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Piccola dispensa di soccorso cinematografico a cura di Emanuele Policante

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Piccola dispensa di soccorso cinematografico

a cura di Emanuele Policante

Un'introduzione - Tanto per cominciare bene

Umberto Eco parla di Arancia Meccanica“Kubrick ha espresso una tendenza profonda che si sta esprimendo in tutta una serie di film americani contemporanei, che costituiscono la nouvelle vague fascista. Carattere comune a questi film è una sorta di affermazione nixoniana della necessità della violenza al fine di mantenere l'ordine sociale[...] Il giovane eroe del film è un violento, i buoni cercano di salvarlo condizionandolo al bene, ma attraverso una terapia di violenza disumana; diventando mansueto cade vittima della violenza di tutti, compresi gli amici della mitezza, e si salva (e assurge all'empireo) quando riacquista il gusto e il senso della violenza e si reinserisce nel gioco da protagonista. Non conta che il film ispiri un profondo terrore della violenza: ne esprime anche il fascino, perché ne scaturisce l'ineliminabilità”.Rilassiamoci, tutti scrivono e dicono spesso cose a caso che il tempo e un maggior sforzo di analisi confutano. Dobbiamo farcene una ragione, le nostre opinioni non sono le tavole di pietra di Mosé ma molto spesso il nostro umore, la nostra storia personale e altrettanto spesso la nostra poca dimestichezza con un argomento, che dovrebbe spingerci ad un saggio silenzio, si trasformano in un giudizio o in un'opinione che difetta di misura, cattiveria o eccessivo lassismo. Non è un problema di vita o di morte, anche se quando si parla di un film stiamo giudicando un lavoro di tantissime persone, molte delle quali veri e propri numeri uno nel loro campo e non mi riferisco solo a registi i attori ma a direttori della fotografia, costumisti, scenografi, macchinisti, truccatori, fonici ecc. Quindi prima di prendere la penna o mettersi davanti alla tastiera è meglio saperne un poco di più del film che abbiamo visto. Lo abbiamo capito? Siamo sicuri di essere sulla stessa lunghezza d'onda? Guardare un film è un'esperienza molto personale e soggettiva. Certamente c'è una storia e ci sono dei caratteri che possiamo riconoscere e codificare, ma poi qualcosa della nostra esperienza va al di la di ciò che vediamo, le immagini si fondano insieme al nostro vissuto, alla giornata che abbiamo appena trascorso e se non siamo da soli, alla persona o al gruppo di persone con cui stiamo vedendo un film. Un'esperienza curiosa, a volte disastrosa, altre volte esaltante è la prima uscita con qualcuno che si vuole conoscere meglio e si dirotta la scelta verso una sala cinematografica. Avremmo un ricordo del film proiettato completamente succube all'empatia scaturita o meno con l'altra persona. Nelle pagine che seguono ho riassunto un piccolo compendio che potete vedere come un cassetto dove prendere i pochi utensili che servono per scrivere una recensione, nel nostro caso poi si tratta più di dare degli spunti utili a entrare meglio nel film ricordandosi sempre di evitare i giudizi troppo netti se non sono strettamente necessari: d'altronde non c'è peggior incubo che un mondo fatto a nostra somiglianza, un posto dove nessuno sano di mente vorrebbe vivere.

Piccola incursione nella storia del cinema

È difficile in poche righe riassumere la storia del cinema, sebbene tra le arti sia l'ultima arrivata, il suo carattere industriale e l'accelerazione che il 900 ha prodotto in tutti i capi espressivi, ne ha moltiplicato le vicende e i trascorsi, si può dire che il cinema abbraccia l'idea di Benjamin sulla riproducibilità tecnica e sulla cultura di massa, tralasciando da parte una visione utilizzando dome filtro colore il saggio del filosofo, non avremo ne spazio e e andremmo in altri luoghi, il cinema ha attraversato tutte le possibili utilizzazioni e distorsioni diventando di propaganda, di regine, di protesta, d'avanguardia e via di seguito. Il cinema prima di tutto è un linguaggio e così va considerato, come tutti i linguaggi anche quello dell'immagine in movimento è legato a codici e può essere utilizzato in tantissimi modi. Le ultime e interessanti scoperte sul cervello e sulle nostre capacità di modificare i ricordi o d'inventarne di sana pianta possono suggerirci l'importanza che hanno nella costruzione della nostra identità le immagini e le storie.Per meglio capire come funziona e come pensiamo ad immagini e poi costruiamo verbalmente qui di seguito un' estratto dal libro di Wilma Bucci sulla scienza cognitiva: “I sistemi verbale e non verbali, con i loro diversi contenuti e principi organizzatori, si collegano tra loro attraverso i nessi referenziali. Il processo referenziale connette i contenuti analogici in parallelo, dei sistemi non verbali con il formato “a canale singolo”, sequenziale, simbolico del codice verbale. Si tratta di un processo complesso, che non può mai essere completamente a termine, al di là della eventuale presenza di difese o resistenze. Gli umani in qualche modo cercano di generare espressione verbale per un tipo di schema che non è pienamente evoluto in forma simbolica. La simbolizzazione dell’esperienza emotiva, per la quale la maggior parte di noi è mal equipaggiata, è il campo peculiare dell’artista e del poeta.[...]. Colui che descrive un vino usa immagini particolari ricavandole da una vasta gamma di esperienze, al fine di descrivere al meglio le qualità olfattive e gustative; in modo simile, l’artista o il poeta costruiscono una metafora per descrivere l’emozione. Nell’espressione dell’emozione, del gusto o dell’odore, le metafore devono essere intese precisamente come simboli concreti e discreti per stati emotivi subsimbolici anonimi.[...]. Sentimenti soggettivi vengono descritti attraverso oggetti concreti che hanno il potere particolare di attivare in un'altra persona un’esperienza emotiva condivisa, o di attivare l’esperienza nel ricordo”(Wilma Bucci, Psicoanalisi e scienza cognitiva, una teoria del codice multiplo)

Detto questo e giusto per avere una prospettiva più ampia ingaggiamo un brevissimo viaggio nella storia del cinema. Mi baserò sulla scansione che fa Mark Cousins nel suo documentario “The story of film” se non altro perché in biblioteca è disponibile una copia, mentre se volete un piccolo manuale da consultare in eventuali vuoti di memoria e quando proprio non vi ricordate date, numeri e opere di bene, allora potete recuperare “Breve storia del cinema” di Italo Moscati, che al modicissimo prezzo di 11 euro compie un viaggio esaustivo, lascerei perdere la storia di Rondolino perché ha un prezzo esoso, ma vale la pena di dire che per chiunque abbia studiato cinema, almeno a Torino, rimane un testo abbastanza fondamentale, e nonostante la mole, di facile lettura. Una storia va accostata a un manuale del film che può essere quello scritto da Rondolino e Tomasi oppure ci sono tantissimi altri volumi che potrebbero fare al caso vostro. Qui mi piace ricordare quello scritto da Sidney Lumet ed edito da Minimum Fax “Fare un film” che ha tutti i pregi del cinema del grande regista americano, oppure i volumi editi della Dino Audino che sono dei veri e

propri manuali, ci saranno più di una ventina di titoli che parlano specificatamente del linguaggio cinematografico val la pena citarne uno su tutti: “Narrare con le immagini” di Paolo Morales che ha un approccio più pratico ma che vi aiuterà a capire scelte e lavoro del regista.

