POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI...

91
03 January 2021 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura, tecnologia, democratizzazione. Auto-definizioni architettoniche / Penna, Michela. - STAMPA. - (2013). Original L’idea di sostenibilità in architettura. Natura, tecnologia, democratizzazione. Publisher: Published DOI:10.6092/polito/porto/2507435 Terms of use: Altro tipo di accesso Publisher copyright (Article begins on next page) This article is made available under terms and conditions as specified in the corresponding bibliographic description in the repository Availability: This version is available at: 11583/2507435 since: Politecnico di Torino

Transcript of POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI...

Page 1: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

03 January 2021

POLITECNICO DI TORINORepository ISTITUZIONALE

L’idea di sostenibilità in architettura. Natura, tecnologia, democratizzazione. Auto-definizioni architettoniche / Penna,Michela. - STAMPA. - (2013).

Original

L’idea di sostenibilità in architettura.Natura, tecnologia, democratizzazione.

Publisher:

PublishedDOI:10.6092/polito/porto/2507435

Terms of use:Altro tipo di accesso

Publisher copyright

(Article begins on next page)

This article is made available under terms and conditions as specified in the corresponding bibliographic description inthe repository

Availability:This version is available at: 11583/2507435 since:

Politecnico di Torino

Page 2: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

Politecnico di TorinoDottorato in Architettura e Progettazione ediliziaXXIV Ciclo

L’idea di sostenibilità in architettura.Natura, tecnologia, democratizzazione.Auto-definizioni architettoniche.

Michela PennaTutor: Prof. Antonio De Rossi Prof. Giovanni Durbiano

frontespizio_Layout 1 25/02/13 09.04 Pagina 1

Page 3: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

frontespizio_Layout 1 25/02/13 09.04 Pagina 2

Page 4: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

01_Introduzione

01_L’ipotesi costruttiva 01_Le mappe bibliografiche 02_Le idee chiave 02_La struttura della ricerca03_Gli esiti della ricerca

05_La storia della sostenibilità in architettura

05_Le origini del progetto sostenibile 08_I primi passi dell’architettura sostenibile: la protezione am-bientale fra regolamentazione e controllo (1970-1990) 13_La formalizzazione: una fase ponte fra riformee flessibilità (1980-2000) 19_La natura globale del concetto: verso comunità sostenibili (1990-2010)

23_L’idea di sostenibilità. Mappa bibliografica interdisciplinare 25_L’idea di sostenibilità in architettura.Mappa bibliografica 27_L’idea di sostenibilità in architettura. Riviste 29_L’idea di sostenibilità nelleriviste d’architettura. Mappa tematica

31_NaturaArchitettura e ecologia

31_La deformazione antropocentrica e le origini illegittime del pensiero ambientalista 34_Gli esordi del-l’etica ambientale. Visioni architettoniche come soluzioni 39_Il superamento della crisi energetica. Tra-scrizioni verdi 43_Il ruolo sociale dell’ecologia. Declinazioni locali come soluzioni quotidiane 47_L’ideadi auto-sostenibilità. Declinazioni rigenerative.

53_Natura. Mappa dei valori

55_TecnologiaArchitettura e economia

55_Dall’ecologia all’economia. Visioni riformiste 59_Economia ecologica. Visioni frugali 65_Biodiversità.Trascrizioni locali 71_Identità e sviluppo. Declinazioni politiche.

75_Tecnologia. Mappa dei valori

77_DemocratizzazioneArchitettura e processi decisionali

77_Contro gli autoritarismi. Le complessità e il conflitto in architettura 80_L’approccio ideologico. Visionieducatrici 83_L’approccio pragmatico. Visioni esplorative 87_La mediazione. Trascrizioni istituzionali90_Il processo di empowerment. Declinazioni sociali 93_Il progetto come ‘Trading Zone’ per la costruzionedi immagini condivise

99_Democratizzazione. Mappa dei valori

Indice

0000_indice_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 247

Page 5: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

101_Autodefinizioni architettonicheVisioni, trascrizioni, declinazioni

103_Autodefinizioni. Mappa dei valori

ANTOLOGIA

109_Natura

110_Paolo Soleri. Arcology: the city in the image of man 114_Richard Buckminster Fuller. OperatingManual for Spaceship Earth 118_Emilio Ambasz. Architettura & Natura/Design & Artificio122_James Wines. Ventidue domande a James Wines president of SITE 128_Ugo Sasso. Quaran-tasette domande a Ugo Sasso. Speciale bioarchitettura 132__Sim Van der Ryn. Design for life136_Renzo Piano. Giornale di bordo. Nouméa 1991 140_Jan Kaplicky. Green Questionnaire144_Ken Yeang. The Green Skyscraper 148_Agance Babylone. Natura Attiva

153_Tecnologia

154_Richard Buckminster Fuller. Approaching the benign environment 158_Hassan Fathy. Archi-tecture for the Poor 162_Paolo Soleri. Technology and cosmogenesis 166_Yona Friedman. L’archi-tettura di sopravvivenza 172_Fabrizio Carola. Antiche tecnologie per una nuova architettura176_Renzo Piano. La responsabilità dell’architetto 180_Thomas Herzog. Solar Energy in the ar-chitecture and urban planning 186_Behnisch, Behnisch & Partner. Building and Design190_Samuel Mockbee. The Rural Studio 196_Hermann Kaufmann. Wood works

201_Democratizzazione

202_Giancarlo De Carlo. La piramide rovesciata 208_Ralph Erskine. Una filosofia architettonica212_Lucien Kroll. Ecologie urbane 218_Renzo Piano. Giornale di bordo. Otranto 1978 222_Balkr-ishna Doshi. An architecture for India 226_Peter Hübner. Building as a social process 230_Carinsmuts. Partecipation, empowerment, sustainability 234_Diebedo Francis Kéré. Fare architettura inAfrica 240_Alejandro Aravena. Elemental 246_Giancarlo Mazzanti. L’architettura nella trasfor-mazione sociale di Medellin

249_GLOSSARIO

267_BIBLIOGRAFIA

0000_indice_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 248

Page 6: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

L’ipotesi costitutivaLa ricerca muove da una constatazione apparentemente oggettiva: il forte impatto dell’idea di sostenibilità sulla disciplinaarchitettonica e urbana. I testi pubblicati negli ultimi anni, ma anche l’istituzione di nuovi corsi di laurea e la nascita didiverse riviste sull’argomento a partire dagli anni ottanta rappresentano una prova chiara dell’interesse rivolto al tema dellasostenibilità. Ma quali sono i significati, le questioni e i valori impliciti nel termine? E, soprattutto, le sue reali implicazioni sulla culturadel progetto? L’obiettivo della ricerca è quindi quello di indagare l’idea di sostenibilità come paradigma culturale - e quindi le relazionitra filosofie politiche e filosofie progettuali da essa innestate - per provare a verificarne la consistenza progettuale.

Le mappe bibliograficheL’introduzione del concetto di sostenibilità all’interno di un contesto imprescindibilmente interdisciplinare, ha richiestoun’indagine esterna al campo prettamente progettuale. A partire da alcuni testi sulle origini e sulla critica dell’idea (cfr. Bi-bliografia 1), ma anche dall’analisi degli eventi storici più influenti, delle conferenze tenutesi sul tema e delle politiche na-zionali e internazionali (cfr. Bibliografia 5), si è quindi indagato il dibattito etico e filosofico sviluppatosi intorno al termineSostenibilità per individuarne i contributi fondanti. Ambiti apparentemente distanti come quelli delle filosofie ambientali(cfr. Bibliografia 6.1), dell’economia ecologica (cfr. Bibliografia 6.2), delle riflessioni epistemologiche e della critica al pa-radigma moderno (cfr. Bibliografia 6.3) oltre che delle teorie sociologiche (cfr. Bibliografia 6.4) sono stati esplorati per co-struire una mappa bibliografica interdisciplinare sull’idea di sostenibilità.

Il passaggio dall’ambito di indagine più generale - l’idea di sostenibilità - a quello più disciplinare - l’idea di progetto so-stenibile - non è tuttavia stato né semplice né scontato. Se sul piano tecnico-operativo assistiamo infatti ad uno svilupposempre crescente della pubblicistica sulla città ecologica e sulla cosiddetta architettura verde, non altrettanto può dirsi sulfronte teorico (Assennato, Very; 2010).Verificando lo stato dell’arte della letteratura presente sull’argomento (cfr. Bibliografia 2), è infatti possibile cogliere che icontributi che provano a tracciare i tratti di una filosofia dell’architettura sostenibile, e a ricostruirne la storia sono veramentelimitati.Per ovviare a questa lacuna e restituire basi più solide alla ricerca, si è quindi sviluppata un’indagine sulle riviste di archi-tettura più diffuse a livello internazionale. Grazie al motore di ricerca ‘Avery Index’ sono stati individuati gli oltre cinquemilaarticoli pubblicati nel mondo sul tema ‘sostenibilità’ o ‘sostenibile’ dagli anni ottanta ad oggi, e, mediante la loro analisi,si è provato a ricostruire un quadro teorico. Un lavoro di classificazione ha reso possibile ricavare non solo dati quantitativisignificativi come base per la ricerca, ma soprattutto una mappa bibliografica disciplinare sull’idea del progetto sostenibileche ha fornito informazioni centrali rispetto ai temi e ai protagonisti riconosciuti come tali all’interno del dibattito sullostesso. Sovrapponendo le due mappe bibliografiche, nella prima parte della ricerca (cfr. La storia della sostenibilità in architettura)è stato possibile costruire un quadro di riferimento per lo sviluppo del lavoro: una storia disincantata dell’idea di architetturasostenibile che, diversamente da quanto avviene nella gran parte dei testi pubblicati sul tema, prova ad affrontare la que-stione nel suo complesso. In particolare, il confronto costante della mappa disciplinare con il panorama politico e culturaleinternazionale ha reso possibile l’identificazione di tre possibili ondate del progetto sostenibile (Longhi; 2004); tre fasicioè, che, pur sovrapponendosi e confondendosi, si distinguono chiaramente per il loro modo di interpretare il tema dellasostenibilità e, di conseguenza, per le strategie e gli strumenti politici, ma anche progettuali, utilizzati per indirizzare la que-

1

Introduzione

01_storia sostenibilita_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 1

Page 7: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

stione. La crescente considerazione del tema - da concetto elitario occidentale a oggetto chiave di un dibattito planetario-, la transizione dal concetto di protezione ambientale e risparmio energetico a quella di sostenibilità, e il passaggio dallefilosofie politiche e progettuali top-down, alla decentralizzazione e a strategie multi-settoriali e integrative basate sulla co-munità sono i macro-cambiamenti messi in evidenza dalla ricerca. Cambiamenti generali e complessi, per i quali risultavaperò molto problematica sia l’individuazione delle possibili ricadute progettuali sulle retoriche, ma anche sulla strutturazionee sulla morfologia del territorio, sia la costruzione di strategie e scenari concreti sui quali fondare nuovi processi di sviluppodello stesso.

Le idee chiavePer questo motivo, nella seconda parte della ricerca (cfr. Natura, Tecnologia, Democratizzazione) la citata mappa bibliograficadisciplinare è stata incrociata con la complessità del quadro generale, individuando quelle questioni chiave che pur essendodi pertinenza progettuale presentano una stretta connessione con l’evoluzione delle politiche e delle pratiche di interessegenerale.La sovrapposizione delle due mappe ha fatto emergere con evidenza il continuo confronto dell’architettura con altri saperitecnici. Un confronto che può certamente essere individuato come uno degli stimoli principali per la trasformazione se-mantica di alcune idee certamente centrali: è infatti a partire dal dialogo dell’architettura con l’ecologia e con le filosofieambientali che l’idea di natura si trasforma; è l’emergere di nuove teorie economiche ad aprire una riflessione profondasulla tecnologia e il suo ruolo; così come sono le riflessioni e gli studi sui modelli decisionali a sviluppare e trasformarel’idea di democratizzazione del processo progettuale.La ricerca ha quindi provato a stringere l’ampio campo del dibattito facendo emergere dalle mappe generali dei percorsibibliografici specifici inerenti le singole parole-chiave: sono state individuate le figure e le posizioni più significative - esterneed interne all’ambito disciplinare - rispetto alle idee di natura, tecnologia e democratizzazione. Su queste idee, in seguitoad approfondimenti bibliografici mirati (cfr. Bibliografia 10), si è provato a tracciarne la storia, le metamorfosi semantichee le relative conseguenze progettuali.

La struttura della ricercaL’ individuazione delle metamorfosi semantiche indotte dalle costruzioni culturali intorno all’idea di sostenibilità ha ovvia-mente implicato un’analisi approfondita non tanto dei singoli progetti trattati, quanto degli scritti e delle retoriche propostedalle figure ritenute significative per ciascun tema. Vista quindi l’ampia quantità di materiale raccolto, ma anche l’intenzionedi proporne una rilettura critica e non diretta, la ricerca è stata suddiviso in due parti: una prima parte analitica dedicataalla critica ed una seconda parte documentale in forma di antologia. La prima sezione della ricerca è composta da cinque capitoli: un primo saggio introduttivo - cornice di riferimento per leparti successive - sull’idea di sostenibilità in architettura, i tre saggi specifici relativi alle idee di natura, tecnologia e demo-cratizzazione e un ultimo breve saggio conclusivo nel quale, ripercorrendo trasversalmente i capitoli centrali, si è provato arispondere alle questioni da cui muove la ricerca, tornando alla visione complessiva e complessa richiesta dal tema. La seconda sezione, invece, è composta da schede di approfondimento sulle figure le cui retoriche progettuali sono scelte- non per imposizioni cronologiche o geografiche, ma solo per la significatività delle loro posizioni - per la costruzione deisaggi. Le schede contengono una breve descrizione introduttiva del progettista, seguita da una raccolta dei suoi testi -estrapolati da sue pubblicazioni, relazioni progettuali o interviste - capaci di restituire una posizione chiara dello stesso ri-spetto alle idee chiamate in questione. In entrambe le parti, l’obiettivo è quello di mettere in evidenza, in un continuo confronto spaziale e temporale, le costruzioni

2

01_storia sostenibilita_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 2

Page 8: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

culturali delineate spesso in modo tutt’altro che lineare dai singoli casi, provando ad ipotizzare un loro possibile sviluppo.Sviluppo spesso stimolato, ancora una volta, da riferimenti esterni dallo specifico campo disciplinare dell’architettura.

Gli esiti della ricercaL’esito della ricerca è la storia di un’idea. Un’idea che negli ultimi quarant’anni il nostro ambito disciplinare ha certamenteabusato, spesso svuotandola dei suoi contenuti. In questo senso, i saggi prodotti dalla ricerca e le relative mappe deivalori, così come le mappe bibliografiche e la piccola antologia dalle quali essi si sviluppano, costituiscono un primotentativo di colmare quel silenzio della teoria molte volte denunciato ma mai affrontato. Una prima analisi sistematica eorganica delle filosofie progettuali definitesi attorno al tema della sostenibilità.Stabilito questo primo risultato, la ricerca ha provato a chiudersi con una domanda sulla reale portata innovativa dell’ideadi sostenibilità in ambito architettonico. In questo momento di crisi globale e di ridefinizione degli assetti del territorio,siamo in presenza di una nozione di portata ‘rivoluzionaria’ capace di restituire all’architettura un pregnante ruolo civico epolitico, oppure di una sorta di meccanismo di aggiustamento del tutto interno alle concezioni più tradizionali dello svilupposocio-economico? Nel tentativo di rispondere a questa domanda, la ricerca si chiude con la stesura di un’ultima mappa degli atteggiamentiprogettuali nella quale ad emergere non sono più le idee e gli obiettivi che hanno stimolato le trasformazioni delle parole-chiave e, conseguentemente, dell’idea di sostenibilità, ma le cosiddette ‘auto definizioni architettoniche’ da esse emerse.Qui si evidenziano l’emergere di alcuni punti d’accordo, capaci di affiancare ai cambiamenti generali individuati nella primaparte anche tre diverse auto-definizioni architettoniche sintetizzabili nei tre concetti-azione di visione, trascrizione e decli-nazione. Descrivendo non tanto un processo di globalizzazione, quanto un frazionamento locale dell’idea di sostenibilitàche, se da un lato può generare disorientamento, dall’altro introduce possibilità. Con l’assunzione di un punto di vista cheindividua nelle declinazione e nella contestualizzazione delle idee e dei valori, contaminazioni proficue: labili modelli di ri-ferimento per una possibile agenda di nuovi indirizzi progettuali.

3

01_storia sostenibilita_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 3

Page 9: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

01_storia sostenibilita_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 4

Page 10: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

Le origini del progetto sostenibile

Individuare la nascita e la definizione dell’idea di sostenibilità non è cosa semplice. Fra le ricerche che provano aricostruire l’evoluzione storica del concetto, testi come The Complex History of Sustainability di Amir Djalali e PietVollaard o Deep roots di Ulrich Grober ne tracciano le radici già a partire dal periodo dell’illuminismo quando icameralisti tedeschi, ispirati dall’autore inglese John Evelyn e dal politico francese Jean Baptist Colbert, iniziano apianificare la successione dei loro boschi nechhalting1. Tuttavia vi è pressoché un totale accordo nell’affermareche, sebbene il termine abbia rappresentato un’idea centrale per la dottrina della selvicoltura durante tutto ildiciassettesimo secolo, si tratti di un concetto moderno, sviluppatosi fra gli anni sessanta e gli anni ottanta e for-malizzato solo nel 1987 attraverso il rapporto delle Nazioni Unite Our Common Future (Djalali, Vollaard; 2008.Grober; 2007). In quest’ambito, il testo di Rachel Carson2 Silent Spring viene spesso individuato come la pubbli-cazione che, persuadendo i sentimenti pubblici su larga scala, ha dato avvio al movimento ambientale moderno(Longhi; 2004), mentre il merito di aver introdotto il termine sostenibilità nel linguaggio politico viene attribuito alClub di Roma3 e alla pubblicazione del rapporto I limiti dello sviluppo. Dopo questo momento le tappe individuatecome fondamentali dalla letteratura sul tema si moltiplicano: nel 1974 alla Conferenza Mondiale di Bucharest suScience e Technology for Human Development la formula società responsabile viene sostituita da società soste-nibile e pochi anni più tardi l’International Union for Conservation of Nature pubblica una dichiarazione destinataa definire la strategia mondiale di conservazione della natura con il titolo Living resource conservation for sustai-nable development (Grober; 2007); nel 1983 a diventare centrale è il ruolo della Commissione Mondiale perl’Ambiente e lo Sviluppo presieduto dalla signora Brundtland, mentre l’Earth Summit di Rio del 1992 rappresental’occasione all’interno della quale si consolida l’idea della sostenibilità come concetto strategico sul quale costruireun modello complessivo di sviluppo. La questione che emerge non è cioè quella relativa all’individuazione di un inizio per la storia della sostenibilità,quanto della nascita di un concetto inteso come paradigma culturale. Come idea la cui definizione è avvenutagrazie a molti processi di causa ed effetto, di azione e reazione, di nessi e connessioni. Secondo una prospettivaed un ragionamento che possono essere trasposti anche all’idea di architettura sostenibile. In questo senso, all’interno del suo testo The philosophy of sustainable design, l’architetto americano Jason McLen-nan, descrivendo il progetto sostenibile come una filosofia progettuale mirata a massimizzare la qualitàdell’ambiente costruito e a minimizzare l’impatto negativo su quello naturale, sottolinea come possano essereindividuate diverse tappe fondamentali nella storia dello sviluppo dello stesso: un ‘inizio biologico’ del concettoriconducibile al fatto che da sempre l’uomo ha alterato l’ambiente per crearsi un confort ambientale ideale equindi da sempre l’architettura ha dovuto fare i conti con lo spostamento dei rapporti fra uomo e ambiente daessa stessa determinati; la comparsa delle molteplici architetture vernacolari che, sparse in tutto il mondo, con-siderano da secoli idee vicine alla nozione di sostenibilità come quella del regionalismo, dello sfruttamentodell’apporto solare e delle biomasse e del bio-mimetismo; il momento in cui, durante l’era industriale, molti pro-blemi ambientali iniziano ad emergere in diverse parti del mondo e un ampio numero di persone comincia aprenderne atto comprendendo la connessione fra le attività consentite dalle nuove tecnologie e la salute dellepersone e dell’ambiente e opponendosi agli effetti del progresso. Tuttavia, se è vero che tutte queste tappe hannointrodotto idee oggi ritenute fondanti rispetto a strategie e processi propri del progetto sostenibile, esse non con-siderano certo le ragioni e la reale complessità della filosofia che ne stanno dietro. Almeno fino alla seconda metàdell’ottocento.

1 La fonte del concetto di svilupposostenibile viene individuata neltermine inglese sustained yield,usato sin dalla metà del XIXsecolo come traduzione dellaparola tedesca nachhalting. Nellasua versione originale, il concettoin particolare viene utilizzato per laprima volta nel 1713 all’internodel primo vero e proprio manualedi selvicoltura, Sylviculturaeconomica. scritto dal nobiletedesco Carl von Carlowitz. Egliaveva tuttavia due fonti: Sylva orDiscourse of Forest Tree andPropagation of Timber – il testopubblicato da John Evelyn nel1664 posto alla base delleiniziative del governo inglese difine seicento mirate a risolvere ilproblema della scarsità del legnoche minacciava anche la flottareale – e l’ordinanza del 1669 diJean Baptiste Clobert riguardantele foreste reali francesi,drasticamente diminuite nei primidecenni del secolo. Cfr. U. Grober;Deep roots;Wissenschaftszentrum fürSozialforschung; Berlino; 2007. 2 Rachel Carson è stata unabiologa e zoologa statunitense. Ilsuo testo Primavera Silenziosaviene considerato come unapietra miliare dell’ambientalismoper la grande influenza che essoesercitò negli Stati Uniti invocandoun cambiamento radicale nellapolitica nazionale sui pesticidi inun momento in cui la parolaambiente non faceva ancora partedel vocabolario politico. Cfr. R.Carson; Primavera silanziosa;Feltrinelli; Milano; 1973.3 Il Club di Roma è

5

La storia della sostenibilità in architettura

01_storia sostenibilita_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 5

Page 11: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

Se infatti la maggior parte delle culture preindustriali cercano di stabilire un equilibrio fra ambiente costruito eambiente naturale indipendentemente da ogni idea di architettura sostenibile e in modo incurante rispetto allegame esistente fra l’atto insediativo e i problemi ambientali globali con il solo obiettivo di definire condizioni diconfort adeguate in funzione degli strumenti e delle tecnologie a disposizione, a partire dagli ultimi decenni deldiciannovesimo secolo sembra emergere una sensibilità nuova. Sebbene il movimento ambientalista sviluppatosiin questo periodo abbia caratteristiche e presupposti differenti dal movimento ambientalista moderno definitosisolo nella seconda metà del ventesimo secolo, nei centocinquanta anni che precedono l’ingresso dell’ecologianell’arena politica iniziano a delinearsi posizioni molto più consapevoli rispetto al tema.Fra il 1845 e il 1847 lo scrittore e naturalista dilettante Henry David Thoreau lavora alla stesura del testo Waldenovvero vita nei boschi, un’opera introspettiva nella quale l’attivista americano racconta alcuni anni della sua esi-stenza trascorsi a vivere nei boschi riflettendo sul complicato rapporto dell’uomo con la natura, e solo alcuni annipiù tardi l’autore pubblica il saggio Disobbedienza civile come forma di contestazione contro le leggi che violanoi diritti dell’uomo, contribuendo alla definizione del concetto giuridico di limite e ispirando i primi movimenti diprotesta e resistenza non violenta. Fortemente condizionato dalla filosofia trascendentalista e dalla figura di RalphWaldo Emerson4, Thoreau nega, forse per la prima volta, la visione antropocentrica del mondo insita nella culturaoccidentale proponendo la ricerca della natura come ricerca della ‘verità’ attraverso la quale giungere al contattocon quell’entità sovrannaturale capace di unire l’essere umano con il trascendente. Secondo una nuova prospettivanella quale l’adeguamento al linguaggio della natura e la comunione con questa diventano elementi basilari peruno stile di vita fondato su una minore ricchezza materiale ma su una maggiore felicità spirituale e su concetticome quello della semplicità che nei decenni successivi verranno ripresi da molte delle figure che si avvicinerannoal tema (Iannicello; 2008). Negli anni successivi al 1860, inoltre, fanno il loro ingresso nel vocabolario scientifico e sociale due termini poidiventati fondamentali per la definizione del concetto di sostenibilità: entropia e ecologia.In particolare il primo viene introdotto nel 1862 dal fisico tedesco Rudolph Clausius per definire la dispersione dimateria ed energia in funzione della seconda legge della termodinamica, mentre il secondo viene coniato quattroanni dopo dallo zoologo tedesco Ernst Haeckel con la volontà di definire lo studio dell’economia della natura edelle relazioni degli animali con l’ambiente organico e inorganico e designare quindi la teoria che in natura tuttoè interconnesso (EIG; 1990). Gli studi della fisica da un lato e quelli della biologia dall’altro iniziano cioè a contribuire alla costruzione di unanuova visione che, riconoscendo i cambiamenti qualitativi e degradando gli umani ad una specie fra le altre, iniziaad indebolire ulteriormente la posizione antropocentrica, cominciando ad esercitare un’evidente influenza sullapolitica, sull’economia, ma anche sull’arte e sull’architettura. Se la constatazione dell’inevitabile aumento dell’energia inutilizzabile che si ha ogni volta che si vuole trasformareil calore in lavoro inizia ad avere pesanti ripercussioni prima in ambito chimico e poi in ambito economico - por-tando al superamento dell’idea di sostituibilità fra capitale naturale e capitale creato dall’uomo a favore di quelladi complementarietà e alla determinazione delle prime posizioni alla quale è riconducibile la definizione dell’eco-nomia ecologica [Link_Tecnologia] - le forme organiche dell’Art Nouveaux possono essere interpretate come ilcorrispondente artistico delle illustrazioni scientifiche prodotte da Haeckel , mentre architetti come Rudolf Steiner- il seguace e biografo più influente del biologo tedesco - iniziano a loro volta a mostrare delle loro interpretazionidel rapporto fra architettura ed ecologia: gli edifici dell’architetto possono infatti essere interpretati come la rap-presentazione simbolica delle sue simpatie ecologiste, secondo un approccio etico, spirituale e quasi religioso

un’associazione internazionalenon governativa e no-profit discienziati, economisti, uominid’affari, dirigenti pubblici e capi distato nata con l’obiettivo diindividuare i problemidell’umanità, analizzarli a livellomondiale e ricercare soluzionialternative agli stessi. Fondata nel1968 dall’imprenditore italianoAurelio Peccei e dallo scienziatoscozzese Alexander King, essaconquista l’attenzionedell’opinione pubblica attraversola pubblicazione nel 1972 delRapporto sui limiti dello sviluppo,commissionato dall’associazionead alcuni scienziati del MIT. Cfr.www.clubofrome.org. 4 Saggista, poeta e filosofostatunitense del XIX secolo, RalphWaldo Emerson viene consideratoil massimo esponente deltrascendentalismo americano.Riconosciuto a livellointernazionale, egli esercitò unagrande influenza su interegenerazioni di scrittori eintellettuali americani fra i qualiHenry David Thoreau e FrankLloyd Wright. In particolare, egli èstato tra i primi a proporreun’etica individuale basata sullafiducia in se stessi e sulladiscussione dei valori tradizionalie uno dei pochi ad averlo fattomantenendo il rispetto per la vitae per l’esistenza. Cfr. A. Sangalli,Ralph Waldo Emerson.Disponibile sul sitowww.filosofico.net/emerson.htlm.

6

01_storia sostenibilita_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 6

Page 12: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

alla questione ecologica che presenta una vera e propria forma di riverenza verso la natura e che nei decenni suc-cessivi fa la sua comparsa anche negli scritti di diversi architetti influenti del XX secolo (Ingersoll; 2009).Malgrado la loro dipendenza dalla cultura industriale, autori come Amir Djalali e Piet Vollaard o Richard Ingersollpropongono, per esempio, una rilettura delle figure di Frank Lloyd Wright e Le Corbusier come proto-ecologisti. Iprimi inserendo entrambi gli architetti moderni nella corrente dei tecno-utopisti, il secondo guardando ad alcuniloro progetti come a edifici passivi efficienti da un punto di vista energetico e facendo riferimento all’architetturaorganica e alla volontà di costruire dentro la natura di Wright e alla città verde e alla volontà di costruire sopra lanatura di Le Corbusier.A questi lo storico dell’urbanistica statunitense aggiunge poi Richard Neutra, definendolo come il primo architettoad aver utilizzato in modo specifico la parola ecologia durante un dibattito sulla progettazione (Ingersoll; 2009).Nel suo testo Survival through Design, pubblicato nel 1954 prima dell’avvento del movimento ambientale moderno,l’architetto austriaco affronta infatti il tema del rapporto tra ecologia e design individuando il progetto sia come«fonte dei guai» che come «via di uscita dai medesimi»:

L’architettura è tra le attività umane a più alto impatto ambientale, per cui i principi dell’ecologia devonoessere parte integrante del pensiero e dell’agire di ogni progettista il quale tuttavia viene ancora formatoesclusivamente rispetto a criteri estetici, funzionali e economici […]Progettare, l’atto di porre le costruzioni in un dato ordine o disordine, sembra essere il destino umano.Sembra essere la via dei guai, e può essere la via di uscita dai medesimi. E’ la responsabilità specificaa cui è maturata la nostra specie, e costituisce l’unica possibilità, per quella specie animale pensante,preveggente e costruente che noi siamo, di preservare la vita su questo pianeta rimpicciolito, e di soprav-vivere ‘con grazia’. […]Tutti i nostri costosi investimenti a lungo termine, nel nostro ambiente costruito, dovrebbero essere legit-timati solo se i progetti possiedono un alto e dimostrabile valore di vivibilità. Tali progetti devono esseresviluppati da una professione educata in responsabilità sociale, qualificata e attenta a contribuire allasopravvivenza della specie che corre il grave pericolo di auto distruggersi […]Ciò che noi chiamiamo brevemente natura include tutto ciò che è parte delle necessità e delle caratte-ristiche degli organismi viventi. L’intero mondo dei fenomeni organici, negli sfoghi della nostra evidenteimmaturità, è spesso trattato contropelo e in contrasto al ‘piano supremo’, quello della consistenza edelle necessità biologiche. In tempi passati, agire in questo modo era considerato un peccato e le divinitàminacciavano con la morte i peccatori per questa loro colpa. Oggi invece abbiamo messo da partel’aspetto etico morale, forse troppo sconsideratamente. Per noi uomini odierni, la questione è però ancorala stessa: o sopravvivere in virtù di un comportamento saggio e corretto o essere condannati a morte acausa dei nostri propri errori.

(Neutra; 1954).

Tuttavia, nonostante l’architetto americano affermi la necessità dell’influenza dei principi ecologici sul pensieroprogettuale , egli non specifica come arrivare alla definizione di questo rapporto, avendo quindi, come Wright e LeCorbusier, un peso abbastanza trascurabile nella promozione di un’architettura ecologicamente consapevole.Almeno negli anni immediatamente successivi alla pubblicazione del testo.Mentre inizia cioè a diffondersi la consapevolezza e il riconoscimento di una grave crisi ecologica del nostro pianeta

7

01_storia sostenibilita_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 7

Page 13: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

e il movimento ambientalista compie i suoi primi passi, l’influenza in ambito architettonico del dibattito alimentatodalla preoccupazione rispetto alla salute del nostro pianeta può considerarsi marginale, rendendo dunque il con-cetto di sostenibilità e la sua introduzione in ambito progettuale estremamente recente. E forse più recente diquanto si possa immaginare.Nonostante il termine stesso abbia fatto il suo debutto già nel 1713 all’interno del testo Syllvicultura economica- il primo vero manuale di selvicoltura scritto dal nobile tedesco Carl von Carlowitz - e nonostante probabilmenteabbia radici ancora più profonde, esso di fatto non è mai stato utilizzato con il significato complesso a cui oggi sivuole tendenzialmente fare riferimento fino agli ultimi decenni e, forse, se si va in profondità, agli anni novanta.Perché, anche se l’evidenza sempre maggiore dei problemi e dei rischi ambientali causati dalla società capitalisticaporta alla nascita e al rapido sviluppo del movimento ambientalista moderno e, potremmo dire, come suo sotto-prodotto, dell’architettura sostenibile già dagli anni sessanta e settanta, occorre chiedersi quante delle idee oggiimplicite nel temine fossero realmente alla base del movimento sin dalla sua nascita. Introdotto nel settecentocome nozione attraverso la quale giungere alla conservazione del legno, esso viene ripreso intorno nel ventesimosecolo quando preoccupazioni simili, ma amplificate, rispetto a quelle dei secoli precedenti riportano in auge iltema della scarsità e della qualità della vita, ma se i concetti di bon manage e bon usage presenti nell’ordinanzadi Jean Baptiste Colbert del 1669 riguardante le foreste reali francesi, e i principi di conservazione e di rivitalizza-zione degli ecosistemi ad essi sottesi, oggi possono essere letti come antesignani del concetto di sostenibilità(Grober; 2007), la definizione di quest’ultimo è avvenuta in modo tutt’altro che scontato e lineare. L’analisi della storia dell’idea di sostenibilità in architettura non sembra infatti poter essere ricondotta alla rico-struzione della storia compatta di un’idea che si è evoluta in modo uniforme e unidirezionale, come chiaraprogressione del modo in cui la questione ambientale è stata percepita ed affrontata, quanto piuttosto come storiadi un dibattito interdisciplinare soggetto alla molteplicità degli eventi. Come storia di discontinuità, trasformazionie fratture, di accordi e relazioni dei quali non è possibile individuare né un punto di inizio, né una catena linearedi cause ed effetti, ma solo rapporti temporanei di cui, di volta in volta, occorre definire protagonisti, elementi,limiti. Secondo una prospettiva in funzione della quale la sostenibilità, così come oggi vorrebbe essere intesa,sembra essere realmente entrata in campo molto tardi.

I primi passi dell’architettura sostenibile: la protezione ambientale fra regolamentazione e controllo (1970-1990)

La prima fase del movimento moderno legato all’architettura sostenibile si apre dunque in stretta connessionealla crescita del più generale movimento ecologista come movimento sociale e politico che, fra gli anni sessantae gli anni ottanta, porta i paesi industrializzati dell’Occidente a percepire la necessità di definire come prioritànazionale la riduzione dell’inquinamento e lo sfruttamento delle risorse causati dalle attività umane (Giuliano;1989. Poggio; 1996. Livorsi; 2000. Della Porta; 2004. Della Valentina; 2011).La denuncia di Rachel Carson relativa all’uso di pesticidi chimici, apre la strada ad altre tematiche: negli anni ses-santa e settanta l’attenzione si sposta sulla proliferazione delle armi nucleari e sull’uso dell’energia nucleare,mentre negli anni ottanta è il tema delle piogge acide a diventare centrale. Progressivamente l’insieme delle ini-ziative politiche finalizzate alla tutela e al miglioramento dell’ambiente si moltiplicano superando i circolidell’ambientalismo e raggiungendo la scala internazionale. Nel 1972 si tiene a Stoccolma la prima Conferenza Mondiale sull’Ambiente Umano durante la quale non solo si

8

01_storia sostenibilita_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 8

Page 14: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

afferma la necessità di intraprendere azioni tenendo conto che la protezione e il miglioramento dell’ambiente rap-presentano una questione di capitale importanza per il raggiungimento della pace e dello svilupposocio-economico a livello mondiale, ma si definisce anche come obiettivo imperativo dell’umanità quello di difen-dere e migliorare l’ambiente per le generazioni future, cogliendo per la prima volta a livello internazionale l’invitoavanzato da alcuni padri dell’ambientalismo, come Aldo Leopold [Link_Natura], ad ampliare la scala temporaledegli obiettivi politici e progettuali. Le conclusioni tratte dalla conferenza e sintetizzate all’interno di una Dichiara-zione e di un Piano d’Azione vengono inoltre inserite nel lavoro del Club di Roma e degli scienziati del MassachussetInstitute of Tecnology che, nello stesso anno, pubblicano il primo rapporto su I limiti dello sviluppo, la prima ricercaavanzata da un gruppo di esponenti autorevoli del mondo scientifico a denunciare il probabile collasso del rapportouomo-natura utilizzando gli strumenti propri di questo mondo (Meadows; 1972). Gli autori della ricerca avanzano infatti delle previsioni sulle conseguenze della continua crescita della popolazionesull’ecosistema terrestre e sulla stessa sopravvivenza della specie umana non a partire da semplici congetture,ma dai dati forniti da simulazioni formulate al computer sulla base di alcune variabili determinate quali la popo-lazione, le produzione di alimenti, l’industrializzazione, l’inquinamento e lo sfruttamento delle risorse. Introducendoil concetto di limite, essi in particolare elaborano una teoria di equilibrio globale del sistema fondata sull’idea dicrescita zero delle due variabili fondamentali - popolazione e investimenti - al fine di garantire la coesistenza diuomo e natura e, quindi, la sopravvivenza del pianeta, che altrimenti descrivono come destinato all’involuzione apartire dal secolo successivo. Accusato di alimentare il ‘mito della fine’ (Braillard; 1982) e di proporre una politica erronea capace più di rimandare ladata del collasso sistemico che non di eliminarlo (Ingleahart; 1977), il rapporto ha comunque un impatto rilevante: sebbenel’essenza del messaggio di cui esso è portatore venga infatti sostanzialmente rigettata dalla cultura economica interna-zionale - fondata sulla ferma convinzione che lo sviluppo tecnologico sopperirà a ogni rarefazione di risorse - esso producequell’immensa attenzione sul tema che nei decenni successivi continuerà ad alimentare il dibattito.In ambito architettonico, in particolare, quella che oggi viene individuata come l’architettura sostenibile degli annisettanta fu soprattutto la reazione dell’industria alla realizzazione del fatto che le costruzioni fossero fra le maggioriresponsabili del consumo di energia rendendo l’architettura una grande determinante dei problemi ambientali cheoggi affrontiamo. In questo senso, negli anni settanta l’US Green Building Council5 individua nelle costruzioni leresponsabili del 40% del consumo di energia e del 20% della quantità d’acqua utilizzata negli Stati Uniti (Mc Len-nan; 2004) e istituzioni come l’American Institute of Architecture iniziano a finanziare ricerche sul temadell’efficienza energetica e studi come Architecture and Energy – pubblicato dall’architetto americano RichardStein nel 1978 – giungono a scoperte importanti per il proseguo del dibattito come quella che è il modo in cuivengono costruiti gli edifici a causare il maggior spreco di energia.La maggior leva per il cambiamento arriva quindi con la crisi internazionale provocata dalla Guerra dello Yom Kippurnell’ottobre del 1973 durante la quale i paesi arabi produttori di petrolio si accordano per imporre un embargopetrolifero contro gli USA e gli altri paesi sostenitori di Israele. Un embargo che dura sei mesi, ma ha effetti deva-stanti sull’economia per diversi anni a venire, generando fra l’altro una crisi energetica decennale che diviene,tuttavia, uno stimolo verso la conduzione di ricerche progettuali alternative6.Essa rappresenta infatti per l’Occidente un’occasione di riflessione rispetto ai fondamenti della civiltà industrialee alle problematicità del suo rapporto con le risorse limitate del pianeta nonché all’uso delle fonti rinnovabili cheiniziano ad essere considerate come alternativa ai combustibili fossili stimolando tanti pensieri utopici quanterisposte concrete di natura tecnica e scientifica.

5 L’US Green Building Council èun’associazione no-profit privateche oggi conta quasi ventimilaiscritti. Fondata nel 1993 da MikeItaliano, David Gottfried e RickFedrizzi, l’organizzazione lavora perpromuovere la sostenibilità nelprogetto degli edifici, nel modo incui vengono costruiti e nel lorofunzionamento. Essa èriconosciuta a livellointernazionale come co-fondatricedel World Green Building Councilnato nel 1999 e per la definizionedel sistema di valutazione LEED(Leadership in Energy andEnvironmental Design). Cfr.http://new.usgbc.org/.6 La crisi petrolifera che nel 1973scosse l’economia mondiale nonfu conseguenza di una catastrofeambientale ma di una decisionedei Paesi Arabi associati all’OPEC– Organization of PetroleumExporting Countries - che, inseguito alla guerra con Israeledecisero di diminuire leesportazioni di petrolio versol’Occidente e di aumentarne ilprezzo per fare pressioni sugliStati Uniti e sull’Europa in favoredella causa palestinese.L’aumento del costo del petroliocausò l’aumento dei costidell’energia e quindi dell’inflazionedeterminando una grave crisifinanziaria in diversi paesi delmondo che si videro costretti adapplicare politiche di austerità emisure drastiche per limitare ilconsumo di energia. Cfr. R. SuggiLiverani; La guerra dello YomKippur e la crisi petrolifera; 2004.Disponibile sul sitowww.storico.org

9

01_storia sostenibilita_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 9

Page 15: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

Negli anni successivi alla crisi, le istituzioni si fanno, per esempio, portatrici di un atteggiamento mirato al raggiun-gimento dell’efficienza energetica mediante l’uso dello strumento legislativo: molti stati e molte regioni modificanoi loro regolamenti edilizi per incoraggiare livelli più alti di isolamento termico e concedono finanziamenti pubbliciper la ricerca di energia alternativa, generando enormi trasformazioni del paesaggio. Basti pensare all’AltamontPass Windfarm, nel nord della California, dove intorno alla metà degli anni settanta vengono installate quasi cin-quemila turbine eoliche; ai riscaldatori di acqua solari che, usati comunemente nella California meridionale diinizio secolo, vengono rimessi in uso comparendo come aggiunte sui tetti delle case unifamiliari; allo stato diIsraele all’interno del quale, grazie ad un programma di incentivi fiscali, in un solo decennio essi vengono installatinel novanta per cento delle abitazioni o alla comparsa delle prime cellule fotovoltaiche. I nuovi standard edilizi e i diversi incentivi in pochi anni permettono la riduzione del venti per cento del consumoenergetico, ma sono molti i critici a sostenere che non sempre essi abbiano portato alla definizione di progettimigliori (Ingersoll; 2009). Relegando la discussione sull’ecologia ai dati di natura tecnica e la definizione di naturaa quella di energia [Link_Natura], questo tipo di atteggiamento finisce infatti per definire spesso un approcciostrettamente quantitativo che rimane per lo più interno alla ricerca scientifica, senza riuscire quasi mai ad assumerequel punto di vista olistico che le riflessioni più avanzate del dibattito sull’etica ambientale auspicano già in questianni (Leopold; 1948. Naess; 1989). Tuttavia, all’interno delle stesse aree diventate simbolo di questo atteggiamento esso non è il solo ad essere assunto.Proprio in California, per esempio, l’approccio tecnico-legislativo alla questione ecologica durante gli anni sessanta e set-tanta viene affiancato da una vivace ricerca ambientalista mirata alla definizione di nuovi stili di vita. Nella San Francisco Bay Area viene fondata la rete di organizzazioni ambientaliste Friends of the Earth; nel 1968 StewartBrand pubblica il The Whole Eath Catalogue - opera destinata a diventare il testo di riferimento degli stili di vita della con-trocultura - e a metà degli anni sessanta viene progettato il Sea Ranch, uno dei primi insediamenti nei quali la questioneecologica viene tradotta nella riscoperta di strategie vernacolari e bioregionaliste con la definizione di una prospettiva diriscoperta del locale alla quale aderiscono molti architetti non solo in ambito americano.Se infatti, dopo il 1968, figure come Christopher Alexander - professore della University of California di Berkeley -cominciano a studiare i sistemi costruttivi elementari delle popolazioni indigene di ogni parte del mondo comerisposta al meccanicismo della ‘teoria dei sistemi’, l’architetto egiziano Hasan Fathy nel suo Architecture for thepoor presenta l’idea di provare a costruire nella maniera più eco-efficiente possibile all’interno dei confini di unaregione. Raccontando l’esperienza vissuta a New Gourna, egli propone lo studio e l’assimilazione delle antichetecniche di costruzione locali come mezzo attraverso il quale istruire e fornire un mestiere agli abitanti dei villaggipoveri e incoraggiare l’industria edile a fare a meno di materiali e tecnologie di importazione (Fathy; 1973).Secondo una logica di investimento nelle risorse locali che negli stessi anni influenza molti movimenti quali l’In-termediate Technology, in seguito Appropriate Technology, il gruppo, fondato dall’economista tedesco Ernst FriedrichSchumacher e ispirato al suo testo Small is beautiful, riconosciuto a livello internazionale per la sua critica almaterialismo e al capitalismo propri delle economie occidentali e per le sue proposte di adozione di tecnologieumane, decentralizzate ed appropriate. Se cioè, l’emergere della questione ambientale a livello istituzionale genera il definirsi di un atteggiamento pro-gettuale fortemente incentrato su risposte tecniche e quantitative universali, alcuni pionieri spostano il problemaverso la definizione di soluzioni locali che riconducono l’idea di sostenibilità non più al concetto di efficienza ener-getica e protezione ambientale, ma, più in generale, di autosufficienza stimolando anche una grande varietà diapprocci progettuali decisamente eccentrici.

7 Il Sierra Club è la più antica egrande organizzazione ambientaledegli Stati Uniti. Fondata il 28maggio 1892 a San Francisco inCalifornia dal conservatori sta epreservazioni sta John Muir, essaconta migliaia di soci. Cfr.www.sierraclub.org

10

01_storia sostenibilita_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 10

Page 16: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

In America Michael Reynolds propone un cambiamento di vita radicale attraverso la costruzione di Earthships -abitazioni nel deserto costruite usando pneumatici riciclati, bottiglie e mattoni cotti - mentre in Europa Settentrio-nale, così come in California, si formarono gruppi di utopisti fra i quali, per esempio, la Findhorn Comunne - uneco villaggio scozzese fondato sulla base di un approccio spirituale molto simile a quello di Steiner. Trasformazioni concrete e pensieri utopici, efficienza energetica e definizione di nuovi modelli di vita si intreccianostimolando lo sviluppo del dibattito.Nel 1969, in particolare, Ian Mc Harg, uno dei maggiori esponenti della pianificazione ambientale, pubblica Designwith nature tracciando le linee guida della stessa: un approccio interdisciplinare alla pianificazione, l’utilizzo ditecniche atte all’analisi dell’ambiente e delle sue risorse; un ampio spettro di azione sia da un punto di vista spa-ziale che temporale; la concezione dell’ambiente come sistema dinamico e la conseguente tutela dei suoi processinaturali. Pur prospettando uno scenario d’azione planetario secondo un modello d’atteggiamento tecnico, l’archi-tetto scozzese invita ad agire su scala locale, ponendo al centro della pianificazione le caratteristiche e le dinamicheproprie dell’ambiente con la volontà di conciliare le azioni dell’uomo con la natura, intesa non tanto in terminiquantitativi, quanto qualitativi (Mc Harg; 1969).Nello stesso modo, pochi anni più tardi, architetti come Sim Van der Ryn - altro professore della University of Cali-fornia di Berkeley - provano a combinare le due facce della questione. Architetto di stato sotto il governatore JerryBrown, negli anni settanta Van der Ryn, mentre si occupa della costruzione di sei edifici governativi a consumoottimale di energia da utilizzare come modelli, fonda il Farallones Institute, un’organizzazione impegnata nella pro-mozione di stili di vita più ecologici che nel 1979 pubblica, in collaborazione con il Sierra Club7, Integral UrbanHouse: Self-Reliant Livin in the City, un testo nel quale l’architetto prova a dimostrare come una famiglia normalepossa vivere più in armonia con gli elementi naturali e diventare relativamente indipendente dal punto di vista ali-mentare ed energetico (Olkowski; 1979). Tuttavia, nonostante figure come Fathy, Mc Harg e Van der Ryn rappresentino oggi riferimenti costanti all’internodel dibattito sulla sostenibilità, durante la prima fase di sviluppo dello stesso nessuna di queste figure riesce vera-mente ad emergere e nessuno degli atteggiamenti proposti riesce a raggiungere risultati tali da definire unapercezione positiva rispetto al cosiddetto progetto sostenibile. Se infatti tutti i tentativi compiuti permettono di ini-ziare a diffondere una maggior conoscenza degli obiettivi dello stesso, i loro frequenti fallimenti fanno sì che sidiffonda anche una generale sfiducia nei suoi confronti. Una sfiducia aggravata dalle scelte politiche che lo accom-pagnano. Una delle caratteristiche fondamentali della relazione tra filosofia politica e progettuale che sta alla base dellaprima fase di sviluppo del concetto di sostenibilità, infatti, è il bisogno di centralizzare il potere mediante la defi-nizione di linee guida forti e uniformi. La crescita dell’ambientalismo come movimento sociale e politico porta cioèalla definizione di un sistema di regolamentazione basato sulla convinzione che per raggiungere un cambiamentosostanziale in un breve periodo di tempo sia necessario un sistema forte di regolamentazione e di controllo che igoverni e gli attori locali non sarebbero in grado di gestire. Partendo quindi dal presupposto che aziende ed indu-strie non avrebbero cooperato volontariamente, ma che, al contrario, si sarebbero opposte in tutti i modi possibili,vengono definite regole rigide per la riduzione dell’inquinamento nelle varie componenti dell’ambiente (aria, acqua,suolo,…). Regole che, sebbene producano significativi miglioramenti, aprono anche tutta una serie di problemi e,conseguentemente, una forte critica al movimento.In particolare fra le più importanti limitazioni di questa politica vi sono i suoi alti costi per l’economia e gli affari -che portano, per esempio alla migrazione di molte industrie statunitensi soggette alla legislazione emanata con

11

01_storia sostenibilita_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 11

Page 17: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

l’obiettivo di eliminarne l’inquinamento -, la rigidità imposta all’industria, la creazione di un apparato burocraticocomplesso e ingombrante e la sua enfasi su azioni distinte di rimedio più che su azioni complessive e preventive.Ironicamente, infatti, l’enfasi - spesso propria del movimento ambientalista stesso e quindi delle politiche da essodeterminate - su concezioni quasi mistiche di un bilancio che deve essere preservato presume che la salvaguardiadello stesso sia un compito riservato a pochi - e soprattutto agli scienziati - gettando un aura apolitica sull’urgenzadella protezione della terra che mette da parte tutte quelle politiche ambientali concernenti le questioni di poteree di ineguaglianza, le relazioni sociali e così via. Definendo, cioè, politiche specifiche per le diverse componentidell’ambiente, l’approccio prescrittivo, finisce con il non preoccuparsi abbastanza dell’obbiettivo più ampio dellasostenibilità e quindi della natura globale di questo concetto, non arrivando mai a sviluppare, anche per quantoconcerne l’architettura, strategie e approcci più comprensivi capaci di fornire, nello stesso tempo, soluzioni per lariduzione dell’inquinamento, ma anche di incoraggiare il miglioramento dello sviluppo economico e della qualitàdella vita.Non a caso, in ambito progettuale, il movimento ‘tecnico’ che negli anni settanta inizia ad occuparsi della questioneecologica in questi stessi anni viene individuato con la definizione di Energy Conserving Design, e non come avvieneoggi con quella di Sustainable Design, rivelando, come abbiamo visto, una chiara inclinazione verso la sola que-stione energetica (Mc Lennan; 2004). Un’inclinazione sintomo dell’immatura comprensione dell’interconnessionedi tutte le questioni concernenti il movimento: il periodo non è maturo per un cambiamento a larga scala e questofa sì che, dopo pochi anni, molti progettisti scompaiano fra le file dei professionisti ignorando le lezioni con lequali essi avevano brevemente flirtato e che per molti l’architettura sostenibile degli anni settanta rimanga al mas-simo un pugno nell’occhio o una scomoda mania, relegando il movimento a margine e facendogli attraversarequella che John Stuart Mill probabilmente definirebbe fase del ridicolo. Una fase che, sotto certi aspetti, si protraeanche nel decennio successivo.Anche gli anni ottanta, infatti, sono caratterizzati da pochi segni importanti: il movimento sta diventando organiz-zato ma ha ancora molta strada da fare. Dopo il Rapporto Meadows, un altro momento di confronto si ha con laredazione della Carta Mondiale della Natura, approvata dall’ONU nel 1982. Ma se in questa si afferma a livellointernazionale la necessità di mutare il rapporto uomo-natura - delineando i tre obiettivi del mantenimento deiprocessi ecologici essenziali, della salvaguardia e conservazione della diversità genetica nel mondo animale evegetale e dell’utilizzo sostenibile degli ecosistemi -, essa negli anni successivi rappresenta solo una parentesi dipassaggio dall’attenzione al mito della fine e alla crescita zero del Rapporto Meadows a quella verso politicheopposte, finalizzate a una forte modernizzazione industriale.Passata l’emergenza dettata dalla crisi petrolifera degli anni settanta, l’energia diventa di nuovo economica e lepersone percepiscono nuovamente meno il bisogno di conservare, determinando un decennio di decadenza econsumo, politicamente regressivo in termini di ambiente, nel quale in ambito progettuale le considerazioni con-cernenti il luogo, il clima e la cultura passano in secondo piano e quelli che sarebbero poi diventati i principaliprotagonisti delle idee dell’architettura sostenibile nei decenni successivi affrontano moltissimi ostacoli: la buonainformazione resta scarsa8, così come resta scarso il sostegno da parte della mentalità industriale più diffusa; icosiddetti ‘materiali verdi’ sono pochi e quasi sempre più costosi e la frequente mancanza di conoscenza porta asbagli di progettazione che fanno sì che molti degli edifici progettati per conservare energia durante questi decennifiniscano anche presentare problemi che, tuttavia, diventano per i politici così come per i progettisti l’ennesimosintomo della necessità di considerare una serie di questioni più ampia.Emersa, in particolare, la necessità di sfruttare il comportamento mirato al continuo profitto dei produttori di ric-

8 Nel corso di tutti gli anni ottantagli articoli classificati secondo iltema della sostenibilità da motoridi ricerca internazionali comeAvery Index restano, per esempio,assolutamente limitati (2 articolinel 1984, 3 nel 1987, 4 nel 1988e 16 nel 1989) e possono esserericondotti per la maggior parte adalcune singole riviste quali‘Landscape Architectural Review’che, se nel 1987 pubblica unarticolo relativo alle strategiemondiali di conservazione dellanatura, già nell’anno successivopropone un articolo di PeterJacobs in cui lo svilupposostenibile viene presentato comeun obiettivo del XXI secolo. Cfr. R.McKechnie; Implementing theWorld Conservation Strategy; in‘Landscape architectural review’;v.8; n. 2; giugno 1987; p.23-24 eP. Jacobs; Sustainable andequitable development: a goal forthe 21st century; in ‘Landscapearchitectural review’; v.9, n.5;dicembre 1988, pp. 7-13.

