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8 marzo 2002

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“LA DONNA E IL LAVORO FEMMINILE”

CON L’ALTO PATRONATO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

ANMILUfficio OrganizzazioneVia Adolfo Ravà 124 – 00142 RomaTel. 06 54196209 Fax 06 5406776E-Mail [email protected] StampaDott.ssa Marinella de MaffutiisTel. 06 54196205 Fax 06 5406776 E-Mail [email protected] verde 800864173

INAILDirezione Centrale ComunicazionePiazzale G. Pastore, 6 – 00144 RomaTel. 06 54872293www.inail.itE-Mail [email protected]

SUPPLEMENTO AL PERIODICO “OBIETTIVO TUTELA ANMIL” N° 1/2002

concorso nazionale anmil di poesia

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Basta prendere in mano qualsiasi antologia o storia della poesia del Novecento italianoper rendersi conto che le voci femminili sono poche e isolate. Solo negli ultimi tempi,successivi alla stagione del femminismo, sempre più spesso nomi di donne sono appar-si nei cataloghi degli editori di poesia. E in qualche caso -pensiamo ad esempio ad AdaMerini- sono frutto della testa, della sensibilità ed anche della sofferenza di una donnai contributi più nuovi e originali alla tradizione poetica nazionale.Così come balza subito agli occhi la marginalità e comunque l’edulcorazione del mondodel lavoro nei versi dei rari poeti che pur vi si sono dedicati. Per quello che riguarda illavoro femminile, poi, siamo pressoché fermi al leopardiano “la donzelletta vien dallacampagna in sul calar del sole…”. Tutto ciò appare francamente inspiegabile. E’ singolare che lo strazio dell’amore per-duto, la sofferenza del soldato al fronte e il dolore della lontananza degliemigrati abbiano potuto ispirare canti e pagine memorabili, mentre lostrazio, la sofferenza e il dolore che hanno rappresentato la fatica del la-voro e la mancanza di lavoro per intere generazioni, sino ad anni recenti,non abbiano praticamente detto nulla a poeti pur grandi e ricchi di sensi-bilità. I tempi sono cambiati. Il progresso degli ultimi decenni ha determinato unamaggiore presenza femminile in tutte le attività sociali, comprese quelle con-nesse al lavoro e alla cultura. E si deve anche dire che la cultura in generee la poesia in particolare si sono scrollate definitivamente di dosso quel per-sistente filtro di romanticismo attraverso il quale veniva percepito e inqualche modo distorto il mondo del lavoro. Perciò ci è subito apparsa praticabile e utile questa iniziativa sia sul pianodella sensibilizzazione al rapporto estremamente attuale e problematico fradonna e lavoro, sia su quello più propriamente letterario. I risultati concreti sono oggisotto i nostri occhi, in queste pagine. Non è certamente il caso -e comunque non compete a noi- dare specifici giudizi di merito. Ma la varietà, la profondità e spesso l’originalità di questi apporti -nei temi enei toni- costituiscono un passo in avanti rispetto alle omissioni e alle ipocrisie che hannosegnato nel tempo, anche nei tempi più vicini a noi, la conoscenza del reale rapportofra donna e lavoro. E dobbiamo aggiungere che le specifiche caratteristiche ed esigen-

Donne e poesie

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ze formali della poesia ci paiono, in questo caso, perlopiù aver sottolineato ed eviden-ziato l’autenticità dei gesti e dei sentimenti descritti piuttosto che attenuarla o sublimar-la.Non a caso. Questo volume non raccoglie, infatti, poesie scelte di pochi autori intellet-tualmente sofisticati. E’ proprio la base di massa che si è voluto e si è ottenuto, con ilbando di concorso che ha dato il via all’iniziativa, ad aver consentito, anche con la suc-cessiva selezione, l’acquisizione di apporti spontanei e autentici, spesso di significativaimmediatezza. Perciò questo volume costituisce, a prescindere da qualsiasi altra considerazione spe-cialistica, un documento di straordinaria sensibilizzazione e di utilità -sì, anche la poe-sia può essere utile, se è frutto non di mera tecnica letteraria ma di umana e direttapartecipazione agli aspetti concreti dell’essere donne e uomini in questo mondo- persi-no per chi deve operare, sul campo e nelle istituzioni, in materia di lavoro e di tutela deirischi sul lavoro.L’Inail e l’Anmil stanno lavorando, ciascuno nel suo ruolo e ciascuno con i suoi strumentima sinergicamente, per una sempre maggiore diffusione nel Paese di una cultura dellaprevenzione degli incidenti sul lavoro. E una notevole mole di attività, servizi e strutturesono state mobilitate per l’individuazione, l’emersione e il superamento progressivo del“lavoro in nero”, un settore dove regnano lo sfruttamento, salari da fame e totale man-canza di tutela, e dove purtroppo sono spesso proprio le donne le principali vittime. Re-centemente inoltre anche il lavoro delle “casalinghe” è stato ricondotto all’interno delleattività assicurate e tutelate dando finalmente riconoscimento sociale e giuridico ad unafunzione insostituibile.Facciamo nostro questo volume-documento con lo stesso spirito con cui applichiamo intermini avanzati le competenze affidateci dalla riforma delle normative sulla tutela,spesso dall’Inail stesso promosse. Anche e soprattutto la tutela delle donne che lavora-no esige che, prima ancora che con la repressione, si operi con la prevenzione, con lacultura della prevenzione. E se il lavoro, come la vita, può e deve comprendere ancheil momento “poetico”, a maggior ragione deve e può prevederlo ogni azione mirata amigliorare le condizioni del lavoro.

Alberigo Ricciotti Pietro MercandelliDirettore Generale Inail Presidente Anmil

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Rosaria Lo Russo (poetessa)Paola Saluzzi (conduttrice televisiva)Marina Salamon (imprenditrice)Antonia Matarrese (giornalista)Amanda Sandrelli (attrice)Laura Caidominici (in rappresentanza del Gruppo di lavoro per le politiche femminili dell’ANMIL)Antonella Ninci (Presidente della Commissione Pari Opportunità dell'INAIL)

Le illustrazioni di questo libro sono state ideate appositamente da Monica Incisa,illustratrice e umorista che vive e lavora a Roma , dove collabora alla pagina cul-turale del Messaggero.I suoi disegni sono apparsi sulla Repubblica, il New York Times, Il New York Re-view of Books, The Nation e numerose altre pubblicazioni americane.Ha illustrato una ventina di libri per bambini e per adulti e di alcuni di questi hascritto anche il testo. I suoi lavori sono stati esposti a Roma e a New York.

A tutte loro il nostro ringraziamento per aver accettato di contribuire a divulgarela gravità del fenomeno infortunistico e a quanti hanno partecipato a questa nos-tra iniziativa sentiamo di dire che sicuramente anche il loro interessamento porteràad un passo in avanti verso un lavoro dove il rispetto per le norme sulla preven-zione diventa una realtà non solo sulla carta.

Il Gruppo di lavoro per le politiche femminili dell’ANMIL:Laura Caidominici (Perugia)Alessandra Caponi (Pistoia)Anna Di Carlo (Pescara)Claudia Gramendola(Vibo Valentia)Liviana Urbinati (Pesaro)

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La Commissione Giudicatrice del Concorso

Le illustrazioni

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Pag. 17 prefazione di Rosaria Lo Russo“ 21 NINA ALLE OLIVE - Pina Trovarelli“ 23 LA VITA È BELLA - Giuseppina Cicatiello“ 25 DESTINO DI DONNA - Rachele Mirai“ 27 IL CERCHIO - Rosaria Anedda“ 29 SENZA VOCE - Maria Pia Aprilini“ 31 LA PICCOLA CONTADINA - Adele Arata“ 33 OTTO DI MARZO - Nicola Bacocchia“ 35 IN MORTE DI UNA RACCOGLITRICE - Paolo Bassani“ 37 LETTERA ALLA MAESTRA - Paolo Bassani“ 39 LA FEMMENE CHE FATIJE - Maria Rita Berardi“ 41 DONNA - Franca Bernabei“ 43 ENZA - Raffaela Bruschetta“ 45 E COSÌ SCORRE LA VITA - Anna Calassi“ 47 RINCORRERE IL TEMPO - Anna Calossi“ 49 CARNE VIVA - Francesco Camerino“ 51 IL TUO CARICO GRAVE - Andrea Cantegna“ 52 AD ANNA - Rino Carbonai“ 53 COME NACQUE LA FESTA DELLA DONNA - Rino Carbonai“ 55 DI CHI È LA SCOPA? - Luana Cardarilli“ 57 UNA PRIMITIVA SORTE - Massimo Carullo“ 59 UN GIORNO COME ALTRI - Massimo Carulli“ 61 CHE FATICA STA FATICA - Anna Maria Casassa“ 63 EMBRIONE CARTELLINO - Matteo Nava“ 65 DONNE DEL SUD - Albino Cece“ 67 UN GIORNO D’OTTOBRE ASSOLATO - Patrizia Cimarra“ 69 L’ACROBATA - Patrizia Cimarra“ 71 LA PAROLA - Barbara Codevico

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Pag. 73 ENNOD - Francesca Cortesi“ 75 DONNA - Rosita D’Alessio“ 77 LA DONNA E IL LAVORO FEMMINILE - Tiziana De Felice“ 79 LA SARTA - Daniela Emmi“ 81 LA DONNA ED IL LAVORO FEMMINILE (1) - Fiorella Ficarilli“ 83 LA DONNA ED IL LAVORO FEMMINILE (2) - Fiorella Ficarilli“ 85 LA DONNA NEL LAVORO - Giancarlo Franchi“ 87 SERA - Concetta Fusco“ 89 L’ANGELO DEL FOCOLARE - Stella Gigli“ 91 LE SUE ILLUSIONI - Anna Grenzi“ 93 CON LE TUE GRANDI MANI - Margherita Lo Tito“ 95 COLLOCAMENTO - Anna Luches“ 97 NOTTE INFINITA - Monica Marchetti“ 99 MANI DI DONNA - Grazia Maria Mari“ 101 LA MIA VITA - Marisa Martarelli“ 103 SOGNI INFRANTI - Irma Martinelli“ 105 L’EREDITÀ - Adriana Mascanzoni“ 107 PROPONIMENTI - Mimma Mauri“ 109 LA BRACCIANTE E L’AMICA - Nullo Mazzesi“ 111 LA SPIGOLATRICI - Nullo Mazzesi“ 113 POESIA DONNA AL LAVORO - Carla Mussi“ 115 “ (versi liberi in poesia e prosa) - Carla Mussi“ 117 8 DI MARZO (balla per le donne di Cervia) - Carlo Nava“ 119 SENZA TITOLO - Roberto Nicolini“ 121 SENZA TITOLO - Sonia Paglia“ 123 SULLA RIVA - Marina Paiani“ 125 DONNA POETA - Amerigo Panaiotti“ 127 RICORDI - Carla Paoletti

Indice

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Pag. 129 CARLOTTA E LE ALTRE - Chiara Passarella“ 131 LA DONNA E IL LAVORO DELLA SICILIA - Maria Stella Patamisi“ 133 LA DONNA E IL SUO LAVORO - Maria Stella Patamisi“ 135 DONNA CHE TI ALZI AL MATTINO - Mario Pavan“ 137 LA SERPARA - Antonio Pelagalli“ 139 UN GIORNO AL CALL CENTER - Francesca Pellegrino“ 141 MIA NONNA RACCONTA - Barbara Pellegrino“ 143 LE ROSE DI BRESCIA - Rina Pirani“ 145 SENZA TITOLO - Rosellina Pisani“ 147 LA DONNA SANTA - Carlo Prosperi“ 149 LUCIA, LA MIA MAMMA (nata nel 1900) - Maria Reduce“ 151 RUOLI DI DONNA - Angela Riva“ 153 CRONACA DI POVERI GIORNI - Paolo Sangiovanni“ 155 IERI, OGGI - Nilvano Sbrana“ 157 DEA KALÌ - Gilda Scognamiglio“ 159 L’OPERAIA - Sahara Scopetani“ 161 PENSIERO AD UNA MAMMA METALMECCANICA - Cristina Strona“ 163 AL MERCATINO DI BELGRADO - Luca Trepiedi“ 165 DUE RIGHE IN CRONACA - Michele Troianello“ 167 UNA STORIA ROSA - Paolo Trotto“ 169 IL VALORE DONNA - Livio Utan“ 171 “ENDURING FREEDOM” - Gabriella Valentini“ 173 LE TUE MANI - Lido Vanni“ 175 BALLATA DI DONNA SOLA - Antonella Vannucchi“ 177 LA DONNA E IL LAVORO FEMMINILE - Pietro Vassallo“ 179 LAVORO FEMMINILE - Dina Vichi Fabbrizi“ 181 RAGAZZA MADRE - Laura Zilio

