Politica e poetica dell'interaction design environment

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Tesi di laurea di Pasquale Direse. L'interaction design videocreativo come pratica di produzione artistica nel tessuto sociale. Lo studio sperimentale su due videoinstallazioni autoprodotte vede l'analisi delle metodologie dei maggiori esperti della composizione visiva in chiave critica. Fino a definire il video quale archetipo sociale.

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Università degli Studi “La Sapienza”

TESI DI LAUREA

“Politica e poetica dell’interaction design environment”

Facoltà di Scienze Umanistiche

Corso di laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo Digitale

Cattedra di Storia, Teoria e Tecnica della Scenografia Virtuale

Relatore: Candidato:

Prof. Luca Ruzza Pasquale Direse

(mat. 490761)

Correlatore:

Prof. Carlo Infante

Anno Accademico 2008/2009

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INDICE

INTRODUZIONE

1. 0.1 Orizzonti

2. 0.2 Campo d’indagine

4. 0.3 Percorsi umanistici

CAPITOLO 1: COMPOSIZIONE DELLO SPAZIO E PERCEZIONE

VISIVA. Storia e Tecniche.

8. 1.1 La Bauhaus e le teorie sulla composizione

13. 1.2 La percezione visiva

17. 1.3 Linee curve e politica

22. 1.4 La contaminazione multimediale sulla scena

31. 1.5 H.C.I. & F.B.

CAPITOLO 2: INTERACTION DESIGN ENVIRONMENT

42. 2.1 Interaction Design Environment. Dentro la la metropoli

47. 2.2 Sperimentazione dell’Interaction Design Urbano

CAPITOLO 3: IL VIDEO

60. 3.1 La traccia del video

5

65. 3.2 Video. Medium e messaggio

69. 3.3 La videoarte. Antenati e nuovo linguaggio

79. 3.4 La performance di VJing

CAPITOLO 4: IL CODICE E LA REALTÁ DIGITALE

88. 4.1 Codici e socializzazione

90. 4.2 Estetica e computazione. Processing

99. 4.3 AR/Realtà Aumentata

CAPITOLO 5: B.A.M.B.O.O. Video-installazione sperimentale

102. 5.1 Dall’idea creativa alla realizzazione tecnica.

104. 5.2 Procedure

CAPITOLO 6: DAMNED PEACE. Installazione audio-visuale interattiva

114. 6.1 Raccontare l’attualità con mezzi di comunicazione non

convenzionale

118. 6.2 Progetto

120. 6.3 Procedure

123. 6.3.1 Sistema interattivo per Damed Peace

124. 6.3.2 Sistema interattivo integrato

128. 6.4 Allestimento e conclusioni

131. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE

135. BIBLIOGRAFIA

139. WEBGRAFIA

143. VIDEO-FILMOGRAFIA

6

POLITICA E POETICA

DELL’INTERACTION DESIGN

ENVIRONMENT

7

Nella pagina precedente, “Città catodica”, di Pasquale Direse.

8

RINGRAZIAMENTI

La mia riconoscenza più sentita e profonda va al prof. Luca Ruzza, punto di riferimento della mia ricerca in ambito videoartistico e di interaction design.

E’ alle sue eccellenti doti maieutiche, alla sua qualità di saper fornire grandi energie motivazionali, che devo la prosecuzione del percorso di studi e

l’approfondimento delle peculiari branche sperimentali. Ringrazio il prof. Ruzza per avermi svelato la realtà digitale offrendomi contemporaneamente

l’opportunità di pervenire ai segreti della composizione visiva attraverso i più grandi autori degli studi sulla percezione e sull’architettura. Per avermi dato

l’opportunità di divulgare un progetto in un contesto ufficiale e per l’attenzione e l’interesse che ha sempre mostrato nei confronti del lavoro e

della sperimentazione degli studenti. Nell’orizzonte delle discipline sperimentali legate allo spettacolo digitale l’insegnamento e l’opera artistica

del prof. Ruzza ha rappresentato la forma ideale cui ispirarsi per la costruzione di una propria identità professionale in ambito artistico e

creativo fondata sulla serietà scientifica e sulla ricerca di un proprio stile. Gli sono riconoscente per avermi offerto tutto questo in un interazione conviviale,

fondata su principi umanistici che superano ogni verticalità nel rapporto docente-allievo, ispirati dal libero flusso del sapere e della Cultura, dalla

condivisione delle esperienze e delle conoscenze, dalla libertà di espressione.

9

Desidero inoltre ringraziare Carlo Infante per l’instancabile lavoro di tessitore di relazioni sociali attraverso la Rete e di studio dei fenomeni legati

alle arti performative che rappresentano lo spunto creativo per l’estensione dei propri campi di conoscenza. Per avermi inserito nel progetto Performing

media e per darmi opportunità di esprimermi nel campo delle arti visuali. Per avermi inserito in contesti professionali e artistici di alto valore culturale

basando i rapporti su una sana convivialità e sull’abbattimento delle barriere generazionali e culturali.

Il ringraziamento più emozionato e profondamente sentito è rivolto ai miei

genitori, instancabili scommettitori di energie sul mio futuro. Hanno saputo insegnarmi e trasmettermi i valori della cultura, della tolleranza, della

genuinità, dell’umiltà, offrendomi quanto necessario a formarsi come abili professionisti. Li ringrazio per avermi donato l’opportunità di conoscere la

Musica, la disciplina del karate, i fondamenti della Cultura. Per avermi offerto l’opportunità di cominciare a guardare il mondo attraverso il video

dandomi modo di svelare e costruire la mia passione più profonda e viscerale. Li ringrazio per l’amore profondo con il quale hanno sempre creduto nelle

mie potenzialità offrendomi fiducia e affetto. E’ a loro che devo la mia crescita personale e la crescita dei miei obiettivi formativi.

Ringrazio mia sorella, per avermi aiutato nei momenti difficili, per esser stata

sempre attenta al mio lavoro creativo, per aver rappresentato lo spunto critico da tenere in considerazione prima della chiusura di un progetto.

Ringrazio tutte le donne che con fuggevole amore e con la propria saggezza

hanno saputo offrirmi le energie vitali e la carica emotiva che hanno accompagnato la mia crescita interiore.

10

Ringrazio tutti gli amici e le amiche, tutti i “fratelli” e le “sorelle” conosciuti lungo il cammino e nei quartieri della città che adoro. E’ alla loro energia

positiva che devo la mia, alla loro fiducia che devo la mia maturazione, al loro affetto che devo l’emozione.

11

12

Alle vittime del terremoto abruzzese,

agli studenti uccisi dall’irresponsabilità istituzionale,

alle vite che potevano raccontarci

e che siamo costretti a raccontare

col tono sommesso della memoria,

con l’urlo soffocato della rabbia.

13

14

INTRODUZIONE

0.1 Orizzonti La prima procedura da compiere in una ricerca è la raccolta della

documentazione. Dunque è necessario accedere alle fonti più vicine

all’oggetto dello studio che si vuole indagare. Gli ambienti migliori per

orientarsi sono le biblioteche, i luoghi dell’arte (mostre, musei, teatri

sperimentali), il proprio Dipartimento. In queste sedi è il “flusso della

scrittura” ad aprire le porte verso nuovi spazi da percorrere che possano essere

riempiti con la propria iniziativa creativa1.

Intraprendere una ricerca sulla immagine in movimento significa

innanzitutto interpretare il pensiero di chi ha dedicato parte della propria vita

a comprenderne il senso2. In uno studio che riguardi la politica e la poetica

dell’interaction design environment videoartistico, il punto di partenza

metodologico è certamente l’estetica dei fenomenologi dei primi del ‘900.

Attraverso gli spunti offerti dalle discipline inerenti l’estetica si può allargare

l’orizzonte della propria ricerca scientifica.

Leggere è partecipare prima che conoscere, il ritrovarsi in ciò che si

legge o escluderlo dai propri orizzonti. Fenomenologicamente è come il

toccarsi delle mani husserliano3, laddove la mano che tocca è anche la mano

toccata. Dopo aver operato questa riduzione è importante dare margine, da

principio, oltre lo studio dei testi, alla sperimentazione pratica con i mezzi e le

15

1 L’espressione “flusso della scrittura” è usata in riferimento al saggio di G. DELEUZE, Logica del senso [Logique du sens, 1969] Feltrinelli, Milano 2007, in cui la scrittura, intesa come forma “poiética” da riferirsi a qualunque testo, è trattata come flusso e non come codice. 2 Lo studio dell’‟immagine in movimento”, intesa come modalità di pensiero attraverso “immagini-movimento” ed “immagini-tempo” utilizzate come concetti, si riferisce alle tesi sul movimento nel cinema sostenute nel saggio omonimo di G. DELEUZE, Immagine-movimento.Cinema, Ubulibri, Milano 1993. 3 In riferimento alla reversibilità del tatto e al corpo come “Hier-punkt”, il “qui della posizione” a partire dal quale ha inizio l’orientamento e lo spazializzare. Il corpo non vive nello spazio ma crea lo spazio dandogli forma e conformandolo alla propria “Ausbreitung”, al proprio raggio di diffusione vitale. In E.HUSSERL, Idea della fenomenologia [Die Idee der Phänomenologie. Fünf Vorlesungen, 1907] tr. it. a cura di C. Sini, Laterza, Roma-Bari 1992.

tecnologie disponibili per cimentarsi nella scrittura e nella oralità più

“naturale” possibile4, ovvero attraverso le immagini.

Partendo dagli studi sull’estetica in diversi campi artistici, ci si è rapportati

con quelli che si ritengono essere i maggiori teorici e realizzatori del fecondo

campo di sviluppo rappresentato dalla composizione dello spazio visivo.

Intervenire creativamente in uno spazio esistente o crearne di nuovi, reali o

virtuali, è l’unico modo ritenuto valido per evitare la trasformazione dei

luoghi in “nonluoghi”5, per offrire un senso a spazi reali che rischiano di

perderne poiché non percorsi dal flusso vitale delle emozioni.

Un artista, prima di ogni definizione scientifica offerta dai maggiori esperti

e critici, deve essere in grado di svelare verità altrimenti nascoste, deve saper

fondere poiésis e technè, deve assumere la responsabilità delle proprie scelte

espressive poiché ciò che deve saper esprimere, prima di ogni gusto estetico, è

l’emozione, come sommovimento, come traccia di senso che si unisce alle

altre nel percorso dell’esistenza6.

0.2 Campo d’indagine

Appare ostica la definizione di un campo d’indagine nella necessità di

confrontarsi con la vasta serie di tecnologie multimediali digitali oggi

disponibili. Il passaggio dall’analogico all’elettronica digitale rappresenta

una trasformazione di orizzonti culturali che proiettano in una realtà parallela,

mentale, che sembra assolutamente astratta dall’esperienza del reale. Dal

16

4 Per questo, in un futuro prossimo, sarebbe auspicabile un maggiore interesse delle Istituzioni di Ricerca nei confronti della sperimentazione pratica, sia attraverso i fondi, sia attraverso la disponibilità degli spazi e degli strumenti.5 Sulla definizione dei “nonluoghi” come spazi dell’anonimato e in ultima analisi della solitudine consultare M. AUGE’, Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità [Non lieux, 1992] tr. it. di D. Rolland, Eleuthera, Milano 1993.6 La traccia è qui intesa in senso derridiano come analogia alla differ<a>nce dei segni linguistici intesi come struttura del continuo rinvio, come movimento del senso che non è presenza ma differimento, appunto, traccia. Cfr. JACQUES DERRIDA, Differànce, margins of philosophy, Chicago & London: University of Chicago Press, 1982.

continuo al discontinuo7, il passaggio sembra prodursi da un ordine verso il

disordine. L’origine del disordine digitale risiede però nel digit, nella cifra,

nella misura sempre calcolabile. Da questa consapevolezza si ha la certezza di

poter lavorare con la tecnologia digitale che costruisce e amplifica gli spazi

virtuali ma rimanda alla matrice astratta e sempre rintracciabile di 0 e 1. Una prima possibilità di approccio è praticabile nella direzione di uno

studio delle tecniche digitali legate all’esigenza creativa e artistica, senza

l’esclusione a priori della sperimentazione pura, ma praticando le proprie

verifiche come strettamente legate ad un bisogno estetico-formale.

La problematica più evidente risiede nel processo di virtualizzazione che

si innesca nel mezzo di comunicazione digitale e la tecnologia ad esso

connessa e, nell’oggettivazione8, attraverso il dispositivo scelto, delle

esigenze creative ed artistiche.

Dal martello al mouse, dal fiammifero al videomicroscopio, le estensioni

del corpo possono essere considerate virtualizzazioni delle azioni piuttosto

che prolungamenti dello stesso. Come tali, comportano l’ulteriore

problematica, insita nella natura del virtuale, di una riserva di possibilità che il

mezzo tecnologico utilizzato nasconde9. L’insieme indefinito di possibili

utilizzi in un medium digitale e la sua peculiare possibilità di

programmazione amplificano sino all’ipertrofia tale riserva costringendo chi

se ne serve a scegliere tra le possibili soluzioni quelle più consone e conformi

alla propria aspettativa performativa.

In questa scelta è opportuno coordinarsi attraverso una procedura che

partendo dalle soluzioni offerte dal dispositivo, ne inventi nuove forme d’uso.

Risulta efficace, a questo proposito, lo studio della drammaturgia procedurale

17

7 Continuo è qui riferito ad analogico, discontinuo a digitale.8 Sulla tecnica come virtualizzazione dell’azione cfr. P. LEVY, Il virtuale [Qu’ est-ce que le virtuel? 1995] tr. it. di M. Colò e M. Di Sopra, Raffaello Cortina Editore 1997, pp.65-68.9 Ibid. pp. 5-15.

inerente il teatro10, dalle avanguardie al “Cybercafè”11, in cui vengono

proposte le reti di relazioni teoriche e pratiche attraverso le quali è possibile

stendere la scrittura della rappresentazione teatrale superando i canoni del

teatro di tradizione borghese e verso “[...] una scena che diventa (grazie alla

tecnologia) attiva, dinamica e sensibile.”12.

Per cimentarsi dunque nella “scrittura” sperimentale di un’opera di

interaction design environment videoartistica è opportuno pianificare un

metodo procedurale attraverso il quale porre il computer e gli strumenti

tecnologici utilizzati al servizio dell’idea creativa. Nei prossimi capitoli

verranno illustrate le procedure metodologiche che hanno portato alla

realizzazione di due videoinstallazioni, una delle quali interattiva ovvero in

cui il comportamento del sistema tecnologico non è fisso, ma legato agli input

forniti dall’utente-spettatore dell’opera13.

0.3 Percorsi umanistici

La ricerca condotta sull’interaction design (i.d.) e sulla videoarte parte

dalla documentazione disponibile in relazione all’i.d. come pratica e studio

affine più all’architettura che al video e dalla videoarte come espressione

“naturale”14 di un’idea creativa attraverso il medium video.

18

10 in A. PIZZO, Teatro e mondo digitale. Attori, scena e pubblico Marsilio, Venezia 2003, pp.129-183.11 Cybercafè è un’applicazione sviluppata a partire dalle ricerche del Virtual Theatre Project diretto da Barbara Hayes-Roth alla Stanford University in California. Consiste in un ambiente totalmente virtuale, text-based, dove agiscono attori artificiali in grado di mimare diversi modelli psicologici e svilupparne le variazioni su un canovaccio predeterminato. Cfr. B. HAYES-ROTH, L. BROWNSTON, E. SINCOFF, Directed Improvisation by Computer Characters Standford University, Technical Report KSL 95, 1995. (http://www.ksl.stanford.edu/people/bhr/).12 A.P. Teatro e..., cit. 13 Ci si riferisce all’installazione video monocanale “B.A.M.B.O.O. video” realizzata a Spoleto durante la rassegna sulle arti emergenti “Fucina Off” 2008 nella Galleria Civica d’Arte Moderna e alla videoinstallazione interattiva “Damned peace” , entrambe realizzate nella ricerca sperimentale sull’i.d..14 L’aggettivo è qui utilizzato intendendo la naturale propensione all’utilizzo della tecnologia che investe la propria epoca con riferimento al c.d. “nativo digitale”, termine utilizzato per definire l’individuo che nasce e cresce con la tecnologia digitale. Cfr. C. INFANTE Performing media 1.1. Politica e poetica delle reti, Memori, Roma 2006. - U. GASSER, J. PALFREY Born Digital - Connecting with a Global Generation of Digital Natives, Perseus Publishing 2008.

Si è partiti dallo studio dell’architettura e della composizione dello spazio

visivo, da Gropius a Kandinsky, da Arnheim a O. Niemayer, per arrivare a

indagare i recenti studi condotti sull’H.C.I.(Human Computer Interaction).

Passando attraverso le ibridazioni e le contaminazioni tra diversi media e arte,

che trovano il loro massimo esponente in Svoboda, si è giunti poi allo studio

della breve storia del video15 che vede le sue prime sperimentazioni nel lavoro

di Nam June Paik e degli altri protagonisti del movimento “Fluxus”16 i quali

hanno dato vita ad una nuova forma creativa che al suo interno racchiude la

contaminazione tra diverse espressioni artistiche, dalla “scrittura” musicale a

quella letteraria, fino alle tecnologie dei mezzi di comunicazione visiva e

sonora. Con un occhio di riguardo verso il VJing come laboratorio-

performance in tempo reale.

19

15 Per “video” si intenderà d’ora in poi l’intero campo di ricerca, sperimentazione, e pratica delle immagini in movimento elettroniche e digitali ad esclusione di quelle cinematografiche e televisive.16 Movimento artistico il cui evento fondatore è da molti considerato il Fluxus Festpiele Neuester Musik (Festival della musica d’avanguardia Fluxus) del 1962 a cui presero parte artisti come Dick Higgings, George Maciunas, Nam June Paik, Wolf Vostell, John Cage, Silvano Busotti tra gli altri. Caratteristica del movimento era la consapevole pratica “inter-mediatica” come rottura con la distinzione tradizionale tra i generi artistici. Nel contesto del vivace scambio internazionale e della fusione interdisciplinare tra arte figurativa, letteratura, musica, danza e teatro, gli “attori” del movimento Fluxus accolgono le nuove tecnologie per sperimentarne la potenzialità di sfruttamento ai fini artistici. Sulle dinamiche del movimento Fluxus, degli indiani metropolitani e delle performances come happenings cfr. ivi C. INFANTE Performing media... (www.performingmedia.org)

Nella figura della pagina successiva: Fotomontaggio digitale con collage di Castello in aria di Osvaldo Licini (1932) e Composition VIII di Wassily Kandinsky (1923).

20

CAPITOLO 1

COMPOSIZIONE DELLO SPAZIO E PERCEZIONE VISIVAStoria e Tecniche

21

1.1 La Bauhaus e le teorie sulla composizione

La scuola d’architettura e d’arte applicata della Bauhaus rappresenta un

nodo centrale dal quale si

diramano i successivi sviluppi del

rapporto tra mondo dell’arte e

mondo della produzione. Le

intenzioni del suo fondatore, W.

Gropius, vengono considerate un

Figura 1a: Officine Fagus. Veduta.

logico sviluppo e conseguenza diretta della teoria dell’arte di K. Fiedler

secondo cui l’arte stessa è distinta da ogni “finalità estetica o simbolica”17 e

Figura 1b: Bauhaus. Alloggi studi.

22

17 GIULIO CARLO ARGAN, Walter Gropius e la Bauhaus Einaudi, Torino 1951, cit.

riferisce la funzione del bello al piacere che l’opera d’arte produce.

In uno studio sulla funzione politica e poetica di una video-installazione

interattiva non si può prescindere dalla conoscenza della metodologia teorica

e pratica offerta dalla Bauhaus e dai suoi artisti e maestri. Essi rappresentano

un esempio di scuola democratica fondata sul principio della collaborazione

tra maestri e allievi inseriti in un organismo sociale mirato alla didattica

metodologica e al sistema produttivo. Sono cardini di questi due campi

l’insegnamento tecnico svolto nei laboratori specializzati per le diverse

tecnologie e materiali e l’insegnamento formale articolato su quelli che

vengono considerati i tre stadi genetici della forma: l’osservazione, la

rappresentazione, la composizione (teoria dello spazio, teoria del colore,

teoria della composizione). L’arte nella didattica del Bauhaus viene scardinata

dal concetto di distacco sereno della meditazione per insinuarsi nell’‟impegno drammatico dell’agire”18.

Il compito dell’arte è conferire assoluta chiarezza formale all’azione di

una esistenza organizzata costruendo una nozione di mondo propria non più

dell’uomo “naturale” ma dell’uomo sociale, che vive ed opera nella

contingenza. La visione razionalista inscritta in questa scuola di pensiero mira

ad un metodo che permetta di localizzare e risolvere i problemi che l’esistenza

pone continuamente; l’arte, agendo e sviluppandosi nella società,

partecipando al suo divenire, concorre a

determinarla.

Dal punto di vista formale le realizzazioni

compositive nell’architettura della Bauhaus

possono essere semplificate ai due assoluti della

pura orizzontalità e della pura verticalità; le

prospettive possono variare all’infinito ma

Figura 2: Lazlo Moholy-Nagy, Photogram, 1923

23

18 Ibid. p.24

l’equilibrio tra la somma dei loro valori è sempre costante e capace di

soddisfare il bisogno di determinatezza spaziale collegato all’agire umano

(fig.1a-1b).

Secondo C.G. Argan il bisogno formale espresso dal Bauhaus è quello di

“[...]risolvere in una rappresentazione la continua tensione della volontà”19.

Inoltre, ai fini della ricerca che si è voluta condurre è risultato efficace

l’approccio del pensiero di Gropius riguardo l’utilizzo dei materiali e degli

strumenti che vanno considerati come possibilità che l’esperienza degli stessi

può fornire.

Accanto al fondatore della scuola, sono stati presi in considerazione due

tra gli altri Maestri i cui insegnamenti si ritengono più affini alla ricerca qui

condotta: Làzló Moholy-Nagy e Kandinsky. Al crollo della Bauhaus di

Waimar durante il regime nazista, Nagy riceve l’invito di Gropius per la

direzione della nuova sede della scuola da fondarsi a Chicago, dove lo stesso

inaugura nel 1937 la New Bauhaus. Questa, dopo una breve attività chiude nel

dissesto economico per riaprire nel 1939 con un nuovo istituto dal nome

School of Design (il quale nel giro di qualche anno diverrà Institute of Design). Alla base degli insegnamenti di Nagy nel nuovo istituto statunitense

è la creatività posta al servizio della performance. Diversamente dalla scuola

tedesca, nell’ ID di Chicago la fotografia e l’immagine in movimento trovano

un ruolo fondamentale con i corsi di luce, fotografia, film e pubblicità.

Nella ricerca che Nagy applica all’insegnamento sono fondamentali le

fotografie off-camera20, i fotomontaggi realizzati direttamente in camera

oscura senza utilizzo del collage tipico della precedente maniera dadaista del

Costruttivismo, l’utilizzo dei “modulatori di luce”21. Il Maestro ungherese

conia inoltre il termine “Nuova Visione” che sarà utilizzato per definire un

24

19 Ibid. cit.20 Per fotografia off-camera si intende la fotografia che viene sottoposta ad elaborazione e composizione creativa nel passaggio in camera oscura. Dunque la “fotografia a camera spenta”.21 Oggetti multiformi di metallo, carta o altri materiali utilizzati per impressionare particolari ombre e forme sulla carta fotografica.

ventennio (1910-1930) della sperimentazione visiva e fotografica verso la

ricerca di una purezza rivolta alle potenzialità estetiche del dispositivo

utilizzato senza la necessità di far riferimento a canoni universali o storici.

Fondamento di queste indagini sono le esposizioni multiple, i fotogrammi e

i fotomontaggi in cui ritagli di immagini fotografiche dividono lo spazio della

superficie con elementi grafici e geometrici dando luogo a composizioni

impostate sulle diagonali e con inquadrature nadirali (dall’alto in basso)22.

Kandinsky espone la propria analisi metodologia sulla composizione dello

spazio visivo in una sorta di compendio di gran parte della dottrina esposta ai

suoi studenti dell’Istituto, “Punto, linea, superficie”. Il testo affronta diverse

definizioni tecniche e analisi degli elementi pittorici estendendo il campo di

indagine ai problemi generali dell’attività creativa.

Il Maestro russo tratta specificamente queste problematiche all’interno

delle lezioni sugli elementi fondamentali della forma al Bauhaus. Sostiene

che i fenomeni possano essere vissuti in due diverse maniere non arbitrarie

ma derivabili dalla natura stessa dei fenomeni e da due loro proprietà:

Esterno-Interno. Attraverso questa analisi, Kandinsky, rintraccia la possibilità

di “entrare” nell’opera d’arte, “[...]di divenirne parte attiva e di vivere con

tutti i sensi la sua pulsazione”. L’autore traccia quindi una linea teorica per

una “Scienza dell’arte” in cui vengono sottolineati due scopi fondamentali:

“1. la necessità della scienza in generale, che deriva

liberamente da uno slancio non-utilitario o extra-utilitario

verso il sapere; la scienza ‘pura’, e

2. la necessità dell’equilibrio nelle forze creative, che debbono

essere divise in due parti schematiche - intuizione e calcolo: la

scienza ‘pratica’.”23

25

22 Cfr. A. PIERONI, Arti fotografiche del Novecento. Lineamenti storici Editori Riuniti, Napoli 2008.23 W.KANDINSKY, Punto, linea, superficie. Adelphi, Milano 1968. Cit. p.12

Nella struttura del proprio itinerario di ricerca traccia, inoltre, alcune linee

teorico-pratiche di fondamentale importanza nella costruzione dello spazio

visivo in cui si analizzano dapprima i fondamenti psicologici attraverso i quali

la “percezione” recepisce gli input visivi che provengono dalla realtà, poi le

formule teoriche attraverso le quali esercitare la tecnica espressiva. Da subito

l’attenzione punta verso l’importanza dell’utilizzo dei colori (che assumono

un peculiare “peso” all’interno delle figure), della “tensione” (sostituita

dall’autore al concetto di movimento)24, dell’‟equilibrio”. In una definizione:

“[...] la ‘composizione’ non è altro che una ‘organizzazione esatto-normativa delle forze vive’, racchiuse negli elementi sotto forma di tensioni”25.

Ai fini della ricerca qui condotta si è dato peso al concetto di

“scomposizione” dell’arte nei molteplici fenomeni che vi partecipano offrendo

la possibilità dello studio analitico di ciascun elemento delle composizioni

visive.

Nella fig. 3, attuando tale “scomposizione”, si può notare l’utilizzo dei

canoni geometrici teorizzati da Kandinsky che, nella “superficie di fondo”26,

vengono ripetuti in proporzioni e misure angolari diverse. Le tre “forme

primarie”27 rappresentate nella Composition VIII sono il Triangolo, il

Quadrato, il Cerchio disposti in un equilibrio formale dove il peso delle figure

si bilancia tra linee “spezzate” ascendenti e discendenti, angoli più o meno

acuti e ottusi, colori nella gamma del giallo, rosso, azzurro, bianco e nero.