Ecco la scansione temporale

1895-1918 – Il mondo scopre una nuova forma d'arte Il battesimo pubblico del cinema avviene a Parigi il 28 dicembre 1895, la macchina di Luise Lumiere arriva alla meta dopo una serie di altri prototipi a cominciare da quelli inventati oltreoceano da Edison come il kinestoscopio e il Vitascope ma in realtà il cinema ha una sua storia precedente, dalle lampade magiche, ai diorami, fino ad arrivare allo Fenachistoscopio e alla scoperta della persistenza retinica che apre alle macchine dell'illusione una nuova via, una su tutte lo zootropio, per stupire gli spettatori. Con lo sviluppo della fotografia. Con gli studi sul movimento del corpo umano e animale di Étienne-Jules Marey e il suo fucile fotografico, entriamo in quella che è la dimensione dell'immagine in movimento, anzi in questo caso l'immagine serve a studiare meglio il movimento e quello che sarà il rallenty viene usato da Marey per scoprire come il corpo si muove nello spazio. Il cinema quindi è legato fin da subito alla tecnica e alla meccanica.

A partire dal 1896, il catalogo dei Lumière comprese centinaia di immagini di Spagna, Egitto, Italia, Giappone e molti altri, ma rimasero comunque famosi per le loro "vedute", film di finzione e brevi scene comiche. Da ricordare inoltre, che alcuni dei film girati dai loro operatori introdussero importanti innovazioni tecniche. A Eugène Promio, ad esempio, si attribuisce l'invenzione del movimento di macchina; le cineprese erano sorrette da treppiedi fissi che non permettevano alla macchina di ruotare o effettuare panoramiche. Nel 1896, Promo introdusse il movimento in una ripresa di Venezia, mettendo il treppiede su una gondola, e perfezionò questa tecnica, posizionando la macchina su navi e treni. In generale i fratelli Lumière, trasformarono il cinema, insieme a qualche altra società, in un fenomeno internazionale.

1903-1918 – Il brivido diventa raccontoMa il cinema dei Lumiere fatto principalmente di riprese di esterni era al tramonto perché se è vero che avere un pennello in mano non fa di te Caravaggio è vero che un pennello in mano a Caravaggio diventa uno strumento d'arte. Quindi il cinema in mano a un illusionista come George Méliès diventa arte, magia. Nel primo anno della sua attività, Méliès girò settantotto film, incluso il primo in cui fece uso di trucchi: "Escamotage d'une dame chez Robert-Houdin" (Sparizione di una signora al Robert-Houdin, 1896), in cui Méliès interpreta un mago che trasforma una donna in scheletro. Il trucco consisteva nel fermare la ripresa e sostituire la donna con uno scheletro. In seguito fece uso del fermo macchina e altri effetti speciali per creare scene fantastiche e di magia più complesse. Tutti i suoi trucchi erano realizzati in fase di ripresa, poiché, erano pochissime prima della metà degli anni venti, le manipolazioni che potevano essere fatte in laboratorio. Nel 1897, costruì un piccolo teatro di posa con pareti di vetro che permise di disegnare e creare scenografie su fondali di tela. Méliès, cominciò ad unire inquadrature diverse e a venderle come un unico film. I suo film, in particolar modo quelli di genere fantastico, diventarono molto famosi in Francia e all'estero. Tra le sue opere più famose, ricordiamo "Le voyage dans la lune" (Viaggio nella Luna, 1902).Anche in inghilterra il cinema si diffonde rapidamente e proprio qui che il linguaggio del cinema inizia a prendere forma attraverso il primo piano, il dettaglio e il montaggio diversi piani. Inizia quindi a staccarsi da quella messa in scena derivativa del teatro che anche Méliès nonostante la sua inventiva non era riuscito a spezzare completamente. "The Big Swallow" (Il grande boccone, 1900) di Williamson è un buon esempio dell'ingegnosità dei registi di Brighton: l'inquadratura iniziale ritrae un uomo su uno sfondo bianco che si arrabbia perché non vuole essere ripreso; cammina in avanti avvicinandosi alla macchina da presa e spalanca la bocca come se volesse ingoiarla. Con uno stacco impercettibile, la sua bocca viene sostituita da un fondale nero e si vedono l'operatore e la

cinepresa cadere nel vuoto. Un altro stacco invisibile ci riporta alla bocca aperta e l'uomo indietreggia, ridendo e masticando in maniera trionfante. Nel 1908, Alfred Capus, sceneggiatore della società francese Film Art, affermò che per mantenere viva l'attenzione del pubblico, era necessario mantenere una connessione fra un'inquadratura e quella precedente. In questo periodo, i registi, svilupparono delle tecniche che, a partire dal 1917, avrebbero formato il principio di continuità narrativa del montaggio. Questo sistema comprendeva tre modi fondamentali per unire le sequenze: il montaggio alternato, il montaggio analitico, e il montaggio contiguo. Il film più rappresentativo, dei kolossal storici italiani dei primi anni Dieci, è “Cabiria” di Pastrone. La soluzione di messa in scena più innovativa risiede nell’uso del carrello, brevettato da Pastrone nel 1912: la funzione più ricorrente è la connessione all’interno dello stesso piano tra due o più elementi della scena (si può partire dal piano generale per inquadrare una porzione particolare o viceversa); in altri casi il carrello serve semplicemente a scoprire e dilatare la vastità scenografica di un ambiente. Le singole inquadrature del film aumentano la visibilità e la dinamicità interna della scena. Lo spazio scenografico non è più un fondale dipinto bidimensionalmente: le scenografie diventano reali e ‘monumentali’, vere costruzioni architettoniche protagoniste dell’inquadratura. Importanza rilevante ha anche la luce: con l’utilizzo della lampada elettrica ad arco Pastrone ha la possibilità di governare con maggior precisione la direzione dei fasci di luce, aumentando gli effetti di contrasto, le ombre, i volti.

