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PRATYABHIJÑ DAYA ÅHKՒEMARÅJA

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PRATYABHIJÑ DAYAÅHṚ

KՒEMARÅJAVASUGUPTA

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Il Pratyabhijñåhÿdayam è un’opera dello Âivaismo del KåŸmır che conden-sa in 20 s¥tra la conoscenza dell’åtman.

L’opera, attribuita a Kṣemaråja, uno dei più insigni discepoli di Abhinava-gupta e commentatore dello Âivas¥tra di Vasugupta, prospetta la modalità opportuna per operare il ‘riconosci-mento diretto’ (pratyabhijñå) dell’å-tman in noi stessi.

Egli si tiene al di sopra di qualunque disputa dialettica e perviene alla inte-grazione di concezioni filosofiche ap-parentemente contrastanti riconoscen-dole come gradi della Verità ultima, unica ed esente da contraddizione.

L’insegnamento esposto è il ‘cuore’ (hÿdaya) di ogni istruzione, l’essenza ultima della metafisica realizzativa Ÿi-vaita e non, il traguardo di qualsiasi dot-trina tradizionale, secondo i cui detta-mi deve essere mantenuto segreto.

Il Pratyabhijñåhÿdayam intende ri-svegliare il jıva, la individualità trasmi-grante quale riflesso di Âiva stesso, che a causa di måyå ha obliato il suo vero essere, alla consapevolezza della pro-pria natura, portandolo al ‘riconosci-mento diretto’, alla piena presa di con-sapevolezza della sua autentica essenza: la natura stessa di Âiva.

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Pratyabhijñåh®daya

–———— 9 ————–Testi della Conoscenza Tradizionale

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K≥EMARÅJA

PRATYABHIJÑÅHÍDAYA

Traduzione dal Sanscrito, presentazione e notea cura di

Kevalasa√gha

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«La Coscienza autodeterminantesi è la causa della efet-tuazione dell’universo. Atraverso la sua propria deli-berazione dispiega l’universo sul proprio schermo»

(Pra. 1-2)

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INDICE

Presentazione pag. 11

Pratyabhijñåh®dayam » 13

Testo Sanscrito » 27

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PRESENTAZIONE

Il Pratyabhijñåhÿdayam è una concisa opera dello Âivai-smo del KåŸmır che condensa in 20 s¥tra la conoscenza dell’å-tman.

Lo stesso titolo – ‘Il cuore del riconoscimento direto’ – èindicativo sia della essenzialità del testo, i cui aforismi si pre-sentano in una forma particolarmente sintetica, che della im-mediatezza della coscienza che porta a svelare.

Il Testo prospeta la condizione opportuna per operare il‘riconoscimento direto’ (pratyabhijñå) dell’åtman in noi stes-si. L’insegnamento esposto è dunque il ‘cuore’ (hÿdaya) diogni istruzione, l’essenza ultima della metafsica realizzativaŸivaita e non, nonché il traguardo di qualsiasi dotrina tra-dizionale, secondo i cui detami deve essere mantenuto se-greto – il termine hÿdaya signifca anche questo – o rivelatosolo a chi è qualifcato e in grado di recepirne il senso.

L’opera viene atribuita a K≤emaråja, uno dei più insignidiscepoli di Abhinavagupta e commentatore dello Âivas¥tra diVasugupta, il quale si ispira ai punti fondamentali della Pra-tyabhijñå di Utpaladeva (Utpalåcårya), altro maestro della me-desima corrente Âaiva, della quale riassume i punti fonda-mentali.

Nello stendere questa densa scritura, l’Autore si tiene aldi sopra di qualunque disputa dialetica e, come affermaesplicitamente, perviene alla integrazione di tute le conce-zioni flosofche apparentemente contrastanti riconoscendolecome gradi della Verità ultima, unica ed esente da contrad-dizione.

