Pragmatica cognitiva - Strumenti per comunicare

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1 Strumenti per comunicare Capitolo 2 Pragmatica Cognitiva di Bruno G. Bara DAVIDE DI FAZIO Università degli studi di Modena e Reggio Emilia Corso di Pragmatica Cognitiva

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Presentazione sul capitolo 2 del libro "Pragmatica cognitiva" di Bruno G. Bara. I temi trattati sono quelli relativi alla cooperazione comunicativa, agli stati mentali, all'intenzionalità e ai piani d'azione.

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Strumenti per comunicare

Capitolo 2 Pragmatica Cognitiva di Bruno G. Bara

DAVIDE DI FAZIO

Università degli studi di Modena e Reggio Emilia

Corso di Pragmatica Cognitiva

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Introduzione• Considerazioni di carattere metodologico

per elaborare una teoria. • Tre punti chiave:1. Formalizzazione:

Una teoria deve essere formalizzata, secondo modalità logica o computazionale, cioè deve presentare tutti i passaggi logici indispensabili per capire come sia stata elaborata la teoria stessa. Scopo: escludere le teorie contraddittorie, vaghe e metaforiche.

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Introduzione

2. Costruzione:Esaudita una serie di condizioni di partenza, una teoria deve essere costituita da procedure ripetibili. Scopo: escludere le teorie che non permettono la ripetitibilità delle proprie procedure.

Due declinazioni possibili:- Evoluzionistica: stabilire lo sviluppo di una funzione

mentale in un individuo studiando come si è sviluppata nell’evoluzione della specie umana.

- Evolutiva: stabilire lo sviluppo di una funzione mentale in un individuo studiando come si è sviluppata nell’evoluzione di quell’individuo, dalla nascita in poi.

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Introduzione3. Correlazione cerebrale:

Una teoria deve rendere conto il più possibile dei correlati cerebrali di tutte le funzioni mentali. Scopo di questo criterio è quello di esplicitare le connessioni fra mente e cervello.

4. Dal punto di vista cognitivo, la comunicazione è essenzialmente un atto mentale congiunto, cui partecipano tutti gli interlocutori, il quale può essere scomposto a partire dagli stati mentali individuali dei partecipanti alla comunicazione stessa.

5. Bara, dopo aver trattato della cooperazione nelle interazioni comunicative, analizzerà i seguenti stati mentali in quanto strutture necessarie per la comunicazione: attenzione comune, credenza condivisa e intenzione comunicativa.

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Cooperazione

• Eco (1979): ogni testo è un meccanismo economico, incompleto, che prevede il proprio Lettore Modello, istituendo al proprio interno degli spazi bianchi che la giusta interpretazione da parte del lettore dovrà in seguito riempire. Solo tramite questo lavoro di cooperazione testuale tra autore e lettore, il testo assume pienamente il proprio significato.

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Cooperazione

• Parallelismo con gli atti comunicativi: necessitano la presenza di almeno due partecipanti entrambi intenzionati a generarlo insieme: la costruzione del significato ha luogo nel momento in cui i due partecipanti mettono in comune la propria parte.

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Cooperazione

• Cosenza (2008): la comunicazione telefonica (eliminati i problemi relativi al canale) riproduce la sincronia del faccia a faccia, il che rafforza l’effetto di vicinanza creato dalla condivisione audio.

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Cooperazione

• Non sono indispensabili né la copresenza fisica, né la condivisione temporale.

• Conversazione telefonica:è un atto comunicativo a tutti gli effetti anche se non è condiviso l’elemento spaziale tra i partecipanti.

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Cooperazione

• Al telefono possiamo interrompere il nostro interlocutore quasi come faremmo se gli fossimo di fronte, ma con qualche rischio in più: nel faccia a faccia le interruzioni sono spesso guidate e corrette da indizi visivi, che mancano nella telefonata.

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Cooperazione

• Questi indizi sono importanti perchè interrompere il proprio interlocutore può avere rilevanti significati relazionali di conferma o disconferma, e può segnare la differenza tra un cambiamento legittimo e un’appropriazione indebita del turno di conversazione.

