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Politecnico di Milano Scuola di Ingegneria Industriale e dell’Informazione Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Meccanica Analisi e riprogettazione della manutenzione tramite metodologia Reliability Centered Maintenance: caso di studio in un’azienda del settore alimentare Relatore: Prof. Antonio Calabrese Correlatore: Ing. Lorenzo Boscarelli Correlatore: Ing. Federico Bucarelli Tesi di Laurea di: Alberto Jannaccone Matricola 805603 Anno Accademico 2014/2015

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Politecnico di Milano

Scuola di Ingegneria Industriale e dell’Informazione

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Meccanica

Analisi e riprogettazione della manutenzione tramite

metodologia Reliability Centered Maintenance: caso di

studio in un’azienda del settore alimentare

Relatore: Prof. Antonio Calabrese

Correlatore: Ing. Lorenzo Boscarelli

Correlatore: Ing. Federico Bucarelli

Tesi di Laurea di:

Alberto Jannaccone

Matricola 805603

Anno Accademico 2014/2015

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Alla mia famiglia

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Indice

Elenco delle figure 5

Elenco delle tabelle 7

Introduzione 13

Capitolo 1

Il ruolo della manutenzione: organizzazione ed obiettivi 15

1.1 Definizione di manutenzione 15

1.2 Mission della manutenzione 16

1.3 Evoluzione storica dei modelli manutentivi 17

1.3.1 La manutenzione a guasto o correttiva 18

1.3.2 La manutenzione preventiva 18

1.3.3 La manutenzione predittiva 19

1.3.4 La manutenzione migliorativa 20

1.4 Il ruolo dell’Ingegneria di Manutenzione 21

1.4.1 Criteri di progetto della manutenzione 22

1.4.2 Indicatori di performance: parametri RAM 23

1.4.3 Costi di manutenzione 24

1.4.4 Gestione dei ricambi a magazzino 25

1.4.5 Miglioramento continuo 26

1.4.6 Sistemi Informativi di manutenzione 26

Capitolo 2

Metodologia Reliabilty Centered Maintenance (RCM) 27

2.1 L’approccio alla manutenzione basato sul metodo RCM 27

2.2 Cenni storici sulla metodologia 28

2.3 Fasi del processo 29

2.3.1 Raccolta dei dati 32

2.3.2 Scomposizione del sistema: System Work Breakdown Structure 34

2.3.3 Analisi delle criticità del sistema 35

2.3.4 Albero logico delle decisioni 41

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2.3.5 Fattibilità economica del piano 43

Capitolo 3

L’azienda Barilla S.p.A. e il processo di produzione della pasta 45

3.1 Il settore di mercato e i principi aziendali 45

3.2 Il comprensorio di Pedrignano 46

3.3 L’organizzazione del servizio di Manutenzione in Barilla 47

3.3.1 Il ruolo dell’Area Tecnica 47

3.3.2 Il flusso informativo e manutentivo in Barilla 48

3.4 Il SAP-PM: il TOOL per la gestione della manutenzione 49

3.4.1 Codifica degli Asset ed “Asset Tree” 50

3.5 Il processo produttivo 52

3.5.1 Le fasi del processo produttivo 53

3.5.2 La linea 8 dello stabilimento di Pedrignano 55

3.5.3 Gestione del processo 56

3.6 Definizione del parametro O.E.E. (Overall Equipment Effectiveness) 57

3.6.1 Calcolo dell’O.E.E. per il sistema produttivo 58

Capitolo 4

Progettazione della manutenzione per la linea 8 dello stabilimento

semola in Barilla G.& R. Fratelli S.p.A. 63

4.1 Scomposizione funzionale della linea 63

4.2 Analisi di criticità della linea di confezionamento 68

4.2.1 Classificazione ABC per i gruppi funzionali del sistema 69

4.2.2 Applicazione della metodologia FMECA al sistema 76

4.3 Definizione degli interventi e periodicità dei controlli 88

4.4 Risultati attesi dal piano di manutenzione 95

4.4.1 Un esempio pratico 100

Conclusioni 103

Bibliografia 105

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Elenco delle figure

Figura 1.1 Ruolo della Manutenzione in funzione della fase del ciclo di vita ................ 16

Figura 1.2 Relazione gerarchica tra Politiche e Strategie di Manutenzione .................... 17

Figura 1.3 Costo Totale di Manutenzione in funzione del Livello di Manutenzione ...... 19

Figura 1.4 Ruolo dell’Ingegneria di Manutenzione......................................................... 21

Figura 2.1 Schematizzazione metodologia RCM ........................................................... 30

Figura 2.2 Andamenti tipici del tasso di guasto nel tempo ............................................. 33

Figura 2.3 Relazione tra scomposizione strutturale e funzionale di un sistema ............. 34

Figura 2.4 Classificazione ABC di Pareto ..................................................................... 36

Figura 2.5 Matrice di criticità ......................................................................................... 41

Figura 2.6 Albero logico delle decisioni ........................................................................ 42

Figura 3.1 Comprensorio di Pedrignano (PR) ................................................................. 46

Figura 3.2 Il flusso informativo per la Manutenzione in Barilla .................................... 49

Figura 3.3 Asset Tree per la Linea 8 dello stabilimento semola ..................................... 51

Figura 4.1 Ordini di manutenzione a guasto Linea 4 di confezionamento ...................... 68

Figura 4.2 Ordini di manutenzione a guasto Linea 7 di confezionamento ...................... 69

Figura 4.3 Logic Flow per Classificazione ABC ............................................................. 71

Figura 4.4 Risk Priority Number per le modalità di guasto ............................................. 86

Figura 4.5 Matrice di criticità per le modalità di guasto ................................................. 87

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Elenco delle tabelle

Tabella 2.1 Classificazione ABC secondo M.I.B Maintenance Plan ............................. 37

Tabella 2.2 Terminologia d'uso per analisi FMECA ..................................................... 39

Tabella 2.3 Confronto tra Politiche di Manutenzione .................................................... 44

Tabella 3.1 O.E.E. reparto confezione ........................................................................... 61

Tabella 3.2 O.E.E. reparto produzione .......................................................................... 62

Tabella 4.1 Scomposizione funzionale per la linea di confezionamento ....................... 67

Tabella 4.2 Correlazione tra gli Evaluation Factors e gli Standard di valutazione ........ 70

Tabella 4.3 Classifica ABC dei gruppi funzionali tramite modello M.I.B.-Maintenance

Plan .................................................................................................................................. 75

Tabella 4.4 Scala dell'indice di probabilità per metodologia FMECA ............................ 78

Tabella 4.5 Scala dell'indice di gravità per metodologia FMECA .................................. 78

Tabella 4.6 Scala dell'indice di rintracciabilità per metodologia FMECA ...................... 79

Tabella 4.7 Applicazione della FMECA per la linea di confezionamento ..................... 85

Tabella 4.8 Mappatura dell'indice di rischio ................................................................... 87

Tabella 4.9 Relazione tra componente e parametro di controllo per il Condition

Monitoring ....................................................................................................................... 89

Tabella 4.10 Piano di manutenzione per la Linea 8 di confezionamento ....................... 94

Tabella 4.11 Calcolo del parametro O.E.E. per la Linea 8 ............................................. 96

Tabella 4.12 Incremento potenziale dell'efficienza globale della Linea con una

manutenzione efficace ................................................................................................... 98

Tabella 4.13 Costo degli interventi preventivi mirati all'eliminazione dei guasti avvenuti

nel periodo compreso tra il 26/06/2015 ed il 24/11/2015 ............................................. 102

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Sommario

La manutenzione degli impianti industriali ha vissuto negli ultimi anni un profondo

cambiamento del proprio ruolo strategico all’interno del contesto produttivo, passando da

semplice centro di costo che non genera valore aggiunto ad un sofisticato e complesso

sistema gestionale che ha come obiettivo l’aumento di disponibilità degli impianti e più

in generale l’incremento dell’efficienza globale del sistema oggetto della manutenzione.

Ciò è possibile anche e soprattutto per merito del ruolo rivestito dall’Ingegneria di

Manutenzione, una funzione aziendale che, grazie a strumenti di analisi sempre più

adeguati e all’adozione dei Sistemi Informativi di Manutenzione, ha come scopo la

progettazione delle attività manutentive basandosi sulle effettive condizioni di

funzionamento degli impianti.

Lo scopo del presente lavoro, svolto durante l’esperienza di stage presso l’azienda Barilla,

è stato la progettazione della manutenzione di una linea di confezionamento della pasta

attraverso la metodologia Reliability Centered Maintenance (RCM), una politica di

manutenzione che, attraverso l’analisi di criticità del sistema, permette di definire le

diverse strategie manutentive da applicare ai componenti elementari del sistema stesso,

con l’obiettivo di definire e realizzare solo le attività necessarie a garantire le condizioni

di funzionamento ottimali e la gestione economica della manutenzione.

Parole chiave: progettazione della manutenzione, Reliability Centered Maintenance,

Condition Monitoring, Ingegneria di Manutenzione, asset, analisi FMECA

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Abstract

In the last years, the industrial plant’s maintenance has lived a wide changing of its

strategic role within productive contest. It has moved from a simple cost center to a

complex management system that aim to the increase of plant’s availability and to an

improvement of global efficiency of the system.

This is possible thanks to the role of Maintenance Engineering, a business function that

uses analytic methods and the Computerized Maintenance Management Systems, to plan

the maintenance activities on the base of real plant’s conditions of working.

The purpose of this work, done during the stage at Barilla Company, is the maintenance

planning for a new packaging line for short pasta. The work has made through

methodology known as Reliability Centered Maintenance (RCM), a maintenance policy

that, by the critical analysis of the system, allows defining the strategies for elementary

components’ maintenance of the system. This method allows defining and realizing just

the activities useful to gain optimal working condition and the economic management of

the maintenance.

Key words: maintenance planning, Reliability Centered Maintenance, Condition

Monitoring, Maintenance Engineering, asset, analysis FMECA

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Introduzione

Per beneficiare degli effetti di un buon servizio manutentivo e garantire che esso

determini effettivamente un vantaggio competitivo per l’azienda, è necessario diffondere

in tutta l’azienda la conoscenza dei vantaggi che comporta l’utilizzo di tecniche

manutentive basate sul Condition Monitoring rispetto alle tradizionali modalità di

manutenzione a guasto o programmata. Mantenere sotto controllo lo stato del sistema

attraverso analisi diagnostiche o dove possibile tramite ispezioni visive, riduce il rischio

di avere lunghi tempi di fermata per guasti accidentali, oltre ad altri effetti collaterali sulla

produzione.

Progettare la manutenzione secondo le reali esigenze del sistema ed eseguire le attività

nei momenti opportuni, permette innanzitutto di conservare il bene materiale e di

mantenerlo nel suo funzionamento ottimale, ma non solo: l’aumento di disponibilità,

conseguito con la riduzione delle fermate impreviste, consente di incrementare i volumi

di produzione e di gestire il processo produttivo in modo più semplice ed efficiente.

Nel capitolo 1 si presenta il concetto di Manutenzione e si definisce il suo ruolo durante

le fasi del ciclo di vita del bene da mantenere, si definiscono i vari modelli manutentivi

in ambito industriale, mettendo in evidenza per ognuno i vantaggi e gli svantaggi. Infine

si descrive il ruolo dell’Ingegneria di Manutenzione e come esso si integra con le attività

manutentive a carattere esecutivo; si descrivono inoltre i suoi principali obiettivi e gli

strumenti utilizzati per raggiungerli.

Nel capitolo 2 si presenta la metodologia Reliability Centered Maintenance, cioè

quell’approccio ed insieme di regole e strumenti che permettono di progettare in modo

efficace ed economico la manutenzione degli impianti. Se ne descrive brevemente lo

sviluppo storico e si analizzano in dettaglio le fasi operative e gli strumenti necessari per

una sua corretta applicazione.

Nel capitolo 3 si descrivono l’azienda Barilla, i mercati in cui è presente e i “valori”

trasmessi con i suoi prodotti. Inoltre si descrivono i processi produttivi, con particolare

attenzione a quelli di produzione e di confezionamento della pasta e le loro fasi operative.

Si determina inoltre il parametro O.E.E. (Overall Equipment Effectiveness) per analizzare

il rendimento globale oggi raggiunto nelle diverse fasi produttive.

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Nel capitolo 4 si descrive l’applicazione della metodologia RCM al caso Barilla, attuata

con il progetto della manutenzione per una nuova linea di confezionamento della pasta

corta, nello stabilimento che produce pasta di semola. Il lavoro è stato effettuato attraverso

un’analisi di criticità dei modi di guasto degli asset produttivi, che ha permesso, attraverso

un albero logico delle decisioni, di definire il mix ottimale di strategie manutentive. I

risultati emersi hanno portato alla stesura di un piano di attività di controlli ed ispezioni,

che sono state suggerite all’azienda per la manutenzione dell’impianto.

Una corretta applicazione del metodo richiede una sua continua revisione, identificando

i modi di guasto non individuati in questa trattazione e nell’ottica del miglioramento

continuo, conseguibile con il controllo e l’analisi dei risultati ottenuti: la Reliability

Centered Maintenance è, innanzitutto, una metodologia che consente sempre margini per

il perfezionamento dei risultati raggiunti.

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Capitolo 1

Il ruolo della manutenzione: organizzazione ed obiettivi

1.1 Definizione di manutenzione

Nel contesto industriale al concetto di utilizzo di un impianto si associa immediatamente

quello della sua manutenzione.

L’azione del tempo e l’utilizzo logorano gli impianti, causando una caduta dell’efficienza

tecnica, rispetto a condizioni ottimali, e creando obsolescenza tecnologica.

Per garantire il corretto funzionamento dell’impianto durante il suo intero ciclo di vita,

occorre effettuare interventi manutentivi rivolti ad assicurare che l’evoluzione del sistema

in esame sia coerente con quanto definito durante la sua progettazione.

La disciplina manutentiva-conservativa è un’area di studi, ricerche e prassi operative e

gestionali di primaria importanza, in un contesto, come quello industriale, nel quale è

necessario pianificare le attività per garantire la sicurezza delle persone e la disponibilità

degli impianti.

La Commissione Manutenzione dell’UNI, nella norma UNI EN 10336, definisce la

manutenzione come “la combinazione di tutte le azioni tecniche, amministrative e

gestionali, incluse le azioni di supervisione, previste durante il ciclo di vita di un’entità e

destinate a mantenerla o riportarla in uno stato in cui possa eseguire la funzione

richiesta” [1].

In termini aziendali significa assicurare la disponibilità degli impianti al minimo costo,

realizzando le attività necessarie di natura tecnica ed organizzativa, che si esprimono

nell’esecuzione pratica degli interventi, e gestionale, attraverso la consuntivazione degli

stessi interventi.

La manutenzione, se concepita ed attuata in modo corretto, costituisce una funzione

indispensabile per ogni tipo di sistema produttivo, permettendo di:

minimizzare le fermate per guasti;

garantire il funzionamento delle macchine nelle condizioni ottimali;

contribuire ad aumentare l’efficienza del sistema produttivo;

effettuare le attività con la massima economicità;

conservare il patrimonio impiantistico industriale per la sua intera vita utile;

contribuire a garantire la sicurezza delle persone e la tutela ambientale.

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1.2 Mission della manutenzione

Di norma alla funzione manutentiva si associa un ruolo esclusivamente tecnico, di

mantenimento, servizio e riparazione dei sistemi produttivi.

Come riporta Albert H.C. Tsang, con questa concezione aziendale la manutenzione è

concepita come un centro di costo, che non porta alcun valore aggiunto alla produzione e

deve pertanto essere ridotto. È una visione non coerente con la realtà, poiché la

manutenzione ha un ruolo strategico nella progettazione e nella conservazione degli

impianti nel corso della loro vita utile [2].

Negli ultimi decenni la concezione della manutenzione si è profondamente evoluta e

rinnovata, orientandola ad un ruolo sempre più complesso e centrale nel processo

produttivo. Si è cioè trasformata, in termini di mission, da attività prevalentemente

operativa di riparazione e fonte di costi, senza valore aggiunto al prodotto finito, ad un

complesso sistema gestionale orientato a prevenire i guasti ed al miglioramento continuo.

Si tratta di un passaggio che implica un considerevole mutamento culturale del

management e del servizio di manutenzione in particolare.

Analizzando attentamente l’insieme delle attività manutentive che vengono effettuate,

possiamo constatare che ciascuna di esse può essere classificata come appartenente ad

una delle aree (Figura 1.1) che vengono identificate da due variabili:

Figura 1.1 Ruolo della Manutenzione in funzione della fase del ciclo di vita dell’asset

la fase del ciclo di vita dell’entità o bene oggetto di manutenzione;

il grado di “proattività” della risposta manutentiva.

Questa schematizzazione permette di formulare una definizione precisa della mission

della manutenzione, il cui compito è di “cooperare lungo tutto il ciclo di vita di un’entità,

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dalla sua progettazione alla dismissione, con l’obiettivo di garantire la disponibilità

operativa dell’entità stessa ed il contenimento dei costi associati alla manutenzione” [3].

1.3 Evoluzione storica dei modelli manutentivi

Come l’approccio che il management aziendale ha avuto riguardo alla manutenzione,

anche le tecniche manutentive sono profondamente cambiate, passando da attività

prevalentemente operative e di riparazione del guasto ad un complesso sistema gestionale,

orientato, più che altro, alla prevenzione del guasto.

Un aspetto da definire in maniera rigorosa, prima di presentare i diversi modelli

manutentivi (anche detti “strategie manutentive”), è la distinzione tra politica e strategia

di manutenzione: gerarchicamente, quest’ultime si presentano in un secondo momento,

caratterizzando l’approccio operativo ai problemi della manutenzione, da sviluppare

secondo i criteri forniti dalla politica manutentiva adottata. La politica manutentiva sta

invece ad indicare l’atteggiamento complessivo che l’organizzazione assume nei

confronti delle problematiche manutentive, che può poi esplicitarsi nell’utilizzo di diverse

strategie [4].

Lo schema della Figura 1.2 fornisce un’idea delle relazioni gerarchiche che intercorrono

tra i vari orientamenti. Dalla sua analisi si intuisce come l’attività manutentiva si sviluppa,

già da tempo, in tre diverse direzioni, contemperando altrettante categorie di interventi:

Figura 1.2 Relazione gerarchica tra Politiche e Strategie di Manutenzione

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interventi che sono realizzati solo dopo che il guasto si è presentato (manutenzione

non programmata);

interventi che scaturiscono da un logico e predeterminato piano programmato

(manutenzione programmata);

interventi incentrati sul tentativo di dare luogo ad un processo di miglioramento

continuo nella gestione di queste problematiche (manutenzione migliorativa), a

partire dalle procedure operative fino alla ridefinizione progressiva delle situazioni

critiche, basandosi sull’esperienza acquisita.

1.3.1 La manutenzione a guasto o correttiva

La manutenzione correttiva o “run-to-failure” è la modalità più semplice e antiquata: si

interviene solo dopo il manifestarsi del guasto. Questa strategia è efficace per sistemi non

critici e facili da riparare a basso costo, quando cioè è conveniente aspettare l’insorgere

del guasto prima di intervenire, poiché la riduzione dei tempi di fermata e l’aumento della

disponibilità, ottenibili con altre modalità di manutenzione, non sono tali da giustificare

il maggior onere derivante dall’adozione di una strategia più sofisticata.

Si tratta dunque di individuare il componente guasto e di prendere le misure atte a

ristabilire la corretta funzionalità del sistema.

Gli aspetti discutibili associati a questa strategia sono numerosi:

i fermi macchina si presentano in maniera casuale e a volte nel momento meno

opportuno;

un guasto grave ed inaspettato su un componente può avere conseguenze deleterie su

altri elementi del sistema, compromettendone la funzionalità con un aggravio

consistente dei costi;

riparazioni non programmate comportano spesso tempi lunghi di ripristino,

ostacolando la produzione e tenendo occupato poco proficuamente il personale

tecnico.

1.3.2 La manutenzione preventiva

Rientrano in questa categoria gli interventi eseguiti in base alla convinzione che sia

determinabile a priori la vita media di un componente e che si possa anticipare il guasto

di un sistema complesso (macchina o linea di produzione), pianificando il momento

dell’intervento, in genere di sostituzione, in funzione del tempo di vita attesa del

componente stesso.

Questo approccio ha favorito la crescita culturale e organizzativa della funzione

manutenzione, ma, se applicato in maniera generalizzata, non incide in modo sostanziale

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sull’affidabilità e sulla disponibilità di un impianto, parametri non strettamente legati alla

sua vita utile, con un aumento significativo dell’impiego di risorse umane e di materiali.

Figura 1.3 Costo Totale di Manutenzione in funzione del Livello di Manutenzione

La Figura 1.3 mostra l’andamento dei costi di manutenzione a guasto e preventiva in

funzione del livello di manutenzione aziendale. È evidente che per ottenere un costo totale

accettabile è opportuno un bilanciamento tra le attività correttiva e programmata.

