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Novembre 2006
III lll SSSiiinnndddaaacccooo::: FFFlllaaavvviiiooo BBBooonnnooommmeeetttttt iii
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111 IIILLL “““SSSIIISSSTTTEEEMMMAAA””” PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE::: AAAMMMBBBIIITTTOOO NNNOOORRRMMMAAATTTIIIVVVOOO
11..11 PPRREEMMEESSSSAA
La legge 225/92 all’articolo 6 dice chiaramente “…omissis….all’attuazione delle
attività di protezione civile provvedono, secondo i rispettivi ordinamenti e le
competenze, le Amministrazioni dello Stato, le Regioni, le Province, i Comuni e le
Comunità Montane, ….omissis….”.
Fare protezione civile in un Comune non significa però solo garantire un tempestivo
intervento a difesa dei propri cittadini in occasione di un’emergenza, ma è garantire
anche un servizio indispensabile, da or
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
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ganizzare a cura degli Enti Locali e da erogare giornalmente all’utenza, senza soluzioni
di continuità, in modo omogeneo e diffuso sul territorio comunale e senza
condizionamenti di tipo sociale, economico o sindacale.
Con il Decreto Legislativo 31/3/98, n. 112 art. 108 “Legge Bassanini”, si dettagliano in
modo inequivocabile le funzioni stabilmente assegnate agli Enti Locali in materia di
Protezione Civile, sottintendendo davvero l’obbligo per gli Enti e per gli Organi di
provvedere alle necessarie attività. Tra queste emerge in tutta la importanza
l’individuazione del Comune come luogo di attuazione delle attività di prevenzione,
previsione e gestione degli interventi.
Dal punto di vista pratico vengono conferiti ai Comuni compiti inerenti l’adozione di
provvedimenti di primo soccorso, la predisposizione dei piani di emergenza,
l’attivazione degli interventi urgenti, l’utilizzo dei volontari e la vigilanza sulle strutture
locali di protezione civile.
11..11..11 IILL SSIINNDDAACCOO
Spesso il ruolo e la figura del Sindaco vengono sottovalutati all’interno del sistema di
protezione civile e solo negli ultimi anni ha ricevuto attenzione normativa e
approfondimento tecnico-giuridico in riferimento ai compiti di protezione civile.
La normativa esistente colloca questa figura al centro del complesso ed articolato
sistema della protezione civile. Infatti quello del Sindaco è il ruolo più delicato e
fondamentale nel complesso ed articolato sistema dei soccorsi, ruolo che discende dalle
enormi potenzialità che un pubblico amministratore esprime nell’assorbire,
ammortizzare o canalizzare nel modo giusto le tensioni, i bisogni, le aspettative delle
persone assistite.
Il Sindaco nel tempo ordinario garantirà le normali attività di prevenzione e previsione
utilizzando l’apposita struttura comunale, prevista dalla legislazione vigente a carattere
nazionale e regionale, curando particolarmente l’aspetto della pianificazione e del suo
puntuale aggiornamento.
In condizioni di emergenza invece provvederà invece:
a) in qualità di Capo dell’Amministrazione a dirigere e coordinare le prime operazioni
di soccorso, nonché la preparazione dell’emergenza, a tenere informati la
popolazione e gli altri organi istituzionali; ad impegnare ed ordinare spese per
interventi urgenti secondo le procedure di legge, utilizzando se del caso mezzi e
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
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maestranze comunali e ogni altra risorsa per l’organizzazione dell’emergenza
nell’ambito della normativa amministrativa speciale esistente e a disposizione per le
fattispecie (ordinanze con tingibili e d urgenti, verbali di somma urgenza,
deliberazioni in sanatori, liquidazioni di fatture senza impegno di spesa, ecc..).
b) in qualità di Ufficiale di Governo ad adottare, se del caso, tutti i provvedimenti di
carattere contingibile ed urgente che si rendano necessari per garantire la tutela
della sicurezza e dell’incolumità pubblica, anche ai sensi della legislazione speciale
vigente per le singole materie. Fonte: “DPC Informa: “Ruolo e Funzioni del Comune e del Sindaco in Protezione Civile”.
Fonte: Sito Internet Dipartimento della Protezione Civile www.protezionecivile.it
11..22 LLAA PPRROOTTEEZZIIOONNEE CCIIVVIILLEE NNAAZZIIOONNAALLEE
Con “protezione civile” si intendono tutte le strutture e le attività messe in campo dallo
Stato per tutelare l’integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l’ambiente dai danni o
dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi
calamitosi.
Con la legge del 24 febbraio 1992, n. 225 l’Italia ha organizzato la protezione civile
come “Servizio nazionale”, coordinato dal Presidente del Consiglio dei Ministri e
composto, come dice il primo articolo della legge, dalle amministrazioni dello Stato,
centrali e periferiche, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dagli enti pubblici
nazionali e territoriali e da ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata
presente sul territorio nazionale. Al coordinamento del Servizio nazionale ed alla
promozione delle attività di protezione civile, provvede il Presidente del Consiglio dei
Ministri attraverso il Dipartimento della Protezione civile.
In Italia la Protezione Civile dal punto di vista dell’ordinamento amministrativo sta
operando un processo di riforma orientato ad aumentare il peso, le competenze e le
responsabilità delle istituzioni regionali e locali. Questo in quanto il contesto territoriale
italiano presenta una gamma di rischi di calamità e catastrofi sconosciuta negli altri
paesi europei. Infatti quasi ogni area del paese risulta interessata dalla probabilità di
qualche tipo di rischio e ciò rende necessario un sistema di protezione civile che assicuri
in ogni area la presenza di risorse umane, mezzi, capacità operative e decisionali in
grado di intervenire in tempi brevissimi in caso di calamità, ma anche di operare con
continuità per prevenire e, per quanto possibile, prevedere i disastri.
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
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Per tal motivo il sistema che si è andato costruendo è basato sul principio della
sussidiarietà.
Il primo responsabile della protezione civile in ogni Comune è il Sindaco, che
organizza le risorse comunali secondo piani prestabiliti per fronteggiare i rischi specifici
del suo territorio.
Al verificarsi dell’emergenza nell’ambito del territorio comunale, il Sindaco assume la
direzione ed il coordinamento dei servizi di soccorso e di assistenza alle popolazioni
colpite e provvede agli interventi necessari dandone immediata comunicazione al
Prefetto, alla Provincia ed al Presidente della Giunta Regionale.
Se le risorse locali ed i mezzi a disposizione del Comune non fossero sufficienti a far
fronte all’evento calamitoso, si mobilitano immediatamente i livelli provinciali,
regionali e, nelle situazioni più gravi, anche il livello nazionale, integrando le forze
disponibili in loco con gli uomini e i mezzi necessari.
Quindi il Sindaco si limita a sovrintendere al lavoro dei dipendenti ed in generale a
tutte le attività che oggi sono fondamentalmente assegnate alla struttura comunale ed ai
responsabili dei servizi. Adotta invece (prendendosene in carico tutta la
responsabilità civile e penale senza possibilità – se non parziale – di trasferirla su
altri soggetti), i provvedimenti contingibili ed urgenti necessari a tutelare l’incolumità
dei cittadini.
La protezione civile si avvale di tutti i Corpi organizzati dello Stato, a partire dal Corpo
Nazionale dei Vigili del Fuoco, che per la sua specifica preparazione costituisce una
componente indispensabile in ogni intervento. Grande affidabilità in tutte le emergenze
assicurano le Forze dell’ordine, gli uomini delle Forze Armate, il personale del Corpo
forestale dello Stato, della Guardia di Finanza, della Croce Rossa Italiana.
Ma è soprattutto sul volontariato che sempre più la protezione civile italiana può fare
affidamento.
In caso di emergenza, come in tempo di pace, devono essere identificate le autorità che
si assumeranno la direzione delle operazioni: è infatti evidente che una situazione di
emergenza richiede in primo luogo che sia chiaro chi decide, chi sceglie, chi si assume
la responsabilità degli interventi da mettere in atto. Nei casi di emergenza nazionale
questo ruolo compete al Dipartimento della Protezione Civile, mentre la responsabilità
politica è assunta direttamente dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
777---111000666
Fonte: Sito Internet Dipartimento della Protezione Civile www.protezionecivile.it
11..33 NNOORRMMAATTIIVVAA VVIIGGEENNTTEE CCHHEE RREEGGOOLLAA IILL RRUUOOLLOO EE LLEE FFUUNNZZIIOONNII DDEELL
SSIINNDDAACCOO EE DDEELL CCOOMMUUNNEE IINN MMAATTEERRIIAA DDII PPRROOTTEEZZIIOONNEE CCIIVVIILLEE..
� Legge 8 dicembre 1970, n. 996: “Norme sul soccorso e l’assistenza alle
popolazioni colpite da calamità – protezione civile”.
� Legge 24 febbraio 1992, n. 225: “Istituzione del Servizio Nazionale della
Protezione Civile”. All’art. 15 definisce le competenze del Comune e le
attribuzioni del Sindaco; precisamente definisce il Sindaco come “Autorità
comunale di protezione civile” e sottolinea che ciascuna amministrazione locale
ha facoltà di dotarsi di una struttura di protezione civile.
� Decreto Legislativo n. 112/1998 (Legge Bassanini): con questa legge si
dettagliano in modo inequivocabile le funzioni assegnate agli enti locali, tra le
quali emerge soprattutto l’individuazione del Comune come luogo di attuazione
delle attività di previsione, prevenzione e gestione degli interventi, nonché
compiti relativi l’adozione di provvedimenti di primo soccorso, predisposizione
dei piani di emergenza, attivazione degli interventi urgenti, utilizzo dei volontari
e la vigilanza sulle strutture locali di protezione civile.
� Legge 3 agosto 1999, n. 265: “Disposizioni in materia di autonomia e
ordinamento degli enti locali, nonché modifiche alle legge 8 giungo 1990, n.
142”.
� Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267: “Testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali”. L’art. 54 comma 2 stabilisce che il Sindaco,
in qualità di Ufficiale del Governo, ha la facoltà di “adottare, con atto motivato
e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, provvedimenti
con tingibili ed urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che
minacciano l’incolumità dei cittadini; per l’esecuzione dei relativi ordini può
chiedere al Prefetto, ove occorra, l’assistenza della forza pubblica”.
� Decreto del Presidente della Repubblica n. 194/2001: “Regolamento recante
nuova disciplina della partecipazione delle organizzazioni di volontariato alle
attività di protezione civile;
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
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� Legge n. 401/2001: sulla base del Decreto Legislativo 343 del 7 settembre 2001,
convertito nella Legge n. 401 del 9 novembre 2001, tutti i poteri di gestione del
Servizio Nazionale di Protezione Civile sono stati assegnati al Presidente del
Consiglio e per delega di quest’ultimo, al Ministro dell’Interno e di conseguenza
al Dipartimento Nazionale di Protezione Civile.
