Impastomedio di colore bruno; superfici erose. Lungh. 3,6; largh. 6,9;spess. 2,1.5) Orlo indistinto (fig. 28,5). Frammento di orlo indistinto conestremità superiore arrotondata. Impasto medio di colore bru-no chiaro; superfici lisciate. Lungh. 2,1; largh. 3,4; spess. 1.6) Orlo appiattito (fig. 28,6). Frammento di orlo con accen-no di ispessimento esterno, con estremità superiore arroton-data. Subito sotto l’orlo è presente una decorazione ad im-pressioni ellittiche poco profonde, probabilmente continue.Impasto medio di colore bruno chiaro; superfici lisciate. Lun-gh. 2,1; largh. 3,4; spess. 1.7) Orlo everso (fig. 28,7). Frammento di orlo leggermenteeverso, con estremità superiore e spigolo interno arrotondati.Impasto medio di colore bruno chiaro; superfici lisciate. Lun-gh. 2,2; largh. 2,1; spess. 0,7.8) Fondo (fig. 28,8). Frammento di fondo piatto con innestoalla parete, che è convessa, con spigolo netto ad estremità ar-rotondata. Impasto medio di colore bruno scuro; superficierose. Alt. 3,1; lungh. 5; largh. 2,9; spess. 1,6.9) Parete con cordone (fig. 28,9). Frammento di parete conandamento rettilineo, decorato con cordone plastico a sezio-ne arrotondata e impressioni di forma subellitica pocoprofonde. Impasto medio di colore bruno chiaro; superficierose. Lungh. 3,1; largh. 4,9; spess. 1,7.

Sono stati recuperati pochi frammenti in ceramicad’impasto e numerosi materiali litici. Si segnalainoltre la presenza di abbondanti scorie di fusioneconcentrate presso il limite So dell’area.Per quanto riguarda in particolare i 131 manufattilitici raccolti, essi sono inquadrabili in larga misu-ra nell’insieme delle industrie tardoglaciali o del-le prime fasi oloceniche e, per un numero limitatodi manufatti, in momenti successivi. Gli esempla-ri descritti sopra nel catalogo ai numeri 1, 2 e 3rappresentano gli unici manufatti riferibili al con-tingente olocenico individuato in una precedente

ricognizione del Gruppo Archeologico Verentum. Non mancano tuttavia sporadiche attestazioni diindustrie più antiche, come un raschiatoio déjetécon ritocco ripido e intaccatura alternante attribui-bile al Paleolitico medio. Nel complesso i talloni sono riconoscibili com-plessivamente nel 33% dell’industria, senza che visia una prevalenza evidente di una morfologia ri-spetto ad un’altra; una maggiore diffusione sem-bra essere quella del tallone liscio, ma sono pre-senti talloni diedri, scagliati e puntiformi. In uncaso, su una lama con tracce di ritocco, è presen-te un tallone “a cappello di gendarme”.Lo scarso numero di prodotti di débitage (15schegge in tutto) e di nuclei – sono stati indivi-duati solo 3 nuclei di cui uno frammentario, 2 nu-clei esauriti in diaspro e 1 ravvivamento di nucleo– potrebbe riflettere una strategia di lavorazionealloctona, ipotesi suffragata dalla presenza di unagrande maggioranza di tipi nel contesto. Il dato in-teressante nel débitage è riferito alla presenza dilame di medie e grandi dimensioni (> 0,4 cm) ri-cavate dalla selce di provenienza locale (ejecta).I grattatoi sono ben rappresentati con differenti ti-pi: dal tipo unguiforme (2) al tipo su scheggia (3);presente il tipo carenato (2), su lama ritoccata (1),triangolare (1), su nucleo informe (1), doppio ecircolare di dimensioni microlitiche (1). Le tron-cature (3) sono su lamella, 2 del tipo obliquo,mentre le lame ritoccate (3) presentano un ritoccocontinuo marginale ed 1 risulta prodotta su ejecta.Le intaccature su scheggia sono attestate in duecasi di cui uno su diaspro; attestato il tipo su lamaritoccata tra cui 1 doppia intaccatura mesiale. Su1 strumento denticolato su lama si osservano ca-ratteri olocenici, mentre si registra la presenza di1 lama a ritocco denticolato inverso su ejecta. I ra-schiatoi (5) sono caratterizzati dal tipo su scheg-gia, talvolta ricavato da ejecta, mentre i dorsi so-no ben rappresentati da lamelle e lame. Sono pre-senti 1 lamella a dorso bitroncata, 1 frammento dilama e 1 di lamella a dorso bilaterale, 2 lamelle adorso marginale e 1 a dorso appuntita. Le lamellea fine ritocco marginale sono rappresentate da 6esemplari.

L.G., D.M., F.R.

67-Poggi del Mulino-casale Moscini

DescrizioneArea con manufatti metallici e frammento cerami-co isolato.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione

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344020, Valentano.Dati relativi al suoloQuota: circa 395 m s.l.m..Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Verentum.BibliografiaConti et alii 1993; Pellegrini 1993b; Belardelli etalii 2007, sito 34, pp. 326-327.Attribuzione cronologica del complessoNeolitico; Bronzo finale.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materialiMetallo2

1) Spillone (fig. 30,1). Gambo a sezione circolare e capocchiabiconica con estremità superiore arrotondata. Bronzo; patinaverde con alcune incrostazioni superificiali. Lungh. 13; diam.massimo gambo 0,4; diam. massimo capocchia 0,6. Cfr Ca-rancini 1975, p. 230 n. 1674 e taf. 52,1674; Venturino Gam-bari, Luzzi 1999, fig. 97,7; Grassi 2012, p. 17 (n. inv.139532) e fig. 8. datazione: Bronzo finale.2) Lingotto (fig. 30,2). Frammento con estremità distale adandamento circolare, restante profilo irregolare e sezione pia-no-convessa. Rame; patina verde scuro. Lungh. 3; largh. 2,5;spess. 1,4; peso 41,58.3) Lingotto (fig. 30,3). Frammento con estremità distale adandamento circolare, restante profilo irregolare e sezione pia-no-convessa. Rame; patina verde scuro. Lungh. 3,2; largh.2,4; spess. 1; peso 25,04.4) Lingotto (fig. 30,4). Frammento con profilo irregolare esezione subrettangolare. Rame; patina verde chiaro. Lungh.2,6; largh. 1,8; spess. 1; peso 13,13.5) Lingotto (fig. 30,5). Frammento con profilo irregolare esezione rettangolare. Piombo; patina bianca. Lungh. 2; largh.2,9; spess. 0,9; peso 44,97.Ceramica6) Ansa (fig. 28,10). Parete con ansa a rocchetto forato e api-ci sviluppati, frammentaria, decorata con sottili e brevi inci-sioni sul margine destro. Impasto fine di colore bruno chiaro;superfici lisciate. Lungh. parete 3,5; largh. parete 5,5; spess.parete 0,4. Cfr Ucelli Gnesutta, Bertagnini 1993, fig. 4,15;Fedeli 2002, fig. 1,1. datazione: Neolitico finale.

F.R.

68-Poggi del Mulino-Ferrai

RINVeNIMeNTo ADescrizioneArea con industria litica.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano.Dati relativi al suoloQuota: circa 395 m s.l.m..Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Verentum.Attribuzione cronologica del complesso

Paleolitico superiore; Neolitico; eneolitico.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali 1) Nucleo a piani di percussione incrociati (fig. 13,1). Nu-cleo prismatico a due piani di percussione opposti ed uno or-togonale all’asse; piani di percussione lisci fortemente obli-qui e fronte convesso con sbrecciature. Selce avana zonata agrana media; patina lustra; percussione. Lungh. 2,2; largh. 5;spess. 1,4.2) Lama (Bordes T.61; fig. 13,2). Lama a ritocco inverso cor-to parziale mesiale con tallone liscio parzialmente asportato.Selce bionda zonata a grana fine; patina doppia, percussione.Lungh. 1,4; largh. 3,75; spess. 0,7. datazione: Paleolitico su-periore/Neolitico.3) Lama (bordes T.61; fig. 13,3). Frammento mesiale di lamaritoccata a sezione trapezoidale con nervature parallele. Ri-tocco semiripido subparallelo continuo su margine dritto; ri-tocco parziale sul margine opposto. Selce avana a grana me-dia; pressione. Lungh. 1,4; largh. 1,8; spess. 0,3. datazione:Neolitico.4) Lamella con intaccatura (Bordes T.91; fig. 13,4). Intacca-tura distale sinistra diretta, mancante dell’estremità distale.Selce avana zonata a grana media; percussione. Lungh. 1,1;largh. 2,4; spess. 0,3.5) Lama (Bordes T.61; fig. 13,5). Strumento multiplo su la-ma, frammento mesiale, costituito da una lama con ritocco ascaglie scalariforme su margine convesso e tracce di ritoccomarginale sul margine opposto; troncatura parziale su frattu-ra prossimale. Selce nocciola a grana fine; patina doppia; per-cussione. Lungh. 1,9; largh. 2,2; spess. 0,5.6) Lama (Bordes T.61; fig. 13,6). Lama riflessa con ritoccoparziale a scaglie su margine concavo, sbrecciature acciden-tali su margine opposto; tallone puntiforme. Selce nocciola agrana grossa; patina spessa; percussione. Lungh. 1,5; largh.3,0; spess. 0,6.7) Lamella con intaccatura (Bordes T.91; fig. 13,7). Fram-mento mesiale di lama con intaccatura sinistra inversa a fineritocco; tracce d’uso su margine opposto. Selce nocciola agrana fine; percussione. Lungh. 1,6; largh. 1,4; spess. 0,3.8) Strumento con intaccatura (Bordes T.72; fig. 13,8). Stru-mento su scheggia con profonda intaccatura distale e tallonenaturale. Selce grigia a grana media; percussione. Lungh.0,9; largh. 1,7; spess. 0,6.9) Foliato peduncolato (fig. 13,9). Cuspide foliata a marginiconvessi e corpo trangolare; alette asimmetriche assai pocopronunciate, ottuse, peduncolo a profilo subtriangolare asim-metrico. Ritocco piatto bifacciale costituito da distacchi re-golari di tipo subparallelo separati da nervature approssima-tivamente parallele; sezione concavo-convessa. Selce avana agrana fine; percussione e pressione. Lungh. 2,0; largh. 3,2;spess. 0,5. datazione: eneolitico.

Il gruppo di materiali raccolti si compone di 65manufatti di tipologia varia, suddiviso in 13 stru-menti, 3 nuclei, 49 prodotti del débitage realizza-ti esclusivamente su selce. Attestata la presenza dialcuni cristalli di quarzite di misure decimetrichecon tentativi di distacco laminare che conferma,se non lo sfruttamento, quantomeno la presenza ditale materiale in superficie.Nel suo complesso l’industria appare di piccoledimensioni con scarsa presenza di elementi che

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superano i 4 cm nella misura massima. Tale carat-teristica dimensionale sembra riguardare princi-palmente la categoria delle lame non ritoccate(42%), il cui comportamento avverte una tenden-za spiccata verso il microlitismo.Gli strumenti si distinguono dal resto del débitagedei non ritoccati per la maggiore grandezza deisupporti, assimilabili nella tecnica solo con le di-mensioni massime delle schegge (57%), che co-stituiscono la categoria dimensionale maggiore inassoluto e che presenta una tendenza verso la la-minarità più che verso le schegge larghe. Ne deri-va nel complesso una bassa laminarità.Sotto il profilo tecnologico si osserva la presenzadi un microbulino.I talloni sono presenti su circa il 60% dei manu-fatti; i restanti sono irriconoscibili (2) oppuremancano per frattura o asportazione intenzionale(3). I tipi scagliati (45%) caratterizzano questoaspetto seguiti dai tipi puntiformi e naturali concortice (19,3%); più rari i tipi diedri (0,9%) e li-neari (0,6%).Nella tipologia il complesso si presenta poco nu-meroso con l’esclusiva presenza di 1 grattatoio sucalotta, 1 raschiatoio su scheggia spessa, lame ri-toccate, intaccature ed 1 elemento foliato pedun-colato. In conclusione, ad esclusione del foliato pedunco-lato, il resto dell’industria si connota per una tipo-logia comune, priva di elementi caratteristici, pre-sente in vari contesti sia tardo pleistocenici sia olo-cenici, tale da non permettere un’attribuzione tem-porale precisa, collocando il materiale attraverso unampio arco cronologico, compreso tra la fase fina-le del Paleolitico superiore e l’eneolitico pieno.

L.G., D.M.

RINVeNIMeNTo BDescrizioneArea con industria litica.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano.Dati relativi al suoloQuota: circa 395 m s.l.m..Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Verentum.Attribuzione cronologica del complessoPaleolitico medio; Paleolitico superiore; Neoliti-co; eneolitico.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.

Catalogo analitico dei materiali 1) Nucleo (fig. 13,10). Nucleo a lame in cui è evidente la pre-parazione del piano di pressione, per ottenere un fronte di dé-bitage convesso. Tale fronte, esaurito il nucleo, è stato utiliz-zato quale tagliente, producendo una serie di distacchi mar-ginali subparalleli al margine. Selce marrone a grana fine;pressione. diam. 2,3. datazione: Neolitico.2) Nucleo ad un piano di percussione (fig. 13,11). Nucleo ci-lindrico a lame con ben evidenti la preparazione del punto dipressione e le nervature subrettilinee lungo il piano di débi-tage. Selce marrone a grana media; cortice; pressione. diam.2,1. datazione: Neolitico.3) Nucleo prismatico ad un piano di percussione (fig. 13,12).Nucleo prismatico ad un piano di percussione parzialmentepreparato, in parte corticale. Profilo pseudopiramidale conangolo di percussione acuto; superficie di débitage irregola-re determinata da distacchi di schegge di dimensioni variabi-li con contro bulbo marcato. Selce verde a grana grossa; pa-tina lustra; percussione. diam. 3,1.4) Nucleo prismatico a due piani di percussione opposti (fig.13,13). Frammento di nucleo a due piani di percussione op-posti. Selce avana zonata a grana media; pressione e percus-sione. diam. 2,6.5) Dorso-troncatura (fig. 13,14). Frammento distale di dor-so-troncatura su supporto laminare. dorso unilaterale a ritoc-co ripido diretto e ritocco complementare subparallelo me-siale; troncatura rettilinea a ritocco radente. Selce bianca zo-nata a grana fine; pressione e percussione. Lungh. 1; largh.2,4; spess. 0,5.6) Pezzo scagliato (fig. 13,15). Pezzo scagliato ricavato sucalotta di piccole dimensioni; scagliature bipolari e latero-trasversali sulla faccia ventrale, dorso corticale da cui si di-partono due distacchi. Selce marrone a grana fine; patina lu-stra; percussione. Lungh. 1,7; largh. 2,2; spess. 0,7.7) Troncatura parziale (fig. 13,16). Troncatura parziale suframmento distale laminare. Troncatura normale parziale a ri-tocco ripido; intaccatura mesiale destra a ritocco ripido mar-ginale. Ejecta; patina lustra; percussione. Lungh. 2,1; largh.3,4; spess. 0,7.8) Raschiatoio semplice dritto (fig. 13,17). Raschiatoio late-rale semplice dritto con ritocco ripido a scaglie scalariformedestro e fine ritocco complementare diretto parziale distalesinistro; tallone a faccette. Selce grigia a grana grossa; patinalustra; percussione. Lungh. 2,5; largh. 3,5; spess. 0,6. data-zione: Paleolitico medio.9) Punteruolo semplice (Bordes t. 23; fig. 13,18). Punteruolosu estremità distale di lama ottenuto per ritocco bilateralemarginale parziale destro e discontinuo sinistro; tallone pun-tiforme con angolo di inclinazione acuto. Selce nocciola agrana fine; percussione. Lungh. 1,4; largh. 3,6; spess. 0,3.datazione: Paleolitico superiore (epigravettiano).10) Strumento composito (Bordes T.18; fig. 13,19). Strumen-to doppio (16+57) costituito da un grattatoio a spalla suscheggia piatta a ritocco ripido e ritocco complementare mar-ginale e troncatura normale parziale su bordo prossimale;tracce di ritocco prossimale su margine destro. Selce beigezonata a grana fine; percussione. Lungh. 1,55; largh. 1,5;spess. 0,35. datazione: Paleolitico superiore.11) Strumento composito (Bordes T.17; fig. 13,20). Strumen-to composito (3+32) costituito da grattatoio su scheggia spes-sa, opposto a bulino d’angolo su frattura. È presente sul mar-gine destro un raschiatoio laterale concavo convesso a ritoc-co scalariforme invadente e distacco inverso prossimale sini-stro. Tracce d’uso diffuse. Selce bianca a grana fine; percus-sione. Lungh. 2,6; largh. 3,5; spess. 1.12) Punta foliata (fig. 13,21). Strumento foliato su supporto

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laminare; frammento distale, sezione sottile, profilo triango-lare, scheggiatura bifacciale coprente a ritocchi paralleli e ri-tocco complementare marginale a scaglie. Selce beige a gra-na grossa; patina lustra; pressione. Lungh. 2,2; largh. 2,9;spess. 0,7. datazione: eneolitico.

Il complesso risulta non omogeneo per tipologia ecronologia ed è formato da 80 reperti in cui pre-vale l’impronta delle industrie oloceniche, tardoneolitiche ed eneolitiche, da cui si distacca ungruppo di industrie più spiccatamente di tipo plei-stocenico.La materia prima utilizzata è soprattutto la selce,in minor misura la selce di tipo “locale”, ovveromateriale siliceo proveniente dal substrato sedi-mentario sottostante la coltre vulcanica; in quan-tità limitata invece risulta l’impiego di quarzite esporadicamente di ossidiana.I talloni mancano sul 40% dei pezzi, quindi la co-difica degli stessi si è resa possibile su poco piùdella metà del complesso. I tipi scagliati (28%)caratterizzano la tecnica, seguono i puntiformi(7%) e i corticali (5%), più rari i diedri (3%), i li-sci (2%) ed i preparati (2%), appena attestati gliasportati (1%). Il prodotto del débitage sembra avere parziali re-lazioni con i nuclei presenti: rari sono i manufatticon tracce più o meno estese di cortice (12%),estremamente raro il primo decorticamento. L’a-nalisi tipometrica non rivela connessioni, se nonsporadiche, tra nuclei a lame (50% dei nuclei pre-senti) e débitage laminare (56%) nonostante l’i-persfruttamento cui sono stati sottoposti. Analogasituazione nel rapporto dimensionale nucleo/pro-dotto si riscontra tra i nuclei da schegge (a piani dipercussione incrociati), esclusivamente su ejecta,e il débitage costituito da 5 schegge dalle dimen-sioni eccezionali (> 3 cm) della stessa materia pri-ma. Il resto delle schegge (73%) ricavate da selcesembra tendere verso il microlitismo. da sottoli-neare l’assenza di nuclei a schegge su selce conl’eccezione di un nucleo a tecnica mista. Il gruppo di manufatti pleistocenici è costituito da1 raschiatoio semplice dritto ricavato su unascheggia a distacco preferenziale (atipica) con tal-lone preparato a faccette, da 1 grattatoio carenoi-de su scheggia, da 1 punteruolo e 1 grattatoio aspalla su lama, che sotto il profilo tipologico ri-chiamano i complessi industriali delle fasi avan-zate del Paleolitico superiore note nell’area viter-bese. L’unico elemento di distacco cronologico è rap-presentato dal raschiatoio semplice dritto, tipo distrumento che conosce una larga diffusione nelle

industrie del Pleistocene medio dell’area centro-tirrenica con particolare riferimento alla regionesubcostiera del Lazio.Il complesso litico olocenico, numericamente piùconsistente, appare caratterizzato da nuclei a lamacilindrici e subpiramidali, con negativi di distaccoparalleli e piani di percussione preparati, che atte-stano un impiego consolidato del débitage perpressione, confermato dalla presenza non sporadi-ca di lame a costolature parallele sia ritoccate chenon. Unica eccezione è costituita da 1 nucleo atecnica mista e da 1 nucleo a piani incrociati (pro-to centripeto) di tradizione musteriana, che in que-sto contesto tuttavia presenta forti dubbi di attri-buzione cronologica.Tipologicamente si nota una scarsa attestazione didorsi troncati, di dorsi bilaterali (1), di intaccatu-re, di strumenti multipli rappresentati da 1 solograttatoio opposto a bulino diedro d’angolo; tra letroncature (31%), 2 sono marginali, 1 parziale e 2rettilinee normali. Tra le lame ritoccate (18%), 2presentano ritocco marginale inverso, 1 alternan-te. Rappresentati gli strumenti a ritocco margina-le, costituiti da lame frammentarie piatte; le sbrec-ciature si localizzano su entrambi i margini: ma-nufatti di questo genere vengono generalmenteconsiderati elementi di falcetto. Tra i foliati (12%)si segnala 1 manufatto che presenta una scheggia-tura invadente apicale monofacciale ed un abboz-zo di peduncolo e 1 punta foliata su supporto la-minare frammentario a sezione sottile e profilotriangolare, caratterizzata da una scheggiatura bi-facciale coprente. Un solo pezzo scagliato è carat-terizzato dalle piccole dimensioni.Nonostante la difficoltà di confronti puntuali perle industrie raccolte in questa località, dovuta siaalla mancanza di un contesto stratigrafico di rife-rimento sia alla presenza nei manufatti di caratte-ristiche tipologiche comuni, il complesso, con l’e-sclusione ovviamente dei manufatti pleistocenici,trova un probabile inserimento nei contesti delNeolitico finale e dell’eneolitico dell’Italia cen-trale, in considerazione dell’utilizzo, anche se li-mitato, dell’ossidiana accanto alla selce, della co-spicua presenza di nuclei a lame con negativi didistacco paralleli e piani di percussione preparati,della presenza di lame a nervature parallele e ret-tilinee, della assenza di grattatoi, di punte a dorso,di geometrici e dalla rarità dei bulini e degliesquillé.La presenza di foliati tra gli strumenti conferisceall’insieme un carattere piuttosto evoluto.

L.G., D.M.

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69-Poggi del Mulino-Poggio Fiore

DescrizioneArea con industria litica.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano.Dati relativi al suoloQuota: circa 406 m s.l.m..Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Verentum.Attribuzione cronologica del complesso Paleolitico medio; Neolitico.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali1) Raschiatoio semplice dritto (fig. 14,1). Raschiatoio suframmento di ciottolo con ritocco a scaglie su margine dritto.È presente il cortice. Integro. Selce nocciola a grana fine; per-cussione. diam. 3,3. Cfr AA.VV. 1989, tav. VIII, oS1. data-zione: Paleolitico medio.2) Troncatura obliqua (fig. 14,2). Troncatura obliqua, concava,su scheggia, a margini paralleli di cui uno con ritocco a scaglie;tallone preparato. Integra. ossidiana; percussione. Lungh. 1,6;largh. 1,85; spess. 0,5. datazione: Neolitico Finale.3) Nucleo (fig. 14,3). Nucleo frammentario ad un piano di per-cussione liscio e superficie di débitage a nervature parallele.ossidiana; pressione. diam. 2,5. datazione: Neolitico finale.4) Lama riflessa (fig. 14,4). Lama riflessa a largo bordo di-stale esteso e sezione triangolare; tallone liscio. Integra. os-sidiana; pressione. Lungh. 1,7; largh. 1,7; spess. 0,55. data-zione: Neolitico finale

L’industria litica è da segnalarsi per la presenzaquasi esclusiva di ossidiana, con la quale sono sta-ti prodotti 3 dei 4 manufatti; il nucleo, pur fram-mentario, è uno dei due esemplari di nucleo rin-venuti nella Caldera di Latera, insieme ad un altroesemplare proveniente da Montecaso (AA.VV.1989, tav. VIII). L’unico elemento che si discosta dal gruppo è ilraschiatoio semplice dritto su ciottolo, di tipologiamusteriana.

L.G., D.M.

70-Poggi del Mulino-tumuli

DescrizioneArea con industria litica.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano.Dati relativi al suoloQuota: circa 394 m s.l.m..Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Verentum.

osservazioni: dalla stessa area un complesso dimateriale ceramico riferibile all’età del bronzo(Belardelli et alii 2007, sito 33, p. 327)Attribuzione cronologica del complesso Paleolitico superiore; Neolitico; eneolitico.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali 1) Accetta (fig. 14,5). Accetta levigata con sezione piano-convessa. Si conserva la metà superiore con il tagliente. Cal-care nefritico a grana fine; levigatura. Lungh. 3,5; largh. 4,3;spess. 1,7. datazione: Neolitico.2) Cuspide peduncolata (fig. 14,6). Punta a margini legger-mente convessi a corpo affusolato, alette appena pronunciate,sezione leggermente bombata, lungo codolo simmetrico. Èpresente una scheggiatura bifacciale, coprente, regolare amargini denticolati. Selce marrone a grana fine; pressione epercussione. Lungh. 3,5; largh. 4,3; spess. 1,7. datazione:eneolitico.3) Punteruolo semplice (Bordes T.23, fig. 14,7). Punteruolosemplice, laterale destro, su scheggia di piccole dimensionicon tallone a faccette. Selce marrone a grana fine; percussio-ne. Lungh. 2,1; largh. 2,1; spess. 0,6. datazione: Paleoliticosuperiore.

Il gruppo di elementi litici, numericamente limita-to, è inquadrabile nell’ambito delle industrie di etàtardo pleistocenica ed olocenica. Nel complesso lamateria prima è rappresentata in primo luogo daselce ricavata da ciottoli di dimensioni centimetri-che; attestato l’utilizzo di ejecta. I talloni sono presenti su circa il 44% dei manu-fatti, il resto si riferisce a pezzi frammentari oasportati intenzionalmente (10%). I tipi puntifor-me, scagliati e naturali sono quelli maggiormenterappresentati: 9%, 9% e 10% rispettivamente, se-guiti dal piano (6%), diedro (6%), lineare (3,5%).I nuclei ad un piano di percussione risultano mag-giormente documentati (6) e comprendono anchedifferenti materie prime impiegate sia ejecta siaquarzite oltre, naturalmente, alla selce.Il tipo a piani incrociati è presente in 3 casi, mentrei nuclei a due piani di percussione opposti, prisma-tici e globulari sono attestati da singole evidenze. I prodotti del débitage si riferiscono a schegge ge-neriche e corticali (100), delle quali il 50% sonoricavate da materia prima locale (ejecta); seguonole lamelle (11), in cui prevale il tipo di tallone sca-gliato (5) seguito dal tipo diedro (2), puntiforme elineare, assente in due casi. Le lame (9) conserva-no solo in quattro casi il tallone, due del tipo pia-no e in due casi asportato.Tipologicamente il complesso si presenta piutto-sto omogeneo: tra gli strumenti spiccano 1 gratta-toio su scheggia, 3 punteruoli semplici su scheg-gia di cui 1 con tallone preparato a faccette e 2

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troncature normali su lama, di cui 1 obliqua a ri-tocco inverso. Le lame ritoccate si presentano ca-ratterizzate da ritocco su entrambi i margini (1),ritocco inverso parziale e diretto subparallelo (1),marginale (2), mentre le lamelle ritoccate presen-tano ritocco diretto alternante in un caso, cortoscagliato e corto inverso. Sono presenti anche 1raschiatoio su scheggia, 1 lamella a dorso appun-tito e 1 frammento prossimale di punta areniana. Le scarse attestazioni cronologicamente più re-centi si riferiscono ad 1 cuspide asimmetrica a se-zione dritto-convessa, con peduncolo poco accen-tuato e alette appena abbozzate, 2 frammenti me-siali di cuspidi, una pertinente ad un esemplare acorpo allungato, 1 lamella in ossidiana e 2 fram-menti di accette in pietra verde.

L.G., D.M.

71-Poggio Pilato

DescrizioneArea con frammenti ceramici.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: raccolta di superfi-cie del Gruppo Archeologico Verentum.Attribuzione cronologica del complessoeneolitico; Bronzo finale.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali1) Olla (fig. 28,11). Frammento di olla di forma cilindrica,orlo indistinto con estremità appiattita. È presente, appenasotto l’orlo, un cordone poco rilevato e lievemente sagomatocon impressioni di forma irregolare. Impasto medio di colorebruno; superficie esterna lisciata, superficie interna grezza.Lungh. 6,3; largh. 2,2; spess. 1,1; diam. 30. Cfr Cazzella A.,Moscoloni M. (a cura di) 1999, tavv. 36,12; 57,13. datazio-ne: eneolitico.2) Olla (fig. 28,12). Frammento di olla di forma ovoide, orloleggermente rientrante con estremità arrotondata. È presente,sotto l’orlo, una fila di profonde e larghe impressioni di for-ma irregolare. Impasto medio di colore bruno chiaro; super-ficie esterna lisciata, superficie interna grezza. Lungh. 5,3;largh. 5,6; spess. 2,1; diam. 50. 3) Olla (fig. 28,13). Frammento di olla di forma ovoide, orloleggermente rientrante con estremità arrotondata. È presente,poco sotto l’orlo, un cordone a sezione arrotondata con im-pressioni di forma circolare. Impasto medio di colore bruno;superfici lisciate. Lungh. 5,3; largh. 5,2; spess. 1,2; diam. 20.Cfr Cazzella A., Moscoloni M. (a cura di) 1999, tavv. 36,1;38,1. datazione: eneolitico.4) Scodella (fig. 28,14). Frammento di scodella con pareteconvessa, orlo leggermente rientrante con estremità superio-re arrotondata. È presente, subito sopra il punto di massimaespansione, un segmento di cordone liscio a sezione arroton-data. Impasto fine di colore bruno scuro; superfici lisciate.

Lungh. 4,7; largh. 8,6; spess. 1,3; diam. 28. Cfr Guidi 2002,figg. 16,8; 17,4 per il cordone. datazione: eneolitico.5) Ciotola? (fig. 29,1). Frammento di probabile ciotola conorlo lievemente rientrante con estremità arrotondata. Impastofine di colore bruno scuro; superfici lisciate. Lungh. 4; largh.3,8; spess. 0,9. 6) Orlo (fig. 29,2). Frammento di parete con orlo everso conestremità superiore arrotondata. Impasto fine di colore brunochiaro; superfici lisciate. Lungh. 2,3; largh. 3; spess. 0,6.7) Ansa (fig. 29,3). Frammento di ansa a largo nastro verti-cale. È presente nella parte superiore della volta una serie diprotuberanze di forma irregolare rilevate, formanti una sortadi “cresta”; sulla superficie esterna del nastro sono presenti,presso le estremità laterali e al centro, una serie di impressio-ni di forma ellittica. Impasto medio di colore bruno chiaro;superfici lisciate. Lungh. 3,5; largh. 4; spess. 1. Cfr Arcange-li 2007, tav. 10,46 per le protuberanze anche se non diretta-mente sull’orlo; Guidi 2002, fig. 75,1 e Conti et alii 1996,fig. 1,4 per la decorazione sul nastro. datazione: eneolitico.8) Parete decorata (fig. 29,4). Frammento di parete con de-corazione a bugna cava di forma circolare. Impasto medio dicolore bruno chiaro; superfici lisciate. Lungh. 8,4; largh. 7,2;spess. 1. Cfr Cazzella A., Moscoloni M. (a cura di) 1999,tavv. 19,4; 47,11; Anzidei, Carboni 2000, fig. 4,3; Manfredi-ni et alii 2000, fig. 4,11. datazione: eneolitico.9) Parete decorata (fig. 29,5). Frammento di parete rettilineacon tre solcature orizzontali ottenute ad impressione. Impastofine di colore nero; superfici accuratamente lisciate. Lungh.4,1; largh. 3,8; spess. 0,7. 10) Parete decorata (fig. 29,6). Frammento di parete rettili-nea decorata con un fascio di otto solcature sottili, parallele,impresse a pettine e con un motivo impresso a falsa cordicel-la. Impasto fine di colore bruno scuro; superfici accurata-mente lisciate. Lungh. 3,5; largh. 2,6; spess. 1. datazione:Bronzo finale.

F.R.

72-Saunata-ovest

DescrizioneArea con industria litica e frammenti ceramici.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano; Lat. 42° 33’ 54”,23 N-Long.11° 47’ e.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: 400-396 m s.l.m..Caratteri ambientali: rocce piroclastiche e sedi-menti di colore bruno; drenaggi moderni per le ac-que piovane.Utilizzazione del suolo: agricola.Visibilità del terreno: mediocre.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizioneSBAeM 1994 (scheda 332; G. Cofini).dimensioni: 350x200 m.densità della concentrazione: materiale diffuso.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:non determinabile.Commistione con reperti di epoca successiva: me-

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dia incidenza (materiali di età storica).Attribuzione cronologica del complessoNeo-eneolitico.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali 1) Punta foliata (fig. 14,8). Frammento di punta foliata, man-cante dell’estremità distale, a sezione sottile, profilo triango-lare, scheggiatura bifacciale coprente a ritocchi subparalleli,intaccatura mesiale sinistra. Selce nocciola a grana media;percussione e pressione. Lungh. 1,15; largh. 2,6; spess. 0,4.datazione: Neo-eneolitico.2) Nucleo piatto (fig. 14,9). Nucleo piatto a due piani dipressione opposti: il primo piano di pressione liscio, forte-mente inclinato con abrasione della cornice, il secondo, op-posto e successivo, si presenta diedro con corniche pro-nunciate. La superficie di débitage è scanalata con nerva-ture subparallele. Selce nocciola a grana fine; cortice; pres-sione. Lungh. 1,95; largh. 3,2; spess. 1. datazione: Neo-eneolitico.

dall’area dei ritrovamenti oltre ai frammenti ce-ramici ascrivibili ad epoca romana, provengonoscarsi frammenti di parete in ceramica d’impa-sto, non attribuibili cronologicamente, ed alcunistrumenti litici con un’elevata fattura nella rea-lizzazione.

L.G., D.M.

73-Scoponeto

RINVeNIMeNTo ADescrizioneArea con elemento litico e frammenti ceramici. CartografiaCTR sezione 344020, Valentano; foglio e particel-la catastale: 12: 86; coord. X 1730235/Y 4718745.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: 396 m s.l.m..Caratteri ambientali: alluvioni recenti terrazzate;Fosso olpeta a circa 500 m; canali di drenaggiomoderni ai lati del campo.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa.Visibilità del terreno: ottima.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.1999 (sito Valentano 30; scheda Valentano 30; nu-mero catalogo generale: SI 12/00797544; TMA12/00798139; I. Fiore).dimensioni area: 10x20 m.densità della concentrazione: alta.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:secondaria.Commistione con reperti di epoca successiva: ele-vata incidenza (materiali di età romano-repubbli-cana).

osservazioni: l’area è stata sottoposta nel 2010 adindagine archeologica preventiva in occasionedella costruzione di un impianto fotovoltaico. Intale circostanza non sono state rinvenute evidenzearcheologiche pre-protostoriche in situ.BibliografiaBelardelli et alii 2004.Attribuzione cronologica del complessoetà del bronzo?Collocazione materialiMateriali non raccolti.

I materiali, probabilmente scivolati dalla som-mità di Poggio S. Luce, prospiciente il punto dilocalizzazione degli stessi, sono in gran parterelativi a tegole di grosse dimensioni e risulta-no concentrati in un’area ristretta in prossimitàdi un canale di scolo. Significativa è la presen-za di grumi medio-piccoli di calce che ricopro-no l’intera estensione dell’area segnalata. Lecaratteristiche del materiale da costruzione e lapresenza rada di ceramica con impasto rossiccioe forse di un puntale di anfora permettono di at-tribuire questo ritrovamento ad età romano-re-pubblicana. La presenza di ceramica d’impastopreistorica e di una piccola scheggia di selce èdel tutto marginale rispetto alla grande quantitàdi tegole e calce di età successiva, visibile an-che a notevole distanza (ceramica d’impasto:10%; industria litica: 1; materiale di età storica:90%).

C.B., S.V.

RINVeNIMeNTo BDescrizione Area con frammenti ceramici.CartografiaCTR sezione 344020, Valentano; foglio e particel-la catastale: 12: 59; coord. X 1730330/Y 4718745.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pianeggiante.Quota: 396 m s.l.m..Caratteri ambientali: alluvioni recenti terrazzate;Fosso olpeta a circa 500 m; canali di drenaggiomoderni ai lati del campo.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa.Visibilità del terreno: ottima.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.1999 (sito Valentano 31; scheda Valentano 31; nu-mero catalogo generale: SI 12/00797545; TMA12/00798140; I. Fiore).dimensioni area: 10x10 m.

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densità della concentrazione: elevata.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:secondaria.Commistione con reperti di epoca successiva:nessuna incidenza.osservazioni: l’area è stata sottoposta nel 2010 adindagine archeologica preventiva in occasionedella costruzione di un impianto fotovoltaico. Intale circostanza non sono state rinvenute evidenzearcheologiche pre-protostoriche in situ.BibliografiaBelardelli et alii 2004.Attribuzione cronologica del complessoetà pre-protostorica.Collocazione materialiMateriali non raccolti.

I materiali, probabilmente scivolati dalla sommitàdi Poggio S. Luce, prospiciente il punto di loca-lizzazione degli stessi, relativi in gran parte aframmenti d’impasto scuro di medie dimensioni enon fluitati, risultano concentrati in un’area ri-stretta in prossimità di un canale di scolo (orli: 2,di cui uno con impressioni ad unghiate: cfr Contiet alii 1993, tav. 1,12, p. 49; l’altro d’impasto de-purato; anse: 1 sopraelevata; pareti: 26, di cui unacon cordone; fondo: 1). Sono riconoscibili olle etazze. È inoltre segnalata ceramica figulina (neo-litica?), che incide per il 2% sul totale dei rinveni-menti.

C.B., S.V.

74-Vallone

RINVeNIMeNTo ADescrizioneArea con frammenti ceramici.CartografiaIGMI F. 136 I Ne, Valentano; CTR sezione344020, Valentano; Lat. 42° 35’ 37”,80 N-Long.11° 48’ 15”,65 e.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pendio lieve.Quota: 408 m s.l.m..Caratteri ambientali: rocce piroclastiche e sedi-menti di colore bruno-grigio; drenaggi moderniper le acque piovane.Utilizzazione del suolo: agricola, arativa.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizioneSBAeM 1993 (scheda 168; G. Cofini).dimensioni: 120x70 m.densità della concentrazione: alta.

Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primaria.Commistione con reperti di epoca successiva:bassa incidenza (materiali del VII sec. a.C.).osservazioni: l’area indagata è posta a circa 200m dalla quota 421,2, sulla parte terminale del cri-nale esposto ad o che forma la cinta calderica diLatera.La località è stata oggetto di raccolte di superficienon sistematiche da parte del Gruppo archeologi-co Verentum nel 1987.BibliografiaAA.VV. 1989; Belardelli et alii 2007, sito 38, pp.327-328; Conti et alii 1993; Giacopini, Mantero1995a; cfr infra 6.2.Attribuzione cronologica del complessoBronzo antico.Collocazione materialiValentano (VT) - Rocca Farnese, deposito SBAeM.Catalogo analitico dei materiali1) Scodella con orlo ingrossato (fig. 29,7). Frammento discodella con parete rettilinea, orlo leggermente ingrossatocon estremità superiore appiattita. Impasto medio di colorebruno; superfici erose. Lungh. 2,6; largh. 3,6; spess. 1,5. CfrGuidi, Moroni Lanfredini 2000, fig. 2,6; Sammartino 1996,fig. 1,2; fig. 2,6-8.2) Scodella con orlo ingrossato (fig. 29,8). Frammento discodella con parete convessa ed orlo ingrossato con estremitàsuperiore appiattita. Impasto medio di colore bruno; superfi-ci erose. Lungh. 1,8; largh. 2,5; spess. 1,2. Cfr Persiani 1986,tav. 3,15; Sammartino 1996, fig. 2,4 e 6 – 8.3) Scodella con orlo ingrossato (fig. 29,9). Frammento discodella con parete rettilinea, orlo leggermente ingrossatocon estremità superiore appiattita. Impasto medio di colorebruno; superfici erose. Lungh. 1,4; largh. 2,8; spess. 1,7. CfrGuidi, Moroni Lanfredini 2000, fig. 2,6; Sammartino 1996,fig. 2,6-8.4) Scodella con orlo rientrante (fig. 29,10). Frammento discodella con orlo rientrante ed estremità superiore appiattita.Impasto medio di colore nero; superfici lisciate. Lungh. 2,3;largh. 4,4; spess. 0,4.5) Orlo indistinto (fig. 29,11). Frammento di parete con an-damento rettilineo e orlo indistinto ad estremità arrotondata.È presente, a poca distanza dall’orlo, una decorazione plasti-ca realizzata con una bugna circolare appiattita con leggeradepressione centrale. Impasto medio di colore bruno scuro;superfici lisciate. Lungh. 5,3; largh. 4,3; spess. 1,1. Cfr Fran-co 1982, tav. XXVIII,M1-7; Cocchi Genick 1998, tipo 230(per la bugna).6) Orlo indistinto (fig. 29,12). Frammento di parete leg-germente convessa con orlo indistinto ed estremità arro-tondata. Impasto medio di colore bruno; superfici erose.Lungh. 4,1; largh. 3,7; spess. 0,9.7) Orlo indistinto (fig. 29,13). Frammento di parete con an-damento convesso, orlo indistinto ad estremità arrotondata.Impasto medio di colore bruno scuro; superfici lisciate.Lungh. 5,3; largh. 4,3; spess. 1,1. Cfr Persiani 1986, tav.2,6.8) Ansa a nastro (fig. 29,14). Frammento di ansa a nastro asezione rettangolare. Impasto medio di colore bruno chia-ro; superfici lisciate. Lungh. 2,7; largh. 2,8; spess. 0,6. Cfr

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Persiani 1986, tav. 3,6.9) Bugna circolare (fig. 29,15). Frammento di parete leg-germente convessa con bugna di forma circolare di grandidimensioni, alquanto sporgente e sottolineata da una stroz-zatura. Sulla superficie della bugna è presente una solcatu-ra poco profonda e un’impressione, anch’essa poco profon-da, di forma ellittica. Impasto medio di colore bruno; su-perfici erose con parti mancanti. Lungh. 8; largh. 9,1;spess. 3,8; diam. bugna 6. Cfr Cocchi Genick 1998, tipo231 e 232; Conti et alii 1993, tav. 2,2-3; Franco 1982, tav.XL,M1–12 (su scodellone); Fugazzola delpino, Pellegrini1999, tav. XIII,97 (con foro non passante).10) Parete con cordone (fig. 29,16). Frammento di paretecon andamento convesso e decorazione plastica realizzatacon un cordone a sezione triangolare e impressioni circola-ri. Impasto medio di colore bruno chiaro; superfici erose.Lungh. 3,2; largh. 4,8; spess. 1,2.11) Parete con cordone (fig. 29,17). Frammento di paretecon andamento convesso e decorazione plastica realizzatacon un cordone a sezione arrotondata, piuttosto rilevato,con impressioni circolari. Impasto medio di colore brunochiaro; superfici erose. Lungh. 4; largh. 6,6; spess. 1,5.12) Tavoletta enigmatica. elemento integro in terracotta e diforma ellissoidale con sezione quadrilatera a spigoli pocopronunciati o smussati. Sulla faccia più incurvata (recto) so-no presenti quattro righe leggermente e irregolarmente obli-que da destra a sinistra; al centro di ogni riga è stato traccia-to un segno: una cuppella sulla prima riga, un quadrato nellealtre. Sulla faccia opposta (verso), meno incurvata, si rileva-no tre righe irregolarmente oblique da destra a sinistra; la ri-ga superiore e quella inferiore proseguono brevemente dallafaccia sul margine di entrambi i lati; al centro di ogni riga èstato tracciato un segno: una coppella campita da un puntocentrale su cerchio rilevato nella prima, un quadrato nelle al-tre. Sull’apice è presente una cuppella. Impasto fine con in-clusi minuti; superfici leggermente erose di colore brunochiaro. Lungh. 4,2; largh. 2,8; spess. al centro 1,4, all’apice1,1, alla base 1,3. Cfr Petitti 2000.

Il recupero consiste in un totale di 53 frammen-ti di ceramica d’impasto, per lo più pareti, oltreche sporadici frammenti fittili riconducibili adetà storica. oltre ad 1 lama di piccole dimensio-ni in selce non ritoccata, proviene da questa areala cosiddetta “tavoletta enigmatica” che qui sipubblica nuovamente insieme al materiale ad es-sa associato.

F.R.

RINVeNIMeNTo BDescrizioneArea con frammenti ceramici.CartografiaCTR sezione 344020, Valentano; foglio e particel-la catastale: 14: 7-11; coord. X 1732330/Y4719460.Dati relativi al suoloConformazione del sito: pendio lieve.Quota: 405-410 m s.l.m..Caratteri ambientali: alluvioni recenti terrazzate;

Fosso olpeta a circa 200 m.Utilizzazione del suolo: agricola, seminativa.Visibilità del terreno: buona.Condizioni del rinvenimentoCircostanze di rinvenimento: ricognizione C.R.d.1999 (sito Valentano 55; scheda Valentano 55; nu-mero catalogo generale: SI 12/00797494; TMA12/00797511; G. Cofini).dimensioni: 70x150 m.densità della concentrazione: media.Giacitura dell’unità topografica e/o dei materiali:primaria.Commistione con reperti di epoca successiva:nessuna incidenza.BibliografiaBelardelli et alii 2007, sito 38, pp. 327-328.Attribuzione cronologica del complesso Bronzo antico; Bronzo medio.Collocazione materialiMateriali non raccolti.

L’esplorazione dell’area è stata effettuata a distan-ze ravvicinate (50/100 cm). I reperti apparivanomediamente concentrati, con predominanza diframmenti di pareti inornate. La visibilità era osta-colata dalle coltivazioni e dalle erbe infestantinonché dalla natura estremamente friabile del ter-reno. Tra i ritrovamenti si segnala 1 orlo espansoriferibile ad un ambito fra il Bronzo antico e ilBronzo medio iniziale (fasi 1-2), ed 1 frammentodi fuseruola (impasto di vario colore e consisten-za, dal mattone al grigio; pareti: 75, di cui almeno3 con cordone plastico e altre 3 con attacco di an-sa, presumibilmente riferibili a forme chiuse; orli:3, di cui almeno 1 espanso: cfr Cocchi Genick etalii 1995, fig. 5,7-8; 10-11; Conti et alii 1993, tav.2; AA.VV. 1989, tav. XIII; forme riconoscibili:tazze carenate: almeno 3 frammenti; ciotole nonmeglio precisabili; fuseruola sferoidale: 1 fram-mento).

C.B., S.V.

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1 Al fine di facilitare la consultazione di dati non omogenei come pro-venienza (ricognizioni sistematiche e attività dei gruppi di volonta-riato) e come metodologia di registrazione (cfr supra 4), rendendolitra loro comparabili, è stata elaborata un’apposita scheda a lemmi ri-correnti, omessi in assenza di notizie utili alla loro compilazione. Nella scheda sono fornite all’inizio alcune generalità riguardantil’evidenza archeologica esaminata: il nome con cui è stata identifi-cata, la descrizione che indica il genere di ritrovamento e, quandopossibile, la localizzazione a diversi gradi di accuratezza sulla car-tografia utilizzata all’origine. Nei dati relativi al suolo sono conte-nute notizie circa la conformazione dell’area del ritrovamento(pendio, pendio lieve, pendio ripido, pianeggiante, sommità di pog-gio), la quota, i caratteri ambientali salienti della zona circostante,l’utilizzazione del suolo al momento della ricognizione (agricola,pascolo, incolta, bosco ceduo, bosco misto, ulivi, frutteti) e la visi-bilità (mediocre, buona, ottima). Le condizioni del ritrovamento re-gistrano i dati riguardanti le circostanze che hanno portato all’indi-viduazione dell’evidenza, le dimensioni dell’area esplorata, la den-sità della concentrazione dei materiali archeologici (bassa, media,alta), la giacitura (primaria, secondaria, non determinabile) e lacommistione con elementi di età successiva a quella pre-protosto-rica. Per le località già note in letteratura, ma delle quali si disponedi nuovi dati presentati in questo volume, sono indicati nella vocebibliografia i riferimenti essenziali. Seguono le voci relative all’at-tribuzione cronologica del complesso, limitatamente ai periodi chequi interessano (Paleolitico medio, Paleolitico superiore, post Pa-leolitico, Neolitico, eneolitico, Neo-eneolitico, età del bronzo,Bronzo antico, Bronzo medio, Bronzo recente, Bronzo finale,Bronzo tardo, età pre-protostorica), e la collocazione dei materialicioè il luogo di attuale conservazione. Nel catalogo analitico sonopresentati i materiali ritenuti maggiormente significativi all’internodella raccolta, criterio questo utilizzato sia per l’industria litica siaper quella ceramica, avendo ovviamente cura di osservare i ritro-vamenti nel loro insieme per la formulazione delle considerazionigenerali sul tipo di evidenza archeologica individuata, confluite inparticolare nel cap. 7. di ogni reperto sono presentati la descrizio-ne tipologica e, dove possibile, i confronti e la cronologia. Per ren-dere inoltre più fluida la lettura, nel catalogo sono omesse tutte leunità di misura, che tuttavia si intendono espresse in centimetri e,

nel caso delle unità di peso, in grammi; la lettera “r” accanto alleunità di misura di alcune industrie litiche indica che il reperto è rot-to e la dimensione riportata si riferisce quindi alla parte conserva-ta. A conclusione delle schede, segue a volte un breve commentoche riporta informazioni utili ad una migliore comprensione dell’e-videnza archeologica e, nel caso di contingenti litici numericamen-te consistenti, analisi quantitative dei reperti.Laddove inoltre, rispetto ad un singolo toponimo, sono state esegui-te più ricerche in tempi successivi e a cura di diversi operatori, si èrecuperata l’unità dell’evidenza e, nello stesso tempo, si è conserva-ta la specificità degli interventi elencando al di sotto del medesimotoponimo un numero corrispondente di schede, contraddistinte dauna lettera, relative ad ogni singolo intervento.Infine, per agevolare la ricerca di una scheda all’interno del capitolo,l’ordine di presentazione, che è progressivo, segue il criterio alfabe-tico sia dei comuni di appartenenza che dei nomi che identificano ilritrovamento stesso.La documentazione grafica dei reperti è stata realizzata da: L. Gia-copini, d. Mantero e F. Parenti per l’industria litica; A. Agresti, G.Baldini, C. Belardelli, V. Carrubba, I. damiani, M. Forgia, F. Rossiper la ceramica e i metalli. Le fotografie sono di V. Cucchiari.2 Sugli oggetti provenienti dai Poggi del Mulino-Casale Moscini,presentati in questa sede, sono in corso, grazie a Giuseppe occhini,analisi archeometriche approfondite presso il Laboratorio diagnosti-co per i Beni Culturali del dipartimento di Storie e Metodi per laConservazione dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Bo-logna (Polo scientifico-didattico di Ravenna), a cura di Chiara Met-teucci e Flavia Fiorillo, che sentitamente si ringraziano per la pre-ziosa collaborazione. Il metallo indicato per ogni reperto è desunto dai risultati prelimina-ri ottenuti per mezzo della spettroscopia di fluorescenza X (XRF),utilizzando uno spettrometro di fluorescenza di raggi X eIS, con unfascio di radiazione primaria di 35 KeV e la microscopia elettronicaa scansione (SeM-edX), impiegando un microscopio elettronico ascansione FeI Inspect S, associato ad uno spettrometro edX di tipoedAX Genesis. I dati completi dell’indagine saranno pubblicati in altra sede al ter-mine dello studio e terrà conto anche dei materiali metallici da tem-po noti dalla medesima località (Garagnani et alii 1993).