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In sostanza, l’individualità trasmigrante (jıva) non è altroche un rifesso di Âiva stesso, o meglio, del Supremo Âiva (Pa-rama©iva, il Brahman vedantico) ma, a causa di måyå, ha o-bliato il suo vero essere. Il Pratyabhijñåhÿdayam intende ri-svegliare il jıva, l’essere nel suo stato di rifesso individuato,alla consapevolezza della propria natura di åtman-Âiva, por-tandolo al riconoscimento (abhijñå) direto ossia mirato (prati),dunque al completo svelamento, della sua autentica essenza,cioè al conseguimento in vita della piena consapevolezzadella propria identità di Âiva. Per i termini tecnici si veda laPresentazione allo Âivas¥tra.

12 Il cuore del riconoscimento diretto

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K≤emaråja

Pratyabhijñåh®dayam

« Il cuore del riconoscimento direto »

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1. La Coscienza (citi) autodeterminantesi è la causa dellaefetuazione dell’universo.

Il supremo Âiva (ParamaŸiva), puro Essere senza-secondoe privo di ogni qualifcazione, è Coscienza autoesistente eassoluta, eterna e immutabile (cit).

Atraverso la måyå – la stessa infnita possibilità che rac-chiude ma da cui è anche totalmente avulso – appare qua-lifcarsi nello Âivabindu, il Punto principiale sorgente dellaesistenza manifesta e non, che a sua volta si polarizza in Âivae Âakti, Consapevolezza e Potenza-Energia. La Coscienza au-todeterminantesi (citi svatantrå) è la consapevolezza Ÿivaicapregna di potenzialità manifestante, Colei donde scaturiscel’impulso della creazione, della conservazione e della disso-luzione del mondo.

2. Atraverso la sua propria deliberazione dispiega l’uni-verso sul proprio schermo.

La ‘deliberazione’ (icchå) di Âiva non è la espressione diuna volizione individuale, ma la manifestazione della infnitapotenzialità insita nella sua natura, che esplica come atopuro, non impulsato da alcun meccanismo causale.

La manifestazione dell’universo, il suo ‘dispiegamento’ (u-nmılana), simile al distendersi di una pezza di stofa arroto-lata, esprime l’atuazione di una possibilità tra infnite e vavisto come spontanea irradiazione del Principio.

Âiva è Colui che dischiude l’universo, racchiuso in semenella sua Consapevolezza-Potenza-Atività, proiettandolo sul-lo sfondo della Coscienza sempre identica a sé stessa.

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3. La sua [apparente] molteplicità deriva dalla diferenzia-zione del soggeto e dell’oggeto [che emergono reciprocamente]conformati.

La molteplicità della manifestazione oggetiva è percepitadal soggeto individuato. Per le dotrine tradizionali la causa el’efeto non si manifestano in successione – il tempo è unaproiezione mentale – ma appaiono e scompaiono in simul-taneità. Similmente, l’io e il mondo di esperienza sono l’uno ilrifesso dell’altro ed emergono, sussistono e si riassorbono insimultaneità nella Consapevolezza unica e indifferenziata,

La dualità, da cui la molteplicità, e la stessa unità sonomodifcazioni-sovrapposizioni accidentali sul sostrato reale eassoluto di Non-dualità.

4. Anche l’åtman [individuato] consapevole, nel quale si hala [apparente] limitazione della Coscienza, è consustanziatodell’universo che è [percepito come se fosse in lui] limitato.

Fin quando è soggeto alla måyå, il jıva, che è il soggeto,il ‘conoscitore del campo’ (k≤etrajña), si identifca con il ‘cam-po’ (k≤etra), l’oggeto, permeandosi della limitata percezionedell’universo, aderendo al moto trasformante degli enti e spe-rimentando passivamente gli efeti di tale immedesimazione.

5. La stessa Coscienza diviene la mente (cita) allorché, di-scesa dallo stato di [pura] Consapevolezza (cetana), si contraefnendo per essere [apparentemente] limitata dall’oggeto diconoscenza.

È una sola e medesima Coscienza (cit) che, proietandosisu livelli inferiori, diviene coscienza oggetivante (citi) e quin-di mente (cita), con i suoi contenuti cristallizzati e potenziali(våsanå), semi ativi (saµskåra) per eventuali ulteriori pro-

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iezioni, azioni, ecc. La percezione dell’oggeto delimita il sog-geto conoscente, essenzialmente identico a Âiva, nella forma-entità del conosciuto. Atraverso il potere di måyå, la pura eassoluta Coscienza (cit) priva di limite sembra ridursi nellaforma-pensiero e nella immagine del percepito.

