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Convegno Nazionale di Studi "Scelte a misura di bambino" Pompei 15 maggio 2015 workshop 3 Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

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Convegno Nazionale di Studi "Scelte a misura di bambino. ..." - Pompei 15 maggio 2015

Workshop 3 - Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

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INDICE DEL

FASCICOLO

Convegno Nazionale di Studi

"Scelte a misura di bambino"

Pompei 15 maggio 2015

workshop 3

Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del

diritto alla famiglia

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Convegno Nazionale di Studi "Scelte a misura di bambino. ..." - Pompei 15 maggio 2015

Workshop 3 - Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

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- INDICE -

1. Deontologia professionale in materia di allontanamenti dei minorenni dalla loro famiglia

1.1. Introduzione (dal documento base) ................................................................... 3 Convegno Nazionale di Studi "Scelte a misura di bambino. ..." - Pompei 15 maggio 2015

Workshop 3 - Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

1.2. Abstract relazione (Gennaro Izzo) ................................................................... 3

Appendice: Linee guida per la regolazione dei processi di allontanamento del minore 4

2. Misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

2.1 Introduzione (dal documento base) .................................................................. 8

2.2. Sostegni alle adozioni difficili .............................................................................. 9

o 2.2.1. Indicazioni presenti nella normativa e nei documenti nazionali ............ 9

o 2.2.2 "Buone norme" e "buone prassi" regionali ............................................... 10

2.3. Accompagnamento all'autonomia dei neomaggiorenni ........................................ 10

o 2.3.1. Indicazioni presenti nella normativa e nei documenti nazionali ............ 11

o 2.3.2 "Buone norme" e "buone prassi" regionali ............................................... 12

2.4. Certezza dei contributi economici e delle coperture assicurative agli affidatari 13

o 2.4.1. Indicazioni presenti nella normativa e nei documenti nazionali ............ 13

2.5. Sviluppo della pratica degli "affidamenti ponte" dei bambini piccolissimi .......... 15

o 2.5.1. Indicazioni presenti nella normativa e nei documenti nazionali ............ 15

2.6. Tavoli regionali sull'affido familiare ..................................................................... 18

o 2.6.1. Indicazioni presenti nella normativa e nei documenti nazionali ............ 18

3. Rimborsi occasionali, rimborsi certi, contributi, ...? Quali misure economiche prevedere

per le attività di sensibilizzazione e sostegno svolte dalle associazioni di affidatari?

3.1 Introduzione (dal documento base) .................................................................. 20

3.2. dgr Regione Marche ......................................................................................... 20

4. Interventi programmati, commenti su forum online, contributi ..................................... 22

Gianni Fulvi, Giovanni Tagliaferri (Coord. Nazionale Comunità per Minori, Roma) .. 22

Maria Grazia Viganò (Ass. Insieme, Roma) .................................................................. 22

Patrizia Salentino (Coord. CARE, Taranto) .................................................................. 23

Marina Buoncristiano (Caritas, Potenza) ........................................................................ 24

Emilia Russo (Ass. Naz. Famiglie Numerose, Firenze) .................................................. 25

Marianna Giordano (CISMAI Campania) ....................................................................... 26

Federico Zullo (Agevolando Bologna) ............................................................................ 26

ANFAA - Poster Adozioni Difficili ................................................................................. 28

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Workshop 3 - Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

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1. DEONTOLOGIA PROFESSIONALE IN MATERIA DI

ALLONTANAMENTI DEI MINORENNI DALLA LORO FAMIGLIA

1.1. INTRODUZIONE (dal documento base)

TRA DATI E TIMORI

Riportiamo di seguito uno stralcio del documento del Tavolo Nazionale Affido sui minori in

affidamento e in comunità (al 31.12.2012). «Paragonando i dati del 2012 con quelli degli anni

precedenti emerge la progressiva contrazione del numero totale dei minori fuori della propria

famiglia. Erano 32.400 nel 2007, sono 28.449 nel 2012. In cinque anni si è dunque verificata una

contrazione del 12%. Contrazione che interessa sia l'accoglienza in comunità, con un - 8%

(corrispondente al passaggio dai 15.600 del 2007 ai 14.255 del 2012), che l'affidamento familiare,

con - 16% (pari alla riduzione dai 16.800 del 2007 ai 14.194 del 2012). Il timore, già segnalato dal

Tavolo Nazionale Affido nel commento ai dati degli anni precedenti, è che, laddove si tratti di

variazioni reali (la frammentazione dei sistemi di monitoraggio e raccolta dei dati impedisce di dare

a questo gap una fondatezza assoluta), la differenza indichi non già una auspicabile “riduzione del

bisogno” (il che sarebbe indicativo di una maggiore capacità di prevenzione degli allontanamenti e

di un migliore stato di salute delle famiglie di origine) bensì la ridotta capacità di intervento del

sistema di tutela minorile, causata dalla progressiva contrazione delle risorse impiegate nel welfare.

Questo sarebbe sintomatico di una inaccettabile e gravissima "mancanza di protezione" per un

crescente numero di bambini e ragazzi. Scenario ancora più preoccupante in alcune regioni, quali la

Campania, dove la riduzione nel quinquennio 2007-2012 è del 28% (con un passaggio da 2.820 a

2.024 minori totali fuori famiglia di origine), la Puglia, con un - 30% (dove si scende da 3.193 a

2.234 minori), e il Lazio, con - 32% (da 3.923 a 2.656 minori)».

Nel workshop vorremmo confrontarci in particolare sui seguenti punti:

Quanto i timori segnalati dal Tavolo Nazionale Affido sono fondati?

Qualora fossero fondati, quali sono le dinamiche che causano tali distorsioni? E come

possono essere superate, sul piano deontologico ma anche tramite eventuali "soluzioni"

metodologiche, organizzative, ...?

1.2. ABSTRACT RELAZIONE (GENNARO IZZO)

“Per il bene preminente dei bambini … verso un manifesto deontologico in materia di

allontanamenti dei minorenni dalla loro famiglia”

Dai numeri alla percezione

Dai dati risulta che, dal 2007 al 2012, si registra il 12% (in Campania ben il 28%) in meno di minori

fuori della propria famiglia.

Le domande del Tavolo Nazionale Affido sorgono spontanee: i dati sono attendibili? Dipendono da

una riduzione del bisogno oppure da una maggiore capacità di prevenzione? Derivano da una

contrazione della capacità d’intervento, delle risorse, del sistema di protezione?

Agli operatori del Tavolo Nazionale Affido, ed ai loro timori, si aggiungono gli operatori dei

Servizi, pubblici e privati.

“Noi” percepiamo ogni giorno la profonda mancanza di metodiche, di organizzazione, di modelli

gestionali, nella realizzazione delle politiche e dei servizi socio-sanitari-educativi, la cui esistenza

ed efficacia potrebbero realmente garantire il fatto che: “meno minori fuori dalla propria famiglia

possa corrispondere a meno bambini e bambine che vivono seri disagi sociali, sanitari ed

ambientali”.

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Dalla forma alla sostanza, dalla responsabilità amministrativa all’intervento

deontologicamente corretto

Gli operatori sociali, in particolare, devono e possono spostare il tiro del proprio intervento verso

metodologie e modelli organizzativi dei Servizi che facciano riferimento al piano deontologico.

Prendendo anche spunto dai suggerimenti forniti dalle “Linee Guida per la regolazione dei processi

di sostegno e allontanamento del minore” (a cura del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli

Assistenti Sociali), è possibile pensare ad un “Manifesto operativo” in cui sia gli operatori (dal

Giudice al Tutor territoriale), sia le famiglie, possano individuare interventi deontologicamente

corretti, distinguendoli da interventi “non corretti”?

L’intervento di ciascun operatore, soprattutto nei processi di allontanamento dei minori, deve

lasciare traccia formale e sostanziale che risponda a domande concrete: cosa faccio, cosa ho fatto

prima, cosa potevo fare, cosa si poteva/può fare, cosa è mancato/manca, chi deve garantirlo, come?

Il mio intervento di oggi consisterà nell’ “incarnare” alcune della domande poste nella “prassi

operativa”, anche in riferimento all’organizzazione di un moderno sistema di welfare locale

APPENDICE

Percorsi Integrati "Linee Guida per la regolazione dei processi di sostegno e allontanamento

del minore" a cura del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali (Anno 2010)

L’allontanamento di bambini/e o ragazzi/e dal proprio nucleo familiare costituisce una decisione residuale nel panorama

degli interventi disposti dalla Magistratura ed attuati dai servizi sociali nel settore inerente alla tutela dei minori e della

famiglia. Tuttavia, proprio per le peculiarità che presenta, deve essere oggetto di attenzione specifica da parte di tutti gli

organismi coinvolti. Nella consapevolezza che un ambito così delicato riguarda innanzitutto la responsabilità della

professione, il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti sociali ha promosso la costituzione di un Tavolo tecnico

sull’argomento, al quale hanno aderito numerose istituzioni a diverso titolo interessate. Le presenti linee guida

rappresentano la sintesi di un articolato lavoro di riflessione ed approfondimento che ha visto coinvolti: Associazione

Italiana Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia Associazione Nazionale Comuni Italiani Consiglio Nazionale

Forense Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali Consiglio Superiore della Magistratura, Commissione

Minori dell’Associazione Nazionale Magistrati, Ministero del Lavoro e Politiche sociali.

Hanno offerto il loro contributo anche associazioni di famiglie coinvolte in procedimenti di allontanamento di minori; la

loro esperienza ha arricchito i contenuti delle presenti linee guida.

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LINEE GUIDA

Il fenomeno dell’allontanamento forzato di bambini/e e ragazzi/e dal proprio nucleo familiare investe in maniera

articolata e differente diversi attori sociali.

Per i servizi sociali e sociosanitari impegnati a riconoscere e prevenire situazioni di rischio per i minori e a sostenere le

famiglie in difficoltà, l’allontanamento di bambini/e e ragazzi/e dai loro nuclei familiari costituisce un segmento

residuale dei processi e delle attività poste in essere.

L’obiettivo prioritario degli Enti Locali e dei sevizi territoriali, infatti, deve essere quello di prevenire gli allontanamenti

di minori dalle proprie famiglie. Laddove non sia possibile evitare l’allontanamento, l’obiettivo degli interventi è

rappresentato dal recupero della capacità genitoriale della famiglia di origine e dalla rimozione delle cause che

impediscono l’esercizio della sua funzione educativa e di cura. Il fine è garantire il rientro del minore in famiglia, in

tempi il più possibile brevi, nel rispetto del principio di continuità dei rapporti familiari/parentali.

E’necessario potenziare il sostegno alle famiglie non solo in funzione preventiva rispetto agli interventi più traumatici,

ma anche, successivamente, per consentire una comprensione delle ragioni del provvedimento e una possibile crescita e

recupero delle risorse interne al nucleo familiare.

In caso di allontanamento, va sempre perseguito un intervento che tenga in considerazione il rispetto delle persone,

l’informazione dei soggetti coinvolti, la ricerca delle modalità più opportune per l’esecuzione del provvedimento e la

necessaria tempestività, in relazione sia alla sua efficacia sia all’esigenza di ridurre quanto più possibile il trauma che il

minore ed i suoi familiari ne possano riportare.

Il lavoro di prevenzione e di sostegno alle situazioni di fragilità delle famiglie e delle coppie richiede l’attivazione di

servizi competenti all’ascolto dei bisogni e alla prevenzione dei conflitti, di tutoraggio sociale, di educativa familiare e

di mediazione familiare. In particolare, occorre prevedere specifiche forme di accompagnamento per le famiglie e i

minori di diversa cultura.

Nell’organizzazione dei Servizi Sociali è necessario prevedere la presenza di profili professionali che si occupino con

competenze specifiche di famiglie e minori, con un impegno complessivo di lavoro che renda possibile l’affiancamento

delle famiglie in difficoltà, in una logica di prevenzione e di rimozione degli ostacoli, favorendo e programmando

attività e progetti mirati all’integrazione socio sanitaria. Gli Enti Locali e le Regioni debbono assicurare risorse

finanziarie e di personale al fine di garantire la presenza, nei servizi alla persona, di un adeguato numero di

professionisti a cui assicurare formazione continua, specializzazione e supervisione professionale. E’ particolarmente

Importante che, al fine di una efficace e continuativa attività di supporto ai bambini ed alle famiglie, i professionisti

siano stabilmente impiegati nel settore.

il minore di cui i genitori non possono occuparsi, ha diritto ad avere accanto a sé una figura sostitutiva, quale il tutore,

che lo rappresenti e che soprattutto se ne prenda cura.

Tutori e curatori speciali possono trasformarsi da presenze solo formali a figure che curano e accompagnano il minore,

pertanto la personalizzazione della loro scelta appare quanto mai indispensabile.

E’ opportuno, da parte dei diversi soggetti istituzionali coinvolti in questo processo, valorizzare il contributo e l’apporto

delle associazioni di famiglie per la loro funzione di advocacy, studiando anche modalità di interlocuzione di tali

soggetti nel procedimento, compatibili con il sistema processuale.

La necessaria sinergia tra servizi sociali, sociosanitari, avvocatura e magistratura deve mirare, in piena condivisione, ad

un incremento del sistema di tutela dei minori, partendo dalla famiglia, con obiettivi comuni e strategie condivise. A tal

fine è opportuno pro- muovere percorsi di formazione integrati.

E’ importante prevedere iniziative rivolte ai mezzi di informazione per far conoscere i principi, gli obiettivi, gli

strumenti e le attività posti in essere dalle istituzioni a favore delle famiglie e dei minori. Un’informazione scorretta ed i

processi di denigrazione che ne derivano verso i servizi sociali, sanitari e la magistratura, infatti, finiscono per ledere i

diritti e le opportunità proprio delle persone e delle famiglie in difficoltà. Il senso di diffidenza che ne deriva rischia di

ostacolare percorsi di orientamento e di sostegno.

Si elencano, di seguito, alcuni elementi da tenere in considerazione in caso di allontanamento:

1. Il ricorso all’art. 403 del Codice Civile – di competenza dell’autorità di pubblica sicurezza o amministrativa – deve

avvenire solo quando sia esclusa la possibilità di altre soluzioni e sia accertata la condizione di assoluta urgenza e

di grave rischio per il minore, che richieda un intervento immediato di protezione. Dell’allontanamento deve darsi

tempestiva comunicazione alla competente Procura Minorile per le iniziative del caso.

2. La segnalazione di grave pregiudizio per i minori da parte dei servizi sociali e socio sanitari alla Procura Minorile

(o al Tribunale per i Minorenni nel caso in cui vi sia un procedimento già pendente), deve avvenire, per quanto

possibile, in maniera circostanziata e deve essere immediatamente seguita da una indagine accurata della

situazione. Occorre che nella relazione siano esposti in maniera distinta gli elementi descrittivi da quelli valutativi

e siano indicati gli interventi che sono stati posti in essere, ove possibile, per evitare l’allontanamento.

