porto di traiano opuscolo

13
Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l’Area archeologica di Roma - Sede di Ostia

Transcript of porto di traiano opuscolo

Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l’Area archeologica di Roma - Sede di Ostia

L’AREA ARCHEOLOGICA

La costa oggi dista circa 3 km dall'impianto antico di Portus, che si trova stretto in mezzo alle infrastrutture dell'Aeroporto, alla rete dei percorsi stradali e autostradali, all'avanzamento dell'urba-nizzazione. In questo contesto, l'area archeologica costituisce un' oasi inattesa anche sotto il profilo naturalistico, benché l'habitat sia di formazione recente e di origine artificiale (si tratta infatti dei residui del parco connesso a Villa Torlonia, impiantato nei primi decenni del secolo dopo l'ultima e decisiva bonifica).

L'estensione della città antica si può calcolare intorno ai 65 ettari per il periodo successivo alla costruzione del primo circuito murario, cioè per il IV-V secolo: non si conosce invece la densità di edificazione dell'area che non si ritenne di dover includere nelle mura, per ragioni verosimilmente

pratiche più che strategiche. La zona in proprietà demaniale non comprende tutta Portus, che per buona metà è ancora privata e per una parte è stata isolata dal tracciato della via Portuense moderna.

Per una serie di circostanze l'ingresso attuale comporta che la visita all'area archeologica abbia inizio esattamente dalla linea di spiaggia di epoca tarda, di fronte ai resti di elevato modesto delle mura difensive dell'ultima fase (V-VI secolo).

Il visitatore può scegliere fra un percorso che ripropone l'entrata delle navi nel porto, costeggiando a sinistra le mura fino a incontrare il canale d'ingresso, e un altro percorso sul lato opposto, suggestivo anche se scardinato dalla realtà, che introduce direttamente nell'area dei magazzini.

PROGETTAZIONE E COSTRUZIONE DELL’IMPIANTO

Il fallimento dell'impianto portuale di Claudio impose sotto il regno di Traiano, quindi dopo neppure cinquant'anni, la riprogettazione dell'intero sistema, per renderlo consono alle esigenze sempre più pressanti di Roma e all'importanza rag-giunta dai traffici marittimi internazionali, e soprattutto affidabile.

Per non rischiare ancora, vennero considerate tutte le componenti negative caratteristiche dell'area, ossia l'incidenza delle correnti litoranee, i regimi del Tevere e la connotazione del suo delta, la natura alluvionale del terreno. Al vecchio bacino venne sicuramente lasciata la funzione di rada, potendosi in parte contenere i suoi problemi di insabbiamento con dragaggi periodici. Oltre al faro, che era divenuto ormai il simbolo stesso di Ostia-Porto, non si è in grado di individuare altre parti

dell'impianto precedente reimpiegate nel nuovo assetto, anche a causa dei molti restauri resi necessari nel corso del tempo. Per scongiurare l'impaludamento in caso di alluvione e insieme per alleggerire il Tevere, al tempo di Claudio erano stati praticati due o più canali (fossae) con andamento dall' ansa del fiume al mare: non si può escludere (come suggerito da alcuni studiosi) che nella ristrutturazione traianea almeno due di essi venissero risagomati e utilizzati diversamente, uno trasformato nell'attuale c.d. Darsena e l'altro nel canale di collegamento con il Tevere (odierno canale di Fiumicino) per agevolare la risalita delle navi verso Roma. Il nuovo complesso venne inaugurato nel 112, dopo almeno dodici anni di lavori, certamente non completato ma definito nelle linee principali.

Schema ricostruttivo del sistema portuale

Il fulcro era rappresentato dal bacino interno, scavato per intero nella ter-raferma a breve distanza dal fiume. Per preparare il terreno ad accogliere strut-ture impegnative come i grandi edifici di immagazzinamento pluripiano, si costruì intorno al bacino, soprattutto nel settore sudorientale, una griglia di cassoni in opera reticolata, da colmare a mano a mano con la terra che si estraeva per formare il nuovo invaso. In questo modo si otteneva un ottimo sistema fondale e si risparmiava sui trasporti. Al di là dell'indiscutibile grandiosità e del-l'elevato valore ingegneristico del com-plesso di Traiano, un dato di particolare interesse è costituito dalla razionalità dell'organizzazione dei percorsi, sia di quelli per via d'acqua, sia di quelli all'interno degli edifici di stoccaggio. Le navi da carico (onerariae) attraccavano alle banchine sui due lati del canale o a quelle del bacino interno, e le merci

venivano immediatamente smistate ai magazzini, da cui ripartivano alla volta di Roma, dopo permanenze di varia durata legate al tipo e alla deperibilità del prodotto, su battelli di stazza minore (caudicariae), più adatti a risalire il canale (Fossa Traiana) e quindi il Tevere. Le attività portuali e i tra-sferimenti delle merci verso Roma non subivano interruzioni, mentre la navi-gazione marittima poteva contare su una media annua di 180/190 giorni favo-revoli (in genere da aprile a ottobre-novembre).