12

01_storia sostenibilita_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 12

Page 18: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

chezza per indurli, tramite un nuovo forte sviluppo di mercato, ad un rapporto più sostenibile con l’ambiente, nel1983 viene istituita dall’ONU la Commissione Mondiale su Ambiente e Sviluppo - presieduta dal premier norvegeseGro Harlem Brundtland - con l’obiettivo di ridefinire il concetto stesso di sviluppo e di riformulare in termini piùindividuanti il limite insito nello stesso e nel 1980 importanti gruppi industriali quali l’American Solar EnergySociety e il Passive Solar Industries Council vengono formalizzati per continuare a supportare le idee stimolate neldecennio precedente. Alla fine degli anni ottanta, quindi, pochi obiettivi di quelli prefissati dalle politiche ambientali dei decenni prece-denti sono stati raggiunti e le costruzioni consumano più energia che mai, ma il lento processo di progressivaconsapevolezza dei problemi ambientali sembra iniziare a raccogliere attorno a sé le personalità e le idee chiaveche, pochi anni più tardi, avrebbero portato a cambiamenti significativi.

La formalizzazione: una fase ponte fra riforme e flessibilità (1980-2000)

A cavallo fra gli anni ottanta e gli anni novanta il complesso processo di definizione del dibattito subisce infattiuna svolta importante. La percezione della decadenza del decennio precedente e del visibile declino della salutedell’ambiente viene accelerata drasticamente da due eventi inquietanti: l’accertamento della presenza del buconell’ozono nel 1985 e la catastrofe della centrale di Chernobyl nel 1986, che, in pochi anni, insieme alla minacciasempre più presente del riscaldamento globale, stravolgono completamente l’atteggiamento nei confronti dell’eco-logia, portando la questione ecologica al centro del dibattito in molti campi e trasformandola in uno dei temiprincipali della politica locale e internazionale. In particolare, fra il 1987, anno della pubblicazione della relazione delle Nazioni Unite Our common future, e il1992, anno del Summit di Rio, la nozione di sostenibilità viene formalizzata e ufficialmente adottata dalla comunitàinternazionale determinando un cambiamento piuttosto radicale. Tenendo in considerazione le differenze di priorità fra i G20 ed i paesi in via di sviluppo, il lavoro che la Commis-sione Brundtland aveva sviluppato negli anni precedenti per provare a risolvere l’apparente conflitto fra tuteladell’ambiente e sviluppo - fra l’obiettivo di un ambiente meno inquinato per le genti ricche del Nord del mondo equello di una vita dignitosa per tutti i popoli della terra - porta alla conclusione che l’approccio allo sviluppoavrebbe dovuto mutare e divenire sostenibile prefigurando una nuova era di crescita fondata appunto sul concettodi sviluppo sostenibile.

L’umanità ha la possibilità di rendere sostenibile lo sviluppo, cioè di far sì che esso soddisfi i bisognidell’attuale generazione senza compromettere la capacità di quelle future di rispondere ai loro.

(Rapporto Brundtland; 1987)

Diversamente dal Rapporto Meadows, che insisteva sulla crescita zero come soluzione al problema ‘sviluppo eambiente’, esso insiste cioè su un concetto di crescita fondato su politiche tali da conservare e potenziare le risorseambientali, sul riorientamento tecnologico, sulla migliore gestione del rischio ambientale e sulla soddisfazione cre-scente dei bisogni primari delle popolazioni, oltre che sull’idea dell’interdipendenza globale per cui non esistonoproblemi separati e crisi ambientale e crisi energetica e crisi dello sviluppo dovrebbero essere affrontate solo attra-verso politiche e pratiche progettuali multi-settoriali. Secondo una prospettiva in cui l’idea di sviluppo comportalimiti, ma non più assoluti - come affermato nel rapporto del 1972 - quanto piuttosto imposti dall’attuale stato

13

01_storia sostenibilita_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 13

Page 19: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

della tecnologia e dell’organizzazione sociale, l’economia di mercato continua ad essere enfatizzata e l’attenzioneverso le realtà locali e le attività su piccola scala torna ad essere ridotta. Stimolando anche la formazione di unrilevante fronte critico.Nonostante venga infatti riconosciuto al Rapporto Brundtland e alla successiva conferenza di Rio il merito di averformalizzato il concetto di sostenibilità e di aver enfatizzato l’importanza degli aspetti economici e sociali all’internodel dibattito sul tema, essi vengono immediatamente ripresi a causa della loro accettazione incondizionata delsistema consumistico. A soli due anni dalla pubblicazione del rapporto gli economisti nordamericani Herman Dalye John Cobb pubblicano Un’economia per il bene comune, riprendendo il concetto di entropia definito da Clausiuse introdotto in ambito economico un decennio prima da Georgescu-Roegen, alimentando il dibattito apertosi neglianni settanta - ma già presente in tutto il secolo precedente (Martinez-Alier; 1991) - fra economia ecologica edeconomia ambientale e, più in generale, fra un punto di vista radicale e un punto di vista revisionista [Link_Tec-nologia]. Sotto la minaccia di quella che Ingersoll definisce come l’‘apocalisse verde’ prospettata dalle catastrofi ambientali(Ingersoll; 2009) il dibattito ecologico si fa quindi più intenso e varie ideologie ecologiste iniziano a muoversi indirezioni diverse, facendo anche il loro ingresso nell’arena accademica: sostenendo le ipotesi avanzate da JamesLovelock nella sua Teoria su Gaia, il filosofo norvegese Arne Naess definisce i principi dell’Ecologia Profonda; l’in-diana Vandana Shiva si fa promulgatrice dell’Ecofemminismo, mentre Murray Bookchin conia il termine EcologiaSociale. Inoltre, in questi anni, una parte del movimento ambientalista riprende con maggior considerazione laposizione dell’ingegnere americano Bukminster Fuller che già negli anni sessanta aveva promosso scienza ed tec-nologia come soluzioni al danno ecologico, definendo la posizione High Tech come una derivazione dell’ecologiariformista. Anche in campo architettonico, inoltre, i cambiamenti sono piuttosto rilevanti. Nello stesso anno del Summit diRio, Environmental Building News - quella che ancora oggi è la più importante fonte di informazione dell’industriasul tema - viene pubblicata per la prima volta, offrendo finalmente al mondo della produzione un’informazioneprofessionale obiettiva e imparziale sulle scelte di progettazione verdi, il numero di articoli pubblicati sul temainizia progressivamente ad aumentare9 e nel 1990-1991, sotto la leadership di Bob Berkebile, l’Istituto Americanodegli Architetti forma il suo primo Committee on the Environmental con la volontà di proporre ricerche all’internodelle quali l’energia non sia più l’unica questione, aprendo così il campo a una nuova fase dell’architettura soste-nibile. Almeno per certi aspetti, infatti, il tema comincia ad emergere in modo più complesso. Poco per volta, l’ideadella sostenibilità come modello complessivo di sviluppo inizia a consolidarsi a discapito dell’idea di ‘verde’ chela identificava col solo miglioramento ambientale e professionisti e teorici di questo movimento iniziano ad ampliarele questioni che consideravano come proprie.Alla fine degli anni ottanta l’oncologo svedese Karl-Henrik Robèrt coordina un ampio processo di creazione di con-senso nella comunità scientifica con lo scopo di dare una definizione sistemica, globale e operativa di sostenibilitàattraverso l’individuazione di condizioni di sistema che comprendono sia aspetti ecologici che sociali. Da questoprocesso emerge il framework di Sviluppo Sostenibile Strategico, noto anche come The Natural Step frameworkche dai primi anni novanta viene adottato da migliaia di organizzazioni del mondo e da moltissimi comuni, soprat-tutto nel Nord Europa - dove, per esempio, circa un quarto dei comuni svedesi adottano questa definizione per lapianificazione - e nel Nord America - dove il comune di Whislter, in Canada, adottando il Framework di The NaturalStep dal 2001, ha vinto il LivCom Award come miglior esempio al mondo di pianificazione per il futuro (TNS; 2000). Successive definizioni di sviluppo sostenibile in cui viene inclusa una visione globale vengono fornite nel 1991

9 Se fino alla fine degli anniottanta, gli articoli classificatisecondo il tema della sostenibilitàda motori di ricerca internazionalicome Avery Index, per esempio,sono meno di una ventinaall’anno, a partire dai primi anninovanta essi diventano primaqualche decina per poi iniziare asuperare il centinaio (inparticolare nel 1996) eraggiungere le qualche centinaiacon l’inizio del XXI secolo. Cfr. ilgrafico La storia della sostenibilitàin architettura.

14

01_storia sostenibilita_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 14

Page 20: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

dall’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura, dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente e dalFondo mondiale per la Natura10 che lo identificano come un miglioramento della qualità della vita senza eccederela capacità di carico degli ecosistemi di supporto dai quali essa dipende e dallo stesso Daly che, definendolocome uno sviluppo capace di mantenersi entro la capacità di carico degli ecosistemi, auspica la determinazionedi un equilibrio tra uomo ed ecosistema come elemento fondante di un economia per la quale il consumo di unadeterminata risorsa non deve superare la sua produzione nello stesso periodo (Daly; 1996). Nel 1994, infine, anche l’International Council for Local Enviromental Initiatives11 ne fornisce un’ulteriore definizionecome sviluppo che offre servizi ambientali, sociali ed economici di base a tutti i membri di una comunità, senzaminacciare l’operabilità dei sistemi naturali, urbano e sociale da cui dipende la fornitura di tali servizi. Le tre dimensioni economiche, sociali ed ambientali iniziano su più fronti ad essere pensate come strettamentecorrelate, individuando le loro reciproche interrelazioni come elementi centrali su cui definire ogni intervento diprogrammazione. In ambito politico, così come in ambito progettuale, le riflessioni sugli aspetti energetici inizianoad essere affiancate da riflessioni più ampie non solo sui materiali e sul loro rapporto con il benessere ambientalee umano, ma anche sugli aspetti economici e sulla qualità della vita. I significati attribuiti all’ecologia si moltiplicano e società e cultura vengono introiettate all’interno della definizionedi ecosistema [Link_Natura]. In questo senso, all’inizio degli anni novanta il concetto di edificio eco-sostenibiledal punto di vista tecnologico inizia ad essere affiancato da quello di bioarchitettura (Sasso; 1993) e testi comeEcological Design, iniziano ad auspicare la costruzione di edifici pensati come sistemi integrati al contesto, capacidi costituire un sostegno sia per i sistemi ecologici che per la qualità della vita (Cohen, Van der Ryn; 1996) e ladimensione locale assume nuovamente valore anche a livello istituzionale. Mentre infatti architetti come BalkrishnaDoshi e Fabrizio Carola riprendono sin dagli anni ottanta la dimensione regionalista introdotta da figure comeHasan Fathy e Ernst Friedrich Schumacher nei decenni precedenti [Link_Tecnologia], a livello internazionale il temaviene ripreso soprattutto a partire dalla Prima Conferenza Europea sulle Città Sostenibili durante la quale 80 ammi-nistrazioni locali europee e 253 rappresentanti di organizzazioni internazionali - oltre ai governi nazionali, agli istitutiscientifici, ai consulenti e ai singoli cittadini che partecipano alla conferenza - si impegnano ad attuare il pro-gramma d’azione scaturito dalla Conferenza di Rio, l’Agenda 21, a livello locale12 e ad elaborare piani d’azione alungo termine per uno sviluppo durevole e sostenibile. All’interno della Carta di Aalborg approvata in questa occasione in particolare le città riconoscono la propria respon-sabilità riguardo a molti dei problemi ambientali attuali attribuendo la stessa in primo luogo al presente stile divita urbano - ai modelli di divisione del lavoro, delle funzioni e degli usi territoriali, dei trasporti, della produzioneindustriale ed agricola, del consumo e delle attività ricreative - e al suo tenore, individuano il concetto di svilupposostenibile come guida per la commisurazione del livello di vita alle capacità di carico della natura e sottolineanola specificità di ciascuna città, ribadendone il compito di costruire appropriate strategie locali attraverso l’inte-grazione dei principi generali della sostenibilità nelle rispettive politiche e a partire dalle proprie risorse.Descrivendo la sostenibilità come un processo locale creativo volto a raggiungere l’equilibrio che abbraccia tutti icampi del processo decisionale locale, la carta infine introduce la negoziazione come metodo di risoluzione deiproblemi. Partecipazione dei cittadini e delle comunità iniziano ad essere individuati come elementi chiave per ilcoinvolgimento diretto dei diversi gruppi di interesse al processo decisionale locale.La più generale disgregazione dello spazio politico iniziata con la caduta del muro di Berlino e la crisi delle demo-crazie nazionali, aggiunta al fatto che durante la prima fase i governi nazionali avevano praticamente ignorato ilpiù ampio movimento della sostenibilità, generando come detto uno scetticismo generale, fa sì che nella fase di

10 L’Unione Mondiale per laConservazione della Natura(IUCN), il Programma delle NazioniUnite per l’Ambiente (UNEP) e ilFondo mondiale per la Natura(WWF) rappresentano tre delleprincipali organizzazioniinternazionali per la conservazionedella natura. L’IUCN, fondata nel1948, è la più antica ed estesaorganizzazione ambientale chelavora per influenzare, incoraggiaree assistere le società del mondoal fine di conservare l’integrità e ladiversità della natura e diassicurare che qualsiasi utilizzodelle risorse naturali sia equo eecologicamente sostenibile;l’UNEP è un’organizzazioneinternazionale che opera dal1972 contro i cambiamenticlimatici a favore della tuteladell’ambiente e dell’usosostenibile delle risorse naturali,mentre il WWF è la principaleorganizzazione mondiale per laconservazione della natura. Nelcorso degli ultimi decenni questetre istituzioni hanno spessocollaborato giungendo peresempio alla redazione condivisadella Carta Mondiale per laNatura (1980) Cfr. www.iucn.org;www.unep.org; www.wwf.org.11 L’International Council for LocalEnvironmental Initiatives (ICLEI) èun’associazione internazionaleche raggruppa governi locali eorganizzazioni governativeimpegnate al raggiungimento diun futuro sostenibile. Fondato nel1990 in occasione del CongressoMondiale delle AmministrazioniLocali per un Futuro Sostenibile –acui parteciparono oltre 200

15

01_storia sostenibilita_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 15

Page 21: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

formalizzazione del tema, a partire soprattutto dagli anni novanta, la fiducia nei confronti dei governi stessi e nelfatto che questi, da soli, possano dirigere o controllare tutte le attività diminuisca drasticamente e inizia a diffon-dersi la consapevolezza che le strategie prescrittive, benché estremamente utili come cornice legale e politica, peressere realmente efficaci debbano essere completate da una molteplicità di strategie collaborative definite dasoggetti diversi. Già a partire dalla metà degli anni ottanta, inizia quindi a diffondersi l’idea che un approccio piùdecentralizzato e collaborativo nella definizione delle politiche, delle regole e degli obiettivi sia il modo miglioreper rispondere alle agende nazionali. E in questo senso, associazioni professionali, imprenditori industriali, gruppino-profit e singoli individui iniziano ad applicare approcci diversi, dando vita ad una vera e propria fase di transi-zione caratterizzata appunto dagli sforzi per rendere più flessibile ed efficiente l’apparato normativo definito nelleprima fase. Pensata come tentativo di affrontare i problemi di decisionalità e di efficacia generati nel periodo precedente(Fareri; 2004), la democratizzazione dei processi decisionali viene rivalutata come contromisura da parte degliattori istituzionali: ad Otranto, in Italia, per esempio, l’Unesco e l’amministrazione comunale coinvolgono RenzoPiano e altri professionisti di alto livello nell’organizzazione di un laboratorio di quartiere pensato come strumentodi riappropriazione attraverso il quale far rinascere l’orgoglio di vivere nella città antica, mentre in Germania, attra-verso le proposte di progettisti come Peter Hübner, diverse istituzioni scommettono sul processo didemocratizzazione sia come mezzo con il quale provare a risolvere i conflitti sociali sia come strumento educativo[Link_Democratizzazione].Seguendo questa prospettiva, il passo della legislatura e del processo di identificazione di nuove minacce ambien-tali - quali il buco nell’ozono prima e il riscaldamento globale poi - e delle relative fonti di inquinamento rallentain modo sensibile rispetto ai decenni precedenti, ma gli obiettivi vengono estesi. In particolare, l’obbiettivo di defi-nire un apparato normativo rigoroso viene progressivamente sostituito - anche se mai dal tutto - dalla volontà dibilanciare gli obbiettivi ambientali con le priorità economiche e sociali, mediante politiche più flessibili, caratte-rizzate da incentivi, tanto quanto da prescrizioni di governo: il desiderio sembra essere quello di trovare un terrenodi mezzo con la fiducia nel fatto che portare insieme nell’arena politica i principali portatori di interesse possafavorire una maggiore comprensione e cooperazione e permettere a tutte le parti di focalizzarsi sull’area di interessicondivisi e di accordo politico.In ambito politico, così come in quello architettonico, all’interno del quale sembra diffondersi la consapevolezzache, affinché il movimento dell’architettura sostenibile cresca ulteriormente, sia necessario definire un approcciopiù inclusivo, non necessariamente condotto e guidato dagli architetti.Negli Stati Uniti, per esempio, verso la metà degli anni novanta David Gotterfried e Mike Italiano suggeriscono unanuova visione dell’AIA’s Committee on the Environment, una visione che vede il comitato come un’associazionevolontaria composta da componenti rappresentativi di tutti gli aspetti della professione - architetti e architetti delpaesaggio, ingegneri, costruttori, industriali e accademici - proponendo così un approccio inclusivo che si rivelaessere uno dei più significativi passi in avanti nel campo verso la sostenibilità. Già nel 1993, infatti, il US GreenBuilding Counci (USGBC) è formato e comprende personalità molto diverse che, come previsto da Gottfried e Ita-liano, avviano importanti progetti pilota, fra i quali la definizione del sistema di classificazione LEED (Leadershipin Energy e Environmental Design), che ha come obiettivo principale quello di aiutare i progettisti a capire quantoun edificio sia ‘verde’ e abbia delle buone performances ambientali.Contemporaneamente, in tutto il mondo, si arriva all’organizzazione di molte conferenze interdisciplinari, a livelloregionale, nazionale e internazionale, che servono a raccogliere persone, idee e materiali, portando anche ad un

amministrazioni provenienti da 43diversi paesi – oggi conta oltre550 città e regioni iscritte. Cfr.www.iclei.org.12 L’Agenda 21 è un ampio edarticolato ‘programma di azione’che costituisce una sorta dimanuale per lo svilupposostenibile del pianeta. Consistein una pianificazione completadelle azioni da intraprendere allediverse scale dalle Nazioni Unite,dai governi e dalle amministrazioniin ogni area in cui la presenzaumana ha impatti sull’ambiente.Strutturato in quattro parti(dimensione economica e sociale,conservazione e gestione dellerisorse, rafforzamento del ruolo deigruppi più significativi, mezzi diesecuzione del programma), ildocumento pone alla base delprocesso di sviluppo principidecisionali democratici quali lasussidiarietà, la responsabilità, latrasparenza e la partecipazionepubblica. Cfr. www.a21italy.it.

16

01_storia sostenibilita_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 16

Page 22: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

netto miglioramento dell’architettura costruita: gli edifici vengono disegnati meglio, sia tecnicamente che esteti-camente e nuove costruzioni come il Deramus Pavilion (1995), il Wildflower Center (1998) e il Chesapeake BayFoundation (1999) vengono largamente pubblicate e ammirate sia in termini puramente compositivi, sia dal puntodi vista ambientale. Inoltre, organizzazioni come l’AIA Committed of the Environment iniziano ad istituire dei premiannuali con lo scopo di riconoscere i progetti migliori, sia in termini di performance ambientali, sia, diciamo, diperformance artistiche e anche architetti di fama iniziano ad avvicinarsi e a sostenere il movimento. Nel corso degli anni novanta, per esempio, Renzo Piano costruisce la retorica di legittimazione del progetto delCentro culturale Kanak a Noumèa, in Nuova Caledonia, sull’idea di rispetto per l’ambiente e per la cultura che inesso si esprime propria del concetto di sostenibilità, mentre Richard Rogers, dopo aver lavorato alla redazione delmasterplan per la riqualificazione sostenibile della penisola di Greenwich a Londra, nel 1997 pubblica Cities fora small planet – un breve testo considerato come un manifesto per la città sostenibile - e l’anno seguente vieneinvitato dal vice primo ministro britannico John Prescott a presiedere la Urban Task Force del governo per la pre-parazione di un piano strategico globale sostenibile per la Gran Bretagna.Nel testo, in particolare, l’architetto britannico sposa implicitamente i concetti della Carta Europea dell’ Energiaincentrando il discorso sui concetti di cittadinanza attiva e di comunità urbana e sull’idea di un uso adatto delletecnologie, definendo temi centrali per lo sviluppo del dibattito (Roger; 1997). In ambito progettuale infatti è attorno a questi che iniziano a definirsi famiglie di atteggiamenti diversi rispetto allaquestione della sostenibilità che, convivendo, sovrapponendosi e intrecciandosi, persistono ancora oggi.Come sottolineato da svariati testi rivolti allo studio dell’idea di architettura sostenibile (Brennen; 2009. Gauzing-Müller; 2003), differenti posizioni rispetto al ruolo della tecnologia all’interno del progetto architettonico e urbanohanno, per esempio, portato al definirsi dell’importante dialettica fra i pionieri del low-tech o del natural buildinge le cosiddette stelle dell’high-tech, o dell’high performance building. Mentre cioè alcuni architetti seguono il pen-siero di precursori come Paolo Soleri, affermando la necessità di contrastare la rigidità e la freddezza dellecostruzioni moderniste e la fede incontrastata nella tecnologia attraverso la realizzazione di edifici più convivialifondati sull’utilizzo di tecnologie appropriate e materiali naturali o riciclati, altri si sono fatti interpreti del pensierodi Fuller lavorando per superare la contraddizione insita nel fatto di proporre soluzioni tecnologiche ad alta entropiaper ridurre l’entropia stessa e enfatizzare i vantaggi delle tecnologie verdi energicamente efficienti [Link_Tecnologia].In questo senso progetti come il recupero degli insediamenti residenziali ad Alençon di Lucien Kroll (1979), il quar-tiere residenziale bio-ecologico Schafbruehl a Tubinga di Joachim Eble (1987), le scuole costruite negli anninovanta secondo il principio dell’auto-costruzione di Peter Hübner ma anche le costruzioni in terra di architetticome Sverre Fehn, Françoise-Hélène Jourda e Gilles Perraudin e Fabrizio Carola e le architetture realizzate conmateriali non convenzionali dal Rural Studio, negli anni si sono confrontati con un’architettura ad alte prestazioniambientali simboleggiata dai complessi per uffici e dalle grandi costruzioni spettacolari in metallo e vetro realizzateda molti protagonisti dell’architettura internazionale come Norman Foster, Renzo Piano, Richard Rogers e ThomasHerzog. Ma se simboli dell’eco-tech (Gauzing-Müller; 2003) come la torre della Commerzbank a Francoforte sul Meno(1994-1997) e la cupola del Parlamento tedesco a Berlino (1993-1999) sembrano rendere le due posizioniinconciliabili, figure come Françoise-Hélène Jourda e Stefan Behnisch si pongono a cavallo delle stesse mostrandol’esistenza di un terzo punto di vista che negli anni ha raccolto molto seguito nel centro-Europa.Abbinando materiali della tradizione con prodotti industriali innovativi, edifici come l’IBN Institute for Foresty andNatural Research di Wageningen (1998) o il Giardino Botanico di Bordeaux (1999) propongono infatti un’archi-

17

01_storia sostenibilita_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 17

Page 23: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

tettura caratterizzata da un’immagine fortemente contemporanea - propria soprattutto delle posizione high-tech -ma sostenuta da una filosofia umanista - propria principalmente della posizione low-tech - che cerca di individuareuna terza via capace di definire un’architettura sostenibile che non sia né utopica, né un lusso.Le contemporanee riflessioni sull’idea di democratizzazione [Link_Democratizzazione] contribuiscono poi a com-plessificare e rendere labile questo quadro di atteggiamenti. Oltre a ragionare sul significato e il ruolo dellatecnologia, il dibattito sulla sostenibilità spinge infatti molti architetti aderenti a tutte le famiglie di atteggiamentisopra citate ad enfatizzare la dimensione socio-politica dell’architettura con l’assunzione di ulteriori punti di vista.Se infatti per molti dei progettisti più inclini alla tecnica questo spesso significa riconcettualizzare il ruolo dellaprofessione architettonica e definire un nuovo approccio con altri professionisti come scienziati naturali e ingegneri,per altri esponenti in alcuni casi riconducibili alla stessa posizione a diventare centrale è una forte componentedi condivisione e di partecipazione sociale. In questo senso, per esempio, la stessa Jourda, dopo aver firmato insieme ad altri colleghi come Foster, Roger ePiano La carta per l’energia solare in materia di architettura e urbanistica (Herzog; 1996) fonda l’EO.CITE, un’agen-zia di consulenza per lo sviluppo atta ad insegnare a imprenditori, funzionari e cittadini a utilizzare una visioneglobale dello sviluppo sostenibile attraverso la promozione di nuovi stili di vita e di lavoro, di nuovi obiettivi socialie nuove riflessioni sul futuro delle città, mentre Benisch, convinto che siano coloro che utilizzano un edificio apoterne influenzare il valore ecologico attraverso i comportamenti e la richiesta di energia, definisce l’architetturasostenibile come un’architettura incentrata sulla cultura tanto quanto sulla realizzazione stessa degli edifici, capacedi educare la gente, di insegnare loro le regole di condotta nell’era postpetrolifera e di rimodularne i comportamenti(Contale, Revedin; 2009).In paesi come la Germania, l’Olanda e la Scandinavia, ma anche come l’Alabama, il Sud Africa e il Mali, le rifles-sioni sull’idea di democratizzazione sfociano inoltre nello sviluppo di un ecologia democratica destinata a utentisensibilizzati e responsabili. Fedele alla strada da lui stesso avviata negli anni settanta, Peter Hübner negli ultimidecenni realizza abitazioni, scuole e centri giovanili destinati a famiglie di modesta condizione economica graziealla loro collaborazione attiva alla progettazione, alla costruzione e alla gestione degli stessi (Hübner; 2007); nel1992 Samuel Mockbee fonda presso la Auburn University il Rural Studio con lo scopo di insegnare agli studentiad utilizzare la costruzione come leva economica e l’architettura come leva culturale facendoli calare nella durarealtà sociale dell’Alabama (Mockbee; 1998); mentre negli stessi anni Carin Smuts lavora nelle township suda-fricane guidata dalla convinzione che l’architettura sia prima di tutto azione sociale e che il vero elementosostenibile sia quindi la popolazione e non la struttura (Galoffre; 2008).A queste riflessioni, infine, si aggiunge ancora la questione della forma. Inserendosi spesso in una posizione acavallo fra l’estremo high tech e quello low tech, diversi architetti reagiscono alla crisi ambientale dando una rispo-sta - spesso soprattutto estetica - che ricorda la Land Art e cioè cercando di rievocare le forme del terreno e diintegrarsi in esse. L’idea, resa popolare dall’architetto argentino Emilio Ambasz già all’inizio degli anni ottanta,viene ripresa non solo da molti architetti del panorama internazionale - basti pensare allo stesso Centro culturaleKanak a Noumèa (1991) o alle colline del centro Paul Klee di Berna (2003) di Renzo Piano o all’edificio per ufficidella rete televisiva RVU di Hilversum o al padiglione dei Paesi Bassi all’Expo di Hannover realizzati dallo studioMVRDV (1997) - ma anche nel mondo della botanica attraverso figure come quella del botanico francese PatrickBlanc che verso la fine degli anni novanta perfeziona un metodo per creare collage di materiali vegetali da usarecome rivestimento, in seguito utilizzati in progetti di fama internazionale come il Musée du quai Branly a Parigi diJean Nouvel (2006) e il Caixa Forum Art Museum a Madrid di Herzog & de Meuron (2007).

18

01_storia sostenibilita_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 18

Page 24: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

Ma questa non è l’unica posizione interna al dibattito. A partire soprattutto dagli anni novanta, si diffonde infatti,soprattutto in alcune regioni alpine, anche un nuovo punto di vista riconducibile a quella posizione che DomeniqueGauzing-Müller definisce come minimalismo ecologico. Una nuova generazione di architetti ed ingegneri si sta cioèavvalendo di processi costruttivi e tecnologie innovative per realizzare un’architettura minimalista e contemporaneache, pur senza esibire parametri ecologici e coefficienti di risparmio energetico, integra gli stessi come elementicostitutivi del progetto sposando un’idea forte e rigorosa del disegno per offrire una risposta adeguata ai vincolidel luogo e del programma (Gauzing-Müller; 2003). L’attività progettuale degli ultimi decenni dei Baukünstleraustriaci si propone così, per esempio, come alternativa all’atteggiamento assunto dai costruttori delle metaforeverdolatriche (Repishti; 2008) attraverso l’idea di trasformare la crescita in sviluppo mediante la ricerca architet-tonica, unendo in tal modo cultura locale e gusto contemporaneo, tecnologia ed ecologia, architettura e industriadelle costruzioni e contribuendo ulteriormente all’arricchimento del dibattito.Muovendosi in direzioni diverse, complessificandosi ed ampliandosi grazie a punti di frattura quanto a linee dicontinuità, fra gli anni ottanta e gli anni novanta, il movimento matura assumendo, in generale, un atteggiamentodifferente: chi sostiene l’architettura sostenibile inizia a parlarne in modo diverso e il duro messaggio di consape-volezza rivolto a ‘chi costruiva in modo sbagliato’ proprio della prima fase del dibattito inizia ad essere sostituitoda argomentazioni più persuasive che presentano piuttosto i benefici di una progettazione diversa.Passato quindi da una posizione marginale ad una centrale, il movimento assume fiducia espandendosi notevol-mente: durante quella che Longhi definisce come seconda fase del suo sviluppo (Longhi; 2004) vengono createnuove riviste e anche giornali tradizionalmente più conservatori, come Architectural Record, iniziano a pubblicarearticoli sull’argomento13. Il processo di formazione dell’attuale paradigma di sostenibilità in architettura ha inizio.

La natura globale del concetto: verso comunità sostenibili (1990-2010)

Se, infatti, ancora agli inizi degli anni novanta, il progetto sostenibile era un tema marginale, all’inizio del nuovomillennio il tema è diventato centrale e, secondo molti dei testi che ne provano a ricostruire la storia, il decennioche stiamo vivendo sarà probabilmente conosciuto come il decennio in cui la questione ecologica è diventatacomunemente accettata e riconosciuta (McLennan; 2004. Ingersoll; 2009). Negli ultimi anni persone con back-ground e stili di vita diversi hanno infatti iniziato ad adottare i principi del progetto sostenibile e ‘il verde’ èdiventato, almeno in modo retorico, una vera e propria politica. Anche nel senso stretto del termine.Basti pensare a quanto accaduto già alla fine degli anni ottanta in Germania dove il nuovo livello di allarmismocausato soprattutto dalla catastrofe di Chernobyl ha aiutato il partito ecologista tedesco a prendere l’8% dei votia livello nazionale e a prendere il potere in alcune città, come Friburgo, che poco più tardi hanno iniziato a definirele politiche più progressiste d’Europa, fornendo un chiaro esempio dei cambiamenti avvenuti nelle politiche ediliziee negli stili di vita della città. In questo senso, negli ultimi decenni le barriere percepite rispetto al progetto sostenibile sembrano, almeno inparte, essere cadute: le persone stanno iniziando a credere che esso generi edifici migliori, certamente più sani emeno costosi a lungo termine, ma, in alcuni casi, anche a breve termine; architetti particolarmente sensibili al tema,come per esempio l’architetto australiano Glenn Murcutt, stanno iniziando a ricevere riconoscimenti importanti, qualiil Pritzker Prize for Design, assegnato ai migliori progettisti dell’anno dall’AIA e conferenze sul tema ottengono semprepiù adesioni14. Inoltre, molte città e governi hanno adottato il sistemi di classificazione come il LEED come il loro stan-dard minimo per le costruzioni e, grazie ad una lista crescente di studi produttivi redatti da figure come gli architetti

13 In particolare il primo articolo diArchitectural Record classificatosecondo il tema della sostenibilitàda motori di ricerca internazionaliquali Avery Index è un articolo diJames Wines pubblicato nel 1990e dedicato al ruolo dellacosiddetta ‘architettura verde’nell’ambiente costruito. Cfr. J.Wines; Green Architecture; in‘Architectural Record’; n.178;aprile 1990; pp. 78-83.14 In questo senso è per esempiosignificativa la vicenda del GreenBuilding Summit, la conferenzaannuale organizzata dall’USGBC:nel 2002 in occasione del primoincontro a Austin, in Texas, laconferenza ha attirato circaquattromila partecipanti e dovettechiudere le registrazioni unasettimana prima che la conferenzainiziasse. Negli anni successiviquesta è quindi cresciuta fino alraggiungimento di cinquemilapartecipanti. Cfr. J. McLennan; Thephilosophy of sustainable design:the future of architecture;Ecotone; Kansas City; 2004.

19

01_storia sostenibilita_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 19

Page 25: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

americani Judy Heerwagen e Vivian Loftness con lo scopo di dimostrare che il ‘verde’ può avere dei ritorni sostanziali eimmediati, anche la parte più scettica del mondo industriale si sta avvicinando al tema. Tuttavia, al di là della crescente importanza dell’idea, la caratteristica distintiva della fase di maturità in cui il temapare essere entrato (Longhi; 2004. McLennan; 2004) sembra soprattutto essere la realizzazione da parte di unnumero crescente di persone del fatto che sia necessaria una fondamentale trasformazione non di alcuni aspettitecnici della nostra vita, ma del modo in cui gli uomini si relazionano all’ambiente e, più in generale, di quellocon cui conducono le loro vite. In quest’ultima fase di sviluppo del dibattito, cioè, obbiettivi come la riduzione del-l’inquinamento e la ricreazione degli habitat - propri soprattutto della prima fase - appaiono assolutamente sbiaditie limitati rispetto a quello della sostenibilità, finalmente inteso considerando la completa complessità del termine. Al di là dell’ambiguità che continua a caratterizzare il termine - esiste una sostenibilità debole ed una forte, peralcuni essa rappresenta un insieme di regole pragmatiche, per altri è un imperativo etico e morale - e delle mol-teplici posizioni che da questa derivano, nell’ultimo decennio sembra infatti piuttosto chiaro che la lezione daimparare dagli anni settanta e ottanta non sia tanto quella che il compromesso e la cooperazione siano necessariper ammorbidire la rigidità del sistema top-down di definizione di regole e controllo - come avvenuto nella secondafase -, ma che sia invece necessario un approccio fortemente più coraggioso e comprensivo capace di definireuna filosofia e una strategia della sostenibilità.Andando ben oltre la più ristretta attenzione caratteristica del primo modo di pensare e delle prime politiche: ilmaggiore cambiamento avvenuto nell’arco delle tre fasi di sviluppo del progetto sostenibile sembra certamenteessere la transizione dall’idea di protezione ambientale a quella di sostenibilità, nella quale le questioni consideratenella prima sono diventate inglobate in una struttura più comprensiva.Una struttura per la definizione della quale non è più sufficiente il processo di decentralizzazione iniziato nellaseconda fase, ma sono invece necessarie strategie multisettoriali e integrative basate sulle comunità e sulla valo-rizzazione dell’idea di biodiversità.In questo senso, nel 2001 l’UNESCO amplia il concetto di sviluppo sostenibile definendo la diversità culturale eil pluralismo come un patrimonio comune dell’umanità.

La cultura assume forme diverse nel tempo e nello spazio. La diversità si rivela attraverso gli aspetti originali ele diverse identità presenti nei gruppi e nelle società che compongono l’Umanità. Fonte di scambi, d’innovazionee di creatività, la diversità culturale è, per il genere umano, necessaria quanto la biodiversità per qualsiasi formadi vita. In tal senso, essa costituisce il patrimonio comune dell’Umanità e deve essere riconosciuta e affermataa beneficio delle generazioni presenti e future […] Nelle nostre società sempre più diversificate, è indispensabile assicurare un’interazione armoniosa e una sol-lecitazione a vivere insieme di persone e gruppi dalle identità culturali insieme molteplici, varie e dinamiche.Politiche che favoriscano l’integrazione e la partecipazione di tutti i cittadini sono garanzia di coesione sociale,vitalità della società civile e di pace. Così definito, il pluralismo culturale costituisce la risposta politica alla realtàdella diversità culturale. Inscindibile da un quadro democratico, il pluralismo culturale favorisce gli scambi cul-turali e lo sviluppo delle capacità creative che alimentano la vita pubblica […]La diversità culturale amplia le possibilità di scelta offerte a ciascuno; è una delle fonti di sviluppo,inteso non soltanto in termini di crescita economica, ma anche come possibilità di accesso ad un’esi-stenza intellettuale, affettiva, morale e spirituale soddisfacente.

(UNESCO; 2001)

20

01_storia sostenibilita_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 20

Page 26: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

Con la definizione di un punto di vista per il quale diversità e pluralismo culturale divengono fattori di sviluppo ediventa centrale il superamento delle posizioni del funzionalismo verde spesso determinate nelle fasi precedenti.Se infatti, sotto certi aspetti, la coscienza ecologica rientra nel generale allontanamento dal determinismo, dal-l’antropocentrismo e dalla teleologia, sotto molti altri, i presentimenti apocalittici oggi latenti a causa dellaconsapevolezza del riscaldamento globale e degli altri problemi e rischi ambientali hanno involontariamente portatomolti teorici contemporanei verso una restaurazione dell’idea, molto criticata, di una meta-narrazione (Pyla; 2008).Contrariamente alle sue intenzioni, cioè, il cosiddetto progetto sostenibile ha spesso prodotto un insistente fun-zionalismo ambientalista che, carico di strutture ideologiche, si è occupato dei sintomi delle questioni senzaaffrontare lo status della sovrastruttura che ha permesso che questi si manifestassero, con il risultato di produrre,nella maggior parte dei casi, soluzioni temporanee a effetto placebo. Un risultato che solo la crescente consape-volezza della terza fase sulla reale missione della sostenibilità sembra poter superare. In questo senso, risulta particolarmente significativa la critica che inizia ad essere rivolta a molti approcci di tipoburocratico al progetto sostenibile. L’obiettivo politico di tenere in considerazione gli aspetti ecologici in modo daarrivare ad un design e uno sviluppo più efficienti - ulteriormente incentivato dal Protocollo di Kyoto firmato nel1997 ed entrato in vigore nel 2005 - ha infatti spesso determinato la definizione di pragmatiche liste di controllocon lo scopo di quantificare la costruzione e le prestazioni degli edifici: lo studio HOK - uno dei più grandi studi almondo spesso scelto da numerose agenzie impegnate nell’ecologia - per esempio, usa un metodo che comportauna serie infinita di elenchi di controllo, mentre nell’ultimo decennio il sistema di valutazione LEED elaborato dalGreen Building Council statunitense è stato applicato a più di 14.000 progetti. Ma oggi i pareri rispetto a questotipo di approccio stanno cambiando e non è più un’eccezione il punto di vista di chi pensa che si tratti di unmetodo che, aggiungendo la voce sostenibilità alle sue tabelle, non fa nulla per cambiare la logica positivisticache ha creato il problema. Le critiche rispetto ad edifici, come la California Academy of Science di Piano o il GettyCenter di Mayer, che hanno ricevuto valutazioni molo alte da questi sistemi, sono sempre più frequenti (Ingersoll;2009) ed in molti oggi provano a rivelare le loro contraddizioni incentivando fortemente il riferimento ad altri tipidi approcci. Anche a livello istituzionale. Il Vertice Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile tenutosi a Johannesburg nel 2002, in particolare, affermando lanecessità di distinzione tra crescita e sviluppo - tra approccio quantitativo e qualitativo ai problemi - e ponendoal vertice della piramide dei valori individuata dal tema della sostenibilità il pilastro sociale, segna un punto disvolta importante. Lo sviluppo diventa cioè prioritario rispetto alla crescita economica e l’educazione allo svilupposostenibile diviene elemento centrale. A partire dal Vertice, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite proclama infatti il DESS - Decennio dell’Educazioneallo Sviluppo Sostenibile - per il periodo 2005-2014, affidando all’UNESCO il compito di coordinarne e promuo-verne le attività secondo l’obiettivo di sensibilizzare i governi e le società civili di tutto il mondo verso la culturadella sostenibilità. Una cultura basata su una prospettiva di sviluppo durevole nella quale le tutele di natura qua-litativa e sociale vadano ad integrarsi con le esigenze quantitative di conservazione delle risorse e degli ecosistemi- trovando sostegno reciproco - e caratterizzata da elementi cardine quali l’interdisciplinarietà, decisioni condivisee partecipate e l’importanza del contesto locale. Responsabilità sociale e qualità diventano elementi cardine sucui sviluppare le politiche internazionali.In questo senso, negli ultimi anni direttive europee quali la direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energeticadegli edifici sono state affiancate da norme quali la ISO26000 e ISO9400 che si occupano rispettivamente di for-nire una guida mirata a responsabilizzare tutti i tipi di organizzazioni sull’impatto delle loro attività sulla società e

21

01_storia sostenibilita_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 21

Page 27: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

sull’ambiente e indicazioni relative ai sistemi di gestione per la qualità in ambito aziendale e non atte a definirelinee guida per mantenere e sviluppare le proprie prestazioni nel lungo periodo attraverso un bilanciamento degliinteressi economico-finanziari con quelli ambientali e conseguire così un successo sostenibile.Inoltre, in ambito architettonico, le teorie e le retoriche sviluppate nell’ultimo decennio dalla prima sfaccettatagenerazione di architetti ecologisti non sembrano sempre prestarsi facilmente alla quantificazione richiesta dalladiplomazia internazionale dopo Kyoto, ma in molti casi sembrano invece avvicinarsi di più al significato complessodel progetto sostenibile.Basti pensare all’approccio definito verso la fine degli anni novanta da Sim Van der Ryn e Stuart Cohen: il lorosistema di cinque principi per un design ecologico - coltivare soluzioni originarie del luogo, impostare il progettoin base a valutazioni di tipo ecologico, imitare la natura x inserirsi armonicamente in essa, realizzare che chiunquepuò essere progettista e rendere visibile la natura - per quanto possa guidare i progettisti verso l’applicazione dipratiche corrette, non cercando di dare un valore numerico a un effetto calcolabile, non sembra tener conto degliaspetti burocratici legati al budget energetico (Cohen, Van der Ryn; 1996). Secondo la stessa linea di programmaproposta anche dai sostenitori del Natural Capitalism, il piano ecologico per l’industria definito da Amory Lovins15

con la volontà di ricondurre il mondo della società dei consumi verso stili di vita più ecologici.L’obiettivo di una buona parte del dibattito sembra cioè essere diventato quello di risolvere il problema alla radicee non più con soluzioni formali o tecniche di superficie e se, in questa prospettiva, modelli pratici come il BedZEDdell’architetto inglese Bill Dunster rappresentano progetti sperimentali importanti, i riferimenti occidentali oggi nonsono di certo i soli possibili. Seppur inizialmente sollevata come problema di natura etica solo nei paesi industria-lizzati dell’Occidente, la sostenibilità è infatti ormai diventata argomento tecnico, politico e legale al centro deldibattito internazionale. E nonostante alcuni paesi in via di sviluppo, con alcuni progetti di facciata come DongTang, stiano rischiando di ripetere gli stessi errori già compiuti dai paesi sviluppati, in alcune parti del terzo mondosi sta lavorando per costruire una coscienza ecologica basata non solo sulla conservazione delle risorse, ma anchesul rispetto e lo sviluppo delle tradizioni. Ragione per la quale, giunti alla fase di maturità del progetto sostenibile,i contributi di progettisti africani come Diebedo Francis Kéré e Carin Smuts rivestono un ruolo centrale definendosempre più la sostenibilità come un dilemma globale.

15 Amory Lovins è il fondatore, conHunter Lovins, del Rocky MountainInstitute. Fisico ambientalista, egliha promosso un percorso versol’efficienza energetica e l’uso dirisorse rinnovabili e localiattraverso molti testi quali Small isprofitable (2003) e NaturalCapitalism (1999). Cfr. P. Awken,A. Lovins, H. Lovins; Capitalismonaturale; Edizioni Ambiente;Milano; 2001.

22

01_storia sostenibilita_Layout 1 25/02/13 08.57 Pagina 22

Page 28: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

La deformazione antropocentrica e le origini illegittime del pensieroambientalista.

