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Materiale di Diagnostica per Immagini elaborato da Luigi Aronne Pleura Sui radiogrammi del torace, la pleura è direttamente visibile, come una sottile linea radiopaca, solo in corrispondenza delle scissure poiché, a questo livello, presenta una doppia interfaccia con l’aria alveolare di due lobi adiacenti affrontati. Si distinguono: Grande scissura o scissura obliqua Piccola scissura o scissura orizzontale La grande scissura può essere osservata esclusivamente in proiezione LL. Origina all’altezza della V vertebra toracica e si dirige obliquamente verso il basso ed in avanti, terminando sul diaframma. Separa il lobo superiore e, a dx, il lobo medio da quello inferiore La piccola scissura è apprezzabile sia in proiezione PA che LL Si dispone su di un piano pressoché orizzontale a livello del segmento anteriore della IV costa Separa, a dx, il lobo superiore dal lobo medio N.B. Le scissure non sempre sono riconoscibili sui radiogrammi del torace e spesso lo sono solo parzialmente per la loro usuale incompletezza. L’ecografia consente, mediante scansioni trasversali, di visualizzare la pleura solo in sede marginocostale, come una linea iperecogena situata internamente alle coste e ritmicamente interrotta dalle loro ombre acustiche. A livello diaframmatico, la pleura non è distinguibile dal muscolo con cui forma una stria iperecogena. La TC, quando eseguita con tecnica ad alta risoluzione, permette di: 1. Visualizzare le scissure, come sottili linee dense 2. Ottenere una valida rappresentazione dell’interfaccia polmone/parete toracica. Tale interfaccia, a livello degli spazi intercostali, assume l’aspetto di una linea, con la densità dei tessuti molli, costituita da: Pleura viscerale e parietale accollate Spazio pleurico Fascia endotoracica Muscolo intercostale interno, che ne rappresenta la componente di maggior spessore. Per questo motivo, a livello delle docce costovertebrali e del mediastino – dove il muscolo intercostale interno è assente – non è riconoscibile, in condizioni fisiologiche, alcuna linea. WWW.SUNHOPE.IT

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Materiale di Diagnostica per Immagini elaborato da Luigi Aronne 

Pleura 

Sui radiogrammi del torace, la pleura è direttamente visibile, come una sottile linea radiopaca, solo in corrispondenza delle  scissure  poiché,  a  questo  livello,  presenta  una  doppia  interfaccia  con  l’aria  alveolare  di  due  lobi  adiacenti affrontati. Si distinguono: 

Grande scissura o scissura obliqua

Piccola scissura o scissura orizzontale

La grande scissura può essere osservata esclusivamente in proiezione LL.  Origina  all’altezza  della  V  vertebra  toracica  e  si  dirige  obliquamente  verso  il  basso  ed  in  avanti,  terminando  sul diaframma. Separa il lobo superiore e, a dx, il lobo medio da quello inferiore  

La piccola scissura è apprezzabile sia in proiezione PA che LL Si dispone su di un piano pressoché orizzontale a livello del segmento anteriore della IV costa Separa, a dx, il lobo superiore dal lobo medio  

N.B. Le scissure non sempre sono riconoscibili sui radiogrammi del torace e spesso  lo sono solo parzialmente per  la loro usuale incompletezza.    

L’ecografia consente, mediante scansioni trasversali, di visualizzare  la pleura solo  in sede marginocostale, come una linea iperecogena situata internamente alle coste e ritmicamente interrotta dalle loro ombre acustiche. A livello diaframmatico, la pleura non è distinguibile dal muscolo con cui forma una stria iperecogena. 

La TC, quando eseguita con tecnica ad alta risoluzione, permette di: 1. Visualizzare le scissure, come sottili linee dense2. Ottenere una valida rappresentazione dell’interfaccia polmone/parete toracica.

Tale  interfaccia, a  livello degli  spazi  intercostali, assume  l’aspetto di una  linea,  con  la densità dei  tessuti molli,costituita da:

Pleura viscerale e parietale accollate

Spazio pleurico

Fascia endotoracica

Muscolo intercostale interno, che ne rappresenta la componente di maggior spessore.Per  questo motivo,  a  livello  delle  docce  costovertebrali  e  del mediastino  –  dove  il muscolo  intercostaleinterno è assente –  non è riconoscibile, in condizioni fisiologiche, alcuna linea.

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Versamento pleurico Consiste in un aumento del fluido presente nello spazio pleurico, normalmente pari a 10‐15 ml.  Si distinguono: 1. Versamenti di tipo trasudatizio, il cui contenuto proteico è < 3 g/dL, che possono verificarsi per: 

‐ Aumento delle pressione idrostatica, da insufficienza cardiaca ‐ Diminuzione della pressione colloido‐osmotica, da ipoalbuminemia 

2. Versamenti di tipo essudatizio, il cui contenuto proteico è > 3 g/dL, che si realizzano per un incremento della permeabilità capillare, da processi infettivi, tumori primitivi e secondari della pleura, connettiviti, pancreatiti 

3. Versamenti chilosi, da rottura del dotto toracico, ostruzione venosa centrale 4. Versamenti ematici, da traumi, tumori pleurici e polmonari, coagulopatie, patologie vascolari    Nel cavo pleurico, la disposizione del versamento viene influenzata da due fattori:  ‐ Forza di gravità, che tende a dislocarlo verso le basi polmonari ‐ Retrazione  elastica  del  polmone,  che  ne  agevola  l’ubicazione  laddove  è  maggiore  la  capacità  di 

retrazione polmonare In virtù di tali forze, il versamento pleurico va ad occupare – man mano che aumenta di volume – prima il seno costo‐frenico posteriore; poi, quello laterale; infine, quello anteriore.    L’indagine strumentale di  I  livello, nel sospetto di un versamento pleurico, è  rappresentata da un esame radiografico standard del torace    In ortostatismo, la minima quantità di liquido pleurico che può essere documentata dall’esame radiografico del torace è di 200‐300 ml.  Tale  quantità  è  più  precocemente  riconoscibile  sul  radiogramma  del  torace  assunto  in  proiezione  LLsin poiché permette di visualizzare il seno costo‐frenico posteriore, per primo occupato dal versamento che ne induce obliterazione (opacamento). Con  l’aumentare  della  quantità  di  liquido  pleurico,  l’obliterazione  interessa  anche  il  seno  costo‐frenico laterale, apprezzabile sul radiogramma del torace assunto in proiezione PA.   Quando  il  versamento  pleurico  raggiunge  il  volume  di  circa  1  L,  il  radiogrammi  del  torace  assunto  in proiezione PA può  inoltre dimostrare un’opacità basale, omogenea che, partendo dal  seno costo‐frenico omolaterale, si porta verso  l’alto secondo una  linea concava,  la cui estremità  laterale è più alta di quella mediale (cdt “menisco pleurico”).   La limitante risulta più bassa medialmente dato che la superficie mediastinica del polmone è meno elastica di quella toracica. 

Qualora il versamento pleurico divenga massivo (2 o più L), sui radiogrammi del torace in proiezione PA, si osservano:  1. Emitorace totalmente opacato, fatta eccezione per la regione apicale 2. Atelettasia da compressione del polmone omolaterale  3. Spostamento controlaterale del mediastino  4. Abbassamento dell’emidiaframma omolaterale  N.B. se l’esame radiografico standard del torace si dimostri negativo, ma persista il sospetto di versamento pleurico,  è  possibile  avvalersi  di  particolari  accorgimenti  tecnici,  quali  decubito  omolaterale  del  pz  e proiezione radiografica frontale, con tubo radiogeno orizzontale, che consentono di  individuare quantità molto piccole di liquido pleurico, anche < 200 ml.  N.B.  a  pz  supino,  il  versamento  pleurico  si  raccoglie  posteriormente  ed  il  suo  riscontro  radiografico  in proiezione frontale risulta meno agevole.  

