Pleura diaframma e mediastino - sunhope.it · N.B. se l’esame radiografico standard del torace si...
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Materiale di Diagnostica per Immagini elaborato da Luigi Aronne
Pleura
Sui radiogrammi del torace, la pleura è direttamente visibile, come una sottile linea radiopaca, solo in corrispondenza delle scissure poiché, a questo livello, presenta una doppia interfaccia con l’aria alveolare di due lobi adiacenti affrontati. Si distinguono:
Grande scissura o scissura obliqua
Piccola scissura o scissura orizzontale
La grande scissura può essere osservata esclusivamente in proiezione LL. Origina all’altezza della V vertebra toracica e si dirige obliquamente verso il basso ed in avanti, terminando sul diaframma. Separa il lobo superiore e, a dx, il lobo medio da quello inferiore
La piccola scissura è apprezzabile sia in proiezione PA che LL Si dispone su di un piano pressoché orizzontale a livello del segmento anteriore della IV costa Separa, a dx, il lobo superiore dal lobo medio
N.B. Le scissure non sempre sono riconoscibili sui radiogrammi del torace e spesso lo sono solo parzialmente per la loro usuale incompletezza.
L’ecografia consente, mediante scansioni trasversali, di visualizzare la pleura solo in sede marginocostale, come una linea iperecogena situata internamente alle coste e ritmicamente interrotta dalle loro ombre acustiche. A livello diaframmatico, la pleura non è distinguibile dal muscolo con cui forma una stria iperecogena.
La TC, quando eseguita con tecnica ad alta risoluzione, permette di: 1. Visualizzare le scissure, come sottili linee dense2. Ottenere una valida rappresentazione dell’interfaccia polmone/parete toracica.
Tale interfaccia, a livello degli spazi intercostali, assume l’aspetto di una linea, con la densità dei tessuti molli,costituita da:
Pleura viscerale e parietale accollate
Spazio pleurico
Fascia endotoracica
Muscolo intercostale interno, che ne rappresenta la componente di maggior spessore.Per questo motivo, a livello delle docce costovertebrali e del mediastino – dove il muscolo intercostaleinterno è assente – non è riconoscibile, in condizioni fisiologiche, alcuna linea.
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Versamento pleurico Consiste in un aumento del fluido presente nello spazio pleurico, normalmente pari a 10‐15 ml. Si distinguono: 1. Versamenti di tipo trasudatizio, il cui contenuto proteico è < 3 g/dL, che possono verificarsi per:
‐ Aumento delle pressione idrostatica, da insufficienza cardiaca ‐ Diminuzione della pressione colloido‐osmotica, da ipoalbuminemia
2. Versamenti di tipo essudatizio, il cui contenuto proteico è > 3 g/dL, che si realizzano per un incremento della permeabilità capillare, da processi infettivi, tumori primitivi e secondari della pleura, connettiviti, pancreatiti
3. Versamenti chilosi, da rottura del dotto toracico, ostruzione venosa centrale 4. Versamenti ematici, da traumi, tumori pleurici e polmonari, coagulopatie, patologie vascolari Nel cavo pleurico, la disposizione del versamento viene influenzata da due fattori: ‐ Forza di gravità, che tende a dislocarlo verso le basi polmonari ‐ Retrazione elastica del polmone, che ne agevola l’ubicazione laddove è maggiore la capacità di
retrazione polmonare In virtù di tali forze, il versamento pleurico va ad occupare – man mano che aumenta di volume – prima il seno costo‐frenico posteriore; poi, quello laterale; infine, quello anteriore. L’indagine strumentale di I livello, nel sospetto di un versamento pleurico, è rappresentata da un esame radiografico standard del torace In ortostatismo, la minima quantità di liquido pleurico che può essere documentata dall’esame radiografico del torace è di 200‐300 ml. Tale quantità è più precocemente riconoscibile sul radiogramma del torace assunto in proiezione LLsin poiché permette di visualizzare il seno costo‐frenico posteriore, per primo occupato dal versamento che ne induce obliterazione (opacamento). Con l’aumentare della quantità di liquido pleurico, l’obliterazione interessa anche il seno costo‐frenico laterale, apprezzabile sul radiogramma del torace assunto in proiezione PA. Quando il versamento pleurico raggiunge il volume di circa 1 L, il radiogrammi del torace assunto in proiezione PA può inoltre dimostrare un’opacità basale, omogenea che, partendo dal seno costo‐frenico omolaterale, si porta verso l’alto secondo una linea concava, la cui estremità laterale è più alta di quella mediale (cdt “menisco pleurico”). La limitante risulta più bassa medialmente dato che la superficie mediastinica del polmone è meno elastica di quella toracica.
Qualora il versamento pleurico divenga massivo (2 o più L), sui radiogrammi del torace in proiezione PA, si osservano: 1. Emitorace totalmente opacato, fatta eccezione per la regione apicale 2. Atelettasia da compressione del polmone omolaterale 3. Spostamento controlaterale del mediastino 4. Abbassamento dell’emidiaframma omolaterale N.B. se l’esame radiografico standard del torace si dimostri negativo, ma persista il sospetto di versamento pleurico, è possibile avvalersi di particolari accorgimenti tecnici, quali decubito omolaterale del pz e proiezione radiografica frontale, con tubo radiogeno orizzontale, che consentono di individuare quantità molto piccole di liquido pleurico, anche < 200 ml. N.B. a pz supino, il versamento pleurico si raccoglie posteriormente ed il suo riscontro radiografico in proiezione frontale risulta meno agevole.
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Presentazioni atipiche del versamento pleurico Si osservano in caso di: Versamento sottopolmonare, che simula un innalzamento dell’emidiaframma. In questi casi, la diagnosi è resa possibile dall’acquisizione di un radiogramma frontale del torace, a pz in decubito omolaterale o da un’ecografia. Versamento saccato È una frequente modalità di organizzazione dell’empiema pleurico. Si manifesta come un’opacità omogenea, ovalare o lenticolare, con base sulla margino‐costale e cupola convessa rivolta verso il parenchima, che risulta compresso. L’opacità presenta contorni regolari ed angoli di raccordo con la parete toracica ottusi. La distinzione rispetto ad un ascesso polmonare periferico è resa possibile da fatto che quest ultimo mostra:
Forma rotondeggiante
Angoli di raccordo con la parete toracica acuti.
Livello idro‐aereo, in ortostatismo Versamento intrascissurale Consiste in un versamento saccato, con morfologia caratteristicamente biconvessa (“a palla”) ed estremità rastremate che si prolungano impercettibilmente nel contesto di una scissura. Spesso consegue ad episodi di scompenso cardiaco e a tende a regredire spontaneamente e rapidamente con il risolversi della patologia di base (“tumore evanescente”). Ecografia Può evidenziare raccolte anche molto piccole di liquido pleurico, non visibili all’esame radiografico diretto e fornire una guida per il loro drenaggio. Il versamento pleurico appare caratteristicamente anecogeno e può costituire una finestra acustica utile per lo studio delle strutture sottostanti. La dimostrazione di echi diffusi o strutturati, sotto forma di strie iperecogene, fluttuanti nel contesto del liquido anecogeno, è suggestiva della natura essudatizia del versamento. TC con mdc Costituisce un’indagine strumentale di II livello, superiore all’esame radiografico standard del torace, 1. nel documentare patologie della pleura, nonostante la presenza di versamento che, sui radiogrammi
del torace, impedisce la visualizzazione di eventuali ispessimenti pleurici. 2. nel dimostrare versamenti pleurici saccati e nel distinguerli da ascessi polmonari periferici 3. nell’individuare piccole lesioni polmonari e tumefazioni linfonodali mediastiniche
Sulle immagini TC, il versamento pleurico libero si dispone, per motivi gravitazionali, secondo una tipica configurazione “a menisco posteriore” (la cui concavità è cioè rivolta anteriormente). La valutazione densitometrica fornisce informazioni utili sulla natura del versamento. Ad esempio, l’emotorace ha un valore di attenuazione maggiore di quello di un trasudato; il chilotorace, minore. Non è invece possibile differenziare, su tale base, versamenti pleurici neoplastici da quelli di altra natura.
