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PIANO PROVINCIALE PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI (PPGR) (L.R. 26/2003) approvato con D.G.R. 9/11/2009, n. 8/10483 Adeguamento ai criteri per la localizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti urbani e speciali come da punto 5 della D.G.R. 21/10/2009, n. 8/10360: modifiche e integrazioni al capitolo 8 della relazione e relativa cartografia del PPGR approvato ENTE PROPONENTE Provincia di Pavia PROGETTISTI INCARICATI OIKOS Progetti Srl Il Legale Rappresentante Dott. Fausto Brevi Assessorato alla Tutela Ambientale Ruggero Invernizzi Settore Tutela Ambientale Il Dirigente Roberta Baldiraghi U.O.C. Rifiuti CONTRIBUTI DI SETTORE AL PROGETTO DI PPGR Ing. Giulio Giannerini (responsabile proposta di Piano) Dott. Geol. Fabrizio Finotelli (responsabile aspetti localizzativi) Dott. Mauro Perracino (responsabile Studio di Incidenza e VAS) Dott. Giovanni Santamaria (analisi cartografiche e GIS) Ottobre 2010 Provincia di Pavia

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PIANO PROVINCIALE PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI (PPGR)

(L.R. 26/2003) approvato con D.G.R. 9/11/2009, n. 8/10483

Adeguamento ai criteri per la localizzazione degli impianti

di gestione dei rifiuti urbani e speciali come da punto 5 della D.G.R. 21/10/2009, n. 8/10360:

modifiche e integrazioni al capitolo 8 della relazione e relativa cartografia del PPGR approvato

ENTE PROPONENTE Provincia di Pavia

PROGETTISTI INCARICATI OIKOS Progetti Srl Il Legale Rappresentante Dott. Fausto Brevi

Assessorato alla Tutela Ambientale Ruggero Invernizzi

Settore Tutela Ambientale Il Dirigente Roberta Baldiraghi U.O.C. Rifiuti

CONTRIBUTI DI SETTORE AL PROGETTO DI PPGR Ing. Giulio Giannerini (responsabile proposta di Piano) Dott. Geol. Fabrizio Finotelli (responsabile aspetti localizzativi) Dott. Mauro Perracino (responsabile Studio di Incidenza e VAS) Dott. Giovanni Santamaria (analisi cartografiche e GIS)

Ottobre 2010

Provincia di Pavia

Il presente lavoro è dedicato al Dott. Geol. Roberto Braghieri, già Dirigente del Settore Tutela Ambientale della Provincia di Pavia, principale coordinatore del Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti approvato con D.G.R. 8/10483/2009 e del presente aggiornamento.

Provincia di Pavia - Piano Provinciale per la Gestione dei Rifiuti. Adeguamento criteri localizzativi. Ottobre 2010.

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INDICE

8. LA LOCALIZZAZIONE DEGLI IMPIANTI DI GESTIONE DEI RIFIUTI ...........................2 8.1. PREMESSA METODOLOGICA, AMBITI D’APPLICAZIONE, PROCEDURE E

INDIRIZZI/PRESCRIZIONI GENERALI ...............................................................................2 8.2. I CRITERI LOCALIZZATIVI INDIVIDUATI ..........................................................................12

8.2.1. Descrizione dei criteri di localizzazione ............................................................................... 13 8.2.1.1. Usi del suolo e caratteri fisici del suolo .........................................................................................14 8.2.1.2. Protezione delle risorse idriche .....................................................................................................24 8.2.1.3. Tutela da dissesti e calamità .........................................................................................................25 8.2.1.4. Tutela della qualità dell’aria ...........................................................................................................27 8.2.1.5. Tutela dell’ambiente naturale, dei caratteri fisico-morfologici del paesaggio e dei beni

culturali e paesaggistici.................................................................................................................30 8.2.1.6. Previsioni P.R.G. o P.G.T. comunali .............................................................................................38 8.2.1.7. Tutela della popolazione ................................................................................................................40 8.2.1.8. Ulteriori vincoli da PTCP ................................................................................................................42 8.2.1.9. Aspetti strategico-funzionali ...........................................................................................................44

8.2.2. Macro-localizzazione. Applicazione dei criteri..................................................................... 47 8.3. SITUAZIONI PARTICOLARI PER GLI IMPIANTI ESISTENTI RICADENTI IN O CONTORNATI

DA AREE ESCLUDENTI ...............................................................................................65 8.4. ULTERIORI CRITERI PER LA LOCALIZZAZIONE DI NUOVE DISCARICHE E PER LE

MODIFICHE CHE IMPLICHINO UN ULTERIORE CONSUMO DI SUOLO. CALCOLO DEL

FATTORE DI PRESSIONE PROVINCIALE. ......................................................................68 8.5. ULTERIORI CRITERI PER LA LOCALIZZAZIONE DI NUOVI IMPIANTI PER LA

TERMOVALORIZZAZIONE DEI RIFIUTI (URBANI E SPECIALI PERICOLOSI E NON

PERICOLOSI) E PER LE MODIFICHE CHE IMPLICHINO UN ULTERIORE CONSUMO DI

SUOLO D10, R1. ......................................................................................................74 8.6. SIGNIFICATO DELLE SIGLE NON DI USO COMUNE RICHIAMATE NELLA TRATTAZIONE

DEGLI ASPETTI LOCALIZZATIVI....................................................................................75

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8. LA LOCALIZZAZIONE DEGLI IMPIANTI DI GESTIONE DEI RIFIUTI

8.1. Premessa metodologica, ambiti d’applicazione, procedure e indirizzi/prescrizioni generali

Secondo le norme e direttive vigenti, l’individuazione delle zone non idonee e, per differenza, quelle potenzialmente idonee, tenendo conto anche di eventuali prescrizioni specifiche, alla localizzazione di impianti di gestione dei rifiuti spetta alle Province sulla base dei criteri definiti dalla Regione. Il Piano di Gestione Provinciale dei Rifiuti (d’ora in poi PPGR) della Provincia di Pavia è stato redatto con riferimento ai criteri regionali di cui alla D.G.R. 13 febbraio 2008 n. 8/6581 (pubblicata sul 4° S.S. del BURL in data 15 febbraio 2008), adottato con D.C.P. n. 56 del 28 settembre 2009 e definitivamente approvato con D.G.R. 9 novembre 2009, n. 8/10483 (pubblicata sul 1° S.S. del BURL in data 24 novembre 2009). Nel frattempo, con D.G.R. 21 ottobre 2009, n. 8/10360 (pubblicata sul 3° S.S. del BURL in data 6 novembre 2009) introduceva modifiche e integrazioni alla precedentemente citata D.G.R. 13 febbraio 2008 n. 8/6581 relativa ai criteri localizzativi, richiedendo, al punto 5 del “deliberato”, “di stabilire che le province, entro un anno della pubblicazione della presente deliberazione, provvederanno nell’ambito delle attività di monitoraggio previste nella VAS, ad allineare la cartografia di individuazione delle aree potenzialmente idonee per la localizzazione degli impianti redatta ai sensi della D.G.R. n. 8/6581 del 13 febbraio 2008”. Ulteriori modifiche sono state introdotte con l’art. 28 della L.R. 5 febbraio 2010, n. 7 (pubblicata sul 1° S.O. del BURL in data 8 febbraio 2010). Il presente documento provvede quindi a ottemperare a quanto sopra disposto, apportando le necessarie modifiche al capitolo 8 della relazione del PPGR approvato e alla relativa cartografia allegata, allineando il PPGR già approvato alle modifiche sopra specificate, nonché provvedendo ad apportare correzioni a eventuali errori pregressi individuati Si premette che per ogni dubbio interpretativo vale quanto definito dalle vigenti direttive regionali o comunque sovraordinate al momento della presentazione dell’istanza per la realizzazione di una attività di gestione dei rifiuti, come meglio di seguito individuata. Si rimanda alla citata D.G.R. 21 ottobre 2009, n. 8/10360 per quanto concerne il paragrafo 8.7 dell’allegato (linee di indirizzo per l’individuazione di misure di compensazione ambientale). Come noto, i PPGR procedono recependo le indicazioni del Piano Regionale (d’ora in poi PRGR) seguendo gli indirizzi forniti in primis dalla D.G.R. 27 giugno 2005, n. 8/220 e s.m.i. (l’attualmente vigente e assunta come riferimento è la citata D.G.R. 21 ottobre 2009, n. 8/10360). In relazione alle varie tipologie impiantistiche come meglio di seguito individuate, i PPGR provvedono a: escludere zone assolutamente non idonee, evidenziare le problematiche per le zone relativamente non idonee e a individuare i vincoli, le limitazioni e le possibilità di utilizzo residue per le aree risultate potenzialmente idonee dallo screening precedente. Il PPGR inoltre individua i fabbisogni impiantistici derivanti dagli obiettivi definiti sia in termini di riduzione della produzione di rifiuti, sia in termini di recupero di materiali. I fabbisogni individuati si riferiscono ai diversi flussi che si genereranno dalle azioni di Piano. Per ciascuna tipologia impiantistica deve quindi essere predisposta la cartografia delle aree non idonee, e conseguentemente quelle potenzialmente idonee, all’insediamento dei nuovi

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impianti, evidenziandone le relative diverse peculiarità (deroghe o prescrizioni particolari, ecc.). Il PPGR, in analogia a quanto indicato nel PRGR, suddivide i criteri localizzativi per tipologia impiantistica e in base alla forma di trattamento/recupero/smaltimento applicata. Le tipologie prese in considerazione sono:

• A: nuove discariche e per le modifiche che implichino ulteriore consumo di suolo: D1, D5

• B: nuovi impianti per la termovalorizzazione di rifiuti (urbani e speciali pericolosi e non pericolosi) e per le modifiche agli impianti esistenti che implichino un consumo di suolo: D10, R1

• C: nuovi impianti di trattamento D8, D9, D12, D13, D14, R2, R3, R4, R5, R6, R8, R9, R11, R12 e per le infrastrutture comunali o sovra comunali per la raccolta differenziata diversi dai centri di raccolta così come definiti dal D.M. 13 maggio 2009, nonchè per le modifiche che implichino un consumo di suolo.

Si ricorda che a tali tipologie impiantistiche sono assimilabili per analogia quelle non specificate altrimenti ma con confrontabili dotazioni impiantistiche, preoccupazioni ambientali, presidi di tutela ambientale, ecc., a esclusione delle casistiche su cui i presenti criteri non sono applicabili, come di seguito specificato. I criteri generali per la localizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti nel territorio qui considerati si applicano alle istanze di autorizzazione di cui agli artt. 208, 209, 210, 214 e 216 del D. Lgs. 152/2006 e s.m.i. e del D. Lgs. 59/2005, allegato 1, comma 5, anche nelle more dell’approvazione dei Piani Provinciali di Gestione dei Rifiuti urbani e speciali, precisando che devono applicarsi i criteri vigenti alla data di presentazione dell’istanza. Sono soggetti ai presenti criteri i nuovi impianti e le modifiche agli impianti esistenti, ove per «nuovo impianto» si intende: • nuove attività di gestione rifiuti che prevedono la realizzazione ex novo di strutture per la

gestione dei rifiuti; • nuove attività di gestione rifiuti da avviarsi all’interno di strutture esistenti con alcune

deroghe specificate nelle tabelle seguenti; • mutamenti radicali di attività di gestione dei rifiuti esistenti; e, per «modifica agli impianti esistenti» si intende: • la realizzazione di strutture in ampliamento di impianti esistenti che, indipendentemente

dall’incremento della potenzialità o della modifica delle famiglie CER di rifiuti trattati, implichino ulteriore consumo di suolo. Le modifiche agli impianti assumeranno connotazione differente a seconda della localizzazione in area idonea o non idonea, come specificato nella matrice riportata al pragrafo 8.2.2.

Per l’ingente quantità tipologica di impianti presenti sul territorio, si è scelto di differenziare i criteri a seconda del tipo di operazione di gestione a cui vengono sottoposti i rifiuti; la procedura di localizzazione per le strutture non citate può comunque essere gestita per analogia (ad esempio, la messa in sicurezza, la demolizione e il recupero di autoveicoli può essere considerato come un impianto di stoccaggio e cernita). Non sono assoggettati all’applicazione dei presenti criteri i seguenti impianti e operazioni di gestione dei rifiuti: – messa in riserva (R13), deposito preliminare (D15) e adeguamento volumetrico senza

modifica dei codici CER;

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– centri di raccolta differenziata degli RSU come definiti dal D.M. 13 maggio 2009; – compost di rifiuti ligneo cellulosici, con capacità complessiva non superiore a 10 t/giorno; – le operazioni di recupero costituenti attività non prevalente operate all’interno di

insediamenti industriali esistenti e che non implichino ulteriore consumo di suolo; qualora siano previste prestazioni conto terzi, l’esclusione non vale per le operazioni di trattamento rifiuti superiori a 10 t/giorno;

– campagne di impianti mobili comma 15, art. 208 del D. Lgs. 152/06 e s.m.i.; – recupero ambientale (R10) autorizzato in procedura semplificata ai sensi del D.M. 5

febbraio 1998 e s.m.i.; – le discariche per la messa in sicurezza permanente e gli impianti di trattamento dei rifiuti

realizzati nell’area oggetto di bonifica e destinati esclusivamente alle operazioni di bonifica dei relativi siti contaminati, approvati ed autorizzati ai sensi delle procedure previste dal titolo V, parte VI, del D. Lgs. 152/2006 e s.m.i., fermo restando l’obbligo di rimozione degli impianti di trattamento a bonifica conclusa.

Tutte le tipologie di impianti esclusi dai criteri non possono comunque essere localizzate all’interno di aree altrimenti escluse per legge o disposizioni sovraordinate. In assenza di esplicita disposizione, il criterio si applica sia ai nuovi impianti, sia alle modifiche agli impianti esistenti come sopra definito. Nelle aree in cui è esclusa la localizzazione, ai sensi delle presenti norme, di impianti di gestione rifiuti, l’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero rifiuti già autorizzate sarà consentito per la durata dell’autorizzazione stessa, valutando l’eventuale rinnovo solo a fronte di interventi di adeguamento alle migliori tecnologie disponibili (BAT); relativamente agli impianti di discarica le operazioni di smaltimento saranno consentite fino ad esaurimento delle volumetrie già autorizzate. Si fa presente che i concetti qui espressi di “nuovo impianto” e “modifica” si applicano esclusivamente in fase istruttoria per la valutazione dell’idoneità localizzativa ai fini dell’accettabilità o diniego dell’istanza, e non all’eventuale successiva valutazione tecnica nel caso di sua accettazione, per la quale si seguono le procedure di legge vigenti (ad esempio, per un impianto esistente che richiede un nuovo codice CER senza ricadere nella fattispece di “modifica”, non è richiesta l’applicazione dei presenti criteri sulla localizzazione dell’impianto, in quanto già esistente e senza che implichi nuovo consumo di suolo, ma necessita comunque di specifica autorizzazione ex D. Lgs. 152/2006; nella valutazione dell’idoneità localizzativa ai fini dell’accettabilità o diniego dell’istanza, nel caso di presenza di vincoli penalizzanti, si potranno richiedere le opportune mitigazioni, ecc., mentre - al contrario nel caso di presenza di vincoli escludenti potrà solo essere inveca rinnovata l’autorizzazione esistente con le limitazioni sopra definite). In ogni caso, nelle fasi istruttorie di nuove istanze soggette alle presenti norme è sempre richiesta l’applicazione diretta dei presenti criteri; tali criteri sono comunque da tenere in considerazione anche nei casi esclusi dal presente ambito d’applicazione nell’istruttoria al fine di provvedere motivatamente, nell’atto autorizzativo o di parimenti valenza, alla richiesta di eventuali prescrizioni specifiche nel caso delle singole peculiarità locali nel caso di problematiche ambientali o tipologie impiantistiche confrontabili. Il processo di localizzazione di aree idonee per i nuovi impianti, per quelli esistenti e per la realizzazione di modifiche su questi ultimi deve tenere presente vincoli e limitazioni di natura diversa: fisici, ambientali, sociali, economici, politici, tecnici, ecc.. Del resto, la normativa vigente, ai vari livelli, è sempre più attenta alla sostenibilità delle attività connesse alla gestione dei rifiuti. Il decreto D. Lgs. 03/04/06 n. 152, all'art. 178 riporta la seguente affermazione: "La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse … al

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fine di assicurare un'elevata protezione dell'ambiente e controlli efficaci, tenendo conto della specificità dei rifiuti pericolosi. I rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza ricorrere a procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e in particolare:

• senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo e per la fauna e la flora; • senza causare inconvenienti da rumori o odori; • senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla

normativa vigente”. La localizzazione delle infrastrutture per la gestione dei rifiuti dovrà garantire i seguenti criteri:

• accettazione da parte dei cittadini; • garantire un buon impatto ambientale nel medio - lungo periodo; • rispettare i limiti di sicurezza imposti dalla normativa (distanze minime dai centri

abitati, dalle funzioni sensibili…); • presentare idonee misure di mitigazione, fasce di rispetto e vari interventi di

compensazione; • concorrere alla ricomposizione del paesaggio, mediante lo studio delle misure di

compensazione/mitigazione previste; • contribuire alla valorizzazione degli aspetti bio/naturalistici; • garantire spazi di emergenza e di sicurezza.

Si ricorda che le problematiche legate all'inserimento territoriale/ambientale degli impianti, così come il grado di accettazione sociale sono strettamente legate alle procedure di V.I.A., V.A.S. e A.I.A.. I principali obiettivi di un processo di selezione di siti possono essere così riassunti:

• massimizzare la rispondenza del sito alle caratteristiche richieste dal tipo di impianto; • minimizzare gli impatti della struttura sull'ambiente in cui esso va ad inserirsi.

Nell’impostare il processo di localizzazione è necessario: • definire una metodologia di selezione il più possibile oggettiva, trasparente e

ripercorribile; • definire e dichiarare ex ante i criteri da impiegare nella valutazione d’idoneità dei siti; • condividere ex ante con i soggetti interessati le procedure di cui sopra, in modo tale

che i risultati ex post non possano essere soggetti a sostanziali contestazioni o critiche, essendo già concordati in precedenza i principi localizzativi. Tutto ciò per ridurre a priori i conflitti politico-sociali che di norma si verificano in sede di localizzazione di nuovi impianti (o ampliamento, ecc., di esistenti), come documentato non solo dai vari casi già evidenziatisi in provincia ma ampliamente anche trattati in bibliografia sulla cosìdetta “sindrome di NIMBY” (acronimo di Not In My BackYard, che ha come significato ovunque, ma non nel - o comunque - vicino al mio giardino, situazione questa che ha spesso generato proteste della popolazione avverso l’insediamento di impianti di vario tipo sostenendo l’ipotesi, talora anche pretestuosa, di una mai adeguata lontananza alle abitazioni, ecc.).

Questa fase risulta particolarmente delicata e dovrebbe, proprio per sopperire a problematiche del recente passato, essere oltre che oggettiva, trasparente e ripercorribile, anche condivisa ex ante da tutti i soggetti interessati, avendone l’adeguata e richiesta pubblicità. Il presente documento ha quindi il principale scopo di illustrare i criteri che saranno seguiti nelle operazioni tecniche successive, in ogni caso suscettibili di aggiornamenti (in quanto lo stato dei luoghi è in evoluzione, si farà ovviamente riferimento ai dati più recenti disponibili), anche in considerazione dell’evoluzione del quadro normativo. A ciascun vincolo/informazione è stato associato un diverso grado di prescrizione, in relazione alla tipologia impiantistica considerata e al grado di impatto che questa potrebbe

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implicare sulle caratteristiche ambientali che hanno determinato l’imposizione del vincolo stesso. I livelli di prescrizione previsti sono i seguenti, allo stato attuale delle conoscenze, in ogni caso sempre da riverificare in sede di micro-localizzazione a causa dell’evoluzione territoriale, normativa, delle conoscenze, ecc.: I livelli principali di prescrizione previsti sono tre (eventualmente con prescrizioni, deroghe, ecc.), come di seguito definite:

• ESCLUDENTE: esclude, per gli ambiti indicati, la possibilità di realizzare nuovi impianti o la possibilità di realizzare modifiche agli impianti esistenti che implichino ulteriore consumo di suolo;

• PENALIZZANTE: contempla la realizzazione dell’impianto soltanto dietro particolari attenzioni nella progettazione/realizzazione dello stesso, in virtù delle sensibilità ambientali rilevate. L’ente competente autorizza solo se ritiene che le criticità esistenti vengano adeguatamente superate con opere di mitigazione e compensazione dal progetto presentato;

• PREFERENZIALE: fornisce informazioni aggiuntive di natura logistico/economica

finalizzate ad una scelta strategica del sito.

N.B.: ai fini della tutela/riqualificazione paesaggistica, in relazione alla possibilità di

ampliamento degli impianti esistenti in area indicata PENALIZZANTE mediante modifica che implichi ulteriore consumo di suolo, la stessa sarà consentita soltanto a fronte di una complessiva riqualificazione paesaggistico/ambientale dell’area, che preveda l’individuazione/determinazione di adeguate misure di mitigazione/compensazione da parte dell’ente territorialmente competente.

Il progetto per la realizzazione della modifica di impianto esistente che interessi gli ambiti assoggettati a specifica tutela paesaggistica (artt. 136 e 142 del D .Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i.), ove consentito, deve essere redatto sulla base degli elaborati progettuali e in base ai criteri per l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di tutela dei beni paesaggistici dettati dalla Giunta Regionale (vedi D.G.R. n. 8/2121 del 15 marzo 2006, pubblicata sul B.U.R.L. del 31 marzo 2006, terzo S.S. al n. 13) e autorizzato, sotto il profilo paesaggistico, dall’ente territorialmente competente (art. 80, L.R. 12/2005). Il progetto per la realizzazione della modifica di impianto esistente che interessi gli ambiti del territorio lombardo non assoggettati a specifica tutela paesaggistica (artt. 136 e 142 del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i.), ove consentito, dovrà essere accompagnato dall’esame paesistico del progetto, condotto sulla base delle «Linee guida per l’esame paesistico dei progetti» (v. D.G.R. 8 novembre 2002, n. 7/11045, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia del 21 novembre 2002, 2º Supplemento Straordinario al n. 47) che dovrà dimostrare e argomentare la compatibilità dell’intervento proposto tenuto conto della necessità di evitare intrusioni od ostruzioni visuali rispetto al bene tutelato, indicando anche le eventuali misure mitigative e compensative. In funzione della complessità e mole di informazioni territoriali, specifiche norme di settore, diversità di comportamento ambientale atteso rispetto alle differenti condizioni di vincolo tra le diverse tipologie impiantistiche considerate, ecc., in taluni casi, ai tre livelli di prescrizione sono associate ulteriori prescrizioni, specifiche deroghe o evidenziata la necessità di procedere a ulteriori approfondimenti. La procedura localizzativa prevista dal PRGR risulta così articolata:

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FASI AZIONI COMPETENZE

FASE A

Formulazione dei criteri di localizzazione per l’individuazione delle aree non idonee che hanno valenza di vincolo assoluto (fattori escludenti) e identificazione dei fattori penalizzanti o preferenziali da utilizzare per l’identificazione delle aree non idonee. I fattori escludenti sono determinati sulla base della normativa vigente e di obiettivi di tutela ambientale.

Regione: Piano Regionale di gestione dei Rifiuti (i criteri indicati dal Piano riguardano l’intero territorio regionale in modo di garantire omogeneità di applicazione. A livello inferiore si possono comunque e sempre introdurre ulteriori criteri da utilizzare nella selezione).

FASE B

Sulla base dei fattori escludenti indicati preliminarmente dal Piano superiore, si procede a una prima selezione che individua le aree non idonee, le aree che presentano fattori penalizzanti e, per differenza, le “macroaree” potenzialmente idonee

Provincia: Piano di gestione Provinciale (previa valutazione dei contributi eventualmente rassegnati dai Comuni in sede di procedura di VAS), la provincia applica i criteri di esclusione proposti dalla Regione, aggiunge eventuali criteri più restrittivi desunti dalle NTA del PTCP e relativi piani di settore e individua le aree idonee o potenzialmente idonee alla localizzazione degli impianti.

FASE C

L’ente competente al rilascio dell’autorizzazione al momento della presentazione dell’istanza verifica la fattibilità nel rispetto ai criteri di idoneità per l’idoneità al sito (stabiliti in fase B), rispetto alle «macroaree» potenzialmente idonee e considerando le specifiche derivanti dagli strumenti urbanistici vigenti.

L’ente competente al rilascio dell’autorizzazione: Valutazione preliminare.

FASE D

Progetto definitivo con relazione di compatibilità ambientale. (S.I.A. ove richiesto) Si procede alla realizzazione dell’impianto.

L’ente competente al rilascio dell’autorizzazione: procede all’approvazione del progetto previa istruttoria

In conformità con quanto sopra indicato, nell’ambito del PPGR si procederà secondo attività strutturate come segue. Il PPGR è corredato della versione cartografica (tavola di piano) di sintesi alla scala 1:25.000, ove sull’intero territorio provinciale sono applicati i criteri localizzativi descritti nella presente relazione, distinti per singola tipologia impiantistica (A, B e C). Al fine di consentire il percorso a ritroso in grado di verificare quale/i vincolo/i o limitazione/i è responsabile dell’assegnazione del criterio (escludente, penalizzante, o preferenziale e relative singole prescrizioni) nelle tavole di sintesi in scala 1:25.000, sono inoltre allegate cartografie a scala ridotta (in formato A3 comprendente l’intero territorio provinciale) in cui per ogni fattore ambientale considerato è evidenziata prima l’analisi e poi l’applicazione dei criteri; la tavola di sintesi in scala 1:25.000 rappresenta quindi la sommatoria, mediante sovrapposizione, di tutti i criteri considerati. Sono altresì evidenziati, ove cartografabili all’attuale livello di analisi, gli aspetti strategico-funzionali. I criteri qui definiti avranno carattere prescrittivo e andranno recepiti a livello di pianificazione comunale; essi sono validi per la presente fase di macro-localizzazione a scala territoriale provinciale e dovranno essere sempre verificati e/o aggiornati in fase di micro-localizzazione durante l’attuazione del PPGR sulla base delle norme al momento vigenti e alle nuove conoscenze disponibili, ove opportunamente documentate.

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La metodologia qui illustrata è ovviamente riferita alle eventuali nuove proposte di localizzazione impiantistica o modifiche; costituisce inoltre elemento di supporto tecnico per la fase di iter istruttorio nell’iter autorizzativo per quanto riguarda sia gli impianti esistenti al fine del rinnovo delle relative autorizzazioni all’esercizio e relative modifiche, sia per le istanze autorizzative presentate da terzi relative a impianti non specificatamente qui normati, al fine della garanzia del criterio di uniformità e coerenza ai fini della tutela ambientale qui definiti nell’atto autorizzativo o di parimenti valenza, nel caso di problematiche ambientali o tipologie impiantistiche confrontabili con quelle direttamente normate dalla presente. A tal proposito, si consideri che l’autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti di cui all’art. 208 del D. Lgs. 152/2006, al comma 6 prevede che tale “approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori”. Quindi, un unico e complessivo strumento cartografico corredato dai relativi indirizzi applicativi in tema di idoneità dei siti per l’ubicazione di impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti (distinti per tipologia impiantistica) potrà costituire un’importante base informativa per l’analisi di eventuali proposte localizzative di nuovi impianti e per la verifica di quelli esistenti. Per ogni criterio proposto si fornisce il riferimento del dato cartografico e/o normativo che è stato assunto per la predisposizione della cartografia di Piano. Si consideri, in ogni caso, che i concetti espressi nella D.G.R. 21 ottobre 2009, n. 8/10360 al paragrafo 8.6.2 riguardo alle aree agricole di pregio (”In merito all’individuazione cartografica delle aree in questione, si è consapevoli che i tempi non sono maturi per consentire tale operazione, si propone comunque che se, in sede di redazione cartografica, si dispone di parte dei perimetri richiesti ben definiti da mappali (esempio disciplinari UE), gli stessi vengano indicati, altrimenti il vincolo verrà definito in una successiva verifica sulle macro-aree indicate idonee, per escludere la localizzazione su terreni interessati effettivamente da produzioni agricole di pregio; ciò si intende nei casi in cui il proprietario dei terreni/lotti è in grado di dimostrare di avere in atto una coltivazione di pregio certificata alla data di entrata in vigore del presente documento, in tal caso il vincolo di esclusione dagli impianti è vigente e cogente”) sono estendibili, per analogia, anche a tutti gli altri vincoli e fattori ambientali considerati per i criteri di localizzazione. Inoltre, esistono precisi limiti di utilizzabilità dei dati a disposizione, come ben esplicitato anche dal PTCP (una delle principali fonti informatiche utilizzate): “Alcuni "oggetti territoriali" sottoposti a vincolo (o che "generano" un vincolo) non sono facilmente definibili. Vi sono inoltre margini d’incertezza più o meno ampi nella localizzazione degli "oggetti generatori di vincolo" (ad es., i corsi d’acqua), poiché le fonti informative sono spesso datate o incomplete. Le fonti originali dei dati sui vincoli ambientali sono spesso solo il testo di un Decreto ministeriale, non sempre dotato anche di uno stralcio cartografico. Di alcuni oggetti territoriali generatori di vincolo la perimetrazione sul territorio subisce nel tempo significative variazioni: è noto, infatti, che il corso dei fiumi si sposta, che i ghiacciai si riducono, che i boschi si riducono o si ampliano.” Il processo di "traduzione" di un vincolo all’interno del PPGR, quindi, a partire dalla documentazione originale “che può essere di natura cartografica e/o, a volte, solo di natura testuale”, si configura spesso come un’operazione intrinsecamente complessa, della quale non è semplice definire il grado di attendibilità, anche perché esso è il risultato di una molteplicità di fattori che possono interagire fra loro in vario modo. Non si ritiene possibile, perciò, dare una misura dell’attendibilità dei dati: si raccomanda pertanto agli utenti di valutarla con attenzione, caso per caso, in fase di micro-localizzazione, anche in rapporto a informazioni più precise e dettagliate eventualmente a disposizione emesse dagli Enti rispettivamente responsabili del singolo vincolo cartograficamente rappresentato.

