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Prefazione

Il progetto “Dolomiticert 2”, realizzato con la collaborazione della

Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Belluno, è

stato cofinanziato dalla Regione Veneto attraverso le risorse previste

dalla Legge Regionale 4 aprile 2003, n. 8 “Disciplina delle aggregazioni

di filiera, dei distretti produttivi ed interventi di sviluppo industriale e

produttivo locale”, del bando 2006.

Il progetto ha sviluppato azioni di interconnessione tra il Distretto

dell’occhialeria e specifici settori dell’industria, tra i quali quello

dell’orafo, favorendo l’implementazione del laboratorio di ricerca e

certificazione “Dolomiticert”.

La Camera di Commercio di Vicenza si è resa disponibile a canalizzare

la ricerca verso le aziende del settore orafo, consentendo di attuare la

sperimentazione su metalli preziosi, quali le leghe dell’oro, che trovano

impiego anche nella produzione di occhiali, nella ricerca di un design e

di un utilizzo dei materiali, sempre più innovativo.

La presente guida consente di riassumere i risultati della ricerca

scientifica svolta in collaborazione con il Laboratorio Saggio Metalli

Preziosi della Camera di Commercio I.A.A. di Vicenza e costituisce una

parte fondamentale delle attività di promozione dei risultati coordinate

con la Fondazione Giacomo Rumor - Centro Produttività Veneto (CPV).

Il progetto lancia una sinergia tra Certottica ed il settore orafo e getta le

basi per collaborazioni ed attività propulsive per l’economia veneta, tra

ricerca e innovazione.

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Indice degli argomenti

Parte generale

Scopo del lavoro pag 09

Introduzione pag 09

Che cos’è il colore pag 11

La Codifica del Colore delle leghe d’oro pag 13

La Misura del Colore pag 17

Come Misurare il Colore pag 22

Lo Strumento pag 24

Parte sperimentale

Misurazioni pag 31

Conclusioni pag 36

Bibliografia pag 37

Appendice pag 39

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Di che colore è il tuo gioiello?

Una guida per i produttori

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Parte generale

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Scopo del lavoro

Lo scopo del presente lavoro è quello di fornire una guida che dia

indicazioni e/o informazioni agli utenti per poter cominciare a muoversi

all’interno del mondo della colorimetria applicata alle leghe d’oro,

mentre non è quello di fornire uno strumento, un mezzo tecnico, per

risolvere tutte le problematiche connesse alla misura del colore delle

leghe d’oro. In altre parole, questo documento non è, e non vuole essere,

una pubblicazione scientifica dato che ne precluderebbe la ricettività e

digeribilità.

All’inizio di questo lavoro la cosa che più ci ha sorpreso è stata l’assenza

di quadri normativi e la carenza di pubblicazioni scientifiche. In tali

termini non è facile affrontare l’argomento in modo semplice ed

intuitivo, ma rafforza la necessità di una guida quale vuole essere questa

pubblicazione.

Introduzione

L’oro, fin dall’antichità, ha assunto un’importanza predominante per le

sue proprietà chimico fisiche, ma anche e soprattutto, per il suo colore. Il

suo colore giallo intenso e la possibilità di trovare il metallo in natura ha

attratto da subito l’uomo tanto da essere stato utilizzato indistintamente

in tutte le parti del mondo a partire dal lontano 3000 a.C.

D'altronde, tra le varie peculiarità dell’oro, vi è il fatto che esso, assieme

al rame, è il solo metallo colorato, che presenta un colore ben

riconoscibile dall’occhio umano. Un’altra caratteristica dell’oro è che le

sue leghe possono assumere colori diversi in funzione della quantità e

della tipologia degli alliganti.

Oggi sono disponibili differenti leghe d’oro colorate e vengono fatti

grossi investimenti per aumentare la disponibilità di variazioni

cromatiche, quali il rosso, il rosa (o rosé), le diverse sfumature di giallo e

il verde, fino ad arrivare a quei colori inusuali, quali il viola, il nero, il

marrone e il blu. Si vengono così a creare delle nuove leghe d’oro, che

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consentono la creazione di oggetti di gioielleria originali e innovativi.

Fino ad ora, la caratterizzazione del colore delle leghe utilizzate in

oreficeria è sempre stata demandata al puro riconoscimento visivo, dove

variabile influente è sempre stata ovviamente l’esperienza dell’operatore.

Al giorno d’oggi, vi può essere la necessità di fornire prodotti con

caratteristiche ottiche riproducibili in un contesto di rintracciabilità e

standardizzazione (sinonimo di riproducibilità). In tale contesto, la

semplice caratterizzazione visiva può non bastare, rendendo necessaria

una caratterizzazione oggettiva che sia unanimemente riconosciuta tra i

contraenti.

Il mercato richiede oramai al fornitore una costanza di qualità e una

caratterizzazione oggettiva degli attributi fisici, del materiale utilizzato

nella produzione, anche artigianale. Tra questi attributi senza dubbio il

colore è uno di quelli che più caratterizza l'aspetto del prodotto orafo e

una sua specificazione che non sia ridotta alla sola sensazione visiva è

sempre più richiesta in ambito internazionale.

Come già anticipato, attualmente non vi sono normative e/o regolamenti

internazionali comunemente accettati per il settore orafo che agevolino

l’operatore, caratterizzando, o meglio codificando con un linguaggio

comune, il colore delle leghe d’oro utilizzabili.

In questa guida si cercherà di spiegare come attualmente viene affrontato

il problema della codificazione del colore delle leghe d’oro e quelli che

sono i principali strumenti analitici per la loro definizione. Non si entrerà

comunque nel dettaglio delle procedure analitiche, data la complessità

della materia, ma si daranno tutti gli strumenti necessari per poter

affrontare e/o approfondire la materia a chi lo desideri.

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Che cos’è il colore

L'occhio umano consente di riconoscere una varietà di colori grazie alla

presenza di cellule nervose fotorecettrici; i coni, concentrati sulla retina

dell’occhio umano, sono di tre tipi ognuno dei quali è sensibile ad uno

dei tre colori primari: rosso (R, “red”), verde (G, “green”) e blu (B,

“blue”).

I segnali nervosi che ne derivano sono, tramite una serie intermedia di

trasduzioni ed elaborazioni da parte del sistema nervoso oculare e del

cervello, tradotti in segnali elettrici in modulazione di ampiezza, che

vengono trasmessi al cervello lungo il nervo ottico e “percepiti” dallo

stesso come colori.