La natura rappresenta una delle più importanti categorieper la definizione dell’architettura. Ricostruzioni della storiadi quest’idea, come il testo di Paolo D’Angelo1 Esteticadella natura (D’Angelo; 2001) o il saggio di Adrian Forty2

pubblicato all’interno del testo Parole e edifici (Forty;2000), mostrano come, nonostante tutte le variazioni su-bite durante i secoli, il rapporto tra natura e cultura, tranatura e artificio abbia rappresentato un nodo problema-tico permanente non solo nella storia dell’architettura, ma,più in generale, nell’intera storia della cultura. Indagando l’idea della bellezza naturale in un percorsoche va dall’antichità ai giorni nostri, in particolare, D’Angeloevidenzia quanto siano cambiati attraverso i tempi i prin-cipi che orientano il modo di guardare alla natura cosìcome il rapporto tra la riflessione filosofica e gli atteggia-menti attraverso i quali prende forma l’esperienza concretadella stessa, mentre Forty presenta il tema come que-stione centrale nella tradizione teorica dell’architettura,sottolineando il tentativo continuo delle ideologie susse-guitesi nel tempo di oggettivizzare l’idea (Soper; 1995).In termini positivi, così come in termini negativi. Prima definita come fonte delle proporzioni e di bellezzanel De re edificatoria di Leon Battista Alberti, come prin-cipio di costruzione e decorazione nell’Essai sur l’Archi-tecture di Marc-Antoine Laugier o ancora come elementoda imitare nei suoi principi intrinseci da Quatremère deQuincy, lo storico inglese mette infatti in evidenza come apartire dal XIX secolo i termini del rapporto fra architetturae natura, comunque sempre considerate fino a questomomento come categorie separate, si invertano.Nonostante testi come I primi moderni (Rykert; 1994) elo stesso Estetica della natura (D’Angelo; 2001) sottoli-neino la complessità del tema facendo rispettivamenterisalire la rottura del paradigma della natura già alla di-stinzione tra beau absolute e beau relatif introdotta nelSeicento dal medico e architetto francese Claude Perrault

e alla rivoluzione scientifica prodottasi in Europa nel Di-ciassettesimo secolo, nel suo saggio, in particolare, Fortyattribuisce all’architetto tedesco Gottfried Semper il meritodi aver coniugato la teoria dell’imitazione e dell’artificio diQuatremère de Quincy con l’idealismo tedesco, produ-cendo una delle più significative teorie dell’artificialità svi-luppate all’interno dell’ambito architettonico.L’accettazione totale da parte di Semper della tesi svilup-pata da Goethe e dai filosofi tedeschi della generazionesuccessiva secondo cui l’architettura poteva assomigliarealla natura ma non era natura, porta infatti, secondo Forty,gli architetti europei del primo Novecento non solo a con-siderare l’architettura come natura inorganica costruitadalle mani dell’uomo ma anche a pensare di poter fare ameno del modello naturale di architettura. Segnando unarottura profonda nella storia dell’idea della quale sarà pos-sibile percepire l’eco anche molti decenni successivi. Pensare che il significato della disciplina architettonica de-rivi interamente dal fatto di essere un’opera dell’uomo, innessun modo dipendente dalla natura, significa infatti ta-gliare i legami tra architettura e natura e iniziare a consi-derare quest’ultima non più un’autorità assoluta dacontemplare, ma qualcosa a cui contrapporsi. Con la de-finizione di una spaccatura fra i due termini che, come sot-tolineato da Sergio Bartolommei3 nel suo testo Etica enatura, gli sviluppi della scienza naturale - delle teorie diDarwin in primis - e del pensiero razionalista non avreb-bero che enfatizzato, sottoponendo le riflessioni su questoconcetto ad una profonda trasformazione anche in campopolitico e sociale. Basti pensare, per esempio, alla teorizzazione di Marx eEngels di due tipi di natura, quella da cui l’uomo ricava isuoi materiali e quella prodotta dall’uomo manipolatorecome risultato delle sue attività (Forty; 2000): scompo-nendo la natura in parti è la distinzione stessa fra questae la cultura ad essere messa in discussione, con forti ri-percussioni anche in ambito architettonico. Le argomentazioni di Semper sono infatti destinate a di-ventare l’atteggiamento peculiare dell’architettura mo-derna all’inizio del XX secolo: attraverso una visionestrumentale del mondo che la separa completamente

1 Paolo D’Angelo è professore diestetica presso l’Università diRoma ‘La Sapienza’. Nel suo testoEstetica della natura. Bellezzanaturale, paesaggio, arteambientale egli ricostruisce lastoria della bellezza naturale edell’idea di paesaggio in unpercorso che va dall’antichità aigiorni nostri, tracciando anche lecoordinate di un presente chespazia dal pensiero scientifico alleesperienze della Land Art, dallafilosofia della natura alledisposizioni di leggi italiane einternazionali. Cfr. P. D’Angelo;Estetica della natura. Bellezzanaturale, paesaggio, arteambientale; Edizioni Laterza;roma-Bari 2001.2 Adrian Forty è professore diStoria dell’Architettura pressoBartlett, alla facoltà di BuiltEnvironment alla UniversityCollege di Londra. Il suo testoParole e edifici è suddiviso in dueparti: una ricerca sul linguaggioscritto e parlato dell’architetturamoderna e un dizionario storico ecritico delle parole checostituiscono il nucleo delvocabolario della criticamodernista in ambitoarchitettonico. Fra i terminianalizzati nella seconda parte sitrovano ‘carattere’, ‘contesto’,‘forma’, ‘funzione’, ‘memoria’ eappunto ‘natura’. Cfr. A. Forty;Parole e edifici; Pendragon;Bologna; 2004. 3 Docente di Bioetica pressoL’Università degli Studi di Pisa, nelsuo testo Etica e natura SergioBartolommei illustra i variapprocci al problema della

31

NaturaEcologia e Architettura

02_centrali NATURA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 31

Page 29: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

dall’etica, una grande parte del pensiero architettonicoesclude completamente la natura dalle proprie riflessioniteoriche e progettuali. Testi come il Manifesto dell’archi-tettura futurista (Sant’Elia; 1914) propongono la tecno-logia come nuovo concetto organizzatore della disciplina,l’immagine del meccanico e della meccanizzazione portaad una chiara separazione tra naturale e artificiale e la re-lazione fra le società avanzate e l’ambiente subisce unapesante deformazione antropocentrica (Catton, Dunalp;1978) basata non solo sul dualismo netto natura-cultura,uomo-ambiente, naturale-artificiale ma anche sull’ideache la natura non costituisca più un riferimento. Almenosuperficialmente.Se analizzata in profondità, infatti, la fenomenologia delmoderno e dei decenni che lo precedono è tutt’altro chemonolitica: sin a partire dalla metà dell’Ottocento pensieridi natura per certi versi regressiva emergono come prodottiinterni alla modernità stessa e alcune voci discordanti ri-spetto alle posizioni prevalenti affiorano in ambito archi-tettonico, così come nel più ampio panorama culturale. Pochi anni dopo l’affermazione di Semper che l’architet-tura non avrebbe trovato i suoi modelli in natura (Forty;2000), per esempio, lo scrittore americano Henry DavidThoureau [Link_La storia della sostenibilità in architettura]pubblica due testi destinati a ispirare nei decenni succes-sivi i primi movimenti di protesta verso la visione antropo-centrica imperante: Walden ovvero Vita nei boschi (1847)e La disobbedienza civile (1849). Testi nei quali il filosofoe scrittore americano presenta un punto di vista che oltrea negare la visione antropocentrica del mondo propriadella cultura occidentale - ponendo nuovamente l’enfasisulle interconnessioni fra uomo e natura - identifica proprionella wilderness una possibile alternativa salvifica alla ci-viltà posseduta dall’idolo del profitto economico (La Ver-gata, Ferrari; 2008). Non solo. A partire dalla metà dell’Ottocento nascono con motivazioniestetiche e naturalistiche le prime associazioni per la difesadel paesaggio, l’istituzione dei primi parchi nazionali, comeYellostone (1872), consacra pubblicamente l’ideologia dellawilderness e, anche in ambito architettonico, pochi annidopo la definizione del termine ecologia da parte di Ernst

Haeckel [Link__La storia della sostenibilità in architettura],Ebenzer Howard4, con la pubblicazione di Tomorrow, riportala pianificazione urbanistica nell’alveo dei temi ambientali,mettendo l’accento su una progettazione responsabile: unprocesso possibile solo attraverso un ripensamento delpatto evolutivo con la natura che alimenterà, dentro i per-corsi tutt’altro che lineari della storia dell’idea, importantisperimentazioni. Mentre infatti nel più vasto ambito culturale la fondazionenel 1908 dell’International Vegetarian Union e il consolida-mento nella Germania degli anni venti del Novecento dellaNacktkultur - ossia della cultura della nudità - possono es-sere considerati i simboli della nascita e dello sviluppo deidiversi movimenti che, sin dall’inizio del ventesimo secolo,iniziano a porre il problema di un nuovo rapporto dell’uomocon la natura, in architettura - proprio nel decennio in cui ilMovimento Moderno sta producendo le sue opere più si-gnificative - è Rudolf Steiner, il seguace e biografo più in-fluente di Haekel, ad avvicinarsi alle prime posizioniecologiche descrivendo i suoi edifici con termini e toni eso-terici che certamente hanno a che fare con il vitalismo or-ganicistico di Thoureau5: la sua opera in particolare è fruttodi un funzionalismo spirituale che si ispira per analogia alleforme della natura, ritenuta appunto - come per il filosofoamericano - alternativa salvifica alla civiltà posseduta dal-l’idolo economico-antropocentrico (Ingersoll; 2009).Negli stessi anni in cui parte del pensiero culturale e archi-tettonico segnala un distacco netto dalla natura essa iniziacioè nuovamente a concentrare su di sé un rinnovato inte-resse: l’idea di wilderness avanzata da Thoureau assume ilvalore di fonte d’integrità stimolando una forte attenzioneverso la sua protezione.Attenzione che se a livello istituzionale si traduce con l’isti-tuzione di organismi come l’Office International pour la Pro-tection de la Nature - destinato a divenire una delle piùimportanti organizzazioni internazionali in materia di am-biente - in architettura viene trascritta mediante la riscopertadell’analogia con le forme naturali. Fra il 1918 e il 1919 l’architetto tedesco Bruno Taut preparail suo volume di schizzi utopici Alpine Architektur in cui unsimbolo naturale come le Alpi viene sottoposto a trasfor-

valutazione delle conseguenzesulla vita umana dellosfruttamento incontrollato dellanatura con l’obiettivo diindividuare soluzioni radicalipraticabili in una società laicaall’interno della quale nonesistono valori uniformementecondivisi. Cfr. S. Bartolommei;Etica e natura: rivoluzionecopernicana in etica?; Guerini;Milano; 1989. 4 Ebenezer Howard è stato unurbanista inglese. Particolarmenteinfluenzato dalla tendenza dicriticismo sociale che provenivada William Morris e John Ruskin,alla fine del Diciannovesimosecolo egli affrontò il problemadel sovraffollamento delle città e ilconseguente spopolamento dellecampagne generati dallaRivoluzione Industrialeincentrando i suoi scritti sul temadel decentramento e sull’idea dicittà-giardino. Cfr. W.J.R. Curtis; Lacomunità ideale: alternative allacittà industriale in W.J.R. Curtis;L’architettura moderna delNovecento; Bruno Mondadori;Milano; 1999. 5 Rudolf Steiner è stato unfilosofo, esoterista e pedagogistaaustriaco. In ambito architettonicoè conosciuto principalmente per ildoppio progetto del Goetheanum- il quartiere generale delmovimento mondialeantroposofico di cui era fondatore- a Dornach in Svizzera. Cfr.Ibidem.

32

02_centrali NATURA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 32

Page 30: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

mazioni titaniche da parte di una «superumanità» dedita auna fusione simbolica di cultura e natura6. A tale «trasfor-mazione espressionista dell’universo» segue l’utopia delladistruzione delle città, a favore di piccole comunità anarchi-che «naturali» sparse sul territorio: contro l’annullamentocapitalista dei valori, si rivendica la sacralità della soggetti-vità, di un’arte libera da scopi e sorta da un’organica fusionedi popolo e natura (Tafuri; 1976). Negli stessi anni - e a par-tire dalla stessa matrice di pensiero espressionista7 – l’ar-chitetto, pittore e compositore tedesco Hermann Finsterlin,mostrando una forte avversione per il razionalismo, rivolgela sua attenzione verso le forme organiche attraverso un ideadi natura, tuttavia, non più basata sull’imitazione dellastessa, quanto sul suo superamento.

Non si fraintenda l’espressione organico. Danulla siamo tanto lontani quanto dalla con-cezione natura come artista o dalla imita-zione di forme organiche naturalisticamenteintese. Anche le forme naturali, proprio acausa del loro inesorabile legame ambientale,sono ancora notevolmente semplici, univochein rapporto a ciò che può essere liberamenteimmaginato e creato in fatto di nuove formepossibili assolutamente armoniche e indipen-denti da ogni condizionamento […] L’arte ècreazione polarizzata dell’animo universaleche, passando attraverso le membrane del-l’essere organico, forma creature nuove piùsublimi, che gradualmente devono essere or-ganizzate ad un livello più alto.

(H. Finsterlin. Cit. in M. Corrado; 2010)

E, a partire dalla filosofia realistica e naturalistica del filo-sofo e matematico britannico Alfred North Whitehead, sisviluppano le prime architetture organiche8 per le quali lanatura diventa oggetto della percezione che, nell’attostesso di essere percepita o pensata, si rivela come untutto omogeneo indipendente dalla percezione o dal pen-siero. In questo senso, le opere di architetti come FrankLloyd Wright o Alvar Aalto si conformano alla natura - o co-

munque all’ambiente circostante - introducendo però enfasi,valutazioni e scopi tutti umani (Curtis; 1982). Sebbene non esista un tratto unico che identifichi l’archi-tettura degli anni trenta, appare cioè evidente che, in gene-rale, in questi anni le forme diventano più complesse eorganiche, le facciate più elaborate, le finiture e i materialipiù ricchi di ‘effetti naturali’: l’implicito interesse verso la na-tura come presunta e palliativa fonte di integrità diviene piùesplicito nelle idee, nelle immagini e nelle forme (Curtis;1982). E anche voci emblematiche del Movimento Modernosi avvicinano al tema.La letteratura esistente sul tema del progetto sostenibile, inparticolare, sotto questo punto di vista, descrive figure comeFrank Lloyd Wright e Le Corbusier, come figure che, pur es-sendo separate da posizioni e linguaggi estremamente di-versi, possono essere accomunate dalla volontà di restituire,attraverso la natura, una nuova integrità alla vita umana (In-gersoll; 2009. Lima; 2010). Come traspare dai suoi scritti, Wright, permeato dal trascen-dentalismo di Ralph Waldo Emerson, si avvicina alla naturain termini spirituali e romantici esaltandone l’aspetto di de-rivazione divina.

Ora siete liberati tramite il vetro, i piani a sbalzoe il senso dello spazio che diventa operativo.Ora siete posti in relazione con il paesaggio […] siete parte di esso quanto lo sono gli alberi, ifiori, il terreno […] Ora siete liberi di diventareun elemento naturale del vostro ambiente,cosa che, io credo, è stata l’intenzione del vo-stro creatore.

(F. Lloyd Wright. Cit. in O.Lloyd Wright; 1966)

Per l’architetto statunitense l’architettura e la società affon-dano le proprie radici in un ordine naturale. Motivo per cuiun’architettura conforme alla natura sarebbe necessaria-mente conforme alle esigenze fondamentali delle persone.Quelle stesse esigenze di cui inizia ad occuparsi anche LeCorbusier. Nel 1924, in un articolo pubblicato sull’EspritNouveau, egli scrive:

6 Bruno Taut è stato un architettotedesco la cui opera si èsviluppata in due fasi principali:una prima fase iscrivibile nelfenomeno dell’Espressionismotedesco ed una seconda fase,successiva al primo dopoguerra,allineata al funzionalismo. Fra lesue opere più significative vi sonogli acquerelli e le incisioni tratteda Alpine Architektur, un testo nelquale l’architetto prospetta l’ideadi una architettura fantastica,trasparente ed utopistica nellacornice alpina. Cfr. Ibidem. 7 Con il termine espressionismo siusa definire la propensione di unartista a privilegiare,esasperandolo, il lato emotivodella realtà rispetto a quellopercepibile oggettivamente. Inambito architettonico, ilmovimento espressionista sisviluppò intorno agli anni venticon personalità quali HansPoelzing, Erich Mendelson e BrunoTaut. Cfr. M. Lampugnani;Architettura moderna: l’avventuradelle idee. 1750-1980; Electa;Milano 1985.8 Per organicismo si intendequell’architettura che si sviluppacome un organismo da un nucleocentrale, senza schemi geometricipreordinati, vivendo liberamentenel proprio ambiente e nellanatura, connaturandosi ad essa.Indissolubilmente legata al nomedi Frank Lloyd Wright, il concetto diarchitettura organica è statosviluppato anche da altre figurecome Alvar Aalto. Cfr. Ibidem.

33

02_centrali NATURA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 33

Page 31: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

Rientrerebbe nello spirito della nuova archi-tettura, della nuova attesa urbanistica la ri-cerca di soddisfare le più recondite esigenzeumane restituendo il verde e il paesaggio ur-bano e reintroducendo la natura nel campodelle nostre fatiche quotidiane; ci sentiremmofinalmente tranquillizzati di fronte alla ango-sciosa minaccia della grande città che impri-giona, opprime, soffoca, asfissia coloro che visono capitati.

(Le Corbusier; 1924. Cit. in Lima; 2010 )

Se l’uomo di Wright è radicato a terra e deve poter goderedella natura attraverso spazi che possano integrarlo e ren-derlo direttamente partecipe nei confronti della stessa, quellodi Le Corbusier è invece un uomo che si solleva da essa e lacontempla: la stessa riflessione dell’architettura sull’inade-guatezza delle condizioni igieniche che segnano tristementel’habitat e la sua genetica propensione a cogliere l’innata po-sitività delle risorse e delle potenzialità offerte dal mondo na-turale pensato come wilderness generano cioè, nello stessotempo, soluzioni architettoniche profondamente differenti.Aprendo una prospettiva di accordi provvisori, contrasti e con-traddizioni destinata a rimanere costante lungo tutti gli svi-luppi della storia del rapporto fra natura e architettura. E infatti, in pochi anni, la situazione diventa molto più com-plessa. Se, fino a quel momento, il malessere del secondodopo guerra aveva ridimensionato coscienze e responsabilitàtrasformando in sfida comune la necessità di soddisfare i bi-sogni primari della gente, è il rapido boom economico deglianni successivi ad aprire nuove questioni fra cui quella - cen-trale per il dibattito sulla sostenibilità - della promozione diun progetto che inizia ad essere indicato come ecologica-mente consapevole. La progressiva definizione, fra gli anni sessanta e gli anni set-tanta, del movimento ambientalista e delle filosofie ambien-tali fa cioè sì che il rinnovamento del rapporto uomo-naturadivenga un’esigenza fondamentale non solo per ricondurrel’uomo alla natura - e soddisfare in questo modo le sue esi-genze - ma anche per preservare e conservare la naturastessa.

Gli esordi dell’etica ambientale. Visioni architettoniche come soluzioni.

Sebbene l’ambientalismo di massa - inteso come ideolo-gia e insieme delle iniziative politiche finalizzate alla tutelae al miglioramento dell’ambiente - non si manifesti primadegli anni sessanta del Novecento, molti testi sulla culturaambientale (La Vergata, Ferrari; 2008. Mortari; 1998) so-stengono che, in qualche misura, la visione sistemica dellanatura propria dell’ecologismo sia stata anticipata da al-cune figure di precursori identificati come antesignani dellafilosofia ambientale contemporanea. E fra queste vi è cer-tamente la figura chiave dello scrittore e scienziato ame-ricano Aldo Leopold. Autore del famoso testo Almanacco di un mondo sem-plice, egli infatti non continua solo a raffrontarsi con l’ideadi wilderness secondo il percorso iniziato da figure comeThoureau e White, ma, intorno alla metà degli anni trenta,inizia a confrontarsi con l’ecologia che, nel mondo acca-demico e politico americano vede la sua fioritura proprioin quel periodo: quello segnato dal Dust Bowl9 (Armandi;2006). Un confronto fondamentale grazie al quale Leo-pold, all’intensa convinzione che difendere la natura sel-vaggia sia necessario perché essa ha un grande valore perlo sviluppo di una sensibilità ricca e armoniosa comeanche per l’avanzamento della conoscenza scientifica, af-fiancherà progressivamente la consapevolezza - assoluta-mente centrale per il tema della sostenibilità - che uomoe natura, natura e cultura non possano più essere pensatecome parti separate (Leopold; 1948). Anticipando unpunto di svolta essenziale nella storia del rapporto.Pensando all’ecologia né come ad una scienza astratta -coltivata al riparo dai problemi politici e sociali concreti -né come una scienza sovversiva - che fa diventare la difesadella natura un attacco indiscriminato contro il mondomoderno - ma come un sapere elaborato in vista di unbuon management ambientale, Leopold ne coglie infattiil paradigma della comunità biotica elaborato da CharlesElton10 per sostenere la necessità di pensare insieme sto-ria naturale e storia sociale (Armandi; 2006). L’immaginedella comunità come strumento euristico porta cioè il fi-

9 Con il termine Dust Bowl siindicano una serie di tempeste disabbia causate da decenni ditecniche agricole inappropriate edalla mancanza di rotazione dellecolture che colpirono gli Stati Uniticentrali e il Canada negli annitrenta. Cfr. M. Armandi; La lezionedi Aldo Leopold e le prospettive inItalia dell’etica ambientale; in‘Silvae’; n.6; vol.II; pp.103-146;2006. Disponibile sul sitowww3.corpoforestale.it10 Charles Elton è stato unozoologo ed ecologo inglese. Fra lesue pubblicazioni più significativevi è Animal ecology (1927), iltesto all’interno del qualel’ecologo collegò la metafora delle‘comunità biotiche’ ai concetti dicatena e ciclo alimentare, diposizione nella catena, di nicchiae piramide dei numericonfigurando l’ecologia comel’analisi delle relazioni alimentaritra i viventi. Cfr. Ibidem.

34

02_centrali NATURA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 34

Page 32: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

losofo a un’inedita definizione del rapporto uomo-natura,per la prima volta caratterizzata da una continuità anzichéda una rottura e da una declinazione plurale dei termini.Una definizione destinata a sollevare temi e questioni finoa questo momento certamente estranei sia al mondodell’architettura che al panorama culturale internazionale.Il problema da cui nasce l’etica ambientale di Leopoldnon è infatti quello del valore intrinseco - come sarà poiin molte delle etiche ecocentriche che a lui si sono riferitee com’era stato per secoli nella definizione del rapportofra architettura e natura - ma quello dell’uso, o meglio,degli usi della Terra; della definizione cioè non di un equi-librio stabile - che vede l’uomo come perturbatore di ordininaturali stabili dotati di regole di funzionamento ottimale- ma di equilibri dinamici. Di equilibri dettati dalla consa-pevolezza del valore della diversità - sia nella sua dimen-sione biologica che nella sua dimensione culturale - einevitabilmente legati alla necessità di guardare al mondocome casa comune e di imparare a pensare come unamontagna (Leopold; 1948), lontano e a lungo termine.Secondo una prospettiva che mette appunto in evidenzaun’esigenza comune: quella di superare l’idea di riconci-liazione fra uomo e natura a favore della preservazionedella stessa e della rinnovabilità delle risorse. Ed è in questa direzione che anche l’architettura sembramuoversi. Se infatti lo scrittore americano elabora il prin-cipio dell’etica della terra fra la metà degli anni tenta e lafine degli anni quaranta, è a partire da quest’ultimo de-cennio che il tema inizia ad essere affrontato su più fronti,avviando la definizione di un nuovo paradigma.In ambito architettonico, in particolare, si apre la fase pio-nieristica dell’energia solare: nel 1947 viene pubblicato ilprimo edificio con copertura in collettori solari, otto annipiù tardi si svolge il primo congresso mondiale sulla ma-teria (Lima; 2010) e architetti come Richard Neutra ini-ziano a parlare di ecologia (Ingersoll, 2009). Ma lericadute del dibattito sono tutt’altro che lineari e gli effettidelle discussioni sul tema restano assolutamente trascu-rabili almeno fino a qualche anno più tardi, quando l’eco-logia entra prepotentemente a far parte dell’arena politica. Nonostante le importanti basi teoriche definite da Leopold

già nei decenni precedenti, è negli anni sessanta che ilmovimento ambientalista compie i suoi primi passi dandorealmente voce al tema. Nel 1962, con la pubblicazionedi Silent Spring, Rachel Carson [Link_La storia della so-stenibilità in architettura] avverte gli americani che stavanoavvelenando la biosfera con i pesticidi a base di DDT, men-tre gruppi come il Sierra Club in California cominciano adesercitare pressioni politiche in favore della protezionedell’ambiente. Piazze europee e americane vengono po-polate dalle proteste contro i test nucleari e - sebbene ca-ratterizzati da discontinuità e contraddizioni - iniziano adefinirsi con più chiarezza i tratti dell’etica ambientale. In particolare - all’interno di una materia caotica e tuttorain piena espansione - si iniziano a distinguere due puntidi vista dicotomici: il primo sostenuto da chi difende lanecessità e l’urgenza di una nuova etica ecologica fondatasulla negazione del dominio umano sulla natura, sulla no-zione di equilibrio della stessa e sull’idea di interdipen-denza degli esseri; il secondo da coloro che affermano lasufficienza di un allargamento dell’etica tradizionale ca-pace di includere empaticamente nuovi soggetti e nuovequestioni. Sinteticamente, etiche ecocentriche contro eti-che antropocentriche (D’Angelo; 2001), rivoluzionari dauna parte e riformisti dall’altra (Bartolommei; 1989). E se questa distinzione può facilmente essere riconosciutanell’ambito delle filosofie ambientali ponendo a confrontole posizioni dell’ecologia profonda elaborate dal filosofonorvegese Arne Naess (Naess; 1989) con le posizionidell’ambientalismo filosofico riformista sviluppate da JohnPassamore (Passamore; 1974), essa - sotto diverse forme- può essere rintracciata, dagli anni sessanta ad oggi,anche all’interno del dibattito architettonico. Il rispettodella natura è ciò fondato sul fatto che la natura ha valoreper se stessa, un valore non strumentale e non riferibilesoltanto a ciò che è bene per l’uomo, oppure sul vantaggioche da esso si ricava per l’uomo, per la qualità della suavita e per la sua sopravvivenza? Il valore estetico appar-tiene intrinsecamente alla natura o viene misurato sul-l’esperienza che ne fa il soggetto?La questione diviene centrale, a cominciare già dai primipionieri che affrontano in modo organico e complesso il

35

02_centrali NATURA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 35

Page 33: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

tema della preservazione delle risorse e, più in generale,della terra. Negli stessi anni in cui Paolo Soleri inizia ad occuparsidella realizzazione di Arcosanti in Arizona11, in Colorado,per esempio, viene realizzata secondo le idee di Buck-minster Fuller Drop City12, evidenziando la diversitàdelle posizioni teoriche - e delle conseguenti applica-zioni spaziali - generate dall’intersezione fra una mede-sima questione culturale e differenti definizioni dell’ideadi natura. La presa di coscienza della necessità di ri-durre al minimo l’uso di energia e materiali per preser-vare la fragilità del pianeta inizia cioè a stimolaredifferenti contesti e differenti figure portando alla defi-nizione di molteplici soluzioni profondamente diverse. Nonostante il suo legame con i circoli trascendentalistidi Emerson e Thoureau (Foster, Fernandes-Galiano;2010), Fuller affronta il tema dell’ottimizzazione dellerisorse dal punto di vista ingegneristico. Ingegnere e ma-tematico stimato dagli esponenti del mondo industrialecosì come dai giovani membri della contro-cultura ame-ricana, seppure nella sua radicalità, egli avanza una pro-posta che resta unita ad uno dei più robusti traslatidella modernità e cioè all’idea che la congiunzione diarchitettura, tecnologia e produzione di massa abbia ilpotere di risocializzare il progetto, dirigendone l’effi-cienza scientifica e risolvendo così i problemi della scar-sità. L’efficienza a cui Fuller si riferisce è cosìun’efficienza quantitativa - fatta di costi, peso dei ma-teriali, percentuali di performance per unità di peso in-vestita, giorni necessari per la costruzione - che puòessere pensata in termini di performance e che derivada un’idea di natura in larga parte riconducibile a quelladi energia e dei principi generali che la riguardano.Un’idea che nei decenni successivi porterà alla deter-minazione di quella corrente che la Green ArchitectureGuide definisce come high performance green. Apparentemente più vicina a posizioni ecocentriche eradicali, la posizione di Soleri si fonda invece su unesplicito ancoraggio alla sacralità della vita che porta ilprogettista a mettere in moto una vera e propria revi-sione del razionalismo architettonico e ad una profonda

critica verso l’evoluzione industriale della scienza su cuiFuller fa affidamento. Isolato in un ambiente protetto e praticamente privo diinterferenze con il mondo esterno, l’asceta italiano ricavadall’osmosi con l’ecologia non solo la volontà e la deter-minazione nel limitare l’uso della Terra, ma la fiducia in unrapporto inedito fra artificio e natura capace, a suo avviso,di ricostruire in funzione del rispetto reciproco, un pattoevolutivo fra le due parti. Nel 1960, descrivendo la propriaCittà del Mesa egli afferma:

L’uomo e la natura [sono] uguali nella conce-zione e nella creazione.

(Soleri; 2003 )

Rispetto, armonia, riverenza e coerenza sono le paroleche più frequentemente ricorrono nei suoi scritti, comecontraltare - emotivo e non più denotativo - all’equilibrioe alla riconciliazione invocati dall’architetto americano.In entrambi i casi, la visione dell’ambiente non è piùquella di un bacino di risorse da predare e sfruttare, mase per Fuller la natura ci rivela lo stato dell’arte nel pro-getto e nella tecnologia, per Soleri essa è costituita daun insieme di elementi - che l’autore chiama potenzialicosmici - con cui instaurare, attraverso un nuovo pattoevolutivo, quei flussi creativi e quelle reazioni benefichecapaci di rinnovare i legami necessari a definire lamagia cellulare: quel processo per cui ogni nuovo ele-mento viene spontaneamente realizzato in perfetta re-lazione con gli elementi circostanti. Per l’architetto italiano, la scarsità delle risorse fa cioèsì che spazio, aria, sole, luce, vento, terra e atmosferavengano viste - in un’accezione certamente più ampiadi quella attribuita loro fino a pochi anni prima - comeenergia cosmica da incanalare opportunamente neglihabitat a favore della qualità ambientale, contro inqui-namento e sprechi, ma anche di quella spirituale. Aimeccanismi razionali e quantitativi di Fuller concretizzatinelle cupole geodetiche e nelle case prefabbricate, eglioppone Arcosanti, un «organismo estetico con la com-passione quale suo contenuto» (Soleri; 2003), vera e

11 Paolo Soleri è un architettoitaliano. Trasferitosi in Arizona nel1956, nel 1970 egli fondaArcosanti, la concretizzazionefisica di un laboratorio urbano perla realizzazione di una nuova cittàanti-materialista basata sulconcetto di ‘arcologia’, ossia sullafusione di architettura edecologia. Cfr. A. Iolanda Lima;Soleri: architettura come ecologiaumana; Jaka book; Milano 2000.12 Richard Buckminster Fuller èstato un inventore ed architettostatunitense. Rinomato per la suaprospettiva comprensiva rispettoai problemi del mondo, per più dicinque decenni Fuller hasviluppato soluzioni pionieristichefondate sulla fede nel potenzialedella definizione di tecnologieinnovative capaci di imitare i‘principi generali’ presenti innatura per fare ‘more with less’ emigliorare così le vite umane. Fragli anni sessanta e gli annisettanta le sue idee sono statecolte come fonte di ispirazione siada esponenti del mondoindustriale che da sostenitori diposizioni radicali ed alternative,quali il gruppo anarchico di artistiai cui è attribuita la fondazione diDrop City, la prima ‘comunitàhippie’. Cfr. R. B. Fuller; Operatingmanual for spaceship earth; LarsMüller; Baden 2008.

36

02_centrali NATURA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 36

Page 34: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

propria «macchina di spiritualizzazione» (Lima; 2001)governata dalle leggi fisiche di complessità e miniatu-rizzazione. Come Fuller, anche Soleri affronta come problema cardinequello della produzione di energia e della conservazionedelle risorse, ma per lui l’architettura diventa un fenomenodi ecologia umana trasformando le città in organismi cheriflettono nella loro complessità strutturale la complessitàdella vita che contengono e includono. Ragione per laquale negli organismi progettati dall’architetto italiano, glielementi infrastrutturali atti a risolvere questi problemi nonsono soltanto strumenti, ma si configurano anche comeautentici elementi abitativi e spettacolari all’interno dellacontinua ricerca di quell’integrazione fra fisico e metafisicorichiesta dalla diretta consequenzialità fra squallore am-bientale e squallore spirituale che l’asceta riconosce nellecittà contemporanee. Tuttavia, al di là della lontananza delle teorie costruite daidue architetti, nelle loro posizioni è possibile rintracciarealcuni punti di convergenza comuni, importanti da sottoli-neare per gli sviluppi dell’idea di natura nei decenni suc-cessivi. Se infatti i due pionieri divergono completamentenelle loro ipotesi di partenza - apparentemente fisiocen-trica e caratterizzata da una spiritualità laica quella di So-leri, dichiaratamente antropocentrica e scientifica quelladi Fuller - le definizioni di natura alle quali essi giungonosembrano in realtà compiere uno spostamento verso unadirezione comune. Il percorso di entrambi, infatti, non tende a concludersi nelsolo rispetto dell’ambiente come natura esterna da am-mirare - o contemplare come si augurava Le Corbusier -per soddisfazione dell’animo o per raptus imitativi, ma sievolve verso l’idea più complessa del rispetto dell’am-biente naturale come generatore di vita. A partire già daglianni sessanta, nella costruzione di nuovi spazi alternativialla città contemporanea il confronto dell’architettura conl’ecologia e il crescente movimento ambientalista porta apensare alla natura come fonte di ispirazione non solonelle sue forme, ma anche nei suoi processi e nei suoimetodi. Organiche, contraddittorie, additive e plurali le arcologie

di Soleri; minimali, sottrattive e standardizzate le domesdi Fuller; entrambe nascono dalla volontà di riconciliarsicon la natura attraverso una forma di rifugio nei suoi mezzi,imparando dai principi generali che sembrano essere ope-rativi nell’universo. Declinati secondo la storia in Soleri,tradotti in soluzioni tecnologiche in Fuller, questi devonocomunque insegnare all’uomo ad intercettare e reindiriz-zare l’energia locale riorganizzandone e deviandone i flussiin modo tale che essi generino «the city in the image ofthe man» per Soleri, «il massimo beneficio umano» perFuller con il minimo uso di energia e materiali.Nonostante figure come Leopold avessero già posto ancheil valore estetico della natura come bisognoso di tutela e,in quegli stessi anni, figure come Gregory Bateson13 stes-sero lavorando a ricerche incentrate sull’idea che l’insiemedelle relazioni che costituiscono la natura si ordini esteti-camente, in questa fase, il principale catalizzatore dei mo-vimenti in difesa della natura è la considerazionebio-ecologica della stessa. L’emergere della fragilità e deilimiti del pianeta - attestato, fra la fine degli anni cinquantae i primi anni settanta, dalla nascita e dalla diffusione dimolte associazioni come Friends of Earth (1961), il WorldWildlife Fund (1963), Greenpeace (1973) o, a livello ita-liano, Italia Nostra (1955) - fa cioè sì che l’idea di naturavenga in ogni caso prevalentemente ricondotta a quella dienergia da incanalare per il soddisfacimento delle più pro-fonde esigenze umane e il riferimento alla natura comewilderness viene affiancato e in parte sostituito dal riferi-mento a fenomeni naturali di generazione di energia, qualile maree degli oceani, il vento, il potere del sole e la pro-duzione vegetale di alcol. In architettura, ma anche in am-bito istituzionale.Se infatti durante gli anni sessanta sono soprattutto deipionieri ad occuparsi della questione della scarsità dellerisorse, nel decennio successivo la crisi energetica inter-nazionale provocata dalla Guerra dello Yom Kippur[Link_La storia della sostenibilità in architettura] e il rico-noscimento del problema anche da parte di alcuni espo-nenti della comunità scientifica (Meadows; 1972)conducono il tema alla ribalta. All’inizio degli anni settantail governatore della California - Jerry Brown - incarica l’ar-

13 Cfr. Gregory Bateson è stato unantropologo, sociologo e psicologobritannico. Due delle sue operepiù influenti sono Versoun’ecologia della mente (1972) eMente e Natura (1980), due testiincentrati sul valore delle relazionie sull’idea che tutte le realtàviventi siano connesse e perquesto possono essere compreseattraverso un modello comune.Cfr. G. Bateson; Verso un’ecologiadella mente; Adelphi; Milano;1990.

37

02_centrali NATURA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 37

Page 35: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

chitetto di stato Sim Van der Ryn - considerato un pionieredell’architettura sostenibile per i suoi tentativi di definireambienti sensibili al clima e al luogo - di sviluppare ilprimo programma governativo per la costruzione di ufficiefficienti dal punto di vista energetico e di condurre alladefinizione di standard energetici da applicare a tutti gliuffici della California14. Segnando un punto di svolta im-portante per il tema del riscaldamento passivo, ma, più ingenerale, anche per la crescente consapevolezza della re-sponsabilità dell’uomo - e dell’architettura - rispetto allacrisi ambientale. Una consapevolezza destinata ad accen-tuarsi. Nel 1977, in particolare, Architecture and Energy -uno studio dell’architetto americano Richard Stein finan-ziato dall’American Institute of Architecture - dimostra cheè il modo in cui sono costruiti gli edifici a causare il mag-gior spreco di energia, trasformando l’uso cosciente e re-sponsabile della natura - delle sue risorse fisiche edenergetiche - in un vero e proprio imperativo etico che,laddove la discussione si spinge oltre i meri cambiamentitecnologici, produce non solo soluzioni ingegneristiche maanche spazi contratti e sofisticati. Basti pensare alle arcologie di Soleri come alle domes diFuller: al di là della differenza dei linguaggi, esse sono en-trambe costituite da spazi densi, compatti e spazialmentelimitati destinati ad ottimizzare la loro partecipazione at-traverso la progressiva cancellazione e minimizzazione, me-diante il consumo di se stesse mandato della complessità.Spazi che contraendosi non producono certo un’esteticaunivoca, ma processi morfologici accomunati dal tentativodi provare ad indicare nelle loro stesse forme un valoreenergetico limitato.Non solo. Le differenti posizioni emerse in questi decennisembrano trovare un ulteriore punto in comune nel racco-gliere - almeno teoricamente - l’invito fatto da Leopold dipensare a lunga distanza e ad una scala più larga e com-prensiva, mentre su entrambi i fronti il superamento dellaconcezione di uomo e natura come elementi separati au-spicato dallo scrittore americano sembra ancora lontano,anche se uomo e natura iniziano ad essere posti sullostesso piano. Per Fuller come per Soleri, l’uomo non è più dominatore

della natura, perché ora sa di esserne parte integrante, diessere immerso in un divenire evolutivo che esige la messaa punto di un ruolo responsabile e di un nuovo habitusmentale. Tuttavia, è proprio la sua peculiarità di essere in-telligente, dotato di mente oltre che di cervello, a dargliuna funzione fondamentale nell’universo, quella di piùgrande e di più potente creatore o trasformatore di ecolo-gia.In modo più o meno dichiarato, negli anni settanta, l’in-tento resta sicuramente più quello di riformare l’ambienteche non quello di rifondare l’uomo. Egli resta un plasma-tore il cui compito è quello di trasfigurare la natura inquella che Soleri chiama neo-natura, un substrato fisico-minerale - nettamente distinto da quello naturale - chesia in grado, dal momento che la natura non lo è, di ren-dergli servizi specifici ed esclusivamente umani. Il mimetismo imitativo di Wright viene quindi parzialmenteabbandonato a favore della riflessione nietzschiana sullacapacità dell’uomo di affrancarsi da ciò che è fittizio, pro-ponendo con atteggiamenti distanti e linguaggi plurali - dicui Soleri e Fuller vengono eletti dalla letteratura sul temaa casi esemplari - alternative radicali all’ecosistema na-turale. Con un forte richiamo a quanto proposto alle posi-zioni assunte da alcuni esponenti dell’espressionismotedesco degli anni venti, la cooperazione con la naturanon conduce cioè solo più ad un’armonizzazione con ilpaesaggio o a forme organiche, ma, al contrario, l’inter-vento della mente viene interpretato come un filtro trasfor-matore che intellettualizzando i processi tratti dal mondoorganico, astraendoli, li cambia.

Siamo tutti interpreti della realtà - affermaSoleri, in modo simile a Finsterlin - non sap-piamo cosa siamo ma interpretiamo e dive-niamo. Questo sembra suggerire cheabbiamo un filtro e perciò filtriamo tuttoquello di cui abbiamo percezione, questo fil-traggio in un certo senso trasforma il prodottoda naturale o organico in termini di biologia,in qualcosa di molto più astratto, molto piùconnesso con come il cervello funziona e

14 Emilio Ambasz è un architettoargentino il cui lavoro ècaratterizzato da una costantericerca verso ipotesi progettuali incui il naturale e l’artificiale sifondono e coesistonoarmonicamente attraverso lacostruzione di situazioni iper-naturali pensate comerisarcimento ambientale.All’interno del dibattito sul temadella sostenibilità sono forti irichiami ad alcune sue operequali gli Schlumberg ResearchLaboratorie (1982) e la FukuokaPrefectural Hall (1990). Cfr. T. Riley(a cura di); Architettura e Natura/Design & Artificio; Electa; Milano2010.

38

02_centrali NATURA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 38

Page 36: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

come raccoglie e risponde a degli stimoli cheesistono ma di cui non sappiamo il signifi-cato. L’organico diventa intellettualizzato.

(Soleri. Cit.in Lima; 2000)

L’architettura diventa inorganica per necessità. Forma fi-sica dell’ecologia dell’umano, essa comprende ed emulala natura solo ai fini della trascendenza. La natura restaal di fuori, immensa, disponibile, ma è anche, nella vestedella sua stessa metafora, miniaturizzata e costruita al-l’interno dell’architettura che, per Fuller come per Soleri,rappresenta non un obiettivo ma una soluzione ai problemidel pianeta. Così come le rappresentazioni di edifici collettivi dalle sfac-cettate superfici in vetro di Bruno Taut emergenti come cri-stalli da ghiacciai e picchi montuosi volevano esserel’espressione di un «socialismo a-politico», di un regnoideale per la fratellanza tra gli uomini nel quale era com-pito dell’artista rivelare la forma di una nuova società civileintegrata, sebbene da fronti diversi, entrambi gli architettirispondono infatti ai problemi della società esteticizzandoil tema e autodefinendo le loro architetture come vere eproprie visioni alternative alle dispendiose ed alienate cittàcapitaliste e al dilagare incontrollato della megalopoli. Vi-sioni sulle quali fondare una nuova società, un nuovo or-dine socio-comportamentale e una pacifica rivoluzionesociale.

Il superamento della crisi energetica. Trascrizioni verdi.

Nonostante Soleri e Fuller vengano oggi riconosciuti comeimportanti pionieri della cosiddetta architettura sostenibile,le ricadute delle loro costruzioni teoriche sui decenni im-mediatamente successivi alla loro formulazione non sonoaffatto così immediate. La loro volontà di proporre visioniarchitettoniche alternative con le quali contrastare le cittàdisegnate dal consumo materialista li pone infatti spessonella posizione di figure utopiche incapaci di confrontarsicon il contesto reale. Se infatti le loro visioni di comunità

isolate fondate su una consapevolezza condivisa hannouna forte attrattiva in campo teorico, questa si frantumanello scontro con le realtà materiali e con la complessitàdella vita collettiva. Così, mentre la visione di Soleri - ap-positamente lontana dal mondo reale - continua tutt’oggia svilupparsi nel deserto dell’Arizona, già intorno alla metàdegli anni settanta tutte le comuni costituite nel decennioprecedente ispirandosi al pensiero di Fuller scompaiono:per i giovani degli ultimi anni sessanta la visione dell’ar-chitetto americano ha rappresentato una fuga dal bisognodi lottare per la distribuzione delle risorse e l’adatta orga-nizzazione della vita, di aderire alle istituzioni e di confron-tarsi con altri individui ma negli anni seguenti il lorofallimento ha dimostrato come le tecnologie, l’architetturae il progetto - senza un adeguato sostegno politico - nonpossano certo sostenere la comunità.Inoltre, se la crisi energetica causata dall’embargo petro-lifero dei paesi arabi ha portato all’emergere di una nuovasfaccettatura dell’idea di natura, è proprio l’attenuarsi dellastessa a causare un ulteriore spostamento semantico deltermine. Mentre figure come Soleri continuano la loro ri-cerca visionaria verso un’architettura sostenibile, riacquisitii sufficienti approvvigionamenti di petrolio dai paesi delMedio Oriente, per la maggior parte degli architetti la na-tura vede nuovamente diminuire drasticamente il suo va-lore accentuando e aumentando ulteriormente lecontraddizioni e le coesistenze interne non solo all’ambitoarchitettonico, ma anche a quello istituzionale.Proprio negli anni ottanta, infatti, mentre si apre la faseneoliberista caratterizzata dal tentativo di celare la sco-perta dei limiti dello sviluppo emersa nei decenni prece-denti, alcuni governi cominciano a promuovere iniziativedi protezione verso la natura decisamente rilevanti: nel1982 l’ONU approva la Carta Mondiale della Natura ecinque anni più tardi la Commissione Mondiale su Am-biente e Sviluppo porta alla pubblicazione del RapportoBrundtland. E se il primo documento non fa che affermarea livello istituzionale e internazionale la necessità di mu-tare il rapporto uomo-natura sulla base, ancora una volta,del valore intrinseco che viene attribuito a quest’ultima, ilsecondo non rappresenta solo il primo documento inter-

39

02_centrali NATURA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 39

Page 37: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

nazionale in cui viene introdotto il concetto di sviluppo so-stenibile, ma anche - mediante la definizione dello stesso- il primo in cui i termini del rapporto cambiano. Esso in-fatti non parla della natura in quanto tale, ma si riferisceall’ambiente in stretta connessione al benessere delle per-sone e, quindi, anche alla qualità ambientale e, nel tenta-tivo di conciliare ambiente e sviluppo, interessi dellanatura e interessi umani, afferma che questi non sono re-altà separate, ma, al contrario, strettamente connesse. Latesi è chiara e il superamento delle definizioni precedentiè evidente:

Ambiente e sviluppo non sono realtà sepa-rate, ma al contrario presentano una strettaconnessione. Lo sviluppo non può infatti sus-sistere se le risorse ambientali sono in via dideterioramento, così come l’ambiente nonpuò essere protetto se la crescita non consi-dera l’importanza anche economica del fat-tore ambientale. Si tratta, in breve, diproblemi reciprocamente legati in un com-plesso sistema di causa ed effetto, che nonpossono essere affrontati separatamente, dasingole istituzioni e con politicheframmentarie.

(Rapporto Brundtland; 1987)

Natura e artificio non vengono più intese come due entitàseparate - anche se interagenti e complementari - macome elementi interdipendenti, afferenti a un medesimoparadigma concettuale e quindi fungibili l’una con l’altra.Con nuove e diverse ricadute progettuali.Se infatti fra i sostenitori della cosiddetta architettura so-stenibile la ricerca di rispetto, cooperazione o riconcilia-zione con la natura dei decenni precedenti inizia ad essereaffiancata da una ricerca di interdipendenza e di fusionecon essa, questa viene, ancora una volta, interpretata se-condo modalità e posizioni assolutamente differenti. Alcuni anticipatori come Sim Van der Ryn iniziano a decli-nare l’idea di fusione fra uomo e natura nello sforzo - poisviluppato nei decenni successivi - di definire nuovi modi

di vita e le loro strutture corrispondenti, ma, nella maggiorparte dei casi, l’idea viene letteralmente tradotta nel ten-tativo di unire i due termini mediante mezzi estetici. Conl’energia nuovamente economica, le persone sentono in-fatti meno il bisogno di conservare e l’architettura non sirivolge più tanto verso risposte tecniche, ma anche, se nonprevalentemente, verso risposte formali. Sia fra gli espo-nenti dell’high performance green, che fra quelli del co-siddetto natural green (Brennen; 2009). Nei primi, in particolare, l’idea di fusione viene trascrittain ambito architettonico de materializzando e dando let-teralmente vita alla massa muraria, che acquisendo intel-ligenza e diventando una membrana permeabile, siautodefinisce come un dispositivo interattivo in grado didialogare all’interno con gli abitanti e all’esterno con lanatura (Puglisi; 1999). Basti pensare, intorno alla metàdegli anni ottanta, a realizzazioni come l’Insitut du MondeArabe di Jean Nouvel o la Torre dei Venti di Toyo Ito desti-nate a diventare riferimenti sui quali orientare una produ-zione in cui i confini fra animato e inanimato, materia edenergia, organico e inorganico diventano labili.Per i secondi, invece, lo stimolo indotto da un’idea di na-tura che almeno in parte si riavvicina al concetto di wil-derness porta a rendere gli elementi dell’ambientenaturale una parte dell’architettura - proprio come la mu-ratura, l’acciaio, il calcestruzzo e il vetro - riducendo so-stanzialmente la stessa ad un unico colore: il verde. Mentre testi quali Enviromental Aesthetics. Essay in inter-pretation (Sadler, Carlson; 1982) e Environmental Aesthe-tics (Nasar; 1988) tornano ad occuparsi del rapportoestetico con la natura, dando nuovamente per scontate lequalità estetiche e spirituali intrinseche nel mondo naturale,architetti come Emilio Ambasz - la cui originalità progettualenon possono certamente essere soggette a seppur labiliclassificazioni - iniziano a costruire situazioni ipernaturaliautodefinendo la propria architettura come un risarcimentoambientale, compensazione proposta al cittadino per unmondo sempre più frenetico, inquietante e innaturale15. Ri-fiutandosi cioè di assecondare e rappresentare il mondonel suo evolversi, nel suo accelerarsi e nel suo smaterializ-zarsi, Ambasz prova ad opporsi a tali frenesie mediante la

15 James Wines guida dal 1970 iSITE (Sculpture In TheEnvironment), un gruppoamericano multidisciplinare chesin dagli inizi ha concentrato lesue espressioni compositive sullade-architettutra attraverso larealizzazione di originali facciate-sculture nelle quali la costruzionesimula un edificio in rovina. PerWines e il gruppo dei SITE lanatura rappresenta l’unica fonte disimbolismo totalmente universalee per questo glie difici devo esserepensati come strutture integratecapaci di fondersi con il contesto.Cfr. J. Wines; Site; Rizzoli; NewYork; 1989.