Secondo l’autore ciascuna delle componenti in cui si può “scomporre” l’opera

ha un “suono” e dalla somma armonica di tutti i “suoni” in essa presenti deve

scaturire l’equilibrio, come una sospensione naturale.

Riguardo, invece, alla teoria kandinskyana sull’autonomia dell’arte pura28, è

stata analizzata la dicotomia tra quest’ultima e l’aspetto pratico-funzionale

26

24 Cfr. ivi p. 5825 Ivi p.100, cit.26 Ivi p. 131, cit.27 Ivi p. 79, cit.28 Cfr. ivi p.154

Figura 3: W. Kandinsky, Composition VIII, 1923.

(intendendosi la funzionalità e lo scopo sociale dell’arte nella civiltà) che

alcune correnti come il Dadaismo pongono al centro della propria

speculazione creativa.

1.2 La percezione visiva Gli studi di Kandinsky trovano un proprio naturale proseguimento,

nell’ambito qui tracciato, nella ricerca condotta da Arnheim sulla percezione e

sul pensiero visivo. In particolare, nella sua opera “Arte e percezione visiva”29

viene condotta un’analisi psicologica e tecnico-pratica del meccanismo della

visione ristretta ai mezzi di comunicazione visuali e in particolare alla pittura,

al disegno e alla scultura. L’estensione a tutti gli altri campi del sapere e della

27

29 R. ARNHEIM Arte e percezione visiva [Art and visual perception: a psychology of the creative eye, 1954] Feltrinelli, Milano 2008.

produzione artistica è però facilmente riscontrabile nel momento in cui lo

psicologo tedesco affronta problematiche quali la ‟Configurazione”, il

‟Movimento”, la ‟Dinamica”, l’‟Espressione”.

La ‟visione” come atto fisiologico, fisico e psicologico dello sguardo è

distinta dalla “visuale” (“visual” come è precisato nel sottotitolo originale)

intesa come atto della visione con finalità creativa o estetica30.

Arnheim propone sin da subito esercizi sulla composizione dello spazio

visivo che aiutino a leggere l’equilibrio interno all’opera d’arte. Questo è

definito attraverso studi riguardanti sia la fisica naturale, sia la psicologia con

la successiva determinazione del pensiero secondo cui

“L’attività artistica si può definire una componente del

processo motivazionale sia nell’artista che nel fruitore, e come

tale partecipa alla ricerca dell’equilibrio”31.

L’equilibrio è inteso come allentamento della tensione sgradevole di fondo

vissuta dall’individuo negli eventi mentali. S. Freud a tal proposito parla di

ricerca del “principio di piacere”. Per Arnheim però non basta la ricerca

dell’equilibrio a spiegare la tendenza ordinatrice motivazionale nell’arte. Il

solo equilibrio, secondo lo scienziato berlinese, porta ad una concezione

statica dell’organismo. Muove quindi la sua critica verso il “principio

d’economia” freudiano, secondo cui l’uomo tende costantemente a consumare

il minimo possibile di energia, ribaltandolo nella visione dell’individuo che

trova il proprio soddisfacimento “[...]nel fare, nel muoversi, nel cambiare, nel

crescere, nell’andare avanti, nel creare, nell’esplorare”32.

Alla speculazione sull’equilibrio si aggiunge dunque un “contro-principio”

attivo, quello della Dinamica.

28

30 Cfr. ivi Introduz. p. 2431 Ivi p. 50, cit.32 Ivi p. 51, cit.

In buona parte del proprio percorso di ricerca Arnheim orienta gli studi e

le analisi verso un “principio di semplicità”. Esso è direttiva fondamentale

della psicologia della Gestalt33, secondo cui ogni pattern visivo tende verso la

configurazione più semplice consentita al senso della vista in una determinata

circostanza34. In antitesi alle teorie di Kandinsky sulla “scomposizione”

dell’arte su basi scientifiche, Arnheim afferma di dover

“[...] ricordare agli scienziati che la maggior parte dei

fenomeni naturali non verranno mai descritti in maniera

adeguata se saranno analizzati pezzo per pezzo.”35

auspicando in questo modo uno “sguardo artistico” verso la realtà. Prosegue,

in una ulteriore definizione del concetto, affermando che

“[...] un’opera d’arte non avrebbe mai potuto essere creata o

compresa da una mente che fosse incapace di concepire la

struttura integrata d’una globalità”.36

Ciò che si percepisce di fronte all’opera d’arte è dunque la completezza di una

forma equilibrata. Si sostiene qui la tesi secondo cui la stessa può essere

considerata come virtualizzazione e in quanto tale problematica (nel senso

levyniano del “virtuale” 37) da attualizzare in una percezione visiva “esatta”, o

almeno corretta. Secondo Arnheim la mente umana è considerata come una

“interazione di tendenze all’aumento e alla riduzione della tensione”. Nel

29

33 Buona parte degli esperimenti condotti e dei principi esposti da Arnheim derivano dalla teoria della Gestalt, disciplina psicologica slegata dalle forme di psicoterapia che ne hanno adottato il nome. La parola tedesca Gestalt, sostantivo usato col significato di forma o configurazione, è riferita a un insieme di principi scientifici dedotti da esperimenti sulla percezione sensoriale.34 La parola inglese pattern non ha un preciso equivalente in italiano, in francese o in tedesco. Nel testo di Arnheim sulla percezione visiva essa viene intesa come schema, modulo, complesso schematico grafico, sonoro o spaziale.35 Ivi p.25, cit.36 Ivi p.26, cit. 37 Cfr. P.L. Il virtuale, pg.6

mondo fisico-naturale, il “principio di semplicità” vige soltanto nei sistemi

chiusi, in quei sistemi cioè dove non ci sono nuove energie che possono

entrare in gioco e le forze che lo costituiscono si compensano fino a

raggiungere l’equilibrio, senza possibilità di cambiamento. L’organismo

umano tuttavia è l’opposto di un sistema chiuso: consuma le proprie riserve di

energia attingendo continuamente alle risorse presenti in natura.

Anche sul piano mentale l’essere vivente assorbe informazioni attraverso i

sensi e dopo averle assimilate all’interno le dirige verso l’esterno. Per

Arnheim il cervello e la mente desiderano il mutamento, preferiscono l’azione

all’inattività, la vita alla morte, con una tendenza verso la crescita, la sfida e

l’avventura. Tale propensione la si può considerare come “tendenza

all’aumento”, che in ultima analisi non è che aumento della complessità. Se

la mente umana fosse regolata solo dalla tendenza alla semplicità non sarebbe

in grado di materializzare neppure il più elementare atto visivo: ne

risulterebbe un unico campo omogeneo senza forma.

“Invece, quando l’occhio è guidato verso un oggetto, la

proiezione ottica di quell’oggetto si impone nel campo visivo

come una costrizione, un tema strutturale.”38

Nella teoria esposta da Arnheim questo “tema strutturale”, questo pattern che

ha stimolato lo sguardo è organizzato dalle forze del campo visivo le quali

muovono verso la massima semplificazione possibile. Entra in opera qui

l’interazione tra le due tendenze all’aumento e alla riduzione della tensione.

Nel gioco altamente dinamico di forze il risultato è l’oggetto visivo per come

noi lo percepiamo. Questa duplice dinamica è al lavoro in ogni costruzione

visuale. In questo principio è svelata la Dinamica insita in ogni oggetto

visuale, una dinamica imprescindibile dall’attualizzazione nell’atto della

visione.

30

38 R.A. Arte e percezione, p. 334 cit.

Il triangolo equilatero, tre linee di uguale lunghezza che si incontrano in

tre angoli di sessanta gradi, prima di essere tale è l’aggressivo emergere delle

tre punte. Dunque, prima di ogni determinazione scientifico-pratica vi è la

percezione del “tema strutturale”, del pattern visivo che insiste sulla

proiezione ottica percepita. Le proprietà dinamiche che agiscono in tutto ciò

che l’occhio percepisce conducono Arnheim verso la formula: “La percezione

visiva consiste nel vivere le forze visive”39.

La ricerca sull’interaction design environment trova campo fertile nella

composizione dello spazio visivo e nelle formule ed esercitazioni pratiche

esposte in “Arte e percezione visiva”. In modo particolare incontra nella

“Dinamica” della percezione visiva un importante pilastro per la costruzione

di ambienti e scenografie virtuali in cui sarà lo spettatore a comporre la

propria percezione e il proprio spazio visivo attraverso gli input sonori o

motòri che genererà all’interno dell’ambiente stesso.

1.3 Linee curve e politica Negli studi condotti per la propria ricerca sperimentale si è voluta

includere l’opera di un architetto, Oscar Ribeiro de Almeida Niemeyer Soares,

più conosciuto come O. Niemeyer, le cui soluzioni creative rappresentano un

nitido esempio di fusione tra politica e poetica, tra vita ed espressione

artistica della vita. Nel nome dalle diverse radici portoghesi, arabe, tedesche

per le quali definisce se stesso un “meticcio universale”, l’architetto brasiliano

palesa la “differenza”, la complicazione, la sorpresa. Tutta la ricerca e l’opera

di Niemeyer è rivolta verso questo tipo di approccio. Le linee diritte del

costruttivismo tedesco della Bauhaus, gli insegnamenti del maestro Le

31

39 Ivi p. 335, cit.

Corbusier40, vengono allontanati per far spazio a quello che può considerarsi

l’emblema, la forma fondamentale dell’architettura di Ribeiro de Almeida, la

linea curva41. L’architettura non può essere semplice, o conforme alle regole

matematiche e geometriche impostate formalmente nel lavoro della “casa di

produzione” Bauhaus. Le macchine da abitare, care ai giovani studenti della

scuola di Weimar e Dessau non sono sufficienti per fare una “buona

architettura” intendendo per tale l’architettura che non è solo architettura in se

stessa, ma soprattutto emozione, “vita”42, sorpresa. Le tesi di Niemeyer sulla

propensione verso la vita, verso la tensione positiva sono del tutto affini a

quelle di Arnheim sulla percezione visiva43. Il tema strutturale viene immerso

nell’opera e consiste nella ricerca della forma differente. Nelle sue memorie

l’architetto brasiliano scrive:

“[...] Io sto deliberatamente ignorando la giusta angolazione

dell’architettura razionalista disegnata con riga e squadra, a

favore dell’audace entrata in campo di curve e linee rette

offerte dal cemento armato”44.

Nel 1956, il neo-eletto presidente Kubitschek, inaugura un periodo di

forte industrializzazione e di imponenti lavori pubblici tra i quali la

costruzione di una nuova capitale, Brasilia. I lavori di questo progetto

urbanistico che porta la firma di Lùcio Costa, vengono affidati, nella cifra

32

40 Il contributo di Le Corbusier all'architettura moderna consiste nell'aver concepito la costruzione di abitazioni ed edifici fatti per l'uomo e costruiti a misura d'uomo: "solo l'utente ha la parola", afferma in Le Modulor, l'opera in cui espone la sua grande teorizzazione. Il modulor è una scala di grandezze, basata sulla regola aurea nota già agli antichi Greci riguardo le proporzioni del corpo umano: queste misure devono essere usate da tutti gli architetti per costruire non solo spazi ma anche ripiani, appoggi, accessi che siano perfettamente in accordo con le misure standard del corpo umano. La produzione standardizzata, basata su un modulo replicabile all'infinito, è un concetto che domina tutta la produzione di Le Corbusier.41 Nell’intervista ”L’ultimo saggio” di P. Daverio per la trasmissione televisiva Passpartout (Raitre), Niemeyer sostiene “[...]c’è chi vuole fare la linea diritta. Io cerco la curva”.42 Cfr. Ibid. 43 Cfr. § prec.44 Cfr. ivi.

formale e nella costruzione di gran parte degli edifici, a Niemeyer. Gli ampi

spazi a disposizione spingono l’artista verso la costruzione di una città senza

limiti dimensionali. La costante che domina negli edifici pubblici è la linea

curva, dalla Cattedrale, al Ministero degli Esteri. Il pattern impresso in questi

edifici è quello della “sorpresa”, del diverso che si coglie oggettivamente.

Figura 4: Brasilia. Veduta.

Figura 5: Brasilia. Congresso Nazionale Brasiliano.

33

Figura 6: Brasilia. Cattedrale.

L’utilizzo della linea curva negli accessi agli edifici con la perenne abolizione

delle scale amplifica questa ricerca della diversità. Alla linea orizzontale e

verticale che caratterizza l’architettura “industriale” di Le Corbusier e della

Bauhaus si sostituisce il segno della novità, del “mai visto prima”. Tutto è

concepito perchè non si crei sovraffollamento negli spazi ma gli stessi

vengano vissuti da chi li abita e li frequenta. Le ampie strade (anche a dodici

corsie) aboliscono l’atavico problema del traffico automobilistico nelle

metropoli.

Nel progetto di Brasilia Niemeyer realizza tra gli altri il Palazzo del

Ministero degli Esteri (Palacio dos Arcos), prototipo di un suo successivo

intervento artistico in Italia. Tra il 1962 e il 1964 realizza il Palazzo

Mondadori nella periferia di Segrate a Milano. Questo complesso

architettonico si compone di un parallelepipedo centrale (fig. 7) che da solo

34

Figura 7: Palazzo Mondadori. Vista aerea. Figura 8: P.M. Veduta, arcate.

potrebbe funzionare razionalmente, ma non sarebbe architettura secondo la

concezione di Niemayer. La struttura (“La Foglia”) che si pone nel retro

dell’edificio centrale assieme alla dinamica delle forme che assume il

cemento sulle volte della facciata, rappresentano il segno in più, la tensione

verso la sorpresa che fa dell’architettura

anche un monumento.

L’attenzione rivolta a questo edificio in

relazione alla ricerca qui condotta riguarda

alcune tecniche e accorgimenti artistici

Figura 9: Palazzo Mondadori. Piscina. Figura 10: Palazzo Mondadori. Veduta.

35

attraverso i quali amplificare il significato di un’opera senza creare disturbo

all’‟ascolto” (che ne avrebbe fatto un Kandinsky). L’intera massa “poggia”

sulle acque delle piscine antistanti, nelle stesse si riflette assieme al resto

dell’ambiente naturale circostante e tale riflesso raddoppia la dimensione del

progetto. Lo stesso artificio viene utilizzato anche in altre opere dell’artista

come a Niteroi, all’esterno del Museo d’Arte Contemporanea nella piccola

piscina che riflette il mare antistante Rio de Janeiro.

1.4 La contaminazione multimediale sulla scena

Nello studio sull’interaction design e nella ricerca sul video si deve

includere necessariamente l’opera di un architetto, creatore di alcune tra le

scenografie teatrali più importanti del XX° secolo, Josef Svoboda. “Il teatro - dice il Maestro di Praga - è una professione magnifica che combina le

professioni.”45. Essere scenografi per Svoboda significa acquisire perfette

conoscenze in molti campi del sapere scientifico e delle tecniche. Inoltre

bisogna avere profonda conoscenza delle tecnologie disponibili per poter

scegliere quelle che meglio rispondono all’esigenza creativa attuale.

Allestire una scena significa anzitutto saperla disegnare, conoscere nei

dettagli le possibilità e le leggi della fisica ottica che regolano la luce

proveniente dai riflettori e dai proiettori, saper lavorare il legno e gli altri

materiali grezzi, conoscere le proprietà dei colori per poterli combinare tra

scena e costumi degli attori, essere esperti di musica e conoscitori delle

potenzialità di drammatizzazione che essa contiene. Conoscere, insomma, i

vari segreti che solo un posto come la scena teatrale può nascondere. Nella

“nave”46 del teatro il collettivo lavora come un equipaggio in cui ognuno ha

un compito preciso. Ciascuno conosce ciò a cui sta contribuendo nella

creazione. Ciascuno nel proprio campo, dai tecnici agli operai, deve essere

36

45 J. SVOBODA I segreti dello spazio teatrale Ubulibri, Milano 1997. Cit. p. 946 Ivi. p.17

eccellente professionista con un proprio individualismo che lavori però in

perfetta armonia di squadra.

“La scenografia è la creazione di uno spazio drammatico e

può esistere solo in collegamento con tutti gli altri elementi

che contribuiscono a un evento teatrale [...]”47

Si può dar luogo al vero evento teatrale solo se si è completamente padroni

dell’idea creativa e solo se si conosce il perché della scelta che si compie in

una situazione attuale. Il teatro, per Svoboda, deve essere attuale, avere uno

scopo, deve necessariamente comunicare un messaggio.

La tecnologia viene intesa come un materiale da plasmare al servizio del

propria motivazione creativa. Conoscerne tutte le possibilità tecniche rende

illimitato l’uso dei materiali e, questo stadio dell’approccio, il più basilare,

prevede un’accanita sperimentazione fondata su prove tecnico-pratiche e studi

teorici. Il laboratorio di scenotecnica dello scenografo boemo, il quale

costruisce in sessant’anni più di 700 scenografie in Europa e nel resto del

mondo, diventa fucina di nuove invenzioni tecnologiche quali i proiettori per

il controluce da cui il nome proiettori Svoboda.48 Nello studio dell’opera dell’artista ceco, si è approfondita l’analisi del

Polyécran, un sistema di multischermo esportato in tutto il mondo. La nuova

tecnologia al servizio dell’espressione artistica viene presentata per la prima

volta alla Esposizione Universale di Bruxelles, del 1958, la c.d. Expo 58. L’idea creativa maturata da Svoboda consiste nella creazione di uno spazio

per mezzo di proiezioni cinematografiche su una serie di schermi collocati sul

palcoscenico. Il contesto all’interno del quale inserirla è il padiglione

cecoslovacco dell’Expo dedicato alla Primavera praghese di musica49. Nella

37

47 J. S. Architetture dell’immaginario. Un seminario di scenografia Ubulibri, Milano 1989. Cit. p. 11.48 Acerrima nemica di Svoboda è la luce parassita da egli stesso così definita perché annulla le luci provenienti da altre fonti di emissione e che invece si vogliono lasciare nettamente visibili.49 Cfr. J.S. I segreti... p. 140

scenografia realizzata si mettono a disposizione del regista Emil Radok otto

schermi per la proiezione di forma trapezoidale e quadrata situati in uno

spazio nero (fig. 11a-11b).

Lo spettacolo non ha attori e deve comporsi della sinergia di immagini e

musica registrata. Le immagini proiettate, fisse o in movimento, provengono

Figura 11a: J. Svoboda, E. Radok, Polyécran. Disegno.

Figura 11b: J. Svoboda, E. Radok, Polyécran.

38

Figura 12: Piano progettuale per Intolleranza.

da sette proiettori cinematografici e otto diaproiettori. La soluzione tecnica

proposta dall’Istituto sperimentale della tecnica per la produzione del suono e

della luce prevede, per la sincronizzazione dei media utilizzati nello

spettacolo, la messa a punto di un circuito elettronico con una memoria che

dirigesse tutte le funzioni50.

Il perfetto funzionamento del sistema nella performance del 1958 stimola

Svoboda alla sperimentazione di soluzioni più complesse da realizzare in altre

applicazioni.

Nella ricerca sulla creazione di spettacoli multimediali in cui possano

fondersi azione scenica, suono, immagini fisse e in movimento, assume un

ruolo decisivo l’allestimento scenografico per “Intolleranza” di Luigi Nono,

opera con sonorità elettroniche e testi da Sartre a Majakovskij. Lo spettacolo

realizzato nel 1961 a Venezia al Teatro ‟La Fenice”, viene mutilato dalla

censura della Biennale. Il materiale per le proiezioni preparato da Svoboda ha

un tono dichiaratamente politico e mette in risalto l’intolleranza dei popoli a

livello mondiale in sintonia col nome dell’opera teatrale di cui costruisce la

39

50 Tale circuito viene realizzato da Miroslav Pflug. Ibidem

Figura 13: Intolleranza. Scena.

scenografia. Al posto delle proiezioni vengono utilizzati dei dipinti astratti di

Emilio Vedova che annullano l’efficacia drammatica e dinamica voluta

dall’artista boemo.

Quattro anni più tardi, Svoboda e Nono vengono invitati ad allestire

nuovamente lo spettacolo all’Opera Group di Boston. All’interno del teatro

Svoboda trova due eidofori e decide di basare su di essi tutto il nuovo

impianto scenico51. Il tentativo è quello di costruire lo spettacolo come

happening controllato52, con una regia, non spontaneo. La consulenza tecnica

40

51 L’eidoforo è un apparecchio per proiezioni televisive dal vivo su grandi schermi.52 ‟L’«happening» è una forma di teatro in cui diversi elementi a-logici, compresa l'azione scenica priva di matrice, sono montati deliberatamente insieme e organizzati in una struttura a compartimenti” (Michael Kirby, Happening, cit. p. 28). Il primo autore che sperimenta un happening è Allan Kaprow nel suo spettacolo “18 Happenings in 6 parts”, messo in scena a New York nel 1959. Gli artisti che si occupano dell'organizzazione degli happenings tendono a svincolare il pubblico dal ruolo di fruitore passivo. Gli spazi che si prediligono sono i luoghi pubblici e all’aperto i quali consentono di irrompere nella quotidianità degli spettatori-attori. L’happening, apre la strada alla definizione dello spettacolo come performance intesa come azione, gioco. Inoltre costituisce l’apripista di fenomeni come il Situazionismo e gli Indiani metropolitani.

è affidata al MIT53, l’Istituto di Tecnologia applicata della Harvard University.

Lo schema progettuale (fig.12) dell’allestimento prevede la disposizione sul

palcoscenico di tre grandi schermi, due per le proiezioni degli eidofori e uno

per le proiezioni cinematografiche. Altri schermi vengono posizionati in alto

per la proiezione delle diapositive. Sulla scena di Boston si costruisce

insomma un nuovo sistema multiscreen, un nuovo Polyécran (fig. 13).

La novità dello spettacolo statunitense rispetto a quello ‟mutilato” di

Venezia sta nel tentativo di abbattere la dimensione spaziale. Infatti, sul

palcoscenico si svolge l’azione principale; il coro, realizza la propria

performance a dieci chilometri dal teatro, negli studi televisivi messi a

disposizione per la diretta da trasmettere sul primo eidoforo durante lo

spettacolo; un ulteriore studio viene allestito all’interno del teatro per la

proiezione del materiale grafico. In tutti gli ambienti di lavoro vengono

posizionati dei monitor preview che consentono a ciascuno di guardare la

performance degli altri in tempo reale, cosicché, ad esempio, il direttore

d’orchestra - B. Maderna

- potesse guardare il coro

a distanza; quest’ultimo i

cantanti; questi lo stesso

direttore d’orchestra, il

tutto in una perfetta

sincronia. L’abbattimento

d e l l a t r a d i z i o n a l e

delimitazione dello spazio

scenico trova ulteriore

conferma nelFigura 14: Polydiaecran. Disegno.

41

53 Il MIT, continua la sperimentazione negli anni successivi con la creazione di un Laboratorio sull’Intelligenza Artificiale che conduce una serie di progetti ad ampio raggio, dalla robotica ai sistemi di riconoscimeto visivo. (http://www.csail.mit.edu/)

Figura 15: La creazione del mondo. Figura 16: La creazione del mondo. Polydiaecran.

posizionamento di telecamere per la ripresa in diretta: due puntate sul

pubblico in sala; una per la ripresa della strada antistante al teatro di Boston;

una installata a Broadway, New York e infine altre due provviste di zoom sul

palcoscenico. Tutte le immagini sono controllate da una cabina di regia in cui

vengono montate in tempo reale. Ad alcune vengono aggiunti effetti in real time, altre vengono registrate in ampex54 per essere poi proiettate al momento

opportuno. Il risultato è quello di un collage di immagini statiche ed in

movimento provenienti da diversi inputs. Questo può essere interpretato come

primo tentativo di realizzazione di una performance di VJing55. Infatti, nel

lavoro sulle immagini di questo spettacolo sono molteplici le analogie con le

attuali performance di Visual Jockeing in cui la peculiarità consiste nella

gestione di diverse fonti video sul flusso sonoro, all’interno di un contesto

spettacolare56.

Particolare rilievo è stato dato nella ricerca qui condotta ad una successiva

performance multimediale del 1967. Quest’anno Svoboda è chiamato ad

42

54 Sistema di registrazione su nastro video magnetico da due pollici e Quadruplex (diviso in quattro tracce) messo appunto dalla omonima compagnia di elettronica statunitense nata nel 1944.55 Si rimanda ai capitoli successivi riguardo l’analisi della performance di VJing.56 Cfr. cap.3 § 4.

allestire l’intero padiglione cecoslovacco per l’Esposizione Universale di

Montreal. Lo spettacolo che decide di mandare in scena con il regista Alfred

Radok e lo sceneggiatore Emil Radok è una proiezione-mosaico57, “La creazione del mondo”(fig. 15-16).

Il sistema tecnologico utilizzato, il Polydiaecran, si compone di 112

moduli quadrati costituiti da un tubo chiuso da uno schermo (fig. 14). Ogni

modulo è servito da due diaproiettori “carousel”, che possono funzionare in

dissolvenza, per un totale di 240 caricatori di diapositive che consentono, in

retroproiezione, di far muovere l’immagine da un lato all’altro dello schermo

modulare in sequenza. In ogni quadrato retro-proiettato si possono effettuare

160 cambiamenti di immagine e, considerando l’intera struttura, si hanno a

disposizione 18.020 immagini da combinare e comporre. Ogni tubo giace su

una slitta che consente di avanzare o retrocedere di un metro con la possibilità

di variazione della superficie del maxi-schermo modulare fino a due metri di

profondità. Le migliaia di immagini vengono proiettate in uno spettacolo della

durata di dieci minuti.

Anche per questa performance Svoboda mette a punto un dispositivo

elettronico per la gestione di oltre nove milioni di inputs, senza avere a

disposizione un computer.

Va fatta menzione, in questa sede, di un altro spettacolo multimediale

audiovisivo allestito da Svoboda per l’Expo 67, Polyvision (fig. 17). Questa

volta, l’architetto boemo gioca con le superfici senza utilizzare schermi veri e

propri. Il sistema di proiezioni consiste nell’utilizzo di cubi e prismi, disposti

in uno spazio scenico di 30 metri di larghezza, capaci di ricevere delle

proiezioni dirette su tre facce. Altri corpi di forma più o meno sferica e

cilindrica, possono ricevere immagini ruotando sul proprio asse. All’interno

dei cubi alloggiano tre diaproiettori che proiettano immagini su tre facce,

mentre la quarta, rivolta verso il pubblico, è destinata a una proiezione

cinematografica. Le restanti due facce propongono delle diapositive fisse.

43

57 J. S. Architetture... Cfr. p. 63

Figura 17: Polyvision. Montreal 1967.

Tutti gli elementi presenti sulla scena possono muoversi lungo l’asse verticale

e orizzontale e lo spazio scenico è tagliato da due specchi semitrasparenti

disposti diagonalmente per offrire illusioni ottiche e giochi di riflessione tra

gli elementi scenici e la parete di fondo.