E' ormai accertato che il progetto traianeo comprendeva il molo traverso con un piccolo faro terminale, il canale d'ingresso al porto interno con le banchine adeguatamente attrezzate, la cosiddetta darsena, il bacino esagonale, il canale di collegamento con la "fossa" e con ogni evidenza la maggior parte delle infrastrutture di SE e SO.

Percorsi delle imbarcazioni

BACINO ESAGONALE

La compatta forma esagonale del bacino (358 m. di lato, per una superficie totale di circa 33 ettari) fu ritenuta dai progettisti la più sicura dal punto di vista strutturale e la più idonea allo svolgimento contemporaneo delle molteplici operazioni di attracco delle navi, carico scarico e trasporto delle merci etc. Secondo una stima approssimativa, alle banchine potevano attraccare in prima fila perlomeno 200 navi di grande tonnellaggio.

Stando alle testimonianze di chi poté assistere alle prime operazioni di bonifica (Lanciani), il fondo del bacino si trovava a cinque metri di profondità media, era inclinato verso il mare e, per comodità di manutenzione, era lastricato con grandi pietre.

L'assetto attuale dell' invaso è il risultato della bonifica completata negli anni 30, quando i lati dell'esagono vennero messi allo scoperto, restaurati e foderati con nuove murature prima della reimmissione di acqua:

in quella occasione si videro anche i diversi ormeggi, collocati sia sopra le banchine che a pelo d'acqua, e alcuni dei rocchi di colonna numerati, già segnalati in epoca anteriore (secolo XV: Peruzzi, Labacco), di inter-pretazione incerta.

L’Episcopio e il bacino esagonale

Tipi di ormeggio

Le sponde già in antico erano correttamente sagomate a scarpa per smorzare il moto ondoso che si crea inevitabilmente anche negli specchi d'acqua interni. A partire dal 314, anno del Concilio di Arles in cui la città portuale fu resa autonoma da Ostia e diventò a tutti gli effetti Portus Romae per decreto di Costantino, venne posto il massimo della cura nel mantenere l'efficienza e garantire la sicurezza dell'impianto, che rappresentava la sopravvivenza stessa della capitale: per questa ragione venne costruito il primo circuito di mura difensive che dapprima comprese tutta l'area ma che progressivamente,

di pari passo con l'incremento delle scorrerie barbariche e la conseguente necessità di trasferire immediatamente le merci a Roma senza soste nei magazzini, si ridusse al solo settore di SE, costituendo il "castello di Porto" legato alle vicende delle guerre gotiche (VI secolo).

Infatti è accertato che dal V secolo tutte le operazioni portuali venivano svolte sugli unici due lati dell'esagono che si erano potuti mantenere in efficienza.

Le modifiche nella morfologia del territorio, l'avanzamento della costa e la mancanza di manu-tenzione conseguente al tracollo economico e politico di Roma portarono abbastanza rapidamente all'impaludamento dell'area e alla ricolmatura quasi completa del bacino, che in epoca medioevale fu parzialmente adibito dalla diocesi all'allevamento di pesci per osservare il precetto del venerdì.

Salvestro Peruzzi: i porti imperiali

Veduta da nordest

rerie resero più prudente il trasporto im-mediato delle derrate in città, evitando il più possibile gli immagazzinamenti, sempre più difficili da difendere. In quest'ultima fase all'interno del primo circuito di mura se ne eresse un secondo (settore sudorientale), di fatto un vero e proprio castello fortificato a difesa della Fossa Traiana, unico accesso a Roma per via fluviale dopo l'intasamento del Tevere, e secondariamente di quanto rimaneva ancora in funzione dei vecchi impianti.

Di nuovo vennero utilizzate le strutture precedenti, stravolgendone l'assetto e la funzi-one originari (in particolare, i Magaz-zini Traianei, il cui lato occidentale ancora conserva le tracce delle reiterate operazioni difensive). Le attività residue si concentrarono in questo settore, che sarebbe rimasto fino al medioevo inoltrato il solo nucleo operativo, mentre gli edifici esterni alle mura furono progressivamente abbandonati. Scavi recenti vi hanno infatti evidenziato numerose sepolture non facilmente databili, ma certo successive al V secolo.