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Empiema pleurico Consiste in una raccolta di essudato purulento all’interno del cavo pleurico Modalità attraverso cui un empiema pleurico può svilupparsi: 1. Diffusione per contiguità di un focolaio infettivo del parenchima polmonare periferico (ascesso
polmonare), della parete toracica (osteomielite), della regione sotto‐diaframmatica (ascesso epatico e subfrenico)
2. Disseminazione ematogena di un focolaio infettivo distante 3. Suppurazione in corso di PNX aperto o consecutiva a toracentesi non eseguita in condizioni di sterilità 4. Suppurazione a seguito di interventi di chirurgia toracica Si riconoscono tre stadi di formazione dell’empiema pleurico: 1. Stadio essudativo, suscettibile di terapia antibiotica 2. Stadio fibrino‐essudativo, suscettibile di drenaggio percutaneo 3. Stadio fibrinoso, suscettibile di terapia chirurgica All’esame radiografico standard del torace, l’empiema pleurico generalmente si presenta come un versamento saccato, per la formazione di aderenze che intrappolano l’essudato purulento. Viene pertanto osservata un’opacità omogenea, ovale o lenticolare, con base sulla margino‐costale e cupola convessa rivolta verso il parenchima, che risulta compresso. L’opacità mostra margini regolari ed angoli di raccordo con la parete toracica ottusi. La distinzione rispetto ad un ascesso polmonare periferico è resa possibile da fatto che quest ultimo mostra:
Forma rotondeggiante
Angoli di raccordo con la parete toracica acuti.
Livello idro‐aereo, in ortostatismo Una TC del torace è più accurata dell’esame radiografico diretto nell’individuare un versamento pleurico saccato e nel distinguerlo da un ascesso polmonare periferico.
Fistola bronco‐pleurica Cause: 1. Deiscenza del moncone bronchiale dopo intervento di lobectomia o pneumonectomia 2. Infezione polmonare necrotizzante 3. Carcinoma polmonare con invasione pleurica Una fistola bronco‐pleurica deve essere sospettata in caso di:
Pneumotorace irriducibile con il drenaggio
Fuoriuscita ingente di aria da un drenaggio pleurico post‐chirurgico Esame radiografico standard del torace Evidenzia: Raccolta intrapleurica di aria e liquido che, in ortostatismo, si stratificano secondo la loro densità producendo un livello idro‐aereo. Il livello idro‐aereo della fistola bronco‐pleurica differisce da quello di un ascesso polmonare perché presenta uguali dimensioni nelle due proiezioni ortogonali, PA e LL.
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TC È più accurata nel distinguere una fistola bronco‐pleurica da un ascesso polmonare periferico. Occasionalmente può evidenziare il tragitto fistoloso. La comunicazione bronchiale è dimostrabile iniettando mdc, attraverso il tubo di drenaggio, nel cavo pleurico, realizzando così un senogramma.
Pneumotorace Per pneumotorace s’intende il passaggio di aria nel cavo pleurico. Il conseguente annullamento della pressione negativa endopleurica determina il collasso più o meno totale del polmone omolaterale. Sotto il profilo etiologico, si distinguono:
PNX spontaneo
Primitivo Predilige giovani di sesso maschile, alti e magri, apparentemente sani Spesso consegue alla lacerazione di vescicole sottopleuriche (blebs), non dimostrabili
radiologicamente
Secondario Predilige anziani di sesso maschile Si verifica in pz già affetti da malattie polmonari di vario tipo
Possibili cause sono: Rottura nello spazio pleurico di bolle di enfisema, cisti da echinococco, pneumatoceli
secondari a broncopolmoniti stafilococciche, cisti aeree da istiocitosi X Fistola bronco‐pleurica
PNX traumatico È dovuto a traumi penetranti del torace o a fratture costali. Spesso si accompagna a versamento pleurico di tipo ematico. Può anche insorgere come complicanza della ventilazione meccanica (barotrauma)
PNX iatrogeno Può verificarsi in occasione di toracentesi o di biopsie percutanee e transbronchiali.
Sotto il profilo fisiopatologico, il PNX può essere:
Aperto Il PNX è aperto, se l’aria entra nel cavo pleurico durante l’inspirazione e ne fuoriesce durante l’espirazione.
Chiuso Il PNX è chiuso, se non vi è passaggio di aria tra cavo pleurico ed esterno, per occlusione della breccia.
A valvola Il PNX è a valvola, se l’aria entra nel cavo pleurico in inspirazione ma non ne fuoriesce in espirazione. Ciò determina un progressivo aumento di pressione nel cavo pleurico (PNX ipertensivo), con compressione e spostamento controlaterale del mediastino.
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Indagine di I livello nel sospetto di un PNX: esame radiografico standard del torace. Può rivelare un’area di ipertrasparenza, priva del disegno vascolare, separata dal polmone – più o meno collassato – per mezzo di una sottile linea radiopaca, corrispondente alla pleura viscerale (linea pleurica). Nei casi di PNX ipertensivo, si osservano inoltre:
Polmone ridotto alle dimensioni di un pugno e completamente addossato al mediastino, che appare dislocato verso il lato opposto
Diaframma abbassato ed appiattito
Spazi intercostali slargati Il riconoscimento di piccole falde di PNX è favorito dall’assunzione di radiogrammi in fase espiratoria. Durante l’espirazione, infatti, poiché l’aria si estende su di una superficie più piccola, forma uno strato di spessore maggiore, divenendo rilevabile anche se presente in quantità modeste. L’assunzione di radiogrammi in fase espiratoria fornisce anche indicazioni circa lo stato della lacerazione pleurica:
Se, infatti, la lacerazione pleurica è chiusa, durante l’espirazione, a ridursi sarà il volume del polmone ma non quello del PNX, con spostamento mediale della linea pleurica.
Se, invece, la lacerazione pleurica è aperta, durante l’espirazione, si ridurranno sia il volume del polmone che quello del PNX, senza spostamento significativo della linea pleurica.
N.B. In decubito supino, l’aria tende a raccogliersi nelle porzioni anteriori del torace, le più antideclivi, con la linea pleurica che può non essere visibile. Per ovviare a tale problema, un utile accorgimento consiste nel porre il pz sul fianco controlaterale, acquisendo un radiogramma frontale con fascio dorso‐ventrale. Ciò fa sì che l’aria si raccolga lungo la margino‐costale, rendendo apprezzabile la linea pleurica. TC Indagine di II livello indicata per documentare PNX piccoli e per distinguere, nei casi dubbi, il PNX da altre cause di ipertrasparenza, come cisti, bolle e cavità.
