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29 Marzo 2011 L’inizio di un viaggio nel tempo, nella cultura… nella MEMORIA!
Partenza ore 8 e 30 dall’aeroporto di Roma Fiumicino… Destinazione?
Una delle più belle città d’Europa! Natura, arte e il passare del tempo sono un mix che lascia senza fiato!
Dalle terrazze del
quartiere Hradcany
e della Piazza del
Castello, la fusione
delle quattro
originarie e
indipendenti città
(avvenuta nel
1784) e il fiume
Moldava che
attraversa e divide
a metà Praga, sono le prime
meraviglie che sorprendono i
visitatori della città!
Nei vicoli e nelle piazze, sotto
archi e portici, nei diversi
quartieri e sulle colline, sono
evidenti i segni che la storia,
l’arte e la cultura hanno lasciato
sull’immagine della città; diversi
stili architettonici, targhe
commemorative ad artisti
importanti, monumenti, chiese,
ponti e torri di ogni epoca.
Uno dei più importanti monumenti della città è il Castello di Praga: il più grande castello antico d’Europa.
Fondato nel IX secolo, ricostruito per ben quattro volte mantenendo sempre lo stesso aspetto, sede dei vari
re e imperatori che hanno completato i diversi edifici creando una miscela di differenti stili (come l’intera
città, d’altronde!). é oggi sede dei governatori e luogo più visitato di Praga.
Tra le tante chiese, tra quelle sconsacrate, quelle non più
utilizzate e quelle ancora in uso, rimane impressa la Chiesa di
Santa Maria della Vittoria (originariamente dedicata alla
Trinità) principalmente perché è la custode della statua in cera
del Bambino Gesù. Molte sono le leggende su questa statua; sul
come e da chi sia stata creata e come sia arrivata a Praga. Si
narra che un frate, mentre lavorava in cortile, ebbe la visione di
un bambino che lo invitava a pregare e al suono di “Gesù” il
bambino rispose “Sono io!” e scomparve. Il volto del bambino
gli rimase impresso nella mente e molte volte l’uomo cercò di
riprodurlo, ma senza alcun risultato. Divenuto ormai vecchio, il
bambino riapparve al frate dicendogli “Sono tornato per far sì
che tu possa completare la tua statua a mia somiglianza”.
L’uomo si mise subito a lavoro e riuscì a realizzare un volto del
tutto
uguale a
quello del
bambino. Finita l’opera, il frate si sentì molto stanco,
si addormentò felice e non si risvegliò più; il bambino
lo aveva chiamato a sé. Un'altra leggenda attribuisce
la presenza della statua alla principessa spagnola
Polissena che, dovendosi sposare con uno dei principi
di Praga, portò con sé il bambino e lo donò alla città
e, ormai vedova, all’ordine dei carmelitani della
chiesa di Santa Maria della Vittoria.
Ciò che in particolar modo affascina i turisti è
quell’immenso orologio astronomico sulla facciata
del municipio della Città Vecchia. Partendo dal
quadrante più esterno, su di esso sono indicate:
l’antica ora boema in numeri arabi, l’orario attuale in numeri romani, il tempo che intercorre tra l’alba e il
tramonto, lo zodiaco e la posizione del sole e della luna nel cielo. Il suo complicato meccanismo, allo
scoccare di ogni ora, innesca il “corteo degli apostoli”, ovvero il passaggio di 12 statue (raffiguranti appunto
gli apostoli) che si inchinano affacciandosi dalle finestrelle in alto. Ai lati dell’orologio vi sono quattro
personaggi che rappresentano i vizi capitali: lo scheletro, che simboleggia la morte, il turco, la lussuria, il
personaggio con lo specchio la vanità e il viandante con la borsa l’avarizia. Anch’essi si muovono al rintocco
dell’ora: lo scheletro, infatti, fa suonare una campana tirando la fune, mentre gli altri tre personaggi
muovono la testa in segno di negazione. Alla fine dei rintocchi, il gallo d’oro canta. Sotto il quadrante,
invece, sono raffigurati i mesi dell’anno; sono dodici medaglioni che ritraggono scene di vita rurale. Ai lati vi
sono quattro statue di tre uomini e un angelo che rappresentano la filosofia, l’astronomia, la matematica e
la teologia.