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Cooperazione

• Comunicazione elettronica: vengono mantenute le regole generali per un conversazione anche se gli interlocutori non condividono lo stesso intervallo spazio-culturale.

• E’ più distanziante.• Quanto minore è lo scarto temporale tra produzione e

ricezione del messaggio scritto, tanto maggiore sarà l’illusione di riprodurre una comunicazione faccia a faccia.

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Cooperazione• Nella comunicazione elettronica si perde sia la comunicazione

extralinguistica che alcuni fattori della comunicazione linguistica, come per esempio l’intonazione, che invece è mantenuta nelle conversazioni telefoniche.

• Negli ultimi anni i problemi legati al canale di trasmissione sono notevolmente diminuiti: la rapidità di risposta ai messaggi (es. e-mail o chat) dipende molto più dalla funzioni interpersonali e sociali che si attribuiscono agli scambi.

• Si può rispondere ad un’e-mail dopo pochi secondi o dopo una settimana: sarà il contesto a stabilire se i tempi di risposta sono considerati come adeguati o causare un problema. Si può rispondere in chat immediatamente o dopo alcuni momenti, come è socialmente accettato, se per esempio si sta chattando con più di una persona o si stanno facendo altre operazioni con il computer.

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Cooperazione• Bara ricorda che il significato di un messaggio

prende vita quando viene ricevuto, non quando viene emesso: non esiste nulla come messaggio comunicativo fin dall’inizio, indipendentemente dall’attività di interpretazione del ricevente.

• Nel tempo, l’idea che vede la comunicazione come un susseguirsi di momenti di attività e di passività indipendenti fra loro – approccio manipolativo – ha lasciato il passo alla concezione che ciascuna interazione comunicativa è un’attività ad iniziativa alternata, di cui entrambi i partecipanti condividono costantemente la responsabilità – approccio cooperativo.

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Cooperazione

• Approccio cooperativo: ogni comunicazione non equivale alla somma dei singoli atti linguistici separati, ma viene vista come un’interazione dinamica in cui ogni agente è sempre attivo, sia che parli sia che ascolti, sia che scriva sia che legga.

• Il successo della comunicazione è stabilito dall’interazione fra i partecipanti, dato che il significato è opera collettiva.

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Cooperazione• Grice:

- Successo: l’interlocutore capisce le intenzioni comunicative del parlante e vi si adegua.- Fallimento: l’interlocutore non capisce oppure interrompe la conversazione, non volendosi adeguare alle intenzioni del parlante.

• Per Bara, Grice tralascia le possibilità intermedie declinando il concetto di cooperazione in:- Cooperazione conversazionale: la risposta dell’interlocutore rispetto a ciò che chiede/dice il parlante è pertinente da un punto di vista strettamente linguistico.- Cooperazione comportamentale: la risposta dell’interlocutore è consona alle intenzioni espresse dal parlante

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Cooperazione

• Esempi:[1]

A: Domani è giovedì: accompagni tu i bambini a scuola?B: Certo.

[2]A: Domani è giovedì: accompagni tu i bambini a scuola?B: Mi spiace, devo essere in Università per le otto.

• Nella frase 1 c’è sia cooperazione conversazionale che comportamentale, mentre nella frase 2 c’è solo cooperazione conversazionale.

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Cooperazione• Mizzau (2002): anche nel conflitto gli interlocutori

condividono un terreno comune, ovvero:

- il significato dei termini e la loro connessione sintattica;

- l’enciclopedia;- il contratto che regola il rapporto tra informazione nuova e informazione data, tra il detto e l’inferito;- le norme che regolano gli usi pragmatici; i

presupposti che sottostanno ad affermazioni di principio o di valore;

- l’essere consapevoli del fatto che queste competenze sono condivise.