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di ROSARIA LO RUSSO

Chi vorrà avventurarsi fra le circa ottanta voci di cui qui si raccoglie testimonianza, nonincontrerà occhi trasognati di oziose beatrici, ma mani, Mani di donna, grandi mani dimadri e di nonne: sono loro a "mandare avanti il mondo", scrive Grazia Maria Mari.Simbolo di forza, tenacia, operosità inesausta, ma anche di cure amorevoli, le manisono la parte del corpo più scritta in queste poesie, e non fa differenza se la parte del-l'autore la fa una donna o un uomo. Tante poesie sono dedicate alla memoria bucolicadella fattività della Nonna: le mani sono sua sineddoche, il modello operativo da imitare (l'Italia è ancora un paese matriarcale nella mentalità popolare). Le mani sono responsabili delle qualità femminili chei nostri poeti, coralmente, mettono in rilievo: la Pazienza, la Dedizione alProssimo (si veda la bella poesia E così scorre la vita dell'infermiera emadre Anna Calossi), e non ultimo il valore marxiano della Libertà. Madri,operaie, infermiere, prostitute: della donna è al lavoro sempre la Carneviva (così suona il titolo del testo di Francesco Camerino); mani instanca-bili, carni abusate: purtroppo gli abusi sessuali sul posto di lavoro emergono spesso in queste poesie (si veda La donna e il lavoro della Si-cilia di Maria Stella Patamisi); notti brevi accanto alle culle: il lavoro in-cide, tatua, modella, deforma il corpo della donna, lo assorbe, lo sfigura, lo trasforma,lo umilia. Lo minaccia di infortunio e deturpazione, o anche è semplicemente in giocola decadenza della vecchiaia, sentita come triste tempo di un dopolavoro vissuto da uncorpo svuotato, reso disutile dal tempo. E le mani diventano memoria. Queste sono poe-sie vissute dagli autori sulla propria pelle - nel vero senso della parola - o, per empati-co traslato, sulla pelle dei cari che li hanno lasciati, e sono poesie che denunciano de-mocraticamente quello stupro del tempo divorato dal lavoro, che diventa memoria,memoria che chiede risarcimento danni al tempo alienato alla terra o alla fabbrica omemoria che chiama nostalgicamente un tempo in cui il lavoro rendeva le mani e i corpiconsunti e nodosi, ma anche appagati dal ritmo ancora umano della vita contadina.Forse l'idealizzazione 'poetica' del 'buon tempo che fu' è eccessiva in alcuni testi, maqueste poesie sono espressione di sentimenti individuali (o collettivi), non mirano al-l'avvedutezza stilistica; gli autori e le autrici 'non hanno studiato', come si suol

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borghesemente dire, partecipano di una cultura operaia. E ben venga allora, comediceva il grande poeta Giorgio Caproni cantando le gesta della madre operaia, "larima in cuore e amore", se serve a raccontare emozioni autentiche e dolori accecanti. Imoduli stilistici sono, a buon diritto, ingenui, elementari. La prosa si mescola al verso,oppure i versi si legano in rime grammaticali, le più orecchiabili: giusto, se lo scopo delcanto è la memorabilità della testimonianza. E quando l'eccesso di semplicità dispiace,non si dimentichi che questa è l'idea di poesia incautamente diffusa dalla nostra scuo-la dell'obbligo. In quegli anni ci obbligano, nell'età del massimo apprendimento, ad im-parare a memoria i falsi versi sentimentalistici e moralistici della deteriore poesia ital-iana minore di fine '800. E così, ahimè, chi si avventuri fra queste candide voci inci-amperà molto spesso in rocambolesche apocopi e scolastiche elisioni! Ma qui il fattac-cio stilistico ci può far gioco perché veicola efficacemente (in una sorta di parodia in-volontaria) la denuncia sociale o sottolinea la commozione, come se a parlare fosse unavoce 'anticata' da cantastorie popolare. Si ascolti la voce proletaria di Carla Mussi: voxpopuli-vox Dei, i suoi deliri prosiritmici hanno la forza dei sermoni, delle prediche odelle improvvisazioni dei comici dell'Arte quattrocentesche. Lo pseudo moralismo stilis-tico diventa, per parodia e disperazione, moralità, autentica denuncia. Per l'autrice - esottoscrivo - la Poesia è una Donna al Lavoro. Metafora delle metafore. Il suo pianto an-tico è un grido da madre brechtiana, uno sgrammaticato sproloquio fra Ruzante e Pa-solini, se non fosse semplicemente il suo parlato (ma per il lettore poco importa: la let-teratura è comunque Finzione). Allora solo un canto popolare, un urlo di femmina feri-ta: per Carla, nata non udente, "l'invocazione al canto della poesia è rimasto un sogno"(la poesia in Italia, purtroppo, è da sempre un lusso per pochi), un sogno che oggi conquesta pubblicazione si avvera, e me ne compiaccio con la coraggiosa autrice.Il personaggio principale in questa raccolta è la Donna Sfinita: il tema più frequentatoè la faticosissima conciliabilità fra i ruoli sociofamiliari, soprattutto fra maternità (cheresta per tutti gli autori il valore massimo, il Sommo Bene) e lavoro a tempo pieno. Fraaffetti e fatica, figli e fabbrica, viene esaltata la caotica psicologia femminile del lieto esgomento barcamenarsi. Buona la metafora dell'Acrobata di Patrizia Cimarra per sin-tetizzare il concetto: la vita della donna che lavora è una "gara col tempo", un teneroaffanno. Concetta Fusco, quando viene Sera, spera "di essere riuscita/ a coniugare ilpane con la vita/ vita che è amore e dedizione vita che è amore e passione/ per chi

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amo". E si veda anche Rincorrere il tempo di Anna Calossi, sul dramma delle madri chenon possono crescere i propri figli, che devono delegare le cure materne ad estranei pernon perdere il posto di lavoro. Tempo perduto che non ritornerà. La denuncia più chiarae sentita: le donne continuano a subire il disagio del doppio-triplo salto mortale deiruoli esistenziali, disagio che continua a porle in condizione d'inferiorità rispetto agliuomini: "Il lavoro femminile per chi ha famiglia e prole/ è sempre stato doppio e senzasole", scrive Dina Vichi Fabbrizi. Come vedete c'è anche posto per l'ironia, nonostantetutto, e si legga, a tal riguardo la deliziosa poesiola di Tiziana De Felice. La donna che lavora è una figura che "dà tutto e non ha niente per sé". Questo motivodominante è oggetto di rigurgiti nostalgico-vittimistici o di fervente protesta; i toni svariano dall'elegiaco all'invettiva, dalla lentezza al ritmo battente: la conquista del-l'uguaglianza dei diritti e dei valori dell'emancipazione, nella vita moderna urbanizza-ta, comportano l'alienazione nei doppi-tripli ruoli e l'esito disumanizzante di una soli-tudine profonda, interiore, della lavoratrice che non ha tempo per sé, se non in una vec-chiaia pensionata che non ha alcuna attrattiva. Per talune vale ancora il rifugio nellamemoria storica della collettività del lavoro femminile contadino oppure nel valore dellasolidarietà espresso nel mito della festa dell'8 marzo. Laddove più nostalgici e lirici sonogli uomini, la cui memoria della Donna è più spesso ridotta a figura stilizzata, memoredelle angelicazioni ossessive della poetica nostrana, piuttosto che di fatti vissuti in primapersona.E la Donna Poeta che "fa"? Qual'è - se c'è - il suo lavoro? Interessante la risposta checi dà Amerigo Panaiotti: La Donna Poeta, anche se chissà perché così virilmente maius-colata, esalta questo eterno "contrattempo/tra realtà e immaginazione", tra persona eruoli. Duro lavoro svelare l'inganno che confonde le "pretestuose immagini sociali" at-tribuite alla donna, però da altri e non da lei, discostandola dalla sua "vera identità"(come rivela Paolo Sangiovanni in Cronaca di poveri giorni), negata perché ancoratemuta. Allora alle 'donne che fanno' - e poesia significa'fare' in greco - auguriamo checontinuino a remare verso il Tempo, contro il Tempo Tiranno, in controtempo, per affer-mare il proprio diritto-dovere di essere nel Tempo, e magari un giorno finalmente atempo (e in tempo).

Rosaria Lo Russo

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NINA ALLE OLIVE

Ha le dita intirizzite.Le ginocchia accartocciate.La schiena curva.Gli occhi che fissano la terra...Ma ha voglia di sognare.Per ogni chicco nero, ascolta il mare.Per ogni chicco verde, sente l’amore.Solo quando il suo cestinosarà colmo,alzerà gli occhiper vedere il cielo.

Pina Trovarelli

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LA VITA E’ BELLA!

Ero una bambina di 10 anni.E già lavoravo come cameriera,però la vita mi sembrava bella.Sono diventata una adolescente continuando a lavorare (in fabbrica 12 ore al giorno)E la vita mi sembrava bella.Sono diventata una signorina e continuando a lavorare ho subito un infortuniopiuttosto grave a questo punto ho dei dubbi,non sono più sicura.Se la vita è bella.Sono diventata una donna mi sono sposata sempre continuando a lavorare.E la vita mi sembrava ancora bella.Ho avuto due figli ero stanca.Ma questa volta non avevo dubbi.La vita era bellissima.Sono diventata una vedova con due bambini piccoli (mio marito è morto fulminatodalla corrente elettrica).A questo punto non sapevo più se valesse la pena,viverla questa vita.Sono passati gli anni i figli sono diventati grandi,ma mi sto ancora chiedendo se.La vita è bella!Comunque penso che valga la pena viverla questa vita.

Giuseppina Cicatiello

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DESTINO DI DONNA

Quando il fiore decise di spuntare su quell’angolo di terra

non fu per caso.

E quando crebbe e si aprì al sole,

mostrando tutti i colori della sua bellezza,

l’ombra capì.

Era lì che l’ultimo respiro lasciò il posto all’infinito,

esile respiro di donna dopo tanta vita d’affanno.

L’alba non sapeva che svegliandola e consegnandola al giorno,

non l’avrebbe rivista l’indomani.

Un destino crudele spezzò il sottile filo di vita che lega alla morte.

Destino di donna, di travaglio vestita,

lontana dall’ozio e dall’ombra dell’oblio.

Portava fiera il fardello, mai china,

e mai peso riuscirono a piegare.

Ore, mesi, anni, di dignitoso lavoro.

Maestosa avanzava nei tortuosi sentieri della vita.

Coglieva e donava.

Quando il fiore decise di spuntare su quell’angolo di terra,

l’ombra capì.

Era lei che era tornata.

Rachele Mirai

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IL CERCHIO

Nel camminare con fare silenziosos’odono lievipassi lentitra le pareti d’una casa addormentataUn pensiero nel cuore e l’uscio socchiudiil sonno dei cari tu vai a vegliareRimbocchi...carezzeRicopri...con baci capelli di setaLo sguardo vigile l’ordine regna riposan sereniLesta è la notteal chiarore del dì cominci il lavoroed al desinare: profumi di buonocon ansia e premura attendi il ritornoChe delusione!Son spesso rimbrotti brontolii e mugugniil tuo lavoro a nulla è servitoCon fare scherzoso attenui ogni ira riprendi il lavoro non c’è sacrificiosorridi feliceQuando la vita volge al tramontolungo i fianchi cadonole stanche tue bracciaVuota è la casa non c’è più “daffare”inutile siedi son mute le muraGuardi le mani dai mestieri segnate dove cadono gocce amare di pianto

Quale gioia se ti vengon a trovareriprendi il lavoro non senti faticaInstancabile cuore di donnacapace d’amore silente.