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Fig. 6-Panton delle Murcie (scheda n. 8); Pian di Sala (scheda n. 10); Pian di Sala (scheda n. 11); La Montagnola (scheda n. 15); Nocchieto(scheda n. 21); Le Coste (scheda n. 24); Le Coste (scheda n. 25).

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Fig. 7-Cornossa (scheda n. 31).

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Fig. 8-Cornossa (scheda n. 31).

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Fig. 9-Breccietello (scheda n. 32); Campomorto (scheda n. 33); Cava del Gesso, Fontanile del Ferro (scheda n. 35); Tenuta Giovanna (sche-da n. 41); Banditella (scheda n. 42); Berogni (scheda n. 44); La Fratta (scheda n. 45).

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Fig. 10-La Fratta (scheda n. 45); Piana di Berogne (scheda n. 47); Podere del Salce (scheda n. 48).

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Fig. 11-Bellidonne (scheda n. 43); Berogni (scheda n. 44); Piana di Berogne (scheda n. 47).

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Fig. 12-Arcipretura (scheda n. 50); Bottara (scheda n. 51); Pian dei Cavalieri, Puzzole (scheda n. 63); Pian dell’Arciprete (scheda n. 65); Pog-gi del Mulino (scheda n. 66).

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Fig. 13-Poggi del Mulino-Ferrai (scheda n. 68, rinvenimento A e B).

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Fig. 14-Poggi del Mulino-Poggio Fiore (scheda n. 69); Poggi del Mulino-Tumuli (scheda n. 70); Saunata-ovest (scheda n. 72).

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Fig. 15-Farnese 33 (scheda n. 5); Murciarelle, Palombaro (scheda n. 7). Scala 1:2.

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Fig. 16-Fosso di Macchia Cedua (scheda n. 22); Le Coste (scheda n. 23); Monte Calveglio di Latera (scheda n. 26); Pozzo olpitella (schedan. 28). Scala 1:2.

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Fig. 17-Berogni (scheda n. 44). Scala 1:2 eccetto i nn. 1 e 4 in scala 1:3.

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Fig. 18-Berogni (scheda n. 44). Scala 1:2 eccetto il n. 2 in scala 1:3.

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Fig. 19-Berogni (scheda n. 44). Scala 1:2 eccetto i nn. 3 e 4 in scala 1:3.

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Fig. 20-Berogni (scheda n. 44). Scala 1:2 eccetto il n. 2 in scala 1:3.

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Fig. 21-Berogni (scheda n. 44); Centrale Faberlengo (scheda n. 54). Scala 1:2 eccetto il n. 2 in scala 1:3.

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Fig. 22-Montecaso (scheda n. 58). Scala 1:2 eccetto il n. 2 in scala 1:4.

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Fig. 23-Monte Saliette (scheda n. 59). Scala 1:2.

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Fig. 24-Monte Saliette (scheda n. 59). Scala 1:2.

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Fig. 25-Monte Saliette (scheda n. 59). Scala 1:2 eccetto il n. 6 in scala 1:3.

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Fig. 26-Monte Saliette (scheda n. 59). Scala 1:2.

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Fig. 27-Monte Saliette (scheda n. 59); Mulino di Valentano (scheda n. 60); Mulino di Valentano (scheda n. 61). Scala 1:2.

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Fig. 28-Mulino di Valentano (scheda n. 61); Poggi del Mulino (scheda n. 66); Poggi del Mulino-Casale Moscini (scheda n. 67); Poggio Pila-to (scheda n. 71). Scala 1:2 eccetto il n. 11 in scala 1:4.

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Fig. 29-Poggio Pilato (scheda n. 71); Vallone (scheda n. 74). Scala 1:2.

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Fig. 30-Poggi del Mulino-Casale Moscini (scheda n. 67). Scala 1:1.

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6. Le CAMPAGNe dI SCAVoNeLLA CALdeRA dI LATeRA

6.1 MoNTe SALIeTTe (VALeNTANo, VT)

Il sito preistorico di Monte Saliette (cfr supra5, sito 59) è stato individuato nel corso di ricerchecondotte dal Gruppo Archeologico Romano neglianni Settanta del secolo scorso ed è stato oggettodi varie brevi segnalazioni1. Solo nel 1992 si sonopotute svolgere ricerche approfondite quando, inseguito alla segnalazione del Gruppo Archeologi-co Verentum (G.A.V.) di altri reperti venuti in lu-ce per lavori agricoli recenti, l’allora Soprinten-denza Archeologica per l’etruria Meridionale do-vette intervenire d’urgenza procedendo ad unaraccolta posizionata e ad uno scavo preliminarevolto a verificare la consistenza del sito e il suostato di conservazione. L’indagine fu condotta afine novembre 1992 sotto la direzione di PatriziaPetitti, con la collaborazione della Soc. Coopera-tiva ARX di Roma e del G.A.V.. I primi rapportisu queste ricerche furono presentati l’anno se-guente (Conti et alii 1993; Conti, Persiani 1995).

II sito, posizionato a 42° 33’ 42” N, 11° 47’ 35”e, si trova in una piccola valle con terreno in for-te pendio compreso tra 420 e 450 m s.l.m., sog-getta a colture estensive all’epoca delle ricerche,circondata da bosco ceduo e digradante a o versola piana collegata con la Caldera di Latera (figg.1,1; 2,1). Probabilmente una parte del sito archeo-logico si estende anche verso N, nell’area che oc-

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cupa circa un quarto della vallecola, ma al mo-mento delle indagini questa era sottoposta a coltu-re che impedivano l’osservazione di eventuali ma-teriali archeologici. Le presenze archeologiche so-no state riscontrate nella particella S che era statasottoposta ad aratura, all’interno di una zona diforma irregolarmente quadrangolare avente misu-re massime di 165 m (e-o) per 72 m (N-S). Lo ze-ro relativo dal quale sono stati eseguiti i rilievi èposto a 432 m s.l.m. (fig. 1,2 e 3).

lo scavo

Al fine di verificare il valore delle indicazionifornite dalla raccolta posizionata, e in considera-zione delle limitate risorse a disposizione per l’in-tervento, è stato possibile aprire solo tre sondaggidi 4x2 m. due sondaggi sono stati posti rispetti-vamente nelle aree P e T ed uno presso l’area S,chiamato saggio U. Il saggio P è stato realizzato inuno dei punti di massima concentrazione di fram-menti. Il saggio T aveva il fine di verificare sel’assenza di resti in superficie corrispondesse aduna effettiva lacuna nel deposito archeologico. Ilsaggio U è stato aperto per la presenza di numero-si frammenti d’intonaco pavimentale osservati du-rante la raccolta di superficie. Anche in questosaggio prima dello scavo è stata realizzata unaraccolta di superficie intensiva.

Saggio P (figg. 3; 5)II deposito archeologico si è conservato sotto

l’orizzonte del terreno agricolo, spesso al massi-mo 0,9 m e distinto nelle US 1, arativo superficia-le, e US 2, terreno agricolo a contatto con un pia-no di calpestio (UUSS 4, 8). Il piano di calpestioè diviso in due da una struttura di pietre diretta e-o (US 3), che si interrompe in prossimità di unbuco di palo circolare (US 10). La struttura è com-posta da pietre maggiori costipate con pietre piùpiccole e argilla, ed è stata interpretata come la ba-se di un muro. Il buco di palo misura 15 cm di dia-metro e 7 cm di profondità, ed è collegato verso econ una breve cavità interpretabile come la tracciadello stesso palo caduto. Sia il riempimento delbuco che della cavità sono composti da terreno ne-rastro misto a sabbia grigia.

Il piano di calpestio a S del muro è realizzatocon argilla, mentre quello a N, che è più basso dicirca 20 cm, presenta una chiazza di forma irrego-lare di pietrisco e pietre cui sono frammisti picco-li frammenti di ceramica, con misure massime di1,1x0,7 m (US 5). Queste pietre, come quelle delmuro, sono di origine vulcanica ed hanno le stes-se caratteristiche delle pietre visibili ovunque nei

pressi. Un altro buco di palo simile al precedentesi trova presso il margine N del saggio; misura 15cm di diametro e 8 di profondità, ed è rivestito conpiccole pietre (US 7). Tra questo buco di palo e ilresto degli elementi si trova un canaletto diretto e-o, corrispondente al fondo di un profondo solcomoderno di drenaggio del campo (US 11). L’areaa S dei ciottoli presenta una concentrazione mag-giore di frammenti ceramici. L’insieme degli ele-menti a disposizione fece ritenere di aver intercet-tato l’ingresso di una struttura, forse una capanna.

Saggio t

In questo saggio il terreno agricolo ha uno spes-sore di 0,45 m. Subito sotto emerge la superficie diun orizzonte di alterazione della superficie roccio-sa, dalla tessitura sabbio-argillosa, colore chiaro,abbondanti inclusi pomicei biancastri e carboncinisparsi (fig. 2,2). Questa superficie, oltre alle traccedi due solchi di aratro, conserva una piccola cavitàcircolare poco profonda, forse un buco di palo, eun tratto di solco di andamento curvilineo. Il riem-pimento di entrambi ha le stesse caratteristiche delsoprastante terreno agricolo. Pochissimi sono imateriali archeologici raccolti, tutti frammentid’impasto non attribuibili. Va sottolineato che al-cuni frammenti sono stati raccolti anche all’inter-no dello strato argilloso: questo fatto, piuttosto chea cause antropiche, è stato attribuito alle dinamichedella pedogenesi. Nessuna interpretazione sicurasembra possibile per gli elementi emersi.

Saggio u

In questo saggio il terreno agricolo ha unaprofondità di circa 0,5 m e copre uno strato scurosabbio-argilloso contenente numerosi carboncinie ceramica (US 2). Questo strato, spesso circa 0,3m, poggia su una superficie argillosa in netto pen-dio da Ne a So (US 4). Al centro del saggio suquesta superficie si trovavano raggruppati unframmento di macina, un grande frammento didolio ovoide che copriva una concentrazione dicarboni e alcune pietre. La superficie è stata inter-pretata come un piano di calpestio antico ma lamancanza di altri elementi impedisce di proporreun collegamento diretto con strutture edificate.Sia lo strato agricolo che quello sottostante conte-nevano abbondante ceramica attribuibile a diversefasi dell’età del bronzo, che è apparsa particolar-mente concentrata nella parte meridionale del sag-gio. Tuttavia, nessun elemento strutturale è emer-so in associazione con questa concentrazione econ i frammenti d’intonaco raccolti in superficie,mentre un solo frammento d’intonaco è stato ri-trovato nello scavo.

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una lettura quantitativa dei risultati

Il rapporto tra il numero di frammenti raccoltiin superficie e quelli emersi nello scavo non è coe-rente nei tre saggi, come si rileva dal diagrammain fig. 6,1 e 2. All’interno di un totale di circa 17m3 di terreno scavato è stata ritrovata una quantitàdi frammenti fittili corrispondenti a quasi 1/4 diquelli raccolti su m2 4500 di superficie, 1322 con-tro 4483 (fig. 6,3). Il saggio P, collocato in unadelle aree di maggior intensità superficiale, ha re-stituito una quantità di frammenti nettamente in-feriore rispetto al saggio U, 245 contro 951, men-tre la povertà di reperti dell’area T è stata confer-mata dallo scavo.

Per quanto riguarda i frammenti diagnostici(bordi, carene, basi, anse, decorazioni), nell’area discavo ammontano complessivamente al 20,3% deltotale, anche se quelli cronologicamente attribuibi-li in diverso grado sono una dozzina, una frazioneveramente esigua di questa percentuale (tab. 1; fig.6,2). Il dato si avvicina a quello ottenuto dalla rac-colta di superficie, che ammonta al 16%. Il con-fronto tra le singole unità di raccolta e di scavomostra tuttavia delle differenze, particolarmente ri-levanti nel caso del saggio U. In questo caso, gliscarsi materiali osservati negli 8 m2 di superficiecomprendevano il 40% di diagnostici, a fronte del22% di quelli dallo scavo. Nel grafico normalizza-to risalta la maggiore percentuale di diagnosticiraccolti nelle zone di osservazione non intensiva,indizio di un’attenzione degli operatori fortementesbilanciata verso i frammenti significativi.

osservando i dati quantitativi, possiamo sotto-lineare l’inaffidabilità statistica delle raccolte disuperficie occasionali che, pur salvando il dato re-lativo alla mera presenza di un sito ed eventual-

mente di una sua attribuzione cronologica, nonpossono dare conto delle caratteristiche del giaci-mento sottostante la superficie, che sembranosfuggenti anche quando vengono attuate raccolteposizionate intensive.

I materiali e la cronologia

catalogo1) Parete decorata (fig. 7,1). Parete rettilinea di grande reci-piente. decorazione a squame applicate irregolarmente. Im-pasto grossolano di colore bruno; superficie lisciata di colorebruno chiaro. Alt. 5; largh. 6,8; spess. 1,4. Saggio U, US 2.Cfr Biddittu, Segre Naldini 1981, fig. 3,15-16; Cocchi Ge-nick 2008, fig. 25,75.2) Ansa a nastro (fig. 7,2). Ansa a gomito arrotondato impo-stata sulla parete e la massima espansione di una forma nonriconoscibile. Impasto semifine di colore bruno; superficie li-sciata di colore bruno. Alt. 3,3; largh. 3. Saggio U, US 2, ta-glio c.3) Scodella con labbro a tesa (fig. 7,3). Scodella con labbroa tesa ingrossato all’interno, vasca rastremata rettilinea. Im-pasto semifine di colore bruno; superficie levigata di colorebruno scuro. Alt. 4,3; largh. 4,2; spess. 1,1. Saggio U, US 2metà Sud, taglio b. Cfr Cocchi Genick 1998, fig. 12,23A e24A; Cocchi Genick 2001, fig. 66,365A (per la forma).4) Ciotola a colletto (fig. 7,4). Ciotola a colletto a parete mol-to rientrante decorata con fascio di solcature parallele obli-que, probabilmente a pettine. Impasto fine di colore nero; su-perficie levigata di colore nero. Alt. 2,2; largh. 6,6; spess. 0,5.Saggio U, US 2. Cfr Cocchi Genick 2001, fig. 96,569B.5) Manico a nastro (fig. 7,5). Manico a nastro rettangolare bi-fenestrato forato trasversalmente alla base. Impasto fine di ti-po wafer (bruno con nucleo scuro); superficie levigata di co-lore bruno. Alt. 4,8; largh. 11,4. Saggio U, US 2. Cfr CocchiGenick 2001, fig. 86,500.6) Ansa a nastro (fig. 7,6). Ansa a nastro sopraelevata impo-stata su recipiente a parete rettilinea verticale. Impasto gros-solano di colore bruno; superficie lisciata di colore bruno.Alt. 9; largh. 6. Saggio U, US 2. Cfr solo per la forma del-l’ansa Cocchi Genick 1998, p. 201, fig. 53,151B.7) Scodella a parete rientrante (fig. 7,7). Scodella a pareterientrante con orlo assottigliato. Impasto semifine di colorenero; superficie lisciata di colore nero. Alt. 2,6; largh. 3;

Tab. 1-Scavo: rapporto tra frammenti raccolti e frammenti diagnostici.

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741

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spess. 0,6; diam. 14. Saggio U, US 2, taglio c.8) Scodella a parete rientrante (fig. 7,8). Scodella a pareterientrante con orlo assottigliato. Impasto fine di colore bruno;superficie levigata di colore bruno chiaro. Alt. 2,5; largh. 3;spess. 0,6; diam. 15. Saggio U, US 2, taglio c.9) Scodella a parete rientrante (fig. 7,9). Scodella a pareterientrante con orlo piatto. Impasto fine di colore bruno; su-perficie levigata di colore bruno chiaro. Alt. 1,8; largh. 2,6;spess. 0,5; diam. 20. Saggio U, US 2, taglio c.10) Scodella a parete rientrante (fig. 7,10). Scodella a pare-te molto rientrante poco convessa, orlo arrotondato. Impastosemifine di colore nero; superficie levigata di colore nero.Alt. 5,4; largh. 12; spess. 1,2; diam. 25. Saggio U, US 2. CfrCocchi Genick 2001, fig. 73,412.11) Labbro decorato (fig. 7,11). Parete verticale con labbroingrossato e assottigliato all’esterno, con cordone plastico atacche presso l’orlo. Impasto semifine di colore bruno chia-ro; superficie lisciata di colore bruno chiaro. Alt. 3; largh.4,3; spess. 0,7. Saggio U, US 2 metà Nord, taglio b.12) Parete decorata (fig. 7,12). Parete concava. decorazioneincisa a fasce curvilinee e rettilinee campite a puntinato. Im-pasto semifine di colore bruno; superficie levigata di colorenero. Alt. 4,9; largh. 5,1; spess. 0,9. Saggio U, US 2.13) Ciotola a colletto (fig. 7,13). Ciotola a vasca convessabassa, parete rettilinea molto rientrante e colletto accennato.Impasto semifine di colore bruno chiaro; superficie levigatadi colore bruno chiaro. Alt. 3,4; largh. 4; spess. 0,9. Saggio U,US 1. Cfr Cocchi Genick 2001, tipi 220-228-242-242v. 14) Scodella a parete rientrante (fig. 7,14). Scodella a pare-te rientrante con orlo piatto. Impasto fine di colore nero; su-perficie levigata di colore nero. Alt. 2,6; largh. 3,5; spess. 0,6;diam. 24. Saggio U, US 1.15) Parete decorata (fig. 7,15). Parete convessa. decorazio-ne a fascia di larghi punti impressi delimitata da incisione ret-tilinea orizzontale. Impasto semifine di colore grigio; super-ficie levigata di colore bruno chiaro. Alt. 4,4; largh. 3,8;spess. 1,1. Saggio U, US 1.16) Parete decorata (fig. 7,16). Parete rettilinea con labbrosvasato. decorazione incisa a fasce orizzontali campite a trat-teggio. Impasto semifine di colore bruno chiaro; superficielevigata di colore bruno chiaro. Alt. 3,4; largh. 2,4; spess. 1,1.Saggio U, US 1.17) Ciotola - coperchio (fig. 7,17). Ciotola - coperchio a pa-rete convessa e orlo indistinto arrotondato, con cordone pla-stico liscio orizzontale sul corpo. Impasto semifine di colorebruno; superficie lisciata di colore bruno chiaro. Alt. 7; largh.5,8; spess. 1,3. Saggio U, US 1.18) Collo concavo con labbro svasato (fig. 7,18). Parete rien-trante con collo concavo e labbro svasato, orlo piatto. Impastofine di colore bruno; superficie levigata di colore bruno chia-ro. Alt. 4,3; largh. 3,6; spess. 0,6; diam. 20. Saggio U, US 1.19) Parete decorata (fig. 7,19). Parete rettilinea di grande re-cipiente. decorazione a fila di impressioni digitali. Impastogrossolano di colore bruno; superficie lisciata di colore bru-no. Alt. 2,6; largh. 3,2; spess. 0,7. Saggio U, US 1.20) Labbro decorato (fig. 7,20). Labbro svasato con decora-zione a fascia orizzontale di triangoli excisi contrapposti al-ternati, delimitata da una sottile incisione. Impasto semifinedi colore nero; superficie lucidata di colore bruno. Alt. 2,5;largh. 4; spess. 0,5. Saggio U, US 1. Cfr Cocchi Genick 1998,p. 231, n. 204; per il Bronzo medio appenninico i confrontisono numerosi, a titolo di esempio si citano: Cocchi Genicket alii 1995, fig. 89, n. 272 u.4; fig. 98,295C.21) Ciotola a colletto (fig. 7,21). Ciotola a colletto con lab-bro assottigliato leggermente svasato. Impasto semifine dicolore nero; superficie levigata di colore nero. Alt. 3,6; largh.

7; spess. 0,9. Saggio P, US 4.22) Dolio (fig. 7,22). dolio con parete verticale, labbro in-grossato e assottigliato all’esterno, decorato con solcaturaorizzontale irregolare. Impasto grossolano di colore bruno;superficie levigata di colore bruno scuro. Alt. 4; largh. 4,5;spess. 1,2; diam. 20. Saggio P, US 1.23) Sopraelevazione di ansa (fig. 7,23). estremità di soprae-levazione di ansa o manico rettangolare. Impasto semifine dicolore bruno; superficie levigata di colore bruno. Alt. 6;largh. 3; spess. 1,1. Saggio T, US 2. Cfr Cocchi Genick 2001,pp. 84, n. 488; 176, n. 221B; 356, n. 499, fig. 90,57. 24) Olla ovoide (fig. 7,24). olla globulare con labbro a col-letto con cordone plastico liscio sulla parete. Impasto grosso-lano di colore nero; superficie levigata di colore bruno, inter-no nero. Alt. 12,2; largh. 13; spess. 0,9; diam. 37,5. Saggio U,US 4. Cfr Cocchi Genick 1998, fig. 46, u.d. 123; fig. 48,133;Cocchi Genick 2001, fig. 15,46.

I materiali recuperati con le raccolte di super-ficie e lo scavo, anche se il numero dei diagnosti-ci cronologicamente attribuibili è molto basso ri-spetto al totale dei frammenti, hanno permesso diindividuare elementi riferibili a più fasi. L’inqua-dramento dei frammenti editi rimane sostanzial-mente valido (Conti et alii 1993).

L’eneolitico recente, testimoniato da fram-menti a decoro campaniforme, epicampaniforme edi ambito tardo Laterza-ortucchio dalle indaginidi superficie2, è confermato da un frammento condecorazione a squame (fig. 7,1; fig. 9,7-9).

La facies di Mezzano del Bronzo antico è rap-presentata sia nella raccolta di superficie che nel-lo scavo. dalla superficie vengono un’ansa a na-stro con prolungamento asciforme e uno scodello-ne con labbro a tesa3, dallo scavo una grande ansaa nastro sopraelevata sulla parete di un grandecontenitore (fig. 7,6).

La facies di Grotta Nuova, quantitativamentela più evidente in tutte le precedenti raccolte, neimateriali dalle ricerche di superficie del 1992 èrappresentata da scodelle a parete rientrante, dascodelle con presa triangolare sul bordo e da unmanico a nastro forato orizzontalmente all’attac-co4. Il momento più recente di tale facies è segna-lato dalla decorazione a cerchielli impressi in unafascia delimitata a incisione (fig. 9,11).

dallo scavo vengono altre scodelle a pareterientrante (fig. 7,7-10, 14), un’estremità di mani-co a nastro (fig. 7,23), un manico bifenestrato cheha un singolo confronto a Mezzano 1 (fig. 7,5),ciotole a colletto più o meno sviluppato (fig. 7,13e 21; fig. 9,2) in un caso con decorazione a petti-ne (fig. 7,4).

Va sottolineato il confronto poco puntuale chesi può istituire per il frammento di fig. 7,21 con leciotole caratteristiche dello stile di Grotta Nuova,tanto più problematico considerando che questo è

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l’unico altro frammento trovato su un piano di cal-pestio, oltre all’olla con cordone di fig. 8.

Solo due esemplari decorati dallo scavo sonoattribuibili al periodo: la citata ciotola e una pare-te con fascia marginata campita a grossi punti im-pressi (fig. 7,15; fig. 9,1).

Il Bronzo medio appenninico è segnalato dadiversi frammenti decorati dalla raccolta di super-ficie, con motivi comuni del repertorio medio -tirrenico: le fasce campite a tratteggio, i meandrirettilinei e i triangoli campiti a puntinato, i trian-goli incisi o excisi (fig. 9,10, 12, 13)5. La presen-za è confermata nello scavo da tre frammenti de-corati: una parete con fasce campite a tratteggio,una a meandri curvilinei e un labbro con triangoliexcisi contrapposti (fig. 7,12, 16, 20; fig. 9,3-4,6).

Altri elementi dalla superficie sono attribuibilia tutto l’arco del Bronzo medio, come la ciotolacarenata, la presa a rocchetto forata e l’ansa a ma-niglia con apofisi sull’attacco, o ad un arco anco-ra più ampio, come la tazza profonda con cordoneplastico6.

Analoga considerazione si può avanzare perelementi provenienti dallo scavo come la grandeolla con cordone plastico (fig. 8), la ciotola-coper-chio con cordone plastico e la parete con fila diimpressioni digitali (fig. 7,17 e 19; fig. 9,6). Mol-to numerosi sono i frammenti (non illustrati) dipareti con cordoni plastici lisci o impressi, taloraanche doppi. L’industria litica è scarsa e compren-de schegge e frammenti di lame, sia su selce chesu ejecta; si segnalano tuttavia una scheggia cor-ticale di ossidiana e un punteruolo su scheggia conpatina lustra e ritocco ripido (fig. 10).

conclusioni

La dispersione ceramica osservata in superfi-cie risulta troppo elevata per essere considerata unindicatore immediato di presenze archeologicheconservate in corrispondenza con le aree di mag-giore concentrazione, anche se in due sondaggi siè potuta constatare l’esistenza di piani di frequen-tazione antichi ad una profondità compresa tra 50e 90 cm, segno che fino al momento delle ricerchele arature non erano scese tanto in profondità. Loscavo ha permesso di verificare che il rapporto traframmenti visibili in superficie e nello spessoredel deposito è affidabile solo per un primo gradodi approssimazione, e non rappresenta un indica-tore certo di un deposito sepolto significativamen-te conservato.

Non è possibile affermare se esistesse una so-

vrapposizione stratigrafica tra strutture realizzatein momenti diversi. La posizione dell’abitato inuna vallecola in netto pendio può avere coincisocon un processo di erosione e deposizione tale dainteressare l’abitato durante il suo arco di vita. Tut-tavia, si è potuto anche osservare che le dinamicheerosive hanno avuto un comportamento diverso daquello ipotizzato prima dello scavo. Infatti, si te-meva che la forte presenza di materiali nella partepiù a valle corrispondesse soprattutto alla rideposi-zione di resti trascinati dall’area più a monte. Si èconstatato invece che nel saggio U posto a monte,lo spessore del suolo sopra il deposito archeologi-co era decisamente maggiore rispetto al saggio P,situato a valle. È anche possibile che nel corso deltempo più strutture siano state edificate in punti di-versi con un progressivo slittamento delle aree oc-cupate, che non sembra percepibile dai resti di su-perficie. Va sottolineato tuttavia che non sono sta-te osservate nella ricerca preliminare altre aree diconcentrazione confrontabili con P, Q, R S e U. Seil rapporto che abbiamo sopra evidenziato traframmenti in superficie e negli strati fosse un indi-catore univoco, questo dato sarebbe purtroppo in-dizio di una sostanziale scomparsa della maggiorparte della millenaria serie di occupazioni che sisono succedute a Monte Saliette.

La posizione delle massime concentrazioni diresti preistorici sul lato N della vallecola fa co-munque ritenere che l’abitato antico dovesse tro-varsi qui. Questo fatto è sostenibile anche conl’osservazione che si tratta del lato più assolato eriparato dai venti settentrionali. durante le ricer-che ciò è stato verificato direttamente, poiché sullato meridionale del campo la brina si mantenevaquasi fino a metà giornata a causa dell’ombraproiettata dal colle soprastante.

Le caratteristiche delle presenze qui descrittenon danno la sicurezza di aver intercettato con loscavo una successione di insediamenti parallelizza-bile con la cronologia dei reperti raccolti, ma pos-sono essere riferite all’impianto di edifici più effi-meri, eventualmente legati ad attività temporanee.

Sotto l’aspetto della cronologia, quindi, lo sca-vo non ha aggiunto nessuna informazione a quan-to visibile dalle ricerche di superficie, poiché i po-chi frammenti ritrovati in posto su piani di calpe-stio non sono cronologicamente attribuibili in ma-niera univoca. Alle tracce di epoca arcaica, elleni-stica e moderna segnalate dalla ceramica non cor-risponde alcuna traccia riconoscibile di edificioche possa aver intaccato il deposito più antico.

C.P.

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6.2 VALLoNe (VALeNTANo, VT)

La loc. Vallone è da tempo conosciuta nellaletteratura archeologica soprattutto grazie al ritro-vamento di una cosiddetta “tavoletta enigmatica”(Petitti 2000; Piccoli 2011; Piccoli, zanini 1999,2005, 2006).

Il fortunato recupero fu effettuato nel 1993, nelcorso della ricognizione sistematica della calderacondotta dall’allora Soprintendenza Archeologicadell’etruria Meridionale (cfr supra 2.1), quando l’a-rea fu interessata da un’accurata indagine di super-ficie che portò alla raccolta, insieme alla “tavolettaenigmatica”7, di alcuni frammenti ceramici attribui-bili all’antica età del bronzo (cfr supra 5, sito 74).

La zona però era già nota per alcuni ritrova-menti occasionali ad opera di appassionati locali eper una raccolta più attenta, risalente al 1987, a cu-ra dei volontari del Gruppo Archeologico Veren-tum (G.A.V.). Il materiale recuperato, appartenen-te a cronologie diverse8 e dunque indizio di unalunga frequentazione dell’area con tutta probabi-lità in alcuni periodi occasionale, è stato reso notonel suo complesso in concomitanza dell’allesti-mento di due mostre realizzate nella Rocca Farne-se di Valentano, rispettivamente nel 1989 “Valen-tano: messaggi dal passato. Presenze preistorichesul territorio” a cura del G.A.V., e nel 1993 “Vul-cano a Mezzano. Insediamento e produzioni arti-gianali nella media valle del Fiora durante l’Etàdel Bronzo” (AA.VV. 1989; Conti et alii 1993; Be-lardelli et alii 2007, sito 38, pp. 327-328).

Sulla spinta di un rinnovato interesse per lafrequentazione pre-protostorica della caldera, nel-l’estate del 2010 si è proceduto ad un intervento discavo nell’area da cui provengono i materiali del-l’antica età del bronzo; in questa sede sono pre-sentati in dettaglio i risultati dell’indagine, resapossibile dalla collaborazione tra il Museo dellapreistoria della Tuscia e della Rocca Farnese, l’U-niversità degli Studi della Tuscia (dipartimento diScienze dei Beni Culturali) e, ovviamente, la So-printendenza per i Beni Archeologici dell’etruriaMeridionale9.

localizzazione del sito e indagini di scavo

Il sito del Vallone dista circa 3,2 km dal paesedi Valentano, in direzione Ne, in un’area pianeg-giante ad uso agricolo, ai piedi del crinale percor-so dalla S.S. “Castrense” Valentano-Latera. Nellacartografia IGMI (F. 136 I Ne-334/25, Gradoli,coordinate di latitudine N 42° 35’ 37’’ e longitudi-ne e 11° 49’ 56’’) la località è indicata come Ca-

sale Coste d’orzi (fig. 11,1-2). Il toponimo Vallo-ne compare invece nella Carta Tecnica Regionale(Sez. n° 344020, Valentano), a scala 1:10.000 enella Mappa Catastale (particella catastale n. 7 delFoglio 14).

La campagna di scavo 2010 si proponeva di ac-certare la reale presenza di una stratificazione ar-cheologica nell’area dei ritrovamenti di superficie edi raccogliere ulteriori elementi, soprattutto crono-logici, per una migliore comprensione del probabi-le contesto originario della “tavoletta enigmatica”.

Sono stati aperti quattro saggi (saggi I-IV)coincidenti con l’area di survey (fig. 12,2). Solo ilsaggio I ha restituito un deposito archeologico eduna sequenza stratigrafica, mentre il resto dellearee di scavo è risultato del tutto privo di eviden-za archeologica. Il saggio II aperto a solo 30 m piùa S con una esposizione di circa 6 m2 ed unaprofondità di circa 1,20 m dal piano di campagna,ha rivelato sotto il terreno agricolo una formazio-ne naturale omogenea. Gli altri due sondaggi, isaggi III e IV, sono stati aperti molto più ad o ver-so il Fosso olpeta, ad una quota assoluta legger-mente più bassa. Le aree esposte sono piccole maraggiungono una profondità di oltre il metro emezzo. Come per il saggio II, anche i saggi III eIV hanno rivelato, sotto il terreno agricolo, un’u-nica formazione naturale omogenea totalmentepriva di materiale archeologico.

Le ricerche si sono dunque concentrate nelsaggio I e hanno indagato un’area complessiva di24 m2. Il terreno agricolo (US 0) presenta circa 50cm di spessore (fig. 13). Lo strato inferiore (US 1)è formato da una preponderante componente sab-bioso-argilloso-limosa mista a materiale pirocla-stico in disfacimento; la US ha uno spessore mas-simo di circa 60 cm a S e tende a sfumare del tut-to a N: questo andamento è dovuto soprattutto alfatto che l’interfaccia basale mostra una forte pen-denza in direzione SSo. Lo strato successivo (US2) è più sottile ma conferma l’inclinazione dellastratificazione in questo punto verso S. La matri-ce del suolo è identica alla precedente, aumentasolo in densità la componente piroclastica in di-sfacimento. Gli strati US 1 e US 2 con molta pro-babilità devono essersi generati per azioni di ac-cumulo/colmata. In questi strati il materiale ar-cheologico è molto raro, ove presente risulta sem-pre all’interno della formazione, mai lungo le su-perfici di contatto.

Lo strato più antico (US 3) è l’unico livello an-tropico della sequenza ed è costituito da una siste-mazione di pietre e scaglie litiche di dimensioni

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medie e piccole, di origine vulcanica, distribuitein forma irregolare ma con andamento subrettan-golare (figg. 14; 15,1). È possibile si tratti del re-siduo di una piccola struttura, una sorta di pianod’uso, inserita nella sottostante matrice geologicadi età olocenica, del tutto priva di materiale ar-cheologico. Non sono visibili ulteriori elementicostruttivi, ad esempio buchi di palo, ma è rico-noscibile il margine della struttura leggermenteincassata, come già detto, nella formazione natu-rale sottostante. Vari frammenti ceramici, carbonie denti di bovino sono concentrati nell’area Ne(fig. 15,2), mentre dalla zona centrale provienequasi esclusivamente ceramica.

L’area di occupazione individuata dallo scavoè posta a circa 380 m dal Fosso olpeta e ad oltre10 m di altezza rispetto al suo attuale letto, in unpunto di leggero pendio (0,33%), proprio vicino alsalto di quota che porta rapidamente all’aumentodella pendenza e dell’altitudine, fin sulla crestadella caldera (fig. 12,1).

note di geomorfologia del sito

In relazione all’attuale aspetto fisiografico ge-nerale della Caldera di Latera, dettagliatamente il-lustrato in questo volume (cfr supra 3), l’areale in-teressato dall’indagine archeologica è situato in unazona subpianeggiante appena digradante verso ilFosso olpeta, poco a valle delle pendici del ver-sante e alla quota di circa 410 m s.l.m.10. Il territo-rio è ricoperto da bosco, più o meno fitto, sui ver-santi collinari mentre è coltivato o lasciato a pasco-lo nelle zone pianeggianti ed alle pendici dei rilie-vi.

Particolare risalto assumono le forme del terri-torio, in cui si possono distinguere, per caratteri-stiche di omogeneità, due unità geomorfologicheprincipali: l’unità di versante e l’unità di pianura(fig. 1611).

L’Unità geomorfologica di versante è costitui-ta dal territorio digradante della cinta calderica in-terna verso la piana centrale. L’unità è caratteriz-zata da depositi vulcanici vari (depositi cineritici,lapilli, piroclastiti, ecc...) e le forme di erosioneconferiscono a questo settore morfologie abba-stanza ondulate.

L’unità geomorfologica di pianura, costituitadal territorio pianeggiante della parte orientaledella piana di Latera, è caratterizzata da sedimen-ti di origine palustre e fluvio-palustre che conferi-scono a questo settore il tipico andamento pianeg-giante. Nella piana sono presenti fenomenologietermo-minerali ed il Fosso olpeta che assume,

nella zona di interesse, direzione dapprima NS esuccessivamente Ne-SW.

La transizione tra le due Unità è caratterizzatada un addolcimento del pendio, in cui sono pre-senti terreni detritici di disfacimento delle rocce insitu e di versante.

L’analisi della cartografia e delle immagini ae-ree disponibili e l’esame del terreno hanno per-messo di individuare l’andamento articolato dellecurve di livello nell’unità di versante a monte delsito e nella pianura, permettendo di ipotizzare lapresenza di alcune incisioni e/o microvalli chescendono dal rilievo, con caratteristiche più o me-no nette e definite, di cui due nelle vicinanze del-la zona di scavo. Le incisioni e/o microvalli nonsono attualmente occupate da corsi d’acqua (l’as-senza di affluenti superficiali del Fosso olpeta po-trebbe far pensare ad una porosità medio-alta deiterreni vulcanici12) ma, verosimilmente, possonoessere state originate dalla confluenza del ruscel-lamento di forti eventi pluviometrici (regime im-pulsivo). In particolare, il processo formativo ederosivo delle due incisioni A e B (fig. 16) subito aN e a S dei saggi di scavo potrebbe aver circo-scritto l’ambito del ritrovamento archeologico e,quindi, aver determinato la presenza o l’assenzadel materiale archeologico nel e sul terreno. Ap-pare inoltre interessante la possibile posizione delsito rispetto all’ubicazione dell’orlo morfologicocalderico indicato nella nuova, ma non ancora de-finitiva, cartografia geologica13.

I materiali e il contesto culturale

delle aree di scavo aperte durante la campagnadel 2010 soltanto il saggio I ha restituito materia-le ceramico. Il totale dei frammenti recuperati am-monta a 247: tralasciando l’esiguo numero diquelli provenienti dal rimosso superficiale (17 intotale, per lo più pareti), il resto proviene dalle treunità stratigrafiche individuate e in particolare daquella più superficiale (US 1). Soltanto 33 sonogli elementi vascolari riconoscibili, rappresentatiessenzialmente da orli, pochi fondi e scarsi ele-menti di presa, mentre 197 sono le pareti semplici(tab. 2).

Nella produzione vascolare due sono i tipi diimpasto utilizzati, distinti macroscopicamente:uno più fine, molto compatto con pochi inclusidalle dimensioni minute, e uno più grossolano,che è anche quello più ricorrente, di durezza mi-nore rispetto al precedente, con smagranti di variedimensioni distribuiti in modo poco omogeneo. Ilcolore degli impasti varia dal bruno al bruno chia-

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ro-rossiccio, più raramente al bruno scuro tenden-te al nero. Le superfici, sia interne che esterne, ri-sultano nel complesso ben conservate, ad eccezio-ne di numerosi elementi dell’US 1, e frequente-mente ben lisciate, spesso lucide negli impasti fini.

osservando le classi ceramiche ricostruibili,fra le forme vascolari maggiormente presenti pre-valgono in quelle chiuse le olle di piccole (fig.18,2 e 3), medie (fig. 17,14) e grandi dimensioni(fig. 19,1), mentre tra le forme aperte sono più nu-merose le scodelle (fig. 17,1-3; fig. 18,1 e 5). So-no attestati anche un frammento di ciotola con al-ta carena (fig. 17,13), un altro di tazza a profilo si-nuoso con orlo everso (fig. 18,4) e un’ampia por-zione di vaso miniaturistico, con una piccola bu-gna frammentaria sulla parete, proveniente dal-l’US 3 (fig. 19,5). Pochi gli orli, per lo più indi-stinti o lievemente eversi, non riconducibili ad al-cuna forma specifica (fig. 17,4 e 10-12); pochi an-che i fondi documentati esclusivamente dalla va-rietà morfologica semplice (fig. 17,5, 7 e 8).

Gli elementi di presa recuperati consistono inun’ansa a nastro verticale conformata a gomito(fig. 19,2), un’ansa a bastoncello e altri due fram-menti di anse a nastro di minute dimensioni, oltread una presa a lingua orizzontale poco rilevata(fig. 19,4).

Per quanto riguarda infine le decorazioni, in unsolo frammento, per altro di incerta attribuzione(ansa?), è presente una decorazione a sottili lineeincise disposte in modo casuale sulla superficieesterna (fig. 19,3), mentre fra le decorazioni pla-

stiche è attestata solo la presenza di cordoni oriz-zontali (fig. 17,6; fig. 18,3), per lo più poco rile-vati sul corpo del vaso, con sezione rettangolare oarrotondata.

È presente infine, nell’US 1, un probabileframmento di listello interno (fig. 17,9).

catalogo

uS 11) Scodella ad orlo rientrante (fig. 17,1). orlo poco rientran-te con estremità arrotondata e parete a profilo leggermenteconvesso. Impasto fine; superficie esterna lisciata di colorebruno scuro, superficie interna lisciata di colore nero. Alt. 3;lungh. 3,3; largh. 3; spess. 0,5; diam. 10.2) Scodella con ansa orizzontale (fig. 17,2). Priva dell’orlo,vasca poco profonda con profilo leggermente convesso emancante del fondo. Ansa orizzontale a bastoncello, fram-mentaria, impostata sotto l’orlo presso il punto di massimaespansione. Impasto grossolano; superfici lisciate di colorebruno scuro. Alt. 6,5; lungh. 5,2; largh. 5,6; spess. 0,7. CfrCocchi Genick 1998, tipo 16; Pennacchioni 1977, tav. 21,43;Sarti 1995-96, fig. 3,1 e 2.3) Scodella ad orlo rientrante (fig. 17,3). orlo rientrante,estremità appiattita ed obliqua internamente, parete a profiloconvesso, vasca poco profonda. Impasto fine; superfici nontrattate di colore bruno-rossastro. Alt. 3,8; lungh. 4; largh.5,4; spess. 0,7; diam. 12,8. Cfr Fenu 2000, fig. 45,6 (con cor-done decorato a tacche sottili).4) Frammento di orlo (fig. 17,4). orlo svasato, estremità ar-rotondata, parete a profilo leggermente convesso. Impastogrossolano; superficie esterna levigata, colore marrone; su-perficie interna levigata, colore nero. Lungh. 4; largh. 5;spess. 1,1.5) Frammento di parete con cordone (fig. 17,6). Parete a pro-filo rettilineo decorata con cordone liscio, orizzontale, a se-zione triangolare. Impasto grossolano; superficie esterna contracce di steccatura di colore bruno chiaro; superficie interna

Tab. 2-Frammenti ceramici recuperati nel saggio I.

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n. 17 (2, 3, 4, 5, 7, 8, 9)

n. 18 (1)

n. 17 (10, 11, 12, 13, 14)

n. 18 (2)

n. 19 (2, 4)

n. 18 (3, 4, 5)

n. 19 (1, 3, 5)

1

2 9 7 0 3 0 19

3 9 5 0 1 1 16

179 9 5 1 1 195

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non trattata di colore bruno chiaro. Lungh. 4; largh. 3,7;spess. 1,1.6) Frammento di fondo (fig. 17,5). Fondo piatto con spigolosmussato e breve tratto di parete a profilo rettilineo. Impastogrossolano; superficie esterna lisciata di colore bruno chiaro,superficie interna lisciata di colore nero. Alt. 4,8; lungh. 6,9;largh. 9; spess. parete 1,7; spess. fondo 1,7. 7) Frammento di fondo (fig. 17,7). Fondo piatto con accennodi spigolo e breve tratto di parete a profilo quasi rettilineo.Impasto grossolano; superficie esterna lisciata di colore bru-no chiaro; superficie interna lisciata di colore nero. Alt. 6;lungh. 9,9; largh. 8,9; spess. parete 1,4; spess. fondo 1,7. 8) Frammento di fondo (fig. 17,8). Fondo con spigolo arro-tondato e breve tratto di parete a profilo rettilineo. Impastogrossolano; superficie esterna lisciata di colore marrone; su-perficie interna lisciata di colore grigiastro. Alt. 4,9; lungh.5,5; largh. 5,4; spess. parete 1,8; spess. fondo 1,7. 9) Frammento di listello interno? (fig. 17,9). Impasto gros-solano; superfici esterna ed interna con tracce di lisciatura,colore beige. Lungh. 6; largh. 6,7; spess. 2.

uS 210) Olla globulare [dalla sezione E] (fig. 18,2). orlo indi-stinto con estremità arrotondata, parete a profilo rettilineo,corpo globulare di piccole dimensioni. Impasto fine; superfi-cie esterna steccata di colore bruno scuro; superficie internanon trattata di colore bruno chiaro. Alt. 4,2; lungh. 4,5; largh.3,8; spess. 0,7; diam. 16,8. Cfr Modeo et alii 2000, fig. 47,7.11) Ansa a gomito [dalla sezione E] (fig. 19,2). Ansa a nastroverticale a gomito con leggera sopraelevazione, a sezionequadrangolare, aderente alla parete del vaso che è pressochérettilinea, con punto di volta leggermente concavo, tratto sot-tostante lievemente convesso e luce piuttosto ampia. Impastogrossolano; superficie esterna lisciata di colore bruno scuro;superficie interna non trattata di colore bruno scuro. Lungh.8,5; largh. 7; spess. parete 1, spess. ansa 1,1. Cfr Cocchi Ge-nick 1998, tipo 150 variante A.12) Frammento di parete con presa orizzontale [dalla se-zione E] (fig. 19,4). Frammento di parete con piccola presaorizzontale di forma ellissoidale. Impasto grossolano; su-perfici steccate di colore bruno chiaro. Lungh. 3,8; largh.4,5; spess. 1. 13) Frammento di ciotola carenata (fig. 17,13). orlo svasa-to, parete al di sopra della carena a profilo concavo, carena aspigolo arrotondato al di sopra del punto di massima espan-sione. Impasto grossolano; superficie esterna con tracce disteccatura di colore rossastro; superficie interna lisciata di co-lore bruno chiaro. Lungh. 3,9; largh. 5,3; spess. 1,1. Cfr Coc-chi Genick 1998, tipo 56/57.14) Olla ovoide con orlo svasato (fig. 17,14). orlo legger-mente distinto inclinato verso l’esterno, pareti a profilo leg-germente convesso. Impasto grossolano; superficie esternacon tracce di steccatura di colore grigio chiaro; superficie in-terna lisciata di colore bruno scuro. Alt. 6,2; lungh. 6,4; largh.7,7; spess. 1,4; diam. 41,8. Cfr Persiani 1986, tav. 3,4 e 5;Cremonesi 1968, fig. 4,1.15) Frammento di orlo rientrante (fig. 17,10). Impasto gros-solano; superfici steccate di colore bruno scuro. Lungh. 2;largh. 2,9; spess. 0,8. 16) Frammento di orlo svasato con estremità arrotondata(fig. 17,11). Impasto grossolano; superfici lisciate di coloregrigio. Lungh. 2; largh. 2,8; spess. 0,7.17) Frammento di orlo svasato con estremità arrotondata(fig. 17,12). Impasto grossolano; superfici lisciate di colorebruno scuro. Lungh. 2,4; largh. 3,2; spess. 0,9.

uS 318) Scodella ad orlo rientrante [X 4] (fig. 18,1). orlo rien-trante, parete a profilo convesso, vasca poco profonda con-vessa, carena molto smussata. Impasto grossolano; superficisteccate di colore bruno scuro. Alt. 4,5; lungh. 4,6; largh. 7,8;spess. 1; diam. 22,6. Cfr Balducci et alii 2000, fig. 35,1.19) Olla globulare (fig. 18,3). orlo rientrante con estremitàarrotondata, parete a profilo convesso, corpo globulare. Pre-senta una decorazione plastica costituita da un sottile cordo-ne orizzontale applicato sotto l’orlo, a sezione triangolare, li-scio. Impasto grossolano; superficie esterna steccata di colo-re bruno scuro; superficie interna lisciata di colore brunochiaro. Alt. 3,8; lungh. 4,9; largh. 4,5; spess. 0,8; diam. 16,2.Cfr Cocchi Genick 1998, tipo 134 A; Balducci et alii 2000,fig. 37,2; Conti et alii 1993, tav. 2,5; Cremonesi 1968, p. 257,fig. 4, 5 e 8; Persiani 1986, tav. 3,2; zanini 2000, fig. 54,5.20) Tazza a corpo globulare (fig. 18,4). orlo leggermente ever-so e assottigliato, parete a profilo convesso, corpo globulare. Im-pasto grossolano; superficie esterna steccata di colore bruno scu-ro; superficie interna steccata in corrispondenza dell’orlo di co-lore bruno chiaro. Alt. 7,6; lungh. 8,8; largh. 10; spess. 1,2; diam.16,8. Cfr Fenu 2000, fig. 44,2; Balducci et alii 2007, fig. 1,2.21) Scodella ad orlo ispessito [X 1] (fig. 18,5). orlo conespansione bilaterale superiormente piatto, parete a profiloleggermente convesso, vasca poco profonda a calotta. Impa-sto fine con nucleo di colore grigio; superfici accuratamentesteccate di colore bruno scuro. Alt. 7; lungh. 12; largh. 18,8;spess. 1; diam. 30. Cfr Balducci et alii 2000, fig. 27,5; Fenu2000, fig. 45,5; Sammartino 1996, fig. 2,11.22) Olla cilindro-ovoide (fig. 19,1). orlo appena svasato conestremità arrotondata, parete a profilo quasi rettilineo, corpodi forma cilindro-ovoide. Impasto grossolano; superficieesterna steccata di colore bruno scuro; superficie interna stec-cata di colore bruno-rossiccio. Alt. 13,1; lungh. 13,3; largh.12; spess. 1,3; diam. 38,4. Cfr Persiani 1986, tav. 4,3.23) Frammento di ansa? (fig. 19,3). Frammento di probabileansa con motivo decorativo inciso a linee verticali, oblique eorizzontali. Impasto grossolano; superfici lisciate di colorebruno. Lungh. 2,9; largh. 4,9; spess. 1,3.24) Vaso miniaturistico [X] (fig. 19,5). Pareti a profilo legger-mente convesso, fondo piatto con spigolo arrotondato non di-stinto e leggera irregolarità interna. Piccola bugna conica fram-mentaria sulla parete. Impasto fine; superficie esterna lisciata dicolore bruno scuro; superficie interna non trattata di colore bru-no. Lungh. 3,4; largh. 5,5; spess. parete 0,5; spess. fondo 0,7. CfrCocchi Genick 1998, tipo 143; Franco 1982, tav. XVIII, M 1-8.