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Nella fase di attuazione del PPGR dovranno essere sviluppate, sulla base della procedura prevista nel Piano stesso, altre attività in capo a diversi soggetti attuatori in relazione alla specifica competenza (ci si riferisce, a titolo esemplificativo e non esaustivo, alle verifica delle situazioni qui considerate rispetto alla effettiva situazione vigente all’atto di presentazione di un’istanza, alle fasi di monitoraggio sullo stato di attuazione del PPGR e sugli indicatori ambientali in capo alla Provincia, all’aggiornamento costante dei dati conoscitivi, alle attività di competenza degli Enti gestori di SIC, ZPS , Parchi, ecc. per i quali è richiesto un parere di competenza, ecc.). Lo schema sintetico che rappresenta le attività da svolgere successivamente è di seguito riportato. In particolare, per quanto riguarda le attività di cui alla lettera “f - Selezione dei siti più idonei alla localizzazione dei diversi impianti” e successive, del diagramma di flusso di seguito riportato illustrante la procedura localizzativa, per quanto riguarda nello specifico, la localizzazione degli impianti di trattamento, stoccaggio e di compostaggio di rifiuti urbani e degli impianti di trattamento termico esistono elementi di preferenzialità “sostanziale” che fanno optare per localizzazioni che rispondano prioritariamente alle esigenze di ottimizzazione tecnico-gestionale; su tali basi la scelta localizzativa non può prescindere da alcune motivazioni prioritarie:

• la localizzazione rispetta un principio di effettiva necessità di autosufficienza per i rifiuti urbani (e non per gli speciali) nel bacino provinciale per la realizzazione di un nuovo impianto (o ampliamento, ammodernamento, ecc., di uno esistente); la realizzazione intende pertanto soddisfare, in via prioritaria, un fabbisogno impiantistico individuato dal PPGR;

• al fine di contenere il consumo di suolo la localizzazione di nuovi impianti privilegia

l’utilizzo di aree con idonea destinazione d’uso attualmente esistenti dismesse o in via di dismissione (ad es. aree industriali o artigianali per impianti di trattamento, insediamenti produttivi di tipo agricolo per impianti di compostaggio);

• la localizzazione dovrà consentire il contenimento dei tragitti per il conferimento dei

rifiuti; assumono pertanto carattere preferenziale le localizzazioni entro un intorno ragionevole dal baricentro della produzione nel contesto territoriale in cui deve essere soddisfatto il fabbisogno;

• la localizzazione di talune tipologie di impianti (es. impianti di termovalorizzazione)

avrà carattere preferenziale ove consegua il miglioramento della situazione ambientale nell’area di insediamento attraverso la sostituzione di emissioni da attuarsi con sviluppo di reti di teleriscaldamento;

• per impianti con rifiuti di provenienza extra-bacino provinciale, per mutuo soccorso o

non prevedibili a priori (ad es. da bonifiche ambientali, ecc.), i principi assunti per le localizzazioni di cui al presente documento saranno ovviamente considerate insieme alla specifica normativa di riferimento vigente.

Quindi, oltre alle finalità intrinseche relative al processo di redazione del PPGR, la presente procedura localizzativa (e relativi criteri adottati, nonché la cartografia prodotta, da verificare puntualmente in relazione alle limitazioni evidenziate in precedenza) potrà costituire uno strumento utile ai competenti uffici istruttori nelle valutazioni delle istanze di autorizzazione (o di quelle in procedura semplificata) relative a nuovi impianti (anche varianti, ampliamenti, ecc.) anche non direttamente previsti dalla presente pianificazione di settore, onde verificarne direttamente la fattibilità sotto il profilo vincolistico. In funzione di ciò, ad ogni

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nuova istanza è richiesto l’inquadramento rispetto alla presente pianificazione, con l’attivazione dei criteri di micro-localizzazione che considerano il progetto all’interno della situazione dello stato di fatto effettivamente vigente e aggiornata nonché riferita a una scala di maggior dettaglio (almeno 1:10.000 e/o di progetto). Le cartografie prodotte sulla CTR, basate su strati informativi desunti principalmente da materiale informatico proveniente da SIT resi disponibili dalla Committenza (di cui sarà sempre citata la fonte e la data di aggiornamento del dato) e su nuovi strati resi necessari dalla specificità dell’oggetto (come di seguito specificato nel testo), entrambi in formato shape file, implementeranno comunque il SITIDA e potranno costituire elementi utili per la predisposizione di nuovi aggiornamenti/revisioni di pianificazioni a carattere regionale, provinciale e comunale. Si tenga altresì conto che il territorio e la sua conoscenza sono in continua evoluzione: si vedano, ad esempio le variazioni dell’uso dei suoli, delle destinazioni urbanistiche, l’aggiornamento del quadro dei dissesti progressivamente effettuato dai Comuni per l’adeguamento al PAI, ecc.; le cartografie prodotte in questa fase di macro-localizzazione quindi fotografano la situazione più recente possibile sulla base delle informazioni disponibili ma dovranno sempre essere verificate in sede di micro-localizzazione o di iter istruttorio di nuove richieste di autorizzazione per definire l’effettiva situazione vigente al momento, fermi restanti i criteri generali qui esplicitati, che già indicano le modalità di applicazione per la fase di micro-localizzazione. L’evoluzione costante e veloce che contraddistingue a ogni scala (comunitaria, nazionale, regionale e minore) la materia in tema di rifiuti, nonché quella delle conoscenze1, renderà necessario il progressivo aggiornamento del quadro che sarà definito a livello di PPGR. Resta quindi sottinteso che tale quadro, sulla base delle conoscenze ad ora rese disponibili (anche se dati relativi a censimenti ecc. aggiornati a date precedenti; a tal proposito è sempre evidenziata la fonte del dato e la sua data di aggiornamento), dovrà recepire automaticamente le eventuali modifiche e/o integrazioni che potranno derivare dall’entrata in vigore di norme sovraordinate o da mutazioni dello stato di fatto qui considerato. Si ritiene che tale aggiornamento vada in carico alla Divisione Ambiente per gli strati informativi di sua proprietà e direttamente gestiti nel SITIDA durante la fase di monitoraggio che la VAS ha definito per il PPGR. In funzione di ciò, gli strati informativi prodotti in questa sede di macro-localizzazione, in formato shape file e su supporto informatico, saranno forniti nel modo più disaggregato possibile, in modo tale da consentire velocemente gli aggiornamenti richiesti nel caso di cambiamento di indirizzi, ecc.. Per ogni aspetto non direttamente esplicitato nella presente, si rimanda alle Linee Guida regionali ed alle vigenti norme specifiche di settore. Tutte le informazioni riportate fanno necessariamente riferimento ai dati resi disponibili dalla Provincia di Pavia e alle norme vigenti all’ottobre 2010.

1 Ci si riferisce, in modo esemplificativo e non esaustivo, alle sempre più aggiornate conoscenze su:

• assetto idrogeologico (ad esempio derivante dalla rete di monitoraggio piezometrico delle cave); • monitoraggio della qualità dei suoli (a livello provinciale è stata predisposta una specifica rete di

monitoraggio dei suoli, appositamente infittita in prossimità di impianti che possono generare emissioni in atmosfera, onde valutarne le ricadute);

• compatibilità dei terreni agricoli ad essere soggetti a spandimento di materiali derivati dal impianti di trattamento/condizionamento di rifiuti non pericolosi di natura organica o putrescibile destinati a recupero a beneficio dell’agricoltura.

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8.2. I criteri localizzativi individuati Di seguito sono indicati criteri che derivano sia direttamente dal PRGR e dai vigenti criteri localizzativi emanati dalla Regione, sia dall’applicazione della normativa di strumenti di pianificazione di livello Provinciale, quale il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale 2003 (d’ora in poi PTCP, peraltro in fase di aggiornamento), il Piano Faunistico-Venatorio e di miglioramento ambientale del territorio della provincia di Pavia 2006-2010 (d'ora in poi PFV), il Piano Cave Provinciale 2007 (d'ora in poi PCP), il Piano di Tutela e di Utilizzo delle Acque 2006 (d'ora in poi PTUA) della Regione Lombardia e il Piano stralcio per l'Assetto Idrogeologico (d'ora in poi PAI) dell'Autorità di Bacino del fiume Po. Per quanto riguarda il Piano Regionale il riferimento è costituito dai criteri elencati nel cap. 8 alla D.G.R. 21 ottobre 2009, n. 8/10360. Per quanto riguarda il PTCP (D.C.P. n. 53/33382 del 7/11/03), il riferimento è costituito dalla Normativa (NTA) e dalla Cartografia di Piano, opportunamente integrata dai dati aggiornati tratti dal SIT regionale e provinciale e forniti dall'amministrazione provinciale per la redazione del PPGR. Sono inoltre state considerate le prescrizioni del Piano Territoriale di Coordinamento del Parco lombardo della valle del Ticino (d'ora in poi PTCPT) con particolare riferimento alla normativa tecnica di attuazione (DGR 2 agosto 2001, n. 7/5983 e DCR 20 novembre 2003, n. 7/919), individuando al suo interno gli elementi pertinenti al processo localizzativo e articolando così le indicazioni relative in funzione della zonizzazione prevista nel Parco stesso e della compatibilità degli interventi previsti nel PPGR. Alcuni criteri relativi agli aspetti strategico-funzionali sono stati indicati anche sulla base di esperienze di pianificazione adottate sul territorio regionale e nazionale. I vincoli e i fattori ambientali indicati sono raggruppati nelle seguenti categorie:

• Uso del suolo; • Protezione delle risorse idriche; • Tutela da dissesti e calamità; • Tutela della qualità dell’aria; • Tutela dell’ambiente naturale; • Caratteri fisico-morfologici del paesaggio; • Tutela dei beni culturali e paesaggistici; • Previsioni dei P.R.G. – P.G.T. comunali; • Tutela della popolazione; • Aspetti strategico – funzionali.

I criteri sono stati inoltre distinti a seconda dell’applicabilità in fase preliminare su tutto il territorio provinciale (macro-localizzazione) o in fase di localizzazione di dettaglio sulle singole macroaree potenzialmente idonee derivanti dall’applicazione completa della procedura (micro-localizzazione); la distinzione deriva dalla significatività e dalla precisione del dato utilizzato relativo al singolo indicatore. La fonte dei dati, sempre indicata ove resa disponibile, è stata prevalentemente il patrimonio informativo proveniente dai SIT regionale e provinciale, i cui aggiornamenti al PPGR approvato con D.G.R. 9 novembre 2009, n. 8/10483 sono stati forniti dall'amministrazione provinciale all’ottobre 2010. Le eventuali carenze di dati saranno specificate. Le informazioni saranno quindi trattate sulla base dei dati ufficiali disponibili, definendo in loro assenza i criteri di micro-localizzazione, in ogni caso sempre richiesti.

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8.2.1. Descrizione dei criteri di localizzazione Nel seguito si riporta una descrizione sintetica dei diversi criteri che verranno poi applicati nelle diverse fasi di macro e micro-localizzazione. Per ogni criterio proposto si fornisce il riferimento del dato cartografico e/o normativo che verrà assunto per la predisposizione della cartografia di Piano, ricordando tuttavia quanto già espresso nella premessa metodologica riguardo all'attendibilità dei dati utilizzati. Si considerano le seguenti tipologie impiantistiche, come stabilito dalle Linee Guida regionali:

A nuove discariche e per le modifiche che implichino ulteriore consumo di suolo: D1, D5

B nuovi impianti per la termovalorizzazione di rifiuti (urbani e speciali pericolosi e non pericolosi) e per le modifiche agli impianti esistenti che implichino un consumo di suolo: D10, R1

C2

nuovi impianti di trattamento D8, D9, D12, D13, D14, R2, R3, R4, R5, R6, R8, R9, R11, R12 e per le infrastrutture comunali o sovra comunali per la raccolta differenziata diversi dai centri di raccolta così come definiti dal D.M. 13 maggio 2009, nonchè per le modifiche che implichino un consumo di suolo

Nei paragrafi che seguono saranno descritti ogni singolo fattore ambientale considerato, mentre nella matrice di cui al successivo 8.2.2 si riporta, per ogni singolo fattore, il criterio localizzativo applicato in conformità a quanto indicato dai vigenti criteri regionali vigenti (escludente, penalizzante, preferenziale). Ulteriori prescrizioni specifiche saranno fornite per le discariche, gli impianti di termovalorizzazione, di compostaggio del verde e le aree attrezzate per la raccolta differenziata, per le quali si fanno proprie le prescrizioni indicate nelle Linee Guida regionali, di seguito riportate in appositi paragrafi e opportunamente adattate alla realtà locale. Per le tipologie impiantistiche non specificatamente citate si adotta il criterio di analogia rispetto a quelle contemplate, considerando le dotazioni impiantistiche, le possibili categorie di impatto ambientale, ecc.. Per ogni aspetto non direttamente esplicitato nella presente, si rimanda alle Linee Guida regionali ed alle vigenti norme specifiche di settore.

2 Ivi compresi gli impianti di trattamento/condizionamento di rifiuti non pericolosi di natura organica o

putrescibile, destinati a recupero a beneficio dell’agricoltura. A tal proposito si fa presente che la Provincia di Pavia ha predisposto la mappatura, in costante fase di implementazione (ultima versione: aggiornamento 2007) in relazione ai risultati di monitoraggio progressivamente acquisiti, dei terreni di pianura ai fini dell’impiego dei rifiuti nella pratica agronomica (costituiti essenzialmente da fanghi provenienti da impianti di depurazione). Si ritiene che tale mappatura, ed i suoi costanti aggiornamenti, debba costituire parte integrante del presente PPGR e costituisca vincolo assoluto per l’utilizzo di tali materiali in agricoltura, ad integrazione di quanto specificato in merito dalla Regione ai sensi del comma 8, art. 8 della L.R. 12.07.2007, n. 12 (integrazione della DGR 30 dicembre 2003, n. 15944 e s.m.i.).

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8.2.1.1. Usi del suolo e caratteri fisici del suolo3 Cartografia di riferimento di analisi e applicazione dei criteri: Figg. 2.1 e 2.2 (A-B-C). Aree interessate da boschi, foreste e selve anche se danneggiati dal fuoco o sottoposti a vincolo di rimboschimento (L.R. 31/2008; D. Lgs. n. 42/2004, art. 142, lett. g; PTCP, art. 32 NTA) Provenienza dato: DUSAF (ERSAF, edizione 2010, da DUSAF 2.1 come da aggiornamento da foto aeree 2007). Per la definizione di bosco si rimanda alla L.R. 31/2008, art. 42. La classificazione adottata si è conformata per analogia rispetto a quanto definito al Cap. 8 alla D.G.R. 10360/2009 alla più articolata legenda DUSAF. Si rammenta che la trasformazione del bosco, comunque soggetta alle compensazioni previste dalla specifica normativa, può essere autorizzata per pubblica utilità (quali gli impianti di gestione dei rifiuti; vedi art. 208 del D. Lgs. 152/2006, comma 6), come peraltro previsto anche per i boschi del PLVT (art. 20, comma 20.4 delle relative NTA), per cui si applica in genere il criterio penalizzante. Per le aree coperte da boschi di protezione individuati dal corpo forestale dello stato ai sensi del R.D. 3267/1923 e recepite nei PRG/PGT dei comuni interessati, si applica invece il criterio escludente. Categorie agricole 1 Provenienza dato: DUSAF (ERSAF, edizione 2010, da DUSAF 2.1 come da aggiornamento da foto aeree 2007). La classificazione adottata si è conformata per analogia rispetto a quanto definito al Cap. 8 alla D.G.R. 10360/2009 alla più articolata legenda DUSAF. Sono previste restrizioni particolari anche alle zone limitrofe. Categorie agricole 2 Provenienza dato: DUSAF (ERSAF, edizione 2010, da DUSAF 2.1 come da aggiornamento da foto aeree 2007).

3 Trattandosi di fattore potenzialmente suscettibile di evoluzione e con dati più recenti disponibili al 2007, quindi già obsoleti,

è specificatamente richiesta la verifica in fase di micro-localizzazione del dato riportato in cartografia. Per la verifica dello stato di fatto dell’uso del suolo, rilevabile nel Sistema Informativo Agricolo della Regione Lombardia (S.I.A.R.L.) al momento della presentazione dell’istanza, è richiesta un’autocertificazione sulla base delle risultanze presso i C.A.A. (Centri Assistenza Agricola) congiuntamente a un’adeguata documentazione fotografica che attesti l’effettivo stato dei luoghi.

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Aree di pregio agricolo: DOC, DOGC (D. Lgs. n. 228/2001) Provenienza dato: Divisione Agricoltura della Provincia di Pavia; dati testuali da normative agg. maggio 2007; da definire in sede di micro-localizzazione. Sulla base delle informazioni fornite, in Provincia di Pavia ricade in questa casistica la zona di produzione dei vini “Oltrepò pavese” DOC e DOCG (D.M. 01/06/1995 e s.m.i.), indicata in cartografia come ampio contesto territoriale senza poter indicare i lotti specifici. Il criterio si applica ai soli lotti interessati dalle colture certificate e non all’intero perimetro comunale ove ricadono tali situazioni. Sono previste restrizioni particolari anche alle zone limitrofe ai soli lotti interessati dalle colture certificate. Aree di pregio agricolo: DOP, IGP, IGT e aree interessate da agricolture biologiche o agriturismo (ai sensi dell'art. 21 commi a), b) e c) D. Lgs. n. 228/2001) Provenienza dato: Divisione Agricoltura della Provincia di Pavia; dati testuali da normative agg. maggio 2007 (DGR VII/17477 del 17/05/2004 e s.m.i.); da definire in sede di micro-localizzazione. In merito all’individuazione cartografica delle aree in questione, si è consapevoli che i tempi non sono maturi per consentire tale operazione, si propone comunque che se, in sede di redazione cartografica, si dispone di parte dei perimetri richiesti ben definiti da mappali (esempio disciplinari UE), gli stessi vengano indicati, altrimenti il vincolo verrà definito in una successiva verifica sulle macro-aree indicate idonee, per escludere la localizzazione su terreni interessati effettivamente da produzioni agricole di pregio; ciò si intende nei casi in cui il proprietario dei terreni/lotti è in grado di dimostrare di avere in atto una coltivazione di pregio certificata alla data di entrata in vigore delle vigenti direttive regionali, in tal caso il vincolo di esclusione dagli impianti è vigente e cogente. Questo non vieta che, in prossimità dei lotti interessati dalle aree di cui sopra, vi si possano localizzare impianti. Da valutare in fase di micro-localizzazione per l’assenza dei relativi dati in modo georeferenziato. A seguire si allegano gli elenchi delle realtà presenti nel territorio provinciale (per le quali non è attualmente disponibile la perimetrazione georeferenziata).

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AREE DI PRODUZIONE DI PRODOTTI AGROALIMENTARI TRADIZIONALI E DI PREGIO AGRICOLO DOP, IGP, IGT

PRODOTTO CATEGORIA DI PREGIO AREA DI PRODUZIONE Taleggio DOP Intera provincia di Pavia

Consorzio salame di Varzi

Varzi e comuni limitrofi della Val Staffora Bagnaria, Bralllo di

Pregòla, Cecima, Fortunago, Godiasco, Menconico,

Montesegale, Ponte Nizza, Rocca Susella, Romagnese, Santa

Margherita di Stàffora, Val di Nizza, Valverde, Varzi, Zavattarello

Grana Padano DOP Pavia, Linarolo, Cava Manara, Carbonara Ticino)

Cacciatori d'oca Prodotto tradizionale Lomellina Ciccioli Prodotto tradizionale Provincia di Pavia

Ciccioli d'oca Prodotto tradizionale Pavia Cotechino Pavese Prodotto tradizionale Provincia di Pavia

Durelli d'oca Prodotto tradizionale Lomellina Fegato d'oca grasso Prodotto tradizionale Lomellina

Grasso d'oca Prodotto tradizionale Lomellina Pancetta Pavese Prodotto tradizionale Provincia di Pavia

Patè di fegato d'oca Prodotto tradizionale Lomellina Petto d'oca stagionato Prodotto tradizionale Lomellina

Prosciutto d'oca stagionato Prodotto tradizionale Lomellina Quartini d'oca sotto grasso Prodotto tradizionale Lomellina

Salame da cuocere Prodotto tradizionale Territorio della provincia di Pavia Salame d'oca crudo Prodotto tradizionale Lomellina

Salame d'oca ecumenico Prodotto tradizionale Lomellina Salame sotto grasso Prodotto tradizionale Lomellina

Sanguinaccio o Marzapane Prodotto tradizionale Basso Pavese, Lomellina Formagella di Menconio Prodotto tradizionale Area montana dell'Oltrepò pavese

Nisso Prodotto tradizionale Area montana dell'Oltrepò pavese Asparago di Cilavegna Prodotto tradizionale Lomellina

Cipolla rossa Prodotto tradizionale Lomellina - Breme

Fagiolo borlotto di Gambolò Prodotto tradizionale Comune di Gambolò e comuni limitrofi

Tartufo Prodotto tradizionale Provincia di Pavia Baci del Signore Prodotto tradizionale Pavia

Frittella Prodotto tradizionale Provincia di Pavia Grissini dolci Prodotto tradizionale Broni

Miccone Prodotto tradizionale Oltrepò pavese Pane di pasta dura Prodotto tradizionale Provincia di Pavia

Pane di riso Prodotto tradizionale Lomellina Pane di San Siro Prodotto tradizionale Pavia

Pane giallo Prodotto tradizionale Provincia di Pavia Pane Mistura Prodotto tradizionale Provincia di Pavia

Pazientini Prodotto tradizionale Pavia e provincia Pesce d'aprile Prodotto tradizionale Pavia

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AREE INTERESSATE DA AGRICOLTURA BIOLOGICA O AGRITURISMO

NOME AZIENDA BIOLOGICHE INDIRIZZO COMUNE PRODUTTORE

BIOLOGICO PRODUTTORE

MISTO PREPARATORE

AGRICOLA SVILUPPO COOPERAZIONE SOC. COOP. A.R.L.

CASCINA TIBOTTA SAN GIORGIO DI LOMELLINA sì

ALBERIZZI TOMMASO VIA MILAZZO 96 PAVIA sì ALVISI FRANCESCO GIUSEPPE LOCALITÀ GRAZZI ROMAGNESE sì

ARTANA RITA FRAZ. SABBIONI VALVERDE sì

ASCHEI GIULIO PODERE CASOTTONE SEMIANA sì

ASTALDI ILARIA TENUTA CRIMEA 1 FERRERA ERBOGNONE sì

AZ. AGR. BUTTARELLI S.S. VIA VALLE 21, TENUTA CORTAZZA BORGO SAN SIRO sì

AZ. AGR. CASCINA ORSINE S.S.

VIA CASCINA ORSINE 5 BEREGUARDO sì sì

AZ. AGR. FORNACI S.S. TENUTA FORNACE S. CRISTINA E BISSONE sì AZ. AGR. MALPAGA DI PONTIROLI LUIGI E CARLO S.S.

VIA IV NOVEMBRE 16 CANNETO PAVESE sì sì

AZ. AGR. MOR STABILINI A.CC.SS.

VIALE MARTIRI DELLA LIBERTÀ 68 MEDE sì

AZ. AGR. VAGA DEI F.LLI LAZZARONI C.NA VAGA 8 ARENA PO sì

BRUGNONI FABIO VIA BUOZZI 41 VIGEVANO sì BRUNELLI GIULIO VIA LOMELLINA 37 BORGO PRIOLO sì BRUNOLDI PIERANGELO VIA LOMELLINA 37 GAMBOLÒ sì AZ. AGR. BRUSTIA ERMINIO VIA ROMA 21 VELLEZZO LOMELLINA sì BRUSTIA GUIDO VIA ROMA 15/2 VELLEZZO LOMELLINA sì AZ. AGR. BRUSTIA MARIO VIA ROMA 15 VELLEZZO LOMELLINA sì CAMUZZI IMMOBILIARE S.R.L. LOC. CASTIGNOLI MONTESEGALE sì

CANEGALLO CARLO VIA CASCINE 24 VOGHERA sì

AZ. AGR. FONTANINO S.A.S. CASCINA FONTANINO 7 LOMELLO sì

CARABELLI PIER ROBERTO VIA DELLA LOMELLINA 2 VALLE LOMELLINA sì

CATTANEO VINCENZO E GIOVANNI S.S. CASCINA GIARRE TROMELLO sì

CHIESA ENRICO TITO COSTA GALEAZZI 32 FORTUNAGO sì

CISERANI PAOLO LOC. COSTA DÈ PIAGGI 1 CANEVINO sì

COLLIVIGNARELLI CRISTIANO FRNE CATTANEA 13 MORTARA sì

CONTAGRI CEGNI S.C.R.L. FRAZ. CEGNI SANTA MARGHERITA STAFFORA sì

COOPERATIVA AGRICOLA CANEDO VIA CANEDO ROMAGNESE sì

CORDONE DAMIANO STRADA TRE COLOMBAIE 53 VIGEVANO sì

CRIVELLI RENZO LOC. VALLE CEVINO 7 CALVIGNANO sì

DELLAGIOVANNA MARIA LOCALITÀ PIANE 1 VARZI sì DEMARIA GIAN PIERA VIA SAN PONZO 90 PONTE NIZZA sì DONDI ANTONIO C.NA UCCELLINA TROMELLO sì FATTORIA MONDO ANTICO S.A.S. DI TIRABOSCHI DARIO E C.

LOC. CASAZZA 3 ROCCA SUSELLA sì

FERRETTI GIUSEPPINA CASCINA CAMINA VIGEVANO sì FIORI FRANCO VIA PAVAROLO 1 BROGO PRIOLO sì sì FIORI GIULIA VIA TORRAZZETTA 1 BORGO PRIOLO sì

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NOME AZIENDA BIOLOGICHE INDIRIZZO COMUNE PRODUTTORE

BIOLOGICO PRODUTTORE

MISTO PREPARATORE

FIORI SERGIO VIA TORRAZZETTA 1 BORGO PRIOLO sì GALANTI MARIA ADELE LOC. BOFFENISIO 3 BORGO PRIOLO sì AZ. AGR. GALLOTTI STEFANO VIA MAESTRA BORGO PRIOLO sì

GARAVELLI FELICE VIA MOSCHINA 10 SUARDI sì AZ. AGR. DOTT. MARCO GASTEL VIA SUARDI 1 TORREBERETTI E

CASTELLARO sì

GHIA EZIO VIA GIGNOLI 24 BIS VOGHERA sì GHISOLFI GIUSEPPE ANGELO CASCINA NOVELLO TRAVACÒ SICCOMARIO sì

GIANI CARLA VIA STAVIONE 43 CARBONARA AL TICINO sì AZ. AGR. LA TEODORA DI GIRARDI SANDRO STRADA ORIOLO 170 VOGHERA sì

GRAMEGNA MARCO FR.NE SAN RE 36 BARBIANELLO sì HORNYCH LUDMILA CASA CANEVARO 3 ZAVATTARELLO sì LAZZARONI MARIA TERESA CASCINA VAGA 8 ARENA PO sì sì

LAZZATI RAFFAELLA FRAZIONE PEZZETO 1 FORTUNAGO sì

LAZZATI TIZIANO FRAZ. PEZZETO FORTUNAGO sì

LOVATI PAOLO ENRICO CASCINA CALIGNAGO 8 MARCIGNAGO sì

LUCCONI PIERO VIA FRANCANA 504 PAVIA sì sì LUCOTTI ALBERTO C.NA CHIERICONI 6 RIVANAZZANO sì

MAGANZA PAOLA VIA AMENDOLA 1, FR.NE GOIDO MEDE sì sì

MALINVERNI MARIA LUIGIA VIA MAZZINI 50 OTTOBIANO sì

IL VIGNETO FR. LOGLIO DI SOPRA 29 MONTÙ BECCARIA sì

MALINVERNO LUISA STRADA ACQUANEGRA 69 PAVIA sì

MANZINI GIANPIERO VIA MILANO 28 MORTARA sì MARINI PIERPAOLO FRAZ. CASCINE 17/B ZAVATTARELLO sì MARTINOLI ROSANGELA CASCINA LUCCA MEDE sì MARTULLO VINCENZO VIA CAIROLI 6 MEDE sì AZ. AGR. LA BERTOLINA DI MASINARI LUCIANA VIA CANCELLI 11 MEDE sì

MONTAGNA ROBERTA VIA DON CESARE MAGA TORRICELLA VERZATE sì

MOSCHETTI PUSTERLA GREGORIO F.NE FRASCATE MONTESEGALE sì

MUSINA MARINO LOC. CAROLO 14 MONTEVALVO VERSIGGIA sì

NESE MARINELLA VIA MEDE 57 MEDE sì

AZ. AGR. NOBILE DANIELE LOC. MOLINO DELLA SIGNORA FORTUNAGO sì

OGLIO GIUSEPPE FR. BELCREDA GAMBOLÒ sì PADROGGI LUIGI E FIGLI CASCINA PIOTTA 1 MONTALTO PAVESE sì LA VILLETTA DI PAPALIA ANTONELLA MARIA VIA ROMA 16 MORNICO LOSANA sì

PERCIVALLE PAOLO VIA TORCHI 9 BORGO PRIOLO sì

PEROTTI ERMANNO FRAZ. PIANAZZO BORGORATTO MORMOROLO sì

PISANU PIERINA OIKOS "ABITARE POETICAMENTE LA TERRA"

CASCINA OROLOGIO N. 2 FRAZIONE BOSCHI

TRAVACÒ SICCOMARIO sì

POMO BRUNA VIA UMBERTO 1, 299 LUNGAVILLA sì QUAGLINI SERGIO VIA ROMA 11 CAMPOSPINOSO sì RABELLOTTI GIUSEPPE VIALE KENNEDY 3 CASSOLNOVO sì RABOSSI SILVIA C.NA PERSANO 3 SARTIRANA LOMELLINA sì RAMAIOLI ANTONIO VIA A. MORO 44 BELGIOIOSO sì

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NOME AZIENDA BIOLOGICHE INDIRIZZO COMUNE PRODUTTORE

BIOLOGICO PRODUTTORE

MISTO PREPARATORE

RATTINI DANIELE VIA TORTONA 9 RIVANAZZANO sì

RETTANNI ATTILIO LOC. COSTA CALATRONI VOLPARA sì

APICOLTURA NOMADE TERRE ALTE VIA SPIZZIRÒ 7 BAGNARIA sì

RICCI SERGIO VIA ROMA 16 PONTE NIZZA sì ROSSI VITTORIO ANDREA VIA MANARA 67 CAVA MANARA sì AZ. AGR. CASCINA CASAREGGIO DI ROSSOTTI LUCIA

C.NA CASAREGGIO FORTUNAGO sì

SAROLLI GIAN DOMENICO VIA MONTECESARINO 1 - TORRE SAROLLI

SANTA GIULIETTA sì

AZ. AGR. TENUTA SAN GIOVANNI DI CRISTINA SARTORI

VIA UMBERTO DA OLEVANO 6 OLEVANO LOMELLINA sì

SCEVOLA ANNALISA E LIVIA S.S. C.NA BRUSADA MARCIGNAGO sì

SCOTTI CINZIA FRAZ. CROCIGLIA ZAVATTARELLO sì AZ. AGR. LA FRANCANA DI SPEDICATO GIUSEPPINA VIA FRANCANA 504 PAVIA sì

STELLA GIGLIOLA VIA BERNINI 51 CASTEGGIO sì AZ. AGR. SAN GIUSEPPE DI TAVA MARIO

CASA SAN GIUSEPPE 1 SANTA GIULIETTA sì

TAVERNA GIUSEPPE VIA DON G. LAUZI 28 LUNGAVILLA sì TENUTA IL CASTELLO S.S. DI PIROVANO FAUSTO E C. S.S.