Sempre nell’ambito della manutenzione programmata e naturale evoluzione delle attività

pianificate ad intervalli costanti (manutenzione preventiva ciclica), rientra la

manutenzione su condizione, che promuove l’esecuzione delle attività solo quando

necessarie ed evita di bloccare capitali ingenti per garantirsi le parti di ricambio.

1.3.3 La manutenzione predittiva

Dalle attività preventive programmate, ci si è indirizzati verso una visione più moderna

delle problematiche manutentive, che ha condotto all’utilizzo di tecniche non distruttive

per testare i sistemi ed identificare con anticipo la presenza di guasti, così da poter

programmare una revisione solo quando le condizioni della macchina ne determinano la

necessità. Quest’approccio, che è definito manutenzione predittiva, è un ulteriore

sviluppo ed affinamento della manutenzione preventiva, e prevede la programmazione in

tempo reale degli interventi in funzione delle condizioni della macchina e dei requisiti da

rispettare, permettendo di evitare lunghi fermi macchina non previsti e contribuendo a

migliorare l’affidabilità globale del sistema, per giunta ad un costo contenuto.

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La considerazione che sta alla base dell’adozione di questo approccio è che,

generalmente, un guasto non si manifesta all’improvviso, ma nella maggioranza dei casi

(soprattutto per i sistemi meccanici, idraulici e pneumatici), costituisce solo il punto di

arrivo di un deterioramento progressivo.

La manutenzione su condizione viene definita sulla base di parametri decisionali che

consentono di capire quali siano le reali condizioni della macchina, attraverso

l’esecuzione di misure, ispezioni e controllo che, in genere, non prevedono lo smontaggio

dei componenti della macchina. Queste azioni, effettuate ad intervalli regolari definiti per

ogni funzione, consentono di rilevare quando le prestazioni di un componente iniziano a

degradare e, sulla base di queste informazioni, si può decidere se effettuare l’intervento

prima che il guasto si verifichi.

Le tecniche di più largo utilizzo sono:

monitoraggio visivo: alla ricerca di eventuali segnali come cricche, difetti e

disallineamenti;

monitoraggio della rispondenza alle specifiche: verifica che i parametri di esercizio

di un macchinario (temperatura, pressione, velocità, …) corrispondano ai valori

previsti da progetto;

monitoraggio delle vibrazioni e del rumore.

Questa strategia, che adopera l’andamento dei parametri monitorati per predire i guasti

potenziali, è un processo diagnostico, che, fornendo indicazioni sullo stato di salute della

macchina, consente di pianificare interventi di revisione, basandosi sulle effettive

condizioni dei componenti piuttosto che sul tempo di funzionamento.

1.3.4 La manutenzione migliorativa

Il limite della manutenzione predittiva è che pretenderebbe di fornire all’operatore un

segnale di allerta con un anticipo sufficiente a permettere di programmare le riparazioni

necessarie. Se il servizio di manutenzione non rispondesse in maniera rapida al segnale,

le condizioni di guasto incipiente potrebbero presto trasformarsi in quelle di guasto

imminente.

Reali benefici, per far fronte a questo problema, si possono conseguire con un altro tipo

di manutenzione su condizione: la manutenzione migliorativa, detta anche Proactive

Maintenance, che si realizza in anticipo rispetto a qualsiasi danno relativo ad un

componente o alla prestazione del sistema, con interventi volti ad evitare l’insorgere di

quelle condizioni che possono condurre al deterioramento del sistema stesso.

In sostanza, anziché monitorare i parametri che segnalano un guasto potenziale ed

aspettare il raggiungimento di una certa soglia d’allarme per pianificare l’intervento, la

manutenzione migliorativa si propone di individuare e correggere valori anomali delle

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cause prime di guasto, dette radici del guasto, che potrebbero portare a condizioni di

instabilità operativa.

1.4 Il ruolo dell’Ingegneria di Manutenzione

Con il termine Ingegneria di Manutenzione si intende la funzione che, utilizzando un

insieme di tecniche e strumenti software che le sono propri, ha il compito di dedurre, dalle

analisi quantitative svolte, adeguate proposte di miglioramento della manutenzione, sia

dal punto di vista tecnico, che gestionale [5]. Il ruolo assunto dall’Ingegneria di

Manutenzione è il risultato di un’evoluzione della manutenzione dalle forme puramente

reattive verso forme sempre più sofisticate, in cui convergono concetti e metodi tipici

dell’ingegneria per ottenere risultati sempre migliori in termini di sicurezza, efficienza,

efficacia e costi.

Figura 1.4 Ruolo dell’Ingegneria di Manutenzione

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La Figura 1.4 permette di schematizzare la posizione organizzativa ed il ruolo

dell’Ingegneria di Manutenzione. In essa si identificano, partendo dal basso, i tre

principali macroprocessi organizzativi della manutenzione:

Il processo di Esecuzione della Manutenzione riceve gli ordini operativi dal processo

di Gestione della Manutenzione e riporta ad esso lo stato di avanzamento degli stessi,

oltre a tutte le informazioni sugli interventi preventivi o a guasto;

Il processo di Gestione della Manutenzione genera un report delle sue attività che

riguardano l’organizzazione degli interventi, dalla fase di pianificazione alla loro

consuntivazione, e lo invia alla funzione di Ingegneria di Manutenzione;

Infine, il processo di Ingegneria di Manutenzione, utilizzando un insieme di tecniche

e strumenti di supporto, ha il compito di dedurre dall’analisi dei dati ricevuti, adeguate

proposte di miglioramento delle attività manutentive, dal punto di vista tecnico e

gestionale. Le deduzioni ed i piani realizzati dall’Ingegneria di Manutenzione

vengono quindi trasferiti come input alla Gestione della Manutenzione, che ha il

compito di prepararne la messa in pratica.

Tra le varie attività svolte dall’Ingegneria di Manutenzione, le principali sono:

progettare e promuovere le politiche e le strategie manutentive più adeguate al

contesto specifico, analizzando l’applicazione dei diversi modelli ed individuando il

loro mix ottimale, cioè al minimo costo totale;

pianificare interventi per il miglioramento dei parametri di affidabilità del sistema,

inteso come insieme di elementi che si comportano come un’entità che si propone la

realizzazione di alcune funzioni o servizi;

promuovere il miglioramento continuo delle prestazioni tecniche dei sistemi e dei

costi di manutenzione;

gestire le parti di ricambio;

sviluppare e diffondere i Sistemi Informativi di Manutenzione;

costituire il riferimento culturale di tutta l’organizzazione manutentiva.

1.4.1 Criteri di progetto della manutenzione

Il progetto delle strategie manutentive per un sistema produttivo richiede che si possieda

una conoscenza adeguata dei beni da mantenere e del loro funzionamento.

Definire un piano di manutenzione vuol dire non solo determinare le attività e la

frequenza con la quale devono essere eseguite, ma, cosa ancora più importante,

individuare le esigenze manutentive per ogni asset produttivo, per stabilire il mix ottimale

di strategie che garantisca il corretto funzionamento del sistema ed elevata affidabilità.

Per progettare correttamente la politica di manutenzione occorre valutare diversi aspetti,

sia quelli che incidono sulle prestazioni affidabilistiche, sia su quelli economici.

Page 23: Politecnico di Milano · Nel capitolo 4 si descrive l’applicazione della metodologia RCM al caso Barilla, attuata con il progetto della manutenzione per una nuova linea di confezionamento

23

I criteri principali da considerare sono:

valutazioni di affidabilità: analizzare la scelta delle attività manutentive in base

all’affidabilità, significa valutare quali strategie siano potenzialmente applicabili in

funzione della fase del ciclo di vita operativa in cui si trova l’entità oggetto di

manutenzione; ciò vuol dire, ad esempio, procedere con controlli periodici al

mantenimento di un bene che non ha esaurito la propria età operativa, mentre potrebbe

essere conveniente provvedere alla sua sostituzione se è vicino al termine della sua

vita utile;

valutazione economica: se da un punto di vista affidabilistico sono definibili i modelli

di manutenzione in funzione dell’età operativa del bene, la loro valutazione

economica permette di individuare la politica migliore, per ottenere il minor costo

totale di manutenzione;

valutazione tecnica: a volte, la prestazione obiettivo che si persegue è di tipo tecnico,

anziché economico. Ad esempio, se si desidera ottenere la massima capacità

produttiva o continuità di servizio, l’obiettivo è la massima disponibilità operativa,

anche se questa condizione può non generare il minimo costo totale di manutenzione.

1.4.2 Indicatori di performance: parametri RAM

Tra gli indicatori di performance più comuni per l’Ingegneria di Manutenzione, vi sono i

parametri RAM, dall’inglese Reliability, Availability e Maintenability, che misurano lo

stato di affidabilità, disponibilità e manutenibilità di un sistema produttivo.

L’affidabilità è la attitudine di un’entità a svolgere una funzione richiesta in date

condizioni, durante un intervallo di tempo definito [6].

Il parametro di manutenibilità misura invece la attitudine di un’entità, in certe condizioni

d’uso, ad essere mantenuta o ripristinata in uno stato in cui possa eseguire la funzione

richiesta, quando la manutenzione è effettuata in date condizioni e vengono adottate le

procedure e le risorse prescritte [6].

Con il termine disponibilità, si intende la attitudine di un’entità ad essere in grado di

svolgere una funzione richiesta, in determinate condizioni, in un particolare istante o

durante un intervallo di tempo, partendo dal presupposto che siano fornite le risorse

esterne necessarie [6].

Una buona pianificazione delle attività da parte dell’Ingegneria di Manutenzione deve

garantire un elevato tasso di disponibilità dei macchinari, che si realizza incrementando

affidabilità e manutenibilità degli stessi, sostenendo al stesso tempo il minimo costo totale

di manutenzione.

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Definizione Finalità

Reliability

(Affidabilità)

Probabilità che un componente o sistema

svolga correttamente la sua funzione per

un certo periodo ed in condizioni

operative ben definite

Garantire una continuità nel

servizio del sistema che si

progetta, produce o gestisce

Availability

(Disponibilità)

Probabilità che un componente o sistema

svolga correttamente la sua funzione in

un istante prefissato ed in condizioni

operative ben definite

Ridurre al minimo il fermo

macchina, ottimizzare la

produzione e al contempo

garantire l'efficienza dei sistemi

di sicurezza in stand-by

Maintenability

(Manutenibilità)

Probabilità che il componente sia

riparato entro un tempo prefissato

comprendente la rilevazione del guasto e

la riparazione. In altri termini, l'attitudine

del sistema ad essere mantenuto

rapidamente e facilmente

Garantire il rapido ripristino dei

componenti guasti

Tabella 1.1 Parametri RAM

1.4.3 Costi di manutenzione

Il contenimento dei costi è uno degli obiettivi principali della funzione manutenzione;

occorre tuttavia evitare l’errore di voler risparmiare limitando la profondità

dell’intervento manutentivo: si risparmia quando si attua l’intervento, ma è poi molto

elevato il rischio di aumentare i costi totali di gestione.

Per contenere i costi totali occorre considerare non solo il potenziale risparmio dei costi

propri della manutenzione, ma anche il rischio di aumentare i costi indotti da una non

adeguata manutenzione.

Tra le voci di costo, le principali sono:

1. Costi diretti:

Materiali;

Manodopera interna;

Prestazioni di terzi.

2. Costi indiretti:

Costi di struttura;

Gestione dei materiali tecnici;

Servizi ausiliari;

Costi amministrativi e informatici;

Quota parte delle spese generali.

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25

3. Costi indotti:

Costi di mancato servizio o produzione;

Costi di non qualità;

Costi di non sicurezza.

Il contenimento dei costi totali si ottiene applicando sempre più estesamente la

manutenzione su condizione, la manutenzione predittiva e il miglioramento continuo:

questi approcci permettono di presidiare e contenere le conseguenze del guasto e rendono

possibile programmare e preparare i lavori di manutenzione, con il supporto di un

adeguato assetto organizzativo del servizio.

1.4.4 Gestione dei ricambi a magazzino

Quest’attività è di primaria importanza per garantire la disponibilità di materiale tecnico

di sostituzione in caso di interventi manutentivi di guasto o preventivi sulle macchine.

Una corretta gestione delle scorte consente di minimizzare i tempi di fermata e i costi di

immobilizzazione dei materiali, oltre ad evitare l’obsolescenza tecnica dei materiali a

magazzino.

Generalmente la scelta della modalità gestione dei ricambi va ad integrare la

progettazione delle attività manutentive, secondo il seguente criterio:

gestione a scorta, per quegli asset o componenti che si è deciso di mantenere a guasto,

cioè intervenire al ripristino solo quando non sono più in grado di compiere la

funzionalità per cui sono stati progettati;

gestione a fabbisogno, per quei componenti che sono soggetti a manutenzione

preventiva, dei quali si è deciso di rifornirsi soltanto in prossimità dell’esecuzione

dell’intervento tecnico di sostituzione.

La gestione a scorta risulta solitamente la più impegnativa e onerosa, ma è irrinunciabile

per fronteggiare il guasto imprevisto che richiede una immediata riparazione. Deve essere

oggetto di una revisione continua, per assicurare un’elevata reperibilità di materiale ma

al costo minimo di immobilizzazione.

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26

1.4.5 Miglioramento continuo

Una volta fissati in maniera chiara gli obiettivi e raggiunti i valori attesi, in termini di

affidabilità degli impianti ed economici, l’Ingegneria di Manutenzione deve provvedere

al controllo e al continuo incremento delle performance conseguite.

Attraverso l’integrazione tra la funzione esecutiva e quella gestionale di manutenzione,

si deve infatti perseguire nel tempo un miglioramento progressivo dell’affidabilità e

manutenibilità dell’impianto, e, di conseguenza, della sua disponibilità operativa e

dell’efficienza globale del processo produttivo.

Questa strada è percorribile attraverso una razionale pianificazione delle attività, la loro

corretta implementazione e il controllo delle prestazioni raggiunte, per analizzare con

criticità eventuali carenze e prendere le necessarie contromisure, nonché le iniziative di

miglioramento.

1.4.6 Sistemi Informativi di manutenzione

La normativa UNI 10584 definisce il SIM (Sistema Informativo di Manutenzione) come

un complesso di norme, procedure e strumenti atti a raccogliere ed elaborare le

informazioni necessarie alla gestione delle attività di manutenzione e per il monitoraggio

dell’attività degli impianti [7].

Sono sistemi per la modellazione, l’analisi e la simulazione che supportano l’Ingegneria

di Manutenzione nella progettazione o revisione della gestione della manutenzione, con

l’obiettivo di migliorare le prestazioni raggiunte dal sistema oggetto delle attività

manutentive. Mettono a disposizione diversi tipi di analisi e di supporti nella scelta delle

più efficaci strategie di manutenzione e gestione dei materiali di ricambio.

Dal punto di vista dei contenuti, è possibile dire che i sistemi software per l’ingegneria di

manutenzione costituiscono il supporto operativo delle diverse metodologie di analisi

ingegneristica dell’affidabilità dei sistemi e della manutenzione in generale.

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Capitolo 2

Metodologia Reliabilty Centered Maintenance (RCM)

2.1 L’approccio alla manutenzione basato sul metodo RCM

Per ottenere un vantaggio competitivo attraverso la funzione manutentiva,

l’organizzazione aziendale deve sviluppare internamente e diffondere a tutti i livelli la

consapevolezza che la manutenzione non è un centro di costo, bensì una fonte di ricchezza

e valore aggiunto.

Da una ricerca condotta da AIMAN, Associazione Italiana di Manutenzione, a proposito

della situazione della manutenzione a livello nazionale, è emerso come si preferiscano

riduzioni di costo nel breve/medio periodo, piuttosto che il mantenimento nel tempo del

volere dei beni. Inoltre, la tensione verso una sempre maggiore produttività ha comportato

una progressiva riduzione della manodopera, che in manutenzione rappresenta circa i 2/3

della spesa complessiva.

Questa visione della funzione manutentiva è ancora vincolata al concetto che al verbo

“mantenere” si associa l’evento esecutivo di riparazione del guasto, anziché l’attività di

conservazione nel tempo delle condizioni ottimali dei beni. Essa deriva principalmente

da:

Scarsa o mancata conoscenza degli impianti produttivi;

Filosofie aziendali orientate alla produzione e non alla manutenzione;

Mancata visione strategica nell’Ingegneria di Manutenzione.

In contrapposizione netta a questo concetto, si pone l’approccio alla manutenzione di

quelle aziende che si sono orientate verso la metodologia Reliability Centered

Maintenance (RCM). Con questo termine ci si riferisce ad un insieme di regole e

strumenti che consente di definire dei piani di manutenzione costituiti esclusivamente da

quelle attività che, eseguite sull’oggetto da mantenere, servono a garantirne le prestazioni

e l’affidabilità in rapporto sia alla sua importanza nel processo, che al contesto nel quale

l’oggetto si trova ad operare [8], [13].

Anziché ridurre i costi attraverso il taglio del personale e la riduzione delle attività di

manutenzione, l’approccio basato sulla RCM permette di conseguire una migliore

efficienza del processo e incrementare l’affidabilità degli impianti, che si traducono in

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possibilità di ampliare i volumi produttivi e gestire in maniera più efficace le risorse

coinvolte nel processo.

La sua adozione e applicazione concreta deve passare innanzitutto dall’apertura mentale

dell’organizzazione aziendale al metodo stesso; tra i principali aspetti alla base di questo

cambiamento citiamo i seguenti:

la necessità di conservare nel tempo le funzioni e le prestazioni richieste al bene,

piuttosto che la sua conservazione fisica;

considerare la manutenzione di routine come un’attività che elimina le cause di guasto

e che non si limita solo ad attuarne le conseguenze;

la manutenzione non è un centro di costo per l’azienda, ma di profitto.

La letteratura scientifica ha promosso negli ultimi anni la diffusione del metodo nel

contesto industriale, permettendo alle aziende che ne hanno fatto uso nel modo corretto

di raggiungere gli obiettivi prefissati in tempi rapidi.

Moubray (2000) definisce la RCM come un “processo che mira a definire cosa deve

essere fatto per assicurare che gli asset produttivi continuino a fare ciò che l’utilizzatore

si aspetta che essi facciano in un determinato contesto operativo” [9]; infatti, l’obiettivo

della filosofia trasmessa dal metodo è garantire lo stato di funzionalità dell’impianto, con

l’affidabilità e disponibilità richieste, al minimo costo totale.

Questa definizione è in linea con quanto espresso da Rusand (2004), secondo cui l’RCM

è “una considerazione sistematica delle funzioni elementari del sistema, delle sue

modalità di guasto, che determina una priorità di azioni basandosi sulla sicurezza,

affidabilità ed economicità del piano, per definire obiettivi applicabili ed efficaci di

manutenzione preventiva” [10].

Una sua corretta applicazione consente di:

migliorare le prestazioni operative ed il rapporto costo/efficacia;

definire un piano di manutenzione o migliorare il piano esistente, eseguendo le attività

più efficaci ed eliminando quelle non necessarie.

2.2 Cenni storici sulla metodologia

La metodologia RCM fu implementata per la prima volta negli anni ’60 dall’aviazione

civile americana. L’obiettivo dell’analisi era quello di stabilire delle linee guida per le

manutenzioni degli aerei di linea, per i quali le attività preventive non erano sufficienti a

garantire quel livello di affidabilità richiesto al bene per la sua missione.

Questo progetto condusse alla realizzazione del documento “Maintenance Evaluation

and Program Development from the Air Transport Association”, utilizzato per lo sviluppo

di un piano di manutenzione per il Boeing 747 secondo quei concetti che

contraddistinguono la metodologia RCM.

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29

L’approccio ha trovato largo successo in quei settori dove la manutenzione è

indispensabile per garantire la sicurezza nell’utilizzo dei sistemi, come le industrie di

processo e le industrie critiche. Tuttavia, sta trovando ampio spazio anche nel

manifatturiero, dove grazie ad una serie di accorgimenti e ad ispezioni per il rilevamento

delle condizioni operative del sistema di produzione, porta ad indubbi vantaggi tecnici ed

economici.

In tutti i contesti in cui viene applicata, permette di rendere razionale la manutenzione su

“dati certi” quali:

utilizzo dell’esperienza acquisita ma con verifica, volta per volta, di tutte le

assunzioni;

manutenzione preventiva come processo utile per anticipare i guasti, ma sempre sulla

base di criteri di affidabilità;

analisi logica delle decisioni al fine di evidenziare immediatamente e prevedere

l’impatto delle azioni correttive.

La RCM nasce dal tentativo di trovare risposte ai seguenti interrogativi, che generalmente

non vengono considerati in fase di progettazione della manutenzione:

Cosa fa il sistema?

In che tipo di avarie funzionali incorre?

Quali sono le probabili conseguenze?

Che cosa si può fare per prevenirle?

E’ un processo indubbiamente costoso in termini di tempo e risorse coinvolte, ma aprirsi

a questa metodologia permette di raggiungere tutti gli obiettivi possibili per la funzione

aziendale di manutenzione.