In considerazione dell’accettabile omogeneitàdelle caratteristiche morfologiche e tecniche delritrovamento in un’area circoscritta, l’insieme deimateriali ceramici sembra appartenere ad un uni-co orizzonte culturale. Nonostante la presenza dielementi di vasta diffusione e di prolungata dura-ta cronologica (frammenti con cordoni lisci a se-zione triangolare o arrotondata, presa a linguaorizzontale e ansa a nastro conformata “a gomi-to”, orli leggermente eversi con estremità arroton-data), le forme più specifiche permettono di attri-buire l’evidenza del Vallone all’antica età delbronzo, con caratteristiche nella produzione va-scolare affini a quelle riconosciute in siti di abita-to dell’Italia centrale tirrenica.

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I frammenti più significativi per un inquadra-mento cronologico e culturale provengono ov-viamente dall’US 3. La scodella n. 2114, in parti-colare, trova due puntuali confronti nell’area diSesto Forentino (FI) nei siti di Lastruccia 3,strato 8 (Balducci et alii 2000, fig. 27,5) e Ma-donna del Piano 1, strato 7 (Fenu 2000, fig.45,5), riferiti dagli autori rispettivamente ad unafase iniziale e piena dell’antica età del bronzo. Èutile ricordare che tale produzione, pur con al-cune varianti, è piuttosto ricorrente nei siti del-l’Italia centrale tirrenica come attestano, adesempio, i ritrovamenti di superficie di Casa Sa-racino nel livornese e di Torre Crognola e Mon-te Fiore nella valle del Fiume Fiora (Sammarti-no 1996, fig. 2; Pennacchioni 1977, fig. 9,93;Persiani 1986, fig. 2,15).

Ad un momento pieno dell’antica età del bron-zo è riconducibile pure la scodella n. 18, presenteanche nello strato 4 di Lastruccia 3 (Balducci etalii 2000, fig. 35,1), in questo caso con piccola bu-gna conica frammentaria. Sempre ad un momentoavanzato del Bronzo antico può essere attribuita latazza n. 20, che trova i confronti migliori ancora indue siti dell’area fiorentina: il primo con l’esem-plare presente nello strato 7 di Madonna del Piano,il secondo, meno puntuale, con quello di Semitel-la-orizzonte superiore (Balducci et alii 2007, fig.1,2) a sua volta avvicinato, con qualche riserva, al-le “tazze a gola” di Mezzano 1 (Franco 1982, tav.XV, M1-9). Sebbene più generica da un punto divista tipologico, tuttavia anche l’olla n. 19, già no-ta fra i materiali raccolti in superficie al Vallone(Conti et alii 1993, fig. 2,5) e presente nella valledel Fiume Fiora anche, ad esempio, a Monte Fiore(Persiani 1986, fig. 3,2), è attribuibile all’antica etàdel bronzo coerentemente con gli altri materiali re-cuperati nello strato; analoghe considerazioni sonoproponibili infine sia per l’olla n. 22, con un con-

fronto nel sito di Monte Fiore, sia per il vaso mi-niaturistico n. 24, che si può avvicinare al tipo 143di Cocchi Genick 1998, presente anche nel com-plesso ceramico del Lago di Mezzano (Franco1982, tav. XVIII, M 1-8).

Purtroppo meno numerosi e puntuali i con-fronti rintracciabili per i frammenti ceramici pro-venienti dagli strati sovrastanti. Per quanto riguar-da l’US 2 all’antica età del bronzo sembra rinvia-re, tuttavia, l’olla n. 10, presente anche fra i mate-riali dello strato 3e di Termine est 2 (Modeo etalii 2000, fig. 47,7), l’olla n. 14 e la ciotola n. 13,presente a Torre Crognola e avvicinabile al tipo 56o 57 della tipologia Cocchi Genick 1996, tipo cheè attribuito alla fase 2 del bronzo antico secondola cronologia tradizionale. Ancora al medesimoorizzonte cronologico e culturale possono esserericondotte le tre scodelle ad orlo rientrante del-l’US 1, di cui la n. 2 in particolare, pertinente al ti-po 16 della tipologia di Cocchi Genick 1996, tro-va confronto in un esemplare analogo provenien-te dal sito di Torre Crognola.

Concludendo, in base ai confronti proposti, nelcomplesso esaminato si individua una facies ca-ratterizzata, insieme a forme generiche, da ele-menti più specifici che inseriscono il Vallone nel-l’ambiente culturale dell’Italia centrale tirrenicadell’antica età del bronzo15. Tale inquadramentocronologico conferma sostanzialmente quantoemerso dallo studio dei materiali raccolti nel me-desimo sito in più occasioni (Conti et alii 1993;cfr supra 5, sito 74).

cronologia radiometrica

Tre campioni di carbone, sottoposti ad analisiradiometrica, hanno restituito altrettante datazioniC1416. Questi materiali provengono tutti dall’US 3del Saggio I e dunque risultano ben contestualiz-zati; inoltre, sulla base del riconoscimento delle

Tab. 3-datazioni radiocarbonio del Vallone, US 3.

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specie botaniche (cfr infra), sono attribuiti ad al-beri ed arbusti di media longevità.

Le date ottenute risultano del tutto coerenti e co-prono un periodo di tempo, considerando 2σ, tra laseconda metà del XX sec. e la seconda metà delXVII sec. cal. a.C. (tab. 3). Proprio per la loro omo-geneità, per il contesto di provenienza dei campio-ni e la natura statistica del metodo di datazione ra-diometrica, si avverte la necessità di avanzare qual-che ulteriore considerazione.

Se si procede alla stima della fascia di sovrap-posizione massima di questo set di date calibrate17,due di esse su tre coprono archi temporali distinti(tab. 4). Il primo riguarda una fascia tra 1878 e1775 a.C., mentre il secondo interessa un periodocompreso tra 1750 e 1693 a.C.. La prima fascia

copre circa cento anni, la seconda la metà. Questedue scansioni possono essere entrambe possibili.

Uno strumento utile per l’interpretazione deirisultati è il calcolo della media pesata che per-mette di considerare nel loro insieme le tre data-zioni18. In questo caso entrano nel conto le singo-le deviazioni standard. Applicando la media pesa-ta alle date convenzionali e la media aritmetica al-le deviazioni standard si ottiene una data conven-zionale che, calibrata, fornisce una stima plausibi-le dell’arco cronologico perseguito (tab. 5). Nelcaso del Vallone il risultato ottenuto è un arco ditempo verosimile di circa 180 anni tra il 1880 e il1700 a.C..

Si deve sottolineare che, con entrambi i meto-di, quello della fascia di sovrapposizione massima

Tab. 4-Fascia di sovrapposizione dell’arco temporale del set di date calibrate del Vallone considerando il 2σ.

Tab. 5-data ottenuta dalla media pesata delle tre date del Vallone US 3 e relativa calibrazione.

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tra un set di date calibrate e la media pesata, ilconfine cronologico più recente indicato dalle tredate si colloca intorno al 1700 a.C.. Meno rigido èinvece il limite temporale più antico che in ognicaso non sembra andare indietro nel tempo oltre ilprimo quarto del XIX secolo a.C..

analisi dei resti faunistici

Gli unici resti faunistici recuperati durante loscavo provengono dalla superficie della US 3. Sitratta di 23 reperti, tutti denti inferiori o parte diessi appartenenti a bovini (Bos taurus), di cui 11sono stati identificati, mentre 12 a causa della lo-ro frammentarietà non possono essere attribuiti aduno specifico dente. Per il riconoscimento dei re-perti sono stati utilizzati appositi atlanti (Barone1980; Wilkens 2001); solo i denti completi sonostati misurati secondo le indicazioni proposte daVon den driesch (1976) (tab. 6).

Tra gli 11 elementi identificati, alcuni sono sta-ti recuperati ancora in posizione anatomica e ap-partengono a due serie dentarie quasi complete: laprima è riferita ad una mandibola destra di cui sisono conservati il secondo e terzo premolare el’intera serie dei molari (f2), mentre l’altra è attri-buibile ad una mandibola sinistra di cui sono statirinvenuti terzo e quarto premolare e primo molare(f1). Fra gli altri denti raccolti ci sono anche unterzo molare destro (f3) ed i frammenti di quelliche sembrano essere almeno due premolari, chesono però troppo mal conservati per permettereun’attribuzione certa (f4?); per il resto sono pre-senti anche un terzo molare sinistro, un secondomolare sinistro e un terzo o quarto incisivo destro.

Sui materiali meglio conservati è stata deter-minata l’età alla morte basandosi sull’analisi del-

l’età di eruzione dentaria, secondo le tabelle pro-poste da Silver (1969), e sull’osservazione deglistadi di usura della superficie occlusale (Wilson etalii 1982). È stato così possibile stabilire che l’in-dividuo a cui apparteneva la serie dentaria destraaveva, al momento della morte, un’età compresatra i 24 ed i 48 mesi; l’analisi dell’altra serie den-taria, la sinistra, ha permesso di stabilire un’età al-la morte fra i 24 e i 40 mesi circa, mentre l’altrodente rinvenuto in situ, un terzo molare destro, ap-partiene ad un individuo di 24-30 mesi circa. Sul-la base dei risultati così ottenuti è quindi possibi-le ipotizzare che le due serie dentarie ed il terzomolare sinistro rinvenuto all’interno dell’US 3 ap-partengano ad uno stesso animale di età compresatra i 2 ed i 4 anni.

Per quanto riguarda gli altri materiali raccolti, ilterzo molare sinistro aveva un grado di usura com-patibile con un’età alla morte di 36-48 mesi circa,il secondo molare sinistro invece apparteneva ad unindividuo di circa 12-18 mesi ed infine l’incisivoapparteneva ad un animale di 12-36 mesi circa.

Incrociando i dati relativi all’età alla morte edeffettuando il calcolo del numero minimo di indi-vidui si può dunque stabilire la presenza nel re-cord faunistico di almeno tre esemplari distinti tracui uno di 12-18 mesi e due adulti di età abba-stanza ravvicinata: uno di 24-36 mesi e l’altro di36-48 mesi circa.

Una valutazione complessiva dei resti dellafauna non può prescindere dal fatto che i dentiesaminati erano ancora in posizione anatomica maprivi della relativa mandibola; inoltre in generaleil materiale disponibile è costituito esclusivamen-te da denti, più resistenti delle ossa a condizioni diconservazione sfavorevoli: ciò naturalmente im-

Tab. 6-Misurazioni dei denti completi dall’US 3.

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plica la conclusione che le ossa sono scomparseper effetto dell’elevata acidità del terreno. Taleconstatazione di fatto induce a ritenere che il cam-pione raccolto non sia attendibile, nel senso che ilterreno potrebbe non aver consentito la conserva-zione di altri eventuali resti ossei, appartenenti an-che ad altre specie, originariamente depositati sul-la struttura di pietrame. dunque il quadro di cuipossiamo disporre potrebbe non essere fedele mamodificato dalle condizioni di conservazione.

Per quanto riguarda il campione disponibile, alivello interpretativo si possono fare alcune ipotesi:il primo aspetto da sottolineare è che tutti i denti ap-partengono alla porzione mandibolare. dal mo-mento che non sono presenti denti mascellari è ve-rosimile ipotizzare che il cranio non fosse presente;anche l’assenza di denti appartenenti ad altre speciepotrebbe far supporre che in effetti all’interno del-l’assemblaggio faunistico del Vallone fosse presen-te solo il bue. Questi dati parrebbero indicare unaselezione volontaria da parte dell’uomo: le mandi-bole sono entrate a far parte del deposito archeolo-gico dopo essere state separate dal cranio.

Le età alla morte, comprese tra 1 e 4 anni, sug-geriscono sia uno sfruttamento degli animali perla carne, in quanto gli esemplari sono stati abbat-tuti al momento della maggiore resa o appena pri-ma, sia uno sfruttamento degli animali più anzia-ni come forza lavoro.

La presenza di bovini nel sito allinea il cam-pione faunistico del Vallone, pur nella sua esi-guità, ad altri siti coevi dell’Italia centrale tirreni-ca: si cita, come esempio, quanto emerso neglistrati 6 e 8 del sito fiorentino del Bronzo antico diLastruccia 3 (Corridi 2000).

analisi dei resti botanici

dalla superficie della struttura di pietrame (US3) provengono anche materiali lignei carbonizzatiche è stato possibile sottoporre ad analisi micro-scopica per il riconoscimento delle essenze19. Talianalisi hanno permesso l’identificazione di specietipiche, che tuttora caratterizzano il paesaggio checirconda il Lago di Bolsena.

Campione 3X [Saggio I, US 3] La sezione trasversale ha permesso di indivi-

duare una struttura xilematica costituita da unaporosità diffusa con vasi singoli o caratterizzati dacatene radiali fino a 8-10 elementi, di dimensionipari a 35-40 (75) μm; la sezione trasversale ha ri-velato raggi generalmente uniseriati o pluriseriatifino a 3 file di cellule. Con ogni probabilità ilframmento ligneo appartiene ad Ostrya carpinifo-

lia Scop. (Carpino nero) (fig. 20,1).Il carpino nero è un albero alto fino a 24 m,

presente in tutta la penisola, più sporadico sulleisole maggiori. esso si ritrova sulle fasce mediedelle colline fino a 1000-1200 m di quota, spessoin associazione con l’orniello (Fraxinus Ornus) econ il cerro (Quercus cerris). Il carpino nero, uti-lizzato spesso come combustibile, vegeta preva-lentemente su suoli calcarei ma si adatta bene a vi-vere anche su altri tipi di suolo; predilige ambien-ti umidi, ma teme il ristagno idrico.

Campione 3Y [Saggio I, US 3] La sezione trasversale ha permesso di indivi-

duare una struttura xilematica costituita da poro-sità diffusa con vasi ellittico-tondeggianti isolati(raramente accoppiati) e poco numerosi (all’incir-ca 20 vasi per mm2), di dimensioni ridotte pari a35-45 μm, con variazione poco evidente tra laparte primaticcia e quella tardiva; la sezione tra-sversale rivela raggi generalmente triseriati, fino a4 file di cellule. dalle caratteristiche della sezionetrasversale è possibile attribuire questo campionelegnoso a Cornus mas L. (Corniolo) (fig. 20,2).

Il corniolo, dal legno molto duro e resistente, èun arbusto o alberello di piccole dimensioni chearriva fino a 5 m di altezza; esso vegeta ai margi-ni di boschi o sotto leggera copertura fino ai 1400m di quota nei boschi di latifoglie, preferibilmen-te su suoli calcarei.

Campione 8T, frammento 1 [Saggio I, US 3]Il campione ligneo in esame presenta una po-

rosità diffusa con vasi numerosi di dimensionimolto contenute, in media 20 μm non raggiun-gendo i 30 μm. dall’analisi della sezione trasver-sale emerge che i vasi sono molto concentrati nel-la zona primaverile e diminuiscono di numero edimensione in quella tardiva, in maniera moltoevidente. Il legno è caratterizzato da raggi paren-chimatici pluriseriati evidenti anche ad occhio nu-do, costituiti da 1 a 8-14 file di cellule. Si ritieneche il campione appartenga alla specie Prunusspinosa L. (fig. 20,3).

Il prugnolo, dal legno duro e a tessitura fine, èun piccolo arbusto alto sino a 4 m estremamenteramoso e ricco di spine, che vegeta in ambienti as-solati e degradati e su tutti i tipi di suolo.

Campione 8T, frammento 2 [Saggio I, US 3].La sezione trasversale presenta vasi di grande

diametro fino a 130 μm con localizzazione zonata.I vasi del legno tardivo sono poco numerosi. I rag-gi parenchimatici sono perlopiù uniseriati, talorabiseriati. Parenchima paratracheale non molto ab-bondante. dalle caratteristiche della sezione tra-

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sversale è possibile ipotizzare che il frammento ap-partenga alla specie Fraxinus ornus L. (fig. 20,4).

L’orniello, utilizzato spesso come combustibi-le ma anche per la realizzazione di utensili, è dif-fuso nell’europa meridionale e nell’Asia minore;il limite settentrionale della specie è l’arco alpinoe la valle del danubio, mentre il limite orientale èla Siria e l’Anatolia.

conclusioni

I risultati del programma di ricerche condottedalla Soprintendenza negli anni 1993-1994 e l’a-nalisi dei dati di scavo permettono di ricollocare ilsito di Vallone all’interno del paesaggio antico.

delle vaste aree umide individuate nella Cal-dera di Latera (cfr supra 3), quella che qui inte-ressa è indiziata dalla linea di riva di quota 410 ms.l.m., che racchiudeva l’area orientale e meridio-nale della caldera compresa tra gli abitati di Late-ra e Valentano (tav. 1 fuori testo). La modestastruttura rinvenuta durante lo scavo 2010, colloca-ta anch’essa a quota 410 m s.l.m., si imposta quin-di sulla paleosponda (cfr infra 8): una conferma atale ipotesi proviene dalla posizione del saggio I,collocato su un probabile antico orlo morfologicodella caldera20.

Questa localizzazione permette di ipotizzareche la struttura individuata sia una sistemazionedella riva stessa; inoltre il fatto che le ricerche ar-cheologiche non abbiano individuato altre struttu-re non è indicativo dell’originaria ampiezza dellafrequentazione della sponda ma è probabilmenteda addebitare ai processi di erosione individuati aridosso dell’area esplorata.

Tenendo presente quanto noto circa le strutturesommerse nel Lago di Mezzano, l’evidenza del Val-lone, limitata e probabilmente in relazione con unabitato più importante forse impostato a quota supe-riore, induce a ritenere che all’interno della calderacoesistessero, per l’insediamento sui laghi e sullearee umide in genere, soluzioni di tipo diverso.

Per quanto riguarda infine il complesso cera-mico, l’addensarsi dei confronti nella zona di Se-sto Fiorentino è una circostanza probabilmenteprodotta dall’ampiezza dell’edizione di quelle ri-cerche a fronte del vuoto che si deve purtroppoancora rilevare per altri distretti dell’Italia centra-le tirrenica.

L.M.A., G.B., G.M.D.N., A.M., F.N., P.P.,M.R., F.R., S.S., A.R.T.

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1 Una completa nota bibliografica è stata compilata da P. Petitti per lascheda pubblicata in Belardelli et alii 2007, sito n. 36, p. 326.2 Conti et alii 1993, tavv. 3,1 e 2; 4,4. In questo contributo si fa riferi-mento alla recente proposta di inquadramento cronologico del Bronzoantico (Petitti et alii 2012), che per la Tuscia considera compresi inquesto periodo solo gli aspetti tipo Mezzano, collocando nell’eneoliti-co finale gli aspetti definiti Asciano e Luni Tre erici-Norchia. Il fram-mento in fig. 8,9 è stato inserito nell’ambito tipologico di Grotta Nuo-va da Cocchi Genick (2001, p. 403, tipo u. 3 d. 563), ma per le carat-teristiche morfologiche e tecniche dell’impressione e per alcuni con-fronti di ambito campaniforme, sembra meglio attribuibile ad età tar-do-eneolitica (Pennacchioni 1977, tav. 4,36; Fugazzola delpino, Pelle-grini 1999, tav. VII,54).3 Conti et alii 1993, tav. 3,3 e 4. Un frammento quasi uguale è presen-tato in Negroni Catacchio 1985, fig. 1.3,3. Un altro frammento di cio-tola con bordo espanso attribuibile all’aspetto di Mezzano è pubblica-to in Negroni Catacchio 1981, tav. 103 A,4.4 Conti et alii 1993, tav. 3,5, 7 e 8.5 Conti et alii 1993, tav. 4,1, 3, 6.6 Conti et alii 1993, tavv. 3,6; 4,2 e 5.7 Lo studio della tavoletta è stato ripreso in occasione del congresso in-ternazionale “Tavolette enigmatiche-Brotlaibidole. Un antico processodi interazione”, svoltosi a Cavriana (MN) fra il 16 e il 18 Settembre2010; in particolare è stato avviato l’esame sistematico degli impastidella ceramica sia della tavoletta che del materiale sporadico rinvenu-to insieme ad essa nonché del materiale associato alla struttura di pie-trame individuata nel corso dello scavo del Vallone. Tale programmadi indagini, svolte in collaborazione con Ulderico Santamaria diretto-re dei Laboratori scientifici dei Musei Vaticani, si propone di verifica-re l’ipotesi di una produzione locale o meno della tavoletta stessa, ri-spondendo, quindi, ad un interrogativo ricorrente circa una eventualecircolazione di questa classe di materiali.8 Le raccolte di superficie, infatti, comprendono industria litica e fram-menti ceramici collocabili, quasi senza soluzione di continuità, fra ilPaleolitico medio e l’antica età del bronzo. 9 La direzione scientifica è stata tenuta congiuntamente da Gian Mariadi Nocera (Università degli Studi della Tuscia), da Fabio Rossi (Museodella preistoria della Tuscia e della Rocca Farnese) e da Patrizia Petitti(Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’etruria Meridionale). Alla campagna di scavo hanno preso parte studenti, laureandi e laureatidell’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo (Veronica Carrubba,Arianna Giliberto, Valentina Massieri, Federico Nomi, Giuseppe oc-chini, eleonora Pascucci, Tetyana Pestovka, Luigi Pirosa), dottorandidella “Sapienza” Università di Roma (Laura Alfano, Azzurra Mascel-loni) e collaboratori del museo di Valentano (Melissa Rovai).È gradita l’occasione per ringraziare in questa sede Carlo Albanesi,proprietario della particella catastale in cui ricade il sito del Vallone,che con estrema liberalità ed interesse ha acconsentito allo svolgimen-

to della campagna di scavo; si esprime inoltre gratitudine al Comunedi Valentano, e in particolare all’allora Sindaco Raffaela Saraconi, cheha incoraggiato e fattivamente sostenuto l’esecuzione dei lavori, met-tendo a disposizione-compatibilmente allo svolgimento del proprioservizio-sia personale (domenico Biagini) che mezzi per alcune indi-spensabili operazioni di cantiere. Si ringraziano inoltre Sabrina Radi-cati e Massimo Furietti per l’aiuto prestato in varie attività successiveallo scavo, svolte presso la struttura museale. Un ringraziamento cor-diale va, infine, al Comando Stazione dei Carabinieri di Valentano,nella persona del Comandante Maresciallo Graziano Sampalmieri. Le spese dell’indagine sono state sostenute con fondi propri del Museodella preistoria della Tuscia e della Rocca Farnese (L.R. 42/1997, pia-no 2009-Premio del Marchio di Qualità) e del dipartimento di Scien-ze dei Beni Culturali dell’Università degli Studi della Tuscia.10 Informazioni topografiche da IGMI F. 136 I No e CTR Lazio sezio-ni 344020 e 344030.11 La carta illustra il territorio del sito con un inquadramento della geo-logia, un dettaglio dell’orografia e della correlazione geomorfologica,evidenziando alcune micro-morfologie.12 L’analisi granulometrica relativa ai campioni di terreno prelevati du-rante lo scavo evidenzia terreni sabbioso-argilloso-limosi. Si ringraziavivamente Giuseppe occhini per aver condotto la relativa analisi deicampioni provenienti dalle US 1 e 2 del Saggio I.13 Cfr Carta Geologica d’Italia, foglio n. 344-Tuscania del progettoCARG/ISPRA, in scala 1:50.000: il foglio è attualmente in allestimen-to ma già consultabile e potrà subire modifiche fino alla stampa finale.14 I numeri riportati accanto ai singoli reperti si riferiscono al catalogodei materiali.15 Per una riflessione sul quadro cronologico e culturale del Bronzo an-tico in etruria meridionale cfr Petitti et alii 2012.16 Le analisi sono state eseguite mediante lo spettrometro di massa(AMS) presso il Center for Isotopic Research on Cultural and Envi-ronmental Heritage di Caserta (C.I.R.C.e.); si ringrazia vivamente Fi-lippo Terrasi, responsabile del laboratorio.17 In merito a questo tipo di applicazione cfr Belluomini et alii 1993.18 Questo metodo è stato applicato in vari contesti del vicino oriente inparticolare per quelli della fine del IV millennio a.C.. Il presupposto èche le datazioni siano non meno di due e i campioni provengano dalmedesimo contesto (Wright, Rupley 2001).19 Le analisi sono state effettuate presso il Laboratorio di Tecnologiadel Legno del dipartimento di Scienze e Tecnologie per l’Agricoltura,le Foreste, la Natura e l’energia (dAFNe), in collaborazione con ilCentro Interdipartimentale di Microscopia elettronica, dell’Universitàdegli Studi della Tuscia di Viterbo.20 Negli ultimi giorni di scavo del 2010, a seguito di alcune abbondan-ti piogge e alla conseguente esondazione del Fosso olpeta, le acque sisono spinte fin sotto la quota occupata dallo scavo, a dimostrazioneche nella caldera i livelli della falda acquifera sono ancora alti.

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Fig. 1-Monte Saliette (Valentano-VT), ricerche 1992. 1: localizzazione del sito sullo stralcio della Carta Tecnica Regionale; 2: aree e zone del-la raccolta di superficie e saggi di scavo; 3: sezione longitudinale dell’area indagata (rilievi A. d’Alessio, d. Pellandra).

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Fig. 2-Monte Saliette (Valentano-VT), ricerche 1992. 1: panorama da e dell’area delle ricerche con la Caldera di Latera sullo sfondo; 2: sag-gio T, piano di calpestio.

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Fig. 3-Monte Saliette (Valentano-VT), ricerche 1992, saggio P, piano di calpestio con resti di muratura e buchi di palo. 1: veduta d’insieme daN; 2: veduta d’insieme da S; 3: particolare dei resti di strutture.

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Fig. 4-Monte Saliette (Valentano-VT), ricerche 1992, saggio U, piano di calpestio con frammento di olla e area di bruciato. 1: veduta d’insie-me da S; 2: particolare dell’olla sul piano di calpestio; 3: particolare dei carboni dopo la rimozione dell’olla.

Fig. 5-Monte Saliette (Valentano-VT), ricerche 1992, saggio P. 1: ilpiano di calpestio; 2: sezione stra-tigrafica (rilievi A. d’Alessio, d.Pellandra).

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Fig. 6-Monte Saliette (Valentano-VT), ricerche 1992. 1: confronto quantitativo tra frammenti diagnostici e non diagnostici nella raccolta disuperficie e nello scavo; 2: rapporto percentuale tra frammenti diagnostici e non diagnostici nella raccolta di superficie e nello scavo; 3: con-fronto tra le densità superficiali e per volume di deposito scavato nei saggi P, T e U.

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Fig. 7-Monte Saliette (Valentano-VT), ricerche 1992. Ceramica dallo scavo: nn. 1-12, saggio P US 2; nn. 13-20, saggio P US 1; n. 21, saggioP US4; n. 22 saggio P US 1; n. 23 saggio T US 1. Scala 1:3 (disegni C. Persiani).

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Fig. 8-Monte Saliette (Valentano-VT), ricerche 1992. Ceramica dallo scavo, saggio U: frammento di olla poggiante sul piano di frequenta-zione. Scala 1:3 (disegno F. Rossi).

Fig. 10-Monte Saliette (Valentano-VT), ricerche 1992. Industria litica: n. 1 dallo scavo; n. 2 dalla superficie.

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Fig. 9-Monte Saliette (Valentano-VT), ricerche 1992. Ceramica decorata di vari periodi: nn. 1-6 dallo scavo; nn. 7-14 dalla superficie.

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Fig. 11-Vallone (Valentano-VT), ricerche 2010. 1: veduta dell’area indagata dalla Rocca Farnese; 2: localizzazione del sito sullo stralcio del-la Carta Tecnica Regionale.

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Fig. 12-Vallone (Valentano-VT), ricerche 2010. 1: profilo altimetrico dell’area indagata; 2: posizionamento delle quattro aree di saggio. Sca-la indicata nel rilievo. (Rilievi F. Nomi).

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Fig. 13-Vallone (Valentano-VT), ricerche 2010. Rilievo della sezione e. (Rilievi, T. Petovska, e. Pascucci).

Fig. 14-Vallone (Valentano-VT), ricerche 2010. Rilievo della superficie dell’US 3 (rilievi F. Nomi, L. M. Alfano, A. Mascelloni, A. Giliberto).

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Fig. 15-Vallone (Valentano-VT), ricerche 2010. 1: foto della superficie dell’US 3; 2: particolare di alcuni resti faunistici e frammenti ceramici.

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Fig. 17-Vallone (Valentano-VT), ricerche 2010. Ceramica dal saggio I: nn. 1-13 scala 1:2, n. 14 scala 1:3 (disegni L. M. Alfano, G. M. di Nocera).

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Fig. 18-Vallone (Valentano-VT), ricerche 2010. Ceramica dal saggio I. Scala 1:2 (disegni L. M. Alfano, G. M. di Nocera).

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Fig. 19-Vallone (Valentano-VT), ricerche 2010. Ceramica dal saggio I. Scala 1:2 (disegni L. M. Alfano, G. M. di Nocera).

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Fig. 20-Vallone (Valentano-VT), ricerche 2010. Analisi dei resti botanici. 1: campione 3x-ostrya carpinifolia, sezione trasversale con ingrandi-mento al 50x (A), al 150x (B), e al 750x (C); 2: campione 3x-Cornus mas, sezione trasversale con ingrandimento al 75x (A) e al 350x (B); 3:campione 8T,frammento 1-Prunus spinosa, sezione trasversale con ingrandimento al 100x (A) e al 200x (B); 4: campione 8T, frammento 2-Fraxi-nus ornus, sezione con ingrandimento al 50x (A) e al 350x (B).

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7. Le eVIdeNze ARCheoLoGI-Che

Come è noto, una particolare cautela è neces-saria nell’esprimere considerazioni generali suraccolte di superficie.

In questo caso per dare ordine alla materia, idati sono stati rielaborati all’interno di una corni-ce cronologica, articolata per periodi estesi, se-condo le diverse classi di reperti, distinti su basetopografica laddove appariva necessario.

Per quanto riguarda l’industria litica, scarso èil valore delle definizioni crono-culturali attribui-bili unicamente sulla base della tipologia. In as-senza, infatti, di una sistematica di riferimentostrutturata e di una definizione tecno-tipologicaspecifica, cioè una tipologia di riferimento basatasu insiemi coesi, di provenienza stratigrafica cer-ta e che rappresentino la variabilità dei diversi ti-pi di rinvenimento, è molto difficile esprimersicorrettamente senza avventurarsi in una pericolo-sa terra incognita. Pertanto, in questa sede si è pre-ferito privilegiare una analisi che tenesse contosoprattutto dei dati presentati nel cap. 5, poiché lostato complessivo della documentazione non hapermesso confronti significativi con contesti, an-che prossimi, che presentano però una ben diver-sa situazione giaciturale.

Per la ceramica, invece, le caratteristiche delmateriale consentono, con maggiore margine disicurezza, di proporre confronti da un areale piùvasto e da contesti diversi. In questa sede comun-

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que non saranno presi in considerazione i ritrova-menti attribuiti genericamente all’età del bronzo equelli per i quali è stato possibile soltanto una an-cor più generica attribuzione al periodo pre-proto-storico (cfr tab. 1).

S.V.

7.1 Le INdUSTRIe LITIChe

7.1.1 IL RePeRIMeNTo e L’APPRoVVIGIo-NAMeNTo dI MATeRIA PRIMA NeI CoMPLeSSILITICI PReISToRICI NeL LAzIo SeTTeNTRIo-NALe. CoNdIzIoNAMeNTI PALeoGeoGRAFI-CI, SCeLTe dIFFeReNzIATe e FoNTI PoTeN-zIALI

Lo studio1 dei complessi litici provenienti daidistretti vulcanici del Lazio settentrionale, finaliz-zato alla verifica delle ipotesi, più volte avanzate,nell’ambito della ricostruzione dei comportamen-ti delle popolazioni preistoriche nei confronti deicriteri adottati per il reperimento della materia pri-ma necessaria alla produzione d’industria litica(Giacopini, Mantero 1995a), è stato affrontatospostando l’indirizzo della ricerca verso un’anali-si di tipo comportamentale con l’intenzione di su-perare l’opinione abbastanza diffusa nell’archeo-logia del Paleolitico che distingue aprioristica-mente le scelte e/o la selezione della materia pri-ma secondo un modello processuale-evolutivo de-finito da: industrie litiche arcaiche = scelte e azio-ni limitate; industrie litiche più recenti ed evolute= sviluppo e maggiore comprensione del territo-rio.

Nonostante non si possa escludere un fonda-mento reale nel criterio consequenziale dell’equa-zione, deve essere sottolineato come un approc-cio metodologico mirato alla valutazione dell’ef-fetto delle dinamiche evolutive del territorio nellosviluppo dei processi culturali possa dimostrarel’interrelazione profonda tra scelte e strategie deigruppi umani e condizionamenti indotti.

Sulla scorta di tali considerazioni, un’analisi diquesto genere non può prescindere dall’esamedelle industrie mirato al riconoscimento di sceltedifferenziate nell’impiego della materia prima perla produzione di classi tipologiche, o meglio fun-zionali, di utensili litici.

e’ ugualmente importante sottolineare il valo-re riguardante l’affidabilità del dato archeologicodi partenza in termini di giacitura e attribuzionecronologica. Il problema, come noto, si pone per icontesti di superficie mentre può considerarsi su-perabile nel caso di contesti in stratigrafia, dove

pur non esistendo datazioni assolute, è stata stabi-lita una cronologia relativa basata sulla posizionestratigrafica. Rimane però ancora un problemaaperto che riguarda più precisamente il caso di al-cuni dei giacimenti campione esaminati per i qua-li, trattandosi di scavi risalenti a diversi decennifa, è risultato difficile estrapolare con sufficienteaffidabilità il dato quantitativo relativo ad ognunadelle categorie empiriche create per distinzionedella diversa materia prima. In taluni casi è statonecessario ricorrere a stime percentuali.

L’impianto metodologico della ricerca per ladefinizione di un modello di reperimento e ap-provvigionamento di materia prima su scala terri-toriale è stato impostato sulla base della letturageomorfologica di alcune aree campione del La-zio settentrionale.

Per una migliore comprensione del procedi-mento si è ritenuto opportuno specificare alcuniprincipi.

Nella disamina dei dati archeologici, alla lucedi quanto premesso, il procedimento analitico-co-noscitivo è stato impostato sulla base di un crite-rio volutamente casuale per non vincolare l’anali-si all’interno di una rigida griglia cronologica chene avrebbe aprioristicamente condizionato il giu-dizio. Come scelta, è stato escluso il procedimen-to, ampiamente seguito negli studi del settore, im-perniato sulla identificazione di aree localizzate direperimento di materia prima, privilegiando altre-sì la lettura sedimentologica delle coltri colluvio-alluvionali delle aree campione. Secondo alcunistudi sul tema, la definizione “localizzate aree direperimento”, fatta eccezione per le zone estratti-ve ben note e comprovate archeologicamente co-me il Gargano, identifica una tendenza al ricono-scimento della reale localizzazione dei giacimentidi risorse primarie. Tale prospettiva, minimizzan-do il processo prodotto dalle dinamiche evolutiveche il territorio ha subito nel corso dei millenni,trova difficoltà di applicazione laddove prevalgo-no processi di tipo colluvio-alluvionali in cui il ri-scontro oggettivo, o meglio la sovrapposizionedell’attuale configurazione morfologica a quelladel passato, appare perlomeno azzardata o addirit-tura, in talune situazioni, del tutto improponibile.Sempre secondo la metodologia adottata, si ritie-ne che rappresenti un falso problema il riconosci-mento, o meglio, il tentativo di distinguere l’im-piego di selce di lista o arnione rispetto a ciottolio noduli, nel momento in cui risulta chiaro che inun contesto geologico largamente dominato dapotenti depositi vulcanici e localizzate coltri allu-

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vionali, definite in larga misura da accumuli co-stituiti anche da ghiaie di più o meno lontana pro-venienza carbonatica e da materiali provenientidal substrato sedimentario profondo, rimaneggiatie trasportati in superficie dall’azione eruttiva, lareale distinzione del morfotipo siliceo perda so-stanzialmente di interesse nella considerazionedel fatto che l’incidenza delle dinamiche di tra-sporto alluvionale concorre all’omogeneizzazionedella roccia silicea sia dal punto di vista delle di-mensioni che dell’aspetto, determinando formepiù o meno arrotondate ed evolute.

Passando alle aree scelte come campione d’a-nalisi, si rimanda al cap. 3.1 per la storia recentedella Caldera di Latera; quanto al Fiume Marta,emissario del Lago di Bolsena, è stato preso inconsiderazione il tratto della valle nell’area del-l’incile, presso l’abitato omonimo di Marta, doveè localizzato il giacimento di Cornossa (cfr supra5, scheda n. 31).

Quanto al distretto Vulcanico Vicano (cfr su-pra 3.1) è stato possibile effettuare una verifica,approfondendo il livello della ricerca, grazie allostudio delle industrie in strato provenienti dal sag-gio di scavo eseguito nel riparo sottoroccia di Val-le Arcione: si tratta di un giacimento ubicato nel-la valle del Fosso Freddano, all’interno della for-ra della necropoli rupestre di Castel d’Asso (Vi-terbo) (Giacopini, Mantero 1998). L’area è loca-lizzata al contatto tra ignimbriti vicane e vulsine,con prevalenza di tufo rosso a scorie nere, cineri-ti e piroclastici di lancio. Nonostante la limitatez-za del saggio, trattandosi di un contesto chiuso, ar-cheologicamente rilevante in quanto riferibile adun sito di frequentazione pluristratificato e contutta probabilità utilizzato per un lungo lasso tem-porale, l’analisi della litica ha permesso di conso-lidare l’ipotesi sulle strategie d’uso delle risorserelativamente alla materia prima impiegata.

Il procedimento di verifica delle ipotesi avan-zate ha circoscritto in prima analisi le caratteristi-che litologiche dei materiali impiegati per la pro-duzione litica dei diversi contesti e giacimenti, inseconda battuta l’individuazione di eventuali cor-relazioni e analogie per settori definiti spazial-mente, concentrando l’attenzione sul comporta-mento di tipo sincronico piuttosto che diacronicoed, infine, effettuando un confronto diretto con learee geografiche definite dalle caratteristiche geo-morfologiche e sedimentologiche. esaminando indettaglio le industrie dei diversi giacimenti è statomesso in evidenza l’impiego significativo di ma-teriale litico eterogeneo nella produzione di sup-

porti, con una minore incidenza nella categoriadegli strumenti.

La terza fase della ricerca è stata finalizzata al-la ricognizione nelle aree perimetrali dei giaci-menti alla scopo di riconoscere zone e bacini diapprovvigionamento, preferenziali e potenziali,delle materie prime individuate nei contesti ar-cheologici. Per questo scopo sono state intrapresesurveys localizzate in quegli ambiti di paesaggioche potevano fornire indicazioni sull’attuale pre-senza di materiali utili alla produzione litica; i so-pralluoghi sono stati finalizzati alla lettura del da-to proveniente dalle coltri alluvionali degli alveiattuali, dalla presenza di eventuali paleomorfolo-gie conservate ed infine da tagli artificiali e scar-pate di erosione prodotte da agenti erosivi e/o do-vute ad escavazioni.

Nella Caldera di Latera è stata analizzata la se-dimentazione di trasporto dell’attuale corso delFosso olpeta, mentre per quanto riguarda le areeperimetrali il complesso di Valle Arcione, le inda-gini sono state impostate sul riconoscimento delcontenuto in clasti nelle superfici esposte delleignimbriti e delle piroclastiti vicane. Sopralluoghisono stati effettuati negli ambiti golenali lungo lamedia valle del Fiume Fiora per effettuare il rico-noscimento nelle alluvioni di eventuali materialiutili, provenienti dal disfacimento della porzionecarbonatica e metamorfica dei Monti Romani edal rilievo carbonatico di Monte elmo sullo spar-tiacque Fiora-Albegna.

Tentativi sono stati effettuati anche verso ilmargine costiero, settore tarquiniese e foce delMignone e più a N, negli ambiti golenali del Fiu-me Paglia.

Nel Lazio settentrionale sono stati inclusi i di-stretti Vulcanici Vulsino e Vicano (cfr supra 3.1),aree che rivestono un ruolo di primario interessenell’ambito delle ricerche sul reperimento dellamateria prima per le problematiche inerenti l’ap-provvigionamento e l’adattamento ai condiziona-menti indotti da un ambiente localmente povero dirisorse litiche.

Come noto, gli espandimenti vulcanici celanole formazioni preesistenti, di natura sedimentaria,del mare pliocenico medio-superiore e delle piùantiche formazioni dei flysch alloctoni (Cretacicosuperiore-oligocene), con la conseguenza di im-pedire il reperimento del materiale siliceo e, so-prattutto, del contenuto siliceo proveniente dal-l’erosione delle dorsali carbonatiche antiappenni-niche e appenniniche, drenato dai corpi idrici ver-so la costa. e’ facile quindi ipotizzare come a

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causa di tale condizione, la regione occidentaledei distretti vulcanici possa essere stata conside-rata bacino di approvvigionamento periferico daigruppi umani preistorici. L’area di fatto rimanemarginale ai grandi flussi deposizionali dei ciclisedimentari del Paleotevere, nelle cui alluvioni sirinvengono grandi quantità di ghiaie silicee, spes-so sotto forma di noduli e arnioni di grandi di-mensioni, provenienti dall’erosione dei rilievi ap-penninici della serie carbonatica umbro-marchi-giano-sabina.

Questa particolare condizione paleogeograficapuò aver comportato la formazione di dinamichedi adattamento allo sfruttamento di risorse stretta-mente locali, ausiliarie all’impiego della scarsaselce, un comportamento sicuramente in atto al-meno dal Paleolitico medio ma ancor più nelle fa-si finali del Paleolitico superiore e in quelle suc-cessive.

Tale condizionamento potrebbe aver determi-nato l’uso di un materiale siliceo proveniente dalsubstrato sedimentario, espulso durante le fasieruttive dai distretti vulcanici come ampiamentetestimoniato nei contesti e nei giacimenti archeo-logici del Lazio vulcanico settentrionale. Si trattadi selce dall’aspetto bruno-scuro, più spesso di to-nalità nera, talvolta grigio-ruggine, definita ejectadata la sua natura piroclastica. La selce si presen-ta sotto forma di clasti dimensionalmente vicini alcentimetro, solo occasionalmente decimetrici, tal-volta in noduli o porzioni di nodulo; si rinvienediffusa soprattutto nelle ignimbriti vicane (piro-clastiti di lancio, colate piroclastiche), nelle piro-clastiti idromagmatiche, nelle colate piroclastichee nelle piroclastiti di lancio del complesso vulsinoe nelle colate piroclastiche occidentali del com-plesso sabatino. Individuabile sia nei livelli di al-terazione dei tufi esposti sia nel materiale di ru-scellamento dei corsi d’acqua e delle incisionierosive dei soprassuoli, è selce che ha subitoun’alterazione da rimaneggiamento termico deter-minato dalle alte temperature a cui è stata sotto-posta. Microfessurazioni, piani di sfaldatura e par-ziale perdita della proprietà della frattura concoi-de causata dall’azione termoclastica sono le carat-teristiche che si presentano a un’azione di percus-sione. Si tratta di un materiale privo delle qualitàmeccaniche di resistenza proprie della silice, qua-lità essenziale per la produzione e il ravvivamen-to della litica. Nonostante le caratteristiche me-diocri tuttavia, a fronte di un’oggettiva povertà dicomponenti litici alternativi all’interno delle serievulcaniche, essa costituisce un materiale locale

pregiato, a volte quasi l’unico, il cui impiego sem-bra aver condizionato in modo significativo l’eco-nomia di débitage soprattutto nelle industrie delPaleolitico superiore dell’area occidentale dei di-stretti vulcanici.

Nella maggior parte dei complessi analizzati,su ejecta sono prodotti quasi esclusivamente sup-porti. Nel caso delle industrie provenienti dal set-tore A del riparo dell’epigravettiano finale di Val-le Arcione, l’ejecta sembra essere stata impiegataper la produzione di supporti sia su lama sia suscheggia in proporzioni sostanzialmente simili,con un valore leggermente più alto in favore delleschegge, condizione imposta dalle qualità mecca-niche del materiale siliceo. Anche la distribuzionedei nuclei si caratterizza per l’equilibrio tra nucleisu selce e nuclei su ejecta, però nel secondo grup-po la percentuale maggiore di nuclei informi (4%)o del tipo a due o più piani incrociati (27%) sem-brerebbe indicare un condizionamento dovutosempre alle caratteristiche meccaniche della selcelocale, che avrebbe indotto un ipersfruttamentodei nuclei nel tentativo di produrre supporti quali-tativamente utilizzabili. Un probabile impiego“usa e getta” di questo materiale, che solo limita-tamente si presta ad azioni di ravvivamento delmargine, è suggerito da un evidente squilibrio nelrapporto strumenti/débitage a difetto dei primi edalla sproporzione tra strumenti su selce e stru-menti su ejecta, che rappresentano il 17,8 % deltotale.

Nei distretti vulcanici del Lazio settentrionalel’impiego di materiali diversi dalla selce può dirsifrequente. Un chopper monofacciale prodotto suuna scheggia di leucitite di grandi dimensioni èstato rinvenuto alla base dei sedimenti perilacustridel Lago di Bracciano, al contatto con le ignimbri-ti di base (Mantero 1993), ma è solo con lo studiodelle industrie provenienti dal giacimento di Cor-nossa che sistematicamente è stata accertata la pre-senza di grandi quantità di ejecta, rappresentata inpercentuali piuttosto omogenee in entrambi gliorizzonti cronologici ivi documentati (cfr infra 7).

dalle ricognizioni effettuate in anni recenti dalGruppo Archeologico Verentum (G.A.V.) sono ve-nute ulteriori conferme dell’impiego di ejecta nel-l’area. Lo studio dei dati archeologici e delle con-centrazioni litiche di superficie, in massima parteoloceniche con significative preesistenze riferiteal Tardoglaciale, ha confermato l’impiego di ma-terie prime diverse dalla selce come l’ejecta, laquarzite proveniente dal basamento metamorficodei Monti Romani sulla riva destra del Fiora e, oc-

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casionalmente, le ofioliti presenti nel bacino delPaglia, con cui sono state realizzate in massimaparte le accette in pietra levigata. In quarzite, adesempio, sono stati prodotti manufatti ascrivibilial Paleolitico medio e superiore rinvenuti a Le Co-ste (cfr supra 5, scheda n. 25), a Colle Ceraseto(cfr supra 5, scheda n. 55) e ai Poggi del Mulino-Ferrai (cfr supra 5, scheda n. 68).

L’impiego di ejecta è stato rilevato anche nel-le industrie del Paleolitico superiore delle Caver-nette Falische (Rellini 1920), fatto che amplia ilquadro della distribuzione al settore orientale amargine dell’espandimento ignimbritico vicano,prossimo alla regione dominata dalle alluvioni deiterrazzi della valle del Tevere. Come naturalmen-te ci può aspettare, la percentuale di ejecta neicomplessi litici del Rio Fratta risulta poco signifi-cativa, in virtù della prossimità di zone di approv-vigionamento di selce proveniente dal vicino ba-cino idrografico tiberino, tuttavia la presenza diselce da rimaneggiamento termico è accertata co-me anche l’impiego per la realizzazione di stru-menti, ad esempio nella Caverna della Stipe unalama a dorso troncata. e’ certa anche l’associazio-ne con altre materie prime diverse dalla silice: siriscontra l’uso occasionale di quarzite e di calcaremarnoso, dalle caratteristiche meccaniche estre-mamente scadenti, proveniente dall’erosione del-le formazioni dei flysch alloctoni; invece dalle al-luvioni risulterebbero provenire oltre alla selce,ciottoli di calcare micritico e maiolica.

Il giacimento del Paleolitico superiore di Pali-doro, ubicato al confine So del complesso sabati-no con la piana costiera, ha restituito industrie ri-cavate da ejecta2 mentre gli autori dello scavo delRiparo Biedano a Norchia si riferiscono a questoparticolare materiale nell’indicare l’esistenza di:“selce grigio-bruna di cattiva qualità” provenientedai livelli VI-III assegnati all’epigravettiano evo-luto (Pennacchioni, Tozzi 1985).

Attestazioni sporadiche provengono anche dal-lo scavo dei livelli alluvionali dell’incile dell’e-missario del Lago di Bracciano, sia nelle industriepaleolitiche che in quelle del primo olocene(Mantero 1993), mentre questo stesso materialesembra avere una certa rilevanza nella produzionelitica dell’insediamento neolitico della Marmotta:selce grigio-scura, talvolta con tracce conservatedi cortice, tratta da ciottoli fluviali probabilmenteraccolti nel greto del vicino Arrone (Fugazzoladelpino et alii 1993).

Ulteriori conferme provengono dal complessodi Maccarese sito B (Fiumicino), dove è attestata

la presenza di “selce nera” (Toniutti 1995). Si trat-ta con tutta probabilità di materiale provenientedal disfacimento delle piroclastiti del settore ceri-te-manziate e sabatino, successivamente sedimen-tato nelle coltri alluvionali e organogene paleo-pa-lustri.