3. I servizi sociali e sanitari devono condividere ed elaborare, in maniera congiunta con la Magistratura minorile o

ordinaria, una procedura che presupponga una fase di preparazione e di proseguimento dell’evento.

4. E’ importante, anche quando l’intervento sia stato attuato in via di urgenza per esigenze di protezione del minore

da pregiudizi subiti in famiglia, favorire la comprensione degli obiettivi e degli interventi posti in essere. Nel caso

in cui si debba procedere senza che i genitori siano presenti, va dato loro tempestivo avviso, da parte dei servizi

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competenti, dell’allontanamento e delle ragioni che lo hanno determinato. L’informazione deve comprendere

anche il diritto di avvalersi di un difensore e di chiedere all’Autorità Giudiziaria la revoca o la modifica del

provvedimento.

5. Il provvedimento di allontanamento del minore deve contenere elementi di elasticità al fine di poterlo adattare alla

situazione contingente. E’ utile che l’autorità giudiziaria dia eventualmente disposizioni più adeguate ove

dovessero sorgere rilevanti difficoltà nell’esecuzione del provvedimento.

6. L’allontanamento non può essere considerato un momento a sé ma parte di un per- corso di cui è solo un tassello,

con la conseguente necessità di formulare in concreto un progetto più ampio nel quale il provvedimento si

inserisce.

7. Il provvedimento della Magistratura deve prevedere l’affidamento dell’incarico di allontanamento all’Ente e non

al singolo professionista.

8. E’ opportuno acquisire, ove possibile, il consenso o quanto meno la non opposizione all’esecuzione da parte degli

interessati, anche collaborando con i difensori. È importante in ogni caso facilitare la comprensione delle ragioni

del provvedimento.

9. Gli operatori che materialmente eseguono il provvedimento di allontanamento devono essere specializzati. E’

necessario prevedere una equipe stabile multi professionale per accompagnare l’evento di allontanamento,

possibilmente composta da professionisti diversi da quelli che hanno in carico il minore e la famiglia. Il rapporto

professionale con gli operatori che seguono la famiglia deve essere, infatti, salvaguardato per non interrompere il

rapporto fiduciario.

10. Le equipe multidisciplinari vanno coinvolte per il sostegno e l’accompagnamento, anche nel caso in cui un minore

sia rintracciato dalle forze dell’ordine su disposizione dell’Autorità Giudiziaria ai fini del suo inserimento in

comunità.

11. Si consiglia di evitare quanto più possibile l’utilizzo della Forza Pubblica durante le procedure di allontanamento.

L’utilizzo della Forza pubblica, nei casi in cui si renda necessario, non deve avvenire in uniforme e devono essere

scelti modi e luoghi che rendano l’evento il meno traumatico possibile per il minore e per i suoi familiari.

12. Ognisituazionevastudiataeprogettatatenendocontodellasuaunicitàespecificità.

13. Particolare attenzione va dedicata all’ascolto del minore e ai luoghi e ai modi in cui esso avviene, incentivando la

creazione di spazi neutri per gli incontri protetti. E’ importante spiegare, tenendo conto dell’età e della capacità di

comprensione, la situazione, le ragioni del provvedimento e il suo significato. È importante ascoltare i vissuti, i

sentimenti, i problemi, e le aspettative del minore, accoglierlo in un luogo idoneo e considerare per quanto sia

possibile i suoi desideri.

14. L’affidamento del minore in strutture di accoglienza, di tipologia adeguata all’età e alle caratteristiche del minore,

deve essere strettamente limitato al periodo necessario all’elaborazione di un progetto di rientro nel nucleo

familiare e, qualora questo non sia possibile, di affido intra o extra familiare o di adozione.

15. Le strutture/famiglie che accolgono devono conoscere la situazione del minore e la motivazione del

provvedimento, condividere le modalità di rapporto con i familiari, rispettare le prescrizioni, collaborare al

progetto socio-educativo per il minore impostato dai servizi sociali e secondo le disposizioni dell’autorità

giudiziaria, offrire l’ascolto attento e curare l’accompagnamento del rientro in famiglia originaria o in affidamento

familiare. Il lavoro di rete deve essere costante, così come costante e incisivo deve essere l’esercizio del potere di

vigilanza del Pubblico ministero minorile sulle strutture comunitarie.

16. Appare particolarmente importante che le decisioni dell’Autorità Giudiziaria sui reclami proposti avverso i

provvedimenti di allontanamento siano adottate in tempo sufficientemente breve.

17. E’ necessario promuovere protocolli operativi e percorsi di formazione congiunti per magistrati minorili, operatori

sociali e forze dell’ordine.

(...)

SINTESI METODOLOGICA

Per rendere meno traumatica l’esecuzione per il minore e per i familiari, gli interventi devono articolarsi su più livelli:

1. Con i familiari: informare correttamente; far comprendere le motivazioni del provvedimento; aiutare a

individuare la modalità più adeguata di realizzazione nell’interesse del minore, evitandogli un trauma

maggiore; sostenere con azioni di aiuto e non di mero controllo. Promuovere preventivamente condizioni di

adeguata collaborazione significa spesso evitare una situazione coatta e traumatica.

2. Con il minore, tenendo conto dell’età e della sua capacità di comprensione: spiegare la situazione che sta

vivendo, le ragioni del provvedimento e il suo significato; ascoltare i suoi vissuti e sentimenti, i suoi problemi

e le sue aspettative; accogliere in un luogo idoneo e considerare per quanto sia possibile i suoi desideri.

3. Con chi eseguirà il provvedimento e/o con i servizi: raccogliere e valorizzare la conoscenza del caso, della

situazione contestuale più generale e degli interventi effettuati con i familiari e il minore quali indicazioni utili

da fornire a chi effettuerà l’allontanamento vero e proprio. Ciò permetterà di individuare le modalità, i tempi e

i luoghi esplicitando le ragioni di una presenza del professionista che ha in carico il caso o meno della

necessità di un supporto indiretto.

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4. Con le strutture/famiglie che accolgono: conoscenza della situazione, del minore e della motivazione del

provvedimento; la condivisione del rispetto delle prescrizioni, la condivisione di progetto educativo e di vita

per il minore, l’ascolto attento, l’accompagnamento del rientro in famiglia originaria o in affidamento

familiare.

SINTETICHE INDICAZIONI OPERATIV/ORGANIZZATIVE

Al fine di rendere più efficaci gli interventi e più efficienti i servizi è indispensabile tener presente alcuni suggerimenti

organizzativi, e prevedere:

servizi dedicati, accoglienti e competenti per i minori e le loro famiglie;

professionisti stabili e con adeguato carico di lavoro in grado di stabilire una relazione significativa e duratura

con i soggetti coinvolti;

equipe specializzata per situazioni di abbandono e di abuso, per provvedimenti di allontanamento e per

riabilitazione e recupero di famiglie e di minori a rischio;

uffici tutela, composti da tutori e curatori speciali separati da altre figure professionali che hanno altre

funzioni.

Per le funzioni di tutela e di curatela possono essere utilizzati i volontari opportunamente formati;

stabile apporto di sostegno formativo e di supervisione rivolto ai professionisti impegnati nel settore;

stabile e significativo rapporto di collaborazione tra uffici giudiziari e servizi sociali.

SINTETICHE INDICAZIONI PROCEDUALI

Nel rispetto dei contenuti delle dichiarazioni, convenzioni e raccomandazioni internazionali e di quanto introdotto

dall’art. 111 della Costituzione sul giusto processo è opportuno adeguare le procedure sulla base di alcuni principi:

Obbligo di procedere sollecitamente;

obbligo di fornire al minore di età tutte le informazioni pertinenti sui fatti rilevanti del procedimento che lo

riguardano e sulle possibili conseguenze;

la consultazione e l’ascolto del soggetto minore di età in ogni procedimento che lo riguarda;

la possibilità che in caso di conflitti di interessi fra il minore e i genitori che lo rappresentano la nomina di un

curatore speciale;

l’utilizzo della disciplina di nomina di un difensore del minore distinto da quelli dei genitori nel caso in cui il

conflitto di interessi con i genitori lo imponga;

un adeguato accompagnamento del minore a ogni processo che lo riguarda da parte di figure professionali di

aiuto e assistenza;

la ricerca del consenso del minore e della sua famiglia e dei loro rappresentanti prima di prendere una

decisione;

l’ascolto di entrambi i genitori in tutti i procedimenti che hanno per oggetto decisione relative ai figli minori.

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2. MISURE REGIONALI URGENTI

PER LA TUTELA DEL DIRITTO ALLA FAMIGLIA

(approfondimento e dibattito sulle proposte elaborate dalla cordata: CNCM, CNCA, ANFAA, Famiglie per

l'Accoglienza, Progetto Famiglia, Papa Giovanni XXIII)

2.1. INTRODUZIONE (DAL DOCUMENTO BASE)

Negli ultimi mesi una cordata composta da alcune associazioni/reti nazionali impegnate da anni

nella tutela del diritto dei bambini alla famiglia (Progetto Famiglia, ANFAA, CNCA, CNCM, Ass.

Comunità Papa Giovanni XXIII, Ass. Famiglie per l'Accoglienza) ha individuato cinque proposte

per le Regioni del Centro Sud-Italia, puntando a formulare ipotesi urgenti e "immediatamente

cantierabili" cioè ritenute attivabili in tempi brevi e con sforzi organizzativi ed economici

sostenibili. Tali proposte sono:

1) SOSTEGNI ALLE ADOZIONI DIFFICILI. Previsione dell'obbligo per i comuni di

erogazione e facilitazione dell'accesso a sostegni (economici, sociali, psicopedagogici

e psicoterapeutici) alle famiglie che adottano minori disabili e/o con disagio psicorelazionale o di

età superiore ai 12 anni

2) ACCOMPAGNAMENTO ALL'AUTONOMIA DEI NEOMAGGIORENNI IN USCITA

DA PERCORSI DI TUTELA. Istituzione di un fondo nazionale e regionale stabili nel tempo per

il sostegno all'autonomia dei neomaggiorenni ex affidati impegnati nella frequentazione di percorsi

di formazione professionale o nella attuazione di un progetto di start-up di una nuova attività, fino

al compimento del 25esimo anno di età.

3) CERTEZZA DEI CONTRIBUTI ECONOMICI E DELLE COPERTURE

ASSICURATIVE AGLI AFFIDATARI

Obbligo o meccanismi di stimolo per gli enti gestori degli interventi assistenziali (comuni, consorzi

di comuni, ecc...), affinché eroghino un contributo economico agli affidatari, svincolato dal loro

reddito; il relativo importo deve essere stabilito in relazione alle condizioni dell’affidato e

comunque non deve essere inferiore all'80% della pensione minima INPS. È altresì obbligatoria la

stipula di idonea polizza assicurativa.

4) SVILUPPO DELLA PRATICA DEGLI "AFFIDAMENTI PONTE" DEI BAMBINI

PICCOLISSIMI. Istituzione di un fondo regionale che rimborsi i Comuni per il costo dei

contributi per l'affidamento familiare dei bambini di età inferiore o pari a tre anni. Inserimento del

tema dello sviluppo dell'affidamento dei bambini piccolissimi tra le finalità del Tavolo Regionale di

cui al punto 5.

5) TAVOLI REGIONALI SULL'AFFIDO FAMILIARE. Istituzione da parte delle singole

Regioni di un Tavolo regionale sull'affido familiare, con il coinvolgimento anche dei servizi affidi

territoriali, delle autorità giudiziarie minorili e delle associazioni di affidatari, finalizzato

all’applicazione sul territorio delle Linee di indirizzo nazionali per l’affidamento familiare.

In data 24/04/2015 le cinque proposte sono state inviate alle Regioni come "ipotesi generali" sulle

quali sviluppare un percorso di confronto. Ogni contesto territoriale è infatti connotato da differenti

specificità, punti di forza e di debolezza, che chiedono la formulazione di proposte ad hoc per

ciascuna regione.

Al fine di allargare il confronto e giungere all'elaborazione di richieste specifiche per ciascuna

regione, le cinque proposte sono state inviate anche all'attenzione:

- dei Garanti Regionali per l'Infanzia e l'Adolescenza delle regioni del Centro-Sud;

- dei Tribunali per i Minorenni e delle Procure minorili del Centro-Sud;

- di una platea qualificata di esperti ed operatori dei servizi pubblici, del settore no-profit, del

mondo accademico.

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Le proposte sono infine state messe a disposizione di chiunque fosse interessato ad esprimere

pareri, mediante la pubblicazione delle stesse in alcuni siti web, la diffusione tramite newsletter, la

presentazione in eventi pubblici.

Al fine di facilitare lo scambio di proposte, pareri, suggerimenti è stato attivato - in seno al forum

www.affidofamiliare.it - un laboratorio online di confronto.

Questo, insieme a quanto emergerà da taluni incontri nazionali e/o regionali di confronto, porterà

alla definizione delle proposte specifiche da presentare a ciascuna regione centro-meridionale.

Il presente Workshop intende raccogliere spunti, proposte, perplessità, ... su ciascuna delle cinque

proposte.

2.2. SOSTEGNI ALLE ADOZIONI DIFFICILI

«Previsione dell'obbligo per i comuni di erogazione e facilitazione dell'accesso a sostegni (economici,

sociali, psicopedagogici e psicoterapeutici) alle famiglie che adottano minori disabili e/o con disagio

psicorelazionale o di età superiore ai 12 anni»

2.2.1. Indicazioni presenti nella normativa e nei documenti nazionali

LEGGE 4 MAGGIO 1983, N. 184 E SS.MM. "DIRITTO DEL MINORE AD AVERE UNA FAMIGLIA"

«Nel caso di adozione dei minori di età superiore a dodici anni o con handicap accertato ai sensi dell’articolo 4 della

legge 5 febbraio 1992, n. 104, lo Stato, le regioni e gli enti locali possono intervenire, nell’ambito delle proprie

competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, con specifiche misure di carattere

economico, eventualmente anche mediante misure di sostegno alla formazione e all’inserimento sociale, fino all’età di

diciotto anni degli adottati» (art. 6, comma 8).

TERZO PIANO BIENNALE NAZIONALE DI AZIONI E DI INTERVENTI PER LA TUTELA DEI DIRITTI

E LO SVILUPPO DEI SOGGETTI IN ETÀ EVOLUTIVA

(approvato con decreto del Presidente della Repubblica, Decreto del 21 gennaio 2011)

«Titolo "Promozione di un sistema di tutela e protezione dei minorenni disabili"

Codice Azione: B07

Obiettivo: assicurare ai bambini disabili il diritto a crescere nella propria famiglia e, in mancanza, in un’altra famiglia

Azione/Intervento A) promozione di interventi che prevedano: il superamento completo del ricovero in strutture

sanitarie/istituto dei minori disabili; Interventi di sostegno formativo ed economico alle famiglie disponibili

all’affidamento ed all’adozione di minori con disabilità;

Azione/Intervento C) Adeguamento delle normative delle regioni e delle province autonome relativamente a: procedure

mirate per la loro [dei minori disabili] adozione, con previsione di congrui sostegni sociali ed economici».