Ispessimenti pleurici non neoplastici Possono esser dovuti a:
Pregressa pleurite guarita con fibrosi
Asbestosi Sono riconoscibili mediante un esame radiografico standard del torace, anche se la TC si dimostra più sensibile e ne consente una migliore caratterizzazione. Depongono per la natura benigna degli ispessimenti pleurici 1. Discontinuità spaziale 2. Sede costo‐diaframmatica 3. Spessore < 1 cm 4. Assenza di nodularità 5. Calcificazione
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Asbestosi È una pneumoconiosi causata dall’inalazione di fibre di asbesto. Caratteristica dell’asbesto è la capacità di indurre un danno sia a carico della pleura che del parenchima polmonare. L’indagine strumentale di I livello, nel sospetto di asbestosi, è rappresentata da un esame radiografico standard del torace. Il coinvolgimento della pleura, sui radiogrammi del torace, si manifesta sotto forma di placche pleuriche lineari, bilaterali, distribuite in maniera discontinua lungo la cupola diaframmatica e la limitante margino‐costale, che frequentemente subiscono calcificazione. L’esame radiografico diretto del torace, tuttavia, non presenta una risoluzione di contrasto sufficientemente elevata per poter distinguere placche pleuriche non calcifiche dalla muscolatura intercostale e dal tessuto adiposo extrapleurico. Ciò conferisce all’indagine una bassa specificità. L’interessamento polmonare può esser essere riconoscibile, sui radiogrammi del torace, come opacità interstiziali di tipo reticolare, bilaterali e con predilezione per i lobi inferiori di entrambi i polmoni Come indagine strumentale di II livello ci si avvale di una TC del torace ad alta risoluzione. Tale indagine 1. è più sensibile dell’esame radiografico diretto nell’individuare le placche pleuriche e l’impegno
interstiziale. 2. permette di correggere false diagnosi di placche pleuriche non calcifiche, simulate da muscolo o grasso
parietale. 3. garantisce una migliore caratterizzazione degli ispessimenti pleurici, la cui natura benigna è suggerita
da: 1. Discontinuità spaziale 2. Sede costo‐diaframmatica 3. Spessore < 1 cm 4. Assenza di nodularità 5. Calcificazione
Tumori della pleura I tumori primitivi della pleura possono trarre origine da: ‐ Strato sieroso della pleura, caso dei mesoteliomi ‐ Connettivo sottopleurico, caso di fibromi e fibrosarcomi; lipomi e liposarcomi La pleura può essere inoltre invasa secondariamente da tumori primitivi del polmone, della mammella e, con minore frequenza, del fegato e del pancreas Mesotelioma pleurico È un tumore maligno il cui principale fattore di rischio consiste nell’esposizione professionale a fibre di asbesto, con latenza tra esposizione ed insorgenza della neoplasia dell’ordine di circa 30 anni. L’età più colpita è pertanto quella compresa tra i 60 ed i 70 anni. Può presentarsi in forma circoscritta o diffusa. Le forme diffuse più estese possono avvolgere “a cotenna” tutto il polmone omolaterale.
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La più comune modalità di presentazione clinica consiste in un versamento pleurico, spesso unilaterale e rapidamente ingravescente Nel sospetto anamnestico e clinico di mesotelioma pleurico, l’indagine strumentale di I livello è rappresentata da un esame radiografico standard del torace. Tale indagine può evidenziare “bozzellature” multiple che ispessiscono e deformano, a seconda della loro localizzazione, la limitante margino‐costale, la cupola diaframmatica, il profilo mediastinico. Le forme diffuse sono di norma accompagnate da versamento pleurico che, quando massivo, può mascherare la presenza delle bozzellature. In II istanza, ci si avvale di: TC con mdc del torace, più sensibile dell’esame radiografico diretto nell’individuare gli ispessimenti pleurici, di cui consente anche una migliore caratterizzazione. La natura maligna degli ispessimenti pleurici è suggerita da: 1. Estensione circonferenziale, con coinvolgimento della pleura mediastinica e di quella scissurale 2. Spessore > 1 cm 3. Nodularità 4. Scarsa tendenza alla calcificazione La TC permette inoltre di riconoscere: ‐ Perdita di volume dell’emitorace affetto ‐ Diffusione al parenchima polmonare ‐ Metastasi a carico dei linfonodi mediastinici, che vengono ritenuti metastatici se il loro diametro
trasverso supera i 10 mm. Tale criterio dimensionale è tuttavia limitato dal fatto che possono essere interessati da metastasi anche linfonodi sub‐centimetrici e che possono essere aumentati di volume anche linfonodi flogistici.
‐ Invasione della parete toracica e del diaframma N.B. Più accurata della TC nel documentare l’eventuale infiltrazione neoplastica della parete toracica, delle strutture mediastiniche e del diaframma è, comunque, una RM. La multiparametricità della metodica la rende, infatti, maggiormente capace di distinguere il tessuto tumorale dal grasso extrapleurico e dal muscolo.
Tra le indagini strumentali di II livello rientra, inoltre, una PET‐FDG che costituisce la metodica più sensibile nell’individuare ispessimenti pleurici neoplastici. N.B. La PET‐FDG si dimostra inoltre più accurata delle metodiche morfo‐strutturali nel valutare lo stato dei linfonodi mediastinici, basandosi su di un criterio funzionale (aumento dell’attività metabolica). L’utilizzo di tale criterio funzionale, infatti, fa sì che la PET presenti, sulle metodiche morfo‐strutturali, ‐ una maggiore sensibilità, considerando che l’aumento della captazione dell’FDG precede quello delle
dimensioni linfonodali; ‐ una maggiore specificità, sebbene quest ultima non sia assoluta in termini neoplastici, potendo
apparire ipercaptanti anche linfonodi flogistici; ‐ un più elevato VPN, tale da consentire l’esclusione della presenza di malattia in linfonodi non captanti,
anche se aumentati di volume.
N.B.
La diagnosi di mesotelioma va sempre confermata di una biopsia pleurica condotta per via transtoracica – ECO o TC‐guidata – oppure per via video‐toracoscopica. Ciò permette inoltre di individuare correttamente quei tumori pleurici secondari, difficilmente differenziabili dal mesotelioma sulla base dello studio per immagini.
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Mediastino
Ha la forma di un parallelepipedo delimitato, lateralmente, dalle due regioni pleuropolmonari;
anteriormente, dal piano sterno‐costale; posteriormente, dalla colonna dorsale Tecniche di immagine impiegate per lo studio del mediastino, sono: Esame radiografico standard del torace ‐ INDAGINE DI I LIVELLO ‐ che prevede: ‐ Posizionamento del pz in stazione eretta e ad una distanza dal tubo radiogeno di 1,8 m, necessaria per
minimizzare l’ingrandimento proiettivo o geometrico del cuore, dipendente dalla divergenza a cono del fascio di raggi X. Impostando, infatti, una distanza focale di 1,8 m è possibile sfruttare solo le componenti centrali del fascio che sono parallele tra loro e perpendicolari al piano dell’oggetto esposto.
‐ Acquisizione di radiogrammi in due proiezioni:
PA, con il fascio incidente che penetra dal dorso e fuoriesce dal petto del pz, direttamente poggiato sulla cassetta radiografica, al fine di limitare l’ingrandimento proiettivo del cuore.
