Pompeo, musicista di grande vitalità · 2010. 5. 17. · puleti e Montecchi” di Bellini con un...

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W illiam Baumol in “Performing Arts: the Economic Dilemma” (1961) sosteneva l’esigenza di un supporto pubblico per impedire che a noi, e so- prattutto alle future generazioni, fosse vietata la fruizione delle arti sceniche. Queste infatti sono “a tecnologia fissa”, ossia ci vo- gliono oggi gli stessi musicisti per eseguire ad esempio una sinfonia di Beethoven di quanti ce ne volevano quando venne composta. Non potendo quindi usufruire della riduzione di costi connessa al progresso tecnologico perderebbero sempre più competitività e, senza il sostegno pubblico rischierebbero il collasso. Tuttavia l‘arte è un formidabile antidoto contro l’appiattimento morale, conseguenza di un materialismo arido e vorace che alla produ- zione dell’ingegno sostituisce un progresso tecnologico sempre più freddo e meno appassionante di quelle “muse bizzarre e al- tere”, quali le arti sceniche, frutto della creatività di grandi artisti. Puntando la lente sulla situazione italiana, da nazione patria del melodramma e non solo culle di validi musicisti del passato e 80 MADE IN BASILICATA Carmela Cosentino Pompeo, musicista di grande vitalità

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Page 1: Pompeo, musicista di grande vitalità · 2010. 5. 17. · puleti e Montecchi” di Bellini con un importante “Solo” di corno, sotto la direzione del Maestro Muti. Fu una grande

William Baumol in “Performing Arts: the EconomicDilemma” (1961) sosteneva l’esigenza di unsupporto pubblico per impedire che a noi, e so-

prattutto alle future generazioni, fosse vietata la fruizione dellearti sceniche. Queste infatti sono “a tecnologia fissa”, ossia ci vo-gliono oggi gli stessi musicisti per eseguire ad esempio una sinfoniadi Beethoven di quanti ce ne volevano quando venne composta.Non potendo quindi usufruire della riduzione di costi connessaal progresso tecnologico perderebbero sempre più competitivitàe, senza il sostegno pubblico rischierebbero il collasso. Tuttavial‘arte è un formidabile antidoto contro l’appiattimento morale,conseguenza di un materialismo arido e vorace che alla produ-zione dell’ingegno sostituisce un progresso tecnologico semprepiù freddo e meno appassionante di quelle “muse bizzarre e al-tere”, quali le arti sceniche, frutto della creatività di grandi artisti.

Puntando la lente sulla situazione italiana, da nazione patria delmelodramma e non solo culle di validi musicisti del passato e

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Carmela Cosentino

Pompeo, musicista di grande vitalità

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anche del presente, sembra aver davvero abdicato al proprioruolo culturale, decidendo di fare a meno della cultura. E alloral’interrogativo non può che essere il seguente: può la musica “clas-sica” creare occupazione? “Sì senza alcun dubbio - risponde Gio-vanni Pompeo musicista di Montescaglioso, cornista, direttored’orchestra, docente di Conservatorio e organizzatore di iniziativeculturali - anche se da un lato ci vengono illustrati studi che affer-mano come la cultura costituisca un importante volano di svi-luppo economico, e in costante crescita, dall’altro assistiamo acontinui tagli ai fondi, il che appare in tutta evidenza, frutto di unaprecisa volontà distruttrice. In questo contraddittorio contestomi ritengo soddisfatto perché sono riuscito a fare della mia pas-sione anche il mio lavoro”.

Ma non si possono nascondere le difficoltà”. “Piuttosto par-lerei di opportunità - ribatte”. “Dopo essermi diplomato con ilmassimo dei voti al Conservatorio di Matera - continua - ho in-viato curricula a istituzioni lucane e pugliesi per chiedere audizioni

e comunicare disponibilità a collaborazioni, ma non ho mai avutorisposta. Allora ho trasformato questa difficoltà in opportunità, esono stato “costretto” ad ampliare il mio orizzonte nella convin-zione che il mondo sia metro di giudizio per qualsiasi forma d’arte.