Rosaria Anedda

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SENZA VOCE

Guarda le mie mani:ho arato terra polverosacotto mattoni di fangotessuto tappeti dai rozzi colorilavato i tuoi fratellidal sangue di mille guerre

Guardo le tue mani:sei nell’angolo della stanza,vicino al fuocoche non abbiamo mai accesosenza voce

Farai quel che ho fatto ioe prima ancoramia madre prima di mee ancora indietrofino alla prima madre

Guardate le nostre mani:potremmo guidare il ventocurare tutti i malie dalle maceriecostruire rifugi

E solo allora senza vocesaremo liberemetallo naturalegioielli scintillanti.

Maria Pia Aprilini

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LA PICCOLA CONTADINA

A 12 anni si ammalò gravemente la mia mammaed io senza nessuna imposizione, curai la mia mamma,che rimase ingessata per ben 4 anni.In casa avevo mio padre e due fratelli, cui accudire, fare da mangiare, impastare, ogni giorno fare il pane, ogni giorno, perché il pane della tessera non bastava;accudire e mungere la mucca, fare il formaggio e pure il sapone per poter lavare la biancheria;portare il latte in latteria e la verdura a vendere, per poter fare qualche soldoper comprare quello che mancava in casa.Tutto ciò per amore alla mia mamma, che a 16 anni mi mancò tanto!

Adele Arata

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Nicola Bacocchia

OTTO DI MARZO

Solo tizzoni vestiti di fumo,ed una coltre di cenere a terra,dove prima del rogo stava il bosco.

Solo radici sotto quella terra,che la pioggia bagnava come pianto:radici sottoterra come morti.

Solo paura è rimasta del rogo:un nuovo bosco sta su quella terra,ultimo figlio di antiche radici.

Radici sotto terra come semi.

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IN MORTE DI UNA RACCOGLITRICELa tua raccolta è finita.Sei caduta sul camposotto la spietata croced’un sole implacabile.Non hai trovatola pietà del buon Samaritanoné l’aiuto del Cireneo.L’età del Cristo avevie in cuorel’angoscia del Calvario;forse più,al pensiero dei bimbi che lasci.La tua morte- olocausto dell’altra Italia -non interessa ai media,soltanto due righe:notizia stentata, stonata,da rimuovere in frettaper non turbarequesto tempo frizzantedi spiagge festantie di luci psichedeliche:questa passerella di vacanzeper reginette in concorso.

Paolo Bassani

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LETTERA ALLA MAESTRA

Ho ritrovatotra le vecchie carteun mio quadernodelle elementari.L’ho apertoe come in sognom’è apparsala lieta stagionedei ricordi.Anche la vecchia pennae il calamaiovoglio ritrovare:per scriverti oggiuna lettera mai scrittadettatami dal cuore.“Cara maestra,in nome di quel tempooggi ti voglio ricordare.Tu, paziente,m’insegnasti i verbi,le doppie, i numerie mille cose ancora.Ma soprattuttoti voglio ringraziareperché tu fostidavvero maestracon l’esempio:

come una guida m’indicastila giusta strada della vita.Valori perenni mi porgesti:valori che innalzano l’uomo sulle cose.Così, giorno dopo giorno,m’insegnasti a leggere e a scriverei segreti palpiti del cuore”

Paolo Bassani

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LA FEMMENE CHE FATIJE

Che le pòzzene ambenneA chi dice ca li fammeneNella vita so agevolate Picchè lu destine jà riservateN’esistenza di mollezzeTra le sarte e li saloni di bellezzeE che passene l’esistenzaTra le serate di beneficenza,la parrucchiera, la modista,lu gioiellere e lu callista.Chi dice sti cavolate Significa che nà mai faticate,nin consce che crepe di fatije.Pe badà a la casa, lu lavore e li fijie,s’lza quando spunte lu sole,pe purtà li bardisce a la scoledope na corsa chi lu vattacorepe raggiunge lu poste di lavorea chi lu poche tempe ci avanzea da fa la spesa e priparà lu pranze.E la domeniche la povera lavoratriceLa passe a fa lu cariche della lavatriceDopo pulisce la casa e stireSenza n’attime di respire.Pi mè ad ogni femmina che lavoraj’attucchesse di diritte na medaglia d’oreNon solo, ma pe riconoscimentei’avessere fa pure nu monumente.

LA DONNA CHE LAVORA

Che lo possano ammazzarechi dice che le donnenella vita sono agevolateperché il destino ha riservatoloro una esistenza di mollezzetra le sarte ed i saloni di bellezzaE che passano l’esistenzatra le serate di beneficenzala parrucchiera, la modista,il gioielliere e la manicure.Chi dice queste stupidagginisignifica che non ha mai lavoratoNon conosce chi crepa di lavoro.Per badare alla casa, al lavoro ed ai figli si alza quando spunta il soleper portare i bambini a scuoladopo una corsa con il batticuoreper raggiungere il posto di lavoroed in quel poco tempo che restaDeve fare la spesa e preparare il pranzo.E la domenica la povera lavoratricela passa a fare il carico della lavatrice,dopo pulisce la casa e stirasenza un attimo di respiro.Per me ad ogni donna che lavoraspetterebbe di diritto una medagliad’oro. Non solo, ma per riconoscenza,le dovrebbero fare anche un Monumento.

Maria Rita Berardi

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DONNA

Estraniarsie perdersi nei pensieriquando ancorauna garrula lucerischiara la stanza.E rimanere li’sulla seggiola accartocciatacon dentro un mondo di desideriche giorno dopo giornoperdono d’importanza.Ed è triste pensareche hai dato tuttoe non hai più niente per te.E intanto qualcunoti chiede di ieridi quando occorrevatempo e pazienza.E così vai nei dintornidei tuoi pensierirestando fedelealla tua coerenza.

Franca Bernabei

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ENZA

Scivolatra clangore di macchinela mia vitafilettata a passo ridotto

E’ melagranadi rossi semifitti ed ugualiil mio tempo

Ma inattesa calaoggi sulle mie manifosca nebbia emiplagica

E’ tempo d’andare

Cigola il mio cuorecome giù il vecchio portone

Stridon le tempiefrizioni consunte

Gina gridaMara piange e mi bacia

Nonon stillate oliocompagnenei miei ingranaggi

La cinghiacon l’alberopiù non dialoga

Sono Ofelianell’acqua calma distesa

Amleto serenoche alla morte non chiedecontratto indeterminato

Soloil silenziodelle domeniche.

Raffaela Bruschetta

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E COSI' SCORRE LA VITA

Indosso la veste, le calze, le scarpe,appendo i problemi che porto da casa,adesso son pronta per affrontare quelgrande ospedale

Inizio il mio turno, affronto decisa quei voltimalati,gli sguardi velati, rivolti al declino,con occhi smarriti che cercano un forseun filo di luce

Speranze esaudite, speranze fallite,"da Lei" che ha sempre più seteed avidamente dal calicebeve un'anima persa

Ed io sono lì, che affronto il doloredi un cuore spezzato, un ricordo finito,e mentre la vita continua in corsia,rifletto sull'eterno sonno

Un filo di voce adesso mi chiama,riprende il carrello e via per le stanze,fra flebo iniezioni, pomate e poi trasfusioni,la testa mi scoppia

Scheletriche mani mi toccano il volto,

in cerca di un niente, di un tutto, un sorriso,un soffio d'amore

L'orario è finito, fra risa e lamenti,saluto i colleghi, saluto i malati,ritorno da Te più ricco o più vuota

Arriva il momento del grande silenzioe la mia anima sempre si chiede,avrò fatto del bene?

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Anna Calossi

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RINCORRERE IL TEMPO

Mi agita il sonno, aspetto lo squilloarriva lo sento, la mano io stendo,in cerca di te mio piccolo amore,adesso ti lascio e poi ti ritrovo che dormi di nuovo

Il giorno passa ed io non ti vedo,ma sento il lamento di piccoli strilliin cerca di me che sono al lavoro

Il cuore mi duoleio perdo di teil tuo tempo migliore

Perdona piccino,la mamma è lontana,ma spesso ti pensa, ti chiama, ti ama

Un senso di colpa spesso mi assale,ma devo lavorare e perdere il gioco, il sorriso, il passo di un bimbo che crescelontano da me

Avessi potuto, avessi capito,non ti avrei ceduto in mani di nonni, di tate, di altri,ma stretto al mio cuore, al mio fianco ti avrei

Il bimbo è cresciuto ed io sono vecchia, libera e sola,vorrei cercare di recuperare,ma il tempo che fu non tornerà più

Anna Calossi

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CARNE VIVA

Non ci sono applausiNé sorrisiPer chi recitaLa sua parte di vitaSulla stradaSoltanto polvere e sudoreCarne vivaVenduta e comprataMa che importaE’ la recita di strada Che conta E’ la storia eterna Di corpi senz’animaSempre la stessaCantata sulle tavoleDei teatri di strada Dalla voce silenteDi donne perduteChe il vento pietosoCarezza passando

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Francesco Camerino

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IL TUO CARICO GRAVE

Ti vedo rientraremadre alla seracol tuo carico gravedi preoccupazioniper i torti inflitti,gli abusi subitia fatica celati,per chiudere fuoriquel lavoro da casaper impedire a quel bimbol’osservar quell’orroreaffinché egli possacontinuare a sognare. �Andrea Candeago

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AD ANNA

Anche te Anna tu sei brava e buonatu svolgi il tuo lavoro con coscienzanon ti senti né serva e né padronaperchè hai qualcosa in più d’intelligenza.

Io non ti ho visto mai un giorno arrabbiatatu fai di tutto con tanta pazienzaper far questo lavoro sembri natati assista la divina provvidenza.

Ti scaldi quella fiamma come bracee ti tenga lontana da ogni malenella famiglia tua regni la pacegradisci i miei saluti e buon Natale.

Rino Carbonai

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COME NACQUE LA FESTA DELLA DONNA

Dovete ringraziar l’illuminismodi quelle che si misero alla testariunite tutte in segno di protestacontro lo sfruttamento e lo schiavismo.

Quell’eroine dissero ci pestastanche di lavorar quattordici oreincrociaron le braccia e quel datorefu costretto ad abbassare un po’ la cresta.

Le stesse nobilissime signoreilluminate e con la mente destas’imposero a quello sfruttatore e l’otto marzo nacque la loro festa.

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�Rino Carbonai

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DI CHI E’ LA SCOPA?

mamma m’ha detto che a me la scopanon me la compra -- e perché non te la compra?-- perché io sono un maschio -- e che vuol dire? -- vuol dire che io ho il pisellino -- anche io ho il pisellino -- no tu non hai nienteio ho le costruzioni perché da grandefarò l’ingegnere...costruirò ponti e grattacieli,tu hai le bambole perché da grande farai la mamma -- le mamme non sono solo mammele mamme lavorano anche...e tra un sugo, una lavatrice e un biberon,andiamo sulla luna,curiamo i malati,pilotiamo l’aereo e la metropolitanaed io da grande faròil Presidente della Repubblica. -

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�Luana Cardarilli

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UNA PRIMITIVA SORTE

Suona l’orologio, è tempo.Dimentica quel voluttuoso legame.Quella piacevole postura.Le comodità materiali della vita. Nel buio, rapida e leggera, ascolti il fruscio dei tuoi passi,senza far rumore, varchi la tua soglia.Dividi la tua anima in due parti, come nel momento di separarti dalla vita.La giornata, si è già impossessata di te.Dimentica il tuo nome, acquieta la tua lingua, dovrai identificarti con altre persone.Ti aspettano poche gioie,dovrai sopportare molte noie, molte tristezze.Ti sentirai straniera.Ripeti meccanicamente gli stessi gesti, ogni giorno, con silenziosa sottomissione.Al primo sguardo così poco complicati, in realtà, ardono tra le tue mani.Chi può accorrere in tuo soccorso.Allentare le tue redini.Placare la tua inquietudine.Rasserenare il tuo sguardo.Lenire i tuoi occhi arrossati.Alleviare il gonfiore delle tue mani.Sostenere le fatiche del tuo corpo.Vuoi elevarti sopra gli altri uomini, senza volerlo, ti chini alla loro autorità, convinta, dellatua misteriosa predestinazione.Vedrai un tempo in cui le donne, raccoglieranno nelle loro mani, un potere inaudito.I loro sogni, e le loro fantasie, saranno per gli uomini legge indiscutibile.