Latero‐laterale sin, con il fascio incidente che penetra dalla parete laterale dx del torace e fuoriesce da quella sin, sempre per limitare l’ingrandimento proiettivo del cuore.
È necessario ricorrere a due proiezioni, tra loro ortogonali, poiché l’immagine radiografica è bidimensionale ed in essa vengono rappresentate, sinteticamente su di un unico piano, tutte le strutture incontrate dal fascio di raggio X nel suo percorso (immagine di sintesi). Le due proiezioni servono quindi per poter effettuare un’analisi tridimensionale del distretto esaminato.
Il radiogramma del torace in proiezione PA riproduce l’intero mediastino sotto forma di un’immagine radiopaca a sede mediana che contrasta con la radiotrasparenza dei polmoni, posti lateralmente. Poiché l’esame radiografico standard del torace dispone di una bassa risoluzione di contrasto, nell’ambito di tale immagine radiopaca non è possibile distinguere le diverse componenti del mediastino, tra cui esiste uno scarso contrasto naturale, che rimane tale anche in presenza di patologia. Pertanto, sul radiogramma del torace in proiezione PA, processi patologici del mediastino sono riconoscibili solo se alterano il profilo mediastinico. Il radiogramma del torace in proiezione LL sin fornisce una rappresentazione sovrapposta del mediastino e dei due polmoni. Offre, inoltre, la possibilità di suddividere il mediastino in 4 compartimenti: Compartimento superiore È situato al di sopra di un piano ideale che unisce l’angolo dello sterno alla IV vertebra dorsale. Compartimento anteriore Situato al di sotto del compartimento superiore, viene delimitato, anteriormente, dallo sterno; posteriormente, da una linea passante al davanti di pericardio, aorta ascendente, vasi brachiocefalici. Contribuisce alla definizione del cdt “spazio chiaro retrosternale”. Accoglie, nel contesto di un tessuto connettivo‐adiposo, timo o suoi residui, vasi mammari interni, linfonodi Compartimento medio È situato al di sotto del compartimento superiore e dietro a quello anteriore. Viene delimitato, posteriormente, da un piano ideale passante dietro la trachea ed il cuore.
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Sono in esso contenuti: il cuore con il pericardio, l’aorta ascendente e l’arco aortico, i tronchi sopra‐aortici, le arterie e le vene polmonari, la trachea ed i bronchi principali, i nervi frenico, vago e laringeo ricorrente di sin, numerosi linfonodi. Compartimento posteriore È situato al di sotto del compartimento superiore e dietro a quello medio. Il suo limite posteriore è costituito dai corpi vertebrali e dalle docce costo‐vertebrali. In esso sono contenuti: l’aorta discendente, l’esofago, il dotto toracico, le vene azygos ed emiazygos, le catene simpatiche e linfonodi. L’utilità di tale classificazione risiede nel fatto che esiste uno stretto rapporto tra compartimento occupato da una massa mediastinica e sua natura. INDAGINI STRUMENTALI DI LIVELLO SUCCESSIVO TC del torace Rispetto all’esame radiografico tradizionale offre innanzitutto il vantaggio di potersi svincolare da una rappresentazione “di sintesi” e, cioè, dalla rappresentazione, in maniera sovrapposta su di un unico piano, delle diverse strutture anatomiche che il fascio di radiazioni ionizzanti incontra lungo il suo tragitto. Con la TC, infatti, il distretto anatomico oggetto di studio viene esaminato secondo sezioni di spessore definito che, avvalendosi delle moderne apparecchiature a scansione elicoidale, sono, tra loro, continue. Ciò rende la TC un’indagine non sintetica ma analitica, analiticità che aumenta all’aumentare del numero delle sezioni ed al ridursi del loro spessore. La TC presenta, inoltre, rispetto all’esame radiografico tradizionale, una maggiore risoluzione, soprattutto spaziale. Lo studio TC del mediastino va necessariamente eseguito con somministrazione e.v. di un mdc iodato idrosolubile uro‐angiografico. Il mdc, infatti, opacizzando i vasi sanguigni e le cavità cardiache, ne agevola la distinzione rispetto ad altre strutture mediastiniche, come i linfonodi. Nella valutazione di masse mediastiniche, la TC permette di stabilire origine, estensione e rapporti con le strutture circostanti della massa, favorendone, al contempo, la caratterizzazione sulla base dei valori densitometrici mostrati prima e dopo somministrazione e.v. del mdc. Ciò rende possibile la distinzione tra masse cistiche, adipose, con densità dei tessuti molli ed aneurismi. N.B. Lo studio TC del mediastino non può prescindere da quello del parenchima polmonare, ciascuno effettuato con la rispettiva “finestra”. “Aprire una finestra” significa selezionare un intervallo di valori di attenuazione, espressi in HU, che si vuole rappresentare con le tonalità di grigio discriminabili dalla vista umana. Infatti, se l’immagine digitale dovesse rappresentare, simultaneamente, ciascuno dei 2001 valori della scala di H con una diversa gradazione di grigio, sarebbe povera contrasto, considerando che la vista umana è capace di distinguere solo tra 20 grigi differenti. Per “aprire una finestra” bisogna stabilire: ‐ “Centro della finestra” = valore di attenuazione al quale si vuole che corrisponda il grigio intermedio ‐ “Ampiezza della finestra” = intervallo dei valori di attenuazione – al di sopra ed al di sotto del valore
centrale – che si vuole rappresentare con le restanti tonalità di grigio discriminabili dall’occhio umano.
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RM Trova un’importante applicazione nello studio del mediastino che si giova della multiplanarità e della multiparametricità della metodica. ‐ Per multiplanarità s’intende la possibilità di ottenere, direttamente, senza bisogno di ricostruzione,
immagini di qualità elevata secondo il piano dello spazio desiderato. Ciò permette di stabilire, con accuratezza, l’estensione cranio‐caudale di masse mediastiniche, elemento fondamentale ai fini di una valutazione pre‐chirurgica.
‐ Per multiparametricità s’intende la possibilità di acquisire immagini “pesate” secondo differenti proprietà fisiche, caratteristiche dei diversi tessuti, quali tempo di rilassamento T1 (tempo necessario al
ripristino della magnetizzazione longitudinale, dopo l’interruzione dell’impulso di RF), tempo di rilassamento T2 (tempo necessario alla perdita della magnetizzazione trasversale, dopo l’interruzione dell’impulso di RF), densità protonica (numero di protoni risonanti per unità di volume), agendo su: Tempo di ripetizione (TR), intervallo di tempo tra l’inizio di una sequenza e l’inizio di quella successiva. Tempo di Echo (TE), intervallo di tempo tra l’inizio di una sequenza e la ricezione del segnale.
La multiparametricità consente di esaltare il contrasto naturale esistente tra strutture anatomiche differenti, garantendone così la distinzione, senza il bisogno di ricorrere a mdc per via e.v. Ciò conferisce alla RM un’elevata risoluzione di contrasto intrinseca.