I fotoni e le frequenze associate che giungono all'occhio costituiscono lo

stimolo di colore. Ogni singolo fotone raggiunge uno dei fotorecettori

della retina (un bastoncello, oppure un cono) dal quale può essere o non

essere assorbito. La risposta di ogni tipo di cono è proporzionale

all'intensità della luce che lo colpisce solo entro certi limiti: c’è un limite

inferiore, al di sotto del quale il cono non è più sensibile (soglia di

sensibilità) che non è la stessa per i tre tipi di coni (il blu ha la soglia più

bassa) e c'è un limite superiore (soglia di saturazione), al di sopra della

quale la risposta è sempre la stessa. La probabilità che un tipo di

fotorecettore assorba un fotone dipende dal tipo di fotorecettore e dalla

frequenza del fotone.

Come risultato dell'assorbimento, ogni fotoricettore genera un segnale

elettrico, proporzionale al numeri di fotoni assorbiti. Gli esperimenti

mostrano che i segnali generati dai tre coni L, M e S sono direttamente

collegati con la sensazione di colore, e sono detti segnali di tristimolo.

La capacità di distinguere i vari colori e di vederli uguali a come li vede

la maggior parte dei soggetti umani deriva dalla costanza delle

proporzioni numeriche tra i tre tipi di coni della retina tra soggetto e

soggetto.

La luce, vale a dire la radiazione elettromagnetica visibile che incide

sulla retina, è composta da varie componenti monocromatiche.

Il fatto che percepiamo un oggetto come di colore rosso piuttosto che

giallo, oppure verde, dipende dalla frazione di ciascuno dei tre tipi di

coni che viene attivata dalla radiazione elettromagnetica che incide sulla

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retina.

Ciascuna di queste componenti, quando visibile, produce una sensazione

pura di colore. La combinazione di queste componenti, pure presenti in

una radiazione luminosa policromatica, produce una sensazione di colore

specifica ma in generale non pura. Ad ogni radiazione policromatica

corrisponde un colore percepito.

A un colore può corrispondere in generale più di una radiazione

policromatica, ossia possiamo percepire il medesimo colore anche se le

sorgenti luminose hanno una distribuzione policromatica differente

(metamerismo). In generale un cambio di sorgente luminosa comporta un

cambio di percezione del colore dell'oggetto illuminato.

I colori possono essere classificati sulla base della tinta (rosso, verde,

giallo, ecc.) e sulla base della loro saturazione (rosso, rosa).

I cosiddetti colori neutri, ossia il bianco, il nero e il grigio, corrispondono

a condizioni estreme di percezione del colore. Un oggetto è percepito di

colore nero per il motivo che, rispetto al resto dell'ambiente, riflette una

quantità di luce non percepibile a livello sensoriale dal nostro occhio. Un

oggetto appare di colore bianco perché riflette quella particolare luce

ambientale stimolando sensorialmente in maniera identica i tre tipi di

coni nella retina. Il grigio rappresenta una classe di colori neutri che

forniscono ciascuno una sensazione per certi versi intermedia tra quella

del bianco e quella del nero.

Il colore di un oggetto è dovuto principalmente alla radiazione che esso

ci fa pervenire tramite la riflessione e alla distribuzione cromatica della

sorgente che lo illumina.

La sensazione psicofisica del colore può essere influenzata infatti, oltre

che dal colore dell'oggetto, anche dalla sua estensione e dal colore degli

oggetti immediatamente circostanti l'oggetto medesimo (contrasto).

Le vernici e le pitture sono sostanze chimiche che vengono utilizzate per

cambiare il colore degli oggetti. Tali sostanze presentano delle spiccate

reazioni fisico-chimiche di assorbimento o riflessione delle varie

componenti cromatiche della luce. Combinazioni di vernici possono

fornire praticamente un numero illimitato di colori. I metalli

generalmente non presentano colori spiccati, hanno in effetti una scarsa

saturazione in quanto tendono a riflettere pressoché tutta la radiazione

visibile in maniera indifferente rispetto alle varie componenti cromatiche.

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La Codifica del Colore delle leghe d’oro

Fin dal passato si è cercato di definire e codificare i colori delle leghe

d’oro.

Il problema è stato affrontato in diversi modi ma principalmente ci si è

affidati al confronto visivo con campioni di riferimento standard.

Quando si fanno valutazioni visive di un colore bisogna ricordarsi che:

- la percezione del colore è soggettiva, cioè è strettamente legata a

chi esegue la valutazione;

- la percezione del colore è correlata alla sorgente che illumina il

campione: variando la sorgente luminosa si può avere una

percezione diversa del colore;

- la percezione del colore è influenzata dalla posizione di

osservazione: cambiando l’angolo di osservazione di un oggetto,

specialmente quando l’oggetto è traslucido, come i metalli, si può

avere una percezione diversa del colore;

- la percezione del colore è influenzata dallo sfondo, facendo

percepire un colore più o meno intenso in funzione del contrasto

con lo sfondo (contrasto).

La luce diurna è la sorgente luminosa preferibile per l’analisi visiva e può

essere considerata neutrale. In particolare è preferibile, per condizioni

standard, osservare un oggetto con la luce diurna (a mezzogiorno) riflessa

da nord (l’osservatore si direziona verso il nord). L’angolo di

osservazione raccomandato è di 45 e lo sfondo deve essere grigio, nero o

bianco.

Uno dei primi esempi di codifica del colore delle leghe d’oro è quanto

fatto, nei primi decenni del secolo scorso, nei laboratori della Degussa a

Pforzheim. In tali laboratori furono preparate 1089 diverse leghe d’oro,

che coprivano tutto l’intervallo di composizione del sistema ternario oro-

argento-rame, per ognuna di queste 1089 leghe fu prodotta una lamina a

forma di triangolo equilatero successivamente assemblati in un grande

triangolo con un metro di lato. Sfortunatamente questa tavola di colori

del sistema ternario delle leghe oro-argento-rame andò distrutta durante

la seconda guerra mondiale. Questo e altri lavori permisero comunque di

codificare le prime descrizioni dei colori delle leghe d’oro e di

sensibilizzare gli operatori in proposito. La limitazione di questi lavori

era che la colorimetria (la scienza della misura dei colori) era ancora agli

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albori e non permetteva una discriminazione oggettiva di tali leghe

limitando quindi gli operatori alla sola valutazione visiva.

Lo sforzo di arrivare comunque a codificare i colori delle leghe d’oro

portò allo sviluppo di standard che si basavano sulla tecnica del semplice

confronto dei campioni.

Una delle norme più note, applicata in modo estensivo, fu la norma

tedesca DIN 8238 del 1966, che era un’estensione di una vecchia norma

applicata dell’industria svizzera degli orologi.

Questa norma si basa su una serie di leghe d’oro standard a 14 e 18 carati

che garantiscono un intervallo di colori dal rosso al bianco fino al verde e

giallo (esempio in tabella 1). La conformità dei campioni a questi colori

standard avviene attraverso il confronto con campioni di prova. Questo

metodo di valutazione del colore delle leghe d’oro fu molto comune in

Germania, Francia e Svizzera, tanto che, sebbene lo standard sia stato

ritirato, si trovano ancora suoi riferimenti in letteratura.