La norme regionali che riguardano il ruolo e le competenze del Sindaco in materia di
protezione civile sono di seguito elencate:
� Legge Regionale 16 aprile 1998 n. 17: al capo II, articolo 7 (modifiche della legge
regionale 27 novembre 1984 n. 58 “Disciplina degli interventi regionali in
materia di protezione civile”, si dettagliano in modo inequivocabile le funzioni
assegnate ai Comuni relative a:
ooo redazione della carta del territorio comunale, con l’indicazione delle
aree esposte a rischi potenziali e di quelle utilizzabili, in caso di
emergenza, a scopo di riparo e protezione.
ooo predisposizione dei piani comunali di pronto intervento e di soccorso, in
relazione ai rischi possibili.
ooo organizzazione dei propri servizi, per la trasmissione dei dati interessanti
la protezione civile, nonché quelli di emergenza.
��� Legge Regionale 13 aprile 2001 n. 11: al capo VIII, articolo 109 “Conferimento di
funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112”, sono definiti precisi compiti al Comune e
precisamente:
ooo ad istituire nell’ambito della propria organizzazione tecnico-
amministrativa, anche previo accordo con comuni limitrofi soggetti ad
analoghi scenari di rischio e le province interessate, una specifica
struttura di protezione civile che coordini, in ambito comunale, le risorse
strumentali e umane disponibili.
ooo agli interventi necessari per favorire il ritorno alle normali condizioni di
vita, in caso di eventi calamitosi in ambito comunale.
ooo ad incentivare e sostenere la costituzione di gruppi comunali di
volontariato di protezione civile, al fine di migliorare lo standard
qualitativo degli interventi in caso di emergenza locale, nonché di
concorrere efficacemente alle emergenze di entità superiore.
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Si riportano inoltre alcune delle più recenti leggi emanate dalla Regione Veneto in
materia di protezione civile:
��� D.G.R. 01 febbraio 2002, n. 144: “Linee guida per la predisposizione dei piani di
Emergenza di Protezione Civile”.
��� D.G.R. 10 marzo 2003, n. 573: “Linee guida per la Pianificazione comunale di
Protezione Civile con riferimento alla gestione dell’emergenza”.
��� D.G.R. 08 agosto 2003, n. 2516: “Decentramento alle Province dell’Albo dei
Gruppi volontari di Protezione Civile. Criteri e procedure”.
��� D.G.R. 10 dicembre 2004, n. 3490: “Protezione Civile. Criteri e direttive per la
programmazione delle esercitazioni e delle simulazioni di emergenza che si
svolgono sul territorio regionale”.
��� D.G.R. 22 dicembre 2004, n. 4148 “Linee guida per la standardizzazione dei
dispositivi di protezione individuale per gli interventi di spegnimento degli
incendi boschivi”.
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
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11..44 CCLLAASSSSIIFFIICCAAZZIIOONNEE DDEEGGLLII EEVVEENNTTII
Il Dipartimento Nazionale di Protezione Civile ha un ruolo primario per la gestione
delle emergenze nazionali, ovvero per gli eventi denominati di tipo “c1“, ma non solo.
Infatti, può essere attivato dal Prefetto, dal Presidente della Provincia e dalla Regione
per le emergenze definite di tipo “b”, cioè di livello provinciale2 e in casi particolari
anche per gli eventi di tipo “a”, cioè di livello locale.
In tale contesto il Prefetto, in ambito Provinciale, rappresenta la figura istituzionale di
riferimento del sistema operativo della Protezione Civile, unitamente alle Province e
alle Regioni, istituzioni a cui la legislazione attribuisce un ruolo determinante della
gestione degli eventi, con grande autonomia d’intervento.
Nel contesto normativo in questione la Provincia assume sempre maggiore importanza
nel quadro di riferimento istituzionale, in relazione ai livelli di competenza trasferiti
dalla vigente legislazione, sia in emergenza, sia nelle fasi di pianificazione preventiva e
successiva all’evento.
In ambito comunale il Sindaco è la figura istituzionale principale della catena operativa
della Protezione Civile, dall’assunzione delle responsabilità connesse alle incombenze
di Protezione Civile, all’organizzazione preventiva delle attività di controllo e di
monitoraggio, fino all’adozione dei provvedimenti d’emergenza indirizzati soprattutto
alla salvaguardia della vita umana. Fonte: Sito Internet Dipartimento della Protezione Civile www.protezionecivile.it
1 Secondo l’art. 2 della Legge 225/1992, gli eventi possono essere classificati secondo tre tipologie: a) eventi naturali o connessi con l’attività dell’uomo che possono essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria; b) eventi naturali o connessi con l’attività dell’uomo che per loro natura ed estensione comportano l’intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria. c) calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari. 2 le emergenze di tipo b possono essere suddivise in b1 - emergenze di livello intercomunale/provinciale e b2 – emergenze di livello regionale.
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
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222 AAAMMMBBBIIITTTOOO FFFIIISSSIIICCCOOO EEE TTTEEERRRRRRIIITTTOOORRRIIIAAALLLEEE
Il Comune di Sona confina con i Comuni di Peschiera del Garda, Valeggio sul Mincio,
Bussolengo e Verona.
Ha una superficie di 41,12 Kmq ed è formato da 4 frazioni abitative:
⇒ Sona
⇒ Lugagnano
⇒ Palazzolo
⇒ S. Giorgio in Salici
La popolazione residente è di 15.020 unità così ripartita fra le varie frazioni:
Tabella 1: popolazione3 residente nelle diverse frazioni del Comune di Sona
Frazione Abitanti Famiglie
Sona 2.835 1.071
Lugagnano 7.740 2.954
Palazzolo 2.775 1.082
S. Giorgio in Salici 2.256 875
Sona è raggiungibile dalle seguenti arterie stradali:
• Statale 11 Verona - Peschiera: indicazione “Sona”;
• Autostrada A4 Milano - Venezia, uscita casello di Sommacampagna;
• Autostrada A22 del Brennero, uscita casello di Verona Nord.
Il territorio è attraversato inoltre dal tracciato ferroviario della MI-VE ed è interessato
dalla realizzazione della nuova dorsale ferroviaria AC4 ed AV
Fonte Sito Internet Comune di Sona http://www.comune.sona.vr.it/
3 Rilevamento Anagrafe 9/2006 4 Alta Capacità e Alta Velocità
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
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22..11 GGEEOOLLOOGGIIAA EEDD IIDDRROOLLOOGGIIAA
22..11..11 GGEEOOMMOORRFFOOLLOOGGIIAA EE GGEEOOLLOOGGIIAA
Il territorio del Comune di Sona è ubicato nell’alta Pianura Veronese al margine sud-
orientale dell’anfiteatro morenico del Garda. Da un punto di vista geomorfologico e
geologico, l’alta Pianura Veronese può suddividersi in diverse unità geneticamente
legate alla storia geologica del fiume Adige, da cui traggono origine e di cui ne hanno
registrato, più o meno marcatamente, le varie fasi erosive e sedimentarie.
Pertanto si evidenziano quattro tipologie territoriali che si succedono da est verso ovest
distinguendosi in:
• pianura fluvioglaciale ed alluvionale facente parte della conoide dell’Adige,
costituita da una zona pianeggiante con quote comprese tra i 153 e 85 m s.l.m. e
pendenze degradanti verso sud-est che non superano l’1% di acclività.
Numerose sono le tracce di paleoalvei a testimonianza dell’intensa attività idrica
di scorrimento. L’area, sede degli insediamenti urbani, artigianali e commerciali
di maggiori dimensioni, dal punto di vista geologico si caratterizza per la
presenza di depositi fluvioglaciali ed alluvionali di epoca Pleistocenica (Riss) a
carattere prevalentemente ghiaiso con alterazioni argillose.
• area pedecollinare, che costituisce il raccordo tra i rilievi morenici e la pianura
fluvioglaciale ed alluvionale con quote comprese tra 105 e 160 m s.l.m. e
pendenze dell’ordine del 1-2%.
• rilievo collinare dell’anfiteatro morenico del Garda, rappresenta la porzione
più estesa del territorio comunale di Sona; si caratterizza per la presenza di
cordoni morenici a fianchi generalmente acclivi e sommità cupoliformi che
ripetendosi ricreano modeste strutture vallive che si ergono sul sottostante
paesaggio pianeggiante. Dal punto di vista stratigrafico sono costituiti da
orizzonti ghiaiosi a ciottoli calcarei con spessori più o meno variabili dell’ordine
del metro. Ove il suolo è dilavato affiorano le sottostanti ghiaie bianche
inalterate. Dal punto di vista formazionale costituiscono le cerchie maggiori
dell’anfiteatro del Garda e Rivoli Veronese (Riss).
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
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• pianura alluvionale intramorenica si raccorda alle cerchie dell’anfiteatro
morenico e si presenta costituita da materiali sabbioso-ghiaiosi di origine
fluvioglaciale e pluviofluviale che spesso si trovano a valle delle risorgive.
Il territorio del Comune di Sona si trova pertanto nell’unità geomorfologica denominata
“antico conoide dell’Adige”, caratterizzata da paleoalvei di grandi dimensioni e
riconosciuta come naturale prosecuzione del terrazzo morenico che si estende da
Bussolengo a Verona e da Vallese fino ad Isola Rizza.
In corrispondenza degli abitati di Sona e Palazzolo si evidenziano comunque dei rilievi
morenici. Le colline moreniche appartengono all’anfiteatro morenico del Garda e
costituiscono la parte più esterna delle morene di età Rissina. La morfologia che delinea
questi cordoni morenici risulta piuttosto dolce e degradante verso le aree pianeggianti,
parzialmente colmate da detriti fluvioglaciali.
22..11..22 IIDDRROOLLOOGGIIAA
Il territorio comunale
ricade all’interno di due
diversi ambiti
amministrativi per la difesa
idrologica e dei corpi
idrici: l’uno a livello
nazionale rappresentato
dall’Autorità di Bacino
Nazionale del fiume Adige
e l’altro rappresentato
dall’Autorità di Bacino
Interregionale del Fissaro-
Tartaro-Canal Bianco.
Figura 1: suddivisione del territorio provinciale in base alle
differenti Autorità di bacino competenti.
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
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Il fiume Adige scorre a circa 4-5 km a nord-est del territorio comunale, da questo si
dipartono alcuni canali di irrigazione, di cui il più rilevante è il canale gestito dal
Consorzio di Bonifica Adige-Garda che partendo da Bussolengo attraversa il territorio
di Sona da nord-est a sud-ovest.
L’unico corso d’acqua a rischio è rappresentato dal fiume Tione, che afferisce al Bacino
del Fissaro – Tartaro - Canal Bianco e costituisce il limite comunale a ovest e sud-ovest,
unitamente a numerosi rii e scoli tra cui il Rio Tionello o Tioncello che in esso
confluisce, lungo i confini comunali che separano Sona dai comuni di Castelnuovo del
Garda e Valeggio sul Mincio.