Relativamente allo studio del mediastino e della sua patologia, la RM viene ritenuta l’indagine d’elezione in: ‐ Pz che non possono ricevere mdc iodati ‐ Pz con masse neurogene del mediastino posteriore, di cui precisa l’estensione nel canale vertebrale In passato, i principali fattori limitanti l’impiego della RM per lo studio del mediastino erano rappresentati da: ‐ Lunghi tempi di scansione ‐ Artefatti dovuti ai movimenti cardiaci e respiratori Attualmente, l’introduzione di sequenze veloci e di sistemi per il controllo degli artefatti – come la sincronizzazione dell’emissione degli impulsi di RF con l’onda R del tracciato elettrocardiografico (ECG‐gating) e con gli atti del respiro – ha notevolmente migliorato la qualità delle immagini. Ecografia Quella transtoracica viene limitata dal fatto che sterno, coste e parenchima polmonare ostacolano la propagazione del fascio ultrasonoro. Può pertanto identificare solo lesioni a contatto con la parete toracica ed il cuore. Questo limite viene superato praticando l’indagine per via transesofagea, le cui applicazioni sono quelle di: ‐ Stabilire l’estensione loco‐regionale di neoplasie dell’esofago, dimostrandosi superiore alla TC nel
documentare il grado di infiltrazione neoplastica delle pareti esofagee ‐ Valutare, in pz con tumori dell’esofago, l’interessamento dei linfonodi periesofagei ‐ Guidare l’agoaspirato transparietale di linfonodi sottocarenali, al fine di confermarne il coinvolgimento
metastatico, in pz con neoplasie polmonari ‐ Studiare la patologia aortica, anche in condizioni di urgenza, perché rapidamente eseguibile al letto del
pz ‐ Ricercare DIA e trombi nell’auricola dell’atrio sin
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Tecniche mediconucleari PET‐FDG Indicazioni principali: ‐ Ricerca di metastasi a carico dei linfonodi mediastinici in pz con neoplasie polmonari maligne
Nel far ciò, è soprattutto più sensibile delle metodiche morfo‐strutturali poiché, basandosi su di un criterio funzionale (aumento dell’attività metabolica) prescinde da quello dimensionale (diametro trasverso maggiore di 10 mm) a cui esse si affidano per valutare l’interessamento linfonodale. Possono, infatti, risultare metastatici anche linfonodi subcentimetrici, che comunque mostrano un’ipercaptazione dell’FDG. La metodica manca, tuttavia, di una specificità assoluta in termini neoplastici, poiché appaiono ipercaptanti anche linfonodi flogistici. Va detto, inoltre, che la PET dispone di un alto VPN nell’escludere la presenza di metastasi in linfonodi mediastinici non captanti l’FDG. Ciò consente, in pz con neoplasie polmonari e linfonodi mediastinici PET‐negativi, anche se aumentati di volume, di evitare il ricorso ad una mediastinoscopia o ad altre procedure invasive per verificare l’assenza di coinvolgimento linfonodale. Il VPP della metodica non è, invece, altrettanto elevato. Pertanto, in pz con neoplasie polmonari e linfonodi mediastinici PET‐positivi, NON è possibile evitare il ricorso ad una mediastinoscopia o ad altre procedure invasive per confermare la presenza di coinvolgimento linfonodale.
‐ Valutazione dell’interessamento di linfonodi mediastinici nel sospetto di linfomi.
‐ Differenziazione post‐terapeutica tra recidive neoplastiche (che accumulano in maniera più o meno marcato l’FDG) e fibrosi (nelle quali, per l’assenza di cellule, non si ha tale accumulo)
‐ Valutazione della risposta di neoplasie a chemio‐ e radioterapia più precocemente di quanto consentito
dalle metodiche morfo‐strutturali. In caso di risposta, infatti, la captazione dell’FDG diminuisce prima che la riduzione del volume tumorale divenga apprezzabile mediante metodiche morfo‐strutturali.
‐ Definizione di piani radioterapeutici, indentificando, nel contesto di massa neoplastiche, le zone a
maggiore attività glico‐metabolica e, quindi, più cellulate (BTV). Limiti: 1. Assenza di una specificità assoluta in termini neoplastici 2. Massima risoluzione spaziale di 7‐8 mm 3. Assenza di un correlato anatomico, che può rendere difficoltosa la corretta localizzazione delle aree di
aumentata captazione del tracciante. Tale limite può essere superato integrando le informazioni funzionali, fornite dalla PET‐FDG, con informazioni anatomiche, fornite da metodiche morfostrutturali, come la TC (imaging molecolare integrato). L’integrazione o fusione dei dati funzionali e di quelli anatomici può essere software o hardware. ‐ Si parla di fusione software quando l’acquisizione delle immagini PET e TC viene realizzata
separatamente, avvalendosi di tecniche che trasformano geometricamente uno dei due studi tomografici in modo da rappresentare entrambi in un unico sistema di riferimento spaziale ed ottenere una corrispondenza puntuale delle stesse strutture anatomiche (co‐registrazione a posteriori).
‐ Si parla di fusione hardware quando la PET‐FDG e la TC vengono eseguite sequenzialmente in un’unica seduta diagnostica, con tomografo ibrido PET/TC, senza modificare la posizione del pz. Ciò consente di ottenere immagini funzionali (PET) e morfologiche (TC) direttamente co‐registrate.
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Nel complesso, la PET‐TC, ha mostrato un’accuratezza diagnostica superiore a quella di entrambe le tecniche prese singolarmente. N.B. Poiché l’irradiazione del pz deve essere mantenuta quanto più bassa possibile, la TC viene generalmente eseguita a basse dosi, risultando, pertanto, non diagnostica. Le immagini TC così ottenute, infatti, hanno il solo scopo di localizzare anatomicamente le aree di accumulo dell’FDG. N.B. La PET‐TC viene condotta sincronizzando l’acquisizione delle immagini agli atti del respiro (gating respiratorio) per evitare artefatti da movimento
Scintigrafia con 67Ga‐citrato Utilizzata soprattutto per lo studio di linfomi e sarcoidosi.
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Masse mediastiniche superiori Più frequentemente consistono in:
Gozzi retro‐sternali
Processi espansivi, come adenomi, originanti da paratiroidi ectopiche
Linfoadenomegalie (dovute a metastasi per via linfatica, linfomi, sarcoidosi, tubercolosi) Le masse mediastiniche superiori possono essere asintomatiche e di riscontro occasionale ad indagini radiologiche del torace oppure manifestarsi con:
Disfonia o afonia, per interessamento di uno o di entrambi i nervi laringei ricorrenti.
Dispnea inspiratoria, per ostruzione ab estrinseco del segmento toracico superiore della trachea. L’esame radiografico standard del torace, praticato per altri motivi o per la comparsa di una sintomatologia suggestiva, evidenzia uno slargamento del mediastino superiore da parte di una massa che comprime e disloca contro‐lateralmente la trachea di cui, tuttavia, non consente la caratterizzazione. Come indagini strumentali di II livello, ci si avvale di: TC con mdc del torace, estendendo la scansione anche al collo Permette di riconoscere l’origine della massa, informazione utile ai fini della diagnosi di natura, che può essere orientata anche dalla valutazione della densità basale e del c.e. della lesione. Ad esempio, un gozzo endotoracico, si manifesta come una massa in continuità con la ghiandola toroide che mostra, alla scansione diretta, un alto valore densitometrico, per la presenza nel suo contesto di iodio, ed alla scansione contrastografica, un c.e. intenso ma, spesso, disomogeneo.