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Presentazioni atipiche del versamento pleurico  Si osservano in caso di:   Versamento sottopolmonare, che simula un innalzamento dell’emidiaframma. In questi casi, la diagnosi è resa possibile dall’acquisizione di un radiogramma frontale del torace, a pz in decubito omolaterale o da un’ecografia.   Versamento saccato  È una frequente modalità di organizzazione dell’empiema pleurico.  Si manifesta  come un’opacità omogenea, ovalare o  lenticolare,  con base  sulla margino‐costale e  cupola convessa rivolta verso il parenchima, che risulta compresso.  L’opacità presenta contorni regolari ed angoli di raccordo con la parete toracica ottusi. La  distinzione  rispetto  ad  un  ascesso  polmonare  periferico  è  resa  possibile  da  fatto  che  quest  ultimo mostra: 

Forma rotondeggiante  

Angoli di raccordo con la parete toracica acuti. 

Livello idro‐aereo, in ortostatismo  Versamento intrascissurale Consiste in un versamento saccato, con morfologia caratteristicamente biconvessa (“a palla”) ed estremità rastremate che si prolungano impercettibilmente nel contesto di una scissura. Spesso consegue ad episodi di scompenso cardiaco e a tende a regredire spontaneamente e rapidamente con il risolversi della patologia di base (“tumore evanescente”).    Ecografia Può evidenziare raccolte anche molto piccole di liquido pleurico, non visibili all’esame radiografico diretto e fornire una guida per il loro drenaggio. Il versamento pleurico appare caratteristicamente anecogeno e può costituire una  finestra acustica utile per lo studio delle strutture sottostanti. La dimostrazione di echi diffusi o strutturati, sotto  forma di strie  iperecogene,  fluttuanti nel contesto del liquido anecogeno, è suggestiva della natura essudatizia del versamento.    TC con mdc Costituisce un’indagine strumentale di II livello, superiore all’esame radiografico standard del torace,  1. nel documentare patologie della pleura, nonostante  la presenza di versamento che, sui  radiogrammi 

del torace, impedisce la visualizzazione di eventuali ispessimenti pleurici. 2. nel dimostrare versamenti pleurici saccati e nel distinguerli da ascessi polmonari periferici 3. nell’individuare piccole lesioni polmonari e tumefazioni linfonodali mediastiniche 

 Sulle  immagini TC,  il versamento pleurico  libero  si dispone, per motivi gravitazionali,  secondo una  tipica configurazione “a menisco posteriore” (la cui concavità è cioè rivolta anteriormente).  La  valutazione  densitometrica  fornisce  informazioni  utili  sulla  natura  del  versamento.  Ad  esempio, l’emotorace ha un valore di attenuazione maggiore di quello di un trasudato; il chilotorace, minore. Non è invece possibile differenziare, su tale base, versamenti pleurici neoplastici da quelli di altra natura.     

 

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Empiema pleurico Consiste in una raccolta di essudato purulento all’interno del cavo pleurico  Modalità attraverso cui un empiema pleurico può svilupparsi: 1. Diffusione  per  contiguità  di  un  focolaio  infettivo  del  parenchima  polmonare  periferico  (ascesso 

polmonare), della parete toracica (osteomielite), della regione sotto‐diaframmatica (ascesso epatico e subfrenico) 

2. Disseminazione ematogena di un focolaio infettivo distante 3. Suppurazione in corso di PNX aperto o consecutiva a toracentesi non eseguita in condizioni di sterilità 4. Suppurazione a seguito di interventi di chirurgia toracica   Si riconoscono tre stadi di formazione dell’empiema pleurico: 1. Stadio essudativo, suscettibile di terapia antibiotica 2. Stadio fibrino‐essudativo, suscettibile di drenaggio percutaneo 3. Stadio fibrinoso, suscettibile di terapia chirurgica   All’esame  radiografico  standard  del  torace,  l’empiema  pleurico  generalmente  si  presenta  come  un versamento saccato, per la formazione di aderenze che intrappolano l’essudato purulento.  Viene  pertanto  osservata  un’opacità  omogenea,  ovale  o  lenticolare,  con  base  sulla margino‐costale  e cupola convessa rivolta verso il parenchima, che risulta compresso.  L’opacità mostra margini regolari ed angoli di raccordo con la parete toracica ottusi. La  distinzione  rispetto  ad  un  ascesso  polmonare  periferico  è  resa  possibile  da  fatto  che  quest  ultimo mostra: 

Forma rotondeggiante  

Angoli di raccordo con la parete toracica acuti. 

Livello idro‐aereo, in ortostatismo   Una TC del  torace è più accurata dell’esame  radiografico diretto nell’individuare un versamento pleurico saccato e nel distinguerlo da un ascesso polmonare periferico. 

   Fistola bronco‐pleurica Cause: 1. Deiscenza del moncone bronchiale dopo intervento di lobectomia o pneumonectomia 2. Infezione polmonare necrotizzante 3. Carcinoma polmonare con invasione pleurica  Una fistola bronco‐pleurica deve essere sospettata in caso di: 

Pneumotorace irriducibile con il drenaggio 

Fuoriuscita ingente di aria da un drenaggio pleurico post‐chirurgico   Esame radiografico standard del torace Evidenzia:  Raccolta  intrapleurica  di  aria  e  liquido  che,  in  ortostatismo,  si  stratificano  secondo  la  loro  densità producendo un livello idro‐aereo. Il  livello  idro‐aereo  della  fistola  bronco‐pleurica  differisce  da  quello  di  un  ascesso  polmonare  perché presenta uguali dimensioni nelle due proiezioni ortogonali, PA e LL. 

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TC È più accurata nel distinguere una fistola bronco‐pleurica da un ascesso polmonare periferico. Occasionalmente può evidenziare il tragitto fistoloso.   La  comunicazione  bronchiale  è  dimostrabile  iniettando mdc,  attraverso  il  tubo  di  drenaggio,  nel  cavo pleurico, realizzando così un senogramma.   

 Pneumotorace Per pneumotorace s’intende il passaggio di aria nel cavo pleurico.  Il conseguente annullamento della pressione negativa endopleurica determina il collasso più o meno totale del polmone omolaterale.  Sotto il profilo etiologico, si distinguono: 

PNX spontaneo 

Primitivo  Predilige giovani di sesso maschile, alti e magri, apparentemente sani  Spesso  consegue  alla  lacerazione  di  vescicole  sottopleuriche  (blebs),  non  dimostrabili 

radiologicamente 

Secondario  Predilige anziani di sesso maschile  Si verifica in pz già affetti da malattie polmonari di vario tipo 

Possibili cause sono:   Rottura  nello  spazio  pleurico  di  bolle  di  enfisema,  cisti  da  echinococco,  pneumatoceli 

secondari a broncopolmoniti stafilococciche, cisti aeree da istiocitosi X   Fistola bronco‐pleurica 

 

PNX traumatico È dovuto a traumi penetranti del torace o a fratture costali. Spesso si accompagna a versamento pleurico di tipo ematico.  Può anche insorgere come complicanza della ventilazione meccanica (barotrauma) 

 

PNX iatrogeno Può verificarsi in occasione di toracentesi o di biopsie percutanee e transbronchiali. 

  Sotto il profilo fisiopatologico, il PNX può essere: 

Aperto Il  PNX  è  aperto,  se  l’aria  entra  nel  cavo  pleurico  durante  l’inspirazione  e  ne  fuoriesce  durante l’espirazione.  

Chiuso Il PNX è chiuso, se non vi è passaggio di aria tra cavo pleurico ed esterno, per occlusione della breccia.  

A valvola Il PNX è a valvola, se l’aria entra nel cavo pleurico in inspirazione ma non ne fuoriesce in espirazione. Ciò  determina  un  progressivo  aumento  di  pressione  nel  cavo  pleurico  (PNX  ipertensivo),  con  compressione e spostamento controlaterale del mediastino.  

  

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Indagine di I livello nel sospetto di un PNX: esame radiografico standard del torace.  Può  rivelare un’area di  ipertrasparenza, priva del disegno vascolare, separata dal polmone – più o meno collassato – per mezzo di una sottile linea radiopaca, corrispondente alla pleura viscerale (linea pleurica).  Nei casi di PNX ipertensivo, si osservano inoltre:  

Polmone ridotto alle dimensioni di un pugno e completamente addossato al mediastino, che appare dislocato verso il lato opposto  

Diaframma abbassato ed appiattito 

Spazi intercostali slargati  Il  riconoscimento  di  piccole  falde  di  PNX  è  favorito  dall’assunzione  di  radiogrammi  in  fase  espiratoria. Durante  l’espirazione,  infatti, poiché  l’aria si estende su di una superficie più piccola, forma uno strato di spessore maggiore, divenendo rilevabile anche se presente in quantità modeste. L’assunzione di  radiogrammi  in  fase espiratoria  fornisce anche  indicazioni circa  lo  stato della  lacerazione pleurica: 

Se,  infatti,  la  lacerazione pleurica è chiusa, durante  l’espirazione, a ridursi sarà  il volume del polmone ma non quello del PNX, con spostamento mediale della linea pleurica.  