1918-1928 Il trionfo del cinema americanoCon il declino dei cortometraggi e l'affermarsi degli spettacoli più lunghi, il cinema diventa grande e non è più solo un divertisment ma ha una programmazione serale vera e propria come il teatro. Durante gli anni Venti, cominciò ad affermarsi la generazione di registi che avrebbero dominato i tre decenni successivi del cinema americano: John Ford, King Vidor e altri nomi famosi come D.W.Griffith (già autore di "Nascita di una Nazione", Eric von Stroheim, Murnau e altri ancora. Il più grande successo di David Wark Griffith in quegli anni fu "Le due orfanelle" (Orphans of the Storm, 1922). Griffith girò un altro film epico, "America" (1924), sulla Rivoluzione Americana. Tentò anche l'avventura del sonoro con due pellicole di cui la più ambiziosa fu "Abraham Lincoln" (1930); poco dopo la sua carriera si interruppe definitivamente, fino alla morte avvenuta nel 1948. Griffith si concentra in particolare sulle diverse opzioni di montaggio, studia le risorse drammatiche della profondità di campo, è attirato dal dinamismo della composizione interna al quadro e dall’attenzione per i dettagli, i primi piani e per i contrasti di luce. In particolare si pone due obiettivi : Il primo rendere comprensibili strutture narrative sempre più complesse: tramite il montaggio alternato lo spettatore inizia a capire che la successione tra due inquadrature può esprimere una relazione di simultaneità tra due azioni. Il secondo investire il cinema di responsabilità ideologiche e morali: i film di Griffith sono attraversati da umanitarismo, dall’esaltazione dei valori della comunità, dal mito della nuova nazione. Il lieto fine diventa la forma privilegiata della ideologia di riconciliazione. Anche se Griffith lavora sulle possibilità narrative espresse dal montaggio non vuol dire che i suoi film utilizzino già le regole del cinema classico. L’uso del primo piano, per esempio, eccede spesso la sua funzione narrativa per assumere una valenza simbolica, finendo per far esprimere una particolare condizione interiore o sociale.

1918-1932 - I grandi registi ribelli nel mondoIl cinema si espande nel mondo e oltre a diventare lo spettacolo più popolare inizierà ad attirarsi le simpatie di artisti e sperimentatori.Con il successo de “Il gabinetto del dottor Caligari” del 1920 di Robert Wiene inizia in Germania il periodo del cinema espressionista. Il film punta a distorcere la realtà e gioca sull’ambiguità degli interni e degli esterni. Il film è importante soprattutto per le scenografie irreali e deformate (bidimensionali) che servono per esprimere una “dimensione allucinatoria” e ossessiva, degli spazi

irregolari, che disorientano lo spettatore, di giochi di luci ed ombre e per la ricchezza visiva delle immagini che mostrano una visione angosciata e alterata del reale. Gli altri registi sono Murnau e Lang Friedrich Murnau con “Nosferatu il vampiro” del 1923 usa il castello, con le architetture ovali ed i passaggi oscuri per rappresentare uno spazio dove si nasconde il mistero. La nave invasa dal vampiro è una sorta di veliero fantasma in cui le vele e gli alberi sono lo scenario della presenza del male. La città quasi deserta rappresenta un cimitero urbano molto suggestivo, amplificato dai contrasti di luci ed ombre. Tutti gli elementi visivi sono immersi in un’atmosfera cromatica segnata da un lento, progressivo al chiaroscuro. Fritz Lang con “Metropolis” del 1927 si concentra sulla sperimentazione tecnica e sulla dimensione visiva. Emerge infatti un gusto per l’espressionismo geometrico ed iper-tecnologico che fanno di Metropolis un film monumentale ed un’esperienza di ricerca sulle potenzialità espressive e spettacolari del cinema.Dopo la rivoluzione d'ottobre anche in Russia il cinema si fa avanti e mentre Lev Kulesov dirige la scuola statale di cinematografia, compiendo alcuni esperimenti fondati sul montaggio, Sergej Ejzenstejn gira “Sciopero”, “La corazzata Potemkin” e “Ottobre”dove le teorie del contrappunto sonoro troveranno un'applicazione pratica.

Dziga Vertov esalta le potenzialità della macchina da presa come cineocchio molto più perfetto dell’occhio umano e dello sguardo meccanico. Realizza un cinema non recitato, costituito da immagini-fatto e imponendo il linguaggio degli eventi nella loro immediatezza contro il linguaggio dello spettacolo. La presentazione del mondo è analisi razionale del reale. Il montaggio è la totalità del processo di realizzazione del film, ossia un’esperienza complessiva di selezione, verifica e organizzazione visiva del mondo. In “L’uomo con la macchina da presa” del 1929 realizza montaggi rapidi e ritmici, composizioni anomale all’interno delle inquadrature.

In Francia invece sono le correnti artistiche che portano avanti il linguaggio cinematografico in particolar modo i surrealisti. “Le retor a la raison” del 1923 di Man Rey nel quale appaiono riprese in esterno, immagini di una modella nuda, ed anche puntine da disegno, sale e pepe disseminati casualmente sulla pellicola per avere un risultato di un insieme di materiali caratterizzati dal caos e dal rifiuto della forma. “Entr’acte” di Renè Claire del 1924. Il film è uno spazio in cui viene visualizzato un modello di scrittura fondato sull’eterogeneità e la discontinuità, sull’arbitrario e il non-sense. Diverso è “Ballet mècanique” del 1924 di Fernand Leger: il film riflette l’attenzione prevalente agli oggetti ed alle dinamiche metropolitane come immagini privilegiate della modernità. Si esalta la rapidità del montaggio ed il ritmo visivo e insieme il gigantismo degli oggetti che le riprese ravvicinate possono permettere. “Un chien andalou” del 1929 (prevale la dimensione fantasmatica e le ossessioni psichiche dominano la scena. Si rivela come un film dedicato al difficile processo di costituzione dell’identità sessuale del giovane protagonista, attraverso le avventure discontinue del desiderio e differenti forme di regressione) e “L’age d’or” del 1930 (che intreccia caoticamente dinamiche dell’eros e della violenza all’interno di 6 episodi diversi) realizzati da Luis Bunuel in collaborazione con Salvator Dalì.