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Cooperazione• Punteggiatura

- E’ un assioma della comunicazione definiti dalla scuola di Palo Alto.- Ogni interazione comunicativa si struttura in modo che il comportamento di uno degli interlocutori è insieme causa ed effetto del comportamento dell’altro: ogni partecipante ad un’interazione “punteggia” quest’ultima nel senso che vi pone un punto d’inizio.

- In genere, la discrepanza della punteggiatura è causa del conflitto conversazionale: il parlante fa iniziare lo scambio comunicativo ad un certo punto, mentre il suo interlocutore adotta un altro punto d’inizio, che ribalta totalmente la visione dell’interazione.

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Cooperazione• L’esempio classico che viene portato per mostrare

questo disaccordo è stato stato proposto da Watzlawick, Beavin e Jackson (1967).

• Prendiamo una coppia che abbia un problema coniugale di cui ciascun coniuge è responsabile per metà: lui chiudendosi passivamente in se stesso e lei brontolando e criticando. Eliminando tutti gli elementi superficiali e contingenti del conflitto, i loro litigi si riducono allo scambio monotono dei messaggi “Io mi chiudo in me stesso perchè tu brontoli” e “Io brontolo perchè tu ti chiudi in te stesso”.

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Cooperazione• Per rappresentare questa situazione graficamente, partendo

arbitrariamente da un punto qualsiasi, la loro interazione presenta un andamento di questo tipo:

1. LUI SI CHIUDE IN SE’

3. LUI SI CHIUDE IN SE’

2. LEI BRONTOLA 6. LEI BRONTOLA4. LEI BRONTOLA 8. LEI BRONTOLA

5. LUI SI CHIUDE IN SE’

7. LUI SI CHIUDE IN SE’

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Cooperazione• Il marito percepisce solo le triadi 2-3-4, 4-5-6,

6-7-8, ecc., in cui il suo comportamento è una risposta al comportamento della moglie.

• La moglie invece, punteggia la sequenza di eventi nelle triadi 1-2-3, 3-4-5, 5-6-7, ecc., e vede se stessa soltanto nell’atto di reagire al comportamento del marito, ma non di determinarlo.

• La circolarità di questo conflitto non viene quindi percepita, e il risultato più probabile è che ogni partecipante si veda come effetto del comportamento dell’altro, e non come causa.

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Stati mentali• Attenzione comuneAttenzione comune

• Ogni comunicazione presuppone un livello consapevole di attenzione da parte dei partecipanti.

• E’ essenziale che essi siano focalizzati sull’interazione, ma anche che condividano la consapevolezza del fatto stesso che stanno interagendo.

• Ogni comunicazione ha quindi come pre-requisito indispensabile le cosiddette condizioni di contatto: i partecipanti devono aver già stabilito un accordo sul fatto che stanno prestando attenzione a quanto sta avvenendo tra loro.

• Le modalità più comuni per stabilirle sono lo sguardo e, secondariamente, la via acustica.

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Stati mentali• Ogni partecipante assume che l’altro tenga conto di:

- Quanto detto/fatto da A e B.

- Quanto detto/fatto da C, D o altri, purché sia comunicativo nei confronti di A o B, o purché acquisisca rilevanza mentre è in atto l’interazione tra A e B.

- Quanto è accaduto durante l’interazione, anche se non compiuto né da loro né da altre persone, purché A e B prestassero attenzione a ciò che succedeva intorno a

loro.

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Stati mentali• Credenza condivisaCredenza condivisaLe regole di inferenza della comunicazioneconsentono ad un attore di:

- compiere giuste inferenze sugli stati mentali del proprio interlocutore.- decidere come proseguire il dialogo.

La credenza e la conoscenza sono due stati mentali profondamente interrelati:

- Credenza stato primitivo.- Conoscenza stato derivato (una credenza vera

rispetto al mondo).

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Stati mentali• Credenza e conoscenza vengono espressi mediante operatori

modali:

[3]

KNOWxp ≡ p Ʌ BELxp

KNOW = conoscenza

BEL = credenza

[3] = il fatto che una persona x sappia una certa cosa p equivale a dire che quella persona crede in p, e che p è vero nel mondo.