Il confronto visivo con campioni standard ha il vantaggio della semplicità

e convenienza, ma resta un metodo qualitativo, impreciso, altamente

soggettivo e non fornisce basi per giudicare colori al di fuori i campioni

standard arbitrari.

Codice colore Descrizione colore

1N-14 Giallo pallido – 14 carati

2N Giallo pallido – 18 carati

3N Giallo

4N Rosa

5N Rosso

0N Giallo-Verde

8N Bianco

Tab. 1 colori standard adottati per le casse d’orologio

Successivamente è stata implementata la norma ISO 8654 “Colours of

gold alloys – Definition, range of colours and designation” (attualmente è

l’unica norma tecnica internazionale di applicazione volontaria esistente)

la cui pubblicazione risale al 1987 e da allora non ha avuto revisioni.

Tale norma definisce (classifica) un numero limitato di sei colori,

codificati da 0 N a 5 N (vedere tabella 2). Nello scopo della norma ISO,

l’intervallo di colori era stato implementato per permettere al fabbricante

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di limitare lo stock di differenti colori che è obbligato a tenere e di

permettere all’acquirente di definire i suoi requisiti con precisione

facendo riferimento ai codici colore riportati senza accompagnare

l’ordine con un campione colore. A differenza della norma DIN, la

norma ISO definisce i codici colori fissando degli intervalli di coordinate

di cromaticità in modo tale che ognuno possa eventualmente verificare,

attraverso una valutazione quantitativa, i propri campioni di riferimento o

prodursi una gamma corrispondente di campioni colorimetri. La norma

ISO 8654 è stata recepita dal CEN che ne ha pubblicato la versione

europea EN 28654. In Italia esiste la versione in lingua italiana rilasciata

dall’UNI (UNI EN 28654) dal titolo “Colori delle leghe d'oro.

Definizione, gamma dei colori e designazione.” pubblicata nel 1994.

Designazione colore Descrizione colore

0 N Giallo-Verde

1 N Giallo pallido

2 N Giallo leggero

3 N Giallo

4 N Rosa

5 N Rosso Tab. 2 codici colore norma ISO 8654:1987

Attualmente vi sono diverse iniziative per meglio codificare il colore

delle leghe d’oro. Una delle iniziative più interessanti è stata attivata nel

2003 dalla MJSA e dalla World Gold Council per definire l’oro bianco.

Tale iniziativa aveva lo scopo di definire come misurare il colore delle

leghe d’oro bianco e riportarne il valore in un singolo parametro

numerico facile da capire con lo scopo ultimo di pubblicare una serie di

norme di applicazione volontaria che permettano la categorizzazione di

tali leghe in relazione alla loro “bianchezza” e alla loro necessità di

essere rivestite dal rodio. Tale sistema deve permettere di fornire un

singolo valore per permettere una facile comunicazione del colore anche

quando il campione non viene fornito.

I lavori hanno concluso che l’indice di giallo (norma ASTM D1925 “Test

Method for Yellowness Index of Plastics” (ritirata nel 1995) definito

dalle coordinate di colore X, Y e Z (tristimoli), permette di definire dei

gradi numerici per identificare le leghe d’oro bianche. Ciò ha portato alla

pubblicazione di una guida per l’industria della bianchezza dell’oro

bianco. Secondo quanto riportato, per essere chiamato oro bianco, una

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lega deve avere un valore di indice di giallo di 32.0 o inferiore. Inoltre

sono stati definiti tre gradi di oro bianco, come:

- Grado 1 – un buon colore bianco che non necessita di

rivestimento galvanico di rodio;

- Grado 2 – un ragionevole bianco dove il rivestimento galvanico

di rodio è opzionale;

- Grado 3 – un non buon bianco dove il rivestimento galvanico di

rodio è richiesto.

Il comitato per il riferimenti per il colore della MJSA (Manufacturing

Jewellers & Silversmiths of America) ha diffuso una serie di campioni di

riferimento per il colore dell’oro basata sul sistema CIELAB. Questo

sistema offre il vantaggio di descrivere il colore con dati matematici,

senza l’intervento dell’occhio umano e fa parte degli standard sul colore

e sull’aspetto del ASTM (American Society for Testing and Materials).

Quanto sopra è solo un esempio degli sforzi compiuti per razionalizzare e

codificare il colore delle leghe d’oro. D'altronde come si può vedere, allo

stato attuale non vi è un sistema univocamente accettato di facile

applicazione che permetta di differenziare e distinguere i diversi colori

delle leghe d’oro conosciute e di codificare i colori che avranno le nuove

leghe d’oro.

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La Misura del Colore

Come visto in precedenza, il colore può essere valutato in termini

soggettivi ma se l'accuratezza richiesta nella valutazione va oltre la

capacità di discriminazione visiva umana allora è necessario mettere in

campo degli strumenti analitici appropriati.

L’unico sistema ad oggi che permetta di differenziare in modo univoco

ed oggettivo il colore delle leghe d’oro sono le misure colorimetriche.

Purtroppo, come meglio descritto sotto, tale tipo di misure non sono di

semplice implementazione, dato che richiedono l’acquisizione di

strumentazione professionale e la conoscenza delle funzioni matematiche

alla base del principio. Le misure colorimentriche sono inoltre limitate

dal fatto che necessitano di una discreta superficie di misura impedendo

così di fatto il loro utilizzo ai prodotti finiti di piccole dimensioni o forme

complesse, ma più semplicemente alle leghe non lavorate o semilavorate

opportunamente lucidate e pulite.

Per poter misurare una cosa, questa deve essere prima definita. Tale

concetto vale a maggior ragione per il colore, date che esso è una

caratteristica soggettiva. Non essendo una caratteristica propria di un

oggetto, si è sentita la necessità di trovare una o più grandezze che

potessero renderlo misurabile in modo standardizzato, per poterlo

classificare e riprodurre. Infatti il colore che percepisce l’uomo, è diverso

da quello che percepiscono gli animali, dato che vedono in modo

differente e hanno occhi sensibili a lunghezze d'onda diverse da quelle

che percepisce l’uomo (ad esempio alcuni insetti sono sensibili agli

ultravioletti).

Il colore può essere codificato in vari modi e le modalità sono

testimoniate dall'evoluzione storica dei documenti pubblicati da

organizzazioni internazionali e non volte allo studio dei vari aspetti

metodologici e applicativi del colore.