Gli anni '30. I grandi film americani di genere e la brillantezza dei film europeiL’introduzione del sonoro portò a Hollywood diversi registi teatrali di New York. Tra questi c’era Gorge Cukor, che si specializzò in prestigiosi adattamenti letterari fra cui “Margherita Gautier” (1936) con Greta Garbo, e “David Copperfield” (1935), con W.C.Fields. Durante questo periodo, Cukor lavorò soprattutto alla MGM. Da Broadway veniva anche Rouben Mamoulian, che attirò l’attenzione con i fluidi movimenti di macchina del suo “Applauso” (1929). Un altro regista venuto da Broadway fu Vincente Minnelli, che divenne specialista di musical. Nel 1940 entrò nella divisione musical della MGM che, sotto il produttore Arthur Freed, avrebbe presto radunato alcuni dei migliori talenti musicali di Hollywood, da July Garland a Gene Kelly e Fred Astaire. Il suo film più celebrato del periodo bellico fu “Meet Me in St.Louis” con Judy Garland. Negli anni ‘30 Preston Sturges scriveva sceneggiature, ma passò alla regia con “Il grande McGinty” (1940) e “Il

miracolo del villaggio” (1944). Un altro sceneggiatore passato alla regia era John Huston. Huston passò gran parte della guerra sotto le armi e girò alcuni importanti documentari bellici prima del suo ritorno a Hollywood dopo il 1945. Tra i registi emersi fra il 1930 e il 1945 colui che avrebbe avuto più influenza fu Orson Welles, che aveva già raggiunto il successo in numerosi altri campi.

1939-1952 – La devastazione della guerra e un nuovo linguaggio filmicoHo tralasciato il western di John Ford e il Noir di John Huston, Billy Wilder e Howard Hawks che contribuiranno non poco a una nuova formulazione del cinema, e mi sono concentrato su “Quarto potere” e “Roma città aperta” lontanissimi e pure così simili nel cercare un nuovo linguaggio per raccontare con ancora più aderenza storia e personaggi.Proprio Welles con “Quarto potere” (Citizen Kane 1940) rivoluzionerà il cinema portandolo nella sua dimensione moderna. Il film presenta una struttura complessa affrontando il racconto della vita di un uomo dalla sua infanzia alla sua morte, ma lo fa in modo rivoluzionario e destabilizzante: costruisce il film su dichiarazioni di persone che nella loro vita hanno avuto a che fare con Charles Foster Kane. La continuità temporale della sua vita è rimaneggiata dai personaggi attraverso il flashback (il ricordo visualizzato, molto più difficile da mettere in discussione rispetto a quello verbalizzato); quindi è difficile per lo spettatore ricostruire la storia attraverso questi frammenti restituiti dalle diverse testimonianze. Il motore di tutto il film è l’inchiesta avviata dal giornalista Thomson, sul significato della misteriosa parola ‘Rosebud’ pronunciata da Kane in punto di morte. Questo film è quindi un enigma che si risolve tra autore e spettatore. L’utilizzo del cinema permette di fare un patto d’intesa con lo spettatore, mentre tutti gli altri personaggi della storia non faranno altro che cercare di depistare lo spettatore con altre possibili soluzioni interpretative. Nella realizzazione del film Welles privilegia in particolare: - le riprese in profondità di campo, in cui tutti gli elementi articolati su più piani distinti sono messi a fuoco. L’articolazione dell’inquadratura su diversi livelli di profondità risponde ad una precisa logica narrativa: gli elementi che compongono ogni livello hanno un significato ben preciso . A differenza del decoupage classico, in cui il regista impone il proprio decoupage, qui è proprio lo spettatore a potersi ritagliare in tutta libertà il proprio decoupage. Secondo Bazin la profondità di campo pone lo spettatore in un rapporto con l’immagine più vicino a quello che egli ha con la realtà. Tuttavia la profondità di campo di Welles è costruita e articolata secondo una volontà drammatica ben precisa che indirizza lo sguardo dello spettatore su precisi elementi dell’inquadratura (come per es. dialoghi, voci, disposizione di oggetti o personaggi, anche tramite l’uso dell’illuminazione), tanto che in essa si ritrova un “montaggio interno”, cioè una forma di montaggio che non si costruisce a partire dal rapporto tra più inquadrature, ma all’interno di un unico piano. Il montaggio infatti non è altro che la messa in relazione di due o più elementi che possono esserci anche all’interno di una singola inquadratura. Il piano sequenza è per lo più in combinazione con la profondità di campo. Entrambi queste soluzioni del discorso aprono la strada al cinema moderno.

Un altro salto verso un cinema completamente diverso è quello fatto da Rossellini con “Roma città Aperta” (1945) aprendo di fatto la strada al neorealismo che farà conoscere in nuovo cinema italiano post-bellico e post-fascista in tutto il mondo. Nella prima parte domina il senso dell’azione, prevale il senso del fatto in quanto tale, mentre nella seconda parte prevale il tema della parola, spesso non detta. Nella sala della tortura infatti c’è qualcosa che si dovrebbe dire ma dirla o meno vorrebbe dire prendere una posizione politica. Questa parola detta –non detta, rientra nella logica del tradimento. Nella prima parte ci sono riprese in esterno, fatte in strada, nella seconda compare un ambiente claustrofobico e labirintico, poiché composto da un salottino molto lugubre da luoghi fumosi e ombreggiati e infine dalla camera delle torture. La prima parte si conclude con la morte di sora Pina: questa sequenza risulta scioccante perché è enormemente dilatata: vengono inseriti al suo interno molti altri episodi (le donne che scendono in cortile, il prete che finge una estrema unzione). In questo modo la morte della sora Pina appare più

dura e con una scelta rischiosa e inedita perché la protagonista muore a poco più della metà del film. La seconda parte si conclude con la morte di don Pietro che chiede il perdono per i bambini. Il sistema dei personaggi messo in scena è complesso perché ogni personaggi intrattiene rapporti sia con i buoni che con i cattivi, nella logica che il buono non è distaccabile dal cattivo: non ci sono personaggi da sacrificare o condannare, sono tutti vinti dalla guerra. Ogni personaggio vive un profondo senso di colpa: sora Pina ha un figlio prima di sposarsi, Lauretta beve, Marina non si accontenta di quello che ha e cerca un riscatto sociale con il tradimento, la prostituzione e la droga, don Pietro non si accontenta di essere un prete e cerca di fare l’eroe. Il fatto che i dialoghi dei tedeschi non siano sottotitolati, si spiega con la volontà di Rossellini di far rimanere il suono tedesco un suono minaccioso e nemico, al di là del contenuto