I pochi resti delle mura sono visibili da terra solo in alcuni punti: il tracciato in generale è invece ben leggibile nelle planimetrie o nelle foto aeree. Il porto non ebbe bisogno di essere difeso fino a quando le trasformazioni avviate in tutto l'impero all'inizio del IV secolo incominciarono a ripercuotersi su Roma con una serie di problemi, fra cui quello sostanziale del rifornimento dei generi primari. Proprio per questa ragione Costantino concesse a Porto, per la sua funzione di deposito annonario, il titolo di civitas e l'autonomia amministrativa da Ostia. Con il doppio obiettivo di salvaguardare i magazzini e controllare più strettamente gli accessi alla capitale minacciata dalle continue incursioni barbariche, tra la fine del IV e gli inizi del V secolo fu eretta una cinta difensiva delle strutture portuali (tuttora da indagare in alcuni settori). Il tracciato delle mura era irregolare perché seguiva una linea spezzata imposta dalla funzionalità; ne rimasero fuori le strutture del porto di Claudio e alcuni edifici di diversa natura.

Secondo il sistema tardoantico, per la costruzione si sfruttarono in tutto o in parte alcune preesistenze, che in qualche caso sembrano avere conservato la funzione originaria (per es. i Magazzini c.d. Severiani).

Successivamente, l'aggravarsi della situa-zione di Roma, con il conseguente calo demografico, e l'intensificazione delle scor-

CIRCUITI MURARI

Particolare delle mura tarde

Lato Ovest dei magazzini Traianei

Circuiti murari

EDIFICI DEL SETTORE ORIENTALE-BASILICA CRISTIANA

Nell'area di nordest, compresa fra il bacino esagonale e il tracciato dell'antico canale di uscita, è in corso di scavo la basilica paleocristiana fondata nel V secolo, erroneamente identificata nel passato con il centro di accoglienza per i pellegrini (Xenodochio), eretto dal senatore Pammachio alla fine del IV secolo. La basilica, con aula a tre navate preceduta da un atrio, è situata nel cuore commerciale della città antica, di cui riutilizza in parte le strutture e le pavimentazioni a mosaico.

Conserva, caso del tutto eccezionale a Roma, le recinzioni liturgiche e l'ambone, rifatti più volte tra il V e il XIII secolo. Era decorata da affreschi e da pavimenti marmorei.

E' identificabile forse con la primitiva cattedrale di Porto, come suggerisce anche la presenza del fonte battesimale costruito nell'altomedioevo all'interno dell'aula.

La maggior parte del settore orientale attualmente visitabile è occupata dall'ampia spianata che ripropone lo spazio del grande canale d'ingresso al porto esagonale e dai resti di eccezionale estensione dei magazzini traianei. Il canale è sottolineato dai resti della banchina, più volte restaurata in epoca antica, della quale tuttora si conservano le scalette per la discesa in acqua e alcuni ormeggi, bitte e rocchi di colonne.

Pianta ricostruttiva della basilica nel VI sec.

La basilica cristiana in corso di scavo

Planimetria

I magazzini vennero progettati e iniziati con il nuovo porto, ma completati nell'arco di ottant'anni: il terreno poco coerente su cui vennero costruiti era stato conso-lidato da una fitta trama di cassoni in muratura, via via colmati con le terre dello scavo del bacino, e riproducenti lo schema degli alzati. I vani di stoccaggio sono modulari (14 x 6 metri), con copertura a botte e pavimenti con suspensurae in muratura. I diversi blocchi sono distinti da passaggi in piano e sistemi di rampe per il trasporto dei carichi ai piani superiori, e da corridoi e cortili interni di distri-buzione: uno degli ingressi è costituito dal cosiddetto portico di Claudio (meglio noto come Colon-nacce), attribuito al I secolo per le colonne rozzamente bugnate.

Banchina meridionale

Darsena

Caratteristica dell'edificio era infatti il portico continuo che ne sottolineava il perimetro a pian-terreno, e che si apriva direttamente sulle banchine di attracco met-tendole in comunicazione con gli ambienti di stivaggio. Se da mare e dal canale il magazzino poteva sembrare un monoblocco, nel set-tore nordorientale l'articolazione volumetrica era decisamente diver-sa, condizionata dalla presenza della darsena (227 x 48 metri), dove avveniva il carico e lo smista-mento verso Roma di imbarcazioni di medio e piccolo tonnellaggio, adatte a risalire il fiume. Il bacino si apriva verso nord, e verosimilmente aveva solo tre sponde, anche in questo caso sagomate a scarpa per smorzare il moto ondoso.