Se,  invece,  la  lacerazione  pleurica  è  aperta,  durante  l’espirazione,  si  ridurranno  sia  il  volume  del polmone che quello del PNX, senza spostamento significativo della linea pleurica. 

 N.B. In decubito supino, l’aria tende a raccogliersi nelle porzioni anteriori del torace, le più antideclivi, con la linea pleurica che può non essere visibile. Per  ovviare  a  tale  problema,  un  utile  accorgimento  consiste  nel  porre  il  pz  sul  fianco  controlaterale, acquisendo un radiogramma frontale con fascio dorso‐ventrale.  Ciò fa sì che l’aria si raccolga lungo la margino‐costale, rendendo apprezzabile la linea pleurica.   TC Indagine di II livello indicata per documentare PNX piccoli e per distinguere, nei casi dubbi, il PNX da altre cause di ipertrasparenza, come cisti, bolle e cavità.     

Ispessimenti pleurici non neoplastici  Possono esser dovuti a: 

Pregressa pleurite guarita con fibrosi 

Asbestosi  Sono  riconoscibili mediante un  esame  radiografico  standard del  torace,  anche  se  la  TC  si dimostra più sensibile e ne consente una migliore caratterizzazione.  Depongono per la natura benigna degli ispessimenti pleurici 1. Discontinuità spaziale 2. Sede costo‐diaframmatica 3. Spessore < 1 cm 4. Assenza di nodularità 5. Calcificazione  

   

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Asbestosi È una pneumoconiosi causata dall’inalazione di fibre di asbesto. Caratteristica dell’asbesto è  la capacità di  indurre un danno sia a carico della pleura che del parenchima polmonare.  L’indagine  strumentale di  I  livello, nel  sospetto di  asbestosi,  è  rappresentata da un  esame  radiografico standard del torace. Il  coinvolgimento della pleura,  sui  radiogrammi del  torace,  si manifesta  sotto  forma di placche pleuriche lineari, bilaterali, distribuite  in maniera discontinua  lungo  la cupola diaframmatica e  la  limitante margino‐costale, che frequentemente subiscono calcificazione.  L’esame  radiografico  diretto  del  torace,  tuttavia,  non  presenta  una  risoluzione  di  contrasto sufficientemente  elevata  per  poter  distinguere  placche  pleuriche  non  calcifiche  dalla  muscolatura intercostale e dal tessuto adiposo extrapleurico. Ciò conferisce all’indagine una bassa specificità.  L’interessamento  polmonare  può  esser  essere  riconoscibile,  sui  radiogrammi  del  torace,  come  opacità interstiziali di tipo reticolare, bilaterali e con predilezione per i lobi inferiori di entrambi i polmoni   Come indagine strumentale di II livello ci si avvale di una TC del torace ad alta risoluzione. Tale indagine 1. è  più  sensibile  dell’esame  radiografico  diretto  nell’individuare  le  placche  pleuriche  e  l’impegno 

interstiziale. 2. permette di correggere false diagnosi di placche pleuriche non calcifiche, simulate da muscolo o grasso 

parietale. 3. garantisce una migliore caratterizzazione degli  ispessimenti pleurici,  la cui natura benigna è suggerita 

da:  1. Discontinuità spaziale 2. Sede costo‐diaframmatica 3. Spessore < 1 cm 4. Assenza di nodularità 5. Calcificazione  

  Tumori della pleura  I tumori primitivi della pleura possono trarre origine da: ‐ Strato sieroso della pleura, caso dei mesoteliomi ‐ Connettivo sottopleurico, caso di fibromi e fibrosarcomi; lipomi e liposarcomi  La pleura può essere  inoltre  invasa secondariamente da tumori primitivi del polmone, della mammella e, con minore frequenza, del fegato e del pancreas    Mesotelioma pleurico È un  tumore maligno  il  cui principale  fattore di  rischio  consiste nell’esposizione professionale  a  fibre di asbesto,  con  latenza  tra esposizione ed  insorgenza della neoplasia dell’ordine di  circa 30 anni.  L’età più colpita è pertanto quella compresa tra i 60 ed i 70 anni.  Può presentarsi in forma circoscritta o diffusa. Le forme diffuse più estese possono avvolgere “a cotenna” tutto il polmone omolaterale.  

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La più comune modalità di presentazione clinica consiste  in un versamento pleurico, spesso unilaterale e rapidamente ingravescente  Nel  sospetto  anamnestico  e  clinico  di  mesotelioma  pleurico,  l’indagine  strumentale  di  I  livello  è rappresentata da un esame radiografico standard  del torace.  Tale  indagine può evidenziare “bozzellature” multiple che  ispessiscono e deformano, a seconda della  loro localizzazione, la limitante margino‐costale, la cupola diaframmatica, il profilo mediastinico. Le  forme  diffuse  sono  di  norma  accompagnate  da  versamento  pleurico  che,  quando  massivo,  può mascherare la presenza delle bozzellature.   In II istanza, ci si avvale di:   TC con mdc del torace, più sensibile dell’esame radiografico diretto nell’individuare gli ispessimenti pleurici, di cui consente anche una migliore caratterizzazione. La natura maligna degli ispessimenti pleurici è suggerita da: 1. Estensione circonferenziale, con coinvolgimento della pleura mediastinica e di quella scissurale 2. Spessore > 1 cm 3. Nodularità 4. Scarsa tendenza alla calcificazione  La TC permette inoltre di riconoscere: ‐ Perdita di volume dell’emitorace affetto ‐ Diffusione al parenchima polmonare ‐ Metastasi  a  carico  dei  linfonodi mediastinici,  che  vengono  ritenuti metastatici  se  il  loro  diametro 

trasverso supera i 10 mm. Tale  criterio  dimensionale  è  tuttavia  limitato  dal  fatto  che  possono  essere  interessati  da metastasi anche linfonodi sub‐centimetrici e che possono essere aumentati di volume anche linfonodi flogistici.  

‐ Invasione della parete toracica e del diaframma N.B. Più accurata della TC nel documentare  l’eventuale  infiltrazione neoplastica della parete toracica, delle strutture mediastiniche e del diaframma è, comunque, una RM.  La multiparametricità della metodica  la  rende,  infatti, maggiormente  capace di distinguere  il  tessuto tumorale dal grasso extrapleurico e dal muscolo. 

   Tra le indagini strumentali di II livello rientra, inoltre, una PET‐FDG che costituisce la metodica più sensibile nell’individuare ispessimenti pleurici neoplastici.  N.B. La PET‐FDG si dimostra inoltre più accurata delle metodiche morfo‐strutturali nel valutare lo stato dei linfonodi mediastinici, basandosi su di un criterio funzionale  (aumento dell’attività metabolica). L’utilizzo di tale criterio funzionale, infatti, fa sì che la PET presenti, sulle metodiche morfo‐strutturali,  ‐ una maggiore sensibilità, considerando che  l’aumento della captazione dell’FDG precede quello delle 

dimensioni linfonodali;  ‐ una  maggiore  specificità,  sebbene  quest  ultima  non  sia  assoluta  in  termini  neoplastici,  potendo 

apparire ipercaptanti anche linfonodi flogistici; ‐ un più elevato VPN, tale da consentire l’esclusione della presenza di malattia in linfonodi non captanti, 

anche se aumentati di volume.    

 N.B. 

La diagnosi di mesotelioma va sempre confermata di una biopsia pleurica condotta per via transtoracica –  ECO o TC‐guidata –  oppure per via video‐toracoscopica. Ciò  permette  inoltre  di  individuare  correttamente  quei  tumori  pleurici  secondari,  difficilmente differenziabili dal mesotelioma sulla base dello studio per immagini.      