1953-1957 Il racconto enfatico. Il cinema mondiale sul punto di esplodere1957-1964 – La scossa del nuovo. Forme moderne di cinema nell'Europa occidentaleVado rapido perché lo spazio non è molto e perché poi non voglio sostituirmi alle storie del cinema già citate precedentemente. In America la paura del comunismo raggiunge livelli patologici e Il timore di un’espansione rossa porta ad un clima di sospetto e ad una vera persecuzione contro chiunque possa essere coinvolto in presunte attività antiamericane. Questo clima coinvolge anche Hollywood dove si arriva alla compilazione di una vera e propria lista nera dei registi : Chaplin è costretto all’esilio in Europa, altri registi, presenti nella lista nera, per evitare l’allontanamento da Hollywood preferiscono denunciare i loro colleghi. Il caso più clamoroso sarà quello di Elia Kazan che fornirà al senatore McCarty una lista di nomi.Mentre in Europa L’assenza di un movimento innovatore è comunque compensata dalla presenza di un ristretto gruppo di autori il cui cinema riesce ad imporsi nel mondo dei media e in quello dei costumi, oltre che nell’ambito cinematografico. Autori come Luis Bunuel, Ingmar Bergman, Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Tati, riescono ad imporsi sul piano internazionale. Gli elementi che tengono insieme questo gruppo di autori sono vari: Il lavoro del regista si estende a tutte le fasi della lavorazione del film, dall’ideazione al montaggio definitivo; I film d’autore si caratterizzano per una complessità di contenuti, spesso di non facile lettura e che liberano il cinema da ogni residuo commerciale; sul piano dello stile, i film d’autore si caratterizzano per una particolare originalità espressiva, portando a nuovi modi di rappresentazione; ciò impone anche un nuovo tipo di spettatore, la cui funzione principale è legata ad un accrescimento culturale: deve giocare un ruolo attivo per decifrare la ricchezza semantica del film. Inoltre il film d’autore è reso riconoscibile perché si ripropongono forme e contenuti anche negli altri film dello stesso autore che lo rendono così riconoscibile.

1965-1969 – Le “Nouvelles Vaugues”. Nuove ondate si propagano nel mondoNel maggio del 1959 vengono presentati al Festival di Cannes, “I 400 colpi” di Truffaut e “Hiroshima mon amour” di Resnais e con il termine ‘nouvelle vague’ (nuova ondata) si intende indicare quel gruppo di autori cresciuti come critici negli anni precedenti attorno alla rivista Cahiers du Cinema nati intorno alla figura del critico e teorico Andrè Bazin.In seguito il termine indicherà il movimento cinematografico, anche se più che movimento esso si riferisce ad un’ipotesi di cinema, ad una nuova idea che sta dietro ai loro film. Questo gruppo di giovani critici negli anni ’50 una critica molto schierata e verranno chiamati in seguito “giovani turchi” perché animati da idee rivoluzionarie: polemizzano contro il cinema francese perché privo di qualità cinematografica e perché troppo “scritto” con i dialoghi non rispecchiano la realtà. Il cinema della nouvelle vague è un cinema d’autore in cui il regista è il solo responsabile dell’opera; quindi è un cinema fortemente personale. I registi della nouvelle vague vanno contro un cinema piattamente commerciale. Anche per questo motivo propongono prodotti a basso costo: lasciano i teatri di posa a favore degli ambienti naturali, si servono di piccole troupe, usano apparecchiature ridotte, e girano con attori non professionisti. Ma l’apporto innovativo non è legato solo alla riduzione dei costi. Gli obiettivi che si cerca di raggiungere sono: uno sguardo

cinematografico nel quale realismo e finzione si mescolino e che riesca a rivelare il dato fenomenico (come aveva fatto il migliore neorealismo italiano) e non a riprodurlo; Si cerca di sottrarsi alla concatenazione obbligatoria dei fatti, facendo entrare nel racconto l’elemento casuale, dando spazio all’improvvisazione. Viene ridefinito il ruolo della donna, non più segno di femminilità e sessualità, ma che cerca la propria indipendenza, che sceglie il suo destino. Punta del movimento è Jean-Luc Godard che con i primi suoi film definirà perfettamente l'approccio alla regia, e alla materia filmica rendendola spigolosa, incostante nel tempo e nello spazio e febbrile.L'onda nuova colpirà un po' tutto il mondo dall'America latina con il cinema Nȏvo, passando per New York fino ad arrivare alla Gran Bretagna con il Free cinema.

1967-1979 – Il nuovo cinema americanoMentre il sistema degli studi crolla e l'affermarsi della televisione fa cadere a picco i biglietti staccati in sala, in America la Nouvelle Vague raccoglie adepti, e circa dieci anni dopo a Cannes si affacciano i nuovi autori Usa, Dennis Hopper porta sul mare della costa Azzurra il suo “Easy Rider”In pochi anni si affermano registi come Coppola, Scorsese, Altman, Cassavetes. Ma dall'inizio alla metà degli anni ‘70, gli studios che avevano da poco scampato la minaccia della bancarotta ottennero profitti mai raggiunti prima: "Lo squalo" superò i 100 milioni di dollari d'incasso solo negli Stati Uniti; "Guerre stellari" arrivò a quasi 200 milioni di dollari che, nel 1980, erano diventati 500 grazie alla circolazione del film in tutto il mondo.

Gli anni '70 e oltre. Nuovi linguaggi nel cinema popolare e gli ultimi giorni della celluloide prima dell'arrivo del digitaleIl cinema come abbiamo visto dalla fine degli anni '70 in poi procede in due linee parallele: Il cinema commerciale, grazie alla rinascita di Hollywood e alla specializzazione e ricodificazione dei generi e il cinema d'autore che si allarga fino al bacino dell'est. Il sistema americano investe ad esempio nelle serie (Rocky, Terminator, Rambo, Alien, Indian Jones) a lungo associate con film di serie B, vennero considerate un buon investimento. Iniziò l'epoca delle "sinergie": il film diventava una pedina in una più ampia strategia di marketing che coinvolgeva l'etichetta discografica della compagnia, i suoi canali televisivi e il merchandising. La Warner Communications Incorporated

rinnovò l'immagine di Batman nei fumetti prima di realizzare il film "Batman" (Id., di Tim Hurton, 1989) che, in cambio, produsse una marea di gadget e due album. Il nuovo cinema internazionale d'autore non tralascia la critica politica. Negli anni ‘70 ad esempio il nuovo cinema tedesco si stava conquistando il rispetto di tutto il mondo attraverso il lavoro di cineasti come Werner Herzog, Wim Wenders e Rainer Werner Fassbinder che apparve sulla scena internazionale con grosse produzioni che avevano come protagonisti attori famosi. Grazie al successo internazionale de "Il matrimonio di Maria Braun" (Vie Ehe der Maria Braun, 1978), poté affidarsi a coproduzioni su larga scala come "Lili Marleen" (Id., 1980), "Lola" (Id., 1981) e "Querelle" (Id., 1982). In questi ultimi film il colore e i costumi sono usati per stilizzare il mondo dei personaggi: fasce irrealistiche di luce viola che passano attraverso un viso ("Lola") o un bagliore arancione che emana da un pontile ("Querelle") e, ancora, primissimi piani di dettagli storicamente pregnanti che interrompono l'azione de "Il matrimonio di Maria Braun". Anche le donne prendevano il loro posto nel cinema: come le commedie sull'amicizia femminile e sui rapporti fra uomo e donna dell'italiana Lina Wertmüller, della tedesca Doris Dorrie e delle francesi Diane Kurys e Coline Serreau ottennero grande successo. Altre registe espressero preoccupazioni femminili o femministe attraverso le convenzioni del cinema d'arte: Marguerite Duras, Margarethe von Trotta e anche Agnès Varda, vincitrice del Leone d'oro alla Mostra del Cinema di Venezia con "Senza tetto ne legge" (Sans toit ni loi, 1985) e Jane Campion.