Ho cominciato a fare audizioni e avendo dovuto fare tutto dasolo, le prime non hanno avuto esito positivo. Ma non mi sono fer-mato”. Si diceva che il punto di riferimento per un musicista deveessere il mercato globale, qual è la situazione nel nostro territo-rio?” Noi meridionali siamo tacciati, giustamente, di pressappo-chismo- sottolinea- ricordo le prime lezioni con i grandi cornisticon cui ho studiato, ossia Luciano Giuliani e Alessio Allegrini, chemi ripetevano “voi del Sud avete un grande talento ma suo-nate…pressappoco!” - e aggiunge - ciò che ho appreso nell’arcodella mia carriera è che bisogna essere eticamente responsabilinei confronti del compositore, il che impone innanzitutto la per-fezione esecutiva. E tanto più oggi che il livello si è innalzato mol-tissimo nel mondo e la concorrenza è tanta”. Pur tuttavia

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CORNISTA, DIRETTORE D’ORCHESTRA,DOCENTE DI CONSERVATORI E ORGANIZZATORE DI INIZIATIVE CULTURALI, GIOVANNI HA ESEGUITO UNIMPORTANTE “SOLO” DI CORNO, SOTTOLA DIREZIONE DEL MAESTRO MUTI

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“A Giovanni Pompeo in ricordo del suo ottimo solo.Riccardo Muti”. “Era il 22 ottobre del 1998 - racconta ilmusicista - il mio primo concerto al Teatro alla Scala.Quella sera eseguivamo, fra le altre cose, un’aria dai “Ca-puleti e Montecchi” di Bellini con un importante “Solo” dicorno, sotto la direzione del Maestro Muti. Fu una grandeemozione, amplificata dal fatto che il maestro volle scri-vermi un autografo sulla mia parte. E’ stato l’inizio di unalunga collaborazione con l’ Orchestra del Teatro alla Scalae con l’omonima Filarmonica, nel corso della quale hosuonato sotto la direzione dei più grandi, da Sinopoli a Le-vine, da Temirkanov a Nagano, da Bychkov a Chung, daFruhbeck de Burgos a Gergiev”.

Un grandissimo con cui non hai suonato? “Carlos Klei-ber - risponde - una personalità unica ed indecifrabile, mu-sicista straordinario e ineguagliabile nel suo repertorio,scomparso in silenzio nel 2004 e definito “il più grande di-rettore del ‘900”: l’ho solo intravisto nascosto in un palcoalla Scala durante la generale del “Crepuscolo degli dei” diWagner, nel ‘98. Ma più di tutti ho lavorato con Muti, concui ho fatto numerose tournèe all’estero. Come dimenti-care il concerto al Cairo sotto le Piramidi in cui ese-guimmo la “Sinfonia funebre e trionfale” di Berlioz che poi

ho riproposto lo scorso anno a Montescaglioso con l’Or-chestra di fiati “R. D’Ambrosio” e la Polifonica Rosa Pon-selle. Sono stato inoltre onoratissimo di partecipare al“Don Giovanni” di Mozart rappresentato a Ravenna nel‘99 sotto la direzione di Muti con la leggendaria orchestradei Wiener Philarmoniker, considerata, insieme alla filar-monica di Berlino, la migliore del mondo”.

Sono stati momenti molto intensi dunque “sì - ri-sponde - Muti è capace di infondere sempre, anche intournèe, la grinta e quella tensione emotiva che derivanodalla consapevolezza del proprio ruolo e della missionecui siamo chiamati: essere sempre al servizio della musicae dei compositori. Ripeteva spesso che sia che si suoni aBerlino sia che si suoni a Giovinazzo l’impegno deve es-sere lo stesso, altrimenti non sarebbe più un lavoro dicreazione artistica ma saremmo solo dei volgari impiegatidella musica, il che è evidentemente un nonsense.

Sono stati anni fecondi, i più importanti per la mia for-mazione, avendo avuto modo di lavorare a stretto con-tatto con i più grandi direttori e strumentisti del mondoche, dando grande importanza ed inculcandomi l’eticadella professione musicale, mi hanno educato soprattuttoall’umiltà”.