Massimo Carullo

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UN GIORNO COME ALTRI

La mattina si è presentata.Sono desta e già persuasa.L’alba, di un giorno come altri.Mi infilo in vettura, siamo in tanti.Nel traffico mi accodo, in fabbrica mi reco.Davanti l’armadietto io mi siedo.Apro lo sportello.Raccolgo tuta, scarpe, guanti e cappello.Vestita, con gli indumenti di protezione, parte la mia azione.E’ arrivata la chiamata.Premo, spingo, avvito, stringo, piego imballo.Volge al termine la giornata.Stanca, sulla via di casa, penso alla mia vita.Mi sento sollevata.Ho profuso un grande impegno.Rispetto, prevenzione e normativa, una giusta prospettiva.Angelo della mia sicurezza.

Massimo Carullo

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CHE FATICA STA FATICA

E m’ô putive dicere, quann’ero piccerella,ch’a vita è troppo bella p’a passà a faticà.E invece, no!...Ricuordate: stall’acqua ‘ncopp’ ffuocost’attente p’é criatures’avessara brucià....Oi né, f’ambressa scetateci’ aspettano e cummarefa bellu tiempo foraavimm’ j a lavà....M’arraccummanno, tornanun me fa prioccupàstu nnammurato tuojot’avessa rispettà.A tengo mente ancora a voce ‘e mamma miadiceva: “arrassusia, po’, t’aggia fa ‘nzurà”.E m’ô putive dicere ca po’, si mme ‘nzuravo,comme vuò faticà, comme può penz’a tte,fujenno p’ a fatica, fujenno pe’ campàse n’à fujuta a vita ...comm’è fujuta ‘a te.

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Anna Maria Casassa

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EMBRIONE CARTELLINO

Così piccolo al tuo cospetto, la mia vita scorre lentadentro calde coperte di liquido e placenta.Che non sia forse questo il tuo lavoro, Madre mia?nel tuo ventre d’amore della vita trovar la via

L’essere unica partecipe della mia evoluzionedivenire risultato di una risoluta decisioneche un’arida azienda non capirà fino in fondoNegli affari impegnata a conquistare il mondo...

in libertà tu scegliesti il lavoro di madrefelice il pancione mostrasti a mio padre.Nell’universo degli organi, io embrione di vitatu pronta là fuori a giocarti la partita

Ma il datore infelice non accettò il tuo destino,per ore non timbrate con il cartellino.Pratica comune è una tombola che decideràtra te e le tue colleghe chi avrà maternità...

Nei tempi moderni non si accetta l’assenzadi un capriccio scomodo come la necessaria degenza.Troppi mesi fuori ufficio, troppi giorni e a loro duoleil tuo puro desiderio di creare una prole

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Matteo Cava

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DONNE DEL SUD

Diserti il focolare,indossi i pantaloni,la divisa,vai a lavorare.

Ad un mondo velocedai la tua voce.

Porti in grembouna vitache cresce;lavori per essa.

Son passati i millenni,ma è sempre lo stesso.

Sola,tu resti,stanca,accanto alla culla.

Sola, tu resti,stanca,la sera,ad aspettare tuo figlio.

Il papà, anch’esso,domani lavora: dorme.

Sola,sfaccendi per casae approntila nuova generazione.

La gelosia dell’uomolentamente si spegne.

Sola,tu resti,ormai vecchia,ad aspettare i nipoti.

Albino Cece

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Patrizia Cimarra

UN GIORNO D’OTTOBRE ASSOLATO

Un giorno d’ottobre assolatoormai lontano,solerte serenadei ragazzi del Centro,con amore e coraggiomi occupavo.Tra il gioco e l’esercizioera scorsa la mattina:l’ora di pranzo vicina.La morbida Arianna con me,insieme a Giorgionee Daniela la ciarliera,in attesa del pranzo.Quel pranzo…In agguatouna brutta crisi.Arianna convulsa,all’improvvisosotto il tavolo.D’istinto la sollevo,da me sola.E mentre si riprende“Tii-ttaa” mi invoca,con lo sguardo mi cerca,indifesa.Iouno strappo, una fitta,

un lamento.E da quel giornoun’altra divento…

Mi resta nella mentel’immaginedi quel suo sorrisoinnocente.

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L’ACROBATA

A te,che ogni mattinaall’alba vaiad iniziare la giornata di faticanella fabbrica tetra e rumorosa,che ti leva a poco a poco la vita.Polvere Umido Cottimo CaloreEri fresca, forte, luminosa.Dieci anni son passati,due figli adoratie i pesi aumentati.Piatti Decori Smalti CaselleVeloci, efficienti, su belle…Non parlare Non fumare Non ti fermareInsieme a te, le altreOcchiaie Pallore Malanni SudoreQuattro confidenze tra una foglia e un fioreSegreti Mestrui Affanni Amore.E poi a casatutta una garacol tempo.Anche qui, essere brava.

Non era questo che lei voleva:fare l’acrobatada mattinaa sera.

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Patrizia Cimarra

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LA PAROLA

Non una sola parola Hanno le donnePer dire faticaMa mille:Fabbrica, ufficio, campoE casa, pane o attesa.Non una sola parola Hanno le donnePer dire lavoroMa mille:Tempo, passione, doloreE gioia, impegno o energia.Io so che le donneHanno i loro gestiE le loro paroleColori diversi per ogni sogno.Questo so di meE di ogni donnaChe porta la rivoluzioneLa forza di ogni nuova parola.Questo so di me e delle mie paroleChe sono diverseDa quelle detteChe sono muteChiuse nel buioNon una sola parola

Ho nel cuoreMa milleAbbraccio forza sostegnoMa anche vita, vita soltanto.

Barbara Codevico

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ENNOD

Bambine trecciolineDonne gonneAnziane campane

Iniziaron le lotte“non riduceteci a questo”accorrevan a frotte“va a casa che poi ti pesto”

Poi finalmente qualcuno ha capitoe da qualche poltrona ha alzato il ditoE per alcune il mondo è miglioratosi è colorato, giocato, mostrato.

Bambine vereDonne sincereAnziane non più austere

Bambine scolareDonne pompiereAnziane non a filare

Ma attenta che non è finito il mitodelle donne dal volto che è schermitoDonne per cui questo è il mondo sognatonel cuore usato, crepato, provato.

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Francesca Cortesi

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DONNA

Ho visto fiorire il tuo volto, donna,quando nell’aria guardavi il tuo tempodipinto d’aurora e ti stupivi.Ho visto il sole e la rugiada nei tuoi occhi, donna,quando cullata da un dolce canto gioivie quando con la sciarada melensa della nottecon le fresche albe, con i canti, con le illusionie con le speranze, tu morivi.Ho visto le tue braccia lavorare come fosseroalati rintocchi di una campana uditain una sera di maggio, donna;svegliarti all’alba ed uscire nel giorno novelloper recarti là dove le tue gonfie tascheavrebbero sfamato i tuoi figli.Ho visto compiere preghiere e recitare grazie, donna,dove l’odore acre dello zolfo e le carovanepiene di pensiero, ti segnavano dentro.Ho visto le tue stanche membra adagiarsisui morbidi muschi e accanto a quelle rose rosseche ardevano d’amore, per ogni petalosi compiva un desiderio e tu godevi donna.I tuoi languidi occhi, le tue bracciadolci e sincere, le tue tasche gonfie,la tua forzalamento e tristezza, gioia e dolorela tua chimera delizia arcana, ti porteràlà dove gli incantesimi d’amoresi poseranno finalmente su di te, donna così chiamata.

Rosita D’Alessio

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Tic, tac, tic, tacOddio di già! Che sooonno uff..Driin, ok...okCaffèbambini rossetto;Bruum..bruumm...Non parte-scherziamo-sudataRimmel (che cola); zitti!Zoom, zoom, zoomRosso, acc...benzina (verde)Bene; cancellomaestrebaci..è andata..ciao, ciaoTic, tic, tic (tacchi) (a spillo)Corsaguanti trafelata buongiornoCaffè 2, il capo tivuole;bene, no cioè male,..ffa..CIRIBIRIBIN CHE BEL NASIN (portatile)Pronto? breafing, spesa, unghia rottaDettersivolattecipolle (lacrime)Gnam, gnam, gnamToast, caffè 3, cartelle, fila“amore ciao” parrucchiereZoom zoom (di nuovo) peeh-peehTrafficocaos, ciao tesoriCappottisciarpe quadernibravissimi!

Sbam, sdeng, stung (pentolame)Lavatricerotta, oh noo,buoni! Giuocate, spaghetti..acc.scottiSmack, smack, smackAmorecarezzemutuo (domani)Emicrania, ..che bello...!ZZZZZzzzzzzzzz...zz...

Tiziana De Felice

LA DONNA E IL LAVORO FEMMINILE

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LA SARTA

Con la testa china dal peso della vitaintrecci sete prezioseper le tue esigenti signore.In questa stanza odorosadi stoffa e vaporeimbastisci il tuo tempocon gesto innato e preciso.Adagi sulla spalla stanca i bianchi filiche adornano come collane lucentile tue pallide rughee ti ferisci il caldo pettocon aghi sottili e pungentiè sempre lo stesso raggio di luceche ti scalda la nucae ti vede assopitascacciare il sonno.

Dalle tue grosse mani secchecadevano spilliche raccoglievo con la magica calamitasotto il possente tavolo da lavoro.Scoprivo per incantoun segreto mondo di tesori nascosti:bottoni persi, aghi spezzati, sfilacci di stoffa,maliziose cerniere, capricciose perline,gesso pestato, polvere antica,

maschi e femmineintrecciati nelle fessure del legno.Quando mi scontravo con le tue morbide gambemi veniva d’accarezzare la tua timida sottanama il tuo scostarti repentinomi risvegliava da un sognoche ancora profuma di te.

Daniela Emmi

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LA DONNA ED IL LAVORO FEMMINILE

La donna può essere bella, brutta, garbata,ma ha il privilegio di essere amataperché ha un carisma in fondo al cuore,carico d'amore.Con eloquenza insegna a ogni bambino,beato è l'uomo che le stà vicino.Sa essere avvocato, insegnante, giornalista,di professioni c'è una lunga lista,ma ce ne è una che non è da meno;fare la mamma a tempo pieno.

Fiorella Ficorilli

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LA DONNA ED IL LAVORO FEMMINILE (2)

Vorrebbero molto i datori di lavoro,dissentano, programmano tra loro,soffocando in un burca il sentimento,che una donna affronta ogni momento.Ella ha una vita programmata,lusinghiera, a volte amareggiatapercorre la sua lunga viae di lavoro ha grande nostalgia.Anche se torna a casa stancae si siede su una vecchia panca,si sente serena, realizzata,in questa vita di stenti, malandata.Emetto un appello in questa mia poesiaun aiuto per la figlia mia...due fortune in una mano,la sua famiglia, ed un lavoro lontanovincendo un concorso come per magia,dopo lunghe attese, frenesia!dove ella lavora è ministero grazia e giustizia,ha avuto per miracolo la mia elencata listadimenticavo; un mutuo da pagare,c’è una legge che la può aiutare?riavvicinarla al suo paese,la sua famiglia, le sue spese?

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Fiorella Ficorilli

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LA DONNA NEL LAVORO

La donna, relegata tra i fornelli,Aveva, un dì, il peso della casa,

Dava sé stessa per i suoi monelli,Obliosa delle gioie della vita...Non è stata capace la protesta,Naturalmente, a mutar la testaAgli uomini che sulla parità

Non sentono ragioni: se la donnaEmerge al punto d’essere additataLa frase è sempre quella...”Gliel’ha data...”

La donna, oggi, la cultura ostentaAl pari dei maschietti e non paventa:Vaglia come giocarsi la partitaO, meglio, organizza la sua vitaRegolando con grande sacrificioOre per casa e ore per l’Ufficio...

Si, l’uomo - un di - dicevache questa figlia d’Evaera fragile, imbelle:le figlie d’Eva d’ogginon sono, certo, quelle...!

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Giancarlo Franchi

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SERA

E’ ancora sera e il mio cuore ancora una voltaspera di essere riuscitaaconiugare il pane con la vitavitache è amore e dedizionevitache è lavoro e passioneper chi amoe che domaniforse sarà lontano.