Gli anni '90. I primi giorni del digitale.Il decennio è sicuramente dominato da una lunga scia di postmodernismo che vede nelle figura di Tarantino una delle massime espressioni. Dall'altra parte il movimento Dogma che fa capo a Lars Von Trier cerca di riportare il cinema a una sua primitività attraverso un decalogo. “Festen” e “Idioti” sono due titoli per provare a capire il movimento che ricorda molto l'approccio dei ragazzi dei Cahiers trent'anni dopo. Nel frattempo il progresso tecnologico introduce effetti speciali sempre più sofisticati come il Bullet time e il miglioramento delle riprese attraverso l'uso del green screen spingono l'uso massiccio di Cgi e altri effetti nella post produzione. Un film su tutti è “Matrix” che uscito nel 1999 sta a cavallo con le due epoche inaugurando di fatti il cinema del 200

(I testi sono tratti da: “Introduzione alla storia del cinema autori, film, correnti” a cura di Paolo Bertetto, Utet – Storia del cinema, AA.VV. Www.cinemadelsilenzio.it)

Il linguaggio cinematografico - Solo un altra grammatica

“Ognuno di noi ha dunque in testa un dizionario, incompleto lessicalmente, ma praticamente perfetto, del sistema dei segni linguistici della sua cerchia e della sua nazione. L’operazione dello scrittore consiste nel prendere da quel dizionario, come oggetti custoditi in una teca, le parole, e farne un uso particolare: particolare rispetto al momento storico della parola e al proprio. Ne consegue un aumento di storicità della parola: cioè un aumento di significato[...]. Per l’autore cinematografico, l’atto che è fondamentalmente simile, è molto più complicato. Non esiste un dizionario delle immagini. Non c’è nessuna immagine incasellata e pronta per l’uso. Se per caso volessimo immaginare un dizionario delle immagini dovremmo immaginare un dizionario infinito, come infinito continua a restare il dizionario delle parole possibili[...]. Descritta dunque toponomasticamente, l’operazione dell’autore cinematografico non è una ma doppia. Infatti: 1) egli deve prendere dal caos im-segno, renderlo possibile, e presupporlo come sistemato in un dizionario degli im-segni significativi (mimica, ambiente, sogno, memoria); 2) compiere poi l’operazione dello scrittore: ossia aggiungere a tale im-segno puramente morfologico la qualità espressiva individuale. Insomma mentre l’operazione dello scrittore è un’invenzione estetica, quella dell’autore cinematografico è prima linguistica poi estetica”. (Pier Paolo Pasolini, Empirismo Eretico, Garzanti, Milano 1972, pp. 169-170)

Parto da qui perché le riflessioni che fa Pasolini andando a scomodare gli elementi di linguistica generale sono abbastanza interessanti. Iniziamo però dalle basi ovvero da quello che bisogna sapere per leggere correttamente un film: prima di tutto le inquadrature.In questa illustrazione trovate spiegate in modo molto semplice ed efficace le possibili inquadrature presenti in un film dal campo lunghissimo fino al dettaglio.

In quest'altra illustrazione si può vedere la regola dei 180° che serve a mantenere la continuità tra i diversi piani. Come potete vedere i soggetti (figura 1) sono attraversati dalla linea di campo e la macchina non deve mai oltrepassarla. Le camere posizionate in questo modo compongono il decoupage classico (figura 2). La maggior parte dei film ancora oggi è costruita su questa regola.

Altro elemento fondamentale di un film è il montaggio.Il Montaggio Alternato Prima del 1906, nei film narrativi non ci si spostava avanti e indietro fra azioni che avvenivano in luoghi diversi; al contrario, nella maggior parte dei casi, un'azione continua formava l'intera storia. Il genere popolare dell'inseguimento ne fornisce il migliore esempio. Se le azioni erano diverse, il film si concentrava su ognuna di esse nella sua interezza e quindi passava alla successiva. Uno dei primi importanti casi in cui l'azione si sposta davanti e dietro fra luoghi diversi, con almeno due sequenze in ogni luogo, è "The 100 to 1 Shot, or A Run of Luck" (Una probabilità su cento o una corsa verso la fortuna, 1906, Vitagraph). Nel cinema delle origini il montaggio alternato veniva utilizzato anche per altri tipi di azione oltre ai salvataggi. David Wark Griffith è il regista più spesso associato con la tecnica del montaggio alternato. Uno dei film in cui fece un uso esteso e pieno di suspense di questa tecnica fu "The Lonely Villa" (La villa isolata, 1909). Nel 1912 questa tecnica era ormai comunemente usata nei film americani.

Il Montaggio Analitico Questa definizione si riferisce a quel tipo di montaggio che suddivide uno spazio unico in inquadrature diverse. Un modo semplice per farlo era quello di inserire inquadrature ravvicinate di ciò che stava accadendo; in questo modo un campo lungo mostrava l'intero spazio e uno più stretto dava maggior rilievo agli oggetti o alle espressioni del viso.