In tabella viene riportata in tabella la rete acquifera che interessa le quattro frazioni:
Tabella 2: rete acquifera del Comune di Sona
1 Fiume Tione 14 Progno Valmarone
2 Fosso Dei Molini 15 Rio Di Caselle
3 Fosso Di Staffalo 16 Rio Tionello
4 Fosso Fenilone 17 Scolo Biganel
5 Fosso La Fossa 18 Scolo Bulgarella
6 Fosso Quaiane 19 Scolo Casina
7 Fosso S.Quirico 20 Scolo Casina
8 Fosso Valpezzon 21 Scolo Guastalla
9 Progno Dei Casottoni 22 Scolo Seriola Di Salionze
10 Progno Dei Gentili 23 Scolo Valletta
11 Progno Del Bosco 24 Vaio Bindel
12 Progno Giacomona 25 Vaio Corbola
13 Progno S.Giustina
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Mentre le Autorità di Bacino hanno competenza sulla pianificazione territoriale, i
Consorzi di Bonifica, grazie alle competenze sulla gestione delle risorse idriche, sono
spesso territorialmente presenti e coinvolti nella gestione del territorio.
Il Comune di Sona vede la competenza di due differenti Consorzi:
• Adige Garda
• Agro Veronese, Tartaro e Tione
Figura 2:Mappa cartografica dei Consorzi di Bonifica del Veneto
(1 Adige Garda; 2 Agro Veronese Tartaro Tione; 3 Valli Grandi e Medio Veronese; 4 Zerpano Adige Guà; 8 Euganeo; 11 Riviera Berica)
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
111666---111000666
22..11..33 IIDDRROOGGEEOOLLOOGGIIAA
Dal punto di vista idrogeologico la zona è caratterizzata dalla presenza di depositi
alluvionali costituiti da ghiaie e sabbie ad elevata permeabilità .
L’acquifero a carattere indifferenziato, si sviluppa a circa 50 m dal p.c. all’interno del
materasso alluvionale ghiaioso-sabbioso.
In direzione sud del territorio comunale la falda freatica, posta a pochi metri dal piano di
campagna, da luogo a caratteristici fontanili il cui maggior sviluppo si palesa nelle
vicinanze di Guastalla Nuova e Guastalla Vecchia.
Negli ultimi anni gli studi idrogeologici condotti sulla falda hanno evidenziato un
diverso andamento del percorso degli acquiferi rispetto a quanto rilevato negli anni
precedenti il 2001. Tale modificazione, imputabili ad un attività di tipo antropico, sono
da ricercarsi nell’azione concomitante di due fattori:
• emungimento della falda ad opera dei numerosi pozzi presenti ed in particolare
quelli dell’acquedotto locale, sia di Bussolengo che di Sona, oltre che da quelli
industriali ed agricoli
• distribuzione disomogenea sul territorio delle acque di irrigazione a scorrimento
a seguito dell’espansione delle aree industriali pavimentate.
22..22 MMEETTEEOORROOLLOOGGIIAA DDEELLLLAA ZZOONNAA DDII SSOONNAA
La caratterizzazione della zona viene fatta utilizzando le medie mensili registrate dal
1992 al 2002 per le stazioni di Villafranca, Castelnuovo del Garda e S. Pietro in
Cariano.
I parametri meteorologici registrati sono: temperatura, precipitazioni, radiazione globale
e direzione e velocità del vento.
La temperatura segue il classico andamento stagionale tipico della pianura padana con i
massimi in luglio-agosto e le minime in dicembre-gennaio. La temperatura media nelle
tre stazioni è di circa 13°C. Sepurché piccolo, si nota un continuo aumento della
temperatura media nel corso del decennio preso in esame.
Anche le precipitazioni medie annue hanno seguito l’andamento tipico del clima della
pianura padana, ma nel corso del decennio le differenze fra le annate sono state più
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
111777---111000666
evidenti, con anni più piovosi di altri. Comunque si è osservato un leggero, ma costante
aumento delle precipitazioni medie.
La radiazione globale ha avuto un andamento anomalo nel 1997, quando il mese di
giugno ha presentato valori di irraggiamento inferiori al mese di maggio.
Per quanto concerne i venti, nella stazione di S. Pietro in Cariano la direzione del vento
prevalente negli anni in esame è stata S-SO con velocità media mai superiore ad 1 m/s.
Nella stazione di Castelnuovo del Garda sono state evidenziate due direzioni prevalenti:
S-SE e N-NE. La velocità in alcune occasioni è stata compresa fra 1 e 2 m/s, anche se
durante la maggior parte del decennio è stata inferiore ad 1 m/s.
Nella stazione di Villafranca la direzione prevalente del vento è stata N-NE con velocità
media inferiore ad 1 m/s, con punte comprese fra 1-2 m/s. Fonte: Piano di emergenza provinciale.
Fonte: “Studio idrogeologico per la realizzazione di una rete di monitoraggio delle falde al contorno dell’impinato della ditta Sun
Oil Italia srl”.
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111888---111000666
333 RRRIIISSSCCCHHHIII AAATTTTTTEEESSSIII
33..11 DDEEFFIINNIIZZIIOONNEE DDII RRIISSCCHHIIOO
Il rischio R è definito come la misura probabilistica dell’“entità del danno atteso in una
data area e in un certo intervallo di tempo in seguito al verificarsi di un particolare
evento calamitoso”.
Per un dato elemento a rischio l’entità dei danni attesi può essere valutata attraverso:
• la pericolosità (P) ovvero la probabilità di occorrenza dell’evento calamitoso
entro un certo intervallo di tempo ed in una zona tale da influenzare l’elemento a
rischio;
• la vulnerabilità (V) ovvero il grado di perdita (espresso in una scala da zero =
“nessun danno” a uno = “perdita totale”) prodotto su un certo elemento o gruppo
di elementi esposti a rischio risultante dal verificarsi dell’evento calamitoso
temuto.
• il valore dell’elemento a rischio (E) ovvero il valore (che può essere espresso in
termini monetari o di numero o quantità di unità esposte5) della popolazione,
delle proprietà e delle attività economiche, inclusi i servizi pubblici, a rischio in
una data area.
Sotto determinate ipotesi il rischio può essere espresso semplicemente dalla seguente
espressione, nota come “equazione del rischio”:
R = P x V x E
Spesso è difficile giungere ad una stima quantitativa del rischio per la difficoltà della
parametrizzazione, in termini probabilistici, della pericolosità e della vulnerabilità e, in
termini monetari, degli elementi a rischio. Può essere pertanto utile, per una stima
preventiva, fare ricorso ai concetti seguenti:
5 riscalate nel dominio [0÷1]
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
111999---111000666
• Rischio specifico (Rs): significa il grado di perdita atteso quale conseguenza di un
particolare fenomeno naturale. Può essere espresso da: Rs = P x V
• Danno (D): esprime l’entità potenziale delle perdite nel caso del verificarsi
dell’evento temuto. Sotto determinate ipotesi può essere espresso da: D = V x E
La valutazione del rischio consiste quindi nell’analisi dei rapporti che intercorrono fra i
vari fattori di vulnerabilità del territorio e le diverse forme di pericolosità possibili.
La mitigazione del rischio può essere attuata, a seconda dei casi, intervenendo nei
confronti della pericolosità, della vulnerabilità o del valore degli elementi a rischio. Sia
la valutazione che la mitigazione del rischio richiedono quindi l’acquisizione di
informazioni territoriali su caratteri geologico-ambientali e socio-economici dell’area in
esame.
Va notato come la conoscenza attuale del rischio porti generalmente a:
� valutare la pericolosità in base ad una stima della probabilità di accadimento di un
determinato tipo di evento, il che produce una mosaicatura della pericolosità
stessa generalmente del tipo a “macchia di leopardo”;
� condurre valutazioni di prima approssimazione dell’esposizione al rischio in base
alle destinazioni d’uso dei suoli e non attraverso una valutazione puntuale del
valore dei beni;
� assumere una vulnerabilità omogenea per ogni elemento a rischio, in assenza di
una caratterizzazione puntuale di tale elemento.
33..22 TTIIPPOOLLOOGGIIEE DDII RRIISSCCHHIIOO
Le tipologie di rischio che si possono verificare in un ambiente antropizzato sono:
Rischi naturali
Rischio idrogeologico
Alluvioni ed allagamenti
Frane e dissesto geologico
Rischio meteo
Trombe d’aria
Grandinate
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222000---111000666
Nevicate
Temperature estreme
Rischio sismico
Rischio incendi boschivi
Rischio eruzioni vulcaniche
Rischi tecnologici
Rischio industriale
Incendio ed esplosione
Nucleari
Dispersione di sostanze nocive
Incidenti da trasporto
Incendio ed esplosione
Nucleari
Dispersione di sostanze nocive
Altri
Rischio black out
Rischio traffico
Rischio inquinamento
Difesa civile
Rischi sanitari
Emergenze veterinarie
Epidemie e pandemie
Sofisticazioni alimentari
Ordine pubblico
Rischi sociali
Stato di guerra
Terrorismo
Quasi ogni tipologia di rischio può essere causa di innesco ed essere a sua volta
innescato da eventi di altra natura.
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222111---111000666
33..33 RRIISSCCHHIIOO CCHHIIMMIICCOO--IINNDDUUSSTTRRIIAALLEE
L’uso industriale di sostanze chimiche può originare incidenti con possibili conseguenze
anche all’esterno delle aree produttive, quali:
� scoppio di serbatoi
� rottura di contenitori o tubazioni
� dispersione generica per difetti o cattiva manutenzione
� accensione di una miscela
� eventi indotti (causati cioè da agenti esterni quali un fulmine, un sisma,
un’inondazione, ecc.).
Le conseguenze associate ai diversi eventi possono essere:
���� Incendio: comporta fiamme, produzione di calore, sviluppo di prodotti di
combustione (gas tossici, gas corrosivi);
���� Esplosione: comporta onde di pressione, proiettili, calore, sviluppo di gas tossici
o corrosivi;
���� Rilascio di sostanze tossiche: concentrazione pericolosa in aria o in acqua,
inquinamento ambientale, pericolo per la popolazione o per la flora e la fauna.
Un’azienda è classificata a rischio di incidente rilevante se fa utilizzo di sostanze
pericolose in quantità superiore a limiti prefissati monotematicamente.
In Italia la normativa di riferimento è il Decreto Legislativo 334/99 (Seveso-bis o Seveso
II), che ha abrogato le disposizioni precedenti, tra cui il D.P.R. 175/88 - (Legge Seveso),
ad eccezione dell’art.20.
Con la legge 137/97 è stato inoltre introdotto per i fabbricanti l’obbligo di compilare
delle schede di informazione per il pubblico sulle misure di sicurezza da adottare e sulle
norme di comportamento in caso di incidente e per i sindaci il dovere di renderle note
alla popolazione.
Con il recepimento della direttiva comunitaria 96/82/CE (Seveso II) avvenuto con il
D.Lgs 334/99, il quadro normativo sul rischio industriale è stato notevolmente innovato.