Es: io sono soggettivamente certo (KNOW) che:

- La Terra ruota intorno al Sole.

- Parigi è la capitale della Francia.

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Stati mentali• KNOW può essere usato all’interno di uno spazio di un

operatore che esprime uno stato mentale.[4]

BELx KNOWyp ≡ BELx (p Ʌ BELyp) ≡ BELxp Ʌ BELx BELyp

[4] = se una persona x crede che un'altra persona y sappia una certa cosa p, allora non solo pensa che l’altro creda in p, ma lei stessa è convinta che p sia vera. Per “vera” si intende vera soggettivamente, e non in termini assoluti: dal punto di vista soggettivo, infatti, non è rilevante il fatto che il contenuto stesso delle credenze sia vero o falso.

Es: Desdemona crede che Jago sappia che lei è fedele a Otello.

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Stati mentali• Cohen e Perrault introducono l’operatore KNOWIF (sapere

se), relativo al fatto che un attore sappia se una certa cosa p è vera o falsa, discriminando fra due alternative possibili.

[5]

KNOWIFxp ≡ (p Ʌ BELxp) oppure (non-p Ʌ BELxnon-p)

[5] = l’attore x sa se una certa cosa p è vera o no, quando lui crede che p, e in effetti p è vera; oppure quando lui non crede che p, e in effetti p è falsa.

Es.: Robert, conte di Leicester, sa se lui è l’amante segreto di Maria Stuarda, Regina di Scozia.

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Stati mentali

• Possibilità inversa: una certa persona x crede che un’altra persona y sia convinta di una certa cosa p, che lei sa essere falsa.

Es.: Desdemona crede che Otello pensi che lei lo abbia tradito.

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Stati mentali• Anche KNOWIF può essere incassato dentro

un operatore che esprime uno stato mentale.

BELx KNOWIFyp significa che x crede che y sappia se p è vero o falso.

Es.: Elisabetta, Regina d’Inghilterra, crede che il suo amato conte di Leicester sappia se lui è l’amante della sua rivale al trono, Maria Stuarda.

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Stati mentali• Per introdurre il concetto di credenza condivisa, Bara

distingue tra 3 tipi di credenza:

1. Individuale – un attore crede una certa cosa in modo completamente autonomo e non collegato con ciò che gli altri sanno / credono.

Es.: “Penso che oggi avrò mal di testa”.

2. Comune – gli attori hanno la stessa credenza individuale, condividono la conoscenza sull’ambiente in cui vivono e una serie di conoscenze culturalmente trasmesse.

Es.: “Il compleanno di Chiara è il primo di agosto”.

3. Condivisa – non solo gli attori hanno la stessa credenza comune, ma ne sono anche consapevoli.

Es.: “La giornata è composta da 24 ore”.

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Stati mentali• Credenza comune: oggettivamenteoggettivamente comune a entrambi gli

interlocutori x e y credono davvero che p ed entrambi possiedono lo stesso stato mentale che corrisponde a p.

• Credenza condivisa: punto di vista soggettivosoggettivo, perché nessuno può mai essere sicuro degli stati mentali privati dell’altro x può intendere come condiviso un certo fatto fra lui e y, ma questo è un assunto soggettivo, che non sempre corrisponde ai reali stati mentali di y.

• Credenza comune e condivisa sono due primitive collegate: gli esseri umani gestiscono infatti facilmente le informazioni condivise, escludendo complicate inferenze per giungere da un enunciato qualsiasi alla relativa credenza condivisa.

Es.: Se chiedo a mia madre cosa ci fa il criceto nella vasca da bagno, lei darà per condiviso che il criceto è nella vasca da bagno come punto di partenza, senza doverlo inferire come conseguenza della mia asserzione.