DOCUMENTO "SINTESI DEI LAVORI DELL'ATELIER MINORI FUORI DELLA PROPRIA FAMIGLIA"

(Conferenza Nazionale Infanzia - Bari 27/28 marzo 2014)

«Sostegno alle adozioni difficili: l'intervento dell'ANFAA ha richiamato il bisogno di dare attuazione a quanto previsto

dall'art. 6 della legge 184/83 in materia di adozioni di bambini portatori di handicap o affetti da gravi malattie. Occorre

che queste cd. "adozioni difficili" trovino non solo il sostegno da parte delle reti associative ma anche da parte delle

istituzioni tramite il supporto scolastico, il supporto economico, l'accompagnamento all'inserimento lavorativo, ... Si

suggerisce di prendere ad esempio l'operato della Regione Piemonte, unica in Italia ad aver previsto specifiche forme di

sostegno in questo ambito, e di valorizzare quanto indicato in un recente documento del Tavolo Nazionale Affido sul

tema dell'affidamento e dell'adozione dei minori disabili e malati» (punto 7).

«adottare alcune misure urgenti: - minori adottabili, in affidamento e in comunità: occorre intervenire con urgenza sui

1.900 bambini e ragazzi con decreto adottivo, inseriti in affido e in comunità. Occorre, come già chiesto dal Tavolo

Nazionale Affido, comprendere meglio qual è lo status giuridico di questi minori, il tipo di collocamento e la natura

della difficoltà a procedere verso l'adozione, per capire quanti di essi hanno bisogno di una famiglia e per predisporre

urgenti e straordinari rimedi affinché tale bisogno venga soddisfatto» (punto 9).

DOCUMENTO "L'AFFIDO E L'ADOZIONE DEI BAMBINI DISABILI E MALATI"

(Tavolo Nazionale Affido)

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Convegno Nazionale di Studi "Scelte a misura di bambino. ..." - Pompei 15 maggio 2015

Workshop 3 - Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

10

«Le Associazioni del Tavolo (...) intendono porre attenzione ai bambini disabili e malati, affinché anche a loro sia data

l’opportunità di vivere all’interno di un contesto familiare, qualora la loro famiglia sia in difficoltà. In particolare si

desidera rendere visibile che l’affido familiare e l’adozione di bambini disabili e malati è possibile, e le molte famiglie

affidatarie e adottive appartenenti alle Associazioni/Reti che realizzano queste accoglienze lo dimostrano, e che queste

famiglie affidatarie o adottive devono essere particolarmente sostenute. Si rende quindi necessario incentivare gli Enti

preposti - Tribunali per i Minorenni, Regioni, Enti locali, Aziende sanitarie ed ospedaliere - a promuovere interventi per

superare ogni forma di ricovero in strutture inadeguate e per sostenere le famiglie disponibili ad accogliere tali minori

sia in affido che in adozione.

(...) pertanto (...) Le Associazioni Reti/familiari del Tavolo chiedono (...) alle Regioni e Province Autonome:

La predisposizione di apposite Delibere per il sostegno agli affidamenti ed alle adozioni di minori disabili e malati

in cui si preveda:

o l’attivazione di Supporti professionali alle famiglie che realizzano affidi di minori disabili o malati, con

particolare attenzione a quello psicologico e riabilitativo;

o l’erogazione di un rimborso spese maggiorato per questi affidamenti in considerazione delle specifiche

esigenze del minore;

o l’individuazione di un percorso agevolato per l’accesso alle prestazioni sanitarie e riabilitative (compresi i

ricoveri ospedalieri) e di assistenza infermieristica domiciliare, previsto per le famiglie che accolgono minori

con disabilità fisica, psichica e sensoriale;

la predisposizione di sostegni alle adozioni difficili anche con l’erogazione, attraverso gli Enti gestori degli

interventi assistenziali, ai genitori adottivi di bambini disabili, indipendentemente dal loro reddito, di un contributo

economico almeno pari al rimborso-spese corrisposto agli affidatari fino al raggiungimento della maggiore età

dell’adottato, in attuazione a quanto previsto dall’art. 6, comma 8 della legge n. 184/1983 e smi.

L’attivazione presso le Regioni di un Tavolo di lavoro permanente tra Assessorati Regionali - Tribunale per i

Minorenni - Servizi Sociali e le Associazioni/Reti per la sensibilizzazione e ricerca di famiglie disponibili a pronte

accoglienze e ad accoglienze di minori disabili e malati».

CAMPAGNA #CINQUEBUONERAGIONI PER ACCOGLIERE I BAMBINI CHE VANNO PROTETTI -

PROPOSTE ALLE ISTITUZIONI

(CNCA, CISMAI, CNCM, SOS Villaggi dei bambini, Agevolando, Progetto Famiglia)

(...) Alle Regioni (...) Sostenere le adozioni di bambini gravemente traumatizzati con adeguati sussidi economici, spazi

relazionali e di socializzazione, programmi di supporto psicologico alle famiglie integrando interventi clinici, sociali ed

educativi rivolti ai genitori adottivi ed ai ragazzi adottati.

2.2.2 "Buone norme" e "buone prassi" regionali

REGIONE PIEMONTE

Deliberazione della Giunta Regionale 17 novembre 2003, n. 79-11035 "Approvazione linee d’indirizzo per lo

sviluppo di una rete di servizi che garantisca livelli adeguati di intervento in materia di affidamenti familiari e di

adozioni difficili di minori" (Bollettino Ufficiale Regione Piemonte n. 50 del 11 /12/2003)

«Gli Enti Gestori delle funzioni socio-assistenziali corrispondono ai genitori di minori italiani e stranieri adottati

superiori a dodici anni e a quelli con handicap accertato un contributo economico, indipendentemente dal loro reddito,

pari al rimborso spese corrisposto agli affidatari fino al raggiungimento della maggiore età dell’adottato. Nel medesimi

casi, resta salva la facoltà per gli Enti gestori delle funzioni socio-assistenziali di attivare, ai sensi dell’art.6, comma 8

L.184/83 e s.m.i., ulteriori interventi volti al sostegno della formazione e dell’inserimento sociale dei minori,

nell’ambito dei progetti educativi dei minori stessi. Nel caso di minori adottati in condizioni particolari (gravi patologie,

abusi, violenze subite), gli Enti Gestori possono prevedere l’estensione delle provvidenze di cui sopra anche al di fuori

delle fattispecie individuate e regolamentate dall’Amministrazione Regionale, nell’ambito dello specifico progetto

d’intervento dei suddetti minori». (Allegato 1, paragrafo 5.B).

2.3. ACCOMPAGNAMENTO ALL'AUTONOMIA DEI NEOMAGGIORENNI IN USCITA

DA PERCORSI DI TUTELA

«Istituzione di un fondo nazionale e regionale stabili nel tempo per il sostegno all'autonomia dei

neomaggiorenni ex affidati impegnati nella frequentazione di percorsi di formazione professionale o nella

attuazione di un progetto di start-up di una nuova attività, fino al compimento del 25esimo anno di età»

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Workshop 3 - Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

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2.3.1. Indicazioni presenti nella normativa e nei documenti nazionali

LEGGE N. 888 DEL 25 LUGLIO 1956 "MODIFICAZIONI AL REGIO DECRETO-LEGGE 34/1934

SULL'ISTITUZIONE E FUNZIONAMENTO DEL TRIBUNALE PER I MINORENNI"

«art. 25 - fra le “misure applicabili ai minori irregolari per condotta o per carattere”, l’affidamento del minore al

servizio sociale o la collocazione in

struttura; art. 29 - indica che la cessazione di tali misure disposte è ordinata in ogni tempo dal tribunale (perché sono

cessati i motivi che le hanno rese necessarie, …) e che la cessazione è in ogni caso ordinata al compimento del

ventunesimo anno di età (o per servizio militare di leva)».

LINEE NAZIONALI DI INDIRIZZO PER L’AFFIDAMENTO FAMILIARE

(Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali)

«224.c Affidamento familiare di adolescenti, prosecuzione oltre i 18 anni

Raccomandazione 224.c.2 Garantire la possibilità di prosecuzione dell’affidamento familiare al compimento del 18esimo

anno e comunque non oltre i 21 anni. Al termine del progetto il ragazzo può: permanere nella famiglia (con i sostegni

previsti se disabile) oppure rientrare a casa o, ancora, avviare un percorso di vita autonoma.

AZIONE/INDICAZIONE OPERATIVA 1 Le Amministrazioni, attraverso i Servizi sociali e sanitari, provvedono, ove

ritenuto necessario e in base alla disponibilità della famiglia affidataria, prima della maggiore età, in caso di

prosecuzione dell’affidamento familiare, all’eventuale inoltro al Tribunale per i Minorenni dell’istanza di tutela/curatela

o amministrazione di sostegno in capo agli affidatari.

AZIONE/INDICAZIONE OPERATIVA 2 Le Amministrazioni sostengono, nelle varie forme previste, le famiglie

affidatarie che continuano ad accogliere l’adolescente divenuto maggiorenne, riconoscendo, nel caso in cui il progetto

sia finalizzato all’autonomia, un contributo per le spese connesse al progetto stesso (per esempio cauzione per alloggio

e spese affitto per alcuni mesi, etc.)».

DOCUMENTO "SINTESI DEI LAVORI DELL'ATELIER MINORI FUORI DELLA PROPRIA FAMIGLIA"

(Conferenza Nazionale Infanzia - Bari 27/28 marzo 2014)

«ADOTTARE ALCUNE MISURE URGENTI: - Neomaggiorenni: occorre infine una chiara assunzione di

responsabilità, come chiesto con forza dall'Ass. Agevolando, verso i quasi 3.000 neomaggiorenni in uscita dal sistema

di tutela, per molti dei quali non è giunto a conclusione il percorso di maturazione e di conseguimento dell'autonomia

abitativa, lavorativa, ... » (punto 9).

7° RAPPORTO DI AGGIORNAMENTO SUL MONITORAGGIO DELLA CONVENZIONE SUI DIRITTI

DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA IN ITALIA 2013-2014 (Gruppo CRC)

«Sulla condizione critica degli ultra-diciottenni la Relazione evidenzia che “quella della prosecuzione degli interventi

fino al compimento del 21° anno di età finalizzato alla compiuta affermazione dell’autonomia del ragazzo, è una di

quelle tematiche ormai consolidate nelle prassi dei servizi, ma con poca evidenza dal punto di vista del riconoscimento

in contesti di programmazione e di indirizzo. Le Linee di indirizzo per l’affidamento familiare hanno colto questo

bisogno prevedendo una specifica raccomandazione (n. 224 c. 2) e individuando due macro-azioni correlate che

orientano i servizi ad attivarsi per l’inoltro al tribunale dell’istanza di tutela da porre in capo agli affidatari e per il

proseguimento dell’accoglienza”24» (Cap. IV, pag. 67).

DOCUMENTO "PROPOSTE DI LINEE GUIDA PER L'AFFIDAMENTO FAMILIARE"

(CNSA - Coordinamento Nazionale Servizi Affido)

«L’affido familiare (...) coinvolge minori di età da 0 a 18 anni, prorogabili fino a 21 per situazioni particolari valutate

dai Servizi e validate dall’Autorità Giudiziaria nell’ambito di progetti di autonomia».

DOCUMENTO "MISURE REGIONALI DI TUTELA DEL DIRITTO DEI MINORI A CRESCERE IN

FAMIGLIA"

(Tavolo Nazionale Affido)

«(...) 5. SOSTEGNO DELLE PERSONE COINVOLTE. Si chiede alle Regioni di adottare misure in grado di:

a. (...)

b. (...)

c. (...)

d. la previsione, per gli affidati diventati maggiorenni, di sostegni economici e di percorsi di accompagnamento

verso l’autonomia, e, qualora continuino a vivere con gli affidatari, il prosieguo dei contributi a questi ultimi,

fino al raggiungimento del ventunesimo anno di età degli affidati».

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Workshop 3 - Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

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2.3.3 "Buone norme" e "buone prassi" regionali e locali

REGIONE CAMPANIA

LINEE D’INDIRIZZO REGIONALI PER L’AFFIDAMENTO FAMILIARE (Del.G.R. 644/2004) «“Minori in affido che raggiungono la maggiore età”. Ove opportuno un adolescente può restare inserito in un progetto

d’affidamento oltre il raggiungimento della maggiore età, fino al compimento del 21° anno d’età. In tal caso il Servizio

affido ed adozioni d’ambito, sentito il minore e ove possibile gli affidanti, aggiorna il progetto educativo

individualizzato, prevedendo percorsi di avvio al lavoro o la prosecuzione del cammino scolastico/universitario. Durante

tale periodo gli affidatari continueranno a ricevere il sostegno economico corrisposto prima del raggiungimento della

maggiore età del minore».

COMUNE DI TORINO (da Sussidiario per operatori e famiglie "parole nuove per l'affidamento familiare" del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali) Descrizione: Ci sono ragazzi affidati che restano nella famiglia affidataria anche dopo il compimento dei 18 anni:

particolarmente interessanti al riguardo le provvidenze deliberate dal Comune di Torino, di cui sono riportate di seguito

le parti più significative, approvate anche a seguito di azioni intraprese dall’Anfaa.

Finalità: Destinatari del progetti possono essere: • i giovani che, in affidamento familiare, al compimento del

diciottesimo anno di età, non possono rientrare presso la loro famiglia, e per i quali è possibile avviare un percorso per

l’autonomia personale, lavorativa ed abitativa; • i giovani già in affidamento nella minore età, che a causa delle

condizioni psicofisiche certificate (invalidità civile con patologie afferenti alla disabilità) non sono in grado di

intraprendere percorsi di completa autonomia e che continuano a vivere nella stessa famiglia affidataria: per loro

peraltro la prosecuzione dell’intervento avviene secondo le modalità e le procedure previste per l’affidamento di

persone disabili e può comportare anche l’accesso ad altri interventi diurni.