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 Mediastino 

 Ha la forma di un parallelepipedo delimitato, lateralmente, dalle due regioni pleuropolmonari; 

anteriormente, dal piano sterno‐costale; posteriormente, dalla colonna dorsale  Tecniche di immagine impiegate per lo studio del mediastino, sono:  Esame radiografico standard del torace ‐ INDAGINE DI I LIVELLO ‐ che prevede: ‐ Posizionamento del pz in stazione eretta e ad una distanza dal tubo radiogeno di 1,8 m, necessaria per 

minimizzare l’ingrandimento proiettivo o geometrico del cuore, dipendente dalla divergenza a cono del fascio  di  raggi  X.  Impostando,  infatti,  una  distanza  focale  di  1,8  m  è  possibile  sfruttare  solo  le componenti  centrali  del  fascio  che  sono  parallele  tra  loro  e  perpendicolari  al  piano  dell’oggetto esposto.   

‐ Acquisizione di radiogrammi in due proiezioni: 

PA, con il fascio incidente che penetra dal dorso e fuoriesce dal petto del pz, direttamente poggiato sulla cassetta radiografica, al fine di limitare l’ingrandimento proiettivo del cuore. 

Latero‐laterale sin, con il fascio incidente che penetra dalla parete laterale dx del torace e fuoriesce da quella sin, sempre per limitare l’ingrandimento proiettivo del cuore. 

È  necessario  ricorrere  a  due  proiezioni,  tra  loro  ortogonali,  poiché  l’immagine  radiografica  è bidimensionale  ed  in  essa  vengono  rappresentate,  sinteticamente  su  di  un  unico  piano,  tutte  le strutture incontrate dal fascio di raggio X nel suo percorso (immagine di sintesi).  Le  due  proiezioni  servono  quindi  per  poter  effettuare  un’analisi  tridimensionale  del  distretto esaminato.   

 Il  radiogramma  del  torace  in  proiezione  PA  riproduce  l’intero mediastino  sotto  forma  di  un’immagine radiopaca a sede mediana che contrasta con la radiotrasparenza dei polmoni, posti lateralmente. Poiché  l’esame radiografico standard del torace dispone di una bassa risoluzione di contrasto, nell’ambito di tale immagine radiopaca non è possibile distinguere le diverse componenti del mediastino, tra cui esiste uno scarso contrasto naturale, che rimane tale anche in presenza di patologia.  Pertanto,  sul  radiogramma  del  torace  in  proiezione  PA,  processi  patologici  del  mediastino  sono riconoscibili solo se alterano il profilo mediastinico.    Il radiogramma del torace in proiezione LL sin fornisce una rappresentazione sovrapposta del mediastino e dei due polmoni. Offre, inoltre, la possibilità di suddividere il mediastino in 4 compartimenti:   Compartimento superiore È situato al di sopra di un piano ideale che unisce l’angolo dello sterno alla IV vertebra dorsale.  Compartimento anteriore Situato  al  di  sotto  del  compartimento  superiore,  viene  delimitato,  anteriormente,  dallo  sterno;  posteriormente,  da  una  linea  passante  al  davanti  di  pericardio,  aorta  ascendente,  vasi  brachiocefalici. Contribuisce alla definizione del cdt “spazio chiaro retrosternale”.   Accoglie, nel contesto di un tessuto connettivo‐adiposo, timo o suoi residui, vasi mammari interni, linfonodi  Compartimento medio È situato al di sotto del compartimento superiore e dietro a quello anteriore. Viene delimitato, posteriormente, da un piano ideale passante dietro la trachea ed il cuore.  

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Sono in esso contenuti: il cuore con il pericardio, l’aorta ascendente e l’arco aortico, i tronchi sopra‐aortici,  le arterie e le vene polmonari, la trachea ed i bronchi principali, i nervi frenico, vago e laringeo ricorrente di sin, numerosi linfonodi.  Compartimento posteriore È situato al di sotto del compartimento superiore e dietro a quello medio. Il suo limite posteriore è costituito dai corpi vertebrali e dalle docce costo‐vertebrali. In esso  sono  contenuti:  l’aorta discendente,  l’esofago,  il dotto  toracico,  le vene azygos ed emiazygos,  le catene simpatiche e linfonodi.   L’utilità di tale classificazione risiede nel fatto che esiste uno stretto rapporto tra compartimento occupato da una massa mediastinica e sua natura.    INDAGINI STRUMENTALI DI LIVELLO SUCCESSIVO  TC del torace Rispetto  all’esame  radiografico  tradizionale  offre  innanzitutto  il  vantaggio  di  potersi  svincolare  da  una rappresentazione “di sintesi” e, cioè, dalla rappresentazione, in maniera sovrapposta su di un unico piano, delle diverse strutture anatomiche che il fascio di radiazioni ionizzanti incontra lungo il suo tragitto. Con  la  TC,  infatti,  il  distretto  anatomico  oggetto  di  studio  viene  esaminato  secondo  sezioni  di  spessore definito che, avvalendosi delle moderne apparecchiature a scansione elicoidale, sono, tra loro, continue. Ciò rende  la TC un’indagine non sintetica ma analitica, analiticità che aumenta all’aumentare del numero delle sezioni ed al ridursi del loro spessore. La TC presenta,  inoltre, rispetto all’esame radiografico tradizionale, una maggiore risoluzione, soprattutto spaziale.  Lo  studio  TC  del mediastino  va  necessariamente  eseguito  con  somministrazione  e.v.  di  un mdc  iodato idrosolubile uro‐angiografico. Il mdc, infatti, opacizzando i vasi sanguigni e le cavità cardiache, ne agevola la distinzione rispetto ad altre strutture mediastiniche, come i linfonodi.   Nella valutazione di masse mediastiniche,  la TC permette di stabilire origine, estensione e rapporti con  le strutture  circostanti  della  massa,  favorendone,  al  contempo,  la  caratterizzazione  sulla  base  dei  valori densitometrici mostrati prima e dopo somministrazione e.v. del mdc. Ciò rende possibile la distinzione tra masse cistiche, adipose, con densità dei tessuti molli ed aneurismi.  N.B.  Lo  studio  TC  del mediastino  non  può  prescindere  da  quello  del  parenchima  polmonare,  ciascuno effettuato con la rispettiva “finestra”. “Aprire una finestra” significa selezionare un intervallo di valori di attenuazione, espressi in HU, che si vuole rappresentare con le tonalità di grigio discriminabili dalla vista umana. Infatti, se l’immagine digitale dovesse rappresentare, simultaneamente, ciascuno dei 2001 valori della scala di H  con una diversa gradazione di grigio,  sarebbe povera  contrasto,  considerando  che  la vista umana è capace di distinguere solo tra 20 grigi differenti.  Per “aprire una finestra” bisogna stabilire: ‐ “Centro della finestra” = valore di attenuazione al quale si vuole che corrisponda il grigio intermedio ‐ “Ampiezza della  finestra” =  intervallo dei valori di attenuazione – al di sopra ed al di sotto del valore 

centrale – che si vuole rappresentare con le restanti tonalità di grigio discriminabili dall’occhio umano.            

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RM Trova  un’importante  applicazione  nello  studio  del mediastino  che  si  giova  della multiplanarità  e  della multiparametricità della metodica. ‐ Per multiplanarità  s’intende  la  possibilità  di  ottenere,  direttamente,  senza  bisogno  di  ricostruzione, 

immagini di qualità elevata secondo il piano dello spazio desiderato.  Ciò  permette  di  stabilire,  con  accuratezza,  l’estensione  cranio‐caudale  di  masse  mediastiniche, elemento fondamentale ai fini di una valutazione pre‐chirurgica. 

‐ Per  multiparametricità  s’intende  la  possibilità  di  acquisire  immagini  “pesate”  secondo  differenti proprietà fisiche, caratteristiche dei diversi tessuti, quali tempo di rilassamento T1 (tempo necessario al 

ripristino della magnetizzazione longitudinale, dopo l’interruzione dell’impulso di RF), tempo di rilassamento T2 (tempo necessario alla perdita della magnetizzazione trasversale, dopo l’interruzione dell’impulso di RF), densità protonica (numero di protoni risonanti per unità di volume), agendo su:   Tempo di ripetizione (TR), intervallo di tempo tra l’inizio di una sequenza e l’inizio di quella successiva.  Tempo di Echo (TE), intervallo di tempo tra l’inizio di una sequenza e la ricezione del segnale.   