Questo sistema complesso, Polyvise, è messo a punto per simulare un

“piccolo universo pieno di stelle”58. Il lavoro originale di Josef Svoboda costituisce un eccellente punto di

riferimento per chi voglia intraprendere la ricerca e la sperimentazione

multimediale in campo audiovisivo. Oltre l’interesse per lo studio di una

metodologia contingente per ogni situazione particolare, l’insegnamento del

Maestro boemo risulta efficace da un punto di vista politico riguardo alla

concezione del “sistema” lavoro. Affinché il “marchingegno” del teatro possa

funzionare alla perfezione (in piena aderenza cioè al progetto ideativo) un

collettivo di individui altamente specializzati, ciascuno nel proprio compito,

44

58 Ivi p.66

ciascuno nella propria individualità espressiva, deve interagire con gli altri

mettendo in circolazione il proprio sapere ed acquisendone dagli altri. Le

varie specializzazioni vengono affidate a professionisti che, prima di essere

eccellenti tecnici scelti secondo un criterio meritocratico, sono coinvolti

passionalmente nel proprio lavoro. In questo senso quelle di Svoboda

possono considerarsi opere d’arte collettive che inaugurano il concetto e la

pratica della ‟comunità teatrale” che sarà fondamento di diversi teatri

sperimentali.

1.5 H.C.I. & F.B. La Human Computer Interaction, è la ricerca e lo studio sulla interazione

tra l’individuo (user) e il computer per la progettazione e lo sviluppo di

sistemi attraverso i quali questi possano ‟re-agire” reciprocamente. Lo scopo

per il quale si affronta tale ricerca è la facilitazione delle attività umane

ottenuta rispettando i principi dell’user friendly e della affidabilità59. La

sperimentazione in laboratorio prevede la contaminazione tra i diversi campi

del sapere coinvolti: informatica, psicologia della percezione, scienze

cognitive, ergonomia60, scienze della comunicazione e, tra gli altri, gli studi

sull’intelligenza artificiale.

La prima sperimentazione di interazione uomo-macchina si attribuisce alla

tesi di dottorato del 1963 di Ivan Sutherland (del Massachussets Institute of

Technology - M.I.T.) il quale fornisce la prima interfaccia grafica con l’utente

attraverso un sistema computerizzato dal nome Sketch-Pad61. Attraverso una

penna ottica ed uno schermo “sensibile” al contatto della stessa è possibile

45

59 Cfr. voce “user”, Oxford dictionary.60 L'ergonomia, secondo la I.E.A. (International Ergonomics Association), è quella scienza che si occupa dell'interazione tra gli elementi di un sistema (umani e d'altro tipo) e la funzione per cui vengono progettati (nonché la teoria, i principi, i dati e i metodi che vengono applicati nella progettazione), allo scopo di migliorare la soddisfazione dell'utente e l'insieme delle prestazioni del sistema (def. I.E.A.). In pratica è quella scienza che si occupa dello studio dell'interazione tra individui e tecnologie. (http://it.wikipedia.org/wiki/Ergonomia)61 I. SUTHERLAND, Sketch-Pad :a man-machin graphical, in “Proceeding of the AFIP Spring Joint Computer Conference”, 1963, pp. 329-346.

disegnare delle figure geometriche e oggetti grafici che il dispositivo può

perfezionare rispettando le coordinate spaziali bidimensionali62. Lo Sketch-

Pad è considerato l’antenato degli attuali sistemi CAD (Computer-Aided Drafting) e di tutta la tecnologia in fase di sviluppo nell’ambito della

computer graphics. Con questo esperimento Sutherland dimostra la possibilità

di interazione uomo-macchina con propositi artistico-creativi o tecnici. Le

successive ricerche portano allo sviluppo di interfacce uomo-macchina più

sofisticate e complesse che permettono il flusso di informazioni attraverso:

• input visivi (comunemente forniti da schermi e monitor);

• input sonori (altoparlanti, microfoni, etc...);

• azioni di controllo (esercitato attraverso mouse, pulsanti, tastiere, etc...).

Lo psicologo cognitivo Donald Norman analizza l’interazione uomo-

calcolatore sviluppando un modello concettuale che identifichi e renda

procedura le fasi che compongono tale interazione63. In questo studio

Norman pone l’accento su alcuni processi che interessano l’interazione

dell’individuo con gli oggetti multimediali interattivi. Le parole-chiave

utilizzate sono il mapping, termine che identifica la relazione conseguente

dalla pressione di un pulsante e l’effetto che ciò produce e il principio del

feedback per il quale si intende la risposta allo stimolo ricevuto dalla

macchina in relazione all’input dato. Tale principio viene teorizzato per la

prima volta negli studi di cibernetica di Norbert Wiener64. Oltre a dare il

nome a questa disciplina di ricerca, definisce il feedback come capacità dei

sistemi dinamici di tenere conto dei risultati delle proprie azioni per

46

62 Vi è un contributo video sullo Sketch-Pad nella trasmissione televisiva statunitense “Doing with images makes symbols” (1987) di Alan Key su: (http://www.archive.org/details/AlanKeyD1987)

63 Cfr. D.NORMAN La caffettiera del masochista Giunti Editore 1996, Firenze.64 La cibernetica (dal gr. kibernétes, timoniere) è definita dallo stesso Wiener come la disciplina che studia “il controllo e la comunicazione nelle macchine e negli animali”. In particolare, le analisi vengono condotte sul legame tra la progettazione di macchine calcolatrici programmabili e i meccanismi di controllo e di comportamento nei sistemi viventi. Cfr. N. Wiener, A. Rosenblueth, J. Bigelow Behaviour, purpose and theleology, art. in “Philosophy of Science”, X-1943, pp. 18-24, 101-105.

modificare le caratteristiche del sistema stesso, ovvero la capacità di controllo

e di autoregolazione di una situazione standard65.

Dalla scienza dei calcolatori di Wiener si irradiano una serie di altre

discipline volte ad indagare e a sperimentare l’intelligenza artificiale, fino alle

macchine in grado di sostituire lo psicoterapeuta66, o addirittura alle macchine

in grado di produrre se stesse67.

Scevra da ogni finalismo puramente ideologico la ricerca qui condotta ha

eseguito la propria sperimentazione rapportandosi alla tecnologia disponibile

(computer, macchine analogiche, videocamere, etc...) come ad uno strumento.

L’interazione uomo-macchina nella progettazione delle video-installazioni di

seguito argomentate si è limitata a sfruttare il potenziale di feedback messo a

disposizione dalla programmazione di tecnici, quindi nei limiti offerti dagli

strumenti in base alla loro progettazione68. A partire da questo limite si è

indagata la possibilità di realizzare il progetto creativo come rispondente alla

ideazione poetica. I dispositivi che consentono di ineterfacciare e mettere in

comunicazione strumenti digitali esterni al computer 69 , avviano allo studio

dei linguaggi di programmazione (Java, C, C++) che consentono di dare

inputs originali al dispositivo in uso.

Un aspetto centrale dell’interazione uomo-macchina è la programmazione in

codici del dispositivo elettronico o informatico. Considerare questo elemento

nodale all’interno della disciplina significa interessarsi, oltre la speculazione

puramente tecnico-scientifica, ai risvolti socio-politici che un tale processo

47

65 Cfr.ibid.66 Si fa riferimento al software ELIZA che rende possibile la conversazione con il computer mediante il linguaggio naturale. Il progetto di Joseph Weizenbaum (Massachussets Institute of Technology) è uno dei primi esperimenti di “vita artificiale”. Il programma analizza le frasi proposte dall’utente e attraverso il riconoscimento di parole-chiave costruisce la propria risposta secondo un criterio CBR (Case Based Reasoning). Cfr. (http://i5.nyu.edu/~mm64/x52.9265/january1966.html); (http://www.uib.no/People/hhiso/eliza/index.htm). 67 Cfr. Turing, Macchine calcolatrici e intelligenza, a cura di V. Somenzi, R. Cordeschi, La filosofia degli automi, Bollati Boringhieri, Torino 1994.68 Ci si riferisce all’utilizzo di software come Isadora (TroikaTonix) progettato da Mark Coniglio (http://www.troikatronix.com/isadora.html) o Max 5 (Cycling ‘74) (http://www.cycling74.com/) messo a punto dal team di David Zicarelli.69 Ci si riferisce alla piattaforma-prototipo elettronica Arduino per la quale si rimanda al capitolo successivo sull’interaction design e al capitolo 4 sul codice e la programmazione.

può svelare. Gli strumenti nati dalla sperimentazione sulle scienze intorno allo

studio dell’intelligenza artificiale70 , hanno spesso portato alla

programmazione di circuiti per lanciamissili, “bombe intelligenti” o al

progetto di costruzione della bomba atomica71. Si può affermare inoltre che

tale scienza sviluppa i propri campi d’indagine all’interno di progetti per la

costruzione di armi “sofisticate” in campo militare72.

La globalizzazione economica73, che coinvolge anche quella dei mezzi

di comunicazione e delle informazioni, procede verso il potere gestito da

“tecnocrati” ed esperti che dirigono i flussi d’informazione per una

programmazione “pilotata” del sistema sociale74. La risorsa primaria diviene

il sapere codificato attraverso il quale alcuni esperti gestiscono le interfacce

con le quali interagiscono quotidianamente miliardi di individui.

Si pensi alla dinamica assunta negli ultimi tempi da un social network

come Facebook75, sito internet di libero accesso creato da Mark Zuckemberg

durante gli studi ad Harvard University in California76. La rete “sociale”

Facebook, partita come spazio su internet attraverso il quale comunicare tra

studenti all’interno del circuito universitario di Harvard, si è estesa in gran

parte del pianeta in una sorta di proliferazione fino a toccare gli attuali più di

150 milioni di iscritti in tutto il mondo77. Grazie alle applicazioni user-friendly contenute nel sistema, ma soprattutto grazie ad un marketing

48

70 Tra cui la bionica, ovvero la ricerca indirizzata alla progettazione di una macchina che simuli le funzioni organiche dell’animale.71 Al quale lo stesso Wiener e Johann von Neuman, tra i primi a parlare di intelligenza artificiale, presero parte.72 Cfr. N.W. Behaviour, purpose... p. 23.73 Cfr. def. contenuta in M.A. I nonluoghi...; NAOMI KLEIN, No logo, Baldini e Castoldi, Milano 2001; ROLAND ROBERTSON, Globalizzazione. Teoria sociale e cultura globale, Asterios, Trieste 1999.74 Per tecnocrazia si intende qui un governo di esperti nel settore tecnico della programmazione dell’informazione e nel settore del marketing economico. Per ulteriori definizioni del concetto cfr. Jean Meynaud, Tecnocrazia e politica [Tecnocratie et Politique, 1960] tr. it. di M.T.Bellinzier, Cappelli, 1996.75 Un social network è una rete mediale che connette gruppi di individui uniti da diversi legami, dalla conoscenza casuale ai rapporti di lavoro, ai legami affetivo-familiari. Le reti sociali sono oggetto di studio in diversi campi delle scienze, dalla sociologia all’antropologia culturale. Cfr. E.Mazzoni “Reti sociali e reti virtuali: la Social Network Analysis applicata alle relazioni sul web.” in A.SALVINI (a cura di) Analisi delle reti sociali. Teorie, metodi, applicazioni. Franco Angeli Ed. 2007.76 M.Zuckemberg è amministratore delegato di Facebook Inc.77 Dati offerti da diversi siti web ed in particolare dal sito ufficiale di Facebook. (http://www.facebook.com/)

commerciale “selvaggio e subliminale”78, che nelle pagine frequentate dagli

utenti associa banner pubblicitari a immagini e contributi multimediali di

“amici” (avatar nominale multilingue usato come “prefisso” comune per tutti

gli utenti iscritti) Facebook raccoglie un successo di partecipazione sul web

mai conosciuto prima. Un trionfo che prima di ogni altra cosa significa denaro

in quantità come 15 miliardi di dollari79.

Ad investire 500.000 dollari nel 2004 sul progetto di tre studenti di

(Harvard Zuckerberg, Chris Hughes e Dustin Moskowitz) è un venture capital

della Silicon Valley80, filosofo futurologo, Peter Thiel. Questi afferma che il

multiculturalismo diminuisce le libertà personali e auspica un mondo virtuale

in cui si possano gestire le informazioni e le relazioni tra gli uomini81 .

Nell’ottica futurologa, configurata come vera e propria disciplina teleologica

a partire dagli anni ’50 82, l’obiettivo preposto è di prospettare, con l’ausilio di

tecniche di programmazione per computer, le dinamiche future dell’umanità.

E’ una disciplina del tutto congetturale che lavora su modelli di

simulazione, ma che intende, sin dai suoi esordi, orientare le decisioni

pubbliche e le scelte politiche dei governanti (negli U.S.A. diversi futurologi

sono stati Consiglieri delle più alte cariche dello Stato). Negli studi di

cibernetica, intelligenza artificiale e interazione uomo-macchina, viene

attribuita importanza agli “obiettivi”, intesi come soluzioni attraverso le quali

migliorare l’interazione con lo user, e in ultima istanza la vita degli utenti. Il

social networking è un eccellente mezzo mediatico che rende possibile la

“tele-socializzazione” di individui collegati ad Internet in diversi territori del

49

78 Cfr. art. “With friends like theese...” di Tom Hodgkinson su “The Guardian” Monday 14 January 2008. (http://www.guardian.co.uk)79 Ivi, cifra riportata nell’articolo.80 Il venture capital è l’apporto di capitale di rischio da parte di un investitore per finanziare l’avvio o la crescita di una attività in settori ad elevato potenziale di sviluppo. Sylicon Valley è il nome corrente, coniato nel 1971 dal giornalista D.C. Hoefler, per indicare la parte meridionale della San Francisco Bay Area, in cui vi è una forte industrializzazione nel ramo produttivo dei circuiti integrati.81 Cfr. D.O. SACKS, P. THIEL The Diversity Myth.Multiculturalism and Political Intolerance in Campus The Indipendent Institute, Standford 199882 Cfr. (http://en.wikipedia.org/wiki/Futurology) in part. alla voce References in cui sono presenti diversi siti ufficiali sugli studi in Futurologia.

Pianeta83. Ma i rapporti sociali tra gli individui hanno bisogno di un corpo

attraverso il quale esprimere dinamiche di senso che le GUI dei computers, e

le altre interfacce disponibili non sono in grado di offrire.

Dreyfus sviluppa la sua critica all’intelligenza artificiale argomentando

che le capacità mentali degli individui sono il frutto di un’interazione stretta

tra mente e corpo e, che il limite più profondo delle macchine calcolatrici

risiede nel non possedere un corpo che permetta l’operatività e il pensiero

secondo procedure di riconoscimento di forme84. Tale critica si radicalizza in

misura maggiore in Weizenbaum il quale pone una questione etica sul ruolo

da attribuire alle macchine nell’ordinamento sociale85.

Il potere dei computer, in quest’ottica, andrebbe limitato con vincoli

politici soprattutto per usi che possono avere conseguenze devastanti nei

rapporti umani e sociali. Una particolare problematica trova spazio nelle

dinamiche sociali dei social networks come Facebook e riguarda la libertà di

espressione e i diritti per la tutela della privacy degli users, che con la

digitalizzazione di informazioni sensibili, sono sottoposte al controllo di

organismi nazionali ed internazionali deputati a questa funzione 86.

La politica è necessariamente coinvolta negli attuali processi di

comunicazione tra gli individui attraverso le macchine e tra le persone e le

macchine stesse. Quando si utilizza un medium come Internet o un software

scritto in codice da uno o più autori si è automaticamente implicati nella

dinamica di una politica globale che gestisce relazioni sociali in base a

interessi di mercato ed economici. La strada alternativa che da diversi anni si

50

83 Ad esclusione di una maggioranza di individui che vivono in condizioni disagiate e che prima dei mezzi di comunicazione hanno bisogno di beni primari per la sopravvivenza.84 Cfr. HUBERT DREYFUS “Gli elaboratori devono avere un corpo per essere intelligenti.”, a cura di D.De Martino, M.Bianca, in La mente e la macchina, pp. 79-81.85 Cfr. JOSEF WEIZENBAUM Il potere del computer e la ragione umana. I limiti dell’intelligenza artificiale Edizioni Gruppo Abele, Torino 1987.86 In relazione alle problematiche giuridiche coinvolte nei social networks si invita a visitare alcuni articoli presenti sui siti web della Stampa italiana ed estera inerenti la legislazione e i provvedimenti governativi adottati. Ad es.(http://www.webnews.it/news/leggi/10135/facebook-risponde-al-senatore-dalia/) o (http://www.telegraph.co.uk).

configura è quella dell’open source e del free-software87, piattaforma che

l’utente può programmare autonomamente o a partire da layout preparati,

anch’essa politicamente coinvolta come tentativo di abbattimento dei

monopoli e degli interessi speculativi delle oligarchie della programmazione

in codice che incassano profitti miliardari ogni anno.

Nel corso della ricerca qui condotta ci si è rapportati alle tecnologie

disponibili in termini critici, ponendo l’accento sulla comunicazione visiva e

sonora attraverso forme poetiche che uniscono interaction design e videoarte.

Le sperimentazioni tecniche portano alla progettazione e realizzazione di

due video-installazioni che intendono offrire spunti di riflessione sociale su

due avvenimenti che interessano la politica interna italiana (in particolare la

regolamentazione politica della cultura) e la politica internazionale (situazione

medio-orientale in riferimento alla guerra israelo-palestinese).

Politica e poetica si sono incontrate come forme espressive di una idea

creativa nell’utilizzo della multimedialità come strumento alternativo ai

maggiori mezzi di comunicazione di massa operanti in Italia e in altre

particolari situazioni nel pianeta. A questo proposito si conduce la ricerca

assieme a Carlo Infante sul Performing Media come pratica di gioco

performativo (attraverso la tecnologia multimediale) volta al tentativo di

trovare soluzioni a problematiche sociali riguardanti la comunicazione e più

in generale rivolte al miglioramento della qualità di vita dei cittadini88.

51

87 Una piattaforma open source è un software i cui autori, dententori dei diritti, ne permettono il libero studio e la diffusione, nonchè l’apporto di modifiche ai codici di partenza da parte di autori indipendenti. Cfr. PEKKA HIMANEN, L'etica hacker e lo spirito dell'età dell'informazione, Feltrinelli, Milano 2001.88 Sul concetto di Performing media cfr. C.I. Performing...

52

CAPITOLO 2

INTERACTION DESIGN ENVIRONMENT

53

Nella figura della pagina a fronte: fotomontaggio digitale di un Q-Rcode e di una azione interattiva.

54

“Il disvelamento che vige nella tecnica moderna è una pro-vocazione,

la quale pretende dalla natura che essa fornisca energia che possa come tale essere estratta e accumulata.”

(M. Heidegger, Saggi e discorsi, Mursia, Milano 2007, p.11)

55

2.1 Interaction Design Environment. Dentro la la metropoli Progettare un ambiente interattivo. Questo è ciò che qui si intende per

interaction design environment. In questa procedura sono naturalmente

coinvolte discipline come l’architettura, la scenografia virtuale, la

progettazione digitale di piattaforme interattive. L’obiettivo che si intende

raggiungere è la creazione di spazi che possano immergere lo spettatore in una

dimensione sensoriale per segnare una traccia derridiana di senso che assolva

il ruolo artistico di sommovimento della coscienza89. In questo scopo politica

e poetica coesistono in un rapporto decisivo: in accordo con le tesi

benjaminiane si esclude qualsiasi sforzo in vista di un’estetizzazione della

politica90. L’intervento poetico proviene da una “poíēsis” creativa scaturita da

un sommovimento emotivo. Il prodotto artistico diventa spunto per la

riflessione politica, intendendo la politica e la poetica in senso aristotelico91.

Le dinamiche che riguardano la teorizzazione dell’interaction design sono

spesso coinvolte nel finalismo volto al consumo del marketing (visione

americana e anglosassone92) oppure sono rivolte a migliorare le condizioni di

lavoro di vita quotidiane (ad esempio in domotica93) degli utenti. Da alcuni

anni si prospetta un particolare tipo di ricerca sull’i.d. a fini artistici, quella

che può definirsi Interaction Design Urbano. Negli ultimi decenni di post-

industrializzazione si sono sviluppati, all’interno delle metropoli, spazi

periferici sempre più vasti, sempre più antropizzati, sempre più degradati a

causa della disattenzione alle problematiche sociali in essi connaturate. Il

56

89 Sulla “traccia” nell’accezione data dal filosofo Jaques Derrida cfr. J.D. Differànce, margins...90 Benjamin dedica una postilla che suona da monito al lettore: analizza processi sociali come la proletarizzazione delle masse e la fascistizzazione di esse attraverso la produzione di valori cultuali attorno alla figura di un duce. Dice Benjamin: “Tutti gli sforzi in vista di un’estetizzazione della politica convergono verso un punto. Questo punto è la guerra.” Cfr. WALTER BENJAMIN L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. Arte e società di massa, [Das Kunstwerk im Zeiltalter seiner technischen Reproduzierbarkeit, 1955], Einaudi, Torino 2000.91 Il valore conoscitivo della poetica costituisce una delle caratteristiche più importanti del modo in cui si “fa arte” nella Grecia antica. Essa rappresenta una forma di conoscenza della realtà e di educazione etico-politica. In ARISTOTELE, Poetica.92 Cfr. JENNY PREECE,IVONNE ROGERS, HELEN SHARP, Interaction design, Apogeo, Milano 2002.93 La domotica è la scienza interdisciplinare che si occupa dello studio delle tecnologie atte a migliorare la qualità della vita all’interno degli ambienti domestici e professionali e più in generale di antropizzazione multimediale digitale.

centro dell’iper-antropizzazione accresce le periferie per inglobare la massa

sempre più ampia di individui da “contenere”. La qualità della vita e degli

ambienti antropici decresce all’aumentare dalla distanza dal centro, in spazi

dove le architetture sono omogenee, identiche, titaniche, spesso fatiscenti94.

A colmare il disavanzo umanistico e a offrire prospettive miranti al

miglioramento estetico e al decoro urbano interviene una forma di produzione

artistica, l’arte pubblica. E’ una pratica di presentazione e fruizione dell’arte

che sta affermandosi negli ultimi anni e, partita dal centro urbano

metropolitano (fig. 18), ha iniziato a spostare la propria attenzione sulla

periferia e le problematiche sociali a essa connesse.

Questa nuova forma poetica trova sicuramente un precedente negli

happenings, nelle pratiche dei situazionisti, degli indiani metropolitani e dei

dadaisti cui si ispirano, ma si presenta, appunto, come novità95. Il nuovo

contesto storico e sociale segna la differenza con cui si confronta la public art.

Le problematiche sociali vissute negli spazi metropolitani de-localizzati e in

globalizzazione sono differenti da quelle che hanno contraddistinto i

movimenti artistici degli anni ‘60-’70. Dal punto di vista tecnico, i due

contesti differiscono per la centralità dell’improvvisazione delle azioni

creative nell’happening e l’importanza che assume, invece, il site-specific nella public art. L’intervento artistico è pensato, progettato, costruito

specificamente per lo spazio designato a destinarlo96. L’intervento urbano di

interaction design multimediale richiede tempi di allestimento dei supporti

57

94 Si sono presi in esame in questo caso i complessi edilizi di: “Nuovo Corviale” situato nella zona urbanistica 15f del XV Municipio del Comune di Roma lungo via Portuense; le “Vele” complesso edilizio situato nel quartiere Scampia di Napoli. Entrambi sono caratterizzati dalle condizioni di vita disagevoli di chi li abita. E’ auspicabile in questi ambienti urbani, oltre l’intervento artistico che possa svelare il problema, soprattutto l’intervento degli enti pubblici preposti al miglioramento della vita dei cittadini sul territorio.95 Sugli happenings, (i situazionisti e gli indiani metropolitani nati tra la fine degli anni ‘50 e la fine degli anni ‘70) cfr. C.INFANTE Performing media...; GUY-ERNEST DEBORD La società dello spettacolo, [La société du spetacle 1967], Baldini Castoldi Dalai 1997.96 In campo teatrale, si è voluta sperimentare, nell’ambito della ricerca qui condotta, un’azione site specific con attori professionisti nel centro storico della città Spoleto all’interno del progetto performativo del regista e designer teatrale Andrea Paciotto all’interno della rassegna Fucina Off 2008 e del workshop “Attore site specific”

Figura 18: Ago e filo. C. Oldenburg e C. van Bruggen in piazza Luigi Cadorna a Milano.

che serviranno a video-proiettare immagini o a costruire ambienti sonori.

In alcuni casi l’improvvisazione caratterizza anche la public art con artisti

che organizzano stazioni mobili multimediali da utilizzare dopo l’arrivo

inatteso sul luogo della performance97. Queste forme specifiche sono legate

spesso a intenzioni ideologiche che cercano di sollevare l’attenzione civica su

problematiche sociali attraverso la comunicazione visiva site-specific98, ambito sperimentale indagato nelle esperienze di VJing.

58

97 Ci si riferisce ad esempio alla performance “Apoteosi dei corrotti” di Riccardo Mannelli realizzata a Roma il 9 ottobre 2008 con la videoproiezione di immagini fumettistiche satiriche sul monumento dell’Ara Pacis, con l’utilizzo di un van appositamente attrezzato.98 Ambito sperimentale indagato nella ricerca che qui esposta.

Figura 19: Stencil-collage art. Sten a Venezia.

Nella public art sono coinvolte diverse discipline artistiche, dalla pittura al

graffiti writing99, dal teatro alla videoarte, dalla scultura al design virtuale.

Tutte mirano a rivelare, recuperare o comunque interagire con aspetti

significativi dello spazio su cui si interviene. Lo scopo della pubblic art si

presenta in quest’ottica come sforzo di portare alla luce il represso, di rendere

visibile ciò che è nascosto. Agire sugli spazi residuali, liminali, periferici

59

99 Sono da intendersi qui gli interventi artistici altri rispetto alle forme di vandalismo tendenti a “sporcare” gli spazi e al disprezzo della cosa pubblica.

Figura 20: Crown Fountain. Jaume Plensa.Video Installation. Chicago, Illinois.

significa imprimere un segno particolare alla espressione artistica della public

art (fig. 19-20) . In questo senso opera su spazi ancora privi di una

destinazione istituzionale frequentando le aree dimesse situate ai limiti del

60

centro urbano100. Altre volte interviene nel centro ed opera su edifici pubblici

e su architetture urbane più noti al grande pubblico dei cittadini che

abitualmente percorrono quegli spazi.

L’arte pubblica va distinta dall’intervento volto alla comunicazione visiva

del marketing che pone come scopo il profitto della multinazionale o del trend commerciale (bene in vista sull’opera) che lo ha commissionato e

sponsorizzato.