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Stati mentali• La connessione tra la credenza e la credenza

condivisa è espressa da questa formula:

[6]

SHxyp ≡ BELx (p Ʌ SHyxp)

[6] = gli attori x e y condividono (share) reciprocamente la credenza che p. In altre parole, quando x dà p per condiviso fra lui ed y, significa che x crede da un lato che p sia vero, e dall’altro che y dia anch’egli per condiviso fra loro p.

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Stati mentali• Coscienza e ConoscenzaCoscienza e Conoscenza• Esistono 2 tipi di rappresentazione e gestione della conoscenza, che

possono essere entrambi consci o inconsci:

1. Conoscenza esplicita – ciò che una persona sa di sapere riguardo a qualsiasi entità del mondo, comprese le altre persone. Può diventare una conoscenza consapevole, se attivata intenzionalmente. Descrive il sapere cosa.

Esempio: triangolo isoscele = triangolo con due lati uguali.

2. Conoscenza tacita – sovrapponibile al concetto di conoscenza procedurale: una persona sa come deve agire in determinati casi,

spesso anche inconsciamente e senza bisogno di controllo o attenzione, ma non è detto che sappia esplicitare che cosa le ha

attivato la reazione adatta a quella specifica situazione. Descrive il saper agire.

Esempio: andare in bicicletta o guidare l’automobile.

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Intenzionalità• Assume 2 significati fondamentali:1. Direzionalità dell’intenzione – riguarda il focus

dell’attore: sia le azioni che gli stati mentali intenzionali hanno sempre un oggetto su cui si concentra l’attore in questione.

2. Deliberazione dell’intenzione – riguarda il nucleo di un’azione o di uno stato mentale che è stato deliberatamente voluto, perseguito dall’attore.

• Il punto fondamentale è che ogni azione ha delle conseguenze: alcune di queste sono per l’attore desiderabili, e addirittura possono rappresentare le vere motivazioni per cui determinate azioni sono state compiute; altre invece sono considerate dall’attore come effetti inevitabilmente connessi con l’obiettivo prefissato, ma di per sé sono indifferenti o addirittura negativi per l’attore.

Es.: strategic bombers VS terror bombers.

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Intenzionalità• Bara individua 6 tipi di azione, intersecando intenzionalità e

consapevolezza:

AZIONI CONSCEAZIONI CONSCE1 – Azione intenzionale direzionata, deliberata e conscia

• Azione pienamente intenzionale, consapevole e deliberata: l’attore genera un piano d’azione corrispondente allo scopo che intende raggiungere.

Es.: Napoleone intende sconfiggere Wellington a Waterloo.

• Intenzione stabile: stabile nel tempo, necessariamente deliberativa, che sottende i piani d’azione.

Es.: Napoleone studia un piano d’azione particolare per i suoi scopi: fronteggiare separatamente Prussiani e Britannici.

• Effetti deliberati: le conseguenze dell’azione sono previste dall’attore e talvolta possono addirittura costituire la motivazione dell’azione stessa.

Es.: Napoleone conta di trattare una nuova pace continentale.

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Intenzionalità2 – Azione intenzionale direzionata, non deliberata e conscia

• Azione intenzionale e consapevole, ma non decisa deliberatamente: l’attore è conscio di quello che fa, ma agisce in maniera automatica e non deliberativa.

• Intenzione in azione: transitoria, simile a un riflesso del pensiero. Realizzano le specifiche azioni necessarie per portare a buon fine il piano d’azione.

Es.: Napoleone si tiene ben ritto sul cavallo prima della battaglia.

• Effetti accettati: le conseguenze sono previste dall’attore, ma vengono considerate come inevitabilmente connesse all’azione. Esse possono essere indifferenti o talvolta negative.

Es.: Napoleone, pur di vincere a Waterloo, accetta che muoiano migliaia di soldati francesi.

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Intenzionalità3 – Azione non intenzionale e conscia

• Azione cosciente, ma non intenzionale, quindi né deliberata né direzionata: l’attore mette in atto comportamenti stereotipati in piena consapevolezza, ma non riesce a motivarli.

Es.: Napoleone tiene sempre una mano sull’addome.