Concetta Fusco

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L’ANGELO DEL FOCOLARE

Dopo il lavoro, stanca, sfinitasul tram sono salita:ahimè! I posti erano tutti occupatida uomini forti e ben piazzati.Ad uno ad unoli ho fissati con ostinazionelesinando un po’ di comprensione.Alla fine il più decisofissandomi bene in viso“Mi dispiace cara signorama la gialla mimosaall’uomo ha eguagliatola madre, la figlia e la sposa”Ha ragione! In piedi non mi resta che pensarealla cena da preparare, alla casa da pulirealla biancheria da stirare.Le donna con la paritàhan conquistato lavoro raddoppiatoe chissà saranno poche o tantequelle che come medi agitare la mimosa sono stanche?Così mentre cerco di non crollarenon posso fare a meno di vagheggiarela dopnna “angelo del focolare”

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Stella Gigli

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LE SUE ILLUSIONI

Rotto l’usuale silenziol’innaturale brusiodei macchinari al lavorodalle urla disperatedelle altre attornod’impeto accorse,mentre dell’accadutoti si colmano gli occhie si impregna la mentecon lancinante doloregiù in fondo al cuore;in silenzioadesso solanel vano tentativodi scuotere per sempreil ruggito dei ricordiimprigionati, celatiin quell’opificiodove ti operavicon passione, dedizioneper quel futuro,le sue illusioniche paiono oramiseramente svanite.

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Anna Grenzi

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CON LE TUE GRANDI MANI

Le tue grandi mani rugoseattraversano la fiamma- non si bruciano, nonna? -ho paura mentre ridi.guardo il fuoco.

Maestosa avanzi per la ripida salitacol fascio dei sarmenti sulla testa.Dritta con la mano alla cintolasembri una regina antica.

Ora mi addormento felicesulle tue ginocchia ossute.chiudimi gli occhi, nonna.chiudimi gli occhicon le tue grandi mani.

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Margherita Lo Tito

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COLLOCAMENTO

L’attimo mi attende in calzoni da giocolieremi chiama da lontano con lingue di seta

Nel punto del silenzio equidistantesceglie con misura la sua spesae bada a chè la buccia sia lucenteNel piatto di cartoneuna lacrima frantuma in mille lame

Sono spirito paziente della virtù dei fortiaspetto dita tra nodi rossi dei capelliSono spirito debole tra unghie esanguiperché il fuoco ha il sonno dei cristalli

Sono ala addormentata fasciata in un foglio sotto bandi bianchiè dissolta la mia fede

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Anna Luches

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NOTTE INFINITA

Albeggia e la sveglia trilla

o è il telefono dell’ufficio che squilla?

Sogna o è desta?

Si sveglia spesso con un gran mal di testa,

non è sempre è così per fortuna

ma è incostante come la luna.

La donna si sa, per lei la giornata,

non è come una spensierata passeggiata,

a volte sembra non avere fine

ma lei non si abbatte e ride

quando vede il volto del suo bambino

o immagina il nascitur repentino...

La colazione, il pranzo prepara

al suono di una musica rara,

apparecchia, veste, pulisce

ma ai suoi bisogni non sopperisce.

E parte per il lavoro

che al dì d’oggi vale più dell’oro,

le ingiustizie sono all’ordine del giorno,

assorbe ed ogni cupo pensier sparisce al suo ritorno.

Mamma, moglie, lavoratrice,

e a casa e il resto, e avvia la lavatrice

non si ferma mai e ha energie per tutti

e la casa sorride e dà i suoi frutti.

Ma quante fatiche, sudate e corse infinite

ed è un peccato sapere che non ci sono più vite,

ma nella casa si ritaglia un po’ di vita

e i suoi sogni vagano nella notte infinita.

Monica Marchetti

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MANI DI DONNA

Dai primordi lontanicon estrema dolcezzala mano della madre è la prima carezza

e poi lungo lavorocontinuo, incessanteleggero o faticosoumile o importante

e con un tocco lieveil dolore è lenitol’ammonimento dolceun compito finito.

Tra famiglia, lavoroed impegni più varianche le incomprensionidegli affetti più cari.

Se la voce tremantedell’età che non contacerca appoggio o sostegnotroverà sempre pronta

all’aiuto maternonel penoso declino

la mano generosache allevierà il cammino.

Grandi mani di donnacon lavoro fecondoefficaci ed espertemandano avanti il mondo.

Grazia Maria Mari

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LA MIA VITA

Suona la sveglia!E’ l’albadi un nuovo giorno, si riparte.Là fuori, benessere, prestigio, poterecontro difficoltà, sacrifici,incomprensioni e disagi.Mi sento morire.Ascolto, allora, il cuore: il suo calore è la mia luce.Mi impegno, in prima persona, con tanta pazienzae un pizzico di fantasia e sensibilità.La sera,stanchissima,chiudo la porta e mi guardo in giro:una casa da sistemare,i ragazzi e il marito che mi chiedono attenzioni.Un’onda di malessere,inquietudine, di nuovo, mi travolge.Ancora una voltala forza dell’amore,che ha l’allegria coinvolgente dei miei figli,lo sguardo amoroso del mio compagno,mi dà coraggio per un futuro migliore.

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Marisa Martarelli

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SOGNI INFRANTI

Nei tuoi occhi splende il sole della strada, nelle tue mani tanta

rabbia vorrebbe venire fuori e tu la nascondi.

Sul tuo viso tanto cammino, tanti sorrisi, tante lacrime eppure

brilla ancora il sole. Una borsa

sulle spalle tutta la tua forza e poi tante parole dette in fretta

ancora sorrisi costruiti apposta

uno dietro l’altro, ma chi sorride per te?

Mai il tempo di fermarti, mai il tempo per far riposare la tua

mente stanca, mille pensieri cacciati via in fretta, forse tanta

paura; ma tu sei forte e continui decisa per la tua strada.

I tuoi sogni chiusi in quella borsa, che adesso è il tuo presente,

sono tutti là uno dopo l’altro in ordine, in fondo non sono tanti

irreali, sono solo piccoli desideri e sai già quanto amore potrebbe

costarne uno solo. Una borsa sulle spalle tutta la tua forza, ancora

un sorriso e ti ritrovi lì sulla tua strada. Tante parole, tanta gente

e vorresti scappare, correre via, mentre il sole ti brilla negli occhi

e una lacrima è sempre lì sospesa ma tu devi essere forte.

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�Irma Martinelli

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L’EREDITA’

A nove anni a lavoraregià dovevo andare.Stringere i dentied andare avanti,il dolore nel cuore,ma null’altro potevo fare.A sedici annifacevo la mondina,i piedi nell’acquaed anche le manie quelle degli uominite li ritrovavi addosso.Proprio più non ne posso!A vent’anni,il lavoro in ospedale,la vita è dura, ma la strada è sicura.Quando mi fidanzai,i miei suoceri dissero:“Sposare un’infermiera,non è una donna seria”.Per la miseria!Cos’altro posso farese non lavorare.Le donne vogliono votare

ed i pantaloni indossare.I tempi sono durie la vita sempre difficileper noi giovani donne.Quelle che verranno,forse faticare di meno potranno,perché la stradasarà stata levigatadai nostri passi e lucidata dai nostri pianti.

Adriana Mascanzoni

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PROPONIMENTI

Dividersi a pezzetti dividere il giorno a fette.Correre da un punto all’altro non sciupare il tempo.Correre al lavoro in famiglia al supermarket.Correre dal marito. Correre per i figli i genitorii gerani le lenzuola i surgelati il parrucchiere.Correre come il gatto (come il topo?).Sognare...Come il gatto riposare dormire -acciambellarsi.Essere una donna (ok, una vera donna).Essere una donna libera.Libera di - libera da.Libera di a da (in con su per tra fra)?Essere una signora (ok, una vera signora).Non fare nulla. Non pensare. Non sciupare ilcervello. Essere amata-cocolata-riverita.Occuparsi di amori-sentimenti-eterne-- passioni. Come la principessa delle fiabe.Come la fanciulla sempre giovane e bella.Come la Lei dell’e vissero felici e contenti.NON PENSARE-NON PENSARE-NONPENSARE. Non sciupare il cervello.- FERMARE IL TEMPO -Diventare una mummia una statua...una statuina di sale..

(RICOMPORSI)Ricomporre i pezzetti -gli affetti-gli oggetti-i concetti-gli assetti-gli addetti-i bianchicolletti.Ricomporre la fatica:centellinarla nella rubrica:farsela amica.Ricomporre il lavoro:farselo tesoro:prezioso come oro:(ripetere in coro?)

Mimma Mauri

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LA BRACCIANTE E L’AMICA

Amica mia, tu mi conduciper la città che scotta.Lungo le vie profondegonfie di palazzi al cielo.

Amica mia, tu che mi stringila mano, in questo alvearedi termiti impazzite, sotto il mattone ibrido.

Amica mia, la tua memoria è perdutail tuo presente è malatola febbre convulsa di potereti ha lasciata orfana frauna marea di schiavi.

Amica mia, la tua opulenza luccicabrilla di metalli colorati,ma sempre duplicati incorniciatidall’uomo.

Perdonami amica mia, perdonamise ho marcato il passo,se ho osservato il cielo,se ho affondato il pugnonel fango acquitrinoso.

Domani la terra si sazieràdi cemento, e solo allora ilfiore profumerà di risosul mio azzurro pulito.

Amica mia, amica mia perdonami

Nullo Mazzesi

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LA SPIGOLATRICE

Ti ricordi madre miail sole di lugliobruciava le stoppie.E quelle messi dorateerano solo ricordo ondeggiantecome i tuoi capelli biondisugli occhi di giadache filtravano furbisulle spighe disperse.Mentre le mani frettoloseimpilzavano il sacco, appeso alla schiena piegata.E dalla tua fronte rugosagocce di sudore salatesi abbeverava la terra.Ora che il solco ti hacoperta, ancor più bellati rivedo, nei coloridel mare, del grano, dellefoglie incorniciate alla terra.Col vento mi accarezzileggera sul viso invecchiato,con la stessa dolcezza dabambino.Lasciando sulle nubi bagnateil colore felice dell’arcobaleno.Madre mia, madre mia

il giorno sta morendocome il mio corpo nudosereno aspetta il treno...

Nullo Mazzesi

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POESIA DONNA AL LAVORO

(Nei campi, nelle fabbriche, nelle miniere,)oggi come ieri, la donna è dolorata peri bisogni della famiglia.

Tante di queste donne hanno lasciato la lorocarne appesa agli ingranaggi delle macchine,tante si sono trasformate per il loro durolavoro dei campi.

Il lavoro nell'artigianato famigliare pertrovare un sorriso nella vita.Io avrei bisogno di un lavoro persostenere i miei vecchi genitori giàpensionati.Ma un destino atroce sin dalla nascita; mi colpìvenni condannata da leggi imperverse della natura.

Io sono nata non udente…Solo mia madre ha fattodi tutto per rendermi utile alla vita.Solo lei sa le lacrime che ha versato dalle sue pupillee il suo silenzio, come Madre, lei ha solo ascoltatoil Signore dei cieli.Il silenzio di Mamma veniva da un' assidua supplicaalla preghiera rafforzandola nella fede.

Per aiutare me ad imparare un lavorocon le mie mani, hanno imparato a uncinetto,

possa sostenere nella mia vita, dalle miserie

della società.

Ho sempre proseguito con la preghiera e con la fede

verso il Padre Pio, che mi ha donato l'invocazione al canto

della poesia che è rimasto un sogno, e una forte terapia

posseduta sin da bambina. Oggi da adulta mi sostiene

nel proseguimento della vita.

Ascolta la mia supplica, chi può farmi sorridere

gli occhi che hanno sempre pianto, chi ascolta

la mia preghiera.

Solo allora anche come donna nel mio lavoro

di artigianato famigliare troverei il

cammino civile del mio domani.

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Carla Mussi

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(POESIA DONNA AL LAVORO)VERSI LIBERI IN POESIA E PROSA

Nella scacchiera del lavoro delle donne di tutta la nuova Europa, esistono purtroppo centinaia di problemi che le leggi attuali non hanno potuto trovare la giusta, compensa pensate alle ammalate colpite permanenti.Da traumi, e dalle imperfezioni derivate da leggi imperverse della natura.