La multiparametricità  consente  di  esaltare  il  contrasto  naturale  esistente  tra  strutture  anatomiche differenti, garantendone così la distinzione, senza il bisogno di ricorrere a mdc per via e.v. Ciò conferisce alla RM un’elevata risoluzione di contrasto intrinseca.  

 Relativamente allo studio del mediastino e della sua patologia, la RM viene ritenuta l’indagine d’elezione in: ‐ Pz che non possono ricevere mdc iodati  ‐ Pz con masse neurogene del mediastino posteriore, di cui precisa l’estensione nel canale vertebrale  In passato, i principali fattori limitanti l’impiego della RM per lo studio del mediastino erano rappresentati da:  ‐ Lunghi tempi di scansione  ‐ Artefatti dovuti ai movimenti cardiaci e respiratori Attualmente,  l’introduzione  di  sequenze  veloci  e  di  sistemi  per  il  controllo  degli  artefatti  –  come  la sincronizzazione  dell’emissione  degli  impulsi  di  RF  con  l’onda  R  del  tracciato  elettrocardiografico  (ECG‐gating) e con gli atti del respiro – ha notevolmente migliorato la qualità delle immagini.      Ecografia Quella  transtoracica  viene  limitata  dal  fatto  che  sterno,  coste  e  parenchima  polmonare  ostacolano  la propagazione del fascio ultrasonoro. Può pertanto identificare solo lesioni a contatto con la parete toracica ed il cuore.  Questo limite viene superato praticando l’indagine per via transesofagea, le cui applicazioni sono quelle di: ‐ Stabilire  l’estensione  loco‐regionale  di  neoplasie  dell’esofago,  dimostrandosi  superiore  alla  TC  nel 

documentare il grado di infiltrazione neoplastica delle pareti esofagee     ‐ Valutare, in pz con tumori dell’esofago, l’interessamento dei linfonodi periesofagei ‐ Guidare l’agoaspirato transparietale di linfonodi sottocarenali, al fine di confermarne il coinvolgimento 

metastatico, in pz con neoplasie polmonari ‐ Studiare la patologia aortica, anche in condizioni di urgenza, perché rapidamente eseguibile al letto del 

pz  ‐ Ricercare DIA e trombi nell’auricola dell’atrio sin         

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Tecniche mediconucleari PET‐FDG Indicazioni principali: ‐ Ricerca di metastasi a carico dei linfonodi mediastinici in pz con neoplasie polmonari maligne  

Nel  far  ciò,  è  soprattutto più  sensibile delle metodiche morfo‐strutturali poiché, basandosi  su di un criterio  funzionale  (aumento  dell’attività  metabolica)  prescinde  da  quello  dimensionale  (diametro trasverso maggiore di 10 mm) a cui esse si affidano per valutare l’interessamento linfonodale. Possono,  infatti,  risultare  metastatici  anche  linfonodi  subcentimetrici,  che  comunque  mostrano un’ipercaptazione dell’FDG. La  metodica  manca,  tuttavia,  di  una  specificità  assoluta  in  termini  neoplastici,  poiché  appaiono ipercaptanti anche linfonodi flogistici. Va detto, inoltre, che la PET dispone di un alto VPN nell’escludere la presenza di metastasi in linfonodi mediastinici non captanti l’FDG.  Ciò consente,  in pz con neoplasie polmonari e  linfonodi mediastinici PET‐negativi, anche se aumentati di  volume, di evitare  il  ricorso  ad una mediastinoscopia o  ad  altre procedure  invasive per  verificare l’assenza di coinvolgimento linfonodale.  Il VPP della metodica non è, invece, altrettanto elevato. Pertanto, in pz con neoplasie polmonari e linfonodi mediastinici PET‐positivi, NON è possibile evitare il ricorso  ad  una  mediastinoscopia  o  ad  altre  procedure  invasive  per  confermare  la  presenza  di coinvolgimento linfonodale.    

‐ Valutazione dell’interessamento di linfonodi mediastinici nel sospetto di linfomi.   

‐ Differenziazione  post‐terapeutica  tra  recidive  neoplastiche  (che  accumulano  in maniera  più  o meno marcato l’FDG) e fibrosi (nelle quali, per l’assenza di cellule, non si ha tale accumulo) 

 ‐ Valutazione della risposta di neoplasie a chemio‐ e radioterapia più precocemente di quanto consentito 

dalle metodiche morfo‐strutturali. In  caso  di  risposta,  infatti,  la  captazione  dell’FDG  diminuisce  prima  che  la  riduzione  del  volume tumorale divenga apprezzabile mediante metodiche morfo‐strutturali. 

 ‐ Definizione  di  piani  radioterapeutici,  indentificando,  nel  contesto  di massa  neoplastiche,  le  zone  a 

maggiore attività glico‐metabolica e, quindi, più cellulate (BTV).   Limiti: 1. Assenza di una specificità assoluta in termini neoplastici 2. Massima risoluzione spaziale di 7‐8 mm 3. Assenza di un correlato anatomico, che può rendere difficoltosa la corretta localizzazione delle aree di 

aumentata captazione del tracciante.  Tale  limite  può  essere  superato  integrando  le  informazioni  funzionali,  fornite  dalla  PET‐FDG,  con informazioni  anatomiche,  fornite  da  metodiche  morfostrutturali,  come  la  TC  (imaging  molecolare integrato). L’integrazione o fusione dei dati funzionali e di quelli anatomici può essere software o hardware. ‐ Si  parla  di  fusione  software  quando l’acquisizione  delle  immagini  PET  e  TC  viene  realizzata 

separatamente,  avvalendosi  di  tecniche  che  trasformano  geometricamente  uno  dei  due  studi tomografici  in modo  da  rappresentare  entrambi  in  un  unico  sistema  di  riferimento  spaziale  ed ottenere  una  corrispondenza  puntuale  delle  stesse  strutture  anatomiche  (co‐registrazione  a posteriori).  

‐ Si  parla  di  fusione  hardware  quando  la  PET‐FDG  e  la  TC  vengono  eseguite  sequenzialmente  in un’unica seduta diagnostica, con tomografo ibrido PET/TC, senza modificare la posizione del pz. Ciò consente di ottenere immagini funzionali (PET) e morfologiche (TC) direttamente co‐registrate. 

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Nel complesso, la PET‐TC, ha mostrato un’accuratezza diagnostica superiore a quella di entrambe le tecniche prese singolarmente.   N.B.  Poiché  l’irradiazione  del  pz  deve  essere mantenuta  quanto  più  bassa  possibile,  la  TC  viene generalmente  eseguita  a  basse  dosi,  risultando,  pertanto,  non  diagnostica.  Le  immagini  TC  così ottenute, infatti, hanno il solo scopo di localizzare anatomicamente le aree di accumulo dell’FDG.   N.B.  La  PET‐TC  viene  condotta  sincronizzando  l’acquisizione  delle  immagini  agli  atti  del  respiro (gating respiratorio) per evitare artefatti da movimento  

   Scintigrafia con 67Ga‐citrato Utilizzata soprattutto per lo studio di linfomi e sarcoidosi.    

                                  

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Masse mediastiniche superiori  Più frequentemente consistono in:  

Gozzi retro‐sternali 

Processi espansivi, come adenomi, originanti da paratiroidi ectopiche 

Linfoadenomegalie (dovute a metastasi per via linfatica, linfomi, sarcoidosi, tubercolosi)  Le masse mediastiniche  superiori  possono  essere  asintomatiche  e  di  riscontro  occasionale  ad  indagini radiologiche del torace oppure manifestarsi con: 

Disfonia o afonia, per interessamento di uno o di entrambi i nervi laringei ricorrenti.  