Caratteristiche tipiche: Per ognuno viene predisposto il progetto individualizzato che deve essere formulato, su

proposta della famiglia affidataria e con il consenso del giovane interessato, dai Servizi socio-assistenziali competenti

entro il compimento del diciottesimo anno di età. Oltre alla prosecuzione dell’affidamento dai 18 ai 21 anni, può anche

essere avviato un successivo progetto AUTONOMIA, che deve concludersi non oltre il compimento del 25° anno. Per il

progetto AUTONOMIA viene riconosciuta alla famiglia affidataria, che assume le funzioni di garante dello stesso nei

confronti del giovane e del Comune di Torino, una quota straordinaria di affidamento per il rimborso delle spese vive

fissato in 5.000 euro (importo massimo) di cui il 70% all'avvio del progetto e il restante 30% a conclusione dello stesso,

previa presentazione della relativa dichiarazione e documentazione delle spese sostenute. Sono individuate quali spese

riconoscibili quelle relative “alla sistemazione abitativa, alla vita di relazione, alla frequenza a scuole e corsi compresi

quelli universitari, nonché altre spese per il mantenimento personale qualora non previste e/o non erogabili attraverso il

contributo di assistenza economica”. Ciascun progetto viene autorizzato, nei limiti del budget assegnato per gli

affidamenti familiari, con specifica determinazione dirigenziale. Il progetto individuale può prevedere anche la richiesta

di altre provvidenze ed interventi della Città qualora ne sussistano le condizioni e la compatibilità, quali l’assegnazione

di alloggio attraverso la C.E.A. (Commissione Emergenza Abitativa) come “Casi sociali”, l’inserimento nelle iniziative

connesse alle politiche attive del lavoro, l’Assistenza Economica ecc» (pagg. 50-51).

SERVIZIO AFFIDI JESI – ASP/ASUR AV2 MARCHE – JESI. (da Sussidiario per operatori e famiglie "parole nuove per l'affidamento familiare" del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali)

Finalità e obiettivi: Prosecuzione di progetto di affido familiare oltre la maggiore età con borsa lavoro e/o di studio per i

ragazzi/e, e avvio affidamento presso famiglia/single per ragazzi/e che al compimento della maggiore età sono in

comunità con l’obiettivo di favorire l’acquisizione di capacità per l’ autonomia.

Descrizione del percorso: 2009 - Prima fase corso di sensibilizzazione e formazione per reperire e formare le famiglie

per l’accoglienza di adolescenti. Seconda fase: segnalazione da parte dei servizi territoriali e abbinamento. Terza fase:

accompagnamento dei progetti che durano fino a due anni. 2013 progetto ancora in corso.

Esiti significativi: N. 10 Progetti attuati (5 italiani e 5 stranieri) dal 2009 con 6 borse lavoro e 6 borse di studio (2

ragazzi hanno beneficiato di entrambe). Attualmente è in corso 1 progetto. La valutazione viene effettuata a conclusione

dei progetti monitorando anche nell’anno successivo alla conclusione dell’accoglienza la capacità di autonomia dei

ragazzi/e. Su 10 progetti 8 ragazzi hanno concluso il progetto, 2 hanno interrotto l’adesione al progetto. Criticità

principale riguarda il finanziamento del progetto che non è stato messo a sistema se non in linea teorica perché è

previsto nel regolamento ma condizionato dalle risorse economiche» (pag. 57).

«Può essere particolarmente significativo il ruolo delle associazioni nei cosiddetti “affidamenti particolari”: (...)

l’accompagnamento all’autonomia dei neo-maggiorenni» (pag. 84).

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Convegno Nazionale di Studi "Scelte a misura di bambino. ..." - Pompei 15 maggio 2015

Workshop 3 - Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

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REGIONE MARCHE DGR 865 dell'11 giugno 2012, Interventi in favore dei minorenni allontanati

temporaneamente dalla propria famiglia

«(...) Allegato A. (...) Contenuti specifici: (...) il prolungamento dell'intervento di affidamento a famiglia o comunità,

fino al compimento del 21° anno di età, può essere messo in atto solo d'intesa con l'utente ormai maggiorenne nel caso

in cui non sia opportuna l'interruzione del progetto educativo per il raggiungimento dell'autonomia personale; è

necessario che tale intervento venga motivato dai servizi sociali invianti».

2.4. CERTEZZA DEI CONTRIBUTI ECONOMICI E DELLE COPERTURE

ASSICURATIVE AGLI AFFIDATARI

«Obbligo o meccanismi di stimolo per gli enti gestori degli interventi assistenziali (comuni,

consorzi di comuni, ecc...), affinché eroghino un contributo economico agli affidatari, svincolato

dal loro reddito; il relativo importo deve essere stabilito in relazione alle condizioni dell’affidato e

comunque non deve essere inferiore all'80% della pensione minima INPS. È altresì obbligatoria la

stipula di idonea polizza assicurativa»

2.4.1. Indicazioni presenti nella normativa e nei documenti nazionali

LEGGE 4 MAGGIO 1983, N. 184 E SS.MM. "DIRITTO DEL MINORE AD AVERE UNA FAMIGLIA"

«Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei

rispettivi bilanci, intervengono con misure di sostegno e di aiuto economico in favore della famiglia affidataria» (art. 5,

comma 4).

TERZO PIANO BIENNALE NAZIONALE DI AZIONI E DI INTERVENTI PER LA TUTELA DEI DIRITTI

E LO SVILUPPO DEI SOGGETTI IN ETÀ EVOLUTIVA

(approvato con decreto del Presidente della Repubblica, Decreto del 21 gennaio 2011)

«Titolo "ADEGUAMENTO DELLA NORMATIVA RIFERITA ALL’AFFIDAMENTO FAMILIARE"

Codice Azione: B09

Obiettivo: Adeguamento delle normative di regioni e province autonome relativamente a modalità di sostegno

economico alle famiglie affidatarie».

LINEE NAZIONALI DI INDIRIZZO PER L’AFFIDAMENTO FAMILIARE

(Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali)

«114 Famiglia Affidataria

(...) Raccomandazione 114.2 Riconoscere il valore sociale, civile e politico dell’impegno di solidarietà delle famiglie

affidatarie e le specifiche competenze educativo/relazionali, migliorabili, ma non surrogabili professionalmente, da

sostenere e valorizzare.

AZIONE/INDICAZIONE OPERATIVA 1 Gli affidatari ricevono contributi economici svincolati dal reddito e

beneficiano, per i bambini accolti, di facilitazioni per la fruizione di servizi sociali, sanitari, educativi».

«120 ATTORI ISTITUZIONALI

121. Regioni e Province Autonome

Raccomandazione 121.3 Nella regolamentazione regionale in materia di affidamento familiare prevedere adeguate

forme di sostegno diretto ed indiretto alle famiglie affidatarie, disciplinate ai diversi livelli istituzionali.

AZIONE/INDICAZIONE OPERATIVA 1 Sono definite a livello regionale e nel rispetto della normativa e degli

accordi vigenti in materia:

• le regole per l’attribuzione della titolarità della spesa in capo ai servizi sociali territoriali e per la definizione

dell’eventuale compartecipazione dei servizi sanitari;

• la quota “base” di riferimento per il contributo spese mensile da corrispondere alle famiglie affidatarie,

individuandone il valore parametrato ad un riferimento univoco (ad esempio la cd. Pensione minima INPS);

• le principali fattispecie rispetto alle quali si prevede la possibilità di un incremento del contributo spese mensile

(disabilità, affidamento familiare di adolescenti o di neonati, …);

• interventi economici a titolo di rimborso delle spese sostenute dagli affidatari, nel caso di: spese per alimenti

particolari;

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Convegno Nazionale di Studi "Scelte a misura di bambino. ..." - Pompei 15 maggio 2015

Workshop 3 - Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

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• spese mediche straordinarie ed ausili tecnici che esulano dalle prestazioni del S.S.N. quali, ad esempio, spese

dentistiche, protesi, spese per assistenza ospedaliera.

AZIONE/INDICAZIONE OPERATIVA 3 Viene adottata, a livello regionale, un’adeguata regolamentazione di ulteriori

sostegni per gli affidamenti familiari, quali:

• esenzione dal ticket sanitario per i bambini in affidamento familiare, laddove ricorrano le condizioni previste dalla

vigente normativa (art.8, comma 16, della legge n.537, del 1993);

• priorità di accesso ai servizi pubblici ai quali si accede di norma tramite graduatoria (servizi socio-educativi e scuole

dell’infanzia);

• esenzione o applicazione delle tariffe minime per la fruizione dei servizi a domanda individuale;

• agevolazioni per cure ortodontiche e protesi dentali. In nessun caso il costo dei materiali protesici può gravare sul

Servizio Sanitario Nazionale;

• indicazioni per la compartecipazione alla spesa nelle situazioni in cui la famiglia di origine risulti in condizioni

economiche tali da consentirle di far fronte in tutto o in parte alle spese di mantenimento e di educazione del figlio».

122 Comune

Raccomandazione 122.1

AZIONE/INDICAZIONE OPERATIVA 2 Il Comune, nell’ambito delle proprie funzioni, provvede a (...) • prevedere

per le famiglie affidatarie un adeguato supporto professionale e di tipo economico durante il periodo dell’affidamento; •

approvare ogni tipo di agevolazione e di facilitazione all’accesso ai servizi comunali per sostenere i bambini in

affidamento familiare e le famiglie affidatarie; rilasciare agli affidatari un’attestazione dell’affidamento del bambino

(...).

122.b Sostegno economico ed interventi di supporto

Motivazione - Riconoscere la natura di servizio dell’opera svolta dagli affidatari e concorrere a rimuovere eventuali

impedimenti economici che dovessero ostacolare famiglie e persone disponibili ed idonee ad impegnarsi

nell’affidamento familiare.

Raccomandazione 122.b.1: Sostenere l’affidamento familiare attivando specifici interventi, anche economici.

AZIONE/INDICAZIONE OPERATIVA 1 L’Ente Locale sostiene le spese relative agli affidamenti familiari avviati,

assicurando la copertura assicurativa per gli affidatari ed i bambini in affidamento familiare (in particolare rispetto a

responsabilità civile e infortuni) e corrispondendo agli affidatari il contributo spese mensile secondo la normativa

nazionale e le disposizioni regionali.

AZIONE/INDICAZIONE OPERATIVA 2 All’avvio dell’affidamento familiare si attivano le necessarie procedure

amministrative per l’erogazione del contributo economico e per l’attivazione degli altri benefici previsti.

AZIONE/INDICAZIONE OPERATIVA 3 Gli Enti Locali e i Servizi Sanitari supportano gli affidatari anche tramite

facilitazioni per l’accesso ai servizi sanitari, educativi, sociali ed esenzioni dal pagamento delle relative spese secondo

le disposizioni vigenti.

AZIONE/INDICAZIONE OPERATIVA 4 Gli Enti Locali e/o i Centri per l’affidamento familiare predispongono

specifici strumenti informativi sulle agevolazioni e provvidenze per gli affidatari.

224.a Affidamento familiare di bambini piccoli (0-24 mesi)

Raccomandazione 224.a.2 (...)

AZIONE/INDICAZIONE OPERATIVA 2 Si riconoscono per questa tipologia di affidamento familiare, dato l’impegno

necessario, (...) anche un rimborso spese maggiorato rispetto a quello base previsto per gli affidamenti residenziali a

terzi.

225.b Affidamento a famiglia affidataria appartenenti ad una rete di famiglie

(...) AZIONE/INDICAZIONE OPERATIVA 2 All’organizzazione possono essere assegnati contributi o riconosciute le

spese per le attività di coordinamento/sostegno agli affidatari, ai bambini e alle loro famiglie.

333 Il Progetto di Affidamento

(...) Raccomandazione 333.1 (...) AZIONE/INDICAZIONE OPERATIVA 3 Il Progetto di Affidamento contiene: (...)

l’ammontare del contributo economico per la famiglia affidataria e l’eventuale contributo alle spese da parte della

famiglia del bambino.

DOCUMENTO "SINTESI DEI LAVORI DELL'ATELIER MINORI FUORI DELLA PROPRIA FAMIGLIA"

(Conferenza Nazionale Infanzia - Bari 27/28 marzo 2014)

« (...) Sostenere i percorsi di accoglienza familiare: Occorre sostenere le famiglie che si aprono all'accoglienza di

bambini e ragazzi in difficoltà (...) Occorre in particolare assicurare la presenza di adeguati sostegni economici alle

famiglie affidatarie. Interessante lo stimolo offerto da una Delibera della Regione Marche che prevede forme aggiuntive

di sostegno economico allorquando le famiglie affidatarie sono coinvolte in esperienze associative, riconoscendo in esse

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Convegno Nazionale di Studi "Scelte a misura di bambino. ..." - Pompei 15 maggio 2015

Workshop 3 - Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

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un valore aggiunto per il buon esito dell'accoglienza ma anche un onere economico aggiuntivo di cui le famiglie si

caricano» (punto 7).

DOCUMENTO "PROPOSTE DI LINEE GUIDA PER L'AFFIDAMENTO FAMILIARE"

(CNSA - Coordinamento Nazionale Servizi Affido)

«Il Comune di residenza della famiglia d’origine del minore, il cui Servizio Sociale è titolare del progetto d’affido

familiare, deve (...) corrispondere un contributo economico a favore degli affidatari, svincolato dal reddito. In relazione

a particolari elementi di complessità del progetto o a condizioni specifiche psicofisiche del minore (problemi di ordine

sanitario, disabilità, ecc.), primo corredo del bambino o ragazzo nel caso questo sia privo di vestiario idoneo al decoro

e/o alla stagione, spese riguardanti la dimensione della salute, spese scolastiche, attività extrascolastiche/ sportive,

ricreative, associative, e per accompagnare i ragazzi, alla conclusione dell’affido, verso percorsi di autonomia, tale

contributo dovrà essere integrato per assicurare il necessario sostegno alle diverse caratteristiche ed esigenze di tali

affidi. Quote differenziate saranno inoltre stabilite nei casi d’affidamento di un minore presso parenti obbligati per legge

(ex art. 433 e seguenti del CC). Dovrà essere assicurata la necessaria copertura assicurativa della famiglia affidataria e

dei minori in affido, sia per gli infortuni che possono occorrere al minore durante l’affido sia per i danni materiali o

personali che l’affidato può provocare nei confronti di terzi. È opportuno, inoltre, prevedere agevolazioni all’accesso e

frequenza del minore a percorsi educativi e sociali e l’esenzione dal pagamento della ristorazione scolastica per i minori

in affido frequentanti asili nido, scuole dell’infanzia comunali e statali e scuole elementari e medie pubbliche. Per

sostenere adeguatamente gli affidatari nell’oneroso compito che si assumono, sono inoltre opportune: - esenzioni dal

pagamento ticket; - facilitazioni per cure e apparecchi di ortodontia ed ortopedia; - garanzia di accesso a percorsi

riabilitativo-terapeutici; - supporti tecnici alla vita familiare (servizi dotati d’organico e risorse adeguate, gruppi

famiglie, formazione e sostegno, informazione sui diritti, affiancamento di educatori, …); - interventi per l’inserimento

nel mondo del lavoro (borse di lavoro, laboratori protetti, ..)».