Esse hanno bisogno di essere recuperate in un lavoro per rendersi utili alla società e alle loro famiglie.Solo allora sarebbe una conquista sociale civile del Terzo Millennio.

L’essere umano è indifeso nei confrontidelle leggi della natura.Soltanto avvicinandosi al Dio dei cieli edell’universo si può trovare tramite la preghiera lo studio e il lavoro l’eguaglianza dei diritti civili nati con il cuore, perché il cuore è amore e non è imperfezione.

I potenti tentano di possedere sempre di più arricchendoi loro appetiti, senza pensare che tolgono a chi ne ha bisogno per vivere.Ma gli inermi non saranno mai difesi e la miseria li rendesempre schiavi: il loro domani è solo se le leggi socialidella giustizia si avverassero.

Un poeta disse?...Miseria, Miseria, orribili dei mali, solo tu umigli e non conosci grandezza per fede verso Dio.Dentro, nel mio cuore, parlano le donne del mondo, che sono affaticate del lavoro, notte e giorno, e poi in casa non si riposa mai, sono avvilite dal pensiero della famiglia.

Alla ragione nella giusta compensa del diritto al lavoro e la pace per la serenità della famiglia.

Dove è la donna che può essere recepita e resa felice?...La società è traviata e imperversa; nel donare giustizia sarebbe per i sofferenti un sorriso alla vita.

Carla Mussi

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8 DI MARZOBallata per le donne di Cervia

Chi di voi conosce le donne di Cervia,quelle di ieri, quando l’8 di marzoera un giorno come un altroe mimosa il nome di un fioreche non cresce da queste parti?

Donne di Cervia, donne di salina,facce bruciate dalla vampa del sole,dai bagliori del sale.Raschiare, stendere, portare, ammucchiare.Guardare con sospetto nuvole all’orizzonte.Pregare che non piova a liquefar fatiche.

Donne di Borgomarina, donne di pescatori.Molti giorni di magra, qualcuno di abbondanza.Lavoro sempre: reti da riparare, vele da cucire,quattro pesci da vendere, bambini da accudire.E l’ansia che stringe il cuorequando il maltemposorprende gli uomini sul mare.

Donne di muratori: due camere e cucinada tirar su rubando ore alla sera,ignorando le feste.Mattoni ruvidi, sabbia, cemento, acqua.Le coffe sono di piombo, le mani dolgono,i muri salgono lenti.

Della fatica, delle pene di queste donne,è fatta questa Cervia di oggi.Ben venga quest’8 di marzo,ben venga il colore di sole delle mimose.Si faccia festa grande nel nome delle donne.

8 di marzo: nell’aria un sentore di primavera.Oggi festeggiamo le donne.Anche quelle di ieri.

Carlo Nava

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SENZA TITOLO

Non riconosci più te stessa...

era ieri che guardandoti allo specchiovedevi gioia e bellezza

poi il dolore...la tua mano come mortapoi il dolore...quella pressa ti ha schiacciatopoi il dolore...la sentenza,come prima non ritorno...

non sarai più te stessamutilatacome donnache doveva lavorarenon lasciare i suoi figli soffriredargli tuttoanche se stessacome donnaesposta al pericolo...

una società che non proteggela dignitàche il nostro animo riconosce,lavorare per realizzare se stessi

non per sopravviverenon per umiliarestraziare il proprio corpoperdersi e rischiaredi non riconoscersi più.

Roberto Nicolini

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SENZA TITOLO

Chino il capoImmobileIl tuo sguardo perso,dentro un tempo costretto.Siedi con fierezza maternaLe tue mani leggere come ali di gabbianoincontrano il mondoSapienti carezze trasformano vellutoseta lino e cotone.Il rumore della macchina da cucire stride,scivola nelle tue orecchie,si mescola coi tuoi pensieri di vita.Improvvisamente il tuo sorrisosi espande,abbraccia invisibili ombre.La solitudine si contraee lieta si accompagna alle altre presenze.Il silenzio si anima,l’atmosfera gioisce,si riempie di vibrazioni e respiri profumati.Il tuo corpo prende nuove forme;i tuoi passi lentisfiorano la terra umidariprendono energia armoniosa,il lavoro si dissolvee tu allegramente torni verso luoghi familiari.

Sonia Paglia

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SULLA RIVA

Di te ricordo le mani bruciate dal vento, rosse, gonfie,bagnate di fatica, di una fatica senza fine. E dopo, ancora vento e acqua, e vento,su quelle mani senza riposo, e tu, china sulla riva a battere i pochi stracci consumati dal troppo lavare.E ti bruciava il vento la faccia di sudore gelata, e io ti dicevo - ti aiuto -Ma non potevo. Tu devi studiare, dicevi.Avessi avuto mani da donna già grandi sì, avrei fatto lavorare le mie.Disobbedendoti, ti avrei dato i miei guanti.

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Marina Paiani

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DONNA POETA

Simile nel verbo apologo di KherzMaestro dei Maestri,ti rispecchi e fai stupire.Negli atti e nelle paroletrovi l’onirica logica ecome Borges esalti il contrattempotra realtà e immaginazione.

Canto Odi a te, Donna Poetache puoi riposare, sognare enel tuo sereno vagheggiare; l’imponderabileappare e tu materializzi.

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Amerigo Panaiotti

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RICORDI

I ricordi rischiarano gli angoli della mentesfumati come acquarelli.Ricordi; spazi preziosi della memoria,strappati al peso di una lacrimapianta nel buio.Passò all’improvvisoil tempo del ruzzo.Morta la mamma mio padremi parlò col pianto in gola:-devi lavorare bimba mia,non posso mantenerti a scuola.-Aggrappata ai soli idealidella famiglia e della fede,nei momenti più intensi del lavoro,ho capito che Dio è là,dove l’uomo fatica e lavora,per ogni goccia di sudoreamara come il pianto di ogni cuore,Ha scritto che lavorare è amore.E nell’amore non ha più freddo l’animae ti rende libero e felice.Così, giorno dopo giornoho conquistato la mia libertà.Libertà è anche scelta di un lavoro migliore.

Con l’entusiasmo più giovanileho lavorato e la sera studiatoper prendere quel diploma che volevo.Ho così realizzato tanti sogni,perché, ogni lavoro fatto bene e per amoreproduce benefici.Il lavoro di tutticrea una comunione di benie migliora il mondocon le nostre mani.

Carla Paoletti

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CARLOTTA E LE ALTRE

Carlotta, Sara, Lucia, Alessandragiovani donnedi inizio novecentoFanciulle del popolologorate negli stabilimenti industriali,Ingaggiano la loro grande battaglia.

“Tu languisti come un fiore,cui è mancata l’ariaed il caldo bacio del sole”Elvira, anni 18, morta di etisiaElisa, anni 20, il braccio destro stroncato da un telaio

Corre l’anno 1914

Carlotta, Sara, Lucia, Alessandrapiccole bimbedi inizio millennioCybernetiche creature multimedialiosservano le loro mammemuoversi con leggerezza.

Il computer accesoLo schermo ammiccanteRiflette il volto di una donna impauritaSafiya, anni 30, condannata a morte per lapidazione,Tatiana, anni 19, sfigurata al volto dal suo protettore.

Corre l'anno 2002.

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Chiara Passarella

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Maria Stella Patamisi

LA DONNA E IL LAVORO DELLA SICILIA

Avevo solo 13 anni, quando costretta dalla necessità cercai lavoro.Non capivo nulla della vita,capivo solo che dovevo tenermi stretta l’onore per prendere marito,era così che si faceva.Ma i miei guai ebbero inizio quando mi recai dal primo datore di lavoro.Dovevo sopportare gli abusi di tutti gli uomini che c’erano in quella casa, il padre, i figli.E quella povera tredicenne non aveva pace!La notte scendeva dal balcone con una corda il vicino di casa e si introduceva nellamia stanza.Lasciai quel posto di lavoro e andai in cerca di un altro, che non era diverso dalprimo.Gli uomini mi rendevano la vita difficile, finchè non trovai più lavoro,succedeva così se una si ribellava al suo volere.Emigrai in cerca di una vita migliore, che nessuno mi mettesse le mani addosso.Anche lì trovai difficoltà.Avevo solo 16 anni e mi sono accorta che dovunque fossi andatagli uomini erano sempre gli stessi, non sarebbe cambiato nulla.Presi il lavoro, affrontai le difficoltà e rimasi in Inghilterra,perché dovunque fossi andata per la donna e il suo lavoro sarebbe stato sempre subire.

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LA DONNA E IL SUO LAVORO

La donna ha sofferto per il lavoro,facendo enormi sacrifici per la casa, i figli e il marito.Quando ci recavamo a svolgere i lavori dei campii nostri figli appena nati ce li portavamo sul lavoro.Con la corda gli facevamo la culla, allacciandola da un albero all’altro,e con il gelo dell’inverno, li tenevamo accanto a noimentre svolgevamo i nostri lavori nei campi.Spesso dovevamo emigrare in cerca di lavoro e,costrette, lasciavamo i nostri figli ai genitori.Gli anni passavano e, costretti dalla necessità,non vedevamo crescere i nostri figli,e al ritorno avevamo l’amara sorpresa di vederci respinteche non ci conoscevano come genitori.Il lavoro per la donna è stato sempre la rinuncia a qualcosa.A volte maltrattata come schiava del marito,spesso dovevamo sottostare al volere dei genitorie prendere come marito colui che sceglievano loro per noi.Questa era la donna, il suo lavoro e la sua difficile vita.

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Maria Stella Patamisi

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DONNA CHE TI ALZI AL MATTINO

Fioriva su giorno di mimosa la tua primaveraanticipata da sirena di dura faticae anche allora tu eri l’altra metà del cieloancora e sempre: vera compagna, amante, madre.Hai scritto ormai la tua storiaa mani nude su pietre miliaridi tribolazioni vicine e lontane.Hai strappato pause di caloreal tuo uomo; il tuo volto tiratosi specchia su quadrante al quarzo troppo perfettoche non lascia più cuore all’amore.Solo ingranaggi di telematica senza dialogoe manca il tuo pulsare antico di fantasia.

Avevi trovato come inventatoe provato semi e fioriin età antiche di preciviltàma ora anche tu sacrifichi al mondoi tuoi spicchi di sole e squarci d’azzurro.Indossi forzata divisa di obblighi quotidiani...quando vorrei tanto scoprirtie respirare eternità d’emozionesul tuo grande seno d’attesa.Donna che ti alzi al mattinoe corri incontro al giorno, inesorabile...

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Mario Pavan

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LA SERPARA

Lontano affiorano ricordi a mio nonno, che racconta lontano,le macerie, la miseria, un pasto, a volte l’altrodi pan rosso o di pan di ghianda,quel era misero ma pasto.Dagli occhi della mamma gli si perse una lacrima.E in quel angolo semi dirupato un fardello copre la vecchia valigia,strano al mio pensiero e caddi nel sonno.Un sogno lungo senza la mamma,non più le grida al mattinoe la stranezza, le carezza della nonna.Un freddo gelido vento, soffiò in me“Mamma,mamma”, la mamma!Figlio la mamma ha lasciato un bacio sol per te.Il nonno si ferma, china la testa, raccoglie dal misero fuoco uno sterpo chebruciava, accende la pipa.Le rughe si curvano sul viso,due lacrime scendono,è il sfogliar di lì delpassato, un sorriso s’accende ed è subito ritorno al racconto.Il manto bianco quel dì copriva la valle,Una donna a passi lenti mi si avvicina, con un bacio tinge di saliva il mio viso.Mamma, mamma, non dirmi?E’ il bacio che m’avevi lasciato.Si figlio mio!In ginocchio l’uno fronte altro,lo sguardo frugava,carezze ripetute,pagato,pagato il racconto di quegli anni lontani,oltremare in quella terra, alla ricerca del luogo,era la speranza senza meta, sterminate pianure, grandi città.Io la straniera, sperperai quel poco che avevo.Sol un mi offri lavor, il serparo.Le mie mani, la mia voce, impararono all’ubbidienza,serpenti attorcigliati al mio corpo.

Antonio Pelagalli

Il calore,calore dei soldi della gente, e i serpenti.Le grida e applausi innegiavano a gran voce, la serpara.L’ho fatta.Per tornare da te figlio mio e penso.