6. Di lei è consustanziato lo sperimentatore della måyå.

Il jıva, il rifesso di coscienza che esperisce il piano dellamanifestazione, è consustanziato di quella stessa consape-volezza da cui pare originarsi il mondo fenomenico atraversoun processo di modifcazione-sovrapposizione.

7. Ed egli, sebbene sia unico, possiede una duplice forma, ètriplicemente consustanziato, quadruplicemente essenziato e hala propria natura [apparentemente composta] di sete pentadi.

Benché il jıva, in quanto rifesso, sia essenzialmente laCoscienza senza-secondo di ParamaŸiva nirgu~a, nel momen-to stesso in cui, a causa di måyå, si identifca con l’autoco-scienza, proieta in sé il conoscitore empirico (io) e il cono-sciuto (questo, esterno o interno) acquistando un’apparentenatura duplice. Nello stesso tempo si assoggeta alla triplicemaculazione (mala) di måyå, å~ava e karma e assume unacostituzione quadruplice associandosi a Ÿ¥nya (insostanzialitàdelle cose), prå~a (energia vitale), purya≤†aka (l’otuplice cit-tadella dell’aggregato sotile) e deha (il corpo fsico denso).Così viene defnito empiricamente come composto da trenta-cinque tatva (i trentasei tatva del Trika escluso il principio©ivaico prepolarizzato).

Le sete pentadi sono: le cinque diadi relative a Âuddha eÂaktitatva, i cinque ÂuddhåŸuddhatatva (meno la måyå cheviene inserita nel gruppo seguente) , i cinque AŸuddhatatva,quindi i cinque Jñånendriya, i cinque Karmendriya, i cinque

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Tanmåtra e i cinque Mahåbh¥ta. Per tuti questi si veda loschema nella Presentazione allo Âivas¥tra.

8. Tute le posizioni [flosofche] delle [diferenti] concezionicorrispondono a gradi di quella [Coscienza dell’åtman].

La metafsica Âaiva risolve ogni contrapposizione dialet-tica nella Non-dualità di ParamaŸiva. Le diverse correnti flo-sofche che non approdano a tale Essenza possono però essereaccolte nella loro limitatezza come gradi di verità, visioniparziali o percezioni della medesima realtà-åtman còlte da an-golazioni diferenti. È utile accennare alle principali scuole:

a) La visione Cårvåka, eminentemente materialista, per laquale l’åtman è il corpo vivente conscio. Va afancata a que-sta anche la scuola buddhista Sarvåstivåda che considera realela concatenazione degli eventi relativi alla sfera della totalitàfsica nel suo momentaneo esistere-non-esistere o inevitabiledistruggersi.

b) La dotrina distintiva del VaiŸe≤ika ritiene che l’åtman siidentifchi con la buddhi e che, quando questa si dissolve congli altri tatva alla dissoluzione universale (pralaya), non restiche il vuoto-Ÿ¥nya. Si trata, quindi, di un’altra tesi materia-lista di tendenza nichilista.

c) La P¥rvamımåµså, imponendo il rito come mezzo di in-nalzamento spirituale, considera åtman l’‘io’ agente dell’atti-vità rituale e sperimentatore del suo fruto. Anche questa tesiin fondo identifca l’åtman alla intelligenza individuale (bu-ddhi) o addiritura alla mente egoica (ahaµkåra-manas).

d) La buddhi è considerata il proprio sé anche dai Bud-dhisti, per i quali la natura dell’åtman si esplica attraverso lacontinuità del fusso delle ideazioni (Vijñånavåda).