DOCUMENTO "MISURE REGIONALI DI TUTELA DEL DIRITTO DEI MINORI A CRESCERE IN

FAMIGLIA"

(Tavolo Nazionale Affido)

«(...) 5. SOSTEGNO DELLE PERSONE COINVOLTE. Si chiede alle Regioni di adottare misure in grado di:

a. (...)

b. (...)

c. assicurare a tutti gli affidatari, compresi i casi di affidamenti a parenti: l’erogazione di un contributo spese adeguato alle

esigenze dei minori accolti (compresi quelli in “collocamento “ e quelli in “affidamento a rischio giuridico di adozione”)

d. (...)

e. promuovere le esperienze delle reti e delle associazioni di famiglie quali importanti ed insostituibili luoghi di

espressione di solidarietà familiare e di genitorialità sociale, in particolare: prevedendo forme di sostegno

economico delle attività di accompagnamento delle famiglie svolta dalle stesse reti ed associazioni familiari (...)».

DOCUMENTO "LE ASSOCIAZIONI E RETI DI FAMIGLIE AFFIDATARIE"

(Tavolo Nazionale Affido)

«Il servizio pubblico farebbe bene (...) a sostenere le associazioni e le reti familiari che operano nell'affido, anche

mediante forme di contribuzione e sostegno economico alle attività da esse svolte».

2.5. SVILUPPO DELLA PRATICA DEGLI "AFFIDAMENTI PONTE" DEI BAMBINI

PICCOLISSIMI

«Istituzione di un fondo regionale che rimborsi i Comuni per il costo dei contributi per

l'affidamento familiare dei bambini di età inferiore o pari a tre anni. Inserimento del tema dello

sviluppo dell'affidamento dei bambini piccolissimi tra le finalità del Tavolo Regionale di cui al

punto 5»

2.5.1. Indicazioni presenti nella normativa e nei documenti nazionali

LINEE NAZIONALI DI INDIRIZZO PER L’AFFIDAMENTO FAMILIARE

(Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali)

«120 ATTORI ISTITUZIONALI

121. Regioni e Province Autonome

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Convegno Nazionale di Studi "Scelte a misura di bambino. ..." - Pompei 15 maggio 2015

Workshop 3 - Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

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Raccomandazione 121.2 (...) AZIONE/INDICAZIONE OPERATIVA 2 Le Amministrazioni regionali promuovono la

sperimentazione di risposte innovative ai bisogni dei bambini e delle famiglie in difficoltà, quali, ad esempio, (...)

l’affidamento familiare di neonati (...)».

224 AFFIDAMENTO FAMILIARE DI BAMBINI IN SITUAZIONI PARTICOLARI

224.a Affidamento familiare di bambini piccoli (0-24 mesi)

Motivazione - L’affidamento familiare si rivolge anche a bambini molto piccoli per i quali risulta fondamentale da

subito la presenza di una figura stabile di attaccamento. Tale affidamento ha una breve durata, che corrisponde al tempo

necessario agli operatori per svolgere la valutazione delle capacità genitoriali e all’Autorità Giudiziaria per decidere in

merito al percorso futuro del bambino (rientro in famiglia, affidamento familiare, adozione).

Raccomandazione 224.a.1 Predisporre specifici “Progetti neonati”, stante la delicatezza di tali affidamenti e la necessità

di pervenire nel più breve tempo possibile (8 mesi massimo) a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria di definizione

del progetto individuale.

AZIONE/INDICAZIONE OPERATIVA 1 Nell’ambito dei Servizi per l’affidamento familiare organizzati dalle

Amministrazioni competenti, vi sono operatori che si dedicano al “progetto neonati”.

AZIONE/INDICAZIONE OPERATIVA 2 Tramite protocolli di intesa si definiscono procedure e determinano compiti

e interazioni in capo ai diversi ruoli professionali, ed in particolare con l’Autorità Giudiziaria e i servizi sanitari.

Raccomandazione 224.a.2 Preferibilmente affidare l’accoglienza di un neonato ad una coppia con esperienza di

affidamento familiare, preparandola comunque ad affrontare una situazione coinvolgente e delicata e ad acquisire

competenze nell’osservazione e nella documentazione (anche perché il periodo di accoglienza è, in genere,

“preparatorio e istruttorio” alle decisioni dell’Autorità Giudiziaria).

AZIONE/INDICAZIONE OPERATIVA 1 Si attivano specifici momenti di informazione, sensibilizzazione e

formazione sull’affido neonati, anche continua, attraverso gruppi di sostegno e di auto-mutuo aiuto, nonché

supervisione individuale ove richiesta e necessaria.

AZIONE/INDICAZIONE OPERATIVA 2 Si riconoscono per questa tipologia di affidamento familiare, dato l’impegno

necessario, sostegni specifici da parte di personale socio-educativo e sanitario ed anche un rimborso spese maggiorato

rispetto a quello base previsto per gli affidamenti residenziali a terzi.

SUSSIDIARIO PER OPERATORI E FAMIGLIE "PAROLE NUOVE PER L'AFFIDAMENTO FAMILIARE"

(Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali)

«Affidamento familiare di bambini piccoli (0-24 mesi)

Se tutti i bambini fino a 6 anni devono poter usufruire di accoglienze in ambiente esclusivamente familiare, questo è

tanto più importante e più ovvio con i bambini nei primi 24 mesi di vita. In questa fase di età l’affidamento dovrebbe

essere o di breve durata in funzione di un sollecito rientro nella famiglia o di emergenza in funzione di una adozione

quanta più rapida possibile. L’affidamento di neonati, nello specifico, richiede peculiare accompagnamento della

famiglia del bambino e accoglienza presso famiglie specificatamente formate sul tema degli attaccamenti multipli e

disponibili a lasciarsi accompagnare a gestire la complessità di tale legame. Tali famiglie sono inoltre chiamate a

mettere a disposizione una organizzazione temporale della giornata, nell’arco delle 24 ore, coerente con le esigenze di

un neonato» (pag. 40).

«La residenza del minore resta, in linea di massima, presso il nucleo familiare d’origine (...) il servizio sociale può

ritenere opportuno, previo accordo con i servizi e con i genitori del minore se non decaduti dalla potestà, far acquisire al

minore affidato la residenza presso la famiglia affidataria. In casi particolari, ove sia necessario mantenere massima

riservatezza (es. affido di neonati), il minore può essere iscritto nella residenza anagrafica presso la casa comunale»

(pag. 318).

7° RAPPORTO DI AGGIORNAMENTO SUL MONITORAGGIO DELLA CONVENZIONE SUI DIRITTI

DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA IN ITALIA 2013-2014 (Gruppo CRC)

«Preoccupa l’elevata percentuale dei minori di età compresa tra gli 0 e i 2 anni allontanati dalla famiglia e ancora

inseriti nelle comunità (61%), rispetto a quelli affidati alle famiglie (39%), nonostante siano conosciute da decenni le

conseguenze negative sullo sviluppo dei minori della carenza/deprivazione di cure familiari nei primi anni di vita, come

evidenziato anche nella premessa di questo Rapporto. Esistono forti resistenze culturali da parte di giudici e operatori

sociali, che li portano ancora a preferire l’inserimento in comunità, ritenuta una soluzione “affettivamente neutra”,

invece dell’affidamento familiare, in quanto i legami affettivi instaurati dal bambino con gli affidatari ostacolerebbero

le collocazioni successive (14)

(Nota 14) “Prefazione” di Gabriella Cappellaro, in Nicole Quémada, Cure materne e adozione, UTET, Torino 2002: “Il

deammaternamento del bambino che viene istituzionalizzato è sicuramente il più grave e destinato alla cronicità, con la

conseguenza di danni irreversibili sulla costruzione della sua personalità, a motivo di turbe affettive caratteriali molto

profonde, per un’aggressività che non trova più contenimento affettivo e un’inibizione travestita da indifferenza per

lenire il dolore della perdita. Solo l’affido ad un nucleo familiare stabile, in grado di offrire nuovi legami affettivi e di

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Convegno Nazionale di Studi "Scelte a misura di bambino. ..." - Pompei 15 maggio 2015

Workshop 3 - Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

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farli circolare in uno scambio reciproco continuo, può rendere meno drammatica la condizione di de-ammaternamento

e offrire qualche probabilità di ri-ammaternamento. […] Come non pensare a tutti quei bambini, spesso piccolissimi,

perfino neonati, cui vengono negate figure genitoriali, una figura materna, per mesi, per anni, in attesa di inserirli in

quelle che il percorso giuridico nel suo lento andare, assegnerà loro? Così verranno scelti dei genitori ad un bambino

ormai incapace di gustarne fino in fondo la positiva valenza, un bambino ormai parzialmente spento nelle sue

possibilità di amare”. Sulla fattibilità degli affidamenti dei bambini piccolissimi segnaliamo le positive esperienze di

diversi Comuni (ad es. Torino, Genova, Bologna) già documentate nel documento in merito del CNSA (Coordinamento

Nazionale dei Servizi). (Cap. IV, pag. 66).

DOCUMENTO "RIFLESSIONI SULL'AFFIDAMENTO FAMILIARE DI BAMBINI PICCOLISSIMI"

(CNSA - Coordinamento Nazionale Servizi Affido)

«Il Coordinamento Nazionale Servizi Affidi ritiene di poter offrire alcune riflessioni già confrontate e condivise con le

Associazioni del privato sociale che si occupano di affido familiare. Riteniamo, infatti, un’area specifica l’affido

urgente e di breve durata di bambini con finalità diagnostiche rispetto alla situazione nel suo complesso e rispetto

alle capacità genitoriali. E’ tema prioritario proprio per le sue indubbie valenze di prevenzione e per l’importanza che

viene ad assumere il fattore “tempo”; trattandosi di un periodo di vita, quello relativo ai primissimi anni, che incide

significativamente e a volte irrimediabilmente sulla vita futura: non solo gli anni e i mesi sono importanti, ma anche i

soli giorni. Il gruppo di lavoro ha cercato di raccogliere le attuali risposte, le nuove esperienze, i progetti in itinere,

esistenti nelle varie realtà locali, ben consapevole di non svolgere un lavoro capillare e completo, bensì sommario. Da

tale verifica è emerso un quadro molto variegato rispetto ai progetti attuati in relazione alla problematicità delle famiglie

d’origine e alle risorse disponibili. In alcune realtà il ricorso all’inserimento di neonati in strutture di accoglienza

costituisce l’intervento predominante se non esclusivo. Si tratta di strutture gestite o da famiglie (casa famiglia,

comunità familiari) o da personale educativo (comunità di tipo familiare, comunità alloggio, ex istituti) che vengono

definite in maniera non omogenea a livello nazionale e che pertanto nelle diverse Regioni assumono peculiarità anche

molto diverse tra loro. Si è inoltre cercato di evidenziare gli aspetti di complessità, i nodi problematici, e le condizioni

necessarie per poter attuare progetti coerenti con gli obiettivi individuati.

Alcune premesse: Occorre prima di tutto sgombrare il campo da tutte quelle situazioni in cui esistono le condizioni per

poter tentare un intervento possibile a sostegno della genitorialità, svolto prioritariamente presso il domicilio delle

persone interessate, nonché quelle in cui sia fattibile proporre e tentare un inserimento in comunità della madre con

bambino, richiesta quest’ultima sempre in maggiore aumento e che in alcune realtà metropolitane sta assumendo le

dimensioni di una vera emergenza sociale. L’affido per i piccolissimi non può non tener conto che il bambino ha

bisogno di vivere in un contesto familiare in cui trovare figure stabili di riferimento che gli permettano di instaurare

relazioni affettive L’analisi si focalizza su quelle situazioni in cui i Servizi Socio Sanitari e soprattutto l’Autorità

Giudiziaria hanno valutato non fattibile, al momento, la convivenza genitori/figli o anche solo madre/bambino, e per le

quali non ci sono le condizioni per realizzare un affidamento giuridico o un affidamento preadottivo. Essa riguarda in

particolare i progetti elaborati dai servizi affidi degli Enti Locali di Bologna, Genova, Torino, Vicenza. In questi

progetti, pur nelle loro differenze e specificità, vengono prese in considerazione quelle situazioni in cui la condotta dei

genitori viene ritenuta pregiudizievole nei confronti del figlio ma dove non ci sono ancora sufficienti elementi per

formulare una prognosi ed una diagnosi sulla situazione. In questi casi, l’affidamento familiare tempestivo e a breve

temine costituisce l’intervento più adeguato rispondendo a due obiettivi fondamentali: 1) offrire nel più breve tempo

possibile una situazione di tutela al neonato esposto altrimenti ad una situazione di grave rischio; 2) consentire agli

operatori di approfondire, in tempi brevi, la conoscenza e la valutazione delle capacità genitoriali anche con il supporto

dei servizi specialistici, che consenta di formulare un progetto più a lungo termine per il futuro del bambino, che

preveda: o il rientro nella famiglia, anche allargata, o l’apertura di un procedimento di adottabilità. Conseguentemente si

rende urgente: A) predisporre gli atti necessari per richiedere l’apertura del procedimento di adottabilità; B) predisporre

progetti di interventi di supporto ai genitori necessari per potenziare e sviluppare le capacità residue e il senso di

responsabilità quando si ritiene possibile il rientro del bambino in famiglia (anche nella famiglia allargata).

Caratteristiche e bisogni dei bambini presi in considerazione. - Bambini nati da genitori per i quali si è evidenziata la

necessità di una valutazione diagnostica e prognostica delle loro capacità gravemente compromesse (genitori

tossicodipendenti, portatori di malattie mentali o di patologie invalidanti ecc.) in cui occorre monitorare la relazione

genitori/figlio, garantendo gli incontri necessari tra gli stessi, eventualmente mediati dalla presenza di personale

specializzato. - Bambini che nascono con problemi sanitari di tale gravità per cui si riscontra l’impossibilità o

l’inadeguatezza da parte dei genitori biologici di accudirli e di provvedere alle loro esigenze psicologiche e sanitarie. -

Bambini rispetto ai quali si è interrotto il progetto di inserimento con il/i genitori in struttura protetta (es. comunità

terapeutica, comunità madre/bambino). - Bambini non riconosciuti alla nascita per i quali l’Autorità Giudiziaria non

dispone in tempi rapidi (15 giorni) l’abbinamento con una coppia adottiva, come purtroppo ancora avviene in alcune

realtà. - Bambini in stato di abbandono o sottratti d’urgenza ai familiari a fronte di maltrattamenti o abusi (ex art. 403

del c.c.).

Caratteristiche delle famiglie affidatarie. La riflessione sulle famiglie affidatarie ha portato a individuare alcune

caratteristiche che qui elenchiamo ritenute fondamentali per poter attuare con congruità i progetti elaborati: - È

indispensabile che la famiglia sia capace di creare fin da subito un contesto affettivo e nel contempo sia preparata a

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Workshop 3 - Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

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saper accettare la separazione al momento opportuno collaborando per garantire un accompagnamento sereno al nuovo

luogo di vita. - E’ preferibile che non siano famiglie alla prima esperienza, pertanto non sono risorse reperibili mediante

campagne per l’affidamento generiche. - E’ considerato un elemento di positività la presenza di figli biologici,

possibilmente non troppo piccoli e in grado di capire il passaggio di bambini all’interno della loro famiglia. - Devono

essere disponibili ad attivarsi ed organizzarsi per il pronto intervento. - E’ auspicabile la presenza di una rete di

solidarietà familiare o tra famiglie disponibili all’affidamento.