Per quanto riguarda l’individuazione di bacinidi approvvigionamento nella regione vulcanicadel Lazio settentrionale occorre operare una di-stinzione sulla base delle osservazioni emerse dalconfronto tra i complessi litici esaminati.

Seguendo un ordine geografico basato sullamarginalità delle aree rispetto ai depositi alluvio-nali esposti nella media valle del Tevere, si consi-dera come primo caso di studio l’area della Cal-dera di Latera.

dalle ricognizioni di superficie proviene unaserie di ritrovamenti, più o meno significativi intermini quantitativi e qualitativi (cfr supra 5): l’e-same della materia prima impiegata evidenzia unelevato grado di ruscellamento del materiale grez-zo, che ha prodotto ciottoli di medie e soprattuttopiccole dimensioni a prescindere dalle litologie; sitratta di un fattore comune evidenziato dalla ridu-zione dimensionale degli elementi di quarzite,delle ofioliti e parzialmente anche nell’ejecta3.Tuttavia si deve sottolineare come l’ejecta solooccasionalmente si presenti in forma di ciottoli ar-rotondati, quasi sempre privi di cortice, mentrepiù spesso si rinviene sotto forma di schegge oclasti a spigoli vivi, caratteristico risultato delladisgregazione per fratturazione dei materiali sot-toposti a rimaneggiamento termico. La qualitàdella selce, inoltre, denota chiaramente la man-canza di materia prima e la difficoltà di reperi-mento del materiale sedimentario nell’area; risul-ta chiaro come per la produzione degli strumentisia stata largamente impiegata selce di qualità sca-dente, in particolare per le industrie più antiche(Paleolitico medio) e per quelle oloceniche, adesclusione delle cuspidi che sembrano aver richie-sto l’impiego di materiale scelto, probabilmenteper rispondere in modo ottimale alla funzionalitàdello strumento stesso.

Ricognizioni finalizzate al riconoscimento dipotenziali aree di reperimento sono state effettua-te in settori periferici della caldera poligenica. Lealluvioni attuali, dovute al trasporto del Fosso ol-peta che incide la caldera, sono costituite da sedi-mentazioni a granulometria fine (sabbie femiche)e media (clasti) e scorie vulcaniche, tra le quali siriscontra una quantità limitata di ejecta, mentrepiuttosto scarso è il contenuto dei quarzi di rima-

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neggiamento. Questi ultimi, che costituiscono co-munque materia prima talvolta impiegata nelle in-dustrie della Caldera di Latera, si rinvengono at-tualmente negli ambiti golenali della valle delFiume Fiora, non lontano dalla località di Ponte S.Pietro.

Un’altra classe di ejecta non silicea presentenei depositi fluviali dell’area è costituita da ciot-toli arenaceo-marnosi, che per le scarse qualitàmeccanico-funzionali solo parzialmente e in mo-do occasionale sono utilizzati con efficacia per larealizzazione di strumentario litico.

Nelle ghiaie trasportate attualmente dal FiumeFiora e dall’insieme del bacino imbrifero costitui-to dal Fosso olpeta, non sono stati rinvenuti ciot-toli silicei provenienti dai rilievi toscani, costitui-ti da calcari, calcari selciferi, calcari marnosi delTrias superiore e della più tarda serie eocenica; èancora più difficile rinvenire materiali silicei neldomo carbonatico dei Monti di Canino, nei sedi-menti dell’area vulcente fino alla panchina di etàpleistocenica e nei terrazzi tirreniani, nei qualiprevalgono gli inclusi vulcanoclastici e della for-mazione dei flysch alloctoni. L’apporto prove-niente da queste formazioni geologiche nella pro-duzione litica deve essere stato occasionale anchese in un caso un ciottolo sfruttato per la produzio-ne di lame, dal giacimento di Cornossa, mostrachiaramente sul cortice la traccia subfossile di unorganismo marino, un anellide; si tratta probabil-mente in questo caso dell’impiego di materialeproveniente dai conglomerati costieri, tesi avvalo-rata dall’aspetto estremamente evoluto del ciotto-lo stesso.

Ulteriori sopralluoghi lungo la fascia costieranon hanno fornito dati utili allo studio dell’ap-provvigionamento; le strutture sedimentarie deidepositi quaternari litorali dell’area più vicina alcomplesso vulsino non presentano livelli alluvio-nali contenenti materia prima affine a quella uti-lizzata nei siti interni come Cornossa e Valle Ar-cione.

La selce di provenienza alluvionale (successio-ne sabina) del giacimento di Cornossa si presentasotto forma di ciottoli di maggiori dimensioni ri-spetto al materiale impiegato nel riparo di ValleArcione. Probabilmente in questo caso può essereintervenuta sul carattere dimensionale della pro-duzione litica la minore lontananza del giacimen-to perilacustre dalle possibili fonti di approvvigio-namento, individuate nella serie di tributari perti-nenti al bacino tiberino.

oltre a materiali silicei di varia natura, nei

complessi industriali sono state censite occasio-nalmente schegge di materiale lavico rimaneggia-to, mentre l’ejecta si rinviene anche nei depositi dispiaggia del bacino lacustre. La materia prima lo-cale (ejecta), che si distingue per la maggiore di-mensione delle scorie, si rinviene nei livelli alte-rati delle piroclastiti prossime al sito stesso e na-turalmente nelle sabbie e nei limi di natura allu-vionale che vengono trasportati dai corsi d’acquadell’area, primo fra tutti il “paleo” Torrente Fred-dano antistante il giacimento di Valle Arcione. daicorsi d’acqua di provenienza So è stato probabil-mente raccolto il calcare marnoso drenato dallaformazione dei flysch alloctoni e saltuariamenteimpiegato nelle industrie. Non si può comunqueescludere come, almeno nel caso di Cornossa, chepuò essere considerato un giacimento di notevoliproporzioni con carattere di frequentazione stan-ziale, la presenza di selce di ottima qualità possasostenere l’ipotesi dell’esistenza di un processo diconfluenza di materia prima anche di provenienzaalloctona al fine di approvvigionare un insedia-mento strutturato. Nel caso di Valle Arcione, laselce impiegata nella produzione dell’industria li-tica è ricavata essenzialmente da ciottoli di picco-le dimensioni, probabilmente provenienti da tra-sporti alluvionali di corsi d’acqua che hanno ero-so i margini delle paleoalluvioni dell’area; co-munque, a differenza del giacimento di Cornossadove una quota non secondaria del materiale siconsidera decisamente alloctono, in questo caso sipuò affermare che il carattere dimensionale limi-tato dell’industria su selce può essere stato deter-minato dalla materia prima disponibile, non soloselce ma anche ejecta di provenienza locale oprossima all’area, come anche dall’eventuale ap-porto di materiale grezzo da fonti di approvvigio-namento più lontane, che sembra aver determina-to il trasporto di ciottoli silicei di piccole dimen-sioni. Tale considerazione permette di escluderecomunque la provenienza dalle imponenti serie aghiaie della valle tiberina, dove la componente si-licea si rinviene in arnioni e nuclei di dimensioniconsiderevoli.

Più semplice sembra essere stato il sistema diapprovvigionamento per i gruppi umani del com-plesso paletnologico delle Cavernette Falischegrazie a due fattori: la prossimità dei depositi al-luvionali alla base delle propaggini dell’espandi-mento vicano, sedimenti attualmente esposti sololocalmente nella regione, e la posizione interna albacino imbrifero della media valle del Tevere do-ve il materiale siliceo grezzo è garantito sia in

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ambito golenale sia in affioramento sugli orli deiterrazzi fluviali. Sono comunque presenti anchein questo contesto i materiali di provenienza piro-clastica; l’ejecta si rinviene nelle sedimentazionidi dilavamento dei suoli dei plateaux vulcanicianche in settori prossimi all’area mentre, perquanto riguarda I’occasionale impiego di marne ecalcari marnosi della formazione dei flysch alloc-toni, si può ipotizzare una provenienza dagli af-fioramenti più vicini della zona orientale del rilie-vo tolfetano, ad o di Corchiano; sembra probabi-le che questo materiale, data la natura incoerentee facilmente erodibile, sia di provenienza direttapiuttosto che di reperimento in ambito di traspor-to fluviale.

L’insieme delle considerazioni fin qui esposteconduce alla definizione di un modello relativo astrategie di approvvigionamento di tipo localenelle aree esaminate per le fasi medie e recenti delPaleolitico.

Il primo degli elementi emerso piuttosto chia-ramente è la sostanziale e logica tendenza allosfruttamento di risorse locali o comunque prossi-me al sito.

Questa tendenza si è espressa nella esaspera-zione di comportamenti adattativi nei confronti diun ambiente generalmente povero di risorse pri-marie indispensabili alla produzione di manufattilitici.

esemplificativi sono gli elementi tratti dalcomportamento ripetitivo adottato nella produzio-ne delle industrie epigravettiane del complesso diCornossa, che documenta il riutilizzo di manufat-ti musteriani; altrettanto significativi sono l’iper-sfruttamento dei ciottoli silicei dei complessi del-la Caldera di Latera e di Valle Arcione e l’impie-go della risorsa localmente reperibile, rappresen-tata dalla selce ejecta, percentualmente presentein tutti i giacimenti e le raccolte di superficie delsettore No del Lazio.

Nel caso del riparo sottoroccia di Valle Arcio-ne l’incidenza della selce locale nel complessodella sezione A raggiunge il 35% dell’intero con-tingente litico rinvenuto, mentre il resto dell’indu-stria è sostanzialmente ricavato da ciottoli siliceidi piccole dimensioni, dall’aspetto fortementeconcrezionato dovuto alle condizioni sedimenta-rie del sito stesso, caratterizzato da percolazionedi acque nei sedimenti cineritici sciolti. Il proble-ma dell’individuazione degli areali di provenien-za delle ghiaie silicee impiegate nel sito non è difacile soluzione, nonostante le ragionevoli ipotesi

formulate abbiano trovato conforto nella letturaglobale degli aspetti territoriali di un’area circo-scritta. Il Torrente Freddano, antistante il riparo,appartiene attualmente al bacino idrografico delFiume Marta, emissario del Lago di Bolsena, e co-stituisce un corpo idrico stagionale del sistemaLeia-Traponzo, tributari di sinistra del Marta; ri-ceve acque provenienti dai Monti Cimini e, da N,dalle sorgenti solfuree del Bullicame prossime alriparo. Quest’area costituisce il limite dello spar-tiacque che lo separa dal vasto bacino idrograficodel Tevere, sede delle formazioni paleoalluviona-li contenenti ghiaie silicee. I depositi alluvionali aghiaie più vicini al sito sono localizzati nell’areadi Ferento, nell’alveo del Torrente Vesca a pocopiù di quindici chilometri in direzione Ne, areadalla quale proviene tra l’altro un importante stru-mento bifacciale (Giannini 1971).

Le formazioni alluvionali più vicine al giaci-mento di Cornossa, sulle sponde So del Lago diBolsena, sono esposte lungo le incisioni fluvialidei tributari di destra del Tevere nella fascia com-presa in un raggio di 30 km tra Civita di Bagnore-gio ad e, Celleno-Grotte S. Stefano a N e Ferentoa Se. Tuttavia l’aspetto morfometrico delle ghiaieche, come si è visto, sono costituite da clasti mol-to evoluti delle dimensioni centimetriche sia per ilcomplesso di Cornossa ma ancor più per il sito diValle Arcione, suggerisce alcune considerazioni.In rapporto alle industrie della valle del Tevere,sostanzialmente ricavate da ciottoli di dimensionidecimetriche, il contrasto è evidente. Questo ele-mento può rispondere a diverse ipotesi di caratte-re funzionale e/o comportamentale. Innanzituttonon si può escludere a priori che il materiale sili-ceo grezzo, sfruttato nei siti interni al distrettovulcanico, provenga da limitati apporti alluviona-li di risedimentazione della rete periferica del ba-cino tiberino nei corsi d’acqua che hanno traspor-tato granulometrie più fini. Tuttavia si è potutonotare che attualmente i depositi esposti nelle val-li fluviali dei corsi d’acqua minori più vicini ai si-ti, corsi d’acqua che drenano i penepiani vulcani-ci, contengono solo eccezionalmente clasti siliceimentre più spesso le acque trasportano selce rima-neggiata termicamente (ejecta), così come non sirinvengono quantità significative di ghiaie di pro-venienza carbonatica nei depositi di spiaggia la-custre di Bolsena, ad esclusione delle scorie sili-cee di ejecta, che però si considerano, come si èvisto, locali.

Si può ipotizzare che le dimensioni delle indu-strie dei siti considerati, per quel che riguarda il

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contingente costituito da selce propriamente detta,e quindi escludendo l’ejecta, siano da mettere inrelazione con un trasporto di ciottoli di dimensio-ni ridotte, per così dire facilitato, da parte deigruppi umani e di conseguenza siano il risultato diuna scelta preferenziale.

Nelle concentrazioni litiche del tratto esamina-to della valle del Tevere, tuttavia, la constatazionedella presenza nelle industrie antiche di manufattidimensionalmente ridotti, attribuiti al Paleoliticosuperiore e all’olocene, e analoghi a quelli dei si-ti più interni può far pensare a scelte indotte daesigenze di tipo funzionale tradottesi in nuoviaspetti tecnologici.

Il discorso per le Cavernette Falische sembraessere più semplice in quanto lo stesso corso d’ac-qua sul quale si aprono le cavità, il Rio Fratta, in-cide nel suo corso medio e finale il basamento co-stituito da ghiaie, sabbie e conglomerati posto al-la base dei margini dell’espandimento vulcanico.È una circostanza che comunque, come si è visto,non ha impedito ai gruppi preistorici di impiegareejecta e altre materie prime diverse dalla selce co-me i supporti marnosi della formazione dei flyschalloctoni. La possibile provenienza dei clasti sel-ciferi dai livelli a ghiaie sottostanti le ignimbritinelle immediate vicinanze dell’area era già statanotata dal Rellini (1920).

In conclusione, nell’area in oggetto, le strate-gie d’impiego della materia prima per la produ-zione litica hanno risentito della difficoltà oggetti-va di reperimento, determinata dalla lontananzadei siti e degli affioramenti di industrie da bacini“minerari” importanti. La marginalità della regio-ne, determinata dalla prevalenza di formazionivulcaniche, ha condizionato la scelta dell’impiegodi materia prima eterogenea, spesso caratterizzataanche da bassa qualità meccanica alla percussio-ne, come ad esempio l’ejecta o ancor meno i fly-sch e le quarziti. La selce in massima parte pro-viene da sedime alluvionale locale e/o immediata-mente prossimo all’area, come testimoniano le ri-dotte dimensioni dei ciottoli silicei utilizzati daldébitage. Solo in alcune situazioni, in siti com-plessi come Cornossa o nel caso di nuclei a lamedi tecnica a pressione assegnati ad età post paleo-litica e raccolti nella Caldera di Latera, è ipotizza-bile l’ingresso di materiale alloctono derivante daforme di raccolta in aree esterne o comunque nonimmediatamente prossime, come il diaspro prove-niente dai rilievi carbonatici dei Monti di Canino,ben attestato nell’area della Caldera di Latera enel sito di Cornossa.

7.1.2 Le INdUSTRIe LITIChe dI eTà PLeI-SToCeNICA.

I materiali archeologici analizzati in questa se-de provengono da aree di affioramento individua-te nel corso di diversi momenti della ricerca ar-cheologica territoriale svolta nell’area della Cal-dera di Latera (cfr supra 1). I risultati delle diver-se campagne sono stati ordinati per confluire inun’organica opera di sistematizzazione, realizzataalla metà degli anni Novanta del secolo scorso conil proposito di raccogliere i risultati delle indaginidi superficie e organizzare scientificamente ilcomplesso dei dati, il cui campo d’indagine si an-dava estendendo all’area della depressione vulca-no-tettonica di Bolsena e alla cinta craterica delLagaccione (Giacopini, Mantero 1995a, b).

Infatti l’analisi dei complessi litici che segue èmaturata nell’ambito di una più ampia ricerca ter-ritoriale estesa, oltre i confini del perimetro calde-rico di Latera, a un giacimento preistorico localiz-zato nel settore meridionale del bacino lacustre diBolsena, identificato dal toponimo Cornossa (cfrsupra 5, scheda n. 31). In questo caso le attività diricognizione sono state effettuate dal Gruppo Ar-cheologico Martano (G.A.M.), che negli anni hacondotto un’intensa opera di registrazione dellepresenze archeologiche e soprattutto delle modifi-cazioni cui il territorio è stato sottoposto. L’area diCornossa corrisponde alla porzione So della cin-ta calderica a S dell’abitato di Marta, sulla sinistradell’incile del Fiume Marta, lungo la spiaggia sucui si protende il promontorio di Cornos; da un’a-rea pari a circa un ettaro di estensione, lungo l’a-renile del lago, proviene la quasi totalità dell’in-dustria dell’intero territorio vulsino. In questo ca-so, l’intero contingente è stato individuato in unaconcentrazione quantitativamente consistente,nell’ordine di una decina di migliaia di pezzi.

Per quanto riguarda la Caldera di Latera, tra imateriali raccolti e catalogati negli anni Novantadel secolo scorso sono compresi sia gli insiemi lacui struttura assume il carattere di vero e propriocomplesso, sia i rinvenimenti sporadici o i repertiisolati che, seppur poco significativi, comunquepossono contribuire a completare il quadro dellafrequentazione antropica dell’area. Non sono statiinvece considerati alcuni insiemi dalle caratteristi-che eterogenee e non coerenti, probabile risultatodi dinamiche sedimentarie e giaciturali non antro-piche oppure derivanti da un campionamento se-lettivo.

I limiti della documentazione archeologica, adesempio le diverse metodologie della raccolta e la

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differente accuratezza nella localizzazione del rin-venimento, hanno altresì influenzato il grado diprecisione o la qualità della cronologia, da cui èderivata la necessità di procedere per lo più per fa-si temporali ampie se non in pochi casi facilitatida un’attribuzione cronologica certa (cfr infra 8).

la caldera di latera

Un dato evidente sembra essere rappresentatodalla definizione cronologica non unitaria deicomplessi. Nella visione d’insieme dei contestianalizzati emerge chiaramente un ben distinguibi-le contingente di industrie del Paleolitico medio(cfr tab. 1) ed elementi riferibili al Paleolitico su-periore (cfr tab. 1) inquadrabili in larga misura nelTardoglaciale o attribuibili al post glaciale; il re-stante materiale trova un coerente inserimentonell’olocene, in un arco di tempo compreso tra lefasi avanzate del Neolitico e l’eneolitico, la cuiarticolazione risulta ardua per l’aspetto scarsa-mente caratterizzato delle industrie e difficilmen-te riconducibile ad uno standard tipologico.

Nell’ambito dell’insieme dei contesti inqua-drabili alla fine del periodo glaciale e che dal pun-to di vista quantitativo risultano maggiormente si-gnificativi, i caratteri tipometrici dell’industria li-tica che emergono individuano, nel complesso,una specializzazione nella riduzione delle misure:la scheggiatura privilegia le categorie dimensio-nali piccole e microlitiche con tendenza ad una la-minarità poco incidente; il dato emerge spiccata-mente nell’industria di Poggi del Mulino-Ferrai(cfr supra 5, scheda n. 68) dove predomina laclasse dimensionale inferiore ai quattro centimetriin modo accentuato nella categoria delle lame nonritoccate, che rappresenta il 42% del totale del-l’industria.

Sotto il profilo tecnologico, si nota l’assenza digeometrici come l’impiego della tecnica del mi-crobulino si rivela occasionale in considerazionedell’estrema rarità dei microbulini nei complessiesaminati, unico esempio Poggio del Mulino-Fer-rai; nell’insieme dei nuclei, numericamente pocoelevato, prevale il débitage laminare e la dimen-sione ridotta se non l’ipersfruttamento o la tecni-ca del ravvivamento come emerge dalla presenzadi nuclei esauriti in diaspro di Poggi del Mulino(cfr supra 5, scheda n. 66), che potrebbe riflettereuna strategia di lavorazione alloctona; si osserval’impiego consolidato della tecnica per pressionecon preparazione del piano di pressione (abrasio-ne della cornice e preparazione di speroni promi-nenti) e superficie di débitage con negativi di di-

stacco paralleli mentre la percentuale consistentedei nuclei a “lamelle” all’interno del tipo a duepiani di percussione opposti e molto inclinati po-trebbe indicare la presumibile applicazione di unatecnica di percussione diretta molto precisa e ac-curata più che una tecnica di percussione indiret-ta, come già inizialmente suggerito in Bordes,Crabtree 1969, improbabile per le dimensioni del-la materia prima e la generale evidenza di sfrutta-mento dei nuclei.

Per quanto riguarda la categoria dei talloni ènetta la prevalenza dei talloni scagliati; l’aspettopredominante nella tecnica del ritocco privilegiaquello marginale e marginale ripido, spesso par-ziale, bifacciale nei foliati ad esclusione di unesemplare che presenta un ritocco monofaccialeapicale e peduncolo appena accennato.

Nel complesso, i bulini hanno indici deboli e ilrapporto bulini/grattatoi è nettamente favorevoleai secondi; tra i raschiatoi si osserva una netta spe-cializzazione dei corti carenati a ritocco profondo;le punte sono scarse mentre sono ben rappresenta-te le troncature, i dorsi microlitici, le intaccature;sono frequenti i foliati essenzialmente bifacciali,rappresentati soprattutto da cuspidi peduncolateche conferiscono all’insieme un carattere piutto-sto evoluto; si registra la presenza di alcune accet-te in calcare nefritico levigato.

Un ragionamento particolare merita la proble-matica relativa all’approvvigionamento ed allosfruttamento della materia prima per la realizza-zione delle industrie, tema affrontato nello speci-fico in questo stesso volume (cfr supra 7.1.1) e ri-preso in queste pagine al fine di contestualizzarealcune considerazioni. Le difficoltà di reperimen-to della materia prima nell’area si riflettono nellosfruttamento e ipersfruttamento dei pochi nucleipresenti, per la maggioranza a débitage laminare.L’utilizzazione di materia prima diversa dalla sel-ce non si riferisce neanche a scelte diversificate insenso cronologico; come in altri ambiti dell’areavulsina, anche nella Caldera di Latera è attestatol’uso di ejecta, ovvero di selce contenuta nei ma-teriali eruttivi e piroclastici, fisicamente e chimi-camente modificata dal rimaneggiamento termi-co, rinvenibile nei suoli vulcanici alterati comeampiamente documentato dai ritrovamenti di Cor-nossa e Valle Arcione (Giacopini, Mantero 1998),in associazione con selce proveniente in massimaparte da ciottoli alluvionali di dimensioni ridotte.di un certo interesse, a Poggi del Mulino-Ferrai(cfr supra 5, scheda n. 68), è l’impiego sporadicodi quarzite che presenta tracce di scheggiatura.

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L’ossidiana è sfruttata in massima parte per la pro-duzione di supporti laminari utilizzati tal qualitranne nel caso rappresentato da due unici nucleiprovenienti da Poggio Fiore (cfr supra 5, schedan. 69) e da Montecaso (AA.VV. 1989, tav. VIII).Per la realizzazione delle due accette in pietra le-vigata rinvenute a Poggi del Mulino-Tumuli ePian dei Cavalieri, Puzzole (cfr supra 5, schedenn. 70 e 63) è stato impiegato del calcare marno-so nefritico, con tracce di rimaneggiamento termi-co, proveniente dalla serie sedimentaria sottostan-te gli espandimenti vulcanici: al pari della selceejecta, può essere considerato materiale reperibilenell’area.

caldera di Bolsena, area So

Nell’avanzare un’interpretazione generale delcomplesso litico di Cornossa (cfr supra 5, schedan. 31), la mancanza assoluta di resti faunistici inassociazione con le industrie e l’assenza di riferi-menti stratigrafici certi hanno posto il problemadell’interpretazione giaciturale dell’insieme litico,la cui complessità deriva da fattori rilevanti, primofra tutti l’area di rinvenimento fortemente condi-zionata dalle variazioni del livello del bacino lacu-stre nonché direttamente collegata all’incile del-l’emissario Marta. Non minore cautela ha impostoil comportamento del nucleo di manufatti, che in-dubbiamente presenta spunti d’interesse per l’altaconcentrazione numerica, costituita da oltre dieci-mila manufatti circoscritti in un’area estesa per unettaro, e per una sostanziale coerenza cronologica,definita da due nuclei omogenei e consistenti;inoltre pone non pochi interrogativi la commistio-ne dei reperti dei due orizzonti cronologici nel-l’ambito del medesimo luogo di rinvenimento, co-me pure le relative condizioni giaciturali.

La notevole concentrazione del materiale liticoe l’estrema esiguità o addirittura assenza di mate-riale archeologico di altra natura, depone a favoredella presenza di una vera e propria sequenza stra-tigrafica nelle vicinanze del luogo di rinvenimen-to. da interpretazione aerofotogrammetrica del-l’area dell’abitato martano è stato rilevato come inantico l’alveo dell’emissario Marta seguisse uncorso situato più a N rispetto alla sede attuale, fe-nomeno che, in considerazione della morfologialavica della soglia calderica, avrebbe determinatolocalmente la formazione di una zona umida; è in-fatti storicamente attestato come l’area esondabiledi maggior ampiezza di tutto il bacino lacustre sitrovi in corrispondenza dell’attuale abitato diMarta. Tale circostanza avrebbe potuto favorire lo

stanziamento umano, proprio per la ricchezza del-la catena trofica e la biodiversità di cui le areeumide sono notoriamente ricche. La presenza dibiotopi differenziati, quali corridoi ecologici co-me l’asta fluviale, la zona umida perilacustre e,evidentemente, il mosaico ambientale delle fitoce-nosi, può aver rappresentato un elemento cataliz-zatore per le comunità locali, un vero e proprio fo-cal point insediamentale nel corso di un lungo las-so di tempo. La circostanza è sostenuta da analo-ghe osservazioni dirette scaturite dall’indagine ar-cheologica condotta nell’area dell’incile dell’e-missario del Lago di Bracciano, il Torrente Arro-ne (Anguillara Sabazia, RM): qui lo scavo per laposa di condotte mediante trincea profonda haesposto una complessa sequenza cronologica, an-ch’essa da porre in relazione con l’esistenza di unvariegato, e con grande probabilità del tutto ana-logo, contesto ecologico locale (Mantero 1993).da questo confronto e da informazioni recuperatea Marta è emersa anche l’importanza dell’acquisi-zione di notizie relative alle trasformazioni recen-ti di cui è stato oggetto il luogo di rinvenimento.e’ stato appurato come l’arenile di Cornossa siastato interessato da interventi di ripascimento del-le sponde con l’impiego di sedimenti sabbiosiprovenienti dallo scavo in alveo proprio nell’areadell’incile del Fiume Marta in seguito ad inter-venti di messa in sicurezza idraulica e di rifunzio-nalizzazione della darsena portuale. Anche la ri-deposizione tramite circolazione parallela alla co-sta delle deboli correnti può aver avuto un ruolonella formazione del contesto archeologico in se-guito al disturbo meccanico dei livelli paleolacu-stri. Tali interventi hanno intaccato la serie sedi-mentaria perilacustre da cui, con tutta probabilità,erano contenuti i rinvenimenti oggetto del presen-te studio, una circostanza che ben chiarirebbe lamescolanza di due definiti orizzonti cronologicinell’ambito di questa stessa concentrazione di su-perficie. Tale tesi è rafforzata dal fatto che i mate-riali sono apparsi in modo consistente e significa-tivo, tanto da attrarre i volontari del G.A.M., solointorno alla prima metà degli anni ottanta del se-colo scorso, a dispetto comunque di una notevoleattenzione alle tematiche del popolamento antico,così studiate per l’intero bacino lacustre sin dallafine del XIX secolo.

L’osservazione delle superfici di taglio rivelacome la quasi totalità dei materiali presenti patinedebolmente spesse, prodotte sulla superficie daun’azione abrasiva operata da sollecitazioni mec-caniche relative allo sfregamento della sabbia vul-

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canica; questa patina, che ricorda molto da vicinoquella osservabile sui materiali litici dei contestidesertici, si differenzia sostanzialmente dalla pati-na osservabile su materiali del tutto analoghi pertipologia, giacitura e modalità di rinvenimentoprovenienti da un’altra località, denominata local-mente Cava, posta immediatamente a N dell’inci-le del Marta. Il risultato dell’azione di ruscella-mento appare evidente in questo piccolo contin-gente litico al punto da compromettere, in molticasi, la lettura stessa delle singole caratteristichemorfologiche.

e’ comunque interessante rimarcare come nelcaso di Cornossa l’aspetto delle superfici concor-ra alla differenziazione e alla distinzione in sensocronologico dei due complessi litici; la presenzadi una patina spessa su taluni materiali silicei delPaleolitico medio risulta fortemente evidente emaggiore in relazione ai reperti del Paleolitico su-periore.

Riassumendo, allo stato attuale delle cono-scenze azzardare un’ipotesi sul “comportamento”dei contesti litici in esame risulta un’impresaquanto meno ardua relativamente al complesso di-namismo evolutivo del bacino lacustre vulsino.Tuttavia, il contingente litico sembra potersi rife-rire, come già accennato, in larga misura a due“insiemi” cronologici ben distinti, il primo del Pa-leolitico medio, rappresentato da alcune centinaiadi pezzi, ed il secondo ascrivibile al Paleoliticosuperiore finale, al quale va assegnata la maggiorparte dei materiali rinvenuti. L’industria post pa-leolitica è rappresentata da un limitato contingen-te di strumenti formato da cuspidi e rara ossidia-na. Questa considerazione, unitamente a quantodesunto dall’analisi dei materiali, può fornire in-dicazioni importanti sul significato dei contesti;parlare di “sito” in una situazione ambientale di-rettamente collegata alle variazioni del livello delbacino lacustre ed inoltre influenzata dall’inciledel Marta risulta difficile. In base ad una primaanalisi della materia prima impiegata per la pro-duzione litica del contingente dei materiali del Pa-leolitico superiore, sembra avere un ruolo impor-tante l’impiego di selce locale, costituita da mate-riali silicei espulsi dal vulcano e provenienti dalsottostante substrato sedimentario. Parte della sel-ce utilizzata proviene dal bacino di approvvigio-namento costituito dalla vicina dorsale calcareadei Monti di Canino e dalle aree golenali dei baci-ni idrografici dei Fiumi Fiora e Paglia. Non siesclude la possibilità che materiale utile per laproduzione dello strumentario litico fosse reperito

anche sui terrazzi costieri marini, come attesta lapresenza di un organismo fossile sul cortice di unnucleo (cfr supra 7.1.1). La tangibile varietà lito-logica nella produzione di manufatti, spinta finoallo sfruttamento di materiale scadente dal puntodi vista delle qualità meccaniche, dimostra comela difficoltà di reperimento di materia prima ido-nea sia stata un punto centrale e in buona partecondizionante per le comunità preistoriche locali,che comunque si sono adattate a tale limitazionecome dimostrato dalle dimensioni di buona partedel débitage ricavato da ciottoli di dimensioni me-dio-piccole. È interessante notare come, a tal pro-posito, il limitato quantitativo di materiale litico didimensioni maggiori sia per buona parte ricavatoda selce locale, nonostante le qualità meccanichepiuttosto scadenti a causa del rimaneggiamentotermico subito. La posizione dei complessi litici,almeno per quanto riguarda l’insieme del Paleoli-tico superiore, ben si accorda con i risultati deglistudi sul bacino del Fucino (Giraudi 1988), da cuisi apprende una diminuzione complessiva del li-vello idrografico dei bacini lacustri iniziata intor-no ai 20000 anni e terminata verso i 6500 anni daoggi con un minimo osservabile intorno ai 12000:ciò indica la possibilità che la soglia emersa fre-quentabile dai gruppi umani preistorici fosse benpiù estesa di quella attuale (cfr rilievi batimetricidell’Istituto Italiano di Idrobiologia, Pallanza,1965). La presenza a monte della spiaggia di Cor-nossa di piccole solcature e vallecole, evidenti al-l’esame fotointerpretativo, testimonia l’esistenzadi un reticolo di percolazione superficiale delleacque con funzione drenante in direzione dellospartiacque lacustre che tuttavia, in considerazio-ne del limitato apporto idrico e del termine granu-lometrico ridotto dei trasporti alluvionali, solo incaso di eventi di portata eccezionale può aver rap-presentato il veicolo formativo preferenziale deidepositi archeologici.

La lettura del dato archeologico relativo allapreistoria dell’Alto Lazio conduce ad una serie diconsiderazioni, che nascono dall’analisi critica deicontesti, del loro comportamento, delle strategied’uso di un territorio del tutto peculiare e conse-guentemente dall’ipotesi di azione operata daigruppi umani nei confronti delle risorse naturali.

Soprattutto per le vicende più antiche del po-polamento antropico, che coincidono con le fasifinali delle attività vulcaniche di tipo effusivo ederuttivo, la diffusione limitata dei rinvenimenti,seppur presumibilmente condizionata dall’oblite-

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razione dei livelli e dei paleosuoli da parte di col-tri vulcaniche successive, potrebbe a parere di chiscrive essere attribuita ad un’oggettiva difficoltàdi frequentazione di un territorio in continua evo-luzione, non pienamente configurato in terminiidrografici e, quindi, potenzialmente ancora pocoidoneo allo sviluppo di una catena trofica “diffu-sa”, tale da rappresentare un’attrattiva importanteper l’uomo paleolitico. La notevole estensione e laparziale contemporaneità dei grandi distretti vul-canici, che hanno interessato il Lazio centro set-tentrionale per tutto il Pleistocene, hanno di fattorappresentato un fattore di ringiovanimento dina-mico del paesaggio, pur nella considerazione difasi di quiescenza e di una territorialità diversifi-cata relativa agli episodi eruttivi ed effusivi. Sitratta di un processo che lascia poco tempo agliecosistemi complessi per formarsi in modo ade-guato al fine di ospitare una biodiversità utile allapermanenza antropica di tipo strutturato e duratu-ro. È del tutto probabile che ancora alla fine delPaleolitico superiore il sistema imbrifero drenantei complessi vulcanici sia stato poco importante,come peraltro ancora oggi risulta essere.

La lettura del dato archeologico porta a defini-re un quadro emergente dalle testimonianze delPaleolitico medio in cui prevale il giacimentostratificato derivante da attività stanziali e/o sta-gionali ma comunque consolidate, come nel casodel sito perilacustre di Cornossa. Nella fase suc-cessiva il dato emergente amplifica la distribuzio-ne della frequentazione ai ripari sotto roccia, chesi aprono su corsi d’acqua di una certa rilevanza(Cavernette Falische, Grotta delle Settecannelle,Valle Arcione) o comunque appartenenti a baciniimbriferi importanti (Fiora, Tevere), e a siti in zo-ne umide di grande estensione (Cornossa, Arrone-La Torre).

Le ulteriori testimonianze provenienti dal terri-torio, come le industrie litiche del Paleolitico su-periore dalla Caldera di Latera, generalmente spo-radiche e solo occasionalmente in concentrazioninon particolarmente numerose, concorrono a for-mulare un’ipotesi di frequentazione occasionaleprevalente, forse legata alle zone umide intracal-deriche ma soprattutto allo stabilirsi graduale dicondizioni ecologiche idonee alla colonizzazionefloro-faunistica, successive all’affievolirsi dellemanifestazioni vulcaniche finali.

A tale riguardo è interessante menzionare lacronaca settecentesca di Scipione Breislak, chenel suo trattato Saggio di osservazioni mineralo-giche sulla Tolfa, Oriolo e Latera (1786, pp. 94-

107), testimonia nell’area le risalite di idrogenosolforato nella loc. Mofete; la stessa presenza delpiù grande deposito fluoritico del Lazio, intercala-to a prodotti di ricaduta, cineriti e piroclastici eche quindi interessa un ampio arco temporale delvulcanismo, nell’area della Riserva del Lamone inloc. S. Maria di Sala (Farnese, VT), testimonia lagrande attività idrotermale nell’area, evolutasi du-rante periodi molto lunghi.

In conclusione, le dinamiche di frequentazionenelle fasi più antiche della preistoria nei distrettiVulcanici Vulsino, Cimino-Vicano e Sabatino set-tentrionale sembrano essere state fortemente con-dizionate da un territorio disagevole, dove la dif-ficoltà di reperimento della materia prima utile al-la produzione delle industrie litiche sembra avergiocato un ruolo determinante nell’economia del-le comunità preistoriche locali (cfr supra 7.1.1) edove la continuità insediativa sembra essere statapossibile limitatamente alle aree poste in prossi-mità di corsi d’acqua importanti e delle zone umi-de, come coerentemente dimostra la distribuzionedelle presenze antropiche più antiche lungo il con-fine dei depositi lacustri della caldera. I plateauxvulcanici, in quanto territori in dinamismo evolu-tivo e quindi non ancora ecologicamente stabili,potrebbero aver rappresentato aree di transito oc-casionali o di frequentazione di tipo stagionale,che solo l’ampliamento delle ricerche nei siti stra-tificati del distretto potranno in futuro definire.

7.1.3 Le INdUSTRIe LITIChe dI eTà oLoCe-NICA

In questa sezione trovano posto le industrie li-tiche assegnate alle fasi media e recente dell’olo-cene. Si tratta di materiali che, presentando ungrado molto diverso di interesse per le dimensio-ni degli insiemi e le associazioni, sono illustratiseguendo un mero criterio topografico.

Per quanto riguarda la Caldera di Latera, seb-bene non sia possibile in alcuni casi un’attribuzio-ne cronologica di dettaglio a causa del genericoinquadramento culturale degli insiemi, tuttaviapresi nel complesso i ritrovamenti di età oloceni-ca rafforzano i dati relativi alla frequentazionedella caldera in particolare durante il Neolitico el’eneolitico (cfr infra 8).

Alcune raccolte presentano elementi tipologi-ci, come ad esempio cuspidi foliate o accettine li-tiche, che appaiono ragionevolmente assegnabiliad età olocenica, pur in assenza o quasi di un’as-sociazione con materiale ceramico (La Montagno-la, cfr supra 5, scheda n. 15; Le Coste, cfr supra

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5, scheda n. 24; Poggi del Mulino-Poggio Fiore,cfr supra 5, scheda n. 69; Arcipretura, cfr supra 5,scheda n. 50; Saunata ovest, cfr supra 5, schedan. 72; Bottara, cfr supra 5, scheda n. 51; MonteSaliette cfr supra 5, scheda n. 59).

Gran parte dei complessi litici che provengonodalla caldera presentano una definizione cronolo-gica non unitaria che comprende anche elementiolocenici, alcuni dei quali databili al Neolitico,eneolitico e Neo-eneolitico (Pian dei Cavalieri,Puzzole, cfr supra 5, scheda n. 63; Pian dell’Arci-prete, cfr supra 5, scheda n. 65; Poggi del Mulino,cfr supra 5, scheda n. 66; Poggi del Mulino-Fer-rai, cfr supra 5, scheda n. 68; Poggi del Mulino-Tumuli, cfr supra 5, scheda n. 70), ed altri più ge-nericamente assegnabili al post Paleolitico (Piandi Sala, cfr supra 5, scheda n. 10; Colle Ceraseto,cfr supra 5, scheda n. 55).

Solo per completezza, infine, si cita un ulterio-re gruppo di ritrovamenti che, oltre a provenire daaree collocate sui sedimenti lacustri (cfr infra 8),

sono anche costituiti da elementi isolati e troppopoco caratterizzati pur in associazione con mate-riale ceramico (Campo delle Pecore, cfr supra 5,scheda n. 53; La Ferratella, cfr supra 5, scheda n.57; olpeta, cfr supra 5, scheda n. 62; Scoponeto,cfr supra 5, scheda n. 73 A).

L.G., D.M.

I sette siti con industria litica documentati dal-le raccolte del Gruppo Archeologico Aulanum nelterritorio del Comune di onano (figg. 1 e 2) ap-paiono coerenti al loro interno e tra di loro. Nel-l’ambito degli insiemi considerati sono rappresen-tate complessivamente tutte le componenti del-l’industria litica. Nell’analisi di dettaglio, tuttavia,si può cogliere una significativa variabilità dicomposizione del campione, pur nella limitatezzaquantitativa di alcune raccolte.

In base al numero dei reperti rinvenuti i siticonsiderati sono suddivisibili in quattro gruppi.Tre sono nella fascia 0-10 reperti: Bellidonne è

Fig. 1-onano (VT). Localizzazione dei siti, CTR sez. 333060.

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l’unico con un manufatto sporadico, tuttavia benriconoscibile (nucleo a lame); in quest’area si col-locano anche Palombini (4) e Podere del Salce(8). Nella fascia 11-20 reperti si pone Piana di Be-rogne (19). Banditella (29) si trova nell’intervallo21-30 pezzi. due siti trovano posto nell’ambitodelle raccolte tra 61 e 70 utensili (La Fratta; 68) etra 71 e 80 (Berogni; 71) e rappresentano anche idue termini “naturali” di confronto, perché più ab-bondanti e diversi tra loro, tali da poter rappresen-tare, in parte, anche le caratteristiche degli altri ri-trovamenti.

La distribuzione quantitativa pone in evidenzaun salto consistente tra i primi cinque siti, presso-ché in continuità tra loro e con pochi manufatti egli ultimi due, con reperti più numerosi.

L’affidabilità delle raccolte, effettuate allametà degli anni Novanta del secolo scorso, è atte-stata dalla presenza tra i manufatti di cinque siti4

di frammenti indeterminabili, di pezzi di poten-ziale materia prima non lavorati (calcare marnoso,calcare, selce, quarzo), di cristalli di minerali dif-

fusi nel territorio (augite) e di pezzetti di vetromoderno fluitati. La diffusione dei débris tra il dé-bitage va nella stessa direzione, oltre ad indicarescarsa o nulla dislocazione dei manufatti dal luo-go di giacitura.

Una sola raccolta, quella di Berogni, è associa-ta a manufatti ceramici protostorici (cfr supra 5,scheda n. 44; infra 7.4.3). C’è da chiedersi se, in-sieme a Piana di Berogne, i due siti possano costi-tuire in qualche modo gli estremi di un sistemasemplice, suggestione favorita anche dalla simili-tudine del toponimo di rinvenimento.

La composizione interna degli insiemi litici(tab. 8) vede costante la presenza dei nuclei, ad ec-cezione di Palombini che, tuttavia, ha uno stru-mento su nucleo (cfr tab. 5, n. 45). Laddove il va-lore percentuale può considerarsi significativo, sinota una prima divergenza tra Berogni e La Fratta.Berogni ha poco meno del triplo di nuclei rispettoa La Fratta ed è anche l’unico sito in cui, accantoai reperti con morfologia definita, si segnalanopezzi con distacchi (2), utilizzati occasionalmente,

Fig. 2-onano (VT). Localizzazione dei siti, CTR sez. 333100.

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senza continuità, comunque fornitori di supporti li-tici eventualmente trasformabili in strumenti. Co-me a Palombini, e forse a La Fratta (cfr tab. 4, n.65), si notano qui strumenti su nucleo (2; cfr tab.3, nn. 17 e 376) e 1 pièce esquillé (tab. 3, n. 19).

Pièce esquillé e bâtonnet sono scarsi. Il lororuolo, non ben definito, tra quello dei nuclei equello delle schegge, li collega comunque al débi-tage, all’azione della scheggiatura: taluni sono suscheggia (cfr tab. 4, n. 23).

La tipologia dei nuclei (tab. 9) mostra, in ge-nerale, un’assenza di standardizzazione. Solo aPiana di Berogne ci sono 2 nuclei dello stesso ti-po (cfr tab. 6, nn. 15 e 19). Talvolta si tratta di re-sidui di nucleo7, che rappresentano la fase termi-nale della vita dell’utensile, pezzi quindi dai qua-li non si possono ottenere altre schegge, abbando-nati intenzionalmente poiché inservibili. Un ele-mento, quest’ultimo, che potrebbe indicare che ilsito è un luogo dove è avvenuta la lavorazione.

Il carattere opportunistico della tecnologia discheggiatura dei siti esaminati non è rappresenta-to solo dalla “unicità” dei tipi, ma anche dalla po-limorfia della modalità di scheggiatura presentesu un medesimo pezzo. A Banditella, ad esempio,il nucleo n. 9 (cfr tab. 2) ha 3 piani di percussio-ne: 2 sono a distacchi unipolari, sui quali si rico-noscono rispettivamente i negativi di 4 e di 3 di-stacchi, e 1 è a distacchi perpendicolari (2:1); unmargine di questo nucleo, inoltre, mostra una riu-tilizzazione. Il nucleo pseudoprismatico di Pianadi Berogne (cfr tab. 6, n. 17) è servito ad otteneresia schegge (1 faccia a distacchi perpendicolari3:12) che lame (1 faccia unipolare, almeno 9 ne-gativi riconoscibili). A La Fratta c’è un nucleo (cfrtab. 4, n. 6) a distacchi ortogonali, ovvero unascheggia dal cui spessore ne è stata staccata un’al-tra, un modo speditivo di ottenere un supporto chesi ritrova anche in siti paleolitici, sempre in coin-cidenza con l’uso di tecnologie “abbreviate”. Ilcarattere poco curated (Kuhn 1995) dell’industriain esame è testimoniato anche dalle scarse eviden-ze della preparazione dei piani di percussione.due sono i casi diretti: Bellidonne in cui il nucleounipolare a lame mostra due piani di percussionepreparati opposti, in vista forse di una successivadiversa modalità di utilizzazione mai realizzata, eBerogni (cfr tab. 3, n. 10). In un caso l’evidenza èindiretta: una lama oltrepassata da Piana di Bero-gne (cfr tab. 6, n. 3) conserva un residuo di pianodi percussione preparato nella parte distale. diconseguenza la maggior parte dei talloni ricono-scibili non è preparata.

La tipologia dei talloni (tab. 10), rivela ovun-que una prevalenza dei lisci su distacco, senza di-stinzione tra strumenti e débitage. Un tallone li-scio su frattura è stato riconosciuto a Berogni (cfrtab. 3, n. 9). data la frammentarietà dell’industriain esame, la frattura dei talloni è il caso che si ve-rifica più di frequente, colpisce maggiormente l’a-sportazione del tallone o anche del solo bulbo, so-prattutto tra il débitage.

L’uso del percussore duro (Leroi-Gourhan1971, Cap. II) è molto diffuso e si riscontra nell’in-clinazione del tallone sulla faccia inferiore del sup-porto e/o lateralmente, quasi sempre in corrispon-denza di talloni lisci8 sia su strumenti che su manu-fatti non ritoccati9. Il 46,15% dei talloni lisci è in-clinato. A ciò si possono aggiungere un paio di bul-bi doppi (cfr tab. 2, n. 19 e tab. 6, n. 10) e un paiodi schegge tipo Kombewa (cfr tab. 2, n. 10 e tab. 7,n. 2). Queste ultime attestano, accanto a qualchepièce esquillé, anche la percussione bipolare.

I talloni lineari, collegati generalmente all’usodel percussore tenero (cfr tab. 3, nn. 19 e 37 conscagliature da due piani di percussione opposti),sono piuttosto scarsi (14; 18,18% dei talloni rico-noscibili) e associati con il débitage (a parte il n.4 di tab. 2 e il n. 23 di tab. 3) data, probabilmen-te, anche la notevole frammentarietà degli stru-menti e le modificazioni intervenute sui supportidegli stessi mediante ritocco e utilizzazione.

Altri elementi che possono connotare attivitàdi scheggiatura sul posto sono da riconoscersi neiravvivamenti e nelle creste che si riscontrano incinque siti.

Schegge di ravvivamento (3) e tablette (2) sitrovano tra i materiali di Berogni (1 ravvivamen-to, n. 32), La Fratta (1 ravvivamento, n. 12 e 1 ta-blette, n. 4; cfr tab. 4) e Podere del Salce (2 ta-blette, cfr tab. 7, nn. 3 e 7).

da Banditella (cfr tab. 2, n. 28), da La Fratta(cfr tab. 4, n. 25) e da Podere del Salce (cfr tab. 7,n. 4) provengono rispettivamente 2 lamelle e 1 la-ma a cresta riscontrate tra il débitage di tutti i sitiesaminati. È testimoniata in tal modo, accanto al-la scheggiatura opportunistica (Kuhn 1995), latecnologia della preparazione preliminare del nu-cleo per far “filare” il colpo che staccherà la la-ma/lamella e che creerà gli angoli giusti per otte-nerne altre. Qualche elemento opportunistico sinota ancora, tuttavia, poiché una lamella a crestae una lama sono servite di supporto ad uno stru-mento (cfr tab. 2, n. 28 e tab. 7, n. 4) e, come giàaccennato, lo è stato anche un pièce esquillé (cfrtab. 4, n. 23).

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Anche la distribuzione del débitage (tab. 8) èdiversa tra i due siti più importanti; Berogni (50;71,43%) ne ha quasi un 10% in più rispetto a LaFratta (42; 61,76%) che appare più prossimo ai si-ti circostanti: Banditella 14 (48,28%); Piana diBerogne 12 (63,16%) sono quelli statisticamentesignificativi, ma anche gli altri mostrano una ten-denza simile.

A Berogni gli strumenti sono decisamentescarsi (15,49%, percentuale confrontabile solocon quella di Piana di Berogne: 15,79%), ma so-prattutto appaiono di minore consistenza numeri-ca lamelle e microlamelle (13; 26% rispetto al to-tale del débitage: 50) in rapporto a quanto si ri-scontra a La Fratta (19; 45,24% del débitage: 42).Berogni appare configurarsi come un luogo piùstabile rispetto agli altri siti, dove avviene la lavo-razione del “grosso” e si cede la parte più leggeradegli utensili (Roebroeks, Tuffreau 1999, p. 128),meglio trasportabile una volta trasformata e anchedi uso più immediato senza bisogno di ulterioremodificazione. Coerente con queste considerazio-ni è il riscontro della presenza di evidenti tracce diutilizzazione10 su 3 lamelle e su 1 microlamella(cfr tab. 4, nn. 41, 47, 54, 59), oltre 1/5 del loro to-tale, solo nel sito di La Fratta che, in ipotesi, è quiconsiderato come un sito di performance, di ese-cuzione di attività artigianali o economiche. Latrasportabilità delle lamelle si estende anche ainuclei a lamelle, dato che sono assenti a Berognimentre sono presenti a La Fratta (cfr tab. 4, n. 3),a Piana di Berogne (2; cfr tab. 6, nn. 15 e 19) e aPalombini (cfr tab. 5, n. 2), dove è attestato anche1 grattatoio su nucleo a lamelle (cfr tab. 5, n. 4).