2.3 Fasi del processo

Il processo di applicazione del metodo è oggi definito in uno standard pubblicato dalla

SAE (Society of Automotive Engineers). Tale documento, noto come “Evaluation Criteria

for Reliability-Centered Maintenance (RCM) Processes”, dice che un processo, per essere

un processo di “RCM” deve ottenere risposte soddisfacenti a queste sette domande che si

devono fare nel seguente ordine [11]:

1. Quali sono le funzioni ed i relativi standard desiderati di funzionamento del sistema

nel suo contesto operativo?

2. In quali modi il sistema può fallire la propria missione?

3. Cosa provoca i guasti funzionali?

4. Quali sono le conseguenze di ogni singolo guasto funzionale?

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5. Quale è la gravità delle conseguenze del guasto?

6. Cosa si può fare per prevenire o predire ogni singolo modalità del guasto?

7. Cosa si dovrebbe fare nel caso di non fattibilità di azioni proattive?

Questo approccio è integrato dall’utilizzo delle informazioni raccolte sul processo e sul

comportamento delle macchine, fondamentali per la determinazione delle decisioni da

prendere per rispondere in modo soddisfacente alle domande elencate.

L’intero processo metodologico è schematizzato di seguito; si elencano anche quelli

strumenti utili per l’implementazione della RCM.

Figura 2.1 Schematizzazione metodologia RCM

Il metodo, per una sua corretta applicazione, richiede lo sviluppo di una sequenza di fasi,

che, partendo dall’analisi del sistema globale, permettono di individuare le strategie

manutentive più adeguate per la conservazione degli asset produttivi.

Si elencano di seguito le fasi principali:

1. Raccolta di informazioni. All’inizio dell’analisi è opportuno e necessario raccogliere

le informazioni tecniche per ogni sistema e per i suoi componenti (meccanici,

pneumatici, elettrici, elettronici); sono utili allo studio sia le informazioni descrittive

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(schemi di sistema, layout) che operative (istruzioni per la manutenzione, standard

delle prestazioni);

2. Identificazione e suddivisione del sistema. Uno dei principali compiti da realizzare è

l’identificazione di tutti i sottosistemi coinvolti nel processo produttivo, effettuandone

una suddivisione logica grazie alla predisposizione di una System Work Breakdown

Structure (SWBS). La scomposizione può essere sia a livello strutturale sia

funzionale, anche se generalmente si preferisce il secondo approccio;

3. Analisi dei sottosistemi. La RCM prevede un’analisi dei requisiti manutentivi dei vari

sottosistemi, che si spinge fino a un dettaglio funzione della complessità del sistema

stesso. Questa fase viene svolta individuando il livello di criticità di ogni apparato nei

confronti di tre fattori principali:

Sicurezza e impatto sull’ambiente: permette di valutare quanto un guasto improvviso

su un certo sottosistema sia deleterio nei confronti della sicurezza degli operatori, dei

tecnici che realizzano il ripristino del sistema e dell’impatto nei confronti

dell’ambiente esterno;

Processo: si definisce un indice di priorità valutando quanto il guasto di un

sottosistema influenzi lo stato del processo produttivo, cioè se ne causa l’arresto, un

rallentamento o non causa alcuna conseguenza significativa;

Qualità del prodotto o servizio: è necessario definire anche il parametro di criticità nei

confronti del livello qualitativo del prodotto/servizio reso; infatti, un guasto ad un

sottosistema potrebbe generare uno scarto di lavorazione o non causare conseguenze

sullo standard atteso di qualità.

L’analisi, grazie ad un flusso logico, consente di categorizzare i gruppi funzionali del

sistema in base alla loro funzione nel processo e determinare un elenco prioritario di

quegli elementi che necessitano di un’ulteriore scomposizione.

Vengono pertanto individuati i principali componenti che costituiscono i suddetti

apparati e attraverso una FMECA (Failure Mode and Effects Criticality Analysis),

vengono definite le loro modalità di guasto, le cause, e gli effetti del guasto a livello

locale (macchina) e globale (impianto). L’obiettivo della FMECA è quello di definire

un ordine di criticità dei guasti identificabili sulle macchine, assegnando ad ognuno

di essi un valore numerico sulla gravità e probabilità di accadimento e sul livello di

rintracciabilità dell’evento prima che esso si verifichi.

4. Scelta delle strategie manutentive. Questa fase operativa avviene attraverso l’uso di

un albero logico delle decisioni: al termine della scomposizione del sistema e

dell’analisi critica dei guasti potenziali per i diversi componenti, si utilizza una serie

di domande per caratterizzare le eventuali avarie funzionali. Le risposte

permetteranno di formulare un giudizio sulla criticità di ciascun guasto e sulla

possibilità di individuare un controllo efficiente.

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5. Periodicità dei controlli. Numerosi studi nel settore manutentivo hanno rivelato che,

molto spesso, non esiste una correlazione inversa tra il tempo d’utilizzo e l’affidabilità

di un componente: ciò non significa che esso non si usura, ma che gli istanti di tempo

in cui si manifestano i guasti sono distribuiti in modo tale da rendere inutile un

programma di manutenzione preventiva ciclica. Al contrario un approccio del genere

potrebbe condurre all’incremento del tasso medio di guasto. Considerando

quest’ottica, risulta conveniente adottare una periodicità iniziale dettata

dall’esperienza del personale di manutenzione, per poi modificarla in base alle

conoscenze acquisite operativamente sul campo.

6. Efficienza di costo. Per poter essere sostenibile, un piano di manutenzione deve essere

economicamente realizzabile. Si parla, in questo contesto, di efficienza di costo,

intendendo misurare l’efficienza raggiunta nell’utilizzare delle risorse per ottenere

certi risultati. In pratica bisogna valutare i costi annuali derivanti dallo svolgimento

delle singole attività e compararli con i costi diretti annuali dei guasti che ciascuna

attività mira a prevenire.

Riassumendo, la RCM utilizza come base un modello di analisi delle cause di guasto che

consente al manutentore di definire i piani e le modalità di gestione degli interventi [4].

Per conseguire questo risultato, una corretta implementazione della metodologia deve

riguardare i seguenti aspetti:

stimolare la valutazione delle conseguenze dei guasti, in modo da integrare le

decisioni circa la sicurezza, i parametri economici e i costi di manutenzione;

sviluppare la ricerca sui modelli di comportamento al guasto dei sistemi complessi,

per avere un approccio innovativo nella scelta delle più opportune politiche di

prevenzione, o nell’individuazione di attività alternative qualora la manutenzione

preventiva non sia applicabile;

combinare queste attività, in un processo che garantisca la generazione di scelte

ottimali alla ricerca del miglioramento continuo.

2.3.1 Raccolta dei dati

La prima fase del processo è mirato a raccogliere ed analizzare le informazioni sul sistema

in esame, per definirne le caratteristiche tecniche ed operative. Lo scopo della raccolta

dei dati è, secondo Overman (2007), “la ricerca delle modalità di guasto caratteristiche

per il sistema e in generale per i sottosistemi che lo compongono per identificare le azioni

più appropriate a seconda delle esigenze” [11].

E’ infatti abbastanza intuibile come ogni componente (sia esso meccanico, pneumatico,

elettrico o elettronico) è destinato a rompersi senza adeguati interventi di ispezione e

mantenimento: seppure una corretta progettazione sia indispensabile per il buon

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funzionamento del sistema, l’usura e le condizioni di ciclo operativo determinano un

effetto di degradamento nel tempo delle sue prestazioni fino all’evento di rottura.

Questo effetto può essere prevenuto grazie a degli interventi manutentivi mirati al

monitoraggio e controllo dello stato del sistema, ma per questioni strettamente legati

all’impiego dispendioso di risorse (tempo, manodopera, materiali) è impensabile e

soprattutto poco utile tentare di anticipare ogni tipologia di avaria funzionale.

Figura 2.2 Andamenti tipici del tasso di guasto nel tempo

Si riportano in Figura 2.2 le curve caratteristiche del tasso di guasto, definito come

probabilità di accadimento del guasto in funzione del tempo, per un generico sistema

elettronico o elettrico (grafico in alto) e meccanico o pneumatico (grafico in basso). E’

evidente che, tipicamente per sistemi meccanici, lo stato d’usura causa un effetto di

invecchiamento, con conseguente crescita della probabilità del guasto quando il sistema

è prossimo all’esaurimento della vita utile prevista in fase di progettazione. In sistemi

elettrici ed elettronici, invece, la probabilità di guasto è generalmente elevata nella fase

iniziale, fenomeno detto di mortalità infantile, mentre nella fase di vita utile rimane

pressoché costante in funzione del tempo: questo comportamento fa sì che, per questo

tipo di componenti, sia quasi impossibile prevedere e anticipare il momento in cui si

presenterà l’avaria, anche ricorrendo ad azioni di controllo.

Inoltre, ogni guasto non è soltanto descritto dalla sua probabilità di accadimento, ma

anche da l’impatto che esso ha nei confronti dello stato del sistema: potrebbe portare allo

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stato di fermo l’intero impianto, eventualmente con effetti anche in termini di sicurezza,

o non avere alcun conseguenza significativa sull’esecuzione del processo produttivo.

Diventa quindi fondamentale identificare le caratteristiche tecniche degli asset del

sistema attraverso la raccolta delle informazioni per valutare, categorizzare e definire le

priorità degli interventi, poiché la sola conoscenza dei possibili stati di guasto non è

sufficiente per individuare le attività di manutenzione più appropriate.

2.3.2 Scomposizione del sistema: System Work Breakdown Structure

Il livello di dettaglio della scomposizione è funzione della complessità degli asset

produttivi; infatti, all’interno di uno stesso sistema, potrebbe essere necessario spingersi

all’identificazione dei singoli componenti per certi tipi di asset, mentre per altri potrebbe

bastare la visione d’insieme per definire le opportune attività di manutenzione. Inoltre,

una corretta articolazione del sistema permette di individuare le diverse esigenze di

manutenzione e l’allocazione ottimale delle risorse manutentive.

Un aspetto molto importante per l’esecuzione della metodologia consiste nel fatto che la

scomposizione fisica del sistema va integrata e completata con quella funzionale: per una

corretta progettazione della manutenzione bisogna prima definire le caratteristiche

operative e le prestazioni standard di ogni elemento che compone il sistema [9].

L’identificazione degli elementi più critici e delle loro funzionalità è una fase preliminare

necessaria per condurre una buona analisi sulle modalità e sugli effetti dei singoli guasti.

Figura 2.3 Relazione tra scomposizione strutturale e funzionale di un sistema

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In Figura 2.3 è mostrata la relazione tra la natura fisica e funzionale delle entità.

Così come per ogni sistema si può definire la una sua missione operativa, anche ogni suo

asset, sottosistema e componente elementare ha una specifica funzione da realizzare per

garantire il raggiungimento della missione stessa.

2.3.3 Analisi delle criticità del sistema

Dopo aver definito le condizioni operative del sistema, la fase successiva della

metodologia RCM si focalizza sulla ricerca degli apparati (asset produttivi e gruppi

funzionali) più critici. Per poterla eseguire sono necessari degli strumenti di supporto per

determinare innanzitutto i sottosistemi maggiormente soggetti a guasti e, in un secondo

momento, per valutare qualitativamente e quantitativamente quanto l’insorgere di un

guasto determini il decadimento delle prestazioni attese.

A tale scopo si elencano i principali strumenti che sono stati utilizzati, definendone gli

obiettivi del loro impiego:

1. Analisi di Pareto

Nella fase iniziale dell’analisi è necessario mettere in evidenza quali siano gli asset che

penalizzano maggiormente il processo in termini di numero di interventi di manutenzione

per guasto e ore sottratte alla produzione. Per poter compiere questo tipo di studio è di

fondamentale importanza ricorrere ai Sistemi Informativi di Manutenzione, che

consentono la raccolta dei dati di guasto e le rendono disponibili per condurre l’analisi

del sistema.

Il livello di affidabilità dello studio è quindi funzione della bontà dei dati raccolti: tanto

maggiore è il numero e il dettaglio dei dati, tanto maggiore sarà anche la consistenza dei

risultati ottenuti sull’andamento dei guasti occorsi al sistema.

Attraverso l’analisi di Pareto sarà possibile tracciare una mappa della criticità degli asset

e, se i dati utilizzati lo consentono, dei singoli gruppi funzionali.

Come mostra la Figura 2.4, generalmente si individuano tre macro aree:

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Figura 2.4 Classificazione ABC di Pareto

Area A: rientrano in questa zona un esiguo numero di sottosistemi, all’incirca il 20%

del numero totale, ma in termini di perdite essi sono responsabili della quasi totalità

degli eventi di guasto (80%);

Area B: in questa area è possibile trovare una quantità maggiore di sottosistemi (circa

il 40% del totale); ad essi si deve un’incidenza minore sulle perdite di produttività del

sistema (15%);

Area C: comprende la restante quota dei sottosistemi (40%), ma sono soggetti ad un

numero di interventi per guasto che influenza solo marginalmente il sistema globale

(5%).

L’individuazione degli elementi più soggetti a guasto, permette di capire in che direzione

focalizzare l’attenzione nelle successive fasi di ricerca delle criticità.

2. Classificazione ABC dei sottosistemi

La fase successiva dell’analisi ha lo scopo di identificare la criticità degli elementi ad un

livello di dettaglio maggiore rispetto a quello definito con Pareto. Anche in questa ricerca

è buon uso far uso del Sistema Informativo di Manutenzione adottato dalla funzione di

Ingegneria di Manutenzione, ma se queste informazioni non fossero disponibili, o per

mancanza dei dati o perché si sta valutando le esigenze di un nuovo sistema per cui non

esiste uno storico dei guasti, si può far ricorso ad un’analisi puramente qualitativa.

Questa permette di definire quanto un guasto ad un sottosistema infici le prestazioni del

sistema e, attraverso una valutazione dei risultati ottenuti, sarà possibile definire

sottosistemi di classe A, B e C.

I sottosistemi produttivi sono assegnati alle diverse categorie in base a quanto essi siano

critici secondo una serie di parametri, che sono elencati e definiti di seguito:

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Sicurezza/Ambiente: definisce il livello di criticità nei confronti della sicurezza delle

persone coinvolte e del danno ambientale conseguente al verificarsi di un’avaria

funzionale del sottosistema;

Qualità: questo parametro misura quanto un sottosistema svolga una funzione più o

meno importante nel garantire lo standard qualitativo del prodotto o servizio

realizzato dal processo;

Utilizzo della macchina: si determina la continuità di impiego del sottosistema

all’interno del ciclo operativo, cioè se esso sia sempre coinvolto attivamente nella

missione del sistema o se sia impiegato solo in determinati momenti o fasi;

Perdita di produzione: indica se, nel caso in cui un sottosistema non sia in grado di

svolgere le funzioni previste, il suo arresto determina una fermata del sistema, un suo

rallentamento o non comporti alcun effetto collaterale;

Manutenibilità: il parametro di manutenibilità quantifica il tempo di intervento

necessario al ripristino del sistema; se un sottosistema è difficilmente accessibile,

determina una perdita significativa, al contrario se è facilmente riparabile, avrà

un’influenza minore.

Ad ogni parametro viene associato un corrispondente valore numerico e attraverso un

flusso logico che utilizza i pesi assegnati si individuano le categorie di appartenenza dei

diversi apparati.

Le categorie sono definite secondo la tabella indicata di seguito:

Classe Criticità

A L'asset/sottosistema è molto critico e ci

sono gravi conseguenze in caso di guasto

B L'asset/sottosistema ha un livello di

criticità medio

C L'asset/sottosistema ha un livello di

criticità solo marginale

Tabella 2.1 Classificazione ABC secondo M.I.B Maintenance Plan

Per ogni classe, si procede nelle seguenti modalità:

Classe A: comprende gli apparati più critici, che hanno un impatto sostanziale in

termini di sicurezza o continuità del processo; per questa categoria è necessario

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provvedere ad una scomposizione ad un dettaglio maggiore, per identificarne i

componenti critici e prendere le adeguate misure per prevenire l’insorgere delle

avarie;

Classe B: appartengono a questa categoria apparati che hanno un’influenza minore

rispetto alla classe precedente, ma è comunque opportuno verificarne le principali

modalità di guasto e valutare eventuali azioni di intervento preventivo;

Classe C: comprende elementi che hanno un impatto solo marginale e non

determinano perdita di sicurezza e funzionalità del sistema sostanziali; vengono

mantenuti a guasto e non richiedono un ulteriore scomposizione rispetto alla visione

di insieme.

3. Analisi FMECA

La corretta applicazione del processo RCM prosegue con una FMECA, metodologia di

studio affidabilistico le cui origini concettuali sono di supporto alla progettazione di

sistemi complessi. Negli anni più recenti ha, tuttavia, trovato molto spazio di applicazione

in altri ambiti di utilizzo, quali l’analisi di processo e la manutenzione degli impianti

industriali.

Secondo la normativa UNI 10336, costituisce un elemento fondamentale nell’ingegneria

di manutenzione, nel cui ambito si è affermata come lo strumento d’elezione per:

l’analisi delle modalità di guasto delle entità complesse;

l’identificazione dei suoi elementi critici dal punto di vista dell’affidabilità;

la definizione ragionata del piano di manutenzione a partire dai componenti critici.

Sostanzialmente la metodologia FMECA è una procedura fondata su due criteri

principali:

il primo è costituito dalla scomposizione gerarchica dell’entità in sottogruppi a

complessità decrescente, fino ad arrivare al livello di dettaglio voluto (eventualmente

fino ai componenti elementari del sistema) per ottenere una struttura ad albero

rovesciato secondo il principio dell’analisi funzionale;

il secondo criterio consiste nell’esecuzione dell’analisi di affidabilità ad ogni livello

e cioè nella determinazione di modo, causa, meccanismo ed effetto del guasto a quel

livello, valutando in modo opportuno la criticità del componente in esame.

Alla fine di questo processo di analisi si ottiene un quadro estremamente articolato e

documentato del modo e della probabilità con cui si possono generare i guasti nell’entità

e, su tale base, si possono definire le azioni di progettazione, pianificazione e

miglioramento della manutenzione o del progetto dell’entità.

Prima di descrivere nel dettaglio la metodologia, si richiama la terminologia utilizzata nel

corso di una FMECA nella seguente tabella [5].

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Termine Significato

Modo di guasto Modo in cui si manifesta il guasto ed il suo impatto sulle operazioni di

un'entità (può essere totale, parziale o intermittente)

Meccanismo del

guasto

Fenomeno naturale di degrado del funzionamento di un'entità che

perdurando nel tempo può portare al guasto della stessa (può essere un

processo fisico di carico meccanico, di carico termico o fisico/chimico

di invecchiamento

Causa del guasto

Origine determinante che spiega il guasto, cioè "la circostanza che

porta al guasto", di un'entità (può essere dovuta a molti fattori, tra cui

una non adeguata progettazione, installazione, ad usura, ad un utilizzo

improprio o ad errata manutenzione)

Effetto di guasto Conseguenze che un modo di guasto ha sulle funzionalità di un'entità

Effetto locale

Conseguenze che un modo di guasto ha sulla funzionalità di un'entità a

livello di “scomposizione” più basso (livello di macchina)

Effetto finale

Conseguenza che un modo di guasto ha sulla funzionalità di un’entità a

livello di “scomposizione” più alto (livello di sistema globale)

Azione

correttiva

Modifica documentata del progetto, del processo, di una procedura, dei

materiali utilizzati, implementata per correggere un difetto progettuale

e/o prevenire o limitare una causa di guasto

Tabella 2.2 Terminologia d'uso per analisi FMECA

Dopo aver introdotto i termini specifici per l’impiego del metodo, si descrive la sequenza

logica delle fasi che compongono la metodologia:

Scomposizione dell’asset nei suoi gruppi funzionali principali e componenti

elementari;

Individuazione dei modi di guasto, dei meccanismi e delle cause potenzialmente

associati all’entità:

Individuazione dei sintomi di guasto incipiente/avvenuto associati a ciascun modo di

guasto, e dei metodi e delle modalità di rilevazione precoce/successiva al guasto;

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Analisi delle criticità, tramite attribuzione dell’indice di criticità, o indice di rischio,

associato a ciascun modo di guasto;

Individuazione delle azioni correttive e pianificazione della manutenzione.

L’analisi di criticità, che è l’obiettivo della FMECA, consiste nel valorizzare il rischio

operativo di ciascun modo di guasto; questo processo è basato sull’assegnazione di un

cosiddetto indice di rischio che può essere calcolato con diverse modalità. Questo indice

è noto come Risk Priority Number ed è calcolato come il prodotto di tre fattori:

𝑅𝑃𝑁 = 𝑆 ∗ 𝑃 ∗ 𝐷

Dove:

S è il fattore che misura la severity, cioè la severità (o gravità) degli effetti del guasto;

P è il parametro di probability, cioè la probabilità di accadimento dell’evento in

questione;

D è il fattore di detection, che misura la facilità con cui il guasto può essere rilevato

in anticipo mediante rilevazione del sintomo premonitore e/o la facilità con cui è

rilevato a guasto avvenuto.