Condizioni e garanzie di fattibilità. Le amministrazioni locali devono: - Sostenere adeguatamente la scelta

dell’affidamento familiare, investendo nella formazione e nel numero degli operatori nonché nella formazione e

sostegno delle famiglie affidatarie. − Deve essere prevista anche la presenza dell’educatore come figura di supporto per

il bambino e di mediazione fra la famiglia d’origine e la famiglia affidataria. − Definire preventivamente protocolli

d’intesa per creare condizioni di fattibilità con le A.A.G.G. al fine di coordinare gli interventi di competenza e di

consentire istruttorie e provvedimenti relativi alle singole situazioni, che tengano conto della specificità del progetto. −

Garantire la presa in carico tempestiva, da parte dei Servizi Socio-Sanitari per contenere in un tempo il più possibile

limitato la fase della valutazione e delle decisioni sul futuro del bambino. − Sensibilizzare/informare/formare le

potenziali famiglie affidatarie sulle tematiche giuridiche, sanitarie, sociali, psicologiche, attinenti al progetto. − Fornire

sostegno e supporto da parte dei Servizi Socio-Sanitari durante lo svolgersi dell’esperienza e in particolare al momento

della separazione. − Attivare gruppi di sostegno per le famiglie disponibili come contenitore permanente per la

condivisione delle emozioni e delle esperienze».

2.6. TAVOLI REGIONALI SULL'AFFIDO FAMILIARE

«Istituzione da parte delle singole Regioni di un Tavolo regionale sull'affido familiare, con il

coinvolgimento anche dei servizi affidi territoriali, delle autorità giudiziarie minorili e delle

associazioni di affidatari, finalizzato all’applicazione sul territorio delle Linee di indirizzo

nazionali per l’affidamento familiare»

2.6.1. Indicazioni presenti nella normativa e nei documenti nazionali in materia

LEGGE 2000, N. 328 "LEGGE QUADRO PER LA REALIZZAZIONE DEL SISTEMA INTEGRATO DI

INTERVENTI E SERVIZI SOCIALI"

«ART. 1. PRINCÌPI GENERALI E FINALITÀ.

3. La programmazione e l’organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali compete agli enti locali,

alle regioni ed allo Stato ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e della presente legge, secondo i principi

di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale,

responsabilità ed unicità dell’amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali.

4. Gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell’ambito delle rispettive competenze, riconoscono e agevolano il ruolo degli

organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di

promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, (...) operanti nel

settore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi

sociali.».

ART. 3 . PRINCÌPI PER LA PROGRAMMAZIONE DEGLI INTERVENTI E DELLE RISORSE DEL SISTEMA

INTEGRATO DI INTERVENTI E SERVIZI SOCIALI.

1. Per la realizzazione degli interventi e dei servizi sociali, in forma unitaria ed integrata, è adottato il metodo della

programmazione degli interventi e delle risorse, dell’operatività per progetti, della verifica sistematica dei risultati in

termini di qualità e di efficacia delle prestazioni, nonché della valutazione di impatto di genere.

2. I soggetti di cui all’articolo 1, comma 3, provvedono, nell’ambito delle rispettive competenze, alla programmazione

degli interventi e delle risorse del sistema integrato di interventi e servizi sociali secondo i seguenti principi:

a) coordinamento ed integrazione con gli interventi sanitari e dell’istruzione nonché con le politiche attive di

formazione, di avviamento e di reinserimento al lavoro;

b) concertazione e cooperazione tra i diversi livelli istituzionali, tra questi ed i soggetti di cui all’articolo 1, comma 4,

che partecipano con proprie risorse alla realizzazione della rete, (...) nazionale nonché le aziende unità sanitarie locali

per le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria comprese nei livelli essenziali del Servizio sanitario

nazionale».

TERZO PIANO BIENNALE NAZIONALE DI AZIONI E DI INTERVENTI PER LA TUTELA DEI DIRITTI

E LO SVILUPPO DEI SOGGETTI IN ETÀ EVOLUTIVA

(approvato con decreto del Presidente della Repubblica, Decreto del 21 gennaio 2011)

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Workshop 3 - Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

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«Titolo " PROMOZIONE DELL’AFFIDAMENTO FAMILIARE E POTENZIAMENTO DEI SERVIZI DEDICATI"

Codice Azione: A09

Obiettivo: Sviluppo e sostegno dell’affidamento familiare attraverso una serie di azioni finalizzate (...) ad un migliore

coordinamento e raccordo fra Autorità Giudiziaria e Servizi (...)».

(...) Azione/Intervento: Definizione in ogni regione o provincia autonoma di linee guida o di indirizzo che:

(...) - individuino le forme e i modi del coordinamento autorità giudiziaria/servizi territoriali; (...)

LINEE NAZIONALI DI INDIRIZZO PER L’AFFIDAMENTO FAMILIARE

(Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali)

«120 ATTORI ISTITUZIONALI - 121. Regioni e Province Autonome

Raccomandazione 121.1 Costruire e realizzare un sistema regionale di interventi e risposte ai bisogni dei bambini a

rischio ed in situazione di pregiudizio, che renda possibile l’attivazione di adeguati progetti di cura e protezione.

AZIONE/INDICAZIONE OPERATIVA 3 Il confronto ed il raccordo tra tutti i livelli istituzionali e di governo del

territorio sono sostenuti attraverso la creazione di tavoli di lavoro, incontri di approfondimento e la revisione periodica

di atti ed indirizzi, con l’apporto di tutte le istituzioni e servizi interessati e delle associazioni, reti e realtà del privato

sociale impegnate nel settore.

300 PERCORSO - 310 Azioni di contesto

(...) Raccomandazione 310.1 Prevedere e organizzare, a livello di ambito territoriale comunale, provinciale e regionale,

occasioni e modalità di coordinamento e confronto tra tutti gli attori presenti sul territorio, pubblici e privati.

AZIONE/INDICAZIONE OPERATIVA 1 Un nucleo di coordinamento a livello comunale, provinciale e regionale

viene attivato per favorire lo scambio di pratiche di eccellenza all’interno del territorio e per assicurare

l’uniformità/omogeneità degli interventi pianificati e dei messaggi veicolati dalle campagne di sensibilizzazione e

garantire la disponibilità sull’intero territorio di servizi specializzati idonei a fornire supporto alle famiglie.

SUSSIDIARIO PER OPERATORI E FAMIGLIE "PAROLE NUOVE PER L'AFFIDAMENTO FAMILIARE"

(Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali)

«4. L'ORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI. Gli attori istituzionali principali sono le Amministrazioni regionali e locali,

i servizi socio-sanitari, le Autorità Giudiziarie, la scuola e il privato sociale. Soltanto un confronto che parta dalla

specificità delle reciproche esperienze ed esigenze può condurre alla costruzione di un linguaggio comune e di

collaborazioni e prassi significative ed omogenee sul territorio (...).

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Workshop 3 - Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

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3. RIMBORSI OCCASIONALI, RIMBORSI CERTI, CONTRIBUTI, ...?

QUALI MISURE ECONOMICHE PREVEDERE PER LE ATTIVITÀ DI

SENSIBILIZZAZIONE E SOSTEGNO SVOLTE DALLE ASSOCIAZIONI DI

AFFIDATARI?

3.1. INTRODUZIONE (DAL DOCUMENTO BASE)

Le Linee nazionali di indirizzo per l’affidamento familiare del Ministero del Lavoro e delle

Politiche Sociali, al punto 225.b, relativo all'Affidamento a famiglie affidatarie appartenenti ad una

rete di famiglie, precisa che «all’organizzazione possono essere assegnati contributi o riconosciute

le spese per le attività di coordinamento/sostegno agli affidatari, ai bambini e alle loro famiglie».

Il tema del sostegno economico delle attività delle associazioni di affidatari è stato ripreso anche in

occasione delle Conferenza Infanzia di Bari del 27/28 marzo 2014. Nel documento di sintesi dei

lavori dell'atelier sui minori fuori della propria famiglia, al punto 7, così si affronta la questione:

«occorre sostenere le famiglie che si aprono all'accoglienza di bambini e ragazzi in difficoltà

valorizzando il ruolo dell'associazionismo familiare. (...). Interessante lo stimolo offerto da una

Delibera della Regione Marche che prevede forme aggiuntive di sostegno economico allorquando le

famiglie affidatarie sono coinvolte in esperienze associative, riconoscendo in esse un valore

aggiunto per il buon esito dell'accoglienza ma anche un onere economico aggiuntivo di cui le

famiglie si caricano».

Anche il Tavolo Nazionale Affido ha richiamato, seppur succintamente, la questione. Nel

documento "Misure regionali di tutela del diritto dei minori a crescere in famiglia" al punto 5 si

invitano le Regioni ad «adottare misure in grado di (...) promuovere le esperienze delle reti e delle

associazioni di famiglie quali importanti ed insostituibili luoghi di espressione di solidarietà

familiare e di genitorialità sociale, in particolare: prevedendo forme di sostegno economico delle

attività di accompagnamento delle famiglie svolte dalle stesse reti ed associazioni familiari (...)».

Il presente Workshop intende riflettere sulle possibili misure di sostegno economico alle

associazioni/reti di affidatari, approfondendo il confronto a partire dai punti di forza e dagli

eventuali limiti della modalità adottata dalla Regione Marche [di cui si riporta uno stralcio in

appendice]. Si intende, tramite tale riflessione, contribuire alla elaborazione di una sesta proposta da

aggiungere alle cinque misure formulate dalla cordata CNCM, CNCA, ANFAA, Famiglie per

l'Accoglienza, APGXXIII, Progetto Famiglia.

3.2. REGIONE MARCHE - DGR 11 GIUGNO 2012 N. 865

INTERVENTI IN FAVORE DEI MINORENNI ALLONTANATI TEMPORANEAMENTE DALLA

PROPRIA FAMIGLIA

1. Criteri di definizione dei contributi economici per l'affidamento familiare

I riferimenti generali nella definizione dei contributi economici per l'affidamento familiare sono i

seguenti:

a) parametro di riferimento nazionale oggettivo e collegato ad una indicizzazione di adeguamento;

b) variazione, rispetto al parametro medio in relazione a minorenni in situazioni di particolare

fragilità

c) diversificazione delle quote rispetto alle varie tipologie di affidamento che si considerano per

l'individuazione dei contributi economici corrispondenti

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Workshop 3 - Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

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Relativamente al punto a) anche in relazione al fatto che nei Comuni che hanno maggiormente fatto

ricorso all'affidamento familiare, la quota di rimborso prevista si attesta intorno ai 500,00 euro, è

stato individuato come parametro di riferimento la pensione di invalidità per gli invalidi oltre i 60

anni che, per il 2011, ammonta a € 604,00.

Relativamente al punto b) le situazioni particolari che si prevedono e le variazioni derivanti rispetto

al parametro medio individuato, sono le seguenti:

- neonati: + 10% del parametro base

- disabili: + 50% del parametro base

Relativamente al punto c) le tipologie di affidamento che si considerano per l'individuazione dei

contributi economici corrispondenti rispetto al parametro medio indicato sono:

Tipologia intervento Caratteristiche Contributo economico

Affido a parenti entro il 4°

grado

A tempo pieno 50% del parametro base

Affido etero familiare parziale Diurno con pasto 50% del parametro base

Diurno senza pasto 30% del parametro base

Residenziale saltuario 70% del parametro base

Affido etero familiare

continuativo

A tempo pieno 100% del parametro base

Affido etero familiare a

famiglia in rete

A tempo pieno + 40% del parametro base

alla rete

Registro regionale delle reti formalizzate di famiglie affidatarie

Si stabilisce l'istituzione di un registro regionale di associazioni di famiglie affidatarie che abbiano

le seguenti caratteristiche:

- la rete deve essere costituita da almeno cinque famiglie disponibili all'affidamento familiare, di cui

almeno due con esperienza di affidamenti familiari;

- la rete deve avere un regolamento di gestione concernente: le modalità organizzative, le forme

gestionali, le prassi formative e di aggiornamento dei referenti, i modi di collaborazione con le

equipe integrate di Ambito e cono i servizi pubblici territoriali per l'affidamento familiare, i quali

mantengono la titolarità delle competenze.

Le modalità di iscrizione vengono stabilite con adozione di apposito decreto del Dirigente ............

Le reti formalizzate di famiglie affidatarie collaborano con i servizi competenti in materia di

affidamento familiare, nel rispetto dei diversi ruoli e competenze, operando in un rapporto chiaro di

sussidiarietà, complementarietà, integrazione, valorizzazione delle specificità e delle differenze, con

riferimento alle seguenti attività:

- informazione, sensibilizzazione e promozione dell'affidamento familiare sul territorio;

- confronto e formazione, finalizzate anche al mantenimento della motivazione all'affidamento

familiare nelle famiglie;

- accompagnamento e sostegno alle famiglie nell'esperienza dell'affidamento familiare.

I referenti delle reti formalizzate di famiglie affidatarie partecipano all'attività delle équipe integrate

d'Ambito.

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4. ABSTRACT INTERVENTI PROGRAMMATI,

COMMENTI DAL FORUM ONLINE, CONTRIBUTI A DISTANZA

GIANNI FULVI e GIOVANNI TAGLIAFERRI (CNCM) Come Coordinamento Nazionale Comunità per i Minorenni (CNCM), concordiamo sulla necessità che sia

riconosciuto il diritto alla propria famiglia per ogni minore, pertanto prima di tutto, proprio anche per

superare interventi di categoria e settoriali, dovremmo concentrare ogni sforzo perché nel nostro paese si

realizzino adeguate politiche per la famiglia, considerando che investimenti in questo ambito sono del tutto

insufficienti. Chiaramente le politiche riguardano una riqualificazione dei servizi e di definizione dei liveas

previsti dalla 328/00 di cui siamo ancora in attesa.

Chiaramente solo dopo questo tipo di intervento sarà possibile definire in maniera più congrua quando si

rende necessario per un minorenne l’allontanamento dalla propria famiglia. I dati in Italia sono totalmente

falsati, come già nel documento base viene evidenziato, infatti in paesi europei dove il welfare è più

adeguato, vedi anche la Danimarca paese presentato in una nota trasmissione televisiva come modello di

riferimento, si allontanano i minorenni in proporzione 7 volte di più che in Italia. Questo accade anche in

Francia e in altri paesi come ampiamente rappresentato con le giornate 5Buone Ragioni.