• Il comportamento è influenzato da tali stati mentali al di là della volontà e del desiderio dello stesso attore.

Es.: Napoleone a Sant’Elena è schivo e silenzioso.

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Intenzionalità

AZIONI INCONSCEAZIONI INCONSCE

4 – Azione intenzionale direzionata, deliberata e inconscia

• Caso impossibile: un’intenzione inconscia non può generare un’azione intenzionale (cioè deliberata e direzionata), perché altrimenti sarebbe subito esplicitamente riconosciuta.

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Intenzionalità5 – Azione intenzionale direzionata, non deliberata

e inconscia

• Intenzionalità inconscia non deliberata, che sfrutta le modifiche di un corso d’azione consapevole, per far sì che il fine – non consapevolmente riconosciuto dall’attore – venga raggiunto senza l’attuazione di un’azione specificamente ad esso dedicata.

Es.: prima della battaglia, Napoleone trattiene a sé il suo miglior maresciallo, e lo fa inconsciamente per proteggersi.

• Atti mancati: interferiscono inconsciamente con l’azione consapevole dell’attore perché sono provocati da un desiderio inconscio che si realizza tramite un’azione dissonante rispetto al piano d’azione deliberato e consapevole.

Es.: all’arrivo delle truppe nemiche, Napoleone fa cadere il cannocchiale che gli porge il suo sottoposto, quasi che, non riconoscendole, le cancellasse dal campo di battaglia.

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Intenzionalità6 – Azione non intenzionale e inconscia

• Stati neurali che realizzano il funzionamento cerebrale: l’attore non ha modo di agire intenzionalmente sul comportamento dei neuroni né di diventare consapevole del loro funzionamento.

Es.: Napoleone cammina correttamente, sta seduto adeguatamente tutta l’attività neurale che sottende ogni azione.

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Intenzionalità• Intenzione comunicativaIntenzione comunicativa

• Di tutti i tipi di azione che ha individuato, a Bara si concentra su quella comunicativa.

• L’azione comunicativa ha bisogno di almeno 2 agenti.

• Definizione: l’intenzione di comunicare qualcosa, più l’intenzione che la stessa intenzione di comunicare qualcosa sia riconosciuta in quanto tale dall’interlocutore.

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Intenzionalità• Bara utilizza la nozione di credenza condivisa per definire la

comunicazione:

[7]

CINTxyp = INTx SHyx (p Ʌ CINTxyp)

[7] = una persona x intende comunicare una certa cosa p a una persona y (CINTxyp), quando desidera che y dia per condiviso fra loro (INTx SHyx):

- non solo il contenuto specifico della comunicazione (p);

- ma anche il fatto che x intendeva proprio comunicarglielo (CINTxyp).

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Intenzionalità• Anche l’intenzione comunicativa è una primitiva della pragmatica:

ciò significa che essa implica, ma non è riducibile a, un numero infinito di incassamenti di intenzioni e credenze condivise.

• Applicando agli atti comunicativi le distinzioni riguardo alla coscienza e all’intenzionalità delle azioni precedentemente analizzate, Bara individua 5 diversi tipi di atti comunicativi.

ATTI COMUNICATIVI CONSCI

1. Atto comunicativo pienamente intenzionale, deliberato e conscio

• E’ la comunicazione vera e propria, che possiede le qualità di intenzionalità e di coscienza. Perchè l’intenzione comunicativa abbia successo è necessario che sia riconosciuto dall’interlocutore il contenuto specifico dell’intenzione comunicativa, e che sia riconosciuta l’intenzione di comunicare il suddetto contenuto.

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Intenzionalità2. Atto comunicativo intenzionale, non deliberato e conscio

• Intenzioni comunicative in azione, consapevoli, dirette a un fine, ma non deliberate.

Es.: la sequenza di parole di un enunciato o la sequenza di gesti di un’azione comunicativa. L’attore è perfettamente consapevole di ciò che sta dicendo, ma la struttura delle frasi viene generata al momento, e non preparata in anticipo.