40

02_centrali NATURA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 40

Page 38: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

definizione di una stabilità che, come realtà o anche solocome immagine surreale, funga da confortante contro-campo. Attraverso la definizione di una nuova visione nellaquale l’architettura non viene più ottimisticamente propostacome soluzione, come per Fuller o per Soleri, ma come sem-plice e temporanea compensazione.Come sostenuto dal critico dell’architettura Luigi Presti-nenza Puglisi all’interno del testo This is Tomorrow, moltedelle figure che, come Ambasz, hanno partecipato in primalinea ai movimenti radicali degli anni sessanta e settantaa partire dagli anni ottanta iniziano a mettere in discus-sione i principi sui quali fino a qualche decennio primaavevano fondato il loro lavoro: il pensiero ecologista e lacrisi petrolifera del 1973 influenzano, per esempio, pro-fondamente le teorie del critico d’arte e di architettura bri-tannico Peter Reyner Banham - la cui forte attenzione almacchinismo si sposta verso l’ecologia intesa come pro-dotto dell’interazione di geografia, clima, economia, de-mografia, tecnica e cultura -; al principio che lo spaziointerno debba trovare espressione all’esterno e viceversasi preferisce quello della loro possibile indifferenza o com-plementarietà e al presupposto che l’edificio sia espres-sione di una struttura di parti interrelate - sia pureattraverso dissonanze - si contrappone quello secondo cuile parti possono anche essere semplicemente accostatee giustapposte (Puglisi; 1999). In questo senso, mediante l’immagine di un’architetturaossequiosa del paesaggio e non più contrapposta adesso, immagini di tecnologia e primitivismo vengono so-vrapposte e messe in tensione, natura e architetturavengono fuse e all’accelerazione della realtà viene op-posta, come potenziale approccio globale, una profondaricerca di stabilità che trova rappresentazione nella coe-sistenza armonica anche dal punto di vista formale franatura e artificio. Gli edifici continuano ad essere pensati come natura fattadall’uomo ma la vegetazione e il terreno vengono integratial loro interno. Tetti verdi, terrapieni, graticci, alberi collocatisui balconi, rampe erbose, giardini pensili e vasche d’ac-qua si sovrappongono alle costruzioni con la volontà di ri-consegnare alle città tutto lo spazio naturale che sarebbe

stato sottratto loro da progetti tradizionali.Gli strumenti propri dell’high performance green vengonooccultati da materiali naturali e le tecnologie diventanouno strumento non da ostentare ma con le quali suggerirele presenze architettoniche. E coprire, rivestire, restituirediventano le parole chiave di molte costruzioni retoriche. Non solo. Mentre architetti come Wright tendevano a descrivere glialberi e il resto della vegetazione come un accento com-positivo all’interno o intorno ai loro edifici e l’habitat comeestensione del terreno adiacente, il nuovo accento formalestimolato dalla fine della crisi energetica porta a ricono-scere nella natura non solo qualità formali e spirituali in-trinseche, ma anche un’esperienza rituale. Nei progetti più significativi degli anni ottanta, topografiae vegetazione si trasformano in una sorta di microcosmonarrativo di un’immaginaria utopia e la struttura architet-tonica viene nascosta, ridotta a geometrie minime che fun-zionano come inquadrature per il paesaggio. Opponendoall’ottimismo del decennio precedente, una malinconiache, se non ben controllata, rischia di trasformarsi in unavenatura nostalgica paralizzante che, come avvenuto permolte voci del dibattito ambientale (Assennato; 2010),potrebbe ricondurre la natura ad un mero sfondo di con-templazione. A qualcosa da ammirare anziché da modifi-care, con risultati spesso fortemente contestati dalla criticaarchitettonica (Repishti; 2008). Se infatti durante gli anni ottanta le riflessioni più profondesulla nuova interiorizzazione del paesaggio e del rapportotra uomo e natura hanno condotto ad una concezione rin-novata ed arricchita dello spazio come spazio sistema -passando dall’idea di spazio chiuso, circoscritto e limitatoad un’idea di spazio interno-esterno e di spazio pubblicocome elemento altrettanto importante dell’architettura -soprattutto negli ultimi decenni, quelle più superficiali chesi sono collocate lungo questa via interpretativa hannoprodotto performance artistiche o formali, immagini di unfalso idillio pre-industriale esente da ogni cambiamento.Accanto ad una pratica architettonica sincera e positiva,molteplici opere di camouflage naturalistico hanno cioècaratterizzato il naturale come una mera arma in più a ser-

41

02_centrali NATURA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 41

Page 39: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

vizio dell’edilizia, alla quale sembra che oggi niente sia piùnegato se occultato, ingentilito o scambiato per un intornoverde. Il cemento si è coperto di verde; l’architettura ha in-dossato un mantello vegetale e si è trasformata in collina;gli edifici si sono sottoposti ad una cosmesi o si sono sma-terializzati per affrontare luoghi urbani irrisolti o per sopperiread un’afasia linguistica (Repishti; 2008).Proprio come il funzionalismo tanto combattuto, le conta-minazioni verdolatriche in molti casi sono diventate qual-cosa che si esegue coscienziosamente senza conferire loroalcun altro valore estetico e culturale. In molti casi, esse ven-gono ridotte ad elementi applicati più per simboleggiarel’aggiornamento progettuale che non un rapporto logico conla tecnica, la forma, lo spazio e il contesto generando un’ir-rituale naturalizzazione che ha assecondato il rifiuto collettivodi un mondo costruito da manufatti con la speranza di elu-dere la classica barriera natura-artificio e di allontanare l’an-goscia per il futuro, colmando lo scarto apertosi tra ilfallimento del modello di sviluppo capitalistico e la presadi coscienza delle responsabilità collettive e individuali. Una speranza che tuttavia non può certo essere risolta daun atteggiamento che è esso stesso frutto di un fenomenodi geografia economica, del “business as usual”, ma soloda una nuova visione della natura finalmente basata suprincipi eco-centrici anziché ego-centrici.Consapevoli di questo, negli stessi anni ottanta, architetticome James Wines16, profondamente influenzati dai saggisull’ambientalismo di scrittori come Rachel Carson e ArneNaess (Angrisano; 1999), provano ad opporsi all’irritualenaturalizzazione in atto approfondendo l’idea già anticipatada Fuller della natura come portatrice di informazioni, arric-chendola però di un’importante valenza formale. Secondoun’ulteriore posizione e sfaccettatura, essa inizia cioè ad es-sere pensata non solo come insieme di elementi verdi,spesso considerati privi di valore estetico e culturale, ma alcontrario come unica fonte di simbolismo totalmente uni-versale, rigenerativa di contenuto, capace di eliminare le ri-dondanze e di rivelare costantemente nuove informazionida porre alla base di un nuovo linguaggio, ma soprattuttodi una nuova consapevolezza. Definendo una prospettivadifferente nella quale l’architettura non si definisce come

compensazione o come strumento di elusione estetica dellabarriera fra natura e artificio, ma come portatrice dei più im-portanti messaggi del suo tempo. Architetture sensibili e in-tegrate nel loro contesto diventano fortemente iconograficheper trasformarsi in veri e propri simboli del movimento am-bientalista progettati proprio con l’intento di provocare uncambiamento nella consapevolezza della società. Anticipando in parte le idee diffuse dalla pubblicazione delRapporto Brundtland e schierandosi contro la scelta pro-fessionale di enfatizzare i vantaggi tecnologici e sottovalutaregli aspetti sociali ed estetici, l’architetto americano fondatoredei SITE propone cioè di usare il simbolismo legato alla na-tura come mezzo per connettere l’architettura al suo conte-sto culturale e ad un’immagine centrata sulla terra.L’obiettivo primario della posizione rappresentata dai SITEè di superare le soluzioni tecniche stabilite dall’alto - e quindiincapaci di farsi comprendere - attraverso una comunica-zione diretta con la gente raggiungibile mediante strutturesensibili ai cambiamenti ambientali, come a quelli sociali;mediante un’architettura che traduca i preziosi obiettivi delmovimento ambientalista - il confronto con l’ecologia e lapreservazione delle risorse in primis - in un linguaggio este-tico capace di riconciliare l’uomo e la natura. Diversamenteda Fuller, per Wines e per le figure che ne hanno seguito lafilosofia progettuale senza l’arte l’intera idea di sostenibilitàfallisce e gli edifici devono quindi sì farsi fortemente icono-grafici ma sempre senza sacrificare la loro qualità artisticae un certo grado di ironia che pone le loro opere su un pianoprofondamente diverso rispetto a quelle progettate e realiz-zate da figure come Ambasz. In questo senso gruppi come i SITE superano l’idea dell’ar-chitetto argentino di fusione fra interno ed esterno risoltamediante entità quasi astratte, ma soprattutto i camouflagenaturalistici, sottolineando piuttosto l’importanza dell’inte-grazione della struttura e del contesto come parti inseparabilidell’ambiente. In risposta alla nascente età dell’informazionee dell’ecologia, essi propongono edifici come sistemi integrati- termine ripreso anche da altri architetti come Sim Van derRyn - di informazioni non solo più ecologiche, ma anche so-ciali, psicologiche, culturali, contestuali capaci di instaurareuna profonda relazione simbolica con l’intorno. Relazione

16 Nel testo Le tre ecologie ilfilosofo e psicanalista franceseFélix Guttari sviluppa la nozione diecosofia introdotta per la primavolta dal filosofo norvegese ArneNaess nel 1960 comefondamento del movimento diEcologia Profonda. Egli, inparticolare, considera l’ambientecome insieme dinamico deirapporti tra soggetti, territori etecnologie: «Il principio comunealle tre ecologie consiste, dunque,nel fatto che i territori esistenzialicon cui ci portano a confrontarcinon si danno come un in sé,chiuso su se stesso, ma come unper sé precario, finito, finitizzato,singolare, singolarizzato, capace dibiforcarsi o in reiterazionistratificate e mortifere oppure inun’apertura processuale a partireda prassi che permettano direnderlo ‘abitabile’ da parte di unprogetto umano. E’ questaapertura prassica che costituiscel’essenza di quest’arte dell’‘eco’che sussume tutte le maniere didomesticare i territori esistenziali,sia che riguardino modi intimid’essere, il corpo, l’ambiente o deigrandi insiemi contestuali relativiall’etnia, alla nazione o anche aidiritti generali dell’umanità». Cfr. F.Guttari; Le tre ecologie; EdizioniSonda; Torino-Milano; 1991.

42

02_centrali NATURA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 42

Page 40: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

che diverrà centrale nei decenni successivi. Nel frattempo, tuttavia, l’approccio prettamente estetico svi-luppato durante gli anni ottanta continuerà, almeno a livelloteorico, ad alimentare il dibattito fra le generazioni succes-sive. Anche quando, negli anni novanta, la pubblicazione di nuovirapporti sullo stato del pianeta (Meadows; 1992. Wor-ldwatch Institute; 1988) e lo svolgersi di nuove conferenzeinternazionali sul tema mettono nuovamente in evidenza ildeclino della salute dell’ambiente e quindi il pericolo diun’imminente crisi ecologica - spostando nuovamente l’at-tenzione verso gli aspetti tecnici della nostra disciplina - laquestione formale continua ad essere evidenziata comecentrale da diversi protagonisti del dibattito.Per studi come Foster & Associati e i Future System, negliultimi decenni la natura diventa un modello da trascriverein architettura su diversi livelli, a partire dai materiali per ar-rivare alle performance degli edifici, conducendo semprepiù all’idea - già introdotta nel decennio precedente - di edi-fici dinamici: forme vive e reattive capaci di adattarsi a dif-ferenti condizioni ambientali. Gradualmente forme fisse epesanti lascino così spazio ad edifici leggeri e allungati, fles-sibili e in parte mobili.Ma questa non è la sola direzione lungo cui continua a tra-sformarsi il rapporto uomo-natura. Sempre più frequente-mente, infatti, anche gli stessi architetti che si stavanooccupando della progettazione di ‘polmoni viventi’ ed ‘edificiintelligenti’ dall’alto tasso tecnologico iniziano ad attribuireall’ecologia un significato molto più ampio di quello attri-buitole fino a quel momento, allargando notevolmente lequestioni da considerarsi dentro il campo del movimento.

Il ruolo sociale dell’ecologia. Declinazioni locali come soluzioni quotidiane.

Se fra la fine degli anni sessanta e i primi anni settanta delNovecento l’opinione pubblica e i grandi mezzi di comuni-cazione nei paesi industrializzati avevano scoperto l’ecologiacome bandiera di un’ondata di contestazione nei confronti

delle alterazioni provocate all’ambiente naturale, nei decennisuccessivi i significati attribuiti al termine si sono moltiplicatied ampliati trasformandolo in un simbolo, molto meno spe-cifico e molto più diffuso, di speranza nel cambiamentoverso condizioni di vita più in armonia con la natura.La disciplina accuratamente definita dal biologo tedescoErnst Haeckel come l’insieme di conoscenze che riguardanol’economia della natura e lo studio di tutte le complesse re-lazioni degli organismi con l’ambiente circostante e tra diloro (Smith, Smith; 2009) viene trasformata dagli ambien-talisti in una disciplina in grado di fornire una guida per lerelazioni dell’uomo con l’ambiente portando non solo alladefinizione di molteplici settori disciplinari quali l’ecologiadella mente, l’economia ecologica, l’ecologia umana, masoprattutto alla scoperta del suo ruolo sociale. In questo senso, lo psicanalista corso Felix Guttari nel suotesto Le tre ecologie chiarisce bene il problema definendol’ecologia come una delle principali scommesse politicheed etiche della nostra epoca (Guttari; 1989). Per l’autorela prima ecologia è sociale - è importante che tutti possanoesprimere e contribuire alle decisioni che li coinvolgono -;la seconda è psicologica - si tratta del rapporto di ciascunocon il mondo che lo circonda - e solo in un terzo momentointerviene la terza ecologia, quella fisica: l’ingegneria verde17.Inizia cioè a definirsi una prospettiva secondo la quale l’eco-logia diventa scienza delle relazioni non solo rispetto ad ele-menti o parti fisiche, ma anche rispetto agli attori e al lororapporto con il contesto, introiettando la società e la culturaall’interno della definizione di ecosistema.Mentre infatti Leopold nei suoi scritti faceva riferimento alparadigma della comunità biotica di Charles Elton descri-vendo quest’ultima come ad un insieme di individui checondividono lo stesso ambiente fisico e tecnologico for-mando un gruppo riconoscibile (Armandi; 2006), ad affer-marsi negli anni successivi è certamente il paradigmaecosistemico odumiano18. Paradigma per il quale l’oggettodi studio non è solo più una singola comunità ma un’interaporzione di biosfera e cioè l’insieme di organismi animali evegetali che interagiscono fra loro e con l’ambiente che licirconda mediante cicli interconnessi e indipendenti ope-rativamente inseparabili. Con risvolti radicali sul progetto.

17 Eugene Pleasant Odum èl’ecologo statunitense che hasviluppato il concetto diecosistema come: «l’unità cheinclude gli organismi che vivonoinsieme in una certa area(comunità biotica), interagenti conl’ambiente fisico (biotipo) in modotale che un flusso di energia portiad una ben definita strutturabiotica e ad una ciclizzazione deimateriali fra vivnti e non viventiall’interno del sistema». Cfr. E.P.Odum; Principi di ecologia; Piccin;Padova; 1973.18 L’ecologia del paesaggio è unascienza applicata nata comeinterfaccia tra geografia edecologia. Il concetto, utilizzato perla prima volta nella letteraturascientifica dal geografo tedescoCarl Troll nel 1939 nel corsodell’interpretazione di alcune fotoaeree di un paesaggio dellasavana dell’Africa orientale,acquisì importanza scientifica solonegli anni ottanta quando vennefondata l’International Associationfor Landscape Ecology (1982) e,sotto la direzione di Frank Golley,venne pubblicata la prima rivistasul tema, Landscape ecology(1989). Cfr. V. Ingegnoli;Fondamenti di ecologia delpaesaggio: studio dei sistemi diecosistemi; Città Studi edizioni;Milano 1993. S. Pignatti; Ecologiadel paesaggio; UTET; Torino 1994.

43

02_centrali NATURA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 43

Page 41: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

E’ verso la fine degli anni ottanta che il concetto di ecolo-gia del paesaggio - utilizzato per la prima volta dal geo-grafo tedesco Carl Troll già nel 1939 - acquisisce dignitàscientifica19. La protezione dell’ambiente si arricchisce dinuovi significati diventando protezione del paesaggio conla definizione di un punto di vista in funzione del qualel’integrazione di approcci biofisici e analitici con prospet-tive umanistiche e olistiche, di scienze naturali e scienzesociali diventa necessaria insieme ad un’idea processualedel progetto (Ingegnoli; 1993. Pignatti; 1994). La diffu-sione della consapevolezza del carattere culturale e storicodi ogni paesaggio costituisce infatti la ragione per cui laprotezione dello stesso non può più essere pensata in ter-mini di conservazione, ma deve contenere in sé una fortedimensione di progettualità: declinare in ambito architet-tonico l’importanza data all’interconnessione dall’ecologiasignifica infatti considerare il verde e la natura come ele-menti in grado di rappresentare un approccio sensibilenon solo al clima e all’inquinamento - come già avvenivanei decenni precedenti - ma anche al tessuto culturale,attribuendo all’architettura definita come sostenibile la ca-pacità di accrescere appieno il significato della vita.Secondo una prospettiva nella quale, almeno in teoria,niente separa le azioni ambientali da quelle culturali el’ecologia da nuovo ed effimero stile viene pensata comeun’arte di vivere, una logica, una politica, una morale.Anche per alcuni architetti che negli anni settanta eranoriconosciuti sostenitori del progetto efficiente dal punto divista energetico l’idea di conservare energia e risorse eprocurare un ambiente salutare in cui vivere viene progres-sivamente affiancata dalla volontà di elaborare un sistemamodello per il supporto della vita. Un sistema che unampio numero di persone possa usare per preparare il fu-turo e migliorare la vita quotidiana. Sim Van der Ryn, per esempio, in testi come Ecological design(Cohn, Van der Ryn; 1996) e Design for life (Van der Ryn;2005), sposta progressivamente la sua attenzione verso ladefinizione di ambienti - dalla comunità alla specifica scaladell’edificio - che siano sensibili al luogo e al clima, ma cherispondano anche ai bisogni umani e siano di sostegno siaai sistemi ecologici che alla qualità della vita.

Quello che è necessario per i progettisti che assumono lateoria dell’architetto olandese, è un cambiamento delpunto di vista, uno spostamento della consapevolezza chesegni un punto di svolta nella crescita della popolazionee nei livelli personali di consumo ancora una volta possi-bile mediante un sistema di progettazione che imiti e siintegri con i processi naturali. Se cioè i primi incontri con i temi affrontati dal’ecologiaenfatizzavano soprattutto l’aspetto fisico delle idee di so-stenibilità e di natura - il miglioramento della qualità del-l’aria e dell’acqua, la riduzione dei consumi di energia, ilripristino e la conservazione delle risorse naturali e la ri-duzione dei rifiuti - progressivamente esse vengono vistecome concetti multi-sfaccettati che comprendono la di-mensione sociale, politica, economica, culturale e spiri-tuale, tanto quanto quella ecologica. E per una parte del dibattito architettonico il nocciolo delproblema si sposta. La protezione del verde, l’organizza-zione del traffico e la scelta dei materiali diventano ele-menti complementari, necessari ma non sufficienti: lapossibilità di stabilire un nuovo equilibrio non sta più nellesingole scelte, nei materiali o nella tecnologia, quanto piut-tosto nel recupero delle prospettive, dei significati, degliorizzonti. E l’architettura inizia a autodefinirsi non solocome portatrice iconografica dei più importanti messaggilanciati dal movimento ambientalista ma come strumentocon cui integrare i flussi e le strutture al fine di migliorareconcretamente la qualità della vita.In America, ma anche in Europa dove, probabilmenteanche grazie alla maggiore ricchezza del palinsesto storicodelle città e alle radici più profonde delle tradizioni rispettoal contesto americano, alla fine degli anni ottanta iniziaad emergere un nuovo concetto: quello di bioarchitetturaintesa come un’architettura mirata ad integrare le attivitàdell’uomo alle preesistenze ambientali ed ai fenomeni na-turali con l’obiettivo, appunto, di realizzare un migliora-mento della qualità della vita attuale e futura.Opponendosi al punto di vista espresso dall’high perfor-mance green, architetti come Ugo Sasso20, fondatore del-l’Istituto Nazionale di Bioarchitettura a Bolzano nel 1991,iniziano cioè a sostenere la tesi che il cosiddetto progetto

19 Direttore scientifico della rivistaBioarchitettura, presidentedell’Istituto Nazionale diBioarchitettura e co-direttore delLaboratorio post laurea inBioarchitettura presso la Facoltàdi Ingegneria di Bologna fino allasua morte improvvisa, Ugo Sassoè considerato un pioniere dellaBioarchitettura in Italia. A lui vieneattribuita l’idea di un NuovoUmanesimo in architettura,caratterizzato non solo dallapreoccupazione per le risorse e lasalute degli abitanti, ma anche daattenzione alla storia ed allasocietà. Cfr. G. Galanti; Sapercredere in architettura.Quaratasette domande a UgoSasso; CLEAN; Napoli; 2003.

44

02_centrali NATURA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 44

Page 42: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

ecologico o sostenibile non debba esaurirsi nell’edificioeco-sostenibile dal punto di vista tecnologico, ma debbainvece avere al centro l’uomo, la qualità sociale del viveredella persona, la sua appartenenza al luogo geografico esociale e la salvaguardia del suo mondo di relazioni stra-tificatosi attraverso il tempo nelle città e nei paesi.Per i rappresentanti della bioarchitettura così intesa, l’ar-chitettura da portatrice di messaggi universali diventasempre più declinata a livello locale, complice del territorioe del carattere dei luoghi verso i quali si estende la defi-nizione di natura.La crescente consapevolezza di dover salvaguardare l’am-biente terrestre per consegnarlo alle generazioni futureconduce cioè verso differenti direzioni che diversi testi svi-luppati sul tema del progetto sostenibile provano a racco-gliere in alcuni grandi famiglie.In questo senso, gli architetti americani Andrea Brennene Zachary Lamb nella loro Green Architecture Guide (Bren-nen, Lamb; 2009) affiancano all’high performance designfondato su una definizione quantitativa della natura e sul-l’idea di un’architettura pensata come macchina; l’eco-mimetic design incentrato sull’idea di natura e diarchitettura come organismo e il natural design per cuil’attenzione verso l’ambiente diviene attenzione per il pae-saggio e l’architettura diventa un oggetto socio-culturale.Secondo un diverso criterio, Francesco Repishti nel suosaggio Green Architecture individua quattro categorie ana-litiche con cui affrontare il tema: l’estetica della sparizioneper la quale viene negata o superata la relazione fra archi-tettura e contesto, il camouflage naturalistico incentrato suun’idea di natura occultatrice ed estetizzante e sul maquil-lage ecologico come risposta al rifiuto crescente dell’attualeimmagine della città, la metafora basata sull’idea di archi-tettura come metafora, non necessariamente verde, dellanatura e le contaminazioni per cui gli elementi naturali con-taminano la scrittura architettonica (Repishti; 2008).In entrambi i casi, tuttavia, le famiglie della green archi-tetture, intesa come architettura che si confronta secondodifferenti punti di vista con diverse interpretazioni dell’ideadi natura, vere o false che siano, appaiono labili e spessofortemente interconnesse generando non solo un molti-

plicarsi infinito delle posizioni, ma anche equivoci interes-santi, capaci di rispecchiare la vivacità del dibattito.Se da un lato, negli anni novanta grazie ad eventi interna-zionali come la Conferenza di Rio o l’accordo di Kyoto[Link_La storia della sostenibilità in architettura], queglistessi governi che avevano stimolato il dibattito sul temadell’interdipendenza fra i programmi di sviluppo e le azionidi protezione dell’ambiente assumono, al contrario, impe-gni precisi e circoscritti per contrastare le cause dell’inqui-namento, controllare il ciclo di vita dei materiali e valutareil comportamento energetico degli edifici e del processoedilizio spronando la ricerca e l’innovazione tecnologica alfine di attuare processi produttivi che minimizzino l’usodelle materie prime e stabilizzino le concentrazioni in at-mosfera dei gas serra, dall’altro, alcuni professionisti delverde, fino a quel momento fortemente legati ad un’ideaquantitativa e burocratica del progetto sostenibile, inizianoa definire l’ambiente come quel contesto di relazioni cherende possibile un fenomeno, spostando il rapporto dia-lettico uomo-natura verso la contrapposizione - intuita eauspicata da Leopold già negli anni quaranta - fra ciò cheè naturale e ciò che è culturale. Pensando alle diverse cul-ture come a modi specifici e peculiari di abitare la natura,questi affiancano il piano ambientale a quello sociale eculturale, i presupposti dell’high performance design aquelli dell’natural design, e l’obiettivo primario diventa laqualità della vita. Secondo una prospettiva nella quale l’essenza della qua-lità ecologica spaziale, prima che urbanistica ed architet-tonica diventa sociale, economica, politica. Una qualitàdefinibile più che nei singoli elementi, nel sistema di rela-zioni che si instaurano nel tempo e nello spazio all’internodel contesto; più che nell’immagine della sua architettura,nel modello sociale che questa intende proiettare (D’An-gelo; 2001).In questi anni, ritorno alla natura significa quindi ritorno alsuo significato, all’esperienza dell’alterità, alla riscopertadella sua dimensione locale. Dimensione che, sebbene fa-cesse parte dei dibattiti architettonici ormai da diversi de-cenni, viene certamente riportata alla ribalta dall’emergeredegli studi ecologici e dall’interpretazione propostone nei

20 La Convenzione Europea delPaesaggio è un documentoadottato nel 2000 dal Comitatodei Ministri della Cultura edell’Ambiente del ConsiglioEuropeo. Esso, oltre a fornire unadefinizione univoca e condivisa dipaesaggio, dispone iprovvedimenti in tema diriconoscimento e tutela che glistati membri si impegnano adapplicare riconoscendo il valoreculturale, ambientale, sociale estorico dello stesso comeimportante componente delpatrimonio europeo e comeelemento fondamentale per lagaranzia della qualità della vitadelle popolazioni. Cfr.www.convenzioneeuropeapaesaggio.beniculturali.it.

45

02_centrali NATURA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 45

Page 43: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

documenti internazionali e nei diversi ambiti disciplinari.Se infatti il rapporto della Commissione Brundtland sot-tolineava l’indispensabilità della diversità delle specie peril normale funzionamento degli ecosistemi e della biosferanella sua totalità, in campo architettonico il concetto dibiodiversità viene declinato in uno stimolo verso la risco-perta del locale e delle relazioni che lo costituiscono enell’idea che difendere l’ambiente significhi anche difen-dere la forma e l’identità dei luoghi.L’idea di natura inizia cioè ad essere assimilata non più aquella di ambiente ma a quella di paesaggio e, negli stessianni in cui la redazione di documenti internazionali comele raccomandazioni sul progetto di Convenzione Europeadel Paesaggio21 sottolineano la natura percettiva ed este-tica dello stesso e testi come il Breve trattato del pae-saggio del filosofo francese Alain Roger o Le raison dupaysage del geografo francese Augustin Berque ne eviden-ziano l’irriducibilità alla realtà fisica, architetti come SimVan der Ryn e Ken Yeang22, fortemente legati alla posizionedell’eco-mimetic green e ad un’architettura intesa comemetafora degli organismi naturali, superano l’idea di unanatura universale a favore di un’idea di natura definitadalle interazioni locali fra componenti biotiche e abiotiche,dai modi in cui le persone vivono, dalle loro abitudini edal loro stile di vita.

Se dobbiamo applicare il concetto di ecosi-stema al progetto - afferma l’architetto ma-lese nel suo testo Designing with nature -allora il sito di progetto deve fin dall’inizio es-sere concepito polisticamente dal progettistacome un’unità che consiste di componentibiotici come abiotici - viventi e non viventi -che funzionano insieme come un tutt’uno performare un ecosistema, e prima che qualsiasiazione umana possa essere inflitta sul sito diprogetto, le sue caratteristiche e interazionidevono essere identificate e completamentecomprese.

(Yeang; 1995)

In questo senso, nelle architetture più significative svilup-pate a partire da questa posizione non vi è una mera ap-plicazione di elementi decorativi e formali del passato, mauna traduzione delle tipologie tradizionali in soluzioni ar-chitettoniche contemporanee, progettate appunto noncome trascrizioni ma come declinazioni culturali. Beneficispaziali e tecnologici dell’architettura moderna sono alli-neati ad una comprensione del clima locale e ad una con-sapevolezza dei modelli culturali mirati a sintetizzare lamodernità con l’eredità tradizionale.Negli anni novanta, così come nei decenni precedenti, noncambia dunque la posizione antropocentrica dell’uomo ri-spetto alla natura - perché anche gli esponenti più rilevantidella bioarchitettura, come già faceva Soleri, continuanoa parlare di architetture fatte e realizzate per l’uomo chedovrà abitarle - ma cambiano gli obiettivi, il significato at-tribuito ad entrambi e, di conseguenza, la definizione spa-ziale.La natura infatti non è più riducibile ai caratteri che unluogo presenta come ambiente o come ecosistema natu-rale. Considerando gli edifici, la città, il territorio come organi-smi, l’architettura più interessante di questa fase rifiutaquindi di ridurre la complessità alla sommatoria dei diversicomponenti costruttivi, il progetto sostenibile ad edifici ef-ficienti dal punto di vista energetico: così come un esserevivente è qualcosa di diverso e di più dei suoi elementi,ogni singola stanza diventa un luogo che vive attraverso lemutue relazioni. Anche lo spazio edificato diventa nella so-stanza qualcosa di diverso rispetto alla giustapposizionerazionale dei suoi pezzi e dimensione, superficie, formanon sono più parametri sufficienti con i quali descriverlo. Sono elementi qualitativi come l’aria, i colori, i suoni, lavegetazione, la vibrazione della luce ma anche i rapportidi simpatia e di adesione con l’intorno a definirne la ric-chezza antropologica. Perché secondo questo punto divista sviluppato a partire dal tema della biodiversità, laqualità, sebbene la sottenda, non è più appiattibile sullaquantità propria dell’high performance green, né può sca-turire come sommatoria o accostamento di elementi purqualitativamente rilevanti. Nasce invece sempre e solo

21 Autore di saggi sull’architetturaecologica e sostenibile, Ken Yeangè un architetto malese che, dopoessersi dedicato al tema dellabiodiversità come riscoperta dellocale e delle sue relazioni, haindirizzato la sfida del progettoecologico verso la costruzione diedifici ad alta densità, come ilgrattacielo. Nel 2005 Yeang èdiventato uno dei direttori diLlewelyn Davies Yeang, uno studiomultidisciplinare di progettazioneurbanistica, architettonica epaesaggistica concentrato sullosviluppo di progetti sostenibili dalpunto di vista ambientale-ecologico, ma anche economico esociale che stanno rendendol’attività dell’architetto conosciutain tutto il mondo. Cfr. K. Yeang;Ecodesign: a manual forecological design; Wiley; Londra2006. 22 Il Centro Culturale Jean-MarieTjibaou di Nouméa, in NuovaCaledonia, è stato costruitodall’architetto italiano RenzoPiano tra il 1995 e il 1998 conl’obiettivo di celebrare la memoriadel leader indipendentista dellacomunità Kanak, Jean-MarieTijbaou, morto in seguito ad unattentato pochi anni prima.Costituito a partire da una retoricaprogettuale incentrata sullavolontà di rispettare le tradizionilocali e integrare al meglio gliedifici con l’ambiente circostante,esso viene spesso citato dalproprio autore, ma non solo, comesimbolo dell’architetturasostenibile. Cfr. R. Piano; Laresponsabilità dell’architetto:conversazione con Renzo

46

02_centrali NATURA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 46

Page 44: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

come relazione tra le parti: se le parti riescono ad espri-mere elementi di relazione, lo spazio si presenta compren-sibile e quindi è possibile attribuirgli significato. Secondoun passaggio importante per l’attribuzione di valore. Realizzazioni come il Centro Culturale Jean-Marie Tjibaouin Nuova Caledonia di Renzo Piano23 diventano alloral’esempio delle potenzialità di una lettura morfologica edecologica del territorio capace di restituire ricchezza di con-tenuti e di forme nel paesaggio visto come complesso traelementi naturali e costruiti. In questo, come in altri casi,è l’informazione - il raccolto più significativo delle strutturaecologica - ad organizzare la forma mediante un processodi astrazione e significazione della stessa.Com’era già stato auspicato dalla singola personalità diSoleri alcuni decenni prima, negli anni novanta,- in modocertamente più esteso - al rispetto per l’ambiente vieneprogressivamente affiancato quello della cultura del luogo,della sua geografia e del suo clima. Un rispetto non piùreverenziale e mistico, ma propositivo, che spinge l’archi-tettura oltre la mimetizzazione e il camouflage arricchendoil compito della nostra disciplina.Questa diversa definizione dell’idea di natura sembra in-fatti richiedere all’architetto di cogliere l’occasione che, divolta in volta, una particolare cultura, un particolare am-biente e una particolare società gli offrono; di riconosceree valorizzare potenzialità che altri non vedono. Non cama-leontismo ma una professionale attitudine ad ascoltare,a cercare di capire per poi interpretare e sintetizzare nelmomento espressivo formale. Un momento che, diversa-mente da quanto proposto dalle idilliache soluzioni verdicriticate da Repishti (Repishti; 2008), non elude e nonesclude affatto un certo grado di tensione fra costruito enatura, fra ‘found’ e ‘built’, fra locale e universale.Secondo una visione che, come sottolineato per esempiodall’architetto inglese Richard Rogers - spesso definitocome uno dei principali esponenti dell’high performancegreen - nel 1996, sposta sempre di più l’enfasi dagli edificial progetto urbano e da scelte semplici, come l’energia oil riscaldamento globale, a scelte complesse, come ap-punto l’ecologia.Tuttavia, se da un lato la convinzione che i limiti della co-

noscenza della natura si ampliano nel momento stesso incui la osserviamo spinge alcuni esponenti delle diversefamiglie d’atteggiamenti della green architecture - e in par-ticolare quelli del natural green - ad allontanarsi semprepiù decisamente da una metodologia codificata e sem-plificata, proprio negli stessi anni negli Stati Uniti e nelRegno Unito vengono rispettivamente definiti due dei piùriconosciuti sistemi di valutazione dell’efficienza energeticae dell’impronta ecologica degli edifici, il Leadership inEnergy and Enviromental Design (1994) e il BRE Enviro-mental Assesment Method (1990). Accentuando, ancorauna volta, le contraddizioni, le irregolarità e le molteplicisfaccettature presenti nelle modalità con cui l’architetturasi è relazionata al tema del rapporto fra uomo e natura. Ma se ulteriori riflessioni su sistemi rigidi di classificazionee di valutazione non potrebbero portarci molto distanti dadove già si è arrivati, a nostro avviso, è da un approfondi-mento dell’idea di natura come ecosistema e dall’inter-connessione delle diverse famiglie di atteggiamentiprogettuali che la disciplina architettonica potrebbe trarreimportanti spunti per suoi ulteriori sviluppi.

L’idea di auto-sostenibilità. Declinazioni rigenerative.

La costante riflessione sul rapporto uomo natura postaalla base del dibattito sulla sostenibilità e stimolata dalconfronto fra architettura e ecologia negli ultimi decenniha quindi condotto, per diverse vie e sotto diversi punti divista, ad un’ulteriore definizione dell’idea di natura comeecosistema. E se i primi anni dell’introduzione e dell’inter-pretazione di questo concetto in ambito architettonicohanno portato soprattutto allo sviluppo di una riflessionesul tema delle relazioni e dell’interdipendenza delle sueparti, negli ultimi anni la riflessione si sta in parte spin-gendo oltre. Se realmente compresa, la definizione di ecosistema datada Odum, ponendo l’accento sull’inseparabilità dei suoicomponenti e dei cicli ad essi correlati, non suggerisce in-fatti solo l’importanza delle relazioni, ma anche la mancata

Cassigoli; Passigli 2004.

47

02_centrali NATURA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 47

Page 45: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

autonomia di ogni forma di vita e il fatto che, di conse-guenza, la specie e gli individui capaci di sopravvivere nonsiano necessariamente i più forti, come nell’accezione dar-winista, ma piuttosto quelli capaci di favorire relazioni sim-biotiche; i più funzionali cioè al sistema di relazioni che vacreandosi in uno specifico ecosistema. Con importanti ri-cadute teoriche e progettuali.La presa di coscienza di questo aspetto ha infatti condottoarchitetti come Ken Yeang non solo a porre l’enfasi sull’in-terdipendenza e sull’interconnessione fra le attività - sia na-turali che umane - ma anche sulla loro reciproca influenza.Secondo una prospettiva nella quale, per la prima volta, lanatura non viene più considerata come un semplice conte-nitore che sviluppa pressione selettiva sulla specie ma comeuna sorta di organismo che scambia con gli esseri viventi.Questi evolvono sotto la pressione ambientale, ma il lorometabolismo e comportamento cambiano l’ambientestesso mediante una dinamica co-evolutiva per cui l’archi-tettura non si pone più né come soluzione o complice pas-siva, né come semplice elemento di compensazione ostrumento informativo, ma come complice attiva, ripartivae produttiva per la stessa.L’obiettivo progettuale diventa quello di raggiungere una re-lazione simbiotica tra il sistema creato dall’uomo e l’ecosi-stema naturale e la declinazione del concetto di ecosistemanel progetto non porta più ad una semplice trascrizione ma-terica o materiale dei suoi meccanismi e delle sue strutturema ad una proposta migliorativa per lo stesso. A diventare centrale è l’idea di auto-sostenibilità, ancorauna volta derivata da due principi biologici: quello di auto-poiesi e quello di autorganizzazione rispettivamente defi-niti dai biologi cileni Humberto Maturana e FranciscoVarela (Maturana, Varela; 1980) e dal biologo americanoStuart Kauffman (Kaufmann; 1993). In particolare, il concetto di autopoiesi nasce dalla neces-sità di dare una definizione di sistema vivente scollegatada specifiche caratteristiche funzionali e basata sul si-stema in quanto tale, secondo una prospettiva sicura-mente simile a quella richiesta dagli sviluppi dell’idea dinatura e di sostenibilità. E con questo obiettivo, già neglianni settanta, Maturana e Valerla avevano proposto l’idea

di sistemi autopoietici, ossia di sistemi capaci di ridefinirsicontinuamente, di sostenersi e di riprodursi al proprio in-terno superando l’idea di un equilibrio naturale statico -spesso adottato dalle retoriche architettoniche - a favoredi quella di un equilibrio dinamico che tuttavia non alterale proprietà del sistema stesso. Secondo un punto di vista certamente simile a quello chequalche anno più tardi propose Kauffman teorizzando chela complessità dei sistemi biologici e degli organismi derividall’autorganizzazione in dinamiche distanti dall’equilibrio enon solo dal meccanismo della selezione naturale darwini-sta. Egli, in particolare, definisce l’autorganizzazione comela proprietà manifestata da alcuni sistemi complessi, formatida molteplici elementi interagenti tra di loro, di svilupparestrutture ordinate ed organizzazione alla scala superiore.Questi sistemi, a suo avviso, sono capaci di creare struttu-razione facendo crescere la complessità interna anchequando i singoli elementi del sistema si muovono in modoautonomo ed in base a regole puramente locali (Lima;2010). Con spunti assolutamente centrali per la nostra disciplina.Il fuoco dell’attenzione speculativa è spostato ancora unavolta dai componenti alle relazioni che intervengono in unecosistema ma dalle relazioni interne dipende non solo piùla sua plasticità e la sua capacità di adattarsi ma soprattuttola sua capacità nell’evolvere trovando nuove soluzioni aglielementi di criticità che emergono nel tempo. Introducendonuovi concetti che poco per volta vengono acquisiti ancheda alcuni esponenti dell’ambito architettonico.All’interno del testo The Green Skyscraper, indicato daBrennen e Lamb come uno dei testi di riferimento perl’eco-mimetic green, Ken Yang scrive:

L’enfasi è sull’interdipendenza e sull’interconnessionenella biosfera e nel suo ecosistema. La caratteristicaprincipale del progetto ecologico è la connessione frale attività, sia materiali che umane; questa connes-sione consiste nel fatto che nessun elemento dellabiosfera resta inalterato dalle attività umane e chetutte le attività si influenzano a vicenda.

(Yeang; 1999)

23 L’Agence Babylone è uno studiodi paesaggisti francesi che, spintida un forte interesse versol’ecologia, negli ultimi anni hannolavorato allo sviluppo di progettiincentrati sulla definizione dinuove sinergie fra città e natura.Con questo obiettivo, nel 2008 lostudio ha definito il concetto di‘Natura Attiva’, un concetto basatosulla fiducia nel fatto che lanatura abbia le capacità disoddisfare tutte le necessità diuna città e dei suoi abitanti epossa quindi essere utilizzatacome «motore urbano» integratoin tutti gli aspetti della vita. Cfr.www.agancebabylone.fr

48

02_centrali NATURA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 48

Page 46: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

Accanto alle trascrizioni verdi principalmente prodotte daicamouflage naturalistici e dalle metafore architettonichee alle declinazioni locali incentivate soprattutto dal frontedel natural green inizia cioè a diffondersi da più parti l’ideache tutti i sistemi costruiti debbano avere una relazioneattiva reciproca con il loro ambiente locale e con il restodella biosfera. Una prospettiva che cambia i termini delproblema per cui, per esempio, la vera questione apertadall’urbanizzazione continua e dall’uso estensivo dellaterra diventa la perdita della capacità degli ecosistemi diautoregolarsi, di assimilare i prodotti umani e di evolversigenerando nuova vita e nuovo capitale.Un problema al quale fino ad ora l’architettura non ha mairisposto con un reale riorientamento del sistema di pen-siero e dell’approccio progettuale. Se infatti la nostra disciplina ha sempre avuto a che farecon l’ambiente circostante, con le condizioni fisiche e cli-matiche in cui si inserisce e con la loro trasformazione, èsolo con l’incontro con queste teorie e con l’assunzionedel loro punto di vista che essa inizia a considerare la pos-sibilità non solo di mutare, ma di migliorare lo stato am-bientale pre-esistente. Riconosciuta la simbiosi fra i sistemi costruiti e quelli natu-rali, l’architettura deve certamente continuare a minimizzarela sua dipendenza dalle capacità elastiche dell’ambientenaturale ma deve anche provare a ripararlo e restaurarlo.Motivo per cui studi come l’Agence Babylone24, che per di-versi aspetti potrebbero essere classificati a cavallo delle trefamiglie di atteggiamenti progettuali proposte dalla GreenArchitecture Guide, iniziano a parlare di natura attiva, unconcetto con il quale il progetto va oltre la sostenibilità e di-venta rigenerativo e rivitalizzatore dei sistemi sottostanti, sianaturali che culturali.Secondo un punto di vista per cui la biosfera non deve piùessere isolata dagli interventi umani e trasformata in unariserva naturale, ma imitata nelle sue proprietà, nelle suestrutture e nei suoi processi per dar vita ad ecosistemi mi-gliori. Il progetto non deve più essere passivo, a basso im-patto energetico, ma concretizzarsi in uno sforzo molto piùcomplesso per ideare edifici con conseguenze positive, ri-parative e produttive per l’ambiente naturale (Yeang; 1999).

Il sistema progettato - scrive Yeang in Thegreen skyscraper - deve creare un ecosi-stema bilanciato delle componenti biotichee non o, meglio, definire una relazione pro-duttiva e riparativa con l’ambiente naturale,sia a livello locale che a livello globale.

(Yeang; 1999)

La metafora prima utilizzata per il singolo edificio ampliala sua scala e diventa analogia estesa a tutta la città. L’edi-ficio non è quindi solo più un oggetto spaziale, ma un si-stema progettato di cui funzioni interne e relazioni esternecostituiscono parti integranti. Secondo una teoria inclusiva,comprensiva e aperta volta alla definizione di una nuova vi-sione del futuro anticipatrice - capace cioè di guardare oltrei bisogni di questa generazione - e riabilitativa. L’obiettivo, per architetti, come Ken Yeang, capaci di co-gliere le potenzialità di più punti di vista, è la definizionedi spazi nuovi, ambivalenti, ambigui e intermediari, in gradodi giocare un ruolo centrale nella società umana quantonella città e nelle architetture. Filtri ambientali che permet-tano la determinazione di una relazione selettiva e fluidafra interno ed esterno; spazi transitori come verande, por-tici, terrazze, atri, muri e coperture multiple atti a definirel’immagine della città come giardino urbano, ma soprat-tutto ad incentivare uno stile di vita, qualitativamente mi-gliore e all’aria aperta.In una prospettiva per la quale l’inverdimento formale degliedifici proposto dai camouflage naturalistici e dalle con-taminazioni verdolatriche deve arricchirsi di nuovi signifi-cati ed essere esteso agli affari, alle politiche, all’economiae alle abitudini di vita. In questo senso, nell’ultimo decennio, in molti progetti peril nuovo assetto del territorio - dalla Tropical Verandah Citydello stesso Yeang (Hamzah; 1998), al programma inter-nazionale Grand Paris (2011), al concorso per i diparti-menti di Essonée e Yvelines (2008) - la natura diventa,almeno nelle intenzioni, un vero e proprio motore urbano,un elemento integrato in tutti gli aspetti della vita dellacittà che, mediante ‘alte tecnologie naturali’, struttura in-sediamenti e abitudini.

49

02_centrali NATURA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 49

Page 47: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

Lo scopo è quello ricreare il meraviglioso mix di usi, personee spazi proprio dei territori e dei sistemi più complessi e vi-vaci, ma anche quello - prima dimenticato - di caratterizzarequalitativamente e esteticamente i luoghi. Compreso comeil rapporto con la natura oggi non possa più passare attra-verso la rappresentazione della stessa, l’architettura divieneesperienza della natura che opera al suo interno plasman-dola e arricchendola con la volontà di restituire una nuovaidentità estetica ai luoghi (D’Angelo; 2001). Progettare con la natura assume benefici estetici comeecologici e il paesaggio diventa intersoggettivo come tuttii valori culturali, secondo un punto di vista che consideral’ambiente in modo antiessenzialista e non naturalistico.Non più naturale contro artificiale, ma insieme umano enon umano, oggetti organici ed inorganici, tecnici e sim-bolici, politici e biologici (Assennato, 2010). Se si prova quindi a costruire un bilancio, la riflessionesull’idea di natura stimolata dal dibattito sulla sostenibilitànon ha condotto ad un superamento dell’approccio an-tropocentrico a favore di uno fisiocentrico, ma - almenoper alcune voci del dibattito - ad un suo rovesciamento:se si continua cioè a parlare di sostenibilità soprattutto inriferimento ai bisogni e agli interessi della specie umana,vi è stata almeno in parte una sorta di auto-abdicazionedella soggettività umana nella sua funzione di centro delsapere teoretico e pratico.Nessuno fra gli esponenti delle diverse famiglie d’atteg-giamento della green architecture afferma che gli uominidebbano eleggere direttamente le leggi individuate dallescienze naturali a norma della loro azione pratica, malungo il loro percorso di ricerca alcuni di questi hanno sco-perto e stanno scoprendo, anche attraverso posizioni va-riegate e disorganiche e sviluppi tutt’altro che lineari, unordine del mondo oggettivo, una struttura dell’essere che,nella sua obiettività, svincola l’uomo stesso dall’obbligotipicamente moderno di rispondere a se stesso - e sol-tanto a se stesso - dei fondamenti del suo sapere e delsuo valore (Dellavalle, 1998) e chiama ‘l’ecologia politica’e le pratiche progettuali su di essa fondate a superare lacontrapposizione tra uomo e natura, tra sentimenti sog-gettivi e risultati indiscutibili, tra politica e natura.

Il progressivo emergere della problematica ecologica hacioè fatto sì che il principio di autonomia proprio del pa-radigma moderno fosse messo in discussione: è la dimen-sione oggettiva dei limiti esterni che iniziano ad imporsisull’azione umana a non rendere più possibile la defini-zione di uomo e natura come parti separate e a richiederenon solo una rivoluzione epistemologica, ma anche unareimpostazione programmatica di ogni singola disciplina.In questo senso, un contributo centrale al dibattito vienefornito dal sociologo e antropologo francese Bruno Latourche nel suo testo Politiche della natura (Latour; 1999) in-vita ad abbandonare il tentativo di coniugare ‘ecologia’ e‘politica’ a favore di un totale ripensamento dei concettidi ‘uomo’ e ‘natura’.Sviluppando una forte critica sia verso tutti i movimentiche, come l’Ecologia Profonda (Naess; 1989), hanno pre-teso di riformare la politica degli uomini in nome dei ‘su-periori equilibri della natura’, sia verso l’atteggiamentoprogettuale di chi, come molti esponenti dell’high perfor-mance green, ha sintetizzato masse di dati provenienti dalmondo oggettivo della natura per prevenire con un’azionefulminea il sopraggiungere di cataclismi altrettanto fulmi-nei e proporre la Scienza come parte della soluzione dataal problema politico, Latour sostiene che non sia mai esi-stita altra politica se non quella della natura e altra naturase non quella della politica, ragione per la quale il compitofondamentale dell’ecologia politica diventa quello di por-tare in primo piano la qualità intrinsecamente politicadell’ordine naturale sostituendo le due arene distinte dellanatura e della politica con la sola arena del collettivo.Un’arena in cui, attraverso un’attenta ridefinizione sia del-l’impresa tecnico-scientifica sia dei ruoli dei vari corpi pro-fessionali, la questione non si collochi più a cavallo trascienze naturali e scienze sociali bensì in una zona deltutto diversa dove punti di vista apparentemente dicoto-mici, emancipati dal loro compito epistemologico, sonochiamati ad associarsi e collaborare per superare la pre-sunta contraddizione dell’oggetto e del soggetto e definirela migliore delle soluzioni possibili. La nuova distinzione verso la quale Latour orienta l’ecolo-gia politica non passa cioè più tra natura e società bensì

50

02_centrali NATURA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 50

Page 48: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

tra due operazioni: la moltiplicazione delle entità e la lorocomposizione e riunione attraverso uno scambio di pro-prietà. Mentre l’opposizione soggetto-oggetto aveva comestrategia quella di vietare ogni scambio di proprietà, lacoppia umano-non umano descritta dall’sociologo fran-cese rende questo scambio non soltanto auspicabile, manecessario fornendo interessanti stimoli alla nostra disci-plina.In questa prospettiva, infatti, perché insistere sul divarioapparentemente incolmabile che separerebbe la Scienza,incaricata di comprendere il mondo naturale, e la Politica,che avrebbe piuttosto il compito di regolare quello che La-tour definisce come l’inferno del sociale? Perché conti-nuare ad opporre un atteggiamento progettualeprettamente incentrato sulle qualità primarie come quellodell’high performance green a quello fondato sul valoredelle qualità secondarie come quello del natural green? Come evidenziato da Latour, ma anche da gran parte dellacritica sul tema del progetto sostenibile, se si concedetroppo alla natura ed ai fatti - come spesso avviene nellaprima famiglia d’atteggiamenti - l’umano precipita intera-mente nell’oggettività, il progetto sostenibile diviene cosaconteggiabile e calcolabile, mero bilancio energetico. Alcontrario, se si concede troppo ai valori e alle qualità se-condarie, l’intera natura ed i progetti ad essa ispirati pre-cipita nell’incertezza del mito, della poesia e delle visioni.Sposate le tesi proposte dal dibattito sulla questione eco-logica, i rappresentanti più interessanti delle diverse fami-glie di atteggiamenti sembrano cioè essere chiamati alavorare congiuntamente non per difendere o proteggerela natura in nome del suo valore intrinseco, della distilla-zione razionale di un dovere o della scelta di un bene, maper il riconoscimento della superiorità sostanziale della to-talità dell’ecosistema - inteso come insieme fisico e so-ciale - rispetto alle sue parti.Quello che sembra essere condiviso è così non un appelloal ritorno alla sostanza, ad una sostituzione della naturagrigia e fredda dei vecchi epistemologi politici con quellapiù verde e più calda degli ecologisti, quanto piuttosto adun esame autocritico del soggettivismo capace di avviareil passaggio verso il paradigma comunicativo e la centralità

dell’intersoggettivismo e di congiungere il problema moraledel bene comune con quello fisico ed epistemologico delmondo comune (Latour; 1999).Obiettivo che, fino a questo momento, né le filosofie poli-tiche dell’ecologia né le filosofie progettuali sembrano an-cora aver raggiunto in modo significativo.Mentre infatti programmi internazionali come il Protocollodi Kyoto, le ingiunzioni del Club di Roma e il RapportoStern mettono sempre più in evidenza la necessità di unariduzione drastica del consumo dell’energia e delle risorseprodotte dal nostro pianeta mediante nuove politiche so-ciali e un cambiamento nello stile di vita, al di là delle di-chiarazioni di intenti, anche architetti come Yeang, Fostere Rogers, che guardano verso i sistemi naturali, molte voltecontinuano a riproporre un approccio ancora marcata-mente tecnologico nel quale il confronto fra scienze e po-litica resta limitato . Cosa succederebbe invece se la disciplina architettonica,cogliendo l’invito di Latour, provasse a pensare alla costru-zione di forme architettoniche, urbane e paesaggistiche inrelazione a modi di vivere rinnovati sulla base del temadelle risorse e dell’energia? Quali sarebbero le conse-guenze spaziali se il progetto provasse ad individuare i vin-coli tra la vita urbana e i parametri energetici?I casi presentati nell’ambito della ricerca mostrano che,anche se in modo latente e forse inconsapevole, questadomanda è sempre stata alla base della riflessione sul-l’idea di sostenibilità. Gli spazi compressi di Soleri e Fuller,quelli che scompaiono nel verde di Ambasz e Wines, glispazi integrati di Van der Ryn, Sasso e Piano, così comegli spazi simbiotici di Yeang o dell’Agence Babylone, se lettiprogressivamente, costituiscono un interessante percorsodi ripensamento delle qualità spaziali della società civileattraverso differenti idee di natura, mediante pesi e valoridiversi attribuiti alle risorse e all’energia. Tuttavia, la percezione meccanicista ancora condivisa damolti architetti e ingegneri - soprattutto in ambito occiden-tale - ha fino ad oggi trovato espressione soprattutto nel-l’attenzione rivolta all’energia, ai combustibili fossili, agliindicatori e alle definizioni facendo perdere al progettol’opportunità di giocare un ruolo politico più evidente e

51

02_centrali NATURA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 51

Page 49: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

generando una situazione che proprio il superamentodella cesura fra natura e artificio, natura e cultura suggeritoda figure come Latour potrebbe progressivamente aiutaread oltrepassare. Il punto di vista olistico implicito nell’idea di ecosistemaemersa negli ultimi anni, così come i concetti di intercon-nessione, transitorietà e auto-organizzazione ed esso cor-relati potrebbero infatti condurre l’architettura ad unarinnovata ricostruzione delle questioni ambientali all’in-terno di un’arena tematica certamente più ampia di quellaattualmente considerata.Riconoscendo le conseguenze ambientali delle questionisociali e politiche, l’architettura avrebbe infatti la possibilitàdi stimolare l’immaginazione pubblica a guardare oltre lastretta definizione di standard ambientali per un ripensa-mento totale delle politiche che rendono questi standardpossibili. Considerando le probabili implicazioni politichedell’ambiente costruito, essa potrebbe cioè suggerire stra-

tegie atte a costruire un sano rapporto operativo fra uomoe ambiente.Se fino ad oggi il dibattito riguardante l’idea di natura si èquindi spesso sviluppato attorno alla diatriba fra sosteni-tori degli standard e detrattori degli stessi, fra esponentidell’high performance green ed esponenti del naturalgreen, fra scelte tecniche e scelte sociali è obiettivo dellaricostruzione appena sviluppata mostrate come la veraquestione in realtà sia un’altra. Ossia se l’architettura - ar-ricchita da tutte le posizioni definite negli ultimi decenni -possa o meno autodefinirsi come strumento in grado didelineare i termini del dibattito politico. Secondo una pro-spettiva nella quale la natura non fornisce più uno sfondodecorativo per la commedia umana ma costituisce il ri-sultato di un complesso progetto di costruzione dello spa-zio antropizzato. Un progetto finalmente biologico,raggiungibile solo mediante un cambiamento radicale deinostri valori sociali [Link Tecnologia].