EDIFICI DEL SETTORE OCCIDENTALE

L'impianto avviato da Traiano nelle grandi linee fu portato avanti dai successori: fra Traiano e gli Antonini in genere, quindi dal 114 a tutto il II secolo, vennero costruiti gli edifici del settore nordovest, sulla sinistra del canale di ingresso all'esagono. Molto articolati, essi collegavano le strutture del vecchio e del nuovo porto, inglobando delle preesi-stenze forse neroniane: si ricordi che il porto di Claudio venne inaugurato da Nerone, dopo varie sospensioni dei lavori. Le loro caratteristiche progettuali li dif-ferenziano nettamente dagli edifici sull'altra sponda del canale: in primo luogo, qui manca la fon-dazione a cassoni, e al posto delle volte a botte si trovano quasi esclusivamente coperture a croci-era, o comunque composte. Le parti adibite a magazzino non hanno suspensurae, perché per isolare dall'umidità si è preferito sfruttare gli interi pianterreni. Giungendo davanti al bacino, si notano soprattutto le strutture dei Magazzini c.d. Severiani (in realtà di costruzione adrianeo-antonina).

L'edificio, dalla inconsueta plani-metria a L, fronteggiava il canale principale con il lato lungo e parte di un lato del porto con quello corto, ed era organizzata in modo che lo scarico, lo smistamento, lo stoccaggio e il carico delle merca-nzie avvenissero contemporane-amente in ogni settore senza intralci, grazie alla distribuzione dei sistemi di rampe.

Magazzini Severiani

Planimetria

L'accesso ai vani sui vari livelli avveniva da un corridoio distributivo illuminato da finestre che garantivano anche la visibilità negli interni, aperti solo con feritoie per 1'aereazione. Le mura di IV-V secolo sfruttarono questo edificio sovrapponendosi a parte del lato lungo e riducendone gli spazi al pianoterra.

All'estremità meridionale della banchina che si trovava davanti ai magazzini si staccava il molo, che terminava con un faro ancora in parte visibile agli inizi del secolo. Sulla banchina si notano strutture diverse, fra cui i resti di un impianto termale di epoca non anteriore al IV secolo.

Ad angolo retto con il versante occidentale dei magazzini si trova il vasto complesso edilizio noto come Palazzo Imperiale per le caratteristiche di esecuzione, ricchezza decorativa ed eleganza, che solo in parte nel passato è stato oggetto di scavi, o meglio di recuperi per l'acquisizione di suppellettili preziose e materiale architettonico di grande qualità.

In origine l'edificio aveva il doppio affaccio sui due porti. L'articolazione delle murature interne dalla parte del bacino di Claudio era nascosta dalla fronte rettilinea della terrazza pensile su archi ciechi. Crollati per intero i piani superiori, resta in discreto stato quasi dovunque la rete sotterranea dei servizi, penalizzata soprattutto dall'incuria e dalle infiltrazioni delle radici delle piante di alto fusto sviluppatesi sugli interri.

L'estensione del complesso, come anche la differenziazione funzionale delle sue parti (con l'eccezione di due impianti termali), non sono ancora conosciute: la posizione privilegiata e il fatto che vi giungesse un'apposita derivazione dell'acquedotto portuense, oltre alla qualità delle decorazioni di cui ancora ci si meravigliava nel Rinascimento, farebbero pensare a un quartiere di rappresentanza per viaggiatori di alto rango, per ambascerie e per le soste della famiglia imperiale.

Vedute del Palazzo

Imperiale

Palazzo Imperiale: terrazza sul porto di Claudio Un vano interno dei magazzini

PORTO DI TRAIANO

Vaticano, Galleria delle carte geografiche – Egnazio Danti: veduta di Porto (1582)

Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l’Area archeologica di Roma– Sede di Ostia Piazza dei Cinquecento, 67 - 00185 Roma. Tel. 06480201 - fax 0648903504 e-mail: : [email protected] sito internet: http://archeoroma.beniculturali.it Area Archeologica del Porto di Traiano Apertura mattina: dalle ore 9,30 alle 13,30 tutti i giovedì, la prima e la terza domenica del mese. Apertura pomeriggio: per gruppi, su prenotazione tutti i giovedì, la prima e della terza domenica del mese. Via Portuense, 2360, 00054 Fiumicino (RM) - tel. 066529192. e-mail: [email protected] Il parco resterà chiuso nei giorni 1° gennaio, 1° maggio e 25 dicembre. Museo delle Navi Via A.Guidoni, 35 - 00050 Fiumicino Aereoporto (RM) tel. 066529192 - 0665010089 e-mail: [email protected] sito internet: http://archeoroma.beniculturali.it Chiuso per restauro

Testi di: Patrizia Verduchi e Lidia Paroli – foto e documentazione archivi Soprintendenza. © Elaborazione grafica: Aldo Marano, Grafica Ostia Antica 2013 agg. 2015