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e) In base a una errata interpretazione delle Scriture, al-cuni seguaci del Vedånta considerano åtman il prå~a, altri ilnon-essere dichiarato in taluni mahåvåkya (es. Chå. 3.19.1),avvicinandosi in tal modo, questi ultimi, alle conclusioni dellaMådhyåmikavåda.

f) La dotrina Mådhyåmika è una propaggine del Buddhi-smo, che, ponendo il reale ‘in mezzo’ (madhya) tra afferma-zione e negazione, fnisce per assumere il vuoto-nulla comePrincipio supremo (Ÿ¥nya). A questa conclusione giunge an-che la scuola buddhista VainåŸikavåda, per la quale è realesolo la natura di distrutibilità (vinåŸa) di ogni cosa.

g) Per il darŸana Såµkhya l’åtman è il puru≤a individuale,parte risultante da una trasformazione del Puru≤a universale.A questa visione si accosta anche quella Yoga, in cui la dualitàPuru\a-Prak®ti, e quindi anche la stessa individualità, si risol-ve infne in ÙŸvara.

h) Poi vi sono le scuole di impronta religiosa, come lacorrente Vai≤~ava deta Påñcaråtra (Bhågavata), per la qualel’åtman non è altro che una trasformazione ridutiva dellaCausa suprema, la Natura prima e immanifesta qual è il Si-gnore Våsudeva, la Persona universale di umana fatezza.

i) Per alcuni fautori del Vedånta monistico (Råmånuja),l’åtman è una parte di ÙŸvara, il Signore dell’universo, l’Essereche è all’inizio della manifestazione.

l) I fautori della scienza grammatica (Vyåkara~a) fon-dando tuto sulla parola (©abda, våc), identifcano l’åtman su-premo nel Brahman qualifcato dal suono o Verbo primigenio(Ÿabdabrahman), la Vibrazione manifestante universale.

m) I seguaci del Jina (i Jaina) ritengono åtman l’insieme dituti gli atomi (a~u) materiali, responsabili della vita nel lorocombinarsi variamente.

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n) Gli adepti dei Tantra credono in un åtman che, pur al dilà del mondo empirico – e quindi non conoscibile né realizza-bile diretamente – si manifesta in esso come Ÿakti.

o) Gli aderenti alla visione Ÿaiva Trika, infne, spiegando larealtà con la terna: pati, påŸa e paŸu – ossia Âiva, Ÿakti e jıva-nara (l’a~upuru≤a, l’essere individuato) – ritengono che l’å-tman sia il Principio supremo (ParamaŸiva) il quale, pur im-manente nella manifestazione, è unico, trascende la totalità edè assoluto, infnito ed eternamente identico a sé stesso, in ma-niera analoga, dunque, al Brahman del Vedånta Advaita.

Qalunque sia la teoria flosofca, la relativa elaborazionementale non può prescindere da quella coscienza che, essendoa monte di tuto quello che successivamente si presenta parti-colarizzato e fssato in opinioni, conclusioni, ecc., è essenzial-mente unica. Le diferenti visioni flosofche sono tute ugual-mente illuminate dal supremo Âiva, l’åtman unico, che in lorotraspare in varia misura a seconda dell’azione velante dellasua stessa Ÿakti.

9. A causa della limitazione [indota da parte] della Âakti,quella [realtà] essenziata di Coscienza diviene l’essere trasmi-grante (saµsårin) avvolto dalle impurità.

Atraverso la måyå il rifesso jıva si autocostituisce comeunità individuale sulla base della coscienza Ÿivaica: anche l’i-gnoranza, infati, è una sovrapposizione all’åtman-Âiva. Ve-nendo da sé a delimitarsi in una entità individuata, l’a~upu-ru≤a non può che subire il destino della peregrinazione esi-stenziale imposta dal determinismo karmico. È il jıva-rifessoche trasmigra, assumendo veicoli e sperimentando varie con-dizioni dovute al proprio trascorso karmico-inerziale, non l’å-tman infnito; è l’immagine del sole sulla superfcie increspatadell’acqua a ondeggiare e non l’astro in cielo.

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10. Anche così [nella condizione di essere trasmigrante,l’ente individuato] efetua i cinque ati (kÿtya) tale e quale [aÂiva].

Benché il Trika sia una metafsica non-dualista, in rela-zione all’universo assegna a Âiva la quintuplice atività di:creazione (sÿ≤†i), conservazione in esistenza (sthiti), velamento(vilaya), irradiazione della grazia (anugraha) tramite l’onniper-vasione cosciente e il riassorbimento fnale (saµhåra).