Ciascun fattore deve essere definito a partire da una propria scala a punti, definita secondo

un approccio semi-quantitativo. La scala è costruita assegnando dei punteggi crescenti in

corrispondenza delle condizioni di rischio associate: più alto è il punteggio, peggiori sono

la severity (l’effetto di guasto è più grave), la probability (è più probabile che si verifichi

il guasto), la detection (è meno facile rilevare in anticipo il guasto incipiente e/o

diagnosticare il guasto avvenuto).

Definita la scala di riferimento per i tre fattori, viene usata per calcolare l’indice di rischio

RPN per ciascun guasto del sistema. Fatto il calcolo, si procede all’ordinamento dei

diversi guasti per indice RPN decrescente.

Il risultato ottenuto permette di selezionare i modi di guasto a maggior indice di criticità,

ma per l’implementazione degli interventi manutentivi, soprattutto nel caso di un sistema

nuovo, potrebbe essere preferibile focalizzare le attenzioni sul parametro calcolato come

prodotto tra severity e probabibilty. Si definisce un nuovo indice di rischio:

𝑅 = 𝑆 ∗ 𝑃

Infatti, poterebbero emergere dei guasti caratterizzati da un indice RPN elevato, ma con

valori di severity e probability bassi ed un alto valore di detection. In fase di prima

progettazione potrebbe essere più opportuno porre le maggiori attenzioni sui guasti con

parametro R elevato, ed affrontare successivamente le restanti avarie funzionali del

sistema.

In base al parametro appena definito, si definisce una matrice di criticità (Figura 2.5), le

cui aree sono funzione dei parametri di gravità e probabilità di accadimento del guasto.

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L’obiettivo di questo strumento è evidenziare quali guasti appartengono alle diverse aree

del grafico, e, a seconda di dove essi siano posizionati, stabilire un ordine di priorità di

intervento manutentivo.

Figura 2.5 Matrice di criticità

2.3.4 Albero logico delle decisioni

Compiuta l’analisi di criticità con il metodo FMECA, si passa alla fase propositiva e

decisionale della metodologia RCM. In questa fase, sono individuate le azioni correttive

per prevenire o limitare una possibile causa di guasto.

Le azioni correttive sono tipicamente sotto la responsabilità del servizio di manutenzione

e possono comprendere:

provvedimenti a carattere non periodico di manutenzione migliorativa (piccole

modifiche di progetto di impianto);

revisioni periodiche dell’impianto e, dove possibile, introdurre ispezioni e controlli

(manutenzione predittiva) con una certa cadenza temporale, che sarà poi ritarata in

base alle necessità reali degli asset;

integrare le scelte manutentive con le procedure di gestione dei ricambi, cioè stabilire

quali materiali gestire a scorta e a fabbisogno, in base alle scelte fatte in fase di

pianificazione delle attività di manutenzione.

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42

Queste decisioni vengono prese in base all’esistenza di un segnale debole, inteso come

sintomo premonitore di un futuro guasto e la sua monitorabilità, l’esistenza di una

previsione di durata (cioè se esistono indicazioni sulla vita utile di un componente) per

poter programmare ispezioni a cadenza o sostituzioni preventive, l’esistenza di

indicazioni o raccomandazioni sui criteri di manutenzione fornite dal costruttore. Ogni

guasto viene processato da un albero logico delle decisioni, con cui è possibile valutare

le modalità di gestione del guasto stesso.

Il percorso decisionale è rappresentato nel seguente diagramma di flusso, denominato

albero logico delle decisioni.

Figura 2.6 Albero logico delle decisioni

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Percorrere il diagramma significa porsi una serie di domanda sulle caratteristiche di

un’entità, in particolare sui componenti soggetti a guasto. Si individua la modalità di

guasto e, attraverso una serie di domande a cui è possibile rispondere soltanto sì o no, si

associa ad una sola categoria manutentiva. Questo processo permette di definire:

attività di ispezioni programmate a scadenza, eventualmente tramite l’impiego di

strumenti diagnostici (analisi vibrazionali, termografie, controllo dello stato degli oli,

analisi tramite strumentazioni specifiche per l’assorbimento elettrico di un motore)

per l’applicazione di manutenzione predittiva;

attività di sostituzioni a tempi fissati, mediante l’implementazione di manutenzione

preventiva ciclica;

attivare la manutenzione correttiva a guasto, in attesa di una revisione del piano a

seguito della raccolta dei dati storici sul trend dei guasti.

Si definisce così la politica di manutenzione, grazie alla scelta e all’integrazione delle

diverse strategie manutentive. Questo processo, per attuare il miglioramento continuo,

deve essere continuamente rivisitato e aggiornato, in funzione dei risultati raggiunti dalla

funzione manutenzione e in presenza dei dati di guasto raccolti sul sistema

2.3.5 Fattibilità economica del piano

Dopo aver progettato il piano manutentivo sono emersi le linee guida che hanno portato

alla sua definizione, che sono riassunte di seguito:

scomposizione del sistema fino ai componenti elementari, mediante analisi

funzionale;

analisi di criticità per definire gli asset/gruppi funzionali più influenti sulla operatività

del sistema e identificazione dei principali modi di guasto;

scelta della strategia manutentiva (predittiva, preventiva ciclica e correttiva) per ogni

modalità di guasto e della periodicità degli interventi, ed eventuale successiva

revisione del piano iniziale in base ai risultati raggiunti.

Così facendo non si tiene conto del costo del piano generato: per essere applicato, esso

deve essere sostenibile non solo da un punto di vista tecnico, ma anche economico.

La verifica di fattibilità economica di un piano manutentivo richiede un confronto tra il

costo totale di manutenzione e i benefici attesi nel tempo dall’applicazione delle strategie

manutentive prescelte, che possono rivelarsi dispendiose.

Questo aspetto è impossibile da verificare in fase di progetto del piano, poiché la

manutenzione mira alla conservazione delle prestazioni dell’impianto durante l’intero

ciclo di vita utile. È una valutazione non semplice da fare, cosicché spesso si mira solo al

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contenimento del costo attuale (costi diretti), senza valutare il costo complessivo

cumulato nel tempo di una manutenzione inadeguata (costi indotti).

Per indicare, seppur in modo qualitativo, i benefici dovuti all’utilizzo del metodo RCM e

alla sua attuazione, facciamo ricorso alla seguente tabella, in cui si confrontano i risultati

ottenibili con una manutenzione “standard” con quelli ottenibili con la RCM:

Piano di manutenzione

standard Piano di manutenzione

definito mediante RCM

Strategie

manutentive

adottate

Manutenzione correttiva

Manutenzione preventiva ciclica

Manutenzione correttiva

Manutenzione preventiva ciclica

Manutenzione predittiva

Vantaggi

-Contenimento dei costi diretti di

Manutenzione;

-Semplicità di gestione del piano

(non c’è necessità di pianificare

ispezioni e controlli sull'impianto e

ripianificare la cadenza degli stessi

in base alle condizioni del

sistema);

-Contenimento dei costi totali di

manutenzione, specialmente la voce di

costo indotto o di mancata produzione;

-Possibilità di programmare gli

interventi in base alle effettive

condizioni di funzionamento

dell'impianto;

Svantaggi

-Aumento dei costi totali con legge

quadratica (costo cumulato di

Manutenzione);

-Non è nota la condizione effettiva

dell'impianto: intervento ad

emergenza o senza conoscere lo

stato reale delle macchine;

-Aumento dei costi diretti di

manutenzione per l'esecuzione dei

controlli e l'installazione di eventuali

strumenti diagnostici;

-I risultati del piano sono evidenti su un

orizzonte di tempo medio-lungo;

-Le risorse disponibili (manodopera,

tempo) sono limitate;

Tabella 2.3 Confronto tra Politiche di Manutenzione

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Capitolo 3

L’azienda Barilla S.p.A. e il processo di produzione della pasta

3.1 Il settore di mercato e i principi aziendali

L’azienda Barilla nasce a Parma nel 1877 da un laboratorio di pane e pasta. Oggi possiede

30 siti produttivi in tutto il mondo (14 in Italia e 16 all’estero) e gestisce direttamente 9

mulini che forniscono il 70% della materia prima impiegata nella produzione di pasta e

di prodotti da forno.

Prima marca in Italia e nel mondo per la produzione di pasta, nei prodotti da forno il

gruppo Barilla è primo in Italia e terzo in Europa, nei sughi pronti è leader in Europa

continentale e nei pani croccanti è prima nei Paesi scandinavi.

Alla guida dell’azienda c’è, da oltre 130 anni, l’esperienza imprenditoriale di una famiglia

che oggi, con i fratelli Guido, Luca, Paolo ed Emanuela, è giunta alla quarta generazione.

La sua missione è diffondere nel mondo prodotti alimentari riconosciuti dal consumatore

come eccellenti per gusto, di qualità superiore e che contribuiscono a un’alimentazione

nutrizionalmente equilibrata.

Azienda leader nel settore grazie a forti investimenti in ricerca, innovazione e tecnologie,

Barilla basa la sua produzione alimentare su due principi fondamentali: la qualità dei

prodotti, l’attenzione a un’alimentazione sana e, naturalmente, il gusto, valore

gastronomico che caratterizza tutta l’offerta.

L’esportazione riguarda più di 100 paesi, dagli stabilimenti escono ogni anno quasi 1,7

milioni di tonnellate di prodotti alimentari che sono consumati in tutto il mondo con i

marchi Barilla, Mulino Bianco, Voiello, Pavesi, Alixir, Wasa, Harry’s (Francia, Spagna

e Russia), Lieken Urkorn, Golden Toast e Kamps (Germania), Accademia Barilla, Misko

(Grecia), Filiz (Turchia), Yemina e Vesta (Messico).

Onestà, trasparenza, innovazione, responsabilità sociale e ambientale sono i valori, frutto

di una forte e riconosciuta identità culturale, in cui Barilla s’identifica.

Questa identità, nata dallo stile imprenditoriale dei fondatori, si è man mano rafforzata in

più di 130 anni di conduzione da parte della stessa famiglia, divenendo una delle risorse

fondamentali per l’azienda.

La coerenza con principi e valori tradizionali e sempre attuali, la gestione delle risorse

umane come un patrimonio fondamentale e sistemi di produzione all’avanguardia fanno

di Barilla una delle aziende alimentari più considerate nel mondo come espressione del

“saper fare” italiano.

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46

3.2 Il comprensorio di Pedrignano

Figura 3.1 Comprensorio di Pedrignano (PR)

Il comprensorio produttivo di Pedrignano (Figura 3.1), sede centrale dell’azienda, inizia

la propria attività nel 1969, e grazie alla lungimirante visione di Pietro Barilla, presidente

dell’azienda in quel periodo, e ad un elevato investimento in tecnologie, rimane ancora

oggi il più grande stabilimento per la produzione di pasta al mondo.

La capacità produttiva totale annua è di circa 310000 tonnellate, distribuite nei prodotti

semola (pasta lunga, pasta corta, formati speciali), uovo e tortellino, ognuno dei quali è

realizzato all’interno di uno specifico sito produttivo.

Allo stabilimento semola, la cui costruzione coincide con quella del comprensorio, sono

stati affiancati gli stabilimenti uovo (1997) e tortellino (1999) - i cui prodotti erano in

precedenza realizzati in impianti più piccoli o tramite co-packer – per soddisfare

l’aumento dei loro volumi di vendita ed ampliare la presenza dell’azienda in quei settori

di mercato.

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3.3 L’organizzazione del servizio di Manutenzione in Barilla

Il progetto degli stabilimenti Barilla è opera del gruppo d’Ingegneria centrale, con sede a

Parma, mentre il loro mantenimento è affidato all’Area Tecnica di ogni sito produttivo.

Essa provvede alla conservazione dell’impianto ed al mantenimento della sua efficienza

(servizio di manutenzione), apportare modifiche e correzioni alle strutture per rinnovarne

e/o migliorarne il rendimento e la funzionalità (reparto ingegneristico) e alla

contabilizzazione delle spese che ne derivano (sezioni acquisti).

3.3.1 Il ruolo dell’Area Tecnica

L’organizzazione aziendale ha, tra le sue varie funzioni, quella di allineare e uniformare

nel tempo metodologie, processi e Best Practices tra tutti gli stabilimenti Barilla,

condividendo informazioni in modo proattivo, senza l’ausilio di consulenti esterni,

cosicché tutti gli stabilimenti “parlino la stessa lingua” e condividano strumenti utili per

attuare i miglioramenti e valutarne gli effetti.

Gli strumenti che l’Area Tecnica utilizza sono rivolti a raggiungere i seguenti obiettivi:

ottimizzare la vita utile del bene, l’efficienza operativa e l’efficacia dell’attività di

pianificazione e di esecuzione della manutenzione;

ottimizzare la gestione dei ricambi;

gestire le risorse ed ottimizzarne l’impiego.

Il tutto nel rispetto di norme e regolamenti interni ed esterni, diffondendo i valori e la

cultura Barilla. Le responsabilità dell’area tecnica coprono quattro principali categorie di

processi:

Processo di Manutenzione: consiste in attività di codifica e classificazione basate su

parametri strategici e di criticità, nella definizione ed applicazione delle strategie

manutentive più adatte e nella pianificazione delle attività sulla base del budget

assegnato.

Processo di gestione dei ricambi: consiste nel garantire la disponibilità dei pezzi di

ricambio, al fine di eseguire le strategie di manutenzione predefinite.

Processo ingegneristico: identifica, seleziona e gestisce, in termini di costi e tempi, i

progetti di manutenzione riguardanti gli impianti, apportando miglioramenti e

innovazione per conformarsi alle prestazioni standard, a leggi e regolamenti e alle

esigenze aziendali.

Processo di gestione dell’energia: consiste nel monitorare ed ottimizzare l’utilizzo di

energia ed acqua, e nella gestione dei progetti di risparmio energetico.

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3.3.2 Il flusso informativo e manutentivo in Barilla

Per comprendere al meglio le funzioni e procedure dell’Area Tecnica è importante fornire

una panoramica sul flusso generale delle attività di manutenzione in Barilla. E’ possibile

osservare, in Figura 3.2, come il flusso risulti composto da 17 passaggi principali.

I primi cinque punti elencati sono gli input che possono originare un intervento di

manutenzione. Il primo input ha origine nell’area produttiva e gli altri dal reparto di

manutenzione:

1. Richiesta dalla produzione: l’area produttiva (reparto produzione o confezione)

richiede un intervento di manutenzione.

2. Storia della manutenzione: in conformità ai dati manutentivi storici è possibile

pianificare un’attività di manutenzione.

3. Su guasto: la manutenzione, in questo caso, è conseguente ad un guasto avvenuto su

una macchina.

4. Ispezione: l’ispezione rappresenta una delle più importanti attività di manutenzione,

perché permette di rilevare eventuali guasti e, di conseguenza, pianificare un’attività

di manutenzione preventiva o migliorativa.

5. Preventiva: può essere generata dai controlli, come già detto, o da un programma delle

attività di prevenzione al guasto.

L’analisi degli input alla manutenzione porterà eventualmente a validarli: un input

validato diventa un Work Order (ordine di lavoro, punto 8), in caso contrario si torna al

generatore di input collegato con un feedback.

Un Work order è una disposizione di carattere operativo che prescrive le attività, (di

riparazione, controllo, taratura, lubrificazione, sostituzione), sia le risorse (operatori,

attrezzature mezzi e materiali), sia le competenze (operai, tecnici specialisti, esperti),

necessarie allo svolgimento degli interventi programmati. Nello specifico rappresentano

delle istruzioni operative, che devono essere emesse per qualunque intervento da

eseguire. Per ogni attività riportano le informazioni necessarie per realizzare gli interventi

e per aggiornare il data base di manutenzione, quali:

localizzazione dell’intervento;

equipment interessato;

data di inizio dei lavori e durata;

materiali ed attrezzature utilizzati;

addetti di manutenzione coinvolti;

Successivamente al rilascio dei Work order, questi sono fisicamente consegnati ai

manutentori e viene controllata la disponibilità dei materiali. Se tutte le risorse sono

disponibili, il Work Order generato diventa un intervento (punto 13).

L’intervento dà origine ad un report (contenente tutti i dati reali che lo descrivono). Se la

causa del problema è stata individuata ed il problema risolto, il ciclo si chiude dopo aver

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fornito al reparto un feedback su quanto accaduto. In caso contrario, l’ordine di lavoro

resta aperto e saranno necessari altri interventi fino alla risoluzione del problema.

Figura 3.2 Il flusso informativo per la Manutenzione in Barilla

3.4 Il SAP-PM: il TOOL per la gestione della manutenzione

Dal 2011 l’azienda Barilla utilizza in tutti i suoi stabilimenti italiani un Sistema

Informativo che supporta la gestione integrata di tutte le aree dell’azienda, il SAP.

L’azienda, con questo software, ha integrato tutti i processi aziendali, da quelli creatori

di valore (vendita, produzione, acquisti) a quelli infrastrutturali (amministrazione,

marketing, gestione delle risorse umane). Tutti gli utenti dispongono così, in modo

trasparente, delle informazioni necessarie per compiere le proprie attività.

PM (acronimo inglese di Plant Maintenance – “Manutenzione Impianti”) è il termine con

il quale si identifica il modulo dell’applicazione software che supporta il sistema

informativo per la gestione della manutenzione, integrato con l’Enterprise Resources

Planning (ERP) aziendale.

La presenza di un sistema informativo di manutenzione e il suo grado di complessità sono

spesso funzione delle dimensioni di un’azienda. Un elevato numero di interventi

giornalieri, la presenza di un ampio magazzino ricambi e la quantificazione dei costi

presentano spesso notevoli problemi di gestione.

Il sistema informativo di manutenzione rappresenta l’integrazione tra tecnologia e

conoscenza, tra gestione e procedure manutentive applicate sul campo.

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Data la consistenza del proprio patrimonio di immobili e di impianti, Barilla ha percepito

la necessità di raccogliere in maniera sistematica le informazioni relative alle risorse

produttive, per renderle poi disponibili alle analisi dei costi di manutenzione.

È proprio all’interno di questo cambiamento che Barilla ha compreso l’importanza di un

supporto quale il Sistema Informativo, visto non solo come contenitore di informazioni,

ma anche come strumento essenziale per la gestione dei processi e dei flussi informativi.

Quindi, si può affermare che il SIM, più che uno strumento software, deve essere visto e

concepito come un sistema di organizzazione manutentiva attraverso il quale la

manutenzione stessa utilizza i risultati, pianificando i cambiamenti, standardizzando i

metodi, apportando efficacia ed efficienza all’intera azienda.

3.4.1 Codifica degli Asset ed “Asset Tree”

La manutenzione programmata attiva richiede una gestione informatizzata, perciò ogni

asset è identificato da un codice alfanumerico all’interno dell’azienda e nel modulo SAP-

PM. A ogni codice sono associate una descrizione della macchina e delle sue

caratteristiche tecniche.

Il sistema di codifica è molto intuitivo ma è opportuno riportare delle definizioni

preliminari per comprenderlo agevolmente.

Un “asset” è l'unità elementare, interna all'azienda, caratterizzata da un proprio ciclo di

vita, da sottoporre alle attività di manutenzione ed è:

univocamente identificata all'interno dello stabilimento Barilla da un codice specifico

(etichetta);

identificabile all'interno dell'Asset Tree della Barilla (struttura che intende

individuare, per ogni equipment/impianto, la posizione fisica, le sue principali

caratteristiche ed il suo stato (in uso - non in uso));

ulteriormente dettagliato e scomposto nelle sue componenti (sub-equipment) per la

manutenzione, qualora si ritenesse necessario.

Le proprietà tangibili della Società (terreni, fabbricati, macchinari, mobili) per motivi

contabili sono rappresentati da asset. La gestione del ciclo di vita del patrimonio della

Società è il processo che gestisce i beni dalla loro acquisizione al loro smaltimento. La

codifica degli impianti è, pertanto, necessaria per identificare inequivocabilmente ogni

investimento e ogni attività di manutenzione effettuata sulla specifica macchina, per

facilitare l’interpretazione dell’Asset Tree a scopi di manutenzione e per gestirlo al meglio

attraverso il Sistema Informativo ufficiale dell’azienda (SAP).

Ogni stabilimento Barilla ha definito il suo Asset Tree elencando gli elementi che lo

compongono in base alle esigenze operative e contabili.

La definizione dell’Asset Tree è compito del Responsabile dell’Area Tecnica ed è

sottoposto a periodici aggiornamenti. La Figura 3.3 fornisce una rappresentazione

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sintetica della struttura dell’Asset Tree per il comprensorio Barilla di Pedrignano. I livelli

dell’Asset Tree sono:

Comprensorio: è il livello più alto dell’Asset Tree, che agglomera impianti e

macchinari situati in una zona geografica specifica e circoscritta;

Stabilimento: è il livello immediatamente al di sotto del comprensorio, con cui si

intende un complesso di capitali, di macchine, mezzi e addetti atti a sfruttare risorse

materiali ed energetiche per la realizzazione di prodotti finiti. Ogni edificio di

produzione, identificato e separato dalle altre costruzioni, è uno stabilimento

produttivo. Tutte le strutture installate fisicamente al suo interno che non riguardano

la produzione rientrano nella voce “Varie del Comprensorio”.