Il sistema Munsell (sviluppato dall’artista americano Albert Henry

Munsell) è stato il primo sistema per comunicare dati sul colore che

fossero facilmente comprensibili. Il sistema Munsell, che fu sviluppato

nel 1898 con la creazione della sua sfera di colore, o albero, prese la sua

forma definitiva con la pubblicazione nel 1905 del libro “A Color

Notation”. Questo lavoro fu poi ristampato diverse volte fino a diventare

uno standard per la colorimetria. Con tale sistema il colore è descritto con

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un codice alfanumerico, in particolare da: “colore”, “croma” e “valore”.

Munsell definì il colore come "la qualità con cui noi distinguiamo un

colore da un’altro." Munsel selezionò cinque colori principali: rosso,

giallo, verde, blu, and viola; e cinque colori intermedi: giallo-rosso,

verde-giallo, blu-verde, viola-blu e rosso-viola. Il “croma” indica

l’intensità del colore, come distanza da un asse bianco-grigio-nero ed il

“valore” indica la posizione sulla scala bianco-grigio-nero. Il sistema

Munsell si affida ancora all’occhio umano ed i colori sono descritti

confrontandoli visivamente con dei campioni di colore standard, in modo

da trovare quello più somigliante.

Gli sforzi maggiori per definire in modo univoco la misura del colore,

sono stati compiuti da organismi internazionali come la CIE

(Commissione Internazionale sull'Illuminazione) e la OSA (Optical

Society of America). La CIE ha compiuto lavori di rilievo verso la

creazione di scale e spazi colorimetrici entro i quali sia possibile eseguire

misurazioni che prescindano dalla soggettività e che permettano di

eseguire dei calcoli su delle grandezze definite. Gli spazi colorimetrici

creati non sono lineari, come prevedibile, poiché dipendono da variabili

particolari come la curva di risposta spettrale dei fotorecettori sensibili al

colore posti sulla retina dell'occhio e dall'interpretazione del cervello. La

OSA ha eseguito importanti ricerche sulla non linearità di questi spazi e

sulla costruzione di campioni indeformabili di colore definito.

Il sistema di misura, riconosciuto internazionalmente è stato sviluppato

dalla CIE. Tale sistema ha subito delle modifiche nel tempo e

attualmente ve ne sono di diverse versioni. Le diverse versioni sono

correlate al campo di applicazione per cui sono state sviluppate.

Le più comuni varianti di valutazione colorimetrica CIE sono quelle

denominate “CIE Color Space” e “CIElab”. Tali sistemi di misura sono

ormai considerati il riferimento internazionale e quindi è necessario

riferirsi ad esse quando si parla di colore in termini assoluti o vi è la

necessità dello scambi di informazioni sul colore di un oggetto che siano

correttamente (accuratamente) interpretabili tra due o più parti.

In definitiva, il lavoro fatto dalla CIE, è stato quello di sviluppare un

sistema che correlasse le interazioni tra una sorgente luminosa, l’oggetto

di cui si vuole definire il colore e l’osservatore.

Per fare ciò si è cercato di standardizzare i seguenti parametri:

- Illuminamento;

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- condizioni dell’osservatore;

- calcolo dei valori di tristimolo X, Y e Z. (I valori di tristimolo

descrivono (simulano) la risposta da parte del sistema visivo

umano ad uno specifico colore);

- conversione dei valori di tristimolo in valori di coordinate di

cromaticità x, y e Y più facilmente comprensibili. Tali coordinate

cromatiche vengono generalmente rappresentate su un grafico

riferite come “spazio colore” (color space).

I valori di tristimolo vengono convertiti nelle coordinate di cromaticità

perché non sono un mezzo pratico per descrivere il colore di un oggetto,

ma piuttosto un mezzo per determinare se, confrontando due colori, essi

hanno gli stessi valori di tristimolo.

Sostanzialmente si somma le risposte di stimolo di colore e le si

normalizza alle curve spettrali di risposta dei fotorecettori sensibili al

colore. Come riferimento vengono utilizzate le curve spettrali codificate

dalla CIE chiamate funzioni colorimetriche. Le aree sottese dalle tre

curve che si ottengono alla fine del procedimento danno origine a tre

valori che sono appunto le coordinate di tristimolo X, Y e Z legate alle

coordinate di cromaticità x ed y da relazioni lineari. I passaggi da uno

spazio di colore ad un altro sono dati da determinate relazioni di

trasformazione di coordinate.

Le coordinate di cromaticità x e y vengono riferite a tonalità e croma. La

terza coordinata Y è la luminosità (vivacità) del colore.

Il diagramma di cromaticità rappresenta i colori meno saturi, che si

approssimano alla neutralità (bianco, nero e grigio), al centro, mentre

verso i bordi vi sono i livelli di saturazione più elevati.

Una raffinazione di questo lavoro, portò nel 1976 al CEI Uniform Color

Space. Questo metodo convertì i valori di tristimolo in un set di

coordinate di cromaticità alternative definite come uI e v

I. Il vantaggio di

questo sistema stava nel fatto che la forma dello “spazio di colore”

risultava equamente distribuito per i diversi colori.

Un alternativo e ormai molto diffuso metodo per definire i colori è il

sistema CIElab Color System. Questo sistema è basato sulla premessa

arbitraria che ci sono tre differenti tipi di ricettori negli occhi (rosso, blu

e verde). Quando questi ricettori vengono eccitati, il cervello interpreta

questi tre segnali come segue; chiaro o scuro, rosso o verde e giallo o blu.

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Le coordinate definite per rappresentare questi segnali sono:

L*

= luminosità (nero se il valore è 0 e bianco se il valore è 100);

a* = intensità delle componenti verdi e rossa (colorazione rossa se il

valore è positivo, colorazione verde se il valore è negativo);

b*

= intensità delle componenti blu e gialla (colorazione gialla se il valore

è positivo, colorazione blu se il valore è negativo).

La grandezza dei singoli valori ne descrive la “forza” (predominanza)

relativa di quei colori. In questo modo, quando le coordinate a* e b

* si

avvicinano allo zero, il colore diventa neutro (bianco, nero e grigio),

mentre quando i valori di a* e di b

* aumentano la saturazione del colore

aumenta. (Fig. 1)

Il CIElab e lo “spazio di colore” più completo definito dal CIE. Esso

descrive tutti i colori che l’occhio umano può vedere e è stato creato per

essere utilizzato come modello di riferimento da utilizzare.

La relazione non lineare fra L*, a

* e b

* è stata intesa per mimare la

risposta non lineare dell’occhio. Tant’è che, variazioni uniformi nelle

componenti di L*, a

* e b

* nello “spazio di colore” corrispondono a

uniformi variazioni nella percezione del colore.

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Fig. 1

Come già accennato, quando si vuole misurare un colore bisogna adottare

delle condizioni standard così da assicurare accuratezza e precisione. Ciò

significa utilizzare la stessa condizione di illuminazione, posizione di

osservazione e strumentazione.