LOCALITÀ CASTELLO SANTA GIULIETTA sì

TERZAGHI MAURIZIO VIA DI VITTORIO 3 SAN GENESIO ED UNITI sì TORNARI IGOR CASA MINCHINO 2 PONTE NIZZA sì VALENTINI DOMENICO C.NA SAN MICHELE SUARDI sì

VIDALI MATTEO C.NA FRANCESCA 30 CASTELLETTO DI BRANDUZZO sì sì

VISCONTI DI MODRONE EDOARDO LODRISIO VIA MARENGO 1 TORREBERETTI E

CASTELLARO sì

ZAFFI STEFANO LOC. TORCHIO SANTA MARIA DELLA VERSA sì

ZERBA ALESSANDRO FR. S. ALBERTO 4 PONTE NIZZA sì

ALBANI SOCIETÀ AGRICOLA STRADA SAN BIAGIO 46 CASTEGGIO sì

AZ. AGR. DONDI VIA CASTELLO 3 CASSOLNOVO sì

CALOGERO SABINA VIA CASTELLO 5 SANTA CRISTINA E BISSONE sì

ISTITUTO PROFESSIONALE STATALE PER L'AGRICOLTURA "C. POLLINI"

VIA MARSALA 11 MORTARA sì

L'ORTO DI MARINONE ROBERTO

CASCINA GILARDONA 18 CASTELNOVETTO sì

MILANESI STEFANO CACINA ZERBONE 1 SANTA GIULIETTA sì

MORI LINO FRAZ. CASA ARIORE VILLA 39 ROMAGNESE sì

MORONI RAFFAELLA CASCINA DELIZIA GROPPELLO CAIROLI sì

PICCININI PAOLO STRADA MONFERRINA 29 CASTEGGIO sì

SCABINI TITO VIA PROVINCIALE 6 GOLFERENZO sì ACQUAOTTA MARCO VIA MAZZINI 54 GAMBOLÒ sì AGR. COSTAROSSA DI CARLO BORROMEO E FIGLIE

TENUTA COSTAROSSA VALLE LOMELLINA sì

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NOME AZIENDA BIOLOGICHE INDIRIZZO COMUNE PRODUTTORE

BIOLOGICO PRODUTTORE

MISTO PREPARATORE

AGRIBIO (CONSORZIO DI PRODUTTORI DA AGRICOLTURA BIOLOGICA)

VIA TORINO 17 CASTEGGIO sì sì

ALBINI LAURA STRADA PECETO 7 MEDE sì ALESSI FABRIZIO VIA VIGNA CROSIO PIEVE DEL CAIRO sì

ALPEGGIANI FRANCESCA FRAZ. CASA MINCHINO 21 PONTE NIZZA sì

ANDI FAUSTO FRAZ. MORIANO 48 MONTÙ BECCARIA sì sì ANGOLI ALAN VIA SAVOIA 10 FRASCAROLO sì AZ. AGR. BELVEDERE DI ZAMBELLI PAOLO, PIERCARLO E GIULIANO

C.NA BELVEDERE 1 LOMELLO sì

AZ. AGR. CARNEVALE BONINO PIERA & CASINGHINO CARLO

VIA VIGNATE 114 GAMBOLÒ sì

AZ. AGR. LACELLI CARLO E ALESSANDRO

C.NA FORNACE - VIA PO FRASCAROLO sì

AZ. AGR. MAGNI LUIGI E COSTANZA E MOLA SIRANGELA

VIA SAN BERNARDINO 5 MEDE sì

AZ. AGR. MASSINO DEI F.LLI MASSINO BENIAMINO E MARIO S.S.

CASCINA MONCUCCO 15 SARTIRANA LOMELLINA sì

AZ. AGR. MILO GIANFELICE ED ERNESTO

CASCINA CANTALUPA MEDE sì

AZ. AGR. PEDRAZZINI ATTILIO S.S. CACINA VIGNATE PAVIA sì

AZ. AGR. SAN MASSIMO TENUTA SAN MASIMO GROPPELLO CAIROLI sì

AZ. AGR. VALDI VITTORIO E FIGLI DAVIDE E NICOLA

C.NA CORTEGRANDE - VIA ROMA 61

TORREBERETTI E CASTELLARO sì

AZ. AGR. ZANADA F.LLI DI ZANDA MAURIZIO E DANIELE

FR. TORTOROLO 44 MEDE sì

AZ. AGR. NEGRI BOLOGNINI BASTIANEL VIA PO 11 FRASCAROLO sì

AZ. AGR. GHISELLI PAOLO CELESTE E PIETRO LUIGI GIANNI

VIA MEDE 40 SARTIRANA LOMELLINA sì

AZ. AGR. SACRAFAMILIA S.S. VIA G. GARIBALDI 30 GODIASCO sì

AZ. AGR. VARESI MAURIZIO E ROBERTO S.S. FR. BUSCARELLA SANNAZZARO DÈ

BURGUNDI sì

AZ.AGR. F.LLI SEMPIO ISIDORO E BRUNO C.NA BORAGNO LOMELLO sì

AZ. AGR. GRUA. S.A.S. VIA IMMACOLATA 14 MEZZANA BIGLI sì AZIENDA AGRICOLA DEL VERME CAMILLO E FILIPPO S.S.

VIA CARSO 4 TROMELLO sì

AZ. AGR. QUAQUARINI FRANCESCO S.S. VIA ZANBIANCHI CANNETO PAVESE sì

CASCINA NUOVA AZ. AGR. DI BARBAGLIA MARCO VIA XXIV MAGGIO 2 FRASCAROLO sì

BELLAZZI ALBERTO CASCINA BELVEDERE 7 LOMELLO sì

BELLONE ALESSANDRO VIA CAVOUR 11 FERRERA ERBOGNONE sì

BERTELLA GIANCARLO LOC. CASCINA CAGNANO 1 VARZI sì

BESOSTRI GRIMALDI DI BELLINO PIETRO CARLO

VIA AMENDOLA 1 FR. NE GOIDO MEDE sì

BIROLI MARCO E ROBERTO CASCINA MAGNONA 2 BORGO SAN SIRO sì

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NOME AZIENDA BIOLOGICHE INDIRIZZO COMUNE PRODUTTORE

BIOLOGICO PRODUTTORE

MISTO PREPARATORE

BISAGNO ANTONIO E GIOVNNI BATTISTA CASCINA BORGHESA CONFIENZA sì

AZ. AGR. CASCINA SAN GIUSEPPE DI BISCALDI GIANPIERO

CASCIAN SAN GIUSEPPE SARTIRANA LOMELLINA sì

BOATTI ELISA VIA MARCONI 29 BORGO PRIOLO sì BOCCA SPAGNOLO CARLO GIUSEPPE VIA DE VISCONTI 14 BREME sì

AZ. AGR. BONATI ERNESTO VIA GIOVANNI BOVIO 48 STRADELLA sì

AZ. AGR. LUCA BONIZZONI S.S.

VIA STRADA MADONNA 33 CASTEGGIO sì sì

BOTTONE GIUSEPPE VIALE GARIBALDI 12 OTTOBIANO sì BRUSA ANDREA VIA BORGO 62 MARCIGNAGO sì CAME SAS DI PATRIZI VALTER FRAZ. TERME MIRADOLO TERME sì

VAMERINI GIANCARLO CÀ DEL DOSSO 1 BASTIDA PANCARANA sì AZ. AGR. CAMPOGIARDINO VIA ARCIPRETURA 10 CERVESINA sì sì

CARNEVALE GARÈ PAOLO VIA VECCHIA DI VIGEVANO GAMBOLÒ sì

CASCINA NUOVA S.R.L. TENUTA FORNACE 1 SANTA CRISTINA E BISSONE sì

CASONE IVANO VIA SAN PIETRO 4 SUARDI sì

CASTAGNA RAFFAELE VIA CHIESA 4 BORGORATTO MORMOROLO sì

CASTELLOTTI GIOVANNI FRAZIONE VIVENTE CARBONARA AL TICINO sì sì CERRA EUGENIO VIA ZEME 23 VALLE LOMELLINA sì CHERUBIN EMANUELE VIA ROMA 26 SUARDI sì COLLIVASONE CLAUDIA LOC. CÀ CIAMPINO 1 BORGO PRIOLO sì

AZ. AGR. COLOMBO LUIGI FR.NE LUTHER KING 2 MEDE sì

COMOGLIO PATRIZIA TENUTA SAN PAOLO LANGOSCO sì CONSORZIO FORESTALE ALTA VAL TIDONE O.N.L.U.S. FR.NE CANEVIZZA ROMAGNESE sì

COOPERATIVA PRODUTTORI AGRICOLI CO.PR.AG. ARL.

VIA ROMA 122 GAMBOLÒ sì

COSTADONE GIOVANNI BATTISTA

F. REMONDÒ - VIA SANTA MARGHERITA 19

GAMBOLÒ sì

COTTA RAMUSINO BATTISTA CASCINA GIARRE TROMELLO sì

COTTA RAMUSINO GIOVANNI BATTISTA E ANTONIO

CASCINA CANTONINA TROMELLO sì

CURTI EZIO VIA GARIBALDI 48 PIEVE DEL CAIRO sì DAGHETTA ALBERTO CASCINA PANZA MORTARA sì AZ. AGR. DAGHETTA AMBROGIO DI DAGHETTA F.LLI

FRAZ. VILLANOVA CASSOLNOVO sì

DALLAVALLE ALDO LOC. PAVAROLA 3 BORGO PRIOLO sì

DAMNOTTI VITTORIO CASCINA CAMPERIA 1A SARTIRANA LOMELLINA sì

DE FILIPPI FABBIO C.NA FOSSA 8 OLIVA GESSI sì sì

DEGRANDI EUSEBIO C.NA MARIA BAGNOLO LANGOSCO sì

DEL BUE ROBERTO LOC. MOLINO NUOVO 3 ZAVATTARELLO sì

EUROPA AGRICOLA S.R.L. VIA MILANO 20 CASTELLO D'AGOGNA sì FARAVELLI GIULIO E FIGLI S.S.

F.NE RUINELLO DI SOTTO 6

SANTA MARIA DELLA VERSA sì sì

FILIPPINI LAURA LOCALITÀ GRAZZI ROMAGNESE sì

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NOME AZIENDA BIOLOGICHE INDIRIZZO COMUNE PRODUTTORE

BIOLOGICO PRODUTTORE

MISTO PREPARATORE

3/A FIORI PAOLO VIA TORRAZZETTA 7 BORGO PRIOLO sì FOLONARI ANNA TECLA VIA CAVOUR 2 MEDE sì FORLINO CESARE VIA PAVAROLA 9 BORGO PRIOLO sì FORNI GIACOMO VIA PALAZZO 93 MEZZANINO sì AZ. AGR. LA SERRA DI GAMBETTI SANDRO VIA CANOVA 85 VERRUA PO sì

GAMALERIO FULVIO CASCINA CACCIALUPA TORREBERETTI sì

GASTONE S.S. DI GASTEL MARCO E BOTTONE GIUSEPPE

VIA SUARDI 33 TORREBERETTI E CASTELLARO sì

GESTIONI AGRICOLE DI VILLAVECCHIA MARIA TERSA E GUARDAMAGNA CRISTINA S.S.

VIA ROMA 1 RONCARO sì

GIAREDI SIMONE LOC. GRAZZI ROMAGNESE sì GIGANTI FABIO VIA CASA LOLLA 2 SANTA GIULIETTA sì GILARDI ALESSANDRO C.NA MOLINETTO GROPPELLO CAIROLI sì GLANDI GIOVANNI VIA CASTAGNA 12 VOGHERA sì GORRINI SERGIO VIA SAN RE 18 SANTA GIULIETTA sì GRAMEGNA ROBERTO VIA COMMENDA 7 ROBECCO PAVESE sì GREPPI CAPPA LUIGI E CARLO CASCINA COMUNITÀ ROBBIO sì

GUARAGLIA LEONARDO VIA MANZONI 11 - PONTE CRENNA BAGNARIA sì

LA CALVENZANA DI CANTÙ STEFANO E LUCA

STRADA CALVENZANA 2 RIVANAZZANO sì

LACELLI DANIELE VIA PO 27 FRASCAROLO sì LACELLI VALERIA VIA PO 25 FRASCAROLO sì LAMPUGNANI LUIGI C.NA CHIODA RIVANAZZANO sì LANFRANCHI ROBERTA VIA ROMA 59 PONTE NIZZA sì LESCA SIMONE CASCINA REGINA LANGOSCO sì sì LOZZA ROBERTO VIA CASTELLO 1 SANTA GIULIETTA sì sì MALINVERNI GIORGIO E GIUSEPPE C.NA CERRO BATTUDA sì

MANZONI ADELE VIA CASCINA FOSSANA 197 VIGEVANO sì

LE BUONE TERRE DI CASTELLO AZ. AGR. DI MARCHESI DANIELE

CASA GIAN PIETRO - FRAZ. CASTELLO SANTA GIULIETTA sì sì

MAREGATTI MAURO VIA ROMA 122 CANDIA LOMELLINA sì sì MARTINOLI ORNELLA VIA BARCO 1 BORGO PRIOLO sì AZ. AGR. PAGETTI E MARUCCHI VIA DELLA VALLE 19 VALLE LOMELLINA sì

FATTORIA CABANON DI MERCANDELLI ELENA

LOCALITÀ CABANON 1 GODIASCO sì sì

MERINI GIANCARLO VIA VALLE 43 BORGO SAN SIRO sì MERIZZOLI ROBERTO VIA DABUSTI 105 CASTEGGIO sì MONTINI LUIGI E FIGLI S.S. VIA EMILIA MANZO 19 SANTA GIULIETTA sì sì MORONI EMILIO VIA PIZZOLO 1 SANTA GIULIETTA sì

MORTARINI SANDRO VIA DOTT MAGNANI 117 BREME sì

NAI RUSCONE ANGELO VIA CSTIGNOLO 2 GAMBOLÒ sì ORLANDINI CESARE VIA FRANCHI 3 PAVIA sì sì PALEARI LUIGINA C.NA CHIODA RIVANAZZANO sì PANIGAZZI MAURIZIO LOC. CALGHERA 1 VALVERDE sì

PAPETTI PIERA VIA CONTRADA DI ROTONDO 13 MORTARA sì

AZ. AGR. MACCARINI LOC. GRAVANAGO 17 FORTUNAGO sì

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NOME AZIENDA BIOLOGICHE INDIRIZZO COMUNE PRODUTTORE

BIOLOGICO PRODUTTORE

MISTO PREPARATORE

PEROTTI MAURO VIA CASCINA NUOVA 2 TROMELLO sì

IL MELO ROSSO DI PETRONI FIORETTA VIA CASA VECCHI 1 FORTUNAGO sì

PICCHI SILVANO FRAZ. S EUSEBIO 18 FORTUNAGO sì

POCHINTESTA SERAFINO LOC. FILAGNI NIVIONE 5 VARZI sì

PORATI PAOLO VIA BANDORIA 1 VOGHERA sì PROTTI PAOLO VIA LONGA 8 VOGHERA sì

RABOSSI GIUSEPPE CASCINA PERSANO - STRADA SARTIRANA 8/1

MEDE sì

RAINERI PIERANGELO CASCINA SAN CRISTOFORO 2 LOMELLO sì

RICCARDI FRANCESCO VIA CERREDO 8 ROVESCALA sì RIGOTTO FLAVIA VIA EMILIA 86 STRADELLA sì

ROCCHINI GIANCARLO STRADA OER GOIDO 1 MEDE sì

ROSSI ROBERTO VIA UNIONE SOVIETICA 33 MEDE sì

S.S. AZ. AGR. MADDALENA VIA SEMIANA 3 LOMELLO sì

SAROLLI GIOVANNI VIA MONTECERESINO 1 SANTA GIULIETTA sì sì

SCOTTI GAETANO DI SCOTTI GIUSEPPE E SCOTTI MASSIMO S.S.

VIA MAURA PONTI 6 COPIANO sì

MARTA SEMPIO AZ. AGR. C.NA TESSERA - STRADA PROVINCIALE 19

VALEGGIO sì

SEMPIO GIOVANNI, ANGELO, DAIDELLI GIOVANNA

VIALE1° MAGGIO MEDE sì

SOC. AGRICOLA S. MARIA DI CISCO ENNIO E C. SNC

CASCINA S. MARIA IN CIELI 90 MEDE sì

STEFANONE PAOLO VIA GIACOMO LEOPARDI 7 RETORBIDO sì

ORANAMI DI TAMBORNINI MAURIZIO

FR.NE PIZZOCORNO 64 PONTE NIZZA sì sì

TARANTANI ADRIANA VIA TRE VENTI - FR. POMETO RUINO sì

TARANTANI BENITO LOC. DONEGA 7 MONTALTO PAVESE sì TAVAZZANI ALBERTO GAETANO ERCOLE LUIGI PIETRO

CASCINA COLOMBARA 3 LARDIRAGO sì

TERRE DI LOMLLINA S.S. VIA ROMA 72 CANDIA LOMELLINA sì VALLI AGOSTINO VIA DÈ GASPARI 12 COPIANO sì VERCESI GIORGIO VIA MAESTRA 20 BORGO PRIOLO sì AZ. AGR. VIOLA GIANMARIO VIA ROMA 36 LUNGAVILLA sì sì AZ. AGR. VITALE GIOVANNI VIA V. VENETO 1 MEDE sì

ZANADA DANIELE CESARE FRAZ. TORTOROLO 44 MEDE sì

ZANETTI SECONDO VIA OREFICI 32 VIGEVANO sì

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8.2.1.2. Protezione delle risorse idriche Cartografia di riferimento di analisi ed applicazione dei criteri: Figg. 3.1 e 3.2 (A-B-C). Trattasi di tematica adeguatamente già considerata nelle norme sovraordinate (per le discariche, si veda il D. Lgs. 36/2003), da considerare essenzialmente in fase di micro-localizzazione o di progetto in aree esenti da altri fattori escludenti. Tutto ciò considerando che è possibile artificialmente rendere idoneo un sito non naturalmente tale e che un impianto può essere realizzato completamente fuori terra (in rilevato) rispettando i requisiti di legge. Aree di protezione della falda superficiale Provenienza dato: dato non disponibile; da definire in sede di micro-localizzazione. Tale fattore si riferisce alla fluttuazione della falda dal piano di campagna e alla condizione di soggiacenza da verificare in caso di micro-localizzazione, in particolare, di discariche. Fatto salvo quanto definito in merito dal D. Lgs. 36/2003, nelle zone caratterizzate da falde superficiali, alla richiesta di autorizzazione alla realizzazione di discariche è obbligatorio allegare uno studio idrogeologico approfondito che tenga conto dei dati storici già esistenti e di quelli relativi al monitoraggio di almeno un anno che definiscano la massima escursione della falda. L’autorizzazione non potrà essere rilasciata qualora dallo studio risultasse un’escursione della falda al di sopra di – 5 m dal piano campagna (inteso come originario, ma artificialmente modificabile nel caso di discariche a fossa ove obliterato da precedente attività estrattiva o similare, o in rilevato 4., in modo tale da garantire sempre i requisiti minimi richiesti). I criteri definiti escludenti nella matrice per la tipologia impiantistica A diventano penalizzanti per le discariche di inerti come definite dal D. Lgs. 36/2003, fermo restando quanto previsto dalla normativa di settore vigente e solo al fine del riempimento a piano campagna delle depressioni relative alle cave di pianura esistenti. Il criterio resta escludente per le cave ad arretramento di terrazzi morfologici, balze o versanti naturali, nonchè per le zone appartenenti a Rete Natura 2000. I ritombamenti di cui sopra sono consentiti solo a fronte di una complessiva riqualificazione paesaggistico-ambientale dell’area. Ad esclusione di ampliamenti di discariche dello stesso soggetto, deve essere mantenuta una distanza di sicurezza tra discariche diverse di almeno 50 m misurati a bordo vasca; nel caso di falde molto profonde, in sede di VIA può essere valutata una distanza maggiore da valutarsi caso per caso, dietro puntuale valutazione delle caratteristiche idrogeologiche del terreno, dell’andamento, della portata e dell’isolamento della falda stessa. In generale, si applica il criterio preferenziale ove l’intervento è sinergico, ai fini dell’inserimento ambientale complessivo, nel caso di interferenza con altri interventi di interesse pubblico, ove va considerato il cumulo degli impatti e un bilancio ambientale positivo.

4 Si intende per discarica in rilevato quella con caratteristiche costruttive e geometriche conformi al D. Lgs.

36/2003 che abbia la superficie sommitale della barriera geologica o dello strato minerale compattato del sistema barriera di confinamento ad una quota non inferiore a quella del piano campagna del settore territoriale interessato dal progetto della zona di scarico.

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Aree inserite nel programma di tutela delle risorse idriche (L.R. n. 26/2003; PTUA, DGR n. 2244 del 19/03/2006) Provenienza dato: PTUA (Regione Lombardia, 2006). Si tratta delle aree identificate nella Tavola 9 del Programma di Tutela delle risorse idriche (PTUA) della Regione Lombardia. Si tratta di:

aree di ricarica della falda; aree di riserva (ottimale e integrativa), (presente solo quella ottimale); aree di protezione dell'acquifero (non presente).

Distanza da opere di captazione di acqua destinata al consumo umano ad uso potabile mediante infrastrutture di pubblico interesse (D. Lgs. 152/2006, art. 94) Provenienza dato: SITIDA (Divisione Ambiente della Provincia di Pavia; agg. maggio 2007). Non è disponibile la localizzazione delle sorgenti in ambito collinare e montano dell’Oltrepò (situazione da considerare in micro-localizzazione), ma solo quella dei pozzi in ambito di pianura o fondovalle. Le zone di tutela assoluta sono costituite dall'area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni e deve avere un'estensione di almeno 10 metri di raggio dal punto di captazione; le zone di rispetto sono individuate dalla Regione con un raggio di 200 metri rispetto al punto di captazione o derivazione; tali fasce possono però essere integrate e modificate, ai sensi dell’art. 42, comma 3 della L.R. 26/2003, da parte dei comuni interessati su proposta delle Autorità d’ambito o ente gestore. In assenza di modifica si applicano i 200 metri previsti per legge. Distanza dai corsi d'acqua, dai laghi (Polizia idraulica R.D. n. 523/1904) e dal reticolo idrico di bonifica consortile (R.D. n. 368/1904, D.G.R. 7868/2002 e s.m.i.) Provenienza dato: dato non rappresentabile alla scala di indagine; fattore da considerare essenzialmente in fase di micro-localizzazione o di progetto.

Si tratta del rispetto di una norma di polizia idraulica che fissa in 10 metri la distanza di rispetto (derogabile) da mantenere, fatto salvo quanto definito dallo strumento urbanistico comunale ai sensi dell’ALL. B alla D.G.R. 7868/2002 e s.m.i..

8.2.1.3. Tutela da dissesti e calamità Cartografia di riferimento di analisi ed applicazione dei criteri: Figg. 4.1 e 4.2 (A-B-C). Aree soggette a rischio idraulico, fasce A, B e C ove delimitata da un limite di fascia B di progetto del PAI (art. 29, 30, 31, 38 bis delle relative NTA, integrate dalle circolari interpretative n. 3128 del 14 maggio 2003 e n. 5101 del 24 luglio 2003 e dall’art. 31, punto A, indirizzo di cui alla lettera b) Provenienza dato: PSFF, PAI (Autorità di Bacino del Fiume Po, 2001 e modifiche integrazioni fino a novembre 2007, trasmesse dalla D.G. Territorio e Urbanistica della

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Regione Lombardia con nota 6/11/07 prot. ZI. 2007.00.23974). Dati in continua evoluzione in funzione degli adeguamenti al PAI degli studi geologici a supporto della pianificazione comunale. Si rimanda alla matrice di par. 8.2.2 e relative note per l’applicazione dei criteri e relative ulteriori specificazioni. Nelle fasce fluviali A e B è esclusa la realizzazione di nuovi impianti e varianti sostanziali. Il criterio escludente di cui sopra è derogato esclusivamente per il caso di impianti di trattamento delle acque reflue comprensive di rifiuti (ricadenti in tipologia impiantistica C), comunque previa esecuzione di uno specifico SIA e di una verifica di compatibilità idraulica conforme ai requisiti dell’Autorità di Bacino del Fiume Po contenente le proposte di mitigazione del rischio idraulico e fatto salvo quanto previsto in merito dalla normativa emessa dalla stessa Autorità di Bacino del Fiume Po (art. 38 bis delle NTA del PAI e relative circolari interpretative), a cui compete il rilascio del relativo nulla-osta vincolante. Si fa presente che dalla cartografia PAI ufficiale non è sempre possibile delimitare arealmente le Fasce C delimitate da un limite di progetto di Fascia B; in funzione di ciò, nella cartografia allegata sono compresi anche i territori in Fascia C dei Comuni contermini a quelli in cui è riportato un limite di progetto di Fascia B; elemento questo da valutare caso per caso in fase di micro-localizzazione. Sono fatte salve le ulteriori disposizioni emesse dall’Autorità di Bacino del Fiume Po e dalla Regione Lombardia. Aree soggette a rischio idraulico, fascia C del PAI (art. 31 delle relative NTA, integrato dalle circolari interpretative n. 3128 del 14 maggio 2003 e n. 5101 del 24 luglio 2003 e dall’art. 31, punto A, indirizzo di cui alla lettera b) Provenienza dato: PSFF, PAI (Autorità di Bacino del Fiume Po, 2001 e modifiche integrazioni fino a novembre 2007, trasmesse dalla D.G. Territorio e Urbanistica della Regione Lombardia con nota 6/11/07 prot. ZI. 2007.00.23974). Dati in continua evoluzione in funzione degli adeguamenti al PAI degli studi geologici a supporto della pianificazione comunale. Si rimanda alla matrice di par. 8.2.2 e relative note per l’applicazione dei criteri e relative ulteriori specificazioni. Sono fatte salve le ulteriori disposizioni emesse dall’Autorità di Bacino del Fiume Po e dalla Regione Lombardia. Aree caratterizzate dall'instabilità del suolo: frane, esondazioni e dissesti morfologici di carattere torrentizio lungo le aste dei corsi d'acqua, trasporti di massa sui conoidi, valanghe (art. 9 PAI) integrate dalle circolari interpretative n. 3128 del 14 maggio 2003 e n. 5101 del 24 luglio 2003 Provenienza dato: PAI (Autorità di Bacino del Fiume Po, modifiche integrazioni fino a novembre 2007). Si rimanda alla matrice di par. 8.2.2 e relative note per l’applicazione dei criteri e relative ulteriori specificazioni.

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Sono fatte salve le ulteriori disposizioni emesse dall’Autorità di Bacino del Fiume Po. Aree soggette a rischio idrogeologico molto elevato in ambiente collinare, montano ed in pianura (Titolo IV NTA PAI e NTA PS267) integrate dalle circolari interpretative n. 3128 del 14 maggio 2003 e n. 5101 del 24 luglio 2003 Provenienza dato: PAI (Autorità di Bacino del Fiume Po, modifiche integrazioni fino a novembre 2007). Si rimanda alla matrice di par. 8.2.2 e relative note per l’applicazione dei criteri e relative ulteriori specificazioni. Sono fatte salve le ulteriori disposizioni emesse dall’Autorità di Bacino del Fiume Po.