• Effetti intesi apertamente: si considerano come intesi, anche se in modo non deliberato, solo gli effetti primi e immediati delle azioni o degli stati del mondo che costituiscono il contenuto dell’intenzione comunicativa. Sarà eventualmente il particolare contesto a permettere che alcuni effetti siano intesi, oltre ai primi.

Es.: A dice a B: “Levati la camicia”. Gli effetti apertamente intesi sono l’intenzione di A di lasciare B a petto nudo, e forse una vaga intenzione erotica di A. Non sono effetti apertamente intesi il fatto che la camicia si possa sporcare cadendo a terra o che B possa prendere il raffreddore.

• Effetti intesi non apertamente: un contenuto corrispondente ad uno stato mentale privato dell’attore, in cui l’intenzionalità non sia deliberata, viene veicolato attraverso un altro atto comunicativo avente un diverso contenuto e piena intenzionalità comunicativa.

Es.: dopo un diverbio tra A e B, A chiede a B con tono arrabbiato: “Passami il sale”.

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Intenzionalità

ATTI COMUNICATIVI INCONSCIATTI COMUNICATIVI INCONSCI

3. Atto comunicativo intenzionale, deliberato e inconscio

• Caso impossibile: le intenzioni comunicative sono sempre necessariamente consce. Se intendo comunicare qualcosa a qualcuno devo esserne pienamente consapevole.

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Intenzionalità4. Atto comunicativo intenzionale, non deliberato e inconscio

• Intenzioni comunicative che si rendono evidenti solo quando modificano l’azione consapevole in modo incongruo.

• Lapsus: interferenza dovuta a pulsioni esterne al discorso. Il parlante è consapevole delle sue parole, ha proferito volontariamente quei suoni, ma non voleva né intendere né fare intendere esplicitamente ciò che ha detto.

Es.: un uomo si rivolge erroneamente alla partner chiamandola “mamma”, perchè in quel momento, in quella particolare situazione, lei gli ricorda sua mamma.

• Elementi paralinguistici: gli attori impegnati in un’interazione normalmente non sono consapevoli del proprio tono di voce e dei gesti che stanno facendo; possono però diventarne facilmente coscienti, se l’attore sposta la propria attenzione su di essi. Essi possono anche essere deliberati, quindi pienamente comunicativi, se sono decisi in anticipo dall’attore, e quindi riconosciuti come tali dall’interlocutore.

Es.: A può alzare volontariamente il tono della voce per far comprendere a B quanto sia arrabbiato con lei.

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Intenzionalità5. Atto non intenzionalmente comunicativo• Se non c’è intenzionalità di comunicazione, non c’è

comunicazione, ma estrazione di informazione. Un interlocutore può estrarre informazione da qualsiasi cosa, attribuire significato a qualsiasi azione del parlante, anche se il contesto non autorizza minimamente a pensare che il parlante avesse intenzione di comunicare alcunché. Non riguarda la sfera della comunicazione.

Es.: disturbi paranoidei.

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Piani d’azione• Pollack (1992): un piano d’azione è una

configurazione di credenze intorno all’eseguibilità delle azioni implicate e di intenzioni di eseguire le azioni suddette.

• Il tempo e le risorse cognitive da utilizzare per i propri scopi rendono faticoso costruire un piano d’azione uso di piani d’azione già pronti.

Vantaggi dei piani d’azione già pronti:- probabile successo (poiché già utilizzati);- intenzioni comprensibili (poiché socialmente

condivisi) aspettative sulle prossime azioni

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Piani d’azione• Piani d’azione interpersonali – azioni svolte dal

pianificatore, e anche da un altro attore.

• Si basano su 2 diverse intuizioni:1. Script e frame (Schank e Abelson, 1979)Script – sequenza stereotipata di azioni che definisce

il comportamento di un attore in un contesto ben noto.

Frame – una struttura di dati per la rappresentazione di conoscenza stereotipata.