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UN GIORNO AL CALL CENTER

Buongiorno sono Francesca, come posso aiutarla?Buongiorno sono Valentina, in cosa posso esserle utile?Questo è l’attacco, per chi non lo sa,di ogni operatrice che al call center sta.Niente sportelli, niente file,solo un pc una cuffia e un microfono.Otto ore, quando va bene, e una ripetizione infinita.Non c’è più la catena di montaggio,il rumore assordante delle fabbriche è assente.Siamo tante, in piccole isole,tutte ipertecnologiche, ma così sole.Ad ogni operatrice la sua, difficile da far propriaperché mai la stessa.Operatrici mobili, operatrici gentili,la donna, si sa, è così brava.Voce suadente, dizione perfetta,prontezza e conoscenza a portata di un clic.Vuoi conoscere una tariffa? Chiamami.Vuoi conoscere tutto sul tuo telefonino? Chiamami.Sei rimasto da solo e non sai che fare? Chiamami.Si perché l’operatrice è anche caritatevole, ma quanto...Sa ascoltare, non interrompe mai,è prodiga di consigli e buone parole.Novella madre, per tutti.Siamo tante, più degli uomini,ma ancora troppo anonime.

Siamo l’immagine di ogni azienda mal’azienda ci ama?Siamo monitorate e ascoltate,ma l’azienda ci ama?Non importa se sei stanca,se la bocca chiede tregua e gli occhi si chiudono.Noi, per te, ci saremo sempre.Eccoci, siamo le operaie del futuro.

Francesca Pellegrino

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Barbara Pellegrino

MIA NONNA RACCONTA

Ti guardavo seduta accanto alla finestranon fu difficile capire che ti stavi annoiando.Incuriosita dissi - Potrei farti una domanda? -Tu annuisti, e cominciasti a parlarmidi tutta la tua giovinezza.Era una notte freddissima, la tua famiglia dormiva,alle tre bussarono alla porta e all'improvviso capisti,i tedeschi ti avrebbero portato via tuo marito.Sarebbe tornato? Tu non sapevi cosa fare,ma capisti che da quel giorno avresti dovuto badare da sola ai tuoi figli. E così fu.Per i vestiti scucivi il materasso.Ma servivano soldi. E molti. Per questo, come le altre donne, eri costretta a lavare i panni.Ogni mattina all'alba andavi di casa in casa,li raccoglievi e li portavi alla fontana.che fatica però, e che dolore su quelle mani.Gonfie, rosse, tutte rovinate.E per nascondere ai tuoi figli il dolore provatole coprivi in ogni modo, quelle mani.Non c'era tempo per le coccole, quanto dolore.Ma un giorno bussarono di nuovo alla tua porta.Stavolta era lui, tuo marito riuscito a scappare.Raccontami - gli chiedesti - ma lui disse no.

Ti guardò sorridendo, e con una carezzaPreferì tacere.Tu lo guardasti e capisti cosa voleva dire.Da quel giorno niente fu più lo stesso macominciasti di nuovo a sorridere.La felicità era di nuovo con te.

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Rina Pirani

LE ROSE DI BRESCIA

All’angolo della strada che portava al centro di Bresciauna giovane ragazza infreddolitavendeva grandi fasci di rose.La gente si fermava ad osservare quei bocciuoli che lottavano vellutaticontro il gelido inverno.Sul suo carretto di legno tarlato stese...tante spighe di grano.“Guardate queste spighe, guardate queste rose, non sono espressione d’abbondanza e d’amore?sussurrava alla gente di passaggio.Alla fine della giornata le strade di Brescia abbondavano di speranza e profumavano di passione.

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SENZA TITOLO

Ti vedo avviare il fuocoCon mani nodose colme di spine.Ti vedo china a mietere paneCon passi lenti come di venti.Contadina ti vedo fatta di terraCon abbracci forti e brevipiccoli sorsi di vino robusto.

Anima piccola fatta di grano

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Rosellina Pisani

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LA DONNA SANTA

Posidippo di Pella un dì composel’epigramma che meglio ti si addice:non parla né d’orpelli né di rose,ma di spole ronzanti: sia felice

la donna santa per il suo lavoro!quella che con la mente e con le maniornò la tela dei suoi giorni d’oro,lampi di luce per i bui domani.

Certo non sei Corinna, e non orditidi tenui fili vai empiendo lesta:ma le rotelle che solerte avvitidaranno vita a musiche di festa;

a musiche che sanno di trastulloe vengono da camere remotenella penombra, là, dove fanciulloero estasiato dalle stesse note.

E quanti sogni desterà il motivodel carillon nella sua lunga vitadovranno il loro incanto suggestivosolo all’alacrità delle tue dita.

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Carlo Prosperi

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Mia mamma aveva la biciclettacosì poteva andare più in fretta.A quei tempi, da quel che si diceaveva la bicicletta solo la levatrice. (1)Lei era privilegiataad essere così attrezzata.Lavorava alle fornaci bellunesied aveva a che vedere con dei pesanti arnesi.Dal lunedì al sabato con la carriola i mattoni spostavae alla domenica i panni della famiglia lavavain inverno sopra la stufa li sciugavaperché senza quelli non ci si cambiava.Non avevamo tanti vestiti, era vero il detto:uno indosso e uno in fosso.In dieci anni di lavoro da semplice operaiacon la sua esperienza passò capooperaia.Sul lavoro per pranzo un etto di formaggio si portavala metà solo si mangiavaed il resto per il giorno dopo risparmiavacosì ogni tanto un paio di calze si comprava.Le fredde sere d’inverno le passava in stalla a far filò (2)perché era la stanza più calda.Mia mamma con parenti e conoscenti conversavae come tutte le altre donne ricamava o rammendavausava pure la corletta (3) e faceva gli scarpet (4)mentre mio papà faceva i cesti coi sacolet. (5)Ricordo la mia mamma mentre lavorava

i piedi sulle mucche si riscaldava;mentre badava a noi bambini che si studiavao dai nostri nonni una storia si ascoltava.La mia mamma faceva il pane in casae per la lievitazione, in stalla lo lasciava.Erano buonissime anche le fugazze (6)che piacevano pure alle ragazze.

1. Ostetrica 2. Ritrovo per lavorare e chiacchierare3. Attrezzo per filare la lana 4. Ciabatte per casa5. Vimini 6. Panettoni

Maria Reduce

LUCIA, LA MIA MAMMA (NATA NEL 1900)

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RUOLI DI DONNA

E’ buio mamma, vieni a fare la nanna?Non posso piccolinoecco una carezza e un tenero bacino.

La mamma deve uscire, andare a lavorareè una necessità, un disagioche insieme dobbiamo affrontare.

Lavori in TV, fai la ballerina?no, piccino, la mia meta è la catena di montaggioe per resistere ci vuole tanto coraggio.

Sognavo anch’io quand’ero ragazzaun amore, una casa e qualche bambinoma tante bollette insieme all’affittonon mi lasciano scelta a un altro indirizzo.

Cosa sono, forse un robot?faccio la mamma, la moglie,la lavoratrice e la colfruoli diversi, ruoli intensiche danno poco spazio a gioie e sentimenti.

Basta uno sforzo, si può capireche una donna ha tanti ruolima la parte speciale di questo paesenon si rende contoe una modesta famiglia ne fa le spese.

Sono fortunata, ho tanto amoretutto quello che faccio lo faccio col cuorequante sfumature, quanta psicologiaper non farmi prendere dalla malinconia.

Angela Riva

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CRONACA DI POVERI GIORNI

La favola racconta che ad un trattohai reclinato il capo e sei partitaper seguire la slitta scintillantedi quell’oscuro tuo babbo natalecui nessuno credeva. Solo tu.

Perché non c’era proprio niente piùcui credere nei vortici di giorniconiati per tenerti prigioniera.

La zoppicante favola terrestre,favola quotidiana partoritadalla sommessa comprensione delletue più futili amiche, tue più grandiaccusatrici quotidiane, dice cose non vere, lacrimose. Mameno sofferte della tua realtà.

Né la cronaca dice il desideriotuo clandestino contro il doppio ruoloche ti era stato congegnato, il doppiocapestro della Lotta che accostavate a pretestuose immagini socialie che ti discostava nel frattempodalla tua vera identità ogni giornoserbata dentro. Assieme al dolorinonegato a tutti per potere ancoracontinuare a lavorare un poco.

E’ tutto in tutto: la felicitàe la paura di essere o la febbreche ti consuma e ti lusinga. Poiil polipo è scoppiato e ti ha trovatainespressa, appassita, affaticata.

E tutto è stato semplice: morire quando non si è nessuno è sempre meglioche soffrire in silenzio. Dio non satrovare per alcuni altri rimedi.

Hai rotto il guscio di ogni giorno e tisei liberata dalla tua galera.

�Paolo Sangiovanni

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IERI, OGGI

Ieri, a piedi nudicorrevi ingenua per i pratiin caccia di farfalle, di cicale.

Un bacio al babbo, e via ancora.

Oggi, disinibitasei protesa verso le conquisteche il maschio ti ha negato.

Un bacio al pupo, svelta, è tardi.

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Nilvano Sbrana

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Gilda Scognamiglio

DEA KALI’“Buongiorno, mi presento:... no, non sono la Dea Kalì,ma faccio comunque questo, quello e quest’altro qui!Sono una della razza femminile che ha pure voglia di lavorare,ottimi risultati ho conseguito studiando,ho intraprendenza, educazione e una capacità di apprendimento niente male!potrei dare il mio contributo e in questo mondo vò cercando...Cosa? Un impiego, un lavoro che mi consenta di vivere degnamenteah dimenticavo di aggiungere! che non sono sposata nemmeno civilmente,non sono accompagnata, non ho figli e nemmeno un pesciolino rossoeppure trovar lavoro, per noi donne, è un problema grosso!Questo è uno dei punti importantinon importa quante lingue parli, o se hai esperienza,riconoscono in te solo una potenzialità:“La donna senza figli non può stare senzaquindi prima o poi qualcuno ne sfornerà!Sembra essere una malattia non ancora riconosciuta ufficialmente,ma dato che madre e figlio coi problemi sono in sintoniarisultiamo essere un acquisto poco conveniente!C’è poi quella categoria, in via d’estinzione,di quelle che lavorano già da tempo, non so, sarà solo una sensazione,ma più di un tanto avanti non vannopossono farsi in quattro e dimostrare quel che sanno,e ahi voglia a fargli capiredi essere in grado di gestire!Se solo si fermassero a pensare,che la stragrande maggioranza di noi donne i conti fa quadraregiorno per giorno, mese per mese,queste son le entrate e queste son le spese!Il bilancio di una ditta è molto complesso,ma quello familiare di sicuro non è uno scherzose poi aggiungiamo che è solo l’uomo a lavorare,allora sì che pani e pesci dovremmo raddoppiare!Lo so, son cose che riescono bene a nostro SignoreLui fa i miracoli, noi le acrobazie,ma le facciamo con impegno e con tutto il nostro amore”

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L’OPERAIA

Con l’animacurva di faticamuove veloce le manisempre in quel gesto,antico e uguale.Inclina lieve il capoal ricordare il figlio,sempre quel gesto.Sosta un momentoanche la macchinaa intenerirsi con lei:per oggi non la morderà.Sempre quel gesto.raddrizza forte il capoe aspetta un mondo migliore,con più occasioni.Sempre quel gesto.Dove il sognodiventi certezza,sempre quel gesto,dove il futurosi vesta di concretezza,sempre quel gesto.

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Sahara Scopetani

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PENSIERO AD UNA MAMMA METALMECCANICAQuando ritorni la sera nel Buio, gli Occhi macchiati di blucome un bambino mi tendi la mano, cercando qualche cosa di più

E sul calare del giorno sei Bellala tua Ruga mi parla, brilli come una Stella

Non taci appassita all’accogliente Calorela tua Voce fa un Canto e va dritta al mio Cuore

Ecco sei Libera dall’immane Catenache t’inchioda all’Allarme dell’ultima Sirena

Come i Passi, le Mani ti raccontanoi tuoi Figli sanno quando Voli, loro sognano!