8.2.1.4. Tutela della qualità dell’aria Cartografia di riferimento di analisi ed applicazione dei criteri: Fig. 5.1-2 (B). Questo criterio riguarda esclusivamente le tipologie impiantistiche B e ne considera l’impatto ambientale dovuto alle emissioni aeriformi che può interessare porzioni consistenti di territorio. Gli effetti possono variare in funzione della tecnologia adottata, delle modalità gestionali dell’impianto e delle condizioni atmosferiche. In quanto tutti i fattori ambientali considerati portano a classificare l'intero territorio provinciale come penalizzante, tale situazione non sarà evidenziata nella cartografia in scala 1:25.000 ma troverà adeguato riscontro nelle note seguenti e ulteriori valutazioni saranno da effettuare in fase di micro-localizzazione. Al fine di non ulteriormente penalizzare territori che già ospitano impianti potenzialmente impattanti sulla qualità dell’aria, si segnalano le seguenti preesistenze impiantistiche:

• raffinerie di olio greggio (Sannazzaro dè Burgundi – Ferrera Erbognone) • cementifici o forni rotativi per le produzione di calce (Broni); • forni di incenerimento o recupero energetico mediante combustione da rifiuti (Parona,

Corteolona, Pavia, Valle Lomellina, Lomello, Mezzana Bigli, Chignolo Po, Rivanazzano, Robbio, Mortara e Cigognola);

• impianti integrati di produzione di ghisa e di acciaio greggio (Parona); • centrali termiche >300 MWt (Ferrera Erbognone, Voghera); • aeroporti civili (Rivanazzano). Si segnala altresì la presenza, a Parona, della seconda fonderia italiana di alluminio, nonché la presenza di impianti di recupero metalli mediante fusione a Gambolò (n. 2 impianti) e a Mede.

Si prevede pertanto, in fase di microlocalizzazione, di considerare attentamente nuovi impianti di gestione dei rifiuti o varianti potenzialmente impattanti sulla qualità dell’aria che ricadano all’interno del raggio di 5 Km dal perimetro di suddette preesistenze impiantistiche, valutando la sommatoria delle emissioni attese. Le restrizioni sui limiti delle emissioni in atmosfera previsti dalle norme vigenti riguardanti esplicitamente gli impianti che utilizzano rifiuti per termoutilizzazione ecc. non sono applicabili, in quanto non oggetto della presente pianificazione, agli altri impianti di produzione energetica che, sulla base della normativa vigente, sono esclusi dall’ambito di

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applicazione della legislazione specifica riguardante i rifiuti poiché alimentati da altre fonti (ad es. rinnovabili), per i quali valgono le relative norme settoriali. Per tutti gli impianti esistenti e relativi ampliamenti, varianti, ecc., valgono ovviamente i limiti già autorizzati. Zone A1 (ex zone critiche) (Piano Regionale Qualità Aria, DGR n. 35196/1998 e n. 6501/2001 allegato C - DGR n. 5290/2007 allegato 1) Provenienza dato: PRQA (Regione Lombardia, 2000), DGR n. 5290/07 allegato 1. Nell'Allegato 1 della DGR n. 5290/07, ai sensi del D. Lgs. 351/99 e della L.R. 24/06, per l’attuazione delle misure finalizzate al conseguimento degli obiettivi di qualità dell’aria ambiente, è proposta una suddivisione del territorio regionale che inquadra le Zone A1 “agglomerati urbani” come area a maggiore densità abitativa e con maggiore disponibilità di trasporto pubblico locale organizzato (TPL). Più in generale, le Zone A (a loro volta suddivise in A1 e A2) sono caratterizzate da: o concentrazioni più elevate di PM10, in particolare di origine primaria, rilevate dalla Rete

Regionale di Qualità dell’Aria e confermate dalle simulazioni modellistiche; o più elevata densità di emissioni di PM10 primario, NOx e COV; o situazione meteorologica avversa per la dispersione degli inquinanti (velocità del vento

limitata, frequenti casi di inversione termica, lunghi periodi di stabilità atmosferica caratterizzata da alta pressione);

o alta densità abitativa, di attività industriali e di traffico. In Zona A1 ricadono i seguenti comuni: BORGARELLO SAN GENESIO ED UNITI CARBONARA AL TICINO SAN MARTINO SICCOMARIO CERTOSA DI PAVIA SANT`ALESSIO CON VIALONE CURA CARPIGNANO TORRE D`ISOLA MARCIGNAGO TRAVACO` SICCOMARIO MEZZANINO VALLE SALIMBENE PAVIA Gli impianti alimentati a CDR o a biomasse (rifiuti non pericolosi) sono autorizzabili solo se nei mesi invernali alimentano reti di teleriscaldamento con potenza impiegata mediamente nel periodo invernale nella fornitura calore > 50%. Limiti di emissione ai sensi del DM 05/02/98 e s.m.i.; limite di emissione per gli NOx pari a 80 mg/Nm3 (riferito a gas secchi a condizioni normali con l’11 % di Ossigeno libero nei fumi). Sono fatti salvi quelli previsti dalle singole autorizzazioni in essere. Zone A2 e C1 (ex zone di risanamento) (Piano Regionale Qualità Aria, DGR n. 35196/1998 e n. 7/6501/01 allegato C - DGR n. 5290/07 allegato 1) Provenienza dato: PRQA (Regione Lombardia, 2000), DGR n. 5290/07 allegato 1. Nell'Allegato 1 della DGR n. 5290/07, ai sensi del D. Lgs. 351/99 e della L.R. 24/06, per l’attuazione delle misure finalizzate al conseguimento degli obiettivi di qualità dell’aria ambiente, è proposta una suddivisione del territorio regionale che inquadra le Zone A2 “zona urbanizzata” come area a minore densità abitativa ed emissiva rispetto alla zona A1.

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In Zona A2 ricade il solo comune di VIGEVANO: Nell'Allegato 1 della DGR n. 5290/07, ai sensi del D. Lgs. 351/99 e della L.R. 24/06, per l’attuazione delle misure finalizzate al conseguimento degli obiettivi di qualità dell’aria ambiente, è proposta una suddivisione del territorio regionale che inquadra le Zone C1 “Zona prealpina e appenninica” come fascia prealpina ed appenninica dell’Oltrepò Pavese, più esposta al trasporto di inquinanti provenienti dalla pianura, in particolare dei precursori dell’ozono Più in generale, le Zone C (a sua volta suddivise in C1 e C2) sono caratterizzate da: o concentrazioni di PM10 in generale più limitate, rilevate dalla Rete Regionale di Qualità

dell’Aria e confermate dalle simulazioni modellistiche; o minore densità di emissioni di PM10 primario, NOx, COV antropico e NH3; o importanti emissioni di COV biogeniche; o orografia montana; o situazione meteorologica più favorevole alla dispersione degli inquinanti; o bassa densità abitativa. In Zona C1 ricadono i seguenti comuni: BAGNARIA PONTE NIZZA BORGO PRIOLO ROCCA DE` GIORGI BORGORATTO MORMOROLO ROCCA SUSELLA BRALLO DI PREGOLA ROMAGNESE CANEVINO RUINO CECIMA SANTA MARGHERITA DI STAFFORA FORTUNAGO SANTA MARIA DELLA VERSA GODIASCO VAL DI NIZZA GOLFERENZO VALVERDE MENCONICO VARZI MONTALTO PAVESE VOLPARA MONTECALVO VERSIGGIA ZAVATTARELLO MONTESEGALE Limiti di emissione ai sensi del DM 05/02/98 e s.m.i.; limite di emissione per gli NOx pari a 110 mg/Nm3 (riferito a gas secchi a condizioni normali con l’11 % di Ossigeno libero nei fumi). Sono fatti salvi quelli previsti dalle singole autorizzazioni in essere. Zone B e C2 (ex zone di mantenimento) (Piano Regionale Qualità Aria, DGR n. 35196/1998 e n. 7/6501/01 allegato C - DGR n. 5290/07 allegato 1) Provenienza dato: PRQA (Regione Lombardia, 2000), DGR n. 5290/07 allegato 1. Nell'Allegato 1 della DGR n. 5290/07, ai sensi del D. Lgs. 351/99 e della L.R. 24/06, per l’attuazione delle misure finalizzate al conseguimento degli obiettivi di qualità dell’aria ambiente, è proposta una suddivisione del territorio regionale che inquadra le Zone B “zona di pianura” quelle caratterizzate da:

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o concentrazioni elevate di PM10, con maggiore componente secondaria; o alta densità di emissione di PM10 e NOx, sebbene inferiore a quella della Zona A; o alta densità di emissione di NH3 (di origine agricola e da allevamento); o situazione meteorologica avversa per la dispersione degli inquinanti (velocità del vento

limitata, frequenti casi di inversione termica, lunghi periodi di stabilità atmosferica, caratterizzata da alta pressione);

o densità abitativa intermedia, con elevata presenza di attività agricole e di allevamento. In Zona B ricadono i rimanenti Comuni non compresi nelle casistiche precedenti. In provincia di Pavia non ci sono comuni che ricadono in zona C2. Limiti di emissione ai sensi del DM 05/02/98 e s.m.i.. Sono fatti salvi quelli previsti dalle singole autorizzazioni in essere.

8.2.1.5. Tutela dell’ambiente naturale, dei caratteri fisico-morfologici del paesaggio e dei beni culturali e paesaggistici

Cartografia di riferimento di analisi ed applicazione dei criteri: Figg. 6.1, 6.2 (A-B-C), 7.1 e 7.2 (A-B-C). Il progetto per la realizzazione di un nuovo impianto o della modifica di impianto esistente che interessi gli “ambiti assoggettati a specifica tutela paesaggistica” (art. 136 e 142 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42), ove consentito, deve essere redatto sulla base degli elaborati progettuali e in base ai criteri per l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di tutela dei beni paesaggistici dettati dalla Giunta regionale (vedi DGR n. VIII/2121 del 15.03.2006) e autorizzato, sotto il profilo paesaggistico, dall’Ente territorialmente competente (art. 80, LR 12/2005). Il progetto per la realizzazione di un nuovo impianto o della modifica di impianto esistente che interessi gli ambiti del territorio lombardo non assoggettati a specifica tutela paesaggistica (art. 136 e 142 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42), ove consentito, deve essere accompagnato, al fine di assicurare comunque che il paesaggio sia adeguatamente tutelato e valorizzato, da uno studio paesaggistico redatto secondo le “linee guida per l'esame paesistico dei progetti” (v. DGR 8 novembre 2002, n. VII/11045). Si premette che il progetto per la realizzazione di un nuovo impianto o della modifica di impianto esistente che interessi gli “ambiti assoggettati a specifica tutela paesaggistica” (art. 136 e 142 del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42), ove consentito, deve essere redatto sulla base degli elaborati progettuali ed in base ai criteri per l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di tutela dei beni paesaggistici dettati dalla Giunta regionale (vedi DGR n. VIII/2121 del 15.03.2006) e autorizzato, sotto il profilo paesaggistico, dall’Ente territorialmente competente (art. 80, LR 12/2005). Il progetto per la realizzazione di un nuovo impianto o della modifica di impianto esistente che interessi gli ambiti del territorio lombardo non assoggettati a specifica tutela paesaggistica (art. 136 e 142 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42), ove consentito, deve essere accompagnato, al fine di assicurare comunque che il paesaggio sia adeguatamente tutelato e valorizzato, da uno studio paesaggistico redatto secondo le “linee guida per l'esame paesistico dei progetti” (v. DGR 8 novembre 2002, n. VII/11045). In via precauzionale, nei 1000 m di territorio circostante i Beni culturali e i Beni Paesaggistici individui, l’istanza di autorizzazione, al fine di non pregiudicare la pubblica fruizione e percezione del bene tutelato, dovrà essere accompagnata dall’esame paesistico del progetto, condotto sulla base delle “linee guida per l'esame paesistico dei progetti” (v. D.G.R. 8 novembre 2002, n. VII/11045), che dovrà dimostrare e argomentare la compatibilità dell’intervento proposto evitando intrusioni od ostruzioni visuali rispetto al bene tutelato e

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indicando anche le eventuali misure mitigative e compensative rispetto al contesto paesaggistico (criterio penalizzante). Per le autorizzazione di competenza provinciale viene richiesta:

1. Analisi e relazione di verifica di compatibilità al Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) della Provincia di Pavia. L’analisi e la relazione devono essere presentate alla Provincia di Pavia, Divisione Territorio, Settore Territorio. Non devono essere prodotte nel caso in cui il progetto risulti assoggettato a procedura di impatto ambientale (VIA);

2. Relazione dell’esame dell’impatto paesistico del progetto, di cui all’art. 25 del Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR). La Relazione deve essere presentata alla Provincia di Pavia, Divisione Ambiente, Settore Suolo e Rifiuti. Non deve essere prodotta nel caso in cui il progetto risulti assoggettato a procedura di impatto ambientale (VIA) o l’area nella quale si vuole realizzare l’opera sia soggetta a vincoli ai sensi del D. Lgs. 42/2004.

Aree naturali protette e Parchi naturali (D. Lgs. 394/91, art. 2; L.R. n.86/1983, art. 1, lett. a/c/d; D. Lgs. n. 42/2004, art. 142, comma 1, lett. f) Provenienza dato: SIBA (Regione Lombardia, aggiornamento dicembre 2005), PTCPT (Parco Lombardo della Valle del Ticino, 2001 e modifiche integrazioni fino febbraio 2006). In base alla Legge 6 Dicembre 1991, n. 394 questa categoria comprende:

Parchi nazionali; Parchi naturali regionali; Riserve naturali; Monumenti naturali.

Sono da considerare in questa casistica anche gli Ambiti di elevata naturalità del territorio lombardo (art. 17 e 18 delle NTA del PTPR). Sistema delle aree regionali protette (L.R. n. 86/1983, art. 1, lett. b/e e art. 34; D. Lgs. n. 42/2004, art. 142, comma 1, lett. f) Provenienza dato: SIBA (Regione Lombardia, aggiornamento 2005), PTCPT (Parco Lombardo della Valle del Ticino, 2001 e modifiche integrazioni fino febbraio 2006). Questa categoria comprende i Parchi regionali e relativi territori di protezione esterna (se individuati), i Parchi locali di interesse sovracomunale (PLIS) e le zone di particolare rilevanza naturale e ambientale individuate nella rete ecologica regionale (da valutare in micro-localizzazione). I progetti da realizzare in aree assoggettate a vincolo paesaggistico, ex D. Lgs. 42/2004, art 142, comma 1, lett. f) devono comunque essere autorizzati ex art. 146-159 del D. Lgs. 42/2004. Un caso particolare di applicazione del criterio di prescrizione è stato assunto per quanto riguarda il Parco Lombardo della Valle del Ticino. Infatti, premettendo che l’inserimento di impianti nei parchi regionali (L.R. n. 86/1983) deve essere conforme al Piano Territoriale di Coordinamento dei Parchi stessi, nel caso specifico del Parco del Ticino, al fine di individuare il riferimento normativo da applicare, sono state considerate le NTA del PTCPT (DGR 2 agosto 2001, n. 5983 e DCR 26 novembre 2003, n. 919).

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Al fine dell’applicazione dei criteri localizzativi (cartografia di riferimento di analisi ed applicazione dei criteri: figg. 9.1 e 9.2 A, B e C) sono state considerate le NTA del PTCPT relative ai seguenti azzonamenti (il riferimento dell’art. delle NTA è quello relativo alla DGR 2 agosto 2001, n. 5983, che non si discosta da quello della DCR 26 novembre 2003, n. 919).

Denominazione Articolo NTA

Ambito del fiume Ticino (T) 7 Area di divagazione fluviale del Ticino (F) 7 Zone naturalistiche perifluviali (A, B1, B2) 7 Zone di rispetto delle zone naturalistiche perifluviali (B3) 7 Ambito di protezione delle Zone naturalistiche Perifluviali: zone agricole e forestali a prevalente interesse faunistico e paesaggistico (C1 e C2)

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Ambito agricolo forestale (G) 9 Aree D1 e D2: Aree di promozione economica e sociale 10 Aree R: aree degradate da recuperare 11 Zone di iniziativa comunale orientata (IC) 12 ZPS 13 SIC 14 Zone Naturalistiche parziali 15 Altri istituti di tutela ambientale, paesaggistica e storica 16 Boschi 20

Inoltre, nell’ambito del PPGR, è da considerare quanto normato dall'Art 25 - Infrastrutture, al punto 25.10 delle NTA del PTCPT, dove si afferma che il Parco promuove ed incentiva le iniziative finalizzate al riutilizzo dei materiali, al riciclaggio dei rifiuti ed alla minore produzione dei rifiuti. Nel dettaglio, si applicherà come fattore preferenziale, per le iniziative finalizzate al riutilizzo dei materiali, al riciclaggio dei rifiuti ed alla minore produzione dei rifiuti, le piattaforme per la raccolta differenziata e gli impianti di compostaggio, la presenza delle zone IC del PTCPT, mentre le possibilità di utilizzo delle zone C o G (fattore penalizzante) saranno vincolate da quanto indicato nel PTCPT stesso (art. 25.10 delle NTA). Tuttavia, si deve applicare come criterio escludente l'intero territorio del Parco per “lo smaltimento di rifiuti solidi urbani, assimilabili e industriali (ndr.: da intendere ora come rifiuti non pericolosi e pericolosi) attraverso discariche controllate”, come sempre specificato all’art. 25.10 delle NTA, mentre le discariche di inerti sono consentite previa adozione di particolari accorgimenti costruttivi di protezione ambientale, ovviamente in assenza di altri vincoli escludenti per questa sub-tipologia impiantistica. Lo stesso articolo definisce che gli impianti di incenerimento (tipologia impiantistica B) devono essere a recupero di energia, preferibilmente localizzati in zone IC, in aree industriali; devono operare sinergicamente con un impianto per la separazione della frazione umida dei rifiuti in modo da ottimizzare il recupero energetico. Come prescritto dalla DGR 10101/2009, il criterio escludente viene assegnato per ogni singola tipologia impiantistica ove attività espressamente vietata dalle NTA del PTCPT o in totale contrasto con gli obiettivi di massima tutela fissati dallo stesso (art.i 7; 8.C.4, comma b; 15.3, comma i). Nel caso di altre situazioni meritevoli di tutela ma con attività di gestione dei rifiuti non espressamente vietata dalle NTA del PTCPT, viene applicato il criterio penalizzante; tali aree saranno eventualmente da considerarsi escludenti per la presenza di altri vincoli/fattori così definiti dalla D.G.R. 10360/2009 o dai presenti criteri (vedi figg. 11 A, B e C e cartografia in scala 1:25.000).

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Per ciò che riguarda i boschi che, pur non compresi in SIC o ZPS, siano comunque di elevato valore ambientale, l’applicazione del criterio penalizzante (e non escludente) deriva dalle direttive regionali (D.G.R. 10360/2009), in quanto la trasformazione del bosco, comunque soggetta alle compensazioni previste dalla specifica normativa, può essere autorizzata per pubblica utilità (quali gli impianti di gestione dei rifiuti; vedi art. 208 del D. Lgs. 152/2006, comma 6), come peraltro previsto anche specificatamente per i boschi del PLVT (art. 20, comma 20.4 delle relative NTA). Per le altre tipologie di impianti, in assenza di condizioni escludenti (o in presenza di fattori preferenziali, quali ad esempio le zone IC), si procederà con i criteri di micro-localizzazione, previe specifiche indicazioni tecniche da pre-concordare con l’Ente Gestore in conformità con le direttive regionali. Per i dettagli, si rimanda alla matrice sintetica di cui alla tabella riportata nel cap. 8.2.2. Rete Natura 2000 per la conservazione degli habitat naturali e semi naturali, della flora e della fauna selvatica: Direttiva Habitat (92/43/CEE); Direttiva Uccelli (79/409/CEE); D.G.R. n. 4345/2001; D.M. 17/10/2007, art. 5; D.G.R. n. 6648/2008 Provenienza dato: Rete Natura 2000 e normativa recente (Regione Lombardia, ultimo aggiornamento aprile 2007). Si tratta delle Zone di Protezione Speciale (ZPS) e dei Siti di Importanza Comunitaria (SIC). Si rammenta che il D.M. 17/10/2007, all’art. 5 “Criteri minimi uniformi per la definizione delle misure di conservazione per tutte le ZPS”, vieta espressamente la “realizzazione di nuove discariche o nuovi impianti di trattamento e smaltimento di fanghi e rifiuti nonchè ampliamento di quelli esistenti in termine di superficie, fatte salve le discariche per inerti” (lettera k, comma 1); tale divieto, viene invece esteso dalla D.G.R. n. 10360/2009 anche per le discariche per inerti. È comunque sempre richiesta la valutazione d’incidenza per l’impiantistica realizzabile. Nelle aree comprese nei 300 m dai confini di tali siti il criterio è escludente per nuovi impianti e penalizzante per modifiche. In particolare: - per la tipologia impiantistica A il criterio PENALIZZANTE vale per l’ampliamento delle sole

strutture accessorie alle discariche esistenti e per le nuove discariche di rifiuti di inerti come definite dal D. Lgs. 36/2003 e solo al fine del riempimento a piano campagna delle depressioni relative alle cave di pianura esistenti. Il criterio resta escludente per le cave ad arretramento di terrazzi morfologici, balze o versanti naturali. Il progetto è consentito solo a fronte di una complessiva riqualificazione paesaggistico/ambientale dell’area, stabilita in sede di Studio di incidenza o di VIA se prevista, di concerto con l’ente gestore territorialmente competente;

- per la tipologia impiantistica B il criterio ESCLUDENTE vale solo per i nuovi impianti, mentre si applica il criterio PENALIZZANTE per la realizzazione di strutture in ampliamento di impianti esistenti che comportino ulteriore consumo di suolo, ove il progetto è consentito solo a fronte di una complessiva riqualificazione paesaggistica/ambientale dell’area stabilita in sede di Studio di incidenza o di VIA se prevista, di concerto con l’ente gestore territorialmente competente;

- per la tipologia impiantistica C il criterio PENALIZZANTE vale per le nuove attività di gestione rifiuti da avviarsi all’interno di strutture esistenti da almeno 5 anni e che non comportino ulteriore consumo di suolo, qualora le attività non necessitino delle autorizzazioni relative alle emissioni in atmosfera ai sensi del D. Lgs. 152/06 e allo scarico ai sensi del D. Lgs. 152/99 e non comportino un significativo aumento del traffico locale.

Rimane fermo l’obbligo di effettuare lo Studio di Incidenza.

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Sono in ogni caso richieste opere di mitigazione e compensazione al contorno ed è previsto l’obbligo della redazione dello Studio di Incidenza, anche all’interno delle fasce di rispetto di 2 Km, con valutazione positiva. Si fa presente che nella cartografia di analisi, per completezza, sono anche riportati i Siti Natura 2000 compresi nella fascia esterna di 3 Km dal territorio provinciale e regionale, per i quali si rimanda alle specifiche normative. Zone inerenti alla pianificazione venatoria provinciale (L.R. n. 26/1993) Provenienza dato: PFV (Divisione Agricoltura della Provincia di Pavia, 2006). Si tratta delle oasi e delle zone di ripopolamento e cattura. Ambiti di elevata naturalità del territorio lombardo (art. 17 delle NTA del Piano Territoriale Paesistico Regionale) Provenienza dato: SIBA (Regione Lombardia, aggiornamento dicembre 2005). Tali ambiti sono quelle aree di particolare interesse ambientale-paesistico indicate dal Piano Territoriale Paesistico Regionale (volume 2 - repertori - pag. 258/266) e assoggettate al regime previsto dall’art. 17 delle Norme Tecniche del Piano stesso Ai fini della tutela paesistica si definiscono di elevata naturalità quei vasti ambiti nei quali la pressione antropica, intesa come insediamento stabile, prelievo di risorse o semplice presenza di edificazione, è storicamente limitata. In tali ambiti la disciplina paesistica persegue i seguenti obiettivi generali: a) recuperare e preservare l’alto grado di naturalità, tutelando le caratteristiche morfologiche e vegetazionali dei luoghi; b) recuperare e conservare il sistema dei segni delle trasformazioni storicamente operate dall’uomo; c) favorire e comunque non impedire né ostacolare tutte le azioni che attengono alla manutenzione del territorio, alla sicurezza e alle condizioni della vita quotidiana di coloro che vi risiedono e vi lavorano, alla produttività delle tradizionali attività agrosilvopastorali; d) promuovere forme di turismo sostenibile attraverso la fruizione rispettosa dell’ambiente; e) recuperare e valorizzare quegli elementi del paesaggio o quelle zone che in seguito a trasformazioni provocate da esigenze economiche e sociali hanno subito un processo di degrado e abbandono. Beni culturali (D. Lgs. n. 42/04, PTCP NTA art 33) Provenienza dato: Regione Lombardia, SIRBEC (maggio 2007). Tali aree sono classificate ai sensi del D. Lgs n. 42/2004 (nuovo “Codice dei Beni culturali e del Paesaggio”) come beni culturali, (art 10, 12, comma 1). Sono soggetti a tali disposizioni le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. Come specificato in normativa, spesso i beni culturali corrispondono a entità puntuali o anche solo a parti di edifici, quali affreschi, stemmi, graffiti ecc: in questi casi, ovviamente, risulta chiara, al di là di considerare l’elemento in sé escluso (ad esempio un edificio, una

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lapide ecc.), la necessità di procedere con criteri di micro-localizzazione e individuare una distanza “di rispetto” che ne consenta la piena salvaguardia anche in funzione del tipo di fruizione ipotizzabile per il bene (vedi quanto esposto nella premessa al paragrato 8.2.1.5 e alla matrice di par. 8.2.2). È esclusa per i beni culturali assoggettati a specifica tutela paesaggistica ai sensi del D. Lgs. 42/2004 e s.m.i. e nella relativa area di pertinenza dei beni laddove individuata (in attesa dell’esatta individuazione dell’area di pertinenza da parte della competente Soprintendenza ai Beni Architettonici e del Paesaggio per quanto riguarda i Beni culturali e della competente Commissione regionale per quanto riguarda i Beni paesaggistici individui) la possibilità di realizzare nuovi impianti e modifiche agli impianti esistenti che implichino ulteriore consumo di suolo. Tale esclusione sarà da applicarsi anche all’area di pertinenza del bene oggetto di tutela se individuata. Per quanto riguarda le aree in prossimità dei beni culturali, non assoggettate a tutela paesaggistica ai sensi del D. Lgs. 42/2004, al fine di non pregiudicare la pubblica fruizione e percezione del bene tutelato, la possibilità di localizzare impianti dovrà essere accompagnata dall’esame paesistico del progetto, condotto sulla base delle “linee guida per l'esame paesistico dei progetti” (v. D.G.R. 8 novembre 2002, n. VII/11045), che dovrà dimostrare ed argomentare la compatibilità dell’intervento proposto evitando intrusioni od ostruzioni visuali rispetto al bene tutelato e indicando anche le eventuali misure mitigative e compensative rispetto al contesto paesaggistico. Beni paesaggistici (D. Lgs. n. 42/04, PTCP NTA art 33) Provenienza dato: SIBA (Regione Lombardia, aggiornamento dicembre 2005). Come specificato in normativa, spesso i beni paesaggistici corrispondono a entità visuali o a punti di vista: in questi casi, ovviamente, risulta chiara, al di là di considerare l’elemento in sé escluso (ad esempio un edificio, un parco ecc.), la necessità di procedere con criteri di micro-localizzazione e individuare, ad esempio, un'area o una distanza “di rispetto” che ne consenta la piena salvaguardia anche in funzione del tipo di fruizione ipotizzabile per il bene. È esclusa per i beni culturali e paesaggistici individui assoggettati a specifica tutela paesaggistica ai sensi del D. Lgs. 42/2004 e s.m.i. e nella relativa area di pertinenza dei beni laddove individuata (in attesa dell’esatta individuazione dell’area di pertinenza da parte della competente Soprintendenza ai Beni Architettonici e del Paesaggio per quanto riguarda i Beni culturali e della competente Commissione regionale per quanto riguarda i Beni paesaggistici individui) la possibilità di realizzare nuovi impianti e modifiche agli impianti esistenti che implichino ulteriore consumo di suolo. Tale esclusione sarà da applicarsi anche all’area di pertinenza del bene oggetto di tutela se individuata. Per quanto riguarda le aree in prossimità dei beni culturali, non assoggettate a tutela paesaggistica ai sensi del D. Lgs. 42/2004, al fine di non pregiudicare la pubblica fruizione e percezione del bene tutelato, la possibilità di localizzare impianti dovrà essere accompagnata dall’esame paesistico del progetto, condotto sulla base delle “linee guida per l'esame paesistico dei progetti” (v. D.G.R. 8 novembre 2002, n. VII/11045), che dovrà dimostrare ed argomentare la compatibilità dell’intervento proposto evitando intrusioni od ostruzioni visuali rispetto al bene tutelato e indicando anche le eventuali misure mitigative e compensative rispetto al contesto paesaggistico. In assenza di puntuale individuazione dell’area di pertinenza andrà considerata, in via precauzionale e sino ad una più precisa e dettagliata individuazione operata dalla competente Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggio, una distanza minima pari a 1.000 metri, misurata a partire da tutti i punti della linea di perimetro del bene tutelato, in modo tale da non pregiudicare la pubblica fruizione e percezione del sito.

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Per quanto riguarda la fascia di 1 km di tutela di sopra definita (per le sole bellezze individue), si ritiene che la stessa sia da considerarsi come misura di massima cautela (vedi quanto esposto nella premessa al paragrato 8.2.1.5 e alla matrice di par. 8.2.2); vanno comunque verificate le seguenti condizioni:

• effettiva sussistenza degli elementi che hanno determinato la definizione del vincolo; • fruibilità del bene; • tipologia del bene tutelato e sua importanza.