Il CIE ha definito diverse tipologie di illuminanti standard che non sono

altro che sorgenti di luce che emettono una determinata intensità

luminosa per ogni specifica lunghezza d’onda.

Per quanto riguarda l’osservazione, si è cercato di fissare le dimensioni

della finestra di osservazione attraverso cui si osserva l’oggetto; questo si

traduce in un angolo di osservazione.

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Come Misurare il Colore

La misurazione del colore ossia la misurazione degli indici cromatici

(coordinate cromatiche) richiede l'impiego di strumenti analitici accurati.

La soggettività dell'osservazione umana basata sul confronto tra

campione incognito e campione di riferimento è sostituita dalla

misurazione di grandezze fisiche dalle quali si ricavano gli indici

cromatici adeguati al contesto di valutazione colorimetrica in essere.

Gli strumenti di tipo colorimetrico si differenziano per la configurazione

geometrica di misurazione adottata. La guida CIE 15 “Colorimetry”

contempla varie configurazioni strumentali e la preferenza di una rispetto

all'altra è legata al criterio di valutazione del colore adottato. Nel caso dei

campioni di metallo con superficie lucida va sempre tenuto presente

l'elevata riflettività speculare e quindi la bassa saturazione cromatica, per

cui le configurazioni preferite saranno quelle nelle quali la luce riflessa

dal campione è fuori dall'angolo di rilevazione.

Il colore di un oggetto è visto come conseguenza del fatto che l'oggetto

riflette parte della luce ambientale quindi il fattore di riflessione

(spettrale), brevemente riflettanza (spettrale), è la grandezza da misurare

(misurabile) per poter ricavare le informazioni sul colore. La misurazione

della riflettanza è eseguita mediante spettrometri o spettrofotometri

corredati spesso con sfere integratrici per riprodurre le condizioni di

misurazione previste dalle norme.

Gli strumenti possono essere estesi e complessi da gestire oppure

compatti e di impiego relativamente facile. Esistono infatti strumenti da

un lato come gli spettrofotometri a doppio monocromatore ed ad elevato

intervallo di risposta fotometrica oppure gli ellissometri. D'altro canto

commercialmente sono disponibili strumenti portatili che consentono di

ricavare informazioni sui principali indici colorimetrici con misurazioni

della durata di solo alcuni secondi.

La differenza tra i due tipi di strumenti ovviamente è la versatilità di

impiego dei primi associata ad una maggiore accuratezza e la praticità

d'uso dei secondi a scapito di una scarsa versatilità.

Costruttivamente le componenti ottiche essenziali sono le medesime. Una

o più sorgenti radianti o luminose costituite generalmente da lampade ad

incandescenza oppure ad arco con emissioni spettrali rilevanti nel visibile

e/o nell'ultravioletto. Un dispositivo di dispersione della radiazione

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23

costituito generalmente da uno o due monocromatori e rappresentati, nel

caso più semplice, negli strumenti portatili da un singolo reticolo

diffrattivo. Un sistema di collimazione della radiazione oppure di

illuminazione del campione a seconda che la misurazione sia effettuata

mediante un fascio collimato di direzione definita oppure mediante

radiazione diffusa da una sfera integratrice. Uno o più sensori sensibili

alla luce, quale un singolo sensore fotoconduttivo o fotovoltaico oppure

un sensore a multielementi sensibili (array, CCD). Infine, ma non meno

importante, un sistema di acquisizione ed elaborazione dei valori di

misura spettrali che fornisca come risultato finale i valori di misura degli

indici colorimetrici.

Gli spettrofotometri a doppio monocromatore hanno una risoluzione in

lunghezza d'onda che può arrivare a qualche centesimo di nanometro. Gli

spettrometri ad array generalmente hanno una risoluzione in lunghezza

d'onda dell'ordine del nanometro. Dal punto di vista colorimetrico è più

che sufficiente, per scopi pratici di confronto tra campioni, la risoluzione

del nanometro. Tuttavia si tenga presente che i calcoli colorimetrici si

basano su valori tabulati ad intervalli di 1 nanometro e che viene

raccomandato dalla CIE che l'ampiezza della banda passante (ossia

l'ampiezza dell'intervallo spettrale della radiazione che incide sul

campione durante la misurazione spettrale) non superi 1 nanometro in

tutto l'intervallo spettrale rilevante per i calcoli delle grandezze

colorimetriche. Queste condizioni nel caso di misurazioni in cui è

richiesta un elevata accuratezza possono rendere non sufficiente

l'impiego di uno strumento portatile e richiedere necessariamente

l'utilizzo di uno strumento più sofisticato.

Le condizioni geometriche di misurazione illuminazione/rilevazione

previste dalla CIE possono essere raggruppate in quattro tipi:

− (0/45): il campione è illuminato in direzione perpendicolare alla

superficie e la rilevazione della radiazione riflessa è effettuata in

direzione inclinata di 45 gradi rispetto alla perpendicolare.

− (45/0): il campione è illuminato lungo una direzione inclinata di 45

gradi rispetto alla perpendicolare alla superficie e la rilevazione è

eseguita perpendicolarmente.

− (d/0): il campione è illuminato da tutte le direzioni e la rilevazione è

eseguita lungo la perpendicolare.

− (0/d): il campione è illuminato dalla direzione perpendicolare alla

24

superficie e tutta la radiazione riflessa dal campione in qualsiasi

direzione è raccolta, sommata e misurata.

In pratica questi quattro tipi di configurazioni possono subire delle

leggere modifiche che possono riguardare la direzione dell'angolo di

incidenza e/o rilevazione e la totalità della radiazione impiegata

nell'illuminamento del campione o la totalità della radiazione riflessa

raccolta e misurata. La CIE tuttavia impone dei limiti sulle modifiche

apportabili agli angoli rispetto alle configurazioni ideali. Altre

imposizioni sulle condizioni di misurazione possono riguardare la

collocazione delle sorgenti e/o dei sensori rispetto alle loro reciproche

posizioni e rispetto alla posizione del campione.

Lo Strumento

La misurazione delle caratteristiche colorimetriche delle leghe preziose

può essere eseguita mediante la misurazione del fattore di riflessione.

Dal fattore di riflessione è possibile ottenere informazioni quantitative su

varie grandezze colorimetriche tra le quali:

L* - luminanza

a* - intensità della componente cromatiche verde/rossa

b* - intensità della componente cromatiche blu/gialla

C - croma

Queste informazioni dipendono strettamente dalla configurazione

adottata per la misurazione del fattore di riflessione. I parametri importati

per eseguire una misurazione comparabile con altri strumenti sono vari,

ma i più significativi sono gli angoli di illuminazione e di ricezione della

luce.

Infatti è ben noto che l'aspetto visivo in termini di brillantezza e di colore

dipendono dall'angolo sotto il quale il campione viene osservato e

dall'angolo di incidenza della luce che lo illumina.