La frequenza della trasformazione di lamelle emicrolamelle in strumenti è, in generale, modestanel campione esaminato. A Berogni ci sono 2 stru-menti (cfr tab. 3, nn. 23 e 66; 18,18% degli stru-menti), a La Fratta 4 (cfr tab. 4, nn. 36, 61, 64 e66; 17,39%), a Piana di Berogne 2 (cfr tab. 6, n. 2e, forse, 4; 10,53%). In questo quadro spicca laparticolarità del sito di Banditella dove, accanto a2 sole lamelle non ritoccate (cfr tab. 2, n. 13 e 20),ci sono 8 strumenti su lamella (cfr tab. 2, nn. 14,15, 16, 17, 21, 25, 26, e 28) e 1 su microlamella (opunta a dorso abbattuto, cfr tab. 2, n. 27). Perquanto la percentuale sia di poco valore in un sitocon solo 29 manufatti, essi rappresentano il64,29% degli strumenti e, con le 2 lamelle non ri-toccate, il 37,93% del totale ivi raccolto. Manca-no invece i nuclei a lamelle. Banditella si profilacome un sito specializzato.

La configurazione di Berogni come sito di ta-

glio appare rafforzata dal numero dei débris: a Be-rogni sono il doppio (10; 20% del débitage) che aLa Fratta (5; 11,9% del débitage) e rappresentano1/5 del débitage. In quest’ultimo sito si riscontra-no schegge talmente piccole (cfr tab. 4, nn. 35 e49) da apparire collegate più al ritocco che al ta-glio; una di queste è presente anche a Banditella(cfr tab. 2, n. 29).

I débris sono assenti solo a Bellidonne e a Pia-na di Berogne; appare significativa la loro quan-tità a Banditella (5 su 14 elementi di débitage).

Le lame non ritoccate sono poche, anche inconsiderazione delle modeste dimensioni dellamateria prima disponibile localmente. Sono pre-senti solo a La Fratta (2; cfr tab. 4, nn. 5 e, forse,16) e a Piana di Berogne (3; cfr tab. 6, nn. 1 (?), 3e 5). In quest’ultimo sito si individua anche un nu-cleo a lame (o, perlomeno, che ha fornito anchelame, cfr tab. 6, n. 17) e, per un insieme litico pic-colo come questo, 19 manufatti, la diffusione del-le lame (21,10% del totale) appare un tratto di-stintivo11. A maggior ragione lo è il nucleo a lameisolato di Bellidonne.

Sempre poche, ma significative, sono le lametrasformate in strumenti presenti a Berogni (2; cfrtab. 3, nn. 65, 67, 7), La Fratta (4; cfr tab. 4, nn.11, 13, 18, 67) e Podere del Salce (1; cfr tab. 7, n.4). Berogni e La Fratta hanno percentuali compa-rabili di lame e lamelle trasformate. Per questoaspetto i due siti più importanti si equivalgono(Berogni: 18,18%; La Fratta: 17,39% del totaledegli strumenti).

La presenza del cortice (30 reperti su 299 uten-sili complessivi:10,03%; Banditella: 20,69%; Bel-lidone: manufatto sporadico; Berogni: 10%; LaFratta: 11,76%; Palombini: 1 su 4; Piana di Bero-gne: 31,58% e Podere del Salce: 12,5%) sul 15%dei manufatti (tab. 13) è motivata dalle caratteri-stiche della materia prima e degli utensili. È fre-quente che nuclei, pièce esquillé e ravvivamenti,per loro caratteristiche, possano mantenere por-zioni di cortice (Bellidonne, reperto isolato; cfrtab. 3, nn. 10, 17, 21, 22, 29 e 37; cfr tab. 4, nn. 6e 9; cfr tab. 6, nn. 9, 15, 17 e 19; cfr tab. 7, n. 7).

Alcuni elementi del débitage possono rappre-sentare esiti della pulizia dal cortice delle superfi-ci del nucleo (7 schegge e 1 débris complessiva-mente), ad esempio le uniche 2 calotte delle indu-strie in esame, entrambe da La Fratta (cfr tab. 4,nn. 1 e 2). La presenza di cortice sulle lame (4, dicui 1 dubbia; la n. 11 da La Fratta è tra gli stru-menti) è da ricondurre alla materia prima, costi-tuita in assoluta prevalenza da liste di calcare mar-

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noso di piccole dimensioni, che non consentivanol’agevole estrazione di una lama “pulita”.

Tutti gli strumenti che mostrano parti di corti-ce, infine, sono perforatori e bulini che necessita-no, per il grip e per il tipo di uso per cui sono sta-ti realizzati, di supporti robusti, talora nuclei (i re-perti nn. 14 e 16 da Banditella, cfr tab. 2, sonoperforatori su lamella spessa; i 2 da Berogni sonorispettivamente: un punteruolo su nucleo, n. 17, eun bulino su nucleo, n. 37, cfr tab. 3; il n. 20 da LaFratta è un bulino su un supporto di oltre 10 mmdi spessore, cfr tab. 4; della lama ritoccata n. 11 siè fatto cenno in precedenza).

evidenze di alterazione delle superfici dei ma-nufatti sono diffuse in tutti gli insiemi (51 reperticomplessivamente; 17,06%). Il tipo di patina piùfrequente è stato qui chiamato convenzionalmen-te di “usura”; questa conferisce alle superfici l’ap-parenza di una leggera smussatura e l’effetto del-la copertura di una pellicola lucente (41 reperti intotale). Si forma spesso in conseguenza dell’abra-sione esercitata da microgranuli silicei trasportatidal vento e dall’acqua sulla pietra dei manufatti.La superficie, o parte di essa, degli utensili rinve-nuti in ricognizione, quindi esposti agli agenti at-mosferici, ne è spesso caratterizzata. Un reperto(cfr tab. 6, n. 4) presenta patina fluitata dovuta, ingenere, a dislocazione; per 2 reperti con patinadoppia (cfr tab. 4, n. 65; cfr tab. 7, n. 6) si puòescludere la ripresa intenzionale di un utensile piùvecchio, ma, ancora una volta è da considerareuna conseguenza delle vicende post deposiziona-li. Una notevole alterazione delle superfici si notainfine su un gruppetto di 6 reperti da Piana di Be-rogne (cfr tab. 6, nn. 11, 12, 14, 15, 17 e 19), chehanno subito un’estesa silicizzazione e su 1 da Po-dere del Salce (cfr tab. 7, n. 2) la cui superficie,forse per azione del calore, è divenuta liscia e bril-lante come porcellana. Gli effetti dell’azione delfuoco (alterazioni del colore o della patina, distac-chi termoclastici, ecc...) sono legati ad attività re-centi cui gli utensili sono stati accidentalmentesottoposti e non sono stati considerati in questasede.

La materia prima dominante (tab. 11) è il cal-care marnoso disponibile localmente sotto formadi blocchetti o lastrine, frequentemente venati ofessurati. L’11,37% del totale raccolto è costituitoda: selce (piccole liste fessurate; 27 reperti), raraossidiana (cfr tab. 3, nn. 35, 36 e 64; cfr tab. 4, n.26), 2 reperti in quarzo (cfr tab. 3, nn. 18 e 53) e1 in calcare (cfr tab. 5, n. 2).

Piana di Berogne è il sito in cui la selce è più

utilizzata (5 manufatti; 26,32% del totale raccol-to). due lamelle, 1 nucleo a lamelle, una troncatu-ra e una cuspide (cfr tab. 6, nn. 7, 8, 19, 14 e 18).Con questo materiale è stato realizzato un piccoloma completo “arsenale”, arma compresa. La dif-fusione relativa delle lame (possibile riserva dimateria prima?) ne è una caratteristica saliente.due manufatti tratti dalla stessa materia prima(calcare marnoso; cfr tab. 6, nn. 16 e 17) attestanol’esistenza di una lavorazione in situ. Come giàaccennato in precedenza, la scarsità degli stru-menti, la frequenza relativa dei nuclei, la presenzadi ceramica protostorica e la fisionomia comples-siva dell’insieme litico, sembrano collegarlo a Be-rogni.

Banditella (7 reperti; 24,14% del totale raccol-to, così distribuiti: un bâtonnet: n. 5; 3 schegge:nn. 6-8; 1 lamella: n. 20; 1 lamella a dorso: n. 25e 1 lamella a dorso e troncatura: n. 21; cfr tab. 2)segue a ruota per quel che riguarda l’uso della sel-ce. Anche qui gli utensili silicei configurano uninsieme scelto, coeso con il resto dell’industria delsito. La presenza di due manufatti fabbricati conla stessa materia prima (calcare marnoso, cfr tab.2, nn. 9 e 10) sembra sostenere l’aspetto speciali-stico della raccolta litica di Banditella, che mostracaratteristiche indipendenti rispetto agli altri sitiin esame, appare infatti dedicata alla fabbricazio-ne e all’uso di manufatti compositi (lamelle a dor-so di varia tipologia) per la realizzazione dei qua-li c’è, in situ, la dotazione necessaria.

Berogni (9; 12,86% del totale raccolto, di cui:1 nucleo e 1 intaccatura in quarzo nn. 18 e 53; 2schegge e 1 lamella di ossidiana: nn. 35, 36 e 64;1 lamella: n. 60; 1 microlamella: n. 56; 1 tronca-tura su microlamella: n. 66; cfr tab. 3) e La Fratta(9; 13,24% del totale raccolto, composto da: 1scheggia: n. 1; 1 frammento indeterminabile: n. 8;1 lamella: n. 39; 2 frammenti di strumento: nn. 21e 62; 1 microlamella troncata: n. 64; 1 microlitogeometrico: n. 66; 1 cupide: n. 68, in selce; 1 mi-crolamella in ossidiana: n. 26; cfr tab. 4) sonoquantitativamente vicine rispetto alla presenza dimateria diversa dal calcare marnoso, tuttavia nefanno un uso differente.

Berogni è, in piccolo, una sorta di punto di rac-colta e di lavorazione di materiali vari che entranoa far parte della catena operativa. La rara ossidia-na presente partecipa a questo circuito produttivo.Gli utensili realizzati con la stessa materia prima(calcare marnoso di diverso colore) sono numero-si (16 utensili; 22,85% dei manufatti e 4 pezzi nonlavorati presenti nella raccolta) e formano 5 grup-

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pi. I nn. 19 e 20 (cfr tab. 3) rappresentano un bi-nomio di débitage (1 pièce esquillé/nucleo e 1scheggia), allo stesso modo dei nn. 30 e 31 (2schegge di calcare marnoso marrone verdastro).La scheggia n. 31 tuttavia mostra evidenze di uti-lizzazione alterne sui margini laterali e introduceil gruppo successivo. I nn. 33 (débris) e 34 (beccosu supporto utilizzato), in calcare marnoso rosso,mostrano la combinazione débitage/strumento. Ilgruppo più consistente è costituito da 5 utensili (n.21, nucleo prismatico bipolare; n. 22, pezzo con 3distacchi; n. 23, perforatore su lamella; n. 24,scheggia; n. 25, intaccatura) e da 3 pezzi di calca-re marnoso marrone/rossiccio non lavorati. Quisono rappresentate tutte le categorie dell’indu-stria: nuclei, débitage, strumenti e possibili riser-ve di materia prima. Lo stesso accade, sebbenemanchi un nucleo vero e proprio, all’ultimo grup-po in calcare marnoso verde, composto da 5 uten-sili (n. 26, scheggia ritoccata; n. 27, microlamella;n. 28, scheggia; n. 29, pièce esquillé su scheggia en. 46, débris) e da 1 pezzo non lavorato. Le evi-denze di condivisione della materia prima tra ma-nufatti diversi, della lavorazione in situ e dellacomposizione di set di utensili contribuisce a so-stenere l’ipotesi di un sito, Berogni, radicato alterritorio e alla produzione.

In relazione all’uso di selce e ossidiana, LaFratta appare in antitesi rispetto a Berogni. I ma-nufatti in generale sono molto frammentari inconseguenza dell’uso (anche la microlamella diossidiana, n. 26, è un frammento e altri 5 pezzi incalcare marnoso, i nn. 34, 38, 43, 58 e 65, sono re-lativi a strumenti non identificabili; cfr tab. 4);scarsa è invece l’evidenza di produzione di uten-sili sul posto. L’esecuzione di azioni che hannocondotto alla frattura degli utensili, caratterizzaLa Fratta come un punto di applicazione e consu-mo dei manufatti nel corso delle attività cui eranodestinati. In questo ambito il set di reperti in selcenon fa eccezione. Anche in questo caso, come aBanditella, la selce sembra destinata alla realizza-zione anche di strumenti scelti, in genere elemen-ti di manufatti compositi e dell’unica arma certa diquesta raccolta. Non ci sono nuclei, né si identifi-cano utensili ricavati dalla stessa materia prima(cfr tab. 4, nn. 64, 66, 68).

Un caso a sé è Podere del Salce dove la metàdella piccola raccolta (8 reperti; cfr tab. 7) è in sel-ce ed è costituita da: 1 nucleo a distacchi perpen-dicolari rotto in diaclasi, di conseguenza abbando-nato (n. 6), e 3 elementi di débitage (n. 2 scheggiatipo Kombewa; n. 3 scheggia di ravvivamento di

nucleo a lamelle; n. 5 débris). I nn. 3 e 7, que-st’ultimo è una tablette in calcare marnoso, testi-moniano l’esistenza di attività di taglio in situ.L’esiguità dell’insieme, votato ad attività di lavo-razione di utensili, non permette ulteriori ipotesi.

La descrizione degli strumenti dei siti in esame(tab. 12) nel loro complesso segue un ordinequantitativo decrescente, indipendente dall’occor-renza di alcuni tipi di strumenti in determinati si-ti. Questo per salvare una visione d’insieme di in-dustrie che non mostrano caratteristiche diverseper cronologia o attribuzione culturale, bensì fun-zionale in relazione ai singoli punti di raccolta.

Gli strumenti più diffusi sono i perforatori (11;20,75% del totale degli strumenti; cfr tab. 12), par-ticolarmente a Banditella (3; rappresentano il10,34% dei manufatti raccolti nel sito; cfr tab. 2,nn. 14, 16 e 22) e a La Fratta (4, ma ce n’è anche 1secondario; cfr tab. 4, nn. 67, 19, 22, 24 e 61) masono presenti anche a Berogni (3; sono il 4,29% deltotale raccolto; cfr tab. 3, nn. 17, 23 e 34) e Pianadi Berogne (l’unico punteruolo presente è su unmanufatto multiplo, cfr tab. 6, n. 4; il 5,26% del si-to). I supporti preferiti sono robusti (come adesempio manufatti multipli, nucleo, lama), anchequando si tratta di lamelle (spesse, riflesse o ritoc-cate: 4 casi) e i punteruoli si trovano di frequente inassociazione con altri strumenti (in 5 casi; con grat-tatoi, nn. 22 e 67 di La Fratta; con bulino, n. 24 diLa Fratta e con troncatura n. 16 di Piana di Bero-gne; il n. 19 di La Fratta è un unicum in cui gli stru-menti si sovrappongono gli uni agli altri di cui ta-lora sfruttano il ritocco; in 4 casi i perforatori sonoatipici o becchi: n. 34 di Berogni, nn. 24 e 67 di LaFratta e n. 4 di Piana di Berogne; cfr tabb. 4, 6, 3).

Le modalità di ottenimento sono varie: ritoccobilaterale (3; n. 14 di Banditella e due casi in cuiè sfruttato il ritocco di uno strumento “ospite”, inn. 19 e 61 di La Fratta), distacchi bilaterali (n. 16di Banditella e n. 24 di La Fratta), intaccatura dauna parte e ritocco dall’altra (n. 16 a Piana di Be-rogne e n. 22 a Banditella dove gli interventi sonoalterni; n. 67 a La Fratta), ritocco da un lato e di-stacco dall’altro (n. 17 a Berogni e n. 22 a La Frat-ta), distacchi alterni (n. 34 di Berogni) e troncatu-ra su frattura da un lato e tracce di utilizzazionedall’altro (n. 23 di Berogni). In questo caso si èoperato il recupero di un utensile in origine di al-tra tipologia, ottenendo un manufatto di fortuna.In 1 caso è evidente la traccia d’uso sulla punta (n.24, La Fratta) e 1 reperto era forse in origine dop-pio (n. 34, Berogni). In 2 casi (n. 23 a Berogni en. 16 a Piana di Berogne) la punta è frammentaria.

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I punteruoli sono manufatti destinati ad attivitàche esercitano un’azione di pressione e rotatoria(pressione posata). Subiscono danni (frattura eabrasione) durante il lavoro e compongono quasitutti gli strumenti multiuso rinvenuti nei siti inesame. Fanno parte di una dotazione base di uten-sili che si usa localmente o si porta con sé, prontaad ogni evenienza. È interessante notare che ipunteruoli di Berogni sono manufatti rotti o difortuna, atipici (1 su nucleo, n. 17; 1 forse in ori-gine doppio, n. 34; 1 riutilizzato, n. 23). La spinaall’estremità di una lamella a ritocco bilaterale, ununicum (n. 61, La Fratta, cfr tab. 4), può essereconsiderata invece l’equivalente di una punta.

Le troncature (7; 11,86% degli strumenti ditutti i siti considerati; Banditella, n. 11; Berogni,n. 66 e n. 67; La Fratta, n. 19, secondaria e n. 64;Piana di Berogne, n. 14 e n. 16, secondaria; 1 è sulama: n. 67 di Berogni, e 2 su micro lamella: n. 66di Berogni e n. 64 di La Fratta; quattro sono diret-te e 3 inverse: n. 66, Berogni; nn. 19 e 64, La Frat-ta; cfr tabb. 2, 3, 4, 6), come le intaccature (cfr in-fra), sono sia manufatti primari che secondari (n.19 di La Fratta e n. 16 di Piana di Berogne, cfrtabb. 4 e 6), possono rappresentare inoltre solu-zioni funzionali all’ottenimento di altri strumenti(cfr il perforatore n. 23 di Berogni e il bulino sutroncatura n. 60 di La Fratta) e, come i dorsi per lelamelle, possono servire per facilitare l’immanica-tura sui supporti, ad esempio lignei, o per abbatte-re parti spesse o sporgenti indesiderate, come lefratture (n. 19 di La Fratta: la troncatura è latera-le, ma non copre tutto lo spessore del margine rot-to), i talloni e i bulbi (n. 16 di Piana di Berogne).

Prevalgono le troncature perpendicolari all’as-se del supporto (nn. 66 e 67 di Berogni; n. 64 diLa Fratta; n. 16 di Piana di Berogne) rispetto aquelle oblique (n. 11 di Banditella e n. 16 di Pia-na di Berogne). Quando le troncature sono stru-menti e non soluzioni tecniche per ottenerne altri,la localizzazione rispetto al supporto è importanteda un punto di vista funzionale, soprattutto se con-siderata in relazione a un tipo di strumento deli-mitato, di breve estensione, ma che rappresenta unintervento deciso che modifica significativamenteil supporto. Nei siti considerati il ritocco delletroncature è sempre ripido, in 2 casi con anda-mento denticolato (n. 11 di Banditella e n. 16 diPiana di Berogne), fa eccezione il n. 64 di La Frat-ta, un unicum, in cui la troncatura è convessa ed èottenuta con ritocco soprelevato, subparallelo.

entrambe le troncature di Berogni sono per-pendicolari all’asse, distali, inverse e concave; la

n. 66 forma alle sue estremità 2 piccole punte.L’importanza che in questo sito hanno i punteruo-li, le troncature e i bulini (cfr infra) sembra indi-care che a Berogni prevalessero le azioni di buca-re e incidere, accanto a poco altro.

Le lamelle a dorso abbattuto (7: 13,21% deglistrumenti di tutti i siti; il 20,69% di Banditella),come accennato in precedenza, sono appannaggiodi Banditella (6 e rappresentano il 20,69% dell’in-sieme litico del sito: cfr tab. 2, nn. 15, 17, 21, 25,26 e 27), con l’unica eccezione del n. 61 di LaFratta (cfr tab. 4), già citato12. Ciò fa di Banditellaun sito specializzato rispetto agli altri, che nonhanno questo tipo di evidenza.

Come per tutti gli altri aspetti dell’industria deisiti qui esaminati, la tipologia delle lamelle a dor-so non è standardizzata. La serie è tuttavia conno-tata dalla parzialità del dorso, non interamente ab-battuto con ritocco, e dallo sfruttamento di morfo-logie precedenti del supporto (nn. 15, 17, 26) checonferiscono all’insieme un aspetto non curated,associato anche all’irregolarità nella profondità enell’estensione del ritocco, in genere ripido, e al-l’andamento denticolato o sinuoso del dorso stes-so. Considerando il reperto n. 21 un protogeome-trico, una sorta di elemento intermedio di passag-gio ai microliti (lamella a dorso e troncatura), l’u-nico dorso “completo” è rappresentato dal n. 27,un manufatto a dos rettilineo (destro) ottenuto me-diante ritocco ripido profondo inverso. Anchequesto, come il n. 61 di La Fratta già descritto,può essere considerato una punta.

Tutti gli utensili sono stati adoperati. Il tran-chant opposto al dorso è ritoccato o mostra traccedi utilizzazione evidenti, che in 1 caso formanouna microintaccatura da uso (n. 21). Si è in pre-senza quindi di strumenti che connotano lo svol-gimento di un’attività e che non costituiscono unsurplus, una scorta da tenere a portata di mano incaso di necessità, come sembrano essere, almenoin parte, le lamelle e le microlamelle di débitage.Si può ipotizzare che questi dorsi fossero legati alluogo dove si esercitava la relativa attività oppurecostituissero una dotazione personale, un set diutensili specifici da portare con sé per uno scopopreventivato in anticipo.

I frammenti di strumento (cfr tab. 4, nn. 21, 34,38, 43, 62 e 65), come già notato, provengono tut-ti da La Fratta (6; 11,32% di tutti gli strumenti deisiti considerati complessivamente; 8,82% del to-tale dell’industria di questo sito). Il n. 21 mostra laparticolarità di denticolature festonate formate dadistacchi diretti lungo un margine; il n. 34 ha un

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ritocco marginale diretto su frattura (riuso) e il n.65 è forse un residuo di nucleo ripreso, con ritoc-co soprelevato marginale (riuso). A parte il n. 34,che ha un ritocco poco profondo, gli altri mostra-no un ritocco importante soprelevato o a scaglie,non ripido, con il tipo di andamento che in genereè diffuso sui manufatti estesi. Nel sito di La Frat-ta tali manufatti testimoniano dello svolgimentodi un lavoro talmente intenso, ripetuto o esaspera-to da portare alla perdita irreparabile di una partedella dotazione di utensili disponibili. La presen-za in questa raccolta di frammenti di strumentinon identificabili porta a ipotizzare che si svol-gesse in situ un’attività che ha lasciato dietro di séi suoi apprezzabili residui e che i manufatti venis-sero ravvivati per trarne il massimo vantaggio fi-no alla frattura definitiva da stress.

I bulini sono 6 (11,32% di tutti gli strumenticonsiderati assieme; cfr tab. 2, nn. 28 e 37; cfr tab.4, nn. 20, 24 secondario, 60 e 63), di cui 5 prima-ri e 1 secondario (cfr tab. 4, n. 24). Con i punte-ruoli e le troncature rappresentano gli strumentipiù diffusi; a La Fratta ne costituiscono il 17,39%(su 23 strumenti, esclusa la cuspide). Consideran-do insieme bulini e punteruoli (47,83% degli stru-menti), anche in questo sito, ma in modo meno ac-centuato che a Berogni, perforare e incidere ap-paiono le attività predominanti. Tuttavia a LaFratta questi tipi di utensili non esauriscono il pa-norama delle azioni, rappresentate dalla varietàdegli strumenti, anzi appaiono anche associati suuno stesso supporto, contrariamente a quanto ac-cade a Berogni dove rappresentano il 54,55% de-gli strumenti identificabili, escluse le cuspidi difreccia (11).

La tipologia è varia e indica una significativainterdipendenza con le caratteristiche del suppor-to (cfr n. 37 di Berogni su nucleo bipolare esquil-lé) e una rispondenza alle esigenze del lavoro cuiil manifatto era destinato.

Almeno 2 sono doppi misti13. Il n. 60 di LaFratta è d’angolo su troncatura; il colpo di bulino,in sé incerto, è confermato dalle tracce di utilizza-zione evidenti sull’angolo formato dal distacco delcolpo di bulino. Il n. 63 di La Fratta è d’angolo sufrattura e mostra due colpi sovrapposti; il n. 24, se-condario, laterale destro, è danneggiato e non sipuò attribuire ad una precisa classificazione.

I bulini appaiono usati, e anche rotti, e laddovepossibile ravvivati una volta consumati (cfr tab. 4,n. 63). A Berogni, dove c’è 1 solo bulino, questoè ospitato su un supporto di fortuna (cfr tab. 3, n.37). Il diverso carattere funzionale dei siti di Be-

rogni e La Fratta è testimoniato anche da questoaspetto.

Le schegge ritoccate (5; 9,43% del totale deglistrumenti dei siti esaminati; cfr tab. 2, n. 10; cfrtab. 3, nn. 26 e 38; cfr tab. 4, nn. 27 e 53) sono ma-nufatti estesi, generici, probabilmente sottorap-presentati a causa della drastica frammentazionedovuta a uno sfruttamento eccessivo degli utensi-li (cfr La Fratta). Lo dimostra anche il tipo di ri-tocco che li interessa (2 a scaglie piatte: cfr tab. 3,n. 38 e cfr tab. 4, n. 27; 1 semplice profondo: cfrtab. 3, n. 26 e 1 soprelevato sinuoso: cfr tab. 4, n.53), ritocco che ha modificato in modo significa-tivo l’andamento dei margini, ad eccezione dellascheggia n. 10 di Banditella che probabilmente èl’esito dell’uso prolungato del filo di un marginebruto. In un paio di casi (cfr tab. 3, n. 26 e cfr tab.4, n. 53) i ritocchi si accompagnano a tracce di uti-lizzazione localizzate sul filo naturale dei margini.esse denotano un uso opportunistico dei manufat-ti, che va oltre l’attività pianificata con il ritocco.Le schegge ritoccate sono presenti nei tre siti piùimportanti da un punto di vista quantitativo: Ban-ditella, Berogni e La Fratta.

Le intaccature sono 4 (7,55% degli strumentidi tutti i siti considerati; cfr tab. 2, n. 4, manufattomultiplo in cui i 2 strumenti sono del tutto indi-pendenti l’uno dall’altro; cfr tab. 3, n. 25 su sup-porto ritoccato e n. 53; cfr tab. 4, n. 15) e proven-gono dagli stessi tre siti che hanno restituito leschegge ritoccate. Un’altra intaccatura (cfr tab. 4,n. 13) è su lama ritoccata e rappresenta un unicum.Un incavo secondario è visibile sul raschiatoio n.19 di La Fratta.

Le encoche sono manufatti puntuali ma rap-presentano anche buone soluzioni per creare, ocollaborare a creare, o evidenziare altri strumenti.Se n’è fatto cenno in precedenza, a proposito deipunteruoli, almeno in 3 casi (cfr tab. 2, n. 22; cfrtab. 4, n. 67; cfr tab. 6, n. 16) ottenuti con un’in-taccatura da una parte e ritocco dall’altra, per sot-tolineare la sporgenza del perforatore. Gli incavipossono rappresentare inoltre elementi puntuali“ospitati” da un manufatto esteso, creando una so-vrapposizione di strumenti che si innestano unosull’altro, o anche costituire gli effetti dell’uso rei-terato di una parte limitata di un manufatto esteso.

Alla categoria degli elementi funzionali ospita-ti si iscrivono il n. 25 di Berogni e il n. 19 di LaFratta, un utensile particolare quest’ultimo per ilnumero di strumenti che ospita, almeno 4 (manu-fatto polifunzionale), e per il riuso cui è stato sog-getto (recupero di una parte dopo la frattura).

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L’encoche (di piccolo raggio, profonda, ottenutacon ritocco a scaglie diretto su un distacco inver-so) si apre sul margine trasversale distale di un ra-schiatoio déjeté a destra che, a sua volta, nel pun-to d’incontro dei due margini ritoccati, genera unpunteruolo realizzato utilizzando lo stesso tipo diritocco del raschiatoio.

In conseguenza di azioni abrasive localizzate, èinoltre possibile che si formino intaccature o mi-crointaccature (cfr tab. 2, n. 21). Possono essere laconseguenza di un movimento ripetuto posato, odi una “impuntatura” nell’esecuzione del gestodurante lo svolgimento di un’attività, in relazionead alcuni tipi di materiali: scabri, dalla tessitura di-scontinua e di diversa composizione (venati), po-co elastici o misti ad abrasivi (ad esempio sabbia).

La tipologia comprende sia encoche ritoccate edi ampio raggio, profonde (cfr tab. 2, n. 4; cfr tab.4, nn. 13 e 15), che piccole, di diversa profondità,ritoccate o su distacchi precedenti (cfr tab. 4, n.19). Su due profondi distacchi inversi è anchel’intaccatura ritoccata n. 15 di La Fratta.

In due soli casi (cfr tab. 3, n. 53; cfr tab. 4, n.15), le intaccature appaiono come strumenti auto-nomi. In tutti gli altri sono associate a utensili di-versi, estesi14.

Gli incavi appaiono come strumenti gregaridalla doppia funzione: puntuale su materiali tene-ri, in genere, e come elemento tecnico per la rea-lizzazione di altri utensili, oltre che come sotto-prodotto di stress localizzati da uso.

Le lame ritoccate sono 4 (7,55% di tutti glistrumenti esaminati) e provengono da Berogni(cfr tab. 3, n. 65), La Fratta (cfr tab. 4, nn. 11, 13)e Podere del Salce (cfr tab. 7, n. 4). Sono manu-fatti estesi, talora frutto di intensa utilizzazionedel filo naturale della lama, piuttosto che di unatrasformazione pianificata. Questo è il caso dellalama di Berogni (ritocco ripido, poco profondo,inverso)15 e del n. 11 di La Fratta, che si configu-ra come un coltello a dorso naturale. Il margineopposto al dorso mostra un “ritocco” alternante adandamento denticolato. Il n. 4 di Podere del Salceè un dorso su lama con accenno di cresta e mostraun ritocco a scaglie piatte, diretto, non moltoprofondo.

Il n. 13 di La Fratta è un unicum, una lama ri-toccata e intaccata, uno strumento che riassume insé le caratteristiche dei manufatti estesi16 e di quel-li localizzati; l’intaccatura è mediana destra, diret-ta, di ampio raggio, profonda, ottenuta con ritoc-co misto sovrapposto: soprelevato e ripidoprofondo, scalariforme.

Anche le lame ritoccate rientrano nel sistemaoperativo opportunistico che sembra caratterizza-re tutte le produzioni. di questi utensili è apprez-zata la lunghezza del filo dei margini e la possibi-lità di un loro uso immediato ed estemporaneo.

I diversi siti considerati hanno restituito unasola lamella ritoccata (cfr tab. 4, n. 36). Il ritoccoè parziale (cfr le altre lamelle a dorso dello stessosito), ripido sottile, diretto e interessa la metàprossimale, concava, del margine destro. È proba-bile, come già notato talvolta in precedenza, che il“ritocco” sia l’esito dell’utilizzazione di un ta-gliente bruto più che la manifestazione di un in-tervento pianificato.

I raschiatoi sono 4 (7,55% di tutti gli strumen-ti): 2 primari (cfr tab. 2, n. 12; cfr tab. 6, n. 10) e2 secondari (cfr tab. 2, n. 4; cfr tab. 4, n. 19). Sidiscostano dalle schegge ritoccate sostanzialmen-te per la qualità e la profondità del ritocco. La ti-pologia è varia, si riconoscono: 1 semplice conca-vo con ritocco soprelevato irregolarmente profon-do (n. 4 a Banditella), 1 déjeté a destra con ritoc-co a scaglie piatte profondo (cfr tab. 4, n. 19), 1trasversale convesso con ritocco ripido profondoad andamento denticolato (cfr tab. 6, n. 10). Il n.2 di Banditella con ritocco misto, soprelevato e ri-pido sovrapposti, non è orientabile a causa di unampio distacco inverso che ha asportato l’origina-ria faccia di distacco del pezzo. Questo tipo distrumento si associa sempre con manufatti pun-tuali: intaccatura (cfr tab. 2, n. 4; cfr tab. 4, n. 19)e perforatore (cfr tab. 4, n. 19).

I grattatoi sono solamente 2. Il n. 67 di La Frat-ta è un manufatto multiplo associato con un bec-co. È ottenuto con ritocco misto, soprelevato e ri-pido profondo sovrapposti, alternante lungo ilmargine destro. Il n. 4 da Palombini (cfr tab. 5) èsu un nucleo a lamelle bipolare. Il fronte è evi-denziato da una concavità ottenuta con un distac-co ed è caratterizzato da ritocco soprelevatoprofondo, subparallelo, microlamellare. È possi-bile che sia un manufatto di fortuna dato che il nu-cleo è rotto in diaclasi su una faccia.

Il solo microlito geometrico dell’insieme con-siderato è un trapezio scaleno ottenuto su una la-mella irregolare di selce (cfr tab. 4, n. 66). Il ri-tocco, soprelevato diretto, approssimativo, inte-ressa i lati concavi. Insieme alle lamelle a dorso ead alcune troncature su lamella, questo trapeziocostituisce un’evidenza dell’immanicatura di ma-nufatti, di attività potenzialmente collegate con lefunzioni economiche e della lavorazione di mate-riali teneri.

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Quanto alle cuspidi, esse sono considerate aparte, al di fuori del gruppo degli strumenti.

Rispetto alla quantità complessiva degli uten-sili e degli strumenti in particolare, le cuspidi so-no numerose (7; 3,5% del totale raccolto in tutti isiti; cfr tab. 3, nn. 68, 69, 70 e 71; cfr tab. 4, n. 68;cfr tab. 6, n. 18; cfr tab. 7, n. 8) e, a giudicare dal-lo stato di conservazione, almeno 1 (cfr tab. 7, n.8) è andata a bersaglio: ne resta infatti il solo pe-duncolo e l’estremità delle alette.

Solo a Berogni le cuspidi (4) sono 1/4 rispettoal gruppo degli strumenti (il 4,26% di tutto il ma-teriale litico del sito). Un’azione simile a quelladelineata dalle punte di freccia, inoltre, poteva es-sere svolta potenzialmente anche dalle lamelle adorso di Banditella.

Berogni è un sito associato a ceramica e ancheper le caratteristiche dell’industria litica, volta adattività di taglio e alla manifattura di altri utensili,sembra avere un carattere più stabile e duraturodegli altri, forse affiancato dal più piccolo Pianadi Berogne. Il maggior numero di punte di frecciarinvenute qui rispetto agli altri insiemi è in lineacon questo profilo.

Per quel che riguarda le caratteristiche morfo-logiche delle cuspidi si nota, in generale, il fortespessore dei pezzi e l’evidenza dello stesso carat-tere opportunistico nella realizzazione già rilevatoper il resto dell’insieme litico. I reperti sono spes-so danneggiati e in parte ripresi, anche in conse-guenza della frattura della punta.

delle 4 cuspidi di Berogni, la n. 68 a lavora-zione monofacciale è probabilmente un manufat-to rotto in corso d’opera. Il ritocco è diretto, so-prelevato profondo, non coprente. del pezzo ri-mane la parte sinistra del corpo della scheggia,comprendente un residuo di peduncolo e l’accen-no di un’aletta poco evidenziata. La n. 69 è stataripresa dopo una frattura ed è déjeté. Il peduncoloè grosso e lungo, le alette appena accennate. Il ri-tocco, coprente su una faccia, non del tutto sul-l’altra, è a scaglie piatte, a tratti subparallelo. An-che la n. 70 è stata riusata dopo la frattura dellapunta, con cambiamento di destinazione d’uso. Ilpeduncolo è grosso, le alette asimmetriche: unanettamente più pronunciata dell’altra. Il ritoccoinvadente, non coprente, è a scaglie piatte.

Caratteristiche che si discostano sensibilmentedal quadro generale delle punte di freccia dei sitiesaminati mostra invece la cuspide n. 71 di Bero-gni, rinvenuta in un secondo momento rispettoagli altri reperti dello stesso sito, quindi aggiuntaper ultima all’insieme litico in esame. È integra, in

selce bianca a differenza delle altre tre cuspidi diBerogni che sono di calcare marnoso, e presentalo spessore più ridotto di tutto il campione consi-derato (0,56 cm)17. Il peduncolo e il corpo dellacuspide sono costituiti da due triangoli oppostiadiacenti, quasi il triangolo del peduncolo, piùpiccolo dell’altro, fosse innestato in quello delcorpo della punta di freccia. Le alette sono pocoaccentuate, ma evidenti e asimmetriche. Si rico-nosce la faccia preferenziale, più curata, del ma-nufatto realizzato con ritocco invadente che divie-ne coprente solo in prossimità della punta, a sca-glie piatte, tendente a soprelevato alterno lungo imargini.

La punta di freccia di La Fratta (cfr tab. 4, n.68), in selce, è frammentaria nella parte prossima-le. Il peduncolo è grosso e lungo, le alette sonopoco pronunciate. I distacchi sulle superfici sonobifacciali e coprenti, il ritocco piatto parallelo nonlo è.

Anche la cuspide di Piana di Berogne (cfr tab.6, n. 18) è frammentaria e in selce. Sono conser-vati parte del peduncolo e un’aletta. Le superficisono coperte da distacchi bifacciali, il ritocco èpiatto, subparallelo profondo, invadente, non co-prente.

del frammento di cuspide di freccia di Poderedel Salce si è fatto cenno. Si nota come una dellealette sia evidenziata da un’intaccatura (cfr supraa proposito delle encoche utilizzate per creare al-tri utensili o per concorrere a realizzare parti diessi).

La morfologia alquanto “personale” di questiutensili, probabilmente indipendente dall’effica-cia, unita al trattamento speditivo e incompletodelle superfici, si ritrova costante in tutti i siti, conl’eccezione della cuspide n. 71 di Berogni, ed ap-pare come una caratteristica locale.

L’uso della selce, a Berogni, La Fratta e Pianadi Berogne può rappresentare la scelta di un mate-riale più resistente e forse più tagliente rispetto alcalcare marnoso, preferito per la realizzazione diun utensile da impatto (le 2 cuspidi in selce hannospessori inferiori alle altre). Ciò non ha impeditoil danneggiamento di molti dei reperti di questo ti-po. Non è da escludere, tuttavia, anche la possibi-le ricerca di una materia più rara di quella abitual-mente utilizzata per la realizzazione di manufatti“speciali”, come potrebbe indicare il piccolo in-sieme di punte di freccia di Berogni, unico sito adavere più di una cuspide. delle 4 lì rinvenute, 3sono di calcare marnoso e 1 di selce, forse non acaso tipologicamente diversa da tutte le altre non

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solo di Berogni ma dei siti del territorio circostan-te, tanto da ammettere l’ipotesi di un suo utilizzoin un ambito funzionale più circoscritto rispettoalle altre.

Il sito di Berogni è il solo dell’area trattata inquesta sezione in cui l’industria litica sia associa-ta a ceramica esaminata in questa sede. Per ilcomplesso ceramico è stata proposta un’attribu-zione cronologica (Bronzo medio e Bronzo recen-te iniziale; cfr supra 5, scheda n. 44) che si può ri-tenere accettabile anche per i manufatti in pietra.Alla luce della relativa omogeneità delle caratteri-stiche tecno-tipologiche degli insiemi litici di que-sto territorio, della presenza di manufatti realizza-ti con la stessa materia prima e della breve distan-za che separa i rinvenimenti, insieme con altrecongruenze più sfumate (scelta della materia pri-ma, patina, ecc…) si è esteso, come ipotesi, l’at-tribuzione cronologica di Berogni anche agli altrisiti. La composizione di alcuni di questi insiemi(Banditella, Podere del Salce, Palombini), tutta-via, sembra indicare spot di breve durata o episo-dici, cioè piccole unità operative autonome. Inol-tre, dallo studio complessivo e dal confronto tra lediverse raccolte, è possibile avanzare qualche pro-posta interpretativa sul tipo di frequentazione oc-corso. I materiali di Banditella, ad esempio, nono-stante l’esiguità della raccolta, rappresentano uninsieme coeso e di particolare interesse per la“specializzazione” rivelata dalla quantità di la-melle a dorso abbattuto rispetto ad altri siti. Le ca-ratteristiche più significative del complesso di Be-rogni invece, sono ravvisabili nella distribuzionedelle diverse componenti dell’industria. La quan-tità significativa, rispetto agli altri insiemi, di nu-clei e débitage in confronto agli strumenti sugge-risce un’interpretazione come di un luogo di lavo-razione in situ. La scarsità degli strumenti sembraconfermare l’ipotesi di luogo di produzione pri-maria, non specializzato e di una certa “stabilità”.Il contrario sembra potersi proporre per La Fratta:qui sono radi gli indizi di una lavorazione in po-sto, significativi, invece, gli elementi che depon-gono a favore della possibile esistenza di scorte,materiale semilavorato, a portata di mano da tra-sformare in strumenti o usare senza modificazionidi sorta (tab. 12). Gli strumenti sono spesso poli-funzionali, non generici e gravemente frammenta-ri (tab. 12). La loro relativa abbondanza, rispettoad esempio a Berogni, sembra indicare un sito diperformance piuttosto che di fabbricazione. Si an-novera in questa raccolta la presenza dell’unicogeometrico completo dei siti di onano. Il sito di

Piana di Berogne presenta analogie con quello diBerogni; la composizione dell’insieme litico ap-pare confrontabile anche se il primo è più esiguo.Anche a Piana di Berogne quindi sembra svolger-si un’attività di manifattura litica in loco, piuttostoche un’attività “artigianale” rivolta verso altri tipidi produzione o un lavoro economicamente con-notato. Si fabbricano utensili che andranno altro-ve, per le attività cui sono destinati. Nell’ambitodel débitage si nota una certa presenza di lameche, associate alle lamelle e ai nuclei a lamelle, in-dicano una produzione di supporti specifici (dipregio?).

I rinvenimenti d’industria litica18 di parte delterritorio della tavoletta IGMI F. 136 III Se, Mon-talto di Castro, ricadente in Comune di Montaltodi Castro (Asor Rosa et alii 1995), provengono da12 località formate da 21 punti di raccolta, per untotale di 26 reperti (cfr tab. 14), organizzabili, perdescrizione geografica, in quattro fasce grossomodo parallele, tre delle quali tra il Fiume Fiora eil Torrente Arrone e una a N del Fiora (fig. 3).Quest’ultima è costituita da tre siti sulla destra delFiume Fiora: Casale Camposcala19 (cfr supra 5,scheda n. 34; MC_101), Incolti (cfr supra 5, sche-da n. 38; MC_94 e MC_183) e S. Maria (MC_88).I reperti rinvenuti sono complessivamente 5 da 4punti di raccolta. dalla località Incolti, inoltre, ènoto dalla letteratura (Asor Rosa et alii 1995, sito45, p. 182) il rinvenimento di una cuspide di frec-cia peduncolata e reperti in ossidiana che ne ave-vano suggerito l’attribuzione all’eneolitico.

da S. Maria invece, una piccola altura non lon-tana dal centro abitato di Montalto di Castro, pro-viene una lamella frammentaria di ossidiana e unnucleo subdiscoidale20 che è stato attribuito in let-teratura al Paleolitico inferiore (Asor Rosa et alii1995, sito 46, p. 182, figg. 1A e 2A, n. 19) e con-siderato uno dei rari reperti paleolitici del territo-rio in esame. Nella pubblicazione tuttavia è citato,insieme con esso, il rinvenimento di una lamaframmentaria di ossidiana e di schegge, di ossi-diana anch’esse, che ha condotto gli autori a pen-sare all’esistenza in situ di una stratigrafia com-plessa.

L’insieme degli elementi considerabili, purnon escludendo la possibilità che il singolo nucleopossa essere più antico (Paleolitico), porta a rite-nere complessivamente i manufatti rinvenuti co-me appartenenti a contesti post paleolitici. Unanalogo criterio di giudizio, come si vedrà in se-guito, sarà adottato anche per altre emergenze già

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attribuite ipoteticamente al Paleolitico (cfr AsorRosa et alii 1995, p. 182, fig. 1A: sito 50, TenutaGiovanna e sito 51, Breccietello).

Una seconda fascia territoriale di raccolta ècomposta dai siti sulla destra del Fiora. Le localitàsono tre: Pietromassa (cfr supra 5, scheda n. 39;MC_121) piuttosto isolata verso l’interno, Brec-cietello (cfr supra 5, scheda n. 32; MC_161,MC_163 entrambi con 2 reperti e MC_164) su unterrazzo del Fiume Fiora e infine Fontanile Secco(cfr supra 5, scheda n. 36; MC_178, MC_18021,MC_188, MC_193 e MC_236) prossima al centroabitato di Montalto di Castro. Il sito MC_163 diBreccietello, che corrisponde al n. 53 di Asor Ro-sa et alii 1995, ha restituito frammenti fittili pre-protostorici (Belardelli et alii 2007, p. 302).

I punti di raccolta sono complessivamente 8,per un totale di 11 manufatti. Questi sono costitui-ti, per quel che riguarda il débitage, da: 1 pièceesquillé (selce) e 1 nucleo a piani orto go na -li/esquillé (selce), 1 bâtonnet (ossidiana), 3 scheg-ge (2 selce, 1 ossidiana) e 4 lamelle (3 ossidiana,1 calcare marnoso). L’unico strumento, un ra-schiatoio semplice convesso in calcare marnoso, èstato attribuito in Asor Rosa et alii 1995, p. 182,fig. 2A, 20 al sito di Tenuta Giovanna e riferitoipoteticamente al Paleolitico inferiore22.

In questo insieme di utensili si nota la scarsitàdi manufatti in pietra locale rispetto all’ossidiana

e alla selce. I talloni lisci sono inclinati verso lafaccia di distacco (scheggia non ritoccata e ra-schiatoio da Breccietello) indicando, accanto altallone puntiforme (lamella) di Fontanile Secco,una compresenza dell’uso del percussore duro edel percussore tenero23, a seconda della materiaprima utilizzata e della destinazione d’uso deiprodotti finiti. La connotazione tipologica dell’in-dustria è scarsa e l’unico strumento presente è ge-nerico. Il raschiatoio di Breccietello è teoricamen-te riferibile al Paleolitico come a culture successi-ve ma l’ipotesi di datazione più antica non apparesupportata da altri elementi dell’insieme conside-rato. Al contrario, la diffusione delle lamelle e del-l’ossidiana fa propendere per una omogeneità del-l’industria, riferibile al post Paleolitico. L’attribu-zione cronologica del sito 32 (Asor Rosa et alii1995, n. 53), non più recente del Bronzo antico(ma possibilmente anche più antico), sembra untermine cronologico di riferimento accettabile.

La terza fascia geografica di rinvenimento disuperficie è costituita da tre località in posizioneintermedia tra Fiora e Arrone: Sughereto (cfr su-pra 5, scheda n. 40; MC_196), Arcipretura(MC_198 e MC_200) sulla sommità di un piano-ro delimitato dal Fosso del Sanguinario ed infineTenuta Giovanna (cfr supra 5, scheda n. 41;MC_219) su un terrazzo non lontano dal TorrenteArrone. I punti di raccolta sono almeno 524. Po-

Fig. 3-Montalto di Castro (VT). Localizzazione dei siti, IGMI F. 136 III Se.

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trebbero essere di più poiché non c’è un esatto ri-scontro tra quanto pubblicato nel 1995 e quantostudiato in questa sede, in rapporto a questo pic-colo gruppo di punti di raccolta. Non si può preci-sare, infatti, se i manufatti in ossidiana citati inAsor Rosa et alii 1995, p. 179, nota *, come pro-venienti da Arcipretura nn. 47 e 48 corrispondanoo meno ai siti MC_198 e MC_200 (cfr tab. 8).Inoltre, tra i reperti esaminati in questa sede pro-venienti da questi toponimi, non compaiono uten-sili in ossidiana né è presente il raschiatoio sem-plice convesso citato nella stessa pubblicazione(Asor Rosa et alii 1995, fig. 2A, 20) e attribuitoipoteticamente al Paleolitico inferiore da TenutaGiovanna (in questa sede considerato tra i repertidi Breccietello per siglatura MC_161). Non vi fi-gura neanche la lama in selce a ritocco bilateralecitata in Asor Rosa et alii 1995, p. 182, n. 49 e fig.2A,21 e ivi attribuita al Paleolitico superiore. Iltotale dei reperti provenienti dalle tre località è 6:3 schegge non ritoccate (2 in calcare marnoso e 1di ossidiana), 1 lamella utilizzata (evidenti traccedenticolate dirette lungo il margine destro, alter-nanti sul sinistro; calcare marnoso, corrisponde aAsor Rosa et alii 1995, fig. 2A, 21) e 2 strumenti.Proviene da Sughereto una intaccatura ritoccataampia e profonda (ritocco ripido), diretta, nellaparte mediana del margine destro, su lamella diselce con tracce di utilizzazione dirette denticola-te (margine sinistro). A Tenuta Giovanna, invece,si annovera un robusto becco su raschiatoio sem-plice convesso (margine sinistro) di calcare mar-noso; il ritocco, soprelevato profondo, è un uni-cum tra i manufatti in esame del territorio di Mon-talto di Castro. Questo strumento, per caratteristi-che tecniche (tallone parzialmente inclinato; di-mensioni: particolarmente lo spessore; morfologiadella scheggia; qualità e profondità del ritocco) etipologiche potrebbe, come il nucleo di S. Maria(MC_88) citato in precedenza, essere attribuito alPaleolitico. Tuttavia il contesto generale è franca-mente post paleolitico e il singolo elemento po-tenzialmente discordante non appare sufficienteper acquisire una definizione autonoma di mag-giore antichità e di discontinuità culturale.