52

02_centrali NATURA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 52

Page 50: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

Dall’ecologia all’economia. Visioni riformiste.

In ambito architettonico così come nel più ampio campoculturale, ai percorsi di trasformazione dell’idea di naturavanno affiancati quelli relativi all’idea di tecnologia. Il lentoe incerto riconoscimento della superiorità della totalitàecosistemica rispetto alle sue parti, così come il progres-sivo superamento del principio di autonomia proprio delparadigma moderno [Link_Natura] sottintendono infatti,almeno per le posizioni più significative del dibattito, unaprofonda riflessione sui valori che fino allo svilupparsi dellostesso ne avevano costituito le basi. Messa in dubbio l’im-magine antropocentrica dell’uomo demiurgo coltivata dallacultura moderna, la sua posizione nel mondo e la sua de-stinazione, diventa cioè inevitabile una riflessione radicalesul mito della crescita e sulla fede illimitata nell’apportodella tecnologia da essa derivato. Una riflessione che nonpuò prescindere da una collaborazione e un confronto ser-rato fra la neonata scienza ecologica e la dominantescienza economica, imputata principale della crisi ambien-tale del pianeta (Daly; 1977. Marchettini, Tiezzi; 1999) edestinata - almeno in teoria - ad un profondo cambia-mento.Un raffronto che, come sottolineato da gran parte dellaletteratura sul tema (Fedeli; 1990. Webber;1991), iniziaa mettere in dubbio non tanto il sistema capitalistico insé ma piuttosto, più in generale, il credo nella crescita enello sviluppo senza limiti inseguito dalla cultura occiden-tale (Ruffolo, 1985): è attorno ad esso che gravita unadelle principali contraddizioni di fondo tra l’approccio eco-nomico e l’approccio ecologico al rapporto uomo-natura(Martinez-Alier; 1987). Se la crescita è infatti sempre unbene per l’economia, l’ecologia evidenzia come la crescitaillimitata possa trasformarsi in un grave pericolo; se perl’economia tradizionale la salute, ma anche il benesseree il consenso sociale, possono essere garantiti da un tassodi crescita alto e stabile del prodotto, per l’ecologia è pro-prio lo studio degli ecosistemi naturali a dimostrare cheessi invariabilmente smettono di crescere quando raggiun-

gono i limiti rappresentati dalle risorse disponibili.E’ la questione dei limiti e del loro riconoscimento a di-ventare centrale, a rappresentare il primo e più importantenodo da affrontare nel confronto fra economia e ecologia,fra i sostenitori dell’ottimismo e del pessimismo tecnolo-gico: minati i valori della certezza e dell’infinitezza propridella modernità, l’instaurazione di una pretesa cognitivaassoluta e insieme di un’enorme potenza trasformativa di-venta labile aprendo un dibattito ormai in auge da quasicinquant’anni. Fra le filosofie ambientali, in ambito eco-nomico, ma anche in campo architettonico. E’ cioè possibile superare i sempre più evidenti limiti delpianeta mediante un continuo sviluppo della scienza edella tecnologia, oppure occorre abbandonare definitiva-mente questi mezzi prettamente antropocentrici a favoredi un nuovo paradigma culturale e di nuovi stili di vita? E’dal contrapporsi, ma anche dall’intrecciarsi di posizioni ri-formiste e radicali rispetto a questo tema che il dibattitosi sviluppa già a partire dalla seconda metà dell’Ottocento(Martinez-Alier; 1987). Nel 1854, in particolare, viene pubblicato per la primavolta Walden ovvero vita nei boschi, il diario in cui lo scrit-tore americano Henry David Thoreau descrive l’esperienzadi completa solitudine vissuta per circa due anni in un ca-pannone costruito sulle rive del lago Walden nel Massa-chusetts. Una denuncia provocatoria verso le conseguenzesociali e morali dell’affermazione di un’economia - e diuna civiltà - commerciale ed industriale a suo avviso tantoalienata dalla natura [link_Natura], quanto dalle profon-dità più autentiche dello spirito umano (La Vergata, Ferrari;2008). In particolare, mettendo in primo piano i problemidell’inquinamento, del disboscamento e della riduzionedello spazio della wilderness, l’autore avanza una criticasociale radicale e un progetto di riforma spirituale incen-trato sul culto della sobrietà e dell’essenzialità aperta-mente polemico rispetto alla civiltà urbana da cui prendedistanza. Di fronte alle distorsioni sociali e morali della ci-viltà della crescita egli afferma provocatoriamente la ne-cessità di ridurre in modo drastico i consumi e losfruttamento dell’ambiente mediante una liberazione de-finitiva dalla dipendenza alienante dai bisogni artificiali

55

TecnologiaEconomia e Architettura

03_centrali TECNOLOGIA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 55

Page 51: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

progressivamente indotti dal mercato. Proponendo la na-tura come alternativa salvifica alla tecnologia che li ha ge-nerati, secondo una prospettiva critica certamente radicalema non totalmente isolata.Solo pochi anni più tardi infatti, attraverso una visione cer-tamente più scientifica e meno mistica, il filosofo ed eco-nomista britannico John Stuart Mill1 presenta l’idea dieconomia di stato stazionario da lui intesa come situa-zione di crescita zero della popolazione e dello stock dicapitale fisico, ma - a differenza di Thoureau - con miglio-ramenti continui nella tecnologia e nell’etica (Daly; 1996).Nello stesso momento in cui la maggior parte degli eco-nomisti teme lo stato stazionario identificandolo con lafine del progresso, Mill lo auspica sostenendo che unacondizione stazionaria del capitale e della popolazionenon implichi affatto uno stato stazionario e stagnante delprogresso umano, con un profondo ridimensionamentodel ruolo della tecnologia. Mentre infatti la teoria econo-mica dominante parte da parametri non fisici - come ap-punto la tecnologia - e indaga il modo in cui le variabilifisiche devono modificarsi per soddisfare un equilibrio de-terminato dai primi, il punto di vista definito da Mill iniziaad invertire il rapporto: parte dai parametri fisici - unmondo finito in primis - per indagare il modo in cui le va-riabili non fisiche possono essere condotte a un equilibriopraticabile per tutto il complesso sistema biofisico di cuisiamo parte. Definendo un nuovo punto di vista per cuinon sono più le condizioni fisico-quantitative a doversiadattare a quelle qualitative, ma viceversa.Tuttavia, per tutto il secolo successivo alla pubblicazione diquesti testi, entrambi vengono quasi dimenticati dall’ambitoculturale dominante e nonostante ricerche come quella diJuan Martin-Alier (Martinez-Alier; 1987) dimostrino chiara-mente l’esistenza - almeno lungo tutto l’arco del Novecento- di una linea di pensiero alternativa a quella dell’economiae della scienza in questo periodo riconosciute come ufficiali,essa rimane priva di posizioni realmente capaci di formulareun pensiero alternativo compiuto e radicale come i due au-tori sembravano premettere. In ambito architettonico, in particolare, la questione dei limitisembra emergere attraverso le posizioni di alcuni pionieri

come Richard Buckminster Fuller solo intorno alla metà delsecolo successivo. Nato in una famiglia distinta - che in-cludeva la zia femminista e scrittrice legata ai circoli tra-scendentalisti proprio di Emerson e di Thoreau - l’architettoamericano inizia a sviluppare la sua ricerca - poi duratacinque decenni - verso un progetto capace di massimiz-zare il beneficio umano con un uso minimo di energia emateriali. Avvertite le nuove urgenze imposte dall’emergenza planeta-ria, a partire proprio dalla questione dei limiti, Fuller spostale sue attenzioni progettuali sul principio di realizzare il mas-simo dei risultati con il minimo impiego di energia, in fun-zione di un’idea di economicità intesa come ottimizzazionedi risorse secondo principi che restano logici e razionali. Convinto, come Thoreau, che l’architettura debba soddisfarenon solo i bisogni materiali, ma anche le richieste psico-fi-siche, il progettista va però alla ricerca di un nuovo rapportofra uomo e natura - un rapporto sinergico e non alienante -promuovendo ancora una volta un rinnovato sistema indu-striale e tecnologie innovative capaci di fare more with lesse perciò pronte, secondo il suo punto di vista, a migliorarele vite umane, andando alla ricerca dei bisogni essenziali esmantellandone il bagaglio materiale. Per l’architetto, il progresso scientifico e tecnologico deveallontanarsi da teorie specialistiche, aprioristiche e assolu-tistiche, per farsi comprensivo, empirico e applicativo; esitodi un’indagine concreta. Dove piegarsi alle esigenze di unanuova metodica progettuale - capace di indirizzare l’umanitàsu un percorso di crescita responsabile in accordo con l’am-biente - ma il suo ruolo rimane comunque indiscusso.Se Fuller fa cioè proprie molte delle posizioni avanzate dalfronte ambientalista - dalla consapevolezza dei limiti dellerisorse, alla necessità di superare materialismo e specia-lizzazione - nella teoria che l’architetto espone in testicome Operating Manual for Spaceship Earth (Fuller;1969) o Approaching the benign environment (Fuller;1970) rimane assolutamente vivo uno dei più robusti tra-slati della modernità: l’idea che la collaborazione fra ar-chitettura, tecnologia e produzione di massa abbia ilpotere di risocializzare il progetto dell’edificio e dirigere l’ef-ficienza scientifica verso la soluzione del problema della

1 John Stuart Mill è stato unfilosofo ed economista britannico.Considerato come uno deimassimi esponenti del liberalismoe dell’utilitarismo, i suoi principi dieconomia politica oggi vengonoripresi soprattutto dai sostenitoridi un’economia distatostazionario. Mill infatti avevapresentato quest’idea già nel1857 intendendola comesituazione di crescita zero dellapopolazione e dello stock dicapitale fisico, ma conmiglioramenti qualitativi continuinella tecnologia e nell’etica. Cfr. H.Daly; Oltre la crescita: l’economiadello sviluppo sostenibile; EdizioniComunità; Torino; 2001.

56

03_centrali TECNOLOGIA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 56

Page 52: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

scarsità (Sorkin;2008). Non solo, il ruolo della tecnologia,invece di contrarsi, si espande. All’interno del secondotesto, in particolare, egli scrive:

[…] esiste una nuova e sorprendente al-ternativa alla politica: è la rivoluzionedella scienza del progetto che da solapuò risolvere il problema.

(Fuller; 1970)

A differenza di quanto implicito nella definizione di stato sta-zionario di Stuart Mill, l’assunzione di consapevolezza dei li-miti delle risorse di Fuller non presuppone ancoraquell’inversione di ruolo fra parametri fisici e non fisici, frarisorse e tecnologia auspicata dell’economista britannicoma,al contrario, scienza del progetto e tecnologia diventanostrumenti-soluzioni in grado di sostituirsi anche alla politica. Il principio del fare more with less dell’architetto ameri-cano è cioè un credo che si spinge ben oltre il less is moreestetico del minimalismo moderno. Nutrito dal principiodell’economicità e non certo da un approccio estetico,l’operato del progettista mira all’ideazione di tecnologieinnovative in grado non solo di configurare una nuova re-lazione fra l’uomo e la macchina, ma anche di aprire leporte alla consapevolezza rimodellando l’individuo e, conlui, il gruppo. Egli spinge ancora i suoi ascoltatori ad im-maginare un mondo reso migliore attraverso i medesimimezzi messi in discussione, sebbene in modi diversi, siada Thoreau che Mill: la tecnologia, le macchine, la ge-stione, il progetto. In questa prospettiva, sono significative le descrizioni chel’architetto fa del suo lavoro più innovativo rispetto a que-ste riflessioni: la serie di case prefabbricate iniziate con la4D House e culminate con la Dymaxion Dwelling Machine.Esse vengono descritte come case pensate per poter ri-spondere al massimo beneficio umano con il minor im-piego possibile di energia, materiali e tempo. L’interaDymaxion House, per esempio, doveva essere spedita alsuo sito in un grosso tubo che conteneva tutti i suoi ele-menti, nessuno dei quali pesava più di cinque chilo-grammi, permettendo così all’intera casa di pesare tre

tonnellate, circa il tre percento rispetto ad un edificio tra-dizionale della stessa grandezza.Fuller risponde cioè alla questione dei limiti attraverso unnuovo atteggiamento progettuale: leggerezza, semplifica-zione e semplicità di costruzione rappresentano per l’ar-chitetto informazioni quantitative fondamentali da renderevisibili non tanto come strumenti per l’azione, quantocome strumenti per una visione. Mezzi attraverso i qualiproporre una diversa visione del mondo basata sulla no-zione di efficienza innata nella natura [link_Natura]. Unanozione che richiede necessariamente un progetto com-prensivo e complesso, indice di totalità e connessione. L’obiettivo dell’inventore delle cupole geodetiche è così unprogetto orientato al contenimento quantitativo, capacedi diffidare dalle convenzioni e dalle abitudini per guardaresempre ad una rappresentazione più ampia in termini diresponsabilità e conseguenze dell’intervento stesso. Perlui l’architettura e la tecnologia vanno pensate in terminidi perfomance: la sfida del design è quella di produrre lanave più potente con il minor peso possibile (Fuller; 1969)così come quella dell’architettura è di aumentare la per-centuale di performance per unità di peso investita. La va-lutazione della quantità di performance ottenute per unitàdi peso delle risorse mondiali utilizzate per migliorare glistandard di vita deve cioè diventare un obiettivo direttodei politici ed è appunto compito della tecnologia diffon-dere questa consapevolezza e, con questa, fondare unanuova società, assumendo così un evidente ruolo politico.

E’ evidente poi - scrive per esempio Fullerin Approching the benign environment -che la richiesta mondiale di pace avanzatadai giovani può essere esaudita solo attra-verso una rivoluzione tecnologica che faràcosì tanto di più con così tanto di menoper ogni richiesta come quella di produrreabbastanza per sostenere tutta l’umanità.E’ chiaro che questo obiettivo può essereraggiunto solo attraverso questa rivolu-zione tecnologica-progettuale.

(Fuller; 1970)

57

03_centrali TECNOLOGIA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 57

Page 53: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

La tecnologia diventa il principale strumento della visioneprogettuale alternativa proposta da Fuller [link_Natura], so-luzione diretta al problema della scarsità delle risorse. E lavera questione posta dal progettista non è se gli architetti,mediante la tecnologia, possano o meno introdurre dei mi-glioramenti tecnici al consumo di energia, ma piuttosto sepossano definire i termini del dibattito politico.Pur essendo profondamente coinvolto dagli ideali delmondo scientifico e industriale di cui fa parte e partendoquindi da un punto di vista fondato sull’ottimismo tecno-logico e su una posizione riformista, l’architetto americanosviluppa cioè una tesi che cambia radicalmente il ruolodella tecnologia e dei progettisti. Non più specialisti, macomprehensive designer capaci di processare in modoneutrale le informazioni prodotte e le tecnologie sviluppatedal mondo dell’industria e della scienza, per tradurre en-trambe in strumenti per la felicità - materiale ma anchespirituale - umana.Diversamente dagli specialisti, il comprehensive designerdeve essere consapevole della necessità del sistema diessere bilanciato e del corrente spiegamento delle sue ri-sorse; deve agire come mietitore delle potenzialità del pia-neta, raccogliendo i prodotti e le tecniche dell’industria eridistribuirle in accordo con i modelli sistemici. Deve di-ventare sintesi di un artista, un ingegnere, un inventore, unmeccanico, un oggettivo economista e uno stratega; nonun burocrate ma una figura capace di cogliere l’intera rap-presentazione e di raggiungere un’integrazione psicologicaanche mentre lavora con i prodotti della tecnocrazia (Fo-ster, Galiano; 2010). In una prospettiva nella quale la so-cietà deve vedere le sue risorse distribuite non perrispondere alle domande dei politici o degli economisti,ma alle leggi naturali che già mantengono il sistema dellanatura in equilibrio. Tuttavia, se la crescente consapevolezza della fragilità delpianeta spinge Fuller, e con lui molti esponenti della con-tro-cultura degli anni sessanta e settanta, verso un’idea ditecnologia che va ben oltre la preoccupazione per la con-servazione delle risorse limitate non sempre le riflessionidei cosiddetti sostenitori dell’ottimismo tecnologico risul-tano così profonde. Al contrario, spesso esse si traducono

in costruzioni teoriche incapaci di considerare le possibiliimplicazioni progettuali dell’ambiente costruito, soluzionitecniche anziché strategie. Presa coscienza dei problemi ambientali rimane cioè vivala fede nel fatto che questi possano essere risolti sempli-cemente mediante ingenti investimenti e interventi tecno-logici volti ad aumentare senza limiti la produttività dellerisorse naturali e a migliorare l’efficienza dei sistemi pro-duttivi. E, in ambito economico così come in ambito ar-chitettonico, in coesistenza e contrasto con le posizioni diFuller e altri pionieri, iniziano a comparire analisi quanti-tative basate su una precisa descrizione dei flussi di ener-gia e dei materiali. Internamente all’economia standard, in particolare, si svi-luppa la cosiddetta economia dell’ambiente (Martinez-Alier; 1987), una branca della disciplina chiamata adaffrontare la questione del fallimento del mercato nel trat-tare il problema delle esternalità ambientali.L’istituzione americana Resource for the future - fondatanel 1952 e autrice delle più importanti ricerche degli annisessanta e settanta sulle questioni ambientali - nel 1979fonda l’Association of environmental and resource eco-nomists e inizia a diffondere il punto di vista proprio del-l’economia ambientale mediante la rivista Journal ofenviromental economics2. Un modello di atteggiamento per il quale, di fronte adun’accresciuta consapevolezza della questione ecologicae ad un’estesa domanda di qualità ambientale da partedel pubblico, alcuni economisti - così come parte degli ar-chitetti - si attrezzano per internalizzare nel sistema eco-nomico-produttivo i costi ambientali, per integrare nei lorocalcoli o nei loro progetti i costi della depurazione, per in-dividuare i modi più efficienti per ottenere un dato livellodi abbattimento degli inquinanti e per modificare i prezzirelativi fra prodotti dannosi e non all’ambiente, senza peròporsi alcuna questione relativa ai vincoli teorici e metodo-logici - ma anche ai fini - dell’economia e dei principi daessa diffusi. Tocca ai tecnici definire gli obiettivi quantitativi:gli economisti devono solo indicare il modo più efficaceper farli assumere; i meccanismi equilibratori automaticipropri dell’economia di mercato dovrebbero poi fare il

2 Resources for the future èun’associazione no-profitamericana, fondata nel 1952, checonduce ricerche interdisciplinariindipendenti sulle questioniambientali, sul tema delle risorsenaturali ed energetiche.Riconosciuta come il primo ‘thinktank’ dedicato esclusivamente aqueste questioni essa ha avutouna forte influenza nel campodell’economia delle risorse. Cfr.www.rff.org.

58

03_centrali TECNOLOGIA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 58

Page 54: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

resto. Senza rotture né spaziali, né temporali, a partire daglianni settanta, l’efficienza diviene l’obiettivo da perseguire.Nelle loro ricerche, tecnocrati americani come Elsner, Ben-son, Akin e Berndt iniziano a fornire un collegamento fral’energetica sociale antecedente agli anni trenta e gli studiecologici degli anni sessanta e settanta, ma i diversi rife-rimenti alle opere, per esempio, del chimico e fisico bri-tannico Frederick Soddy3 - sostenitore già negli anni ventidell’importanza cruciale delle leggi della termodinamicanell’economia - vengono utilizzati per sostenere uno scon-finato ottimismo tecnologico che certamente l’autore nonavrebbe condiviso (Martinez-Alier; 1987).Quella che si delinea nell’intero ambito culturale è cioè so-prattutto una corrente riformista che considera la crisi eco-logica come un problema fondamentalmente scientifico etecnologico da risolvere, o quanto meno ridimensionare,proprio attraverso la ricerca scientifica e tecnica, via neces-saria e sufficiente non tanto per raggiungere l’obbiettivo ri-tenuto utopistico di pervenire ad una completa soluzionedella crisi ecologica quanto per ipotizzare interventi realisticimirati a limitare le varie forme di criticità ecologica. Secondo un punto di vista per cui la causa fondamentaledel peggioramento della qualità della vita conseguentealla crisi ambientale va individuata in una scienza disat-tenta alle dinamiche ecologiche e in una tecnologia inva-siva ed esso può quindi essere risolto attraverso ilpotenziamento dello sviluppo scientifico e di una tecno-logia ‘eco-compatibile’. Una tecnologia economica il cuiruolo diviene centrale anche in ambito architettonico, seb-bene con significati multipli e sfaccettati.Se infatti l’idea di efficienza ed economicità nella rifles-sione di pionieri come Richard Fuller viene tradotta inobiettivi complessi e radicali oltre che in un’importante re-visione dei valori, il punto di vista di molti di coloro cheoptano per una posizione riformista finisce con il tradursiin programmi bastai sugli standard e sui codici, in unamera giustapposizione di azioni correttive e di vincoli ge-nerati da regole ancora una volta esogene e insostenibili,certamente figlie del sistema di pensiero diffuso dall’eco-nomia moderna.Nel tentativo di trasformarsi in scienza essa incorpora in-

fatti le principali idee dell’illuminismo nei suoi fondamentifilosofici - la fede in un progresso illimitato, un antropo-centrismo forte che considera la natura come un semplicebeneficio strumentale e la convinzione che l’uomo possadominare la stessa grazie al metodo scientifico e allo svi-luppo tecnologico - determinando una marcata rottura frauomo e natura che gran parte dell’ambito architettoniconon fa che acquisire portando ad una completa scom-parsa della terra non solo dal corpus della teoria econo-mica stessa, ma anche dal progetto. L’adesione ad unavisione preanalitica dell’economia come sistema isolatoe una teoria statica del mercato consentono cioè al pro-getto, così come all’economia, di includere la terra nel ca-pitale considerando le precondizioni naturali come variabiliesogene ininfluenti. Secondo un approccio scientifico, an-ziché storico, incapace di cogliere le reali interazioni fra si-stema ecologico e sistema economico (Tiezzi; 1999) erivolto alla definizione di una disciplina accademica de-duttiva concentrata sui suoi principi interni ma completa-mente incurante delle sue ricadute sulla vita sociale. Unascienza determinista e specialistica slegata dall’esperienzama capace, proprio grazie ad un alto livello di astrazione,di produrre forti illusioni di grande sviluppo e benessere.Illusioni tuttavia poste pesantemente in questione dallacrescente consapevolezza sociale della crisi ecologica, ca-pace, intorno agli anni settanta, di stimolare definizionidell’idea di tecnologia profondamente differenti.

Economia ecologica. Visioni frugali.

Mentre negli anni settanta i governi iniziano a muoversiverso provvedimenti difensivi e conservativi - basti pensarealla tassa petrolifera, rinnovata due volte nel ‘73 e nel ’79,o in genere ai divieti, alle limitazioni fiscali e amministrativeproposte in quegli anni - una parte sempre più rilevantedel mondo accademico inizia a domandarsi quali siano ireali risultati degli stessi e se non sia invece necessariosostituire l’analisi sempre più raffinata di una visione di-fettosa con una visione del tutto nuova. Diversamente da quanto accaduto nei decenni precedenti

3 Frederick Soddy è stato unchimico e fisico britannico vissutoa cavallo fra il XIX e il XX secolo.Egli è ritenuto un riferimentoimportante per molti esponentidell’economia ecologica poichégià negli anni venti riconobbel’importanza cruciale delle leggidella termodinamica perl’economia, anticipando un temache sarebbe stato sviluppato conmaggior profondità e dettaglio daNicholas Georgescu-Roegencinquant’anni più tardi. Cfr. J.Martinez-Alier; Economiaecologica. Energia, ambiente,società; Garzanti; Milano; 1991.

59

03_centrali TECNOLOGIA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 59

Page 55: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

caratterizzati da appelli isolati e poco strutturati, paralle-lamente al fronte riformista, comincia a delinearsi un frontecritico realmente significativo - e peraltro eterogeneo - neiconfronti del credo della crescita. In contrasto alle posizioniincentrate sull’ottimismo tecnologico, iniziano ad emergerenuove sensibilità che, combinandosi secondo varie forme,danno origine ad un insieme di teorie che nelle loro con-traddizioni e irregolarità trovano tuttavia un accordo prov-visorio nella critica comune rivolta ai tradizionali modellidi sviluppo: l’idea che la crescita economica e l’apparatotecnologico ad essa connesso possano autonomamentegarantire stabilità e felicità, nonché un elevato e diffuso li-vello di qualità della vita, comincia ad essere messa sem-pre più in discussione e inizia ad insinuarsi il dubbio cheessa, sul lungo periodo, possa rivelarsi controproducenteper i sistemi sociali. Anche fra gruppi di scienziati e movi-menti politici ritenuti, fino a quel momento, fonti più cheautorevoli.In questo senso, la pubblicazione nel 1972 del rapportoscientifico I limiti dello sviluppo (Meadows;1972) rappre-senta certamente un momento a forte carattere simbolico[Link_La storia della sostenibilità in architettura]. Elaboratoda alcuni scienziati del Massachussets Institute of Tecnologyconvinti che il rapporto uomo-natura stesse raggiungendoil collasso, il rapporto rappresenta infatti il primo documentoufficiale in cui il credo dello sviluppo illimitato e della crescitalineare e costante - ancora assolutamente dominante neglianni settanta - viene messo in discussione da un pulpitoscientificamente autorevole, da soggetti non certo etichet-tabili come rivoluzionari, oscurantisti o scientificamente rea-zionari e attraverso gli stessi strumenti analitici - modellidinamici quantitativi e simulazioni con gli elaboratori - abi-tualmente utilizzati in econometria. Con l’introduzione dei concetti di limiti dello sviluppo, cre-scita zero e di stato di equilibrio globale, il testo viola de-finitivamente il tabù linguistico che aveva sempre associatol’idea di sviluppo a quelle di linearità, illimitatezza e posi-tività, sfidando la filosofia del materialismo non attraversomessaggi esoterici provenienti da saggi o da santi, mamediante la descrizione del corso concreto degli eventi fi-sici.

L’ideologia della crescita e la fede nell’onnipotenza tec-nologica illimitata vengono cioè chiamate a scontrarsi coni crudi fatti (Daly, Cobb; 1989): la degradazione ambien-tale, la disintegrazione sociale e tutta quella gamma diproblemi evidenziati da una letteratura destinata a diven-tare sempre più ampia (Brown; 1971. Leontief; 1977.U.S. Goverment; 1980. World Watch Institute; 1984,1987.Brown, Postel; 1987. Meadows; 1992) oltre che dal corsostesso degli eventi.E’ infatti a partire dall’embargo petrolifero del 1973 chetutti, ottimisti e pessimisti tecnologici, iniziano a parlare dicrisi energetica provando a valutare il rapporto - ritenutopiù o meno indissolubile - fra la scarsità emergente di ri-sorse naturali e il processo economico nel suo complesso.Formatosi il fronte critico nei confronti del credo della cre-scita e cominciata la fine del grande consenso, nel periodocompreso tra i primi anni settanta e i primi anni ottantadel Novecento, il dibattito su ambiente e sviluppo vienealimentato da una fiera contrapposizione tra i persistentifautori della crescita economica e dello sviluppo tecnolo-gico, da un lato, e gli ambientalisti, dall’altro.A I limiti dello sviluppo (Meadows;1972) si contrappone,per esempio, L’anno duemila (Kahn; 1967), un saggio nelquale il futurologo Herman Kahn nega completamentel’esistenza dei limiti fisici della crescita economica e deiconsumi nella convinzione, ancora una volta, che tecno-logia e mercato possano permettere all’umanità uno svi-luppo inarrestabile, ampliando all’infinito i confini degliecosistemi.Ma se fino a quel momento molti esponenti dell’ambitoarchitettonico ed economico avevano preferito optare perposizioni sviluppate a partire da un punto di vista certa-mente vicino all’ottimismo tecnologico del futurologo ame-ricano, i primi anni settanta segnano certamente l’aprirsidi una frattura verso la direzione opposta.Nello stesso anno in cui Fuller pubblica Operating Manualfor Spaceship Earth, il Massachussets Institute of Tecno-logy edita Arcology: the city in the image of man - l’ap-prodo del ventennale percorso di ricerca di Paolo Soleriverso un habitat alternativo incentrato sulla frugalità esull’anti-materialismo - e due anni più tardi l’economista

60

03_centrali TECNOLOGIA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 60

Page 56: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

rumeno Nicholas Georgesu-Roegen pubblica il testo fon-datore dell’economia ecologica4 The entropy law andthe economic process (Georgesu-Roegen; 1971). Finché le cosiddette esternalità avevano riguardato det-tagli secondari, il modo di procedere sostenuto dai ri-formisti era cioè apparso ragionevole e vincente, ma orache erano questioni di cruciale importanza - come lacapacità della terra di continuare a sostenere la vita -ad essere considerate come tali allora diversi gruppi cul-turali iniziano a chiedersi se non sia forse giunto il mo-mento di ridefinire completamente i valori fondamentalie di elaborare un altro insieme di astrazioni capace diabbracciare anche ciò che si continuava a sottendereall’indagine. Secondo una prospettiva per la quale, ab-bandonato sia il punto di vista dell’economia del cow-boy - che considerava il sottosistema economico comeinfinitamente piccolo rispetto al sistema globale - siaquello dell’economia dell’astronauta - per la qualel’economia coincideva con il sistema globale - (Boul-ding; 1968), a diventare centrale era la questione dellascala: quanto poteva espandersi il sottosistema econo-mico in relazione al sistema globale? Quanto potevaestendersi il capitale tecnologico-artificiale rispetto aquello naturale?In risposta ad una società iper-consumistica e alla con-seguente drammatica distruzione dell’ambiente, figurepiù vicine al pessimismo tecnologico come Paolo Soleripropongono un modello di atteggiamento nel quale nonrivendicano solo la contrazione fisica del contenitore ur-bano [Link_Natura] ma piuttosto l’idea di frugalità, de-finita dall’architetto italiano come il più sofisticato usodi spazio e tempo, processo di interiorizzazione antima-terialistico (Lima; 2000). Un concetto mirato a delineareprima che nuove tecnologie un nuovo modello compor-tamentale capace di controbattere il consumo esaspe-rato e sempre maggiore della produzione e,conseguentemente, anche la fede illimitata nella tecno-logia. In un glossario redatto molti anni dopo ma coerente conl’apparato teorico già elaborato negli anni settanta, de-finendo la tecnologia, egli scrive:

In essa è inserita la spinta evolutiva primache la mente inizi il processo di compren-sione. Utile alla vita fino all’inizio dellaconsapevolezza, ciò che da allora ad oggiconta e conterà poi è il suo uso ‘co-sciente’. Pertanto, le prossime forme dariempire di funzioni devono essere impre-gnate di compassione se si vuole evitareche diventino il rivestimento che pone finealla vita.

(Soleri. In Lima; 2000)

A Soleri non interessa un progetto all’avanguardia, ma so-prattutto l’espressione di un modello di vita coerente coni limiti del pianeta. Nei suoi scritti, il rapporto reverenzialeper la vita naturale e umana non comporta, come per icontemporanei esponenti riformisti, vincoli di genere bu-rocratico o imperativi condizionati dal valore di mercatodelle cose, ma un proposito esistenziale che cerca di ri-stabilire un ordine congruo nella totalità degli elementi esi-stenti mediante un processo di spiritualizzazione degli attimateriali.A differenza dello stesso Fuller, Soleri, in particolare, av-verte sui rischi della tecnologia: se posta sullo stesso livellodel materialismo potrebbe rappresentare il più grandeostacolo all’umanizzazione dell’uomo (Lima; 2000),un’inesauribile fonte di frustrazione: la cieca brutalità del-l’uomo tecnologico deve essere trasformata in un’intensaricerca di un nuovo equilibrio biologico, con attenzione nonsolo verso i limiti biofisici, ma anche verso quelli etico-so-ciali.Per l’architetto italiano la sperimentazione formale e l’esa-sperato tecnologismo propri dell’avanguardia modernanon avevano cioè prodotto alternativa alcuna alla città oriz-zontale e al suo consumo di territorio e di paesaggio, percui andavano sostituiti mediante un atteggiamento pro-gettuale capace di cogliere, come per Fuller, la complessitàdella realtà. Ma per lui tecnologia e progresso scientificonon sono centrali come per l’architetto americano. Perdare nuovo significato all’architettura, Soleri utilizza con-sapevolmente materiali poveri - solitamente attribuiti alla

4 L’economia ecologica è unadisciplina che mira ad essere illuogo di intersezione tra ricercaeconomica e ricerca ecologica,superando le distinzionidisciplinari. Distaccandosidall’approccio propostodall’economia dell’ambiente essatenta di ricostruire il sub-statofisico del ragionamentoeconomico, oggi basato su unadefinizione del valore dei benilegata solo al prezzo di mercatoattuale, e di reinserire l’economiaumana nella più grande‘economia del vivente’. Cfr.Ibidem.

61

03_centrali TECNOLOGIA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 61

Page 57: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

cosiddetta tradizione popolare -, tecnologie sobrie, menoridondanti e di buon senso a servizio dell’uomo, i metodipiù efficaci e meno costosi per ridurre degrado, inquina-mento e spreco.Per lui è

nella sproporzione tra la causa fisica el’effetto trans fisico [che] si attua la mas-sima disfatta dello spreco.

(Soleri. In Lima; 2001)

Il conflitto è tra finalità e strumentazione. Consapevoledell’inarrestabilità del progresso scientifico e tecnologico,mediante testi come The omega seed (Soleri; 1981) primao Technology and cosmogenesis? (Soleri; 1985) dopo, ilprogettista si interroga sul rapporto fra uomo e tecnologiastimolandone l’utilizzo come mezzo e non come fine nellacrescita dell’essere umano. Di fronte all’escalation tecno-cratica, che aggredisce visibilmente ogni aspetto della vita,Soleri si esprime contro dando alternative radicali: la tec-nologia rimane per lui uno strumento potente ma a fon-damento della sua estrinsecazione positiva deve essercil’unione con la spiritualità. Solo in sinergia con essa, que-sta avrebbe potuto diventare un forte antidoto contro ilmaterialismo e la distruzione dell’ambiente umano, controle insoddisfazioni ed i disagi sociali sempre più evidenti.Ciò che lo interessa non è dunque il processo meccanicoquantitativo, ma l’intento qualitativo, l’obiettivo di porre latecnologia non più a servizio del profitto ma delle reali esi-genze umane, materiali e quantitative ma soprattutto spi-rituali e qualitative.In questo senso, nonostante il concetto compaia già negliscritti di Fuller (Fuller; 1969) di quegli stessi anni, è conSoleri (Soleri; 2003. Lima; 2010) che il riferimento all’ideadi entropia diventa esplicito in ambito architettonico, cosìcome in ambito ecologico, segnando il primo importantemomento di incontro tra la nostra disciplina e l’economiaecologica. Se infatti, la teoria economica neoclassica5 aveva inse-gnato che il capitale creato dall’uomo grazie al progressotecnologico era un surrogato quasi perfetto delle risorse

naturali, l’ingresso nell’arena dell’ecologia e la crescentepressione degli eventi portano progressivamente all’emer-gere della corrente di pensiero interdisciplinare riconduci-bile all’economia ecologica, mettendo profondamente indubbio quest’ipotesi.Nel corso degli anni settanta, attraverso contributi interdi-sciplinari (Cottrell; 1955. Rappaport; 1967. Odum; 1971.Pimentel; 1973.), l’economia applicata nell’ambito del-l’uso di energia diviene una branca della teoria economicae proprio la pubblicazione del testo The entropy law andthe economic process (Georgescu-Roegen; 1971) segnal’avvio di un rovesciamento concettuale nella teoria eco-nomica. Nata come tentativo di superare le frontiere delle disciplinetradizionali per sviluppare una conoscenza integrata deilegami tra sistemi ecologici e sistemi economici, l’econo-mia ecologica getta infatti le basi per un’analisi dei pro-cessi economici fondata sul concetto - ereditato dallafisica - di entropia. Esso, introdotto per la prima volta nell’ambito della ter-modinamica da Rudolf Clausius6 nel suo Trattato sulla teo-ria meccanica del calore per indicare la misura deldisordine presente in un sistema fisico qualsiasi e dell’in-disponibilità di un sistema a produrre lavoro, viene adot-tato da alcune scienze sociali come appunto l’economiaecologica per sostenere l’idea che certi processi siano ir-reversibili e unidirezionali, non ripetibili senza costo. Defi-nendo una prospettiva nella quale la concezionedell’attività economica come processo puramente circo-lare non può che essere abbandonata a favore di un’ana-lisi capace di riconoscere i cambiamenti qualitativi(Georgescu-Roegen; 1971). Interpretare la seconda legge della termodinamica in fun-zione del processo economico conduce cioè alcuni eco-nomisti, come Nicholas Georgescu-Roegen, KennethBoulding e più tardi Herman Daly, a comprendere comeper esempio le operazioni di ristrutturazione e riciclo dellecomponenti e dei materiali di base - spesso suggerite daisostenitori dell’ottimismo tecnologico - richieda non unconsumo diretto di materia o energia, ma della capacitàdi riorganizzare la materia e l’energia stesse; come ciò che

5 In economia con la locuzioneteoria neoclassica ci si riferisce adun approccio generale alladisciplina economica -sviluppatoa partire dagli anni settantadell’Ottocento - basato sulladeterminazione di prezzi,produzione e reddito attraverso ilmodello di domanda e offerta.Essa, insieme al paradigma dellacrescita sul quale si fonda, vienesottoposta ad una profonda criticadagli esponenti dell’economiaecologica che ne attaccanosoprattutto la teoria soggettivistadel valore, ritenuta responsabiledello spostamento d’attenzionedalle risorse all’utilità eall’efficienza. Cfr. H. Daly; op. cit.6 Rudolf Clausius è stato un fisicoe matematico tedesco. Egli èconsiderato uno dei fondatoridella termodinamica poiché nel1850 gettò le basi per laformulazione del secondoprincipio della termodinamicadimostrando l’impossibilità delpassaggio spontaneo del caloreda un corpo freddo ad uno caldo.Quindici anni dopo, indotto aporre una distinzione tra letrasformazioni reversibili e quelleirreversibili, introdusse il principiodi entropia in seguito introdotto inambiti non strettamente fisicicome quello economico. Cfr. J.Martinez-Alier; op. cit.

62

03_centrali TECNOLOGIA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 62

Page 58: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

viene restituito all’ambiente sia qualitativamente diversoda ciò che viene estratto. Con l’assunzione di un punto divista per il quale capitale naturale e capitale creato del-l’uomo non risultano più sostituibili, ma complementari.

Non si può - spiega qualche anno piùtardi l’economista americano HermannDaly - costruire la medesima casa impie-gando meno legno e sostituendolo conpiù seghe.

(H. Daly; 1996)

Una cosa era cioè dire che le conoscenze tecnologiche enon sarebbero aumentate - e nessuno lo negava - un’altraera presupporre che il contenuto delle nuove conoscenzeavrebbe potuto abolire i vecchi limiti prima che ne emer-gessero di nuovi; che la semplice accelerazione della ri-voluzione tecnologica-progettale avrebbe potuto costituireuna soluzione necessaria e sufficiente alla questione deilimiti tralasciando, ancora una volta, quella della scala. Il passaggio da un mondo in cui le risorse naturali eranorelativamente abbondanti mentre il capitale prodotto dagliesseri umani era scarso, a un mondo in cui valeva l’oppo-sto, per gli esponenti dell’economia ecologica così comeper i progettisti che sposano il punto di vista soleriano, in-verte completamente il fattore limitante: a loro avviso, ilmondo si stava inesorabilmente spostando da una situa-zione in cui questo era rappresentato dal capitale di pro-duzione umana ad una nella quale l’elemento limitanteera diventato il capitale naturale generando una condi-zione in cui quello che prima era un comportamento eco-nomico stava diventando un comportamentoantieconomico. A cambiare è in particolare il modello discarsità, con la conseguenza che, per rimanere econo-mico, il modello comportamentale deve adeguarsi: invecedi massimizzare il rendimento del capitale tecnologico-ar-tificiale ed investire in esso, si è chiamati a massimizzarei rendimenti del capitale naturale e ad investire in que-st’ultimo. Pur sviluppandosi dalla stessa questione culturale, a dif-ferenza di quanto fatto dall’economia ambientale, il nuovo

paradigma emergente dalla prospettiva auspicata dal-l’economia ecologica prova a cogliere l’invito avanzato neiprimi decenni del secolo da Stuard Mill e avvia il tentativodi sviluppare le proprie riflessioni a partire da parametrifisici dati - un mondo finito, complesse interrelazioni eco-logiche, le leggi della termodinamica - per poi indagaresolo in un secondo momento il modo in cui le variabili nonfisiche - tecnologia, distribuzione e stili di vita - possonoessere condotte ad un equilibrio praticabile e giusto conil complesso sistema biofisico di cui siamo parte. Defi-nendo due idee divergenti di tecnologia. Se infatti per la maggior parte degli esponenti riformistiquesta rappresenta lo strumento su cui fondare una nuovavisione del pianeta all’interno della quale i valori del pa-radigma moderno restano inalterati, per i critici più radicalirispetto al credo della crescita essa diventa uno strumentocomplementare da subordinare - come l’economia - alleesigenze etiche e sociali della società garantendo a tuttigli uomini una condizione di vita migliore, basata su unaricchezza reale. La declinazione qualitativa e sociale del concetto di en-tropia non si oppone cioè alla sua trascrizione quantitativae tecnologica, ma richiede l’abbandono della visione stru-mentale a favore di una continua ricerca sul senso del-l’agire umano e sulle direzioni che l’utilizzo dello strumentotecnologico assume nel mondo. Non una completa rinun-cia alla tecnologia, ma una valutazione dell’intervento nonpiù sulla scala della possibilità tecnologica, quanto suquella della comprensione scientifica e del reale benes-sere umano. Secondo un atteggiamento politico e progettuale, in cui iltema centrale della ricerca di una scala ottimale, anzichédella crescita illimitata, richiede cioè una valutazione delbenessere economico - e quindi della ricchezza - comple-tamente diversa da quella implicita nel tradizionale usodel Prodotto Nazionale Lordo come indicatore fondamen-tale del progresso. Se tra l’idea di crescita e quella di svi-luppo si era prodotta nel tempo una marcata coincidenzasemantica, a partire dagli anni settanta sono proprio le ri-cerche di architetti come Soleri, ma anche di economisticome Nordhaus e Torbin o Daly e Crobb, a sottoporre que-

63

03_centrali TECNOLOGIA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 63

Page 59: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

sto indice ad una critica serrata richiedendo un nuovo pas-saggio dalla crematistica all’oikonomia7, dall’idea che ‘piùsi ha meglio è’ alla determinazione di ciò che è sufficiente,dalla nozione di abbondanza a quella di qualità (Daly,Crobb; 1989). Secondo un punto di vista per il quale unasemplice crescita nella scala della produzione o dell’inno-vazione tecnologica non rappresenta necessariamente ilmassimo dei beni e la soluzione di tutti i problemi, cosìcome l’aumento del benessere economico non coincide ne-cessariamente con quello del benessere complessivo. In questo senso l’idea di frugalità di Soleri può certamenteessere avvicinata al precedente more with less di Fuller(Lima; 2010), ma se nelle relazioni progettuali fatte dal-l’architetto americano il principio viene ancora tradotto so-prattutto in dati quantitativi relativi ai singoli elementi, perl’architetto italiano la leanness deve emergere soprattuttodall’unitarietà del risultato finale. Ciò che egli richiede allatecnologia ed al progetto è la massimizzazione non deiprofitti, della quantità dei consumi, della rendita o del va-lore attuale delle cose materiali, ma della qualità dellavita, del benessere sociale, dei bisogni essenziali. Richiedeproduzione di tempo, di informazione, di cultura e di rela-zioni socievoli; di quei valori di ordine estetico, intellettualee relazionale che nel 1977 Ronal Inglehart8 aveva definitocome valori postmaterialisti (Inglehart; 1977). Restituendocertamente una definizione più cauta e meno ottimisticadell’idea di tecnologia che, in alcuni casi, sfocia in posi-zioni ancora più radicali.Se il punto di vista di Soleri può infatti essere eletto comerappresentante di un modello d’atteggiamento di criticaradicale verso il credo della crescita che tuttavia non rifiutacategoricamente la ricerca verso tecnologie sofisticate ecomplesse, architetti come Yona Friedman9, negli stessianni settanta, interpretano le proposte avanzate da Thou-reau e da Mill secondo un punto di vista certamente piùestremo capace di restituire un’ulteriore sfaccettatura del-l’idea di tecnologia. Divenuto celebre fra la fine degli anni cinquanta e i primianni sessanta attraverso la pubblicazione del Manifestodell’architettura mobile (Friedman; 1956), l’architetto un-gherese nel corso dei decenni successivi abbandona pro-

gressivamente la fiducia nella prefabbricazione, nelle ma-crostrutture e nella tecnologia in generale a favore nonsolo del culto della sobrietà e dell’essenzialità auspicatoda Thoureau ma anche di una controrivoluzione tecnolo-gica fondata sul ritorno a forme di vita più elementari. Per Friedman, in particolare, la constatazione dei limitidelle risorse e della loro esauribilità - delle scarsità natu-rali, ma anche sociali e morali - deve necessariamentecondurre verso la necessità di ridurre in modo drastico iconsumi e lo sfruttamento dell’ambiente contenuta nel-l’idea di sopravvivenza (Friedman; 1978). Convinto che penuria e scarsità rappresentino le madri delprogresso tecnico e sociale per tutti quei processi fondatisull’apprezzamento della qualità della vita anziché sul-l’adesione ad un tenore di vita sempre più alto, l’architettoungherese propone l’architettura di sopravvivenza comecontroproposta grazie alla quale imparare ad essere po-veri. Un’architettura elementare capace di facilitare i bisogniessenziali dell’uomo - la produzione di cibo, l’approvvigio-namento di acqua, la protezione climatica ma anche la sal-vaguardia dei beni privati e collettivi, l’organizzazione deirapporti sociali e la soddisfazione estetica di ognuno - me-diante tecnologie semplici e povere, ma profondamente in-novative. Strumenti e processi - spesso definiti comeconviviali, alternativi o utopistici (Ruffolo; 1985) - non soloa basso consumo di energia ma fondati sul concetto di na-tura abitabile, cioè sull’abitabilità della natura con un im-patto minimo sulla stessa (Friedman; 2004). Nelladefinizione dell’architettura di sopravvivenza l’inversione fraparametri non fisici e variabili fisiche auspicata da Millgiunge cioè a compimento: il compito della tecnologia nonè più quello di produrre ecosistemi artificiali come soluzionima di rendere abitabili, nel modo più semplice e immediatopossibile, quelli esistenti. E’ quello di trasformare il modo incui l’uomo impiega la natura mediante espedienti tecnolo-gici ed ecosistemi artificiali durevoli, riparabili e riciclabilivolti semplicemente a migliorare quelli esistenti, medianteun nuovo atteggiamento nei confronti dell’abitare che - incoerenza con l’idea di natura sviluppata in quegli anni[link_Natura] - ne limiti le trasformazioni. In una prospettivafondata sul comportamento quanto sui mezzi.

7 La crematistica viene definitagià da Aristotele come lo studiodella ricchezza o l’arte di faredenaro, mentre per oikonomia siintende l’amministrazionedell’economia familiare che mira amassimizzare il valore d’uso pertutti i membri della famiglia nellungo periodo. Esponentidell’economia ecologica comeDaly e Crobb ne evidenziano tredifferenze essenziali: l’attenzionedell’oikonomia per una prospettivadi lungo, anziché di corto periodo;la presa in considerazione dellastessa dei costi e dei beneficidell’intera comunità e non solo diquelli di chi partecipa ad unatransizione e il suo interesse aivalori d’uso concreti e alla lorolimitata accumulazione, anziché alvalore di scambio astratto e allasua tendenza all’accumulazioneillimitata. Cfr. H. Daly, J. B. Cobb;Un’economia per il bene comune;Red; Como; 1994.8 Ronald Inglehart è un politologoe sociologo statunitense edirettore del World Values Survey,un osservatorio -costituito da unarete di sociologi estesa a livelloglobale - sullo stato dei valoripolitici, religiosi, morali esocioculturali delle differenticulture mondiali. Nel testo Thesilent revolution, pubblicato nel1977, egli evidenzia l’importantecambiamento di valori intercorsotra generazioni nelle popolazionidelle società industriali avanzatesottolineandone le ampieimplicazioni politiche. Cfr. R.Inglehart; The silent revolution;Edizioni Ambiente; PrincetonUniversity Press; 1977.