GLI ANNI AL TEATRO ALLA SCALA DI MILANO

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Impetuousness, impulse, passion, along with rigour andcareful and methodical study too, are the preconditions to excelat performance and aesthetic practices. Thus a veil comesdown on the cliché with a clear romantic character whichconsiders artists as individuals who unravel themselvesbetween genius and intemperance like the geniusesmagnificently represented by Caspar David Friedrich in his“Wanderer above the Sea of Fog”.

But all this is not enough to explain musical genius. Thedivine Mozart, for example, spent his whole childhood studyingmusic in such a rigorous way that it became possible for hisinnate genius to find fertile soil where it could take root. And itis even more necessary nowadays as the technical level hasincreased by so much, competition is ruthless to say the least,and funds are being cut more and more. A situation which isdetrimental to all those who study music with rigour, hopingthat one day, they can make a living from it, see that the fewremaining resources are not allocated to culture but toentertainment. We are lacking compared to countries with aless glorious musical tradition than our own and, instead oftrying to recover our tradition and investing in culture torelaunch our economy, we consider it a cost and not anopportunity for development. An alarming picture which waswell outlined by Giovanni Pompeo, a Lucanian musician, hornplayer, who has graced the stages of the most prestigioustheatres in the world, conducted by maestros such as RiccardoMuti, Giuseppe Sinopoli, James Levine, Valery Gergiev, YuryTemirkanov, Eliahu Inbal, Semyon Bychkov, and Kent Nagano.He is a conductor and a teacher at the Music Academy, andalso the organiser of cultural events and does not hide thedifficulties faced, above all by those who study music in theMezzogiorno, accused of carelessness by influential voices ofthe sector, like Alessio Allegrini and Luciano Giuliani. Difficultiesin reaching the level of perfection that he achieved, clean andtechnical in his execution, when he was around twenty, whichenabled him to play at the Teatro alla Scala of Milan, and withthe orchestras of La Scala, Teatro Regio of Turin, Teatro Regio ofParma, and Pomeriggi Musicali of Milan, with the Italian YouthOrchestra, the Italian Philharmonic and the Philharmonic ofTurin, and with the International Orchestra of Italy.

Difficulties which have emerged more clearly not only inthe comparison with musicians from the schools referring tothe great musical instrumental tradition, but in the comparisonwith the global market too, which is the real stage andjudgement standard for any form of art.

What makes the difference today, and makes a mereplayer become a musician, is not only technical perfection buta general and musical culture tending to that encyclopaedismof Diderot’s memory, which can allow the instrumentalist tointerpret the composer's emotional, moral and spiritualuniverse at the utmost and which represents, to sum up, thathumus of ideal, general culture, extremely fertile for a realartistic creation. By way of summary, music and art in generalclaim absolute dedication, and take for granted a different ideaof man, who is not content with what is “aseptically andacritically” offered to him, but digs deep searching for the realessence of what Nietzsche defined ‘the mysterious power thateveryone feels and no philosopher explains.’

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ogni esecuzione è diversa dall’altra e le differenze tra gli inter-preti ci sono, “è evidente che ad esempio, tra Maurizio Pollini eVladimir Horowitz e Marta Argerich ci siano delle differenze -dice - ma queste attengono alla sfera dell’interpretazione e del-l’estetica: ciò che li accomuna però è l’assoluta perfezione tecnicaquale precondizione per poi interpretare”. Insomma rigore, per-fezione e studio delle prassi esecutive. Elementi questi che sfatanoil mito dell’artista geniale e sregolato.”

L’affermazione genio e sregolatezza è un cliché di un roman-ticismo falso e di maniera che fa presa sul pubblico, e che consi-dera gli artisti secondo il prototipo dello Sturm und drang, allastregua di uomini geniali tutti tempesta ed impeto, passione e ir-ruenza, e magnificamente rappresentati da Friedrich nel “Vian-dante sul mare di nebbia”. Ma tutto ciò non è sufficiente perspiegare il genio musicale: il divino Mozart ha trascorso l’interainfanzia a studiare musica in una maniera talmente rigorosa e durache ha reso possibile che il suo genio innato potesse trovare il ter-reno fertile su cui attecchire: la prova del contrario non ce l’ab-biamo”. Oggi allora che la concorrenza è altissima qual è quelquid che fa la differenza? “Ciò che fa sì che da esecutore si possadiventare musicista è un insieme composito di fattori diversi chevanno dalla storia personale, alle letture, alla cultura, alla curiositàcon cui si accosta ai fenomeni del mondo. Eseguire dal punto divista tecnico, ad esempio, l’opera “Fidelio” di Beethoven non è im-presa ardua, ma il direttore per trarre dal pentagramma e dall’or-chestra dei suoni che siano capaci di rappresentare al meglio ilmondo beethoveniano, deve possedere tutta una serie di cono-scenze musicali ed extramusicali che compongono il quadro entrocui è nata questa musica, non ultime le sue istanze politiche, lalotta contro la tirannia e dell’affermazione della libertà e della giu-stizia, temi estremamente cari a Beethoven. Da qui la necessità diuna conoscenza quanto più possibile vasta, tendente a quell’en-ciclopedismo di diderottiana memoria, humus di coltura ideale efecondo per l’autentica creazione artistica.