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25

Come detto nella precedente sessione, esistono varie configurazioni

strumentali di illuminazione/rilevazione1 che possono essere impiegate

per eseguire la misurazione della riflettanza. La scelta dipende

essenzialmente dalle proprietà riflettenti che si vogliono misurare, ad

esempio le proprietà di riflessione speculare oppure quella diffusa.

Uno strumento che soddisfi le raccomandazioni del documento CIE

15:2004 relative alle misurazioni a scopo colorimetrico richiede le

seguenti configurazioni geometriche di misurazione:

geometria di:8°

cioè con illuminazione diffusa del campione e misurazione della luce da

esso riflessa nella direzione a 8 gradi di inclinazione rispetto alla normale

alla superficie del campione e con componente riflessa speculare inclusa

nella misurazione.

geometria de:8°

simile alla precedente con la variante che la componente riflessa

speculare è esclusa dalla misurazione.

Lo strumento è composto dalle seguenti parti:

- sorgenti;

- sfera integratrice;

- spettrografo;

- sensori;

- ottica di collimazione;

- registratore dati.

La sorgente o le sorgenti in generale hanno lo scopo di illuminare il

campione con luce avente una sufficiente intensità a tutte le componenti

spettrali necessarie per le misurazioni colorimetriche. Le sorgenti

possono essere continue, come la classica lampada alogena, oppure

pulsate come le lampade allo Xeno. La scelta dipende da vari fattori quali

la stabilità di segnale oppure la possibilità di effettuare misurazioni anche

1 La norma CIE 15:2004 ritiene deprecabile l'uso del termine 'osservazione' (viewing)

inteso come atto di vedere la luce riflessa da un oggetto in un contesto di

misurazione. Il termine 'osservazione' è preferibile solamente per indicare l'atto

umano di osservare un oggetto illuminato nella medesima configurazione

geometrica di quella di misurazione.

26

in presenza di un fondo luminoso ambientale confrontabile o addirittura

superiore all'intensità della luce riflessa dal campione.

La sfera integratrice è spesso la componente essenziale dello strumento e

determina la geometria di misurazione. Come suggerisce il termine, essa

è costituita da una sfera rigida che ha lo scopo primario di raccogliere la

radiazione, in questo caso, riflessa dal campione. Il termine 'integrazione'

è sinonimo di “tutto” ovvero la sfera è considerata integrante quando

riesce a raccogliere “tutta” la radiazione riflessa. Ovviamente questa

condizione è una idealizzazione a cui tanto più ci si avvicina quanto

maggiore è il diametro della sfera integratrice. Una sfera però quanto più

è grande, tanto più tende ad assorbire la radiazione al suo interno in

quanto maggiore è la sua superficie e il numero di riflessioni. Diventa

allora importante avere una superficie interna altamente riflettente che

mantenga però nel contempo caratteristiche di diffusione della radiazione

le quali sono essenziali per una corretta integrazione. Ecco quindi che

generalmente le sfere integratrici presentano delle superfici interne

bianche e polverulente con coefficiente di riflessione prossimo all'unità.

Lo spettrografo è quella componente dello strumento dove la radiazione

viene scomposta nelle sue componenti cromatiche. Esso è costituito

generalmente negli strumenti portatili, oltre che da alcune componenti

ottiche ausiliarie, da un reticolo di diffrazione sul quale la luce incidendo

viene riflessa oppure trasmessa in più direzioni in funzione della sua

lunghezza d'onda proprio come accade quando la luce incide su un

prisma ottico.

La radiazione separata nelle sue componenti cromatiche viene rilevata da

un sensore il quale ha il compito di tradurre l'intensità della radiazione in

un segnale elettrico generalmente e auspicabilmente proporzionale. I

sensori possono essere a grandi linee classificati come fotoconduttori

oppure fotovoltaici. Quelli fotoconduttori hanno trovato recentemente

ampia applicazione soprattutto negli strumenti portatili dove compaiono

sotto forma di array di sensori al Silicio oppure CCD. Nel caso degli

array il vantaggio decisivo è la possibilità di evitare l'impiego di

monocromatori motorizzati per la selezione della lunghezza della

radiazione proveniente dal reticolo. In tal modo lo strumento diventa

oltre che estremamente compatto anche molto meno sensibile dal punto

di vista meccanico. L'uso degli array limita la risoluzione spettrale ma

per le misurazioni di tipo colorimetrico questo non costituisce una

limitazione a priori.

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Le varie componenti descritte ovviamente non operano da sole dal punto

di vista ottico. Infatti quando il campione viene appoggiato alla parete

esterna della sfera per eseguire la misurazione del fattore di riflessione, la

luce della sorgente è collimata sulla sua superficie mediante delle

componenti ottiche quali lenti e specchi. Analogamente la radiazione

riflessa dal campione e raccolta dalla sfera viene “vista” dal reticolo

mediante un'altra ottica di collimazione. Infine la radiazione dispersa dal

reticolo viene convogliata sul sensore tramite altre componenti ottiche.

Le informazioni relative alle varie grandezze colorimetriche misurate

possono essere ottenute a partire dai valori di misura del fattore di

riflessione alle singole lunghezze d'onda. Questi singoli valori di misura

sono ottenuti dalla lettura del segnale corrispondente a ciascun singolo

elemento del sensore ad array. Ovviamente tutto questo è fattibile grazie

alla possibilità di memorizzare i singoli valori di misura del fattore di

riflessione spettrale. Da questi dati memorizzati si possono calcolare

quindi i valori di misura delle grandezze colorimetriche. Generalmente il

processo di memorizzazione e di calcolo viene gestito negli strumenti

portatili da hardware e software appositi e fornito come risultato su

display integrati nello strumento.

28

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Parte sperimentale

30

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31

Misurazioni

Lo scopo delle misurazioni colorimetriche è quello di mostrare come al

variare del titolo della lega la variazione del suo colore può essere

quantificata mediante l'impiego di opportune grandezze colorimetriche.

Le misurazioni sono state eseguite su campioni di metalli preziosi

costituiti da dischi di leghe d'oro e di leghe d'argento di differente

composizione nominale.

Lo strumento utilizzato è dotato di una sfera integratrice da 52 mm con la

possibilità di effettuare misurazioni nelle due configurazioni di:8° e

de:8°. L'intervallo di misurazione del fattore di riflessione relativo

spettrale è da 360 a 740 nm, con una regione di indagine del campione di

forma circolare di diametro 8 mm. Il sistema di misurazione si basa su un

reticolo diffrattivo e un sensore ad array a 40 elementi.

La fase sperimentale del progetto è stata realizzata con la collaborazione

del Laboratorio Saggio Metalli Preziosi della Camera di Commercio,

Industria, Artigianato e Agricoltura di Vicenza.