Reparto: individua un’area specifica all’interno dello stabilimento, come materie

prime, produzione, confezionamento, magazzino dei prodotti finiti. Tutte le altre

macchine localizzate fisicamente nel reparto ma estromesse dalle aree, rientrano nella

voce “Varie di Stabilimento”.

Linea o Gruppo: identifica la linea o il gruppo correlati rispettivamente ai processi di

confezione o produzione; per convenzione, si utilizzano termini tecnici diversi per

denotare un insieme di tecnologie presenti nella stessa fase del processo produttivo.

Fase del processo: definisce la fase operativa del processo di produzione.

Macchina: è l’unità elementare indivisibile, caratterizzata da una propria vita

indipendente.

Figura 3.3 Asset Tree per la Linea 8 dello stabilimento semola

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L’esempio si riferisce alla linea 8 dello stabilimento semola e mostra l’utilità dell’Asset

Tree, in cui ogni risorsa è individuata ed etichettata singolarmente.

La vista gerarchica Comprensorio → Stabilimento → Reparto → Linea/Gruppo → Fase

→ Macchina, permette di visualizzare in modo intuitivo la posizione di ogni asset, e

permette, dal punto di vista amministrativo, di contabilizzare gli interventi relativi ad

esso.

La struttura dell’Asset Tree, infatti, consente al Sistema Informativo aziendale SAP

individuare rapidamente una risorsa e di visualizzare la sua storia degli interventi di

manutenzione. Facilita, quindi, l’inserimento dei dati e la realizzazione della struttura

patrimoniale dell’azienda.

In SAP-PM è definito l’equivalente dell’Asset Tree aziendale, denominato Equipment

Tree dedicato al processo di manutenzione. L’unità elementare scelta dall’azienda come

livello ultimo di dettaglio dell’albero è, dunque, l’equipment (il singolo macchinario).

È possibile definire, a seconda delle esigenze specifiche dell’impianto, un ulteriore livello

sottostante l’equipment, il livello di sub-equipment.

Tuttavia, l’Asset Tree (così come l’Equipment Tree) è stato progettato considerando

principalmente le necessità contabili. A volte, per meglio indirizzare le attività di

manutenzione, potrebbe essere utile giungere al livello di sub-equipment, per localizzare

equipment e sub-equipment sull’impianto e di orientare le strategie di manutenzione in

modo più mirato.

3.5 Il processo produttivo

Il processo produttivo della pasta comprende numerose fasi, dalla macinazione del grano

allo stoccaggio del prodotto finito.

Nei silos a monte del mulino vengono raccolte le diverse varietà di grani, che, una volta

verificata la loro qualità, nel mulino sono miscelati, puliti, condizionati ed infine

decorticati e macinati.

All’interno dello stabilimento sono collocati i reparti di produzione e confezionamento,

separati da una batteria di sili fissi dove è immagazzinato il semilavorato, il che consente

di disaccoppiare le due fasi, che possono quindi avere ritmi di lavorazione diversi.

Il reparto produttivo, le cui tecnologie in uso sono praticamente rimaste invariate dalla

data d’installazione, comprende 11 gruppi di produzione, di cui i gruppi 1, 2, 4 e 5

realizzano i formati di pasta lunga, il 3 per i formati speciali, il 6, 7, 8, 9 e 10 per la pasta

corta e le pastine, e l’11 per le tagliatelle e i nidi.

Il confezionamento avviene in linee dedicate rispettivamente alla pasta corta e alla pasta

lunga, per una differenza sostanziale tra i due processi: oltre a caratteristiche tecnologiche

diverse, il confezionamento della pasta corta avviene in discontinuo rispetto alla

produzione, mentre per la pasta lunga il sistema è da considerarsi semi-continuo, poiché

il confezionamento deve avvenire entro poche ore dal termine della produzione.

Nel primo caso, si parla di sistema produttivo discreto, in quanto le caratteristiche

fisiologiche del semilavorato consentono il suo stoccaggio in polmoni d’accumulo e la

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successiva fase di confezionamento a seconda della necessità di un prodotto piuttosto che

un altro; al contrario, per la pasta lunga non è possibile prevedere una soluzione analoga

per la fragilità del prodotto, che viene accumulato per qualche ora nelle sfilatrici, un

sistema che permette una parziale dislocazione tra i reparti, ma soltanto temporanea.

Le fasi operative della confezione del prodotto prevedono il suo imballaggio primario in

astucci di cartone o bobine di cello, secondario in casse di cartone le cui caratteristiche

cambiano in funzione del mercato a cui è destinato uno specifico item, e il terziario che

realizza il pallet di prodotto finito.

Il prodotto finito è poi stoccato nel magazzino tradizionale o in quello automatico, a

seconda dei criteri di gestione e movimentazione dei diversi item.

3.5.1 Le fasi del processo produttivo

Per comprendere più nel dettaglio la produzione e il confezionamento, che sono quelle a

maggior contenuto ingegneristico e tecnologico, si fornisce una descrizione delle singole

fasi operative del processo.

La produzione del semilavorato include le seguenti operazioni:

1. Miscelazione degli ingredienti. Dal mulino la semola viene portata nel reparto tramite

dei condotti e viene miscelata con una dose di acqua prefissata, così da formare un

impasto che viene movimentato e sminuzzato fino all’ingresso nel gruppo di

produzione.

2. Deaerazione dell’impasto. Una volta che si è formato un impasto omogeneo, viene

de-aerato in una vasca sottovuoto, per evitare contaminazioni gassose che potrebbero

causare fragilità del prodotto durante la cottura.

3. Compressione e trafilazione. L’impasto è trasferito ad una camera nella quale una vite

senza fine lo comprime verso filiere di estrusione, nel caso di pasta lunga e corta,

oppure verso filiere di estrusione che creano una sfoglia che poi è stampata in paste

corte o tagliata a nido di rondine. La durata complessiva di queste fasi, tra la

miscelazione dell’impasto e l’uscita dalle trafile, è di circa 15 minuti e l’umidità della

pasta dopo la trafilazione è di circa 30/32%.

4. Incartamento. E’ l’inizio della essicazione del prodotto, che è soggetto ad una forte

ventilazione per attuare una prima rapida essiccazione superficiale e garantire una

certa consistenza, per impedire eventuali deformazioni o incollamenti di prodotto

nelle fasi successive. Nel caso dei gruppi di pasta lunga la parte di impianto che esegue

questa operazione è detta “incartamento”, nei gruppi di corta è detta “intel”. Al

termine della fase il semilavorato ha un’umidità del 18/20%.

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5. Essiccamento. Serve per portare la pasta ad un valore di umidità non superiore al

12,5%, limite massimo consentito dalla legge. La fase consiste in un continuo

susseguirsi di zone dove il prodotto viene investito da aria calda e secca, che essicca

gli strati superficiali, e da zone non ventilate, dove si ha la diffusione dell’umidità

dall’interno agli strati più esterni. L’acqua ceduta dalla pasta è poi espulsa verso

l’ambiente attraverso ricambi di aria. Nel caso della pasta lunga l’impianto è definito

“essiccatoio”, per la corta si identifica come 1° e 2° “teles”.

6. Raffreddamento. Ha lo scopo di abbassare la temperatura del semilavorato, per evitare

fenomeni di condensa che causano muffe o macchie sulla pasta stessa.

Al termine del processo, la cui durata dipende dalle dimensioni del formato di pasta (in

media 6-8 ore per la pasta corta, 9-12 per quella lunga) il prodotto è pronto per essere

confezionato. La pasta corta è stoccato in una batteria di sili fissi, se si sta confezionando

un lotto di un item diverso, mentre per quella lunga il processo è in sequenza diretta,

potendo stoccare il semilavorato soltanto per qualche ora nelle “sfilatrici”.

Nel processo di confezione si distinguono le seguenti fasi:

1. Confezionamento primario. La pasta viene posta nell’imballaggio “primario”, cioè

quello in diretto contatto con il prodotto. Il semilavorato è trasferito dal silo al reparto

con nastri trasportatori, è pesato da una bilancia computerizzata e infine confezionato.

Ogni pacchetto è raccolto da un nastro, attraversa un metal-detector che rileva

eventuali residui metallici (nel qual caso la confezione è ovviamente scartata) e pesata

da una bilancia di controllo che la espelle se è al di sotto del peso minimo consentito.

2. Confezionamento secondario. Terminati questi controlli, indispensabili per avere un

prodotto conforme agli standard di qualità, i pacchetti sono trasportati alla macchina

incassatrice, che genera l’imballaggio secondario o “collo”. Su di esso viene applicata

un’etichetta contenete le informazioni necessarie a permettere la rintracciabilità del

prodotto.

3. Confezionamento terziario. I colli di prodotto finito vengono indirizzati dalla linea di

confezionamento alla zona di pallettizzazione, dove sono impilati, incellofanati e

prelevati da una navetta LGV che li stocca all’interno del magazzino, in attesa della

spedizione.

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3.5.2 La linea 8 dello stabilimento di Pedrignano

Per pianificare correttamente la manutenzione di un impianto, è necessario prima

identificare ogni fase del processo e gli asset che lo realizzano.

Nel presente elaborato, in cui si presenta una metodologia di progetto della manutenzione,

si analizza il processo di confezionamento realizzato dalla linea 8 dello stabilimento

semola del comprensorio di Pedrignano.

La linea ha caratteristiche decisamente innovative rispetto ad altre presenti nel reparto,

per l’elevato livello di automazione che consente di effettuare rapidi cambi attrezzature

sulle macchine e favorisce la diagnostica delle anomalie del processo.

Una prima scomposizione ci permette di identificare i macchinari o equipment presenti

nella linea, che realizzano le operazioni principali del confezionamento; i macchinari, di

cui sarà necessario determinare i requisisti manutentivi, sono:

1. Alimentazione del semilavorato. Il semilavorato è alimentato da una sequenza di

dispositivi che portano il prodotto dall’area di stoccaggio alle macchine di confezione.

Sono nastri trasportatori ed elevatori a tazze, oltre ad un elemento detto “vibrovaglio”

che, grazie ad un doppio setaccio, separa il prodotto buono da elementi residui o scarti

del processo.

2. Bilance di pesatura. La pasta attraversa una tramoggia di scarico che alimenta un

sistema di pesatura del prodotto costituito da due bilance indipendenti. Avendo due

bilance in parallelo si migliora la continuità operativa, nel caso in cui uno dei due

gruppi che realizzano la singola dose per l’imballaggio primario incorra in un’avaria

funzionale.

3. Astucciatrice. Questa macchina inserisce il semilavorato nell’imballaggio primario –

un astuccio di cartone - e incolla le alette che lo chiudono. L’astuccio vuoto è

alimentato da una torretta con delle ventose, poi viene aperto ed inserito su un tassello

calettato su una catena rotante. Quando giunge vicino alla testa degli imbuti, che

riceve la pasta delle bilance, avviene lo scarico del prodotto. Gli astucci confezionati

sono poi depositati su di un nastro e trasportati alle stazioni successive.

4. Metal-detector. Genera un campo elettromagnetico e rileva eventuali contaminanti

ferrosi, che possono essere prodotti per usura e strisciamenti tra le parti meccaniche

nelle fasi precedenti. Se si rileva un residuo anomalo, la confezione viene scartata.

5. Bilancia di controllo del peso. Gli astucci transitano in una cella di pesatura, che

individua le confezioni sottopeso o con un sovrappeso eccessivo. Un meccanismo di

espulsione, dotato di pistone pneumatico, scarta il pacchetto anomalo. Il semilavorato

è recuperato: viene rimacinato e rialimentato nelle fasi iniziali del processo.

6. Sistema di trasporto degli astucci. Gli astucci arrivano alla macchina di

confezionamento secondario su dei nastri trasportatori, che hanno anche la funzione

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di garantire un certo accumulo, consentendo alla macchina astucciatrice di continuare

a lavorare, per un certo periodo, se una macchina a valle ha un arresto.

7. Incassatrice. Questo macchina crea il collo, cioè la scatola di cartone ondulato in cui

si inseriscono gli astucci. Ha tre moduli in serie, che realizzano rispettivamente il

prelievo del fustellato di cartone e la formatura della cassa, il prelievo degli astucci,

la loro stratificazione ed inscatolamento, e, infine, la chiusura dell’imballo.

8. Etichettatrice. La cassa di prodotto finito esce dall’incassatrice e un dispositivo le

appone un’etichetta contenete le informazioni che permettono di rintracciare il

prodotto qualora si riscontrino difetti qualitativi, sia all’interno che all’esterno dello

stabilimento.

9. Sistema di trasporto delle casse. Come per gli astucci, i nastri di trasporto non solo

trasferiscono il prodotto, ma servono anche da accumulo del numero di colli adeguato

a realizzare un pallet di prodotto finito nella fase di palletizzazione.

Un ulteriore dettaglio di scomposizione funzionale delle fasi del processo è necessario

per applicare correttamente la metodologia su cui si basa la Reliability Centered

Maintenance. Infatti, solo definendo le funzioni svolte dagli apparati o gruppi funzionali

che compongono ogni macchina si possono individuare le criticità del processo e definire

puntualmente i possibili guasti del sistema.

3.5.3 Gestione del processo

Il processo produttivo nei reparti di produzione e confezione impiega un elevato numero

di risorse sia materiali che di manodopera. In base alla richiesta del mercato si esegue lo

scheduling, su orizzonte settimanale e poi giornaliero, specificando il mix e i volumi di

prodotto richiesti a ciascun reparto.

Lo scheduling è concepito per generare un processo razionale, mirando ad utilizzare in

modo flessibile la capacità produttiva, con lotti di produzione brevi, cercando di

minimizzare la quantità di materiale in circolo e il tempo di giacenza medio a magazzino.

Per raggiungere questi obiettivi è fondamentale avere elevata affidabilità e disponibilità

dei macchinari, poiché una fermata improvvisa dovuta ad un guasto, se non risolto nei

giusti tempi, comporta l’impossibilità di realizzare il programma di produzione e di

raggiungere gli obiettivi suddetti.

Un fermo macchina sul confezionamento fa aumentare la quantità di materiale stoccato

nei sili e aumenta di conseguenza i costi. Se poi i sili, che sono un polmone d’accumulo,

fossero saturi, dalla produzione non si potrebbe scaricare nuovo semilavorato, il processo

si arresterebbe e il prodotto in eccesso dovrebbe essere rimacinato o scartato. Questa

situazione è assolutamente da evitare, poiché l’avviamento della produzione richiede

elevati tempi di transitorio per la messa a regime dei parametri di temperatura e umidità.

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Il reparto di confezionamento, pertanto, deve garantire continuità di funzionamento per

assorbire il semilavorato di produzione senza creare intoppi, poiché anche disponendo di

una sovraccapacità produttiva essa potrebbe non essere sufficiente in caso di guasti

gravosi.

3.6 Definizione del parametro O.E.E. (Overall Equipment Effectiveness)

Per effettuare una prima analisi delle prestazioni dello stabilimento, si è rilevato l’O.E.E.

dei reparti, un parametro fondamentale per l’analisi e il monitoraggio delle cause che

generano perdite di volumi di produzione. La conoscenza dell’O.E.E. è essenziale per

ridurre le perdite, adottando adeguati programmi di miglioramento, e permette di:

stabilire il livello prestazionale di un’area produttiva;

classificare e quantificare le principali cause di perdite di efficienza;

misurare il valore aggiunto apportato alla produzione da una macchina o un impianto.

Sono tre i fattori con i quali si definisce l’O.E.E.:

Livello di Disponibilità – A: è il rapporto tra il tempo in cui l’impianto o la macchina

può essere utilizzato ed il tempo totale per il quale l’impianto o la macchina sono stati

schedulati (che comprende, oltre al tempo effettivo di utilizzo, anche il tempo di

riparazione);

Livello di Performance o Efficienza produttiva – E: è il rapporto tra la produzione

reale e quella teorica nel tempo di effettivo utilizzo;

Livello di Qualità della produzione – Q: è il rapporto tra la produzione “buona”, al

netto di sfridi e scarti, e quella totale.

Riassumendo in un’unica espressione, l’O.E.E. di un generico impianto è pari a:

𝑂. 𝐸. 𝐸 = 𝐴 ∗ 𝐸 ∗ 𝑄

Dove:

𝐴 =𝑂𝑅𝐸 𝑆𝐶𝐻𝐸𝐷𝑈𝐿𝐴𝑇𝐸 𝐷𝐼 𝑃𝑅𝑂𝐷𝑈𝑍𝐼𝑂𝑁𝐸−𝑂𝑅𝐸 𝑃𝐸𝑅𝑆𝐸 𝑃𝐸𝑅 𝐼𝑁𝐷𝐼𝑆𝑃𝑂𝑁𝐼𝐵𝐼𝐿𝐼𝑇𝐴′𝑇𝐸𝐶𝑁𝐼𝐶𝐴

𝑂𝑅𝐸 𝑆𝐶𝐻𝐸𝐷𝑈𝐿𝐴𝑇𝐸 𝐷𝐼 𝑃𝑅𝑂𝐷𝑈𝑍𝐼𝑂𝑁𝐸

𝐸 =𝑂𝑅𝐸 𝐷𝐼𝑆𝑃𝑂𝑁𝐼𝐵𝐼𝐿𝐼 𝐴𝐿𝐿𝐴 𝑃𝑅𝑂𝐷𝑈𝑍𝐼𝑂𝑁𝐸−𝑂𝑅𝐸 𝑃𝐸𝑅𝑆𝐸 𝑃𝐸𝑅 𝐼𝑁𝐸𝐹𝐹𝐼𝐶𝐼𝐸𝑁𝑍𝐸 𝑃𝑅𝑂𝐷𝑈𝑇𝑇𝐼𝑉𝐸

𝑂𝑅𝐸 𝐷𝐼𝑆𝑃𝑂𝑁𝐼𝐵𝐼𝐿𝐼 𝐴𝐿𝐿𝐴 𝑃𝑅𝑂𝐷𝑈𝑍𝐼𝑂𝑁𝐸

𝑄 =𝑂𝑅𝐸 𝐷𝐼 𝑃𝑅𝑂𝐷𝑈𝑍𝐼𝑂𝑁𝐸 "𝐵𝑈𝑂𝑁𝐴"

𝑂𝑅𝐸 𝐷𝐼 𝑃𝑅𝑂𝐷𝑈𝑍𝐼𝑂𝑁𝐸 𝑇𝑂𝑇𝐴𝐿𝐼

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Come si vede dalle definizioni, si tratta di un indice generale e calcolabile per ogni

tipologia d’impianto. Tra le principali cause di decremento dell’O.E.E. individuiamo:

perdite per rotture e guasti;

perdite per set-up e configurazione delle macchine;

perdite per velocità ridotta;

perdite per microfermate e funzionamento a vuoto delle macchine;

perdite per difetti nella qualità e rilavorazioni;

perdite per instabilità del processo produttivo ed avviamento tecnico.

Noto il valore di questo parametro, e conoscendo le cause di perdita, si può intervenire

sui fattori più penalizzanti, per conseguire un miglioramento.

3.6.1 Calcolo dell’O.E.E. per il sistema produttivo

Per fare una prima stima di quanto le inefficienze di processo incidano sul tempo di

produzione, si sono analizzati i dati raccolti dal TOOL aziendale PRO.MO. per i gruppi

di produzione della pasta corta e per le linee di confezionamento 4 e 7 del comprensorio

di Pedrignano, che, per tecnologie utilizzate e prodotti realizzati, sono analoghe alla linea

8, per la quale si vogliono progettare le attività manutentive.

Lo strumento PRO.MO. Barilla consente il controllo continuo dei parametri significativi

del processo produttivo, mettendo in relazione i parametri di processo con gli obiettivi e

il loro andamento storico e fornendo la base per azioni correttive continue ed immediate.

E’, infatti, un strumento di misura del processo produttivo, che fa parte del Sistema di

Controllo aziendale, mirato a misurare gli output, a confrontarli con valori assegnati di

riferimento e ad esporre i dati, per facilitare l’analisi degli scostamenti dai risultati attesi

e intraprendere adeguate azioni correttive.

La precisione e il dettaglio dei dati a disposizione, con cui si misurano le prestazioni del

sistema, influiscono ampiamente sull’efficacia delle fasi successive: il vantaggio che

deriva dalla disponibilità di informazioni corrette, consistenti e complete, è la possibilità

di evidenziare tutte le causali dei mancati utilizzi del sistema e la relativa incidenza.

La disponibilità effettiva dell’impianto è diminuita, oltre che dai tempi per interventi di

manutenzione, da altri arresti che diminuiscono il rendimento globale della linea.