11. .quali sono l’espressione, la fruizione, la contempla-zione, la deposizione della condizione di seme e la pronuncia.

I cinque ati corrispondono anche alla direta esperienzadello yogin nella sua pratica meditativa. L’espressione (åbhå-sana) corrisponde alla creazione, la fruizione (rakti) alla con-servazione in esistenza, la contemplazione (vimarŸana) al rias-sorbimento, la deposizione della condizione di seme (bıjåva-sthåpana) al velamento e l’ato della pronuncia (vilåpana) allamanifestazione atraverso una presenza onnipervasiva, ossiaalla compenetrazione della totalità mediante la consapevo-lezza, eventualmente stimolata attraverso mantra, ecc.

12. La condizione di essere trasmigrante consiste nel soto-stare alla illusione delle proprie capacità nella totale ignoranzadi tale [quintuplice funzione espressiva dell’åtman].

La quintuplice funzione espressiva dell’åtman si svolgesempre e non solo a livello universale ma anche in quelloindividuale relativo all’ente particolare. Qest’ultimo, però,identifcato con sé stesso, con il corredo di potenzialità, con ilveicolo e con la sua limitata sfera di esperienza, soggiace allafalsa idea di essere egli stesso ad agire autonomamente e aregolare il proprio destino. Viceversa il jıva è trascinato dal-

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l’impulso karmico, che si concretizza nei gu~a, nelle våsanå enei saµskåra, lungo indefnite traietorie predeterminate sucui non può esercitare deliberatamente alcun controllo.

13. Qando vi è la completa conoscenza di tale [quintuplicefunzione espressiva come spetante unicamente all’åtman], lastessa mente, per mezzo del suo volgersi all’interno, in virtù delsorgere di uno stato di [pura] consapevolezza, si svela comeCoscienza [assoluta].

Se nell’arco della parabola esistenziale il jıva raggiungeun’adeguata maturità spirituale e si astrae dal moto indotodai contenuti lasciando questi esaurirsi, allora la consapevo-lezza individuale, dapprima esteriorizzata nell’azione, nella e-sperienza, ecc., si volge all’interno, torna su sé stessa e, pas-sando per l’autocoscienza nella quale si disintegra la stessaindividuazione limitante, si risolve nella Coscienza infnita enon-duale di ParamaŸiva.

14. Qando il fuoco della Coscienza si trova in uno stato incui è digradato, sebbene sia occultato [dalla måyå] arde [an-cora] parzialmente [alimentandosi] del combustibile che è ilconosciuto.

Una volta stabilito l’aggancio intuitivo con ParamaŸiva, senon si permane stabilmente in Qello, nel quale la Coscienzaassoluta rifulge in tuto il suo infnito splendore, ma si scendea piani inferiori e duali, tale consapevolezza, per quanto possavenire ofuscata dal velo di måyå soto vari aspeti formali, èancora presente: essa si svela nella recuperata conscia unitàinscindibile del soggeto conoscitore di fronte all’oggeto co-nosciuto, che tutavia non lo condiziona più. Ovviamente lacoscienza non può realmente digradarsi o perdere la proprianatura, ma solo identifcarsi apparentemente a ciò che non è.

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15. Qando è acquisito il potere [intrinseco della Coscienza,il sådhaka] assimila a sé l’universo.

Per il Realizzato – è deto nello Âivas¥tra (1.14) – l’uni-verso intero è il corpo, la manifestazione formale l’espres-sione concreta. Chi ha realizzato il supremo Âiva ha acquisitoil dominio sulla Ÿakti e, quindi, sulla capacità di operare pro-iettando enti ed eventi, mentre il potere di manifestare l’u-niverso resta appartenente ovviamente solo ad Ù©vara, ossia aÂiva nel suo aspeto principiale-unitario.

16. Allorché è conseguita la beatitudine della Coscienza,[allora] vi è stabilità nella consapevolezza della identità con laCoscienza anche quando persiste la percezione del corpo, ecc.[Tale stato] è la liberazione in vita.