2.2 Sperimentazione dell’Interaction Design Urbano

Nel campo di ricerca dell’interaction design multimediale urbano sono

rilevanti le sperimentazioni e gli interventi artistici dell’Open Lab Company

di Laura Colombo e Luca Ruzza101. Le prime performances risalgono al 1985,

al Festival Internazionale di teatro di Fara Sabina. In questa occasione la

compagnia-laboratorio conduce la ricerca all’interno del progetto artistico

Città Invisibili del Teatro Potlach102 (fig. 21). Il progetto, multimediale e

interdisciplinare, indaga con studio antropologico gli spazi della città per

ripercorrerli artisticamente ispirandosi all’omonimo romanzo di Italo Calvino.

La performance rompe il principio dello spazio teatrale dislocandolo negli

spazi che vivono quotidianamente gli abitanti della città per rendere visibili le

tracce di memoria e di identità del luogo.

61

100 Tra questi tentativi si ricorda il progetto di graffiti writing e action painting pensato assieme al collettivo artistico de “La Talpa”, (spazio sociale occupato e autogestito a scopo abitativo) nell’area periferica di “Quarticciolo” periferia ad est di Roma. L’edificio, una ex Questura abbandonata e dimessa, può diventare un punto visibile della città in cui produrre cultura attraverso attività artistico-ricreative che interessino gli stessi abitanti del quartiere. Si ritiene questo un valido intervento volto a migliorare la qualità di vita in un quartiere ad alto tasso di disoccupazione e criminalità giovanile. Ci si ispira a esempi come la città di Medellin, Colombia, dove in un decennio di interventi urbani volti a sostenere la cultura (in particolare la costruzione di biblioteche e spazi ricreativi per giovani) si sono abbattuti i tassi di morti violente e criminalità che nel periodo della criminalità organizzata di Pablo Escobar (inizi anni ‘90) avevano raggiunto livelli di invivibilità. 101 E’ possibile consultare il website della compagnia-laboratorio qui: (http://www.openlabcompany.com/).102 Il Teatro Potlach è un “Laboratorio di Ricerca e Sperimentazione Teatrale” fondato nel 1976 a Fara Sabina (Rieti) dalla collaborazione del regista Pino di Buduo e di una comunità teatrale sperimentale. (http://www.teatropotlach.org/web/it/home/home.php)

In altre occasioni l’Open Lab Company e il Potlach si incontrano nella

sperimentazione di tecnologie multimediali digitali volte a creare spazi

virtuali all’interno di ambienti urbani. Uno di questi casi è il Lucigraphie festival di Farfa, borgo del V° secolo nel reatino. Nella via principale

vengono proiettate immagini geometriche, frattali digitali e giochi di luce

sulle superfici delle architetture presenti (fig. 22-23). In un intervento artistico

successivo, Magiche Lucigrafie (fig. 24), le videoproiezioni di composizioni

grafiche digitali interessano un edificio situato al centro di Roma. Sulla villa

neoclassica del XVII° secolo, all’interno di Villa Torlonia103, vengono

proiettate architetture di luce che compongono lo spazio della superficie reale.

L’illuminazione pubblica viene spenta e gli spazi sono costruiti dalla luce del

videoproiettore. La scenografia virtuale così elaborata è accompagnata da un

ambiente sonoro di musica elettronica minimale.

Figura 21: Città Invisibili. Sapienza, Città Universitaria. Edificio del Rettorato.

62

103 Per ulteriori immagini : (http://www.openlabcompany.com/magicheluci.htm).

Figura 22: Lucigraphie festival. Farfa (Rieti) 2005 Figura 23: Lucigraphie festival. Farfa (Rieti) 2005

Figura 24: Magiche Lucigrafie. Roma, La Notte Bianca, 2006.

In tempi più recenti si sviluppa l’attenzione sui processi di interactive design attraverso la combinazione di diverse tecnologie multimediali in via di

sperimentazione e sviluppo. Molte di esse sono legate all’utilizzo delle reti

informatiche e soprattutto di Internet. A Roma, in occasione del centenario del

63

Manifesto Futurista di Filippo Tommaso Marinetti104 , Carlo Infante

concepisce e organizza il Performing Media Point, uno spazio di

comunicazione pubblica interattiva al centro della città di Roma. All’interno

del Tempio di Adriano viene allestito uno spazio virtuale interattivo in cui

convergono artisti, performer e tecnici creativi con interventi peculiari e in

“simbiosi” tecnologica. Il tema centrale è il geoblog, e cioè il diario digitale

sul web che attraverso mappe di luoghi ripercorre memorie e propone

contenuti multimediali105.

L’intero spazio è definito dalle architetture digitali sonore e visive di Luca

Ruzza e Bruno Capezzuoli106. Sonorità elettroniche minimali e l’intervento

site-specific sul pavimento del palazzo all’interno dei resti del Tempio sono le

caratteristiche di questa performance. Al passaggio dello spettatore (che

interagisce e cammina sulla superficie video-proiettata) la composizione di

frattali digitali insegue i passi di chi la attraversa e produce un gioco di ombre

che dopo esser state prodotte si ricompongono in frattale. “Codice ripetitivo.Balla”, nome di questa installazione interattiva, reinterpreta in

chiave digitale le tecniche espressive del Fotodinamismo futurista107(fig. 25).

In una stanza appositamente realizzata e costituita da tre pareti video

retroproiettate trova spazio un ambiente immersivo, a cura di Paolo Valente108,

al centro del quale vi è un podio con un joystick. Attraverso la manipolazione

del joystick lo spettatore può navigare negli spazi virtuali videoproiettati e

incontrare ricostruzioni 3D di spazi urbani della città109 (fig. 26).

64

104 L’evento legato a questa ricorrenza è Futuroma e riguarda diversi interventi artistici urbani in concomitanza all’interno del centro storico della città. Tracce di Futuroma su: (http://www.performingmedia.org/); (http://www.geoblog.it/futur/).105 Il geoblog è un progetto web di Carlo Infante nato dalla ricerca sul Performing media all’interno degli spazi virtuali di Internet. (http://www.geoblog.it/).106 Con la collaborazione di David Dalmazzo e Ziv Jacob.107 Fotodinamismo futurista è anche il manifesto pubblicato dai fratelli Bragaglia tra il 1911 e il ’13. Le foto a lunga esposizione sono il fondamento poetico del lavoro di arte fotografica di questi sperimentatori.108 Immersivo è un neologismo derivato dall’espressione inglese immersive e strettamente legato al coinvolgimento prodotto dalla realtà virtuale. 109 Gli spazi virtuali qui presentati sono quelli del software Second Life, un mondo di realtà virtuale tridimensionale in cui si incontrano via web users da diverse parti del mondo che definiscono, attraverso settaggi presenti nel software, l’aspetto del proprio avatar 3D.

Figura 25: Codice ripetitivo.Balla. Futuroma 2009

Figura 26: Uqbar.media art. Futuroma 2009

Figura 27: [A]rtis[O]pen[S]ource. Futuroma 2009.

65

In alto, tra le colonne interne del Tempio di Adriano, uno schermo proietta

l’immagine del sito web del geoblog. All’interno vi è una mappa satellitare

che in tempo reale mostra il territorio della città in cui si svolge l’evento.

All’esterno del Tempio, lungo un percorso analiticamente prestabilito, si

muovono due performer con un tracker GPS110, Salvatore Iaconesi e Oriana

Persico. In tempo reale questi segnano una “F”, sulla mappa proiettata nel

geoblog dentro l’edificio111(fig. 27).

4IT, espone all’interno del tempio un dispositivo basato su software

complessi che in base alla sollecitazione di sensori infrared presenti nel

sistema, consente la ricezione di informazioni attraverso la tecnologia multi-

touch112(fig. 28).

Un’altra soluzione di interaction design urbano nell’evento Futuroma si

compone nella dinamica del QRCode (detto anche mobtag113) il codice

Figura 28: 4IT Multi-touch. Futuroma 2009 Figura 29: QRCode

66

110 Il GPS è il Global Positioning System, sistema attraverso il quale determinare la posizione di oggetti sul territorio a partire dalla sollecitazione di segnali microonde provenienti da satelliti in orbita a distanze dalla Terra di 20,000 km ca. Il tracker GPS è un dispositivo predisposto a ricevere e trasmettere segnali satellitari e indica la posizione in tempo reale sulla mappa digitale in esso contenuta e sempre aggiornata.111 Cfr. (http://www.performingmedia.org/category/interaction-design/).112 Per multi-touch, si intende una tecnologia di schermo tattile che rappresenta una evoluzione di quella touch-screen Si differenzia da essa per il fatto che è sensibile al tocco in più punti diversi della superficie contemporaneamente. 113 Cfr. C.I. Performing media...; cfr. cap. 4 § 4.3.

grafico che attraverso un software consente di interpretare contenuti

multimediali fruibili mediante la ricezione di comuni smartphone114.

Nella ricerca applicata all’interaction design environment vengono prese

in analisi le procedure e le tecnologie che consentono l’interazione di uno

spettatore con l’ambiente virtuale in cui l’immagine video e il suono compongono lo spazio visivo e sesnsoriale115. A partire dall’interfaccia

grafica di software dedicati, attraverso la composizione di immagini video, si

sono costruite le due applicazioni di video-installazione116.

L’obiettivo che ci si propone è quello di intervenire con azioni artistiche

di interaction design urbano nelle periferie e nei quartieri liminali delle

città117. Sono necessari sopralluoghi socio-antropologici per indagare le

condizioni sociali vissute dagli abitanti. In modo particolare, attraverso la

discussione e il confronto con i cittadini, vengono individuate le

problematiche socioculturali, quelle legate al decoro urbano e alla vivibilità

degli spazi. A partire da questa analisi si studia la possibilità di un intervento

site-specific. Tale intervento può realizzarsi in modalità specifiche in base alle

prospettive artistiche e alle disponibilità attuali. Si può realizzare un

installazione permanente di interaction design e dunque gli aspetti suddetti

vanno analizzati con cura dei dettagli e ideazione di una soluzione di public art che possa migliorare la qualità della vita di chi abita lo spazio. In altri casi,

si può realizzare una performance multimediale che attraverso l’espressione

artistica e creativa renda visibili le problematiche sociali sollevate con

l’indagine.

Entrambe le modalità possono rapportarsi con il recupero di spazi

abbandonati e dimessi o con l’utilizzo di spazi attraverso i quali sviluppare un

67

114 Lo smartphone è un telefono cellulare che abbina a questa funzione quella della gestione di contenuti multimediali.115 Si tratta delle due videoinstallazioni sperimentali “B.A.M.B.O.O. Video” e “Damned Peace” che verranno esposte nei successivi capp. 5 e 6.116 Come nella nota precedente.117 Per spazio liminale della città vuole intendersi la fessura di senso potenziale nascosta da un luogo trascurato dalla socialità o dalle istituzioni.

tema sociale che apra la riflessione e la discussione di possibili soluzioni ad

un problema attuale. In ogni caso interviene un lavoro diplomatico nei

confronti delle istituzioni per la concessione delle autorizzazioni ad operare.

Lo scopo è di amplificare le possibilità di crescita culturale di uno spazio

che contemporaneamente agisca positivamente sulla qualità della vita dei

cittadini metropolitani.

La recente pubblicazione Neuroestetica. Neuroscienze ed arti visive del

Dipartimento di Neurologia e Scienze Psichiatriche dell’Università di Bari 118,

attesta un legame tra la ricezione sensoriale di un’opera artistica e il

funzionamento della struttura e delle attività del cervello. In base ad

un’analisi condotta su un campione di ricercatori universitari la

sperimentazione conduce ad individuare una relazione tra la percezione del

“bello” artistico e la funzione terapeutica che essa esercita su sintomatologie

diffuse come l’emicrania.

In base a queste ricerche si può sperimentare la pratica dell’interaction design artistico per il miglioramento della qualità di vita dei cittadini

accrescendone il gusto estetico, le possibilità creative, trasformando gli spazi

dimessi in luoghi di produzione culturale e di socialità.

Un utile mezzo per raggiungere tale obiettivo è il video, medium “diretto”, che è messaggio già in quanto mezzo di comunicazione119, che

comunica nel linguaggio universale delle immagini.

Sul lavoro da compiere in questa direzione Marshall McLuhan afferma:

“Il compito dell’artista è quello di riferire sulla natura dello

sfondo analizzando le forme di sensibilità scaturite da ogni

68

118 Cfr. (http://www.medicina.uniba.it/neurol/Dipartimento/neurologia2/letture/Livrea2007/neuroestetica.html).119 Sull’affermazione di Marshall McLuhan “il medium è il messaggio” si invita a guardare il capitolo successivo al § 2.

nuovo sfondo, o modalità culturale, molto prima che l’uomo

comune abbia il sospetto che qualcosa sia cambiato.”120

69

120 MARSHALL MCLUHAN, BRUCE R. POWERS Il villaggio globale. XXI secolo: trasformazioni nella vita e nei media. Sugarco Edizioni 1989. Cit. p. 24. Cfr. cap. succ. sul concetto di sfondo.

70

CAPITOLO 3

IL VIDEO

71

Nella figura della pagina a fronte: Compositing fx e collage video.

72

“[...] come alcuni imitano riproducendo molti oggetti con colori e figure (chi per arte, chi per pratica) e altri

usando la voce, così tutte le dette arti compiono l’imitazione con il ritmo, le parole e la musica,

separatamente oppure in combinazione.”(Aristotele, Poetica.)

73

3.1 La traccia del video Scrivere un video significa innanzitutto conoscerne e interpretarne la

natura. Da diversi decenni a questa parte miliardi di immagini irrompono

nello sguardo e nella visione di chi le riceve e di chi le irrora diffondendole121.

Dalle prime sperimentazioni cinematografiche alle ultime ricerche della

animazione 3D e della realtà virtuale le immagini in movimento cambiano in

metamorfosi legate allo sviluppo tecnologico. Attraverso poco più di un

secolo di storia gli esperimenti e le ricerche sulla tecnica conducono a

passaggi tecnologici epocali che dalla macchina da presa portano alle

sofisticazioni del digital multimedia-video.

Nel centro storico-cronologico di questo sviluppo si colloca un mezzo di

comunicazione che trasforma lo stato di cose precedente. Con la televisione si

virtualizza il processo dell’immagine cinematografica e fotografica e il

ventaglio delle possibilità di sviluppo si apre come un nastro di Möbius

creando confusione tra “interno” ed “esterno”. Con la diffusione

dell’informazione di massa attraverso immagini e suoni in movimento, che

raggiunge il suo culmine con la globalizzazione economica, si produce la

confusione della realtà con quella raccontata dalla video-ripresa122. Da subito

la TV comunica alle masse intervallando l’informazione alla propaganda del

consumo economico e alla pubblicità123. Pier Paolo Pasolini, in una intervista

74

121 Ci si riferisce all’immagine nell’epoca della riproducibità tecnica e di massa, dalla fotografia all’immagine digitale.122 In JAY DAVID BOLTER, PETER GRUSIN Remediation, Guerini, Milano 2001. “[...] la verità è quella della televisione.”123Ci si riferisce alla situazione mass-mediale italiana. La RAI (Radio Audizioni Italiane) inizia le trasmissioni come Radiotelevisione italiana il 3 gennaio 1954. Alle dipendenze del Ministero delle Poste la RAI svolge un servizio di informazione pubblica e di intrattenimento. Il 3 febbraio del 1957, con un atto di Concessione da parte del Ministero delle Poste la Rai inizia a trasmettere spazi pubblicitari che non potessero superare il tetto del cinque per cento dell'intero tempo di palinsesto. Questa percentuale aumenta negli anni successivi sino alla scrittura nel 1975 di una legge (la L. n.103 del 14 aprile 1975) che introduce una nuova disciplina in materia di gestione del servizio pubblico radiotelevisivo e per la regolamentazione di quello privato. Da questo momento ha inizio un processo di “lottizzazione politica”delle reti che da due passano a tre sotto il controllo parlamentare. La Rai assume il ruolo di azienda leader nelle telecomunicazioni, viene quotata in Borsa e basa la propria programmazione di palinsesto sulla concorrenza con le emittenti private attraverso l’Auditel (società che raccoglie e pubblica i dati sull’audience televisivo), le cui quote di proprietà spettano, in parti eque alle altre, ad aziende pubblicitarie (UPA e Assap Servizi di AssoComunicazione).

del 1971, rivela a Enzo Biagi la propria verità sulla televisione 124 . Per

Pasolini il medium di massa è mercificante e alienante e il rapporto tra la TV

e lo spettatore è gerarchico, “autoritario”. Le immagini ed i suoni “cadono sempre dall’alto” pur sembrando “veri, sinceri, democratici”. In uno scritto

successivo afferma:

“[...] la nuova ferocia consiste nei nuovi strumenti del potere,

[...] non considero niente di più feroce della banalissima

televisione.[...] Tutto viene presentato come dentro un

involucro protettore, col distacco e il tono didascalico con cui

si discute qualcosa già accaduta che l’occhio del saggio, o chi

per lui contempla nella sua rassicurante oggettività; nel

meccanismo che, quasi serenamente e senza difficoltà reali,

l’ha prodotta. In realtà, nulla di sostanziale divide i comunicati

della televisione da quelli dell’analoga comunicazione

radiofonica fascista. L’importante è una sola cosa, che non

trapeli nulla mai di men che rassicurante.”125

Nel marzo del 1963, Nam June Paik inaugura una mostra dal titolo

“Exposition of Music - Electronic Television” nella galleria Parnass di

Wuppertal126. Allestisce una sala con dodici televisori elaborati e modificati

per “dialogare” con altri media127, quattro pianoforti anch’essi manomessi ad

arte, strumenti metallici da percussione e la testa di un bue appena macellato

75

124 Si tratta dell’intervista realizzata nella trasmissione televisiva “Terza B: facciamo l’appello” a cura di Enzo Biagi. L’intervista a Pasolini non viene mandata in onda in base a un provvedimento della Rai e viene riproposta dallo stesso Biagi il 3 novembre 1975, solo dopo l’assassinio del poeta emiliano.125 Cit. tratta da un articolo di Pasolini sul Corriere della sera del 10 giugno 1973 intitolato “Gli italiani non sono più quelli.” Cfr. PIER PAOLO PASOLINI “Studio sulla rivoluzione antropologica in Italia” in Scritti Corsari, Garzanti, Milano 2001.126 In Germania.127 Giradischi, mangianastri, registratori su nastro magnetico. Paik interviene elettronicamente sulle immagini televisive collegando questi strumenti al televisore e facendo si che il segnale audio trasmesso dal mangianastri intervenga sul segnale RGB del monitor.

Figura 30: “Exposition of Music – Electronic Television”, 1963.

Participation TV

Figura 31: “Exposition of Music – Electronic Television”, 1963.Participation TV. Dettaglio.

Figura 32: N.J. Paik allestisce Participation TV.

76

Figura 33: Prepared Piano. Ricostruzione. Figura 34: Prepared Piano. Dettaglio.

Figura 35: Zen TV. Ricostruzione.

77

appesa all’ingresso della galleria128. Attraverso la modificazione della natura

degli oggetti che produce in laboratorio Paik ottiene una performance

multimediale interattiva129. Il pubblico aziona pedali, pigia tasti di pianoforti

divelti e “preparati” (fig. 33-34), produce rumori con la voce e in tal modo

modifica le oscillazioni elettriche nei tubi catodici dei televisori. Le immagini

televisive ne escono “corrose”, tagliate, spezzate da righe e disturbi.

Il televisore è un oggetto materiale da scomporre, un involucro da aprire

per osservarne i “meccanismi”, uno strumento da manomettere ed elaborare.

La passività imposta dal mass media viene rovesciata e l’artista svela la natura

nascosta del medium.

Da molti studiosi questo evento artistico viene associato alla nascita della

videoarte130. La pratica poetica che da questo momento verrà indagata da un

numero indefinito di artisti è contaminata dalla sua matrice profondamente

politica. Il gesto artistico di Paik mostra come si possa giocare attivamente

con i media senza “subirli” passivamente nella ricezione. Il gesto tecnico

invita a conoscere la natura degli elementi tecnologici di cui si fa uso per

produrre nuove forme artistiche e creative.

78

128 Nell’allestimento della mostra, nella residenza abitativa dell’architetto Rolf Jährling, Paik è aiutato da Tomas Schmit, artista Fluxus, il quale a tal proposito dice in un’intervista: “undici televisori nella stanza fra la sala ed il giardino; organizzati - come i pianoforti - a caso; un televisore è in cima ad un altro, gli altri sono sul pavimento. Il materiale iniziale è stato fornito dai programmi normali della TV, ma questi sono a malapena riconoscibili nella maggior parte dei televisori (...): una delle esposizioni di televisori mostra un negativo di un’ immagine coperta con un’altra differente. Il gruppo dei due televisori: quello più basso ha delle bande orizzontali, quello in alto le bande verticali (quello più in alto in realtà mostra la stessa immagine di quello in basso, ma è sul suo fianco piuttosto che sui suoi piedi). Una singola linea verticale bianca corre attraverso la metà dello schermo della TV Zen. Un televisore è sdraiato a faccia in giù e mostra le sue immagini al parquet del pavimento. Negli otto televisori in alto la composizione dell'immagine (in televisione, il termine immagine include anche una dimensione temporale) è derivata da manipolazioni elettroniche più o meno predefinite del televisore, nei quattro televisori in basso la manipolazione è tale che le influenze esterne determinano l'immagine: uno dei quattro è collegato ad un interruttore a pedale davanti a lui; se premete l'interruttore, i cortocircuiti del processo di contatto determinano dei fuochi di punti di luce che immediatamente spariscono sullo schermo. Un altro televisore è agganciato ad un microfono; chiunque parli nel microfono vede un'esplosione di puntini chiari simili all'altro televisore, ma questa volta ininterrottamente. Il “kuba TV" è il più estremo; è collegato ad un registratore che fornisce la musica alla TV (e a noi): i parametri della musica determinano i parametri dell'immagine. Infine (sul piano superiore) avete il “punto TV uno" che è collegato ad una radio; nel mezzo del suo schermo c’è un punto luminoso il cui il formato è determinato dal volume corrente della radio; più forte è il volume della radio, più grande è il punto, più basso è il volume della radio, più piccolo diventa il punto.”129 Cfr. figure 30-35.130 Cfr. (www.mediaartnet.org/works/exposition of music/); SILVIA MARTIN, Videoarte, Taschen GmbH, Köln 2006.

3.2 Video. Medium e messaggio Il video, a partire dalle proposte artistiche di Nam June Paik, svela la

propria natura di processo, di puro dispositivo131, di mezzo materiale

attraverso cui far circolare informazioni. Questa determinazione è occultata

dalla natura più evidente, immediata di essere mezzo di rappresentazione di

immagini. Nell’accezione comune del termine, il video è l’immagine stessa.

Philippe Dubois analizza questa qualità duplice e definisce il fenomeno

“video-Giano” 132 : l’immagine-video, quella che contemporaneamente

congiunge nella propria natura l’Immagine e il dispositivo che la rappresenta. Il video, in base a questa ambivalenza, fluttua tra sfera artistica e sfera

mediatica, comunicativa di informazioni.

La ridondanza di “facce”, in accordo con le riflessioni estetiche di

Marshall McLuhan, induce a definire il video quale archetipo133. Come tale

“ha un aspetto visibile e uno nascosto”134. McLuhan identifica il primo con

la figura e il secondo con lo sfondo. Assimila la figura alla struttura dello

spazio visivo e lo sfondo alla struttura dello spazio acustico. Analizza poi la

struttura e il funzionamento del cervello135. Definisce l’emisfero sinistro come

area in cui si colloca strutturalmente l’informazione nello spazio visivo e in

cui i processi sono connessi in maniera sequenziale ovvero il “luogo” della

79

131 Cfr. PHILIPPE DUBOIS Estetiques des Arts Mediatiques, tomo1, Presses de l’Université du Québec, Québec 1995, pp. 127.132 Ibidem. 133McLuhan nella descrizione dell’intervallo di risonanza tra figura e sfondo fa riferimento alla psicologia analitica di Carl Gustav Jung. Questi sostiene che, nonostante la diversità tra le varie culture, alcuni simboli sono ricorrenti e si presentano come universali (a questa ipotesi danno credito anche le recenti ricerche archeo-antropologiche). Questi simboli universalmente riconosciuti sono definiti archetipi. Il simbolo originario dell’archetipo è legato alle esperienze e agli oggetti del mondo comuni a tutti gli uomini. In quanto simboli gli archetipi risiedono nell’inconscio collettivo, “[...] patrimonio ereditario di possibilità rappresentative, non individuale ma comune a tutti gli uomini [...]”. L’archetipo è la categoria che serve a McLuhan per spiegare la coesistenza nello stesso insieme di figura e sfondo. Tale coesistenza è rivelata dalla tetrade, ovvero l’unica logica, quadripartita, in grado di interfacciare la figura con lo sfondo. Cfr. CARL GUSTAV JUNG, Il problema dell’inconscio nella psicologia moderna, Einaudi, Torino 1979. In cap VI, pp. 114-120.134 Cfr. M.M. Il villaggio globale..., cit. p. 33.135 Nella tesi di McLuhan l’emisfero sinistro lavora in modo diacronico, quello destro in modo sincronico. Pur essendo asimmetrici essi cooperano nell’intento di pervenire a un’unità psichica. Diacronico è inteso come esperienza di una idea o di un oggetto in una sequenza temporale. Per sincronico si intende l’esperienza collettiva di una idea o di un oggetto in una durata (ovvero di epoca in epoca). Cfr. M.M. Il villaggio... p. 223 e C.G.J. Il problema...

figura. L’emisfero destro è invece il luogo dei processi simultanei, lo spazio uditivo, lo sfondo. Aggiunge ancora:

L’emisfero sinistro è come un dipinto o una fotografia in

prospettiva. L’emisfero destro può essere paragonato a un

complesso sinfonico.”136

La figura e lo sfondo, lo spazio visivo e quello acustico, l’emisfero

sinistro e quello destro sono inseparabili, condividono la stessa dimensione

spaziale. In essa si interfacciano in equilibrio dinamico137: ciascuna esercita

una pressione sull’altra creando una trasformazione continua, potenziale,

quella che McLuhan definisce chiasmo138. Della realtà percepiamo prima lo

sfondo come configurazione e poi la figura139. Ma la figura trova spazio solo

dopo l’interfacciarsi dell’emisfero destro e sinistro del cervello.

La nuova forma culturale espressa dalla tetrade140, “luogo” della

rappresentazione, è rappresentata dalla formula “il medium è il messaggio”.