Per stimare l’entità di queste fermate si è esaminato il “Report di prestazione e di

fermate” dell’impianto relativo al 2014 (dal 01/01 al 31/12), che riporta tutti i tempi e le

causali di fermata.

Nel report si distinguono tutte le fermate, alcune delle quali pianificate ad inizio anno.

Fermate di tipo A: sono quelle fermate inevitabili e comprendono le seguenti voci:

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1. Attività di disinfestazioni/sanificazione dei locali. Avvalendosi di personale altamente

qualificato e con l’ausilio di tecnologie innovative, Barilla svolge attività di

sanificazione in tutto il sito produttivo. Le operazioni, che devono essere

programmate e controllate costantemente, mirano ad eliminare tutte le potenziali fonti

di contaminazione che possono rendere il prodotto non conforme agli standard

qualitativi richiesti dalle norme vigenti, in particolare dalle norme igieniche molto

severe che tutte le aziende del settore alimentare sono tenute a rispettare.

2. Agitazioni Sindacali. Sono i tempi persi per scioperi, manifestazioni, assemblee in cui

è coinvolta la manodopera.

3. Manutenzione programmata preventiva. Comprende gli interventi manutentivi

programmati di revisione, controllo, sostituzione e riparazione.

4. Tempi per mancata richiesta del prodotto. Durante la produzione non è sempre

richiesto il contemporaneo funzionamento di ogni gruppo di produzione e linea di

confezionamento; infatti, sfruttando la flessibilità delle tecnologie impiegate, si può

conservare una certa capacità produttiva in esubero e saturare i macchinari in uso.

5. Pause fisiologiche degli operatori. Per adeguarsi alle normative di legge, su un turno

giornaliero di 8 ore gli operatori hanno diritto a 30 minuti di pausa; questi tempi,

ovviamente, vanno a ridurre il numero di ore disponibili alla produzione.

Fermate di tipo B: comprendono quelle voci che effettivamente impattano sulla

disponibilità del sistema, facendo decrescere le ore disponibili per la produzione;

comprendono:

1. Tempi tecnici di Avviamento/Fermata. Sono tempi imputabili al solo reparto di

produzione, per l’avviamento e spegnimento degli impianti, che per motivi

tecnologici sono in funzione, ma non realizzano prodotto.

2. Guasti e riparazioni. Sono i tempi spesi per interventi del servizio di manutenzione,

per un guasto meccanico o elettrico. Al tempo effettivo di intervento, vanno aggiunti

i tempi per l’attesa del manutentore, per il reperimento dei materiali tecnici e quelli di

diagnosi del guasto e di riavvio del sistema.

3. Fermate e microfermate. Comprendono le perdite per anomalie di processo o

deviazioni del funzionamento dei macchinari dallo standard. Gli arresti hanno una

durata molto inferiore rispetto alla risoluzione di un guasto e di solito non richiedono

l’intervento del servizio di manutenzione, ma sono risolti dagli addetti di linea.

4. Cambio formato e set-up delle macchine. Sono i tempi necessari a riattrezzare le

macchine quando cambia il prodotto realizzato, a svuotare il sistema e a pulirlo, per

evitare contaminazioni tra prodotti diversi.

Page 60: Politecnico di Milano · Nel capitolo 4 si descrive l’applicazione della metodologia RCM al caso Barilla, attuata con il progetto della manutenzione per una nuova linea di confezionamento

60

5. Pulizie. Servono a garantire il funzionamento ottimale dell’impianto. Un requisito

igienico-sanitari fondamentale nella produzione alimentare è la pulizia scrupolosa e

sistematica di tutti i macchinari e apparecchiature utilizzate nel processo produttivo.

Fermate di tipo C: sono le fermate, o microfermate, che avvengono durante il turno di

produzione. Dipendono totalmente dalla gestione del processo, e, al contempo, sono

l’indicatore dell’efficienza dell’impianto; sono dovute alle seguenti cause:

1. Varie per rendimento. Ne fanno parte i tempi persi per mancanza di personale a causa

di periodi di ferie, di carenza di manodopera o di altri motivi organizzativi.

2. Varie per mancato utilizzo. Comprendono essenzialmente fermate legate a prove

tecnologiche o collaudi.

In base a queste causali di fermata si sono calcolati gli indici di disponibilità ed efficienza

produttiva per i reparti di produzione e confezionamento, verificando l’incidenza delle

singole voci e individuando quali di queste generano le perdite maggiori.

Grazie al modello PRO.MO. è stato possibile conoscere le ore schedulate su ogni gruppo

e linea, che corrispondono alle ore potenziali di funzionamento operativo dell’impianto.

A partire dalle ore schedulate si determinano le seguenti voci:

Ore disponibili: sono le ore effettivamente rese disponibili alla produzione, ottenute

per sottrazione tra le ore schedulate e le fermate di tipo B.

Ore nette di produzione: sono le ore ottenute per differenza tra le ore disponibili e i

tempi persi per le inefficienze o perdite comprese nelle fermate di tipo C.

Si riportano in una tabella i risultati ottenuti dall’analisi sulle linee di confezionamento 4

e 7, che sono interessanti poiché si prevede che la linea 8 possa avere prestazioni simili.

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LINEA 4 LINEA 7

Ore Perc sul totale Ore Perc sul totale

Ore schedulate 6217,19 6830,36

Guasti e riparazioni 434,89 6,99 484,22 7,09

Fermate e microfermate 1437,61 23,12 1358,85 19,89

Cambio formato e set-up 284,69 4,58 273,03 4,00

Pulizie 259,20 4,17 166,87 2,44

Ore disponibili A 3800,80 61,13 4547,39 66,58

Varie per rendimento 279,53 7,35 389,85 8,57

Varie per mancato utilizzo 232,77 6,12 213,70 4,70

Ore produzione E 3288,50 86,52 3943,84 86,73

O.E.E.

52,89 57,74

Tabella 3.1 O.E.E. reparto confezione

Per il reparto di produzione si sono analizzati tutti i gruppi di pasta corta, poiché ognuno

di essi potrebbe alimentare la nuova linea di confezionamento. A differenza del reparto

di confezione, la disponibilità totale non è diminuita da fermate o microfermate, poiché

il processo è in continuo e un suo arresto provoca conseguenze sulla qualità del prodotto

in essiccazione; si considerano invece i tempi di avviamento e spegnimento dei gruppi,

che sono previsti dallo scheduling della produzione, in quanto sono fasi necessarie per

portare i parametri di processo a valori desiderati.

Anche in questo caso si riportano in tabella i risultati ottenuti:

Page 62: Politecnico di Milano · Nel capitolo 4 si descrive l’applicazione della metodologia RCM al caso Barilla, attuata con il progetto della manutenzione per una nuova linea di confezionamento

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Tabella 3.2 O.E.E. reparto produzione

Nel calcolo dell’O.E.E. non è stato considerato il parametro che misura la qualità del

prodotto. Questa scelta deriva principalmente da due motivi: il primo è che i dati utilizzati

non consentono di determinare se la non conformità del prodotto è dovuta ad un’anomalia

in produzione piuttosto che in confezione, con l’impossibilità di attribuirla a uno dei due

reparti. Inoltre, con le analisi quantitative si è voluto mostrare non tanto il rendimento del

processo produttivo globale, ma quello del confezionamento e le cause che lo deprimono.

Notiamo infatti che il tasso di disponibilità è circa 61-66% per il reparto di confezione,

mentre in produzione si raggiunge il 94-95%. Una differenza così elevata rende

indispensabile un buffer d’accumulo tra le due aree, che le svincoli e permetta di stoccare

il semilavorato a fronte di fermate o inefficienze prolungate in confezionamento.

A partire da queste considerazioni, il lavoro della tesi si è indirizzato a definire un piano

di manutenzione che garantisca una maggiore disponibilità degli equipment coinvolti nel

processo e, di conseguenza, favorisca una gestione più efficiente e riduca la quantità e il

costo di materiale in ciclo.

GRUPPO 6 GRUPPO 7 GRUPPO 8 GRUPPO 9 GRUPPO 10

Ore

Perc.

sul

totale

Ore

Perc.

sul

totale

Ore

Perc.

sul

totale

Ore

Perc.

sul

totale

Ore

Perc.

sul

totale

Ore schedulate 5608,28 7076,56 6447,08 6672,90 6029,95

Tempi tecnici

avv./fermata 180,42 3,22 201,57 2,85 198,20 3,53 250,36 4,46 238,64 4,26

Guasti e riparazioni 71,74 1,28 51,61 0,73 46,33 0,83 39,15 0,70 18,62 0,33

Cambio formato e

set-up 44,90 0,80 25,44 0,36 51,79 0,92 62,28 1,11 35,80 0,64

Pulizie 1,42 0,03 11,44 0,16 1,20 0,02 7,76 0,14 0,00 0,00

Ore

disponibili A 5309,80 94,68 6786,50 95,90 6149,56 95,39 6313,35 94,61 5736,89 95,14

Varie per rendimento 13,77 0,26 17,72 0,26 18,16 0,34 6,7 0,13 13,28 0,25

Varie per mancato

utilizzo 1,81 0,03 1,56 0,02 15,66 0,29 1,83 0,03 3,16 0,06

Ore

produzione E 5294,22 99,71 6767,22 99,72 6115,74 99,45 6304,82 99,86 5720,45 99,71

O.E.E.

94,40 95,63 94,86 94,48 94,87

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63

Capitolo 4

Progetto della manutenzione per la linea 8 dello stabilimento

semola in Barilla G.& R. Fratelli S.p.A.

Nel presente capitolo si evidenzia quella che è stata la parte esecutiva ed il contributo

personale del lavoro di stage e di tesi. Per il progetto della manutenzione della linea di

confezionamento si è fatto ricorso alla metodologia RCM, utilizzando le sue linee guida

e gli strumenti per eseguire un’analisi di criticità dei requisiti manutentivi degli asset

produttivi.

Si sono evidenziati i macchinari più critici del sistema, per poi scendere ad un livello di

dettaglio maggiore, identificando i principali modi di guasto dei componenti elementari

del sistema. Attraverso un’analisi FMECA (Failure Mode and Effects Criticality

Analysis), si è stabilito un ordine prioritario di intervento per le modalità di guasto

individuate e, con l’ausilio di un albero logico delle decisioni, si sono definiti gli

interventi di manutenzione coerenti con livello di gravità, probabilità di accadimento e

rintracciabilità del guasto prima che si verifichi.

Dopo aver compilato un elenco delle modalità di guasto, sono state individuate e suggerite

all’azienda quelle attività di manutenzione necessarie per assicurare un adeguato

controllo delle condizioni del sistema e contenere il rischio di accadimento di guasti

accidentali.

4.1 Scomposizione funzionale della linea

La prima fase della metodologia proposta consiste nella scomposizione del sistema, per

definire quali sono i sottosistemi che realizzano le fasi operative e le funzioni che

eseguono. L’approccio adottato per la progettazione delle attività manutentive ha come

obiettivo non tanto il mantenimento della natura fisica dei beni, quanto garantire che essi

siano in condizioni tali da poter svolgere le funzionalità di progetto.

Attraverso l’utilizzo dei manuali d’uso delle macchine e l’analisi della linea eseguita sul

campo, si sono identificati i gruppi funzionali per il sistema in esame, che sono elencati

di seguito, con una breve descrizione delle funzionalità specifiche:

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65

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66

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Tabella 4.1 Scomposizione funzionale per la Linea di confezionamento

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4.2 Analisi di criticità della linea di confezionamento

Il progetto della manutenzione per la linea di confezionamento ha previsto come prima

fase l’individuazione della tipologia di sistema e dei macchinari più critici.

Gli asset del sistema operano in serie e qualsiasi fermo macchina causa una fermata

dell’intera linea. Tuttavia è impensabile che il livello di manutenzione sia così elevato da

evitare qualsiasi guasto, poiché questa strategia darebbe origine a costi non sostenibili.

Si è ritenuto un indicatore affidabile della criticità di un asset il numero di ordini di

manutenzione a guasto aperti da quando l’azienda ha adottato il Sistema Informativo di

manutenzione SAP-PM. Non potendo analizzare l’andamento degli interventi sulla nuova

linea, che non ha ancora uno storico delle fermate significativo, si è voluto trarre delle

indicazioni sul comportamento delle linee ad essa tecnologicamente simili.

A tale scopo sono stati estratti dal software SAP-PM gli ordini di manutenzione aperti su

altre linee di confezionamento (nel periodo compreso tra il 01/01/2013 e il 05/11/2015),

per evidenziare le macchine critiche e trarre indicazioni sulle cause più ricorrenti.

L’analisi è stata realizzata mediante un grafico di Pareto (Figura 4.1 e Figura 4.2), che

mostra la distribuzione percentuale dei guasti sui diversi asset che compongono le linee

4 e 7; si nota come la maggior parte degli interventi di manutenzione sia stata eseguita

sulle macchine Astucciatrice ed Incassatrice.

Figura 4.1 Ordini di manutenzione a guasto Linea 4 di confezionamento

0%

20%

40%

60%

80%

100%

0

10

20

30

40

50

60

Cla

ssif

ica

AB

C

Ord

ini

di

Mtz

. a

gu

ast

o

Asset

Ordini di Mtz. a guasto Linea 4

Numero Ordini di Mtz. a guasto Classifica ABC

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69

Figura 4.2 Ordini di manutenzione a guasto Linea 7 di confezionamento

Questo risultato è in linea con quanto ci si poteva aspettare dalla scomposizione del

sistema, poiché sono le due macchine più complesse, con il maggior numero di gruppi

funzionali, che realizzano la quasi totalità delle fasi operative che aggiungono valore al

prodotto in fase di confezionamento. Questo studio preliminare permette di affermare

che, per un’adeguata scelta delle attività di manutenzione, queste due macchine

richiedono un’analisi approfondita, per identificare i componenti con le esigenze

manutentive più elevate.

4.2.1 Classificazione ABC per i gruppi funzionali del sistema

Partendo da queste considerazioni, il lavoro è proseguito con l’analisi di criticità per

gruppo funzionale. Si è fatto ricorso ad una metodologia utilizzata dall’Ingegneria di

Manutenzione in Barilla, denominata Made In Barilla Maintenance Plan.

Il Made in Barilla (M.I.B) è un metodo originato dall’organizzazione aziendale,

concepito per conseguire il miglioramento continuo che Barilla ricerca in ogni sua

funzione.

Nell’Area Tecnica di stabilimento il M.I.B. ha introdotto un approccio con cui si stima la

criticità delle attrezzature coinvolte nel processo produttivo. Il risultato è una mappatura

delle criticità dell’impianto, che consente di concentrare le risorse di manutenzione su

asset e gruppi più critici. Il metodo utilizzato per l’analisi di criticità è definito

Classificazione ABC e consiste nell’assegnare ogni asset e/o gruppo funzionale ad una

delle tre macro-categorie (A, B, C), rappresentative di uno specifico livello di criticità.

Il livello è definito in base alla funzione svolta dall’apparato e agli eventuali effetti

negativi che un suo guasto determina nei confronti di cinque parametri, noti come

Evaluation Factors:

0%

20%

40%

60%

80%

100%

0

10

20

30

40

50

60

Cla

ssif

ica

AB

C

Ord

ini

di

Mtz

. a

gu

ast

o

Asset

Ordini di Mtz. a guasto Linea 7

Numero Ordini di Mtz. a guasto Classifica ABC

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70

Sicurezza e ambiente

Qualità del prodotto/servizio reso

Disponibilità della risorsa

Perdita di produttività

Manutenibilità

L’applicazione del metodo avviene attraverso due fasi:

1. Definizione degli Standard di valutazione.

Per ognuno dei cinque Evaluation Factors si definisce un livello di valutazione

associando un valore numerico compreso in un range da 1 a 3.

2. Applicazione del logic flow.

Nella seconda fase si determina il livello critico A, B, C sulla base delle valutazioni

espresse nella fase precedente.

Evaluation

Factors

Standard di valutazione

3 2 1

Sicurezza e

ambiente

(S)

Se c'è un guasto,

sicurezza e/o ambiente

sono fortemente

compromessi

Se c'è un guasto,

sicurezza e/o ambiente

sono parzialmente

compromessi

Nessuna conseguenza

significativa in caso di

guasto

Qualità del

prodotto (Q)

Se c'è un guasto, il

difetto generato

impatta su clienti

interni ed esterni

Se c'è un guasto, il difetto

impatta sui clienti interni

Nessuna conseguenza

significativa in caso di

guasto

Disponibilità

della risorsa

(U)

Le conseguenze del

guasto riducono la

disponibilità della

risorsa del 100%

Le conseguenze del

guasto riducono la

disponibilità della risorsa

del 66%

Le conseguenze del

guasto riducono la

disponibilità della

risorsa fino al 33%

Perdita di

produzione

(O)

In caso di guasto, la

produzione di arresta

In caso di guasto, la

produzione subisce un

rallentamento

Nessuna conseguenza

significativa in caso di

guasto

Manutenibilità

(M)

La risorsa è

difficilmente

accessibile e

ripristinabile in tempi

rapidi

La risorsa ha un livello di

accessibilità e facilità di

ripristino in caso di

guasto media

La risorsa è accessibile

e facilmente

ripristinabile

Tabella 4.2 Correlazione tra gli Evaluation Factors e gli Standard di valutazione

La Tabella 4.2 mostra la correlazione tra Evaluation Factors e gli Standard di valutazione

e consente di definire la criticità della “funzione” del sottosistema all’interno del processo.

La Figura 4.3 mostra invece l’applicazione del logic flow per attribuire i sottosistemi alle

macro aree A, B, C, in modo condizionale rispetto alle istruzioni if-then-else, specificate

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nel metodo M.I.B Maintenance Plan: dopo aver assegnato un valore numerico ad ogni

Evaluation Factors, si percorre il flusso logico indicato in figura, che consente di

associare un gruppo funzionale ad una categoria (A, B o C) in base ai valori assegnati.

Figura 4.3 Logic Flow per Classificazione ABC

Gli Evaluation Factors sono elencati, nel flusso logico, in ordine decrescente di gravità:

più critici sono i sottosistemi che in caso di disfunzione incidono sulla sicurezza delle

persone e dell’ambiente.

Con un foglio di calcolo su Excel si è effettuata la classificazione ottenendo il livello di

criticità in base ai valori assegnati agli Evaluation Factors. In particolare, nello

svolgimento del lavoro, sono state fatte le seguenti considerazioni:

Sicurezza: attraverso ispezioni ed indagini sul sistema durante il processo operativo,

sono state stimate le conseguenze del possibile guasto di ogni apparato sulla sicurezza

di ambiente e persone. Nella valutazione si è considerato che sono presenti sistemi di

sicurezza che interrompono il ciclo produttivo in caso di avarie, proteggendo gli

impianti, l’ambiente e gli operatori dai rischi che ne potrebbero derivare. Per questo

motivo è stato assegnato un valore pari ad 1 a questo fattore di valutazione, per ogni

apparato del sistema.

Qualità: è stato valutato l’impatto in termini di non conformità del prodotto allo

standard richiesto, in caso di avaria funzionale dei sottosistemi considerati. Il

controllo di qualità deve garantire un prodotto conforme alle specifiche in termini di

peso, assenza di residui di produzione, assenza di contaminazioni ferrose, adeguatezza

degli imballaggi (primario e secondario) allo standard qualitativo.

Si definisce di seguito la logica adottata per l’assegnazione dei pesi:

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Peso=3: per i gruppi funzionali il cui malfunzionamento comporta difetti qualitativi

del prodotto che l’operatore non può scorgere. Queste eventuali non conformità del

prodotto arrivano sul mercato e, infine, al consumatore finale.

Peso=2: per i gruppi funzionali che in caso di guasto generano difetti di lavorazione

che possono essere corretti nel corso del processo. Gli operatori che lavorano sulla

linea hanno la possibilità di rendersi conto della difettosità del prodotto conseguente

al guasto del macchinario e di impedire che il prodotto arrivi sul mercato.

Peso=1: per i gruppi funzionali i cui guasti non influenzano lo standard qualitativo

del prodotto.

Disponibilità della risorsa: si riferisce al tasso di utilizzo del sottosistema nel ciclo

produttivo, cioè se esso sia costantemente coinvolto nella produzione o se la sua

funzione sia richiesta soltanto in determinate fasi operative.

Peso = 3: assegnato agli apparati che partecipano in modo continuo alla produzione.

Peso = 2: se l’apparato non è costantemente coinvolto nelle fasi operative.

Peso=1: per gli apparati che svolgono la propria funzione soltanto in rare occasioni.

Perdita di produttività: con questo parametro si stina la perdita di produttività del

sistema nel caso in cui il gruppo funzionale incorra in un guasto.

Peso=3: per i gruppi funzionali che, in caso di guasto, determinano un arresto del

macchinario e della linea.

Peso=2: per i gruppi funzionali il cui guasto determina un rallentamento della

produzione, ma non causa il blocco del sistema.

Peso=1: per i gruppi funzionali che non presentano criticità significative nei confronti

dell’efficienza produttiva, e il cui guasto non comporta alcuna conseguenza.