Il Montaggio Contiguo In alcune scene, i personaggi uscivano dallo spazio inquadrato per poi riapparire nell'inquadratura successiva. Questi movimenti erano tipici del genere dell'inseguimento: generalmente i personaggi correvano attraverso lo spazio inquadrato e ne uscivano; nell'inquadratura successiva, si vedeva un locale adiacente dove riprendeva il movimento della loro corsa. Non tutti i film di questo periodo mostrano i personaggi muoversi in modo coerente attraverso spazi contigui. Verso gli anni dieci, tuttavia, molti registi compresero che se si mantiene costante la direzione del movimento si aiuta il pubblico a seguire la traccia dei rapporti tra spazi differenti. Nel giro di pochi anni, i registi impararono a far muovere i personaggi nella stessa direzione. Verso la metà degli anni Dieci, la coerenza del movimento dei personaggi sullo schermo divenne una regola implicita del montaggio hollywoodiano. Qui sotto degli esempi di attacco in montaggio delle inquadrature

Altra cosa da sapere sono i generi cinematografici:Nati per orientare le scelte degli spettatori, nei vari decenni i generi hanno avuto alterne fortune e negli ultimi vent'anni, attraverso il post-modernismo, i generi molto spesso si trovano a convivere con qualche problema per i produttori (sopratutto americani) su come catalogare questa o quella pellicola. Diciamo che nella maggior parte delle recensioni troverete le due definizioni standard: “commedia” o “drammatico” che tradotti per i comuni mortali rispondono alla domanda secolare che dalle poltrone del cinema fino al divano di casa impegna le nostre sere: “Vogliano ridere o vogliamo qualcosa di più impegnativo?”. Questo non toglie che i film in circolazione sono molti e alcuni aderiscono perfettamente ai canoni qui sotto elencati, non c'è nulla di male a scrivere “Genere: azione” perché se c'è un uomo che si butta da una finestra all'altra e spara uccidendo nei primi 5 minuti 100 persone allora vale la pena essere espliciti. Attenzione però a non sbagliare l'indicazione del genere perché le nostre aspettative, se ad esempio leggiamo “commedia”, sono quelle di divertirci per buona parte del film.

Qui di seguito un elenco di generi:Western Il western è l'epica della frontiera americanaAvventura e AzioneMelodrammaCommedia romanticaGuerraNoirHorrorFantascienzaI generi hanno generato dei sottogeneri praticamente infiniti per cui districarsi rimane complicato e forse anche inutile.Se volete approfondire di più vi rimando al libro di Luca Aimeri e Giampiero Frasca “Manuale dei generi cinematografici” edita da Utet, o semplicemente alla pagina di Wikipedia dedicata all'argomento.

Critica cinematografica - abbagli e buone maniere

Eccoci alla parte che più vi può interessare intanto cominciamo con un intervento di Paolo D'Agostini, critico di Repubblica e di molte altre testate che descrive perfettamente cosa vuol dire recensire un film.

“Scrivere una recensione significa dedicarsi professionalmente a qualcosa che la maggioranza delle persone considera svago. È insomma “un gioco da trattare con serietà”, ci vuole preparazione, sensibilità, onestà verso il lettore. Il genere delle recensione fa un po' eccezione, intanto cos'è la recensione: cronaca o commento? Le due cose insieme. È un servizio informativo ma è anche l'espressione di un giudizio, di una valutazione , di un punto di vista.E poi la recensione, non va dimenticato proprio per prendere le giuste misure, tratta quasi sempre o molto spesso una merce destinata a essere venduta e comprata. Tratta una merce mentre tratta una notizia (l'uscita e quindi la disponibilità al pubblico dell'oggetto recensito), forse qualcosa che è merce prima che notizia. Il recensore tuttavia dovrebbe, anzi deve, mantenersi indipendente e libero. Può sembrare un'affermazione retorica, ma non lo è. Quello che un recensore deve sempre ricordare, come del resto ogni giornalista, è che il suo referente non è il mondo professionale dentro il quale agisce: nel nostro caso autori, registi, attori, produttori, uffici stampa, colleghi-competitori. Il suo referente è il potenziale lettore-spettatore. È verso i lettori-spettatori che egli è responsabile. Verso chi lo compra, lo legge e si fida di lui.Va ricordata la giusta distanza dalle cose a costo di banalizzare: recensire un film, evidentemente e fatta salva la doverosa civiltà verso l'oggetto che si tratta e verso il lavoro che esso ha comportato, non è mai una questione di vitale importanza come lo sono per esempio la guerra, le tasse, la criminalità, le pensioni. D'altra parte il recensore si occupa di qualcosa che, pur nella dimensione del tempo libero e dell'evasione, riguarda da vicino la vita di tantissimi esseri umani. La condizione un po' stravagante e anche privilegiata del recensore è quella di dedicarsi professionalmente e sistematicamente, tanto da ricevere un compenso, a qualcosa che per la stragrande maggioranza dell'umanità è svago.Allora diciamo che, se è un gioco e se non guasta mantenere memoria e consapevolezza di questo, è un gioco da trattare con serietà, preparazione, onestà, rispetto, dignità.La recensione è un intervento molto diverso dal saggio, è immediata e deve fare i conti con i limiti di spazio e di tempo. La recensione è una reazione a una visione mentre il saggio è una riflessione prolungata nel tempo e nello spazio su un oggetto visivo.Il recensore non ha reti e per questo si espone anche al senso del ridicolo. Uno dei maggiori divertimenti può essere quello di rileggere vecchie recensioni e scoprire quanti erano fuori strada oppure possedevano il dono della “veggenza”.Come punti di riferimento però bisogna sempre tenere conto che stiamo rendendo un servizio agli altri per cui non ce quasi mai “bello” e “brutto” in senso assoluto e comunque sarà il futuro a dimostrare il capolavoro o a decidere l'oblio di una pellicola. Stroncare o elogiare sono strade percorribili solo in rari casi di cui comunque dovremo prenderci la responsabilità.Tecnicamente la recensione dovrebbe essere capace di contenere, sempre tenendo conto dello spazio, la massima quantità d'informazione possibile riguardo al film. Molti giornali hanno una loro impaginazione in cui è chiaro fin da subito come è impostata la recensione. Anche riassumere la trama è già di per sé un esercizio di scrittura: dobbiamo raccontare il film senza raccontarne troppo. Poi bisogna dare, facendoli entrare nello spazio eventuali riferimenti letterari e cronachistici e anche riannodare l'ordito del lavoro del regista o di chi ha realizzato il film con i film precedenti senza che questo diventi però una lente deformante con cui leggere il lungometraggio. Si passa poi al giudizio non evasivo o elusivo, una valutazione che non può essere che soggettiva provando a non trasformarla in una sentenza senza appello. Ma anche le generiche

“Bella fotografia” oppure “Bravi gli attori” ,“location stupende” vanno lasciate a casa, o si ha un'opinione precisa oppure si tace(Paolo D'Agostini in “Saper Scrivere” pag 89-93 vol.7 DeAgostini)

Come abbiamo detto al nostro incontro oltre che un gioco la recensione investe la sfera del nostro io, quando scegliamo di proporre un film già visto a qualche amico compiamo un gesto di affetto e intimo, in qualche modo ci scopriamo verso gli altri, lasciando intravedere i nostri gusti, la passione per alcune storie, e sentirsi liquidare banalmente con la frase: “Questo film è brutto” ci frustra parecchio. Dall'altra parte l'eccessivo amore, proprio come capita a tantissimi registi, non ci fa vedere un film per quello che è o meglio e semplicemente: abbiamo sbagliato il consiglio. So per certo che non posso consigliare i film di Bela Tarr, un regista ungherese che produce dei lungometraggi potentissimi sia dal punto di vista visivo che concettuale, a chiunque perché senza la dovuta preparazione rischierei di far passare Bela Tarr come un regista noioso da cui è meglio stare lontani. Anche la delicatezza della scelta quando si consiglia un film non è una cosa scontata.