Innanzitutto è mutata l’ottica di approccio al problema del rischio: ciò che ora viene
preso in considerazione non è più l’attività industriale (come nel precedente DPR
175/88), bensì la presenza di specifiche sostanze pericolose o preparati che sono
individuati per categorie di pericolo ed in predefinite quantità.
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222222---111000666
La definizione di “stabilimento” a rischio comprende, oltre ad aziende e depositi
industriali, anche aziende private o pubbliche operanti in tutti quei settori merceologici
che presentano al loro interno sostanze pericolose in quantità tali da superare i limiti
definiti dalle normative stesse. Gli stabilimenti così definiti rientrano in diverse classi di
rischio potenziale in funzione della loro tipologia di processo e della quantità e
pericolosità delle sostanze o preparati pericolosi presenti al loro interno.
Nel nuovo decreto sono stati inoltre specificati gli obblighi a carico dei gestori degli
stabilimenti, già introdotti nelle disposizioni legislative precedenti e relativi alla
redazione di documentazione sullo stabilimento (notifica, art. 6, e rapporto di
sicurezza, art. 8), alle schede di informazione per i cittadini ed i lavoratori ed alla
predisposizione di un piano di emergenza interno (art. 11).
Nel territorio del Comune di Sona non sono presenti industrie a rischio secondo gli
intendimenti del D.Lgs 334/99.
Ciò nonostante è presente una ditta, la Sun Oil S.r.l, che desta preoccupazione per la
presunta presenza di idrocarburi di cui non si conosce ancora l’esatta quantità stoccata.
33..33..11 DDIITTTTAA SSUUNN OOIILL IITTAALLIIAANNAA SS..RR..LL..
La “Sun Oil S.r.l.” è una Ditta che effettua il servizio per conto terzi di lavaggio di
autobotti e che ha anche chiesto l’autorizzazione per l’attività di trattamento di reflui
speciali non tossico-nocivi.
Il sito in esame si trova ad est rispetto la frazione di Sona, in località San Francesco, in
via Molinara 10.
A nord confina con la via principale, via Molinara, che segna anche il vicino territorio
comunale di Bussolengo; ad est, a circa 100 metri dalla recinzione, vi è il centro
commerciale “La Grande Mela”, sede di numerosi negozi, locali di svago, supermercati,
bar e ristoranti. A sud a ridosso della recinzione, sono stati realizzati alcuni capannoni
ad uso industriale-artigianale, mentre ad ovest si estendono campi coltivati per poi
incontrare la viabilità principale.
Il sito è così suddiviso:
� impianto di lavaggio autocisterne
� impianto di trattamento chimico-fisico-biologico per reflui speciali
� serbatoi di stoccaggio
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222333---111000666
Da studi6 condotti sul sito e sulle sue lavorazioni, emerge chiaramente come il materiale
stoccato e trattato all’interno del sito, costituito prevalentemente da soluzioni acquose
ed emulsioni a composizione variabile, sia caratterizzato da una pericolosità tutt’altro
che trascurabile. Dalle analisi si evince la presenza diffusa di reflui di numerose
sostanze classificabili allo stato puro come tossiche e/o cancerogene, irritanti,
infiammabili, nonché caratterizzate da elevata persistenza nell’ambiente e
bioaccumubilità.
Dai sopralluoghi effettuati dai tecnici ARPAV, sono state identificate le seguenti
situazioni che possono essere causate da:
• possibili sversamenti di prodotti sulle superfici nonpavimentate dovuti a rottura
di valvole, saracinesche, giunti, pompe, al deterioramento del serbatoio e delle
vasche o da un’errata gestione dell’impianto; conseguente infiltrazione dei reflui
nel suolo non impedita da una rete di raccolta/drenaggio sottodimensionata.
• possibile contatto diretto (dermico o ingestione accidentale) di sostanze
pericolose a causa dei rilasci di cui al punto precedente
• possibili incendi ed esplosioni dovuti al rilascio in atmosfera ed alla stagnazione
di sostanze volatili infiammabili e/o esplosive in prossimità di serbatoi/vasche
non captati o non a tenuta
• in caso di incendio, possibilità di emissione di fumi contenenti composti
clorurati
La ditta Sun Oil per quantità di materiali stoccati e/o usati nei cicli produttivi dichiarati,
non rientra nelle categorie di aziende soggette al D.Lgs 334/99. Il rischio più evidente
che si riscontra è relativo ai possibil incendi ed esplosioni dovute al rilascio in atmosfera
ed alla stagnazione di sostanze volatili infiammabili e/o esplosive in prossimità di
serbatoi/vasche con captati o non a tenuta.
Delle sostanze stoccate dalla ditta, solo tre superano il limite inferiore di infiammabilità7
e nello specifico: Stirene, Toluene e Xileni. Il rischio maggiore è rappresentato dalla
presenza dei vapori in loclai chiusi o più realisticamente all’interno dei serbaoti, in
concomitanza di un cattivo funzionamento delle valvole di sfogo ed in presenza di un
6 6 Studio “Analisi di rischio industriale e sanitario ambientale” svolto da ARPAV-Veneto nel 2003 7 Si definisce limite inferiore di infiammabilità la concentrazione minima in aria del vapore di un liquido infiammabile, al di sotto della quale non si ha accensione della miscela in presenza di innesco.
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222444---111000666
innesco (quale una scintilla). Purtroppo i dati a disposizione non permettono di
conoscere informazioni sulle caratteristiche costruttive dei serbatoi e sulle effettive
concentrazioni dei reflui. Inoltre in assenza di inneschi l’eventuale autoaccensione della
miscela potrebbe essere causata solo dal raggiungimento della temperatura di
accensione8. Le temperature di accensione per il Toluene, lo Stirene e gli Xileni
risultano essere rispettivamente 535°C, 490°C e 527°C ed il loro raggiungimento può
essere ritenuto impossibile in condizioni normali di esercizio o durante i possibili
malfunzionamenti dell’impianto, come ad esempio nel caso di sovrappressioni.
33..33..11..11 RRiisscchhiioo ssaanniittaarriioo -- aammbbiieennttaallee
La ditta Sun Oil è stata oggetto di studio9 anche per quanto concerne il rischio sanitario
ambientale. Il rischio sanitario ambientale è definito come la quantificazione del danno
tossicologico prodotto all’uoomo o all’ambiente per effetto della presenza di una
sorgente di inquinante, i cui rilasci possono giungere, attraverso vie di migrazione
diverse, ad un soggetto recettore potenzialmente esposto. La valutazione del rischio
sanitario ambientale presuppone, pertanto, la definizione quantitativa del sistema
relazionale “sorgenti-percorsi-bersagli”.
Le sostanze contaminanti sono state classificate a seconda della pericolosità e la
tossicità (a seguito di assimilazione) in sei categorie:
Categoria Comportamento
A Sostanza cancerogena per l’uomo
B1 Sostanza probabilmente cancerogena per l’uomo
(esiste un numero limitato di dati sulla cancerogenicità della sostanza)
B2 Sostanza probabilmente cancerogena per l’uomo
(gli studi effettuati sugli animali non sono sempre applicabili all’uomo)
C Sostanza possibilmente cancerogena per l’uomo
D Sostanza non classificabile come cancerogena per l’uomo
E Sostanza non cancerogena per l’uomo
Nel caso specifico della ditta Sun Oil, per la valutazione del rischio sanitario
ambientale, negli studi già richiamati sono state fatte due valutazioni:
8 Temperatura più bassa che una sostanza infiammabile dele raggiungere per accendersi spontaneamente senza altro apporto calorico o interventi esterni. 9 Studio “Analisi di rischio industriale e sanitario ambientale” svolto da ARPAV-Veneto nel 2003
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222555---111000666
1. la stima del rischio derivante dallo sversamento delle soluzioni acquose
contaminate da sostanze organiche e metalli pesanti stoccate presso lo
stabilimento;
2. La stima del rischio per i lavoratori connesso alla presenza di vasche e
stoccaggi contenenti sostanze organiche volatili privi di sistemi di
captazione ed abbattimento.
Per il caso in esame le informazioni disponibili erano di scarsa qualità e non è stato
possibile ricostruire con precisione le quantità, la localizzazione e la composizione delle
soluzioni contaminate, per tal motivo la stima sul rischio è stata effettuata secondo i due
scenari differenziati sopra esposti, proprio per consentire la compensazione delle
incertezze che gravano sulle informazioni di base.
Da tale studio è emerso che nello stabilimneto Sun Oil si possono verificare degli
incidenti (sversamenti) che causerebbero il superamento dei limiti massimi accettabili
del rischio per alcuni dei possibili soggetti esposti.
In particolare, a seguito dello sversamento di soluzioni contaminate da vasche o
stoccaggi privi di un bacino di contenimento ed in prossimità di aree non pavimentate,
sarebbero esposti ad un rischio superiore alle soglie massime i seguenti recettori:
• adulti e bambini che utilizzano per uso potabile e sanitario le acque di
falda emunte dal pozzo privato a 830 m ad est del sito
• agricoltori utilizzanti le acque di falda per uso irriguo emunte dai pozzi a
sud dello stabilimento
• lavoratori operanti presso il sito
• lavoratori operanti nell’area industriale-commerciale a sud del sito
In tutti i casi si ha un superamento del rischio non cancerogeno, mentre per le ultime
due categorie di soggetti esposti, il superamento riguarda anche il rischio cancerogeno. I
lavoratori operanti persso il sito Sun Oil ed immediatamente a sud dello stesso sono
esposti al rischio principalmente a causa dell’inalazione di sostanze organiche volatili.
La sorgente di dispersione per tali sostanze potrebbe essere il suolo eventualmente
contaminato a seguito di uno sversamento, ma attualmente anche attraverso vasche e
serbatoi in cui sono presenti tali sostanze e che sono sprovvisti di un adeguato sistema
di captazione ed abbattimento.
Riportiamo di seguito le conclusioni a cui giunge l’ARPAV nel suo studio:
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222666---111000666
“..omisssis....è emersa una situazione sostanzialmente inadeguata, sia da un punto di
vista del rischio industriale che da un punto di vista del rischio sanitario ambientale.
L’interpretazione conservativa dei dati disponibili, peraltro molto carenti, data anche la
scarsa collaborazione della proprietà, non consente di escludere situazioni di pericolo
legate alla possibilità di incendi in prossimità degli stoccaggi, laddove si verifichi una
concentrazione tale di sostanze infiammabili in fase di vapore da superare i limiti
inferiori di infiammabilità. Data inoltre la natura dei contaminanti, un eventuale
incendio causerebbe l’emissione di fumi tossici o irritanti, che porrebbero in serio
pericolo i lavoratori e le persone presenti sull’area o in prossimità della stessa.