Manutenibilità: l’ultimo fattore di criticità indica la facilità di accesso al sottosistema

e di ripristino in caso di un suo guasto.

Peso=3: per i sottosistemi che, se soggetti ad un guasto, comportano lunghi tempi di

fermo, o perché sono difficilmente raggiungibili essendo all’interno del corpo

macchina, o perché, data la loro complessità, richiedono del tempo per la diagnosi del

problema ed il successivo ripristino dello stato operativo.

Peso=2: per gli apparati che presentano un livello di criticità medio riguardo ad

accessibilità e semplicità di ripristino e, comportano un tempo di fermata ridotto.

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Peso=1: per gli apparati che causano un tempo di fermata minimo del sistema.

La tabella seguente illustra la criticità e la classifica ABC dei gruppi funzionali del

sistema.

Descrizi

one

gruppo

Equipment Sub-Equipment S Q W O M Classe

Confez.

Primario

Alimentazione

semilavorato

Nastro telescopico a estrazione da silo 1 1 2 3 3 1 B

Nastro telescopico a estrazione da silo 2 1 2 3 3 1 B

Nastro trasportatore dai sili fissi 1 2 3 3 1 B

Elevatore a tazze 1 1 1 3 3 2 B

Nastro di alimentazione della tramoggia 1 2 3 3 1 B

Tramoggia 1 1 3 2 2 C

Nastro di alimentazione vibrovaglio 1 1 2 3 2 1 B

Nastro di alimentazione vibrovaglio 2 1 2 3 2 1 B

Vibrovaglio 1 3 3 3 1 A

Nastro uscita dal vibrovaglio 1 2 3 3 1 B

Elevatore a tazze 2 1 1 3 3 2 B

Nastro di alimentazione della tramoggia 1 2 3 3 2 B

Tramoggia di alimentazione delle

bilance 1 2 3 3 1 B

Sensoristica e dispositivi di controllo 1 1 3 3 1 B

Confez.

Primario

Bilancia di

pesatura

Canali vibranti di alimentazione 1 1 3 3 1 B

Piatto dispersore vibrante 1 1 3 3 1 B

Canaline radiali vibranti 1 1 2 2 1 C

Tramogge di accumulo 1 1 2 2 1 C

Tramogge di pesatura 1 1 2 2 1 C

Unità di comando pesatura 1 2 3 3 3 A

Tramogge di memoria 1 1 2 2 1 C

Tamponi 1 2 2 2 2 C

Tramoggia di sincronizzazione 1 1 3 2 2 C

Unità di comando di sincronizzazione 1 1 3 3 2 B

Gruppo pneumatico 1 1 2 1 1 C

Sensoristica e dispositivi di controllo 1 2 3 3 2 B

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Confez.

Primario Astucciatrice

Magazzino automatico astucci 1 1 3 2 2 B

Torretta estrazione astucci 1 2 3 3 2 B

Meccanismo di espulsione astucci 1 1 2 1 1 1 C

Carosello di alimentazione astucci

con alveoli 1 1 3 3 3 A

Unità di incollatura a caldo lembi

inferiori 1 2 3 3 1 B

Meccanismo piega alette 1 2 3 2 1 C

Meccanismo di espulsione astucci 2 1 2 1 1 1 C

Torretta di rifasamento 1 1 1 3 3 2 B

Torretta di rifasamento 2 1 1 3 3 2 B

Testa di riempimento degli astucci 1 1 3 3 3 A

Unità di incollatura a caldo lembi

superiori 1 2 3 3 1 B

Meccanismo piega alette 1 2 3 2 1 C

Meccanismo di espulsione astucci 3 1 2 1 1 1 C

Convoglio di uscita 1 1 3 3 1 B

Convoglio di ribaltamento 1 1 3 3 1 B

Sensoristica e dispositivi di controllo 1 2 3 3 2 B

Confez.

Primario Metal Detector

Testa del metal detector 1 3 3 1 1 A

Nastro trasportatore 1 1 3 3 1 B

Meccanismo di espulsione degli

astucci 5 1 3 1 1 1 A

Sensoristica e dispositivi di controllo 1 2 3 3 1 B

Confez.

Primario

Bilancia di

controllo peso

Nastro trasportatore ingresso bilancia 1 1 3 3 1 B

Nastro di pesata 1 1 3 3 1 B

Unità di peso 1 3 3 1 1 A

Nastro trasportatore uscita bilancia 1 1 3 3 1 B

Meccanismo di espulsione degli

astucci 4 1 3 1 1 1 A

Sensoristica e dispositivi di controllo 1 2 3 3 1 B

Confez.

Primario

Sistema di

trasporto

astucci

Nastro trasportatore 1 1 1 3 3 1 B

Buffer di accumulo a spirale 1 1 1 3 3 1 B

Nastro trasportatore 2 1 1 3 3 2 B

Buffer di accumulo a spirale 2 1 1 3 3 1 B

Nastro trasportatore 3 1 1 3 3 1 B

Sensoristica e dispositivi di controllo 1 1 3 3 1 B

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75

Confez.

Secondario Incassatrice

Sistema multibelt alimentazione

astucci 1 1 3 3 1 B

Robot automatizzato prelievo scatole

C1-1 1 1 3 3 3 A

Robot automatizzato formatura C1-2 1 3 3 3 3 A

Magazzino automatico fustellati delle

scatole 1 1 3 2 1 B

Unità di incollatura a caldo 1 2 3 3 1 B

Robot automatizzato prelievo degli

astucci C2-1 1 1 3 3 3 A

Robot automatizzato prelievo degli

astucci C2-2 1 1 3 3 3 A

Tramoggia di traslazione astucci

impilati 1 1 3 2 1 B

Robot automatizzato inscatolamento

C2-3 1 1 3 3 3 A

Sistema di traslazione casse 1 1 3 3 1 B

Robot automatizzato prelievo vassoi

C3-1 1 1 3 3 3 A

Robot automatizzato coperchiatura

C3-2 1 3 3 3 3 A

Magazzino automatico fustellati dei

coperchi 1 1 3 3 1 B

Sistema di trasporto casse complete 1 1 3 3 1 B

Ribaltatore casse 1 1 3 3 1 B

Nastro di uscita rotazione casse 1 1 3 3 1 B

Sensoristica e dispositivi di controllo 1 2 3 3 2 B

Confez.

Secondario Etichettatrice

Meccanismo stampa etichette 1 1 3 1 1 C

Meccanismo alimentazione etichette 1 1 3 1 1 C

Cilindro applicatore etichette 1 1 3 1 1 C

Sensoristica e dispositivi di controllo 1 2 3 3 1 B

Confez.

Secondario

Sistema di

trasporto

casse

Sistema di trasporto di trasporto 4 1 1 3 3 1 B

Buffer di accumulo a spirale 3 1 1 3 3 1 B

Sensoristica e dispositivi di controllo 1 1 3 2 1 B

Tabella 4.3 Classifica ABC dei gruppi funzionali tramite modello M.I.B.-Maintenance Plan

I risultati emersi dall’analisi mostrano la presenza di un elevato numero di sottosistemi

critici, il cui guasto ha un impatto rilevante in termini di disponibilità della linea e perdita

di produttività. Questa conseguenza è principalmente dovuta al fatto che non esistono

ridondanze, fatta eccezione per il sistema di bilance di pesatura, che ha due macchine in

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parallelo: se una delle due non fosse nelle condizioni di compiere le proprie funzioni, la

linea continuerebbe a produrre, anche se con produttività ridotta.

Gli elementi più critici si trovano soprattutto nelle Astucciatrice ed Incassatrice, gli asset

che trasformano il semilavorato di produzione in prodotto finito.

L’approccio adottato dall’Ingegneria di Manutenzione in Barilla, con il metodo M.I.B.

Maintenance Plan, definisce le strategie manutentive in funzione della categoria di

appartenenza di ogni gruppo funzionale. Con tale modalità si gestirebbero “a guasto” gli

apparati appartenenti alla classe C e con interventi di manutenzione preventivi ciclici gli

apparati di classe A e B, con attenzione maggiore per la classe A dove, se possibile,

sarebbe opportuno ricorrere alla manutenzione predittiva.

Tuttavia, questa scomposizione non è esaustiva, poiché all’interno di uno stesso gruppo

funzionale si possono trovare componenti con caratteristiche molto diverse, per i quali la

definizione di attività preventive a scadenza fissa può non essere sufficiente a garantirne

il mantenimento delle condizioni ottimali nel tempo.

Per progettare la manutenzione in modo più accurato, si è pensato di applicare il metodo

RCM alle entità significative in base alla classificazione ABC. Si sono così assegnati gli

elementi di classe C alla strategia a guasto, poiché la loro funzionalità nel processo è

marginale, mentre per quelli di classe A e B è stata realizzata un’ulteriore scomposizione,

per individuare i singoli componenti costituenti e definirne loro esigenze manutentive.

Per raggiungere questo obiettivo si è fatto ricorso all’analisi FMECA, essenziale per

attuare la metodologia RCM. Si sono evidenziati i componenti elementari del sistema,

ricercando le modalità e le cause di guasto principali e mappando il loro livello di criticità.

Poi, per ogni modalità di guasto del sistema, si è definito il miglior approccio manutentivo

utilizzando il cosiddetto albero logico delle decisioni.

4.2.2 Applicazione della metodologia FMECA al sistema

La FMECA è un’analisi di tipo bottom-up utilizzata nell’analisi di rischio per individuare

le eventuali criticità di un sistema/sottosistema/apparato. Si analizza ogni componente,

individuandone i possibili malfunzionamenti, le loro possibili cause e valutandone gli

effetti locali e sul sistema. La FMECA prevede che ogni parte dell’impianto sia

accuratamente analizzata, considerando tutti i suoi modi di guasto e i relativi effetti

funzionali sul sistema.

L’analisi di criticità permette di quantificare la gravità degli effetti di ciascun modo di

guasto e di classificarli in base ad un indice quantitativo.

L’output finale di una FMECA è un piano di manutenzione personalizzato per la specifica

macchina, mirato a perseguire e monitorare la crescita della disponibilità impiantistica.

Questo strumento non è oggi utilizzato dall’Ingegneria di manutenzione Barilla, dove i

piani di manutenzione sono definiti e progettati ricorrendo a metodologie che si fondano

su:

know-how ed esperienza dell’Area Tecnica di stabilimento;

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77

manuali d’uso dei macchinari;

consulenze dei fornitori/progettisti dei macchinari.

Tuttavia si è riconosciuto che dall’applicazione della FMECA, integrando la

classificazione ABC dei gruppi funzionali, si potrebbero trarre vantaggi e informazioni

utili per definire le attività manutentive. L’attuazione della FMECA può infatti facilitare:

il progetto dei cicli di manutenzione preventiva o la pianificazione di interventi per la

manutenzione migliorativa;

la revisione del piano di manutenzione definito, per definire azioni correttive,

preventive o di miglioramento per limitare i guasti a cui è soggetto il sistema.

L’analisi FMECA è stata compiuta con le seguenti fasi:

1. Identificazione dei componenti da sottoporre all’analisi:

L’analisi tecnica è iniziata scomponendo gli apparati individuati come critici dalla

classificazione ABC, fino ad ottenere un albero di item significativi per la manutenzione,

contenente tutti i componenti da monitorare.

La scomposizione funzionale si articola su tre differenti livelli:

Primo livello: è occupato dalla macchina o asse.

Secondo livello: è relativo ad una fase del processo e ad un gruppo funzionale

specifico.

Terzo livello: comprende i componenti significativi critici, in cui ha origine il guasto

che si estende ai livelli superiori.

2. Ricerca delle possibili modalità di guasto:

Consiste nell’individuare la maniera in cui il componente smette di assolvere la propria

funzione specifica. E’ una descrizione della non adeguatezza a svolgere quanto richiesto.

In questa fase vanno elencati tutti i possibili modi di guasto per il componente, anche

quelli con probabilità di accadimento marginale.

3. Ricerca delle possibili cause del guasto:

Si indicano tutte le possibili cause del guasto, in quanto in genere molte cause hanno

effetto su un unico modo di guasto e va analizzato quali siano più facili da ridurre o

controllare. L’individuazione delle cause agevola la ricerca dei rimedi per prevenire i

guasti.

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4. Definizione degli effetti potenziali del guasto:

Gli effetti del guasto influiscono sull’esecuzione delle attività della macchina e del

sistema. Per ogni modalità di guasto si indicano gli effetti generati a livello locale e

globale.

5. Definizione della probabilità del guasto

Si attribuisce un valore numerico alla probabilità di verificarsi del guasto. Tale valore non

è espresso in termini assoluti, ma relativi. Nel caso specifico, la scala dei punteggi è stata

definita come riportato di seguito:

Indice di Probabilità (P)

1 Altamente improbabile (>10 anni)

2 Improbabile (dai 6 ai 10 anni)

3 Probabile (dai 2 ai 6 anni)

4 Altamente probabile (<2 anni) Tabella 4.4 Scala dell'indice di probabilità per metodologia FMECA

6. Definizione dell’indice di gravità del guasto

Questo indice stima il danno indotto dal guasto sul sistema. Anch’esso è espresso in

termini relativi secondo una scala a punteggio definita secondo la seguente tabella:

Indice di Gravità (S)

1 Il guasto non inficia la produzione e il funzionamento della macchina nel breve

termine

2 Il guasto inficia sul funzionamento della macchina ma non della linea

3 Il guasto rallenta la produzione

4 Il guasto causa la creazione di scarti

5 Il guasto implica un fermo linea <2 ore, perdita di produzione e/o scarti

6 Il guasto implica un fermo linea tra le 2 e le 8 ore, perdita di produzione e/o scarti

7 Il guasto implica un fermo linea >8 ore, perdita di produzione e/o scarti

8 Il guasto implica produzione non conforme con danni ad ambiente e persone Tabella 4.5 Scala dell'indice di gravità per metodologia FMECA

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7. Definizione dell’indice di rintracciabilità del gusto

Il parametro stima la probabilità di individuare la condizione di guasto incipiente prima

che esso si verifichi. È legato alla possibilità da parte degli operatori e dei dispositivi

elettronici installati sulla macchina di rintracciare le suddette condizioni. Si riporta la

scala dei valori a cui si è fatto ricorso per l’analisi:

Indice di Rintracciabilità (D)

1

I dispositivi elettronici sono in grado di diagnosticare il modo di guasto, isolarne la

causa e impedire che il guasto si verifichi. Non sono necessari ulteriori controlli sulla

macchina

2

Alte probabilità che i controlli in essere sulle macchine diagnostichino una causa

potenziale e il conseguente modo di guasto. I controlli impediranno un fallimento

imminente

3 La macchina fornisce indicatori di "guasto imminente" rilevabili dall'operatore che

potrà segnalare eventuali anomalie ma non impedire che il guasto si verifichi

4 I controlli sulle macchine non impediscono che il guasto occorra ma potranno isolare

la causa e il conseguente nodo di guasto dopo che questo si è verificato

5 Possibilità remote che i controlli in essere (dispositivi elettronici e operatori) forniscano

indicazioni su una causa potenziale e il conseguente guasto

6 I controlli in essere (dispositivi elettronici e operatori) non sono in grado di rilevare la

causa potenziale e il conseguente guasto

Tabella 4.6 Scala dell'indice di rintracciabilità per metodologia FMECA

8. Calcolo dell’indice RPN (Risk Priority Number)

Il Risk Priority Number è il prodotto tra gli indici di probabilità, gravità e rintracciabilità

del guasto. Serve a ordinare, in base alle priorità definite dall’analisi, le attività della

FMECA.

L’applicazione della FMECA ed i risultati ottenuti sono riassunti nella seguente tabella.

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Tabella 4.7 Analisi FMECA per la Linea di confezionamento

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L’output dell’analisi FMECA è riassunto dall’indice R.P.N., che, per ogni modalità di

guasto, ne indica il rischio in funzione della probabilità di accadimento, gravità del danno

generato e possibilità di rintracciare l’insorgere del guasto stesso prima che si verifichi.

Una volta definito l’indice di rischio per le modalità di guasto indicate in tabella, è stata

tracciata una mappatura della loro pericolosità, come mostra la Figura 4.4.

Figura 4.4 Risk Priority Number per le modalità di guasto

La figura riporta sull’asse delle ascisse le modalità di guasto individuate per la linea di

confezionamento e in ordinata l’indice R.P.N. calcolato al termine della FMECA.

Dall’analisi emerge un numero esiguo di modalità con R.P.N. elevato, cioè molto gravose

per le prestazioni del sistema in caso si verifichino, un basso numero di modalità con

indice basso e, infine, un ampio numero di modi di guasto con valori di R.P.N. medio-

alti, caratterizzati o da un alto indice di gravità e basso indice di probabilità o viceversa.

Per definire i necessari controlli dei modi di guasto individuati, si è tuttavia preferito

tenere conto non dell’R.P.N., ma dell’indice di rischio R, ottenuto dal prodotto tra l’indice

di gravità (S) e l’indice di probabilità (P). Questa scelta è legata al fatto che, soprattutto

in fase di progetto della manutenzione per un impianto nuovo, è opportuno indirizzare le

principali attenzioni verso i modi che generano un elevato danno al sistema o che sono

molto frequenti, indipendentemente dal valore del parametro di rintracciabilità.

In base a queste considerazioni, in presenza di una probabilità elevata, si è pensato che il

modo più efficace per ridurre l’indice di frequenza del corrispondente guasto sia quello

di isolarne e analizzarne le cause, intervenendo con sostituzioni e controlli periodici.

In presenza di un indice di gravità significativo, invece, si ha a che fare con modalità che

costringono a lunghi tempi di fermata del sistema e che potrebbero generare danni

collaterali ad altri sottosistemi produttivi. Poiché non è possibile neutralizzare gli effetti

gravosi del guasto, si è pensato di intervenire con controlli periodici e analisi

diagnostiche, come le analisi termografiche sui quadri elettrici delle macchine e

l’acquisizione delle vibrazioni e della trasmissione di onde d’urto di pressione (impulsi),

rilevabili installando trasduttori sulle motorizzazioni principali.

0

10

20

30

40

50

60

70

80

1 5 9

13

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93

97

101

105

109

113

117

Ris

k P

rio

rity

Nu

mb

er (

R.P

.N.)

Modi di guasto principali

Indice di rischio per le modalità di guasto della linea

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Si riporta nella seguente Figura 4.5 la mappatura dell’indice di rischio R per le modalità

di guasto individuate con la FMECA su una matrice di criticità bidimensionale, lungo i

cui assi si individuano l’indici di gravità e probabilità di accadimento del guasto.

Figura 4.5 Matrice di criticità per le modalità di guasto

La figura mostra nell’asse verticale il numero di modalità di guasto con uguale valore dei

due indici S e P, indipendentemente dalla loro natura. A seconda della combinazione dei

valori di questi due indici, si distinguono tre diverse aree di criticità, come si riporta di

seguito:

S\P 1 2 3 4

1 1 2 3 4

2 2 4 6 8

3 3 6 9 12

4 4 8 12 16

5 5 10 15 20

6 6 12 18 24

7 7 14 21 28

8 8 16 24 32

Tabella 4.8 Mappatura dell'indice di rischio

Area verde: comprende le modalità di guasto caratterizzate da elevati valori di

severity in corrispondenza di probabilità di accadimento remote, oppure modi di

guasto molto frequenti, ma dagli effetti non gravosi sul sistema. Per queste modalità

1

2

3

4

0

5

10

15

20

25

30

35

12

34

56

78

Matrice di Criticità

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non si prevedono azioni preventive, per l’improbabilità del loro accadimento o perché

è più conveniente ripristinare il sistema a guasto avvenuto, piuttosto che mettere in

atto controlli mirati ad impedire che si verifichino.

Area arancione: comprende modi di guasto con consistenti valori di severity e

probability. Per queste modalità si possono prevedere interventi periodici, controlli

ed ispezioni, per verificare le condizioni dei componenti e contenere la probabilità di

accadimento del guasto. Nel caso in cui i modi di guasto siano altamente improbabili

e/o abbiano effetti poco significativi sul sistema, potrebbe essere conveniente

intervenire a guasto avvenuto.

Area rossa: si trovano nell’area maggiormente critica tutte le modalità caratterizzate

da elevati valori sia di severity che di probability. È pertanto necessario programmare

la manutenzione preventiva e dove possibile quella predittiva, per evitare di incorrere

in guasti che in caso di accadimento potrebbero generare lunghe fermate.

4.3 Definizione degli interventi e periodicità dei controlli

L’analisi FMECA del sistema ha consentito di mettere in evidenza i guasti in cui il sistema

potrebbe incorrere, e, secondo un approccio analitico, stimarne l’impatto e un indice di

criticità per determinare un ordine di priorità di intervento.

Il lavoro è proseguito con la definizione delle attività di manutenzione, controlli e

ispezioni delle macchine, per garantire il corretto funzionamento del sistema e il

mantenimento delle sue condizioni ottimali nel tempo.