Colui, il quale si è riassorbito nella suprema Beatitudineconsustanziale alla Coscienza di ParamaŸiva, permane stabil-mente consapevole della propria identità con Qello anche sepossiede ancora il veicolo corporeo, mentale, ecc.

Gli involucri avvolgenti (koŸa) possono opporre ostacoloalla espansione di una coscienza autoidentifcata, ma non allaCoscienza onnipervasiva dell’åtman, nella quale sono essistessi contenuti come vasi nello spazio libero.

17. Dalla dilatazione del centro si ha il conseguimento dellabeatitudine della Coscienza.

L’autocoscienza jivaica astrata dalle proprie sovrapposi-zioni velanti si fonde nella Coscienza pura di ParamaŸiva per-dendo per sempre qualsiasi limitazione. Lo yogin deve primaraccogliere la consapevolezza dispersa nella sfera sensoriale,in quella mentale, ecc., poi concentrarla nel punto focalecentrale, quindi fssare tale posizione mantenendola scevra da

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qualsiasi appoggio o riferimento e alimentandola incessan-temente fno a che, nel giusto tempo, il suo stesso essere-coscienza si risolve in modo del tuto spontaneo nella infnitaspazialità adimensionale della Coscienza di ParamaŸiva.

18. Ecco i mezzi: dissoluzione della proiezione immagina-tiva, concentrazione ed intensifcazione della energia [vitale],interruzione delle risonanze [praniche], immedesimazione co-scienziale con il ‘punto al vertice’ all’inizio e alla fne, ecc. [delmoto pranico].

La proiezione mentale assorbe e cristallizza la coscienza;lo yogin deve astenersi dalla immaginazione, dalla vacuitàdella creazione mentale e, nel caso, disgregare qualunque for-ma si plasmi mentalmente prima che essa acquisti un pesosoverchiante, una apparente inerzialità-atività propria.

Il prå~a è una modalità vibratoria della coscienza che so-stiene il corpo sotile e le funzioni sensoriali: afnché non va-da dispersa tale forma coscienziale, lo yogin deve richiamarlaal centro e intensifcarne la potenza. È un risveglio graduale,per futuazioni periodiche, della sopita ku~ƒaliniŸakti.

Le risonanze praniche sono le sonorità sotili prodote dal-l’alterno fusso respiratorio; dunque i fussi pranici, e quindicoscienziali, che oscillano perennemente tra ingresso e uscita(inspirazione ed espirazione, cui corrispondono i suoni-bıja:’ham e sa) debbono essere rafrenati e tratenuti nel cuore spi-rituale; colà si deve fssare l’attenzione cosciente, in quel pun-to, cioè, dal quale essi si diramano e nel quale convergono: ilcentro dell’autocoscienza.

Si può fare un parallelo con i passi alchemici. Il processofn qui esposto porta prima alla purifcazione, quindi alla fs-sazione (Mercurio lunare) e alla stabilizzazione della coscienzariunifcata (Mercurio solare) al centro del proprio essere, dalquale soltanto può, nel giusto tempo, accedere prima alla

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unità universale ©ivaica (Oro solare) e infne, a soluzione com-pleta o integrazione-trascendenza di ogni possibilità, risolversidefnitivamente nella assolutezza, quale pura spazialità incon-dizionata propria del Supremo Âiva (Solfo alchemico).

19. Nella [totale] rinuncia prodota dai semi della contem-plazione [deliberata], si ha il conseguimento di una [spontanea]contemplazione identifcativa che emerge ininterrota dal con-tato di identità con la Coscienza [atinto] ripetutamente.

La contemplazione in cui il mentale è riassorbito nella me-ra consapevolezza è priva di contenuti nel senso ordinariooggetivo, ma satura di quella cosciente autopresenza sogget-tiva che è la natura stessa del meditante. Tale samådhi inten-zionale interra dei semi coscienziali il cui germoglio è costi-tuito dallo spontaneo, naturale instaurarsi di un nirvikalpasa-mådhi costante, quindi da un inarginabile fusso di consape-volezza che sgorga da ParamaŸiva stesso e pervade l’interocampo di conoscenza.