La TC, inoltre, consente di stabilire estensione e rapporti della lesione con le strutture anatomiche adiacenti (trachea, esofago e vasi). Una scintigrafia tiroidea con traccianti iodomimetici è capace di confermare la diagnosi gozzo retro‐sternale, nelle forme captanti. La captazione è, in genere, disomogenea trattandosi, nella maggior parte dei casi, di un GMNT. Una scintigrafia o, meglio, una SPECT con 99Tc‐sestamibi ed acquisizione delle immagini in fase precoce e tardiva è indicata nel sospetto di un processo espansivo di paratiroidi ectopiche, difficilmente distinguibili, mediante TC, da strutture linfonodali. Qualora la massa sia costituita da un processo espansivo di paratiroidi ectopiche, in fase precoce, si osserva la concentrazione del radiofarmaco al livello della tiroide e della massa. In fase tardiva, invece, il tracciate viene dismesso dalla tiroide mentre persiste all’interno della massa. Una maggiore accuratezza diagnostica si ottiene integrando le informazioni funzionali fornite dalla SPECT con quelle anatomiche fornite da una TC (imaging molecolare integrato). L’integrazione o fusione dei dati funzionali e di quello anatomici può essere software o hardware. La fusione software avviene mediante specifici programmi che garantiscono una co‐registrazione a posteriori delle immagini SPECT e TC, acquisite separatamente. La fusione hardware avviene, invece, mediante l’impiego di tomografi ibridi SPECT/TC che consentono di eseguire sequenzialmente, in un’unica seduta diagnostica, la SPECT e la TC, senza modificare la posizione del pz. Si ottengono così immagini funzionali ed anatomiche direttamente co‐registrate. Ciò permette di localizzare in maniere precisa le aree di ipercaptazione del radiofarmaco, compensando l’assenza di un correlato anatomico che costituisce un importante limite della SPECT.
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Masse mediastiniche anteriori Generalmente consistono in: 1. Timomi ed altri processi espansivi del timo, tra cui iperplasia e carcinomi 2. Linfoadenomegalie (dovute a metastasi per via linfatica, linfomi, sarcoidosi, tubercolosi) 3. Disgerminomi
Benigni, come cisti dermoidi e teratomi maturi
Maligni, come seminomi, teratomi maligni, corioncarcinomi e carcinomi embrionali 4. Tumori a partenza da paratiroidi ectopiche 5. Aneurisma dell’aorta ascendente 6. Ernie diaframmatiche congenite anteriori di Morgagni‐Larrey
Le masse mediastiniche anteriori possono essere asintomatiche e di riscontro occasionale ad indagini radiologiche del torace effettuate per altri motivi. Tuttavia, fino al 30‐50% dei pazienti con timoma presenta una miastenia grave. L’esame radiografico standard del torace, praticato in prima istanza, consente di individuare la massa di cui dimostra, nella proiezione LL sin, il compartimento mediastinico di appartenenza. In particolare, le masse del mediastino anteriore vanno ad occupare il cdt spazio chiaro retro‐sternale. Non è tuttavia molto utile per caratterizzare la lesione. Comunque,
una massa che, sul radiogramma del torace in proiezione LL sin, resti separata dallo sterno per mezzo di un solco radio‐trasparente, orienta verso un timoma
il reperto di erosioni sternali è, invece, di più comune riscontro nel caso di linfomi di Hodgkin
la presenza, nella massa, di abbozzi dentari ed ossei è indicativa di disgerminoma
una massa che si dimostri non dissociabile dall’aorta in nessuna proiezione e che risulti ben delimitata rispetto al parenchima polmonare circostante, per la presenza di un orletto calcifico, è suggestiva di aneurisma aortico
un’opacità rotondeggiante dell’angolo cardiofrenico, in particolare di quello destro, soprattutto se a contenuto gassoso simil‐cistico, orienta verso un’ernia anteriore di Morgagni‐Larrey
In seconda istanza, ci si avvale di: TC con mdc del torace Permette di stabilire origine, estensione e rapporti con le strutture circostanti della massa favorendone, al contempo, la caratterizzazione sulla base dei valori densitometrici mostrati prima e dopo somministrazione e.v. del mdc. Ciò rende possibile la distinzione tra masse cistiche, adipose, con densità dei tessuti molli ed aneurismi. Ad esempio, un timoma si presenta come una formazione solida, con c.e. moderato ed omogeneo, ben separata dalle strutture circostanti. Un carcinoma timico, invece, mostra un c.e. disomogeneo, per presenza in esso di aree necrotiche, e spesso infiltra pleura, pericardio e strutture vascolari adiacenti. I linfomi di Hodgkin generalmente si manifestano come tumefazioni linfonodali multiple, rotondeggianti e confluenti, che mancano di un significativo c.e. e che appaiono ben differenziabili dalle strutture vascolari vicine, opacizzate dal mdc. I disgerminomi presentano una densità variabile in rapporto ai tessuti che li costituiscono, ma con prevalenza della componente adiposa.
La natura di masse solide comunque deve essere sempre confermata da procedure invasive. Nel caso di linfomi, è indicato l’impiego, a scopo stadiativo, di una PET‐TC
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Masse mediastiniche medie Generalmente consistono in:
Linfoadenomegalie (dovute a metastasi per via linfatica, linfomi, sarcoidosi, tubercolosi)
Cisti bronchiali
Cisti pericardicche
Aneurismi dell’arco aortico
Carcinomi polmonari centrale a sviluppo peri‐bronchiale Le masse mediastiniche medie possono essere asintomatiche e di riscontro occasionale ad indagini radiologiche del torace effettuate per altri motivi oppure manifestarsi con segni e sintomi di compressione di altre strutture del mediastino. L’esame radiografico standard del torace, praticato in prima istanza, consente di individuare la massa di cui dimostra, nella proiezione LL sin, il compartimento mediastinico di appartenenza. Non è tuttavia molto utile per caratterizzare la lesione. Comunque,
suggestiva di cisti bronchiale, è un’opacità rotondeggiante, con margini netti e regolari, in genere posta inferiormente alla carena tracheale. Se comunica con l’albero bronchiale, al suo interno è possibile apprezzare un livello idro‐aereo
indicativa di cisti pericardica, è un’opacità rotondeggiante, con margini netti e regolari, dell’angolo cardio‐frenico, non dissociabile dal profilo cardiaco in nessuna proiezione
sospetta di aneurisma aortico, è una massa non dissociabile dall’aorta in nessuna proiezione e che risulta ben delimitata rispetto al parenchima polmonare circostante, per la presenza di un orletto calcifico
In seconda istanza, ci si avvale di: TC con mdc del torace Permette di stabilire origine, estensione e rapporti con le strutture circostanti della massa, favorendone, al contempo, la caratterizzazione sulla base dei valori densitometrici mostrati prima e dopo somministrazione e.v. del mdc. Ciò rende possibile la distinzione tra masse cistiche, adipose, con densità dei tessuti molli ed aneurismi. La natura di masse solide, comunque, deve essere sempre confermata da procedure invasive.
Masse mediastiniche posteriori Possono consistere in: 1. Tumori neurogeni, che costituiscono la maggior parte delle lesioni espansive del mediastino posteriore.