64

03_centrali TECNOLOGIA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 64

Page 60: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

Parallelamente alle teorie avanzate dall’economia ecolo-gica, ma anche da Arne Naess e dal movimento dell’ eco-logia profonda [link_Natura], per Friedman i mutamentiideologici necessari per superare la crisi ecologica e so-ciale in atto sono cioè rintracciabili in una semplicità deimezzi capace di rendere gli abitanti autosufficienti, met-tendo definitivamente in discussione la questione dellascala globale, oltre che il ruolo della nostra disciplina. Rifiutata la realizzabilità degli obiettivi universali dell’archi-tettura moderna e della visione di mondo prospettatadall’era consumistica su scala mondiale, per questa po-sizione estrema non resta infatti che affidarsi ad un mo-dello contrapposto in cui ciascuno abbia la possibilità diinventarsi autonomamente mezzi di sopravvivenza etero-genei mirati a soddisfare il progetto di vita desiderato. Conun definitivo superamento di quel punto di vista tecnocra-tico che per Friedman è responsabile della cosiddetta ge-nerazione dei nuovi poveri - di uomini cioè in possesso dimolto denaro ma incapaci di procurarsi le cose in quantitàsufficiente a soddisfare le norme e le convenzioni del-l’epoca -, testimonianza diretta del fatto che il problemadella povertà - così come altri - non può affatto essere ri-solto dal progresso scientifico e tecnologico sostenuto dalmodello dominante della crescita illimitata. Se Friedman si trova cioè in accordo con la critica di Fullerverso la specializzazione, nella posizione assunta dall’ar-chitetto ungherese questa non viene risolta - come perl’architetto americano e per la maggior parte delle posi-zioni riformiste - nella definizione della figura di un com-prehensive designer pronto a fornire soluzioni universali,quanto piuttosto in quella di un architetto grammatico-in-segnante; un docente di lingue tenuto a trasmettere quellaconoscenza del linguaggio sulla quale si fondano i pro-cessi di auto pianificazione. Assumendo un modello di at-teggiamento che porta ad una nuova concezionetecnologico-architettonica mirata ad ideare soluzioni fles-sibili e contingenti capaci di rispondere al meglio a situa-zioni specifiche - magari anche impreviste o inattese - chenei decenni successivi troverà ulteriori applicazioni e defi-nizioni.

Biodiversità. Trascrizioni locali.

Mentre in posizioni radicali come quella di Friedman è lafiducia nell’auto-pianificazione [Link_Democratizzazione]e nel ruolo defilato degli architetti a condurre verso un’ideadi tecnologia sempre meno universale e sempre più de-terminata dai caratteri contingenti di ogni singola situa-zione, nei decenni successivi sono gli stessi sviluppi delrapporto fra ecologia ed economia e la loro interpretazionea livello istituzionale a calare la definizione della stessa alivello locale restituendo così un’ulteriore interpretazionedell’idea. L’ingresso nell’arena politica della scienza ecologicaspinge infatti gli esponenti più radicali della disciplina eco-nomica a sottolineare la dipendenza gerarchica dellastessa dall’ecosistema naturale. Nel 1977 l’economistaamericano Herman Daly pubblica il testo Steady-StateEconomics (Daly; 1977) in cui, in aperto contrasto con gliesponenti della cosiddetta economia neoclassica, per laprima volta l’economia viene definita come un sottosi-stema dell’ambiente con possibili ripercussioni radicalisulla stessa. Negatane l’autonomia disciplinare, in questaprospettiva, essa viene infatti chiamata a superare i propriconfini disciplinari per aprirsi alle scienze naturali, come aquelle sociali e all’etica; ad allargare la prospettiva ed ilprofilo teoretico delle sue teorie per fornire risposte con-crete e coerenti all’età del disagio (Ruffolo; 1985). Secondo una vera e propria rivoluzione scientifica e cul-turale che - per Daly così come per tutti gli esponenti del-l’economia ecologica - dovrebbe sostituire le visionimeccanicistiche e riduzionistiche proprie del paradigmamoderno con visioni prodotte in termini di relazioni; spo-stare l’attenzione né sull’oggetto, né sul soggetto ma sullestorie, sulle relazioni nel tempo. Se cioè la fisica meccanica aveva trasmesso all’economial’idea che la vita traeva tutta la sua energia non da qualcosadi autonomamente contenuto nella materia vivente, ma uni-camente dal mondo inanimato (Soddy; 1922), l’apportodella conoscenza ecologica alla teoria economica comportaesattamente il contrario. Chiamando la disciplina a romperei propri legami con le scienze ‘reversibili’ per fondarsi su

9 Yona Friedman è un architetto eurbanista ungherese naturalizzatofrancese. Nel 1956, al X CIAM diDubrovnic, il suo Manifest del’architecture mobile contribuì amettere definitivamente indiscussione i principi dellaprogettazione architettonica eurbanistica di quegli anni,contrapponendovi un’architetturafondata sull’auto-pianificazione eper questo capace dicomprendere ed assecondare lecontinue trasformazioni sociali.Cfr. Y. Friedman; L’architettura disopravvivenza: una filosofia dellapovertà; Bollati Boringhieri; Torino;2009.

65

03_centrali TECNOLOGIA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 65

Page 61: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

scienze senza fondamenti e in divenire - biologiche e ter-modinamiche - per le quali la riduzione del sistema viventea quantità non sia più possibile; ad orientarsi verso una vi-sione progettuale evoluzionistica capace di confrontarsi conil comportamento dinamico dei sistemi e con la loro etero-geneità, oltre che con gli aspetti del tempo, dell’incertezza edella irreversibilità dei processi ecologici, come di quelli eco-nomici e progettuali (Ceruti; 1995. Prigogine; 1997).Se cioè i sostenitori di una nuova civilizzazione tecnologicapiù consapevole rispetto alle questioni ambientali - dagliesponenti dell’economia ambientale alle figure della cor-rente culturale riformista – in quegli stessi anni continuanoa fornire risposte universali quantitative ed astratte, privedi alcun confronto con il territorio, fra gli esponenti del-l’economia ecologica e le figure più radicali dell’ambitoprogettuale inizia a diffondersi la consapevolezza nel fattoche la cultura del limite non scaturisca solo dalla ricerca diequilibri ambientali, ma anche dal confronto con i territoristessi e con la cultura dei luoghi. Introiettando nel dibattitosulla sostenibilità la questione - già in auge negli anni cin-quanta - dello scetticismo diffuso circa la possibilità di ap-plicare grandi modelli universalistici indipendentemente dalcontesto geografico e storico. Un tema che aveva introdottonell’ambito progettuale due nuove dimensioni, quella patri-moniale - ossia il riferimento ad una sedimentazione di fat-tori materiali e immateriali attivati, trasformati e utilizzaticome insieme di risorse per l’innesco o il mantenimento diprocessi di sviluppo - e quella relazionale - la capacità cioèdegli attori locali di costruire collettivamente delle rappre-sentazioni -, già presenti nelle riflessioni degli anni settantae ottanta di architetti come Balkrishna Doshi, Hassan Fathyo Fabrizio Carola. Architetti - indigeni e non - operanti neipaesi del terzo mondo con l’obiettivo di sperimentare pro-getti in grado di dar voce all’identità nazionale mediante unametodologia progettuale capace di intrecciare modernità etradizione e di relazionarsi alle specificità dei luoghi, alla sa-pienza delle tradizioni, alle tecniche costruttive e ai materialinaturali. Interpreti, forse in parte anche involontari e incon-sapevoli, del progressivo processo di frammentazione localenon solo dell’idea di tecnologia ma, più in generale, del di-battito sulla sostenibilità.

Se il pensiero occidentale, e tutta la produzione architet-tonica da esso derivata, stava ponendo l’accento sulle so-luzioni tecnologiche esasperando le scelte dal punto divista delle tecniche e dei materiali impiegati e conside-rando risolto il problema abitativo nell’ambito del confortambientale attraverso l’adozione di sistemi di controlloambientale artificiale come gli impianti [Link_La storiadella sostenibilità in architettura], i problemi energeticiche interessano il mondo industrializzato a partire daglianni settanta mostrano la fragilità di questo approccio rin-novando l’interesse per esperienze costruttive ‘popolari’,fatte di adesione ai luoghi, al clima e alle risorse locali.Basate non più su un approccio correttivo, ma sostanzialee sostanziato dall’uso, ma anche dalle capacità, dalle ri-sorse, dalle preesistenze. In questo senso, sulla linea definita dall’idea di sopravvi-venza di Friedman, l’architetto egiziano Hassan Fathy10, inparticolare, conquista l’attenzione internazionale con lapubblicazione nel 1973 del suo libro Architecture for thePoor (Fathy; 1973). Un testo nel quale egli descrive neidettagli l’esperienza - mai terminata - relativa alla proget-tazione e alla realizzazione del villaggio di Gourna, costruitovent’anni prima con mattoni di terra cruda secondo i con-cetti architettonici egiziani tradizionali: le case con i cortili,i claustra, il malqaf, i mashrabiya11, le logge, gli archi e itetti a forma di cupola.

La qualità e i valori inerenti la risposta tra-dizionale dell’uomo all’ambiente - scrivel’architetto all’interno del suo testo - do-vrebbero essere conservati senza rinun-ciare al progresso scientifico. La scienzapuò essere applicata a vari aspetti del no-stro lavoro, se, allo stesso tempo, è su-bordinata alla filosofia, alla fede, allaspiritualità.

(Fathy; 1973)

Ricordando posizioni e termini assunti da Soleri, Fathy nericalca anche i principi: l’assoluta priorità dei valori umanie l’uso di tecnologie appropriate. Ma rispetto a questi ap-

10 Nato ad Alessandria nel 1900,l’architetto, ingegnere e professoreegiziano Hassan Fathy ha dedicatola sua carriera allo studio disoluzioni residenziali nei paesi invia di sviluppo con l’obiettivo disostenere l’economia e miglioraregli standard di vita nelle aree rurali.La sua ricerca progettuale si fondasul ruolo essenziale che l’architettoattribuisce alla tradizione e sullasua volontà di risvegliare l’orgoglioper la cultura nazionale propriotramite l’architettura e l’uso ditecnologie appropriate. Il suointervento più significativo ècertamente quello realizzato, anchese solo in parte, fra il 1946 e il1953 a Gourna, un villaggio pressoil famoso sito archeologico di Luxornel quale Fathy propose disostituire un progetto di casecostruite in cemento armato conuno di case realizzate dagli stessiabitanti con mattoni di terra cruda.Cfr. H. Fathy; Construire avec lepeople. Historire d’un villaged’Egypte: Gourna; Sindband;1970.11 Claustra, malquaf e mashrabiyarappresentano elementicaratteristici dei sistemi diombreggiamento e di ventilazionedell’architettura vernacolareegiziana. I claustra sono dei graticciricavati da pannelli di gessooriginariamente utilizzati negliedifici termali romani perschermare le grandi aperture postenelle zone elevate, mentre ilmalquaf, o captatore del vento,consiste in un pozzo situato sopral’edificio e provvisto di un’aperturaaffacciata sui venti prevalenti. Ilmashrabiya indica invece delle

66

03_centrali TECNOLOGIA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 66

Page 62: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

plica le sue idee in un contesto specifico, evidenziandol’importanza dell’uso di tecnologie in grado di consentirela cooperazione degli utilizzatori, ma anche il ruolo essen-ziale della tradizione e, soprattutto, il risveglio - tramite l’ar-chitettura - dell’orgoglio per la cultura nazionale. A Gourna, opponendo ad un progetto di case costruitecon telai in cemento un villaggio realizzato in maniera tra-dizionale, il suo obiettivo non è cioè tanto quello di dimo-strare che si possono costruire case in maniera piùeconomica rispetto a quelle europee, ma soprattuttoquello di risolvere un problema sociale: incoraggiare l’in-dustria edile a fare a meno di materiali e tecnologie di im-portazione - come il calcestruzzo armato - e fornire agliabitanti poveri della zona un lavoro e delle competenzespendibili anche in seguito. Motivo per il quale egli stessoinsegna loro la costruzione in mattoni di terra cruda, diarchi, cupole, volte tradizionalmente diffusi nella regione. Quella che Fathy propone è la configurazione di legamicon antichi principi legati all’esperienza degli uomini; lasostituzione del Magistero Sperimentale con quello Espe-renziale (Trombetta; 2002), a favore di un’idea di tecno-logia che Rosario Giuffrè12 definisce adattiva. Unatecnologia cioè capace di modificare le proprie funzioni ela propria struttura per corrispondere alle condizioni con-testuali, relazionarsi alla storia, ai singoli individui, alle co-munità. Negli scritti dell’architetto egiziano, termini come apparte-nenza, tradizione, riconoscibilità emergono come centraliportando ad una definizione di tecnologia intesa comereinterpretazione dell’esistente. Come elemento conformeai presupposti culturali, tecnici, materici e ambientali delcampo di intervento inteso come luogo riconoscibile delletrasformazioni necessarie e necessitate dalla domandad’uso locale.Tuttavia, se parte dell’impianto teorico del progettista sem-bra far emergere con forza la volontà di prefigurare una di-rezione strategica capace di indicare una molteplicità disoluzioni progettuali alternative tutte radicate nel contestoculturale piuttosto che norme progettuali e formali co-genti, alcuni capitoli dei suoi scritti13, così come parte delsuo lavoro, sembrano far riemergere la tentazione di af-

frontare il tema attraverso la fisica tecnica e la mera tra-scrizione di soluzioni formali tradizionali, rendendo ambi-guo e sottoponendo a una forte critica la sua posizione.Fra gli anni settanta e ottanta, inoltre, i tempi non sonoforse maturi per le riflessioni avanzate da Fathy e lo stessoesperimento proposto a Gourna fallisce, ma l’influenza delsuo costrutto teorico sul dibattito resta comunque inne-gabile.La logica di investimento nelle risorse locali proposta dal-l’architetto egiziano viene, per esempio, ripresa dal movi-mento Intermediate Technology - in seguito denominatoAppropriate technology - fondato dall’economista ErnstFriedrich Schumacher14 che, nello stesso anno della dif-fusione di Architecture for the Poor (Fathy; 1973) pubblicail testo Smalli is beautiful (Schumacher; 1973). Un testonel quale l’autore, proprio come Fathy, definisce la produ-zione basata su risorse locali per il soddisfacimento di bi-sogni locali come il modo più razionale di esprimere lavita economica, criticando invece la dipendenza dalle im-portazioni, e il conseguente bisogno di produrre per espor-tare, come atteggiamento antieconomico. Segnando unprimo passo importante verso l’uscita del discorso sul-l’ecologia da una prospettiva occidentale e l’inclusione diuna gamma più ampia di fonti culturali.Secondo questo modello d’atteggiamento, il problemanon è infatti la scelta fra crescita moderna e stagnazionetradizionale, fra tecnologie sofisticate e tecnologie primi-tive, ma l’individuazione di un giusto sostentamento, di ungiusto corso dello sviluppo fondato su tecnologie appro-priate. E’ quello di coniugare con tecnologie d’oggi pro-cessi progettuali contestualmente collocati; di individuaretecnologie capaci di ottenere una buona produttività senzaricorrere all’alta intensità di capitale proprio delle tecno-logie troppo raffinate.E se gli sforzi di Fathy falliscono nell’immediato, è possibileritrovare la sua enfasi su questi temi nelle retoriche di moltiarchitetti che, nei decenni successivi, iniziano a ridimen-sionare il loro ruolo a favore di progetti e tecnologie capacidi sottostare ai valori sociali dei luoghi. Soprattutto neipaesi del terzo mondo.Nel 1978 l’architetto indiano Balkrishna Doshi avvia in

aperture schermate da una grigliadi legno formata da piccolebalaustre lignee di sezionecircolare, disposte ad intervalliregolari a formare delle decorazioniminute di tipo geometrico. Cfr. C.Trombetta; L’attualità del pensierodi Hassan Fathy nella culturatecnologica contemporanea;Rubettino; Soveria Mannelli; 2002.12 Rosario Giuffré è professoreordinario di Tecnologiadell’Architettura presso l’Universitàdegli Studi di Firenze. Lavora suitemi riguardanti gli aspettimetodologici disciplinari e lequestioni operative sulla culturatecnologica della progettazioneambientale, sul problema dellacomplessità attraverso ladefinizione di processi compatibilie possibili per il governo delletrasformazioni dei luoghi. Cfr. R.Giuffrè, Glossario di ProgettazioneAmbientale dell’Unità di RicercaTEMENOS. Disponibile sul sitowww.unirc.it/dastec/temenos.13 Al riguardo si veda, per esempio,il testo Natural Energy andVernacular Architecture: principlesand examples with reference in hotarid climates pubblicato perl’United Nation Universitydall’University Chigago Press nel1986. Dopo una prima partededicata al rapporto fra uomo,ambiente e architettura, la secondaparte del testo è completamentededicata al rapporto fraarchitettura e comfort, toccandoargomenti quali il fattore solare, ilfattore eolico e i flussi d’aria, ilfattore umidità. Cfr. C. Trombetta;L’attualità del pensiero di HassanFathy nella cultura tecnologica

67

03_centrali TECNOLOGIA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 67

Page 63: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

India una nuova ricerca sull’edilizia residenziale locale abasso costo fortemente focalizzata sui legami tra la culturaoccidentale e quella orientale [Link_Democratizzazione]che segna l’inizio di un nuovo percorso nella sua ricercaprogettuale. Fortemente legato al movimento dell’Architet-tura Moderna e all’internazionalismo modernista nei de-cenni precedenti, negli anni ottanta Doshi inizia infatti acontaminare l’ispirazione lecorbusiana che aveva caratte-rizzato i suoi lavori fino a quel momento con un collega-mento esplicito alla cultura indiana in termini di spazialità,di materiali e di rapporto con l’acqua facendo emergere ilconflitto interiore vissuto da molti architetti del sud delmondo nel loro tentativo di assimilare le tecnologie ‘svi-luppate’ occidentali con la propria cultura e i propri valori.Nella realizzazione di edifici come il piccolo museo HussainGufa nel campus di Ahmedabab egli, in particolare, utilizzaun approccio locale tradotto nell’utilizzo di materiali umilidisponibili sul posto - quali la terra e frammenti di piattirotti - e di una tecnologia costruttiva locale - basata, comeauspicato da Fathy, più sul lavoro degli uomini piuttostoche sulle attrezzature - usata da secoli per la costruzionedi tempietti reliquari. Evidenziando come continuare a con-siderare la generazione di Doshi come la protagonista diuna lotta apertamente positiva per il progresso sia una let-tura inadeguata (Steele; 2005), che tralascia completa-mente le discrepanze individuate fra i principiinternazionalisti moderni e la realtà elementare del co-struire in un paese in via di sviluppo - fra la propria for-mazione occidentale e la propria cultura d’origine - daisuoi stessi protagonisti.Se infatti Doshi avvia la ricerca del sincretismo in India,negli stessi anni, l’architetto italiano Fabrizio Carola15 iniziala sua ricerca verso l’invenzione e la divulgazione di solu-zioni tecnologiche appropriate alle risorse africane. Figlio di un impresario italiano, l’architetto-costruttore -uomo del progresso - viene a contatto con la sfera dellanecessità durante i suoi primi viaggi in Africa negli annisettanta. In Mali e in Nigeria egli si scontra con i discutibilirisultati ottenuti dall’imposizione della civiltà occidentalee delle sue tecnologie in questi paesi per poi recarsi inEgitto e scoprire i lavori di Hassan Fathy. La riflessione su

questa figura e sulle esperienze personali precedenti loportano a convincersi del fatto che - in modo simile aquanto avvenuto in Egitto - la scienza mediterranea dellecostruzioni potrebbe instaurare un dialogo altrettanto fe-condo, sia dal punto di vista culturale che da quello eco-nomico, con la cultura africana ed i suoi artigiani. Unobiettivo tuttavia a suo avviso raggiungibile solo attraversol’instaurazione di uno scambio culturale tra pari (Contal,Revedin; 2009). Riferendosi costantemente all’architettura spontanea eagendo sui significati che entrano nella costruzione delleforme, Carola mette così a fuoco un repertorio di soluzionie di segni che ricorrono all’interno del continuo divenire dellatradizione per sottoporli al procedimento logico del proget-tare e con essi arricchire l’habitat di quegli stessi ambientidai quali vengono prelevati. Definendo un atteggiamentoper il quale i materiali da costruzione tipicamente locali, larealizzazione di edifici nel pieno rispetto delle tradizioni cul-turali e delle specifiche realtà in funzione delle necessità edei costumi propri delle popolazioni locali e il loro direttointervento nel processo di costruzione rappresentano mezzicon cui migliorarne le condizioni di vita.Ma quella messa in atto dall’architetto italiano non è affattouna semplice trascrizione delle tecnologie locali, quanto unaloro reinvenzione. Venuto a conoscenza del metodo del com-passo ligneo mediante il lavoro di Fathy, egli - a differenzadi quanto fatto dall’architetto egiziano - ne modifica le ca-ratteristiche, ne varia la geometria, l’assetto e l’asse di rota-zione con piccole innovazioni che gli consentono di ottenereuna gamma più ampia di soluzioni spaziali capaci di unamaggior efficacia nell’uso dello spazio interno, ma anche diuna migliore ventilazione; così come per l’Ospedale di Kaedila vulnerabilità alla pioggia dei tradizionali mattoni essiccatial sole viene risolta dal progettista attraverso la loro inusualecottura in un forno alimentato non da legna ma da materialedi scarto delle produzioni locali: lo studio delle tecnologielocali, sotto questa diversa accezione, diventa cioè non unpunto di arrivo ma un punto di partenza per un processo dimiglioramento delle stesse da sviluppare in funzione delleesigenze contingenti. Mettendo fondamentalmente in attoquanto auspicato da Fathy.

contemporanea; Rubettino; SoveriaMannelli; 2002. 14 Ernst Friedrich Schumacher fuun influente filosofo edeconomista tedesco. Il suo libroSmalli s beautiful, pubblicato perla prima volta nel 1973, vennetradotto in molte linguediffondendo la profonda criticadell’autore verso le economieoccidentali e le sue proposte perl’adozione di tecnologie umane,decentralizzate ed appropriate. Cfr.E. Schumacher; Piccolo è bello:uno studio di economia come sela gente contasse qualcosa;Mondadori; Milano; 1978.15 Figlio di un impresarionapoletano, Fabrizio Carola lavorada trentacinque anniall’invenzione di una tecnica eun’arte costruttiva appropriate allerisorse africane. Formatosi allaScuola Nazionale Superiored’Architettura di Bruxelles, nel1967 deposita un brevetto sulcemento armato che gli vale ilriconoscimento del Regolo d’Oro;ma è il suo primo viaggio in Malinel 1971 a dare una svolta allasua carriera avviando i suoi studisulle tecniche e i materiali dellatradizione. In Africa, per conto diorganizzazioni non governative,conduce una serie di ricerchesull’abitare e sulle tecnichecostruttive tradizionali rivolgendola sua attenzione prevalentementealle relazioni tra materia e luogo.Cfr. F. Carola; Vivendo, pensando,facendo…memorie di unarchitetto; Intra Moenia; Napoli2009.

68

03_centrali TECNOLOGIA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 68

Page 64: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

L’idea di tecnologia insita nelle retoriche di Carola, in par-ticolare, viene arricchita da una rinnovata attenzione versola materia su cui insiste ogni luogo, verso la forma chequesta materia definisce e le relazioni tra questi elementi.Le cupole dell’ospedale sono a doppia calotta in modotale che l’intercapedine fra i gusci garantisca un efficaceisolamento termico, alla base delle cupole vi sono boc-chette di ventilazione che consentono il passaggio dell’arianell’intercapedine, il meccanismo costruttivo del com-passo ligneo rende le cupole autoportanti, e quindi estre-mamente semplici ed economiche, durante le fasi dicostruzione: i ragionamenti tecnici stimolati dalla que-stione ecologica restano vivi nel suo pensiero, ma vengonocalati nel luogo mediante la materia.In questo senso, la terra, sia cruda sia sottoforma di mat-tone cotto diventa il materiale privilegiato dall’architettoperché lavora bene a compressione, è facilmente reperi-bile e producibile in sito, mentre volte, archi e cupole ri-spondono efficacemente ai criteri di economicità e rapiditàdi esecuzione: la materia si fa elemento strategico delcomporre e il processo che regola l’uso del materiale de-termina necessità e specificità anche figurative. In una prospettiva in cui le tecnologie non vengono piùscelte a priori, per la loro valenza innovativa, ma vengonodeterminate da

tutti i dati del luogo: il clima, le condizionisociali dei futuri utenti, i materiali e imezzi disponibili, la qualità della mano-dopera, il budget disponibile, il tempo diconsegna.

(Carola. In Alini; 2007)

E la ricercata economia del progetto - e con essa anchela sua riuscita - non deriva più solo dalla scelta di tecno-logie semplici ed economiche, realizzabili dalla stessa po-polazione locale, ma soprattutto dal loro rapporto conmateria, funzione e forma. Negli anni in cui la cultura architettonica dominante con-tinua a sostenere l’idea di un nuovo stile internazionale,Carola, rivolgendo lo sguardo verso un orizzonte apparen-

temente marginale come l’Africa, si fa portavoce di un at-teggiamento che mette a sistema e divulga un sapere tec-nico locale che si era perso, aprendo le porte, comeauspicato da Schumacher, a fonti culturali diverse daquelle occidentali. Se infatti le esperienze di Fathy e Carola negli anni ottantarestano iniziative piuttosto isolate e rivolte a paesi in viadi sviluppo, nel decennio successivo le istituzioni europeestesse divengono simbolo di un vero cambiamento.A cavallo fra gli anni ottanta e gli anni novanta, mentrel’affermazione della necessità del limite viene riconosciutaa livello internazionale [link_La storia della sostenibilità inarchitettura] e alcuni architetti iniziano a parlare degli edi-fici come sistemi integrati [link_Natura], su più fronti si ini-zia a riconoscere come fino a quel momento il limite siastato interpretato prevalentemente in termini riduttivi, iso-lato dagli elementi progettuali come un concetto ‘in ne-gativo’ di natura quantitativa, riconoscendo l’apertura dellasvolta ecologica a ben altri approcci di natura propositiva.Il punto di vista proposto dagli esponenti dell’economiaecologica, così come dalle posizioni più radicali dell’eticaambientale [link_Natura], implicava infatti uno sposta-mento di fondo di tipo epistemologico, una dimensionedel pensare e dell’agire, completamente diversa dalla do-minante ragione strumentale e dal suo correlato tecnolo-gico, che poneva al centro i modi di vita e le ragioni che lipercorrevano: una razionalità comunicativa e relazionaleche inizia ad esprimersi nel riconoscimento del valore ter-ritoriale endogeno (Ferraresi; 2011).In ambito economico, la critica alla disciplina cambiafronte d’attacco spostandosi dalle contraddizioni internedel capitalismo alle frontiere esterne della stessa: le suerelazioni con l’ambiente naturale e l’ambiente sociale. Nel1989, con la pubblicazione del testo For the commongood, gli economisti americani John Cobb e Herman Daly- in quel momento membro della Banca Mondiale - sfer-rano un forte attacco verso quella metamorfosi epistemo-logica che aveva portato ad un altissimo livello diastrazione del modello economico riducendo la societàad un campo gravitazionale assimilabile al mercato nelquale particelle indipendenti l’una dall’altra - gli uomini -

69

03_centrali TECNOLOGIA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 69

Page 65: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

agiscono mossi dalla semplice forza della massimizzazionedel profitto. Una semplificazione che, se per i due econo-misti poteva essere accettabile per una disciplina che mi-rava ad essere una ‘scienza esatta’ all’interno di uncontesto in cui era possibile assumere di essere lontanodai limiti - biofisici ma anche etico e sociali -, diventavaintollerabile nel momento in cui l’economista, dismesso ilcamice bianco della scienza pura, si faceva politico in unarealtà nella quale non era più possibile ignorare le scarsitàassolute e non considerare l’ambiente come motivo di pre-occupazione.L’economia viene cioè chiamata da parte dei suoi stessirappresentanti ad abbandonare i valori che ne avevanocostituito le basi per ricostruire il substrato fisico del suoragionamento e reinserire l’economia umana nella più ge-nerale economia del vivente.Pochi anni dopo, inoltre, la Conferenza delle Nazioni Unitesu Ambiente e Sviluppo, tenuta a Rio de Janeiro nel 1992,spinge il dibattito internazionale oltre il tema della scarsitàesprimendo significativamente l’affermazione di un altrovalore: quello della biodiversità. Un valore non solo difen-sivo, ma qualitativo e progettuale che ben presto entra afar parte anche delle riflessioni etico-culturali. Al di là deilimiti del Rapporto elaborato a Rio [link_La storia dellasostenibilità in architettura], la rivendicazione della biodi-versità come ricchezza ambientale negli anni successiviviene infatti accolta, fin dal principio, da diversi ambiti cul-turali in forte intreccio alla rivendicazione della diversitàculturale e degli stili di vita come ricchezza delle forme dicivilizzazione e delle economie, richiedendo sia alla scienzache alla tecnologia un profondo e radicale mutamento dirotta. Se l’economia della saggezza (Daly; 1996) sollecitava in-fatti i tecnologi nel fornire soluzioni economiche, accessi-bili, compatibili con il bisogno di creatività dell’uomo eadatte ad essere applicate su piccola scala, il concetto dibiodiversità aggiungeva a queste richieste una rivendica-zione di singolarità che presto emerge in ambito istituzio-nale, così come in quello progettuale.Nel ciclo di programmazione compreso fra il 1994 e 1999,gran parte delle risorse comunitarie vengono indirizzate ad

iniziative locali per lo sviluppo che impongono la mobili-tazione dal basso di energie, risorse, competenze e saperi,mentre anche architetti di fama internazionale iniziano asentire il dovere di farsi coinvolgere, almeno nelle retoriche,dal dibattito sulla dialettica fra dimensione macro e di-mensione micro, fra globale e locale. In questo senso, è significativo l’intervento di Renzo Pianoa Noumea, in Nuova Caledonia. Il progetto del Centro Cul-turale Kanak è infatti costruito su una retorica di legitti-mazione fondata sulla volontà di sottolineare l’attenzionerivolta alle qualità peculiari dei luoghi e l’importanza del-l’ascoltare, capire e conoscere culture distanti da quelleoccidentali, contro gli interventi astratti, deterritorializzati,omologanti ed esogeni propri dei modelli di sviluppo do-minanti. Niente di nuovo rispetto a quanto sostenuto al-cuni decenni prima da precursori come Fathy, Doshi oCarola, ma il riconoscimento internazionale attribuito aPiano rende il messaggio molto più forte di quanto avve-nuto precedentemente contribuendo a diffondere unpunto di vista fino a questo momento rimasto circoscrittoall’interno di esperienze locali isolate - spesso ritenutemarginali - e poco conosciute. Una prospettiva che, schierandosi apertamente control’idea di crescita senza limiti, anche nei paesi occidentali,inizia ad interpretare il progresso tecnologico e scientificoin funzione di quello etico e morale, provando così a col-mare quel divario fra i due - inarrestabile il primo e inesi-stente il secondo - che si registra nella nostra modernità.Con la definizione di una diversa idea di tecnologia che -abbandonato il ruolo di simbolo della modernità - si caricadella propria responsabilità etica con l’obiettivo di farlaprevalere sulle questioni mercantili, commerciali e tecni-ciste.Secondo una lezione di sobrietà che, pur partendo da pre-supposti simili a quelli posti alla base delle riflessioni diarchitetti come Friedman, non implica affatto una rinunciaa risposte tecnologiche avanzate, ma richiede un loro uti-lizzo non invadente e la capacità di rinnovarsi e di rispec-chiare la diversità senza mimetizzarsi. In occidente, comenei paesi in via di sviluppo.

70

03_centrali TECNOLOGIA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 70

Page 66: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

Identità e sviluppo. Declinazioni politiche.

Negli anni di passaggio fra il XX e il XXI secolo il riconosci-mento delle identità e delle differenze diviene quindi unvalore fondante per molte iniziative anche lontane daipaesi del terzo mondo. L’incontro tra sedimenti del patrimonio territoriale - mani-festi e latenti - e la loro interpretazione innovativa in chiavedi sostenibilità si trova infatti alla base di processi proget-tuali che, se in parte vengono stimolati dalle energie socialiinsorgenti dalle nuove povertà, dall’altra vengono prodottisemplicemente da una nuova consapevolezza rispetto allanecessità di costruire società locale, nuove interazioni frale popolazioni e il loro territorio. Sulla linea di un processoche sembra muoversi in una direzione diametralmente op-posta al tecno ambientalismo cavalcabile solo dai grandie dall’industria. Se, fra gli anni novanta e il primo decennio di questo se-colo, architetti come Thomas Herzog16 o Stefan Benish17

si schierano infatti con la parte più avanzata dell’industria,incentrando la loro attenzione sullo sviluppo di tecnologieecologiche - durature e a basso costo per il primo, a bassoconsumo e con una forte componente di condivisione so-ciale per il secondo - mediante un rapporto costante pro-prio con il mondo della produzione industriale, architetticome Samuel Mockbee e Andrew Freear18 partono da unacritica radicale dell’industrialismo per farsi sostenitori delladecrescita mediante un’architettura della decenza (Con-tal, Revedin; 2009). Definendo, ancora una volta, la coe-sistenza di prospettive e idee contrastanti: mentre il puntodi vista riformista - volto verso una società hi-tech - con-duce allo sviluppo dell’architettura climatica e ambientalee di tecnologie complesse, raffinate e sofisticate, quelloradicale pensa ad una società low-tech rivoluzionata nonda interventi emblematici sporadicamente finanziati dasoggetti forti - come i ministeri, le università o i magnatiindustriali -, ma da piccoli interventi semplici e diffusi ge-stiti ed incidenti dalla e nella sfera del quotidiano. Nel primo caso, è la questione energetica a rimanere cen-trale: per architetti come Behnisch - ex studente di eco-

nomia - l’economia dell’energia deve essere cambiata afavore di un nuovo sviluppo capace di trasformare gliobiettivi e le attività sociali dell’uomo. L’architettura devedare forma alla società costruita sul nuovo patto energe-tico ma i protagonisti del processo non cambiano: è at-traverso la collaborazione con le avanguardie industrialidel proprio tempo che i problemi possono essere risolti ea definire le basi etiche, sociali ed economiche della cittàsostenibile devono ancora essere pochi soggetti - indu-strie, centri di ricerca, università - eletti ad ‘inventori’ dellasocietà futura. Nel secondo, invece, è il rapporto con la realtà sociale edeconomica a diventare determinante; il confronto con lerisorse disponibili e con le popolazioni locali. Con - comemostra l’atteggiamento proposto dal Rural Studio - un ra-dicale capovolgimento della gerarchia dei ruoli e della co-noscenza.Nei territori meridionali degli Stati Uniti, in particolare, lacrisi degli anni novanta non fa che confermare l’idea chel’industrializzazione non fosse altro che una diversa formadi colonialismo. La cosiddetta black belt19 era stata colo-nizzata prima dall’industria del cotone, in seguito fallita, epoi da quella dei semi di soia, che aveva impoverito i fertiliterreni dell’area per poi fallire a sua volta: anziché sviluppol’industrializzazione aveva cioè portato lo sfruttamentodelle risorse da parte di attori esterni. Consapevole di que-sto Samuel Mockbee nel 1992 fonda presso la AuburnUniversity il Rural Studio, proprio con l’obiettivo di fornireal profondo sud una via di salvezza, che l’architetto ame-ricano individua nella possibilità di utilizzare la costruzionee lo sviluppo di tecnologie semplici ma innovative comeleva economica e l’architettura come leva culturale. Avviato come esperimento pedagogico attraverso il qualeporre gli studenti a contatto diretto con la realtà, lo studiodiventa un laboratorio di architettura sociale e sostenibilefondato sulla volontà di utilizzare i mezzi a disposizionenell’area di intervento e un processo continuo di confrontocon i committenti per individuare delle soluzioni pratiche- sostituitesi alle astratte conoscenze scolastiche - in gradodi dar vita a una nuova società locale. In Alabama - uno stato troppo povero per sostenere si-

16 L’architetto tedesco ThomasHerzog viene considerato uno deimassimi esponenti nel campodell’architettura bioclimatica. Graziead un costante rapporto con ilmondo della produzione industrialeha sviluppato un’ampiaconoscenza delle dinamichecorrelate ai processi costruttivi edal 1974 la questione dell’uso dienergie rinnovabili in architetturarappresenta il fulcro di tutta la suasperimentazione sia nei progettirealizzati che nella ricercauniversitaria. Considera gli edificiparte di una nuova dimensione diequilibrio energeticocorrispondente al quartiere urbano,in cui deve essere controllato ognielemento di consumo e diproduzione energetica. Cfr. T.Herzog; Solar Energy inarchitecture and urban planning;Prestel; Munich-New York 1996. 17 L’architetto tedesco StefanBenisch è considerato uno deipionieri del dibattitosull’architettura sostenibile intesa,per definizione dello stesso autore,come architettura climatica eambientale. Nato a Stoccarda nel1957, Stefan è figlio di GünterBenisch, figura importantedell’architettura tedesca. A partiredagli anni ottanta lavora fral’Europa e l’America dove, dopo larealizzazione della sede dellaGenzyme a Cambridge nelMassachusetts viene consideratoun esperto del settore. Convintoche la questione energetica siaanche più strategica edeterminante per il nostro futuro,lavora con società di ricercaall’avanguardia nel settore delle

71

03_centrali TECNOLOGIA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 71

Page 67: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

stemi energetici sofisticati o costosi-, insieme progettisti,studenti e famiglie locali progettano, costruiscono e rici-clano materiali alla portata di tutti; realizzano case essen-ziali ma spaziose e importanti strutture per servizi e spazipubblici pensati ‘con’ e non ‘per’ gli abitanti con l’obiettivodi recuperare le condizioni abitative, ma anche di ristabilireil tessuto sociale e rivitalizzare le piccole città. Medianteun processo attraverso il quale il Rural Studio oppone siaal conservatorismo compassionevole proprio della politica- diventato peraltro nel 2001 la dottrina di George Bush -che all’ottimismo determinato dell’atteggiamento riformi-sta uno sviluppo capace di contare su se stesso, sui propribisogni ma anche sulle proprie capacità, di cui l’architet-tura rappresenta sia strumento che risultato.In una prospettiva nella quale le tecnologie proposte nonvanno valutate solo e tanto per la loro capacità di lavorarecon materiali poveri e riciclati, quanto per il loro spessorepolitico e culturale: ridotto lo slancio utopistico e ideali-stico degli anni novanta, oggi il Rural Studio diretto da Fre-ear non propone infatti un’architettura idealistica,‘selvaggia’ e fragile, ma un’architettura contenuta ed es-senziale dettata dalla necessità. Una tecnologia nellaquale la creatività sfida la povertà richiedendo il contributodelle imprese, stimolando l’economia locale e progettandouna rivitalizzazione dell’intera società. In questo senso, la stazione dei vigili del fuoco di Newbernè emblematica. Rilocalizzata al centro della città per con-tribuire alla vita pubblica, questa grande struttura di legnoe metallo è caratterizzata da alte qualità costruttive edestetiche. La costruzione è basata sull’utilizzo di piccolielementi immediatamente disponibili sull’area e poco co-stosi, ma assemblati e finiti con precisione e cura: con ladefinizione di un approccio in cui è la qualità raggiuntadalla ricerca tecnologica e progettuale ad ottimizzare il ma-teriale, all’interno di una ricerca che lo studio sta speri-mentando anche in ambito residenziale. In modo analogo a quanto proposto da Aravena in Cile[link_Democratizzazione], Freear e i suoi collaboratoristano infatti cercando di ottenere un alloggio prototipo delcosto di 20.000 dollari, non a caso l’equivalente del pre-stito concesso dal programma USDA Rural Development

alla fascia più povera della popolazione. Destinando metàdella somma alla manodopera e metà ai materiali neces-sari, i primi esempi di queste abitazioni non rinunciano néa riprendere elementi propri dell’architettura locale, né al-l’attenzione verso accorgimenti tecnici richiesti dal dibattitosulla sostenibilità: verande, ventilazione incrociata e gradiaggetti del tetto per combattere il calore diventano ele-menti esemplari di un progetto essenziale che tuttavia nonrinuncia alla qualità. Secondo una presa di posizione po-litica fondata sull’idea che l’utilizzo di tecnologie semplicinon significhi necessariamente il costituirsi di limiti pro-gettuali e che, grazie alla qualità dell’idea, della progetta-zione, dei particolari e dell’esecuzione, anche un materialerudimentale possa permettere non solo la costruzione diun’opera raffinata, ma anche l’avvio di un processo di ri-nascita.E, sebbene sia esageratamente ottimistica l’immagine diun mercato delle imprese pesantemente influenzato dallepressioni esercitate sia dalle sempre più diffuse situazionidi necessità - a nord e a sud del mondo -, sia da ‘consu-matori sempre più consapevoli’, esperienze come quelledel Rural Studio in Alabama rappresentano certamenteun segnale del fatto che l’interesse dell’industria verso lequestioni sociali sta crescendo, delineando una nuovasfaccettatura dell’idea di tecnologia che potrebbe metteredefinitivamente in dubbio l’opposizione storica fra i soste-nitori dell’industria e quelli della decrescita. Non potrebbe infatti essere possibile un rinnovamentodell’economia basato sul riconoscimento del valore po-tenziale del patrimonio territoriale, su una visione coevo-lutiva e processuale del territorio capace di generare effettispecifici e retroazioni sulle tecnologie e sulle organizza-zioni? E non potrebbe essere proprio la ricerca tecnologicaa stimolare questo tipo di approccio?Una prima novità di quest’ultimo decennio sembra risiederenel fatto che una risposta positiva a queste domande po-trebbe giungere non più da paesi o aree sottosviluppate,lontane da un’industria avanzata, ma da regioni che su que-sta industria hanno costruito la loro forza. In ambito istitu-zionale, il Vertice Mondiale sullo Sviluppo Sostenibiletenutosi a Johannesburg nel 2002 ha rappresentato il primo

nuove tecnologie energeticheinvestendo le proprie capacità inprogrammi, spesso molto raffinati,per quegli attori - industrie, centri diricerca e università - che a suoavviso vanno eletti ad ‘inventori’della società futura. Cfr. M. H.Contal, J. Revedin; Progettare lasostenibilità; Edizioni Ambiente;Milano 2009. 18 Samuel Mockbee è stato ilfondatore del Rural Studio.Professionista diventato docente,egli voleva insegnare agli studentifacendoli calare nella realtà socialeed economica. Nel 1992 l’ideaassunse la forma di un laboratorioattraverso il quale mandare gliallievi a progettare e costruire caseper gli abitanti della Contea diHale, la regione più poveradell’Alabama. Vent’anni dopo ilRural Studio è ancora attivo e sottola direzione di Andrew Freear -succeduto a Mockbee dopo la suamorte - ha saputo trasformarsi daesperimento pedagogico edidealista ad un laboratorioconcreto di architettura sociale esostenibile. Cfr. ibidem. 19 La Black Belt, chiamata così peril colore del terreno, è una regionemolto fertile che si estende daNewbern all’Alabama occidentale.

72

03_centrali TECNOLOGIA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 72

Page 68: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

momento di riconoscimento internazionale dell’idea che lacrescita economica non sia la base dello sviluppo mentre,in ambito progettuale, un nuovo atteggiamento fondato suquesta convinzione sta emergendo anche in regioni ricche,lontane dalla cosiddetta sfera della necessità. Basti pensare, per esempio, al modello d’atteggiamentoproposto non solo dai progettisti, ma dall’intera comunitàdel Voralberg, una ricca regione austriaca che ha cambiatoe sta cambiando la propria identità anche, se non soprat-tutto, grazie al forte coinvolgimento politico e sociale deisuoi architetti. Qui l’élite locale - in gran parte costituitadai progettisti e dagli ottimi carpentieri del Voralberg - stainfatti chiaramente subordinando le sue conoscenze tec-niche alla civiltà con un lavoro che, andando ben oltre ladefinizione di nuove tecnologie o nuove forme, sta ren-dendo non solo possibile ma estremamente proficua lacollaborazione fra un punto di vista ‘avanzato’, come quellodell’industria, e un punto di vista più ‘conservatore’ comequello degli abitanti legati alle caratteristiche peculiari delproprio luogo d’origine. La vicenda dei Baukünstler20 - così vengono chiamati gliarchitetti della regione - prende avvio fra gli anni settantae gli anni ottanta quando essi, differentemente da quantoavvenuto in Alabama, iniziano a comprendere il pericolo -paesaggistico e ambientale, ma anche economico e so-ciale - nel quale la loro regione rischia di incorrere: se gliabitanti del Voralberg non si fossero mobilitati l’industriasi sarebbe impossessata della regione trasformandonecompletamente l’economia con il rischio di distruggeretutte quelle attività artigianali su cui si strutturava la so-cietà. Data la posizione eccezionale della valle, gli anni delboom economico austriaco avrebbero infatti potuto por-tare ad una drastica sostituzione di risorse endogene qualile attività agricole, il legno e i suoi mestieri da parte del-l’industria esogena del cemento - molto più attrezzata perritmi di costruzione veloce di quanto non lo fossero i car-pentieri della regione - con una conseguente urbanizza-zione incontrollata della valle e con benefici economiciche probabilmente sarebbero stati colti solo da soggettiestranei al territorio.Compreso questo, i progettisti del Voralberg iniziano a

studiare, insieme ai carpentieri, delle soluzioni costrut-tive più semplici e più economiche per le case tradizio-nali in legno in modo tale che queste possano essereproposte allo stessi prezzo di quelle realizzate in calce-struzzo armato. L’obiettivo da perseguire è ben chiaro:spostare in avanti i limiti di tecnologie costruttive altri-menti destinate alla marginalità e trasformare così lacrescita della regione in sviluppo proprio attraverso laricerca architettonico-tecnologica. Un intento - poi sviluppato dalla generazione successivae alimentato dal giovane dibattito sul tema della sosteni-bilità - la cui originalità stava e sta appunto nell’idea chenon necessariamente il conflitto fra le ragioni economichee quelle identitarie, fra posizioni riformiste e radicali, siaun limite e che quindi le trasformazioni non abbiano ne-cessariamente bisogno di fare tabula rasa: il Voralberg, se-condo questi architetti, può cioè modernizzarsi e diventarecompetitivo sul mercato europeo non adeguandosi aspinte esogene ma mantenendo il proprio stie abitativo, ipropri boschi e i mestieri tradizionali. Per fare questo, però, era ed è necessario che i progettistilavorino a stretto contatto con i carpentieri locali in modotale da comprendere e utilizzare le loro idee e il loro ruoloper trasformare un’attività ancora artigianale e poco com-petitiva in un’industria del XXI secolo ed elaborare quindiciò che gli economisti in quegli stessi anni, riferendosi so-prattutto ai paesi del terzo mondo, chiamano auto-svi-luppo.E così è stato. Negli ultimi decenni la regione ha vissutouna trasformazione profonda, un cambiamento d’identitàdi cui l’architettura e la ricerca tecnologica sono state econtinuano ad essere un vettore determinante: il numerodegli studi è cresciuto a dismisura, le imprese che costrui-scono con il legno sono diventate un polo di eccellenzamondiale e, aspetto determinante, molti si sono convintidel fatto che, per far sì che quest’area continui ad essereleader nell’industria dell’edilizia sostenibile sia necessariocontinuare a darsi nuovi obiettivi e ad innovare senza mairecidere le radici impiantate nel territorio. Con un atteg-giamento mediante il quale la tecnologia ha saputo farsipolitica e rendere visibile una nuova narrazione collettiva

20 Il termine significa letteralmente‘artista della costruzione’ ed èsinonimo di ‘architetto’. NelVoralberg indica un importantemovimento costituito dasignificativi professionisti dellaregione - come CarloBaumschlager e Dietmar Eberle,Helmut Dietrich e Bruno Spagolla -che ne hanno alimentato il vivacedibattito interno rappresentando levarie correnti del pensieroambientalista: low o high tech,ruralista o urbanizzatore, favorevoleal cemento o al legno. Cfr. O.Kapfinger; Architecture inVoralberg since 1980; KunsthausBregenz Voralberg ArchitekturInstitut; 1999.

73

03_centrali TECNOLOGIA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 73

Page 69: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

e a lungo termine non più incentrata sulla crescita masullo sviluppo.Come Mockbee e Freear, architetti come Hermann Kauf-mann21 nati e cresciuti nei laboratori artigianali di questaregione definiscono un modello d’atteggiamento fondatosulla fiducia nella possibilità di definire una qualità archi-tettonico-tecnologica capace di trasformarsi non solo inqualità ambientale, ma in un fattore di sviluppo sociale eculturale. Tuttavia, le loro idee non vengono più applicatead un contesto sottosviluppato o in forte difficoltà econo-mica, ma in una ricca regione occidentale che ha sempli-cemente deciso di investire su una prospettiva di

territorializzazione non più definita dalla conservazionedella natura originaria del tipo territoriale e dell’identitàstorica data, ma da criteri e forme innovative, dall’emer-genza di identità condivise fra attori interessati alla costru-zione di un nuovo progetto. Delineando certamente unanuova idea di tecnologia attiva e dinamica e, parallela-mente, una nuova prospettiva di sviluppo auto-determi-nante nella quale posizioni riformiste e radicali, questioniuniversali e saperi contestuali non sono più incompatibilie l’idea di sostenibilità diventa sempre più legata alla ne-cessità di una declinazione politica e progettuale locale eframmentata.

21 Nato nel 1955 e proveniente dauna famiglia di carpentieri,Herrmann Kaufmann è unarchitetto austriaco la cui carrieraè profondamente legata alla storiarecente della sua regioned’origine, il Voralberg, e delmovimento dei Baukünstler.Condiviso con questi l’intento dicreare una qualità ambientaleaccessibile a tutti come fattore disviluppo sociale e culturale, vaalla ricerca di un’architetturacapace di promuovere unagestione sostenibile delle risorse,concentrandosi prevalentementesull’utilizzo del legno conl’obiettivo di spostare in avanti ilimiti di tecnologie costruttivealtrimenti destinate allamarginalità. Cfr. O. Kapfinger;Hermann Kaufmann wood works:architecture durable; Springer;New York; 2009.

74

03_centrali TECNOLOGIA_Layout 1 25/02/13 08.58 Pagina 74

Page 70: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

Contro gli autoritarismi. La complessità e il conflitto in architettura.