Es.: a ristorante, le scene ricorrenti sono l’entrata del cliente, l’ordinazione al cameriere, il cuocere le pietanze ordinate, la consumazione delle pietanze, il pagamento alla cassa.

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Piani d’azione• Modello di Schank e Abelson troppo

semplicistico per Bara: non sempre gli esseri umani possono comportarsi secondo schemi fissi già pronti.

2. Piani d’azione condivisi (Grosz e Sidner, 1990)• L’interazione comunicativa si fonda su questi

piani, che sono processi collaborativi fra due persone, nei quali ciascun attore crede mutualmente che:

- farà la sua parte nell’azione congiunta;- farà la sua parte se e solo se l’altro agente si

comporterà nello stesso modo.

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Piani d’azione• Il piano condiviso non presume una lista di azioni

fisse, ma è una continua negoziazione tra i partecipanti all’interazione che ha come scopo quello di accertarsi di essere capiti dall’altra persona.

• I concetti di piano comune e di cooperazione contribuiscono a definire chi è una persona in relazione agli altri, vincolando quindi le azioni possibili in quel determinato contesto.

• Ogni volta che l’azione di un attore si incrocia con quella degli altri, egli deve:- saper riconoscere il ruolo degli altri;- fare in modo che gli altri riconoscano il suo ruolo.

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Piani d’azione• Cumming (1960): in ogni attività comunicativa, l’individuo

ricostruisce continuamente il concetto del Sé: lo propone ai suoi interlocutori affinché lo ratifichino ed egli stesso accetta o rifiuta le proposte del concetto del Sé che a loro volta fanno i suoi interlocutori.

• Watzlawick, Beavin e Jackson (1967): la persona P dà la definizione di sé ad O. P può farlo in diversi modi, ma il prototipo della sua comunicazione sarà: “Ecco come mi vedo”. La comunicazione umana consente tre possibili reazioni da parte di O alla definizione che P ha dato di sé:

1. Conferma.2. Rifiuto.3. Disconferma.

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Piani d’azione

1. Conferma – O accetta la definizione che P ha dato di sé.

• Sembra sorprendente, ma pare che senza la conferma del Sé la comunicazione non avrebbe potuto svilupparsi oltre i confini degli scambi indispensabili per la difesa e la sopravvivenza: sarebbe mancata ogni ragione per ogni altro tipo di comunicazione (la maggior parte delle comunicazioni umane).

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Piani d’azione2. Rifiuto – equivale al messaggio: “Hai torto”. O

rifiuta la definizione che P ha dato di sé.• Il rifiuto però presuppone il riconoscimento di

quanto si rifiuta, e quindi non nega la realtà del giudizio di P su di sé.

3. Disconferma – equivale al messaggio: “Tu non esisti”. O nega l’esistenza di P.

• La disconferma (che si osserva spesso nella comunicazione patologica) non si occupa della verità o della falsità della definizione che P ha dato si sé, ma piuttosto nega la realtà di P come emittente di tale definizione.

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Piani d’azione

• Quando l’attore indica in qualche modo che è un certo tipo di persona, segnala agli altri qual è il comportamento appropriato da tenere nei suoi confronti.

• Ma ciò non basta occorre che gli altri trattino effettivamente l’attore come quel tipo di persona che si è segnalato essere.

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Piani d’azione

• Essere un certo tipo di persona =certi modi di essere e comportarsi +gli altri devono comportarsi di

conseguenza nei nostri confronti.

Es.: se un medico non viene trattato da medico dagli altri (colleghi, pazienti, ecc.) e non gli viene permesso di fare ciò che fa un medico (visitare, diagnosticare, prescrivere ecc.), gli manca qualcosa di essenziale del suo essere medico.

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Piani d’azione• Importanza del pubblico: un attore può volere

essere riconosciuto come un certo tipo di persona da un tipo di pubblico, ma non da un altro tipo di pubblico.

• Bara introduce una distinzione:– Fare il: frutto di un’esibizione ingannatrice.– Essere un: risultato di un effettivo modo di

essere, che si traduce in comportamenti osservabili.