L’ultima area di distribuzione è costituita da trelocalità prossime al Torrente Arrone: Campomor-to (cfr supra 5, scheda n. 33; MC_223), Cava delGesso-Fontanile del Ferro (cfr supra 5, scheda n.35; MC_202 e MC_235) e I Cretoni (cfr supra 5,scheda n. 37; MC_204). I punti di raccolta sono 4(2 a Cava del Gesso-Fontanile del Ferro) per untotale di 4 utensili: 2 schegge di calcare marnoso

e 2 strumenti. da Campomorto proviene una in-taccatura ritoccata (ritocco ripido) inversa, ampiae piuttosto profonda, che interessa la metà distaledel margine sinistro di una scheggia allungata diravvivamento in calcare marnoso; sul margine de-stro (metà distale) sono visibili tracce di utilizza-zione dirette denticolate. L’altro strumento pro-viene da MC_202 Cava del Gesso-Fontanile delFerro, è un perforatore su geometrico di selce gri-gia; il punteruolo è d’angolo tra la base minore eun margine laterale di un trapezio, non microliti-co, ritoccato su tutti i lati; le due basi hanno ritoc-co alterno misto: soprelevato e ripido profondo; imargini laterali sono interessati da due troncatureoblique ottenute mediante ritocco soprelevato, ri-spettivamente tendente a subparallelo il margineopposto al perforatore, tendente a ripido legger-mente denticolato l’altro. Il supporto è una lama.da un’area prossima ai due punti di raccolta diCava del Gesso-Fontanile del Ferro, ma probabil-mente sul versante opposto del Fosso del Ferro,provengono i manufatti citati in Asor Rosa et alii1995 (p. 182 e fig. 1A, n. 60), rinvenuti sulla som-mità dell’altura alla destra del fosso. Si tratta diuna lamella con troncatura inversa e di manufattidi ossidiana (Asor Rosa et alii 1995, p. 179, nota*)25, materiale altrimenti non testimoniato in que-sto raggruppamento di utensili. L’insieme è chia-ramente post paleolitico.

Tutti i rinvenimenti si trovano su piccoli ter-razzi di corsi d’acqua e fossi che compongono larete idrografica locale (Fiume Fiora, Torrente Ar-rone, Fosso del Sanguinario, Fosso del Ferro) esembrano in genere coerenti da un punto di vistacrono-culturale, nel senso che sono riferibili al po-st Paleolitico. I pochi manufatti attribuiti in lette-ratura al Paleolitico possono essere riassorbiti nelpanorama generale, non possedendo connotazionitali da isolarli dal resto. Qualche dubbio lo solle-va, forse, il becco su raschiatoio di Tenuta Gio-vanna, in ogni caso insufficiente a denotare unapresenza certa del Paleolitico nel contesto in esa-me. Al contrario la diffusione generalizzata del-l’ossidiana restringe la forchetta cronologica alBronzo antico come termine recentiore. I repertiin tab. 8 sono costituiti da: 4 lamelle (da S. Maria,Breccietello e 2 da Fontanile Secco), 2 schegge e1 bâtonnet, unico elemento diretto ad attestare unapossibile lavorazione in situ, da Fontanile Secco.Le 2 piccole schegge (débris per le ridotte dimen-sioni) di lavorazione da Fontanile Secco e Sughe-reto sembrano contribuire in modo indiretto aquesta stessa ipotesi, poiché è difficile ritenere

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che entrassero a far parte di un tool-kit che venis-se trasportato da un luogo all’altro, come invecepotrebbe essere stato per le lamelle o per altri stru-menti più elaborati. In ogni caso l’ossidiana è pre-sente, anche se non preponderante, ad eccezionedi Fontanile Secco, in tutti i raggruppamenti con-siderati, comprendendo i manufatti osservati di-rettamente e quelli citati in letteratura.

Per l’uso della selce si può fare un discorsoanalogo a quello dell’ossidiana. Anche questa ma-teria prima è presente nei quattro raggruppamentidi siti riportati nella tab. 8 e corrisponde al26,92% del totale. Tuttavia, a differenza dell’ossi-diana, l’insieme dei manufatti rappresenta le di-verse componenti del lavoro: dal débitage (pro-duzione di utensili e suoi scarti: 1 nucleo e 2schegge da Breccietello, 1 pièce esquillé da Pie-tromassa), alla produzione di supporti di pregio (1lamella da Incolti), agli strumenti (1 lamella in-taccata da Sughereto e 1 perforatore su geometri-co in selce grigia da Cava del Gesso-Fontanile delFerro).

In chiusura di questa sezione si citano i mode-sti dati che provengono da altre aree.

Industrie oloceniche sono state raccolte nel ter-ritorio del comune di Farnese, a Campo della Vil-la (cfr supra 5, scheda n. 2 e 3) e Murciarelle, Pa-lombaro II (cfr supra 5, scheda n. 7): sembra pos-sibile collegare l’industria alla ceramica, che per-mette un inquadramento cronologico all’iniziodell’età del bronzo. da Ischia di Castro, generica-mente attribuito al post Paleolitico, è il piccolo ri-trovamento da Castelfranco, Porcareccia (cfr su-pra 5, scheda n. 19), mentre da Marta, l’industrialitica di Cornesse (cfr supra 5, scheda n. 30), nonraccolta, appare essere rappresentata nelle suecomponenti essenziali (nucleo, strumenti).

S.V.

7.2 Le INdUSTRIe CeRAMIChe

7.2.1 Neolitico Soltanto due località, sulle nove in cui è stata

riconosciuta una frequentazione neolitica, hannorestituito tracce molto esigue relative alla produ-zione ceramica: un frammento di scodella conpresa a rocchetto pieno proviene infatti da MonteSaliette (cfr supra 5, scheda n. 59) e un’ansa arocchetto forato è stata recuperata fra il materialedelle raccolte del Gruppo Archeologico Verentumeffettuate ai Poggi del Mulino-Casale Moscini (cfrsupra 5, scheda n. 67).

Per quanto riguarda il secondo ritrovamentocitato, esso è l’unico che si possa assegnare a que-sta fase all’interno di un gruppo di oggetti metal-lici attribuibili alla fine dell’età del bronzo; inve-ce è possibile che nel complesso del materiale rac-colto a Monte Saliette siano compresi altri repertineolitici meno caratterizzati rispetto a quello pre-sentato e dunque non facilmente identificabili.

entrambi i frammenti considerati sono attri-buiti alla fase finale del Neolitico e rientrano inuna tipologia di anse collegabili agli ambienti me-ridionali di facies diana, con una vasta diffusionepeninsulare, ben attestata in molti siti sia del ver-sante adriatico che di quello tirrenico (Cocchi Ge-nick 2002, p. 128). Restringendo tuttavia i con-fronti alle località più vicine, il frammento diMonte Saliette trova in particolare un riferimentonel sito di Poggio olivastro (Bulgarelli et alii1993a, fig. 21,3) mentre quello dei Poggi del Mu-lino-Casale Moscini si può avvicinare ad elemen-ti della Grotta delle Settecannelle (Ucelli Gnesut-ta 2000, fig. 4,3-4; Ucelli Gnesutta, Bertagnini1993, fig. 4,15.), di Monte Rozzi (Bulgarelli etalii 1993a, fig. 23,4), di Riminino (Pacciarelli1993, fig. 1,7) e di Ragnatoro sui fondali occiden-tali del Lago di Bolsena (Persiani 2009, fig.3,R09).

7.2.2 eneoliticoLa facies eneolitica più diffusa nel territorio e

meglio conosciuta è quella di Rinaldone, nota dal-le numerose necropoli portate in luce nel corso de-gli anni. Ad essa vanno probabilmente ricondottigli ambienti ipogei con caratteristiche simili aquelle delle tombe a grotticella artificiale tipichedella facies; tuttavia da queste strutture, documen-tate in tre diversi punti della caldera (cfr supra 5,schede nn. 9, 12, 13), non è stato possibile recu-perare elementi ceramici utili a sostenere la data-zione proposta.

Quanto ai restanti materiali, oltre all’elementodi presa attribuito all’eneolitico da Roccoie (cfrsupra 5, scheda n. 14), sono disponibili solo duemodesti complessi provenienti da Monte Saliettee Poggio Pilato.

Per quanto riguarda il primo sito (cfr supra 5,scheda n. 59), sebbene poco caratterizzata, unaproduzione ceramica eneolitica può essere rico-nosciuta nei numerosi frammenti di impastogrossolano con trattamento delle superfici pococurato pertinenti, quando riconoscibili, soprattut-to a scodelle troncoconiche, in minor misura adolle e, in rari casi, a ciotole. I frammenti sono

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sempre accompagnati da una decorazione plasti-ca a cordone singolo liscio, a volte con incisionia tacche od impressioni circolari ed ellittiche; inun caso è documentato il doppio cordone ravvi-cinato con impressioni circolari. Allo stesso oriz-zonte sono da assegnare anche gli elementi va-scolari che presentano, direttamente sul corpodel vaso e in prossimità dell’orlo, motivi decora-tivi impressi quasi sempre subellittici, per i qua-li alcuni confronti sono rintracciabili in vari con-testi di abitato fra cui, ad esempio, Casale delCavaliere (Boccuccia et alii 2000, fig. 3,11), Co-nelle di Arcevia (Cazzella, Moscoloni, a cura di,1999, tavv. 1,4; 20,12; 68,16) e Via Leopardiorizzonte inferiore (Sarti, Martini 2000, fig. 3,3).Come già osservato per i materiali neolitici diquesto sito, anche per i reperti eneolitici -sebbe-ne in numero maggiore rispetto ai precedenti- ri-mane il dubbio che possano essere sottostimati acausa della povertà di elementi diagnostici dimolti di essi: quelli tuttavia pubblicati paionoconfermare per Monte Saliette una produzionevascolare di tipo domestico.

Anche nel gruppo di materiali raccolto a Pog-gio Pilato (cfr supra 5, scheda n. 71), oltre allenumerose pareti, sono presenti frammenti di va-sellame, di medie e grandi dimensioni, pertinen-ti sia a forme chiuse, in particolare olle, sia a for-me aperte quali scodelle e/o ciotole realizzate ri-spettivamente con argille mediamente grossola-ne e poco più depurate. Nel complesso le formericonoscibili e in particolare il repertorio decora-tivo, essenzialmente cordoni lisci o impressi, asezione triangolare o arrotondata, applicati pres-so o subito al di sotto dell’orlo, richiamano tipiben noti in contesti di abitato di tutta l’Italia cen-trale e, nelle linee generali, è valido quanto sopraosservato per Monte Saliette. di un certo inte-resse, inoltre, risulta la presenza di una paretedecorata con una bugna cava, che ricorda in par-ticolare un frammento dal sito di Conelle di Ar-cevia (Cazzella, Moscoloni, a cura di, 1999, tav.19,4); questo tipo di decorazione plastica è bennoto anche in area laziale, essendo presente, adesempio, su materiali di Le Cerquete-Fianello(Manfredini et alii 2000, fig. 4,11) e di Torrino-Mezzocammino 2 (fossato; Anzidei, Carboni2000, fig. 4,3) oltre che su alcuni vasi a fiascodella facies di Rinaldone (Miari, Negroni Catac-chio 2004). Anche la decorazione realizzata consegmenti di cordone, presente a Poggio Pilatonella variante orizzontale liscia su una scodella,è piuttosto ricorrente nel repertorio decorativo

eneolitico; in contesti rinaldoniani, ad esempio,si trova frequentemente, per lo più con orienta-mento verticale, anche sul tipico vaso a fiasco(Miari, Negroni Catacchio 2004). Particolarmen-te interessante, infine, risulta l’ansa ad ampio na-stro con protuberanze irregolari sulla parte api-cale. Sebbene non sia stato possibile individuareun confronto puntuale per questo specifico ele-mento di presa, tuttavia pare corretto avvicinarloal repertorio formale delle anse con sopraeleva-zione, per lo più a bottone singolo o plurimo, no-te in vari complessi della fase finale dell’eneoli-tico (Cocchi Genick 2007, fig. 4) e attestate fuo-ri dalla Caldera di Latera nella necropoli di Sel-vicciola (Conti et alii 1996, fig. 1,4) e alla Bucadi Spaccasasso (Arcangeli 2007, tav. 10,46). Vi-sta nel suo complesso anche la ceramica di Pog-gio Pilato sembra riconducibile ad una frequen-tazione di tipo domestico.

Proporre un inquadramento culturale più ap-profondito è un’operazione ardua, e non solo perla qualità del campione a disposizione. Infatti nelterritorio esaminato, e in realtà in tutto il Laziosettentrionale, la documentazione ad oggi dispo-nibile sulle produzioni ceramiche tipiche dei con-testi di abitato (Manfredini, Conati Barbaro 2006;Petitti et alii c.s.), cui anche le evidenze sopra esa-minate sembrano riferirsi, è estremamente limita-ta mancando un adeguato numero di indagini stra-tigrafiche: tale situazione quindi non può che de-terminare ampi margini di incertezza soprattuttoper il riconoscimento di specifiche facies all’in-terno dei gruppi di materiali provenienti da inda-gini territoriali.

Ciononostante è comunque utile ricordare cheda precedenti ricognizioni a Monte Saliette pro-vengono materiali, del tutto assenti a Poggio Pila-to, riconducibili a specifiche tradizioni culturalipertinenti a fasi recenti dell’eneolitico: sono in-fatti attestati frammenti ceramici con decorazionecampaniforme ed epicampaniforme (Conti et alii1993, tav. 3,1 e 2). Se da un lato non costituiscecerto una novità la presenza di quest’ultima tipo-logia di ceramica, sia all’interno della Caldera diLatera sia nel territorio circostante (per esempio:Torre Crognola, Pennacchioni 1977; struttura ipo-geica di Fosso Conicchio, Fugazzola delpino,Pellegrini 1999; necropoli di Fontanile di Raim,Petitti et alii 2002), dall’altro è certo da sottoli-neare come un approfondimento sui materiali giànoti (cfr supra 6.1) suggerisca in questo caso, co-me già proposto per Poggio olivastro (Petitti etalii c.s.), che la fase recente dell’eneolitico sia ca-

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ratterizzata dalla relazione dinamica di tradizionidecorative diverse, come ben altrimenti documen-tato dai siti del suburbio romano.

Si può osservare, infine, che sia a Monte Sa-liette che a Poggio Pilato alcune specifiche tecni-che di manifattura della ceramica, come il tratta-mento delle superfici a spazzola o a squame, purpresenti nel territorio esterno alla caldera (Bulga-relli et alii 2000) sono rispettivamente del tuttoassenti oppure attestate in numero molto esiguo(un solo frammento a Monte Saliette, cfr supra6.1, fig. 7.1).

7.2.3 età del bronzoBronzo antico

Come altrove sottolineato (Petitti et alii 2012),la scansione interna dell’antica età del bronzo sulversante mediotirrenico della Penisola richiedeuna più approfondita riflessione su quelli che sonostati considerati finora i capisaldi acquisiti. In que-sta sede quindi, considerata anche la natura deimateriali, si ritiene più prudente una attribuzionegenerale al bronzo antico per la ceramica ricono-sciuta in otto delle località oggetto di ricognizione.

Per quanto riguarda il Vallone, il materiale rac-colto durante le ricerche della soprintendenza nel1993 (cfr supra 5, scheda n. 74) comprende, oltrea pareti con decorazione a cordone e un frammen-to di ansa a nastro, alcuni frammenti pertinenti perlo più a forme troncoconiche e a scodelle con orloingrossato internamente ed esternamente ad ecce-zione di un esemplare con orlo rientrante; del com-plesso fa parte anche una parete con bugna mas-siccia di forma circolare e strozzatura alla base,probabilmente appartenente ad un vaso di grandidimensioni. Come già ricordato (cfr supra 6.2), as-sieme ai frammenti ceramici è stata recuperata an-che una “tavoletta enigmatica” in terracotta. I con-fronti proposti per gli elementi diagnostici fannopropendere per una loro attribuzione al bronzo an-tico: le affinità tipologiche rimandano tanto al vi-cino insediamento di Mezzano quanto a contestisoprattutto toscani, come ad esempio Monte Fiore(Pitigliano, GR), Casa Saracino (Rosignano Marit-timo, LI) e Il Mancino (Sansepolcro, AR). Tale at-tribuzione cronologica si allinea a quella propostaper la “tavoletta enigmatica”, le cui caratteristicheformali si inquadrano appunto, come anche recen-temente ribadito, nell’antica età del bronzo; con-corda con tale orizzonte cronologico la datazioneproposta per un altro piccolo gruppo di materialiceramici proveniente dalla medesima località, giàda tempo edito (Conti et alii 1993, tav. 2,1-5).

I risultati delle ricognizioni sono inoltre avva-lorati dall’indagine di scavo del 2010 che sullemedesime coordinate della raccolta del 1993 haimpiantato il saggio I (cfr supra 6.2). I materialivenuti alla luce condividono, nel complesso, lestesse caratteristiche formali di quelli recuperatinelle ricognizioni e possono essere attribuiti, inbase all’analisi tipologica, al bronzo antico. Taleriferimento cronologico è confermato anche dalledatazioni radiometriche ottenute per l’US 3, livel-lo che ha restituito, in particolare, due scodelle,una ad orlo rientrante ed una ad orlo ispessito bi-lateralmente, e ollette globulari cordonate.

La novità più interessante tra i materiali da ri-cognizione è costituita dalla raccolta di Monteca-so (cfr supra 5, scheda n. 58). I frammenti cera-mici recuperati documentano la presenza soprat-tutto di olle di forma ovoide di piccole e medie di-mensioni, quasi sempre con decorazione a cordo-ne a sezione triangolare o arrotondata; i miglioriconfronti per queste forme sono rintracciabili nel-le coeve produzioni di Mezzano. Allo stesso con-testo rimanda anche la decorazione a piccola bu-gna conica, presente su un frammento di parete.La scodella a profilo leggermente arrotondato conorlo ingrossato internamente ed esternamente, co-me sopra ricordato, è presente in numerosi sitidell’Italia centrale tirrenica e appare una produ-zione alquanto caratteristica, anche se di lunga du-rata, all’interno dell’antica età del bronzo.

Per quanto riguarda Monte Saliette (cfr supra5, scheda n. 59), materiali del Bronzo antico sonoda tempo noti grazie soprattutto all’edizione di ri-trovamenti di superficie, in particolare un’ansa anastro con prolungamento asciforme e frammentidi scodelle, anche di grandi dimensioni, con labbroa tesa (Conti et alii 1993, tav. 3,3-4; Negroni Ca-tacchio 1985, fig. 1.3,3; Negroni Catacchio, a curadi, 1981, tav. 103 A,4). La frequentazione del sitoin questo periodo è confermata dai frammenti va-scolari qui presentati: è infatti attribuibile all’anti-ca età del bronzo un’ansa a nastro sopraelevatasulla parete di un grande contenitore, provenientedalla US 2 del saggio U dello scavo 1992 (cfr su-pra 6.1, fig. 7,6), alcuni materiali di superficie re-cuperati lo stesso anno durante le attività prelimi-nari della medesima campagna e, infine, quelli rac-colti in anni precedenti dai volontari del GruppoArcheologico Romano (cfr supra 5, scheda n. 59,rinvenimento B). In particolare è da segnalare lapresenza di pareti con anse a gomito e con prolun-gamento ad ascia, un frammento di vaso con ansacanaliculata, alcuni frammenti di olle di forma

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ovoide con decorazione a cordone, due scodellecon decorazione a bugna circolare appiattita, unframmento di parete con decorazione composita abugna circolare su cordone liscio; si segnala, infi-ne, un frammento di scodella con orlo distinto, leg-germente sviluppato e inclinato verso l’interno,che trova buoni confronti nei siti coevi dell’Italiacentrale (Cocchi Genick 1998, tipo 23B).

Ugualmente al bronzo antico sono da attribui-re il frammento di parete con bugna di grandi di-mensioni sottolineata da una leggera strozzatura eun’ansa a nastro con due costolature, rispettiva-mente dalle loc. Fosso di Macchia Cedua (cfr su-pra 5, scheda n. 22) e Pozzo olpitella (cfr supra5, scheda n. 28). La decorazione plastica a grandibugne e strozzatura è un elemento piuttosto diffu-so nel territorio, essend o presente in vari contesti(Vallone, Conti et alii 1993, tav. 2,3; Lago diMezzano, Franco 1982, tav. XL,M1–12; MonteFiore, Persiani 1986, tav. 3,11); meno diffusa ap-pare invece l’ansa con costolature che trova ele-menti di confronto solo con alcuni esemplari del-lo strato 8 del Riparo dell’Ambra, diversi tuttaviaper l’ampiezza e la conformazione del nastro(Cocchi Genick 1986, fig. 85,1). Allo ste sso pe-riodo, infine, sono stati riferiti in letteratura (Be-lardelli et alii 2007, sito 62, p. 288 e sito 53, pp.291-292) i pochi frammenti vascolari, qui nuova-mente pubblicati, e i manufatti litici ad essi asso-ciati, presentati per la prima volta in questa sede,provenienti da Campo della Villa (cfr supra 5,scheda n. 2) e Murciarelle/Palombaro II (cfr su-pra 5, scheda n. 7).

P.P., F.R.Bronzo medio

L’esame tipologico dei materiali in impasto del-le fasi più antiche del Bronzo medio mostra una so-stanziale omogeneità fra siti all’interno della calde-ra e siti esterni ad essa; in particolare, i confrontitrovano riscontro nel repertorio vascolare della fa-cies di Grotta Nuova, con numerose forme apertecaratterizzate da prese e bugne sull’orlo o subito aldi sotto dell’orlo. Tali forme sono presenti, con va-rie articolazioni tipologiche, a Mezzano, a MonteSaliette, a Poggio evangelista e a Berogni.

I due siti qui pubblicati, Monte Saliette (cfr su-pra 5, scheda n. 59) e Berogni (cfr supra 5, sche-da n. 44), che presentano un numero di frammen-ti ceramici tale da consentire un esame più ap-profondito della produzione vascolare, si colloca-no rispettivamente all’interno della Caldera di La-tera e all’esterno di essa. È interessante notare chei confronti fra i repertori formali dei due siti ap-

paiono quasi puntuali, a partire dalla forma più ti-pica della facies di Grotta Nuova, che è la scodel-la ad orlo più o meno rientrante, con ansa a nastroo presa sull’orlo o subito al di sotto, presente inentrambe le situazioni con numerosi tipi; tale for-ma, come si è detto, compare anche a Poggioevangelista (d’ercole, di Gennaro 1991-92, p.695, sito 49) e a Mezzano (Franco 1982, tav. XIV,M2-20, ridisegnato con diversa inclinazione). Co-mune ai siti interni ed esterni alla caldera è anchela scodella ad orlo fortemente rientrante e profiloangolare (Berogni, cfr supra 5, scheda n. 44, cata-logo n. 17; Monte Saliette, cfr supra 5, scheda n.59, rinvenimento e, catalogo n. 6; Mezzano, Fran-co 1982, tav. IX,M1-5) e la ciotola carenata conparete concava, carena sporgente e ansa a nastro(Berogni, cfr supra 5, scheda n. 44, catalogo n.25; Monte Saliette, cfr supra 5, scheda n. 59, rin-venimento B, catalogo n. 8; Mezzano, Franco1982, tav. VIII,M1-26).

Le altre attestazioni relative alle fasi inizialidel Bronzo medio sono rappresentate da pochiframmenti che si riferiscono, nella maggior partedei casi, a raccolte di superficie o a ricerche nonpubblicate in forma completa (cfr ad esempio LaBotte, Lamoncello, Mandria Buona, Murcia Bian-ca, Prato Pianacquale ai margini della Selva delLamone; Poggio evangelista e Poggio Montionesu alture della caldera; Poggi del Mulino-Tumulie Santa Lucia sempre nella caldera; per tutti i siticitati: Belardelli et alii 2007, pp. 287-334, pas-sim), che tuttavia segnalano un popolamento in-tensivo nella caldera e nel territorio circostante.

Immediatamente a ridosso della zona caldericae poco lontano da questa, la situazione di sostan-ziale omogeneità nel repertorio dei materiali in im-pasto dei due siti sembra continuare anche nella fa-se avanzata del Bronzo medio, documentata per lamaggior parte da numerose forme aperte e chiuse afronte di pochi frammenti con decorazione appen-ninica su vasi non ricostruibili. Sia a Monte Saliet-te che a Berogni compare, tra l’altro, una foggia ditazza a collo distinto o quasi distinto rientrante, cheè decorata a Berogni (cfr supra 5, scheda n. 44, ca-talogo n. 22) e priva di motivo decorativo a MonteSaliette (cfr supra 5, scheda n. 59, rinvenimento e,catalogo n. 8). Sono poi presenti numerosi tipi ditazze e ciotole carenate, di piccole, medie e grandidimensioni ed olle con cordone. Fra le altre evi-denze sempre riferibili alla fase avanzata del Bron-zo medio nella zona prossima alla caldera si segna-lano, infine, i due frammenti da Campo del Gotti-mo, uno dei quali decorato, anche se con superficie

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fortemente abrasa, tale da rendere molto difficile lalettura del motivo originario (cfr supra 5, scheda n.1), e i materiali da Roccoie (Belardelli et alii 2007,sito 49, p. 292).

Nel complesso, i dati sembrano indicare nelterritorio esaminato una significativa diminuzionedegli insediamenti, che si spostano verso zone dipianoro e alture medie o medio-alte. d’altra parte,alzando lo sguardo dall’area in studio, va ricorda-to che nel momento avanzato del Bronzo medio èin atto in maniera pressoché generalizzata il feno-meno dell’occupazione delle alture e delle areenaturalmente difese, a discapito di ambiti territo-riali aperti ancorché più adatti, almeno apparente-mente, all’insediamento e allo sfruttamento dellerisorse, in conseguenza di un mutamento socialeimportante, che vede le caratteristiche morfologi-che più adatte alla difendibilità degli abitati comeil criterio principale in base al quale le aree di in-sediamento vengono scelte (di Gennaro 1986,2006; damiani, Trucco 2010; Pacciarelli 2001).Berogni, in un ambito territoriale diverso dallacaldera, su un pianoro in posizione elevata, pre-senta verosimilmente in questo momento cronolo-gico caratteristiche più favorevoli all’occupazio-ne; Monte Saliette, in posizione sopraelevata sullato S del recinto calderico, rappresenta probabil-mente a sua volta una situazione insediativa mi-gliore rispetto alla piana.

La posizione geomorfologica di Berogni, sitoin collina sotto un’altura più importante dalla qua-le viene ad essere parzialmente difeso, e di MonteSaliette, in posizione sopraelevata rispetto allapianura, e la loro durata, limitata almeno apparen-temente, nell’ambito dell’età del bronzo, al Bron-zo antico e medio (Monte Saliette) e al Bronzomedio-recente (Berogni), collocano i due siti nel-l’ambito di un settore territoriale le cui caratteri-stiche sono state recentemente identificate; talesettore, il più settentrionale dell’area mediotirreni-ca, definito in base ai corsi d’acqua Fiora e Mar-ta, presenta al suo interno un fenomeno di dimi-nuzione continua delle sedi insediative tra Bronzoantico, fasi iniziale e media del Bronzo medio eBronzo recente (damiani, Trucco 2010, p. 340). Atitolo esemplificativo, la rioccupazione del sito diBerogni ha luogo infatti solo in età storica, cometestimoniano i frammenti di ceramica romana rac-colti insieme all’impasto.

C.B.Bronzo recente

Il quadro di riferimento della fase resta so-stanzialmente quello noto: solo il sito di Berogni

(cfr supra 5, scheda n. 44) potrebbe documenta-re un orizzonte iniziale del Bronzo recente. Trac-ce di una coeva frequentazione erano già state in-dividuate in poche altre località; fra queste, inparticolare, devono essere ricordate, nella Calde-ra di Latera, La Botte e Mezzano, rispettivamen-te presso il limite occidentale ai margini dellaSelva del Lamone e nel distretto settentrionale,e, al di fuori della caldera, Ponte S. Pietro Valle(Ischia di Castro, VT). diversamente da Berogni,i siti richiamati occupano l’intero arco del perio-do (damiani 2010, pp. 43-44; Pellegrini 1993b).

La funzione di abitato all’aperto ipotizzabileper Berogni si può estendere a La Botte e a Pon-te S. Pietro Valle, anche se diversa risulta lascelta del luogo: un pendio ripido per il primosito, un’area pianeggiante per il secondo e dipendio lieve a mezza costa sul Fiume Fiora peril terzo (Cerasuolo, Pulcinelli 2008; NegroniCatacchio, a cura di, 1981, pp. 387-393). diffi-cile risulta invece qualsiasi tipo di confronto fraBerogni e l’evidenza del Lago di Mezzano. Perquest’ultimo sito infatti la continuità di vita del-l’insediamento nel bronzo recente è affidata, al-lo stato attuale delle ricerche, in particolare alcomplesso dei bronzi: da M3 provengono duespade e una fibula ad arco di violino, da M2 unalancia, una paletta e un’ascia; infine dall’areacompresa fra M1 e M2 un’ulteriore ascia (Pel-legrini 1993b; Rossi 2008b). Rispetto ad un nu-mero così elevato di prodotti metallurgici, ap-pare alquanto singolare la mancanza di vasella-me coevo fra i materiali finora editi (Franco1982). Come meglio evidenziato nel capitolosuccessivo (cfr infra 8), infatti, i dati paleoam-bientali indicano una ripresa importante dellapressione umana nella caldera ed è probabileche la presenza di bronzi debba essere interpre-tata come prova di un abitato di nuovo fiorentesulla sponda del lago. e’ quindi possibile che lamancanza di ceramica non corrisponda ad undato storico ma dipenda dallo stato delle cono-scenze; a tal riguardo non si può escludere chelo studio, ancora allo stadio iniziale, sui risulta-ti delle ricerche condotte dalla soprintendenzanel 1983-1984 possa chiarire questo problema,anche in assenza di elementi immediatamentericonoscibili quali, ad esempio, le caratteristi-che anse, una delle quali individuata tra i mate-riali inediti da M1.

Bronzo finale

Tra i ritrovamenti di superficie sono due le evi-denze attribuite al Bronzo finale che presentano

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elementi di novità: Poggio Pilato (cfr supra 5,scheda n. 71) e Poggi del Mulino-Casale Moscini(cfr supra 5, scheda n. 67).

Per quanto riguarda Poggio Pilato, la frequen-tazione dell’area in questo periodo, in precedenzasolo ipotizzata (Cardosa 1998), trova una primaconferma in due frammenti di parete le cui deco-razioni rientrano nel repertorio che in generale ca-ratterizza l’orizzonte cronologico.

Più significativa è l’evidenza dei Poggi delMulino-Casale Moscini, costituita da quattro lin-gotti di piccole dimensioni, tre di rame e uno dipiombo, e da uno spillone integro di bronzo recu-perati insieme. Lo spillone, diffuso nelle sue va-rianti in quasi tutta la penisola, è noto in contestiassegnati al Bronzo finale; purtroppo una datazio-ne più raffinata non è possibile, trattandosi di unoggetto piuttosto generico e di lunga durata all’in-terno del periodo considerato. In precedenza, nel-la medesima località sono stati raccolti un altroframmento di lingotto di forma piano-convessa dirame, una fusaiola biconica di piombo, un fram-mento di valva di fusione insieme a frammenti ce-ramici diagnostici del Bronzo finale, cui è stato at-tribuito l’intero complesso (Conti et alii 1993, p.48 e tav. 1,15-17; Pellegrini 1993b). In base a que-ste associazioni è quindi ragionevole ipotizzare lastessa datazione anche per i quattro lingotti pub-blicati in questo volume.

Nel loro insieme, pertanto, i vecchi e i nuoviritrovamenti sembrano indicare una frequentazio-ne dell’area fortemente legata alla produzione deimetalli: si tratta di un’attività artigianale specia-lizzata documentata per la prima volta in questodistretto della caldera, con un evidente sposta-mento topografico rispetto all’insediamento diMezzano, da cui proviene tutta la produzione pre-cedente ma che in questa fase risulta oramai esau-rito. L’evidenza dei Poggi del Mulino-Casale Mo-scini sembra presentare un significato che superaquello strettamente locale se la si colloca in unquadro di riferimento più ampio. Infatti nel terri-torio circostante, un vasto areale in cui, come no-to, decisamente meglio indagati e conosciuti sonoi siti con funzione essenzialmente abitativa o, inun numero minore di casi, funeraria, non sonomolti i ritrovamenti di oggetti di metallo. oltre adalcuni elementi di corredo nelle tombe di Crosto-letto di Lamone e Castelfranco Lamoncello (Be-lardelli et alii 2007, siti n. 103 e 104, pp. 295-296), si possono infatti ricordare soltanto le dueasce tipo Casalecchio, attribuibili all’XI sec., dal-la loc. Pianizza (Ischia di Castro, VT) (Negroni

Catacchio, a cura di, 1981, pp. 386-387, tav. 103,e; di Gennaro, Barbaro 2008) e il gruppo di uten-sili vari, oggetti di uso personale e di ornamento,dall’abitato di Sorgenti della Nova (Miari 1995).

P.P., F.R.

7.2.4 età del ferro Le testimonianze riferibili all’età del ferro ap-

paiono scarse e di difficile ulteriore precisazionedal punto di vista cronologico; è da sottolineare ilfatto che nessuno dei siti esplorati (Farnese 33,Santa Maria delle Colonne, La Civita, Colle Mor-taro, La Ferratella e Pian dell’Alberone: cfr supra5, schede nn. 5, 18, 17, 16, 57, 64) ha restituitomateriale ceramico con decorazione tipica dellaprima età del ferro, con l’eccezione forse di Cam-po delle Pecore (cfr supra 5, scheda n. 53), in cuiè segnalato un frammento decorato, che tuttavianon è stato raccolto.

dal punto di vista dei materiali, è interessantenotare che la presenza di vasellame di medie egrandi dimensioni (olle, dolii, vasi a collo, grandiscodelle) e l’assenza di forme in impasto fine ècomune alla maggior parte dei siti (Farnese 33, LaFerratella, Colle Mortaro, La Civita); ciò può es-sere interpretato come un elemento a favore dellarecenziorità dei siti stessi, che almeno in due casisono da riferire senz’altro ad un momento avanza-to o finale della prima età del ferro, ma che in di-versi casi proseguono nell’orientalizzante (SantaMaria delle Colonne, Colle Mortaro, La Civita,Farnese 33; a questo proposito cfr La Montagna,Tamburini 2000). La discreta quantità di olle se-gnalate nei siti di La Ferratella e di Campo dellePecore, in entrambi i casi accompagnate da grumimedio-grandi di argilla concotta talvolta con trac-ce di fuoco, è da porre in relazione verosimilmen-te con punti di manifattura del vasellame, forse inrelazione a piccoli insediamenti rurali facenti par-te del territorio di centri più grandi (Vulci verso lacosta, Bisenzio e Bolsena nell’entroterra). Anche imateriali di Farnese 33 ricordano i rinvenimenti dialcuni dei siti del territorio di Vulci, ad esempioquelli di Mandra Grande, riferibili a “… grandivasi e resti di fornelli” (Belardelli et alii 2007, pp.303-304) e, più in generale, trovano confronto coni depositi di olle delle installazioni funzionali co-stiere della prima età del ferro, Torre Valdaliga eMattonara in particolare. d’altra parte, nell’areain studio e più in generale in etruria meridionale,pochi sono i depositi archeologici noti riferibili adun momento avanzato della prima età del ferrocon cui poter mettere in relazione evidenze sparse

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e meno chiare come quelle che il territorio qui instudio presenta. Un ambito territoriale più estesoha tuttavia restituito, nei dintorni di Sorgenti dellaNova (Belardelli et alii 2007, pp. 288-289) e nel-le zone di Vulci e Bolsena, informazioni relativead evidenze isolate e a contesti funerari riferibilialle fasi iniziale e avanzata della prima età del fer-ro (Colle della Capriola a Bolsena; Camposcala eCasale Camposcala, Campomorto, Sugherella,Tamariceto, Serpentaro, Ponton dei Muracci, Pe-scia Romana, Marrucatello, Cantina, Pian di Mag-gio, Poggio Maremma, Poggio Mengarelli e Casaldi Lanza in area vulcente, Iaia, Mandolesi 1993,pp. 21 ss.), che i dati qui presentati contribuisco-no in piccola parte a rendere più completi; e dueripostigli: quello della Selvicciola (Rossi 2008a) equello dal territorio di Valentano (Pellegrini1993a), cui si aggiunge il deposito votivo in acquadella Banditella di Canino (Belardelli et alii 2007,pp. 272-273).

I dati dalle ricognizioni confermano sostan-zialmente l’interruzione dell’insediamento in unmomento iniziale della prima età del ferro (Pero-ni, di Gennaro 1986; Pacciarelli 2001) e la ripresadell’occupazione territoriale, un secolo più tardi,ma non su pianori o alture, bensì in zone di pia-nura o di leggero pendio collinare, con piccoli in-sediamenti di tipo rurale che non si possono defi-nire villaggi e che sono probabilmente espressio-ne di singole unità familiari (Iaia, Mandolesi1993, p. 43).

C.B.

7.3 Le CoLLezIoNI. I MATeRIALI PRoToSTo-RICI CoNSeRVATI NeLL’ANTIQUARIUM deLLABASILICA dI MARIA SS. deL SUFFRAGIo dIGRoTTe dI CASTRo (VT)

Nel sottosuolo della basilica di Maria SS. delSuffragio di Grotte di Castro (Cerica et alii 1994;Marabottini 2007) è collocato un ricco Antiqua-rium, la cui realizzazione si deve a don AngeloMaria Patrizi, rettore del santuario, una figura sto-rica della comunità grottana, mosso fin da giova-ne da un’accesa passione tanto per il suo paesequanto per la conservazione e la valorizzazionedella cultura materiale di ogni passato. Una pas-sione, quest’ultima, manifestatasi a partire dallametà degli anni Sessanta del secolo scorso attra-verso la raccolta e l’ordinamento di testimonian-ze, le più disparate, relative a un arco cronologicolunghissimo, compreso tra le più remote fasi prei-storiche e l’età contemporanea, ma concentrate in

due grandi periodi, illustrati nelle due sezioniprincipali in cui, nella sostanza, si articola l’espo-sizione: quella archeologica, documentata da re-perti databili tra il Paleolitico medio e la fine delmondo antico, e quella religiosa, ricchissima perla quantità e, soprattutto, per la qualità degli og-getti d’arte sacra che raccoglie (cfr, in particolare,Marabottini 2007, pp. 71-75), frutto dell’intensofervore devozionale che si diffuse nella comunitàgrottana soprattutto a partire dal XVII sec., dopol’arrivo a Grotte di Castro (era il 1616) della sta-tua della Madonna dei Miracoli, per cui venne av-viata la costruzione del santuario di Maria SS. delSuffragio, consacrato nell’ottobre del 1698 dalcardinale Marco Antonio Barbarigo.

Una straordinaria raccolta di antichità e d’artepresupponeva uno spazio espositivo altrettantostraordinario. esso fu individuato alcuni decennifa nel sottosuolo stesso della basilica mariana, siatra i resti murari e le camere funerarie relative al-la precedente e ben più antica pieve di San Gio-vanni Battista sia all’interno delle camere funera-rie ricavate sotto il pavimento del successivo san-tuario barocco; nel corso del biennio 1975-76queste vennero, con spirito pio e caritatevole, “bo-nificate” dai resti mortali che ospitavano, furonocollegate tra loro da agevoli passaggi, con scale escalette per il raccordo dei vari livelli, e dotate siadi adeguata illuminazione sia di armadi vetrati ebacheche (fig. 4), diventando così gli ambientiprincipali di un percorso di visita tra i più sugge-stivi che mente umana possa immaginare.

La raccolta archeologica è davvero cospicua.Si è formata nel corso di vari decenni attraversodonazioni di privati che, sapendo della passione edelle intenzioni del rettore del santuario e a pre-scindere dalla normativa vigente, mano a mano gliconsegnavano quanto trovavano sui loro terrenidurante i lavori agricoli, privandosi anche (ma as-

Fig. 4-Grotte di Castro (VT). Antiquarium della basilica santuario diMaria SS. del Suffragio: vetrina della stanza 23 con reperti etruschidi varie epoche (da Cerica et alii 1994).

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sai più raramente) di qualche antico reperto inbronzo, in ferro oppure in ceramica che, non sen-za rischi, conservavano da tempo nelle loro case.don Angelo Maria Patrizi accoglieva e custodivaquanto giungeva nelle sue mani, agendo in pro-spettiva a favore della collettività e non per soddi-sfare un qualche piacere personale, tanto che,quando la collezione archeologica fu davvero co-spicua, decise di esporla pubblicamente per interonell’ormai costituito Antiquarium, collocando siagli oggetti integri sia i frammenti nelle vetrine del-le stanze nn. 15 e 16 del livello superiore (repertipreistorici, protostorici, etruschi) (fig. 5) e dellestanze nn. 18-23 del livello inferiore (reperti etru-schi, romani, medievali) (fig. 6).

Nell’ambito della cosiddetta “operazioneemergenza”, avviata nel 1993 dal Ministero per iBeni Culturali e finalizzata alla ricognizione, allaschedatura e alla notifica delle collezioni archeolo-giche in possesso di privati, chi scrive fu incarica-to dalla Soprintendenza Archeologica per l’etruriaMeridionale di procedere alla catalogazione digita-le di 150 reperti tra quelli (assai più del doppio)conservati nell’Antiquarium della basilica grotta-na. Il criterio fu determinato dalla priorità cronolo-gica dei reperti, per cui fu possibile completare laschedatura solo dei nuclei relativi alla preistoria (4schede) e alla protostoria (56 schede), mentre tra imateriali rimanenti ne vennero schedati 85 di pro-duzione etrusca, oltre a 5 lucerne romane.

Purtroppo nessun reperto conservava i dati diprovenienza: un’occasione persa, direi, pensandoal grande contributo scientifico che la raccoltaavrebbe potuto fornire alla conoscenza dell’anticopopolamento della zona. Alludo, in particolare, al-le preziose informazioni che si sarebbero potuterecuperare sull’origine dell’insediamento etruscodi Civita, che avremmo dovuto retrodatare di unpaio di secoli, se soltanto avessimo potuto asse-gnare al territorio grottano (dove a tutt’oggi non ri-sulta che siano mai stati rinvenuti) almeno qualcu-no dei numerosi frammenti d’impasto villanovianoconservati nella raccolta del santuario26. Una rac-colta in cui, d’altro canto, sono confluiti certamen-te anche reperti di provenienza locale, come quel-li appartenenti sia alla classe dei vasi subgeometri-ci del tardo orientalizzante a decorazione biancadel “Gruppo Gàbrici”27 sia alla cospicua serie del-le olle cilindro-ovoidi con cordoni plastici digitatidatabili in età arcaica28: reperti che, seppure an-ch’essi privi dei dati di provenienza, sono comun-que riferibili con ottime probabilità alle necropolidi Civita di Grotte di Castro, dal momento che ap-

Fig. 5-Grotte di Castro (VT). Antiquarium della basilica santuario diMaria SS. del Suffragio: livello superiore (rielab. da Cerica et alii

1994).

Fig. 6-Grotte di Castro (VT). Antiquarium della basilica santuario diMaria SS. del Suffragio: livello inferiore (rielab. da Cerica et alii 1994).

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partengono tipologicamente a due produzioni ce-ramiche locali tra le più caratteristiche.

Per quanto concerne la fase protostorica, compa-tibilmente con il precario stato di conservazione e dipulitura di molti frammenti, non sembra che nellaraccolta del santuario siano presenti materiali del-l’età del bronzo, a parte un significativo, per quantoisolato, frammento protovillanoviano, costituito dauna parete d’impasto piuttosto depurato pertinente auna forma chiusa, su cui restano due larghe solcatu-re (forse disposte obliquamente) e un grande moti-vo “a sole” con rilievo centrale, collocato vicino aun secondo motivo “a sole” di piccole dimensioni(fig. 7). Si tratta di elementi decorativi caratteristi-ci della fase 3C del Bronzo finale, attestati soprat-tutto su vasi biconici provenienti dal territorio vul-cente, con particolare riferimento alla zona compre-sa tra il Fiora e l’Albegna29, e bene attestati anchenell’insediamento di Sorgenti della Nova (Raposso,Passoni 1998, p. 106, fig. 3,C-F), dalla cui area,considerata la vicinanza a Grotte di Castro, il fram-mento in questione potrebbe essere giunto.

Ben più considerevole, come già accennato, èla presenza di frammenti ceramici villanoviani,oltre 50, documentati nella quasi totalità dei casida modeste porzioni vascolari, spesso ancora rico-perte di incrostazioni terrose, tali da suggerire l’i-potesi che si tratti di materiali provenienti da rac-colte di superficie più o meno casuali, effettuateandando per campi (fig. 8). dal punto di vista cro-nologico la stragrande maggioranza dei reperti sicolloca nella prima fase villanoviana; quanto restadelle sintassi decorative, ottenute a pettine e a im-pressione (N ramificate, falsi meandri, motivi me-topali, file di triangoli campiti, stampiglie circola-ri), non costituisce una base sufficiente su cui fon-dare ipotesi certe di provenienza, ma consente co-munque qualche considerazione. Innanzitutto sipuò notare che l’estrema frammentazione dei re-perti e il tipo di sedimenti e concrezioni che anco-ra interessano le superfici, appaiono tutti elemen-ti compatibili con il tipo di giacitura archeologicarilevabile negli ampi spazi pianeggianti che cir-condano la vicina altura di Bisenzio, dove si di-stendono le vaste necropoli villanoviane. Una pro-spettiva, questa, che appare sostenibile anche sul-la base dei seppur scarsi elementi superstiti del re-pertorio decorativo, i quali (considerati tanto sin-golarmente quanto all’interno delle più o menocomplesse sintassi in cui vengono utilizzati) tro-vano confronti nei contesti funerari visentini siadell’iniziale sia dell’avanzato Villanoviano I (cfrdelpino 1977, passim). Un richiamo all’ambito

vulcente sembra, infine, avvalorato anche dastringenti analogie morfologiche con materiali,questa volta, provenienti dalle necropoli dellastessa Vulci, dove, ad esempio, sia un vaso bico-nico30 (fig. 8,2) sia una scodella ad orlo rientrante31

(fig. 8,6) pervenuti nella raccolta del santuario

Fig. 7-Grotte di Castro (VT). Antiquarium della basilica santuario diMaria SS. del Suffragio. Stanza 15: frammento di parete d’impasto delBronzo finale (foto P. Tamburini).

Fig. 8-Grotte di Castro (VT). Antiquarium della basilica santuario diMaria SS. del Suffragio, stanze 15 e 16. Frammenti ceramici della pri-ma età del ferro: 1-4) vasi biconici; 5-8) scodelle ad orlo rientrante (fo-to P. Tamburini).

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grottano trovano stretti confronti per sintassi edelementi decorativi.

Tra le ceramiche villanoviane esposte nellastanza n. 15 si distingue per la sua peculiarità unvaso biconico miniaturistico (alt. cons. 10 cm) de-corato sul ventre da uno zig-zag a triplice linea afalsa cordicella e da un motivo a spina di pesce in-ciso alla base del collo (fig. 9). Come si evince dadue ampie lacune poste pressappoco a metà altez-za e provocate dal distacco di altri due elementi, sitratta dell’unico esemplare superstite di un vaset-to multiplo triplice, pertinente a una classe docu-mentata fin dal Villanoviano iniziale anche nellavicina Bisenzio32 ma particolarmente attestata nel-lo stesso periodo a Tarquinia, dove troviamo iconfronti più puntuali33, di recente consideratistrettamente connessi al rituale funerario delleclassi dominanti nell’ambito della società tarqui-niese della prima età del ferro34. A parte una mo-destissima fusaiola, l’unico reperto di ambito pro-tostorico giunto integro nella raccolta del santua-rio è costituito da un fornello (alt. 17 cm) di tipodelpino 7 (delpino 1969, p. 320, fig. 2,7), non

molto frequente ma caratteristico della prima etàdel ferro (fig. 10). Per quanto concerne l’area la-custre volsiniese, lo troviamo già attestato nel sitodel Gran Carro (Tamburini 1995, pp. 225-227),sebbene testimoniato da pochissimi esemplari, delresto in linea con la diffusione del tipo.

da questo esame sintetico e assolutamente pre-liminare dei reperti protostorici conservati nellaraccolta della basilica santuario di Grotte di Ca-stro emerge senz’altro la necessità (e l’auspicio)che questi possano presto essere oggetto di unostudio analitico, complessivo e approfondito, cheli renda noti e fruibili anche all’ambito degli spe-cialisti, completando in questo modo l’opera ini-ziata tanti anni fa da don Angelo Maria Patrizi, te-sa al recupero della memoria storica attraverso unintervento di tutela tanto originale quanto uniconel suo genere, ma comunque saldamente ancora-to alla valorizzazione della cultura materiale, valea dire alla conservazione, alla conoscenza e alladivulgazione di ogni testimonianza del passato.

P.T.

Fig. 10-Grotte di Castro (VT). Antiquarium della basilica santuario diMaria SS. del Suffragio. Stanza 15: fornello di tipo delpino 7 (foto P.Tamburini).

Fig. 9-Grotte di Castro (VT). Antiquarium della basilica santuario diMaria SS. del Suffragio. Stanza 15: vasetto miniaturistico a ventre bi-conico (foto P. Tamburini).