La letteratura esistente in materia di politiche della na-tura mostra come l’ingresso nell’arena politica della di-sciplina ecologica e il conseguente sviluppo del dibattitosulla sostenibilità conducano non solo ad una trasfor-mazione delle definizioni e dei significati attribuiti alleidee di natura e tecnologia, ma anche ad una ridefini-zione dell’impresa tecnico-scientifica e dei ruoli dei varicorpi professionali che intervengono all’interno dellostesso, ponendo al centro del dibattito anche l’idea didemocratizzazione dei processi decisionali (Latour;1999).Nel suo testo Politiche della natura, per esempio, il so-ciologo e antropologo francese Bruno Latour affronta iltema attraverso la definizione del collettivo che, supe-rata la distinzione della doppia arena della natura edella politica [Link_Natura], per l’autore diventa il soloambito decisionale in cui competenze e interessi diffe-renti sono chiamati a confrontarsi1: messa da un latoin discussione l’idea di natura come portatrice intrin-seca di un nuovo ordine su cui definire, rifondare e li-mitare la vita pubblica e conseguentemente quella dellaScienza come fonte di risultati indiscutibili e dall’altroquella di politica come sinonimo di potere e di interessia favore di quella della stessa come composizione pro-gressiva del mondo comune da condividere, si definisceun punto di vista per cui l’importanza storica delle crisiecologiche non si limita più a una rinnovata preoccu-pazione per la natura quanto piuttosto all’emergere del-l’impossibilità di continuare ad immaginare la dicotomianon solo fra uomo e ambiente, ma anche fra politica eScienza, fra società e natura. Per Latour, se il modernismo2 voleva dominare il mondo,l’ecologia politica3, opponendosi a questo, ha comecompito principale quello di sospendere le certezze ri-guardo al bene sovrano degli esseri umani e delle cose,degli obiettivi e dei mezzi, rivolgendo il suo interesseverso associazioni di esseri dalle forme complesse e

verso una molteplicità di entità, destini, interessi e valori. Se il dibattito sulla sostenibilità si sviluppa cioè a partiredalla definizione di filosofie ambientali che, cercando didifendere la natura, separano il problema del mondocomune da quello del bene comune fondando su diessa una nuova metafisica, lo sviluppo dello stesso el’emergere di punti di vista simili a quello del sociologofrancese mettono in evidenza come la questione da af-frontare non sia tanto la crisi della natura, quanto piut-tosto quella dell’oggettività, ponendo al centro l’idea didemocratizzazione intesa come ripartizione delle capa-cità di parola e di rappresentazione non solo in riferi-mento al rapporto fra uomo e natura ma fra tutti gliattori dei processi decisionali, fra tutti gli esseri afferentialle associazioni di umani e non umani. Con importantiricadute sugli statuti e sui ruoli di differenti corpi pro-fessionali per i quali variano prima di tutto gli oggetti diinteresse. Le discipline che si occupano di quelli che Latour defi-nisce oggetti senza rischio, ossia di oggetti determinatida rigorose leggi di causalità, efficienza e redditività ecaratterizzati da un’essenza ben definita e da proprietàben riconosciute, vengono infatti spinte dall’ecologia po-litica a rivolgere la loro attenzione verso attaccamenti arischio, oggetti privi di contorni netti ed essenze ben de-finite, connessi ad altri oggetti altrettanto incerti e perquesto strettamente legati al principio di precauzione4.Posta fuori campo, l’attività scientifica, tecnica ed indu-striale che si occupa di oggetti senza rischio non è chia-mata al confronto perché le loro conseguenze - atteseo inattese - non retroagiscono sulla responsabilità e ladefinizione degli stessi in quanto queste sono semprepensate sottoforma di impatto su un universo diverso,composto di entità meno facili da delimitare e vaghecome i fattori sociali, le dimensioni politiche, gli aspettiirrazionali. Al contrario, non potendo svincolarli dalleinaspettate conseguenze che essi mettono in moto, l’at-tività di ricercatori, ingegneri, progettisti, amministratori,imprenditori e tecnici che si occupano della definizionee della produzione di attaccamenti a rischio costituisceinvece parte integrante della loro stessa definizione as-

1 Latour definisce il collettivo comel’ambito decisionale capace dicumulare i vecchi poteri dellanatura e delle società in una solaaula prima di essere di nuovodifferenziato in poteri distinti qualila presa in considerazione,l’ordinamento e il controllo.Malgrado l’uso al singolare, iltermine non rimanda ad un’unitàgià fatta ma ad una procedurapensata per ‘collettare’, permettere insieme le associazioni diumani e non umani non perriconciliarle ed accordarle, ma perridefinirli contemporaneamente alfine di congiungere il modoscientifico di mescolare gli umanie i non umani, con il modo politicodi mescolare gli uni agli altri. Cfr.B. Latour; Politiche della natura;Raffaello Cortine Editore; Milano;2000.2 Con il termine modernismoLatour non designa un periodo,ma una forma di passaggio deltempo; il modo di interpretare uninsieme di situazioni tentando diestrarne la distinzione fra fatti evalori, fra stati del mondo erappresentazioni, tra razionale eirrazionale, tra Scienza e società,fra qualità primarie e qualitàsecondarie, in modo da segnaretra il passato e l’avvenire unadifferenza radicale che permetteredi esternalizzare definitivamenteciò di cui non si è tenuto conto.Per contro, l’autore individua comeecologico ciò che sostituiscequesto passaggio riprendendo inconsiderazione ciò che è statoesternalizzato. Cfr. Ibidem.3 In opposizione alla filosofiadell’ecologia, per Latour l’ecologia

77

DemocratizzazioneArchitettura e processi decisionali

04_centrali DEMOCRATIZZ_Layout 1 25/02/13 08.59 Pagina 77

Page 71: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

sumendo su di sé la responsabilità delle loro ricadutee trasformando il concetto di crisi ecologica in una ri-volta generalizzata dei mezzi. L’ingresso nell’arena politica dell’ecologia, letto sottoquesto punto di vista, sposta infatti il lavoro dei varicorpi professionali dalla certezza sulla produzione deglioggetti senza rischio all’incertezza sui rapporti, rimet-tendo in causa la possibilità degli stessi di ricapitolarela gerarchia degli attori e dei valori secondo un ordinestabilito una volta per tutte. Definito che i termini naturae società non designano esseri del mondo o settori dellarealtà, ma una forma particolare di organizzazione pub-blica, l’ecologia politica chiama le differenti disciplinea muoversi fra le due operazioni di moltiplicazione delleentità e di composizione e riunione delle stesse cer-cando, con tutti i mezzi possibili, l’articolazione, la com-plessità la valorizzazione del conflitto. Con ladeterminazione di una prospettiva in cui alla base deiprocessi decisionali non vi sono più né la natura, né gliuomini, ma gli esseri e gli interessi ben articolati e laquestione centrale diviene la definizione condivisa delmondo comune.In questo senso, il confronto con i percorsi epistemolo-gici sui quali si è fondato il dibattito sviluppatosi attornoal tema della sostenibilità - dal riferimento al pensieromeridiano (Camus in Cassano; 1996) all’ecologia dellamente (Bateson; 1972), dall’autopoiesi (Maturana e Va-rela; 1980) alla scienza senza fondamenti (Prigogine;1997) - sta quindi mettendo sempre più in evidenza lanecessità di tornare a considerare l’interazione e il con-flitto come risorse, sollecitando diverse discipline a de-mocratizzare i processi decisionali che le determinano,entrando a far parte del collettivo e trasformando il lorostatuto in funzione della definizione di un progetto chia-mato a mediare oltre che a proporre soluzioni. In ambito architettonico, in particolare, la questioneporta all’emergere del tema del progetto morfologicocome progetto culturale e di mediazione, introiettandoall’interno del dibattito teorie e ragionamenti avanzatigià molti decenni prima dello svilupparsi dello stesso. Identificando nel problema dell’industrializzazione di ini-

zio secolo, nella conseguente costruzione di grossi ag-glomerati urbani e nella parallela acquisizione da partedelle masse di una nuova coscienza politica elementiatti ad alimentare la questione già a partire dagli ultimidecenni dell’Ottocento, Peter Collimore, per esempio, in-dividua negli scritti degli utopisti in Francia e in GranBretagna, nelle esperienze delle garden-cities in Inghil-terra e nella relativa costituzione - nel 1912 - della As-sociazione Internazionale della Città Giardino, nonchénella diffusione della dottrina della Scuola Filosofica diChicago e nella fondazione nel 1923 della RegionalPlanning Association i primi segni non solo di un modonuovo di considerare la città, ma anche dello sviluppodi una nuova forma di coscienza sociale e - in embrione- dell’idea di democratizzazione (Collimore; 1982). Si-milmente, Claudio Bisceglia rilegge la teoria del biore-gionalismo formulata dal sociologo e biologo inglesePatrick Geddes come anticipatrice del tema in funzionedella proposta dell’autore di inserire fra gli attori del ri-sanamento e della pianificazione il luogo come sistemada preservare e rivitalizzare e la gente, cioè gli abitanti,come soggetti attivi. Ma l’idea di democratizzazione messa in campo da que-ste esperienze resta ancora molto lontana dal processodi moltiplicazione dei punti di vista, confronto e riunionedescritto da Latour ed è solo fra gli anni sessanta e set-tanta che le modalità verticistiche che le caratterizza-vano iniziano ad essere realmente poste in discussione.In un contesto fortemente influenzato dalla controversiapolitica e culturale sviluppatosi attorno alle questionichiave dell’egualitarismo e della pratica antigerarchica(Viale; 1978), in particolare, è nel 1968 che prende ilvia, a livello potremmo dire globale, un processo radi-cale, e in alcuni momenti anche violento, di rinnova-mento della società. Un processo alimentato da tuttiquei gruppi di pressione politica - spesso portatori diinteressi particolari - che, spinti dal progressivo processodi massificazione della società, iniziano progressiva-mente a rivendicare un ruolo di attori attivi nella trasfor-mazione della società, dell’economia e della politica digoverno.

politica è la disciplina che prova acomprendere, interpretare erisolvere le crisi ecologiche senzapiù ricorrere in alcun modo allanatura quale riferimento atto adindicare i compiti da portare atermine. Cfr. Ibidem.4 Con l’espressione attaccamenti arischio Latour amplifica il principiodi precauzione per il quale ènecessario aggiungere a tutti glioggetti il seguito previsto oimprevisto delle loro conseguenze,secondo il principio descritto daAnne Laudon e Christine Noivillenel testo Le principe deprécaution, le droit del’environnement et l’Organisationmondilae du commerce per cui «laprudenza si impone fintanto chel’innoquità (e non il rischio) nonviene dimostrata». Cfr. Ibidem.

78

04_centrali DEMOCRATIZZ_Layout 1 25/02/13 08.59 Pagina 78

Page 72: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

Rivendicando il ritorno al rispetto dell’individuo e delleesigenze di vita naturale cancellati dalla società fordista,masse operaie da un lato e masse studentesche dal-l’altro iniziano a riunirsi nella lotta contro le istituzioni,contro gli imperialismi del capitale e contro le imposi-zioni dei padroni, con messaggi rivoluzionari d’ispira-zione anarchica che, anche se mossi da ansie didemocratizzazione e sinceramente libertari, risultanoperò carenti di una reale cultura democratica e, quindi,esposti alle ideologie. Il risultato è l’esasperarsi del di-stacco tra i cittadini e il sistema politico, tra società ci-vile e istituzioni che, a partire da questi anni, mostranosempre maggiori difficoltà nel riuscire a rappresentarele naturali evoluzioni della società e le spontaneeistanze di riforma provenienti dal basso, con forti con-seguenze anche nel nostro ambito disciplinare (Viale;1978). Le controversie culturali e politiche iniziano infatti a ri-flettersi anche all’interno del dibattito sulla cultura e lapratica del progetto architettonico e urbanistico, sfo-ciando in una vera e propria rivoluzione culturale con-dotta contro quelli che vengono definiti gli autoritarismidel Movimento Moderno e della progettazione tecnocra-tica. La critica, in particolare, viene rivolta ai principidell’ideologia razionalista e ai miti del funzionalismo chepropugnano la possibilità di attuare una riforma socialeverso una società più libertaria e egualitaria attraversola produzione di un’architettura ‘democratica’, conside-rata sincera e uguale per tutti, forte di una moralità dellaforma. E l’immagine della macchina per abitare iniziaad essere descritta come un’immagine utopico-dispo-tica perfetta ma vuota e deserta che, spingendo sul ra-zionalismo tecnologico e escludendo il disordine dellavita, ne ostacola lo stesso meccanismo (Kroll; 2001).

Del resto anche il Movimento Moderno -scrive Giancarlo De Carlo5 all’interno di unariflessione del 1978 sullo stato dell’arte del-l’architettura - ha finito con il riflettere fedel-mente le esigenze del potere del suo tempo.Aveva promesso una Nuova Gerusalemme

fondata sulla giustizia, sulla libertà e sullariconquista del diritto all’espressione pertutti. Invece ha finito per occuparsi di comesi poteva ridurre al minimo essenziale lospazio destinato all’abitazione dei poveri […] Aveva promesso l’Armonia sociale del-l’Unità dell’ambiente architettonico. Inveceha finito per adottare la pratica di dividerele città in zone e di separare ogni zona, ur-bana o suburbana o di campagna, la resi-denza dallo scambio, il lavoro dal gioco, ilmoto dalla quiete, l’uso come consumodall’uso come contemplazione, la sfera pri-vata da quella pubblica, la riunione dalla so-cializzazione.

(De Carlo; 1973)

Progressivamente fra i progettisti inizia cioè a diffondersil’idea che, inversamente da quanto sostenuto dal Mo-vimento Moderno, non sia più possibile produrre lo spa-zio ambientale ed architettonico ad un tavolo dadisegno, lontano dal confronto con l’arena sociale e conle cose reali (Erskine; 1963. Cit. in Ray; 1978) e in fun-zione di un’utenza anonima o, peggio ancora, di unacommittenza speculatrice ma che occorra invece sosti-tuire l’astratta visione concepita dall’architetto con pro-getti capaci di contenere l’apprezzamento dei valorilocali, il riconoscimento delle possibili emergenze, l’ipo-tesi dell’uso delle fabbriche e dell’ambiente secondol’interpretazione data dagli stessi cittadini al di là diqualsiasi struttura culturale precostruita. Secondo un punto di vista a partire dal quale architetticome Giancarlo De Carlo e Ralph Erskine6, prima, e Lu-cien Kroll7, poi, iniziano a mostrare una maggior consa-pevolezza rispetto al valore di principi alla base dell’ideadi democratizzazione quali il confronto, la pluralità, ladiversificazione e il disordine, formulando osservazioniche daranno vita ad un rinnovato contesto culturale ead un vivace dibattito sulle ragioni e il ruolo dell’archi-tettura e dell’urbanistica che sembra progressivamentescardinare alcuni capisaldi della tradizione tecnocratica

5 Giancarlo De Carlo è una dellefigure di maggior rilievo nelpanorama architettonico italiano einternazionale. Tra i fondatori delTeam X - il movimento che neglianni cinquanta opera la primavera rottura con il MovimentoModerno e le tesi funzionaliste -egli è tra i primi a sperimentare edapplicare in architettura lapartecipazione degli utenti alprocesso progettuale. Attraversotesti come La piramide rovesciata(1968) e Un’architettura dellapartecipazione (1972) egli mettein discussione l’insegnamentotradizionale teorizzando unagestione dell’architettura piùdemocratica e aperta e con larealizzazione del Villaggio Matteottidi Terni (1969-1975) dà vita aquella che per molti rappresentala più interessante esperienzaitaliana di progettazionepartecipata. Cfr. F. Brunetti, F. Gesi;Giancarlo De Carlo; Alinea; 1981. 6 Ralph Erskine è stato unarchitetto britannico naturalizzatosvedese la cui filosofia progettualesi è fortemente incentrata sultema della democratizzazione. Inparticolare Erskine considera lapartecipazione di coloro chesaranno i veri utenti dei suoi edificicome elemento essenziale chel’architetto deve offrire allacomunità e la sua architettura sibasa su due concettifondamentali: gli edifici devonoadattarsi al clima del luogo edessere costruiti per le persone cheli abiteranno. Tra le sue opere piùfamose vi sono il complessoresidenziale nella città britannicadi Newcastle denominato ‘Byker

79

04_centrali DEMOCRATIZZ_Layout 1 25/02/13 08.59 Pagina 79

Page 73: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

propria del modernismo, preannunciando una ‘rivolu-zione paradigmatica’. Un cambiamento radicale grazieal quale l’architettura mira ad opporsi a quell’epistemo-logia positivista che aveva portato, già con gli utopistidell’Ottocento, alla definizione di modelli ideali - staticie rigidi - per la riorganizzazione del territorio in cui l’in-dividuo umano era un tipo e il conflitto e la diversitànon erano contemplati a favore di un progetto stretta-mente connesso alle condizioni sociali e morali del-l’epoca cui appartiene, costruito per l’uomo, partecipedei suoi problemi e delle sue sventure e quindi capacedi soddisfarne ogni esigenza morale e materiale (DeCarlo. In Brunetti, Gesi; 1981). Ad essere messi in discussione sono quei modelli èlitari- basti pensare ai contributi di Weber o di Schumpeter- proposti dall’arena tecnico-scientifica che avevanoportato alla costruzione di enormi organizzazioni pub-bliche e private che, come descritto da Latour, con l’os-sessione dalla tecnica, dalla produttività edall’efficienza, avevano gradualmente eliminato le que-stioni politiche e morali dalla vita pubblica, minacciandodi sommergere la vita sociale e causando quell’ulteriorescarto fra la sfera della competenza tecnica e quelladella vita quotidiana che stava mettendo in crisi tutto ilsistema professionale fondato sul principio di razionalità(Held; 1997).Il riconoscimento del fallimento di quella forma buro-cratica del rapporto fra pubblico e privato per cui adogni bisogno poteva essere fatto corrispondere un ser-vizio, un oggetto o un manufatto apre cioè, nel piùampio ambito culturale e sociale così come nel campodell’architettura, una vera e propria crisi delle istituzioniche porta alla richiesta di un ritorno a forme di vita piùconviviali (Illich; 1974) e all’affermazione di alcune teo-rie progettuali che vedono il progetto come un’occasionedi mobilitazione sociale. E il confronto e l’azione direttadal basso iniziano ad essere studiati come possibili ri-sposte alla pervasiva oppressione dell’uomo sotto leistituzioni capitalistiche dello stato borghese, avviando,nella nostra ‘disciplina’, una vera e propria ‘rivoluzionedi metodo’.

L’approccio ideologico. Visioni educatrici.

In questo contesto si inserisce l’interesse di alcuni ar-chitetti come appunto Giancarlo De Carlo o Ralph Er-skine per il significato sociale del progetto urbano e diarchitettura: all’interno di quel conflitto sociale che siritiene spesso essere stato l’elemento generatore delprimo ciclo di procedure progettuali nate dal basso, diun primo confronto dei progettisti con la diversità e conl’idea di democratizzazione. Un ciclo alimentato dalla ri-vendicazione di modalità alternative di produzione dellacittà, dall’uscita nella città e sui temi della città di queimovimenti - chiaramente connotati sul piano ideologicoe con una composizione sociale sostanzialmente omo-genea - che fino agli anni sessanta e settanta erano ri-masti dentro le fabbriche (Fareri; 2004). Nonostante molti progetti urbanistici dei decenni pre-cedenti presentino grande interesse per il loro aspettoantropologico-sociale8, i primi studi europei chiara-mente riconducibili all’idea di democratizzazione in am-bito architettonico vengono attribuiti a NikolaasHabraken9, architetto e urbanista olandese che, oppo-nendosi ai principi del Mass Housing, nei primi anni ses-santa comincia ad interessarsi alla possibilità di lasciareagli utenti una certa libertà per la sistemazione di alcunispazi all’interno del complesso abitativo (Collymore;1982).Habraken è convinto che la casa non debba essere for-nita come un prodotto finito ai futuri abitanti e proponeun modello d’atteggiamento nel quale la democratizza-zione dei processi decisionali viene definita comeun’operazione capace di generare possibilità inaspet-tate, capaci di inserire sia l’aspetto tecnico che quelloumano all’interno di nuove prospettive.

Il processo costruttivo della residenza -scrive l’architetto olandese in un saggio del1961 - può essere inteso come l’azione col-lettiva di una società che adempie a certecondizioni senza le quali non sarebbe pos-sibile la propria esistenza. Questo processo

Wall’, alcuni edifici dell’Universitàdi Stoccolma e il nuovo complessoabitativo progettato per l’ExpoBo01 a Malmo. Cfr. Collymore;Ralph Erskine; Alinea; Firenze;1986. 7 Lucien Kroll è un architetto belgaimpegnato sui temi del recuperourbano e della sostenibilitàambientale. Egli si pone in rigidaopposizione alle modalitàrazionaliste di concepire lo sviluppourbano e la forma architettonicasecondo principi astratti e utopici,sperimentando approcci progettualivolti a superare l’ideologia dellameccanizzazione industriale e arecuperare un rapporto conl’identità locale e le storie personali.Autore di testi come Thearchitecture of complexity (1986),tra i suoi progetti si ricorda ilrecupero della ZUP di Perseigne adAlençon. Cfr. Kroll; Ecologie urbane;Franco Angeli; Milano; 2001. 8Anche se negli anni del boomeconomico l’idea dellademocratizzazione dei processidecisionali non è ancoratotalmente acquisita, appare chiaral’intenzione di alcuni progettisti dinon voler imporre la propria volontàcreativa e la propria esperienzaprofessionale al di sopra delleproposte suggerite dalla cultura deifuturi utenti. Questo tipo diatteggiamento, non ancoraesplicitamente dichiarato, è, peresempio, alla base della filosofiaprogettuale di molti architetti italianidegli anni cinquanta e di alcunerealizzazioni urbanistiche di questianni quali il quartiere ‘La Martella’di Matera, l’esperienza comunitariarealizzata da Olivetti a Ivrea su

80

04_centrali DEMOCRATIZZ_Layout 1 25/02/13 08.59 Pagina 80

Page 74: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

è un fenomeno affascinate e ingloba siaconsiderazioni razionali relative per esempioagli aspetti costruttivi, finanziari e organiz-zativi, sia impulsi di natura biologica, radi-cati nelle relazioni fondamentalidell’esistenza umana.

(Habraken; 1961. In Collymore; 1982)

Con l’obbiettivo di determinare la conformazione delleresidenze attraverso l’influenza degli abitanti e delle loroattività più essenziali nel 1964 egli costituisce, insiemead altri professionisti e sotto il patrocinio dell’ordine na-zionale olandese degli architetti, il SAR - Stichting Ar-chitecten Research - un gruppo di progettisti mirato allamessa a punto di un programma teorico per la proget-tazione e la valutazione delle cellule abitative fondatosu un meccanismo aperto all’adozione di variazioni al-l’interno delle abitazioni mediante la definizione di dueclassi di elementi progettuali separati: una ‘struttura disupporto’ - caratterizzata dagli elementi di tipo staticoe impiantistico - studiata dall’architetto e all’interno diun campo decisionale comunitario e unità separabili lacui definizione sarebbe stata lasciata ai futuri utentimettendo così in atto una prima esperienza di demo-cratizzazione nel senso auspicato dal punto di vista dicui Habraken si fa portavoce. Secondo una prospettiva nella quale all’architetto si la-scia il compito di definire una serie di elementi genera-tori combinabili mediante l’indicazione di una serie divarianti di base, mentre agli abitanti spettano variantispecifiche da suggerire per le zone di loro competenza.Con evidenti limiti teorici e metodologici.Se infatti il proposito del gruppo era quello di definire eregolare la democratizzazione del processo progettualeil metodo suggerito viene, per esempio, immediata-mente ripreso dall’industria per la costruzione di ele-menti prefabbricati riducendo l’operazione alla scelta diuna vasta gamma di componenti offerte dal mercato odal progettista stesso. Alla scala dell’edificio, così comealla scala urbana.Nel 1973 l’inserimento di nuovi elementi nel gruppo di

studio SAR porta infatti ad estendere la ricerca all’am-biente urbano mentre, negli stessi anni, architetti comeGiancarlo De Carlo sembrano compiere la medesimaoperazione.Nell’Italia degli anni settanta, in particolare, la crisi delleforme tradizionali dell’intervento pubblico e l’inadegua-tezza in termini di appartenenza culturale, di efficaciadell’intervento e di costi delle politiche abitative produ-cono forme sperimentali del progetto urbano fra le qualiil processo messo in atto per il ripensamento del Villag-gio Matteotti a Terni rappresenta certamente una delleesperienze più significative.Qui, come in molte operazioni contemporanee all’inter-vento, sono le sollecitazioni di un comitato cittadino ariproporre il problema del quartiere - uno dei più degra-dati del complesso abitativo costruito negli anni trentaper i dipendenti delle acciaierie - ed è lo scontro tra in-teressi diversi - l’amministrazione comunale, l’AcciaieriaTerni e le organizzazioni operaie - ad invocare la demo-cratizzazione del processo progettuale. Visto che le ten-sioni fra le parti riguardano principalmente le modalitàdi realizzazione delle possibilità edificatorie previste dalnuovo PRG, De Carlo - incaricato del ripensamento -viene infatti spinto da suoi collaboratori come l’archi-tetto De Seta e il sociologo De Masi non solo a formu-lare diverse alternative di insediamento e sviluppourbano, ma anche a porre come condizione essenzialedell’iter progettuale il coinvolgimento dei cittadini in ognifase dello stesso, a partire dalle riunioni preliminari allaprogettazione vera e propria. Convinto del fatto che tutti gli uomini, ed in particolarecoloro che si trovano in condizioni subalterne, debbanopartecipare attivamente all’organizzazione della propriavita scegliendo gli spazi in cui lavorare e abitare, in que-sto caso De Carlo organizza una fase strutturata di con-fronto con i cittadini, di apertura dell’arena scientificaverso quella sociale. All’analisi e ricognizione dei datioggettivi di carattere socio-economico viene cioè affian-cato uno scambio transattivo prolungato fra il progettistae gli abitanti: una prima discussione plenaria viene or-ganizzata con l’obbiettivo di valutare, mediante un con-

progetto di Quaroni e Doglio,l’esperienza dello stesso Doglio edi Samonà a Cefalù e la primaesperienza di Ridolfi a Terni. Cfr. P.Collymore; op. cit. 9 Nikolaas Habraken è unarchitetto e urbanista olandeseche sin dagli anni sessanta va allaricerca della definizione di unprocesso progettuale alternativo aiprincipi del Mass Housingattraverso il coinvolgimento degliabitanti all’interno dello stesso.Direttore del SAR dal 1965 al1975, viene conosciuto a livellointernazionale nel 1972 attraversola pubblicazione della versioneinglese di Supports. An alternativeto Mass Housing, un testo -pubblicato dall’architetto in linguamadre già dieci anni prima - nelquale egli propone la possibilità dilasciare agli utenti la progettazionee la realizzazione di alcuni spazidelle loro residenze e degli spazicomunitari. Cfr. N. Habraken;Strutture per una residenzaalternativa; Saggiatore; Milano;1974.

81

04_centrali DEMOCRATIZZ_Layout 1 25/02/13 08.59 Pagina 81

Page 75: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

fronto diretto con gli utenti, i primi risultati progettuali edi avviare il processo per la definizione tipologica deisingoli alloggi per poi passare ad assemblee organizzatenelle quali il compito del progettista diventa quello ditradurre in disegni le esigenze ed i bisogni espressi dalpubblico e arrivare alla definizione di soluzioni proget-tuali specifiche da sottoporre al vaglio di ciascun nucleofamigliare mediante strumenti di interfaccia diretti comei plastici. Come per i lavori del SAR, a Terni l’idea di democratiz-zazione invocata dai progettisti si concretizza cioè nelladefinizione di quarantacinque diverse soluzioni residen-ziali atte a soddisfare tutte le possibili richieste indivi-duali, ma anche di proposte più vaste relative agli spazipubblici, nell’intento di soddisfare i bisogni dell’interacomunità. Con risultati dai risvolti alterni.Se infatti il caso di Terni rappresenta certamente una delleesperienze più interessanti in materia di democratizzazionedei processi decisionali, occorre tuttavia non dimenticare ilimiti di un approccio ancora fortemente basato sull’attribu-zione di un’importante carica ideologica al ruolo del proget-tista: nel Villaggio Matteotti, così come in molti casi simili diquesto periodo, l’ideologia professionale sposta il conflittosociale sulla costruzione del progetto - sul quale nei fatti leparti in conflitto non hanno controllo reale - mentre l’ideo-logia politica porta a pensare che essere schierati dallaparte degli esclusi garantisca di per sé una corretta inter-pretazione dei bisogni e delle domande. L’idea del progettocome mezzo di mediazione e l’apertura di un reale confrontofra il tecnico e i cittadini, fra le scienze e la società rimangonosoprattutto apparenti e gli architetti continuano ad investirsidi un ruolo principalmente educativo e pedagogico.

Ho osservato - scrive Ralph Erskine trac-ciando un bilancio dell’esperienza parteci-pativa svolta alla Resolute Bay10 - […] chela partecipazione e le discussioni sono utilisotto vari punti di vista. Per prima cosa for-niscono al progettista ed agli stessi abitantiinformazioni importanti sulle varie necessità

e preferenze degli utenti […]. In secondoluogo è fondamentale per il successo delprogetto che i futuri abitanti, in numero piùalto possibile, dividano volontariamente ecoscientemente la responsabilità del pro-cesso creativo e quindi le conseguenze chene derivano. In terzo luogo è molto impor-tante anche l’aspetto pedagogico di taleoperazione, e ciò è vero soprattutto per imeno privilegiati che debbono esercitarsinella loro facoltà di pensare a cose astrattee nell’impegno di analizzare e di risolvere iproblemi e di prendere decisioni se voglionoriuscire a liberarsi della loro condizione diinferiorità e divenire cittadini veramente va-lidi e partecipi, capaci di dare un contributoimportante ad una società moderna, acqui-sendo quindi anche la necessaria fiducia inse stessi.

(Erskine. Cit. in Collymore; 1982)

La definizione dell’idea di democratizzazione sviluppataa partire dagli anni sessanta e settanta non implica cioèimportanti cambiamenti nelle idee del progettista riguar-danti cosa, come e dove dovesse essere la costruzionee gli incontri con gli abitanti vengono interpretati soprat-tutto come occasione per attivare un processo educa-tivo. Per i progettisti - ancora auto-definiti come sicuriinterpreti delle esigenze degli abitanti e come costruttoridi oggetti senza rischio - continua ad essere sufficientela presa di coscienza dei bisogni degli utenti medianteun confronto iniziale con gli stessi. Ma il semplice attodella consultazione e la consapevolezza delle variazioniche ne potrebbero derivare costituiscono necessaria-mente un diritto dei futuri abitanti che devono poter co-municare con coloro che progettano il loro ambiente. In questo senso, risultano assolutamente emblematicidella posizione i dialoghi tra De Carlo e Peter Smithson- membro, come il progettista italiano, del Team X - sultema della definizione delle terrazze giardino e la sua

10 Il nuovo impianto urbano diResolute Bay è una città pereschimesi e bianchi canadesiposta nella fascia artica delCanada nella progettazione dellaquale Ralph Erskine utilizza lapartecipazione come strumentoattraverso il quale integrare leesigenze e i modi di vita dei duegruppi chiamati a convivere in unclima così rigido. Cfr. P. Collymore;op. cit.

82

04_centrali DEMOCRATIZZ_Layout 1 25/02/13 08.59 Pagina 82

Page 76: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

critica del progettista italiano verso la richiesta deglioperai di piastrellare le terrazze e la loro incapacità diliberarsi dal tradizionale.

Se guardate i settimanali in Italia, ogni set-timana avete la rappresentazione della casadi una qualche star, Sofia Loren piuttostoche un’altra. Hanno terrazze dove hannofantastici divani dove stanno solo per il fo-tografo, ovviamente […] ma questa è l’im-magine che è spinta nella mente della gentee controllare questo tipo di alienazione èlungo e difficile […] io voglio disalienarli e,naturalmente, disalienare me stesso nellostesso momento.

(De Carlo. Cit. in Samassa; 2004)

L’approccio ai processi decisionali allargati resta intrisodi ideologia e pensiero politico: l’obiettivo non è soloquello di favorire un arricchimento della conoscenzadegli abitanti - aprendo nuovi orizzonti e offrendo nuovistimoli di riflessione - ma è quello di guidare un pro-cesso di disalienazione delle masse lavoratrici assog-gettate alla società dei consumi, contribuendo aprodurre apprendimento in un’ottica di mobilitazionesociale dalle tinte piuttosto anarchiche. E il dubbio che ne scaturisce - smosso, per esempio,dalla critica stessa del progetto di Terni (Schlimme;2004) - è che nelle diverse forme di conversazione congli abitanti sviluppate a partire da questo punto di vistanon vi sia tanto un interesse a stimolare le interazioniprogettuali dei cittadini, quanto un tentativo da partedel progettista di convincere gli abitanti ad approvareun progetto già pensato altrove in tutte le sue parti. Inuna prospettiva in cui il sapere intellettuale - il linguag-gio dei progetti - resta quello degli architetti, anche seespressione peculiare e contingente dell’opera derivatadalle sollecitazioni dei futuri utenti-partecipanti all’ope-razione progettuale.Diversamente da quanto auspicato da Latour, secondo

questo atteggiamento, le scienze non fanno cioè ancoraparte del problema politico; al contrario, in questi casi,la Scienza continua a costituire parte della soluzionedata allo stesso per cui l’arena sociale viene sì consul-tata, ma sotto forma di informazione, di divulgazione, dipopolarizzazione e di volgarizzazione. Nessuno le chiededi entrare in laboratorio e di divenire a sua volta per-plessa.

L’approccio pragmatico. Visoni esplorative.

La vicenda di Terni non ha un lieto fine. Il clima di col-laborazione con le autorità che aveva reso possibile con-durre un processo così faticoso e costoso, non solo pergli aspetti tecnici del progetto ma anche per lo sforzopolitico dei dirigenti delle acciaierie, si infrange infattiproprio nelle fasi di realizzazione dello stesso durantele quali gli abitanti del quartiere vengono esclusi dalcontrollo economico dei terreni e del cantiere stesso de-terminando l’apertura di un nuovo conflitto politico cheporta i sindacati a stracciare l’accordo con i dirigentidell’azienda e l’amministrazione di sinistra a proseguirela sua lotta ideologica contro la fabbrica causando, difatto, il fallimento del progetto ma anche la formazionedi un fronte critico verso le retoriche sulle quali De Carloaveva fondato l’intero processo progettuale. Ad esseremesse in dubbio sono le reali ricadute del coinvolgi-mento degli abitanti sul processo progettuale e quellache si costruisce è una diversa storia del Villaggio: unastoria nella quale la ricchezza formale delle abitazioni edegli spazi pubblici e le diversità morfologiche che sem-bravano davvero essere il prodotto di un processo deci-sionale democratico e plurale risultano non solo troppodeboli, ma anche false, perché già scritte nei sei puntiche l’architetto genovese aveva stilato come obiettivi dimassima da raggiungere (Schlimme; 2004). Tuttavia, al di là della fondatezza o meno di questa cri-tica, il fallimento dell’esperienza di Terni e il dibattito svi-luppatosi attorno ad esso negli anni immediatamentesuccessivi alla vicenda divengono sintomi della presa

83

04_centrali DEMOCRATIZZ_Layout 1 25/02/13 08.59 Pagina 83

Page 77: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

di coscienza dei limiti del modello d’atteggiamento ideo-logico e dell’idea di democratizzazione ad esso corre-lata. Di una consapevolezza che, negli anni successivi,conduce ad una nuova definizione dell’idea maggior-mente rivolta alla sperimentazione di processi attentialla definizione di migliori modalità interattive e relazio-nali di gestione del conflitto, nei quali il carattere prag-matico assume un ruolo sempre più rilevante.Il panorama italiano, in particolare, si avvicina molto aquello anglosassone nel quale movimenti come il Com-munity Architecture in Gran Bretagna, la Social Architec-ture e l’Advocacy Planning negli Stati Uniti11 non a casoaffondano le loro radici nelle esperienze delle self-helpcommunity condotte già a partire dagli anni cinquantanei paesi del Terzo Mondo. In contesti nei quali, comeevidenziato da Balducci, la scarsità delle risorse econo-miche locali rende necessario studiare politiche abita-tive basate sull’utilizzo di risorse locali e sulriconoscimento dei valori, oltre che dei problemi, con-nessi a questo mondo, ma nei quali, esattamente comesta avvenendo in Occidente, l’obiettivo principale rimanequello di dare una risposta all’inadeguatezza dei progettisenza rischio proposti dalla cultura auto-referenziale.Con una significativa dilatazione dell’area del dibattito,a nord e a sud del mondo il tema comune emergentediventa quello di rappresentare i reali bisogni della po-polazione; di ridurre le ragioni e le origini della separa-zione tra progettisti e fruitori che, di fatto, avevanocausato il fallimento delle politiche pubbliche, soprat-tutto di quelle relative alla questione abitativa (Balducci;1996). Sotto diverse forme, si diffonde cioè un puntodi vista che, pur sotto differenti sfaccettature, ha comecostante la fiducia nella democratizzazione dei processidecisionali come mezzo attraverso il quale trasformarenon solo l’ambiente ma anche gli stili di vita, rico-struendo il tessuto sociale e le comunità che per moltigran parte degli interventi paternalistici del dopoguerraavevano distrutto (Jacobs; 1961). L’attenzione rivoltaverso oggetti senza rischio inizia ad essere superata a

favore di quella per attaccamenti a rischio e la pienautilizzazione di tutte le risorse analitiche e progettualidepositate nell’esperienza quotidiana degli abitanti di-venta la condizione imprescindibile di rinnovati processidecisionali e di nuove metodologie progettuali per lequali il ruolo della ricerca diviene centrale. In Egitto Hassan Fathy lavora alla costruzione di un’ar-chitettura per i poveri mirando al miglioramento deglistandard di vita nelle aree rurali attraverso la collabo-razione con gli abitanti delle stesse e insegnando lorocome costruire con materiali e tecniche locali; in Malied in Nigeria Fabrizio Carola prova a proporre progetti-modello di autosviluppo fondati su uno scambio cultu-rale tra pari capace di produrre architetture dense disignificati, appropriate al contesto e appropriabili dallepopolazioni locali [Link_Tecnologia] mentre in India Bal-kirishna Doshi, ispirandosi ai modi di vita propri dellebaraccopoli locali, abbandona la moderna suddivisionea reticolo delle città, a suo avviso completamente scol-legata dalle consuetudini comuni, a favore di un’idea diedilizia abitativa intesa come processo e non come pro-dotto12. Per Doshi, in particolare, il problema è chiaro: i quartierimoderni sono inospitali perché rigidi, sconnessi dal con-testo e progettati senza comprendere lo stile di vita degliabitanti. Tutte questioni superabili solo mediante unanuova idea di democratizzazione e di progetto. Nella de-finizione di modelli di edilizia popolare alternativa a In-dore, per esempio, egli capovolge i principi generatoridei modelli moderni di città cogliendo invece i vantaggidelle aree residenziali degradate definitesi spontanea-mente: grazie alla stretta collaborazione di un team mul-tidisciplinare, il progettista indiano delinea unmasterplan completamente basato sulle richieste degliabitanti dimostrando che, nonostante i vincoli econo-mici, può essere possibile dar vita ad un ambiente vis-suto e piacevole, capace di conciliare le esigenzeestetiche a quelle funzionali e di fornire risposte chiaree mirate nelle quali la sfera umana prende fondamen-

11 La definizione negli annisessanta di movimenti quali ilCommunity Architecture in GranBretagna e la Social Architecture el’Advocacy Planning negli StatiUniti rappresenta un’importantesegnale della significativadiffusione del concetto diCommunity Architecture, diun’architettura alternativa allepratiche architettonicheconvenzionali, progettata erealizzata con la partecipazioneattiva dei futuri fruitori. Il concettodi Advocacy Planning, inparticolare, viene introdotto per laprima volta dall’urbanista PaulDavidoff in un articolo pubblicatosul ‘Journal of the AmericanInstitute of Planners’ nel 1965,mentre le fondamenta delCommunity Architecture Movementvengono gettate dal progetto per laBlack Road Area sviluppato sottola guida dell’architetto britannicoRod Hackney come reazione allepolitiche governative di ri-localizzazione e sviluppo. Cfr. G.Towers; Building democracy; UCLPress; Londra; 1995 12 Balkrishna Doshi è un architettoindiano. Riconosciuto, fin daglianni sessanta, come una delleprincipali figure dell’architetturamoderna, oggi viene consideratoda alcuni critici come JamesSteele uno dei pionieridell’architettura sostenibile per lasua ricerca del sincretismo fracultura occidentale e culturaorientale, tra tecnologie sviluppatee valori locali, tra i principi delMovimento Moderno e la realtàelementare del costruire in unpaese in via di sviluppo. Nel

84

04_centrali DEMOCRATIZZ_Layout 1 25/02/13 08.59 Pagina 84

Page 78: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

tale importanza. Non tanto attraverso un progetto fun-zionale, quanto attraverso una visione socialmente qua-lificata nella quale il concetto di self-help, diauto-sviluppo diventa centrale. Oltre a coinvolgere la po-polazione nella definizione del piano, Doshi infatti, inquesto caso, progetta un’unità abitativa di base pensataper crescere in modo incrementale: per ogni casa ven-gono realizzati tutti i servizi - le tubazioni, il bagno e lacucina - e una stanza poi, senza alcuna regola, gli abi-tanti hanno la possibilità di espandere la propria unitàaggiungendo delle stanze separate o aprendo un’attivitàcommerciale o artigianale in funzione delle loro esi-genze. L’idea di democratizzazione dei processi decisio-nali non è più uno strumento attraverso il quale educaregli abitanti e dar loro la possibilità di scegliere una so-luzione fra tante, ma un mezzo con cui stimolarne la li-bertà del costruire e la variazione della forma mentre lasequenza spaziale definita dall’architetto continua a ga-rantire la coerenza e l’identità del sito. Secondo unpunto di vista che, se si diffonde in modo significativonei paesi in via di sviluppo, trova adesione anche in Eu-ropa dove, già verso la fine degli anni settanta, architetticome Lucien Kroll e lo stesso Ralph Erskine si avvici-nano ad un atteggiamento decisamente più pragmaticoche ideologico.Sebbene ancora ispirato ai principi anarchico-liberaliche orientano la posizione ideologica, Kroll, per esem-pio, viene mosso soprattutto dalla pragmatica necessitàdi rendere efficienti e vivibili luoghi dimostratesi inadattied inospitali a causa del loro astrattismo e della lorototale indifferenza verso i contesti sociali ed antropolo-gici, mentre il collega inglese - ancora diviso fra la vo-lontà creativa e l’essere utile - inizia a parlare dellaforma come di un bene primario capace di concorrerealla reintegrazione sociale della personalità di ciascuno.Nel progettare nuovi quartieri, entrambi i progettisti mi-rano cioè alla crescita dell’uomo sociale (Collymore;1982), ad un’architettura ancora funzionale, ma soprat-tutto significante per le persone che la faranno vivere,

usandola e modificandola col modificarsi delle condi-zioni esistenziali di ognuno. Il compito dell’architetturadiviene cioè quello di rendere possibile ciò che gli abi-tanti vorrebbero se fossero liberi di scegliere, se potes-sero generare il proprio ambiente in autonomia e, perfar questo, è chiamata ad assumere un metodo liberta-rio, più pragmatico che ideologico, ritenuto capace dirifare il mondo ogni giorno, riorganizzare e riadattarel’ambiente a partire dal piccolo gusto quotidiano (Kroll;2001). In questo senso, nel recupero della ZUP di Perseigne adAleçon Kroll, chiamato dagli abitanti in rivolta contro laloro condizione urbana, attiva un processo di collabo-razione molto stretta con gli stessi sia nelle fasi di studioe conoscenza del luogo, sia nelle fasi successive di ela-borazione del progetto, ottenendo come risultato unpaesaggio composito, totale espressione della quotidia-nità e della conoscenza popolare del luogo. Incaricatodi coordinare il progetto di riqualificazione del quartiereperiferico, a completamento di indagini già svolte pre-cedentemente dal sociologo Arlindo Stephani e dall’ur-banista Jean-Jaques Argensos, l’architetto belga nonadotta una strategia partecipativa strutturata, come DeCarlo, ma si cala nella vita del quartiere, assumendo ilpunto di vista di un osservatore partecipante e metten-dosi in contatto sia sul piano comunicativo che suquello emotivo con gli abitanti con l’obiettivo di indivi-duare tutti gli stimoli e le esigenze non esprimibili informa razionale ma che, proprio perché legati alla partepiù densa e profonda della psiche, potrebbero avere unpeso prioritario nella formazione di un ambiente in cuil’uomo possa riconoscersi recuperando, senza nostalgiestilistiche, gli istinti, le tradizioni, i dialetti.Un metodo piuttosto radicale, ma derivato dalla convin-zione che il paesaggio urbano debba essere prodotto,prima di tutto dall’azione antropica e spontanea del-l’abitante, secondo un approccio che, ancora una volta,sembrerebbe rientrare nel dibattito filosofico che neglistessi anni si sta conducendo attorno alla necessità di

1978, in particolare, Doshi crea lafondazione V stu Shilp con laquale avvia una nuova ricercasull’edilizia residenziale,sull’urbanistica e sullo studio disoluzioni costruttive a basso costofondata sull’idea che l’ediliziaabitativa non debba più esserevista come un prodotto quantopiuttosto come un processocondiviso anziché imposto, capacedi consentire a chi vi abita diappropriarsi del proprio habitat.Cfr. W.J.R. Curtis; Balkrishna Doshi.An architecture for India; Mapin;Ahmedabad 1988.

85

04_centrali DEMOCRATIZZ_Layout 1 25/02/13 08.59 Pagina 85

Page 79: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

liberare la scienza dai razionalismi del secolo prece-dente (Abbagnano; 1996). Il filosofo Paul Feyeraben, in particolare, aveva iniziatoad esprimere il suo rifiuto verso l’epistemologia razio-nalistico-metodologica a favore di un approccio forte-mente pragmatico allo studio della scienza. Unapproccio capace di mettere in guardia dal metodo pre-costruito per cogliere, invece, la rilevanza del progressoscientifico in base alle ricadute sul tessuto sociale e sulcontesto politico con l’obiettivo di garantire il supera-mento dei conflitti e l’emancipazione sociale e di pro-durre teorie efficaci piuttosto che vere. In ambito filosofico, così come in quello architettonico,verso la fine degli anni settanta si iniziano cioè a deli-neare i caratteri di un pluralismo anti-autoritario, nelquale l’anarchismo costruisce il presupposto culturaleper una società aperta nella quale le teorie scientifichee non sono chiamate a dialogare per accrescere le cul-ture del mondo, rinunciando a una sterile e inutile com-petizione (Feyeraben; 1979). In cui l’approccio el’apprendimento reciproco diventano due elementi no-dali della prassi di democratizzazione messa in atto, lacui sfida sta nel coordinare la pluralità delle posizionimesse in campo attraverso un confronto diretto e co-stante nel quale l’architetto è tenuto a mettere da partele competenze tecniche, i propri narcisismi e i proprischemi autoritari per dar voce alla pluralità delle posi-zioni emergenti nell’area di intervento. Attraverso un pro-cesso progettuale in cui ogni contributo è chiamato aconfrontarsi sullo stesso piano all’interno di una mede-sima arena, sottoponendo le proprie scelte al controlloed al giudizio degli altri, attraverso scambi deliberativianche in situazioni di conflitto. Non solo. Uno degli aspetti più interessanti di espe-rienze come quelle del recupero della ZUP di Perseigneprogettato ad Alençon da Kroll o del nuovo sviluppo delquartiere di Byker a Newcastle upon Tyne elaborato daErskine è certamente la scelta dei rispettivi progettistidi valorizzare nell’orientamento specifico del lavoro pro-

gettuale e nelle retoriche sulle quali esso si fonda le re-lazioni piuttosto che l’oggetto. Una diversa idea di de-mocratizzazione amplia cioè il campo d’attenzione nonlimitandolo più ai singoli oggetti architettonici, maespandendolo agli spazi pubblici. Le pavimentazioni, lerecinzioni, la sistemazione paesaggistica, le zone aperteal di sotto degli edifici o fra i gruppi di costruzioni -anche se realizzati in modo semplice e mediato - ven-gono studiati attentamente come percorsi socializzantiatti a generare relazioni con e fra gli abitanti pensati ap-punto soprattutto come esseri sociali. Con un atteggiamento che rispecchia, ancora una volta,un sentimento diffuso tra i progettisti e non. Basti pen-sare, fra le altre, alla pubblicazione negli stessi anni set-tanta dell’Ecologia della mente di Bateson (Bateson;1972). L’emergente consapevolezza rispetto alla com-plessità della società inizia cioè a spingere alcuni pro-gettisti a rinnovare e modificare il proprio metodoprogettuale secondo la matrice culturale e filosofica delpragmatismo americano e in particolare a consideraregli abitanti - le loro esperienze, la loro complessità e iloro conflitti - una risorsa sociale non solo per compren-dere meglio il mondo, ma anche per trasformarlo. E, adifferenza di quanto avvenuto nei decenni precedenti,in molte occasioni progettuali di questi anni, la meto-dologia di ricerca proposta inizia a discostarsi profon-damente dalla neutralità e dall’indifferenza dellesemplici tecniche applicative, portando, al contrario, alladefinizione di un processo progettuale non più educativoma esplorativo caratterizzato da un’apertura alla comu-nicazione, alla tolleranza e alla prontezza a riconoscereil proprio errore e a comprendere le idee degli altri senzaimporre le proprie. Figure come Kroll portano cioè all’emergere di un puntodi vista che, avvicinandosi al superamento della dico-tomia fra Scienza e società auspicato da Latour, avanzauna via diversa dall’idealismo per spingersi oltre la pre-sunta contraddizione fra oggetti e soggetti, una via nellaquale, emancipatesi del loro compito di epistemologia

86

04_centrali DEMOCRATIZZ_Layout 1 25/02/13 08.59 Pagina 86

Page 80: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

politica, le discipline scientifiche sono chiamate a con-frontarsi con la ricerca e con le scienze e a moltiplicarela definizione di aule, arene, istituzioni, fori, esperienze,dimostrazioni, laboratori all’interno dei quali diversi in-teressi si possano associare per lavorare al problemadella composizione del mondo comune. La perdita di autorità trova un compenso nella possibi-lità di esplorare in comune quello che è un menbro le-gittimo del collettivo, con la definizione di un metodo dicoesistenza basato sulla sperimentazione collettiva,sulla discussione libera e sulla pluralità e portatore diun’idea più profonda e reale di democratizzazione che,già all’inizio degli anni ottanta, inizia ad interessareanche le istituzioni.

La mediazione. Trascrizioni istituzionali.