Il fiume Moldava è attraversato da massicci ponti tra cui, il più famoso e imponente, il Ponte Carlo: lungo
515 metri e largo 10, fu commissionato nel 1357 dal Re e Imperatore Carlo IV. Le due estremità sono
segnate da due torri e lungo i lati sono state sistemate nel corso dei tempi trenta statue di santi; la più
importante è quella di San Giovanni Nepomuceno, con la sua lapide, sacerdote ceco divenuto martire e
santo perché gettato dal ponte e fatto annegare per ordine del re Venceslao IV. C’è però una leggenda che
sostiene che la sua morte sia stata voluta dal re di Baviera; il sacerdote era il confessore della regina
Ginevra e il re, avendo dei dubbi sulla fedeltà di questa, gli chiese di rivelare
quanto detto in confessione. Giovanni non accettò di violare il segreto della
confessione e venne fatto gettare dal ponte e quando venne ritrovato sulle
sponde del fiume, il suo corpo era avvolto da una strana luce.
Tra i tanti posti più incantevoli di Praga vi sono, a mio avviso, l’isola Kampa e
il Giardino del seminario dei Francescani. La prima, un piccolo lembo di terra
sul Moldava, sotto il Ponte Carlo, era originariamente dedicata alla raccolta e
alla trasformazione del grano e ancora oggi mantiene intatto uno dei tanti
mulini ad acqua del tempo; il secondo è un paradiso terrestre, immerso in
alberi secolari, utilizzato anticamente dai frati francescani per la coltivazione
di erbe medicinali, divenuto ad oggi giardino pubblico.
Praga però non mostra solo la sua bellezza, ma anche il dolore di guerre, ribellioni, rivolte e tragedie che
non dimentica. RICORDARE, è questa la parola, la forza, ciò che ci spinge e ci motiva nell’affrontare
questo breve ma intenso viaggio!
Come dimenticare il Memoriale alle vittime del comunismo dello scultore Olbram Zoubek; quelle sette
statue raffiguranti un uomo che si “consuma” per il dolore, ma che non si piega alla forza della dittatura. E
tutti i nomi delle vittime incisi sulla scalinata; non più cifre come solitamente leggiamo sui libri, ma ogni
persona, ogni uomo che ha sacrificato la sua vita pur di non arrendersi al volere dei dittatori. Un’immagine
toccante, piena di significato, che riesce a trasmettere la crudeltà e l’accanimento su innocenti .
Il quartiere ebraico (Josefov) è uno dei più antichi della
città. È qui che nasce la leggenda del Golem del Rabbino
Low; il Golem era un gigante d’argilla destinato a
proteggere gli ebrei dalle persecuzioni e sarebbe stato
creato dal rabbino stesso nel ‘500. Questo gigante era una
sorta di
servo
che
seguiva
tutti gli ordini, ma un giorno il rabbino ne perse il
controllo e il golem iniziò a distruggere tutto ciò che
incontrava. Sempre secondo la leggenda, il Rabbino Low
lo rinchiuse nella soffitta della Sinagoga Vecchio - nuova
dove ancora oggi sarebbe nascosto. Il museo che Josefov
custodisce è l’ennesima testimonianza che le vittime del
nazismo non sono solo dei numeri ma persone con un nome, un cognome, una data di nascita e di morte,
una morte voluta e decisa da terzi. Le pareti interne della Sinagoga Pinkas sono interamente ricoperte dei
nomi delle vittime ebree e con le loro date di nascita, ma non quella di morte, in molti casi anche
sconosciuta. Nel museo dei bambini di Terzin (i piccoli deportati dell’omonimo campo di concentramento)
sono conservati i disegni e le poesie scritte durante la prigionia. Il cimitero ebraico è il luogo più toccante di
tutto il museo, alla comunità ebrea era concesso solo quel fazzoletto di terra per la sepoltura e poiché per
loro usanza i corpi non possono essere riesumati le lapidi sono ravvicinate tra loro e sotto la terra, con il
passare del tempo, le tombe sono arrivate a creare fino a dodici strati.