Vengono suddivisi in due gruppi a seconda della loro derivazione: dai gangli simpatici o dai nervi periferici. I tumori ad origine dalle cellule gangliari si manifestano solitamente nei bambini e nei giovani adulti, includendo forme con diverso grado di malignità: ‐ Neuroblastoma (maligno), di cui quella mediastinica rappresenta la più comune localizzazione
extraddominale ‐ Ganglioneuroblastoma (a malignità intermedia) ‐ Ganglioneuroma (benigno) Le neoplasie ad origine dalle guaine dei nervi periferici prevalgono in età adulta e sono rappresentati da neurinomi e neurofibromi. I neurinomi ed i neurofibromi, di natura benigna, si possono riscontrare in corso di neurofibromatosi, costituendo i tumori neurogeni mediastinici più comuni.
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2. Lesioni traumatiche, infettive o neoplastiche delle vertebre toraciche 3. Patologie delle esofago (come neoplasie, diverticoli e cisti da duplicazione) 4. Ernie iatali 5. Ernie diaframmatiche congenite, postero‐laterali di Bochdalek 6. Linfomi 7. Aneurismi del tratto discendente dell’aorta toracica 8. Tessuto emopoietico extramidollare, in pz talassemici Le masse mediastiniche posteriori sono generalmente asintomatiche e di riscontro occasionale ad indagini radiografiche del torace effettuate per altri motivi. L’esame radiografico standard del torace, praticato in prima istanza, consente di individuare la massa di cui dimostra, nella proiezione LL sin, il compartimento mediastinico di appartenenza. Non è tuttavia molto utile per caratterizzare la lesione. Comunque,
suggestive di tumore neurogeno, sono calcificazioni intralesionali, erosioni ossee, costali e dei corpi vertebrali, slargamento del forame di coniugazione
sospetta per ernia iatale è l’evidenza di un livello idro‐aereo a sede sopradiaframmatica parasternale
indicativa di ernia postero‐laterale di Bochdaleck, è un contenuto gassoso simil‐cistico della massa, di solito localizzato a sin
depone per tessuto emopoietico extramidollare, un rigonfiamento fusiforme dell’estremità anteriore e posteriore delle coste
Come indagine strumentale di II livello ci si avvale ‐ nel sospetto di una patologia dell’esofago, di un esame radiografico a doppio contrasto delle prime vie
digestive ‐ negli altri casi, di una TC con mdc o di una RM del torace Una RM viene preferita qualora si ipotizzi l’esistenza di un tumore neurogeno poiché, in virtù della sua multiplanarità e della sua elevata risoluzione di contrasto intrinseca, costituisce l’indagine migliore per valutarne l’estensione del tumore nel canale vertebrale, informazione fondamentale ai fini della pianificazione chirurgica. Lo sviluppo di un eventuale tumore neurogeno, da una doccia paravertebrale, attraverso un forame di coniugazione, nello spazio rachideo fa sì che esso assuma un caratteristico aspetto “a clessidra”.
Enfisema mediastinico Per enfisema mediastinico s’intende la presenza di aria nel mediastino. Nel mediastino, l’aria può penetrare per:
Rottura di esofago, trachea, grosso bronco, bolla polmonare
Diffusione dallo spazio retrofaringeo o retroperitoneale
Traumi aperti del torace
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All’esame radiografico standard del torace, l’enfisema mediastinico si manifesta sotto forma di sottili strie radiotrasparenti, meglio riconoscibili in proiezione LL, che dissecano il mediastino e che spesso si prolungano nel collo. La presenza di aria nel mediastino, inoltre, può rendere apprezzabile la pleura mediastinica come una sottile stria radiopaca compresa tra la radiotrasparenza del parenchima polmonare e quella dello pneumomediastino. Una TC del torace consente di individuare piccole raccolte gassose mediastiniche non riconoscibili all’esame radiografico diretto. Può inoltre orientare la diagnosi eziologica rivelando:
soluzioni di continuo di trachea e grossi bronchi
bolle polmonari a ridosso della pleura mediastinica Un transito esofageo con mdc idrosolubile è indicato per dimostrare una perforazione dell’esofago, denunciata dal passaggio transmurale in mediastino del mdc. N.B. si ricorre ad un mdc idrosolubile perché il bario non può essere rimosso dal mediastino dove causerebbe flogosi.
Mediastinite acuta Può verificarsi per:
Rottura dell’esofago
Estensione al mediastino di un processo flogistico del collo (ascesso oro‐faringeo). Nel sospetto di una mediastinite acuta, l’indagine strumentale di I livello è rappresentata da un esame radiografico standard del torace. In caso di mediastinite acuta, il mediastino appare slargato e con margini mal definiti. Nel suo contesto è possibile osservare la presenza di aria qualora la mediastinite consegua ad una perforazione dell’esofago. L’ascessualizzazione del processo flogistico determina la comparsa di un livello idro‐aereo in ortostatismo. In seconda istanza, ci si avvale di: TC del torace con mdc Inizialmente evidenzia l’aumento di densità del tessuto adiposo mediastinico, seguito dallo sviluppo di una raccolta ascessuale. L’ascesso appare come una massa ipodensa, con margini irregolari ed ispessiti che vanno incontro ad un intenso c.e. dopo somministrazione e.v. del mdc. Il riscontro di gas all’interno della lesione risulta patognomonico di ascesso. L’indagine risulta inoltre fondamentale per stabilire l’estensione della flogosi acuta mediastinica. Transito esofageo con mdc idrosolubile È indicato per dimostrare la perforazione dell’esofago, denunciata dal passaggio transmurale in mediastino del mdc. N.B. si ricorre ad un mdc idrosolubile perché il bario non può essere rimosso dal mediastino dove aggraverebbe la flogosi.
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Diaframma Anatomia Il diaframma è una lamina muscolo‐tendinea che separa la cavità toracica da quella addominale È formato da una robusta aponevrosi centrale a forma di trifoglio (centro frenico) dalla quale si dipartono tre gruppi di robusti fasci muscolari: sternali, costali e lombari. Tra i due fasci sternali è compresa la fessura di Larrey (3) Tra i fasci sternali e quelli costali sono comprese le fessure di Morgagni (2) Tra i fasci costali e quelli lombari è compresa la fessura di Bochdalek (10) A livello di queste fessure pleura e peritoneo sono separati da scarso tessuto celluloadiposo. Tali fessure costituiscono aree di minore resistenza attraverso cui possono realizzarsi delle ernie diaframmatiche non iatali. Gli orifizi fisiologici del diaframma sono:
Hiatus aortico
Hiatus della vena cava inferiore
Hiatus esofageo, attraverso cui si fanno strada il 95% delle ernie diaframmatiche. Il diaframma è un muscolo essenzialmente inspiratorio
Ernie diaframmatiche Generalità Condizioni patologiche caratterizzate dalla dislocazione di visceri addominali nella cavità toracica, attraverso il diaframma Secondo un criterio topografico, le ernie diaframmatiche vengono classificate come:
Iatali
Non iatali
Nelle ernie iatali, la porta erniaria è costituita dallo iato esofageo del diaframma Nelle ernie non iatali, la porta erniaria è costituita da soluzioni di continuo del diaframma dovute ad anomalie di sviluppo oppure a traumi. Secondo un criterio etiopatogenetico, le ernie diaframmatiche si distinguono in:
Congenite
Acquisite
Le ernie diaframmatiche congenite dipendono da anomalie di sviluppo del diaframma. Possono essere:
Embrionali
Fetali
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Le ernie embrionali sono ernie “senza sacco”, poiché si realizzano entro l’8a settimana, quando la cavità pleurica e quella peritoneale risultano ancora in comunicazione. Le ernie fetali sono ernie “con sacco”, poiché si realizzano dopo l’8a settimana, quando la cavità toracica e quella addominale risultano ormai delimitate dalle rispettive sierose. I visceri erniati presentano, pertanto, il duplice rivestimento della sierosa pleurica e di quella peritoneale. Le ernie diaframmatiche acquisite riconoscono come cause:
Traumi
Condizioni che riducono la capacità di contenimento degli orifizi normalmente presenti nel diaframma, come un incremento della pressione endoaddominale.