L’atteggiamento fortemente anarchico e poco strutturatosul piano procedurale proposto dall’approccio pragma-tico all’idea di democratizzazione e la definizione delpotere di controllo come di ciò che deve restare indi-pendente sia dai politici che dagli scienziati non offretuttavia agli attori istituzionali più garanzie di quelle of-ferte dall’approccio ideologico. Motivo per il quale in-terventi come quelli proposti da Kroll non hanno esitodiverso rispetto all’operazione di Terni. Ad Alençon, in particolare, le istituzioni locali - piuttostoscettiche in tema di pratiche di democratizzazione - de-cidono di incaricare un tecnico dell’amministrazionedella supervisione del lavoro di equipe diretto da Krolle nonostante la decisione iniziale di realizzare un settoredel complesso progettato dall’architetto belga comeprototipo dell’intera operazione sul quale in seguito im-postare principi di sviluppo, soluzioni architettoniche emetodi di democratizzazione del governo, questa, neglianni successivi, resta solo una promessa. Vista la nettaopposizione del consiglio locale, il prototipo è infattil’unica parte che il progettista riesce a realizzare, mentrel’ottanta per cento dell’area rimane come prima del suo

intervento: i costi di un’operazione così radicale e com-plessa per le istituzioni risultano troppo elevati e il tipodi ascolto proposto a tutti gli abitanti, assolutamenteaperto e trasparente, viene ritenuto dannoso per l’ope-rato politico. Tuttavia, analizzando le esperienze di progettisti comeappunto Fabrizio Carola e Balkrishna Doshi, ma anchecome Peter Hübner13, si può constatare che, almeno inambito architettonico, gli anni ottanta - successivi alladiffusione sia dell’approccio ideologico che di quellopragmatico all’idea di democratizzazione - non sono ca-ratterizzati dalla cosiddetta sindrome Nimby descrittada Fareri come caratteristica di quello che lui definisceil secondo ciclo di partecipazione, ma da alcune espe-rienze che, contrariamente alle aspettative generate dalfallimento di molte operazioni del decennio precedente,iniziano a mettere in evidenza un nuovo atteggiamentodelle istituzioni e l’importanza sempre maggiore attri-buita dalle stesse agli abitanti, inoltrandoci quindi di-rettamente in quella che per l’urbanista milaneserappresenta una terza fase (Fareri; 2004).Una fase nella quale il progressivo e travagliato pro-cesso di convergenza delle due arene decisionali dellescienze e della società e di democratizzazione dei pro-cessi decisionali inizia ad essere rivalutato fino ad es-sere inteso come:

contromisura, come tentativo da parte degliattori istituzionali di affrontare i problemi didecisionalità e di efficacia generati nel pe-riodo precedente […] il coinvolgimento degliabitanti diventa condizione per internalizzarenelle politiche obiettivi e conoscenze di at-tori che erano ieri scambiati per deboli e siriconoscono oggi forti, per generare progettimigliori e condivisi, enfatizzando la rilevanzadel contesto come importante condizioneper aumentare la capacità di decidere.

(Fareri; 2004)

13 Peter Hübner è un architettotedesco. Dopo aver iniziato la suacarriera come progettista di edificiprefabbricati, egli divieneprofessore all’Università diStoccarda dove, in collaborazionecon Peter Sulzer, intraprende unaserie di esperimenti progettualiincentrati sul tema dellapartecipazione destinati acambiare il corso della suaarchitettura. Nei primi anni ottantaegli progetta e realizza insieme aglistudenti il Bauhäusle, un ostellotemporaneo, definendo unatteggiamento progettualeinterattivo che nei decennisuccessivi sviluppa nellaprogettazione di alcuni circoligiovanili in quartieri disagiati dellacittà di Stoccarda e, soprattutto, dialcune scuole. Per Hübner iprocessi di democratizzazione nonsolo responsabilizzano chi vipartecipa ma offrono agli abitantil’opportunità di vivere in unambiente realizzato in mododiverso, dove questi possonorispecchiare più facilmente il lorovissuto. Cfr. P. Hübner; PeterHübner: building as a socialprocess; Axel Menges; Stoccarda-Londra; 2007.

87

04_centrali DEMOCRATIZZ_Layout 1 25/02/13 08.59 Pagina 87

Page 81: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

Tanto da coinvolgere anche architetti della fama diRenzo Piano - il cui lavoro già in questi anni non ha certobisogno di legittimazione nel confronto con gli abitanti- ed istituzioni come l’UNESCO. Nel laboratorio di quartiere organizzato ad Otranto, inparticolare, l’architetto e l’amministrazione utilizzano ilpercorso partecipativo come strumento di appropria-zione attraverso il quale far rinascere l’orgoglio di viverenella città antica. Secondo un punto di vista certamenteparagonabile alla posizione di architetti operanti neipaesi in via di sviluppo, come Fathy e Carola, ma arric-chito dall’appoggio delle istituzioni. Mentre, Carola inMali, così come in Nigeria, lavora scontrandosi con au-torità locali e membri delle Organizzazioni Non Gover-native mossi da uno spirito non troppo diverso da quellodei dirigenti coloniali che li avevano preceduti (Contal,Revedin; 2009), ad Otranto sono le stesse istituzioni adincentivare il processo di democratizzazione comemezzo a loro favore stimolando un’esperienza che, seb-bene modesta sia per dimensioni che per durata, rap-presenta un’operazione estremamente importante nelladefinizione di un’ulteriore sfaccettatura dell’idea di de-mocratizzazione.Incaricato appunto dall’UNESCO, in questo caso, il pro-gettista genovese, fortemente influenzato dalla figura diDe Carlo (Piano. Cit. in De Seta; 2000), va infatti oltrequanto proposto dal maestro facendo riferimento nonsolo all’architettura come ad un servizio per la comunitào come ad un progetto di convivenza ma anche comearte contaminata, processo in continua evoluzione(Piano; 2005) avvicinandosi così alla definizione di at-taccamenti a rischio fornita da Latour.Il laboratorio itinerante pensato da Piano - fisicamenteuna sorta di cubo con una tenda di copertura - può es-sere spostato e modificato in base alle funzioni che devesvolgere trasformandosi in un vero e proprio luogo di in-contro per la popolazione che, sotto la struttura dellatenda, può per esempio discutere sulle proposte da at-tuare sul quartiere o avere delle consulenze rispetto ai

lavori di manutenzione ordinaria della propria abita-zione. In questo modo gli abitanti vengono coinvolti nellediverse fasi del progetto di riqualificazione e recuperodel centro storico: dalla diagnostica alla progettazione,dal laboratorio operativo alla memorizzazione, tutte leattività li coinvolgono mettendo così in gioco la parteci-pazione, la comunicazione delle azioni progettuali el’arte dell’ascolto.Secondo una prospettiva nella quale la conoscenzadella storia clinica e non solo dei sintomi di un luogodiventano centrali, trasformando la figura del progettistain quella di un architetto condotto aperto alla collabo-razione sia con i cittadini che con tutti i professionistiraccolti intorno al progetto.Spostando l’interesse dalla Scienza alle scienze, adOtranto, per esempio, Piano gestisce l’intera esperienzainsieme a diversi collaboratori di altissimo livello: l’im-presa di Gianfranco Dioguardi che gestisce i lavori; ilgiornalista Mario Fazio che aiuta l’architetto ad impo-stare la metodologia del processo partecipativo; il regi-sta Giulio Macchi che cura la raccolta dei resoconti distoria orale; il fotografo Gianni Berengo Gardin che sioccupa di documentare le varie fasi del progetto eMagda Arduini che predispone i testi per i film. Oltre aicittadini.La necessità di garantire attraverso un sistema di regolela correttezza del gioco e l’obiettivo sempre più chiarodi trattare la conflittualità come un valore generano cioèprogressivamente un ampliamento del team progettualecontribuendo a sviluppare un processo di trasforma-zione dell’idea di democratizzazione che, sempre piùlontana dall’immagine definita dalla figura di De Carlo,sembra prima di tutto porre nuove domande all’esperto.Richiedendo, anche a livello istituzionale, che il prodottoarchitettonico non derivi più solo dalla descrizionescientifica della cultura e della società studiate dall’ar-chitetto, ma diventi il risultato di una negoziazione di si-gnificati che si svolge nelle mutevoli contingenze dellavoro sul campo, tra le personalità, il bagaglio culturale

88

04_centrali DEMOCRATIZZ_Layout 1 25/02/13 08.59 Pagina 88

Page 82: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

e i ruoli assunti dall’architetto e le diverse personalità ebagagli e ruoli degli interlocutori con cui entra in rela-zione (Nicolin; 2011). L’esperienza di Otranto rappresenta infatti un modellod’atteggiamento, sia per i progettisti che per le istitu-zioni, destinato a diffondersi nei decenni successivi.Significativa, in questo senso, è, per esempio, la storiadella scuola-villaggio di Gelsenkirchen in Germania. Lasituazione in questo ex-quartiere industriale della Ruhrera particolarmente complessa: nato attorno ad una mi-niera di carbone verso la fine dell’Ottocento, esso si eraespanso grazie all’arrivo di molti lavoratori turchi neglianni sessanta, rimasti tutti disoccupati vent’anni dopo,alla chiusura della miniera, creando una forte situazionedi degrado in tutta l’area: non conoscendo il tedesco,infatti, molti ragazzi avevano difficoltà ad evitare il circolovizioso della povertà prima e della depredazione dopo.Preso atto della situazione critica, la chiesa protestante- che procura scuole in Germania come quella angli-cana le procura in Inghilterra - pensa di indire un con-corso per la realizzazione di una scuola multi-culturale,chiamata a diventare un catalizzatore per un nuovo svi-luppo del quartiere. Un concorso che Peter Hübner e ilsuo studio vincono grazie ad un racconto che l’archi-tetto, incapace di pensare ad una progettazione com-pletamente definita dell’edificio, allega ad un suoschizzo. In particolare, narrando la storia di un fruitoreimmaginario, il progettista spiega come progetterebbela scuola e cosa succederebbe al suo interno: gli allieviprogetterebbero le classi attraverso disegni e plastici;dei professionisti ne realizzerebbero le fondamenta perpoi coordinare insegnanti, studenti e altri volontari delpaese nella realizzazione della struttura in legno; il tettoverde sarebbe costruito mediante una catena umanache trasporterebbe la terra sui tetti e, una volta termi-nato l’edificio, ogni classe si occuperebbe della manu-tenzione di una delle sue parti.A far vincere il progetto di Hübner non sono cioè tantole indicazioni formali o funzionali relative all’edifico,

quanto l’ideazione di un processo alternativo di costru-zione, gestione e manutenzione dello stesso nell’ambitodel quale ad essere considerate fondamentali sono leconseguenze e le ricadute. L’istituzione sceglie cioèquasi all’unanimità di scommettere sul processo di de-mocratizzazione come mezzo con il quale non solo rea-lizzare l’edificio ma provare a risolvere i profondi conflittisociali presenti nell’area, influenzando gli stili di vita deisuoi abitanti. Con la definizione di un punto di vista in cui il ruolo delprogettista viene ancora una volta ridefinito con la co-struzione di nuove figure professionali, chiamate a me-diare e a gestire il processo più che a predisporresoluzioni. Sia dal livello istituzionale, che dalle istanzeprovenienti dal basso.Se infatti oggi il primo ciclo di democratizzazione - ali-mentato da un approccio ideologico - appare definiti-vamente chiuso almeno nelle intenzioni, lo scenarioattuale sembra caratterizzato dalla permanenza in varieforme dei due cicli successivi e dall’apertura di unquarto ciclo che si affianca ai precedenti, presentandotuttavia specificità diverse. Da un lato, come sottolineaLuigi Bobbio14, la richiesta di democratizzazione dei pro-cessi decisionali viene avanzata dalle istituzioni conl’obiettivo di risanare quel gap culturale e ideologicosempre più evidente fra i cittadini e il sistema politico-rappresentativo: le amministrazioni danno cioè vita aprocessi partecipativi perché si rendono conto che leistituzioni della democrazia rappresentativa sono spessoinsufficienti; perché si trovano di fronte a una societàcivile reattiva che insorge quando si profilano sceltepubbliche che vengono percepite come minacciose;perché capiscono che il rattrappimento dei partiti politiciha aperto un vuoto che va colmato o perché hannospesso a che fare con politiche pubbliche che possonoessere concretamente realizzate solo se si verifica uncontributo attivo da parte dei cittadini destinatari (Bob-bio; 2007).Dall’altro, si sta tornando prepotentemente ad una mo-

14 Luigi Bobbio è autore ericercatore di scienze politichepresso l’Università di Torino.Esperto di analisi delle politichepubbliche, Bobbio ha come propriinteressi di ricerca temistrettamente correlati all’idea didemocratizzazione: la democraziadeliberativa; i processi consensualiper la risoluzione di conflittiambientali e territoriali; le politicheterritoriali contrattualizzate; igoverni locali e la multi-levelgovernance. Cfr. L. Bobbio;Amministrare con i cittadini;Rubettino; Soveria Mannelli;2007.

89

04_centrali DEMOCRATIZZ_Layout 1 25/02/13 08.59 Pagina 89

Page 83: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

bilitazione dal basso ideologicamente connotata, manell’ambito di un’idea di politicità che è completamentediversa da quella dei movimenti degli anni settanta.Come allora e diversamente dai cicli seguenti, questeforme di mobilitazione sono capaci di esprimere unaforte progettualità, ma non chiedono ad altri di fornirerisposte: fanno da sole. E mentre fanno denunciano pro-prio l’assenza delle istituzioni, senza tuttavia rifiutare ilcontributo delle competenze tecniche che spesso, in-vece, vengono mobilitate in varie forme.Abbandonato l’aspetto puramente ideologico e grazieanche all’emergere sempre più insistente del dibattitosulla sostenibilità - per il quale, come abbiamo già detto[Link_La storia della sostenibilità in architettura], la ri-levata insostenibilità dello sviluppo non deriva solo dallacrisi dei sistemi ambientali e delle reti ecologiche, maanche da una progressiva riduzione della complessitàdel territorio e del tessuto urbano che continua adestendersi come mera espressione delle reti economi-che e funzionali - oggi il tema della definizione di stra-tegie progettuali capaci di gestire realmente il territorioe tutti i conflitti presenti al suo interno e di stimolarnelo sviluppo torna ad essere assolutamente centralenella definizione dell’idea di democratizzazione. Ancheper punti di vista distanti e contrastanti.

Il processo di empowerment. Declinazioni sociali.

Con il complessificarsi del dibattito sull’idea di sosteni-bilità [Link_La storia della sostenibilità in architettura],gli anni novanta vedono quindi diffondersi la consape-volezza circa il carattere integrato e interdipendentedelle sfide avanzate dalla questione ecologica (Ingersoll;2009) e il netto contrasto di quest’ultimo con le istitu-zioni esistenti, spesso rivolte all’indipendenza, alla fram-mentarietà e ad operare sulla scorta di mandati dicarattere limitato, secondo una prospettiva specialisticae settoriale che inizia ad essere considerata come un

limite da superare dalle stesse istituzioni internazionali. In questo senso, la Conferenza Internazionale di Riopone l’accento su temi quali la collaborazione interdi-sciplinare e la partecipazione dei cittadini ai processidecisionali per affrontare i problemi ambientali, descri-vendo la sostenibilità come un processo locale creativovolto a raggiungere l’equilibrio che abbraccia tutti icampi del processo decisionale locale la Carta di Aal-borg introduce la negoziazione come metodo di risolu-zione dei problemi, mentre nell’autunno del 1997 aKyoto politici e scienziati provenienti da tutto il mondovengono riuniti in un unico collettivo per valutare lo statodel pianeta ed individuare comportamenti ed obiettiviin grado di conservarne le qualità [Link_La storia dellasostenibilità in architettura]. L’idea di attendere che unsupplemento di indagine scientifica venga a porre finea diatribe ed incertezze attraverso la definizione di fattiincontrovertibili su cui fondare le decisioni politiche, ini-zia cioè ad essere in parte sostituita da quella di consi-derare l’incertezza come l’ingrediente inevitabile nonsolo delle crisi ecologiche ma anche del percorso pro-gettuale con la definizione di una prospettiva all’internodella quale l’irruzione delle controversie scientifichesulla scena pubblica non dimostra che sia passati daifatti indiscutibili a finzioni senza fondamento, quantopiuttosto che la distinzione tra l’interno e l’esterno dellediscipline, tra assemblea scientifica e assemblea so-ciale, nonché tra ruoli degli attori debba essere postain forte discussione legando le scienze ad un’idea po-sitiva della nozione di controversia. Lungi dal sospendere la discussione con dei fatti, l’eco-logia politica evidenzia il dubbio sulla fedeltà della rap-presentazione scientifica rendendo lo scambio fraspecialisti e fra specialisti e non-specialisti non solo au-spicabile, ma necessario per riempire il collettivo di es-seri dotati di volontà, di libertà, di parola e di esistenzareali.E in questo senso, negli ultimi decenni esperienze comequelle condotte da progettisti anche molto differenti fra

90

04_centrali DEMOCRATIZZ_Layout 1 25/02/13 08.59 Pagina 90

Page 84: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

loro come, per esempio, Alejandro Aravena15 e GiancarloMazzanti16 in Sud America o Carin Smuts17 e DiébédoFrancis Kéré18 in Africa mostrano, in particolare, l’intro-duzione di forme di progettazione flessibili e adattabilial contesto in cui operano, orientate non tanto ad unarapida risoluzione delle problematiche rilevate, quanto adavviare un processo maieutico con gli attori delle trasfor-mazioni. Un processo volto a sviluppare le loro capacità diespressione e attivare un reciproco scambio di conoscenza,necessario alla definizione di soluzioni più efficaci e duraturenel tempo. Con la determinazione di un nuovo punto di vistasecondo il quale l’idea di democratizzazione supera la ridu-zione al concetto di auto-costruzione - che rischiava di di-ventare oppressivo - per definire come questione centraledel tema quella del controllo del potere decisionale, con-cretizzando le affermazioni avanzate da Turner già nel 1976. Fondato nello stesso anno in cui Frederik De Klerk -nuovo presidente della repubblica sudafricana - ha ini-ziato la lunga marcia che nel 1994 pone finalmente fineall’apartheid, lo studio di Carin Smuts, per esempio, la-vora costantemente per le comunità nere, escluse dallosviluppo e private della loro cultura tradizionale, conl’obiettivo di rinnovare le township. Edifici d’abitazionea basso costo, magazzini, scuole, centri d’arte, sale po-livalenti vengono progettati e realizzati a partire daun’immersione nei problemi sociali, sanitari e razzialidel Sudafrica mediante la definizione di un metodo pro-fondamente ancorato nel terreno storico dell’apartheide modellato dall’impegno quotidiano con la gente. L’at-tenzione della progettista sudafricana non si rivolge cioètanto alla forma architettonica quanto all’organizzazionedel processo di progettazione e costruzione attraversoil quale, a suo avviso, l’architetto deve farsi inventore diun microsviluppo capace di modernizzare e restituire unfuturo ai quartieri più poveri del suo paese. Secondo unmodello di atteggiamento per cui l’architettura è azionesociale e il vero elemento sostenibile è la popolazione,non la struttura. A Karoo, per esempio, il sito per la realizzazione del Cen-

tro Multifunzionale Dawid Klaaste viene scelto attraversouna commissione di gestione del progetto composta damembri della comunità, del consiglio comunale e dellaregione e l’idea progettuale matura nel corso di seminaricollettivi che affrontano argomenti assolutamente diversiquali il ricco habitat locale, il ricordo delle alluvioni del1981, la storia locale del ‘grillo gigante’, il ruolo del mu-lino a vento e del treno nella storia e nell’immaginariodel paese. A partire da queste discussioni poi la Smutsdecide di costruire il centro mediante la trasformazionedei capannoni di lamiera e del mulino a vento già pre-senti sul luogo prescelto e di trasformare un vecchio va-gone merci in ristorante. I vecchi tetti vengono riutilizzatiper i rivestimenti verticali e il centro viene dipinto inrosso brillante in ricordo delle vittime dell’alluvione del1981; i capannoni vengono abbelliti da arnesi agricolirecuperati sul posto e dai lavori in ferro battuto preparatidagli artigiani locali, mirando così alla definizione diun’architettura decisamente figurativa e significante,perché capace di svolgere un ruolo forte sia in terminidi identificazione che di formazione. Se cioè per diversi decenni si era pensato che il pro-cesso di generazione del senso di appartenenza ai luo-ghi dovesse essere attribuito al diretto coinvolgimentodegli abitanti nella progettazione e nella costruzionedegli edifici - e quindi alla difesa del loro personale pro-dotto creativo e delle loro idee - intorno agli anni no-vanta gli stessi architetti che avevano lavorato conquesta convinzione iniziano a credere che esso sia so-prattutto dovuto alla forza degli edifici stessi di svilup-pare un proprio racconto, portando traccia di un’idea edi un processo di progettazione e costruzione forte ca-pace di essere fatta propria anche da chi non vi ha par-tecipato direttamente. Il passaggio da oggetti senzarischio a attaccamenti a rischio richiede cioè al progettodi divenire sensibile alle differenze e di raccontare an-ziché cortocircuitare. In questo senso, dopo prime esperienze fortemente in-centrate sul tema dell’auto-costruzione, Peter Hübner

15 Alejandro Aravena è un giovanearchitetto cileno che nel 2000 hafondato, con l’ingegnere AndrèsIacobelli e l’architetto Pablo Allard,Elemental Team, una squadra chelavora sia come studio diarchitettura che come ufficio diedilizia pubblica e centro di ricercasull’impoverimento urbano conl’obiettivo di contribuire, attraversoun’ingegneria ed un’architetturad’avanguardia, a migliorare laqualità della vita in Cile. Seguendoil principio di fare il mas con lomismo lo studio ha elaborato unatipologia abitativa aperta per ladefinizione della quale ilcoinvolgimento diretto degliabitanti è condizioneimprescindibile. Cfr. Aravena; A.Aravena. Progettare e costruire;Electa; Milano; 2007.16 Giancarlo Mazzanti è unarchitetto colombiano che lavorada anni per il suo stato e la suacittà, Bogotà. La sua esperienzaprofessionale comprende diversiinterventi pubblici di grande scala,come centri congressi, biblioteche,scuole, parchi e infrastrutture, maanche abitazioni private e socialiche lavorano tutti verso unobiettivo comune: quello dimigliorare le condizioni di vitacostruendo anche la percezionedel cambiamento da parte dellacomunità. Per Mazzanti gli edificidevono diventare un mezzo diinclusione sociale all’interno di unpiù ampio progetto politico in cuil’educazione degli abitanti vieneindividuata come pilastro dellatrasformazione sociale. Cfr. G.Mazzanti; L’architettura nellatrasformazione sociale di Medellin;

91

04_centrali DEMOCRATIZZ_Layout 1 25/02/13 08.59 Pagina 91

Page 85: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

giustifica secondo questa prospettiva il fatto che i nuoviabitanti dei suoi edifici - non ancora nati al momentodella costruzione - continuino ad auto-definirsi comecostruttori degli stessi (Hübner; 2007), mentre le operee gli scritti di architetti come appunto Carin Smuts eFrançis Kéré dimostrano come anche nei paesi del TerzoMondo si stia passando dall’attribuire ai processi di de-mocratizzazione un significato profondamente radicatonella politica coloniale - un’idea cioè mirata al raggiun-gimento di un efficiente governo coloniale attraverso de-cisioni prese dall’alto e implementate dal basso - aduna definizione basata sul concetto di trasformazionedella consapevolezza delle persone come guida versoun processo di auto-realizzazione e di empowerment.Empowerment inteso, secondo la definizione di Cook,come il fattore cruciale che rende lo sviluppo sostenibile(Cook. Cit. in Marschall; 1998). In una prospettiva cheha, ancora una volta, delle implicazioni cruciali per ilruolo dell’architetto e del team professionale. Il fatto di porre questo aspetto come punto focale sol-lecita infatti un’ulteriore ridefinizione dei ruoli che chiedeall’architetto di assumere un impegno diretto non solonella gestione di un processo di interazione, ma anchenella promozione di un’ipotesi di trasformazione e distrutturare un processo intervenendo sui contenuti, co-struendo cornici di riferimento, interpretando i territori,innescando, attraverso la proposizione di scenari, formedi progettazione fondate sull’interazione sociale, tradu-cendo pratiche informali nel linguaggio delle politiche. A Gando, per esempio, Dibedo Françis Kéré fonda il‘Schulbausteine für Gando’, un’associazione nata conl’obiettivo di progettare edifici capaci di sostenere gliabitanti del Burkina Faso nel loro sviluppo. Seguendo ilmotto Aiuta ad aiutarsi l’approccio progettuale di Kéréè completamente rivolto alle persone secondo un puntodi vista per cui occorre costruire per soddisfare un bi-sogno, con materiali locali e tecniche semplici e, aspettopiù importante, per e con gli abitanti. Per il progettistaafricano l’educazione potrebbe essere la pietra angolare

su cui fondare lo sviluppo del proprio paese e per que-sto egli non si limita a fornire il proprio apporto proget-tuale ed a trovare i fondi con i quali costruire unascuola, ma si procura il supporto del governo per l’ad-destramento degli artigiani locali all’utilizzo delle nuovetecniche, assicurandosi che i metodi costruttivi venganoassimilati dalla comunità locale e contando enorme-mente sul forte senso di solidarietà solitamente pre-sente in questi villaggi per il coinvolgimento di tutti i suoiabitanti. E infatti la costruzione della scuola è stata inlarga parte portata a termine grazie al lavoro di uomini,donne e bambini del villaggio che, una volta terminatol’edificio, hanno iniziato a realizzare delle case per gliinsegnanti e un presidio medico seguendo, in modo au-tonomo, gli stessi principi.Il modo in cui la comunità si è organizzata grazie al-l’aiuto di Kéré è cioè diventato un esempio non solo perla comunità stessa, ma anche per i villaggi vicini - alcunidei quali, a loro volta, si sono dotati delle proprie scuolemediante uno sforzo cooperativo - e le autorità stesseche, riconosciuto il valore del progetto, hanno finanziatogli insegnanti e si sono impegnate ad assumere i giovaniaddestrati in questo contesto per la realizzazione di pro-getti pubblici. Trasformando quest’esperienza in una de-nuncia emblematica della richiesta sia da parte deicittadini che da parte delle istituzioni di pensare ai pro-cessi di democratizzazione come reali occasioni di ap-prendimento. Come processi appunto di empowermentcapaci di considerare la complessità dei processi e dicoinvolgere e mettere in tensione una molteplicità dicompetenze, temi e attori diversi per orientare sceltenon solo di natura formale, ma anche politiche, econo-miche e sociali.Secondo un nuovo appello alla democratizzazione deiprocessi decisionali che ha come obiettivo il raggiungi-mento di quel senso di proprietà e di orgoglio che fa sìche l’ampiezza alla quale la comunità si identifica conil progetto determini la probabilità che l’intervento risultipoi riuscito sotto molteplici punti di vista. In una pro-

in ‘Lotus International’, n. 145;marzo 2011; p.24-37. 17 Carin Smuts è un architettosudafricano che da anni lavora inuna sola area e per un solocommittente: gli abitanti dellecomunità nere del Sudafrica. Natain una famiglia di politici edintellettuali - il suo prozio, JanChristiaan Smuts, è uno deifondatori del pensiero olistico - laSmuts consiedera l’architetturacome un mezzo attraverso il qualegli abitanti delle townshipsudafricane possono riassumere ilcontrollo di loro stessi e perquesto lavora con loro per aiutarele cose a ‘maturare’ non tantoattraverso la definizione delprodotto finale quanto mediante ladefinizione del programma diintervento. Per lei l’architetto deveessere un riferimento per unprocesso di microsviluppo che eglistesso deve proporre. Cfr. M. H.Contal, J. Revedin; Progettare laSostenibilità. I maestri di unanuova architettura; EdizioniAmbiente; 2009.18 Figlio di un capo-villaggio delBurkina Faso, Diébédo FrancisKéré è un architetto che, dopoaver studiato in Germania, stalavorando nella sua terra con unapproccio progettualecompletamente rivolto allepersone e mirato all’inclusionedelle competenze tecniche etradizionali culturali del suo paese.Tra i suoi progetti più conosciuti laScuola Primaria in Gando (1998-2001). Cfr. D. F. Kéré; DiébédoFrançis Kéré: fare architettura inAfrica; Foschi; Forlì; 2010

92

04_centrali DEMOCRATIZZ_Layout 1 25/02/13 08.59 Pagina 92

Page 86: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

spettiva in cui il coinvolgimento della comunità non solonello stabilirne le direttive e i compiti, ma anche nel pro-getto e nel processo di gestione e costruzione sembracioè essere la sola strada verso un’architettura diespressione della stessa e di uno sforzo comune.Una prospettiva in funzione della quale l’attenzione deveprogressivamente spostarsi dall’edificio come oggettosenza rischio, prodotto e risultato finale, all’edificiocome processo e il progetto architettonico non deve piùsoddisfare uno scopo preciso o procurare un sempliceservizio, ma - secondo la definizione di attaccamento alrischio - è chiamato al coinvolgimento del maggior nu-mero possibile di membri della comunità - ognuno se-condo i propri interessi e le proprie capacità - in modotale che essi guadagnino più fiducia in loro stessi e quelsenso di affermazione personale necessario affinchéanche un singolo edifico abbia la possibilità di riquali-ficare i propri dintorni, fungendo, in questo modo, davero e proprio motore sociale.La differenza non passa quindi tra la parola e la realtà,come nel modello degli enunciati semplicemente veri ofalsi, ma tra le proposizioni e i progetti capaci di molti-plicare gli strumenti e montare dispositivi sensibili alleminime differenze e quelli che restano, di fronte alle dif-ferenze massime, ottusi.

Il progetto come ‘Trading Zone’ per la costruzione di immagini condivise

La richiesta proveniente dal dibattito sulla sostenibilitàdi far lavorare congiuntamente scienze e politica, quelladeterminata dalla riflessione sull’idea di democratizza-zione di pensare ad una diversa dimensione del pro-getto e l’analisi di alcune esperienze che negli ultimianni hanno provato a dare una risposta a questa do-manda costituiscono quindi una buona base a partiredalla quale sviluppare le riflessioni teoriche della prassiprogettuale per pensare non solo ai suoi eventuali svi-luppi, ma anche al possibile valore aggiunto del progetto

architettonico e urbano all’interno di questo panorama.Determinato come non sia più possibile servirsi dellaScienza per asservire la politica, né della politica perasservire la Scienza e individuato nel mescolare le en-tità del collettivo per renderle articolabili e farle parlareil lavoro comune alle politiche e alle scienze, in partico-lare, può risultare interessante provare a confrontarequesti temi con alcuni concetti teorici elaborati negli ul-timi negli ultimi cinquant’anni in campi diversi comequello delle scienze politiche, della filosofia e dell’epi-stemologia. Alessandro Balducci, per esempio, proponedi tornare a Charles Lindblom (Lindblom; 1959. Lin-dblom; 1979) per legare il suo pensiero alle più recentiteorie dei Boundary Objeects e delle Trading Zones ela-borate rispettivamente da James Griesemer e SusanStar (Griesemer, Star; 1989) e da Peter Galison (Gali-son; 1997. Galison, Thompson; 1999).Per Lindblom, uno degli esponenti più noti del pensieroincrementalista, vista l’impossibilità di avere un corpodi governo centrale privo di conflitti interni, la strutturadei modelli decisionali non può che essere quella delmutual partisan adjustament: chi decide non è mai unsoggetto singolo e unitario, ma sono tutti i portatori diinteresse - ciascuno con i propri interessi di parte – maall’interno di una condizione di mutua interdipendenza,perché solo attraverso la contrattazione e il compro-messo ognuno potrà raggiungere i propri obiettivi. Se-condo l’autore, questo non è solo il modo più realisticodi descrivere un processo, ma anche un approccio ca-pace di esprimere l’intelligenza della democrazia, ap-profittando appunto del conflitto come risorsa perraggiungere il risultato più razionale, quello che provocameno conseguenze negative e limitate e, quindi, miglioreper tutti. Per Lindblom, cioè, non è rilevante se si condi-vidono o meno, in termini generali, i valori della propriacontroparte: l’importante è che si sia capaci di raggiun-gere un accordo rispetto ad una decisione concreta.A questo pensiero, definito già a partire dagli anni ses-santa, è in qualche modo riconducibile la teoria dei

93

04_centrali DEMOCRATIZZ_Layout 1 25/02/13 08.59 Pagina 93

Page 87: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

Boundery Objects elaborata, vent’anni più tardi, dal fi-losofo James Griesemer e dalla sociologa Susan Star. Per i due, a supporto degli accordi, vi possono esseredei cosiddetti oggetti di confine, da un lato flessibili eplastici abbastanza da adattarsi ai bisogni locali e allecostrizioni delle diverse parti che li impiegano, dall’altro,robusti e coerenti a sufficienza per mantenere un’identitàcomune anche attraverso siti o interessi diversi. Degli oggettiche, pur cambiando significato in contesti differenti, hannouna struttura di base così definita da renderli comunque ri-conoscibili e utilizzabili proprio come mezzi di traslazionecapaci di consentire a diversi mondi sociali non solo di rag-giungere un accordo ma di cooperare. Una cooperazionedella quale, recentemente, si è anche occupato lo storicodella scienza Peter Galison che, introducendo il concetto diTrading Zones, ha offerto nuovi sguardi all’interno di questodibattito. In particolare, studiando l’interazione tra diverse comu-nità scientifiche, l’americano ha messo in evidenza laloro abilità nel generare le condizioni necessarie a so-stenere un’interazione reciproca dei differenti gruppi discienziati, sebbene ciascuno di questi fosse caratteriz-zato da metodologie, procedure e obiettivi specifici. In-teressi di parte - se riprendiamo il linguaggio diLindblom - spesso né compresi, né tantomeno condivisiin modo unitario. Per Galison, gli oggetti di confine de-scritti da Griesemer e Star come Boundary Objects sem-brano essere rappresentati dalle matrici semantiche edalle pratiche materiali condivise fra le diverse sottoco-munità scientifiche. Da quegli elementi comuni, che luichiama Trading Zones, capaci a suo avviso di favorireun dialogo proficuo e, quindi, di generare scambi di co-noscenza e servizi fra differenti sistemi di pensiero o diinteresse. Delle ‘infrastrutture’ locali, temporanee e con-tingenti, di concetti e strumenti condivisi, all’internodelle quali questioni complesse possono essere trasfor-mate in thin descriptions, accordi parziali necessari perottenere degli scambi di informazioni. Che cosa succederebbe quindi se noi provassimo a rein-

terpretare la contrattazione e la ricerca di un compro-messo di Lindblom in termini di locali Trading Zones fragli stakeholders che rappresentano differenti sistemi disignificati e di valore? E, soprattutto, quali implicazionipotrebbe avere l’assunzione di questo punto di vistanella cultura progettuale architettonica? Cosa signifi-cherebbe provare a cogliere la sfida lanciata da questiconcetti per provare a definire il progetto come una zonadi scambio all’interno della quale ogni parte coinvoltaabbia la possibilità di comprendere e di appropriarsidelle questioni messe in campo per poi inserirsi nel-l’arena?In questo senso, la nuova dimensione progettuale ri-chiesta dall’introduzione dell’empowerment come fat-tore cruciale per lo sviluppo sostenibile potrebbegiocare un ruolo centrale all’interno del dibattito, grazieal suo riferimento esplicito ad un’idea di progetto mor-fologico orientato all’organizzazione della decisione ecapace, prima di tutto, di coinvolgere e mettere in ten-sione competenze diverse per poi dirigerne il dialogo.Un progetto con una forte funzione relazionale e strate-gica, secondo un punto di vista che non sembra cosìdistante da quello di Griesemer e Star. Sarebbe infatti così sbagliato pensare al progetto archi-tettonico come ad un progetto di un Boundary Object,di un telaio, di un’armatura capace, da un lato, di adat-tarsi alla complessità e alla molteplicità dei punti divista propri della realtà contemporanea e, dall’altro, difornire un riferimento sufficientemente solido e stabilealle trasformazioni? Non si potrebbe pensare alla co-struzione della forma e della morfologia territoriale comealla definizione di una Trading Zone fra differenti strate-gie di attori all’interno della quale questi, dialogando,abbiano l’opportunità di definire e comprendere pro-blemi, obiettivi condivisi e modalità relazionali?Analizzando, fra le altre, esperienze come quelle dell’in-diano Balkrishna Doshi, prima, e del cileno AlejandroAravena, poi, si direbbe proprio di sì. Nel recupero dellabaraccopoli di Iaquine, per esempio, il sistema della co-

94

04_centrali DEMOCRATIZZ_Layout 1 25/02/13 08.59 Pagina 94

Page 88: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

struzione aperta ideato dall’architetto cileno e dal suostudio per superare il conflitto generatosi fra gli abitantidella baraccopoli, l’amministrazione comunale e i pro-prietari del’area – ciascuno con i propri interessi - hacostituito una vera e propria Trading Zone sia dal puntodi vista formale che da quello sociale, economico e po-litico-amministrativo. Qui nel 2003 il programma governativo Chile-Barriochiede all’Elemental Team di cui Aravena è fondatore disviluppare un progetto per Quinta Monroy, l’ultimo inse-diamento irregolare della città di Iaquine, nel desertocileno: si tratta di studiare una soluzione abitativa perospitare le cento famiglie che da trent’anni occupanoabusivamente un’area di mezzo ettaro nel pieno centrodella città, utilizzando un sussidio di diecimila dollari afamiglia, destinato a coprire i costi del terreno, le infra-strutture e la progettazione. La logica dello sviluppo ov-viamente vorrebbe la distruzione di quella baraccopoli,così che il quartiere venga ricostruito e occupato danuovi abitanti dotati di mezzi economici sufficienti acomprare un’abitazione, mentre i vecchi residenti co-struirebbero una nuova baraccopoli nella periferia dellacittà, ma Aravena, cosciente dell’importanza rivestitadalla rete di opportunità costruite in trent’anni intornoal sito e rappresentate da trasporti, lavoro, educazionepubblica e strutture sanitarie migliori rispetto a quelledi altri quartieri popolari situati in periferia, si opponefermamente a questa ipotesi ponendo come priorità as-soluta del progetto il fatto che gli abitanti della barac-copoli restino sul posto. Ponendosi un problemaprogettuale piuttosto complesso: un programma pub-blico fornirebbe infatti un sussidio alle famiglie indigentiin modo da farle accedere ad un alloggio, ma, una voltaacquistato il terreno, con un costo tre volte superiore aquanto i programmi di edilizia sociale possono normal-mente pagare, il budget rimasto consentirebbe soltantola costruzione parziale degli alloggi. Dopo aver tentato diverse alternative - dagli alloggi digruppo ai piccoli condomini - senza risolvere il pro-

blema, lo studio rovescia la questione usando il pro-blema come soluzione e lavorando a un nuovo sistema:il sistema della costruzione aperta, di case semi-co-struite che gli abitanti completano da soli. Secondo questa logica, conseguenza diretta del princi-pio mas con lo mismo, il team elabora quindi una tipo-logia abitativa aperta, definita con gli elementi essenzialiper un’unità minima - il tetto, l’involucro, le stanze conl’acqua corrente – e con il vuoto di uno spazio non co-struito, suscettibile di essere riempito dagli abitanti chedevono quindi essere posti nelle condizioni di capire ilsignificato dell’operazione. Dopo un incontro iniziale ini progettisti spiegano i motivi di quell’intervento, ven-gono quindi organizzati diversi workshop con l’obiettivodi spiegare le regole del gioco: tutti i componenti dellafamiglia vengono chiamati a realizzare modelli, dise-gnare e scrivere, mentre ogni capofamiglia è tenuto adisegnare l’ampliamento e il progetto di trasformazionedelle facciate in modo tale da capire la fattibilità deltutto.In questo modo, un anno dopo la consegna, sono riem-piti, trasformando il progetto complessivo in una con-vincente dimostrazione dell’effetto prodotto da un’ideadi democratizzazione fortemente incentrata sulla levasociale e dal potenziale di reversibilità di un modelloprogettuale fondato su questa. Se, infatti, la struttura di mattoni e cemento fisicamenterealizzata nel quartiere di Quinta Monroy potrebbe es-sere essa stessa interpretata come uno scheletro, un’in-frastruttura capace, grazie alla sua chiarezza e solidità,di accogliere ed assorbire al proprio interno gli amplia-menti estemporanei e la loro complessità in modo taleda costituire un supporto adeguato per lo scenario in-certo delle espansioni fisiche future, il suo merito prin-cipale è certamente quello di dimostrare il potere dellamorfologia - e qui sta, forse, il valore aggiunto del pro-getto architettonico e urbano - nel riconoscere valori,nel fissare connessioni fra gli attori e nell’ordinare esi-genze, bisogni e aspettative talora anche contrastanti.

95

04_centrali DEMOCRATIZZ_Layout 1 25/02/13 08.59 Pagina 95

Page 89: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

In questo caso, infatti, la forma scelta dal progettista èchiaramente figlia di riflessioni sociali - non allontanaregli abitanti della baraccopoli dal luogo - ed economiche- come realizzare architetture di qualità con i pochi soldirimasti dopo l’acquisto del terreno -, oltre che formalied era probabilmente l’unica attraverso la quale acco-gliere e quindi far dialogare tutte le parti. Gran parte del lavoro svolto da Aravena - ma lo stessopotrebbe dirsi di esperienze fatte da Carin Smuts o daGiancarlo Mazzanti - è quindi consistito nella definizionedel programma. Il prodotto finale sarà un’opera archi-tettonica ma l’impegno del progettista si è spinto benoltre la definizione di un’idea formale e, per questo, èiniziato in una fase molto precedente - lavorando congli abitanti per aiutare le cose a ‘maturare’ - e si con-clude in una fase decisamente successiva.

La gente sa - racconta Carin Smuts descri-vendo il proprio lavoro – come definire i pro-pri bisogni ma non come articolarli in unprogramma. Prima di progettare qualcosaascoltiamo a lungo, a volte anche due anni,in modo da definire al meglio il programma[…] Inoltre, la gente deve poter contaresempre sul nostro aiuto; per esempioquando le strutture hanno dei problemi odevono essere ampliate. Se necessariotorno sul posto per inoculare un’idea o peraiutare nella costruzione.

(Smuts. Cit in Contal, Revedin; 2009)

Con l’assunzione di un punto di vista che potrebbe ve-ramente portare l’architettura ad offrire il proprio lin-guaggio e i propri strumenti come mezzo per lacostruzione di immagini comuni su cui dialogare, me-diante la definizione di un processo progettuale voltoallo sviluppo più che alla crescita. Un processo proget-tuale capace di generare qualità ambientale come fat-tore di sviluppo sociale e culturale e di restituire, quindi,

all’architettura la sua dimensione politica, ovviando,così, a tutta una serie di rischi nei quali la nostra ‘disci-plina’ finisce spesso per incorrere. Uno degli aspetti più interessanti che emerge dalla let-tura trasversale di diversi progetti che hanno provato adassumere un punto di vista simile a quello dell’architettocileno è che ciò che li accomuna e che li rende in qual-che modo simili non è affatto un’estetica condivisa, maun analogo pragmatismo: una volontà comune di defi-nire progetti o infrastrutture flessibili capaci di sanareconflitti, soddisfare necessità e interessi molteplici - fi-sici, ma anche economici e sociali - con l’obiettivo,spesso, di generare nuovi modi di vita. Uno scopo, que-sto, per il raggiungimento del quale la trasformazionefisica e il suo aspetto formale non necessariamente rap-presentano il nodo centrale.Basti pensare all’esperienza del Voralberg, in Austria[Link_Tecnologia] o a quella della città di Medellín, inColombia. Se nella piccola regione austriaca la ricercaprogettuale, nonché l’impegno politico e sociale dei suoiarchitetti sono riusciti a trasformare la crescita econo-mica dell’area in sviluppo della stessa - con ricadutefondamentali a livello sociale ed identitario -, la cittàsudamericana rappresenta oggi un importante modellodi trasformazione sociale in cui l’architettura svolge unruolo sostanziale come parte di un più ampio progettopolitico capace di integrare politiche sociali, economi-che e progetti pubblici.Spronate dalla volontà di ridare agli abitanti la dignitàpersa nella guerra del narcotraffico, durante gli anni ot-tanta e novanta, le ultime amministrazioni della cittàhanno infatti avviato un percorso finalizzato alla conver-sione di Medellín in un centro ugualitario, socialmentee culturalmente inclusivo, capace di costruire un futurodiverso proprio a partire dalle criticità più profonde dellacittà. Secondo l’immagine di una cultura urbana apertadi cui ogni elemento che la costituisce - e quindi anchel’arte e l’architettura - deve farsi portatore. Il progetto - intitolato Medellín è la più educata - pro-

96

04_centrali DEMOCRATIZZ_Layout 1 25/02/13 08.59 Pagina 96

Page 90: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

pone un intervento integrale nel quale l’architettura èchiamata a rappresentare una nuova visione della cittàe a proporre progetti capaci di generare inclusione so-ciale: costruire edifici in zone degradate non sarebbesufficiente; occorrono progetti in grado di attivare nuoveforme d’uso e di trasformare il senso di appartenenzae accrescere quello di orgoglio da parte dell’intera co-munità. Una scommessa riuscita.Negli ultimi anni Medellín ha infatti cambiato la sua fi-sionomia non solo attraverso aspetti istituzionali e prov-vedimenti sociali, ma anche mediante la realizzazionedi architetture attuanti, pensate più per le loro capacitàperformative che non per le loro qualità visive. Architet-ture - come sostenuto da Giancarlo Mazzanti, progettistadirettamente coinvolto dal programma - interessanti perle loro prestazioni sociali e culturali, più che per la loroforma. Edifici che lavorano, oltre che sulle funzioni,anche sulla percezione del cambiamento da parte dellacomunità. Negli ultimi sette anni a Medellín - ma un discorso si-mile potrebbe essere fatto per molti dei progetti di CarinSmuts o dello stesso Aravena, piuttosto che di Kauf-mann o del Rural Studio [Link_Tecnologia] per spostarcia nord del mondo - interventi pubblici come parchi-bi-blioteche, scuole, centri culturali, centri di sviluppo tec-nologico, zone pedonali e piazze sono stati realizzaticome luoghi di trasformazione della società. Architetturepregnati - capaci di far percepire agli abitanti il sensodi appartenenza ad una società più giusta e ugualitaria- spesso non del tutto definite funzionalmente per far sìche le comunità possano appropriarsene e moltiplicarnel’uso iniziale. Luoghi che rendono sempre più evidentela necessità di pensare all’architettura come ad una pra-tica che non può più nascere dal mestiere in modo au-tonomo, ma può solo costituirsi attraverso sguardidiversi, mediante il confronto con altre forme di pen-siero.

In questo senso, se vogliamo provare a tracciare le lineegenerali di un possibile progetto di riferimento, le espe-rienze analizzate sembrano dirci che queste non risie-deranno tanto in principi o indicazioni formali, ma, alcontrario, nell’idea che pensare al progetto come ad unmezzo significhi proprio impedire prima di tutto quellaprogressiva autonomizzazione dell’aspetto fisico e com-positivo rispetto agli altri aspetti del processo di trasfor-mazione del territorio a cui stiamo assistendo semprepiù frequentemente, perché il compimento di un dise-gno formale costruito a tavolino non sembra più poteressere il solo obiettivo di progetto. All’interno dello scenario prospettato, infatti, lo sguardoprogettuale deve complessificarsi, abbandonando unpunto di vista frammentato e settoriale a favore di unavisione allargata e partecipata, capace di intrecciareaspetti e dati diversi - spesso contradditori e conflittuali- per poi pensare ad una risignificazione complessivadel territorio nella sua interezza. Secondo un punto divista che certamente aiuterebbe a prendere definitiva-mente distanza dall’idea che il solo modo di mettere or-dine nei nostri paesaggi sia quello di affidarsi ad unprogetto dato, fisso e stabile in grado di costruire gerar-chie chiare fra i diversi elementi, lasciando spazio aduna sorta di estetica del conflitto colma di vitalità e divarietà e capace di rispecchiare la ricchezza molteplicedelle situazioni.Un’estetica in grado di definire una nuova dimensionedel progetto morfologico nella quale esso venga vistocome un percorso condiviso in cui l’architetto, senza ri-nunciare al proprio ruolo di definizione morfologica dellospazio, sia pronto a defilarsi per poi proporre scenarinei quali il conflitto diventi una risorsa e le condizioni alcontorno un dato positivo, un agente attivo del fare pro-gettuale.

E’ chiaro, tuttavia, che l’assunzione di un simile puntodi vista necessiterebbe non solo un ripensamento radi-cale, ma soprattutto un indebolimento epistemologico

97

04_centrali DEMOCRATIZZ_Layout 1 25/02/13 08.59 Pagina 97

Page 91: POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALEidea di sostenibilità...06 July 2020 POLITECNICO DI TORINO Repository ISTITUZIONALE L’idea di sostenibilità in architettura. Natura,

forte del progetto. I linguaggi della disciplina dovrebberoaprirsi, spingersi oltre i propri limiti e mettersi in gioco,rinunciando al proprio valore autonomo, estetico edespressivo, per farsi strumenti politici e rendersi conti-nuamente falsificabili. Uno sforzo ingente che potrebbeportare a chiedersi se tocchi veramente alla nostra ‘di-sciplina’ compierlo.Siamo, cioè, preparati a pensare al progetto come a unmezzo più che come ad un fine? Siamo pronti a deformareil nostro ruolo per proporre la dimensione morfologica comeTrading Zone nella quale definire delle connessioni di sensotra ambiti separati, specialisti non comunicanti, interessiconflittuali? Abbiamo una preparazione adeguata per as-sumere la funzione di decostruzione e raffigurazione che,nello scenario prospettato, gli architetti potrebbero esercitarenei consessi decisionali?Forse no, ma la sfida lanciata sembra essere troppo im-portante e troppo stimolante per non essere comunquecolta. Soprattutto in un momento in cui il ruolo, i confinie i compiti dell’architettura sono già fortemente messiin discussione.

Non solo. Pensando alla definizione dei Boundary Ob-jects data da Griesemer e Star, il ruolo del disegno, intal senso, potrebbe veramente essere strategico. Perchéniente come un’immagine può rappresentare uno stru-mento allo stesso tempo chiaro e flessibile, in grado ditenere insieme rappresentazioni differenti - forse incon-ciliabili mediante l’argomentazione verbale - e quindi diinnescare un dialogo proficuo fra attori diversi per il rag-giungimento di un accordo almeno parziale. Il ruolo della forma fisica può quindi essere centrale. Ea chi tocca metterlo in gioco, se non a noi che siamopreparati per determinarla? Forse, in questo momentoiniziale, non si avranno tutte le competenze necessariea gestire questa diversa dimensione del progetto, manon entrare nell’arena, non proporre il progetto morfo-logico come supporto e come strumento del dibattito,sarebbe, forse, una scelta molto più pericolosa. D’al-tronde da sempre questioni urbane differenti hanno ri-chiesto all’architettura di confrontarsi con dispositivispaziali nuovi. E non ci si è mai tirati indietro.

98

04_centrali DEMOCRATIZZ_Layout 1 25/02/13 08.59 Pagina 98