Tu lotti, t’imbatti col tempo fugacese per esser Donna non ti dà Pace

Ora quei suoni assordanti sono Lamierepolvere è il Riposo che hai lasciato all’Alba per Dovere

E ferendoti con ciò mi fai patiresa d’Amaro in bocca, sempre pronta anche a Morire

Poi di nuovo mi riappari con quel Verde e lo scarponesei l’immagine del Milite che non va mai in Pensione

E Domenica già profuma del pane tuo sudatoqui c’è Gioia oggi, non t’aspetta un lavoro azzardato

E’ questo, Cara Mamma, il mio Pensiero per Temi dai Forza e m’insegni la Vita con tuo Esempio, anche a Me!

Cristina Strona

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AL MERCATINO DI BELGRADOSalgo sul tram (e fischietto un motivetto...).

Curioso stare qui oggi, tra la fatica di Via Brace Jerkovicaa provare qualcosa,dopo aver trovato tra il finestrino e la polvere del sedilel’angolo di occhi capaci di tirare per altre rotaiesicuri, ti fanno trovare senza cercaredistinguere e confonderevivere, viaggiare avanti ai ricordi.

Strano (e fischietto ancora)In queste facce vedo mia madre che sorridee che adesso forse rimpiange di essere nata troppo presto;vedo finalmente mia nonna dalla parte giusta del tavolofuori dal caminocon una gonna lungaridere a crepapelle e dire tutte le parole taciute.E tutto sento- quel che forse ho ripreso da voi -la fatica dentro le buste del panenelle mollette stese sul marciapiedesulle mani delle donne che stendonocome in un ossariouno accanto all’altro calze di lana, limonie pettini di plastica col manico di madreperla.Qui come allorala campagna è stagione di lucciole e cinciallegre solo nelle storiee tra i giardini dei poeti

Ciao nonnina(amor dammi quel fazzolettino...)

Luca Trepiedi

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DUE RIGHE IN CRONACA

Le mie rughesi allungano scavatenella ancora notte,lì nello specchietto del camioncino.Antonia è troppo grossa,posto per tutte non c’è.Il cancello si richiude einizia la piana degli ulivi.Le mie mani fremonoho poco tempo per pagare edolori e silenzi non possono fermarmie corre ancora sul selciato;è notte ancoratroppo notte per vederci bene.“SBANDA IL CAMIONCINO DI UN CAPORALEMUORE UNA DONNA”Posto per tutte non c’èneanche qui...credimi.

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Michele Troianello

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UNA STORIA ROSA

Ho ascoltatola voce di donneche non hannoParola,ma solo mani:immense per fare,infinite da offrire.Ho lettoin ogni pausale note più alte del verde cantoche non conosce tempo,che non ricorda affanno...Ora io vorrei,per tutti,una Storiatinta meravigliosamente,amorevolmente,di rosa.

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Paola Trotto

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IL VALORE DONNA

Donne mogli,donne madri,donne modelledipinte sui quadriDonne sognate,donne vere,donne comeirraggiungibili chimere.Compagne di lavoro,compagne di vita,importanti tasselliper completarel’immaginario “puzzle”del progresso,costruendoci il domanicol sudore della frontee la forza delle mani.“Donna! Grazie di esistere”.Parole che fanno econel tempo,grido di gioia e d’amoredell’uomo che credenella compagnae nel suo valore.

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Livio Ulian

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“ENDURING FREEDOM”

L’ultimo suono sparato fuori campo alla partenza di un viaggio che non si può raccontareaveva la consistenza del piombo vigliacconascosto nel buio della canna,nel sembiante di farfalla, di “aiuti”, di sorrisi

Piombo: nel piombo da sempre credo ma in quello steso al sole,battuto in caratteri, in paroleallineati per più pericolose esecuzioni,di quelle che imprimono e fanno esplodere senza clamorinon corpi, ma coscienze ulteriori

Ora il cursore sullo schermo ha smesso di ammiccaree incalza, pulsazione urgente sulla pagina bianca,divinità tirannica e indifferentepronta a richiedere ancora piombo e sangue

A voi, donne cadute per la pagina bianca,cattivo onore si rende con i saldi di retoricaperciò perdonatemi se rubo la battuta di un attoree per favore concedetemi il lusso di essere banale“il vostro esempio mi fa voler essere migliore”.

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Gabriella Valentini

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LE TUE MANI

Laboriose e tenacinegli anni della fame

Callose e resistentinei tempi della fatica

Morbide e vellutatenei momenti dell’affetto

Sanguinanti ma vivenei giorni del dolore

Tenere e dolcinella consolazione

Sicuro rifugiodi cuori infranti

Sorelle eterneautentiche figliedel tuo amore

MAMMA

Lido Vanni

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BALLATA DI DONNA SOLA

Ballata di donna solasu una sola corda di chitarra,ragazza-madre-operaia,simbolo di sfidain universo maschile,gli sguardi di sottecchile battute pressanti e pesanti,un urlo di sirenascandisce il suo giorno.E alla sera madredi chi fatto una scelta difficiletra tanti passi difficili,metri di liste d’attesadi asili nido percorsicompensati dall’aiuto d’amiche devotecontando la scarsa pagafra debiti e creditiche la vita le ha inviato.Piatti sporchi, panni da lavareun altro lavoro s’aggiunge,le ore si fanno pesantidietro palpebre socchiuse,le ninna nanne raccolte nelle sue maniche sanno di pane e farina,un bacio su quel volto di figliotanto amato.

La finestra si apre alla luce,un urlo di sirena,un nuovo giorno,di lavoro, di battagliaper questa donna solaragazza-madre-operaia,canta la sua vittoria, ballata,su una sola corda di chitarra.

Antonella Vannucchi

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LA DONNA E IL LAVORO FEMMINILE

Ti guardo nella lastra, vedo solamenteChe nella tua vita hai sofferto amaramenteVorrei scorrere nelle tue arterie e venePer scoprire come hai fato del beneLa tua intuizione che emerge, la vediDa come ti muovi dalla testa ai piediI nervi sono saldi ma funzionantiIn ciò che fai premi i giusti pulsantiIl flusso del tuo sangue è così regolareCome le onde di uno splendido mareQuando sono agitate è un vero tormentoNella femminilità conta molto il portamentoLa tua dinamicità rafforza gli artiCome l’uomo sei completa in tutte le partiLa tua anima è ricca di emozioni e di sensibilitàTi impegni con tutto il cuore, con abilità.

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Pietro Vassallo

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LAVORO FEMMINILE

Il lavoro femminile, per chi ha famiglia e prole,è sempre stato doppio e senza sole;alzandosi alle sei della mattina,cominciando a preparare giù in cucina,accomoda, pulisce, lava e stira, attacca dei bottoni di tante camicie e poi dei pantaloni,la donna sembra destinata a questa sorte;l’uomo invece si crede più saggio e forte:nell’ignoranza egli sempre vive:non sa quanto sia duro e d’oroil lavoro femminile.

In Italia come anche in Spagna,da una cattedra od in campagna,o agli sportelli sialavoro femminile mantiene ritmo e cortesia;mentre lavora la donna pensa alla sua casaed ai bimbi a scuola,ed uscir di lì non vede l’ora;si applica con dote di precisione e tolleranza,ma quando arriva a sera si trova tanto stanca.

Passano giorni, mesi ed anni a quel tran tran,superando peripezie e non poche difficoltà,con tristezza ed po’ di delusioneringrazi Dio di essere arrivata alla pensione.

Vedi la tua chioma d’argento,dici allo specchio,peccato, per te non hai mai avuto tempo,neanche di gustare un tramontar del sole,un’aurora di neve e dei colori lo splendore.

Dina Vichi Fabbrizi

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RAGAZZA MADRE

Il tenue raggio di luce che penetra dagli infissi

ti avverte: il tempo si è rabbuiato.

Hai dormito poco, stanotte: a tenerti desta

il pianto sommesso del tuo bambino.

L’hai cullato, massaggiandogli il pancino,

l’hai baciato.

E’ solo tuo, il bambino.

Svelta ti accosti al balcone,

infuria la bufera di neve,

che bello il candido paesaggio,

ma...nella fabbrica il lavoro ti aspetta.

A sostituirti arriva appena in tempo l’amica volontaria,

le affidi il piccolino,

già gratificato dall’abbondante poppata.

Scendi le scale, rischi di cadere: il marciapiedi è scivoloso.

Arrivi, infili il camice da lavoro,

ti affretti alla catena di imballaggio.

Pensi al tuo tesoro,

ti consola saperlo in mani sicure,

avvolto nella calda coperta.

Suona la campanella, il turno è finito.

Smetti il camice e via di corsa, pur incerta,

verso la fermata dell’autobus.

Ti chiedi: continuerà così faticosa la mia vita?

Finalmente a casa ti rianimi, stringi al petto il bambino.

Lui conosce la tua carezza e dagli occhi fiordaliso

ti sprigiona un sorriso.

Dai tuoi occhi scendono perle preziose:

la gioia che inonda il tuo animo è un inno alla Vita.

Laura Zilio

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�L’INAIL, l’Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro,persegue i seguenti obiettivi: ridurre il fenomeno infortunistico, assicurare i lavora-tori che svolgono attività a rischio, garantire il reinserimento nella vita lavorativa esociale degli infortunati sul lavoro.

L’assicurazione, obbligatoria per tutti i datori di lavoro che occupano lavo-ratori dipendenti e parasubordinati, tutela il lavoratore contro i danni derivanti dainfortuni e malattie professionali causati dall'attività lavorativa. L'assicurazione es-onera il datore di lavoro dalla responsabilità civile conseguente ai danni subiti daipropri dipendenti.

La tutela nei confronti dei lavoratori, va dagli interventi di prevenzione nei luoghidi lavoro, alle prestazioni sanitarie ed economiche, alle cure, riabilitazione e rein-serimento nella vita sociale e lavorativa. L’INAIL realizza inoltre iniziative miratealla formazione e consulenza alle piccole e medie imprese in materia di preven-zione, al finanziamento delle imprese che investono in sicurezza, al monitoraggioin tempo reale dell'occupazione e degli infortuni.

Per saperne di più: www.inail.it 803 888 call-center

Servizio Superabile800-810810 numero [email protected]

Inail

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L’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro opera dal 1943 ed è at-tualmente riconosciuta come un Ente morale con personalità giuridica di diritto pri-vato, cui è affidata, con D.P.R. 31 marzo 1979, la tutela e la rappresentanza dicoloro che sono rimasti vittime di infortuni sul lavoro, delle vedove e degli orfani.Dal 1° maggio 1999 l'ANMIL è entrata nel Consiglio di Indirizzo e Vigilanza(CIV) dell'INAIL quale unico rappresentante degli invalidi del lavoro. Assiste etutela moralmente gli invalidi del lavoro attraverso numerosi servizi e promuoven-do iniziative tese a migliorare la legislazione in materia di infortuni sul lavoro e direinserimento lavorativo e a sensibilizzare l’opinione pubblica su questi temi.L’ANMIL è diffusa in modo capillare sul territorio nazionale con:Sede Centrale a Roma, 21 Sedi regionali, 103 Sezioni provinciali, 200 Sot-tosezioni, 500 tra Delegazioni comunali e fiduciariati.L'ANMIL offre una serie di servizi gratuiti tra cui:¸ consulenza legale generica e specialistica;¸ consulenza medico-legale sui postumi dell’infortunio;¸ patrocinio per questioni connesse al collocamento al lavoro; ¸ istruzione di pratiche in materia infortunistica, previdenziale ed assistenziale;¸ rapporti con gli enti locali per l’erogazione di prestazioni legate all’invalidità;¸ Numero Verde per l’assistenza tecnica in materia previdenziale 800.864173 atti-vo tutti i giorni feriali, dalle ore 10,00 alle ore 13.00; ¸ Numero Verde per il sostegno psicologico degli infortunati sul lavoro800.275050 attivo il martedì, il mercoledì e il giovedì dalle ore 17.30 alle ore20.30; Il periodico bimestrale “Obiettivo tutela - anmil”, edito dall’Associazione, viene in-viato, oltre che ai 430.000 iscritti all’ANMIL, anche ai parlamentari e ai principalireferenti istituzionali dell’Associazione.

[email protected] verde 800864173

Anmil

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Progetto grafico: ODP Pubblicità - RomaStampa: Tipolitografia INAIL - Milano

Ristampato nel mese di marzo 2004

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www.inail.it www.anmil.it

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