80

136 Cfr. M.M. Il villaggio globale..., cit. p. 27.137 Sull’interfaccia bisogna considerare quanto segue. McLuhan sostiene che la forma convenzionale dell’analisi è triadica e logica, risponde ai principi di causa-effetto. Da Platone e Aristotele fino a prima della fenomenologia e delle teorie della percezione lo spazio che ci circonda è considerato come realtà naturale. La natura, dice McLuhan, è però essa stessa astrazione. I greci alfabetizzati dell’ellenismo utilizzano il termine physis per descrivere la loro capacità di astrarre l’ordine visivo dall’ambiente che li circonda. In questo modo tutta la storia del pensiero scientifico percepisce la natura come concetto, un’estensione quasi totale dell’occhio. Questo approccio ha portato la storia della cultura occidentale a privilegiare l’emisfero sinistro rispetto a quello destro. L’emisfero destro, luogo del discreto, dell’oralità, è lo spazio acustico risonante e sincronico, lo spazio senza un centro e senza confini in cui tutto arriva indistintamente e direttamente dall’esterno. Il collegamento tra i due spazi è, per McLuhan, la tetrade, il chiasmo che crea la pressione tra le due interfacce. La tetrade, principio quadripartito, è una manifestazione dei processi del pensiero umano. E’ l’anello di Möbius sempre invertibile attraverso il quale spazio acustico e spazio visivo si incontrano per la percezione di ciò che ci sta intorno. Cfr. ivi capp. 3-7.138 Ivi, p.24.139 Sulla configurazione confronta § 1.2 cap. 1. Vedi anche R.A. Arte e percezione visiva... cap. II.140 La tetrade è il modello quadripartito sperimentato da McLuhan per definire l’interfacciarsi della figura con lo sfondo. Secondo tale modello ogni artefatto, sia che si tratti di un’idea o di un oggetto, rimodella l’ambiente esercitando un’influenza su di esso come una figura contro lo sfondo; tuttavia allo stesso tempo lo sfondo (configurazione universalmente riconoscibile) rimodella il modo in cui viene usato l’artefatto. La tetrade si basa su una serie di domande volte a definire il processo del pensiero umano nel contesto della comunicazione di informazioni. Si configura dunque come modello sperimentale. Le domande della tetrade (che intende sovvertire il sillogismo aristotelico triadico) conducono a quattro risposte: definiscono il fenomeno in termini di amplificazione, obsolescenza, recupero, capovolgimento. Esse rappresentano un modello concettuale volto a realizzare analisi sul futuro dei fenomeni legati alla comunicazione. Cfr. M.M. Il villaggio... cap.1-7.

McLuhan intende in questo senso ribaltare la storia del pensiero occidentale

anteponendo lo sfondo alla figura, con la consapevolezza che entrambe

insistono sull’interfaccia, sulla tetrade, il modello logico attraverso il quale si

ha la percezione effettiva del mondo circostante. In questo paradigma

tetradico la rispondenza tra l’input sensoriale e la configurazione che ne

scaturisce è dominata dalla sinestesia141.

Lo sfondo è sempre ambientale, è sempre presente per primo142. La figura

interviene solo successivamente, con l’artefatto umano. Percepiamo come

realtà ciò che realizziamo in essa modificandola. Nel momento in cui

trasformiamo lo sfondo con nuovi contenuti (gli artefatti) esso appare ai nostri

occhi come figura.

“Il medium è il messaggio” significa dunque la figura è lo sfondo nel

momento in cui l’individuo realizza l’artefatto.

Il video, in qualità di termine isolato da altri, può dunque definirsi quale

archetipo. L’Immagine è simultaneamente il dispositivo, il processo attraverso

cui essa viene rappresentata.

In termini junghiani il video può essere considerato motivo mitico143,

simbolo originario legato a esperienze e oggetti del mondo comuni a tutti gli

uomini, nel caso specifico le immagini prodotte dal dispositivo. L’archetipo non è semplicemente prodotto umano ma influenza la cultura e la psiche

individuale, agisce sull’incosciente collettivo determinando gli atteggiamenti

verso la realtà, i modi culturalmente interiorizzati di porsi di fronte al mondo

e alla vita. Riferite ai nativi elettronici e digitali le tesi junghiane sono

pacificamente associabili agli effetti che il video produce sulla società in

globalizzazione. Il web 2.0 è nato con piattaforme come Youtube per la

diffusione di contributi video planetaria e accessibile a chi possiede computer

81

141 “[...] lo straripare di impressioni da una modalità sensoriale all’altra”, E.H. Gombrich in M.M. Il villaggio globale ... cit. p. 23.142 Anche in questo passaggio McLuhan aderisce perfettamente alle tesi jungiane sull’inconscio collettivo e sull’archetipo. Cfr. nota 126.143 Cfr. C.G.J. Il problema dell’inconscio... p.116.

e connessione ad Internet. L’immagine video arriva ovunque e “parla” tutte le

lingue del mondo.

Il potere tattile dell’immagine video (che ci fa vivere l’11 settembre come

evento che avviene a due isolati da qui) è profondamente coinvolgente a

livello sensoriale e psichico e in qualche modo irrompe nel comportamento

degli individui in società. Il video, trasmesso attraverso i mezzi di

comunicazione di massa in specifiche modalità144, amplifica il divario tra le

popolazioni mondiali rassicurando quelle economicamente sviluppate con un

sistema comunicativo basato sull’elogio del progresso economico che

trascura informazioni cruciali sulle modalità in cui tale progresso viene

prodotto145.

La videoarte si pone in un orizzonte di trasformazione della comune

ricezione del mezzo video. Interviene sul dispositivo di diffusione

dell’informazione con un artefatto che modifica lo sfondo. Allo stesso tempo

traccia l’immagine artistica attraverso la manomissione del dispositivo e

facendo consistere, nella stessa contingenza, la trasmissione

dell’informazione e la comunicazione visiva.

L’unicità dello spazio e del tempo della performance di videoarte si

pone come alternativa alla massificazione del mezzo di comunicazione visiva

ed apre alla diversificazione delle espressioni individuali e al rispetto della

libertà di pensiero e di opinione.

82

144 Si pensi alla influenza della comunicazione televisiva su milioni di persone durante le campagne elettorali nei vari Paesi, o al ruolo dell’informazione radio-TV nell’adesione popolare ai Governi che intraprendono delicate decisioni istituzionali come la partecipazione alla guerra. Si invita alla visione del film-documentario Fareneith 9/11 del regista Michael Moore e The Agronomist di Jonathan Demme.145 Il divario considerato riguarda le differenze tra Paesi in stato di povertà e Paesi economicamente sviluppati. I dati presi in considerazione sono quelli sulla povertà, sulla alfabetizzazione, sulla libertà di informazione, sui diritti civili, sulla guerra provenienti da quattro fonti: ONU, World Bank, Amnesty International, The Freedom House. I dati convergono verso la propensione alla guerra e al mancato rispetto dei diritti umani in gran parte delle nazioni mondiali. Cfr.: ONU (http://unstats.un.org/unsd/databases.htm); World Bank(http://web.worldbank.org/WBSITE/EXTERNAL/TOPICS/EXTPOVERTY/); A.I. (www.amnesty.org/en/death-penalty); F.H. (http: / /www.freedomhouse.org/template.cfm?page=107&year=2008).

E’ a partire da queste contingenze che si sviluppa il terreno sperimentale

e di ricerca nel mondo della videoarte dagli anni ’60 del secolo scorso ad

oggi.

3.3 La videoarte. Antenati e nuovo linguaggio

Un’opera di videoarte presenta una evidente peculiarità che la distingue

dalle altre modalità di espressione delle immagini in movimento: il

linguaggio. Il cinema narrativo classico pone alla base del proprio linguaggio

il montaggio, strumento attraverso il quale produrre continuità tra le diverse

inquadrature e, il piano, blocco di spazio-tempo dell’immagine in movimento.

Il linguaggio cinematografico è affine alla scrittura intesa come procedura

sequenziale che si sviluppa orizzontalmente, con una propria omogeneità e

linearità narrativa, attraverso la concatenazione di cause ed effetti. Le storie

raccontate dal cinema narrativo classico rispettano l’ordine aristotelico-diegetico del racconto.

Vi sono alcuni esempi storici che dimostrano tentativi di sdoganamento dal

paradigma narrativo cinematografico. Esordisce in questa direzione George

Méliès attraverso un’amplificazione del piano cinematografico che include

all’interno dell’inquadratura la sovrapposizione di diverse immagini in

movimento146. In lavori sperimentali come i “20 tableaux”147, Méliès narra la

storia di Cenerentola in diversi episodi legati tra loro non da un ordine

diegetico (continuità di azione da una scena all’altra) ma da una continuità di

soggetto148. Le scene si svolgono all’interno di una singola inquadratura e

questa non ha legami spazio-temporali con le altre (fig.36).

Il tentativo di Méliès si pone come alternativa allo sviluppo della narrazione

83

146 La tecnica utilizzata per la prima volta dal regista francese è la c.d. esposizione multipla. Tra le altre sperimentazioni l’utilizzo delle dissolvenze incrociate e del colore (dipinto a mano direttamente sulla pellicola). Le sperimentazioni cui si fa riferimento sono quelle comprese nella filmografia dal 1896 al 1913.147 Cfr. GAVIN MILLAR, KAREL REISZ, La tecnica del montaggio cinematografico , Lindau, Torino 2001, pp. 9-26.148 Cfr. ivi p. 11.

Figura 36: George Mèliés, L'homme à la tête de caoutchouc, 1901.

Figura 37: Dziga Vertov, Man with a movie camera, 1929

Figura 38: Man Ray, Emak-Bakia, 1926.

84

cinematografica che, a partire dagli approcci americani di Griffith e Porter149,

trova ampio spazio nelle ricerche delle avanguardie russe, da Ejzenštein a

Pudovkin, i quali espongono le prime teorizzazioni delle tecniche di

narrazione cinematografica150.

Nella stessa avanguardia cinematografica russa un altro esempio di

sdoganamento dalla narrativa classica è il lavoro sperimentale di Dziga

Vertov. Nel lungometraggio “Celovek s Kinoapparatom151” espone la propria

teoria sulle possibilità di utilizzo del mezzo cinematografico alternative

rispetto ai dettami narrativi del cinema classico152. I titoli di testa del film

sono significativi e profetici per le successive sperimentazioni, in ambito

elettronico e digitale, della videoarte:

“ATTENZIONE SPETTATORI: questo film è un esperimento

di comunicazione cinematografica di eventi reali senza

l’ausilio di didascalie, senza l’aiuto di una storia, senza

l’ausilio del teatro. Questo lavoro sperimentale aspira alla

creazione di un linguaggio universale del cinema basato sulla

assoluta separazione dal linguaggio del teatro e della

letteratura”153.

Con questo film Vertov scompagina la grammatica cinematografica

compiendo un gesto rivoluzionario: il cinema è un occhio che indaga blocchi

di realtà in immagini ed è linguaggio universale da tutti comprensibile senza

la conoscenza di un contesto specifico. In “Man with a movie camera” Vertov

mostra il dispositivo cinematografico e lo presenta come uno strumento

“facile”, capace persino di estrarsi dalla costudia e posizionarsi per la

85

149 Cfr. ivi p 12-23.150 Cfr. VSVEVOLOD PUDOVKIN, La settima arte, Editori Riuniti, 1961; Sergej M. Ejzenštein, Forma e tcnica del film e lezioni di regia, Einaudi, Torino 1964. 151 Traduz. it. “L’uomo con la macchina da presa”, film del 1929.152 La prima teorizzazione di Vertov sul cinema risale al 1924 con il film manifesto “Il cine occhio”.153 Tratto dalla didascalia nei titoli di testa di “Man with a movie camera”, 1929, di Dziga Vertov.

ripresa154, in grado di arrivare ovunque, dall’intimità più recondita al luogo

più impervio come l’impalcatura di un ponte (fig.37). Le immagini di Vertov

sono progenitrici di molte tecniche utilizzate dai videoartisti. La creazione di

clips slegate le une dalle altre nella narrazione sarà la base di molta della

ricerca condotta nell’ambito VJing155.

Un ulteriore lavoro sperimentale da prendere in esame in riferimento alla

videoarte è quello di Man Ray, fotografo e artista surrealista che nel 1926

utilizza la macchina da presa per realizzare un lungometraggio assolutamente

lontano dalle prospettive classiche, Emak-Bakia (fig. 38). Attraverso tecniche sperimentali come le rayographs Man Ray presenta

immagini alterate156, ipertrofiche, ipnotiche alternandole a riprese realistiche

di contesti metropolitani e bucolici. Il risultato è un film che attende un

feedback percettivo legato all’estetica piuttosto che alla narrativa. Man Ray

non racconta una storia ma raccoglie frammenti di realtà che vengono alterati

in camera di sviluppo e in sala montaggio.

Gli esempi fin qui presentati mostrano come, sin dalla nascita del mezzo

cinematografico, le avanguardie abbiano fatto uso del dispositivo di ripresa

come oggetto da investigare per comprenderne le possibilità poetiche.

Il punto centrale di questa ricerca è la trasformazione del linguaggio. Il

cinema classico narrativo opera in modalità affini alla scrittura. La

sperimentazione di artisti come Mèliés, Vertov, Man Ray nel campo

dell’estetica dell’immagine è legata direttamente alla pratica del racconto

orale. Per oralità si vuole intendere il prevalere del sensoriale nella percezione

dell’opera. Nella scrittura prevale la sequenzialità e l’ordine logico che lega

86

154 In una scena del film il cineasta russo, attraverso la tecnica di stop motion mostra l’allestimento di un cavalletto con una cinepresa.155 Per clip si intende un frammento di immagine registrata su supporto, importata su computer ed esportata in formati specifici per essere inserita in contesti video. Si invita a leggere il § successivo.156 La rayografia, scoperta casualmente da Man Ray nel 1921, consiste in una tecnica di sviluppo della pellicola foto-cinematografica. La carta sensibile alla luce viene impressionata poggiandovi degli oggetti con una certa pressione. Accanto a questa tecnica sperimentale se ne aggiunge un’altra ad opera del surrealista americano, la solarizzazione (un'inversione tonale che si manifesta durante lo sviluppo di materiale sensibile che è stato soggetto a una sovraesposizione), tecnica ancora oggi di largo utilizzo in ambito videoartistico e presente in tutti i software di grafica, editing video e compositing fx.

un tema a quello successivo. Nell’oralità prevale il disordine, la polisemia, il

flusso di significanti cui bisogna attribuire senso.

Con i primi esperimenti di Nam June Paik l’estetica dell’immagine

elettronica si caratterizza per i suoi tratti legati all’oralità più che alla scrittura.

La percezione sensoriale nella ricezione di un’opera di videoarte apre a

una dimensione mentale che riconduce alle origini del racconto, alla forma

orale, acustica, esperienziale.

Le immagini videoartistiche, a partire da questa natura, si caratterizzano

per alcuni tratti linguistici attinenti alle pratiche e alle tecnologie utilizzate

dagli artisti.

Secondo le tesi di Philippe Dubois il primo parametro linguistico che

contraddistingue il video dell’artista è la “mescolanza delle immagini”157, il

mixage video. In esso le relazioni “orizzontali” del montaggio sequenziale

cinematografico sono abolite per far spazio a una immagine-quadro in cui

verticalmente sono sovrapposte tutte le immagini che il cinema scagliona

nella successione.

Nel video-mixage il concetto di fuoricampo cinematografico viene abolito.

Tutto viene interiorizzato all’interno dell’immagine-quadro158. Questa fusione

avviene per mezzo di tre procedimenti tecnici particolari: la sovrimpressione, i giochi di finestre, l’incrostazione159.

Il primo è un tentativo apparentato al cubismo analitico e sintetico che

vede la stratificazione di immagini in giochi di trasparenze160.

Il lavoro con le finestre elettroniche permette la giustapposizione di

frammenti di piani distinti all’interno della stessa immagine-quadro.

87

157 Cfr. P.D. Estetiques des Arts... p. 170.158 Cfr. ivi p. 180-183.159 Cfr. ivi p.172-177.160 Vale a dire l’utilizzo della tecnica di dissolvenza incrociata.

L’incrostazione consiste invece nella tecnica del chroma key161 attraverso

la quale le immagini sovrapposte verticalmente si trovano ad essere incastrate

l’una nell’altra.

In base a queste sovrapposizioni verticali scompare la nozione di

inquadratura cinematografica. Compito del videoartista diventa quello di

comporre l’immagine-quadro. Allo spazio unitario e omogeneo

dell’inquadratura si sostituisce lo spazio moltiplicabile ed eterogeneo

dell’immagine come composizione.

Accanto alla composizione dell’immagine videografica la funzione di

creazione di uno spazio mentale della videoarte è strettamente collegata ad

un’altra figura fondamentale, il tempo.

Nell’estetica della videoarte il tempo di fruizione dell’opera è anch’esso

soggetto a manipolazioni da parte del videoartista. Questi, attraverso vari

escamotages demolisce la temporalità lineare fondata sui principi aristotelici e

trasforma le relazioni spazio-temporali all’interno dell’opera per magnificare

gli aspetti percettivi.

La reiterazione delle immagini, attraverso il riciclo (loop) continuo delle

clips e delle composizioni videografiche, produce la perdita della cognizione

del tempo, narcotizza lo spettatore ponendolo davanti al paradosso della

ripetizione continua dello stesso evento.

La pratica frequente in molte opere del fuori-sincrono disorienta lo

spettatore funzionando come tecnica affine all’ipnosi, allo stordimento, al

disorientamento.

Il rallentamento e l’accelerazione delle immagini-video provocano lo

scardinamento dei convenzionali rapporti percettivi legati al tempo e al

movimento.

88

161 Il segnale video elettronico possiede due componenti, “luminanza” (componente b/n) e “crominanza” (componente colore RGB). Attraverso l’utilizzo di un colore chiave come sfondo (blue o green di solito) è possibile la cancellazione di questo sfondo al posto del quale può essere inserita una nuova immagine video.

Attraverso le tecniche di composizione all’interno della stessa immagine

possono convivere rappresentazioni di spazio e tempo eterogenee e multiple

che non rispettano il principio di causa-effetto allo scorrere di un tempo dato.

Il procedimento del feedback, ovvero la presenza di una telecamera che

riprende lo spettatore che può guardarsi sulla superficie video-proiettata (o sul

supporto scelto dal videoartista), produce lo scollamento tra presente e

passato, la rappresentazione di una soggettività riflessa162.

L’ulteriore aspetto che caratterizza l’opera videoartistica è la costruzione

di un ambiente sonoro. Anche in campo sonoro e musicale la sperimentazione

del videoartista si produce nella ricerca di tecniche che possano amplificare la

dimensione incoativa e partecipativa dello spettatore.

Tra tutte si considera in modo particolare la ricerca sulla “musica

concreta”163. Con questo termine vuole intendersi “la musica creata direttamente sul mezzo di fissazione”164. La concretezza cui si fa riferimento è

quella del supporto che consente di elaborare il materiale sonoro. I suoni

registrati nella realtà sono considerati come oggetti sonori da trasformare,

modellare, materiali di base da modificare nel senso di ciò che si vuole

esprimere165.

Il compito del videoartista, in base ai principi esposti, diventa quello di

rendere visibile l’invisibile166. In termini mcluhaniani significa intervenire

sullo sfondo, svelarlo per mostrare la figura come artefatto. Questa qualità del

lavoro del videoartista è volta alla produzione di una dimensione incoativa ,

una sorta di rituale che fa apparire qualcosa grazie alla capacità contemplativa

dello spettatore. E’ la pratica che contraddistingue l’opera di molti autori dagli

anni ’70 ad oggi.

89

162 Cfr. ROSALIND E. KRAUSS , A voyage on the North Sea: art in the age of the post-medium condition, Thames & Hudson, New York 2000.163 Termine coniato da Pierre Schaeffer nel 1948.164 Cfr. MICHAEL CHION Musica, media e tecnologie, Flammarion-Il Saggiatore, Milano 1996, cit. p. 118.165 Cfr. SANDRA LISCHI Visioni elettroniche, l’oltre del cinema e l’arte video, Marsilio Editori, Venezia 2001.166 Cfr. VALENTINA VALENTINI “Le figure del tempo nel video” in Close Up n° 16, settembre 2004,Ed. Revolver, Bologna.

Molto spesso questa pratica di partecipazione ritualistica all’opera d’arte

video ha condotto al recupero della funzione cultuale dell’arte. Le video-

installazioni vengono presentate all’interno di gallerie d’arte e mostre dove lo

spettatore può raccogliersi e trovare la propria dimensione mentale per la

fruizione dell’opera.

Queste modalità hanno, in alcuni casi167, condotto alla mercificazione delle

opere di videoarte che, dopo l’esposizione al pubblico (quasi sempre ‟di

nicchia”), vengono acquistate da ricchi magnati per arredare i propri spazi.

Nel panorama videoartistico italiano si distingue un gruppo di artisti che

nella produzione rivolgono la propria attenzione all’impatto sociale che può

scaturire dalla fruizione dell’opera.

Pur mantenendo la dimensione introspettiva e cultuale le opere di Studio

Azzurro si pongono come spazi della riscoperta di tematiche sociali

difficilmente indagabili. In particolare si considera l’allestimento permanente

Figura 39: Museo Laboratorio della Mente. Tavoli interattivi. Studio Azzurro, 2000.

90

167 Specie nel mercato della videoarte statunitense.

presso il Museo Laboratorio della Mente negli ex padiglioni del complesso

manicomiale S. Maria della Pietà a Roma.

Le installazioni interattive del collettivo di ricerca milanese sono

indirizzate a un pubblico ampio ed eterogeneo che attraverso forme ludico-

partecipative possa accedere alla conoscenza e alla contemplazione della

condizione di vita dei pazienti che nel corso di cinquecento anni si sono

succeduti tra le mura di un complesso ospedaliero in cui ogni diritto umano è

stato violato.

La funzione sociale di quest’opera, accanto ad altre installazioni

interattive di particolare interesse scientifico ed artistico168, rende Studio

Azzurro un brillante esempio di contaminazione tra ideologia, pratica artistica

e pratica politica.

In ottica benjaminiana169, l’arte nell’epoca dello sviluppo tecnologico

non può essere delegata alla fruizione di pochi intenditori sensibili alle nuove

espressioni artistiche. La videoarte in modo particolare, espressione artistica

che “parla” con il linguaggio universale delle immagini, con la forma di

partecipazione cultuale disperde buona parte delle proprie potenzialità di

fruizione e partecipazione.

Benjamin, riguardo alla partecipazione delle masse nella ricezione

dell’opera d’arte, presenta l’esempio dell’architettura. Questa ha sempre

fornito il prototipo di un’opera d’arte la cui ricezione avviene nella

“distrazione” da parte della collettività. Delle costruzioni architettoniche si

fruisce attraverso l’uso e la ricezione, ovvero in modo “tattico” e ottico170. La

modalità tattica avviene sul piano dell’abitudine, quella ottica sul piano della

contemplazione.

Se vi fosse la sola ricezione contemplativa dell’opera d’arte verrebbe

meno la possibilità che essa ha di essere funzionale al pubblico utilizzo. Tale

91

168 Ci si riferisce alla mostra interattiva su Fabrizio De Andrè, Palazzo Ducale, Genova.169 Cfr. W.B. L’opera d’arte...pp. 42-46.170 L’aggettivo “tattico” cui fa riferimento Benjamin è legato strettamente all’etimologia della parola che deriva dal greco tékhnē, ed è dunque inteso come “funzionale”, “tecnico”.

funzionalità riferita all’architettura assume un carattere fondamentale poiché è

attraverso l’utilizzo, seppur “distratto”, del pubblico che si realizza la

funzione sociale connaturata ai principi dell’architettura171.

La videoarte può assolvere tale funzione sociale nel momento in cui

esce dal museo e dalla mostra per essere presentata in spazi pubblici visibili e

accessibili a tutti. Unita alla pratica dell’interaction design il ruolo sociale

della videoarte può amplificare la propria portata e, attraverso il

miglioramento dell’estetica degli spazi urbani, apportare benefici alla vita

sociale dei cittadini.

Ovviamente tali risultati sono riscontrabili solo attraverso lo studio e la

sperimentazione in laboratorio di queste potenzialità.

Il lavoro di ricerca videoartistica fino a oggi prodotto può considerarsi

una palestra necessaria per la ricerca di un’arte pubblica che miri al

miglioramento della qualità di vita delle persone. E’ in questo senso che si

vuole condurre la ricerca qui esposta.

La videoarte conserva nella propria natura la potenzialità di funzione

sociale e dunque non può essere ristretta alla forma di fruizione cultuale. Il

tentativo di sperimentazione che da qui si intende muovere è rivolto alla

fruizione dell’opera di videoarte all’interno di un contesto sociale che

attraverso la “sorpresa” e la ricerca di un’estetica mirante al “ bello” possa

migliorare la qualità estetica degli spazi pubblici172, specie quelli abbandonati

e dimessi. Trova in questo senso valore la contaminazione con altre pratiche

artistiche come l’interaction design environment e l’arte pubblica173.

92

171 Rendere gli spazi abitabili funzionalmente ed esteticamente.172 La “sorpresa” è intesa nel senso espresso da Nyemeyer. Cfr. § 1.3 cap. 1.173 Cfr. cap. 2.

3.4 La performance di VJing Tra le pratiche che negli ultimi decenni si affermano in campo

videoartistico è sicuramente da contemplare il Visual Jokeying comunemente

chiamato VJing. E’ un settore sperimentale che trova diverse definizioni nel

campo della semiotica e della critica contemporanea174.

La definizione che qui si vuole attribuire a questa pratica in via di

sviluppo e definizione è la seguente: il VJing è la performance videoartistica

in tempo-reale che unisce al flusso musicale di un contesto spettacolare

l’alternarsi di immagini in movimento come videoclip auto-prodotti.

Si tratta della ricerca e della produzione videoartistica che coinvolge

diversi campi tecnici ed artistici. A partire dall’indagine nell’ambito della

tecnologia elettronica e digitale questo tipo di performance in real-time

assume morfologie peculiari che rispondono all’esigenza estetica del performer, il VJ175.

Nell’indagine della “classica” pratica del VJ emergono due peculiari

modalità di approccio: una legata all’utilizzo di media elettronici analogici,

l’altra legata all’esclusiva dei media digitali.

Nella sperimentazione sul VJing, nell’ambito della pratica condotta dal

primo esperimento del 27 dicembre 2007 176 , ci si è prima rapportati con la

tecnologia digitale e dopo con l’utilizzo di macchine analogiche per una

performance ibrida digitale-analogica.

Nell’ambito del lavoro prodotto con l’acronimo Visualpaco si sono

realizzate performances che hanno visto dapprima il solo utilizzo di computer

e l’elaborazione delle clip autoprodotte in tempo reale attraverso software

dedicati. Successivamente si è passati all’utilizzo di mixer video analogici,

93

174 Cfr. NICOLA DUSI, LUCIO SPAZIANTE, Remix-Remake. Pratiche di replicabilità, Meltemi, Roma 2006.175 Visual o Video Jockey.176 Ci si riferisce alla prima performance di Vjing realizzata presso il club di musica elettronica Brancaleone di Roma in cui tutti i controlli sul segnale video vengono esercitati da computer e quindi la pratica VJing avviene con un sistema interamente digitale.

lettori DVD, camera digitale, controller midi177, sintetizzatori audio collegati

a segnali video compositi178. L’esigenza che ha generato questa graduale

trasformazione risiede nella forma da dare al tempo dell’immagine.