La diminuzione di accoglienza in affido come in comunità non sono assolutamente dovute a un

miglioramento della qualità degli interventi ma ad una diminuzione degli investimenti e anche

l’impoverimento delle famiglie sicuramente può renderle meno disponibili all’accoglienza non essendoci

appunto neanche certezza sugli aiuti economici e sul sostegno, questo ancor di più si risente nell’ambito

dell’accoglienza di minorenni con disabilità, che già i genitori naturali in contesti sufficientemente adeguati,

vivono con angoscia sia per la gestione quotidiana (scuola, servizi, integrazione etc.) sia pensando al “dopo

di noi”.

In merito alla definizione degli interventi più adeguati da realizzare per un minorenni che necessiti di

accoglienza alternativa alla propria famiglia riteniamo che l’aspetto della professionalità e della deontologia

deve indirizzare gli operatori del settore. Cosa che preoccupa è il fatto che assai raramente gli operatori del

settore in servizi pubblici abbiamo riconosciuta formazione e supervisione, cosa che invece le associazione

del terzo settore realizzano faticosamente sia con sistemi di auto mutuo aiuto che con supervisione e

formazione nelle comunità di accoglienza.

Questo produce a volte uno squilibrio tra i vari soggetti chiamati ad intervenire sui progetti. E’ sempre più

necessario che l’interventi siano realizzati su basi scientifiche e meno ideologiche. Proprio per questo è

preoccupante il dato crescente di presenze nelle comunità di minorenni provenienti da affidi e adozioni.

Questo fa supporre che il più delle volte sia mancato una adeguata valutazione della capacità per bambini

fortemente deprivati di riuscire a costruire legami affettivi. E’ chiaro che molti progetti avrebbero avuto

maggior successo se ci fosse stato anche un adeguato sostegno.

Per questo è richiesta maggiore etica e maggiore professionalità nell’individuare il superiore interesse del

minore che deve vedersi riconosciute eccezionali misure di intervento e cura qualora si debba rendere

necessario l’allontanamento dalla famiglia, quindi non possono questi interventi dettati da problematiche

economiche o orientamenti ideologici, cosi come l’affido che si presenta una misura complementare al

collocamento in comunità e rappresentano una risorsa per quei minori che hanno serie difficoltà a creare

legami significativi proprio perché non ne hanno avuti. L'esperienza della comunità permette loro di poterli

sperimentare e ripeterli nell'esperienza dell'affido o dell'adozione.

I molti minori ormai accolti che hanno anche esperienze di affidi falliti o adozioni fallite stanno a dimostrare

purtroppo che a volte si vuole a qualunque costo offrire al minore dei rapporti talmente validi che però non

riesce a sostenere e ciò non viene valutato in maniera adeguata.

MARIA GRAZIA VIGANO' - ASS. INSIEME - ROMA (intervento programmato)

Sono Maria Grazia Viganò dell’Associazione Insieme per l’affidamento familiare e l’aiuto ai minori di

Roma, famiglia affidataria dal 1988 e famiglia residente, per 17 anni, nella Casa-famiglia La Tenda per

minori 0-6 anni gestita dall’Associazione.

Intervengo sul tema “Misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia (approfondimento e

dibattito sulle proposte elaborate dalla cordata: CNCM, CNCA, ANFAA, Famiglie per l'Accoglienza,

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Convegno Nazionale di Studi "Scelte a misura di bambino. ..." - Pompei 15 maggio 2015

Workshop 3 - Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

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Progetto Famiglia, Papa Giovanni XXIII)” perchè il dato riportato nel documento del Tavolo Nazionale

Affido sui minori in affidamento e in comunità (al 31.12.2012), ossia l’aumento della contrazione del

numero totale dei minori fuori della propria famiglia, ha avuto un riscontro palpabile nella nostra esperienza

sia di casa-famiglia che di Associazione.

Negli ultimi anni infatti, dopo la costituzione di un Tavolo di Lavoro che nel 2005 aveva prodotto un

Protocollo di Intesa tra Comune di Roma e Organismi del Privato Sociale (IL PROCESSO DI

AFFIDAMENTO FAMILIARE: L’INDISPENSABILE E PROFICUA COLLABORAZIONE FRA

PUBBLICO E PRIVATO) abbiamo verificato che delle 30 famiglie formate in tre anni nel quadrante ovest

romano, con percorsi di formazione (progettati con la formula del Protocollo, quindi con la collaborazione

pubblico-privato) solo due diventate famiglie affidatarie. Sicuramente la motivazione di impossibilità della

creazione di abbinamenti compatibili è una causa di tale dato di realtà ma una concausa rilevante è stata la

ridotta capacità di intervento del sistema di tutela minorile, causata dalla progressiva contrazione delle

risorse impiegate nel welfare.

Vorrei però, in questa sede, dare risalto al punto che riguarda lo SVILUPPO DELLA PRATICA DEGLI

"AFFIDAMENTI PONTE" DEI BAMBINI PICCOLISSIMI

La realtà romana ha preso in considerazione questo tema solo proponendo corsi di formazione per operatori

del sociale, pubblico e privato (a cui ho partecipato anch’io, nei primi anni 2000), invitando a parlare le

realtà già operative in tal senso (Servizio Sociale del Comune di Genova e Torino) ma non ha mai avuto un

vero riscontro operativo.

Il Comune di Roma sul tema specifico ha assunto, da sempre una politica opposta allo sviluppo della pratica

degli "affidamenti ponte" dei bambini piccolissimi. Già nel lontano 1996, quando io e mio marito aprimmo la

casa-famiglia La Tenda per minori 0-3 anni, il Comune di Roma decise di sviluppare un progetto di casa-

famiglia per bambini piccolissimi e diede l’appalto ad una cooperativa con operatori turnanti che,

naturalmente aveva una corsia preferenziale rispetto all’inserimento di un neonato.

Un dato importante che mette in luce questo politica è che nei 17 di vita del La Tenda sono passati 75

bambini di cui solo 20 piccolissimi inviati dal Comune di Roma, l’accesso avveniva tramite segnalazioni di

Comuni limitrofi o dall’ente Provincia di Roma.

Quando nel 2002 le competenze sui minori, non riconosciuti da un genitore, dalla Provincia di Roma sono

passate al Comune di Roma questo decise di investire fondi per ristrutturare un’ala dello stabile dove già era

presente la struttura suddetta e allargare l’accoglienza fino ad un numero di 20 bambini.

Era quello il tempo in cui già si parlava di progetti alternativi, dell’affido di neonati, ma le scelte del Comune

di Roma confermavano la non volontà di percorrere quelle strade. Nel 2012 il Dipartimento alle Politiche

Sociali organizzò un gruppo di lavoro e di studio tra le case-famiglia predisposte all’accoglienza dei neonati.

Io partecipai alla prima parte (perché poi a giugno chiudemmo la nostra esperienza). Già a quel tempo si

propose di formare un gruppo che lavorasse sulla possibilità di formulare un progetto di “affido neonati”

(come quello già sperimentato e collaudato nel Comune di Torino) ma ci furono molte posizioni contrarie e

si concluse con un nulla di fatto.

Credo che sia giunto il momento di cambiare rotta, ritengo fondamentale e improrogabile l’istituzione, da

parte della Regione Lazio, di un Tavolo regionale sull'affido familiare, con il coinvolgimento anche dei

servizi affidi territoriali, delle autorità giudiziarie minorili e delle associazioni di affidatari, finalizzato

all’applicazione sul territorio delle Linee di indirizzo nazionali per l’affidamento familiare e dove si gettino

le basi per lo sviluppo della pratica degli "affidamenti ponte" dei bambini piccolissimi.

PATRIZIA SALENTINO (- COORDINAMENTO CARE, TARANTO (intervento programmato)

A proposito di affido e famiglie ponte ...

Perchè un albero continui a crescere e fiorire devono intervenire delle specializzate”cellule ponte”... ovvero

cellule forti che si raggruppano e proteggono il punto in cui, su ogni ramo, il legno più vecchio e robusto

incontra il nuovo vulnerabile germoglio, il luogo in cui la tenera gemma …. lentamente sboccerà. Le cellule

ponte agiscono come legami cruciali tra ciò che è e ciò che deve ancora essere. Quando i “germogli” e i

fiori sono sbocciati, queste cellule ponte specializzate si trasferiscono nel successivo punto in cui è prossima

la fioritura.

(da C.P.Estés La danza delle grandi madri)

Al sud, in Puglia, a Taranto siamo in ritardo...Dai dati emerge evidente che troppi e (spesso) troppo a lungo

bambini e ragazzi permangono nelle strutture di accoglienza. Una situazione inaccettabile soprattutto per i

bambini piccolissimi. Infatti, nelle nostre realtà le risposte ai bisogni di cura e di accudimento dei bambini e

dei ragazzi, quando la famiglia di origine non ce la fa, sono nella maggioranza dei casi purtroppo univoci .

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Convegno Nazionale di Studi "Scelte a misura di bambino. ..." - Pompei 15 maggio 2015

Workshop 3 - Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

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Occorrerebbe un approccio non “ideologico” nella ricerca di soluzioni e spostare l'asse dell'attenzione:

occorre trovare le risposte migliori per questi bambini.

Quali strade percorrere :

- identificare e concordare protocolli di buone prassi di intervento con servizi e istituzioni

-Diffondere una cultura della genitorialità diffusa, inclusiva, a “braccia aperte”: informare, sensibilizzare, la

comunità allargata e le istituzioni sui temi dell'affido e dell'adozione.

-Essere promotori, interlocutori più forti, innovatori sociali presso Servizi e Istituzioni. Certo, creare Tavoli

regionali sull'affido familiare permetterebbe un lavoro più diffuso, favorirebbe una conoscenza delle realtà

associative attive sul tema nei vari territori, dato che spesso esse risultano scollegate tra loro e a volte non

note ai servizi stessi.

-Rendere concreto e diffondere l'affiancamento familiare: “dare una famiglia ad una famiglia”, una strada

che stiamo iniziando a Taranto ( Progetto Rete Gens a Taranto- Puglia Capitale Sociale )

Come percorrerle: una delle risposte possibili è l'associazionismo familiare e le reti di Associazioni.

Il Coordinamento CARE si configura come una rete di 30 associazioni familiari, adottive e/o affidatarie,

attive sul territorio nazionale. Si è costituito, ai sensi della legge quadro sul volontariato 266/91, in

associazione di secondo livello (associazione di associazioni) il 15 ottobre 2011.

Il CARE, attraverso le attività dei propri aderenti, ha sedi in 18 Regioni e 48 Province.

Provenendo da gran parte del territorio nazionale, le associazioni sono portatrici di tutte le specificità del loro

territorio, e trovano la loro sintesi nella condivisione di principi, valori e finalità superiori, prima fra tutte la

centralità del supremo interesse del minore, come ribadito da tutta la normativa vigente.

Il CARE si interessa in modo particolare ai temi che riguardano i minori in difficoltà, con precipua

attenzione al diritto di ogni bambino e bambina a crescere in famiglia, primariamente in quella d’origine, con

uno sguardo all’affido e all’adozione quali strumenti di risoluzione, temporanea o definitiva, di uno stato di

forte necessità.

Il CARE si muove in due direzioni principali: da un lato vuole essere punto di riferimento per le tante realtà

di associazionismo famigliare, favorendo il dialogo e condividendo prassi ed esperienze tra le associazioni

aderenti e non, dall’altro si pone come interlocutore autorevole con le Istituzioni che a vario titolo si

occupano di minori.

CARE si configura come interfaccia tra le AF e le istituzioni locali e nazionali :

MIUR(Decreto Ministeriale del 18 aprile 2011) – Protocollo d’Intesa, FoNAGS, FoRAGS

CAI(Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri 12 giugno 2012)

Tavoli regionali e provinciali (Umbria, MonzaBrianza, Spezia, Messina, Cremona)

Tavolo Nazionale dell’Affido

Gruppo CRC (Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza)

MARINA BUONCRISTIANO, CARITAS, POTENZA (intervento programmato)

Vorrei richiamare l’attenzione sul tema del convegno” scelte a misura di bambino. Tra progettazione delle

accoglienze e prevenzione delle cause degli allontanamenti”

Stiamo quindi già discutendo di quel segmento che va dallo svantaggio al disagio?

Facciamo un passo indietro e cominciamo col dirci che parliamo di FAMIGLIA quella famiglia che viene

definita nel nostro codice civile “ il nucleo fondante la società” , stiamo parlando di persone che insieme

hanno strutturato un progetto di vita, parliamo di sogni che rincorriamo e che a volte si infrangono, ma a

volte, non è una regola! MENO MALE!!!!

Facciamo ora, un passo avanti, parliamo di famiglie che risiedono in meridione d’Italia e diciamoci la verità

già questo è bastevole per affermare che stiamo riflettendo e confrontandoci su famiglie svantaggiate .

I motivi dello svantaggio sono noti a tutti mancano da noi tutti quei presupposti per poter analizzare ,

declinare la famiglia nei modi normali : in meridione il reddito familiare è più basso, alto tasso di

disoccupazione, alta percentuale di lavoro nero, mancanza di asili nido, maggiore mancanza di

conciliazione dei tempi lavoro-famiglia, piani regionali socio assistenziali desueti non al passo con i

tempi ed i bisogni, mancanza perenne di fondi, assenza della cultura dell’agio.

Vorrei quindi uscire da questo schema e provare a fare una riflessione che possa consentire di ragionare in

termini diversi

1) Possiamo cominciare col dirci che se c’è, esiste, l’urgenza di tutelare la famiglia dobbiamo

necessariamente esigere che sia contemplata dentro un assessorato ad Hoc ( non solo per fondi ed

interventi in termini di servizi, ma soprattutto per la promozione dell’agio familiare)

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Workshop 3 - Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

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2) La Famiglia deve essere considerata in quanto famiglia dentro e fuori i servizi che si vanno ad erogare e

non va più parcellizzata, non possiamo più consentire di ragionare per aree di competenza ( l’area

minori, l’area anziani, l’area handicap, ecc.)

3) Quando parliamo di famiglia siamo abituati a parlarne per interventi riparativi da mettere in campo,

siamo cioè abituati a ragionare già sul tema svantaggio/disagio e pertanto andiamo ad aprire il

cosiddetto armadietto delle soluzioni possibili per l’uno o l’altro caso. In pratica non siamo abituati alla

promozione della cultura dell’agio ! se parliamo di tutela del diritto alla famiglia non necessariamente

parliamo di famiglie svantaggiate e/o disagiate ma parliamo di una tutela universale; ritengo quindi che

questo sia il vero tema su cui confrontarci per strutturare la sesta proposta . Quali interventi proporre per

sostenere “ la Famiglia”? Iprovvedimenti da mettere in campo devono essere strettamente correlati ad

ambiti di bisogno? Riteniamo importante la sua valorizzazione in virtù del fatto che la famiglia , ad

oggi è l’unico vero supplente di un welfare che non risponde più a bisogni espressi e non ? Possiamo

riflettere su una serie di misure in grado di intervenire perchè la famiglia venga davvero tutelata,

supportata , accompagnata per prevenire lo svantaggio ed evitare che si scivoli nel disagio?