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1 L’analisi presentata in questa sede deriva in primo luogo dalla ri-cerca svolta per una tesi di specializzazione discussa presso la IScuola Nazionale di Specializzazione di Archeologia dell’Universitàdegli Studi di Roma “La Sapienza”, nell’anno accademico 1996/97;tale lavoro, successivamente ripreso dagli autori ed allargato ad in-dagini archeologiche in siti stratificati, è divenuto oggetto di ap-profondimento tematico.2 Comunicazione personale di A. Bietti.3 La riduzione in termini dimensionali del materiale siliceo per effet-to del trasporto fluviale è stata riconosciuta per la prima volta nelleindustrie su ciottolo dei noti complessi pontiniani del Lazio costieromeridionale, delineando il carattere distintivo della produzione liticadell’area e consentendo l’avvio di un nuovo settore di indagine nelcampo della ricerca territoriale. Nel caso specifico, è stata dimostra-ta l’azione meccanica del trasporto fluviale sulla componente solidadei sedimenti, evidenziata nella riduzione dimensionale dei ciottoliin maniera proporzionale rispetto alla distanza dalla fonte primaria dierosione. Per le industrie pontiniane, i ciottoli silicei utilizzati talquali nel débitage dimostrano come l’intensa attività di ruscellamen-to dei materiali erosi dalle formazioni carbonatiche dei Monti Lepi-ni, nel loro trasporto sulla lunga distanza, abbia determinato una for-te riduzione dimensionale dei ciottoli, trasformati in ghiaie e utiliz-zate direttamente dai gruppi umani preistorici nell’economia localedel débitage.4 escluso lo sporadico da Bellidonne e i pochi manufatti da Palombi-ni dove è presente, invece, 1 frammento ceramico di epoca storica.5 I riferimenti così formulati corrispondono all’ordine dei singoliutensili all’interno delle tabelle che contengono il catalogo completodei manufatti dai Comuni di onano e Montalto di Castro (tabb. 2-7 e14). Le tabelle comprendono anche i reperti non presenti nelle sche-de del cap. 5. 6 Il n. 37 di tab. 3 è un bulino su nucleo a distacchi bipolari esquillé.7 Cfr n. 3 di Berogni (tab. 3): il residuo mostra il negativo di un di-stacco, ma non si riesce a risalire alla morfologia originaria/preva-lente; cfr anche n. 1 di Podere del Salce con un residuo di nucleo po-liedrico (tab. 7).8 Su una microlamella di Berogni con tallone lineare (cfr tab. 3, n.62), e su una lama ritoccata con tallone diedro di La Fratta (cfr tab.4, n. 13).9 Banditella: 1 scheggia (tab. 2, n. 1); Berogni: 6 manufatti di cui 4tra il débitage (cfr tab. 3, nn. 9, 28, 32 e 50), 1 microlamella e 1 stru-mento (cfr tab. 3, nn. 32 e 38); La Fratta: 6 pezzi di cui 3 tra il débi-tage (cfr tab. 4, nn. 17, 29 e 52) e 3 tra gli strumenti (cfr tab. 4, nn.11, 20 e 61).10 Ben distinguibili da quelle da dislocazione o da contatto, frequentinegli insiemi provenienti da raccolte di superficie.11 Significativa è anche la grande dimensione di uno dei pezzi (n. 1),ipotetico poiché se ne è conservato solo un frammento. 12 Tale manufatto, tecnicamente, non è un dorso, ma è associabile aquesto gruppo di strumenti con un breve salto concettuale.13 diedro d’angolo e su faccia piana su spessa lamella a cresta (8mm.), il n. 28 di Banditella (nella scheda definito pseudobulino soloperché frammentario nel punto di origine dei colpi di bulino); diedrod’angolo e su faccia piana dorsale (ripreso dopo una frattura) il n. 20di La Fratta. Questi 2 strumenti inoltre rappresentano il solo caso diuna stessa combinazione, con la variante della faccia dorsale, di tipiconfrontabili.14 Nel caso del n. 25 di Banditella (intaccatura su margine trasversa-le ritoccato) è compresente a tracce d’uso alternanti (margine destro). 15 Il margine opposto (destro) è festonato (cfr n. 21 di La Fratta).16 Sul margine destro c’è un ritocco diretto misto: soprelevato, pocoprofondo nella metà distale, minuto marginale in quella prossimale.La diversità del ritocco può essere dovuta all’esercizio di due forzediverse nello scorrere della lama sul materiale trattato. La prima par-

te (distale) più incisiva, la seconda più tagliente.17 da un minimo di 0,63 cm a La Fratta a un massimo di 0,9 cm a Po-dere del Salce. Il pezzo di Piana di Berogne non è utilizzabile, poi-ché frammentario anche nella dimensione dello spessore.18 Questo studio è stato possibile solo grazie alla disponibilità diGiorgio F. Pocobelli, che ha raccolto i dati qui discussi nel corso diricognizioni eseguite nel 1991 per la sua tesi di laurea presso l’Uni-versità di Roma “La Sapienza”: a lui il più sentito ringraziamento.19 Il toponimo è presente nel Repertorio (Belardelli et alii 2007, p.303) come area con resti di sepolture dell’orientalizzante (dal primoFerro 2).20 Nucleo subdiscoidale integro, con tre piani di percussione prepara-ti, di dimensioni piuttosto grandi (lungh. 0,65 cm; largh. 0,52 cm,spess. 0,32 cm), non esaurito. Sulla faccia di distacco si riconosce ilnegativo di almeno 9 schegge. Calcare marnoso. 21 L’attribuzione di questi due punti di raccolta al raggruppamento inesame è dubbia, non sono presenti infatti sulla carta di distribuzionedi Giorgio F. Pocobelli, riportata in fig. 3.22 È possibile anche che sia lo stesso a cui gli autori fanno riferimen-to (Asor Rosa et alii 1995, p. 179, nota*) come appartenente al Pa-leolitico medio.23 Le altre lamelle sono frammentarie e non consentono osservazioniin tal senso.24 da uno dei quali, MC vicino 196 Sughereto, provengono due re-perti (tab. 14).25 Non è chiara la quantità dei manufatti di ossidiana rinvenuti.26 Sulla base della documentazione archeologica disponibile e scien-tificamente affidabile, l’origine dell’abitato appare per il momentosaldamente ancorata all’orientalizzante antico (Tamburini 2007b, p.16).27 Si tratta dei vasi che, nell’ormai lontano 1973, Giovanni Colonnariunì nel cosiddetto “Gruppo Bolsena” sulla base dei primi esempla-ri trovati a Barano (presso Bolsena) da ettore Gàbrici agli inizi delXX sec. e che, recentemente, sono stati assegnati con maggiore det-taglio da Lucilla Medori al nuovo “Gruppo Gàbrici”, individuato nelcorso dello studio complessivo della classe “white-on-red” della me-dia etruria interna (Medori 2010, pp. 159-162).28 diffusissime in tutti i contesti funerari tardo-orientalizzanti e ar-caici delle necropoli relative a Civita di Grotte di Castro (da ultimoTamburini 2007b, p. 97, fig. 23).29 Negroni Catacchio 1998, p. 95, fig. 4,1-6. Motivi diffusi anche inambito tarquiniese (domanico 1998, p. 76, fig. A,1-2).30 Cfr scavi Bendinelli (1919-1923) presso il Ponte della Badia. os-suario biconico monoansato (Falconi Amorelli 1983, p. 67, n. 30, fig.21): sul collo, dal basso, fila di stampiglie a rosetta, stretta fasciacampita con motivi angolari, alta fascia con successione di meandria scaletta.31 Cfr come sopra. Scodella monoansata ad orlo rientrante (FalconiAmorelli 1983, p. 55, n. 18, fig. 14): sull’orlo una fascia delimitatacon pettine a due punte, contenente gruppi distanziati di trattini obli-qui a falsa cordicella; sulla spalla serie di falsi meandri alternativa-mente campiti da punti impressi e da trattini a falsa cordicella.32 Vedi, ad esempio, i due esemplari doppi, sia a ventre tronco-coni-co sia biconico, contenuti nel corredo della Tomba 6 della necropolidella Polledrara, assegnata da Filippo delpino alla fase IA (delpino1977, tav. Vd).33 Ad esempio hencken 1968, p. 413, fig. 414 (esemplare triplice conansa antropomorfa); altri esemplari dalle necropoli delle Arcatelle(Iaia 1999, p. 27, nota 38) e di Villa Bruschi Falgari (Iaia 2002, p.738, fig. 3,3).34 Iaia 2002, pp. 732-733 (ringrazio l’amico e collega enrico Pelle-grini, che in qualità di funzionario di zona della SBAeM, sta portan-do nuova luce sull’archeologia volsiniese dopo decenni di oscurità,per avermi segnalato lo studio di Cristiano Iaia).

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Tab. 1-elenco dei ritrovamenti. PM: Paleolitico medio, PS: Paleolitico superiore, PP: post Paleolitico, N: Neolitico, e: eneolitico, N/e: Neo-eneolitico, BA: Bronzo antico, BM: Bronzo medio, BR: Bronzo recente, BF: Bronzo finale, BT: Bronzo tardo, B: età del bronzo, F: prima etàdel ferro, PP: età pre-protostorica.

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Tab. 3-onano (VT), Berogni.

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Tab. 4-onano (VT), La Fratta.

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Tab. 5-onano (VT), Palombini.

Tab. 2-onano (VT), Banditella.

Tab. 6-onano (VT), Piana di Berogne.

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Tab. 7-onano (VT), Podere del Salce.

Tab. 8-onano (VT), località varie. Composizione degli insieme litici: tipi e raggruppamenti.

Tab. 9-onano (VT), località varie. Composizione degli insieme litici: nuclei.

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Tab. 10-onano (VT), località varie. Composizione degli insieme litici: talloni.

Tab. 11-onano (VT), località varie. Composizione degli insieme litici: materia prima.

Tab. 12-onano (VT), località varie. Composizione degli insieme litici: strumenti.

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Tab. 13-onano (VT), località varie. Composizione degli insieme litici: cortice.

Tab. 14-Montalto di Castro (VT), località varie.

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8. LA CALdeRA dI LATeRA: ILPAeSAGGIo TRA UoMo e AM-BIeNTe NeLLA PReISToRIA.

In base al complesso dei dati prodotti dalleanalisi geoambientale e archeologica si possonoavanzare alcune ipotesi per una ricostruzione del-la presenza umana nel paesaggio della Caldera diLatera durante la preistoria.

Per quanto riguarda gli aspetti paleoambienta-li i dati raccolti dalle analisi aerofotogeologiche enel corso della ricerca sul campo permettono didefinire tre fasi limniche, che in periodi diversihanno caratterizzato l’interno della Caldera di La-tera, individuando sostanzialmente due bacini la-custri in qualche misura interconnessi: uno loca-lizzato nel settore settentrionale della caldera el’altro in quello meridionale (cfr tav. 1 fuori testo).

Nel bacino settentrionale una prima fase lacu-stre si sarebbe dovuta svolgere nella zona a Nedell’attuale Lago di Mezzano, con una quota di ri-va oscillante attorno ai 480 m s.l.m.. La soglia diquesto lago doveva trovarsi a N del Lago di Mez-zano, tra Monte Calveglio e Coste dei Preti. Talesituazione presuppone una chiusura delle valli og-gi esistenti tra Monte Spinaio e Poggio Montionee tra quest’ultimo e Monte Calveglio di Latera,chiusura che è stata incisa in seguito con l’impo-stazione del reticolo idrografico del Fosso olpetae dei suoi affluenti. Tutto ciò rimane valido anchenel caso di raggiungimento di quote superiori,

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490-500 m s.l.m., alle quali sarebbe stata in fun-zione un’altra soglia a Se del Lago di Mezzano,tra Monte Spinaio e Montecaso, dove oggi è pre-sente una valle con pendenza verso Ne e verso Secon “passo” a quota 490 m s.l.m., che però non ri-sulta incisa successivamente.

Una seconda fase si svolse sempre nella stessazona con rive attorno a quota 450 m s.l.m. e la pre-senza di due laghi: uno come l’attuale Lago diMezzano o leggermente espanso nell’odierna pia-nura del Fosso delle Volpi, l’altro spostato verso ein corrispondenza dell’attuale Pozzo dell’olpitel-la. In questa fase, pertanto, la valle oggi presentetra Monte Calveglio di Latera e Poggio Montionedoveva essere ancora chiusa e, allo stesso tempo,dovevano essere in funzione due soglie: una, chemetteva in comunicazione i due specchi lacustri, ao del Pozzo dell’olpitella, l’altra immediatamentea S di Monte Calveglio di Latera con deflusso e eSe. La prima è stata successivamente obliterata dasedimenti lacustri, alluvionali e colluviali, la se-conda è stata incisa dal corso del Fosso olpeta.

All’interno del bacino del Lago di Mezzano(altitudine attuale 452 m s.l.m), a partire da 24000anni BP, la quota 450 m s.l.m. è stata raggiunta,con oscillazioni negative o positive, in diversi mo-menti (Giraudi 2004), con aumento della frequen-za di oscillazione riconoscibile negli ultimi 4000anni. Questa situazione, quindi, si è ripetuta piùvolte nel corso del tempo, anche in momenti stori-ci abbastanza recenti: ad esempio nel XVI-XVIIsecolo le acque del Lago di Mezzano a quota circa453 m s.l.m. dovevano riempire l’attuale pianuradel Fosso delle Volpi con soglia di sfioro localiz-zata all’incirca nei pressi del Ponte di Congunano.

Infine, una terza fase vide il disseccamento del“Lago dell’olpitella” e l’esistenza del Lago diMezzano a quote inferiori all’attuale.

Nel bacino meridionale si registra la presenzadi un lago più basso in corrispondenza della pia-nura a N di Valentano. L’analisi aerofotogeologi-ca ha individuato un gradino morfologico a quota410 m s.l.m., che può essere attribuito allo stazio-namento di una linea di riva; il rilevamento sulcampo ha esteso in direzione N e fino a quota 420m s.l.m. la copertura dei depositi lacustri. La so-glia di questo lago doveva trovarsi a S di Poggiodel Cerro; successivamente con l’abbassarsi dellivello delle acque, il lago si è evoluto dapprima inspecchi d’acqua collegati e paludi circostanti,quindi in varie zone palustri, per finire con l’at-tuale assetto di pianura bonificata. Attualmente laposizione esatta della soglia non è più riconosci-

bile a causa dell’erosione che ha abbassato la quo-ta del piano di campagna. Anche a N e ad o diquesta soglia è attestata con sufficiente sicurezzala presenza di ambienti lacustri o umidi, i cui se-dimenti sono presenti in misura molto ridotta. danotare i depositi travertinosi che in qualche caso sisovrappongono ai limi lacustri. La distribuzionedelle aree di travertino sembra delineare un insie-me coerente, caratterizzato da un allineamento al-l’interno di un’ampia fascia incurvata occupataanche da detriti di falda, colluvi e alluvioni recen-ti. Molto probabilmente tale allineamento rispec-chia le caratteristiche tettoniche locali (cfr supra3.2, fig. 14): una zona intensamente fratturata, cheha favorito la risalita di acque termali. Sebbene inquest’area l’erosione successiva abbia asportatoparte della copertura lacustre, non è comunqueipotizzabile la presenza di una zona umida unita-ria ma piuttosto di un ambiente particolarmentefrazionato, prodotto da piccoli specchi d’acqua,più o meno interconnessi.

Per quanto concerne la rielaborazione dei datiarcheologici, non si può prescindere dalla valuta-zione di quanto sia completa la documentazione di-sponibile, comprendendo in essa i dati raccolti nel-le ricerche condotte dalla soprintendenza e dalla re-gione, le notizie già disponibili in bibliografia e lesegnalazioni da parte dei gruppi di volontariato.

da questo punto di vista è indispensabile av-viare l’analisi iniziando dai parametri della visibi-lità e dell’utilizzazione del suolo, temi affrontatinel corso delle ricerche condotte sia dalla soprin-tendenza che dalla regione (cfr supra 4).

La maggior parte del territorio della calderanon era osservabile al momento della ricognizio-ne effettuata dalla soprintendenza. Le aree non vi-sibili nel 1993-1994, ma neppure in seguito a cau-sa della copertura arborea, corrispondevano in ge-nere alla fascia alta del recinto calderico orientalee dell’area centrale della caldera, occupata dallecolline che la dividono in due: da Poggio Pilato ade verso Monte Rosso, da Monte Spinaio fino araggiungere, verso S, Poggio S. Luce e, ad o,Poggio Montione e Poggio Paterno (cfr tav. 1 fuo-ri testo); in complesso queste aree corrispondonoal 20% circa della superficie della caldera1.

Nei settori rimanenti, costituiti in genere dallezone pianeggianti e da parte delle pendici delle al-ture, le aree non visibili nel 1993-1994 per la pre-senza di manto erboso o di colture in atto costitui-vano circa il 73% dell’intera superficie; le aree benvisibili, corrispondenti a campi arati da poco, e

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quelle poco visibili, per lo stato della vegetazione operché al bordo di campi lavorati, erano rispettiva-mente il 4,5% ed il 2% del territorio e risultavanodistribuite in modo irregolare e diffuso. Infine sololo 0,2% della superficie della caldera era irrimedia-bilmente alterato dall’azione dell’uomo e dunquenon più utile alla ricerca. Tale situazione è statasuccessivamente confermata, nelle linee generali,dalle ricognizioni condotte dalla Regione Lazio.

Alla luce di queste considerazioni, il numerotutto sommato modesto di presenze registrate nonsembra un carattere storico ma piuttosto un effet-to della ridotta visibilità; solo ripetute ricognizio-ni, rese difficili dalla scarsità delle risorse, avreb-bero consentito di cogliere una pluralità di condi-zioni di visibilità tale da permettere la lettura piùcompleta del terreno.

Passando all’evidenza archeologica, si deveosservare che la fitta occupazione in epoche suc-cessive, non esaminata in questa sede, si è sovrap-posta all’insediamento preistorico rendendone piùdifficile l’individuazione.

Come già anticipato, il campione archeologicoconsidera tutti i dati noti, e quindi non solo i siti edi materiali presentati nei capitoli 5 e 6 ma anche leinformazioni reperibili in letteratura; queste ulti-me, comprensive di pochi siti esterni ma ad imme-diato ridosso del bordo della caldera, sono state in-serite nella tabella n. 1. Ciononostante il comples-so delle informazioni disponibili non è del tuttosoddisfacente essendo formato dalle modestestrutture individuate al Vallone e a Monte Saliettementre l’esplorazione di Monte Starnina e Poggioevangelista non ha individuato un deposito ar-cheologico indisturbato. Il resto della documenta-zione, compresa quella relativa all’insediamentodel Lago di Mezzano, è costituita da raccolte di su-perficie. Un ulteriore limite è rappresentato dalmancato recupero della maggior parte dei materia-li individuati nel corso delle ricognizioni condottedalla regione (cfr supra 4): l’impossibilità di pro-cedere ad un esame più approfondito di quello pos-sibile sul campo impedisce di valutare a pieno lavalidità dei dati così acquisiti. Un problema diver-so pongono invece i siti individuati dal Gruppo Ar-cheologico Verentum (G.A.V.), che non sempre so-no stati localizzati con la precisione richiesta dauna ricerca di questo tipo.

Tra i materiali raccolti spicca per quantità l’in-dustria litica: l’assenza di ceramica associata aicomplessi litici più recenti è di difficile spiegazio-ne perchè si riscontra anche tra le raccolte effet-tuate durante le ricerche della soprintendenza e

non solo tra quelle del G.A.V., che in qualche ca-so potrebbero aver avuto carattere selettivo.

Nei materiali archeologici qui considerati sonocompresi, oltre ai complessi, anche reperti isolati,quali cuspidi di freccia e accettine litiche, il cui si-gnificato ovviamente non può andare oltre quellodi una generica frequentazione della zona.

dalla qualità della documentazione archeologi-ca discende anche il livello di raffinatezza dellacronologia, che è molto disuguale: per la maggiorparte delle evidenze è stato necessario procedereper fasi cronologiche estese e solo in pochi casi èpossibile disporre di datazioni più precise. Per nonpregiudicare il valore del quadro cronologico gene-rale, inserendo troppe incognite, in questa sintesinon sono stati considerati i ritrovamenti datati inmodo generico, cioè quelli assegnati al post Paleo-litico, al Neo-eneolitico, al Bronzo tardo, all’etàdel bronzo indifferenziata e ad età pre-protostorica.

Passando ora all’analisi dei dati, in primo luo-go si deve osservare che l’inserimento delle evi-denze archeologiche2 nella tavola che illustra i ri-sultati dello studio geologico (tav. 1 fuori testo)dimostra che, in una prospettiva diacronica, le dueclassi di informazioni sono tra loro coerenti. In-fatti le aree che, secondo la ricostruzione ambien-tale proposta, dovevano essere occupate da spec-chi d’acqua e dalla loro successiva evoluzione inzone umide sono in genere prive di presenze ar-cheologiche che, invece, si distribuiscono lungo ilconfine dei settori occupati dai depositi lacustri.

Il bacino meridionale, presentando un numerosufficiente di attestazioni archeologiche, permette diprocedere ad una verifica attendibile. Soltanto almargine S si rileva un modesto numero di presenzenell’area occupata da depositi lacustri; a tale propo-sito esiste, tuttavia, la fondata possibilità che alme-no una parte di questi ritrovamenti non sia in giaci-tura originale. esemplare in questo senso è la situa-zione di Scoponeto (cfr supra 5, scheda n. 73): ilmateriale archeologico è stato rinvenuto sulla pia-nura ma in posizione certamente secondaria, perchéle indagini svolte in questa zona nel 2010 per la rea-lizzazione di un esteso impianto fotovoltaico hannoevidenziato la totale assenza di resti archeologici in-disturbati. L’intera area infatti è stata indagata inmodo sistematico aprendo molte trincee, ravvicina-te l’una all’altra e profonde in alcuni punti anche ol-tre i 5 m: si è potuto così rilevare solo la presenza diun potente deposito lacustre, privo di qualunquetraccia di stratigrafia antropica.

Per le altre segnalazioni non è stato possibile

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effettuare un’analoga verifica ma al momentosembra prudente considerare queste informazionicome molto incerte. La pianura a No di Valenta-no ha infatti subito un’intensa opera di regimazio-ne artificiale delle acque e di bonifica per drenag-gio e colmatura (cfr supra 3.1). Un ulteriore ele-mento di disturbo è costituito dai periodici scaviper mantenere efficiente il reticolo idrograficoformato dall’olpeta e dai vari canali che attraver-sano la pianura: nel corso delle ricognizioni dellasoprintendenza, in diversi punti sono stati ricono-sciuti i prodotti di scavo, tra i quali anche cerami-ca rinascimentale, provenienti dagli interventi dipulizia dei corsi d’acqua, poi dispersi sui campicircostanti (cfr supra 4.1.2).

Particolarmente rilevante in questa prospettiva èla giacitura dei materiali attribuiti al Paleolitico su-periore e ad età pre-protostorica concentrati in loc.Campo Bello (cfr supra 5, scheda n. 52): in questocaso i resti, soprattutto quelli ceramici, erano piùabbondanti in una zona tagliata da un canale.

In loc. La Ferratella, dove è stato individuatoun complesso consistente assegnato ipoteticamen-te alla prima età del ferro, l’area di concentrazio-ne dei materiali fittili si trovava in prossimità del-l’incrocio di due canali (cfr supra 5, scheda n. 57).

Anche la loc. Campo delle Pecore (cfr supra 5,scheda n. 53), che ha restituito industria litica eframmenti ceramici assegnati ipoteticamente allaprima età del ferro, si trova a ridotta distanza dalFosso olpeta.

I materiali, attribuiti al Paleolitico superiore ead un generico post Paleolitico, rinvenuti dalG.A.V. a Colle Ceraseto (cfr supra 5, scheda n.55) giacevano sui sedimenti lacustri; più incerta èla collocazione originaria dell’industria attribuitaal Paleolitico superiore proveniente da destra ol-peta, Il Piano (cfr supra 5, scheda n. 56): in que-sto caso non è stato rilevato con precisione il pun-to di raccolta e dunque il complesso avrebbe po-tuto trovarsi anche sul limite tra i sedimenti lacu-stri ed un altro litotipo della caldera.

Completano la rassegna dei materiali raccoltiin aree occupate da sedimenti lacustri le cuspidi diselce dalle loc. Bottara (cfr supra 5, scheda n. 51)e Le Coste (cfr supra 5, scheda n. 24) e la lama as-segnata al Neolitico proveniente da Ceppe(AA.VV. 1989, tav. VIII). In ogni caso si tratta diritrovamenti isolati e dunque poco significativi.

Lungo il confine con i sedimenti lacustri si al-ternano zone di detriti di falda, colluvi ed alluvio-ni recenti e zone di basamento vulcanico scoperto(cfr tav. 1 fuori testo).

Su queste aree situate lungo il margine S del ba-cino meridionale sono allineati diversi ritrovamen-ti non lontano dal confine con i sedimenti lacustri.

da S a N si incontra per prima la loc. Poggi delMulino-Ferrai (cfr supra 5, scheda n. 68); i materia-li raccolti in occasioni diverse sono concordi nel-l’indicare due diverse fasi: una prima frequentazio-ne in età pleistocenica, documentata da un solo stru-mento assegnato al Paleolitico medio e da un grup-po più consistente attribuito alle fasi avanzate delPaleolitico superiore, ed una seconda fase oloceni-ca, cui è assegnata la maggior parte dei materiali,datati al Neolitico, in particolare, e all’eneolitico.

L’industria litica raccolta in loc. Pian dell’Arci-prete (cfr supra 5, scheda n. 65) si configura comeun complesso olocenico di età neo-eneolitica, cui siassocia un elemento attribuito al Paleolitico medio.Nell’area indicata dallo stesso toponimo, durante lericognizioni effettuate dalla regione, è stata indivi-duata una concentrazione di frammenti ceramiciipoteticamente assegnati all’età del bronzo.

L’industria litica proveniente da Pian dei Ca-valieri, Puzzole (cfr supra 5, scheda n. 63) è la piùcospicua del gruppo di ritrovamenti di questa zo-na ma presenta le stesse caratteristiche: un’esiguapresenza di strumenti assegnabili al Paleoliticomedio, un gruppo più consistente attribuito allefasi finali del Paleolitico superiore, ed infine lapresenza di materiali neolitici e neo-eneolitici.

Più lontano dei precedenti dal limite dei sedi-menti lacustri, è il ritrovamento in loc. Pian del-l’Alberone (cfr supra 5, scheda n. 64) dove è statoindividuato un complesso assegnato, sul campo, invia ipotetica al Bronzo tardo/prima età del ferro.

Per completare la rassegna delle evidenze noteal margine S del bacino meridionale, si ricordache da Saunata, sul lato opposto rispetto ai ritro-vamenti appena esaminati, provengono strumentiassegnati al Paleolitico superiore (AA.VV. 1989,tav. V) ed un numero esiguo di reperti neo-eneoli-tici (cfr supra 5, Saunata-ovest, scheda n. 72).

Nella parte e di questo bacino, sempre in una zo-na di detriti di falda, colluvi ed alluvioni recenti, manon lontano dal limite dei depositi lacustri, si collo-ca uno dei tre ritrovamenti in loc. Le Coste (cfr su-pra 5, scheda n. 23): a quota 438 m s.l.m. è stata in-dividuata una concentrazione di frammenti cerami-ci genericamente attribuiti all’età del bronzo.

Proprio sul limite tra i sedimenti lacustri e lazona dei detriti di falda, colluvi ed alluvioni recen-ti si colloca un altro ritrovamento in loc. Le Coste(cfr supra 5, scheda n. 25). In quest’area è statoraccolto un piccolo complesso di industria litica,

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che documenta due diversi orizzonti pleistocenici,essendo i materiali assegnabili in parte al Paleoli-tico medio ed in parte al Paleolitico superiore.

Nell’area S del bacino meridionale, sul basa-mento vulcanico che costituisce il comprensoriodei Poggi del Mulino, lungo il confine con l’areaoccupata dai sedimenti lacustri si allineano diver-si ritrovamenti (cfr tav. 1 fuori testo).

da Quota 401 provengono materiali assegnatial Bronzo antico e finale (Conti et alii 1993, pp.45, 48); per quanto riguarda le altre località l’inte-grazione dei dati noti con quanto presentato inquesta sede definisce ripetute fasi di frequentazio-ne: a Casale Moscini sono stati raccolti materialidel Paleolitico medio e superiore, del Neolitico edel Bronzo finale (cfr supra 5, scheda n. 67;AA.VV. 1989, tavv. III, VIII; Conti et alii 1993,pp. 45, 48); altrettanto complessa la situazione deiTumuli che hanno restituito materiali del Paleoli-tico medio e superiore, del Neolitico, dell’eneoli-tico e del Bronzo medio e finale (cfr supra 5,scheda n. 70; AA.VV. 1989, tavv. IV, VI, IX; Con-ti et alii 1993, pp. 45, 47); da Poggi del Mulinoprovengono elementi assegnati al Paleolitico me-dio e superiore, al Neolitico, al Neo-eneolitico eall’età del bronzo (cfr supra 5, scheda n. 66); infi-ne Poggio Fiore (cfr supra 5, scheda n. 69; Contiet alii 1993, pp. 45, 47-48) ha restituito industrialitica del Paleolitico medio e del Neolitico e cera-mica del Bronzo antico e finale.

da ultimo si osserva che sulla linea di riva di 410m s.l.m. risulta collocato il solo sito del Vallone (cfrtav. 1 fuori testo); lo scavo ha restituito una struttu-ra assegnata, in base all’analisi radiometrica, ad unarco di tempo di circa 180 anni tra il 1880 e il 1700a.C., collocabile quindi in una fase avanzata delBronzo antico (cfr supra 6.2). dal Vallone provieneanche industria litica attribuita al Paleolitico medioed al Neolitico (AA.VV. 1989, tavv. VI, VIII, IX): iltoponimo indica una vasta area ai piedi della cintacalderica, purtroppo la collocazione disponibile peril ritrovamento è troppo generica per valutarne ilrapporto con la paleoriva riconosciuta.

Al termine della rassegna dei dati disponibiliper il bacino meridionale si possono trarre alcuneconclusioni sui ritrovamenti distribuiti lungo ilmargine delle aree coperte dai sedimenti lacustri:qui se ne considera soltanto l’orizzonte cronologi-co senza per il momento entrare nel merito del ti-po di frequentazione.

Si rileva una evidente discordanza tra la paleo-linea di riva di quota 410 m s.l.m. e la distribuzio-ne delle presenze. Nella parte S del bacino, tra le

quote 394 e 406 m s.l.m. si osserva l’allineamentoabbastanza continuo di ritrovamenti di industria li-tica che potrebbe concorrere ad un’attestazionedell’esistenza della paleosponda durante lo stadioisotopico 3, come testimoniano i manufatti asse-gnati al Paleolitico medio, e durante il Tardogla-ciale in cui si inquadrano le più numerose eviden-ze di industrie del Paleolitico superiore3. Natural-mente, nonostante la coerenza archeologica del-l’insieme litico, resta incerto il peso che hannoavuto le dinamiche di sedimentazione colluvio-al-luvionale nella formazione del deposito; sembracomunque possibile ricavare dal quadro tracciatoalcune indicazioni. Trattandosi della fase cronolo-gica più antica documentata lungo il margine tra idepositi lacustri e gli altri litotipi della zona, si puòipotizzare che in un periodo indicativamente pre-cedente 35000 anni BP questo confine di fatto po-tesse corrispondere al margine di un ambienteumido. Nella zona No del bacino il complesso deLe Coste (cfr supra 5, scheda n. 25) sembra con-fermare tale situazione: in quest’area infatti è stataraccolta industria litica assegnata al Paleoliticomedio e superiore ma la quota, anche volendo con-siderare quella inferiore del ritrovamento, 430-416m s.l.m., è comunque distante dalle quote rilevateall’estremità S, fatto che appare significativo datoche il complesso de Le Coste si trova nei pressi diquella che potrebbe essere una linea di riva. Te-nendo ferma la datazione più antica dei rinveni-menti intorno ai sedimenti lacustri e la considera-zione che la distribuzione riscontrata non sia ca-suale ma risponda ad un ostacolo fisico che l’hadeterminata, si deve ipotizzare che, all’epoca delprimo insediamento umano, la fase lacustre si fos-se già esaurita lasciando il posto a zone umide, sta-gni e paludi, tra loro non necessariamente connes-se, perdurate a lungo come dimostra tra l’altro lapresenza di un’ampia bonifica ancora riconoscibi-le tra il comprensorio dei Poggi del Mulino e Piandell’Arciprete (cfr tav. 1 fuori testo). Nella parte Sdel bacino la situazione documentata dai Poggi delMulino depone a favore della sostanziale stabilitàdi un ambiente umido oscillante tra specchi lacu-stri e aree palustri, visto che l’intera zona risultaoccupata con diversa intensità dal Neolitico alBronzo medio iniziale e poi nel Bronzo finale; im-mediatamente a N del comprensorio dei Poggi delMulino si riconosce una situazione analoga, anchese meno ampiamente attestata.

Il secondo caposaldo cronologico è costituitodalla datazione radiometrica della struttura delVallone, pertinente ad una fase avanzata del Bron-

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zo antico: come già rilevato, il sito si colloca neipressi della linea di riva di quota 410 m s.l.m. che,rappresentando un arretramento rispetto alla spon-da vicino alla quale pare collocarsi Le Coste (cfrsupra 5, scheda n. 25), potrebbe essere collegataal picco arido coincidente con il livello più bassoraggiunto dal Lago di Mezzano attorno a 3800 an-ni BP (cfr supra 3.1.3, fig. 5).

Nell’area a No dell’ipotetica soglia del bacinomeridionale (3, cfr tav. 1 fuori testo), i ritrova-menti archeologici si distribuiscono in genere al-l’esterno dell’allineamento dei depositi di traver-tino, con la sola eccezione di un rinvenimento iso-lato in loc. Campo del Carcano che si trova in unaposizione più centrale rispetto alle altre evidenze.

I ritrovamenti archeologici si distribuiscono suquote comprese tra 401 e 370 m s.l.m., con un so-lo caso a 346 m s.l.m., comunque mediamente piùbasse di quelle rilevate nella zona dei Poggi delMulino e nelle aree limitrofe.

Sulla zona dei detriti di falda, colluvi ed allu-vioni recenti si trovano le loc. Panton delle Mur-cie (cfr supra 5, scheda n. 8), che ha restituito in-dustria assegnata al Paleolitico superiore finale, eLe Prata, da cui proviene un piccolissimo com-plesso di industria litica assegnato al Paleoliticosuperiore (Casi 2012).

Al limite tra basamento vulcanico e coperturadi detriti di falda, colluvi ed alluvioni recenti sonogli ambienti ipogei individuati nelle loc. Pantondelle Murcie (cfr supra 5, scheda n. 9) e Poggiodel Cerro (cfr supra 5, scheda n. 12), tutti attri-buiti all’eneolitico; nella stessa posizione è il ri-trovamento di S. Maria di Sala (Casi 2012), asse-gnato ad una generica età del bronzo.

Sul basamento vulcanico insistono ritrovamen-ti datati al Paleolitico superiore, un piccolo com-plesso a Pian di Sala (cfr supra 5, scheda n. 11) ereperti isolati nelle loc. La Mattonara (Casi 2012)e Campo del Carcano (Casi 2012); a fasi successi-ve competono l’industria litica, assegnata ad ungenerico post Paleolitico, proveniente da Pian diSala (cfr supra 5, scheda n. 10) e l’ambiente ipo-geo di Poggio del Cerro (cfr supra 5, scheda n.13), attribuito all’eneolitico; a diverse fasi del-l’età del Bronzo sono assegnati i due siti de LaBotte (Cerasuolo, Pulcinelli 2008, pp. 317-320) edi Casone (di Gennaro 1986, p. 50).

Anche nella zona a No della soglia 3 si rilevauna distribuzione analoga a quella osservata per ilbacino meridionale, ovvero una stretta dipendenzatra aree non più umide ed occupazione antropica.

Nel bacino settentrionale della caldera, con l’e-

sclusione del complesso di Mezzano, le presenzearcheologiche individuate sono molto esigue siaper numero che per consistenza.

Lungo la quota 480 m s.l.m., corrispondente aduna possibile linea di riva, in una zona di detriti difalda, colluvi ed alluvioni recenti si allineano tre ri-trovamenti, molto modesti quanto a dimensioni,due sono attribuibili ad una generica età del bronzo(cfr supra 5, Monte Calveglio di Latera, scheda n.26; Valle della Noce, scheda n. 29), il terzo si puòdatare ad una fase finale del Bronzo antico (cfr su-pra 5, Fosso di Macchia Cedua, scheda n. 22).

Tra i due specchi lacustri che occupavano que-st’area quando le linee di riva erano attestate in-torno a quota 450 m s.l.m., in loc. Pozzo olpitella(cfr supra 5, scheda n. 28) è stato raccolto unframmento assegnabile al Bronzo antico.

Sui sedimenti lacustri della piana in cui scorre ilFosso delle Volpi è stata individuata un’area di ma-teriali, industria litica e frammenti ceramici, asse-gnati sul campo al Neolitico e ad una generica etàdel bronzo (cfr supra 5, olpeta, scheda n. 62).

dal Lago di Mezzano proviene una delle trac-ce più antiche note in questo settore della caldera:si tratta di un frammento pertinente all’aspettoculturale del Campaniforme e dunque collocabileda un punto di vista cronologico in una fase avan-zata dell’eneolitico: il frammento è stato raccoltonell’area indicata dalla sigla M1A nel corso dellericerche del 1973 insieme ai materiali attribuiti alBronzo antico (Franco 1982, p. 162, fig. 120). Illago ha inoltre restituito un ampio complesso ce-ramico datato alle fasi iniziali del Bronzo medio,tracce esigue del Bronzo medio appenninico edinfine un numeroso gruppo di metalli, che si di-stribuiscono tra Bronzo antico e Bronzo recente(Rossi 2008b).

Sulla base dei dati disponibili sembra di poterproporre alcune riflessioni. In primo luogo la pa-leolinea di riva a quota 480 m s.l.m. è al momen-to indatabile: i rinvenimenti effettuati lungo il suotracciato infatti non sembrano significativi a tal fi-ne, non essendo possibile ipotizzare un livello co-sì alto durante l’età del bronzo contemporanea-mente all’occupazione del Lago di Mezzano.

Relativamente a Mezzano, la quota di 450 ms.l.m. è attestata a circa 4700 anni BP ma una la-cuna immediatamente precedente, provocata nellasequenza dall’erosione, impedisce di stabilire setale quota sia stata stabile per un periodo oppuresia stata toccata all’interno di una più ampia oscil-lazione negativa correlabile ad un abbassamentodel livello di riva registrato in modo completo per

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il Lago del Fucino (cfr supra 3.1.3, fig. 5). dun-que, a circa 4700 anni BP il paesaggio del bacinosettentrionale era caratterizzato dalla contempora-nea presenza di entrambi gli specchi d’acqua diquota 450 m s.l.m.: un Lago di Mezzano, estesocome l’attuale o ampliato a comprendere la pianadel Fosso delle Volpi, ed il lago presso il Pozzodell’olpitella che, per la minore profondità delfondale, poteva forse configurarsi piuttosto comeun ampio stagno. Proprio in considerazione delfatto che attualmente al centro della zona occupa-ta in origine dal lago le quote si attestano intornoa 440 m s.l.m., in accordo con il quadro generaledelle modifiche ambientali della caldera, si puòipotizzare che questo stagno si sia esaurito conl’evento arido di 3800 anni BP circa, quando il li-vello del Lago di Mezzano sfiora la quota di 440m s.l.m., raggiungendo così il punto più basso do-cumentato negli ultimi 6000 anni.

In questa prospettiva i materiali archeologicinon appaiono significativi al fine di datare le lineedi riva: in particolare la scarna traccia da Pozzoolpitella dovrebbe collocarsi in una situazionemolto simile all’attuale mentre, stante il quadroappena proposto, sarebbe essenziale poter dispor-re di qualche informazione sull’orizzonte cronolo-gico in cui si verifica il passaggio dal lago di quo-ta 480 m s.l.m. ai due laghi di quota più bassa.

Infine valutare il significato del ritrovamento inloc. olpeta, che per l’orizzonte cronologico avreb-be potuto avere un certo interesse, appare decisa-mente arduo in assenza del consueto studio deimateriali e di un sondaggio di verifica sul loro sta-to di giacitura. d’altra parte la presenza nel vicinoLago di Mezzano di strutture “palafitticole” rendedifficile l’estensione automatica al bacino setten-trionale delle valutazioni effettuate per i ritrova-menti in giacitura analoga del bacino meridionale.

Per quanto riguarda le diverse modalità inse-diative riconoscibili nella caldera, i limiti dei dati adisposizione e la distribuzione irregolare dei ritro-vamenti, che lascia alcune zone prive o quasi deltutto prive di presenze, non permettono elabora-zioni statistiche complesse; tuttavia l’evidenza ar-cheologica acquista valore se inserita nel quadrodefinito dalle indagini paleoambientali. In questasezione si farà particolare riferimento ai dati pro-dotti dalle analisi delle quattro carote prelevate nel1995 dai fondali del Lago di Mezzano (cfr supra 1e 3.1.2): i risultati di tali analisi, che restituisconoun’immagine organica dei cambiamenti subiti dal-l’ambiente, sono stati estesi all’intera caldera. Ri-

mandando ai lavori originali per un’esposizione didettaglio (Ramrath et alii 1999a,b) qui ci si devesoffermare sui problemi cronologici o meglio sul-la coesistenza, imposta dallo stato di fatto, di me-todi diversi di datazione. La sequenza sedimenta-ria di Mezzano è stata datata grazie ad un sistemamisto, impostato in parte sul conteggio delle varveannuali ed in parte su datazioni radiometriche, ca-librate secondo Stuiver, Reimer (1993) per il trattosuperiore e secondo quanto proposto da Laj et alii1996 per il tratto inferiore, dove l’incertezza è cre-scente per la mancanza di varve e per l’insicurez-za della datazione. Tra una datazione radiometricacalibrata e l’altra si è proceduto ad interpolazionibasate sull’assunto che tra le date note la sedimen-tazione sia stata costante. Tale cronologia è stataconfermata dalla datazione indipendente di due deiquattro livelli di tephra compresi nella sequenza ecorrispondenti ad eruzioni vulcaniche note. A que-sta cronologia, che si sviluppa secondo anni calen-dario BP, si è dovuto affiancare la datazione ar-cheologica, meno precisa essendo costituita so-prattutto dalla successione delle facies, non sem-pre risultante da stratigrafie attendibili e solo inparte sostenuta da datazioni radiometriche. I risul-tati di tale operazione non sono, ovviamente, sce-vri da rischi di incongruenza.

da ultimo si osserva che l’elaborazione dei da-ti relativi all’arco di tempo compreso tra 34000 e4100 anni BP non arriva al livello di dettaglio rag-giunto per il periodo successivo a 4100 BP, fattoquesto che insieme ad una maggiore ampiezza delcorrispondente complesso archeologico ha con-sentito una migliore integrazione delle diverseclassi di dati a vantaggio di una più precisa rico-struzione dell’età del bronzo.

Poiché la sequenza sedimentaria di Mezzanoinizia intorno a 34000 anni BP non sono disponi-bili informazioni sull’ambiente in cui si collocanole industrie litiche più antiche.

Quanto al tardo Pleistocene, caratterizzato co-me noto da una generale instabilità climatica, lasequenza di Mezzano documenta a 14900 anni BPla conclusione di un episodio minore di clima piùfreddo, accompagnato da rada vegetazione e altilivelli del lago. L’inizio del Tardoglaciale è segna-to da un improvviso cambiamento climatico e am-bientale che a Mezzano è datato, coerentementecon altri siti europei, a 14580 anni BP: l’innalza-mento delle temperature permette lo sviluppo del-la vegetazione che stabilizza i suoli e riduce l’ero-sione. La fine del periodo registra un breve ritor-no a condizioni glaciali con un livello del lago

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molto più basso, riduzione del bosco e ripresa del-l’erosione: questa fase a Mezzano è datata 12650-11400 BP in accordo con altri laghi europei.

All’inizio dell’olocene tutti i dati documenta-no l’esistenza di un bosco fitto intorno al lago gra-zie al miglioramento delle condizioni climatiche,che tra 9000 e 5500 BP raggiungono il cosiddettooptimum4. In linea generale si deve osservare cheforeste ben sviluppate possono mascherare o na-scondere una presenza umana limitata o poco in-cisiva sull’ambiente, così come alti livelli lacustrie disponibilità di acqua possono distogliere dal-l’insediamento sulla riva dei laghi. Quanto a pos-sibili effetti dell’azione dell’uomo, si rileva chenella sequenza sedimentaria di Mezzano, e quindinella Caldera di Latera, sono stati riconosciutifuochi importanti, ma naturali, all’inizio dell’olo-cene fino a 10000 anni BP, in un periodo in cui ilclima era piuttosto instabile e l’impatto della pre-senza umana difficile da riconoscere.

L’evidenza archeologica pare accordarsi con ta-le ricostruzione perché l’analisi sistematica deicomplessi litici sembra indicare il carattere occa-sionale della frequentazione, particolarmente ac-centuato nel caso delle attestazioni pre-oloceniche.

I ritrovamenti (cfr tav. 1 fuori testo) occupanoin genere aree a quote basse ed in posizione aper-ta; a tale scelta ambientale devono essere ricon-dotti anche Le Coste (cfr supra 5, scheda n. 19) eMonte Saliette (Pennacchioni 1995), i cui mate-riali provengono da quote poco più alte della pa-leoriva inferiore; dubbia è la condizione del ritro-vamento isolato da S. Martino (AA.VV. 1989) lo-calità che dovrebbe essere considerata una vera epropria altura. Inoltre, come già osservato, nel ba-cino meridionale in genere i ritrovamenti si alli-neano lungo il confine con l’area occupata dai se-dimenti lacustri, più arretrati sono Monte Saliettee S. Martino. Tale distribuzione depone a favoredi un prevalente interesse per le aree umide.

Per quanto riguarda il Neolitico, esso è docu-mentato soprattutto da industria litica e questorende più difficile riconoscere scansioni interne:dove è stato possibile proporre una datazione piùprecisa si rileva l’attestazione delle fasi finali delperiodo in un arco di tempo che si può compren-dere tra gli ultimi secoli del V ed i primi secoli delIV millennio a.C..

Nel Mediterraneo centrale la tendenza all’ari-dificazione si manifesta successivamente a 8000-7500 anni BP e diventa più marcata intorno a5500-5000 anni BP: in Italia, oltre ad una proba-bile evoluzione generale verso l’aridità nella se-

conda metà dell’olocene, sono ben documentatebrevi crisi climatiche. Quanto all’azione dell’uo-mo, alcuni autori5 ipotizzano che nel Mediterra-neo si possa individuare un impatto umano sullavegetazione già a partire dal Neolitico, tra la finedel VII e l’inizio del V millennio a.C.; si deveperò osservare che la presenza umana e le causenaturali possono produrre modifiche simili sullosviluppo della vegetazione e dunque sono difficilida distinguere l’una dalle altre. Per quanto riguar-da in particolare Mezzano e la Caldera di Latera siosserva che nella sequenza sedimentaria tra 10000e 3800 anni BP sono stati individuati solo incendisporadici e isolati: anche in relazione a ciò la con-sistente riduzione nella densità della foresta rico-nosciuta a circa 6000 anni BP è interpretata comeeffetto di un evento arido; le variazioni di vegeta-zione precedenti 4100 anni BP sono in generaleconsiderate come prodotte da cause naturali, no-nostante non si possa escludere un ruolo incisivosul territorio da parte delle comunità umane. daquesto punto di vista le evidenze archeologichedepongono invece a favore di una frequentazionediffusa e anche differenziata, sebbene sia impossi-bile definirne l’entità.

da N verso S testimonianze neolitiche sonostate individuate sui rilievi più importanti dellacaldera, anche se purtroppo non sempre i materia-li sono accompagnati dalla precisa registrazionedell’area di rinvenimento (cfr tav. 1 fuori testo). Aproposito di Poggio evangelista, per esempio, M.Pennacchioni osserva che i materiali preistorici so-no stati raccolti in vari punti del rilievo ma non for-nisce notizie sulla esatta collocazione della liticaassegnata genericamente al Neolitico (Pennac-chioni 1995, p. 219). Più precise, invece, le notiziesui rinvenimenti de La Montagnola (cfr supra 5,scheda n. 15), individuati alle falde settentrionalidella Montagna con l’eccezione di una piccola la-ma di ossidiana raccolta sul sentiero che sale ver-so la cima, all’incirca a metà strada dalla vetta(Tamburini 2000, p. 433).

Un nucleo di ossidiana proviene da Montecaso(AA.VV. 1989, tav. VIII) e un’accetta di pietra le-vigata dalla loc. Corone (AA.VV. 1989, tav. IX)che, pur non essendo una vera e propria altura, sicolloca su una quota attorno ai 450 m s.l.m.; en-trambi i ritrovamenti suggeriscono la possibilitàche anche l’area centrale della caldera sia stata oc-cupata in modo analogo ai margini orientali.

Infine Monte Saliette ha restituito un’accetta li-tica di piccole dimensioni e un frammento cerami-co assegnabile alle fasi finali del Neolitico (cfr su-

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pra 5, scheda n. 59, e 7). La situazione di MonteSaliette richiede un’analisi più dettagliata, validanon solo per il Neolitico ma anche per tutte le fasisuccessive: la campagna di scavi del 1992 ha evi-denziato come il versante o del monte, oggetto del-le ripetute raccolte, conservi solo parti di depositoche, essendo inconciliabili con la complessità dellasequenza tipo-cronologica ricostruita dai materialidi superficie, si configurano piuttosto come areemarginali di un abitato più vasto. Ciò pone il pro-blema dell’esplorazione della sommità dell’altura,piuttosto ampia e regolare ma purtroppo coperta dibosco: in altre parole sembra più che ragionevoleipotizzare che i materiali raccolti sul versante cosìripetutamente indagato siano scivolati dall’alto. edunque, per quanto riguarda il Neolitico, nonostan-te le incertezze che caratterizzano i ritrovamentisulle altre sommità, si può ipotizzare l’occupazionedi almeno un altura all’interno della caldera.