Piazza San Venceslao è stato il teatro di numerosi momenti focali della storia della città, in particolar modo
durante il periodo della Primavera di Praga e della dittatura sovietica. Qui, infatti, è ancora presente il
piccolo monumento dedicato a Jan Palach, lo
studente universitario che, il 16 gennaio 1969, in
nome della libertà, si diede fuoco e due giorni dopo
morì. Decise intelligentemente di non bruciare i suoi
appunti e i suoi articoli (ritrovati nello zaino poco
distante da lui), così come le sue scarpe e il cappotto
(riutilizzabili da persone che non potevano
permettersele). Tra le dichiarazioni ritrovate sui suoi
quaderni, ce n’è una che spicca:
<<Poiché i nostri popoli sono sull'orlo della
disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso
di esprimere la nostra protesta e di scuotere la
coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito
da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa.
Poiché ho avuto l'onore di estrarre il numero 1, è
mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la
prima torcia umana. Noi esigiamo l'abolizione della
censura e la proibizione di Zpravy. Se le nostre
richieste non saranno esaudite entro cinque giorni,
il 21 gennaio 1969, e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno
sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s'infiammerà>>
Fu un avvenimento che toccò l’animo di molte persone che in 600 mila, da tutto il paese, parteciparono al
suo funerale. È il simbolo della Primavera di Praga, delle ribellioni e delle insorgenze del popolo praghese
contrario all’oppressione che la dittatura sovietica esercitava su di esso, tanto che la piazza che era
dedicata all’ Armata Rossa è oggi dedicata a questo personaggio e qui è presente una targa
commemorativa in suo onore.
La Chiesa dei Santi Cirillo e Metodio è oggi la custode del monumento ai paracadutisti protagonisti
dell’attentato al generale delle SS Reinhard Heydrich, che si suicidarono per non cadere vivi nelle mani dei
tedeschi, e agli assassinati dai nazisti, residenti nella zona. Gli attentatori si erano, infatti, rifugiati nella
catacomba della chiesa dopo aver ferito a morte il generale; il
nuovo comandante delle SS fece radere al suolo l’intera zona,
cercando di eliminare gli assassini. Dopo circa due settimane uno
di loro tradì i compagni, rivelando alle truppe naziste alcuni
dettagli che li aiutarono a risalire alla chiesa. L’ordine era di
catturare i paracadutisti vivi; iniziarono, infatti, ad allagare la
catacomba, ma non servì a nulla. Decisero quindi di passare
all’attacco e sparare; i quattro attentatori controbatterono fino
all’ultima pallottola e vedendo che ormai per loro non c’era più
via di scampo e non essendo disposti a cadere vivi nelle mani dei
nazisti, si suicidarono.
I segni degli spari sono ancora presenti sui muri della catacomba,
dentro la quale è stato oggi allestito un museo in ricordo di questi
coraggiosi uomini. La targa in loro memoria è posta sopra la
finestra del sotterraneo.
Abbiamo fatto un viaggio tra la bellezza e la memoria di una città così ricca di dettagli, con una storia
travagliata che viene ricordata con monumenti, targhe e nell’animo di ogni cittadino, un viaggio grazie al
quale noi, giovani raccoglitori di testimonianze e ricordi, potremo tramandare e mantenere vivo negli anni
futuri ciò che è stato, perché la memoria non si ha, si crea!
Francesca Mondini
Classe IIId
Istituto Alberghiero
Vincenzo Gioberti