Il lavoro del VJ comincia dalla produzione della clip video. Questa la si

crea originalmente per un determinato contesto performativo o viene

selezionata da un repertorio di immagini d’autore originali. La scelta delle

immagini etero-prodotte si effettua su un repertorio di immagini

cinematografiche non commerciali, con particolare attenzione ai dettagli delle

inquadrature, dei primi piani, delle panoramiche esteticamente significative. Il

taglio delle clip mira a catturare l’istante in cui si svolge l’azione

rappresentativa ed esteticamente significativa. La durata media di ogni clip di

solito si aggira tra uno e sei, sette secondi. Il taglio, nell’editing non-

lineare179, deve tenere in considerazione la dinamica del loop, ovvero è

necessario tagliare la clip in modo che il movimento finale sia armonico con

quello iniziale180.

La citazione dello stralcio di immagine etero-prodotta può essere

trasformata in citazione-originale: ogni clip deve essere post-prodotta

attraverso l’utilizzo di software di editing e compositing fx dedicati181.

In sintonia con la natura real-time del VJing è opportuna la preparazione

di un repertorio di riprese originali realizzate per il contesto della

performance. Anche in questo caso l’impronta dell’originalità è frutto del

lavoro di post-produzione delle immagini selezionate.

Il tempo dell’immagine rappresenta il nodo centrale del lavoro di ricerca

del VJ. Il tempo nella performance di VJing rende affine questa pratica al

concetto della performance teatrale come evento che si svolge nella

contestualità di un ‟qui ed ora”.

94

177 V. cap 4 § 4.2.178 Ci si riferisce all’utilizzo di Kaoss Pad, sintetizzatore audio.179 Per il quale si intende il montaggio digitale, detto anche editing video non-lineare.180 Particolare attenzione va posta nelle clip in cui è prevista una rotazione del soggetto video di 360° in cui l’inizio e la fine della clip devono combaciare perfettamente per evitare disturbo nello scorrimento del loop.181 Il più noto tra i software di compositing fx è After Effect, nell’editing Final Cut, Avid x-press pro.

Durante la performance in tempo reale il VJ deve cogliere i cambiamenti

dell’ambiente che lo circonda accompagnando il flusso sonoro con immagini

appropriate, dal soft-ambient (che predilige la figura astratta) alla percussione

scabrosa della musica elettronica (che predilige l’immagine figurativa in

movimento)182.

Il tempo incarna la forma più importante della performance nel momento

del re-mix delle immagini in tempo reale. A questo proposito la produzione

stilistica del VJ fluttua tra la scelta dell’automazione semi-controllata del

computer (interamente digitale183) e il controllo in tempo reale delle immagini

attraverso macchine analogiche (mixer video, matrici video, controllers). In

ogni caso non può essere escluso l’intervento in tempo reale del performer la

cui assenza minerebbe la natura di performance della pratica di VJing.

Assume particolare importanza a questo proposito la conoscenza del

repertorio musicale che accompagnerà la performance video. Il VJ deve

inserirsi sulla ritmica del flusso sonoro ambientale. La conoscenza del

solfeggio e dei tempi musicali che accompagnano i diversi generi può essere

di aiuto nella sincronizzazione delle battute musicali alle “battute” di clip

video che vengono selezionate184.

Le clip prodotte vengono video-proiettate o trasmesse attraverso altri

supporti video e influiscono sulla quantità di luce presente nell’ambiente della

performance. E’ necessario dunque conoscere a priori l’illuminotecnica della

location per la preparazione di clip con la giusta correzione di luce e colore

che consentano di mantenere intatte le caratteristiche qualitative

dell’immagine originale durante la performance.

Nell’ambito dello studio della luce assume particolare importanza la

pratica del “buio”, la completa dissolvenza in nero cioè, attraverso la quale

95

182 Per soft-ambient si intende un ambiente audio-visuale dalle espressioni soffuse. 183 Ad esempio attraverso controller midi.184 Attraverso l’utilizzo di mixer video e controller analogici è possibile utilizzare le pulsantiere che dissolvono le immagini come veri e propri strumenti a percussione. La ritmica prodotta sarà scandita dalla luce in movimento prodotta dalla percussione dei tasti sul mixer.

possono distinguersi i momenti delle pause musicali o, grazie a una

dissolvenza stroboscopica185, possono prodursi ritmi incalzanti di immagini in

scorrimento.

Accanto alla figura del tempo un altro aspetto ricopre un’importanza

centrale nella performance di VJing: la ricezione del pubblico. L’occhio del

performer, impassibilmente attento allo schermo di video-proiezione, non

deve lasciarsi sfuggire le reazioni colte dagli spettatori presenti selezionando

le proprie immagini in base a momenti “caldi” (in cui è necessario un ritmo

incalzante delle immagini) e “freddi” (in cui la musica e il pubblico

necessitano di pause e respiro). In ogni caso la musica e il suo ritmo

diventano il tessuto connettivo regolatore e di sostegno alle composizioni

dell’autore visuale.

Nella dinamica del remix estemporaneo, come ricombinazione semi-

casuale delle clip selezionate, il rallentamento e l’accelerazione del tempo

delle immagini deve seguire la ritmica dettata dalla musica.

In ambito sperimentale si è analizzata la possibilità di inversione di

questo processo. Con l’utilizzo di software generativi di sintesi musicale e di

interaction design si sono assegnate frequenze sonore agli input di luminosità

forniti dalle immagini video-proiettate riprese attraverso una camera digitale

collegata al computer.

A partire dal riconoscimento ottico di particolari quantità e posizioni

della luce proiettata il software Max Jitter con MSP viene programmato per

realizzare sintesi sonore186. Lavorando sulle frequenze dei suoni si tenta di

attribuire un fluire melodico o ritmico ai suoni prodotti.

La performance realizzata in tempo reale presso la Galleria Civica d’Arte

Moderna di Spoleto durante il simposio sulle arti emergenti “Fucina Off ‘08”

in collaborazione con Luca Bertini per l’ambiente sonoro, ha offerto lo spunto

96

185 Repentina trasformazione da dissolvenza piena in immagine a dissolvenza in nero.186 Cfr. (http://www.cycling74.com/). MSP è il sitema utilizzato dalla Cycling ’74 per la sintesi e la generazione di suoni.

per successive sperimentazioni nel campo della possibilità di inversione dei

processi multimediali nelle performance dal vivo187.

Il VJing è una pratica multimediale che rappresenta un eccellente

laboratorio di ricerca per la produzione delle immagini in ambito

videoartistico e un mezzo privilegiato di trasmissione delle informazioni

visive alternativo rispetto al medium di massa. L’aspetto ideologico è

sicuramente posto in secondo piano rispetto alla fruizione estetica della

performance, ma questa, in occasioni che si ritengono particolarmente adatte

alla fruizione da parte del pubblico può essere mirata alla evidenziazione di

problematiche sociali ed espressioni ideologiche attraverso l’uso di immagini

significative e suggestive. Il VJing offre dunque la possibilità di narrare una

storia attraverso il remix di immagini precedentemente selezionate, grazie

all’apparente disordine dell’oralità.

97

187 Cfr. DVD allegato, menu VJing, video “Facce da Fucina”.

Nella figura della pagina successiva, fotomontaggio digitale di finestre di lavoro.

98

CAPITOLO 4

IL CODICE E LA REALTA’ DIGITALE

99

100

“L’estetica soffre di una dualità lacerante. Da una parte

designa la teoria della sensibilità come forma dell’esperienza possibile; dall’altra la teoria dell’arte come riflessione

dell’esperienza reale. Perché i due sensi si congiungano, occorre che le condizioni dell’esperienza in generale

divengano esse stesse condizioni dell’esperienza reale; allora, l’opera d’arte, dal canto suo, appare realmente come

sperimentazione.”(G.Deleuze, Logica del senso, Feltrinelli, Milano 2007, p. 229)

“Le apparenze sono un modo di vedere l’impossibile.”(Anassagora)

101

4.1 Codici e socializzazione L’interaction design videoartistico trova un ambiente di sviluppo ottimale

nelle piattaforme che consentono di generare codici.

Gran parte dei software di compositing fx a disposizione sul mercato

consentono un’ampia flessibilità nella creazione di prodotti video e grafici ma

pur sempre limitata dalla progettazione dell’ingegnere o del programmatore

che ha compilato i codici per il software188.

La completa padronanza del prodotto finito è accessibile solo attraverso

la conoscenza del linguaggio che utilizza il software per l’interfaccia con il

computer189. In questo modo è possibile ordinare alla macchina di eseguire le

procedure che consentono una perfetta rispondenza all’idea creativa, non

limitata cioè alle potenzialità pre-codificate dei software di compositing.

L’esplosione della tecnologia digitale trova riscontro nella diffusione,

attraverso la rete Internet, delle piattaforme che consentono la

programmazione di codici progettati per l’assolvimento di determinate

funzioni da parte di specifici dispositivi.

Nel 1991, un gruppo di Sun Micorsystem190, guidato da James Gosling e

Patrick Naughton, progetta un linguaggio di programmazione, chiamato in

codice “Green”191, per l’utilizzo in elettrodomestici “intelligenti”192. Pochi

anni più tardi i progettisti decidono di estendere le potenzialità di questo

linguaggio di programmazione ad un browser web che, attraverso le reti

client/server193, consentisse la diffusione della progettazione software

102

188 Ci si riferisce a software di compositing fx come After Effect, Motion 3, oppure a software di compositing in tempo reale come Modul8 o Resolume. 189 Le aziende produttrici di software, invece, mettono a disposizione del cliente solo il codice-macchina attraverso il quale il software si interfaccia con il computer; nascondono il codice sorgente, ovvero il codice di alto livello comprensibile dai programmatori ed eventualmente soggetto a implementazione.190 Sun Microsystem è un'azienda della Silicon Valley produttrice di software e semiconduttori.191 Cfr. CAY HORSTMANN, Concetti di informatica e fondamenti di Java, Apogeo, Milano 2007, p. 8.192Attraverso la programmazione dei codici che stabiliscono i processi nei chip elettronici degli elettrodomestici.193 Un sistema client/server, in una rete di terminali (client) e database (server), consente ad un certo numero di client di condividere le risorse presenti in un database, lasciando che sia il server a gestire gli accessi alle risorse.

indipendentemente dall’architettura dei sistemi operativi presenti sui

terminali.

In questo modo il linguaggio di programmazione Java194, presentato nel

1995, ottiene un grande successo tra i programmatori poiché permette di

scrivere programmi trasferibili da un sistema operativo all’altro inaugurando

l’indipendenza dai sistemi software proprietari caratterizzati dalla restrizione

dell’utilizzo , della modifica, della riproduzione e della ridistribuzione imposti

dal proprietario del marchio.

La promessa dei progettisti della piattaforma di programmazione Java è

“Write Once, Runs Everywere” (WORA195). Attraverso Java Virtual Machine

(JVM) ed altri componenti Java Runtime Environment (JRE)196, software che

consentono l’esecuzione dei codici in linguaggio Java su qualsiasi

piattaforma, si decodifica un’etica sociale delle reti che liberalizza la

progettazione delle applicazioni eseguibili da qualsiasi sistema operativo di

un computer.

Nel 2006 la Sun Microsystem rilascia licenza di software libero (G.P.L.197)

per le macchine virtuali Java e per i software di compilazione del linguaggio

Java. Si sviluppa in questo modo la logica dell’open source come piattaforma

i cui autori (detentori dei diritti) ne permettono e ne favoriscono il libero

studio e l'apporto di modifiche da parte di altri programmatori indipendenti.

La collaborazione di più soggetti (in genere libera e spontanea) e la

condivisione attraverso le reti permette al prodotto finale di raggiungere una

complessità maggiore di quanto potrebbe ottenere un singolo gruppo di

lavoro. Con Internet programmatori geograficamente distanti possono

lavorare ad un progetto comune attraverso piattaforme open source. Ciò ha

103

194 (http://www.sun.com/java/).195 Una volta scritto, il codice Java, può essere eseguito ovunque.196 JVA e JVE sono macchine virtuali, ovvero software che consentono la compilazione del codice Java in un linguaggio intermedio, detto bytecode, tra il linguaggio-macchina (basato sull’alfabeto binario di 0 e 1) e il linguaggio Java. Il bytecode, è dunque il codice compilato (cioè tradotto) attraverso le virtual machines dal linguaggio Java al linguaggio-macchina.197 General Public License detta anche GNU GPL.

introdotto la formazione di comunità globali di individui che condividono lo

stesso progetto pur lavorando a migliaia di chilometri di distanza. La gratuità

dei software e dei sistemi operativi open source ne consente la socializzazione

attraverso le reti e la diffusione libera compromettendo il monopolio delle

licenze dei sistemi operativi che comunemente le persone utilizzano per

l’interfacciamento con il computer198.

4.2 Estetica e computazione. Processing Alle logiche che orientano i sistemi e il software open source rispondono

perfettamente alcune piattaforme di sviluppo integrate e dedicate alle arti

visuali.

Processing è un progetto di software open source nato dal gruppo di

ricerca “Estetica e Computazione” fondato da Casey Reas e Benjamin Fry al

MIT Media Lab di Boston199. Si tratta di un linguaggio di programmazione e

di un IDE200, ambiente di sviluppo integrato, ideato, progettato e costruito per

le arti elettroniche e per lo sviluppo di una comunità di progettisti visuali.

L’obiettivo che si propone inizialmente il progetto Processing è quello

di insegnare e diffondere la programmazione del computer in un contesto

visuale. Inoltre lo scopo di Aesthetics and Computation Group è la creazione

di una piattaforma software che consenta di lavorare come su un quaderno di

disegni e schizzi, lo sketchbook201.

104

198 Il processo antitrust che vede Microsoft imputata per abuso di posizione dominante nel mercato dei sistemi operativi e dei browser si è concluso il 31 ottobre 2003, quando il giudice Colleen Kollar-Kotelly ha approvato l'accordo raggiunto un anno prima tra Microsoft e il Dipartimento di Giustizia statunitense per porre fine al procedimento iniziato nel 1998. In base all'accordo Microsoft si impegna a garantire uguali condizioni contrattuali a tutti i produttori di PC e a fare in modo che anche i software concorrenti siano pienamente compatibili con i suoi sistemi operativi. (http://www.webnews.it/news/leggi/957/)199 Massachusetts Institute of Tchnology (MIT). Il progetto Processing nasce nel 2001. Prende spunto da una precedente piattaforma progettata a partire dagli anni ’90 nella cattedra di John Maeda e nota come DBN (Design by Numbers). Sulle origini di Processing cfr. (http://processing.org/)200 Integrated Development Environment.201 Un programma processing è chiamato sketch. Lo sketch rappresenta l’interfaccia del software Processing. Cfr. (http://processing.org/learning/gettingstarted/)

Lo sviluppo della ricerca favorita dalle implementazioni di programmatori

di diverse parti del mondo, grazie alla tecnologia open source, trasforma in

breve tempo la piattaforma Processing in uno strumento per la realizzazione

di prodotti finiti nell’ambito della produzione di strumenti prototipali adatti

all’allestimento video di installazioni su larga scala, alla creazione di motion graphics202, alla visualizzazione di dati complessi.

Le funzioni Processing si basano sul linguaggio Java, ma il software è

stato costruito dai progettisti per consentire all’utente di utilizzarlo anche

senza la conoscenza del linguaggio di programmazione della Sun Microsystem.

L’architettura concettuale che sostiene la piattaforma Processing è basata

sul sistema delle API (Application Programming Inteface) ovvero insiemi di

procedure disponibili al programmatore raggruppate in un set (library) di

strumenti specifici per un determinato compito. In questo modo, attraverso la

diffusione libera e gratuita dei pacchetti library, di cui è autorizzato il

download dal sito ufficiale203, è possibile accedere alla compilazione di un

codice anche senza la conoscenza specifica del linguaggio di programmazione

Java o il bisogno di essere ingegneri informatici.

Per i fondatori del progetto un altro obiettivo principale è infatti la

diffusione ad una rete estesa di utenti, tra programmatori, artisti visuali e

semplici appassionati e per questo anche Processing rientra nella General Public License che consente il download gratuito del software e delle librerie

di codici nonché il libero utilizzo e l’open source.

Questa posizione ideologica incline alla libera ricerca e favorevole alla

diffusione e allo scambio di conoscenze all’interno di una comunità che

interagisce attraverso la Rete individua il progetto Processing come solida

alternativa agli strumenti software proprietari.

105

202 Le motion graphics sono i prodotti grafici realizzati con tecnologia video e/o di animazione per creare l’illusione del movimento di figure apparenti su un supporto. 203 (http://processing.org/learning/libraries/)

Inoltre Processing, lavorando con un linguaggio più vicino al linguaggio-

macchina rispetto alla complessità di linguaggio dei software proprietari,

consente alte prestazioni grafiche con minore quantità di calcolo per

l’hardware e in questo modo si limita il problema atavico del

surriscaldamento delle componenti interne del computer durante la

performance visuale.

Per comprendere intuitivamente i processi messi a disposizione dai

ricercatori universitari del MIT di Boston sono sufficienti alcuni esempi

facilmente realizzabili sperimentando la compilazione di codici pre-scritti e

presenti nelle librerie di processing.org204.

Un codice di poche righe come il seguente

import processing.opengl.*;

PImage a;

boolean onetime = true;

int[][] aPixels;

int[][] values;

float angle;

void setup() {

size(1024, 768, OPENGL);

aPixels = new int[width][height];

values = new int[width][height];

noFill();

// Load the image into a new array

// Extract the values and store in an array

a = loadImage("/Users/pasqualedirese/Documents/visualpaco.jpg");

a.loadPixels();

for (int i = 0; i < a.height; i++) {

for (int j = 0; j < a.width; j++) {

aPixels[j][i] = a.pixels[i*a.width + j];

values[j][i] = int(blue(aPixels[j][i]));

}

}

}

106

204 (http://processing.org/learning/libraries/).

void draw() {

background(255);

translate(width/2, height/2, 0);

scale(2.0);

// Update and constrain the angle

angle += 0.005;

rotateY(angle);

// Display the image mass

for (int i = 0; i < a.height; i += 2) {

for (int j = 0; j < a.width; j += 2) {

stroke(values[j][i], 153);

line(j-a.width/2, i-a.height/2, -values[j][i], j-a.width/2, i-

a.height/2, -values[j][i]-10);

}

}

}205

consente di ottenere il risultato in fig. 40-41, ottenuto modificando alcune

stringhe all’interno del codice che consentissero la composizione

tridimensionale in movimento dell’immagine di fig. 42.

La tecnologia Open Graphics Libraries (OpenGL) è una API procedurale

che opera a basso livello e richiede al programmatore i passi precisi per

disegnare una scena grafica a due dimesioni o tridimensionale. Questo

approccio si pone in contrasto con le API descrittive ad alto livello le quali

richiedono al programmatore solo una descrizione generica della scena,

occupandosi dei dettagli più complessi e del rendering206. Processing risponde al secondo caso, ovvero mette a disposizione una libreria di codici

openGL, ma contemporaneamente consente l’ implementazione di codici

scritti da altri programmatori e di eseguire interfacce grafiche 2D e 3D

originali, in tempo reale e di impatto visuale suggestivo.

107

205 (http://processing.org/learning/libraries/extrusiongl.html)206 Il rendering è un termine e una procedura di fondamentale importanza nell'ambito della computer grafica. Identifica il processo di "resa" ovvero di generazione di un'immagine a partire da una descrizione matematica di una scena tridimensionale interpretata da algoritmi che definiscono il colore di ogni punto dell'immagine. La descrizione è data in un linguaggio o in una struttura di dati e deve contenere la geometria, il punto di vista, le informazioni sulle caratteristiche ottiche delle superfici visibili e sull'illuminazione.

Figura 40: Esempio di openGL scritto in Processing.

Frigura 41: Esempio di openGL in Processing 1.0.

Figura 42: Immagine per compositing

108

Figura 43: Space Junk di Ira Greenberg. Zoom suggestion di Danny Greenberg. Interazione con mouse in tempo reale.

Figura 44: Yellowtail by Golan Levin. Codice implementato ed eseguito in tempo reale.

109

Processing rappresenta dunque una eccellente piattaforma di ricerca e

sperimentazione per lo sviluppo di prodotti grafici in movimento. La

conoscenza del linguaggio di programmazione Java, sul quale si basano le

procedure di Processing, consente il perfezionamento della implementazione

dei codici presenti nelle librerie e la strutturazione di programmi

integralmente originali che possono essere condivisi in rete.

Le potenzialità della programmazione con Processing non riguardano

solo la possibilità di realizzare interfacce grafiche tridimensionali in

movimento. PDE rappresenta un ambiente di sperimentazione, ricerca e

sviluppo dell’interaction design environment207. Sul linguaggio di

programmazione e ambiente di sviluppo integrato Processing sono basate le

procedure di funzionamento di due strumenti hardware-software entrambi nati

dalla sperimentazione in laboratorio di un ricercatore italiano che collabora

con il MIT di Boston, Massimo Banzi, formatosi all’Interaction Design

Institute di Ivrea.

Wiring e Arduino rappresentano due piattaforme open source prototipali

che uniscono nello stesso dispositivo elettronico l’entità fisica di una scheda

hardware (board), interfacciabile con altre entità fisiche elettroniche e con

l’ambiente di programmazione e il software attraverso il quale ordinare ai

Figura 45: Wiring board. Figura 46: Scheda hardware Arduino.

110

207 PDE è Processing Development Environment ovvero la macchina virtuale, il software che si esegue aprendo il programma Processing.

media elettronici collegati alla scheda di eseguire determinate funzioni208 (fig.

45-46).

Questi strumenti, nelle intenzioni dei loro progettisti209, sono ideati per

l’utilizzo da parte di artisti, designers o semplici appassionati per la creazione

di oggetti e ambienti interattivi.

Arduino, in particolare, è una piattaforma che può essere costruita

artigianalmente a partire da componenti hardware e transistor facilmente

reperibili nel mercato dell’elettronica.

Il software Arduino, basato sul linguaggio di alto livello Java e

sull’ambiente di programmazione Processing, è di libero accesso ed utilizzo e

ne è consentito il download gratuito in rete210.

Attraverso la scheda hardware-software è possibile controllare sensori

elettronici di ogni natura (audio, sensori per la diffusione di raggi infrarossi,

luci) esterni al computer; all’interno di questo, attraverso il linguaggio di

programmazione contenuto nel software open source, Arduino può essere

interfacciabile con programmi di elaborazione di grafica in movimento e di

controllo interattivo su media digitali. Tra questi programmi in via di sviluppo

e implementazione, nella ricerca sull’interaction design videoartistico qui

condotta, si sono presi in considerazione, oltre Processing, due software

proprietari, Max 5 di Cycling ‘74 e Isadora di Troika Tronix211.

Max 5 è un ambiente di programmazione che si compone di tre software

integrati: Max, ambiente di programmazione grafica che mette a disposizione

un interfaccia utente attraverso la quale controllare la comunicazione di dati

all’interno del software ed eventuali altri controller esterni come, ad esempio,

111

208 (http://www.wiring.org.co/), (http://www.arduino.cc/)209 Wiring è un progetto partito dagli studi di Hernando Barragán e dell’Interaction Design Institute di Ivrea per essere poi sviluppato nella Universidad de Los Andes in Colombia. A livello software Wiring è interamente basato su Processing. Arduino è un progetto nato da un team di ricerca formato da Massimo Banzi,David Cuartielles, Tom Igoe, Gianluca Martino e David Melli. Cfr. (http://www.wiring.org.co/), (http://www.arduino.cc/)210(http://arduino.cc/en/Main/Software)211 (http://www.cycling74.com/products/max5); (http://www.troikatronix.com/isadora.html).

dispositivi MIDI212; MSP piattaforma per la sintesi sonora in tempo reale;

Jitter piattaforma per la composizione e programmazione del video e di

matrici di dati grafici.

Isadora è un ambiente di programmazione grafica che fornisce il controllo

su media digitali collegati al computer e la possibilità di manipolare in tempo

reale immagini e video digitali con effetti speciali. In particolare Isadora è tra

i software utilizzati per la progettazione e la realizzazione della video-

installazione interattiva oggetto di studio in questa ricerca213.

Questi software rappresentano importanti orizzonti di sviluppo nella ricerca

sulle arti performative e vengono impiegati in diversi ambienti spettacolari,

dalle video-installazioni interattive alle scenografie virtuali per il teatro.

Le possibilità di espressione artistica offerte dalla padronanza delle

tecnologie utilizzate da software e dispositivi come Processing, Isadora,

Arduino, Pure Data, Max, rappresentano un campo di ricerca da indagare per

l’approfondimento dell’estetica e della pratica di interaction design enviromnment video-creativo.

La possibilità di controllare attraverso un computer oggetti fisici reali ad

esso collegati in un ambiente interattivo propone l’apertura a una ricerca

epistemologica ed ermeneutica sulla contaminazione tra realtà digitale

virtuale e realtà fisica-naturale nella contingenza della performance in real-

time.

Ancora una volta bisogna tenere in considerazione il principio aristotelico

dell’arte come fusione tra poiésis e techné, ovvero tra produzione poetica e

creativa e perfetta padronanza delle tecniche e delle tecnologie utilizzate.

Nella Poetica Aristotele indica il principio di tutte le arti poetiche,

l’imitazione della realtà. Gli ambienti di sviluppo e di programmazione

112

212 Un controller generico è un dispositivo attraverso il quale vengono trasmessi dati a un computer. Un controller MIDI (Musical Instrument Digital Interface) è un protocollo standard per l’interazione di strumenti musicali elettronici, ovvero un sistema che consente la comunicazione di dati tra strumenti elettronici digitali e un computer o tra essi stessi. E’ una tecnologia nata negli anni ’80 e ancora oggi utilizzata per la produzione musicale e per l’interfaccia con software utilizzati nel campo del VJing.213 Ci si riferisce a Damned Peace, descritta nel capitolo 6.

digitali offrono la possibilità di praticare non solo l’imitazione ma anche la

trasformazione della realtà in tempo reale.

4.3 AR/Realtà Aumentata Un recente orizzonte di sviluppo e ricerca nell’ambito dell’estetica rivolta

all’interazione umano-computer e alla contaminazione tra realtà fisico-

naturale e realtà digitale è rappresentato dalla AR (Augmented Reality).

Ancora una volta la sperimentazione in questo campo è affrontata dal MIT

di Boston e inizialmente viene introdotta dalla ricerca in campo militare e da

quella svolta nei laboratori della NASA214.

La Realtà Aumentata è una particolare estensione della realtà virtuale che

attraverso dispositivi ottici presenti nel mondo reale offre la possibilità di

ricevere informazioni sia dall’ambiente reale, sia dal computer al quale il

dispositivo è collegato. In questo modo, attraverso oggetti virtuali che

compaiono sul dispositivo ottico (che può essere lo schermo di un computer,

di uno smartphone, etc.), l’utente percepisce informazioni addizionali

sull’ambiente reale.