Dispnea inspiratoria, per ostruzione ab estrinseco del segmento toracico superiore della trachea.   L’esame  radiografico  standard  del  torace,  praticato  per  altri  motivi  o  per  la  comparsa  di  una sintomatologia suggestiva, evidenzia uno slargamento del mediastino superiore da parte di una massa che comprime e disloca contro‐lateralmente la trachea di cui, tuttavia, non consente la caratterizzazione.   Come indagini strumentali di II livello, ci si avvale di:  TC con mdc del torace, estendendo la scansione anche al collo Permette di  riconoscere  l’origine della massa,  informazione utile ai  fini della diagnosi di natura, che può essere orientata anche dalla valutazione della densità basale e del c.e. della lesione. Ad esempio, un gozzo endotoracico, si manifesta come una massa in continuità con la ghiandola toroide che mostra, alla  scansione diretta, un  alto  valore densitometrico, per  la presenza nel  suo  contesto di  iodio,  ed  alla  scansione contrastografica, un c.e. intenso ma, spesso, disomogeneo. 

 La TC, inoltre, consente di stabilire estensione e rapporti della lesione con le strutture anatomiche adiacenti (trachea, esofago e vasi).   Una  scintigrafia  tiroidea  con  traccianti  iodomimetici  è  capace  di  confermare  la  diagnosi  gozzo  retro‐sternale, nelle forme captanti. La captazione è, in genere, disomogenea trattandosi, nella maggior parte dei casi, di un GMNT.   Una scintigrafia o, meglio, una SPECT con 99Tc‐sestamibi ed acquisizione delle immagini in fase precoce e tardiva è indicata nel sospetto di un processo espansivo di paratiroidi ectopiche, difficilmente distinguibili, mediante TC, da strutture linfonodali. Qualora la massa sia costituita da un processo espansivo di paratiroidi ectopiche, in fase precoce, si osserva la concentrazione del radiofarmaco al  livello della tiroide e della massa. In fase tardiva,  invece,  il tracciate viene dismesso dalla tiroide mentre persiste all’interno della massa. Una maggiore accuratezza diagnostica si ottiene  integrando  le  informazioni  funzionali  fornite dalla SPECT con quelle anatomiche fornite da una TC (imaging molecolare integrato). L’integrazione o fusione dei dati funzionali e di quello anatomici può essere software o hardware. La  fusione  software  avviene  mediante  specifici  programmi  che  garantiscono  una  co‐registrazione  a posteriori delle immagini SPECT e TC, acquisite separatamente. La  fusione hardware avviene,  invece, mediante  l’impiego di tomografi  ibridi SPECT/TC che consentono di eseguire sequenzialmente,  in un’unica seduta diagnostica,  la SPECT e  la TC, senza modificare  la posizione del pz. Si ottengono così immagini funzionali ed anatomiche direttamente co‐registrate. Ciò permette di  localizzare  in maniere precisa  le aree di  ipercaptazione del  radiofarmaco,  compensando l’assenza di un correlato anatomico che costituisce un importante limite della SPECT.      

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Masse mediastiniche anteriori  Generalmente consistono in:  1. Timomi ed altri processi espansivi del timo, tra cui iperplasia e carcinomi 2. Linfoadenomegalie (dovute a metastasi per via linfatica, linfomi, sarcoidosi, tubercolosi) 3. Disgerminomi 

Benigni, come cisti dermoidi e teratomi maturi  

Maligni, come seminomi, teratomi maligni, corioncarcinomi e carcinomi embrionali 4. Tumori a partenza da paratiroidi ectopiche 5. Aneurisma dell’aorta ascendente 6. Ernie diaframmatiche congenite anteriori di Morgagni‐Larrey  

 Le masse mediastiniche  anteriori  possono  essere  asintomatiche  e  di  riscontro  occasionale  ad  indagini radiologiche del torace effettuate per altri motivi. Tuttavia, fino al 30‐50% dei pazienti con timoma presenta una miastenia grave.  L’esame radiografico standard del torace, praticato  in prima  istanza, consente di  individuare  la massa di cui dimostra, nella proiezione LL sin, il compartimento mediastinico di appartenenza.  In particolare, le masse del mediastino anteriore vanno ad occupare il cdt spazio chiaro retro‐sternale.  Non è tuttavia molto utile per caratterizzare la lesione.  Comunque, 

una massa che, sul radiogramma del torace in proiezione LL sin, resti separata dallo sterno per mezzo di un solco radio‐trasparente, orienta  verso un timoma 

il reperto di erosioni sternali è, invece, di più comune riscontro nel caso di  linfomi di Hodgkin 

la presenza, nella massa, di abbozzi dentari ed ossei è indicativa di disgerminoma 

una massa che si dimostri non dissociabile dall’aorta in nessuna proiezione e che risulti ben delimitata rispetto al parenchima polmonare circostante, per la presenza di un orletto calcifico, è suggestiva di  aneurisma aortico  

un’opacità  rotondeggiante dell’angolo cardiofrenico,  in particolare di quello destro, soprattutto se a contenuto gassoso simil‐cistico, orienta verso un’ernia anteriore di Morgagni‐Larrey  

  In seconda istanza, ci si avvale di: TC con mdc del torace Permette di stabilire origine, estensione e rapporti con le strutture circostanti della massa favorendone, al contempo, la caratterizzazione sulla base dei valori densitometrici mostrati prima e dopo somministrazione e.v. del mdc.  Ciò rende possibile la distinzione tra masse cistiche, adipose, con densità dei tessuti molli ed aneurismi.  Ad esempio,  un  timoma si presenta come una  formazione solida, con c.e. moderato ed omogeneo, ben separata dalle strutture circostanti. Un carcinoma timico,  invece, mostra un c.e. disomogeneo, per presenza  in esso di aree necrotiche, e spesso  infiltra pleura, pericardio e strutture vascolari adiacenti. I linfomi di Hodgkin generalmente si manifestano come tumefazioni linfonodali multiple, rotondeggianti e confluenti, che mancano di un significativo c.e. e che appaiono ben differenziabili dalle strutture vascolari vicine, opacizzate dal mdc. I disgerminomi presentano una densità variabile  in rapporto ai  tessuti che  li costituiscono, ma con prevalenza della componente adiposa. 

  La natura di masse solide comunque deve essere sempre confermata da procedure invasive.   Nel caso di linfomi, è indicato l’impiego, a scopo stadiativo, di una PET‐TC 

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Masse mediastiniche medie  Generalmente consistono in: 

Linfoadenomegalie (dovute a metastasi per via linfatica, linfomi, sarcoidosi, tubercolosi) 

Cisti bronchiali 

Cisti pericardicche 

Aneurismi dell’arco aortico 

Carcinomi polmonari centrale a sviluppo peri‐bronchiale   Le  masse  mediastiniche  medie  possono  essere  asintomatiche  e  di  riscontro  occasionale  ad  indagini radiologiche del torace effettuate per altri motivi oppure manifestarsi con segni e sintomi di compressione di altre strutture del mediastino.    L’esame radiografico standard del torace, praticato  in prima  istanza, consente di  individuare  la massa di cui dimostra, nella proiezione LL sin, il compartimento mediastinico di appartenenza.  Non è tuttavia molto utile per caratterizzare la lesione.  Comunque, 

suggestiva  di  cisti  bronchiale,  è  un’opacità  rotondeggiante,  con  margini  netti  e  regolari,  in  genere  posta inferiormente alla carena tracheale. Se comunica con l’albero bronchiale, al suo interno è possibile apprezzare un livello idro‐aereo 

indicativa di cisti pericardica, è un’opacità rotondeggiante, con margini netti e regolari, dell’angolo cardio‐frenico, non dissociabile dal profilo cardiaco in nessuna proiezione 

sospetta di aneurisma aortico, è una massa non dissociabile dall’aorta  in nessuna proiezione e che  risulta ben delimitata rispetto al parenchima polmonare circostante, per la presenza di un orletto calcifico     

  In seconda istanza, ci si avvale di: TC con mdc del torace Permette di stabilire origine, estensione e rapporti con le strutture circostanti della massa, favorendone, al contempo, la caratterizzazione sulla base dei valori densitometrici mostrati prima e dopo somministrazione e.v. del mdc.  Ciò rende possibile la distinzione tra masse cistiche, adipose, con densità dei tessuti molli ed aneurismi.   La natura di masse solide, comunque, deve essere sempre confermata da procedure invasive.    