L’inadeguatezza dei sistemi di automazione e controllo dell’impianto aggravano tale
situazione, unitamente all’assenza di una manutenzione sistematica e rigorosa. Dal
punto di vista del rischio sanitario-ambientale è stato riscontrato che, in caso di
sversamenti, è possibile l’infiltrazione di soluzioni contaminate nel terreno, associate a
rischi al di sopra dei limiti massimi di accettabilità. Tali rischi coinvolgerebbero sia i
lavoratori operanti nello stabilimento che in prossimità dello stesso (presenza di rischio
cancerogeno e non cengerogeno), sia i recettori a valle del sito utilizzanti l’acqua di
falda per usi irrigui od idropotabili (solo rischi non cancerogeni).....omissis”.
Appare evidente come non sia possibile, sulla base delle informazioni disponibili,
delimitare arealmente il rischio di contaminazione degli acquiferi che fanno parte
integrante dell’acquifero principale del fiume Adige che, in caso di sversamenti
continuati e/o di notevoli quantità, andrà monitorato nella sua totalità.
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222777---111000666
33..44 RRIISSCCHHIIOO GGAASS TTOOSSSSIICCII
Per “gas tossico” si intende qualsiasi sostanza tossica che si trova allo stato gassoso, o
che per essere utilizzata deve passare allo stato di gas o di vapore la quale, pure essendo
adoperata per scopi diversi da quelli dipendenti dalle sue proprietà tossiche, è
riconosciuta pericolosa per la sicurezza ed incolumità pubblica. Il gas tossico è anche
adoperato in ragione del suo potere tossico e per scopi inerenti allo stesso;
In Italia coloro che custodiscono, conservano ed utilizzano gas tossici devono
conseguire una patente di abilitazione alle operazioni per l’impiego degli stessi. Questi
esami vengono in genere indetti dalle Province, dalle Regioni, dai Comuni e dalle
USLL territoriali.
L’esame prevede di conoscere le modalità di utilizzo dei vari gas tossici ed il relativo
regolamento approvato con Regio Decreto 09/01/1927 n. 147 e modificato con Decreto
del Presidente della Repubblica 10 giugno 1955, n. 854 ed in particolare del titolo II di
detto regolamento.
Norme successive sono state emanate per le singole sostanze appartenenti alla categoria
dei gas tossici.
33..44..11 RRIISSCCHHIIOO GGAASS TTOOSSSSIICCII NNEELL CCOOMMUUNNEE DDII SSOONNAA
Nel Comune di Sona l’unica azienda utilizzatrice di gas tossici (secondo l’elenco fornito
dalle USLL ed i Vigili del Fuoco di Verona) è la ditta di trasporti “Tirapelle Trasporti
S.r.l.”, in via Bellona a Lugagnano.
La ditta detiene come sostanza tossica l’ammoniaca e la quantità massima stoccata è di
5000 kg.
Nei Comuni limitrofi vi sono altre aziende detentrici di gas tossici, due a
Sommacampagna ed una a Villafranca. Si tratta in questo caso di aziende che hanno
impianti frigoriferi e che detengono sempre ammoniaca.
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222888---111000666
33..44..22 LL’’AAMMMMOONNIIAACCAA
L’ammoniaca è un composto dell’azoto di formula chimica NH3.
A temperatura ambiente l’ammoniaca è un gas incolore dall’odore pungente molto forte
e soffocante, è irritante e tossica. In presenza di ossigeno (all’aria) può intaccare
l’alluminio, il rame, il nichel e le loro leghe.
È un composto debolmente basico e reagisce con gli acidi formando i rispettivi sali
d’ammonio. È dotata di comportamento riducente, può reagire anche in maniera
esplosiva con l’ossigeno e si combina con gli alogeni per dare le alogenoammine.
È tra i solventi polari non acquosi più conosciuti e studiati; la sua proprietà più
caratteristica è di sciogliere i metalli alcalini formando soluzioni intensamente colorate
e di elevata conducibilità elettrica. Confrontata con l’acqua, l’ammoniaca ha minor
conduttività, minor costante dielettrica, minore densità e viscosità, punti di
congelamento ed ebollizione molto più bassi. La costante di autodissociazione ionica
dell’ammoniaca liquida è circa 10-30 a temperatura di -50°C.
L’ammoiaca gassosa se viene raffreddata a -33°C, si condensa in liquido che viene
utilizzato per il suo elevato calore di evaporazione negli impianti frigoriferi.
33..44..22..11 RRiilleevvaazziioonnee ddeellll’’aammmmoonniiaaccaa
Si può rilevare la presenza di ammoniaca nell’atmosfera molto facilmente grazie al suo
odore penetrante; in liquidi o solidi, la presenza di ammoniaca o di sali ammoniacali è
rilevabile facilmente anche in quantità minime, aggiungendo alla sostanza in esame
alcune gocce di soluzione di Nessler10, che si colora di giallo intenso in presenza di
ammoniaca.
10 Il reattivo di Nessler o soluzione di Nessler è un reattivo che permette il riconoscimento e il dosaggio dell'ammoniaca.
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222999---111000666
33..44..22..22 UUssii ddeellll’’aammmmoonniiaaccaa
Gli usi dell’ammoniaca sono innumerevoli in quanto è una sostanza estremamente
importante in campo industriale, come si evince dall’elenco di usi di seguito riportato:
• Come base per fertilizzanti agricoli
• Reagente di partenza per la sintesi industriale dell’acido nitrico
• Come intermedio nella sintesi del bicarbonato di sodio
• Come componente per vernici
• Come refrigerante nell’industria del freddo
• Per la produzione di esplosivi
• Per la produzione di nylon e fibre sintetiche
• Per la produzione di materie plastiche e polimeri
• Come solvente
• Nell’industria cartaria come sbiancante
• Nell’industria della gomma
• In metallurgia per ottenere atmosfere riducenti
• Nella combustione, in soluzione acquosa al 25% per ragioni di sicurezza, come
reagente per il controllo degli ossidi di azoto (NOx)
33..44..22..33 EEffffeettttii ddeellll’’aammmmoonniiaaccaa ssuullll’’oorrggaanniissmmoo
Se respirata l’ammoniaca provoca dapprima irritazione e tosse: se la concentrazione del
gas è molto alta o se viene respirato a lungo, emorragia polmonare.
In caso di contatto con gli occhi può provocare cecità permanente.
Se viene a contatto con la pelle provoca ustioni e necrosi dei tessuti.
Non è cancerogena né mutagena.
Ripotiamo di seguito una tabella riassuntiva delle principali caratteristiche
dell’ammoniaca.
Fonte: Piano di emergenza provinciale – rischio chimico industriale e viabilità e trasporti
Fonte: sito internet “International Chemincal Safety Cards” (ICSC) http://www.cdc.gov/niosh/ipcs/italian.html
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Tabella 3: caratteristiche dell’ammonoiaca
Ammoniaca
TRIIDRURO DI AZOTO
Caratteristiche generali
Formula bruta o molecolare NH3
Massa molecolare (amu) 17,03
Aspetto gas incolore
Numero CAS 7664-41-7
Proprietà chimico-fisiche
Densità (g/l, in c.n.) 0,771
Solubilità in acqua 517 g/l a 293 K
Costante di dissociazione basica a 298 K 1,8 × 10-5 come NH4OH
Temperatura di fusione (K) 195 (-78°C)
∆fusH0 (kJ·mol-1) 5,655
Temperatura di ebollizione (K) 240 (-33°C)
∆ebH0 (kJ·mol-1) 23,35
Punto critico 406 K (133°C) 1,18 × 107 Pa
Tensione di vapore (Pa) a 288 K 7,30 × 105
Proprietà termochimiche
∆fH0 (kJ·mol-1) -45,9
∆fG0 (kJ·mol-1) -16,4
S0m(J·K-1mol-1) 192,8
C0p,m(J·K-1mol-1) 35,1
Indicazioni di sicurezza
Flash point (K) 284 (11°C)
Temperatura di autoignizione (K) 924 (651°C)
Limiti di esplosione 15 - 28% vol.
frasi R: R 10-23-34-50
frasi S: S 9-16-26-36/37/39-45-61
Fonte: sito internt Wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Ammoniaca
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33..44..22..44 SScchheeddaa IICCSSCC ##00441144 AAmmmmoonniiaaccaa..
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33..44..22..55 SScceennaarrii ddii mmaassssiimmaa iinn ccaassoo ddii rriillaasscciioo ddii aammmmoonniiaaccaa iinn aattmmoossffeerraa..
Per l’ammoniaca sono stati valutati degli scenari di massima a seguito di incidente
rilevante nei depositi che la contengono. Il codice di calcolo utilizzato è stato ALOHA
5.3.1 realizzato da EPA (Environmental Protection Agency - USA) e NOAA (National
Oceanographic and Atmospheric Administration); tale software consente di modellare
la dispersione in aria di un inquinante.
Gli scenari sono stati costruiti dallo scrivente nella relazione del Piano di Emergenza
per il richio chimico industriale della Provincia di Verona, ipotizzando tre classi di
portate di rilascio (15, 60 e 170 kg/min) per periodi di 1, 5, 30 e 60 minuti; le classi
sono state scelte in base ai quantitativi di ammoniaca stoccati nei depositi presenti sul
territorio della Provincia di Verona.
I risultati sono rappresentati in: con i termini Zona 1 (zona di sicuro impatto), Zona 2
(zona di danno) e Zona 3 (zona d’attenzione) si intendono le aree di forma circolare per
le quali si ha rispettivamente il superamento dei limiti LC50 (5000 ppm), IDLH (3000
ppm) e TLV-STEL (35 ppm).
Tali zone definiscono le porzioni di territorio per le quali si può avere elevata
probabilità di letalità, di lesioni irreversibili e di lesioni reversibili. Secondo la
normativa vigente (D. Lgs. 334/99 e D.M. 09/05/2001) i limiti LC50 e IDLH
definiscono nel caso di dispersione di inquinante in atmosfera le aree di elevata letalità
(zona di sicuro impatto) e delle lesioni irreversibili (zona di danno); tali norme non
definiscono la soglia per l’area delle lesioni reversibili (zona d’attenzione) per la quale è
prassi diffusa usare il TLV-STEL.
Per quanto riguarda la classe di stabilità atmosferica si è scelta quella che solitamente è
considerata come la più conservativa, la F211.
11 Classe di stabilità atmosferica ottenuta dagli studi di Turner e Pasquill che correla l’indice N (dato dal bilancio radiativo in superficie, la nuvolosità e l’altezza del sole) con la velocità del vento in nodi, ottenendo una scala indicata con le lettere A, B, C, D, E, F e G (dalla meno stabile alla più stabile): F=condizioni moderatamente stabili
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Tabella 4: aree di danno a seguito del rilascio di ammoniaca in atmosfera (classe atmosferica F2).