Ai fini della definizione della suddetta fascia di tutela, che potrà essere anche inferiore alla distanza massima di 1 km, si deve inoltre tener conto di:

• tipologia di impianto; • tipologia di impatto atteso ed effettiva interferenza con il bene; • possibilità di implementazione di misure mitigative atte alla minimizzazione delle

potenziali interferenze. Le verifiche sopra descritte, da effettuarsi al fine di individuare un’adeguata fascia di tutela dal bene, dovranno essere realizzate in fase di procedura autorizzativa dell’impianto. In tale sede sarà possibile eseguire uno studio di dettaglio comprensivo della documentazione tecnica che tenga conto dei fattori sopra elencati in rapporto, quindi, sia alla tipologia di impianto da realizzare che alla tipologia di bene potenzialmente interferito. Tale documentazione sarà necessaria affinché l’ente di competenza possa esprimere un giudizio di compatibilità in merito. Di seguito si trattano i singoli beni paesaggistici, per i quali vale quanto appena espresso. Beni paesaggistici: bellezze individue (D. Lgs. n. 42/04, art. 136, comma 1, lettere a-b) Provenienza dato: SIBA (Regione Lombardia, aggiornamento dicembre 2005). Sono soggetti a tali disposizioni: a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale o di singolarità

geologica; b) le ville, i giardini e i parchi, che si distinguono per la loro non comune bellezza. Area di pertinenza dei Beni culturali e paesaggistici (D. Lgs. n. 42/04, art. 136, comma 1, lettere a-b) Provenienza dato: SIBA (Regione Lombardia, aggiornamento dicembre 2005). Come anticipato, è esclusa per i beni culturali e paesaggistici individui assoggettati a specifica tutela paesaggistica ai sensi del D. Lgs. 42/2004 e s.m.i. e nella relativa area di pertinenza dei beni laddove individuata (in attesa dell’esatta individuazione dell’area di pertinenza da parte della competente Soprintendenza ai Beni Architettonici e del Paesaggio per quanto riguarda i Beni culturali e della competente Commissione regionale per quanto riguarda i Beni paesaggistici individui) la possibilità di realizzare nuovi impianti e modifiche agli impianti esistenti che implichino ulteriore consumo di suolo. Tale esclusione sarà da applicarsi anche all’area di pertinenza del bene oggetto di tutela se individuata. Per quanto riguarda le aree in prossimità dei beni culturali, non assoggettate a tutela paesaggistica ai sensi del D. Lgs. 42/2004, al fine di non pregiudicare la pubblica fruizione e percezione del bene tutelato, la possibilità di localizzare impianti dovrà essere accompagnata dall’esame paesistico del progetto, condotto sulla base delle “linee guida per l'esame paesistico dei progetti” (v. D.G.R. 8 novembre 2002, n. VII/11045), che dovrà dimostrare ed argomentare la

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compatibilità dell’intervento proposto evitando intrusioni od ostruzioni visuali rispetto al bene tutelato e indicando anche le eventuali misure mitigative e compensative rispetto al contesto paesaggistico. Beni paesaggistici: bellezze d’insieme (D. Lgs. n. 42/04, art. 136, comma 1, lettere c-d) Provenienza dato: SIBA (Regione Lombardia, aggiornamento dicembre 2005). Criterio: escludente per tutte le tipologie impiantistiche nel caso di nuovi impianti; penalizzante per varianti sostanziali agli impianti esistenti che implichino ulteriore consumo di suolo. Sono soggetti a tali disposizioni: c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore

estetico e tradizionale; d) le bellezze panoramiche considerate come quadri e così pure quei punti di vista o di

belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze. Altri Beni paesaggistici (D. Lgs. n. 42/04, art. 142, lettere b, c, d, e, i, m) Provenienza dato: SIBA (Regione Lombardia, aggiornamento dicembre 2005); cartografia cartacea fornita dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici per la Lombardia per le zone di interesse archeologico (aggiornamento luglio 2007); CT10 Regione Lombardia. Criterio: escludente per le tipologie impiantistiche A, B e C. Sono soggetti a tali disposizioni:

• laghi (D. Lgs. n. 42/04, art. 142, lettera b); sono sottoposti alle disposizioni di legge per il loro interesse paesaggistico, i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;

• fiume Po e relative fasce di rispetto (D. Lgs. n. 42/04, art. 142, lettera c), fino a 150 m oltre gli argini maestri o, ove manchino, l’intera area golenale;

• montagne (D. Lgs. n. 42/04, art. 142, lettera d), per la parte eccedente i 1.200 m s.l.m. per la catena appenninica;

• ghiacciai (D. Lgs. n. 42/04, art. 142, lettera e), non presenti in provincia di Pavia; • zone umide incluse nell’elenco previsto dal DPR 448/1976 ((D. Lgs. n. 42/04, art.

142, lettera i); non sono presenti in provincia di Pavia; si ritiene di considerare in questa casistica i fontanili e le confrontabili situazioni ecosistemiche note (tipo garzaie, ecc.) o segnalate, anche se non censite dagli strumenti disponibili. Gli agro-ecosistemi umidi (ad esempio le risaie) non ricadono all’interno di questa categoria, essendo già normati separatamente;

• zone di interesse archeologico (D. Lgs. n. 42/04, art. 142, lettera m); si tratta delle zone di interesse archeologico, delle aree a rischio archeologico, e delle aree di rispetto archeologico ovvero delle aree interessate da notevole presenza di materiali, già rinvenuti ovvero non ancora toccati da regolari campagne di scavo, ma motivatamente ritenuti presenti, le quali si possono configurare come luoghi di importante documentazione storica. Si fanno in ogni caso proprie le indicazione delle NTA del PTCP (art. 32; punti 54 e 55). In questi casi, ovviamente, risulta chiara, al di là di considerare l’elemento in sé escluso, la necessità di procedere con criteri di micro-localizzazione ed individuare una distanza “di rispetto” che ne consenta la piena salvaguardia anche in funzione del tipo di fruizione ipotizzabile per il bene.

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Ulteriori Beni paesaggistici (D. Lgs. n. 42/04, art. 142, lettere c, h) Provenienza dato: SIBA (Regione Lombardia, aggiornamento dicembre 2005). Sono soggetti a tali disposizioni: • i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle

disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con R.D. n. 1775/1933, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;

• le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici (dato non disponibile).

8.2.1.6. Previsioni P.R.G. o P.G.T. comunali Cartografia di riferimento di analisi ed applicazione dei criteri: Figg. 8.1 e 8.2 (A-B-C). Non possedendo un adeguato e aggiornato mosaico dei PRG o PGT comunali ed essendo la pianificazione urbanistica in continua e veloce evoluzione non è possibile in sede di redazione del PPGR una precisa disanima a livello di macro-localizzazione; si rimanda a una valutazione di dettaglio in fase attuativa a seconda della tipologia e dell'ubicazione dell'impianto in analisi. A livello cartografico saranno riportati, a titolo indicativo, i perimetri delle aree edificate desunte dal DUSAF. Destinazione urbanistica (L.R. 12/2005 e s.m.i.) I centri e nuclei storici e gli ambiti residenziali consolidati e di espansione dei PRG/PGT vigenti sono da considerarsi non idonee alla localizzazione di impianti di trattamento, recupero e smaltimento rifiuti. Da valutare in fase di micro-localizzazione per l’assenza dei relativi dati in modo georeferenziato. Zone e fasce di rispetto (D. Lgs. 285/92; D.P.R. n. 753/80, D.P.R. n. 495/92; D. Lgs. 9 maggio 2005, n. 96 Da valutare in fase di micro-localizzazione per l’assenza dei relativi dati in modo georeferenziato. Le fasce di rispetto dalle infrastrutture hanno funzione di salvaguardia, per consentire eventuali ampliamenti delle infrastrutture stesse, e di sicurezza; sono previste da varie leggi e dalla pianificazione territoriale. Il D. Lgs. 285/92 (Nuovo Codice della Strada) e s.m.i., fissa fasce di salvaguardia in funzione del tipo di strada, mentre per le ferrovie si fa riferimento all’art. 1 del D.P.R. n. 753/80 e s.m.i.. Per i cimiteri l’art. 338 del T.U. delle leggi sanitarie n. 1265/34 fissa una fascia di rispetto minima di 200 m. Ad eccezione della fascia di rispetto cimiteriale, sono fatti salvi gli utilizzi autorizzati/consentiti dall’ente gestore. Il criterio escludente non si applica alle strutture già esistenti e per le attività che non comportino ulteriore consumo di suolo.

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Di veda inoltre anche quanto riportato successivamente in merito alla tutela della popolazione (distanze dal centro abitato, da case sparse, da siti sensibili). Per ciò che riguarda gli aeroporti (l’unico in Provincia è quello civile di Rivanazzano), il riferimento normativo è il D. Lgs. 9 maggio 2005, n. 96 che modifica il Codice della navigazione limitatamente alla parte relativa all’aeronautica, il quale a tal proposito riporta (Art. 707 (Determinazione delle zone soggette a limitazioni): • Al fine di garantire la sicurezza della navigazione aerea, l'ENAC individua le zone da

sottoporre a vincolo nelle aree limitrofe agli aeroporti e stabilisce le limitazioni relative agli ostacoli per la navigazione aerea ed ai potenziali pericoli per la stessa, conformemente alla normativa tecnica internazionale. Gli enti locali, nell'esercizio delle proprie competenze in ordine alla programmazione ed al governo del territorio, adeguano i propri strumenti di pianificazione alle prescrizioni dell'ENAC.

• Le zone di cui al primo comma e le relative limitazioni sono indicate dall'ENAC su apposite mappe pubblicate mediante deposito nell'ufficio del comune interessato.

• Nelle direzioni di atterraggio e decollo possono essere autorizzate opere o attività compatibili con gli appositi piani di rischio, che i comuni territorialmente competenti adottano sentito l'ENAC.

Non risulta che l’aeroporto di Rivanazzano sia già dotato di una fascia di rispetto delineata secondo i criteri del D. Lgs 96/05, per cui, fino a che questa non sarà definita, si propone di considerare una fascia di rispetto di 500 m dal confine di proprietà dell’aeroporto. Aree in vincolo idrogeologico (R. D. 30 dicembre 1923; n. 3267, L.R. n. 27/2004, art. 5) Fonte dato: in possesso del Corpo Forestale dello Stato, su supporto catastale (dato ufficiale) e dei Comuni, su cartografia IGM in scala 1/25.000 (si riporta in cartografia la delimitazione, da ritenere indicativa e sempre da confrontare con il dato ufficiale, desunta dalla TAV. 9 “Mappatura circostanziata dell’attività estrattiva” del PCP), da valutare in fase di micro-localizzazione. Sono sottoposti a vincolo per scopi idrogeologici i terreni di qualsiasi natura e destinazione, che possono perdere stabilità o turbare il regime delle acque (art. 1 R. D. n. 3267/23). Sono vietati interventi di trasformazione del suolo salvo autorizzazione rilasciata in conformità alle informazioni idrogeologiche contenute nei PRG-PGT, nei PTCP e nei PIF. Classe fattibilità studio geologico comunale (DGR 22 dicembre 2005, n. VIII/1566) Da valutare in fase di micro-localizzazione per l’assenza dei relativi dati in modo georeferenziato. Con riferimento ai ”Aggiornamento dei Criteri ed indirizzi per la definizione della componente geologica, idrogeologica e sismica del piano di governo del territorio, in attuazione dell’art. 57 della L.R. 11 marzo 2005, n. 12” (approvati con D.G.R. n. 8/7374 del 28/05/2008), che definiscono le classi di fattibilità geologica di interventi sul territorio, l’appartenenza di un’area alla Classe 4 comporta gravi limitazioni all’utilizzo a scopi edificatori e/o alla modifica della destinazione d’uso e deve essere esclusa qualsiasi nuova edificazione. La realizzazione di infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico è consentita se non altrimenti localizzabile ma va valutata caso per caso e rapportata al tipo di rischio o dissesto, dietro presentazione di relazione geologica e geotecnica che dimostri la compatibilità dell’intervento con la situazione di rischio presente.

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8.2.1.7. Tutela della popolazione Cartografia di riferimento di analisi ed applicazione dei criteri: Figg. 8.1 e 8.2 (A-B-C). In aggiunta ai precedenti, si propone di considerare, in fase di micro-localizzazione, anche i seguenti criteri che, si pensa, possano essere utili al fine di meglio identificare le zone per l'ubicazione di nuovi impianti. Per quanto riguarda i nuovi impianti e le modifiche alle infrastrutture esistenti, allo scopo di prevenire situazioni di compromissione della sicurezza delle abitazioni o di grave disagio degli abitanti sia in fase di esercizio regolare che in caso di incidenti è fissata una distanza minima tra gli impianti e i vicini centri urbani, le funzioni sensibili e le case sparse.

5 Delimitazione del C.A. a cura del Comune: insieme di edifici (raggruppamento continuo, ancorché intervallato

da strade, piazze, giardini o simili, costituito da non meno di venticinque fabbricati e da aree di uso pubblico con accessi veicolari o pedonali sulla strada). Le distanze si intendono misurate tra la recinzione dell’impianto e il perimetro del centro abitato.

TUTELA DELLA POPOLAZIONE DISTANZA DAL CENTRO ABITATO5

(come definito dal codice della strada d.lgs. 285/1992 e smi) TIPOLOGIA IMPIANTISTICA DISTANZA MINIMA Discariche di inerti (cfr. Tab.1 D.M. 3/08/2005) 50 m* Discariche di inerti (Dlgs 36/03) 100 m* Discariche rifiuti non pericolosi non putrescibili 200 m Discariche rifiuti non pericolosi putrescibili 500 m Discariche rifiuti pericolosi 500 m Impianti di compostaggio, condizionamento dei fanghi di depurazione destinati all’agricoltura 500 m

Inceneritori** variabile * La Provincia, in presenza di progetti funzionali al recupero ambientale di cave mediante il riempimento a piano campagna e a fronte di un documentato miglioramento delle condizioni ambientali dell’area stessa, nel rilascio dell’autorizzazione, può derogare tale distanza. ** Individuata una "macroarea" potenzialmente idonea, la scelta dell'ubicazione finale dell'impianto avverrà ad una distanza minima di sicurezza dai vicini centri abitati; per poterla indicativamente stabilire si avvia uno studio di approfondimento sulle condizioni climatologiche locali, considerando aspetti quali: la direzione e la velocità dei venti predominanti, le caratteristiche meteorologiche incidenti sulla zona, l'altezza del camino, infine il tipo e la quantità dell'emissione. La scelta finale ricadrà sulle zone che garantiranno una ricaduta minima di sostanze nocive al suolo, stando ai parametri previsti dal D.m n. 60/2002, dalla Direttiva n. 61/1996 e dalla Legge 372/1999.

DISTANZA DA CASE SPARSE

Nel caso di abitazioni sparse poste a distanza inferiore a quelle sopra indicate, dovrà essere effettuata una specifica verifica degli impatti aggiuntiva che preveda la messa in opera di misure di mitigazione specifiche; qualora anche con l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili residuassero criticità ineliminabili, si provvederà ad applicare adeguate misure compensative.

DISTANZA DA SITI SENSIBILI (strutture scolastiche, asili, strutture sanitarie con degenza, case di riposo)

1000 metri purchè l’impianto non venga localizzato in aree produttive consolidate o dove potrebbero essere già presenti attività antropiche potenzialmente impattanti: tale distanza si applica solo agli impianti per il trattamento di rifiuti putrescibili e si intende misurata dalla recinzione dell’impianto a quella del sito sensibile.

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Una buona accessibilità sia per il personale addetto che per tutti i mezzi impiegati nelle diverse fasi del ciclo di vita dell’impianto rappresenta il presupposto essenziale al funzionamento della struttura. Pertanto, qualora la localizzazione non sia prevista in aree funzionalmente già impostate, come per le aree industriali, in genere già dotate di tutte le infrastrutture necessarie, particolare attenzione va posta nello studio della viabilità; è infatti opportuno valutare, per tutte le tipologie impiantistiche, l’eventuale non idoneità di un’area rapportandola alla vicinanza o meno ad infrastrutture primarie e secondarie, considerando la distanza dai caselli autostradali, dalle linee ferroviarie, dalle circonvallazioni ed infine il possibile inquinamento acustico ed atmosferico derivante dal traffico in entrata ed in uscita dall’impianto. Nel caso non esistano sufficienti infrastrutture viarie tali da garantire una buona accessibilità all’area, l’eventuale giudizio di non idoneità della stessa dovrà tenere conto delle possibili conseguenze ambientali e territoriali connesse alla realizzazione delle nuove infrastrutture d'accesso e al loro esercizio, in funzione delle caratteristiche del territorio attraversato. Per ciò che riguarda le infrastrutture lineari energetiche interrate e aeree la fascia di rispetto è stabilita dall’Ente Gestore ai sensi del DPCM 08/07/03 e D.M.29 maggio 2008; per le linee aeree si faccia riferimento alle limitazioni previste dal DM in merito all’esposizione del personale. Per ciò che riguarda le discariche esistenti, in attesa della definizione, da parte regionale, delle prescrizioni che deriveranno dall’analisi dei Fattori di Pressione provinciali, si segnalano le principali discariche esistenti. Per discariche si intendono quelle in cui sono stati conferiti rifiuti urbani o speciali, ad esclusione di quelle per inerti, negli ultimi 25 anni, cioè post D.P.R. 915/1982 (e Regolamenti Regionali n. 2 e 3 del 09/01/1982), in quanto le discariche precedenti a tale data, di cui peraltro non si dispone di un omogeneo quadro conoscitivo, avevano in genere una ridotta dimensione ed erano prevalentemente a servizio della comunità locale, nonché, nei censimenti disponibili, risultano classificate come siti potenzialmente contaminati (vedi anche il punto successivo dedicato alle aree da bonificare). All’interno di queste ultime (discariche pre 1982), si ritiene comunque di considerare anche quelle maggiormente importanti, sulla base dei dati disponibili, in termini di area interessata e volumetrie scaricate, in cui sono stati conferiti rifiuti non solo a servizio della comunità locale ma anche a quello di comprensori (ad esempio consorzi di comuni) appositamente predisposti all’uopo: è questo il caso delle vecchie discariche di prevalenti RSU di Vigevano (Via Aguzzafame) e Bornasco (loc. Guardabiate - Corbesate). Non si prevedono particolari vincoli, nel caso di assenza di ulteriori elementi escludenti, per eventuali ampliamenti di impianti in fase di gestione operativa (vedi voce precedente e in quanto da ritenere già a norma) se funzionali e coerenti con il presente PPGR (con particolare riferimento agli individuati possibili scenari evolutivi del sistema di gestione provinciale dei rifiuti) o idonei per far fronte a motivate situazioni contingenti, se ritenuti tali dall’Ente competente al rilascio dell’autorizzazione. Per quelli in fase di gestione post-operativa o comunque chiusi, recuperati o da bonificare, un eventuale ampliamento può essere consentito, oltre che nei casi appena sopra definiti per gli impianti in fase di gestione operativa, solo nel caso in cui il nuovo intervento preveda miglioramenti ambientali all’attuale situazione vigente per fare fronte, anche in termini di costi/benefici, a documentate situazioni di degrado preesistenti non altrimenti sanabili, previa esecuzione di specifica analisi di rischio sanitario ed ambientale.

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8.2.1.8. Ulteriori vincoli da PTCP Cartografia di riferimento di analisi ed applicazione dei criteri: Figg. 9.1 e 9.2 A, B e C. Non specificamente indicati al capitolo 8 del PRGR, ma a integrazione e completamento dei criteri di localizzazione, vengono di seguito elencati i vincoli identificati dal PTCP vigente (peraltro in fase di aggiornamento) dai quali non si può prescindere nella fase di macro-localizzazione. Per ogni intervento in tema di localizzazione di impianti di gestione dei rifiuti è richiesto l’esame di compatibilità del Settore Territorio della Provincia. Come prescritto dalla DGR 10101/2009, il criterio escludente viene assegnato per ogni singola tipologia impiantistica ove attività espressamente vietata dalle NTA del PTCP o in totale contrasto con gli obiettivi di massima tutela fissati dallo stesso (art.i 34; 33, comma 16). Nel caso di altre situazioni meritevole di tutela ma con attività di gestione dei rifiuti non espressamente vietata dalle NTA del PTCP, viene applicato il criterio penalizzante; tali aree saranno eventualmente da considerarsi escludenti per la presenza di altri vincoli/fattori definiti dalla DGR 6581/2008 o dai presenti criteri (vedi Figg. 11 A, B e C e cartografia in scala 1:25.000). Emergenze naturalistiche (PTCP NTA art. 34) Riguardano elementi puntuali o areali che, per interesse specifico e/o per rarità rispetto al contesto di appartenenza, costituiscono emergenze di notevole significato ecologico-ambientale. Per le emergenze già ricomprese nei perimetri delle Aree protette (Riserve e Monumenti naturali) di cui alla LR 86/83 valgono le norme previste nell’atto istitutivo o nel piano di gestione ove presente. Per le aree non incluse in questi provvedimenti sarà promosso dalla Provincia (Settore Territorio), d’intesa con gli Enti locali territorialmente competenti (Comuni, Comunità Montana) un apposito studio settoriale finalizzato alla individuazione di specifiche modalità di tutela e di gestione delle diverse emergenze. Fino all’approvazione del Piano di cui sopra in questa aree non sono ammesse attività, anche di carattere temporaneo, che possano modificare lo stato dei luoghi e gli equilibri ivi compresi. Tra altre cose, è espressamente riportato il divieto di attivare discariche di ogni genere ed entità. Inoltre (art. 34, comma 20), tali aree costituiscono specificazione, articolazione ed integrazione delle “aree di elevata naturalità” di cui all’art. 17 del PTPR, per le quali la DGR 6581/2008 prevede l’applicazione del criterio escludente per ogni tipologia impiantistica. Per questi motivi si ritiene di applicare il criterio escludente a tutte le tipologie impiantistiche. Aree di elevato contenuto naturalistico (PTCP NTA art. 34) Le Aree di elevato contenuto naturalistico sono ambiti nei quali fattori fisici, ambientali e/o storico-insediativi, hanno contenuto la pressione antropica favorendo la permanenza di un elevato grado di naturalità o aree già assoggettate ad attività antropica nelle quali sono riscontrabili consolidati fenomeni di rinaturalizzazione. In tali aree, secondo le norme di PTCP, non sono ammesse nuove attività di discarica a meno che non siano previste dal vigente Piano di settore (PPGR); per queste ultime e quelle in atto dovranno essere attuati interventi di recupero, coerenti con i caratteri naturalistici e paesaggistici dell'ambito interessato (art. 34, comma 13, lettera a).

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Ogni intervento in queste aree deve essere compatibile con i seguenti obiettivi (art. 34, commi 11 e 12): a) conservazione dei valori che caratterizzano l’area e degli equilibri ecologici esistenti, favorendo l’evoluzione dei dinamismi naturali in corso; b) consolidamento delle attività agro-silvo-pastorali nelle forme compatibili con la tutela dei caratteri ambientali, quali elementi di presidio e di salvaguardia al territorio; c) valorizzazione dell’ambiente attraverso forme di turismo sostenibile. Inoltre (art. 34, comma 20), tali aree costituiscono specificazione, articolazione ed integrazione delle “aree di elevata naturalità” di cui all’art. 17 del PTPR, per le quali la DGR 6581/2008 prevede l’applicazione del criterio escludente per ogni tipologia impiantistica. Per questi motivi si ritiene di applicare il criterio escludente a tutte le tipologie impiantistiche. Le analisi territoriali eseguite hanno tuttavia evidenziato, all’interno di tali Aree, puntuali situazioni di criticità ambientale non segnalate cartograficamente dal PTCP, quali in particolare la presenza di aree estrattive abbandonate e degradate (frequentemente ex cave a fossa d’argilla), talora oggetto di abbandono incontrollato di rifiuti (od ove le previsioni urbanistiche ne prevedevano, già prima dell’entrata in vigore del PTCP, un utilizzo industriale ai fini di ristrutturazione urbanistica di aree degradate). Sembra che il PTCP abbia frequentemente censito come “Aree ad elevato contenuto naturalistico” tutte le aree degradate da attività estrattiva pregressa quali le ex cave a fossa d’argilla con ristagni d’acqua piovana sul fondo (per l’elevata impermeabilità dello stesso) così come rappresentate sulla CTR del 1994, anno particolarmente piovoso, durante il quale avvenne una delle più tragiche alluvioni dell’ultimo secolo. Per tali aree vale il criterio escludente assoluto in funzione delle norme del PTCP vigente; si segnala tuttavia la presenza, tra queste aree tutelate, delle locali situazioni di degrado appena sopra descritte meritevoli di interventi finalizzati al loro recupero ambientale. Trattasi quindi di situazioni di degrado che potrebbero essere convenientemente ripristinate, anche mediante la realizzazione di discariche di inerti (considerando che i criteri regionali per le sole discariche di inerti prevedono a priori un basso impatto ambientale in quanto impianti realizzati con finalità di recupero ambientale o riempimento a piano campagna, a differenza di quello che avviene per le altre tipologie di discariche, finalizzate allo smaltimento fine a se stesso) e/o recuperi ambientali ex art. 5, D.M. 5/2/1998 e s.m.i., situazione particolare questa che si ritiene debba essere motivo di approfondimento e valutazione nella prossima revisione del PTCP. Aree di consolidamento dei caratteri naturalistici (PTCP NTA art. 33) Trattasi di aree con caratteri eterogenei, interessate da fattori specifici o dalla presenza combinata di aspetti fisici, naturalistici ed agrari, di valore congiunto. Pur nella loro connotazione a tratti fortemente antropizzata, questi ambiti conservano un ruolo significativo nella struttura ambientale della Provincia (aree di connessione). Gli obiettivi del PTCP sono quelli del consolidamento dei caratteri naturalistici e paesistici presenti, nonché il controllo e orientamento delle attività e delle trasformazioni secondo criteri di compatibilità. Per queste aree si ritiene di applicare il criterio escludente assoluto per tutte le tipologie impiantistiche in corrispondenza degli ambiti dei corsi d’acqua elencati nell’art. 33 delle NTA del PTCP (commi 15 e 16), ed in corrispondenza dei Paesaggi tipici (comma 29, lettera a), dove tali attività sono espressamente vietate, nonché in diretta corrispondenza delle visuali sensibili (comma 55; è da considerare penalizzante la zona esterna panoramica percepita, da valutare in sede di microlocalizzazione e/o di progetto, che dovrà prevedere le opportune opere di mitigazione). Si applica il criterio escludente per la tipologia impiantistica A per le aree di riqualificazione della trama naturalistica (comma 20), mentre quello penalizzante per le tipologie impiantistiche B e C.

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Per i corridoi ecologici (commi da 22 a 25) e per gli ambiti di consolidamento delle attività agricole e dei caratteri connotativi (commi da 32 a 34) si applica il criterio penalizzante per tutte le tipologie impiantistiche. Per le aree di riqualificazione della trama naturalistica, i corridoi ecologici e i paesaggi tipici, solo nel caso di presenza di aree realmente degradate (da attività estrattiva, da siti contaminati ecc.), si ritiene di valutare queste aree come preferenziali esclusivamente per discariche di inerti e recuperi ambientali ex art. 5, D.M. 5/2/1998 e s.m.i. se interventi finalizzati al loro corretto inserimento paesaggistico-ambientale e, in tal senso, condivisi dall’Ente preposto al rilascio dell’autorizzazione o del parere vincolante al fine di ridurre l’impatto sul vincolo presente; sono richieste opere di mitigazione e compensazione al contorno.

8.2.1.9. Aspetti strategico-funzionali Cartografia di riferimento di analisi ed applicazione dei criteri: Fig. 10.1-2. Trattasi, in genere, di aspetti prevalentemente valutabili in fase di micro-localizzazione o di progetto Vicinanza a impianti di trattamento e recupero di rifiuti esistenti Provenienza dato: Provincia di Pavia, Settore Rifiuti (ottobre 2008). Ci si riferisce sia a nuovi impianti, sia ad ampliamenti degli esistenti. La presenza di impianti esistenti costituisce fattore di preferenzialità; le nuove realizzazioni potrebbero infatti beneficiare della presenza di dotazioni infrastrutturali e presidi ambientali già realizzati; evidentemente valutazioni di dettaglio vanno condotte in relazione all’effettiva compatibilità ambientale di nuovi insediamenti anche in relazione alla situazione ambientale determinatasi nel tempo (vedi anche punto successivo dedicato alla distanza minima da discariche esistenti). L’assenza di vincoli escludenti nell’immediato intorno ad impianti esistenti è inoltre da considerare fattore preferenziale per loro eventuali ampliamenti, che dovranno essere funzionali e coerenti con il presente PPGR (con particolare riferimento agli individuati possibili scenari evolutivi del sistema di gestione provinciale dei rifiuti) o idonei per far fronte a motivate situazioni contingenti, se ritenuti tali dall’Ente competente al rilascio dell’autorizzazione; sono tuttavia da prevedere opportune opere di mitigazione/compensazione ambientale, l’adozione delle migliori tecnologie disponibili (BAT) e interventi migliorativi sui sistemi di processo, presidio e tutela ambientale riguardanti anche l’impianto da ampliare. Rispetto alla versione cartografica del settembre 2009 del PPGR approvato con DGR 10483/2009, la fig. 10.1-2 e le cartografie in scala 1/25.000 (precedentemente aggiornate al giugno 2007) ora sono aggiornate all’ottobre 2010. Come differenze, si segnala la presenza di nuovi impianti in procedura semplificata (dal n. 110 al n. 115), di impianti in procedura semplificata passati nel frattempo in ordinaria o A.I.A. (ex n. 23, 30, 37, 76 e 85, con numerazione ora in cartografia non più riportata ma sostituita rispettivamente dai codici 4.6.16.22, 4.6.16.21, 4.6.16.20, 4.6.16.34 e 4.6.16.32), nonché nuovi impianti in procedura ordinaria o A.I.A., tutti nella categoria 4.6.16 (impianti di trattamento e recupero rifiuti mediante operazioni di ricondizionamento, triturazione, vagliatura e cernita).