Masse mediastiniche posteriori  Possono consistere in: 1. Tumori neurogeni, che costituiscono la maggior parte delle lesioni espansive del mediastino posteriore. 

Vengono suddivisi in due gruppi a seconda della loro derivazione: dai gangli simpatici o dai nervi periferici.  I tumori ad origine dalle cellule gangliari si manifestano solitamente nei bambini e nei giovani adulti, includendo forme con diverso grado di malignità: ‐ Neuroblastoma  (maligno),  di  cui  quella  mediastinica  rappresenta  la  più  comune  localizzazione 

extraddominale ‐ Ganglioneuroblastoma (a malignità intermedia) ‐ Ganglioneuroma (benigno) Le  neoplasie  ad  origine  dalle  guaine  dei  nervi  periferici  prevalgono  in  età  adulta  e  sono  rappresentati  da neurinomi e neurofibromi. I neurinomi ed i neurofibromi, di natura benigna, si possono riscontrare in corso di neurofibromatosi, costituendo i  tumori neurogeni mediastinici più comuni. 

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2. Lesioni traumatiche, infettive o neoplastiche delle vertebre toraciche  3. Patologie delle esofago (come neoplasie, diverticoli e cisti da duplicazione) 4. Ernie iatali 5. Ernie diaframmatiche congenite, postero‐laterali di Bochdalek  6. Linfomi 7. Aneurismi del tratto discendente dell’aorta toracica 8. Tessuto emopoietico extramidollare, in pz talassemici    Le masse mediastiniche posteriori sono generalmente asintomatiche e di riscontro occasionale ad indagini radiografiche del torace effettuate per altri motivi.   L’esame radiografico standard del torace, praticato  in prima  istanza, consente di  individuare  la massa di cui dimostra, nella proiezione LL sin, il compartimento mediastinico di appartenenza.  Non è tuttavia molto utile per caratterizzare la lesione.   Comunque, 

suggestive di  tumore neurogeno,  sono  calcificazioni  intralesionali, erosioni ossee,  costali e dei  corpi  vertebrali, slargamento del forame di coniugazione 

sospetta per ernia iatale è l’evidenza di un livello idro‐aereo a sede sopradiaframmatica parasternale  

indicativa  di  ernia  postero‐laterale  di  Bochdaleck,  è  un  contenuto  gassoso  simil‐cistico  della massa,  di  solito localizzato a sin 

depone per tessuto emopoietico extramidollare, un rigonfiamento fusiforme dell’estremità anteriore e posteriore delle coste 

  Come indagine strumentale di II livello ci si avvale  ‐ nel sospetto di una patologia dell’esofago, di un esame radiografico a doppio contrasto delle prime vie 

digestive ‐ negli altri casi, di una TC con mdc o di una RM del torace  Una RM  viene preferita qualora  si  ipotizzi  l’esistenza di un  tumore neurogeno poiché,  in  virtù della  sua multiplanarità  e  della  sua  elevata  risoluzione  di  contrasto  intrinseca,  costituisce  l’indagine migliore  per valutarne  l’estensione  del  tumore  nel  canale  vertebrale,  informazione  fondamentale  ai  fini  della pianificazione chirurgica. Lo  sviluppo  di  un  eventuale  tumore  neurogeno,  da  una  doccia  paravertebrale,  attraverso  un  forame  di coniugazione, nello spazio rachideo fa sì che esso assuma un caratteristico aspetto “a clessidra”.    

Enfisema mediastinico Per enfisema mediastinico s’intende la presenza di aria nel mediastino. Nel mediastino, l’aria può penetrare per: 

Rottura di esofago, trachea, grosso bronco, bolla polmonare  

Diffusione dallo spazio retrofaringeo o retroperitoneale 

Traumi aperti del torace   

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All’esame radiografico standard del torace, l’enfisema mediastinico si manifesta sotto forma di sottili strie radiotrasparenti,  meglio  riconoscibili  in  proiezione  LL,  che  dissecano  il  mediastino  e  che  spesso  si prolungano nel collo. La  presenza  di  aria  nel mediastino,  inoltre,  può  rendere  apprezzabile  la  pleura mediastinica  come  una sottile  stria  radiopaca  compresa  tra  la  radiotrasparenza  del  parenchima  polmonare  e  quella  dello pneumomediastino.   Una TC del torace consente di individuare piccole raccolte gassose mediastiniche non riconoscibili all’esame radiografico diretto. Può inoltre orientare la diagnosi eziologica rivelando: 

soluzioni di continuo di trachea e grossi bronchi 

bolle polmonari a ridosso della pleura mediastinica   Un  transito  esofageo  con  mdc  idrosolubile  è  indicato  per  dimostrare  una  perforazione  dell’esofago, denunciata dal passaggio transmurale in mediastino del mdc.  N.B.  si  ricorre  ad  un  mdc  idrosolubile  perché  il  bario  non  può  essere  rimosso  dal  mediastino  dove causerebbe flogosi. 

   Mediastinite acuta Può verificarsi per: 

Rottura dell’esofago 

Estensione al mediastino di un processo flogistico del collo (ascesso oro‐faringeo).   Nel  sospetto di una mediastinite  acuta,  l’indagine  strumentale  di  I  livello  è  rappresentata da un  esame radiografico standard del torace.  In caso di mediastinite acuta, il mediastino appare slargato e con margini mal definiti.  Nel  suo  contesto  è  possibile  osservare  la  presenza  di  aria  qualora  la  mediastinite  consegua  ad  una perforazione dell’esofago. L’ascessualizzazione del processo flogistico determina la comparsa di un livello idro‐aereo in ortostatismo.   In seconda istanza, ci si avvale di: TC del torace con mdc  Inizialmente evidenzia l’aumento di densità del tessuto adiposo mediastinico, seguito dallo sviluppo di una raccolta  ascessuale.  L’ascesso  appare  come  una massa  ipodensa,  con margini  irregolari  ed  ispessiti  che vanno incontro ad un intenso c.e. dopo somministrazione e.v. del mdc.  Il riscontro di gas all’interno della lesione risulta patognomonico di ascesso. L’indagine risulta inoltre fondamentale per stabilire l’estensione della flogosi acuta mediastinica.      Transito esofageo con mdc idrosolubile  È indicato per dimostrare la perforazione dell’esofago, denunciata dal passaggio transmurale in mediastino del mdc.  N.B.  si  ricorre  ad  un  mdc  idrosolubile  perché  il  bario  non  può  essere  rimosso  dal  mediastino  dove aggraverebbe la flogosi.         

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Diaframma    Anatomia Il diaframma è una lamina muscolo‐tendinea che separa la cavità toracica da quella addominale È formato da una robusta aponevrosi centrale a forma di trifoglio  (centro  frenico)  dalla  quale  si  dipartono  tre gruppi  di  robusti  fasci  muscolari:  sternali,  costali  e lombari. Tra i due fasci sternali è compresa la fessura di Larrey (3) Tra i fasci sternali e quelli costali sono comprese le fessure di Morgagni (2) Tra i fasci costali e quelli lombari è compresa la fessura di Bochdalek (10) A  livello  di  queste  fessure  pleura  e  peritoneo  sono separati da scarso tessuto celluloadiposo.  Tali  fessure  costituiscono  aree  di  minore  resistenza attraverso  cui  possono  realizzarsi  delle  ernie diaframmatiche non iatali. Gli orifizi fisiologici del diaframma sono: 

Hiatus aortico 

Hiatus della vena cava inferiore 

Hiatus esofageo, attraverso cui si fanno strada il 95% delle ernie diaframmatiche. Il diaframma è un muscolo essenzialmente inspiratorio    

Ernie diaframmatiche Generalità Condizioni  patologiche  caratterizzate  dalla  dislocazione  di  visceri  addominali  nella  cavità  toracica, attraverso il diaframma  Secondo un criterio topografico, le ernie diaframmatiche vengono classificate come:  

Iatali 

Non iatali  

Nelle ernie iatali, la porta erniaria è costituita dallo iato esofageo del diaframma  Nelle  ernie  non  iatali,  la  porta  erniaria  è  costituita  da  soluzioni  di  continuo  del  diaframma  dovute  ad anomalie di sviluppo oppure a traumi.   Secondo un criterio etiopatogenetico, le ernie diaframmatiche si distinguono in: 

Congenite 

Acquisite  

Le ernie diaframmatiche congenite dipendono da anomalie di sviluppo del diaframma.  Possono essere: 

Embrionali  

Fetali 

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Le ernie embrionali sono ernie “senza  sacco”, poiché si  realizzano entro  l’8a settimana, quando  la cavità pleurica e quella peritoneale risultano ancora in comunicazione.  Le ernie fetali sono ernie “con sacco”, poiché si realizzano dopo l’8a settimana, quando la cavità toracica e quella addominale risultano ormai delimitate dalle rispettive sierose. I visceri erniati presentano, pertanto, il duplice rivestimento della sierosa pleurica e di quella peritoneale.   Le ernie diaframmatiche acquisite riconoscono come cause: 

Traumi 

Condizioni che riducono la capacità di contenimento degli orifizi normalmente presenti nel diaframma, come un incremento della pressione endoaddominale.  