La sessione di misurazioni prevede una calibrazione iniziale rispetto ad

un campione di riferimento “nero” ed una rispetto ad un campione

“bianco” in modo da fissare due punti sulla scala del fattore di riflessione

relativo.Le misurazioni sono state eseguite con la configurazione di:8°.

Data l'elevata riflettività dei campioni, le prove eseguite con la

configurazione de:8° non hanno dati risultati significativi.

Le coordinate colorimetriche utilizzate sono le CIE L* a* b* e le CIE x y.

La Tabella 1 riportata i risultati ottenuti per le coordinate L* a* b* per

l'illuminante D65 nel caso di campioni di tre leghe d'oro giallo di titolo

differente. La tabella riporta anche la composizione nominale nei cinque

elementi oro, argento, rame, zinco e nichel.

Campione L*(D65) a*(D65) b*(D65) Au Ag Cu Zn Ni

11 Au 375Y 86.8 4.41 22.5 375.0 93.8 437.3 93.8 0.0

20 Au 585Y 88.3 3.79 23.1 585.0 83.0 269.4 62.3 0.0

29 Au 750Y 87.4 4.64 29.3 750.0 141.3 99.9 8.8 0.0

Tabella 1

32

La Tabella 2 riporta risultati analoghi per delle leghe di oro bianco

mentre la Tabella 3 per delle leghe d'oro rosso.

Campione L*(D65) a*(D65) b*(D65) Au Ag Cu Zn Ni

08 Au 375W 83.7 2.19 11.1 375.0 0.0 423.4 75.0 125.0

17 Au 585W 84.1 2.91 13.3 585.0 0.0 281.2 49.8 83.0

26 Au 750W 82.4 5.38 20.8 750.0 0.0 169.4 30.0 50.0

Tabella 2

Campione L*(D65) a*(D65) b*(D65) Au Ag Cu Zn Ni

14 Au 375R 81.2 11.6 18.9 375.0 25.0 578.1 18.8 0.0

23 Au 585R 74.5 13.2 16.9 585.0 16.6 383.9 12.5 0.0

32 Au 750R 83.6 10.8 21.7 750.0 10.0 231.3 7.5 0.0

Tabella 3

Come si può vedere le due coordinate cromatiche CIE a* e b*

consentono di distinguere i vari tipi di lega sia relativamente al colore, sia

relativamente al titolo nell'ambito di un medesimo colore.

La Tabella 4 riporta invece i risultati ottenuti per una coppia di leghe

d'argento di titolo differente e anche in questo caso è possibile la loro

discriminazione sulla base delle coordinate CIE a* e b*. Si osservi

l'effetto lineare della maggiore concentrazione di rame sulla coordinata

a* (giallo-blu) mentre la b* (rosso-verde) manifesta una saturazione

cromatica.

Campione L*(D65) a*(D65) b*(D65) Au Ag Cu Zn Ni

02 Ag 800 89.2 1.10 11.4 0.0 800.0 128.0 71.4 0.0

05 Ag 925 90.8 0.51 10.2 0.0 925.0 48.0 26.8 0.0

Tabella 4

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Le misure per le coordinate CIE x y, sempre relative all'illuminate D65,

sono riportate tutte in Tabella 5. Come si può osservare la distinzione

delle varie leghe sia tra colori nominali che tra titoli è generalmente

ancora fattibile anche se con qualche eccezione notevole (cfr. ad esempio

i dati della terza e quarta riga relativi ad oro giallo di differente titolo).

Campione x(D65) y(D65)

02 Ag 800 0.337 0.352

05 Ag 925 0.333 0.350

11 Au 375Y 0.363 0.372

20 Au 585Y 0.363 0.373

29 Au 750Y 0.376 0.384

08 Au 375W 0.339 0.352

17 Au 585W 0.344 0.356

26 Au 750W 0.363 0.369

14 Au 375R 0.370 0.360

23 Au 585R 0.373 0.356

32 Au 750R 0.373 0.365

Tabella 5

Ricordiamo che la norma ISO 8654:1987 (E) – Colours of gold alloys –

Definition, range of colours and designation - specifica un intervallo di

colori per striscioline d'oro da utilizzarsi come campioni di confronto

nelle transazioni tra produtori ed acquirenti.

La norma utilizza come illuminate di riferimento il D65 e come

coordinate cromatiche le CIE x y tuttavia riconosce l'uso delle coordinate

CIE L* a* b* per scopi speciali o nel campo della standardizzazione

internazionale.

La Figura 1 mostra le coordinate cromatiche CIE L*a*b* delle tre leghe

d'oro con titolo nominale 750.

34

Figura 1

La Figura 2 confronta invece le medesime coordinate ma per le due

leghe d'argento.

Figura 2

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La Figura 3 mostra le curve del fattore di riflessione relativo spettrale per

le due leghe d'argento assieme alle tre d'oro con titolo 750 mentre la

Figura 4 mostra invece il corrispondente grafico CIE xy.

Figura 3

Figura 4

36

Conclusioni

In conclusione i campioni, esaminati che costituiscono una campionatura

minima ma significativa in termini di titolo e colore di leghe preziose in

oro e argento, possono essere caratterizzati con elevata capacità

discriminante mediante misurazioni di tipo colorimetrico. In particolare

le misurazioni sui campioni hanno evidenziato la bontà delle grandezze

colorimetriche CIE L* a* b* come indici discriminanti sia di colore a

parità di titolo, sia di titolo a parità di colore nominale del metallo

prezioso.

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37

Bibliografia

Riferimenti

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Mechanism of Variation in Optical Property;

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Gold Bulletin 1979 12(1);

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1980 13(3);

T. Shiraishi, K. Hisatsune, Y. Tanaka, E. Miura and Y. Takuma, Optical

Properties of Au-Pt and Au-Pt-In Alloys, Gold Bulletin 2001 34(4)

C.V. Corti, White Gold Colour Defined, Gold Bulletin 2005 38/1;

S. Henderson and D Manchandra, White Gold Alloys: Colour

measurement and Grading, Gold Bulletin 2005 38/2;

C. W. Corti, Blue, Black and Purple! the Special Colours of Gold,

International Jewellery Symposium, St Petersburg, 2006;

C. Cretu and Elma Van Der Lingen, Coloured Gold Alloys, Gold Bulletin

1999 32(4);

G. Wyszecki and W.S. Stiles, Color Science: Concepts and Methods,

Quantitative Data and Formulae, Wiley, New York 1982;

38

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39

Appendice

40

Il ruolo dei soggetti coinvolti

La Camera di Commercio I.A.A. di Belluno ha aderito all’iniziativa

Dolomiticert 2 promuovendo il progetto alla Regione Veneto.