Ernie diaframmatiche congenite
Ernie postero‐laterali di Bochdaleck
Ernie anteriori di Morgagni‐Larrey Ernie postero‐laterali di Bochdaleck Sono dovute ad un arresto di sviluppo degli abbozzi postero‐laterali del diaframma, che si verifica durante il periodo embrionale, determinando la persistenza del forame pleuroperitoneale, costituente la porta erniaria. Le ernie postero‐laterali di Bochdaleck sono pertanto sprovviste di “sacco” e, cioè, del duplice rivestimento di sierosa pleurica e peritoneale. Si dimostrano più frequenti a sin poiché a dx, la presenza del fegato, può prevenire l’erniazione o facilitare la chiusura del canale pleuroperitoneale. Se la porta erniaria è ristretta, sarà solo il grasso subfrenico retroperitoneale ad erniare. Se la porta erniaria è di dimensioni maggiori, invece, i visceri che potranno erniare sono, a sin, l’intestino, nel tratto compreso tra il duodeno ed il sigma, meno frequentemente, lo stomaco e la milza, eccezionalmente, il rene. Le manifestazioni cliniche sono principalmente correlate alla compressione che i visceri erniati esercitano sul polmone e sulle strutture mediastiniche; talvolta, a complicanze intestinali. In genere, l’esordio clinico avviene immediatamente o poche h dopo la nascita con dispnea e cianosi, aggravate dal pianto e dall’alimentazione. La comparsa si vomito è indicativa di complicanze a carico dell’intestino erniato. Esame radiografico standard del torace Può evidenziare:
Immagini multiple di aspetto similcistico nell’ambito di un emitorace, generalmente il sin, prodotte da anse intestinali erniate
Spostamento del mediastino verso il lato opposto L’acquisizione di radiogrammi dell’addome dimostra una carenza di gas addominale Come indagine strumentale di II livello ci si avvale di una TC. Tale indagine rivela, in corrispondenza di uno dei seni costo‐frenici posteriori, generalmente il sin, una lacuna completa dell’emidiaframma, da persistenza del forame pleuro‐peritoneale, attraverso cui vanno incontro ad erniazione toracica tessuto adiposo e talora anche visceri addominali. L’impiego del mdc è indicato per dimostrare l’eventuale sofferenza vascolare dell’intestino erniato.
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Ernie anteriori di Morgagni‐Larrey Sono dovute ad anomalie di sviluppo o di fusione degli abbozzi anteriori del diaframma, che comportano la persistenza di una lacuna tra i fasci sternali e costali del muscolo. Poiché si realizzano durante il periodo fetale sono generalmente provviste di “sacco”. Si osservano a destra nel 90% dei casi, per l’ostacolo offerto, a sinistra, dal sacco pericardico. Inizialmente, si insinua soltanto il grasso pre‐peritoneale, seguito dal peritoneo e, quindi, da grande omento e colon trasverso. All’esame radiografico standard del torace le ernie anteriori di Morgagni‐Larrey, si presentano come un’opacità rotondeggiante che occupa l’angolo cardiofrenico dx, cancellando la marginale cardiaca omolaterale. Ciò pone un problema di DD con una cisti pericardica. Se ed erniare sono tratti di intestino, la lesione presenta un contenuto gassoso simil‐cistico. La diagnosi può essere confermata da una TC o da un clisma del colon
Ernie traumatiche del diaframma Nelle ernie traumatiche del diaframma la porta erniaria consiste in soluzioni di continuo prodotte da traumi aperti o chiusi di torace ed addome. La rottura traumatica del diaframma, in circa la metà dei casi, si verifica laddove esso risulta più anelastico: centro tendineo. Altre sedi di rottura traumatica del diaframma, in ordine di frequenza decrescente, sono:
Giunzione muscolo‐tendinea
Compagine muscolare Nella maggior parte dei casi, inoltre, ad essere coinvolto, è l’emidiaframma sin, mancando, da tale lato, l’effetto protettivo del fegato. Inizialmente, ad erniare, è solo l’omento seguito, se la lacerazione è ampia, anche da stomaco e colon. L’esame radiografico del torace è poco sensibile nell’individuare ernie traumatiche del diaframma. La sensibilità dell’indagine viene infatti limitata da:
Posizione supina del pz
Concomitanti presenza di alterazioni confondenti
Positività tardiva Ernie traumatiche del diaframma vanno pertanto ricercate, in prima istanza, mediante una TC del torace, che consente di apprezzare:
Interruzione del profilo diaframmatico
Erniazione toracica di visceri addominali
“Segno del collare”, prodotto dai margini della lacerazione diaframmatica che circondano il viscere erniato
La TC, tuttavia, non permette di visualizzare in maniera ottimale il centro frenico, la giunzione muscolo‐aponevrotica ed i fasci di inserzione, per la più bassa risoluzione di contrasto rispetto alla RM.
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La RM è infatti l’indagine migliore per lo studio del diaframma, grazie a:
Multiplanarità Possibilità, cioè, di ottenere, direttamente e senza bisogno di ricostruzione, immagini secondo il piano dello spazio desiderato.
Multiparametricità Possibilità, cioè, di manipolare il contrasto dell’immagine, agendo sui parametri della sequenza [tempo di ripetizione (TR) e tempo di echo (TE)] ottenendo, così, a propria discrezione, immagini pesate in T1 (dove il segnale dipende esclusivamente dal tempo di rilassamento T1 dei tessuti), in T2 (dove il segnale dipende esclusivamente dal tempo di rilassamento T2 dei tessuti), in densità protonica (dove il segnale dipende dal numero di protoni risonanti per unità di volume). In particolare, ‐ impostando un TR breve ed un TE breve, si ottengono immagini T1‐pesate, nelle quali l’elemento con il
segnale più alto sarà il tessuto adiposo, mentre quello con il segnale più basso sarà l’acqua. ‐ impostando un TR lungo ed un TE lungo, si ottengono immagini T2‐pesate, nelle quali l’elemento con il
segnale più alto sarà rappresentato dall’acqua e, in generale, dai fluidi stazionari. ‐ impostando TR lungo ed un TE breve, si ottengono immagini pesate in densità protonica
Ciò conferisce alla metodica un’elevata risoluzione di contrasto intrinseca. Lo studio del diaframma va effettuato mediante immagini T1‐pesate, che ne favoriscono la visualizzazione per il contrasto con il grasso mediastinico e viscerale, iperintenso.
La RM non è comunque indicata nell’immediato post‐trauma poiché il pz potrebbe avere corpi estranei metallici suscettibili di spostamento quando sottoposti a campi magnetici
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