Per raggiungere l’obiettivo, si è fatto ricorso ad uno strumento noto come albero logico

delle decisioni, che, per ogni modalità di guasto individuata, permette di definire la

migliore strategia manutentiva per contenere la probabilità di accadimento del guasto.

La condizione da verificare per poter applicare questo metodo è definire se, per la

modalità di guasto considerata, esista un segnale debole, quale sintomo di un imminente

degrado delle prestazioni fino al raggiungimento dello stato di guasto funzionale.

Come definisce Tarar (2014), l’esistenza di un segnale debole permette il controllo delle

condizioni del componente e di intervenire quando è stato raggiunto un valore limite,

sotto il quale è opportuno non scendere [12]. Questi avvertimenti possono essere

rintracciati tramite:

il monitoraggio delle performance dei componenti, in particolare attraverso i sensi: lo

stato di usura di alcuni componenti potrebbe essere facilmente identificabile grazie ad

analisi visive o uditive sul sistema;

le analisi diagnostiche grazie a strumenti specifici, come l’acquisizione delle

vibrazioni trasmesse dalle motorizzazioni, la misurazione degli impulsi causati

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dall’usura dei cuscinetti, e le analisi termografiche, eseguite sui componenti elettrici

per evidenziare punti a temperatura elevata per difetti del materiale o possibili

sovratensioni.

Tabella 4.9 Relazione tra componente e parametro di controllo per il Condition Monitoring

Questo approccio permette di definire attività predittive o basate sul Condition

Monitoring dei parametri prestabiliti, per intervenire sul sistema solo quando necessario

e in base alle reali condizioni dell’impianto.

Dove non è possibile identificare dei parametri di controllo, si ricorre alla manutenzione

preventiva, programmando degli interventi per il mantenimento del sistema, con la

possibilità di rivederne la frequenza nel tempo.

Nel presente lavoro, per definire le attività preventive, si è fatto ricorso alle

raccomandazioni dei fornitori contenute nei manuali d’uso delle macchine, oltre

ovviamente alle indicazioni del personale di manutenzione.

Si riporta nella seguente tabella l’elenco delle attività di manutenzione proposte

all’azienda Barilla per il mantenimento del sistema, oltre alla cadenza temporale di

intervento ed il personale coinvolto.

Componente Parametri da monitorare

Motoriduttore Rumore

Livello dell'olio

Sistema di trasmissione ad

ingranaggi

Rumore

Vibrazioni

Impulsi trasmessi dai cuscinetti

Pompa del vuoto Valore della pressione

Nastri Tensionamento

Allineamento

Cinghie e catene di

trasmissione

Tensionamento

Allineamento

Rumore

Q.E. macchine Temperatura dei componenti elettrici

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Tabella 4.10 Piano di manutenzione preventiva per la Linea di confezionamento

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Il piano definito riguarda tutte le attività di controllo ed ispezione dei componenti del

sistema. Queste attività, basate sul Condition Monitoring, permettono di controllare lo

stato del sistema e di pianificare gli interventi di rispristino delle parti danneggiate in base

al loro stato reale. Così facendo, invece di programmare sostituzioni con un programma

a cadenza fissata, si possono monitorare in modo sistematico le condizioni effettive ed

intervenire solo quando lo si reputa necessario.

Per le parti difficilmente ispezionabili si è pensato di installare dei trasduttori per acquisire

in modo continuo le vibrazioni trasmesse. Questi dispositivi consentono di monitorare

come evolve il segnale nel tempo e, raggiunto un valore limite, di programmare la

revisione della macchina per evitare guasti che causerebbero lunghi tempi di fermata.

4.4 Risultati attesi dal piano di manutenzione

Per analizzare l’efficacia del piano generato sarebbe necessario un orizzonte temporale di

osservazione medio-lungo, poiché gli effetti di una buona manutenzione sono evidenti

durante tutta la vita utile di un sistema.

Ciò che ci si attende di ottenere, prendendo come riferimento la serie storica delle

prestazioni per le linee tecnologicamente simili a quella in esame, è una disponibilità

impiantistica superiore mediante la riduzione dell’incidenza dei tempi di guasto e di

fermata degli asset del sistema. Il raggiungimento di un elevato livello di disponibilità è

di fondamentale importanza per conseguire gli obiettivi produttivi.

Nel tempo sarà necessario valutare i risultati raggiunti, per verificare se i costi del piano

di manutenzione siano giustificati dalla riduzione prevista dell’incidenza dei guasti, delle

fermate e dei tempi di mancata produzione.

Allo stato attuale le performance della linea sono riassunte nella seguente tabella, che

riassume le voci di perdita e l’efficienza globale tramite il parametro O.E.E.

Le rilevazioni riguardano il periodo dal giorno 26/06/2015, data di messa in produzione

del sistema dopo le consuete prove di produzione, al giorno 24/11/2015.

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LINEA 8

Ore

Percentuale sul

totale

Ore schedulate 2757,59

Guasti e riparazioni 217,87 7,90

Fermate e microfermate 643,67 23,34

Cambio formato e set-up 108,67 3,94

Incidenza pulizie 64,3 2,33

Ore disponibili A 1723,08 62,48

Varie per rendimento 205,51 7,45

Varie per mancato utilizzo linea 111,95 4,06

Ore produzione E 1405,62 81,58

O.E.E.

50,97

Tabella 4.11 Calcolo del parametro O.E.E. per la Linea 8

Le principali cause di inefficienza della linea produttiva sono dovute alla fase di start up

e configurazione del sistema, che non si è ancora conclusa a sei mesi dalla installazione

poiché le macchine sono “prototipi” ed il collaudo è ancora in corso.

Volendo analizzare le singole voci si individuano le principali causali di perdita:

Guasti e riparazioni: si sono verificate molte instabilità di software e hardware, che

richiedono la presenza dei costruttori in reparto poiché non diagnosticabili e

difficilmente ripristinabili se non spegnendo la macchina. Si può prevedere che, con

la programmazione definitiva dei software, questi problemi scompaiano del tutto, ma

la realizzazione delle modifiche non dipende dal servizio di manutenzione Barilla,

bensì dai fornitori delle macchine. Al contrario, per i problemi di natura meccanica si

prevede di diminuirne l’incidenza in modo sostanziale attraverso adeguate attività di

manutenzione.

Fermate e microfermate: sono le voci che maggiormente influenzano l’efficienza

della linea; sono dovute principalmente al settaggio delle macchine e alle regolazioni

necessarie per gestire le variabili di processo, come tipologia e caratteristiche del

semilavorato, qualità delle attrezzature utilizzate (imballaggi). Anche per questa

causa di fermata si prevede una significativa diminuzione una volta che la linea sarà

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a regime, ma il settaggio ottimale è in carico ai costruttori delle macchine. In questo

caso gli interventi proposti sono mirati al mantenimento del sistema con pulizie ed

ispezioni sulle macchine da parte degli operatori per evitare l’insorgere di fermate

improvvise.

Cambio formato: si prevede che un grande vantaggio offerto dall’elevato contenuto

tecnologico della linea in analisi sarà la riduzione dei tempi di cambio formato. Per il

nuovo sistema i set-up sono quasi totalmente automatizzati (eccetto la fase di carico

di astucci e fustellati che è manuale), al contrario di quanto avviene su linee precedenti

dove le operazioni sono in carico al personale di manutenzione e agli operatori.

Tuttavia per ora questi benefici non sono emersi in pieno, a causa di alcune

inaffidabilità a livello software che hanno richiesto lunghi tempi di ripristino durante

il cambio formato. Questa voce, secondo le aspettative di progetto delle macchine,

dovrebbe raggiungere un’incidenza sul tempo di produzione molto minore, ma il

raggiungimento degli obiettivi non è legato alle prestazioni degli interventi

manutentivi bensì all’affidabilità intrinseca del sistema.

Varie per rendimento: sono voci che non incidono sulla disponibilità della linea, ma

su una fase del sistema che ne compromette comunque le prestazioni in maniera

significativa, cioè l’alimentazione del semilavorato. Con questa denominazione si

intende la somma dei tempi persi per far arrivare il semilavorato dalla zona di

ricevimento (sili fissi) al confezionamento, inclusi i transitori per il cambio dei sili di

alimentazione e intasamenti di prodotto dovuti a flussi eccessivi sui nastri di trasporto.

Le altre cause di inefficienza, cioè pulizie e varie per mancato utilizzo, sono fisiologiche

e indipendenti dalle prestazioni del servizio di manutenzione.

Per fare una stima quantitativa di quanto una manutenzione adeguata possa aumentare

l’efficienza globale dell’impianto, sono state raccolte le bolle di produzione della linea

compilate tra il 26/06/2015 e il 24/11/2015. Le bolle di produzione sono lo strumento che

Barilla utilizza per calcolare i rendimenti produttivi degli stabilimenti e individuare le

inefficienze che penalizzano la produzione. L’analisi delle fermate ha consentito di

conoscere eventi che gli interventi proposti con il piano di manutenzione avrebbero potuto

evitare. Si riportano nella seguente tabella i differenziali in termini di percentuale sulle

ore schedulate, che si sarebbero ottenuti evitando eventi realmente accaduti.

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LINEA 8

Ore

Ore

potenzialmente

evitabili

Ore fermo

potenziale

Δ

Percentuale

sul totale

Percentuale potenziale sul

ore schedulate

Ore schedulate 2757,59

Incidenza guasti e

riparazioni 217,87 26,33 191,54 -12,09 6,95

Incidenza fermate 643,67 10,67 633,00 -1,66 22,95

Incidenza cambio

formato 108,67 0,00 108,67 3,94

Incidenza pulizie 64,3 0,00 64,30 2,33

Ore disponibili 1723,08 1760,08 +2,15

Tasso di disponibilità:

A=Ore disponibili/Ore schedulate 63,83

Varie per

rendimento 205,51 0,00 205,51 7,45

Mancato utilizzo

linea 111,95 0,00 111,95 4,06

Ore produzione 1405,62 1442,62 +2,63

Parametro di efficienza in performance:

E=Ore produzione/Ore disponibili 81,96

O.E.E.

52,31

Tabella 4.12 Incremento potenziale dell'efficienza globale della Linea con una manutenzione

efficace

L’O.E.E. della linea sarebbe potuto essere maggiore, se si fossero effettuati interventi

preventivi mirati ad evitare alcune fermate. L’incidenza dei guasti stata inferiore del

12,09% rispetto al dato rilevato, mentre le ore disponibili sarebbero aumentate del 2,15%

e le ore di produzione del 2,63%.

Questi potenziali risultati, che possono sembrare limitati, sono basati su dati certi: è ovvio

che, se la linea fosse già rodata e fossero stati eliminati i problemi di start up che incidono

sul suo rendimento, l’efficienza globale potrebbe essere decisamente più elevata.

In termini economici l’incremento di disponibilità della linea si traduce in un aumento di

produzione e in un risparmio di costo, perché con una manutenzione preventiva si deve

sostituire un minor numero di componenti deteriorati.

Si riporta nella seguente tabella una stima dei costi di manutenzione preventiva che

avrebbero ridotto la probabilità di accadimento dei guasti avvenuti nel periodo compreso

tra il 26/06/2015 ed il 24/11/2015.

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Tabella 4.13 Costo degli interventi preventivi mirati all'eliminazione dei guasti avvenuti nel periodo

compreso tra il 26/06/2015 ed il 24/11/2015

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A fronte di queste stime di costo degli interventi di manutenzione proposti si calcolano i

costi realmente sostenuti in seguito ai guasti che si sono verificati:

𝑪𝒐𝒔𝒕𝒐 𝑻𝒐𝒕𝒂𝒍𝒆

= 𝐶𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑚𝑎𝑛𝑐𝑎𝑡𝑎 𝑝𝑟𝑜𝑑𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 + 𝐶𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑀𝑑𝑜 𝑑𝑖𝑟𝑒𝑡𝑡𝑎 + 𝐶𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑖 𝑟𝑖𝑐𝑎𝑚𝑏𝑖

𝑪𝒐𝒔𝒕𝒐 𝒅𝒊 𝒎𝒂𝒏𝒄𝒂𝒕𝒂 𝒑𝒓𝒐𝒅𝒖𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆

= 𝑇𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑑𝑖 𝑚𝑎𝑛𝑐𝑎𝑡𝑎 𝑝𝑟𝑜𝑑𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 ∗ 𝑃𝑟𝑜𝑑𝑢𝑡𝑡𝑖𝑣𝑖𝑡à 𝑎𝑠𝑠𝑒𝑔𝑛𝑎𝑡𝑎

∗ 𝑀𝑎𝑟𝑔𝑖𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝐶𝑜𝑛𝑡𝑟𝑖𝑏𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑈𝑛𝑖𝑡𝑎𝑟𝑖𝑜

𝑪𝒐𝒔𝒕𝒐 𝑴𝒅𝒐 𝒅𝒊𝒓𝒆𝒕𝒕𝒂

= 𝑂𝑟𝑒 𝑓𝑒𝑟𝑚𝑜 𝑙𝑖𝑛𝑒𝑎 ∗ 𝑃𝑟𝑜𝑑𝑢𝑡𝑡𝑖𝑣𝑖𝑡à 𝑎𝑠𝑠𝑒𝑔𝑛𝑎𝑡𝑎 ∗ 𝐼𝑛𝑐𝑖𝑑𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑀𝑑𝑜 ∗ 𝐶𝑜𝑠𝑡𝑜

𝑜𝑟𝑎𝑟𝑖𝑜 𝑀𝑑𝑜 + 𝑂𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑣𝑒𝑛𝑡𝑜 ∗ 𝐶𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑜𝑟𝑎𝑟𝑖𝑜 𝑀𝑑𝑜 𝑚𝑎𝑛𝑢𝑡𝑒𝑛𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒

= 26,33 [𝑜𝑟𝑒] ∗ 4,14 [𝑡𝑜𝑛

𝑜𝑟𝑎] ∗ 0,55 [

𝑜𝑟𝑒

𝑡𝑜𝑛] ∗ 32 [

𝑒𝑢𝑟𝑜

𝑜𝑟𝑎] = 1.918,51 [𝑒𝑢𝑟𝑜]

𝑪𝒐𝒔𝒕𝒐 𝒅𝒆𝒊 𝒓𝒊𝒄𝒂𝒎𝒃𝒊

= 𝐶𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑖 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑜𝑛𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑠𝑜𝑠𝑡𝑖𝑡𝑢𝑖𝑡𝑖 + 𝐶𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑖 𝑚𝑎𝑡𝑒𝑟𝑖𝑎𝑙𝑖 𝑡𝑒𝑐𝑛𝑖𝑐𝑖

= 480 [𝑒𝑢𝑟𝑜]

𝑪𝒐𝒔𝒕𝒐 𝑻𝒐𝒕𝒂𝒍𝒆 [𝒆𝒖𝒓𝒐]

= 2.398.51 [euro]

La mancata produzione genera un costo, da calcolarsi nel modo suddetto, solo se genera

uno “stralcio”, cioè se non si soddisfa l’ordine di uno o più clienti, perdendo fatturato. Di

norma in Barilla ciò non avviene, quindi la mancata produzione non riduce il margine

dell’azienda. Per questo motivo, si ritiene di tenere conto, come costi di un arresto della

linea causati da un guasto, solo di quelli della Mdo diretta e dei ricambi. A queste voci

andrebbe sommato il costo dell’energia che in questo caso non è considerato poiché poco

significativo rispetto al costo della Mdo diretta e dei ricambi.

Il vantaggio di costo che si avrebbe con la manutenzione preventiva è quindi pari a:

𝜟 𝑪𝒐𝒔𝒕𝒐 = 2.398,51 – 1.069,35 = 1.329,16 [𝑒𝑢𝑟𝑜]

Questo importo è riferito, come altri citati in precedenza, a circostanze rilevate; sarà via

via maggiore al progredire della messa a punto della linea. Occorre comunque allocare le

risorse di manutenzione in modo oculato, trovando il punto di equilibrio tra il costo della

manutenzione preventiva ed il vantaggio economico che essa genera, evitando di

incorrere in costi superiori ai vantaggi che ne derivano.

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4.4.1 Un esempio pratico

Per illustrare quanto possa essere utile ispezionare lo stato delle macchine, si riporta un

caso di guasto meccanico avvenuto pochi mesi dopo l’installazione della linea. Un blocco

del secondo elevatore, elemento del gruppo di alimentazione del semilavorato, ha causato

un fermo linea di circa un turno lavorativo, pari ad otto ore.

Il tempo di fermata tiene conto non solo del tempo di ripristino, ma anche di quello

necessario per diagnosticare il problema e recuperare il materiale tecnico per l’intervento.

L’effetto finale del guasto era una deformazione per torsione delle tazze di trasporto, che

non ruotavano in maniera corretta sulla camma di ribaltamento e si incastravano.

Attraverso il controllo delle tazze deformate, i tecnici di manutenzione Barilla hanno

constatato l’allentamento del perno di fissaggio tra la tazza e la catena di trasporto, che

ha causato il mancato ribaltamento della prima tazza. Questo evento ha impedito il

ribaltamento delle tazze che la seguivano.

E’ stata verificata la libera rotazione delle tazze integre, sono state smontate dall’elevatore

e sostituite le tazze deformate ed i relativi perni di fissaggio, e sono stati sostituiti i perni

deformati di alcune tazze che non avevano subito danni.

Il guasto, quindi, ha causato un fermo linea e una mancata produzione di circa otto ore, a

cui si aggiungono i costi diretti per l’intervento di due manutentori meccanici e i ricambi

necessari.

In seguito a questo evento, si è ritenuto necessario attivare un’ispezione bisettimanale per

valutare l’allentamento dei perni e la libera rotazione delle tazze di trasporto. L’elevatore

è facilmente accessibile e ispezionabile, pertanto attivare dei controlli frequenti, che

richiedono pochi minuti potrebbe essere una contromisura efficace per evitare guasti

come quello appena descritto. Se nel corso del tempo l’ispezione bisettimanale sarà

ritenuta eccessiva, si potrebbe tarare nuovamente la cadenza d’intervento fino ad arrivare

alla periodicità di controllo ottimale.

Le stesse considerazioni saranno applicate a tutte le attività di controllo ed ispezione

elencate, per le quali sarà opportuno riassegnare una frequenza d’intervento in base allo

stato delle macchine emerso dalle verifiche.

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Conclusioni

Il lavoro propone un metodo qualitativo per realizzare un’analisi critica di un sistema

produttivo e definirne i requisiti manutentivi.

La linea di confezionamento, che è stata da poco installata nello stabilimento semola del

comprensorio di Pedrignano, è stata scomposta fino al livello di componenti elementari;

in seguito è stata realizzata un’analisi per individuare i sottosistemi con le esigenze di

manutenzione più elevate.

Questo approccio ha permesso di identificare le modalità di guasto in cui può incorrere il

sistema e di proporre all’azienda un piano di manutenzione che indica le attività di

controllo ed ispezione mirate a ridurre la probabilità dei guasti individuati.

Alle attività sono state assegnate delle frequenze temporali, in base alle indicazioni dei

costruttori delle macchine e al personale di manutenzione Barilla.

Gli obiettivi che si intende raggiungere con il piano di manutenzione proposto sono:

Garantire elevata disponibilità d’impianto, per conseguire la produttività molto alta

che l’azienda si aspetta dalla linea, come corrispettivo degli investimenti sostenuti per

realizzarla.

Sensibilizzare gli operatori alla risoluzione dei problemi e al mantenimento degli

asset produttivi, con controlli ed ispezioni che rilevino in anticipo malfunzionamenti

che generano fermate della linea. Questo si potrà ottenere con un’adeguata

formazione del personale ed è replicabile su qualsiasi impianto dello stabilimento.

Programmare in modo più efficace gli interventi di manutenzione straordinaria e le

revisioni, anche avvalendosi dei dati forniti da strumenti diagnostici, che riducano la

probabilità di guasti con tempi di ripristino importanti. Ad esempio, controllando le

vibrazioni trasmesse dalle motorizzazioni principali si potrebbe programmare

l’intervento quando si raggiunga un limite che non si ritiene conveniente superare.

Nella definizione del piano non si è tenuto conto dell’entità delle risorse temporali e

umane disponibili; perciò sarà da valutare quanto gli interventi proposti possano essere

estesi all’intero sito produttivo. Inoltre, non essendo disponibili dati storici di guasto,

perché la linea è nuova e innovativa, si sono definite le attività non in base a dati rilevati,

ma con un approccio qualitativo che evidenziasse le potenziali criticità del sistema.

Ciò che è stato realizzato in questo lavoro è la fase iniziale della metodologia proposta, a

cui seguiranno la valutazione dei risultati e la revisione del piano di manutenzione.

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La ricerca del miglioramento continuo è un concetto di base per la politica Reliability

Centered Maintenance, oltre ad essere un orientamento che ha permesso all’azienda

Barilla di ottenere brillanti risultati.

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Bibliografia

[1] Normativa UNI EN 13306 Manutenzione – Terminologia, 2003

[2] Tsang A.H.C.

1998, A strategic approach to managing maintenance performance, Journal of

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