La destinazione d’uso di questa tecnologia ha interessato diversi campi

scientifici, da quello medico della microchirurgia non invasiva a quello

militare. Alcune aziende producono software proprietari che attraverso

l’interpretazione di codici grafici letti da una camera collegata ad un computer

consentono di ottenere la visualizzazione su un supporto video di una

animazione tridimensionale in motion graphic215.

113

214 National Aeronautics and Space Administration (http://science.ksc.nasa.gov/payload/projects/borg/areal.html)215 Una piattaforma software in via di sviluppo open source di AR è ARive (http://formbureauet.com/wordpress/arive/). Tra i software proprietari rintracciabili sul web Metaio (www.metaio.com/), Build AR (http://www.hitlabnz.org/wiki/BuildAR). Un esempio suggestivo di realtà aumentata è esperibile sul sito web della General Electrics. Stampando su carta un codice bidimensionale e riprendendolo attraverso web-cam o altro supporto di cattura video è possibile vedere sullo schermo una animazione tridimensionale che compare come un ologramma sul codice stampato. (http://ge.ecomagination.com/smartgrid/#/augmented_reality)

Questa tecnologia apre verso orizzonti di ricerca nel campo dell’estetica per

gli ambienti di design interattivi e immersivi in cui lo spettatore-user della

performance, indossando codici grafici stampati su spille o altri supporti fisici

o semplicemente tenendoli come fogli di carta tra le mani, possono ricevere

input visuali percepibili attraverso videoproiezioni o supporti video.

Le possibilità offerte dalle piattaforme open source e dallo sviluppo di

codici grafici, come QRCode ed altri, aprono la strada alla sperimentazione

della contaminazione di ambienti di interaction design videoartistico e

Realtà Aumentata.216

Attualmente le tecnologie software in campo di Augmented Reality sono in

via di studio e perfezionamento in diversi ambiti accademici: presso i

laboratori del Human Interface Technology Laboratory New Zealand (HIT

Lab NZ)217; alla Bauhaus Universität di Waimar in Germania218; nel Human Interface Technology Laboratory (HIT Lab) della University of Washington219

e altrove nel mondo.

La possibilità di utilizzo degli smartphones 220 , come supporti visivi

attraverso cui percepire l’effetto di AR, presenta diverse possibilità di utilizzo

in campo artistico221.

114

216 Il codice QR (fig.29) è un codice a barre (matrice) bidimensionale creato dalla corporation giapponese Denso-Wave nel 1994. La sigla QR sta per quick response (risposta rapida) e le intenzioni dei progettisti sono quelle di consentire una rapida decodifica del contenuto del codice. Essi consentono, attraverso software la decodifica di informazioni in esso contenute. Il problema da superare è la quantità di informazioni contenibili in un codice QR ad oggi piuttosto limitata.217 (http://www.hitlabnz.org/wiki/Home) Canterbury University.218 (http://www.uni-weimar.de/medien/ar/research.php)219 (http://www.hitl.washington.edu/artoolkit/)220 Uno smartphone è oggi un oggetto multimediale di comune utilizzo. Si tratta del dispositivo portatile che abbina funzionalità di gestione di dati in esso contenuti e di telefono cellulare. Questi strumenti possono contenere applicativi che consentono di “dialogare” via bluetooth e Wi-Fi.221 Si pensi ad esempio alla possibilità di rendere multimediale un classico museo, digitalizzando le informazioni in un software leggibile dagli smartphones attraverso i quali riprendere gli oggetti esposti e contemporaneamente vedere, a comparsa video l’oggetto e le informazioni digitalizzate sullo stesso. A questo si aggiunge la possibilità di mostrare ricostruzioni tridimensionali di oggetti deteriorati dal tempo che integrano, a comparsa video, le forme mancanti nell’oggetto presente nel museo. In questo campo si conduce la ricerca con Andrea Polcaro, professore nella cattedra di Archeologia del Medio e Vicino Oriente presso l’Università degli Studi di Perugia.

CAPITOLO 5

B.A.M.B.O.O. Video-installazione sperimentale

115

5.1 Dall’idea creativa alla realizzazione tecnica. Nel percorso della sperimentazione pratica nell’ambito delle tecnologie e

dei mezzi di comunicazione audiovisiva ci si è rapportarti con diverse forme

di tecnica e produzione video. Partendo dal reportage video-giornalistico e

proseguendo attraverso la pratica del VJing si è raggiunta l’esigenza di

narrazione “orale” videografica attraverso la progettazione di ambienti

immersivi audio-visuali e interattivi. Questo cambiamento di prospettiva

scaturisce dalla frequentazione del laboratorio di ricerca sull’interazione

umano-computer presso la cattedra di Storia, Teoria e Tecnica della

Scenografia Virtuale del Prof. Luca Ruzza.

La prima sperimentazione tecnica in questo ambito nasce dall’esigenza di

raccontare un evento sociale attraverso gli strumenti a disposizione nel

proprio campo di ricerca.

L’idea creativa per la realizzazione di B.A.M.B.O.O. Video muove da una

posizione ideologica rispetto all’evento sociale rappresentato e riguarda la

possibilità di raccontare l’evento stesso in maniera alternativa rispetto alla

cronaca fornita dai mezzi di comunicazione di massa nel caso contingente.

In qualità di artefatto realizzato a partire da questi presupposti il racconto

videografico contenuto nella video-installazione è costruito sul flusso

emozionale vissuto nei riguardi dell’argomento trattato e sullo studio della

sensibilità estetica in base alla quale lavorare le immagini in movimento.

Il titolo della realizzazione sperimentale è l’acronimo di Biological Artefact

Made By Ontological Outsiders222. L’espressione “artefatto biologico” fa

riferimento al soggetto principale della rappresentazione, gli studenti, i

ricercatori, gli insegnanti e i docenti della scuola pubblica italiana che

protestano contro alcuni decreti ministeriali e riforme scolastiche che

ritengono peggiorative dell’attuale assetto istituzionale della Istruzione

116

222 Artefatto biologico fatto di estranei ontologici.

Pubblica223. Tale artefatto è costruito e formato da “estranei ontologici” alle

scelte governative per cui protestano intendendo con tale espressione la presa

di posizione ideologica del movimento di protesta dell’Ondanomala224.

Si decide di raccontare l’evento attraverso la narrazione orale che

caratterizza l’utilizzo del video. La scelta di raccontare poeticamente un

evento sociale è nella volontà di offrire un’alternativa alla informazione

massificata del mezzo televisivo e, con la commistione di inquadrature reali e

scenari virtuali, di rappresentare una narrazione soggettiva non usuale225.

Il lavoro di realizzazione tecnica è caratterizzato da tre fasi:

• ripresa video dell’evento e delle scenografie utilizzate per la succesiva post-

produzione videografica;

• elaborazione e post-produzione del materiale video a disposizione;

• allestimento di un ambiente per una video-installazione monocanale.

Il progetto di video-installazione B.A.M.B.O.O. Video, presentato al

pubblico in occasione dell’evento Neverland ’08 nella rassegna sul Digital Interactive Design curata dal Prof. Luca Ruzza226, viene realizzato durante il

“simposio sulle arti emergenti” Fucina Off ’08 nella Galleria Civica d’Arte

Moderna di Spoleto227.

117

223 L’evento cui fa riferimento il video-racconto B.A.M.B.O.O. video riguarda il fenomeno giornalisticamente definito Ondanomala degli studenti. Sviluppatosi a partire dalla costruzione di una rete territoriale di comunicazione sulle problematiche riguardanti le contingenti decisioni ministeriali in merito alla definizione della legislatura in materia di istruzione pubblica, l’Ondanomala diventa un tessuto sociale nel quale confluiscono con apoliticamente decine di migliaia di persone di diversa estrazione professionale e generazionale. Attraverso Internet, la comunicazione del movimento costruitosi per la tutela dei diritti nell’Istruzione Pubblica, organizza una manifestazione nazionale a Roma alla quale aderiscono decine di migliaia di persone il 30 ottobre 2008, in occasione della votazione in Parlamento delle leggi e dei decreti oggetto della protesta.224 Vedi nota prec.225 Tale decisione prende forma dalla discussione aperta in Italia sulla libertà di informazione nei mezzi di comunicazione di massa e sulla discussa oggettività delle notizie offerte dai telegiornali e quotidiani nazionali. A questo riguardo si sono prese in considerazione le analisi di associazioni, gruppi di volontari, intellettuali e organizzazioni che si occupano di libertà d’informazione in Italia e nel mondo. Tra le altre, si consultare le analisi annuali di Freedom House che collabora con l’UNESCO e quelle di Articolo 21, associazione italiana formata da giornalisti professionisti in difesa del diritto di stampa e di informazione. Cfr. (http://www.freedomhouse.org/) e (http://www.articolo21.info/)226 “La scena immateriale” è il titolo della rassegna le cui informazioni sono reperibili su (http://www.neverlandonline.org/2008/sapienza.html)227 5-8 dicembre 2008 (http://www.fucinaoff.net/)

5.2 Procedure Il lavoro realizzato per la produzione della video-installazione qui

presentata e di quella esposta nel capitolo successivo segue un agire

procedurale che prevede il passaggio al compito successivo dopo il

completamento di quello attuale.

Il progetto ideativo B.A.M.B.O.O. Video prevede la realizzazione di un

ambiente video con un trittico costituito da tre schermi per la retro-proiezione,

perpendicolari e poggianti al suolo, disposti nel seguente modo228:

• uno schermo centrale di formato 4:3 e grandezza (250x190) cm teso

all’interno di una cornice e ritagliato perpendicolarmente al centro per

consentire il passaggio dello spettatore;

• due schermi laterali di formato 16:9 e grandezza (320x190) cm attaccati ai

lati dello schermo centrale e disposti diagonalmente rispetto a questo con

un’inclinazione d’angolo acuto rispetto al piano orizzontale di proiezione di

circa 40°.

Ciascuno schermo è servito dalla retro-proiezione di un videoproiettore DLP

da almeno 1200 ANSI lumen229. Per l’ambiente sonoro è sufficiente un

impianto stereofonico da circa 250 Watt RMS230.

Nella realizzazione pratica è stato necessario ricorrere ad espedienti

alternativi per la possibilità di realizzazione con i mezzi a disposizione. Si è

fatto ricorso a un ambiente di sviluppo digitale integrato, Quartz Composer231, attraverso il quale si è resa possibile la realizzazione di una

video-installazione monocanale su una superficie muraria artificialmente

discontinua: una tavola di compensato della grandezza di (200x200) cm

disposta ad angolo tra due pareti all’interno di una stanza della Galleria Civica

118

228 Cfr. DVD allegato, menu B.A.M.B.O.O. video.229 DLP è la tecnologia Digital Light Processing che in base ad un sistema di microscopici specchi disposti in una matrice su un circuito integrato assicura una qualità e definizione delle immagini superiori rispetto alle tecnologie usate da altri videoproiettori.230 Root Mean Square, è il segnale effettivo di potenza in Watt dell’amplificazione sonora.231 Quartz Composer è un software gratuito utilizzabile su macchine Machintosh ed è un ambiente di sviluppo integrato per la programmazione visuale.

di Spoleto e un videoproiettore da 3000 ANSI lumen con ottica grandangolare

hanno ovviato alla difficoltà di reperire tre videoproiettori e tre schermi232

(fig. 47).

Le riprese, effettuate con un una videocamera digitale consumer, vengono

realizzate durante la manifestazione nazionale del 30 ottobre 2008 tenutasi a

Roma. Le inquadrature sono pianificate per la produzione dell’idea di video-

installazione. La casualità e l’imprevedibilità dell’evento sociale spontaneo e

auto-organizzato vedono tuttavia la necessità di adattare tale pianificazione

alla contingenza dell’avvenimento. Vengono così realizzate riprese su dettagli

e piani videografici ideati in tempo reale in base a scelte estetiche contingenti.

Si passa successivamente all’allestimento di una scenografia necessaria

per rispondere all’idea di una stanza vuota nella quale penetra un flusso

d’acqua che presagisce una inondazione. Si procede al recupero di materiali di

Figura 47: B.A.M.B.O.O. Video, video-installazione monocanale. Fucina Off ’08

119

232 A tale proposito si auspica un maggiore investimento economico nella ricerca in ambito universitario che consenta oltre la sperimentazione anche la realizzazione di prodotti creativi.

riciclo considerati consoni per una composizione estetica attraverso una

ripresa video. Con alcune tavole di legno, un telo impermeabile di plastica,

del cordino e diversi secchi di acqua rovesciati si effettuano le riprese su una

piccola scenografia che fornisce l’oggetto di rappresentazione iniziale e finale

nella videoproiezione della installazione audiovisiva (fig. 49-50).

Il motivo ideativo di partenza per il contenuto video della performance

prevede la presenza di una serie di immagini di bambù, composte

verticalmente sullo schermo, che vibrino sincronizzate con specifiche

frequenze sonore dell’ambiente audio.

L’idea è quella di rappresentare una sorta di gabbia in “ebollizione” che

dissolve nel flusso di gambe della ripresa successiva. I due schermi laterali

prevedono una composizione visuale identica proiettata con effetto mirror che

consente la videoproiezione “a specchio” dei contenuti video. Le immagini

differenti da queste, proiettate sullo schermo centrale, vengono sincronizzate

con queste ultime in base al cambio di dissolvenze e alla ritmica del suono.

Le nove canne di bambù che compaiono sugli schermi laterali per i primi

tre minuti della performance sono un collage di immagini digitali ritagliate

con software di post-produzione fotografica233. Queste immagini vengono

successivamente importate in un software di compositing fx attraverso il quale

si realizza la composizione grafica e la sincronizzazione del movimento del

bambù con determinate frequenze di segnale audio presenti nel brano sonoro

utilizzato234. Ciascuna immagine di singola canna di bambù è stata

sincronizzata con frequenze basse, medie ed alte che permettessero la

rappresentazione di un movimento armonico ed esteticamente significativo.

120

233 Adobe Photoshop.234 Il software utilizzato per il compositing fx è Apple Motion 3.

L’‟incrostazione” all’interno dell’immagine del bambù lascia

intravedere235, attraverso la tecnica del Luma Key 236 ,una composizione

videografica in cui si muovono colori per rappresentare fuoco in movimento.

Tale effetto si ottiene grazie alla post-produzione di immagini acquisite dalle

riprese originali (fig. 48).

Sincronizzata con la prima dissolvenza sugli schermi laterali, cambia

anche l’immagine sullo schermo centrale, acquisita dalle riprese originali e

successivamente post-prodotta con effetti di luce e di colore (fig. 49).

Allo stesso modo avvengono anche le successive trasformazioni di

Figura 48: B.A.M.B.O.O.: schermi laterali, prima dissolvenza con incrostazione.

121

235 Il termine “incrostazione” è utilizzato nell’accezione ideata da Philippe Dubuois in riferimento alla tecnica videografica di sovrapposizione delle immagini per cancellazione. Cfr. cap. 3 236 La tecnica digitale della cancellazione delle virtuali componenti di luminanza dell’immagine elettronica digitale è detta Luma Key o Luminance Key.

Figura 50: B.A.M.B.O.O. Video, schermo centrale. Incrostazione.

Figura 49: B.A.M.B.O.O. Video, schermo centrale. Dissolvenza.

122

immagini sugli schermi fino alla dissolvenza in nero di tutti i contributi video

ad eccezione del fuoco incrostato nella stanza dello schermo centrale che

viene mantenuto in proiezione per il minuto successivo al termine dei

contributi audio-visuali. Anche la fiamma proiettata sul finale della

performance, attraverso la quale è previsto che lo spettatore esca dalla video-

installazione nel progetto ideativo237, è sostenuto da un tappeto sonoro di

effetti audio che riproducono il crepitio di fuoco acceso238 (fig. 50).

Al termine di queste procedure per la produzione video sono stati montati in

digitale due contributi video di durata identica e diverso formato per le

proiezioni sui tre schermi239.

La durata complessiva del video proiettato è di 12 minuti ed è previsto il

loop, ovvero il riciclo automatico delle immagini di partenza dopo l’ultimo

fotogramma proiettato.

B.A.M.B.O.O. Video è un progetto che ha consentito di sperimentare un

nuovo campo di produzione videografica e d’ambiente audiovisivo e

rappresenta la prima video-installazione di un processo di ricerca volto a

sviluppare ambienti di design interattivo multimediali e multi-sensoriali.

Le problematiche tecniche, cui sono state adattate soluzioni contingenti e

di necessità, hanno permesso di rapportarsi con l’ambiente della performance

di video-installazione e con le conoscenze tecnico-professionali ad essa

connesse, necessarie per le realizzazioni tecniche.

L’utilizzo delle principali tecniche videografiche proprie della pratica

videoartistica ha consentito di sperimentare soluzioni visuali precedentemente

non contemplate nella propria produzione video.

123

237 Motivo per il quale si è ideata la retroprioezione su una schermo ritagliato nella parte centrale.238 Le tracce audio utilizzate di autori appartenenti alla scena della musica elettronica internazionale vengono remixate digitalmente con software di post-produzione audio, poi tagliate e montate per la sincronizzazione con le immagini nei preogrammi di editing non-lineare.239 Il video dello schermo centrale è stato esportato digitalmente in formato 4:3, quello destinato alla proiezione sugli schermi laterali è in formato 16:9. L’editing digitale è stato realizzato attraverso software di editing non lineare.

La video-installazione sperimentale qui presentata vuole considerarsi una

forma prototipale di un successivo lavoro di video-installazione interattiva,

Damned Peace, presentato nel prossimo capitolo.

124

CAPITOLO 6

DAMNED PEACE

Installazione audio-visuale interattiva

125

Nella pagina precedente, fotogramma della parte centrale di Damned Peace.

126

A Gaza.

Vibra la carne di rabbia e di un dolore universale

quando l'urlo straziante di un bimbo arriva dal vuoto

a graffiarmi la pelle.La ferita è inguaribile.

Ed ogni concetto di natura svanisce.

127

6.1 Raccontare l’attualità con mezzi di comunicazione non convenzionale Damned Peace, installazione audiovisiva interattiva, muove dall’idea di

poter raccontare eventi attuali attraverso media e tecnologie non

convenzionali per la trasmissione delle informazioni.

Giornalisti in tutto il mondo sono impegnati nella raccolta di testimonianze

preziose per la diffusione delle notizie. Negli scenari di guerra, in modo

particolare, la presenza del reporter risulta di fondamentale importanza per

assicurare trasparenza e obiettività sull’accadere dei fatti che più di altri

interessano la coscienza sociale e l’etica globale.

Il 27 dicembre 2008 inizia un’offensiva militare israeliana verso i territori

della Striscia di Gaza240. L’operazione “Piombo fuso”, scattata, secondo la

versione ufficiale per colpire Hamas e bloccare i lanci di razzi da Gaza241, è

andata avanti fino al 18 gennaio 2009. Nel periodo considerato vengono

stimate oltre 1.350 vittime palestinesi (tra le quali centinaia di donne e

bambini) dalle organizzazioni internazionali intervenute nei soccorsi242 . In

questo periodo di circa venti giorni il fazzoletto di terra della Striscia di Gaza

viene militarmente circondato e attaccato con diversi mezzi militari

dall’esercito israeliano.

Testimonianze di diversi soldati israeliani, raccolte dalla stampa

internazionale dopo gli attacchi, raccontano dell’utilizzo di armi non

convenzionali243. Le organizzazioni non governative che partecipano al

128

240 La Striscia di Gaza è un territorio lungo 40 km e largo 10,occupato militarmente da Israele nel 1967 e nel quale è statasuccessivamente concentrata una popolazione di 1,5 milioni di abitanti palestinesi (la più alta densità abitativa del mondo). Questo territorio è circondato da una barriera militarmente presidiata che lo separa dallo Stato israeliano e da quello egiziano. Tre valichi principali rappresentano i punti di ingresso e uscita dal territorio e sono presidiati da check-point di militari israeliani.241 Hamas è un'organizzazione palestinese di ispirazione religiosa islamica, di carattere politico e paramilitare, che ha ottenuto nelle ultime elezioni la maggioranza dei seggi dell’Autorità Nazionale Palestinese.242 Si tengono in considerazione le testimonianze della Croce Rossa Internazionale e dell’International Solidarity Movement raccolte nel reportage sugli avvenimenti di Gaza realizzato dal giornalista italiano Vittorio Arrigoni. Cfr. VITTORIO ARRIGONI, Gaza. Restiamo umani, Manifesto libri, Roma 2009.243 L’ultimo rapporto di Richard Falk, relatore speciale del Consiglio dei diritti umani dell'ONU sulla situazione nei territori palestinesi, parla dell’utilizzo di armi, da parte dell’esercito israeliano, che non consentono di distinguere tra obiettivi militari e popolazione civile. Tra queste le cluster bomb lanciate dai molti F-16 in volo e le munizioni al fosforo bianco di cui fanno denuncia alla stampa israeliana e a quella internazionale alcuni militari israeliani dopo l’offensiva “Piombo fuso”. (http://daccessdds.un.org/doc/UNDOC/GEN/G09/103/51/PDF/G0910351.pdf) Pagina del documento del rapporto Onu.

soccorso umanitario documentano difficoltà nell’accesso ai focolai degli

attacchi per offrire cure mediche d’urgenza ai feriti e denunciano diversi casi

in cui i militari israeliani aprono il fuoco contro i team degli operatori

sanitari244.

I recenti rapporti degli esperti inviati dall’ONU a Gaza parlano di efferati

crimini contro l’umanità. Radhika Coomaraswamy, Rappresentante Speciale

del Segretario Generale dell'ONU per l'infanzia nei conflitti armati245,

denuncia l’utilizzo di bambini palestinesi come scudi umani da parte dei

militari israeliani246.

Oltre la catastrofe umanitaria si calcolano danni alle infrastrutture per

alcuni miliardi di dollari.

La non-convenzionalità di questo “conflitto”, che vede perdite umane in

numeri tanto sproporzionati tra Israele e Palestina da mettere in discussione la

stessa attribuzione della parola “conflitto” all’evento considerato247, riguarda

soprattutto un altro aspetto: l’informazione mediatica sugli avvenimenti.

La chiusura del valico di Erez, tra Gaza e Israele, ha impedito, per tutto

il periodo di Piombo Fuso l’accesso nella Striscia di Gaza della stampa estera

accreditata nello Stato israeliano. L’ingresso viene concesso ai soli pochi

giornalisti accreditati in base a criteri discrezionali dell’Ufficio stampa

governativo e dei check-point militari. Secondo le testimonianze delle

centinaia di giornalisti stranieri presenti sul territorio nel periodo di “Piombo

129

244 Le testimonianze circa la crisi umanitaria e il collasso dell’emergenza sanitaria nella Striscia di Gaza sono raccolte nel documento comune stilato da nove organizzazioni non governative israeliane per la difesa dei diritti umani: Adalah - The Legal Center for Arab Minority Rights in Israel; Amnesty International Israel Section; Bimkom - Planners for Planning Rights; B'tselem - The Israeli Information Center for Human Rights in the Occupied Territories; Gisha - Legal Center for Freedom of Movement; Hamoked - Center for Defence of the Individual; Physicians for Human Rights; Israel Public Committee Against Torture in Israel e Yesh Din; - Volunteers for Human Rights. Cfr. (http://www.amnesty.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1686)245 Presidente della commissione ONU di nove membri presente a Gaza.246 ( h t t p : / / w w w. r e u t e r s . c o m / a r t i c l e / w o r l d N e w s / i d U S T R E 5 2 M 6 G 2 2 0 0 9 0 3 2 3 ?feedType=RSS&feedName=worldNews); 247 Dall’inizio dell’operazione “Piombo fuso” alla prima tregua del 18 gennaio si contano oltre 1400 (di cui oltre mille civili) per parte palestinese e 13 (di cui tre civili) tra gli israeliani. Cfr. V.A. Gaza..., p. 7; (http://it.peacereporter.net/articolo/14834/); J.M.Muñoz (El Pais semanal-Spagna), “Ritorno a Gaza” in Internazionale n.787, 20 marzo 2009; (http://www.ohchr.org/EN/Pages/WelcomePage.aspx) United Nations Human Rights.

fuso”, per tre settimane, è stato impedito il diritto di cronaca a Gaza e

consentito di riferire solo gli avvenimenti nel sud di Israele preso di mira dai

razzi Qassam e Grad sparati dai palestinesi di Hamas248.

Nonostante gli appelli di molte associazioni per la libertà di stampa

nazionali e internazionali, tra cui World Press Freedom Committee e

Information Safety and Freedom249, il silenzio stampa imposto dal Governo

israeliano a Gaza è stato mantenuto fino alla fine dei bombardamenti

sistematici durati ventidue giorni. Il 23 gennaio riapre il valico di Erez con la

revoca governativa della chiusura ai giornalisti stranieri.

Lo scenario spettrale di Gaza City mostra attraverso la fotocronaca dei

giornalisti il risultato di un bombardamento indiscriminato che ha colpito tra

gli altri edifici anche scuole e ospedali250, senza risparmiare l’Unrwa, agenzia

dell’ONU che si occupa dei profughi palestinesi.

Nessun Governo nazionale o internazionale è intervenuto operativamente

per porre un veto all’attacco oggettivamente sproporzionato di Israele.

Il bilancio disastroso di questa operazione riporta oltre quattrocento

bambini uccisi tra le oltre mille vittime civili. Migliaia di altri bimbi

sopravvissuti ai bombardamenti restano orfani e gravemente feriti in un lembo

di terra completamente raso al suolo251. Gli appelli all’interruzione dei

bombardamenti della comunità internazionale non bastano a coinvolgere la

diplomazia politica mondiale, la sola in grado di porre fine ad un massacro

che, per colpire un numero imprecisato di estremisti religiosi palestinesi, ha

lacerato o distrutto migliaia di vittime innocenti.

130

248 Cfr. V.A. Gaza..., p. 9-51.249 (http://www.wpfc.org/index.html);( http://www.isfreedom.org/)250 Tra gli altri, colpiti la sede centrale della Mezza Luna Rossa e il vicino ospedale di Tell al Hawa con oltre 500 degenti nelle strutture durante i bombardamenti.251 Queste le testimonianze comuni della stampa internazionale e di organismi internazionali come l’Unicef e l’Onu. L’organismo delle Nazioni Unite ha disposto l’apertura dell’inchiesta sulla violazione del diritto internazionale, delle Convenzioni di Ginevra e dei diritti umani da parte di Israele con una risoluzione approvata il 12 gennaio, circa una settimana prima delle fine dei bombardamenti israeliani. Nel documento (approvato con 33 voti a favore, 13 astensioni e uno contrario) si sottolinea che l’attacco ordinato dal governo di Tel Aviv “si è tradotto in violazioni massicce dei diritti umani e nella distruzione sistematica di infrastrutture”. (http://www.un.org/)

La gratuità della violenza perpetrata contro i bambini della Striscia di

Gaza, innesta la volontà di realizzare un lavoro creativo multimediale che

possa rappresentare un luogo di riflessione sulla delicata situazione

umanitaria del popolo palestinese dopo i bombardamenti israeliani. Osservare

i volti dei bimbi cui è stato sottratto un futuro sereno nei foto-videoreport di

Gaza dopo l’operazione “Piombo fuso” impone di assumere una posizione di

coscienza252.