Q = 15 kg/min
1 min 5 min 30 min 60 min
Raggio Zona 1 [m] 60 60 60 60
Raggio Zona 2 [m] 247 260 260 260
Raggio Zona 3 [m] 600 870 877 877
Q = 60 kg/min
1 min 5 min 30 min 60 min
Raggio Zona 1 [m] 122 122 122 122
Raggio Zona 2 [m] 444 562 562 562
Raggio Zona 3 [m] 1000 1800 2100 2100
Q = 170 kg/min
1 min 5 min 30 min 60 min
Raggio Zona 1 [m] 206 211 211 211
Raggio Zona 2 [m] 669 1000 1000 1000
Raggio Zona 3 [m] 1600 2900 4200 4200
È importante sottolineare che i risultati forniti dal software sono stati verificati
attraverso la pubblicazione da parte dell’EPA “Risk Management Program Guidance for
Offsite Consequence Analysis” che rappresenta uno dei testi di riferimento nell’ambito
della valutazione del rischio a seguito di incidente industriale. Fonte: http://www.epa.gov
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33..55 RRIISSCCHHIIOO IIDDRROOPPOOTTAABBIILLEE
In un sistema di approvvigionamento idrico si verifica una situazione di crisi quando
l’acqua erogata non è sufficiente a coprire la domanda da parte degli utenti,
conseguentemente per rischio idropotabile si intende il rischio di interruzione o
riduzione del livello di efficienza del servizio di distribuzione idrica dovuto al
verificarsi di eventi naturali e/o incidentali:
• Eventi naturali, causati da agenti esterni (ad es. siccità, inondazioni, dissesti
idrogeologici).
• Eventi incidentali, (ad es. versamenti di prodotti inquinanti da industrie, mezzi
mobili o da infrastrutture di trasporto)12.
In particolare, tali eventi possono danneggiare le fonti di approvvigionamento idrico ed
il sistema di distribuzione idropotabile (acquedotti, condotte, ecc.), con conseguenze
dirette sulla:
• riduzione della quantità erogata, fino a causare la sospensione totale del servizio;
• peggioramento della qualità d’acqua erogata fino a causare la non potabilità per
contaminazione;
• riduzione della quantità e della qualità dell’acqua ad uso potabile.
Di fatto sul territorio provinciale veronese un elemento di rischio idropotabile è la
diffusa presenza dell’approvvigionamento idrico autonomo in varie parti del territorio.
È proprio in tali aree che i fenomeni di inquinamento delle acque sotterranee, non
prontamente individuati, possono causare l’interruzione dell’emungimento dalle
sorgenti e, quindi, privare dell’approvvigionamento dell’acqua potabile migliaia di
persone , come già accaduto in varie parti del Veneto.
Il rischio di inquinamento della falda superficiale è generalmente molto elevato su tutto
il territorio provinciale, in quanto in molte aree lo strato di terreno non-saturo è
trascurabile o profondo pochi metri (alla base del suolo è spesso presente la falda
freatica).
Si tratta di un rischio che non comporta, normalmente, conseguenze per
l’approvvigionamento idropotabile, ma che comunque va tenuto presente per le
12 Vedasi a tal proposito il rischio sanitario –ambientale connesso alla ditta Sun Oil al capitolo 3.3.1
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333555---111000666
conseguenze che può avere sull’ambiente (inquinamento del suolo, inquinamento della
rete idrica superficiale interconnessa con la falda ...) e su alcune attività produttive
(agricoltura ad esempio). In particolare l’acqua della prima falda inquinata, utilizzata
come acqua di irrigazione (direttamente o perché drenate dalla rete idrica superficiale),
possono immettere nella catena alimentare sostanze dannose per la salute.
È quindi importante mettere in atto forme di controllo e limitazione dell’inquinamento
delle acque sotterranee, anche quando appartenenti a falde non usate a scopo potabile.
Inoltre, la presenza di possibili vettori di inquinamento della falda profonda (pozzi
dismessi, trivellazioni, discontinuità locali dello strato impermeabile) può a medio e
lungo termine interessare anche questo acquifero, producendo conseguenze non
trascurabili sulla qualità delle acque di captazione.
Tra le possibili fonti di contaminazione delle falde vanno ricordati:
♦ scarichi incontrollati,
♦ scarichi non recapitanti in pubblica fognatura,
♦ spargimenti di reflui zootecnici e fanghi,
♦ uso di concimi chimici e di prodotti diserbanti o chimici, ecc Fonte: piano di emergenza provinciale
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33..55..11 RRIISSCCHHIIOO IIDDRROOPPOOTTAABBIILLEE NNEELL CCOOMMUUNNEE DDII SSOONNAA
Nel Comune di Sona sono presenti quattro campi pozzi pubblici (Gestiti dalla soc.
Acque vive) per la captazione delle acque ad uso potabile georiferiti nel database della
Regione Veneto, sono altresì presenti circa 150 pozzi privati.
Il rischio di contaminazione della falda è rappresentato dalle attività produttive, agricole
ed industriali presenti sul territorio (capitolo 3.3.1) è fra le imprese che potrebbero
comportare questo rischio per lo sversamento di idrocarburi.
Non va trascurato il rischio di contaminazione per atti volontari di terrorismo, ritorsione
o altro incidente involontario.
Inoltre va tenuto conto che il sistema di falde è interconnesso alla falda principale del
fiume Adige, pertanto un’eventuale emergenza per contaminazione delle risorse, dovrà
essere gestita a livello intercomunale. Vanno comunque incentivate iniziative sinergiche
tra tutti i comuni veronesi coinvolti, e precisamente:
1. Valeggio sul M.
2. Sona
3. VERONA
4. Villafranca di V.
5. Povegliano Ver.
6. Castel d'A.
7. Sommacampagna
8. Bussolengo
9. Pastrengo
10. Pescantina
11. Mozzecane
12. Sona
13. Villafranca di V.
14. Sommacampagna
15. Bussolengo
16. Pastrengo
17. Pescantina
18. S. Ambrogio di V.
19. Valeggio sul M.
20. Cavaion Ver.
21. Vigasio
22. VERONA
23. Povegliano Ver.
24. Castel d'A.
25. Buttapietra
26. S. Giovanni Lup.
27. Zevio
28. S. Martino B.A.
29. Lavagno
30. Belfiore
31. Arcole
32. Lonigo
33. S. Bonifacio
34. Tregnago
35. S. Pietro in C.
36. Negrar
37. Soave
38. Monteforte d'A.
39. Cazzano di T.
40. Montecchia di C.
41. Ronca`
42. Caldiero
43. Colognola ai C.
44. Illasi
45. Gambellara
46. Veronella
33..66 RRIISSCCHHIIOO MMEETTEEOO
Fin dai primi anni novanta la comunità scientifica internazionale ha rivolto una
particolare attenzione alla mitigazione dei disastri naturali ed antropici, legati alla
variabilità delle grandezze fisiche che caratterizzano il clima. L’intento è quello di
minimizzare le perdite sia in termini di vite umane sia di beni materiali. Alcuni disastri
naturali legati agli eventi idrometeorologici estremi, hanno una scala temporale
evolutiva non paragonabile né con la durata della vita di una o più generazioni, né con
la storia del genere umano, ma la crescente vulnerabilità del territorio antropizzato
mette oggi a repentaglio gli insediamenti e la vita umana anche in caso di eventi
caratterizzati da frequenza di accadimento non particolarmente bassa. Nel caso degli
eventi meteorologici, inoltre, una corrente di pensiero scientifico intravede anche
correlazioni non trascurabili con la stessa attività antropica. L’impatto di un evento
meteorologico, sulla società odierna, che si sviluppa tramite un intenso sfruttamento del
territorio in termini di insediamenti abitativi, commerciali, industriali ecc.., viene visto
amplificato assai più di quanto non lo sarebbe stato in un passato anche relativamente
prossimo.
Le condizioni meteorologiche tipiche del territorio in esame condizionano molti aspetti
delle situazioni a rischio, che possono presentarsi sotto forma di:
♦ Precipitazioni: sono il fattore di innesco, ad esempio, dei fenomeni di inondazione
e di dissesto dei versanti, ma possono anche comportare danni all’agricoltura,
problemi alla circolazione ecc..
♦ Rinforzi di vento: possono alimentare incendi, direzionare gli inquinanti
aeriformi, aumentare l’instabilità dei versanti piantumati durante i nubifragi e
degenerare in veri e propri eventi calamitosi (trombe d’aria), con effetti pericolosi
per l’incolumità pubblica e delle strutture.
♦ Sbalzi termici e temperature estreme: possono causare danni alla salute ed
all’agricoltura, nonché causare inconvenienti e disagi al sistema delle comunicazioni
viarie.
Le condizioni meteorologiche, inoltre, possono interferire anche pesantemente con la
gestione della fase di emergenza affidata alla Protezione Civile, giungendo, nei casi
estremi, anche al ritardo od alla vanificazione degli interventi in tempo reale, anche per i
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333888---111000666
malfunzionamenti che le diverse condizioni meteorologiche possono creare ai
dispositivi di comunicazione ed alle reti tecnologiche in genere. Vediamo di seguito nel
dettaglio le diverse condizioni meterorologiche che si possono presentare sul territorio.
33..66..11 PPRREECCIIPPIITTAAZZIIOONNII
Sono fenomeni la cui origine, intensità e numero di giorni piovosi varia per ogni
stagione in modo aleatorio e sono quindi caratterizzabili solo in modo statistico, ovvero
tramite modelli stocastici. Le precipitazioni deboli e persistenti associate a nuvolosità
stratificata si manifestano principalmente durante la stagione fredda e in quelle di
transizione, mentre le precipitazione intense, generalmente più brevi, ma anche più
dannose, sono una caratteristica della stagione calda.
Le precipitazioni dell’inizio primavera, autunno e inverno sono principalmente
associate al passaggio di perturbazioni od allo sviluppo di aree cicloniche che, centrate
sull’Italia settentrionale, portano masse d’aria umida e moderatamente calda sulla
regione, dando così origine a precipitazioni diffuse e persistenti, ma generalmente di
debole intensità. Invece, soprattutto in estate, si manifestano fenomeni convettivi locali,
che danno origine ai nubifragi, ma con estensione temporale spesso limitata.
In generale possiamo distinguere le diverse precipitazioni non solo in base all’intensità
ed alla durata con cui si manifestano (temporale, nubifragio), ma anche in base alla loro
forma liquida o solida (grandinate, nevicate, ecc.).
33..66..11..11 TTeemmppoorraallii
Con il termine di “temporale” si indicano fenomeni atmosferici caratterizzati da:
♦ Insolita violenza;
♦ Durata limitata (in media 1-3 ore);
♦ Ridotta estensione spaziale;
♦ Precipitazioni intense, anche a carattere di rovescio, talora associate a grandine;
♦ Raffiche di vento e turbini;
♦ Brusche variazioni della pressione e della temperatura;
♦ Attività elettrica atmosferica più o meno intensa con diffuse fulminazioni.
I temporali sono da considerare tra gli eventi più violenti che si verificano nella nostra
atmosfera ed ad essi sono associati fenomeni di interesse per la protezione civile quali le
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333999---111000666
piogge a carattere di rovescio, le alluvioni improvvise, i venti forti, le trombe d’aria, le
grandinate ed i fulmini.
I danni associati ai temporali possono essere causati sia dall’intensità delle
precipitazioni, sia dalla forza e dall’andamento a raffica del vento.