Certottica S.c.a.r.l. Istituto Italiano per la certificazione dei prodotti

ottici, ha realizzato la presente ricerca del settore orafo e prevista nel

progetto denominato “Dolomiticert 2”.

Il Laboratorio Saggio Metalli Preziosi della Camera di Commercio

I.A.A. di Vicenza ha fornito le materie prime per la parte sperimentale

della ricerca e collaborato direttamente nel coordinamento delle attività

previste.

La Fondazione Giacomo Rumor - Centro Produttività Veneto (CPV)

ha contribuito alla gestione delle attività di promozione e divulgazione

dei risultati del progetto denominato “Dolomiticert 2” per la parte

dedicata al settore dell’orafo.

Attraverso www.orotech.it, portale tecnologico per il settore orafo gestito

dal CPV, vengono evidenziati e diffusi i risultati del presente progetto.

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41

Certottica S.c.a.r.l.

Certottica S.c.a.r.l. è l'Istituto Italiano di Certificazione dei prodotti

ottici autorizzato al rilascio di attestati di conformità per la certificazione

CE di prodotti ai sensi degli articoli 10 e 11 parte A della direttiva

89/686/CEE relativa ai dispositivi di protezione individuale per gli occhi

e dei dispositivi di protezione totali e parziali del viso.

Nato in armonia con il territorio e la sua storia, che racconta l’origine e lo

sviluppo degli occhiali, l’Istituto è cresciuto nel tempo offrendo un ampio

e qualificato ventaglio di servizi. L’elevata professionalità fa di

Certottica un importante supporto alle aziende, sia nazionali sia

internazionali, nell’analisi di prodotti e processi produttivi come previsto

dalle direttive europee e dagli standard internazionali, rilasciando

rapporti di prova idonei a certificarne la conformità.

Certottica è notificato a Bruxelles con numero identificativo 0530 quale

Istituto di Certificazione riconosciuto autorizzato dal Ministero dello

Sviluppo Economico e dal Ministero del Lavoro e della Previdenza

Sociale al rilascio di attestati di conformità per la certificazione CE di

dispositivi di protezione per gli occhi e di protezione totale e parziale del

viso iscritto all’Albo dei laboratori di ricerca altamente qualificati con

riconoscimento del Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e

Tecnologica accreditata dalla Regione Veneto come ente di formazione

continua e formazione superiore e certificata UNI EN ISO 9001:2000 per

la progettazione, gestione e rendicontazione di corsi formativi

Certottica ha, inoltre, firmato una convenzione con la Direzione Generale

per l’Armonizzazione del Mercato e la Tutela dei Consumatori del

Ministero dello Sviluppo Economico, l’Agenzia delle Dogane e ANFAO,

per tutelare salute e sicurezza dei consumatori, salvaguardare le imprese

che operano correttamente sul mercato e svolgere un’attività di vigilanza

del mercato nell’ambito del settore ottico.

Aree di intervento: certificazione – formazione – normazione - ricerca

& innovazione

Ulteriori informazioni sul sito www.certottica.it .

42

Il Laboratorio Saggio Metalli Preziosi

Il Laboratorio di Saggio dei Metalli Preziosi è stato istituito nel 1966 su

richiesta delle Associazioni di Categoria del settore orafo.

In ottemperanza alla recente Normativa sulla disciplina dei titoli e dei

marchi di identificazione dei metalli preziosi - Decreto legislativo n° 251

del 22 maggio 1999 - è abilitato alla certificazione di conformità del

titolo dei metalli preziosi e di controllo sia sul mercato interno che per

l’esportazione.

Il Laboratorio rilascia Rapporti di Prova e Certificati di Conformità che

hanno validità giuridica, riconosciuti dagli Organi di Stato, dalle Dogane,

da Istituzioni pubbliche e private.

Nel settore dei metalli preziosi fornisce alle aziende, agli operatori del

settore e al privato cittadino un servizio d’analisi e di verifica del titolo di

Oro, Argento, Platino e Palladio sottoforma di materia prima,

semilavorati, prodotto finito e dei residui della lavorazione.

In conformità alle prescrizioni della Norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025 : 2005 e

ai criteri applicabili delle Norme UNI EN ISO serie 9000 , il Laboratorio è

Accreditato SINAL.

A livello tecnico scientifico, il Laboratorio collabora con il competente

Ministero delle Attività Produttive, con le Associazioni di Categoria del

Settore, con Istituti di normazione e di ricerca (UNI e C.N.R.), con

l’ASSICOR e con il Comitato Tecnico Europeo di Normazione.

Ulteriori informazioni sul sito www.vi.camcom.it .

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Il Centro Produttività Veneto

La Fondazione Giacomo Rumor - Centro Produttività Veneto (CPV) è

attiva da oltre 50 anni svolgendo attività di formazione, informazione e

assistenza all’innovazione tecnologica ed alla creazione di nuove

imprese. Come braccio operativo per l’Innovazione del sistema camerale,

realizza concretamente il Progetto Innovazione che la Camera di

Commercio IAA di Vicenza promuove nel territorio vicentino. L’Area

Innovazione del CPV, propone e fornisce alle PMI un modello di risposte

ai loro specifici fabbisogni ed una concreta proposta di servizi sviluppati

ad hoc sui temi della proprietà intellettuale, dei materiali innovativi e

del trasferimento tecnologico.

Tra i servizi proposti alle aziende: • Servizi PatLib (informazioni e consulenze sulla Proprietà Intellettuale).

• Servizio Brevetti Info Express (BIEX).

• Irene Access Point - Irc Network: servizio finalizzato all’incontro tra domande e le

offerte di tecnologia.

• MaTech® Point Vicenza: servizio sui materiali e le tecnologie innovative.

• Servizio di formazione sul Design Industriale.

• Servizio di formazione e training per l’industria.

• I portali di informazione tecnologica: www.vicenzalabnet.it, www.orotech.it,

www.demotech.it.

• Informazioni sui bandi regionali, nazionali e comunitari in tema di innovazione.

Il portale tecnologico del settore orafo

Nello specifico per il settore orafo, si evidenzia l’importante azione

svolta attraverso il portale www.orotech.it.

Nato come uno degli obiettivi programmatici del progetto

“Valorizzazione di prodotti e processi nel settore dei metalli preziosi”,

oggi Orotech è il portale sull’innovazione tecnologica, punto di

riferimento dove le aziende possono reperire informazioni ad alto

contenuto tecnologico su Bibliografia, Brevetti, Normativa e

Seminari tecnico-scientifici. Suggerisce percorsi di miglioramento dell’organizzazione aziendale e

della progettazione, per sviluppare conoscenze, diffonde informazioni

relativamente a leghe e materiali e ad alcuni fra i processi produttivi più

diffusi nel settore.

Ulteriori informazioni sul sito www.cpv.org e www.orotech.it

44