Anche in questa video-installazione, come nella precedente, si profila una

posizione ideologica all’origine dell’idea creativa: l’estraneità e il ripudio

della guerra in ogni sua forma, l’assoluto rifiuto della violenza perpetrata

contro vittime inermi e innocenti, il ripudio di ogni forma di terrorismo

militare e ideologico, il rispetto dei diritti umani.

La delegittimazione della libertà di stampa e della libera circolazione delle

informazioni sulle modalità dell’operazione Piombo Fuso hanno amplificato

l’esigenza coscienziale di esprimere la propria opinione attraverso il mezzo di

comunicazione oggetto del proprio studio, il video e l’interaction design

environment. Le uniche informazioni accessibili, soprattutto via Internet, su quanto

avviene a Gaza nei giorni dell’assedio israeliano sono le riprese video-

giornalistiche delle varie testate internazionali realizzate sulle colline a diversi

chilometri dalla Striscia di Gaza.

La testimonianza più diretta e incisiva proviene però dalle centinaia di

fotografie digitali scattate da civili palestinesi e inviate via e-mail alle

redazioni della stampa internazionale o direttamente caricate sui siti web

giornalistici e di altri network.

131

252 La neutralità non è assimilabile al colore dell’innocenza violata. I bambini sono l’eredità sociale comune a tutte le donne e gli uomini del mondo: rappresentano il futuro, le prospettive, le potenzialità, la memoria delle generazioni a venire. Il loro diritto ad una vita felice e dignitosa va difeso e preteso universalmente. Qualsiasi forma di violenza nei loro confronti è un crimine contro l’umanità e l’intera collettività. Ciò non può esimere ciascun individuo da una presa di posizione di coscienza che, prima di ogni etica o morale, stabilisca l’inviolabilità dei diritti dell’infanzia.

Queste immagini confondono lo spazio visivo ed acustico, la figura con

lo sfondo, si presentano come archetipo junghiano nella forma particolare del

tabù. Raccontano una realtà che esiste per lasciare una traccia di senso

laddove il contorno è pura distruzione.

Si decide di utilizzarne alcune che diventano il piano iconografico per la

realizzazione video in Damned Peace.

La scelta di progettare una video-installazione interattiva risiede nella

volontà di coinvolgere lo spettatore con la partecipazione attiva nella

ricezione delle immagini presentate e dell’argomento trattato.

Si prevede che lo spettatore possa “suonare” una nènia assumendo diverse

posizioni davanti allo schermo centrale. Ogni nota è ‟suonata” da una corda

di filo spinato che compare sullo schermo centrale con lo sfondo delle

immagini dei bambini e delle donne palestinesi. Ogni corda rappresenta la

segregazione delle barriere di cemento armato e filo spinato che Israele non

cessa di costruire attorno alle città e agli insediamenti palestinesi253.

L’auspicio che attraverso la partecipazione sociale si possa valicare o

rompere la barriera del terrore mostrando ciò che nasconde indaga le tappe

per la ricostruzione e la riaffermazione del diritto alla vita serena e pacifica

delle future generazioni.

6.2 Progetto

Il progetto di video-installazione Damned peace prevede un lavoro di

produzione differente rispetto alle esperienze precedenti. La realizzazione del

materiale video si basa su un percorso procedurale questa volta strettamente

legato alla produzione di un ambiente multimediale interattivo.

132

253 Si tratta dell’ Israeli West Bank barrier, un sistema di barriere fisiche costruito da Israele in Cisgiordania sotto il nome di "chiusura di sicurezza" (security fence), allo scopo ufficiale d'impedire fisicamente ogni intrusione di terroristi palestinesi nel territorio nazionale. Questa barriera, il cui tracciato di circa 700 km è controverso ed è stato ridisegnato più volte particolarmente a causa delle pressioni internazionali (specie dell’ONU), consiste per tutta la sua lunghezza in una successione di muri, trincee e varchi elettronici.

Figura 51: Damned Peace. Ricostruzione tridimensionale di un ambiente ipotetico.

Figura 52: Damned Peace. Ricostruzione 3D da altra inquadratura.

133

Come nella sperimentazione precedente, l’idea creativa prevede l’allestimento

di uno spazio con tre schermi video serviti, questa volta, da proiezione

diretta254. I tre schermi sono disposti in un trittico formato da una cornice

video centrale e due schermi laterali tutti di formato 4:3 e di grandezza

(250x190) cm. Gli schermi laterali sono uniti a quello centrale e fissati

diagonalmente rispetto a questo con un’inclinazione d’angolo acuto rispetto al

piano orizzontale di proiezione di circa 45° (fig.51-52).

Una piccola barriera separatrice di colore scuro davanti agli schermi

nasconde l’alloggiamento di una videocamera su cavalletto (necessaria per la

performance interattiva), di un computer e dell’impianto stereofonico.

La presentazione di questo progetto viene rappresentata in un’animazione

tridimensionale nella quale si ipotizza una location ideale per la video-

proiezione (DVD allegato, menu Damned Peace).

Il luogo utile deve avere la possibilità di controllare l’intensità di luce per

permettere la corretta rispondenza tra i movimenti dello spettatore e le

interazioni video che compaiono sullo schermo centrale.

6.3 Procedure L’inizio del lavoro di produzione tecnica consiste nella selezione di alcune

fotografie non professionali reperite attraverso Internet255.

Si è successivamente passati al foto-ritocco con software dedicati per mezzo

dei quali si è conferito lo stile del disegno a mano libera che interessa tutti i

contributi figurativi della video-installazione256. Queste fotografie post-

prodotte vengono successivamente composte all’interno del quadro video

134

254 E’ prevista la proiezione di tre schermi identici da circa 1500 ANSI lumen ciascuno.255 Le modalità di selezione sono descritte nel § precedente.256 Questa procedura rappresenta la volontà di imprimere un’impronta stilistica autoriale nell’utilizzo di materiale fornito da altri autori.

attraverso effetti di zoom e di movimento grazie a software di compositing fx257.

Si procede poi alla fase di montaggio in cui le immagini selezionate

vengono sincronizzate su tracce audio oggetto di mixage o appositamente

create come colonna sonora delle tracce video258.

E’ possibile distinguere l’ambientazione video-sonora in tre parti scandite

da dissolvenza in nero al termine di ciascuna:

• prima parte (circa 9 minuti): fase interattiva della video-installazione. La

videoproiezione interessa il solo schermo centrale (fig.53);

• seconda parte (1 minuto circa): ambiente audio-visuale non interattivo.

Proiezione video sul solo schermo centrale (fig.54);

Figura 53: Damned Peace. Schermo centrale con videoproiezione interattiva. Ricostruzione su piccola scala.

135

257 I software utilizzati in queste procedure sono After Effect e Motion 3.258 La traccia audio nella parte centrale è stata realizzata per esprimere una peculiare atmosfera sonora e per suscitare la sensazione di angoscia e tensione nello spettatore. Questa traccia audio è pensata per essere riprodotta nel contesto video contingente.

Figua 54: Damned Peace. Schermo centrale, seconda parte.

Figura 55: Damned Peace. Ricostruzione tridimensionale dei tre schermi videoproiettati nella

parte finale.

136

• terza parte (circa 3 minuti): ambiente audiovisivo non interattivo.

Nella proiezione sono coinvolti i tre schermi della video-installazione (fig.

55)259.

Al termine dell’ultima parte è previsto il loop per la riproduzione dall’inizio

di tutti i contributi nello stesso ordine.

Terminata la fase di produzione dei contributi video si è passati alla

progettazione dell’interazione d’ambiente.

L’idea creativa necessita la produzione di un sistema multimediale che

consenta allo spettatore di interagire con i segni videografici che compaiono

sullo schermo e contemporaneamente generi degli effetti sonori prestabiliti e

specifici.

6.3.1 Sistema interattivo per Damed Peace Il sistema interattivo per la videoproiezione nella prima parte della video-

installazione viene realizzato utilizzando più media controllati da computer.

Per esigenze tecniche riguardanti la disponibilità delle tecnologie in

possesso si decide di utilizzare un lettore DVD collegato ai videoproiettori per

gli schermi laterali. Ciò serve ad “alleggerire” il lavoro della quantità di

memoria del computer impiegata dal software per l’ambiente interattivo e

dunque per evitare la possibilità di errore nel flusso delle immagini.

Il supporto DVD contenente i tre minuti di videoproiezione sugli schermi

laterali (parte finale) deve essere sincronizzato con la videoproiezione sullo

schermo centrale senza possibilità di sovrapposizione tra le tre parti pensate

per il flusso delle immagini. A questo proposito vengono calcolati con

precisione (al fotogramma) i tempi di scorrimento delle immagini di prima e

seconda parte dello schermo centrale e viene inserito nella corrispettiva parte

di tempo del DVD uno sfondo nero che lasci nel buio il resto del set audio-

visuale rispetto alla videoproiezione centrale.

137

259 Cfr. DVD allegato menu “Damned Peace” in cui sono contenuti i tre video che caratterizzano le tre parti distinte della videoinstallazione.

Dietro il pannello di colore scuro, posto dinanzi allo schermo centrale,

viene alloggiata una videocamera su cavalletto puntata (verso lo spettatore)

per effettuare riprese in tempo reale dello spazio antistante le videoproiezioni.

Attraverso il riconoscimento del medium elettronico da parte del software per

l’interazione questa videocamera servirà alla trasformazione delle immagini

in video in tempo reale.

Il computer, centro di controllo del sistema multimediale interattivo, è

inoltre collegato all’impianto stereofonico ( almeno 250 Watt RMS con

altoparlante subwoofer260).

6.3.2 Sistema interattivo integrato

Il “motore” centrale del sistema interattivo in Damned Peace è un software

di programmazione grafica d’ambiente, Isadora261, installato su un computer

laptop262. L’utilizzo di questo software è preceduto dalla preparazione e

realizzazione di metariali video e audio specifici che rispondano all’idea

creativa e alla possibilità di manipolazione coerente con il sistema interattivo.

Si procede a partire dal ritaglio delle immagini digitali del filo spinato

attraverso software di post-produzione fotografica.

Successivamente si preparano, con un software di produzione musicale263,

sette note musicali suonate da un effetto digitale che imita il liuto orientale264.

Queste note sono selezionate nella scala musicale di modo maggiore e

successivamente disposte in modo che, suonate in qualunque successione,

138

260 L’altoparlante necessario per la nitida scansione delle basse frequenze audio. Viene scelto un impianto subwoofer per rendere fonicamente più corposo l’ambiente di video-installazione.261 Cfr. cap 4 § 4.2.262 Computer portatile o notebook.263 Garage Band, un software contenente molteplici effetti di strumenti musicali reali che possono essere suonati in tempo reale attraverso un controller MIDI.264 Oud è il nome specifico dello strumento reale “imitato” dal sofware digitale.

producano una melodia non cacofonica. Questa procedura proviene da una

pratica esperienziale e non matematicamente studiata in campo musicale265.

A ciascuna nota musicale viene associata una immagine video ritagliata

in una “maschera” tramite un software di editing non-lineare. Ciascuno dei

contributi video viene poi esportato in un formato che consente di cancellare

lo sfondo per mezzo di un c.d. “canale alfa” che opera in Luminance key266.

A questo punto vengono importati i contributi audiovisivi della prima

parte interattiva nel software Isadora. Il software consente di progettare delle

operazioni che il computer può compiere attraverso l’utilizzo degli strumenti

in esso contenuti267. Nel caso specifico di Damned Peace viene allestita una

scena all’interno della quale sono presenti circa sessanta tools268, collegati gli

uni agli altri secondo calcoli numerici e logici269, che permettano di ottenere il

risultato interattivo previsto dall’idea creativa.

Alcuni esempi di sezioni di “scene editor” Isadora sono visibili nelle

figure 56 e 57 e i relativi effetti video prodotti dall’interazione con la

videocamera sono visibili nella figura 53 (e nel DVD interattivo allegato).

La preparazione della scena digitale avviene con approccio sperimentale.

La selezione di strumenti si compie in base al tentativo tecnico praticato con

controllo e calcolo delle variabili in base alle quali vengono operati

determinati interventi sulla luce ripresa dalla videocamera e poi tradotta in

output video durante la proiezione.

139

265 La ricerca della melodia possibile che permettesse allo spettatore di “suonare” attraverso il proprio movimento è basata su una selezione delle sonorità “ a orecchio” musicale.266 L’utilizzo di questa esportazione consente di utilizzare l’immagine video in altri software che automaticamente riconoscono il “canale alfa” cancellandolo (con il calcolo del Luma key sull’intensità di luminosità) e rendendo possibile la visione del materiale video sttostante in una composizione sovraimpressa. 267 Questi strumenti sono contenuti all’interno di un Toolbox Isadora che mette a disposizione una molteplice quantità di: simulatori digitali, detti Actors, di tecnologie fisiche come un videoproiettore (tool Projector) o un mixer audio-video; effetti grafici e sonori sui quali è possibile intervenire gestendo i calcoli delle operazioni coinvolte; strumenti di controllo sui file audio-video prodotti in tempo reale e di controllo da periferiche esterne al sistema come controller MIDI, etc.268 Il piano di lavoro all’interno del quale si inseriscono gli strumenti digitale nell’ambiente software Isadora è detto “scene editor”.269 Ciascuno strumento Isadora è dotato di input, output o entrambi. Il collegamento tra l’ingresso e l’uscita di specifici strumenti dà luogo a determinate operazioni di calcolo che la macchina traduce in contributi video o audio modificabili in tempo reale.

Figura 56: Damned Peace, scene editor in Isadora. Prima parte interattiva della video-installazione.

Figura 57: Damned Peace, “scene editor” in Isadora. Altra sezione della scena.

140

Particolare importanza assumono a questo proposito tools come “Eyes”,

utilizzato per il motion capture ovvero per la cattura del movimento dello

spettatore attraverso la videocamera; “Smoother” necessario per rendere più

fluidi alcuni passaggi nelle dissolvenze di suono e immagine; “Calculator” e

“Limit scale value” che consentono controlli di precisione sui dati digitali che

li attraversano prima di giungere all’output ovvero al “Projector”, simulatore

digitale del videoproiettore reale.

Per la realizzazione tecnica è necessario un ambiente in cui sia possibile

ottenere la minor quantità di luce possibile. Lo spettatore deve essere visibile

alla videocamera come punto in cui si concentra la maggior parte della luce

d’ambiente.

A fornire questa luce è la videoproiezione centrale, specificamente prodotta

per produrre continuamente flusso luminoso e cioè senza dissolvenze in nero

per l’intera durata del contributo video relativo. Le modifiche dei valori

all’interno della scena digitale Isadora devono, per questo motivo, essere

adattate di volta in volta alla location di allestimento della installazione, vale

a dire alle condizioni di luce contingenti.

Il problema della sincronizzazione con le immagini successive alla fase

interattiva ovvero le proiezioni sullo schermo centrale, di cui l’ultima

sincronizzata con la proiezione sugli schermi laterali270 , vengono ovviati

mediante lo strumento “Jump”. Questo consente il passaggio da una scena a

quella successiva della piattaforma Isadora. Terminata la fase interattiva dei

primi nove minuti, il sistema passa alla proiezione successiva con il tool Jump e lo stesso avviene per il salto alla scena in cui è prevista la proiezione

dell’ultimo frammento video centrale271.

141

270 quella controllata da lettore DVD in loop271 Per le funzionalità considerate si rinvia al sito web (http://www.troikatronix.com/isadora.html).

6.4 Allestimento e conclusioni La realizzazione di Damned Peace si è praticata solo a livello sperimentale

di laboratorio e la forma di questo progetto è esposta nei contenuti video

presentati nel DVD allegato a questo testo. Tra gli altri vi è un’animazione

tridimensionale attraverso la quale si ipotizza una location ideale, un

ambiente di circa 25 mq.

Dopo la produzione del materiale necessario all’allestimento della video-

installazione interattiva ci si occupa della ricerca di spazi urbani in cui poterla

presentare al pubblico.

Il lavoro realizzato in Damned Peace vuole rappresentare la socializzazione

di una visuale personale che possa rappresentare un momento di riflessione

critica circa un evento di cronaca internazionale.

Con la produzione di un ambiente interattivo si tenta la creazione di una

dimensione incoativa ed emozionale che, attraverso l’utilizzo di immagini

fortemente emotive, simboliche, magmatiche e ritmicamente impostate,

possa, seppur solo momentaneamente, lasciare un segno di senso nella

coscienza dello spettatore.

La diffusione di una informazione “altra” è ritenuta di necessaria

importanza in un sistema mediatico, nel caso specifico quello israeliano, che

mina la libertà d’informazione e di espressione a livello internazionale.

Se non possono filtrare le informazioni è necessario che filtrino almeno

le emozioni nel sistema complesso degli esseri umani.

La video-installazione e l’interaction design rappresentano due canali

privilegiati di trasmissione delle informazioni in quanto nella multimedialità

che li caratterizza consentono di offrire un’informazione multi-sensoriale,

tattile, oltre che semplicemente audio-visiva (come quella televisiva).

La possibilità di creazione di un ambiente immersivo con il quale

permettere al fruitore di “giocare” in qualche modo con i media, senza doverli

necessariamente subire nell’ascolto e nella ricezione visiva, alimenta la

volontà di proseguire in questo campo la ricerca teorico-sperimentale.

142

Raccontare la realtà, nella forma dell’imitazione poetica aristotelica,

attraverso mezzi di comunicazione non convenzionale significa eludere le

regole imposte dal sistema dell’informazione mediatica e trasferirle in un altro

territorio della percezione più vicino alle suggestioni e alle emozioni che

all’oggettività dei fatti raccontati.

In un sistema d’informazione mediatica come quello italiano, considerato

dalla Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite restrittivo della

libertà di informazione e di espressione272, si ritiene necessario un intervento

creativo che possa rappresentare uno spunto critico di riflessione sulle vicende

sociali non raccontate dai media tradizionali.

Questo modo di operare implica la presentazione soggettiva di fatti

emozionalmente vissuti in un contesto assolutamente non giornalistico ma

meramente espressivo di una esigenza emozionale. In questo senso è possibile

affermare che la sperimentazione in sede della ricerca condotta per

“B.A.M.B.O.O. Video” e “Damned Peace”, sono frutto di una pulsione

emozionale che sfocia nell’espressione creativa attraverso un lavoro che

unisce politica e poetica aristotelicamente definite.

143

272 La C.D.U. dell’ONU nel 1993 con la risoluzione n°45 del 5 marzo istituisce un organo di controllo sul rispetto dei diritti umani in fatto di libertà d’informazione e di parola nei vari Paesi, lo Special Rapporteur. Le dichiarazioni in merito alla situazione italiana a riguardo parlano di termini come “monopolio dell’informazione”, “conflitto d’interessi” del primo ministro possessore di diverse reti televisive e mediatiche, e di “forte controllo politico” sui mezzi d’informazione: (http://daccessdds.un.org/doc/UNDOC/GEN/G05/116/15/PDF/G0511615.pdf?OpenElement). Alle stesse conclusioni giungono molte associazioni e organizzazioni internazionali tra cui: l’International Press Institute (http://www.freemedia.at/); European Federation of Journalists (EFJ) (http://www.ifj-europe.org/); Reporters sans frontiers (http://www.rsf.org/); Freedom House (www.freedomhouse.org). E inoltre l’OCSE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), in un rapporto del 7/6/2005, parla di “anomalia italiana” in un rapporto chiamato “Visit to Italy: The Gasparri Law” rispetto alle leggi italiane in materia di televisione e informazione: (http://www.osce.org/documents/rfm/2005/06/15459_en.pdf).

144

OSSERVAZIONI CONCLUSIVE

Il lavoro sperimentale e tecnico prodotto nel corso della ricerca scientifica

qui presentata è caratterizzato dalla mediamorfosi273. Tale considerazione è

legata all’utilizzo che si fa delle immagini e degli strumenti adoperati per

crearle e riprodurle.

Se si estende il concetto di mediamorfosi fidleriana alla natura intrinseca

dei media-video, cioè all’immagine elettronica e digitale, si risale, attraverso

l’indagine sperimentale, ai processi da cui l’immagine stessa prende forma.

L’universo in continua mutazione del digitale consente di connettere la

realtà con la costruzione immaginaria e onirica di una realtà pensata e

catturata in istanti da reinventare. L’immagine stessa è metamorfosi continua

dell’origine digitale da cui deriva274.

Espressioni creative come il VJing riassumono, nell’istante irripetibile

della preformance in tempo reale, la mediamorfosi sensoriale ed emotiva

vissuta dal performer e da chi la partecipa.

La mediamofosi diviene dunque espressione di un linguaggio attraverso il

quale poter dire ciò che non può essere detto con i codici di conversazione

classica.

Il linguaggio del video digitale prende forma a partire da regole procedurali

che implicano diversi campi del sapere.

145

273 R. FIDLER, Mediamorfosi. Comprendere i nuovi media, Guerini e Associati, Milano 2000.274 All’apice del processo di produzione dell’immagine elettronica vi è sempre la combinazione dinamica di 0 e 1.

Imparare a conoscere le origini dalle quali evolvono le potenzialità

analogico-digitali significa prodursi nella sperimentazione di diverse

conoscenze in campo tecnico-scientifico.

Questo è l’orizzonte di cultura necessaria per produrre espressioni

emozionali che risiedono nel substrato di realtà, come inconscio che vuole

prender parte alla realtà attraverso mezzi di comunicazione multi-sensoriale.

Nello stesso orizzonte sono coinvolte le scienze umanistiche la cui

importanza risiede nel dare forma sensibile ai testi che si producono.

L’estetica e le necessarie conoscenze a essa connaturate sono principio da

cui partire per costruire senso e poterne lasciare traccia. E’ necessario dunque

confrontarsi con la teoria e il pensiero attraverso un sapere connettivo, luogo

privilegiato della critica e della riflessione.

In questo procedere assume consistenza la multimedialità della conoscenza

che attraverso Internet e le forme ipertestuali amplifica le qualità delle

conoscenze bibliografiche.

Questi universi paralleli si contaminano nella ricerca sull’interaction design

environment. Dalla natura degli strumenti tecnici e degli strumenti scientifici scaturisce

la pratica politica e poetica.

Si intende la politica come pratica sociale di pacifica convivenza civile e la

poetica come espressione emozionale e sensibile. Considerate entrambe in

senso aristotelico, la prima è affine alle potenzialità degli strumenti tecnici

utilizzati che in quanto multimediali consentono di fruirne nelle modalità

espresse dal pensiero benjaminiano275: la produzione di opere nel corso della

ricerca condotta sulle video-installazioni interattive è sempre condivisa e

socializzata attraverso gli strumenti tecnologici a disposizione (Internet,

supporti DVD, altri mezzi di trasmissione).

La poetica risiede invece nel principio motivazionale, nel flusso di

coscienza dal quale scaturisce l’esigenza di produrre un’opera. L’ispirazione

146

275 Attraverso la socializzazione del mezzo prodotto.

emozionale che caratterizza questo principio deve essere mediata da forme

razionali che rendano condivisibile con gli altri e comprensibile la propria

produzione. In questo senso politica e poetica si trovano continuamente a

connettersi nel lavoro sull’interaction design environment.

La politica, nel proprio lavoro creativo, riguarda anche la natura ideologica

che necessariamente è inserita nella sfera poetica. In questo particolare

contesto assume rilevanza la presa di posizione ideologica rispetto agli

argomenti che vengono trattati con naturale testimonianza delle emozioni e

delle sensazioni soggettive all’interno del linguaggio con il quale ci si

esprime.

Dal punto di vista tecnico la ricerca fonda sulla sperimentazione delle

possibili contaminazioni tra spazi reali e spazi virtuali.

Lo studio della costruzione di uno spazio scenografico rappresenta un nodo

centrale nel complesso dell’interaction design.

Realizzare un ambiente interattivo è coinvolgere chi vi partecipa come

spettatore-user con la sorpresa, attraverso la presentazione di una visione

“altra” rispetto a un determinato tema. Questa alterità è essa stessa considerata

in termini ideologici come alternativa a sistemi, come quello televisivo, in cui

troppo spesso si mostra nelle forme della banalità e in cui la trasmissione

delle informazioni è in qualche modo veicolata276.

L’interaction design environment va allora considerato come l’occasione

attraverso la quale permettere di interagire con i mezzi di comunicazione

tecnologici e di partecipare attivamente alla trasmissione delle informazioni

senza la monotona necessità della ricezione assoluta. Ciò pur mantenendo

intatta la natura comunicativa degli strumenti che si utilizzano per creare.

In questa natura risiede il principio fondante di ogni produzione artistica:

l’opera d’arte deve comunicare nell’epoca dei mezzi di comunicazione di

massa.

147

276 Ci si riferisce al sistema radiotelevisivo e di comunicazione di massa in Italia e agli altri sistemi in cui risulta a rischio la libertà di espressione, di informazione e di parola.

In un’epoca in cui ogni cosa sembra essere già stata detta attraverso le

immagini e le espressioni creative è necessario sperimentare e praticare nuovi

orizzonti di sviluppo per la produzione di nuovi scenari mediali.

La profonda conoscenza tecnica e scientifica unita alla creatività poetica

e all’estetica, come fusione di techné e poiésis, sono i presupposti da

considerare per aspirare alla creazione di un’opera d’arte.

A questo proposito lo studio, la ricerca e la sperimentazione pratica sono

gli aspetti che bisogna necessariamente approfondire. Si auspica che nel

campo della ricerca scientifica e tecnologica universitaria venga dato spazio e

importanza a settori considerati di importanza secondaria o addirittura

irrilevante che invece rappresentano orizzonti di studio miranti al

miglioramento della vita delle persone attraverso l’arte pubblica e la

diffusione della cultura con mezzi di comunicazione non convenzionale.

Si ritiene che la costruzione di un pensiero e di una pratica attorno all’arte

pubblica debba partire dai laboratori di sperimentazione istituzionali e quindi

dal finanziamento della ricerca pubblica da parte dello Stato che, prima di

elargire soldi alle scuole private, deve mettere a disposizione degli studenti e

dei ricercatori della scuola pubblica mezzi e strumenti almeno equivalenti a

quelli offerti dalla scuola privata nel campo delle arti visuali e dell’interaction design.

Per la diffusione e la crescita di una disciplina rivolta al benessere comune

e che permetta a tutti la libertà di accedere alle conoscenze necessarie a

praticarla.

148

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The Agronomist di Jonathan Demme;

Man with a movie camera di Dziga Vertov;

Emak-Bakia di Man Ray;

20 Tableaux di George Meliés.

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