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Destinazione urbanistica agricola Ci si riferisce alle aree agricole generiche non soggette a tutela, con assenza di vincoli escludenti. Localizzazione in aree con destinazione d’uso industriale/produttivo/artigianale esistenti o dismessi Tali aree rappresentano un’opportunità localizzativa di notevole interesse. Preesistenza di infrastrutture È da considerare fattore preferenziale la preesistenza di una buona viabilità d’accesso e della possibilità di collegamento alle principali opere di urbanizzazione primaria (parcheggi, fognatura, rete idrica, rete distribuzione dell’energia e del gas, illuminazione pubblica). Vicinanza ad aree di maggiore produzione di rifiuti Si tratta di considerare la baricentricità rispetto al bacino di produzione. Presenza di cave (L.R. n. 14/1998) Provenienza dato: PCP, SITIDA (Divisione Ambiente della Provincia di Pavia, maggio 2007)6. Le aree già degradate dalla presenza di cave, se rispondenti agli altri criteri di localizzazione, ferma restando l’idoneità idrogeologica del sottosuolo (con particolare riferimento alle cave di argilla per laterizi che non hanno intaccato la sottostante falda confinata) e se non diversamente specificato nel PCP della provincia di Pavia (che esplicitamente vieta l’utilizzo come discariche alcuni ATE; oltre a queste, in questa sede non sono state considerate le cave che, sulla base delle informazioni disponibili, hanno scoperchiato la falda o hanno in previsione di farlo), possono rappresentare un’opportunità per la localizzazione degli impianti di smaltimento di rifiuti, in particolare di discariche. Ciò vale anche per recuperi ambientali ex art. 5 del D.M. 5/2/1998. Il loro utilizzo contribuisce a limitare il consumo di aree “integre” e consente di ripristinare l’aspetto fisico originario dei luoghi. In fase di micro-localizzazione si effettua la verifica dell’effettiva idoneità dei siti, si identificano i fattori di condizionamento o di preferenza. La presenza di edifici e di strutture (es. ex-fornaci) potrebbe essere utilizzata per la localizzazione di impianti di trattamento. La concomitanza di idoneità idrogeologica (falda confinata) e di degrado morfologico (fossa di cava) è da considerare a priori fattore preferenziale relativo e connesso a sole valutazioni tecniche; l’ulteriore accordo tra Provincia e Comune è da considerare fattore preferenziale assoluto.

6 Si fa presente che, da verifiche puntuali effettuate a scala di maggior dettaglio, il censimento delle cave cessate non

risulta particolarmente completo ed esaustivo, non essendo considerate numerose fosse di ex cave, in particolar modo nell’Oltrepò. Ulteriori approfondimenti sono quindi da prevedere in fase di micro-localizzazione.

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Presenza di aree da bonificare Provenienza dato: SITIDA (Divisione Ambiente della Provincia di Pavia, agosto 2006). Aree degradate da bonificare, se rispondenti agli altri criteri di piano e di dimensioni adeguate, possono rappresentare un’opportunità per la localizzazione di discariche controllate in quanto la loro realizzazione può rappresentare l’occasione per finanziare la bonifica dei siti compromessi da attività precedenti o per essere funzionali alla loro bonifica. Per questo motivo si ritiene di estender questo criterio preferenziale anche alle altre tipologie impiantistiche, nonché per recuperi ambientali ex art. 5, D.M. 5/2/1998 e s.m.i.. Trattasi di localizzazioni in continua evoluzione. Profondità della falda (sotto i 5 m dal piano campagna) Provenienza dato: dato non disponibile, da verificare in fase di micro-localizzazione Tale fattore si riferisce alla fluttuazione della falda dal piano di campagna e alla condizione di soggiacenza da verificare in caso di localizzazione, in particolare, di discariche, dove valgono i criteri definiti dal D. Lgs. 36/2003. Si veda anche quanto riportato al cap. 8.2.1.2, punto “Aree di protezione della falda superficiale”. Suolo interessato da barriera geologica naturale (argille) Provenienza dato: PCP (Divisione Ambiente della Provincia di Pavia), da verificare in fase di micro-localizzazione. Tali caratteristiche sono da considerare preferenziali per le discariche. Devono comunque essere verificate le disposizioni del D. Lgs 36/2003. Per barriera geologica naturale (argille) si intendono le seguenti situazioni: Substrato base e fianchi: per inerti: 1 metro di spessore e conducibilità idraulica <= K 1x10-7 m/s; per rifiuti non pericolosi: 1 metro di spessore e conducibilità idraulica K 1x10-9 m/s; per rifiuti pericolosi: 5 metri di spessore e conducibilità idraulica K 1x10-9 m/s. Preesistenza di reti di monitoraggio su varie componenti ambientali Provenienza dato: PTUA 2006, PRQA 2000 (Regione Lombardia), sito internet ARPA (aprile 2007). La preesistenza di una rete di monitoraggio ambientale costituisce un fattore preferenziale; la disponibilità di dati pregressi consente la disponibilità di informazioni sito specifiche utili a valutare l’idoneità di un sito a sopportare nuovi insediamenti oltre che costituire uno strumento utile alle future valutazioni in merito all’impatto determinato dalle nuove realizzazioni. A prescindere dalla presenza di reti di monitoraggio idrogeologico presenti presso discariche attive o pregresse e cave, nonché la rete gestita dall’Associazione Irrigua Est Sesia (per le quali sono disponibili serie storiche piezometriche), in Provincia di Pavia sono presenti centraline di monitoraggio della qualità dell’aria nei Comuni di: Mezzana Bigli (loc. Casone

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Borroni), Cornale, Ferrera Erbognone (2), Galliavola, Pavia (2), Sannazzaro dè Burgundi, Scaldatole, Vigevano (2), Voghera (2), Parona e Mortara. Da ricordare che a livello provinciale è inoltre stata predisposta una specifica rete di monitoraggio dei suoli, appositamente infittita in prossimità di impianti che possono generare emissioni in atmosfera, onde valutarne le ricadute. Vicinanza a possibili utenze di teleriscaldamento e/o a reti per la distribuzione dell’energia elettrica Provenienza dato: da valutare in fase di micro-localizzazione. La possibilità di attivare reti di teleriscaldamento può consentire la sostituzione di emissioni in sito e quindi attivare interventi che possono portare al miglioramento della qualità ambientale dell’area interessata all’insediamento di nuovi impianti.

8.2.2. Macro-localizzazione. Applicazione dei criteri Cartografia di riferimento di analisi ed applicazione dei criteri: Figg. 11 A, B e C. Questa fase di macro-localizzazione consiste nell’applicare a livello cartografico, su tutto il territorio provinciale, i criteri inerenti vincoli e limitazioni alla localizzazione di impianti descritti in precedenza; si tratta quindi di criteri, definiti in base a quanto previsto dal PRGR e, in particolare, dalla D.G.R. n. 10360/2009, prevalentemente di tipo areale e generalmente piuttosto estesi poiché il dato deve essere omogeneo e facilmente leggibile (soprattutto per i fattori escludenti) a una scala piuttosto ridotta (1:25.000) e, comunque da valutare ulteriormente in fase di micro-localizzazione a causa della continua evoluzione territoriale, conoscitiva e normativa. Nella matrice di seguito riportata si riassumono i criteri descritti nei paragrafi precedenti considerando le seguenti tipologie impiantistiche, come stabilito dalle Linee Guida regionali:

A nuove discariche e per le modifiche che implichino ulteriore consumo di suolo: D1, D5

B nuovi impianti per la termovalorizzazione di rifiuti (urbani e speciali pericolosi e non pericolosi) e per le modifiche agli impianti esistenti che implichino un consumo di suolo: D10, R1

C7

nuovi impianti di trattamento D8, D9, D12, D13, D14, R2, R3, R4, R5, R6, R8, R9, R11, R12 e per le infrastrutture comunali o sovra comunali per la raccolta differenziata diversi dai centri di raccolta così come definiti dal D.M. 13 maggio 2009, nonchè per le modifiche che implichino un consumo di suolo

7 Ivi compresi gli impianti di trattamento/condizionamento di rifiuti non pericolosi di natura organica o

putrescibile, destinati a recupero a beneficio dell’agricoltura. A tal proposito si fa presente che la Provincia di Pavia ha predisposto la mappatura, in costante fase di implementazione (ultima versione: aggiornamento 2007) in relazione ai risultati di monitoraggio progressivamente acquisiti, dei terreni di pianura ai fini dell’impiego dei rifiuti nella pratica agronomica (costituiti essenzialmente da fanghi provenienti da impianti di depurazione). Si ritiene che tale mappatura, ed i suoi costanti aggiornamenti, debba costituire parte integrante del presente PPGR e costituisca vincolo assoluto per l’utilizzo di tali materiali in agricoltura, ad integrazione di quanto specificato in merito dalla Regione ai sensi del comma 8, art. 8 della L.R. 12.07.2007, n. 12 (integrazione della DGR 30 dicembre 2003, n. 15944 e s.m.i.).

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Ulteriori prescrizioni specifiche saranno fornite per le discariche e per gli impianti di termovalorizzazione. Per le tipologie impiantistiche non specificatamente citate si adotta il criterio di analogia rispetto a quelle contemplate, considerando le dotazioni impiantistiche, le possibili categorie di impatto ambientale, ecc., ad eccezione delle tipologie impiantistiche per le quali non valgono i presenti criteri ma possono essere adottati come riferimento in fase istruttoria per la verifica della situazione vincolistica e delle eventuali problematiche locali vigenti. Si ricorda che le macroaree potenzialmente idonee così identificate (per esclusione rispetto alle aree contraddistinte da criteri escludenti assoluti) dovranno essere, in fase attuativa, “vagliate” ad una scala adeguata (1:10.000 o superiore) in modo da applicare ulteriori criteri di esclusione che per loro natura (puntuali, poco omogenei ecc.) sono da ritenersi di micro-localizzazione. In funzione delle diverse peculiarità delle aree e dei vincoli su di esse gravanti, sulla base degli indirizzi di PRGR e di quanto riportato in merito nella normativa vigente, sono in alcuni casi previste specifiche deroghe o prescrizioni o sono richiesti ulteriori approfondimenti, come indicato in precedenza e come riassunto nelle note alla matrice riportata di seguito. Una volta definiti e condivisi i criteri di ampia scala che sicuramente precludono la localizzazione di un impianto, il PPGR fornisce, secondo le indicazioni contenute nel PRGR, i criteri da ritenersi “penalizzanti”, cioè fattori e vincoli di natura territoriale che non precludono la localizzazione di un impianto ma che tuttavia individuano criticità che devono essere affrontate sia sul piano amministrativo che progettuale. Nel caso di localizzazione di un impianto, quindi, la presenza di uno o più criteri penalizzanti dovrà essere analizzata nel dettaglio e, caso per caso, dovranno essere verificate la compatibilità alla realizzazione e le mitigazioni o gli accorgimenti progettuali da prevedere per poter procedere alla sua realizzazione. La matrice sintetica riportata nella tabella riportata nel seguito consente quindi di desumere quali criteri (escludenti, penalizzanti o preferenziali) andranno applicati per le diverse tipologie impiantistiche nei casi di nuovi impianti e di varianti sostanziali a quelli esistenti. Ove non diversamente specificato, il criterio si applica sia ai nuovi impianti che alle varianti sostanziali. Il PPGR è corredato della versione cartografica (tavola di piano) di sintesi alla scala 1:25.000, ove gli aspetti di cui sopra sono evidenziati per singola tipologia impiantistica. In estrema sintesi, per ogni tipologia impiantistica e per i casi di nuovo impianto e modifica, valutati complessivamente tutti i criteri adottati, ove rappresentabili cartograficamente sulla base delle informazioni disponibili, le casistiche rappresentate nella cartografia a scala 1/25.000 sono le seguenti: - Criterio escludente per nuovi impianti e per modifiche (criterio escludente assoluto). - Criterio potenzialmente escludente per nuovi impianti e per modifiche (criterio escludente

relativo), con ulteriori puntuali indicazioni (deroghe, prescrizioni), che necessita specificatamente di ulteriori verifiche in sede di micro-localizzazione.

- Criterio potenzialmente escludente per nuovi impianti; penalizzante per varianti

sostanziali, con ulteriori puntuali indicazioni (deroghe, prescrizioni), che necessita specificatamente di ulteriori verifiche in sede di micro-localizzazione.

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- Criterio escludente per nuovi impianti; penalizzante per modifiche. - Criterio penalizzante per nuovi impianti e per modifiche, con ulteriori puntuali indicazioni

(deroghe, prescrizioni), che necessita specificatamente di ulteriori verifiche in sede di micro-localizzazione.

- Criterio penalizzante per nuovi impianti e per modifiche. Le categorie in matrice contraddistinte da una nota asteriscata evidenzia un criterio variabile in casi particolari (si rimanda a quanto specificato nella specifica nota numerica asteriscata). Nella cartografia in scala 1/25.000 e in Fig. 10.1-2 sono inoltre segnalati gli aspetti strategico-funzionali, ove cartografabili e sulla base delle informazioni disponibili, per i quali è applicabile il fattore preferenziale che individua situazioni di potenziale idoneità alla localizzazione di nuovi impianti (o ampliamento, ammodernamento, implementazione, ecc. di quelli esistenti nel caso di varianti sostanziali). Al fine di consentire il percorso a ritroso in grado di verificare quale/i vincolo/i o limitazione/i è responsabile dell’assegnazione del criterio evidenziato nella tavola di sintesi in scala 1:25.000, sono allegate al Piano cartografie a scala ridotta in cui per ogni fattore ambientale considerato è evidenziata prima l’analisi e poi l’applicazione dei criteri; la tavola di sintesi in scala 1:25.000 rappresenta quindi la sommatoria, mediante sovrapposizione, di tutti i criteri considerati. Le cartografie a scala ridotta prodotte sono le seguenti: Fig. 1 Confini comunali e unità geografiche Fig. 2.1 Uso del suolo. Analisi dei vincoli e dei fattori ambientali Fig. 2.2(A-B-C) Uso del suolo. Applicazione dei criteri: tipologie impiantistiche A, B e C Fig. 3.1 Protezione delle risorse idriche. Analisi dei vincoli e dei fattori ambientali Fig. 3.2(A-B-C) Protezione delle risorse idriche. Applicazione dei criteri: tipologie

impiantistiche A, B e C Fig. 4.1 Tutela da dissesti e calamità. Analisi dei vincoli e dei fattori ambientali Fig. 4.2(A-B-C) Tutela da dissesti e calamità. Applicazione dei criteri: tipologie

impiantistiche A, B e C Fig. 5.1-2(B) Tutela della qualità dell’aria. Analisi dei vincoli e dei fattori ambientali e

applicazione dei criteri: tipologia impiantistica B Fig. 6.1 Tutela dei caratteri fisico-morfologici del paesaggio, dei beni culturali e

paesaggistici. Analisi dei vincoli e dei fattori ambientali Fig. 6.2(A-B-C) Tutela dei caratteri fisico-morfologici del paesaggio, dei beni culturali e

paesaggistici. Applicazione dei criteri: tipologie impiantistiche A, B e C Fig. 7.1 Tutela dell’ambiente naturale. Analisi dei vincoli e dei fattori ambientali Fig. 7.2(A-B-C) Tutela dell’ambiente naturale. Applicazione dei criteri: tipologie

impiantistiche A, B e C

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Fig. 8.1 Previsioni PRG o PGT comunali e tutela della popolazione. Analisi dei

vincoli e dei fattori ambientali Fig. 8.2(A-B-C) Previsioni PRG o PGT comunali e tutela della popolazione. Applicazione

dei criteri: tipologie impiantistiche A, B e C Fig. 9.1 Ulteriori vincoli del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale e del

Piano Territoriale di Coordinamento del Parco Lombardo della Valle del Ticino. Analisi dei vincoli e dei fattori ambientali

Fig. 9.2(A) Ulteriori vincoli del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale e del

Piano Territoriale di Coordinamento del Parco Lombardo della Valle del Ticino. Applicazione dei criteri: tipologia impiantistica A

Fig. 9.2(B) Ulteriori vincoli del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale e del

Piano Territoriale di Coordinamento del Parco Lombardo della Valle del Ticino. Applicazione dei criteri: tipologia impiantistica B

Fig. 9.2(C) Ulteriori vincoli del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale e del

Piano Territoriale di Coordinamento del Parco Lombardo della Valle del Ticino. Applicazione dei criteri: tipologia impiantistica C

Fig. 10 Aspetti strategico-funzionali Fig. 11 (A) Applicazione complessiva dei criteri localizzativi: tipologia impiantistica A Fig. 11 (B) Applicazione complessiva dei criteri localizzativi: tipologia impiantistica B Fig. 11 (C) Applicazione complessiva dei criteri localizzativi: tipologia impiantistica C Le figure con suffisso 1 riportano le analisi del fattore ambientale considerato; le figure con suffisso 2 riportano l’applicazione dei criteri, indicando a quale tipologia impiantistica si riferiscono (lettera maiuscola A, B o C tra parentesi dopo il numero della figura). Nelle figure con suffisso 2 (e nella matrice della tabella seguente) le casistiche considerate sono le seguenti: - escludente per nuovi impianti e per varianti sostanziali;

- escludente per nuovi impianti; penalizzante per varianti sostanziali; - penalizzante per nuovi impianti e per varianti sostanziali; - preferenziale. La presenza di puntuali ulteriori prescrizioni, deroghe o necessità di ulteriori approfondimenti è segnalata da note, sia in cartografia che nella matrice seguente; tali situazioni specifiche sono state considerate per l’individuazione delle casistiche considerate nella cartografia a scala 1/25.000 sopra descritte e nelle Fig. 11. Sulla base della metodologia adottata e della qualità e riferimento temporale dei dati disponibili (alcuni obsoleti e/o suscettibili di modificazioni nel tempo, presumibilmente in alcuni casi già anche avvenute, o erroneamente rappresentati per difetti del dato alla fonte), come già anticipato, è sempre richiesta la verifica del dato in fase di micro-localizzazione.

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Infatti, se da un lato esistono “vincoli escludenti” attualmente certi, quale, ad esempio il perimetro di una ZPS o di una fascia di rispetto di un pozzo acquedottistico, non è da escludere per il futuro l’ampliamento di una ZPS esistente o l’istituzione di una nuova ZPS, oppure la realizzazione di un nuovo pozzo acquedottistico (con automatica istituzione della relativa fascia di rispetto) o l’abbandono di un pozzo esistente o la riduzione in deroga della sua fascia di rispetto come contemplato dalle direttive normativa vigente (con automatica esclusione o riduzione della fascia di rispetto). Esistono anche tipologie di “vincoli escludenti” non considerabili o rappresentabili all’attuale scala d’indagine, per carenza d’informazioni (ad esempio gli azzonamenti aggiornati di tutti i PRG o PGT) o per l’impossibilità grafica di evidenziarli (ad esempio le fasce di rispetto stradale, quelle del reticolo idrico minore, ecc.). Allo stato di fatto delle conoscenze disponibili, comunque, esistono condizioni tali da evidenziare sicuramente situazioni di “vincolo escludente” assoluto: tali situazioni sono rappresentate in colore rosso pieno nelle figure 11 e nella cartografia a scala 1/25.000. Tali comparti territoriali sono, sempre allo stato attuale delle conoscenze disponibili, sicuramente “macroaree non idonee”, mentre le rimanenti, per differenza, “macroaree potenzialmente idonee” (con riferimento alla tabella in premessa dove è descritta l’articolazione per fasi/azioni/competenze della procedura localizzativa prevista dal PRGR), previa verifica puntuale in sede di micro-localizzazione, ove è previsto obbligatoriamente l’aggiornamento rispetto alla situazione effettivamente vigente. A tal proposito, è richiesta, come documentazione da allegare alle istanze, la verifica critica e aggiornata dei dati qui riportati, con l’applicazione dei criteri qui definiti a una scala tale da valutare la fattibilità del progetto presentato.

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FATTORI ESCLUDENTI, PENALIZZANTI E PREFERENZIALI (MACRO-LOCALIZZAZIONE) (SEMPRE DA VERIFICARE IN FASE DI MICRO-LOCALIZZAZIONE)

……….. = escludente per nuovi impianti e per modifiche ……….. = escludente per nuovi impianti; penalizzante per modifiche ……….. = penalizzante per nuovi impianti e per modifiche ……….. = preferenziale (n) = vedi nota in fondo alla tabella, che riporta ulteriori specifiche indicazioni (deroghe particolari, prescrizioni specifiche, necessità di ulteriori approfondimenti) (n*) = criterio variabile in casi particolari (si rimanda a quanto specificato nella nota numerica asteriscata).

FATTORE AMBIENTALE / TIPOLOGIA IMPIANTISTICA A (34*) B C

Aree interessate da boschi, foreste e selve (1-1*-21*) (1-1*21*) (1-1*-21*)

Categorie agricole 1 (1-1*-32*) (1-1*-32*) (1-1*-32*)

Categorie agricole 2 (1-1*-33*) (1-1-*-33*) (1-1*-33*)

Aree di pregio agricolo: DOC, DOGC (1-32*) (1-32*) (1-32*)

Usi

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(A-B

-C))

Aree di pregio agricolo: DOP, IGP, IGT (1) (1) (1)

Aree di protezione della falda superficiale (1-3) (1) (1)

Aree inserite nel programma di tutela delle risorse idriche

Distanza da opere di captazione di acqua destinata al consumo umano mediante infrastrutture di pubblico interesse (30) (30) (30)

Pro

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3.2

(A-B

-C))

Distanza dai corsi d'acqua, dai laghi e dal reticolo idrico di competenza consortile (1) (1) (1)

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……….. = escludente per nuovi impianti e per modifiche ……….. = escludente per nuovi impianti; penalizzante per modifiche ……….. = penalizzante per nuovi impianti e per modifiche ……….. = preferenziali (n) = vedi nota in fondo alla tabella, che riporta ulteriori specifiche indicazioni (deroghe particolari, prescrizioni specifiche, necessità di ulteriori approfondimenti) (n*) = criterio variabile in casi particolari (si rimanda a quanto specificato nella nota numerica asteriscata).

FATTORE AMBIENTALE / TIPOLOGIA IMPIANTISTICA A (34*) B C

Aree soggette a rischio idraulico, aree esondabili in Fasce A, B e C delimitata da una Fascia B di progetto del PAI-PSFF (1-4) (1-4) (1-4)

Aree potenzialmente soggette a esondazioni per piena catastrofica in caso di rotture degli argini; aree in Fascia C del PAI-PSFF (4*) (4*) (4*)

Aree caratterizzate dall'instabilità del suolo (5) (5) (5)

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Aree soggette a rischio idrogeologico molto elevato in ambiente collinare, montano ed in pianura (6) (6) (6)

Zone A1 (ex zone critiche) (7-31)

Zone A2 e C1 (ex zone di risanamento) (8-31)

Zone B e C2 (ex zone di mantenimento) (9-31)

Tute

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))

Territori ricadenti nel raggio di 5 Km da preesistenze impiantistiche potenzialmente impattanti sulla qualità dell’aria (29) (29) (29)

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……….. = escludente per nuovi impianti e per modifiche ……….. = escludente per nuovi impianti; penalizzante per modifiche ……….. = penalizzante per nuovi impianti e per modifiche ……….. = preferenziali (n) = vedi nota in fondo alla tabella, che riporta ulteriori specifiche indicazioni (deroghe particolari, prescrizioni specifiche, necessità di ulteriori approfondimenti) (n*) = criterio variabile in casi particolari (si rimanda a quanto specificato nella nota numerica asteriscata).

FATTORE AMBIENTALE / TIPOLOGIA IMPIANTISTICA A (34*) B C

Aree naturali protette, Parchi naturali e Ambiti di elevata naturalità del territorio lomb. (art. 17 NTA PTPR)

Sistema delle aree regionali protette (11) (11) (11)

Rete Natura 2000 (SIC e ZPS)

Fascia di rispetto di 300 m dai siti Rete Natura 2000 (SIC e ZPS) (12*) (12*) (12*)

Fascia di rispetto da 300 m a 2 Km dai siti Rete Natura 2000 (SIC e ZPS) (13) (13) (13)

Zone inerenti alla pianificazione venatoria provinciale

Beni culturali (1-14*) (1-14*) (1-14*)

Beni paesaggistici individui (D. Lgs. n. 42/04, art. 136, comma 1, lettere a-b) (1-14*) (1-14*) (1-14*)

Area di pertinenza dei Beni culturali e paesaggistici individui (fascia di 1.000 m dal loro perimetro) (1-2-14*) (1-2-14*) (1-2-14*)

Beni paesaggistici: bellezze d’insieme (D. Lgs. n. 42/04, art. 136, comma 1, lettere c-d) (34*) (33*) (35*)

Altri Beni paesaggistici (D. Lgs. n. 42/04, art. 142, lettere b, c, d, e, i, m): laghi, fiume Po e relative fasce di rispetto, montagne, ghiacciai, zone umide, zone di interesse archeologico (15) (15) (15)

Tute

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-B-C

), 7.

1 e

7.2

(A-B

-C))

Ulteriori Beni paesaggistici (D. Lgs. n. 42/04, art. 142, lettere c, h): corsi d’acqua, università agrarie e usi civici (1) (1) (1)

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……….. = escludente per nuovi impianti e per modifiche ……….. = escludente per nuovi impianti; penalizzante per modifiche ……….. = penalizzante per nuovi impianti e per modifiche ……….. = preferenziali (n) = vedi nota in fondo alla tabella, che riporta ulteriori specifiche indicazioni (deroghe particolari, prescrizioni specifiche, necessità di ulteriori approfondimenti) (n*) = criterio variabile in casi particolari (si rimanda a quanto specificato nella nota numerica asteriscata).

FATTORE AMBIENTALE / TIPOLOGIA IMPIANTISTICA A (34*) B C

Destinazione urbanistica (1) (1) (1)

Fasce di rispetto, distanza da funzioni sensibili, dal centro abitato, da case sparse; infrastrutture lineari energetiche (1-16) (1-16) (1-16)

Vincolo idrogeologico

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-B-C

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Classe 4 di fattibilità geologica (1) (1) (1)

Distanza da funzioni sensibili (strutture scolastiche, asili, ospedali, case di riposo) (1-16) (1-16) (1-16)

Distanza dal centro abitato (1-16) (1-16) (1-16)

Distanza da case sparse (1-16) (1-16) (1-16)

Tute

la d

ella

po

pola

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e (F

igg.

8.1

e 8

.2(A

-B-C

))

Discariche esistenti (17)

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……….. = escludente per nuovi impianti e per modifiche ……….. = escludente per nuovi impianti; penalizzante per modifiche ……….. = penalizzante per nuovi impianti e per modifiche ……….. = preferenziali (n) = vedi nota in fondo alla tabella, che riporta ulteriori specifiche indicazioni (deroghe particolari, prescrizioni specifiche, necessità di ulteriori approfondimenti) (n*) = criterio variabile in casi particolari (si rimanda a quanto specificato nella nota numerica asteriscata).

FATTORE AMBIENTALE / TIPOLOGIA IMPIANTISTICA A (34*) B C

Emergenze naturalistiche (art. 34; prescrizioni)

Aree di elevato contenuto naturalistico (art. 34; prescrizioni) (19)

Ambiti dei corsi d’acqua (art. 33, commi 15 e 16) (1) (1) (1)

Aree di riqualificazione e composizione della trama naturalistica (art. 33, comma 20) (28)

Corridoi ecologici (art. 33, commi da 22 a 25) (28)

Aree di particolare interesse paesistico - Paesaggi tipici (art. 33, comma 29)

Ambiti di consolidamento delle attività agricole e dei caratteri connotativi (art. 33, commi da 32 a 34) Ulte

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2.A

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C)

Visuali sensibili (art. 33, comma 55) (20) (20) (20)

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……….. = escludente per nuovi impianti e per modifiche ……….. = escludente per nuovi impianti; penalizzante per modifiche ……….. = penalizzante per nuovi impianti e per modifiche ……….. = preferenziali (n) = vedi nota in fondo alla tabella, che riporta ulteriori specifiche indicazioni (deroghe particolari, prescrizioni specifiche, necessità di ulteriori approfondimenti) (n*) = criterio variabile in casi particolari (si rimanda a quanto specificato nella nota numerica asteriscata).

FATTORE AMBIENTALE / TIPOLOGIA IMPIANTISTICA A (34*) B C

Art. 7 NTA PTCPT (Zone T, F, A, B1, B2 e B3)

Art. 8 NTA PTCPT (Zone C1 e C2) (22)

Art. 9 NTA PTCPT (Zona G) (2) (22)

Art. 10 NTA PTCPT (Zona D) (2)

Art. 11 NTA PTCPT (Zona R) (2)

Art. 12 NTA PTCPT (Zona IC) (2) (23) (24)

Art. 13 NTA PTCPT (ZPS) (12*)

Art. 14 NTA PTCPT (SIC) (12*)

Art. 15 NTA PTCPT (ZNP)

Art. 16 NTA PTCPT (Altri istituti di tutela ambientale, paesaggistica e storica) (1) Ulte

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Art. 20 NTA PTCPT (Boschi) (2)

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……….. = escludente per nuovi impianti e per modifiche ……….. = escludente per nuovi impianti; penalizzante per modifiche ……….. = penalizzante per nuovi impianti e per modifiche ……….. = preferenziali (n) = vedi nota in fondo alla tabella, che riporta ulteriori specifiche indicazioni (deroghe particolari, prescrizioni specifiche, necessità di ulteriori approfondimenti) (n*) = criterio variabile in casi particolari (si rimanda a quanto specificato nella nota numerica asteriscata).