In ultimo non si può però non rimarcare come taluni gran-dissimi siano tali anche in virtù di caratteristiche che non si pos-sono spiegare, né si possono insegnare, è quello che Garcia Lorca

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chiamava il Duende, il folletto, demone, di ascendenza dionisiaca,che “brucia il sangue come un acido, che rompe gli stili”, e che perNietzsche è il “potere misterioso che tutti sentono e che nessunfilosofo spiega”.

In definitiva, la musica e l’arte esigono dedizione assoluta, epresuppongono una concezione dell’uomo diversa, che non puòricevere ciò che viene offerto dal mondo in maniera asettica eacritica e, per quanto mi costi dirlo, superficiale”.

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IL SUO IMPEGNO AL LAMS

Investire risorse in un progetto didattico cheformi il pubblico e dia ai musicisti gli strumenti percompetere sul mercato internazionale. È ciò che sipropone di realizzare il Lams (Laboratorio Arte Mu-sica e Spettacolo) di Matera società impegnata nel-l’organizzazione di concerti, nella formazione e nellascoperta e promozione di giovani talenti, di cui Gio-vanni Pompeo è direttore artistico.

In oltre venti anni di attività patrocinate e soste-nute dal ministero per i Beni e la Attività culturali, ilLams ha puntato sui corsi internazionali di alto per-fezionamento con affermati solisti provenienti dallepiù prestigiose orchestre, dal Teatro alla Scala all’Ac-cademia Nazionale di Santa Cecilia. Accanto ai corsi,il Concorso internazionale “Città di Matera- PremioRosa Ponselle” unico in Basilicata a fregiarsi del pa-trocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali,la cui peculiarità risiede nella natura dei premi per ivincitori: borse di studio per perfezionarsi con presti-giosi docenti e concerti retribuiti nelle stagioni delLams, a fianco di affermati solisti dello scenario inter-nazionale”. “È anche questo ciò che intendo - spiegaPompeo - quando parlo di un progetto culturale cheil Lams porta avanti nella convinzione che la culturasia un mezzo insostituibile per la crescita tout courtdell’uomo e per migliorare la qualità della vita” .

In Basilicata, negli ultimi anni, si è assistito a uncerto fervore di iniziative musicali, dalla classica al jazzalla leggera. “Iniziative - dice - che contribuiscono allacrescita di una regione storicamente ai margini dellacultura nazionale e internazionale. Ma pur ritenendoqueste positive, la coscienza e la passione mi obbli-gano a far rilevare che sia grave che forme di ‘spet-tacolo da intrattenimento’ che nulla hanno a che farecon la cultura vengano spacciate per essa e, pur es-sendo mere operazioni commerciali che portanolegittimamente utili agli organizzatori, usufruiscano disostegno pubblico, a scapito di quelle iniziative chenecessitano, appunto, di ‘aiuti’. Lo trovo grave per tutticoloro che studiano severamente musica conl’aspettativa di poter vivere di essa, e ancora più graverispetto alla gloriosa tradizione italiana: oltre al dannodei tagli, la beffa di vedere le poche risorse rimasteassegnate non alla cultura ma all’intrattenimento. Loaffermo senza scomodare Adorno, senza spocchiaintellettuale e senza fare artatamente distinguo tracultura alta e bassa, ma solo e unicamente fra ciòche cultura è e ciò che invece non lo è!”.

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