Vediamo tecnicamente come si può organizzare una scheda

Titolo (tra parentesi il titolo nella lingua originale)Regia (o semplicemente “di”)Con (il cast principale degli attori)Genere (li abbiamo visti appena sopra)Durata (quanto dura il film espressa in minuti)Nazionalità (di solito si usa la sigla a tre lettere ma va bene anche il nome completo del paese e si aggiunge l'anno)Casa di produzione (non sempre obbligatoria ma sono i proprietari del film)Sinossi (La trama in tre righe senza anticipare troppo. Scrivere la sinossi è una piccola arte ma la parola più semplice che mi sento di suggerirvi è curiosità, non c'è nulla di più intelligente di una sinossi che ci fa venire voglia di vedere un film)Giudizio che noi cambieremo in un più sobrio “Cosa pensa chi l'ha visto” (il giudizio dovrebbe stare tra le 10 e 20 righe o comunque non superare le 3000 battute, questo è il cuore della scheda)

Vediamo, giusto per fare esempi diversi, tre recensioni dello stesso film.

Titolo Le MeraviglieRegia Alice RohrwacherCon Maria Alexandra Lungu, Sam Louwyck, Alba Rohrwacher, Sabine Timoteo, Agnese GrazianiGenere drammaticoDurata 111 minutiNazionalità Italia 2014Casa di produzione La tempestaSinossi Gelsomina è un'adolescente introversa che vive nella campagna umbra con i genitori e le sorelline. Primogenita tutelare e solerte nelle faccende familiari, la ragazza è inquieta e vorrebbe andare via, scoprire il mondo che comincia dopo il suo casale. A trattenerla è un padre esclusivo e operaio, alla maniera delle sue api, che guarda a lei ancora come a una bambina (tratta dal sito My movies)Giudizio:

Il primo è di Fabio Ferzetti da “Il Mattino” del 18 maggio 2014Il Secondo è di Cristina Piccino da “Il manifesto del 18 maggio 2014Il terzo è di Gian Luigi Rondi da “Il tempo” del 22 maggio 2014Il quarto è di Mariarosa Mancuso da “Il foglio” del 24 maggio 2014

Come si può leggere il giudizio sul film cambia moltissimo a seconda della penna che lo scrive: Ferzetti si concentra sui rapporti famigliari e qua e la esprime il suo giudizio sottolineando la compattezza della regista. Piccino invece cerca delle letture più politiche ma le pone come domande e spesso si auto-disinnesca ma a differenza di Ferzetti, sia nella scrittura, che nella lunghezza del testo è meno asciutta e più prolissa. Rondi che è un decano della critica italiana invece ha un impostazione molto simile a Ferzetti ma spiega maggiormente la trama e gli snodi di quest'ultima, si capisce che per lui la solidità della storia è un pezzo importante dei film. L'ultimo intervento è quello della Mancuso che dalle righe del foglio, sempre molto critico con un certo cinema d'autore italiano (e qui si aprirebbe una noiosissima discussione sugli schieramenti della critica italiana che noi saltiamo a piè pari come si fa con le pozzanghere) ma che almeno ci dà l'occasione di leggere qualcosa di contro rispetto al film, Mancuso sceglie il sarcasmo per raccontare tutto il film, è proprio un modo completamente diverso rispetto agli altri tre ed esprime principalmente il suo giudizio e poco altro. A differenza degli altri pezzi poco capiamo della trama e molto, forse troppo, di quello che la giornalista pensa di questo film.

Detto questo è ora di darsi da fare, ormai ne sapete abbastanza per iniziare a guardare i film del catalogo della biblioteca e scrivere qualcosa sul sito. Qui di seguito una piccola appendice con una filmografia e bibliografia essenziale, buona visione.

Appendice

Bibliografia

“Sbatti Bellocchio in sesta pagina” - (Donzelli)“Il viaggio dell'eroe” - Vogler (Dino Audino)“Manuale del film” - Rondolino Tomasi (Utet)“Celluloide” - Pirro (Einaudi)“Breve storia del cinema” - Moscati (Bompiani)“Empirismo eretico” - Pasolini (Garzanti)“La forma dell'anima” - Tarkovskij (Bur)“Fare un film” - Lumet (Minimun fax)“In un batter d'occhi” - Murch (Lindau)“Appunti dalla prima fila” - Bianchi (Bur)“Il cinematografo” - Toulet (Electa/Gallimard)“Teoria del film” - Elsasser/Hagener (Einaudi)

Filmografia base:

I filmati degli operatori Lumiere Le voyage dans la Lune - MeliesIntolerance - GriffithNosferatu – MurnauMetropolis – LangLe avventure del principe Achmed – ReinigerNapoleon – GanceLa corazzata Potemkin – EjzensteinL'uomo con la macchina da presa – VertovGreed – StroheimTempi moderni – ChaplinUn chiens Andalou - BunuelLa passione di Giovanna d'Arco – DreyerL'Atalante – VigoLa regola del gioco – RenoirSentieri Selvaggi – FordViaggio a Tokyo – OzuRashomon – KurosawaIl grande sonno – HawksL'angelo azzurro – SternbergQuarto potere - WellesRoma città aperta – RosselliniLadri di biciclette – De SicaRocco e i suoi fratelli – Visconti Deserto Rosso - AntonioniViale del tramonto - WilderLa donna che visse due volte – HichcockUn condannato a morte è fuggito – Bresson

Il posto delle fragole - BergmanPlaytime – TatiFino all'ultimo respiro – GodardI quattrocento colpi – TruffautL'anno sorso a Marienbad – ResnaisLa collezionista – RohmerLe mani sulla città - RosiAccattone – PasoliniIndagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto – Petri2001 odissea nello spazio – KubrickStalker - TarkovskijMucchio Selvaggio – PeckinpahTaxi driver – ScorseseApocalipse now – CoppolaLa rabbia giovane – MalikC'era una volta in America - LeoneNashville – AltmanBertolucci – NovecentoFitzcarraldo – HerzogKoyaanisqatsi - ReggioConspirators of pleasure - SvankmajerBlue Velvet – LynchPulp fiction – TarantinoHana-BI – KitanoL'arca Russa - SokurovLe onde del destino – TrierSatantango – Tarr