I meccanismi che generano i temporali sono diversi ed in base ad una loro
caratterizzazione, si può parlare di: temporali frontali e temporali di masse d’aria.
I temporali frontali sono generati dal sollevamento di masse d’aria lungo le superfici
frontali. Poiché i temporali di natura frontale si spostano col fronte che li genera,
possono durare anche diversi giorni, e, prima di esaurirsi, possono coprire distanze di
migliaia di chilometri. Questi a loro volta possono essere classificati in:
� Temporali di fronte freddo: sono i più violenti, generati dall’aria fredda che
incuneandosi sotto l’aria calda, ovvero da aria calda che slitta al di sopra della
massa fredda, la solleva bruscamente innescando il moto convettivo che porterà
alla formazione della nube temporalesca. Appaiono di solito organizzati e ben
allineati;
� Temporali di fronte caldo: si sviluppano all’interno del sistema nuvoloso
stratiforme caratteristico del fronte caldo quando vi è instabilità. Generalmente si
sviluppano a quote superiori ai precedenti;
� Temporali prefrontali: sono estremamente violenti e generalmente sono presenti
nel settore caldo di cicloni attivi, precedendo di circa 100 km i fronti freddi
particolarmente vigorosi.
I temporali di massa d’aria si originano all’interno di masse d’aria omogenee in
presenza di condizioni di instabilità atmosferica; sono generalmente associati a singoli
cumulonembi13 ben visibili anche da lontano. Possono essere suddivisi in:
� Temporali di calore: sono i più comuni e sono dovuti al differente riscaldamento
diurno della superficie terrestre (moti termoconvettivi), che in presenza di un
adeguato contenuto di vapore, danno luogo allo sviluppo della nube temporalesca.
Questi temporali hanno carattere prettamente locale;
� Temporali orografici: sono generati dal repentino raffreddamento di masse
d’aria calda e umida, dovuto all’innalzamento di quota indotto dall’incontro di
13 Nubi a forma di torre che possono produrre violenti temporali e qualche rara volta trombe d'aria; nella parte più alta spesso si espandono orizzontalmente, assumendo una caratteristica forma d'incudine.
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una massa d’aria con i rilievi. La loro localizzazione è circoscritta lungo le catene
montuose, dove danno luogo a forti precipitazioni e severa turbolenza;
� Temporali da sollevamento convettivo: sono generati dal sollevamento di aria
calda, più leggera, che salendo verso l’alto incontra masse d’aria fredda e si
condensa.
� Temporali di avvezione convergenti: generati dalla convergenza di masse
d’aria, sono generalmente localizzati nel settore caldo di un ciclone.
33..66..11..11..11 GGeenneessii eedd eevvoolluuzziioonnee ddii uunn tteemmppoorraallee
Una nube o una cellula temporalesca si origina quando una forte instabilità è
accompagnata nei bassi strati da aria relativamente calda e molto umida. Il tempo di vita
di un temporale varia da un’ora a tre ore o poco più. Visto che l’instabilità aumenta con
il riscaldamento dal basso e questo raggiunge i massimi valori durante il pomeriggio,
questo è il periodo del giorno in cui i temporali si manifestano più frequentemente.
Poiché il riscaldamento è maggiore durante la primavera e l’estate, in queste stagioni
questi fenomeni si manifestano con più frequenza.
33..66..11..11..22 LLaa ffaassee ddii ssvviilluuppppoo
È caratterizzata dalla presenza di una corrente ascendente, che interessa tutta la nube e
cresce rapidamente d’intensità con l’altezza. Sotto la spinta della corrente ascendente,
la nube, che risulta più calda dell’ambiente circostante, si sviluppa rapidamente verso
l’alto, oltrepassando il livello dello zero termico. Si vanno formando così gocce di
pioggia e cristalli di neve, che aumentano rapidamente di numero e di dimensioni.
Questa fase dura finché gli elementi di precipitazione, divenuti troppo grossi per essere
sostenuti dalla spinta verso l’alto della corrente ascendente, iniziano il movimento di
discesa dentro la nube. A causa dell’attrito, gli elementi precipitanti determinano un
movimento di trascinamento che dà origine ad una corrente discendente.
Nella fase di massimo sviluppo sono presenti una corrente ascendente (che in questo
stadio può raggiungere i 30-40 m/s) ed una discendente, quest’ultima proveniente dalla
parte fredda della nube. La corrente discendente, giunta al suolo, diverge rapidamente
verso l’esterno della zona interessata dalla nube. In questa fase, si osservano al suolo,
oltre che la precipitazione meteorica, raffiche violente di vento ed un marcato
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444111---111000666
abbassamento della temperatura. Quando tutti gli elementi precipitanti di dimensione
maggiore sono precipitati dalla nube, ha inizio la fase di dissolvimento.
33..66..11..11..33 LLaa ffaassee ddii ddiissssoollvviimmeennttoo
Questa fase è caratterizzata dalla presenza di una corrente discendente in estensione che
produce una precipitazione debole. In questa fase non è più presente la corrente
ascendente e la nube perde i contorni marcati, iniziando a sfilacciarsi.
33..66..11..22 NNuubbiiffrraaggii
Questo fenomeno è determinato da una precipitazione violenta di carattere temporalesco
che in breve tempo rovescia grandi quantità di acqua. Secondo alcuni autori si può
parlare di nubifragio soltanto se la durata del temporale è di almeno mezz’ora e la
quantità di precipitazione supera i 40 mm in mezz’ora, i 60 mm in un’ora, i 70 mm in 2
ore e 80 mm in 3 ore. Questa classificazione dipende comunque dalle specifiche
situazioni meteo-climatiche e geografiche. A grandi linee essa si applica peraltro
abbastanza bene, all’assetto meteo-climatico del territorio della Provincia di Verona.
Il nubifragio produce talora l’ingrossamento e lo straripamento dei corsi d’acqua e dei
canali di drenaggio rurale ed urbano, nonché allagamenti e frane. L’intensità della
precipitazione associabile ad un nubifragio trova principalmente origine da fenomeni di
nuvolosità convettiva con marcato sviluppo verticale e notevole estensione sulla
verticale stessa. Sfortunatamente i temporali sono fenomeni abbastanza ricorrenti, in
particolare durante la stagione estiva, ma occorre anche sottolineare che non tutti
raggiungono un’intensità di precipitazioni tale da poter essere catalogati come
nubifragio. La loro localizzazione ed il loro sviluppo sono peraltro ben monitorati dai
sistemi radar, quali quelli gestiti dal Centro Meteo di Teolo dell’ARPAV.
33..66..11..33 GGrraannddiinnaattee
La grandine risulta un evento meteorologico in grado di causare danni elevati tanto
all’agricoltura quanto ad altre attività umane.
La grandine si origina esclusivamente nelle nubi temporalesche, dove per via della
notevole instabilità dell’aria, si formano violente correnti convettive.
Il vento, di intensità crescente con la quota, deve raggiungere valori sufficientemente
elevati da assicurare una lunga sopravvivenza alla corrente ascendente principale, dando
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origine alla formazione di un cumulonembo. Associato quindi ai cumulonembi
temporaleschi, il fenomeno della grandine è tipico delle aree limitrofe ai rilievi
montuosi. Il periodo favorevole alle grandinate coincide con quello di formazione dei
fenomeni temporaleschi, che va generalmente da marzo a novembre. Le grandinate più
intense si manifestano di norma nel periodo estivo, in quanto l’atmosfera, ricchissima di
energia termica, è in grado di dar luogo ai fenomeni di maggiore violenza.
Nelle correnti ascensionali di questo tipo di fenomeni, si verificano condizioni tali per
cui un cristallo di ghiaccio viene sostenuto e trasportato verso l’alto finché la sua
crescita non raggiunge dimensioni considerevoli, quali i grossi chicchi di grandine, che
possono raggiungere le dimensioni di una noce. Tali dimensioni possono essere anche
raggiunte rapidamente quando la loro caduta si associa alle correnti discendenti presenti
nel cumulonembo che, non di rado, possono raggiungere velocità di 50-100 Km/h. In
definitiva, si instaura un percorso di risalita, dovuto alle correnti ascensionali e di
successiva caduta lungo la corrente discendente, salvo poi incontrare nuovamente la
corrente ascendente e riprende a salire finché non vengono raggiunte dimensioni tali da
far precipitare al suolo la meteora, non più sostenuta dalla corrente ascensionale.
33..66..11..44 NNeevvee
La neve rappresenta il caso più frequente di precipitazione solida.
Durante il periodo invernale, sulla pianura Padana rimane spesso intrappolato un
cuscinetto di aria fredda con temperature inferiori a 0°C. Quest’aria è di origine
continentale (generalmente proveniente dall’Europa Orientale) oppure si origina da un
forte irraggiamento determinato dalla lunga persistenza di un’area anticiclonica sulle
regioni dell’Italia settentrionale. In queste condizioni l’aria caldo-umida che affluisce
dai quadranti meridionali, sospinta da correnti occidentali, è costretta a scivolare, per
ascendenza forzata, sopra lo strato d’aria fredda. Le precipitazioni che così si generano,
avvenendo in un ambiente a bassa temperatura, possono risultare di carattere nevoso.
Un’altra situazione che dà origine a precipitazioni nevose è legata all’arrivo di aria
fredda attraverso l’Arco Alpino Orientale, la quale incuneandosi sotto l’aria umida
presente sulla regione, la solleva fino a provocarne la condensazione. Le precipitazioni
che così si generano, se avvengono su una colonna d’aria a temperatura inferiore allo
zero termico, risultano nevose al suolo.
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444333---111000666
La neve, se non è particolarmente abbondante, non presenta di per sé un pericolo, ma
può provocare disagi al traffico sia automobilistico, sia ferroviario che aereo,
costringendo ad operazioni di sgombro delle strade, vie e piste, senza tralasciare la forte
incertezza di previsione, che talvolta non sono significative neppure 24-48 ore prima
dell’evento.
Poiché la Provincia di Verona è soggetta al rischio legato ai deflussi fluviali dell’Adige,
a regime nivo-pluviale, lo stato di scioglimento del manto nevoso in Alto e Medio
Adige può influenzare le portate di base, sulle quali si possono sovrapporre piene di
origini pluviali, che, in caso di forte scioglimento, possono venire esaltate.
33..66..11..55 NNeebbbbiiaa
La nebbia è un’idrometeora che si forma per condensazione del vapore acqueo negli
strati adiacenti al suolo e presenta una concentrazione tale da ridurre anche fortemente
la visibilità orizzontale. Se la concentrazione delle minuscole goccioline di vapore
acqueo permette una visibilità orizzontale superiore a 1 km, ma inferiore a 10 km,
questa particolare situazione viene denominata foschia.
La sostanziale differenza tra la nebbia e la nube consiste principalmente nell’altezza
della base della massa umida: nella nebbia la base è situata al suolo, mentre nella nube
la base si trova ad una certa quota al di sopra del suolo
Si possono distinguere differenti tipi di nebbia a seconda del processo di formazione.