   

Ernie diaframmatiche congenite  

Ernie postero‐laterali di Bochdaleck 

Ernie anteriori di Morgagni‐Larrey  Ernie postero‐laterali di Bochdaleck Sono dovute ad un arresto di sviluppo degli abbozzi postero‐laterali del diaframma, che si verifica durante il periodo  embrionale,  determinando  la  persistenza  del  forame  pleuroperitoneale,  costituente  la  porta erniaria.  Le ernie postero‐laterali di Bochdaleck sono pertanto sprovviste di “sacco” e, cioè, del duplice rivestimento di sierosa pleurica e peritoneale.  Si dimostrano più frequenti a sin poiché a dx, la presenza del fegato, può prevenire l’erniazione o facilitare la chiusura del canale pleuroperitoneale. Se la porta erniaria è ristretta, sarà solo il grasso subfrenico retroperitoneale ad erniare.  Se  la porta erniaria è di dimensioni maggiori,  invece,  i visceri che potranno erniare sono, a sin,  l’intestino, nel  tratto  compreso  tra  il  duodeno  ed  il  sigma,  meno  frequentemente,  lo  stomaco  e  la  milza, eccezionalmente, il rene.   Le manifestazioni cliniche sono principalmente correlate alla compressione che  i visceri erniati esercitano sul polmone e sulle strutture mediastiniche; talvolta, a complicanze intestinali. In  genere,  l’esordio  clinico  avviene  immediatamente  o  poche  h  dopo  la  nascita  con  dispnea  e  cianosi, aggravate dal pianto e dall’alimentazione. La comparsa si vomito è indicativa di complicanze a carico dell’intestino erniato.  Esame radiografico standard del torace Può evidenziare: 

Immagini multiple di aspetto similcistico nell’ambito di un emitorace, generalmente il sin, prodotte da anse intestinali erniate  

Spostamento del mediastino verso il lato opposto  L’acquisizione di radiogrammi dell’addome dimostra una carenza di gas addominale  Come indagine strumentale di II livello ci si avvale di una TC. Tale  indagine  rivela,  in  corrispondenza  di  uno  dei  seni  costo‐frenici  posteriori,  generalmente  il  sin,  una lacuna  completa dell’emidiaframma, da persistenza del  forame pleuro‐peritoneale,  attraverso  cui  vanno incontro ad erniazione toracica tessuto adiposo e talora anche visceri addominali.  L’impiego del mdc è indicato per dimostrare l’eventuale sofferenza vascolare dell’intestino erniato. 

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Materiale di Diagnostica per Immagini elaborato da Luigi Aronne  

Ernie anteriori di Morgagni‐Larrey  Sono dovute ad anomalie di sviluppo o di fusione degli abbozzi anteriori del diaframma, che comportano la persistenza di una lacuna tra i fasci sternali e costali del muscolo. Poiché si realizzano durante il periodo fetale sono generalmente provviste di “sacco”.   Si osservano a destra nel 90% dei casi, per l’ostacolo offerto, a sinistra, dal sacco pericardico. Inizialmente,  si  insinua  soltanto  il  grasso  pre‐peritoneale,  seguito  dal  peritoneo  e,  quindi,  da  grande omento e colon trasverso.  All’esame  radiografico  standard  del  torace  le  ernie  anteriori  di Morgagni‐Larrey,  si  presentano  come un’opacità  rotondeggiante  che  occupa  l’angolo  cardiofrenico  dx,  cancellando  la  marginale  cardiaca omolaterale. Ciò pone un problema di DD con una cisti pericardica. Se ed erniare sono tratti di intestino, la lesione presenta un contenuto gassoso simil‐cistico.  La diagnosi può essere confermata da una TC o da un clisma del colon    

Ernie traumatiche del diaframma Nelle ernie traumatiche del diaframma la porta erniaria consiste in soluzioni di continuo prodotte da traumi aperti o chiusi di torace ed addome.  La rottura traumatica del diaframma, in circa la metà dei casi, si verifica laddove esso risulta più anelastico: centro tendineo.  Altre sedi di rottura traumatica del diaframma, in ordine di frequenza decrescente, sono:  

Giunzione muscolo‐tendinea 

Compagine muscolare  Nella maggior parte dei  casi,  inoltre, ad essere  coinvolto, è  l’emidiaframma  sin, mancando, da  tale  lato, l’effetto protettivo del fegato.  Inizialmente, ad erniare, è solo l’omento seguito, se la lacerazione è ampia, anche da stomaco e colon.   L’esame radiografico del torace è poco sensibile nell’individuare ernie traumatiche del diaframma.  La sensibilità dell’indagine viene infatti limitata da: 

Posizione supina del pz 

Concomitanti presenza di alterazioni confondenti 

Positività tardiva   Ernie traumatiche del diaframma vanno pertanto ricercate,  in prima  istanza, mediante una TC del torace, che consente di apprezzare: 

Interruzione del profilo diaframmatico 

Erniazione toracica di visceri addominali 

“Segno  del  collare”,  prodotto  dai margini  della  lacerazione  diaframmatica  che  circondano  il  viscere erniato 

 La TC,  tuttavia, non permette di visualizzare  in maniera ottimale  il  centro  frenico,  la giunzione muscolo‐aponevrotica ed i fasci di inserzione, per la più bassa risoluzione di contrasto rispetto alla RM.   

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La RM è infatti l’indagine migliore per lo studio del diaframma, grazie a:  

Multiplanarità  Possibilità, cioè, di ottenere, direttamente e senza bisogno di ricostruzione, immagini secondo il piano dello spazio desiderato.  

Multiparametricità  Possibilità, cioè, di manipolare il contrasto dell’immagine, agendo sui parametri della sequenza [tempo di ripetizione (TR) e tempo di echo (TE)] ottenendo, così, a propria discrezione,  immagini pesate  in T1 (dove il segnale dipende esclusivamente dal tempo di rilassamento T1 dei tessuti), in T2 (dove il segnale dipende esclusivamente dal tempo di rilassamento T2 dei tessuti), in densità protonica (dove il segnale dipende dal numero di protoni risonanti per unità di volume). In particolare,  ‐ impostando  un  TR  breve  ed  un  TE  breve,  si  ottengono  immagini  T1‐pesate,  nelle  quali  l’elemento  con  il 

segnale più alto sarà il tessuto adiposo, mentre quello con il segnale più basso sarà l’acqua. ‐ impostando  un  TR  lungo  ed  un  TE  lungo,  si  ottengono  immagini  T2‐pesate,  nelle  quali  l’elemento  con  il 

segnale più alto sarà rappresentato dall’acqua e, in generale, dai fluidi stazionari. ‐ impostando TR lungo ed un TE breve, si ottengono immagini pesate in densità protonica 

Ciò conferisce alla metodica un’elevata risoluzione di contrasto intrinseca.  Lo  studio  del  diaframma  va  effettuato  mediante  immagini  T1‐pesate,  che  ne  favoriscono  la visualizzazione per il contrasto con il grasso mediastinico e viscerale, iperintenso.  

  La RM non è  comunque  indicata nell’immediato post‐trauma poiché  il pz potrebbe avere  corpi estranei metallici suscettibili di spostamento quando sottoposti a campi magnetici  

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