FATTORE AMBIENTALE / TIPOLOGIA IMPIANTISTICA A B C

Vicinanza ad impianti di trattamento e recupero di rifiuti esistenti (1) (1) (1)

Destinazione urbanistica agricola (1) (1-25)

Localizzazione in aree con destinazione d’uso industriale/produttivo/artigianale esistenti o dismessi (1) (1-26)

Preesistenza di infrastrutture (buona viabilità di accesso) e dell'acquedotto (1) (1) (1)

Vicinanza ad aree di maggiore produzione di rifiuti (1) (1) (1)

Presenza di cave (27)

Presenza di aree da bonificare (1) (1) (1)

Profondità della falda (sotto i 5 m dal piano campagna) (1)

Suolo interessato da barriera geologica naturale (argille); D. Lgs. 36/2003 e “ulteriori considerazioni” in punto 2.4.3, All. 1 in All. A alla D.G.R. 14393/2003 (36)

Preesistenza di reti di monitoraggio su varie componenti ambientali (1) (1) (1)

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Vicinanza a possibili utenze di teleriscaldamento e/o a reti per la distribuzione dell’energia elettrica (1)

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Dove: A Nuove discariche e per le modifiche che implichino ulteriore consumo di suolo: D1, D5

B Nuovi impianti per la termovalorizzazione di rifiuti (urbani e speciali pericolosi e non pericolosi) e per le modifiche agli impianti esistenti che implichino un consumo di suolo: D10, R1

C (°) nuovi impianti di trattamento D8, D9, D12, D13, D14, R2, R3, R4, R5, R6, R8, R9, R11, R12 e per le infrastrutture comunali o sovra comunali per la raccolta differenziata diversi dai centri di raccolta così come definiti dal D.M. 13 maggio 2009, nonchè per le modifiche che implichino un consumo di suolo

(°) In tale tipologia sono compresi anche gli impianti di trattamento/condizionamento di rifiuti non pericolosi di natura organica o putrescibile, destinati a

recupero a beneficio dell’agricoltura. A tal proposito si fa presente che la Provincia di Pavia ha predisposto la mappatura, in costante fase di implementazione (ultima versione: aggiornamento 2007) in relazione ai risultati di monitoraggio progressivamente acquisiti, de i terreni di pianura ai fini dell’impiego dei rifiuti nella pratica agronomica (costituiti essenzialmente da fanghi provenienti da impianti di depurazione). Si ritiene che tale mappatura, ed i suoi costanti aggiornamenti, debba costituire parte integrante del presente PPGR e costituisca vincolo assoluto per l’utilizzo di tali materiali in agricoltura, ad integrazione di quanto specificato in merito dalla Regione ai sensi del comma 8, art. 8 della L.R. 12.07.2007, n. 12 (integrazione della DGR 30 dicembre 2003, n. 15944).

Sono da assimilare per analogia altre tipologie impiantistiche per confrontabili dotazioni impiantistiche, preoccupazioni ambientali, presidi di tutela ambientale, ecc., ad esclusione delle tipologie impiantistiche per le quali non valgono i presenti criteri.

Ulteriori prescrizioni o deroghe specifiche per le singole aree soggette a tutela (vedi note nella matrice sopra riportata). (1) Assenza di informazioni cartografiche georeferenziate o dato non rappresentabile in cartografia per problemi di scala o fattore potenzialmente

suscettibile di evoluzione o situazioni particolari. Fattore specificatamente da valutare in fase di micro-localizzazione e/o di progetto. SI rimanda a quanto specificato nel testo per ogni singolo fattore ambientale.

(1*) Per la verifica dello stato di fatto dell’uso del suolo, rilevabile nel Sistema Informativo Agricolo della Regione Lombardia (S.I.A.R.L.) al momento della presentazione dell’istanza, è richiesta un’autocertificazione sulla base delle risultanze presso i C.A.A. (Centri Assistenza Agricola) congiuntamente a un’adeguata documentazione fotografica che attesti l’effettivo stato dei luoghi.

(2) Il criterio escludente non si applica alle discariche di rifiuti inerti nel caso di presenza di aree degradate (da attività estrattiva, da contaminazioni, ecc.), se interventi finalizzati al corretto inserimento paesaggistico-ambientale del sito degradato e, in tal senso, condivisi dall’Ente preposto al rilascio dell’autorizzazione o del parere vincolante al fine di ridurre l’impatto sul vincolo presente; sono richieste opere di mitigazione e compensazione al contorno. Per le discariche di inerti all’interno del PLVT, ove realizzabili, valgono anche le specifiche norme dettate dall’art. 25.10 delle NTA del PTCPT.

(3) Fatto salvo quanto definito in merito dal D. Lgs. 36/2003, nelle zone caratterizzate da falde superficiali, alla richiesta di autorizzazione alla realizzazione di questa tipologia di impianti è obbligatorio allegare uno studio idrogeologico approfondito che tenga conto dei dati storici già esistenti e di quelli relativi al monitoraggio di almeno un anno che definiscano la massima escursione della falda. L’autorizzazione non potrà essere rilasciata qualora dallo studio risultasse un’escursione della falda al di sopra di – 5 m dal piano campagna (inteso come originario, ma artificialmente modificabile nel caso di discariche a fossa ove obliterato da precedente attività estrattiva o similare, o in rilevato, in modo tale da garantire sempre i requisiti minimi richiesti). I criteri definiti escludenti nella matrice per la tipologia impiantistica A diventano penalizzanti per le discariche di inerti come definite dal D. Lgs. 36/2003, fermo restando quanto previsto dalla normativa di settore vigente e solo al fine del riempimento a piano campagna delle depressioni relative alle cave di

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pianura esistenti. Il criterio resta escludente per le cave ad arretramento di terrazzi morfologici, balze o versanti naturali, nonchè per le zone appartenenti a Rete Natura 2000. I ritombamenti di cui sopra sono consentiti solo a fronte di una complessiva riqualificazione paesaggistico-ambientale dell’area. Ad esclusione di ampliamenti di discariche dello stesso soggetto, deve essere mantenuta una distanza di sicurezza tra discariche diverse di almeno 50 m misurati a bordo vasca; nel caso di falde molto profonde, in sede di VIA può essere valutata una distanza maggiore da valutarsi caso per caso, dietro puntuale valutazione delle caratteristiche idrogeologiche del terreno, dell’andamento, della portata e dell’isolamento della falda stessa. In generale, si applica il criterio preferenziale ove l’intervento è sinergico, ai fini dell’inserimento ambientale complessivo, nel caso di interferenza con altri interventi di interesse pubblico ove va considerato il cumulo degli impatti e un bilancio ambientale positivo.

(4) Sono consentiti il deposito temporaneo e l'esercizio di operazioni di smaltimento già autorizzate/comunicate all’entrata in vigore del PAI per la durata dell’autorizzazione (rinnovabile fino al termine della capacità residua di conferimento autorizzato originariamente) previo, se necessario, studio di compatibilità. In presenza di fascia B di progetto, la fascia C sarà soggetta alla normativa prevista dalla B o, laddove il Comune abbia valutato le condizioni di rischio ai sensi dell’art. 31, comma 5 della NdA del PAI, a quella definita dallo strumento urbanistico comunale. Tali criteri vanno integrati con le precisazioni e le estensioni contenute integralmente nelle circolari interpretative dell’Autorità di Bacino del fiume Po.

(4*) Compete agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica regolamentare le attività consentite, i limiti e i divieti per i territori ivi ricadenti. Si applica il criterio escludente qualora tali attività siano vietate da tali strumenti.

(5) Sono esclusi nuovi impianti e modifiche agli impianti esistenti che implichino consumo di suolo nelle aree interessate da: frane attive (Fa) e quiescenti (Fq), esondazioni a pericolosità elevata (Eb) e molto elevata (Ee), conoidi non protetti (Ca) e parzialmente protetti (Cp), valanghe (Ve, Vm). Sono consentiti il deposito temporaneo e l'esercizio di operazioni di smaltimento già autorizzate/comunicate all’entrata in vigore del PAI per la durata dell’autorizzazione (rinnovabile fino al termine della capacità residua di conferimento autorizzato originariamente) nelle seguenti aree interessate da: frane quiescenti (Fq) o esondazioni di pericolosità elevata (Eb) e molto elevata (Ee), previo SIA e verifica di compatibilità idraulica. Tali criteri vanno integrati con le precisazioni e le estensioni contenute integralmente nelle circolari interpretative dell’Autorità di Bacino del fiume Po.

(6) Sono esclusi nuovi impianti e modifiche agli impianti esistenti che implichino consumo di suolo nelle aree interessate da: Zona1: aree instabili con un elevata probabilità di coinvolgimento in tempi brevi. Zona 2: aree potenzialmente interessate dal manifestarsi di fenomeni di instabilità a modesta intensità coinvolgenti settori più ampi di quelli attualmente riconosciuti. Zona Bpr e Zona I: aree potenzialmente interessate da inondazioni per eventi di piena con tempi di ritorno inferiori o uguali a 50 anni. Le attività di gestione dei rifiuti sono di norma vietate, eccetto quanto previsto dalle circolari citate.

(7) Gli impianti alimentati a CDR o a biomasse (rifiuti non pericolosi) sono autorizzabili solo se nei mesi invernali alimentano reti di teleriscaldamento con potenza impiegata mediamente nel periodo invernale nella fornitura calore > 50%. Limiti di emissione ai sensi del DM 05/02/98 e s.m.i.; limite di emissione per gli NOx pari a 80 mg/Nm3 (riferito a gas secchi a condizioni normali con l’11 % di Ossigeno libero nei fumi). Fatti salvi i limiti previsti dalle singole autorizzazioni.

(8) Limiti di emissione ai sensi del DM 05/02/98 e s.m.i.; limite di emissione per gli NOx pari a 110 mg/Nm3 (riferito a gas secchi a condizioni normali con l’11 % di Ossigeno libero nei fumi). Fatti salvi i limiti previsti dalle singole autorizzazioni.

(9) Limiti di emissione ai sensi del DM 05/02/98 e s.m.i.. Sono fatti salvi quelli previsti dalle singole autorizzazioni. (10) Il progetto per la realizzazione di un nuovo impianto o della modifica di impianto esistente che interessi gli “ambiti assoggettati a specifica tutela

paesaggistica” (art. 136 e 142 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42), ove consentito, deve essere redatto sulla base degli elaborati progettuali ed in base ai criteri per l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di tutela dei beni paesaggistici dettati dalla Giunta regionale (vedi DGR n. VIII/2121 del 15.03.2006) ed autorizzato, sotto il profilo paesaggistico, dall’Ente territorialmente competente (art. 80, LR 12/2005). Il progetto per la realizzazione di un nuovo impianto o della modifica di impianto esistente che interessi gli ambiti del territorio lombardo non assoggettati a specifica tutela paesaggistica (art. 136 e 142 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42), ove consentito, deve essere accompagnato, al fine di assicurare comunque che il paesaggio sia adeguatamente tutelato e valorizzato, da uno studio paesaggistico redatto secondo le “linee guida per l'esame paesistico dei progetti” (v. DGR 8 novembre 2002, n. VII/11045). Si premette che il progetto per la realizzazione di un nuovo impianto o

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della modifica di impianto esistente che interessi gli “ambiti assoggettati a specifica tutela paesaggistica” (art. 136 e 142 del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42), ove consentito, deve essere redatto sulla base degli elaborati progettuali ed in base ai criteri per l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di tutela dei beni paesaggistici dettati dalla Giunta regionale (vedi DGR n. VIII/2121 del 15.03.2006) e autorizzato, sotto il profilo paesaggistico, dall’Ente territorialmente competente (art. 80, LR 12/2005). Il progetto per la realizzazione di un nuovo impianto o della modifica di impianto esistente che interessi gli ambiti del territorio lombardo non assoggettati a specifica tutela paesaggistica (art. 136 e 142 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42), ove consentito, deve essere accompagnato, al fine di assicurare comunque che il paesaggio sia adeguatamente tutelato e valorizzato, da uno studio paesaggistico redatto secondo le “linee guida per l'esame paesistico dei progetti” (v. DGR 8 novembre 2002, n. VII/11045).

(11) Norme specifiche più restrittive per le aree comprese nel Parco Lombardo della Valle del Ticino, desunte dalle NTA del PTCPT (vedi cap. 8.2.1.5 e parte specifica della matrice in cap. 8).

(12*) È comunque sempre richiesta la valutazione d’incidenza per l’impiantistica realizzabile. Per la tipologia impiantistica A il criterio PENALIZZANTE vale per l’ampliamento delle sole strutture accessorie alle discariche esistenti e per le nuove discariche di rifiuti di inerti come definite dal D. Lgs. 36/2003 e solo al fine del riempimento a piano campagna delle depressioni relative alle cave di pianura esistenti. Il criterio resta escludente per le cave ad arretramento di terrazzi morfologici, balze o versanti naturali. Il progetto è consentito solo a fronte di una complessiva riqualificazione paesaggistico/ambientale dell’area, stabilita in sede di Studio di incidenza o di VIA se prevista, di concerto con l’ente gestore territorialmente competente. Per la tipologia impiantistica B il criterio ESCLUDENTE vale solo per i nuovi impianti, mentre si applica il criterio PENALIZZANTE per la realizzazione di strutture in ampliamento di impianti esistenti che comportino ulteriore consumo di suolo, ove il progetto è consentito solo a fronte di una complessiva riqualificazione paesaggistica/ambientale dell’area stabilita in sede di Studio di incidenza o di VIA se prevista, di concerto con l’ente gestore territorialmente competente. Per la tipologia impiantistica C il criterio PENALIZZANTE vale per le nuove attività di gestione rifiuti da avviarsi all’interno di strutture esistenti da almeno 5 anni e che non comportino ulteriore consumo di suolo, qualora le attività non necessitino delle autorizzazioni relative alle emissioni in atmosfera ai sensi del D. Lgs. 152/06 e allo scarico ai sensi del D. Lgs. 152/99 e non comportino un significativo aumento del traffico locale. Rimane fermo l’obbligo di effettuare lo studio di incidenza.

(13) Per la fascia di territorio compresa tra i 300 m ed i 2 Km dal perimetro dei SIC e ZPS si applica il criterio penalizzante ed è richiesta la redazione dello Studio di Incidenza nel caso di nuovi impianti.

(14*) È esclusa per i beni culturali e paesaggistici individui assoggettati a specifica tutela paesaggistica ai sensi del D. Lgs. 42/2004 e s.m.i. e nella relativa area di pertinenza dei beni laddove individuata (in attesa dell’esatta individuazione dell’area di pertinenza da parte della competente Soprintendenza ai Beni Architettonici e del Paesaggio per quanto riguarda i Beni culturali e della competente Commissione regionale per quanto riguarda i Beni paesaggistici individui) la possibilità di realizzare nuovi impianti e modifiche agli impianti esistenti che implichino ulteriore consumo di suolo. Tale esclusione sarà da applicarsi anche all’area di pertinenza del bene oggetto di tutela se individuata. Per quanto riguarda le aree in prossimità dei beni culturali, non assoggettate a tutela paesaggistica ai sensi del D. Lgs. 42/2004, al fine di non pregiudicare la pubblica fruizione e percezione del bene tutelato, la possibilità di localizzare impianti dovrà essere accompagnata dall’esame paesistico del progetto, condotto sulla base delle “linee guida per l'esame paesistico dei progetti” (v. D.G.R. 8 novembre 2002, n. VII/11045), che dovrà dimostrare ed argomentare la compatibilità dell’intervento proposto evitando intrusioni od ostruzioni visuali rispetto al bene tutelato e indicando anche le eventuali misure mitigative e compensative rispetto al contesto paesaggistico.

(15) In Provincia di Pavia non esistono zone umide ex art. 142 del D. Lgs. n. 42/2004. Si ritiene di considerare in questa casistica i fontanili, stagni, lanche e zone umide estese (PTCP NTA art. 32) e le confrontabili situazioni ecosistemiche note (tipo garzaie, ecc.) o segnalate, anche se non censite dagli strumenti disponibili. Gli agro-ecosistemi umidi (ad esempio le risaie) non ricadono all’interno di questa categoria, essendo già normati separatamente.

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(16) Si rimanda a quanto riportato in relazione in merito alla tutela della popolazione. (17) Si rimanda a quanto riportato in relazione in merito alla tutela della popolazione. Per discariche si intendono quelle in cui sono stati conferiti rifiuti urbani

o speciali, ad esclusione di quelle per inerti, negli ultimi 25 anni, cioè post D.P.R. 915/1982 (e Regolamenti Regionali n. 2 e 3 del 09/01/1982), in quanto le discariche precedenti a tale data, di cui peraltro non si dispone di un omogeneo quadro conoscitivo, avevano in genere una ridotta dimensione ed erano prevalentemente a servizio della comunità locale, nonché, nei censimenti disponibili, risultano classificate come siti potenzialmente contaminati. All’interno di queste ultime (discariche pre 1982), si ritiene comunque di considerare anche quelle maggiormente importanti, sulla base dei dati disponibili, in termini di area interessata e volumetrie scaricate, in cui sono stati conferiti rifiuti non solo a servizio della comunità locale ma anche a quello di comprensori (ad esempio consorzi di comuni) appositamente predisposti all’uopo: è questo il caso delle vecchie discariche di prevalenti RSU di Vigevano (Via Aguzzafame) e Bornasco (loc. Guardabiate – Corbesate). Non si prevedono particolari vincoli, nel caso di assenza di ulteriori elementi escludenti, per eventuali ampliamenti di impianti in fase di gestione operativa se funzionali e coerenti con il presente PPGR (con particolare riferimento agli individuati possibili scenari evolutivi del sistema di gestione provinciale dei rifiuti) o idonei per far fronte a motivate situazioni contingenti, se ritenuti tali dall’Ente competente al rilascio dell’autorizzazione. Per quelli in fase di gestione post-operativa o comunque chiusi, recuperati o da bonificare, un eventuale ampliamento può essere consentito, oltre che nei casi appena sopra definiti per gli impianti in fase di gestione operativa, solo nel caso in cui il nuovo intervento preveda miglioramenti ambientali all’attuale situazione vigente per fare fronte, anche in termini di costi/benefici, a documentate situazioni di degrado preesistenti non altrimenti sanabili, previa esecuzione di specifica analisi di rischio sanitario ed ambientale.

(18) Per ogni intervento in tema di localizzazione di impianti di gestione dei rifiuti è richiesto l’esame di compatibilità del Settore Territorio della Provincia. (19) Per tali aree vale il criterio escludente assoluto in funzione delle norme del PTCP vigente; si segnala tuttavia la presenza, tra queste aree tutelate, di

zone degradate da attività estrattiva pregressa meritevoli di interventi finalizzati al loro recupero ambientale. (20) È da considerare penalizzante la zona esterna panoramica percepita, da valutare in sede di micro-localizzazione e/o progetto, che dovrà prevedere le

opportune opere di mitigazione. (21*) Per le aree coperte da boschi di protezione individuati dal corpo forestale dello stato ai sensi del R.D. 3267/1923 e recepite nei PRG/PGT dei comuni

interessati, si applica il criterio escludente. (22) Il criterio escludente non vale nelle zone C e G solo per gli impianti di compostaggio e le piattaforme per la raccolta differenziata, con le prescrizioni

dell’art. 25.10 delle NTA del PTCPT. (23) In aree industriali; devono operare sinergicamente con un impianto per la separazione della frazione umida dei rifiuti in modo da ottimizzare il recupero

energetico, come previsto dall’art. 25.10 delle NTA del PTCPT (24) Vale solo per gli impianti di compostaggio e le piattaforme per la raccolta differenziata (art. 25.10 delle NTA del PTCPT). (25) Vale solo per gli impianti di compostaggio e per quelli di trattamento dei fanghi riutilizzabili in agricoltura. (26) Non si applica agli impianti di compostaggio e alla depurazione biologica dei fanghi riutilizzabili in agricoltura; infatti tali impianti trovano miglior

collocazione nelle aree agricole generiche non soggette a tutela e agli impianti di trattamento meccanico di rifiuti inerti, che devono essere collocati preferibilmente in ambito estrattivo attivo.

(27) Le aree già degradate dalla presenza di cave, se rispondenti agli altri criteri di localizzazione, ferma restando l’idoneità idrogeologica del sottosuolo (con particolare riferimento alle cave di argilla per laterizi che non hanno intaccato la sottostante falda confinata) e se non diversamente specificato nel PCP della provincia di Pavia (che esplicitamente vieta l’utilizzo come discariche alcuni ATE; oltre a queste, in questa sede non sono considerate le cave che hanno scoperchiato la falda od hanno in previsione di farlo), possono rappresentare un’opportunità per la localizzazione degli impianti di smaltimento di rifiuti, in particolare di discariche. Il loro utilizzo contribuisce a limitare il consumo di aree “integre” e consente di ripristinare l’aspetto fisico originario dei luoghi. In fase di micro-localizzazione si effettua la verifica dell’effettiva idoneità dei siti, si identificano i fattori di condizionamento o di preferenza. La presenza di edifici e di strutture (es. ex-fornaci) potrebbe essere utilizzata per la localizzazione di impianti di trattamento.

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(28) Solo nel caso di presenza di aree realmente degradate (da attività estrattiva, da siti contaminati ecc.), si ritiene di valutare queste aree come preferenziali esclusivamente per discariche di inerti se interventi finalizzati al loro corretto inserimento paesaggistico-ambientale e, in tal senso, condivisi dall’Ente preposto al rilascio dell’autorizzazione o del parere vincolante al fine di ridurre l’impatto sul vincolo presente; sono richieste opere di mitigazione e compensazione al contorno.

(29) Preesistenza di impianti potenzialmente impattanti sulla qualità dell’aria e relativi territori circostanti entro i 5 Km nei quali si richiede di effettuare una valutazione ambientale di tipo aggiuntivo, ove nel caso di nuovi impianti o di modifiche agli esistenti che necessitano anche di specifica autorizzazione alle emissioni in atmosfera si debba anche tenere conto della sommatoria delle emissioni in atmosfera.

(30) Le zone di tutela assoluta sono costituite dall'area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni e deve avere un'estensione di almeno 10 metri di raggio dal punto di captazione; le zone di rispetto son individuate dalla Regione con un raggio di 200 metri rispetto al punto di captazione o derivazione; tali fasce possono però essere integrate e modificate, ai sensi dell’art. 42, comma 3 della L.R. 26/2003, da parte dei comuni interessati su proposta delle Autorità d’ambito o ente gestore. In assenza di modifica si applicano i 200 metri previsti per legge.

(31) Le restrizioni sui limiti delle emissioni in atmosfera previsti dalle norme vigenti riguardanti esplicitamente gli impianti che utilizzano rifiuti per termoutilizzazione ecc. non sono applicabili, in quanto non oggetto della presente pianificazione, agli altri impianti di produzione energetica che, sulla base della normativa vigente, sono esclusi dall’ambito di applicazione della legislazione specifica riguardante i rifiuti poiché alimentati da altre fonti (ad es. rinnovabili), per i quali valgono le relative norme settoriali. Per tutti gli impianti esistenti e relativi ampliamenti, varianti, ecc., valgono ovviamente i limiti già autorizzati.

(32*) Per le aree di pregio agricolo DOC e DOCG (come individuate dai disciplinari con decreto MIPAF e indicate nell’Albo Regionale consultabile presso i C.A.A.; Centri Assistenza Agricola) e delle “risaie” nei lotti effettivamente al momento direttamente così classificati, il criterio ESCLUDENTE riguarda nuove discariche e nuovi impianti di termoutilizzazione per rifiuti speciali (non urbani), mentre tale esclusione non si applica ai termovalorizzatori per rifiuti urbani prevista dal PPGR e per le modifiche e gli ampliamenti agli impianti esistenti (criterio PENALIZZANTE), ovviamente fatta salva l’inesistenza di altri vincoli ostativi o vincolanti, ove valgono le relative prescrizioni o vincoli, fatta salva la compatibilità del’intervento con i caratteri paesaggistici. All’interno delle aree di pregio agricolo, in particolare le “risaie” e le precedentemente citate aree DOC e DOCG, è comunque prevista la possibilità di localizzazione di nuovi impianti di recupero di materia a basso impatto ambientale con notevoli benefici di recuperi e risorse, in coerenza con le politiche comunitarie che tendono a massimizzare il recupero. Come definito dalla L.R. 05/02/2010, n. 7 (lettera, a, comma 1, art. 28), il criterio ESCLUDENTE si applica esclusivamente alle discariche e alle precedenti aree DOC e DOCG anche alle aree loro “limitrofe”. Per aree “limitrofe”, in attesa di ulteriori specificazioni regionali di modifica e/o integrazioni alla D.G.R. 21/10/2009, n. 8/10360, può nel frattempo essere inteso il lotto “adiacente, confinante e continuo alla risaia o all’area MIPAF” come da nota interpretativa regionale. Per la verifica dello stato di fatto dell’uso del suolo, rilevabile nel Sistema Informativo Agricolo della Regione Lombardia (S.I.A.R.L.) al momento della presentazione dell’istanza, è richiesta un’autocertificazione sulla base delle risultanze presso i C.A.A. (Centri Assistenza Agricola) congiuntamente a un’adeguata documentazione fotografica che attesti l’effettivo stato dei luoghi, anche contermini.

(33*) Il criterio ESCLUDENTE vale solo per gli impianti di termovalorizzazione di rifiuti speciali. Si applica il criterio PENALIZZANTE ai termovalorizzatori per rifiuti urbani previsti dai piani provinciali e per le modifiche e gli ampliamenti di impianti esistenti, fatta salva la compatibilità dell’intervento con i caratteri paesaggistici.

(34*) I criteri definiti ESCLUDENTI nella matrice, colonna tipologia impiantistica A diventano PENALIZZANTI alle sole discariche per rifiuti inerti come definite dal D. Lgs. 36/2003 e solo al fine del riempimento a piano campagna delle depressioni relative alle cave di pianura esistenti. Il criterio resta ESCLUDENTE per le cave ad arretramento di terrazzi morfologici, balze o versanti naturali, nonché per le zone appartenenti a Rete Natura 2000. I ritombamenti di cui sopra sono consentiti solo a fronte di una complessiva riqualificazione paesaggistico/ambientale dell’area.

(35*) Si applica il criterio PENALIZZANTE solo per le attività da avviarsi all’interno di strutture esistenti da almeno 5 anni che non comportino ulteriore consumo di suolo.

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(36) Per barriera geologica naturale (argille) si intendono le seguenti situazioni: Substrato base e fianchi: per inerti: 1 metro di spessore e conducibilità idraulica <= K 1x10-7 m/s; per rifiuti non pericolosi: 1 metro di spessore e conducibilità idraulica K 1x10-9 m/s; per rifiuti pericolosi: 5 metri di spessore e conducibilità idraulica K 1x10-9 m/s

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8.3. Situazioni particolari per gli impianti esistenti ricadenti in o contornati da aree escludenti

L’applicazione dei criteri localizzativi descritti in precedenza ha permesso di individuare impianti esistenti che ricadono in aree ove per quelli nuovi o per varianti sostanziali di quelli esistenti è stata prevista l’applicazione del criterio escludente (si confronti la Fig. 10 con le Figg. 11). A tal proposito si consideri che le autorizzazioni rilasciate sostituiscono in genere visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituendo, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comportano dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori. L’impiantistica esistente risulta qundi già conforme ai criteri localizzativi adottati, ove non espressamente evidenziato. Nell’ambito dei controlli periodicamente eseguiti su tali impianti dalla struttura provinciale competente e delle verifiche effettuate a supporto del presente PPGR, pur non essendo in genere emerse particolari criticità ambientali tali da precludere la possibilità di rilascio di rinnovi oltre la data di scadenza dell’autorizzazione fino al termine della vita tecnica dell’impianto o ad esaurimento delle volumetrie autorizzate di discarica, è stato verificato un notevole sovradimensionamento della capacità impiantistica di trattamento o recupero soprattutto per talune categorie di rifiuti (in particolare i fanghi provenienti da impianti di depurazione delle acque reflue ed i solventi esausti) rispetto alle effettive necessità di autosufficienza dell’intero bacino provinciale, verificando quindi un elevatissimo inport di rifiuti da altre realtà provinciali o regionali8. Tale situazione ha generato, soprattutto in determinati settori territoriali (in particolare la Lomellina, importante comprensorio risicolo) un impatto sociale notevole connesso alla proliferazione di tali tipologie impiantistiche. In funzione di ciò ed in accordo con gli indirizzi politici si prevede, a livello di filosofia pianificatoria per la fase di attuazione del PPGR, di:

1. contrastare il fenomeno di sovrasaturazione di nuovi impianti relativi a tipologie di rifiuti che trovano già ampia possibilità di smaltimento, trattamento o recupero nell’impiantistica esistente, anche in aree penalizzanti o prive di vincoli ostativi;

2. per gli impianti esistenti già autorizzati in aree escludenti, consentire la possibilità

dell’esercizio delle operazioni di smaltimento, trattamento e recupero per la durata dell’autorizzazione, valutando, caso per caso ed in conformità alle Linee Guida regionali, la possibilità di rinnovo fino al termine della vita tecnologica dell’impianto (consentendo i soli interventi di adeguamento alle migliori tecnologie disponibili e

8 Dalle dichiarazioni MUD 2006, in Provincia di Pavia nel 2005 sono stati prodotti circa 23.000 tonnellate di fanghi da

depurazione di reflui urbani (di cui 11.000 circa conferiti in impianti extra-provinciali), a fronte di conferimenti presso impianti in Provincia di circa 281.000 tonnellate degli stessi materiali (oltre 12 volte il totale prodotto provinciale e 23 volte il quantitativo avviato a recupero in impianti provinciali), di cui 138.000 tonnellate provenienti da altre province lombarde (in ordine decrescente per quantitativi conferiti: Milano, Como, Varese, Lecco, Bergamo, Cremona, Lodi, Sondrio, Brescia e Mantova) e 131.000 da altre regioni (in ordine decrescente per quantitativi conferiti: Piemonte, Emilia Romagna, Liguria, Toscana e Veneto). Considerando anche il recupero di altri codici CER relativi a rifiuti non pericolosi di natura organica o putrescibile sempre effettuato nei 9 impianti provinciali attivi al febbraio 2007, a fronte di una capacità di recupero di 556.700 t/a, nel 2005 e 2006 sono state conferite agli impianti di recupero rispettivamente circa 432.000 e 488.000 tonnellate. La Provincia di Pavia risulta inoltre, a livello regionale e non solo, quella in cui avviene l’utilizzo in agricoltura dei maggiori quantitativi dei rifiuti non pericolosi di natura organica o putrescibile trattati (305.000 e 362.000 tonnellate circa rispettivamente nel 2005 e nel 2006; dati ufficiosi del 2007 indicano un quantitativo di circa 341.000), riscontrando anche in questo utilizzo un rilevante inport extra-provinciale (circa 41.500 tonnellate nel 2005 e 16.700 nel 2006). Anche per far fronte a tali problematiche e come già anticipato, la Provincia di Pavia ha predisposto la mappatura, in costante fase di implementazione (ultima versione: aggiornamento 2007) in relazione ai risultati di monitoraggio progressivamente acquisiti, dei terreni di pianura ai fini dell’impiego dei rifiuti nella pratica agronomica. Si ritiene che tale mappatura, ed i suoi costanti aggiornamenti, debba costituire parte integrante del presente PPGR e costituisca vincolo assoluto per l’utilizzo di tali materiali in agricoltura, ad integrazione di quanto specificato in merito dalla Regione ai sensi del comma 8, art. 8 della L.R. 12.07.2007, n. 12 (integrazione della DGR 30 dicembre 2003, n. 15944).