Nell’area So, dove mancano rilievi significati-vi, sono frequentate invece aree poste a quote bas-se e in posizione aperta, come indicano i nuclei dimateriali, quasi esclusivamente litici, provenientida Poggi del Mulino (cfr supra 5, scheda n. 66),Poggi del Mulino-Casale Moscini (cfr supra 5,scheda n. 67; AA.VV 1989, tav. VIII), Poggi delMulino-Poggio Fiore (cfr supra 5, scheda n. 69),Poggi del Mulino-Tumuli (cfr. supra 5, scheda n.70; AA.VV. 1989, tav. IX). In situazione analogaai precedenti, sulle stesse quote e sempre in posi-zione aperta ma più spostati verso N, si collocanoi materiali provenienti da Poggi del Mulino-Ferrai(cfr supra 5, scheda n. 68) e Pian dei Cavalieri,Puzzole (cfr supra 5, scheda n. 63).

Ritrovamenti litici attribuibili a quest’epoca so-no stati riconosciuti in loc. Vallone (AA.VV. 1989,tavv. VIII, IX). Come già detto, la collocazione di-sponibile per il ritrovamento è generica, cionono-stante anche in questo caso si può ipotizzare unaposizione aperta perché il toponimo è riferito adun’area che giace ai piedi della cinta calderica.

La modalità di occupazione ipotizzabile perMonte Saliette trova un confronto nel vicino sito diPoggio olivastro (Canino). In questo caso, comenoto (Bulgarelli et alii 1993a), l’insediamento haoccupato un rilievo in posizione dominante la pianacostiera; all’abitato maggiore faceva probabilmenteriferimento, almeno durante il Neolitico, il sito notocome “particella 107”, che si colloca nella fascia pe-demontana alla base del poggio ma ad una quota an-cora superiore alla pianura, bordata verso il mare dalaghi salmastri (Bulgarelli et alii 1993b).

Nella caldera la frequentazione delle alture,

ipotizzata, e quella delle posizioni basse e aperte,certa, pone per la prima volta il problema di uneventuale rapporto gerarchico ma soprattutto diuna diversificazione funzionale tra i diversi tipi dipresenze; in particolare le posizioni a quote basseconsentivano di accedere alle risorse di stagni epaludi come a Poggio olivastro la “particella107” permetteva di raggiungere più velocementele lagune costiere dove effettuare la raccolta dimolluschi marini riconosciuta nell’abitato sullasommità (Bulgarelli et alii 1993b).

La documentazione relativa all’eneoliticosembra indicare una contrazione della presenzaumana rispetto alla fase precedente; l’insieme de-gli elementi meglio inquadrabili da un punto di vi-sta cronologico pare attestare la frequentazione inuna fase media e, più ampiamente, nella fase re-cente del periodo.

Quanto alle condizioni ambientali, al cosiddet-to optimum climatico segue in generale un peggio-ramento della situazione. Nel Lago di Mezzano acirca 5400 anni BP si rileva un’improvvisa e dram-matica caduta della concentrazione di polline cheindica una considerevole variazione della densitàdella foresta. Tra 5000 e 4200 anni BP si collocauna fase di deterioramento climatico accompagna-to da un progressivo abbassamento del livello delLago di Mezzano, che dalla quota di 450 m s.l.m.a circa 4700 anni BP arriverà a poco più di 440 ms.l.m. a 3800 anni BP (cfr supra 3.1.3, fig. 5).

Nel periodo 4400-4100 anni BP la vegetazionepresenta un cambiamento forte e rapido: intorno a4400 anni BP si rileva una caduta nella concentra-zione del polline associata ad una leggera diminu-zione delle percentuali di quello delle piante arbo-ree: quest’ultima variazione però non sembra pro-dotta da significativi interventi umani di disbosca-mento ma piuttosto da variazioni climatiche.

Quanto alle evidenze archeologiche (cfr tav. 1fuori testo), nell’area So della caldera, nelle loc.Panton delle Murcie e Poggio del Cerro (cfr supra5, schede nn. 9, 12, 13), sono stati individuati tre di-versi nuclei di ambienti ipogei scavati in pendiipiuttosto ripidi. Queste testimonianze sono ricon-ducibili a necropoli di tombe a grotticella pertinen-ti all’eneolitico, apparentemente concentrate in ununico settore della caldera ma isolate visto che nel-le immediate vicinanze non sono stati riconosciutiindizi di abitato. La presenza di insediamenti è in-vece ipotizzata su due alture: nella parte collinosacentrale della caldera Poggio Pilato (cfr supra 5,scheda n. 71, e 7.2.2), che dopo questa fase saràrioccupato solo nel Bronzo finale, e nel bacino me-

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ridionale Monte Saliette (cfr supra 5, scheda n. 59,e 7.2.2) dove continua la frequentazione già atte-stata nella fase precedente; a proposito di questo se-condo sito sembra possibile confermare il paralle-lo, già proposto per il Neolitico, con Poggio oliva-stro, infatti una considerazione globale dei materia-li suggerisce che anche a Monte Saliette la fase re-cente dell’eneolitico sia stata caratterizzata dall’in-terazione tra diversi aspetti culturali (cfr supra7.2.2).

Rispetto al Neolitico l’interesse per le posizionibasse e aperte sembra attenuarsi: nel comprensoriodei Poggi del Mulino ritrovamenti assegnabili allafase provengono solo da Ferrai (cfr supra 5, sche-da n. 68) e da Tumuli (cfr supra 5, scheda n. 70).

da ultimo si affronta il problema rappresenta-to dalla presenza a Mezzano, tra i materiali rac-colti nel 1973, del frammento attribuibile al Cam-paniforme già ricordato sopra. Anche nel bacinomeridionale della caldera è presente un’analogatraccia, un frammento isolato da Castellano(AA.VV. 1989, tav. XI al centro; Conti et alii1993, p. 50) a conferma di un generale interesseper la zona. La valutazione del frammento diMezzano appare difficoltosa: si tratta di un ele-mento isolato rispetto al complesso attribuito alBronzo antico ed inoltre non è chiaro quale pro-cesso deposizionale lo abbia associato al materia-le successivo. A questo proposito non sembra se-condario sottolineare come il paesaggio del baci-no settentrionale della caldera, almeno nella primametà del III millennio a.C., fosse caratterizzatodalla presenza di due specchi d’acqua; già in pas-sato si è notato come siti attributi al Campanifor-me si collochino presso zone umide: in questosenso, limitando il confronto all’Italia centrale, èesemplare l’occupazione della zona di Sesto Fio-rentino (Pizziolo, Sarti 2008) ma si può citare an-che il caso della non lontana Torre Crognola, cheoccupa un terrazzo sul Fiume Fiora. Il dato daMezzano, che nella sua esiguità si inserisce in unfenomeno noto, pare deporre a favore di uno spe-cifico interesse per la fascia perilacustre del lagodurante l’eneolitico. Senza ovviamente entrarenel dettaglio della modalità di occupazione, sem-bra quindi possibile ipotizzare una prima frequen-tazione di Mezzano già nelle fasi finali dell’eneo-litico; non si può invece affrontare l’esame di uneventuale rapporto tra la frequentazione del lago el’evento arido associato a riduzione del bosco cheha luogo intorno a 4400 anni BP.

Come già anticipato, la documentazione relati-va all’età del bronzo appare nel suo complesso più

ricca e strutturata di quella delle fasi precedenti,anche perché può avvalersi dello studio di detta-glio del tratto superiore, lungo 14 m, della se-quenza sedimentaria del Lago di Mezzano: l’ana-lisi, a carattere multidisciplinare, ha consentito diricostruire con sufficiente sicurezza l’ambientenaturale e l’impatto che su esso ha avuto la pre-senza umana (Sadori et alii 2004).

Nella caldera l’età del bronzo inizia in un pae-saggio di fitto querceto misto, con faggio ed essen-ze sempreverdi, mentre le sponde del Lago di Mez-zano sono popolate da un gran numero di ontani.Un ambiente così rigoglioso tende a nascondere lapresenza umana ed infatti tra 4100 e 3800 anni BPsi può ipotizzare la pratica del pascolo solo graziealla presenza di Rumex, una pianta erbacea che in-dica il diradamento del bosco. Quindi, in base aidiagrammi pollinici non è possibile escludere lapresenza umana già all’inizio del bronzo antico;purtroppo lo stato del campione archeologico nonconsente di individuare fasi distinte all’interno delperiodo. A 3800 anni BP circa si manifesta un im-provviso e forte cambiamento climatico verso con-dizioni più aride: infatti da questo momento, neidiagrammi pollinici si riconosce una rapida defore-stazione a favore di piante erbacee, soprattutto legraminacee che presentano la crescita maggiore,ugualmente importante è la presenza di Rumex. Ta-le cambiamento si collega alla discesa del livellolacustre di Mezzano, già iniziata almeno a 4700 an-ni BP circa: a 3800 anni BP il livello di riva sfiorala quota 440 m s.l.m., una situazione questa che dàla misura dell’entità della crisi idrica nell’interacaldera; come già anticipato è possibile che in que-sta fase si sia disseccato il “Lago dell’olpitella”con conseguente modifica del paesaggio del bacinosettentrionale (cfr tav. 1 fuori testo). L’abbassamen-to del livello lacustre di 3800 anni BP ha provoca-to l’inversione del drenaggio delle acque di super-ficie del bacino idrografico (cfr supra 3.1.2); inol-tre tale abbassamento, associato alla deforestazio-ne, ha liberato zone da destinare a coltivazione epascolo. In una situazione di cambiamento climati-co, quando i boschi sono già diradati da agenti na-turali, la pressione umana può condizionare la co-pertura vegetale ed apparire con chiarezza nei dia-grammi pollinici: è dunque probabile che la defo-restazione naturale sia stata intensificata dall’uomomediante l’apertura di nuovi spazi alle coltivazionie al pascolo e grazie all’uso della fitomassa comefonte energetica e materia prima.

In questa prospettiva si collocano scelte insedia-tive diverse (cfr tav. 1 fuori testo) perchè agli abita-

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ti su altura e a quelli in posizione bassa e aperta siaggiungono i siti su specchi d’acqua, che sembranorappresentare una reazione al cambiamento am-bientale piuttosto che una diversa funzione.

Nel bacino meridionale è sempre occupatoMonte Saliette (cfr supra 5, scheda n. 59); anche iPoggi del Mulino, in particolare le due aree diPoggio Fiore e Quota 401 (Conti et alii 1993, pp.48-49), continuano ad essere frequentati, per altroin una situazione in cui il limite tra i sedimenti la-custri ed il basamento vulcanico non sembra subi-re modifiche.

Nella zona collinosa centrale il solo Monteca-so (cfr supra 5, scheda n. 58) ha restituito un com-plesso ceramico modesto ma piuttosto omogeneoe sufficientemente caratterizzato. Il bacino setten-trionale propone una documentazione particolar-mente carente: una sporadica presenza provienedalla loc. Fosso di Macchia Cedua (cfr supra 5,scheda n. 22) che, senza essere un’altura, si trovaalla quota di 480 m s.l.m.; anche il ritrovamento diPozzo olpitella (cfr supra 5, scheda n. 28), a quo-ta 458 m s.l.m., è una traccia troppo esigua perconsentire osservazioni utili.

Nel distretto settentrionale, su uno specchiod’acqua è l’abitato di Mezzano che, adottando tec-niche costruttive di tipo “palafitticolo”, rappresen-ta un’ulteriore e specifica scelta insediativa.

Per quanto riguarda le evidenze archeologiche,il complesso dei dati raccolto a Mezzano negli an-ni è costituito da classi diverse di informazioni nonsempre tra loro immediatamente integrabili: in vi-sta della pubblicazione completa delle ricerchecondotte dalla soprintendenza a partire dal 1983,in questa sede si privilegiano il gruppo dei repertibronzei rinvenuti a più riprese sui fondali del lagoe parte delle datazioni radiometriche, ovviamentericalibrate, effettuate su materiali prelevati nel cor-so della campagna 1973. da un punto di vista cro-nologico, gli elementi bronzei assegnabili alla fasesi concentrano nell’area denominata M1 (Rossi2008b); tra questi reperti il più antico si colloca trail II ed il III orizzonte dei ripostigli (Carancini, Pe-roni 1999). Il secondo punto di occupazione, M2,ha restituito uno spillone attribuito in via prelimi-nare alla fine del Bronzo antico (Rossi 2008b).

Qui interessa sottolineare come fin da questafase a Mezzano sia documentata un’attività diproduzione metallurgica, indicata in modo direttodal ritrovamento di una tuyère ed in modo indiret-to dalle caratteristiche della produzione stessa,che dimostra la capacità di procedere ad autono-me rielaborazioni formali: ciò implica natural-

mente uno sfruttamento intensivo del bosco comefonte di combustibile.

Nel bacino meridionale non è stato finora indi-viduato un insediamento altrettanto importante masolo una struttura isolata, quella del Vallone (cfr su-pra 5, scheda n. 74, e 6; Conti et alii 1993, p. 48),che si colloca proprio sulla riva di un ambienteumido. Come già osservato sopra, le datazioni ra-diometriche ottenute per questa evidenza archeolo-gica si accordano con la crisi climatica del 3800 BP,cui quindi sembra ragionevole collegare l’arretra-mento della riva sulla quale si imposta la piattafor-ma del Vallone. Per questo sito, come già visto, lamodestia delle dimensioni e la semplicità dellastruttura spingono ad ipotizzare, da un punto di vi-sta funzionale, il ruolo di dipendenza periferica daun abitato maggiore posto ad una quota più alta.

Poco dopo 3800 anni BP prende avvio la fase dimassimo impatto umano registrato per l’età delbronzo nella caldera; questa situazione si mantienefino a 3500 anni BP, quindi nel periodo corrispon-dente alla fase finale del Bronzo antico e a quellainiziale del Bronzo medio. Nel 3600 BP, a fronte diun notevole aumento della concentrazione di mi-crocarboni di legna, la foresta, che ha continuato adecrescere, tocca il minimo mentre al contrario lepiante coltivate, cereali e leguminose, accompa-gnate da erbe sinantropiche, cioè quelle infestanti eruderali connesse alle attività dell’uomo6, raggiun-gono i valori massimi dell’intera età del bronzo.L’uso intensivo del territorio è quindi indicato daun complesso di fattori, che insieme documentanouna forte pressione umana sull’ambiente.

Nel bacino meridionale persiste l’occupazionedi Monte Saliette (cfr supra 6.1). Quanto alle areeaperte o di lieve pendio poste a quote basse conti-nua la frequentazione dei Poggi del Mulino (Tu-muli, quota 394 m. s.l.m., Conti et alii 1993, p.47), una modesta evidenza proviene da Castellano(quota 410 m s.l.m.; Conti et alii 1993, pp. 48-50)e, forse, dal Vallone (cfr supra 5; scheda n. 74). Aquesti ritrovamenti si aggiunge un sito di nuovaoccupazione in loc. La Botte (Cerasuolo, Pulci-nelli 2008), posta ad o al confine con la Selva delLamone; il complesso archeologico, rispetto aglialtri molto consistente, depone a favore di un in-sediamento a carattere abitativo. Quanto alla col-locazione ambientale i materiali sono stati raccol-ti a quota 380 m s.l.m., su un ripiano che digradadolcemente verso il Fosso Faggeta, al di sotto diuna rupe. Attualmente il sito è prossimo ad unasorgente, tanto ricca da rifornire il piccolo centrodi Farnese: l’associazione topografica del ritrova-

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mento con un’ampia placca di travertino inducead ipotizzare che tale situazione esistesse già inantico e che la scelta del sito possa essere statacondizionata, in un momento di crisi idrica, pro-prio dalla disponibilità di acqua.

Nell’area centrale della caldera prosegue la ri-dotta frequentazione già documentata per il Bron-zo antico: sono note evidenze sulle pendici o diPoggio Montione (Belardelli et alii 2007, sito 28,p. 301) e a Santa Lucia (Conti et alii 1993, p. 47 e50), posta ad una quota di circa 450 m s.l.m..

Nel bacino settentrionale il Lago di Mezzanoappare ampiamente occupato: da M1 provengonoalmeno una datazione radiometrica che ricade nel-le fasi iniziali del Bronzo medio e due bronzi coe-vi, M2 ha restituito un pugnale pertinente alla fa-se piena del Bronzo medio (Rossi 2008b).

Sul limite N della caldera a Poggio evangeli-sta (Pennacchioni 1995) sono stati raccolti mate-riali assegnabili a questa fase; non è chiaro qualefosse il rapporto con l’insediamento sul lago, chedal poggio è possibile tenere sotto controllo insie-me alla pianura che separa i due siti.

Nel bacino settentrionale non sono finora do-cumentati ritrovamenti in posizioni basse e aperte.

Questo sistema di occupazione del territoriosembra contrarsi nella fase finale della media etàdel bronzo (cfr tav. 1 fuori testo). Attestazioni re-lative alla facies Appenninica sono note nella cal-dera solo a Monte Saliette (Negroni Catacchio, acura di, 1981, p. 382 e tav. 103, A; Conti et alii1993, p. 57 e tav. 4,1,3,6) e a Mezzano (Franco1982, M2-27, p. 54, tav. XIV), che ha inoltre re-stituito da M1 ed M2 una datazione radiometricaattinente al periodo. Queste scarne evidenze nonsono prodotte dalla casualità con la quale si formail campione archeologico ma sono invece effettodi un parziale abbandono della caldera: a circa3500 anni BP, infatti, si registra un miglioramen-to climatico verso condizioni più umide, comesuggeriscono i cambiamenti dei diagrammi polli-nici, che indicano una buona ripresa del bosco;inoltre la crescente presenza di ontano induce adipotizzare l’allungamento delle rive del lago edunque la risalita del livello delle acque. Contem-poraneamente la presenza umana si attenua comedimostrano la riduzione della concentrazione dimicrocarboni ed i valori del polline delle piantecollegate all’uomo, rispetto alla fase precedentepiù bassi o del tutto assenti. Anche il sito de LaBotte, che pure si colloca ai margini del compren-sorio e che nel Bronzo recente e finale documen-terà una consistente ripresa, in questa fase è ab-

bandonato. Le cause quindi dello spopolamentodella caldera alla fine del Bronzo medio sembranointerne alle comunità antiche.

A 3400 anni BP si individua un picco nella con-centrazione di microcarboni ed un improvvisocambiamento nella configurazione sedimentologi-ca del bacino settentrionale: tali dati dovrebbero es-sere letti come indice di una considerevole presen-za umana nella parte settentrionale del bacino idro-grafico. I dati ambientali al momento non trovanoperò conferma nel campione archeologico: Poggioevangelista, che in età molto più tarda sembra inte-ressato da una consistente produzione agricola (cfrsupra 1), non ha finora restituito elementi relativi aquesta fase. Le uniche altre presenze nel settore so-no i tre ritrovamenti raggruppati lungo la quota di480 m s.l.m.. Purtroppo la ceramica raccolta è po-co indicativa: da Fosso di Macchia Cedua (cfr su-pra 5, scheda n. 22) proviene un frammento asse-gnato al Bronzo antico, già preso in esame sopra; ledue raccolte vicine, Valle della Noce (cfr supra 5,scheda n. 29) e Monte Calveglio di Latera (cfr su-pra 5, scheda n. 26) non hanno permesso di andareoltre una generica datazione all’età del bronzo edunque non è possibile valutare l’arco cronologicorappresentato, pur dovendo prendere atto di unaconcentrazione significativa, che potrebbe per altroindicare un’ulteriore modalità di insediamento,connessa alla morfologia dell’area, e cioè l’occupa-zione di una quota elevata su pendio, situazionequesta che potrebbe essere ipotizzata, come già det-to, anche per il sito del Vallone.

Poco prima di 3300 anni BP si registra l’avviodi un lieve episodio arido che porta ad un abbassa-mento del livello del Lago di Mezzano. I diagram-mi pollinici mostrano una leggera riduzione di bo-sco e, viceversa, un incremento delle piante erba-cee, in particolare quelle coltivate, cereali e legu-minose, e quelle sinantropiche. Quindi, sebbenemeno intensa che nel periodo 3800/3700-3500 BP,a partire da 3300 e fino a 3200 anni BP circa si re-gistra una sicura presenza umana. Questo contestoambientale rafforza il quadro relativo al Bronzo re-cente, una fase in cui le evidenze archeologiche,difficili da isolare in assenza di elementi immedia-tamente diagnostici, sono per ora scarse (cfr tav. 1fuori testo): hanno restituito materiali chiaramentericonducibili al periodo solo due siti, La Botte eMezzano; né qui né nella sezione dedicata al Bron-zo finale sono state prese in considerazione due al-tre evidenze individuate sulla sommità di PoggioMontione (cfr supra 5, scheda n. 27) e a Pian del-l’Alberone (cfr supra 5, scheda n. 64), perché la da-

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tazione al Bronzo tardo, effettuata sul campo, ètroppo generica per affrontare la complessità degliultimi secoli del II millennio a.C..

Nel bacino meridionale torna ad essere occupa-to l’insediamento de La Botte, a proposito del qua-le è ipotizzabile una continuità di vita per l’interoarco del Bronzo recente (damiani 2010, p. 44).

Nel bacino settentrionale riprende slancio l’oc-cupazione di Mezzano: grazie alla ricostruzione delcontesto ambientale, che sostiene una valutazionedegli elementi archeologici diversa da quella pro-posta in passato (Petitti, Mitchell 1993), sembrapossibile riconoscere nel lago elementi riferibili aduna frequentazione di carattere residenziale docu-mentata, per quanto riguarda i bronzi, soprattuttoper il nucleo meridionale M2. Invece un punto diM3, la terza area riconosciuta sul fondale lacustre,ha restituito, come noto, tre reperti di bronzo di par-ticolare pregio (Pellegrini 1993b), per almeno unodei quali è ipotizzabile una funzione votiva.

Tra 3100 e 2900 anni BP, in corrispondenzadel Bronzo finale, il bosco mostra una tendenza alrecupero mentre le piante coltivate e quelle sinan-tropiche quasi scompaiono; l’andamento dellacurva dei microcarboni conferma l’ipotesi di as-senza o scarsa presenza umana. Infine la crescitadell’ontano suggerisce un nuovo innalzamento dellivello del Lago di Mezzano.

In questa fase sono occupate alcune alture, sianel recinto calderico che in punti a suo immediatoridosso (cfr tav. 1 fuori testo). A N, a distanza ditempo dalla frequentazione del Bronzo medio ini-ziale, è rioccupato nel BF3B Poggio evangelista(di Gennaro 1986; Berlingò 2005; di Gennaro,Barbaro 2008), la cui dominanza sul bacino set-tentrionale e sul Lago di Mezzano è stata già mes-sa in rilievo (cfr supra); non molto pronunciata in-vece appare la difendibilità dell’altura, priva difianchi ripidi; il materiale è stato rinvenuto a più ri-prese sia sulla vetta che sui pendii. Quanto a LaMontagna (Tamburini 2000), la datazione del ma-teriale più antico raccolto sulla sommità è incertatra Bronzo finale evoluto e fase antica della primaetà del ferro: la posizione è straordinaria perchéquesta, che è tra le alture più elevate del territorio,controlla lo spartiacque tra la Caldera di Latera equella di Bolsena. Infine Monte Starnina (Conti etalii 1993, pp. 58-59), occupato per la prima voltanel Bronzo finale (BF3A, BF3B?; di Gennaro,Barbaro 2008), domina il bacino meridionale dellacaldera e presenta un grado molto elevato di difen-dibilità. I tre siti, se La Montagna è stata effettiva-mente occupata nel Bronzo finale, sono accomu-

nati dalla collocazione strategica ai fini del con-trollo del territorio7: essi superano tutti la quota di600 m s.l.m. e si distribuiscono lungo l’arco dellacinta calderica, in modo da definire quasi zone di-verse di pertinenza; inoltre appare rilevante l’attri-buzione cronologica che si attesta sulle fasi finalidel periodo.

oltre a Poggio evangelista, il bacino setten-trionale non presenta altre tracce ad eccezione diuna datazione radiometrica dal Lago di Mezzano,priva però di conferme nel campione archeologi-co. Nell’area collinosa centrale, dopo l’abbando-no nel Bronzo medio appenninico e nel Bronzo re-cente, si registra una presenza a Poggio Pilato (cfrsupra 5, scheda n. 71), che ha restituito materialiassegnabili a questa fase purtroppo privi di unapiù precisa indicazione di provenienza; comunquequesti elementi si affiancano a quelli già noti inletteratura e relativi all’individuazione sulla som-mità, a quota 554 m s.l.m., di un piccolo pianoroisolato artificialmente, al cui immediato ridossosono stati raccolti frammenti databili in modo ge-nerico ad età pre-protostorica8 (Cardosa 1998).

Nel bacino meridionale sono noti ritrovamentia quote basse ed in posizione aperta. Riprende do-po l’interruzione del Bronzo medio appenninico edel Bronzo recente l’occupazione del comprenso-rio dei Poggi del Mulino, che in questa fase pre-sentano la frequentazione più ampia registrata nelcorso dell’età del bronzo, infatti si rilevano atte-stazioni di materiali in quattro aree (Casale Mo-scini, Poggio Fiore, Quota 401 e Tumuli); di gran-de interesse, inoltre, è il fatto che l’articolata si-tuazione insediativa dei Poggi presenti indizi a fa-vore di una specializzazione funzionale, legata al-la lavorazione del metallo (Casale Moscini cfr su-pra 5, scheda n. 67, e 7; AA.VV. 1989, tav. XII;Conti et alii 1993, p. 48; Pellegrini 1993b, pp. 82,84-85; Poggi del Mulino cfr supra 5, scheda n.66): come ipotesi, da verificare con ulteriori futu-re indagini, si potrebbe ricondurre a tale circo-stanza la ripresa dell’occupazione di quest’area.

Al confine con la Selva del Lamone, infine, pro-segue (senza cesure?) l’abitato de La Botte asse-gnato, in base al materiale per ora disponibile, alBF2B (di Gennaro, Barbaro 2008); una nuova pre-senza si registra a Casone (di Gennaro 1986): il si-to, posto sulla riva sinistra dell’olpeta, ha restituitopochi materiali, localizzati sul ciglio di un promon-torio tufaceo a quota 370 m s.l.m. e sulle pendicidel promontorio contiguo; entrambe le aree di ri-trovamento presentano la morfologia, tipica dell’e-truria, del pianoro isolato da pendii piuttosto ripidi,

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una caratteristica cui è attribuito un elevato poten-ziale di difendibilità (di Gennaro, Barbaro 2008).

Il numero dei siti che hanno restituito materia-li del Bronzo finale è rilevante ma i dati ambien-tali dimostrano che da solo questo elemento non èun indicatore valido della pressione esercitata sul-l’ambiente, sia da un punto di vista demograficoche produttivo. Un’analisi più approfondita, perquello che il campione archeologico consente,permette di meglio calibrare il peso dei diversi ri-trovamenti, risolvendo l’apparente discordanzacon i dati paleoambientali.

La distribuzione di quasi tutti i ritrovamentiappare periferica: i siti sul recinto calderico sonocollocati lungo un confine non solo topograficoma anche, come già rilevato, cronologico. Sono difatto quasi ai margini della caldera anche i dueabitati posizionati nell’area a ridosso della Selvadel Lamone. A determinare l’entità dell’impattoumano sull’ambiente contribuisce certo la funzio-ne degli insediamenti; questo è un tema che, in as-senza di scavi estesi, può essere affrontato solopreliminarmente e con molta cautela. Monte Star-nina e La Montagna, se effettivamente occupatanel Bronzo finale, non sembrano presentare i re-quisiti per accogliere un consistente nucleo di po-polazione perché, non consentendo l’accesso im-mediato a mezzi di produzione, appaiono poco fa-vorevoli ad un prevalente impegno nelle attivitàdell’economia di sussistenza; quanto a Poggioevangelista è l’unico ad avere una vocazione agri-cola e dunque, in base alla scarsa documentazionearcheologica, non si potrebbe escludere un’occu-pazione intensiva a carattere residenziale se que-sta non fosse incompatibile con i dati ambientalidalla sequenza sedimentaria di Mezzano: sembraquindi più ragionevole ipotizzare un ruolo analo-go a quello delle altre due alture, morfologica-mente più aspre.

La situazione di Poggio Pilato appare partico-larmente incerta: non è possibile una valutazionecronologica più circostanziata, che consenta distabilire un’eventuale contemporaneità con i sitisopra citati ma la quota, sebbene minore rispetto aquella dei siti precedenti, è comunque notevole el’area isolata artificialmente è piccola; dunquesembra di poter ipotizzare che il sito abbia assoltoad o alla stessa funzione delle alture lungo la cin-ta craterica orientale.

Invece per i siti collocati alle quote basse sem-bra probabile una funzione residenziale; il com-prensorio dei Poggi del Mulino, stante il carattereproduttivo sopra evidenziato, potrebbe aver eser-

citato una discreta pressione sull’ambiente.Nel complesso dunque, analizzando in detta-

glio il campione archeologico, si rileva un sostan-ziale accordo con quanto prospettato dall’inqua-dramento ambientale.

Scarse ed incerte sono le presenze assegnatealla prima età del ferro, per la quale manca ancheuna ricostruzione paleoambientale. A proposito deLa Montagna si è già sottolineato come l’attribu-zione cronologica del materiale più antico oscillitra Bronzo finale evoluto e fase antica della primaetà del ferro; incerta è l’attribuzione alla fase an-che dei ritrovamenti nelle loc. La Ferratella (cfrsupra 5, scheda n. 57) e Campo delle Pecore (cfrsupra 5, scheda n. 53). Il cosiddetto ripostiglio diValentano (Pellegrini 1993a) qui è citato solo percompletezza di informazione perché, in assenza dinotizie precise sulla località di rinvenimento, nonsi può escludere la possibilità che sia stato recu-perato in territorio di Valentano ma al di fuori del-la caldera.

Per quanto riguarda l’età del bronzo e la primaetà del ferro, studi di carattere territoriale incen-trati sull’etruria meridionale propongono una ri-costruzione dei processi di popolamento che, at-tuandosi attraverso la progressiva selezione, con-centrazione e stabilizzazione dell’insediamento, sisviluppano all’interno di un ciclo storico unitariocompreso tra Bronzo medio e prima età del ferro,fase in cui l’evoluzione sociopolitica delle comu-nità antiche porta ad assetti considerati di tipo pro-tourbano9.

Rispetto al suo naturale contesto, la valle delFiora e, a scala maggiore, il versante mediotirre-nico della penisola, la Caldera di Latera si presen-ta come un ecosistema particolare di piccole di-mensioni; questi caratteri ne esaltano la specificitàrispetto a processi ricostruiti sulla definizione dilinee generali di ampio respiro. d’altra parte lacaldera si trova in una situazione privilegiata per-ché dispone di un organico studio paleoambienta-le che funziona egregiamente come elemento diintegrazione, confronto e verifica del campionearcheologico e pure in assenza di scavi adeguaticonsente la ricostruzione di scenari affidabili.

Il Bronzo antico ed il Bronzo medio iniziale,corrispondente alla facies di Grotta Nuova, risul-tano essere le fasi che registrano il maggior nu-mero di ritrovamenti, con una sostanziale paritànel numero delle evidenze. Questa situazionecoincide per il periodo 3800/3700-3500 BP con ilmassimo impatto umano sulla caldera. La varietàdi scelte insediative si accompagna ad un ridotto

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grado di continuità dell’insediamento: dal Bronzoantico proseguono Monte Saliette e Mezzano, sitiche per la lunga durata, anche oltre la fase inizia-le del Bronzo Medio, si possono definire “poli ter-ritoriali” rispettivamente nel bacino meridionaleed in quello settentrionale, come già rilevato in unprecedente lavoro (Conti et alii 1993); prosegueanche la frequentazione del comprensorio deiPoggi del Mulino, ma con uno spostamento diarea, e forse del Vallone; in tutti gli altri casi si re-gistra una presenza limitata ad una sola fase. Ri-spetto ad una recente sintesi che affronta lo studiodei processi di popolamento distinguendo all’in-terno dell’etruria meridionale macroaree connota-te geograficamente (damiani, Trucco 2010), la si-tuazione della caldera rientra nell’andamento sta-tistico rilevato per il bacino del Fiora dove, diver-samente dalle altre aree del versante medio-tirre-nico, il numero dei siti resta invariato tra Bronzoantico e Bronzo medio iniziale.

Anche nella fase finale del Bronzo medio, cor-rispondente alla facies Appenninica, la calderapresenta un andamento statistico eguale a quellorilevato nel comparto del Fiora (damiani, Trucco2010); infatti è attestato un forte calo del numerodei ritrovamenti: resistono solo i poli territoriali diMonte Saliette e Mezzano. Questo assetto corri-sponde ad una effettiva riduzione della pressioneumana sulla caldera, si deve cioè prendere atto diuna caduta di interesse, per altro inattesa dato ilmiglioramento climatico, e non di una ridistribu-zione del popolamento. Si tratta quindi di unacondizione diversa da quella rilevata in altre zone,dove invece si avvertono i primi segnali di un rias-setto del sistema, in cui la riduzione del numero diinsediamenti sarebbe connessa all’occupazione disedi ben difendibili (Pacciarelli 2001).

Nel Bronzo recente, a fronte di una ripresa del-la presenza umana, si conoscono solo due siti,Mezzano e La Botte, quest’ultimo rioccupato do-po la cesura del Bronzo medio appenninico. Nonsi può escludere che nel campione archeologico ilBronzo recente sia sottorappresentato, a tale pro-posito si devono ricordare non solo i due ritrova-menti, non considerati per la datazione troppo ge-nerica, sulla sommità di Poggio Montione e a Piandell’Alberone, ma anche la generale ridotta visibi-lità della caldera, che potrebbe aver gravato di piùsu una fase già di per sé difficile da isolare. Gli in-sediamenti noti sono collocati in posizione privadi difese naturali, viceversa si registra l’abbando-no in apparenza definitivo del polo territoriale diMonte Saliette, che per altro sarebbe rientrato in

quel tipo di insediamento che altrove diventa inquesta fase prevalente.

Quanto al numero degli abitati, si rileva unoscostamento rispetto al bacino del Fiora, che nelBronzo recente presenta un’ulteriore riduzionema, ad una considerazione più generale, risultache la diminuzione degli insediamenti nella calde-ra procede tra Bronzo antico e Bronzo recente co-me in tutto il comparto del Fiora, pur con specifi-cità locali (damiani, Trucco 2010). Nell’esiguitàdei numeri il cambiamento che sembra di intrave-dere nel tradizionale assetto insediativo non si la-scia interpretare con facilità, certo non appareconformarsi a quel modello di selezione degli abi-tati che tende a privilegiare sedi ben difendibili,estese tra i due e i tre ettari ed oltre (Pacciarelli2001); quanto ad incipienti processi di concentra-zione della popolazione, nonostante il rapporto tradiagrammi pollinici e numero degli abitati possafar ipotizzare una tendenza in tal senso, non è da-to al momento sapere con certezza se si siano av-viati oppure no.

durante il Bronzo finale nel bacino del Fiora siassiste ad un consistente aumento delle presenzein siti già occupati, in continuità o meno, nelle fa-si precedenti (damiani, Trucco 2010): al di là del-la somiglianza tra gli andamenti statistici non èchiaro quanto rientri nel processo generale di se-lezione e stabilizzazione dell’insediamento la si-tuazione registrata nella caldera, dove pure il nu-mero dei siti risale in misura significativa in con-fronto al Bronzo recente ma con poca continuitàrispetto alle fasi precedenti. Infatti la ricostruzio-ne paleoambientale documenta la mancanza diun’occupazione consistente, che rientri o menonel modello considerato tipico dell’epoca, ed ilcampione archeologico sembra confermare talesituazione. Per il Bronzo finale sono noti siti aquote basse ed in posizione aperta (La Botte, com-prensorio dei Poggi del Mulino): queste presenzesecondo la ricostruzione proposta da Pacciarelli(2001) sono parte integrante del sistema di occu-pazione del territorio nelle fasi iniziali del periodo(BF1-2), sebbene nel Bronzo finale diventino pre-valenti gli insediamenti in posizione ben difesa; inquest’ultima categoria rientra il complesso, gene-ricamente datato al Bronzo finale, di Casone, cheperò è considerato atipico, nonostante il suo setto-re e si configuri come un pianoro difeso di esten-sione superiore ai tre ettari (di Gennaro 1986; diGennaro, Barbaro 2008).

I tre siti di altura lungo il recinto orientale,comprendendo nel numero anche La Montagna,

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1 Il laborioso calcolo delle percentuali relative alle diverse categoriedi visibilità è stato eseguito da M. Forgia ed A. Villari.2 I ritrovamenti noti nella caldera sono tutti elencati nella tab. 1, pre-sentati sia secondo il numero assegnato ad ognuno nella tav. 1 fuoritesto che secondo il numero d’ordine del catalogo (cfr supra 5).3 Tutte le sezioni del cap. 8 relative all’industria litica sono state ela-borate grazie al contributo di L. Giacopini e d. Mantero.4 Sulle implicazioni di questa definizione applicata al Mediterraneocfr Sadori et alii 2011.5 Per la relativa bibliografia cfr Sadori et alii 2011, p. 118. 6 Su questo punto cfr Sadori et alii 2011, p. 117.

7 Per Monte Starnina e La Montagna è stata proposta un’interpreta-zione come possibili posti di controllo di valichi che mettevano incomunicazione comparti diversi (Persiani 2009).8 Si ringrazia M. Cardosa per le notizie relative all’esatta collocazio-ne dei ritrovamenti.9 della estesa bibliografia sull’argomento si citano solo Pacciarelli2001 e damiani, Trucco 2010.10 Una rassegna bibliografica in Belardelli et alii 2007, sito 139, p.276.11 Per un inquadramento generale cfr Forni 1996.

sono assegnabili all’ultima fase del Bronzo finale,periodo in cui secondo Pacciarelli (2001) scompa-re definitivamente il sistema basato su villaggisparsi e si avvia la formazione dei centri protour-bani: sembra possibile che la funzione prevalentedi questi siti fosse il controllo del territorio secon-do una strategia attuata da un centro più impor-tante, un abitato gerarchicamente superiore dacercare, dato lo scenario paleoambientale, fuoridalla caldera.

In questa prospettiva sembra di dover sottoli-neare il contemporaneo sviluppo di Bisenzio10, si-tuato subito al di là del recinto calderico. La suaoccupazione più antica è assegnata ad un orizzon-te molto avanzato del Bronzo finale (BF3A; diGennaro, Barbaro 2008) e nella prima età del fer-ro il centro sembra svilupparsi soprattutto sullearee circostanti l’altura di Monte Bisenzo, rag-giungendo una dimensione che coincide in granparte con quella dell’abitato etrusco arcaico.

Al termine dell’esame dei dati relativi all’etàdel Bronzo e alla prima età del ferro, si deve tor-nare a considerare il rapporto tra attività umana epresenza di acqua. Sembra rilevante che le fasi dimaggiore impatto antropico sull’ambiente sianoquelle che coincidono con eventi aridi e dunquecon l’abbassamento del livello del lago ma anche,in generale, delle falde idriche. Come già osserva-to, ciò potrebbe rientrare in un problema di rico-noscibilità del dato, ovvero solo una crisi climati-ca fa emergere con chiarezza l’azione dell’uomo,che invece verrebbe assorbita da un ambiente do-minato da foreste ben sviluppate. Questa condi-zione, che pure è indubbia, non sembra soddisfa-re tutti i termini del problema, che comprende an-che il campione archeologico: alla risalita dellefalde prodotta dal miglioramento climatico a 3500anni BP corrisponde sul fronte della documenta-zione archeologica una forte contrazione dellefonti. Sembra quindi che all’andamento altalenan-te della presenza umana abbia contribuito un di-verso ordine di motivazioni: un’ipotesi è certo co-

stituita dalla possibilità che il forte impatto uma-no dei secoli precedenti abbia condotto alla rottu-ra dell’equilibrio tra pressione demografica e po-tenzialità produttiva dell’ambiente, ma questaevenienza sembra in contrasto con il migliora-mento climatico; viceversa un’ipotesi da verifica-re, ma che sembra meglio conciliarsi con le muta-te condizioni ambientali, potrebbe essere che lecomunità stabilite nella caldera fossero in grado disfruttare il potenziale produttivo di un ecosistemacosì particolare solo quando il livello delle falde siabbassava in modo generalizzato. Tale ipotesi, serafforzata da ricerche future, va ad investire inpieno i problemi legati al grado di competenzatecnica applicato ai vari settori dell’economia disussistenza, per quanto riguarda l’agricoltura adesempio la capacità di affrontare la coltivazione diterreni divenuti troppo pesanti per la risalita del-l’acqua11.

Un abbandono del territorio, seppure non im-mediatamente percepibile nell’evidenza archeolo-gica, si rileva anche nel corso del Bronzo finale incoincidenza con il miglioramento climatico suc-cessivo all’evento arido del Bronzo recente, checorrisponde ad una fase di sfruttamento accertato,sebbene meno intenso che nel Bronzoantico/Bronzo medio iniziale. Per il Bronzo finaleper altro si deve escludere, in base alle datazioniproposte per almeno una parte del campione ar-cheologico, che lo spopolamento sia effetto delprocesso storico legato alla formazione dei centriprotourbani perché l’abbandono della calderasembra precedente.

In conclusione le comunità antiche che hannovissuto nella Caldera di Latera, pur partecipi deiprocessi storici evidenziati per il versante medio-tirrenico della penisola, sembrano aver interagitocon un ecosistema specifico, determinando un re-gime della presenza umana del tutto peculiare.

E.C., P.P., F.R.

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Tab. 1-elenco dei ritrovamenti nella Caldera di Latera. PM: Paleolitico medio, PS: Paleolitico superiore, PP: post Paleolitico, N: Neolitico, e:eneolitico, N/e: Neo-eneolitico, BA: Bronzo antico, BM: Bronzo medio, BR: Bronzo recente, BF: Bronzo finale, BT: Bronzo tardo, B: etàdel bronzo, F: prima età del ferro, PP: età pre-protostorica.

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INdICe

INdICe deGLI AUToRI ............................................................................................................................ III

PReFAzIoNI ................................................................................................................................................ VPIeTRo TAMBURINI, Coordinatore del Sistema museale del Lago di Bolsena ........................................ VFRANCeSCo PACChIAReLLI, Sindaco di Valentano .................................................................................... VIALFoNSINA RUSSo, Soprintendente per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale .......................... VI

1. SToRIA deGLI STUdI, P.P., F.R. ........................................................................................................ 1

2. I PRoGeTTI dI RICoGNIzIoNe NeLLA CALdeRA dI LATeRAe NeL TeRRIToRIo CIRCoSTANTe ................................................................................................ 112.1 LA RICoGNIzIoNe deLLA SoPRINTeNdeNzA PeR I BeNI ARCheoLoGICI deLL’eTRURIA MeRIdIoNALe,

ANNI 1993-1994: FINALITà, AMBITo GeoGRAFICo e CRoNoLoGICo, MeTodoLoGIA deLL’INdAGINe

E.C. .................................................................................................................................................. 112.2 LA RICoGNIzIoNe deLLA ReGIoNe LAzIo-CeNTRo ReGIoNALe dI doCUMeNTAzIoNe, ANNI 1997-2004:

FINALITà, AMBITo GeoGRAFICo e CRoNoLoGICo, MeTodoLoGIA deLL’INdAGINe, C.B., S.V. .............. 12

3. AMBIeNTe e PAeSAGGIo .................................................................................................................. 153.1 CARATTeRI MoRFoLoGICI e GeoLoGICI, E.C. ...................................................................................... 15

3.1.1 IL VULCANISMo NeL LAzIo ed IL dISTReTTo VULCANICo VULSINo, E.C. ................................ 163.1.2 L’eVoLUzIoNe deL PAeSAGGIo NeLLA CALdeRA dI LATeRA, E.C. ............................................ 183.1.3 eVoLUzIoNe CLIMATICA oLoCeNICA e AMBIeNTI LACUSTRI NeLL’ITALIA CeNTRALe, E.C. ........ 21

3.2 ANALISI GeoMoRFoMeTRICA deLL’AReA deLLA CALdeRA dI LATeRA, M.P., N.P., S.C. ...................... 30

4. LA RICoGNIzIoNe SUL CAMPo: MeTodoLoGIA e RACCoLTA deI dATI ............................ 414.1 Le ModALITà dI RICoGNIzIoNe AdoTTATe NeL PRoGeTTo deLLA SoPRINTeNdeNzA PeR I BeNI

ARCheoLoGICI deLL’eTRURIA MeRIdIoNALe, ANNI 1993-1994, E.C. ...................................................... 414.1.1 LA CARToGRAFIA, E.C. ............................................................................................................ 414.1.2 I LIToTIPI, E.C........................................................................................................................... 434.1.3 Le ModALITà dI RICoGNIzIoNe: VISIBILITà e CAMPIoNATURA deI MATeRIALI, E.C. .................... 46

4.2 Le ModALITà dI RICoGNIzIoNe AdoTTATe NeL PRoGeTTo deLLA ReGIoNe LAzIo-CeNTRo

ReGIoNALe dI doCUMeNTAzIoNe, ANNI 1997-2004, C.B., S.V. .......................................................... 464.2.1 LA CARToGRAFIA, C.B., S.V. ...................................................................................................... 464.2.2 Le ModALITà dI RICoGNIzIoNe: VISIBILITà e CAMPIoNATURA deI MATeRIALI, C.B., S.V. .......... 47

5. CATALoGo deI RITRoVAMeNTI, C.B., V.C., I.D., L.G., D.M., F.R., S.V. ...................................... 49

6. Le INdAGINI dI SCAVo...................................................................................................................... 1276.1 MoNTe SALIeTTe, C.P. ...................................................................................................................... 1276.2 VALLoNe, L.M.A., G.B., G.M.D.N., A.M., F.N., P.P., M.R., F.R., S.S., A.R.T. .................................. 132

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7. Le eVIdeNze ARCheoLoGIChe .................................................................................................... 1597.1 Le INdUSTRIe LITIChe ........................................................................................................................ 160

7.1.1 IL RePeRIMeNTo e L’APPRoVVIGIoNAMeNTo dI MATeRIA PRIMA NeI CoMPLeSSI LITICI PReISToRICI

NeL LAzIo SeTTeNTRIoNALe. CoNdIzIoNAMeNTI PALeoGeoGRAFICI, SCeLTe dIFFeReNzIATe e

FoNTI PoTeNzIALI, L.G., D.M. .................................................................................................... 1607.1.2 Le INdUSTRIe LITIChe dI eTà PLeISToCeNICA, L.G., D.M. ........................................................ 1667.1.3 Le INdUSTRIe LITIChe dI eTà oLoCeNICA, L.G., D.M., S.V. ...................................................... 170

7.2 Le INdUSTRIe CeRAMIChe .................................................................................................................. 1847.2.1 NeoLITICo, P.P., F.R. ................................................................................................................ 1847.2.2 eNeoLITICo, P.P., F.R. .............................................................................................................. 1847.2.3 eTà deL BRoNzo, C.B., P.P., F.R. ............................................................................................ 1867.2.4 eTà deL FeRRo, C.B. ................................................................................................................ 189

7.3 Le CoLLezIoNI. I MATeRIALI PRoToSToRICI CoNSeRVATI NeLL’ANTIQUARIUM deLLA BASILICA

dI MARIA SS. deL SUFFRAGIo dI GRoTTe dI CASTRo (VT), P.T. ...................................................... 190

8. LA CALdeRA dI LATeRA: IL PAeSAGGIo TRA UoMo e AMBIeNTe NeLLA PReISToRIAE.C., P.P., F.R. ........................................................................................................................................ 203

BIBLIoGRAFIA ........................................................................................................................................ 220

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QUAdeRNI deL SISTeMA MUSeALe deL LAGo dI BoLSeNA

VoLUMI edITI

Tamburini P. (a cura di), Bolsena: il Miracolo Eucaristico, in Quaderni 1, bolsena 2005.

barbieri G., La collezione D’Ascenzi, in Quaderni 2, bolsena 2005.

CasaCCia m., Tamburini P., Il vernacolo di Bolsena, in Quaderni 3, bolsena 2005.

ForTi G., I Pugnaloni, mosaici di fiori, in Quaderni 4, bolsena 2006.

Tabarrini C., Antonio da Sangallo il Giovane, in Quaderni 5, bolsena 2007.

Caruso F. (a cura di), Il Museo della terra di Latera, in Quaderni 6, bolsena 2007.

maraboTTini m., Tamburini P. (a cura di), Grotte di Castro: il territorio, il paese, il museo, in

Quaderni 7, bolsena 2007.

Frazzoni L., Ceramiche medievali e rinascimentali del Museo di Farnese, in Quaderni 8, bol-

sena 2007.

Laura a. (a cura di), Il Museo civico archeologico “Pietro e Turiddo Lotti” di Ischia di Ca-

stro, in Quaderni 9, bolsena 2008.

beneToLLo C., VeTruLLi C., Il Museo del costume farnesiano di Gradoli, in Quaderni 10, bol-

sena 2009.

medori m. L., La ceramica “white-on-red” della media Etruria interna, in Quaderni 11, bol-

sena 2010.

maFFioLi e., La terra sigillata italica di Bolsena. Scavi della Scuola Francese di Roma a Pog-

gio Moscini (1962-1973), in Quaderni 12, bolsena 2010.

Caruso F., Suoni, canti, rumori. Il paesaggio sonoro del territorio di Latera, in Quaderni 13,

bolsena 2011.

ForTi G., TeLLini FLorenzano G., CaLVario e., baTTisTi C., PaPi r. (a cura di), Per un labo-

ratorio della biodiversità del Lago di Bolsena, in Quaderni 14, bolsena 2012.

Frazzoni L. (a cura di), Carta archeologica del Comune di Farnese, in Quaderni 15, bolsena

2012.

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Finito di stampare nel mese di dicembre 2012dalla Tipolitografia Ambrosini

Acquapendente (VT)

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Preistoria di un paesaggio.

La C

aldera di Latera e il territorio circostante

Sistema Museale del Lago di Bolsena

Quaderni16

Preistoria di unpaesaggio.

La Caldera di Laterae il territorio circostante

a cura di

Patrizia Petitti

Fabio Rossi

2012

Unione Europea Regione Lazio Provincia di Viterbo Comune di Valentano

€ 10,00 ISBN: 978-88-95066-30-1

Museo della preistoria della Tuscia e della Rocca Farnese

16

Qu

adern

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