4) Promuovere Cultura dell’Agio significa: investire in formazione degli addetti ai lavori ( assistenti

sociali, operatori socio assistenziali, insegnanti, operatori e volontari di associazioni che si occupano di

famiglia ,ecc.), sollecitare una adeguata legislazione regionale che possa mettere in campo azioni e

risorse per il miglioramento della qualità della vita delle famiglie ; promuovere e strutturare reti di

famiglie tali da fare in modo che ci sia il virtuosismo della sussidiarietà e solidarietà per cui nel tempo

anche quelle famiglie svantaggiate siano capaci di autodeterminarsi ed uscire pian piano dall’isolamento

e dall’emarginazione.

5) Proviamo a fare un passo ancora più avanti, pensiamo in grande :è possibile proporre un modello “

Family Friendly”? penso di sì, occorre ! se vogliamo creare controtendenza culturale, se vogliamo

essere al passo con i tempi ed i bisogni della famiglia del terzo millennio, se vogliamo salvare la

famiglia dalla crisi economica e valoriale che sta imperversando in questi nostri giorni

Sicuramente un’attenzione è dovuta anche all’affido che è un valido strumento ma non è “ la soluzione”

tanto c’è ancora da fare sul tema affido e lo sforzo deve essere direzionato anche in questo senso. In sintesi

se vogliamo partire da “ SCELTE A MISURA DI BAMBINO” non possiamo non scegliere di promuovere la

Famiglia e la cultura dell’Agio della Famiglia, il Dovere di vedere riconosciuto ad ogni bambino, anche

attraverso azioni e misure regionali, il diritto di essere felice!

EMILIA RUSSO, ASS. NAZIONALE FAMIGLIE NUMEROSE, FIRENZE (intervento programmato)

Mi chiamo Emilia Russo, faccio parte dell'Associazione Nazionale Famiglie Numerose, sono mamma

biologica, adottiva e affidataria. Faccio inoltre parte di reti di famiglie affidatarie nate spontaneamente

(soprattutto su internet) per venire incontro alla necessità di aiuto/ascolto per la quale le coppie sentono

necessità di ricevere maggior supporto durante il percorso.

In particolar modo mi trovo a rispondere spesso a domande tecniche (maternità, Inps, contributi, diritti,

decreti, possibilità di portare il minore in affido all'estero) per sopperire alla mancanza di informazioni

ricevute in fase di formazione e durante il percorso stesso di affido. Vorrei concentrarmi su alcuni punti

critici riscontrati:

1) Priorità nel collocare i minori in famiglia. Molte famiglie già formate dai servizi, dunque

ipoteticamente pronte ad incominciare un affido, aspettano anni un eventuale abbinamento. Sarebbe

auspicabile che la prima scelta per un minore fosse sempre una famiglia e non la comunità. Un database

regionale potrebbe agevolare i Servizi nell'individuazione della famiglia più adatta in tempi brevissimi, per

poter fare fronte anche alle urgenze. Troppo spesso i minori, soprattutto se con difficoltà, soggiornano in

struttura per anni poiché i Servizi faticano ad individuare una famiglia che sia disponibile oltre che idonea.

Le associazioni potrebbero supportare i Servizi nella creazione di questo database che permetterebbe a tutte

le coppie che hanno completato la formazione presso il proprio Centro Affidi di riferimento di essere

immediatamente disponibili a livello regionale e non unicamente territoriale. Ad oggi infatti notiamo come

sia difficile il passaggio di una coppia da un'area all'altra all'interno della stessa regione e quanto spesso i

Centri Affidi decidano di far ripetere alla famiglia affidataria il percorso già terminato in un'altra provincia

prima di inserirla nel proprio database, cosa che non riteniamo essere corretta.

2) Progetto neonati. E' assolutamente necessario che ”i piccolissimi” vadano immediatamente in famiglia in

attesa di decisioni definitive, soprattutto se si tratta di minori con handicap per i quali gli stimoli che può

offrire una famiglia nei primissimi mesi di vita possono fare la differenza. Sarebbe pertanto necessario

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Convegno Nazionale di Studi "Scelte a misura di bambino. ..." - Pompei 15 maggio 2015

Workshop 3 - Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

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formare gruppi di famiglie pronte ad accogliere i minori, anche con preavviso minimo, in attesa che vengano

collocati nella famiglia definitiva. Le associazioni e le reti di famiglie potrebbero essere un valido supporto

che non si sostituisce ai servizi ma li affianca e supporta.

3) Minori con handicap. Sarebbe necessario che i Servizi territoriali aiutassero le coppie durante il percorso

a prendere coscienza di quella che potrebbe essere la disponibilità effettiva ad accogliere un minore con

esigenze speciali. Il percorso conoscitivo si basa perlopiù sulla storia familiare dei coniugi e sulle

motivazioni che portano la coppia ad aprirsi all'accoglienza ma non prevede un iter strutturato che aiuti le

coppie a valutare, con esempi concreti, la propria disponibilità effettiva in questo senso. Suggeriamo che i

Servizi vengano maggiormente formati e sensibilizzati a tal riguardo in modo da aver chiare le situazioni che

maggiormente si presentano.

4) Creazione di una rete di sostegno valida e supportiva tra servizi/famiglie e associazioni.

L'affidamento inizia con il bambino che fa il suo ingresso nella famiglia affidataria. Non termina con

l'abbinamento. E' importante che l'affidamento parta con un progetto per quanto possibile definito che, pur

lasciando margine a modifiche in corso d'opera, abbia delle linee guida ben strutturate che sono di grande

aiuto alla famiglia affidataria soprattutto alla prima esperienza e riducono notevolmente i possibili fallimenti.

E' inoltre fondamentale, perché l'affido abbia successo, che la famiglia venga supportata in maniera

tempestiva e continuativa durante l'intero percorso.

5) Contributo economico per l'affido. Il contributo previsto per le famiglie affidatarie deve essere erogato

stabilmente, senza accumuli di ritardi e deve essere congruo. Non si può fare sempre affidamento sul “buon

cuore” delle famiglie.

6) Appelli per minori special needs. Infine vorremmo segnalare che molte equipe territoriali non sono a

conoscenza del fatto che alcuni Tribunali dei Minorenni, a fronte della difficoltà di reperire famiglie idonee

disponibili ad accogliere bambini con necessità speciali (primariamente in adozione ma sempre più spesso

anche in affido), cercano famiglie accoglienti attraverso appelli diffusi tramite i social network, la stampa e

le Associazioni. A questo proposito, qualora ci siano famiglie che non hanno mai intrapreso il classico

percorso di valutazione per ottenere l’idoneità all’adozione o all'affido, i Tribunali dei Minorenni spesso

richiedono alle equipe territoriali di valutare quel nucleo familiare con urgenza. Vediamo quotidianamente

che i Servizi, non a conoscenza di questa procedura ormai utilizzata dalla maggior parte dei Tribunali per i

Minorenni, non danno la giusta priorità a questa pratica credendo si tratti del classico percorso conoscitivo

che per legge deve essere completato entro 4 mesi dalla ricezione della richiesta da parte del Tribunale.

Questo crea notevoli disagi soprattutto ai minori di attesa (in quanto i Tribunali in assenza di una valutazione

psico-sociale del nucleo familiare non possono procedere con l’abbinamento) ma anche alle coppie che, dopo

aver dato la propria disponibilità ad accogliere quello specifico minore in difficoltà, vedono passare mesi

prima di poter iniziare l’istruttoria.

MARIANNA GIORDANO - CISMAI CAMPANIA (commento sul Forum Online) A proposito del diritto del bambino alla famiglia e al punto del documento "Promuovere l’affidamento

familiare". Rilanciare a tutti i livelli, istituzionali e non, la promozione

dell’affidamento familiare, inteso come strumento che integra, senza sostituire, il ruolo delle figure

genitoriali, assicurando ai minori adeguate cure, mantenimento, istruzione e relazioni affettive dove

possibile, penso sia deontologicamente corretto anche dirsi che in alcuni casi ...è necessario sostituire i

genitori nella cura e nella riparazione dei danni subiti e nel costruire un progetto di vita per i bambini pur

salvaguardando i legami residui con i genitori e con i fratelli.

FEDERICO ZULLO - ASS. AGEVOLANDO - BOLOGNA (contributo a distanza) Buongiorno a tutti voi, ringraziando nuovamente gli organizzatori per l’invito a partecipare ai lavori della

giornata odierna, esprimo il mio dispiacere per non poter essere presente, causa impegni presi

precedentemente. Ci tengo però a portare ugualmente un nostro contributo sul tema in oggetto, che ci vede

impegnati su territorio prima solo emiliano-romagnolo ed ora nazionale e che, a nostro avviso, richiede la

messa in campo di misure urgenti da parte di tutte le istituzioni preposte. Ma andiamo con ordine.

Ogni anno circa 3000 giovani neomaggiorenni escono dai percorsi di accoglienza sostitutivi della famiglia e

circa i 2/3 non rientrano nella famiglia d’origine. Sono stimabili in circa 20000 i giovani adulti a rischio

esclusione sociale o già in condizioni -talvolta drammatiche - di indigenza, solitudine, devianza,

psicopatologia presenti oggi in Italia. Le cause sono dovute principalmente all’assenza di percorsi efficaci di

finalizzazione degli interventi di tutela e di supporto e accompagnamento verso l’autonomia abitativa,

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Workshop 3 - Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

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lavorativa ed economica. A diciotto anni questi ragazzi sono “grandi per legge“. Questi giovani sono

discriminati due volte: sul piano affettivo e sul piano delle opportunità di accesso al mercato del lavoro,

perché troppo spesso non hanno la possibilità di portare a termine il proprio percorso scolastico. I dati della

disoccupazione giovanile, se per i giovani con una famiglia alle spalle e un “tetto”, destano enormi

preoccupazioni, per coloro che sono senza famiglia causano gravi ripercussioni per il loro presente e per il

loro futuro, già in parte compromesso dai vissuti traumatici e turbolenti della minore età. E’ inoltre assente la

certezza di una formazione opportuna e finalizzabile, in particolare per quanto riguarda gli studi universitari.

In Italia la letteratura psicosociale si è interessata del fenomeno solo recentemente; non essendoci, quindi,

studi specifici in grado di descrivere gli esiti e le condizioni dei giovani adulti che escono dalla presa in

carico dei servizi per minori occorre fare riferimento a diversi studi internazionali che dimostrano l’alto

rischio di esclusione sociale, una volta terminato il percorso residenziale. Questi ragazzi affrontano, infatti, il

percorso verso l’indipendenza con scarsa formazione scolastica, che limita le possibilità di lavoro, scarsa

disponibilità economica, che pone problemi per il mantenimento di un alloggio, e scarso supporto sociale.

Una situazione ancora più ingiusta a fronte delle recenti evoluzioni giurisprudenziali in riferimento

all'obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli: nel 2012 la Corte di Cassazione ha

confermato che tale obbligo sussiste anche se il figlio ha superato la maggiore età ma non ha raggiunto una

situazione di indipendenza economica per motivi a lui non imputabili (Cassazione, sentenze n. 1773 dell’8

febbraio 2012, n. 2171 del 15 febbraio 2012 e n. 5174 del 30 marzo 2012).

Non esistono invece normative e risorse che garantiscano diritti certi per i giovani che escono dalle strutture

di accoglienza per i “fuori famiglia”, è tranne in Sardegna, unica Regione in Italia che ha una legge dedicata

a tali giovani e che ne garantisce l’adeguato investimento di risorse, umane ed economiche.

Di seguito alcuni elementi e richieste che da tempo, in collaborazione con numerose organizzazioni del

nostro Paese, tra le quali molte del Sud Italia, facciamo alle Istituzioni, siano esse nazionali, regionali, locali:

1. Occorrono rapidi interventi legislativi tesi a favorire facilitazioni per il lavoro affinché questi giovani

possano essere facilmente inseriti in aziende attraverso forme di apprendistato e/o contratti di lavoro stabili.

In particolare, andrebbe istituito un Fondo finalizzato a:

a) l’erogazione di contributi agli enti che svolgano attività rivolta al sostegno e all'integrazione

lavorativa di minori che sono per diverse motivazioni fuori dalla loro famiglia di origine;

b) l’attivazione di un sistema integrato di politiche attive del lavoro a loro dedicato;

c) il sostegno all’avviamento di attività economiche che prevedono impiego di giovani con le

caratteristiche di cui sopra.

2. E’ altresì urgente definire percorsi legislativi altrettanto facilitanti a garanzia di un’abitazione stabile

e idonea onde evitare il rischio, sempre più evidente, di indigenza e abbandono.

A tal fine, è necessario istituire una dotazione pari ad almeno euro 5000 annui per ogni giovane con le

caratteristiche di cui sopra e per una durata proporzionata al livello di raggiunta stabilità lavorativa e

autonomia economica del giovane stesso.

3. Al fine di facilitare l’autonomia dei giovani con tali caratteristiche e per favorire la loro iniziativa

individuale e di gruppo, è necessario stabilire la garanzia di prestiti a “tasso zero” per la durata di anni tre e

fino ad euro 10000 per ogni giovane che ne faccia richiesta e che presenti un progetto di investimento

opportuno, a partire dalla conclusione del percorso di accoglienza.

4. Urgono inoltre garanzie affinché i giovani con tali caratteristiche possano concludere il proprio

percorso formativo e di studi. A tal fine, è necessario dedicare borse di studio che permettano loro di

concludere gli studi di scuola superiore, con una dotazione pari ad almeno euro 3000 annui, e di

intraprendere un eventuale percorso di studi universitari, con una dotazione pari ad almeno 3000 euro annui,

esenzione dal pagamento delle tasse per almeno i primi tre anni e gratuità per l’acquisto dei libri.

5. Andrebbero inoltre garantite disposizioni affinché gli interventi sanitari – in particolare quelli di tipo

psicoterapeutico – possano essere accessibili e facilmente percorribili da parte di coloro che, tra questi

giovani, necessitano di cure e azioni preventive di patologie gravi, sempre più frequenti per questa

popolazione. A tal fine andrebbe disposto un fondo pari ad almeno euro 2000 annui, affinché possano

intraprendere un percorso di tipo privato e su loro scelta del professionista.

A nome di tutta l’associazione, si auspica una presa di coscienza maggiore rispetto a queste esigenze da parte

di tutti, in particolare da parte delle Regioni del Sud, dove la problematica è ancora più drammatica a causa

dell’altissima percentuale di disoccupazione e della carenza significativa di reti sociali e familiari che ben

potrebbero contribuire a rispondere ad alcuni di questi bisogni.

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Convegno Nazionale di Studi "Scelte a misura di bambino. ..." - Pompei 15 maggio 2015

Workshop 3 - Azioni e misure regionali urgenti per la tutela del diritto alla famiglia

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ANFAA (ASSOCIAZIONE NAZIONALE FAMIGLIE ADOTTIVE E AFFIDATARIE)