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modifiche quali/quantitative delle operazioni di recupero/trattamento/smaltimento effettuate) o a esaurimento delle volumetrie autorizzate di discarica;

3. prevedere, per la fase di attuazione del PPGR e a integrazione del monitoraggio

previsto dalla VAS, un aggiornamento del quadro conoscitivo sugli impianti esistenti ricadenti in o contornate da aree escludenti.

In funzione di ciò e con specifico riferimento a quanto previsto al precedente punto 3, la Provincia, entro un anno a far data dall’approvazione del PPGR, promuoverà una iniziativa di monitoraggio per verificare la situazione specifica vigente in tali situazioni potenzialmente critiche. Tale verifica non si applica agli impianti già sottoposti a procedura VIA conclusasi con il rilascio della pronuncia di compatibilità ambientale o nel caso di Autorizzazione Ambientale Integrata già rilasciata, ove si ritiene che tali aspetti siano già stati adeguatamente considerati nelle relative istruttorie. Per tutti gli impianti esistenti, autorizzati sia in procedura ordinaria che semplificata, che ricadono in o sono contornati da aree escludenti sulla base dell’applicazione dei criteri localizzativi illustrati in precedenza, la Provincia promuoverà, richiedendo a tal fine la collaborazione del titolare dell’autorizzazione o del gestore a tal fine delegato dal titolare, la redazione di un “Catasto della Valutazione delle Criticità degli Impianti di Gestione dei Rifiuti (CVCIGR)”, sulla base di un modello da compilare che sarà predisposto dal competente ufficio provinciale in funzione delle diverse tipologie impiantistiche, dati quali-quantitativi, ecc. e che sarà inviato ai titolari delle autorizzazioni - comunicazioni), che, fatto salvo quanto già previsto dalle autorizzazioni in essere: • descriva sinteticamente le caratteristiche tecniche dell’impianto;

• riassumi il quadro autorizzativo anche con riferimento all’evoluzione normativa sui rifiuti e

sulla vincolistica di pertinenza; • riferisca in merito all’adozione di sistemi di gestione ambientale (EMAS/ISO 14000); • illustri le eventuali problematiche di ordine ambientale e sociale (rapporti con la

popolazione, con l’amministrazione comunale, con le associazioni ambientaliste, ecc.) emerse durante la gestione, previa acquisizione da parte dell’Ente di relazione descrittiva da rilasciare dal Comune competente e da ARPA;

• elenchi e descriva le eventuali problematiche di ordine amministrativo, civile e penale

(diffide, sanzioni, ordinanze, condanne, ecc) conclusesi od in corso, previa acquisizione da parte dell’Ente di relazione descrittiva da rilasciare dal Comune competente e da ARPA;

• descriva e quantifichi i flussi di rifiuti con particolare riferimento all’ambito provinciale di

loro provenienza, fornendo indicazioni circa l’importanza strategica dell’impianto a livello locale, provinciale ed extra-provinciale;

• illustri l’effettiva operatività dell’impianto rispetto a quanto previsto nel progetto approvato

e nel relativo atto autorizzativo; • verifichi l’idoneità impiantistica e gestionale in relazione alle problematiche ambientali e

vincolistiche presenti, valutandone l’adeguatezza rispetto alla normativa attualmente vigente ed alle previsioni del PPGR ed individuando le eventuali opzioni migliorative, anche con riferimento alle migliori tecnologie disponibili (BAT);

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• descriva il sistema di monitoraggio ambientale esistente riassumendone i risultati confrontandoli con i relativi limiti normativi vigenti;

• valuti le pressioni ambientali prodotte in riferimento alla tipologia del/dei vincolo/i che hanno definito il criterio escludente;

• preveda l’individuazione di miglioramenti tecnologici/gestionali e di adeguate misure di

mitigazione/compensazione, eventualmente ulteriori rispetto a quelle già messe in atto, in funzione della tipologia del/dei vincolo/i che hanno definito il criterio escludente e con riferimento alle migliori tecnologie disponibili (BAT);

• indichi la vita tecnica residua dell’impianto in relazione alle attuali o prevedibili dotazioni

impiantistiche con riferimento alle migliori tecnologie disponibili (BAT), alle autorizzazioni in essere ed ai programmi di sviluppo aziendale;

• indichi le modalità di dismissione e riconversione al termine delle attività. Oltre a quanto sopra, il CVCIGR dovrà contenere tutti gli elementi necessari al fine di tale valutazione, anche assumendo come riferimento i requisiti richiesti per la relazione da redigere a supporto della verifica di esclusione dalla VIA e/o dello Studio di Incidenza sui Siti Natura 2000. Il CVCIGR andrà aggiornata ogni qual volta si verifichino situazioni che modificano il quadro disponibile, nonché all’atto della presentazioni di istanze o comunicazioni di proroghe, rinnovi o modifiche sostanziali (ove proponibili) o non sostanziali.

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8.4. Ulteriori criteri per la localizzazione di nuove discariche e per le modifiche che implichino un ulteriore consumo di suolo. Calcolo del Fattore di Pressione provinciale.

Fermo restando che la progettazione degli impianti va effettuata in base ai criteri definiti dal D. Lgs. 36/2003, vengono introdotte ulteriori condizioni finalizzate a garantire un elevato grado di protezione delle matrici ambientali, in particolar modo della risorsa idrica sotterranea (falda/e). Con riferimento ai criteri regionali, al fine di garantire la possibilità di realizzare le necessarie infrastrutture per il monitoraggio della falda acquifera (piezometri di monte e valle) nonché di intervento di emergenza (eventuali pozzi di spurgo della falda), deve essere mantenuta una distanza di rispetto tra discariche diverse di almeno 50 metri9 (misurati a bordo vasca); nel caso di falde molto profonde, in sede di VIA può essere valutata una distanza maggiore da valutarsi caso per caso, dietro puntuale valutazione delle caratteristiche idrogeologiche del terreno, dell’andamento, della portata e dell’isolamento della falda stessa. Sarebbe inoltre opportuno, con riferimento anche a quanto richiesto in merito dal citato D. Lgs. 36/2003 per il Piano di sorveglianza e controllo delle acque sotterranee (punto 5.1 in All. 2), e inoltre per garantire la sussistenza dei presupposti tecnici minimi ai fini dell’attribuzione delle eventuali responsabilità in merito al danno ambientale tra impianti limitrofi, verificare - caso per caso ed a carico dell’altro proponente del nuovo impianto di discarica prospiciente a quello già esistente – l’eventuale necessità di ampliare tale fascia di rispetto, in relazione alle specifiche caratteristiche idrogeologiche locali, da definire inequivocabilmente sulla base di indagini sito-specifiche. In particolare, anche mediante l’applicazione di idonee simulazioni di flusso idrogeologico, potranno essere definiti i seguenti parametri: idoneo interasse tra i vari piezometri di monitoraggio delle diverse discariche (sia quelli deputati alle attività periodiche di monitoraggio, sia quelli, eventuali - anche corrispondenti ai precedenti - d’emergenza per le attività di disinquinamento mediante spurgo); relative zone d’influenza nei casi di loro diversa attivazione (spurghi preliminari ai prelievi di routine; spurghi di bonifica); relative distanze minime tra i punti di monitoraggio dei singoli impianti. Tutto ciò al fine che i risultati dei monitoraggi idrogeologici ed idrochimici della falda (e delle previste attività di spurgo della stessa con funzione di contenimento delle eventuali contaminazioni verso valle) siano inequivocabilmente riferibili alle singole diverse situazioni impiantistiche, escludendo la possibilità di sovrapposizioni interpretative e/o “coni d’ombra” (assenza di zone monitorate; zone monitorate di dubbia attribuzione dei significati). In sintesi, la distanza di rispetto tra discariche diverse, definita in questa sede con puro criterio geometrico e non idrogeologico di almeno 50 metri (misurati a bordo vasca e comunque non derogabile), dovrà essere tale che non sussistano interferenze, dimostrate tecnicamente, tra i rispettivi sistemi di monitoraggio idrogeologico, idrochimico o di disinquinamento. Gli approfondimenti idrogeologici di cui sopra potranno contemplare la necessità dell’implementazione del sistema di monitoraggio idrogeologico dell’impianto preesistente, ove quest’ultimo risulti inadeguato sulla base di migliori conoscenze disponibili sull’assetto idrogeologico locale. Un simile approfondimento tecnico sarebbe inoltre opportuno per il dimensionamento del sistema di monitoraggio idrogeologico dei nuovi impianti di discarica e dei relativi ampliamenti, anche in assenza di preesistenti discariche diverse in zona (valutazione interasse piezometri ai fini della loro rappresentatività sia in fase di monitoraggio periodico sia di eventuale spurgo; proposta progettuale di distanza di rispetto da terzi impianti). Tutto

9 Non vale per gli ampliamenti di discariche dello stesso soggetto.

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ciò in considerazione del fatto che, sia in fase di spurghi preliminari ai periodici prelievi dai piezometri (in genere di durata e con portate ridotte) e/o in fase di spurgo di bonifica (invece in genere di durata e con portate anche ben superiori), si possono creare zone d’influenza (“coni di depressione”) anche lateralmente ed a valle sotto il profilo idrogeologico, che potrebbero drenare anche acque sotterranee sottese ad altre limitrofe discariche o ad altre situazioni comunque potenzialmente impattanti sulla qualità delle acque sotterranee (fuorviando così l’interpretazione dei dati idrogeologici ed idrochimici del monitoraggio), oppure non opportunamente drenare l’intera area da monitorare o da bonificare (presenza di “zone d’ombra”), rendendo parzialmente rappresentativa o efficace l’attività di monitoraggio o bonifica svolta. Storicamente, la localizzazione di impianti a discarica è avvenuta in considerazione di tre parametri morfologico ambientali e territoriali, quali: - presenza di cavità residuale da attività estrattiva; - caratteristiche strutturali del sottosuolo; - caratteristiche della falda confinata o profonda. In forza di queste caratteristiche, negli anni passati determinate zone del territorio lombardo sono state scelte per la localizzazione di impianti a discarica; ad oggi, però, si rende opportuno porre un freno alla tendenziale “sovrasaturazione” di alcune di queste aree, favorendo una re-distribuzione della pressione ambientale all’interno del territorio lombardo. Se da un lato è stato possibile individuare una distanza minima tra gli impianti tale per cui vi sia la possibilità di espletare verifiche tecniche adeguate (vedi sopra), al contrario poiché ad oggi non si conosce l’effettiva superficie territoriale utilizzata da questa tipologia di smaltimento (comprensiva delle discariche pre/norma) risulta impossibile stabilire a priori una densità massima di impianti a discarica sul territorio, come proposto dalla L. R. 12/2007. Per poterla individuare, la Regione intende, con la collaborazione delle Province: - calcolare un Fattore di Pressione provinciale (FPp = mq di suolo occupato da

discariche10/mq territorio provinciale non urbanizzato/agricolo generico e non soggetto a vincoli di esclusione);

- calcolare un Fattore di Pressione medio regionale (Fpmr = mq di suolo occupato da discariche/mq territorio regionale non urbanizzato/agricolo generico e non soggetto a vincoli di esclusione).

Quest’operazione sarà effettuata dalla Regione in seguito all’inoltro di tutti i Piani Provinciali di gestione dei rifiuti. Una volta conseguiti tutti i fattori di pressione ed effettuati i calcoli, la Regione stabilirà quali Province presenteranno un fattore di pressione elevato (superando l’FPmr) che, negli anni successivi, saranno oggetto ad una limitazione nell’incremento del FPp. Sulla base della cartografia prodotta in sede di applicazione dei criteri di localizzazione per la tipologia impiantistica A (discariche, vedi Fig. 11A), il Fattore di Pressione provinciale FPp risulta pari a 0,0007811. Di seguito si riportano tutti i dati considerati nel calcolo, onde consentire alla Regione un calcolo del FPmr pesato.

10 Il calcolo proposto non conteggerà le discariche di inerti in quanto, le stesse, implicano un basso impatto ambientale e

vengono realizzate con finalità di recupero ambientale o riempimento a piano campagna, a differenza di quello che avviene per le altre tipologie di discariche, finalizzate allo smaltimento fine a se stesso.

11 In tale conteggio non sono state considerate come escludenti assolute, in quanto solo potenzialmente tali (vedi nota 1 nella matrice), le Catagorie agricole 1. Considerando queste ultime nel conteggio di aree escludenti, FPp quasi circa raddoppia, arrivando al valore di 0,00137. Si riporta questo ulteriore dato in quanto le direttive regionali non risultano particolarmente chiarire per tale calcolo, anche se la modalità di sua determinazione adottata nel PPGR approvato con DGR 10483/2009 non ha subito osservazioni dalla DGR 10101/2009. La disponibilità di dati su SIT disaggregati potrà comunque consentire velocemente ogni ricalcolo o aggiornamento.

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In relazione alla conformazione territoriale in cui è possibile suddividere l’intero territorio provinciale, è possibile considerare i diversi contributi forniti dalle diverse unità territoriali al complessivo FPp. Con riferimento alla Fig. 11 (A), ai fini del computo non sono state considerate le aree che, a seguito dell’applicazione dei criteri localizzativi a livello di macro-localizzazione, non possono assolutamente essere utilizzate come siti di discarica (ad esclusione di quelle per inerti); non è stato ovviamente possibile considerare l’incidenza delle aree suscettibili di valutazioni diverse in fase di micro-localizzazione. Per le discariche considerate si rimanda a quanto specificato in precedenza in merito alla distanza minima da discariche esistenti, come anche descritto di seguito. Non sono state considerate le discariche in fase di istruttoria. Nell’ambito della gestione informatizzata dei dati sul SIT appositamente prodotto, le modalità di definizione dei fattori che contribuiscono al calcolo del Fattore di Pressione sono i seguenti:

- superfici discariche: per i temi poligonali delle discariche, è stato effettuata un'unione dei due temi prodotti (discariche attive e dismesse, discariche pre 1982) ottenendo un unico tema nei cui attributi sono contenute le informazioni di superficie delle singole discariche. Questo tema è stato poi intersecato con il tema (precedentemente prodotto) della provincia suddivisa nelle 5 Unità Territoriali (U.T.;

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vedi Fig. 1) così da ottenere negli attributi del tema delle discariche, per ogni discarica, anche l'appartenenza alla rispettiva U.T.;

- superficie non escludente: si sono fusi (merge) i record dei singoli temi appartenenti alle categorie assolutamente escludenti per nuovi impianti di discarica (ad esclusione di quelle per inerti) sulla base dei dati attualmente disponibili per la fase di macro-localizzazione, anche se sempre da riverificare in sede di micro-localizzazione. I temi così ottenuti, tutti contenenti, quindi, un unico record, sono stati uniti (union) a formare un unico tema "aree escludenti" per la Provincia di Pavia. Ancora, per il tema ottenuto, si è proceduto a fondere (merge) i vari record così da avere un solo poligono. Questo tema è stato unito (union) al tema precedentemente prodotto dall'unione delle aree urbanizzate (come da dati DUSAF, considerate escludenti a priori) e delle aree idriche (da CT10 RL). Anche in questo caso si è proceduto a fondere tutti i record in un unico poligono;

- il tema ottenuto, frutto dell'unione tra tutte le aree escludenti e le aree urbanizzate e le aree idriche è stato sottratto (erase) dal tema della Provincia suddiviso nelle 5 U.T.;

- il tema ottenuto rappresenta le aree non escludenti della Provincia, suddivise per U.T.;

- tutti i temi sono stati tagliati (clip) con il tema della Provincia, così da escludere le porzioni di poligoni esterne alla stessa.

Disaggregando il FPp per le diverse Unità Territoriali in cui è suddivisibile la Provincia (vedi Fig. 1), si calcolano i seguenti FPut (Fattori di Pressione per unità territoriale).

UNITÀ TERRITORIALE

(U.T.)

SUPERFICIE COMPLESSIVA

UNITÀ TERRITORIALE

(MQ)

DISCARICHE PRESENTI

(n) (*)

SUPERFICIE DISCARICHE

(MQ)

SUPERFICIE AREE NON

ESCLUDENTI PER NUOVI

IMPIANTI (MQ)

% AREE NON

ESCLUDENTI /

SUP. U.T

FPut

Pianura lomellina 1.263.623.104 4 (A=2; C=2) 347.580 488.728.107 39 0,00071 Pianura pavese 612.932.075 4 (A=2; C=2) 352.922 407.541.786 66 0,00087 Pianura Oltrepò 384.420.389 4 (A=0; C=4) 502.848 234.182.796 61 0,00215 Collina 398.077.893 0 0 269.863.185 68 0,00000 Montagna e alta valle 312.608.833 0 0 140.115.134 45 0,00000 FPp Totale Provincia 2.971.662.294 12 (A=4; C=8) 1.203.350 1.540.431.007 52 0,00078 (*) A = attiva C = chiusa Da tale disaggregazione si evidenzia quanto segue:

- le unità territoriali con discariche attive presenti (2 in Lomellina, entrambe per rifiuti speciali, e 2 nel Pavese, peraltro concentrate all’interno dell’unico impianto integrato di Corteolona) evidenziano un valore di FPut rispettivamente dell’ordine dello 0,0007 – 0,0009, con % di aree non assolutamente escludenti rispetto alle relative intere superfici territoriali rispettivamente dell’ordine del 39% (Pianura lomellina) e 66% (Pianura Pavese);

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- per l’ulteriore unità territoriale con discariche presenti (tutte dismesse), e cioè la Pianura dell’Oltrepò, si calcola invece un FPut superiore (più che doppio) rispetto al precedente e dell’ordine dello 0,002, con % di aree non escludenti rispetto all’intera superficie territoriale pari al 61%, valore di poco inferiore rispetto a quello con quello calcolato per la Pianura pavese. È in ogni caso da segnalare che questa U.T. è contraddistinta in genere da una favorevole situazione litostratigrafica ed idrogeologica (presenza di un potente orizzonte superficiale argilloso, sovente utilizzato a fini estrattivi), idonea alla realizzazione di nuovi impianti di discarica e/o a recuperi ambientali ex art. 5, D.M. 5/2/1998 e s.m.i.;

- per ciò che riguarda infine l’ambito collinare e montano, il FPut risulta pari a zero per

l’assenza di discariche; le percentuali di aree non escludenti rispetto alle relative intere superfici territoriali risultano rispettivamente del 68 e 45 %), con il valore massimo assoluto per unità territoriale calcolato per l’ambito collinare, di poco superiore a quello della pianura pavese; le peculiarità ambientali, agricole, turistiche, ecc. di tali unità territoriali, insieme alla non baricentricità rispetto alle aree di maggior produzione di rifiuti e alla scarsa dotazione di infrastrutture viabilistiche, sono tutti elementi che portano tuttavia a considerare queste aree come sostanzialmente non idonee alla realizzazione di nuove discariche, se non connesse a particolari criticità locali.

I criteri definiti ESCLUDENTI nella matrice, colonna tipologia impiantistica A, diventano PENALIZZANTI alle sole discariche per rifiuti inerti come definite dal D. Lgs. 36/2003 e solo al fine del riempimento a piano campagna delle depressioni relative alle cave di pianura esistenti. Il criterio resta ESCLUDENTE per le cave ad arretramento di terrazzi morfologici, balze o versanti naturali, nonché per le zone appartenenti a Rete Natura 2000. I ritombamenti di cui sopra sono consentiti solo a fronte di una complessiva riqualificazione paesaggistico/ambientale dell’area. Per le discariche di inerti all’interno del PLVT, ove realizzabili, valgono anche le specifiche norme dettate dall’art. 25.10 delle NTA del PTCPT. Per ciò che riguarda in specifico i recuperi ambientali ex art. 5, D.M. 5/2/1998 e s.m.i., attività peraltro esclusa dall’applicazione dei presenti criteri, trattandosi di situazioni confrontabili con le discariche di inerti, la presenza di aree degradate (da attività estrattiva, da contaminazioni, ecc., purchè non siti a elevato contenuto naturalistico come da PTCP o interessati da altri vincoli escludentin assoluti) è elemento da considerare come fattore preferenziale, in quanto situazione tale da apportare elementi positivi nel bilancio ambientale complessivo nel caso di un intervento di ritombamento della cavità pregressa con materiali idonei e successivo recupero ambientale, contemplando ridotti impatti, comunque mitigabili e/o compensabili, in ogni caso temporanei e reversibili in fase di cantiere e gestione, ma prevedendo un miglioramento complessivo a lungo termine. Si possono citare, a titolo esemplificativo, i casi di cave dismesse e ricettacolo di abbandono incontrollato di rifiuti, con barriera geologica naturale idonea o resa tale, che ricadono, seppur anche schermate da abitati o altre barriere, all’interno di Siti Natura 2000 (caso peraltro già considerato dal D.M. 17/10/2007, art. 5) o ricadenti in fasce di rispetto, ove tali interventi, anche integrati con attività di bonifica o rimozione dei rifiuti già dolosamente scaricati, migliorerebbero le condizioni al contorno per la fruizione del bene. In tali casi risulta ovvia la preferenzialità di un intervento di recupero di situazioni di degrado esistenti. Tale fattore preferenziale è da valutare ulteriormente in modo positivo nel caso di presenza congiunta di recupero di aree degradate e di utilizzo come idoneo (chimicamente e sotto il profilo geotecnico) materiale da costruzione di rifiuti inerti (o resi tali tramite opportuni trattamenti) provenienti da attività di recupero, per consentire il futuro utilizzo dell’area

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degradata secondo le previsioni degli strumenti urbanistici o di progetti di opere pubbliche o di interesse pubblico insistenti sul sito. È quindi da prevedere l’incentivo, ricorrendo anche al recepimento del criterio già enunciato nei capitolati per la realizzazione di opere stradali (quali ad esempio i rilevati, i sottofondi stradali, ecc.), il recupero di idonei materiali, quali le scorie/ceneri pesanti derivanti dalla termovalorizzazione dei rifiuti, se prettrattate opportunamente affinchè il materiale sia conforme a tutte le norme ambientali e tecnico-costruttive di settore per l'uso specifico. Tale indirizzo contribuisce infatti al raggiungimento degli obiettivi fissati dalla Legge Regionale 12 dicembre 2003, n. 26 - art. 23 "Obbiettivi di riciclo e recupero" - comma 1 lettera c) che cita "entro il 2010: recupero dei residui prodotti dall'incenerimento o dall'utilizzo dei rifiuti come mezzo di produzione di energia per una percentuale pari ad almeno il 60%."

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8.5. Ulteriori criteri per la localizzazione di nuovi impianti per la termovalorizzazione dei rifiuti (urbani e speciali pericolosi e non pericolosi) e per le modifiche che implichino un ulteriore consumo di suolo D10, R1.

Per impianto di termovalorizzazione di rifiuti urbani e speciali si intende: - impianti di incenerimento e/o di combustione e/o co-combustione, anche basati su

tecnologie pirolitiche e/o di gassificazione, dedicati al trattamento di rifiuti; - impianti di combustione dedicati al trattamento di c.d.r. (combustibile derivato da rifiuti).

Tali infrastrutture devono: - essere progettate con la miglior tecnologia disponibile, sia in termini di efficienza nel

trattamento termico sia in termini di qualità e quantità delle emissioni; - essere correttamente dimensionate, al fine di garantire efficienza ed economicità di

gestione; - far seguito ad uno Studio di impatto ambientale (che comprenda adeguate analisi di

rischio per la popolazione e per l’ambiente); - essere dotate di idonei sistemi di controllo e monitoraggio.

L’impatto ambientale da emissioni aeriformi può essere particolarmente sensibile per gli impianti di trattamento termico, i quali possono produrre emissioni in atmosfera tali da interessare porzioni consistenti di territorio. Gli effetti possono variare in funzione della tecnologia adottata, delle modalità gestionali dell’impianto e delle condizioni atmosferiche. In dipendenza dalle diverse condizioni meteorologiche locali possibili e delle condizioni di esercizio, l’area interessata dalle ricadute delle emissioni di un impianto può cambiare e variare notevolmente in estensione. Pertanto, anche nelle aree giudicate idonee, un criterio per il giudizio di inidoneità può essere individuato in funzione dei seguenti elementi: - la direzione e la velocità dei venti predominanti; - le caratteristiche meteorologiche incidenti sulla zona; - l'altezza del camino; - il tipo e la quantità dell'emissione; - la presenza di bersagli particolarmente sensibili.

La scelta finale dell'ubicazione dell'impianto deve quindi avvenire successivamente alla fase di pianificazione provinciale (individuazione macroaree potenzialmente idonee) in base alle valutazioni da effettuarsi sulle diverse alternative di localizzazione. L'impianto dovrà comunque essere localizzato ad una distanza minima di sicurezza dai vicini centri abitati, la cui determinazione farà seguito ad uno studio di approfondimento sulle condizioni climatiche locali, considerando gli aspetti sopra elencati. La localizzazione definitiva dovrà garantire una ricaduta minima di sostanze nocive al suolo, nel rispetto del D. Lgs. 133/2005 e del D. Lgs. 152/06.

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8.6. Significato delle sigle non di uso comune richiamate nella trattazione degli aspetti localizzativi

ATE Ambito Territoriale Estrattivo del Piano Cave Provinciale ATO Ambito Territoriale Ottimale CDR Combustibile da rifiuti CER Catalogo europeo dei rifiuti CTR Carta Tecnica Regionale in scala 1/10.000 CT10 Vettorializzazione della CTR DOC Denominazione d’Origine Controllata DOGC Denominazione d’Origine Garantita e Controllata DOP Denominazione d’Origine Protetta DUSAF SIT del Progetto Regionale “Destinazione d’Uso dei Suoli Agricoli e Forestali” ENAC Ente Nazionale per l’Aviazione Civile ERSAF Ente Regionale per lo Sviluppo Agricolo e Forestale IC Zone di Iniziativa Comunale nel Parco Lombardo della Valle del Ticino IGM Istituto Geografico Militare IGP Indicazione Geografica Protetta IGT Indicazione Geografica Tipica MISURC Mosaico Informatizzato degli Strumenti Urbanistici Comunali NTA Norme Tecniche di Attuazione PAI Piano per l’Assetto Idrogeologico dell’Autorità di Bacino del Fiume Po PCP Piano Cave Provinciale PFV Piano Faunistico Venatorio Provinciale PGT Piano di Governo del Territorio PIF Piano di Indirizzo Forestale Provinciale PLIS Parchi Locali di Interesse Sovracomunale PLVT Parco Lombardo della Valle del Ticino PPGR Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti PRG Piano Regolatore Generale comunale PRGR Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti PRQA Piano Regionale Qualità dell’Aria PSFF Piano Stralcio Fasce Fluviali dell’Autorità di Bacino del Fiume Po PTCP Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale PTCPT Piano Territoriale di Coordinamento del Parco Lombardo della Valle del Ticino PTPR Piano Territoriale Paesistico Regionale PTUA Piano di Tutela e di Utilizzo delle Acque Regionale RAEE Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche RG Regio Decreto RSU Rifiuti Solidi Urbani SIBA Sistema Informativo Beni Ambientali della Regione Lombardia SIC Siti di Importanza Comunitaria SIRBEC Sistema Informativo Regionale Beni Culturali SIT Sistema Informativo Territoriale SITIDA Sistema Informativo Territoriale Integrato Divisione Ambiente Provincia di Pavia s.m.i. successive modifiche e/o intergrazioni TU Testo Unico VAS Valutazione Ambientale Strategica VIA Valutazione d’Impatto Ambientale ZPS Zone di Protezione Speciale