Riassumendo: fssato al centro, il Punto luminoso autoco-sciente stabilisce un contato direto con la Coscienza Ÿivaica,il cui reiterato proporsi innesca la scintilla che accende lapresa di coscienza integrale e risolutiva e la soluzione nella‘Suprema Luce’.

20. Allora, dalla penetrazione nella piena [consapevolezza]della natura dell’Io (cioè di Sè in quanto åtman), la cui essenza èsplendore (Coscienza) e beatitudine ed è connaturata del vigore deigrandi mantra, si verifca per sempre il conseguimento del [pro-prio] dominio sulla cerchia di forme divine [assunte da parte]della somma Conoscenza (saµvid); [forme divine] la innatafunzione delle quali consiste nella creazione e nel riassorbimentoin relazione a ogni [ente-universo]. Così è [lo stato di] Âiva.

Il cuore del riconoscimento diretto 2520

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Qando la coscienza si è espansa, dilatata e risolta nellaCoscienza assoluta di ParamaŸiva, svelando la perfeta pie-nezza della consapevolezza ‘Io’ (p¥r~åhaµtå) allorché è libe-rata da ogni qualifcazione condizionante, si consegue in e-terno la sovranità sulla stessa ruota delle divinità (devatåca-kra), di quelle Forme divine, cioè, deputate per natura allacreazione, alla conservazione e alla dissoluzione del mondo, lequali sono aspeti rifessi della pura Conoscenza.

Lo yogin che, atuando i suddeti passi, ha operato nel pro-prio cuore questo ‘direto riconoscimento’, è entrato nellostato di Parama©iva riesumando la propria autentica natura,divenendo, cioè, Parama©iva stesso.

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Il cuore del riconoscimento diretto26

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TESTO SANSCRITO

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pratyabhijñåhÿdayam

citi svatantrå viŸvasiddhihetu¢ || 1 ||

svecchayå svabhitau viŸvamunmılayati || 2 ||

tannånå anur¥pagråhyagråhakabhedåt || 3 ||

citisa§kocåtmå cetano ’pi sa§kucitaviŸvamaya¢ || 4 ||

citireva cetanapadådavar¥ƒhå cetyasa§kocinı citam || 5 ||

tanmayo måyåpramåtå || 6 ||

sa caiko dvir¥pastrimayaŸcaturåtmå saptapañcakasvabhåva¢ || 7 ||

tadbh¥mikå¢ sarvadarŸanasthitaya¢ || 8 ||

cidvatacchaktisa§kocånmalåvÿta¢ saµsårı || 9 ||

tathåpi tadvatpañca kÿtyåni karoti || 10 ||

åbhåsanaraktivimarŸanabıjåvasthåpanavilåpanataståni || 11 ||

tadaparijñåne svaŸaktibhirvyåmohitatå saµsåritvam || 12 ||

tatparijñåne citamevåntarmukhıbhåvena cetanapadådhyåro-håcciti¢ || 13 ||

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citivahniravarohapade channo ’pi måtraya meyendhanaµplu≤yati || 14 ||

balalåbhe viŸvamåtmasåtkaroti || 15 ||

cidånandalåbhe dehådi≤u cetyamåne≤vapi cidaikåtmyaprati-patidårƒhyaµ jıvanmukti¢ || 16 ||

madhyavikåsåccidånandalåbha¢ || 17 ||

vikalpak≤ayaŸaktisa§kocavikåsavåhacchedådyantako†ini-bhålanådaya ihopåyå¢ || 18 ||

samådhisaµskåravati vyuthåne bh¥yo bh¥yaŸcidaikyåma-rŸånnityoditasamådhilåbha¢ || 19 ||

tadå prakåŸånandasåramahåmantravıryåtmakap¥r~åhaµtåve-Ÿåtsadå sarvasargasaµhårakårinijasaµviddevatåcakreŸvaratå-pråptirbhavatıti Ÿivam || 20 ||

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pratyabhijñåh®dayam30 14-20

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––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––Finito di stampare nel mese di Settembre 2017 da LA TIPOGRAFICA ARTIGIANA

Via Poggio Mirteto, 4 – 02100 Rieti

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