♦ Nebbia da irraggiamento: si forma soprattutto nelle notti serene, con calma di
vento e, naturalmente, con aria piuttosto umida. In presenza di cielo sereno durante
la notte si produce un forte raffreddamento del suolo, il quale a sua volta raffredda il
sottile strato di aria a contatto con il terreno. Se la temperatura dell’aria diminuisce
oltre la temperatura di rugiada, si innesca la condensazione del vapore acqueo e
quindi la formazione della nebbia. Questo tipo di nebbia è caratteristico delle
pianure e delle ampie vallate.
♦ Nebbia da evaporazione: è dovuta alla naturale evaporazione delle superfici
d’acqua, che sono più calde dell’aria sovrastante, con diffusione di una massa d’aria
umida sullo specchio acqueo e nell’area circostante.
Nella Pianura Padana si possono manifestare entrambi i tipi di nebbia e, talvolta, il
fenomeno della nebbia è caratterizzato da una notevole persistenza. Quando un’area
anticiclonica staziona a lungo sull’Italia settentrionale, l’inversione termica da
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444444---111000666
subsidenza, che si forma in quota in queste condizioni, si salda con l’inversione termica
al suolo dovuta all’irraggiamento, dando così origine ad un’unica inversione di elevato
spessore.
L’insolazione diurna non riesce in genere a rimuovere questa coltre, sia perché durante
l’inverno la radiazione solare è modesta, sia perché la presenza dello stesso strato
nebbioso limita notevolmente la quantità di energia che può raggiungere il suolo.
Considerandone le statistiche, la presenza della nebbia in Provincia di Verona presenta
una graduale diminuzione verso nord, con un numero medio di 90 giorni di nebbia
all’anno nelle zone meridionali e di 60 giorni nelle zone settentrionali.
Il fenomeno della nebbia costituisce un pericolo diretto come quello legato ad altri
fenomeni atmosferici, ma rappresenta una forzante indiretta assai pericolosa, poiché
genera grandi disagi, specie alla circolazione automobilistica, originando in alcuni casi
situazioni a rischio per il verificarsi di incidenti pericolosi che, talora, coinvolgono un
grande numero di veicoli, con pericolo per la vita umana e con la possibilità di innescare
l’effetto domino se vengono coinvolti trasporti di sostanze pericolose, la cui fuoriuscita
può dare origine a fenomeni di inquinamento di aria ed acqua.
33..66..22 TTEEMMPPEERRAATTUURREE EESSTTRREEMMEE EE SSBBAALLZZII TTEERRMMIICCII
Fanno parte di questa classe di eventi le gelate e la galaverna, entrambe contraddistinte
da un abbassamento della temperatura tale da portare disagi sia alle persone, sia ai
veicoli. Sono anche qui classificabili ondate di calura, che possono addirittura essere
causa di morte, come è avvenuto qualche estate fa (2003) in alcune parti di Europa, per
gli individui vulnerabili, quali gli anziani ed i cardiopatici.
33..66..22..11 LLee ggeellaattee
Le gelate assumono una notevole importanza nelle operazioni di Protezione civile, in
quanto il fenomeno è in grado di condizionare la permanenza all’aperto delle persone e
limitare la capacità operativa degli impianti tecnologici (effetto del gelo sulle tubature,
aumento della necessità di combustibili per il riscaldamento, ecc.) e dei trasporti ( rischi
per la circolazione stradale dovuti al ghiaccio, blocco degli scambi ferroviari, ecc.).
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444555---111000666
Le statistiche evidenziano come le gelate si presentino di norma nel periodo compreso
fra ottobre e maggio e che la probabilità di gelata risulti significativa a partire dalla terza
decade di ottobre e fino alla terza decade di aprile.
Lo strato di ghiaccio, generalmente omogeneo e trasparente, che viene determinato dal
congelamento delle goccioline di nebbia o delle gocce di pioggia, si deposita sugli
oggetti a temperatura superficiale inferiore allo zero termico o di poco superiore.
Tra le province del Veneto quella di Verona e, in particolare, il capoluogo, risulta una
delle più colpite dalle gelate, soprattutto a causa della sua relativa lontananza dal mare.
Le grandi superfici d’acqua, infatti, sono in grado di immagazzinare calore durante
l’estate per poi cederlo gradualmente durante l’inverno. A parità di condizioni
geografiche e climatiche, quanto più ci si allontana dall’influenza del mare, tanto più
aumenta la durata dei periodi a bassa temperatura, prossima o inferiore allo zero.
Le gelate sono un fenomeno abbastanza agevole da prevedere, anche con 3-4 giorni di
anticipo, ma non è facile prevederne l’intensità e la durata.
Oltre ai danni provocati in agricoltura, le gelate sono molto pericolose anche per la
circolazione automobilistica e, soprattutto, per il trasporto di sostanze pericolose.
33..66..22..22 GGaallaavveerrnnaa ee GGeelliicciiddiioo
La galaverna è una formazione di ghiaccio, detta anche ghiaccio granulare, costituita da
granuli più o meno separati da inclusioni di aria, talvolta con ramificazioni cristalline,
dall’aspetto friabile e dal colore bianco.
Essa di produce per rapido congelamento di piccolissime goccioline sopraffuse di
nebbia o di una nube, ovvero ove compaiano contemporaneamente condizioni di alta
umidità e basse temperature. In queste situazioni l’umidità dell’aria si congela formando
dei sottili aghi di ghiaccio, aderenti a tutte le superfici esposte, che si accumulano l’uno
sull’altro dando origine al fenomeno della galaverna.
Nel caso in cui piccolissime gocce di pioggia cadono su superfici gelate, si ha la
conseguente formazione concentrica di sottili strati di ghiaccio che danno origine al
gelicidio.
Galaverna e gelicidio, oltre ad essere spettacoli naturali, possono diventare dei veri
cataclismi per le zone boschive e strutture come pali e cavi delle linee elettriche, in
quanto se di grossa intensità, cioè quando si accumulano diversi centimetri di ghiaccio,
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444666---111000666
sugli alberi ad esempio, vengono compromesse le capacità elastiche dei fusti e dei rami
che si schiantano così facilmente sotto la forza del vento.
33..66..22..33 OOnnddaattee ddii ccaalloorree
La struttura meteorologica responsabile delle ondate di caldo sull’Italia (la più intensa
registrata nell’estate del 2003) è l’alta pressione africana; ciò nonostante è del tutto
normale che promontori di alta pressione si spingano dal Nord Africa verso il continente
europeo proponendo picchi di temperature molto elevate nel periodo estivo, di solito di
breve durata e talvolta anche temperature inusuali nel trimestre invernale. In alcuni casi
però si può parlare di anomalia climatica. Un’anomalia climatica si impone quando la
stessa struttura meteorologica tende a persistere per molto tempo sulle stesse zone,
riproponendo le stesse condizioni meteo per settimane o mesi, salvo brevi interruzioni.
Dal mese di maggio 2003 l’alta pressione africana ha pressoché caratterizzato
costantemente lo scenario meteorologico su gran parte dell’Europa centro-meridionale,
Italia compresa.
Esistono naturalmente anomalie di segno opposto, quando sono le depressioni a
prevalere sulle stesse aree per lunghi periodi, provocando talora anche alluvioni.
Nell’estate 2002 la persistenza delle alte pressioni privilegiò la Penisola Scandinava,
dove si rilevò l’estate più calda e siccitosa dall’inizio dei rilevamenti meteorologici,
mentre molte località del Nord Italia vivevano l’estate più piovosa degli ultimi 100 anni.
Il fenomeno delle ondate di calore ha conseguenze dannose e talvolta mortali,
soprattutto per gli individui vulnerabili, quali gli anziani ed i cardiopatici. Fonte: piano di emergenza provinciale
33..66..33 RRIISSCCHHIIOO MMEETTEEOO NNEELL CCOOMMUUNNEE DDII SSOONNAA
Sul nostro pianeta il rischio meteo può colpire indistintamente regioni diverse con
caratteristiche diverse. E’ innegabile che in certe località per condizioni orografiche,
geologiche e spaziali tale rischio sia più frequente. Nella zona del territorio di Sona, il
rischio meteo non è rilevante, ma è comunque presente sotto forma di grandinate,
nevicate, trombe d’aria, ecc. Un mezzo per affrontare questo tipo di rischio è avere
bollettini meteo sempre aggiornati e magari tarati sulla porzione di territorio in esame.
Questo permetterebbe di avere notizie regolari, aggiornate ed affidabili sulle condizioni
meteo e di avere con un certo preavviso il potenziale insorgere di un rischio
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444777---111000666
meteorologico, permettendo un tempestivo intervento da parte delle forze del Comune
ed uso dei mezzi a disposizione.
Il Comune di Sona ha predisposto un piano di interveno nel caso in cui il territorio
dovesse essere interessato da intense nevicate. Tale piano ha lo scopo di individuare le
arterie a maggior rischio per focalizzare gli interventi laddove vi è maggior traffico
associato alla maggior pericolosità(dovuta ad esempio alla presenza di tracciati viari
tortuosi ed acclivi). Essendo i mezzi a disposizione del Comune non atti a garantire un
intervento tempestoso ed efficiente, il Comune si avvale dell’intervento della ditta
Givani S.r.l., con sede a Palazzolo di Sona.
Riportiamo di seguito l’elenco delle vie interessate dal piano di intervento, secondo il
diverso rischio associato, ovvero moderato, medio ed elevato:
Tabella 5: vie di Sona e rischio neve associato
NOME VIA FRAZIONE CODVIA RISCHIONEVE
VIA FIUME Lugagnano 273 Medio
VIA FESTARA Lugagnano 317 Medio
VIA CAPITELLO Lugagnano 261 Medio
VIA BECCARIE Lugagnano 251 Medio
VIA CADUTI D.LAVORO Lugagnano 319 Medio
VIA MOLINARA NUOVA Lugagnano 291 Medio
VIA A. PELACANE Lugagnano 296 Medio
VIA CASE NUOVE Lugagnano 0 Medio
VIA BUSSOLENGO Lugagnano 256 Medio
VIA CAO DEL PRA’ Lugagnano 260 Medio
VIA ROBERT KENNEDY Lugagnano 279 Medio
VIA MANCALACQUA Lugagnano 284 Medio
VIA MINCIO Lugagnano 289 Medio
VIA STAZIONE -LUG.- Lugagnano 308 Medio
VIA 26 APRILE Lugagnano 248 Medio
VIA SAN FRANCESCO Lugagnano 303 Medio
VIA G. CARDUCCI Lugagnano 262 Medio
VIA BECCARIE Lugagnano 251 Medio
VIA ISONZO Palazzolo 212 Moderato
VIA IV NOVEMBRE Palazzolo 218 Moderato
VIA CASTAGNARO Palazzolo 198 Moderato
VIA SANTA GIUSTINA Palazzolo 232 Elevato
VIA PRELE Palazzolo 223 Medio
VIA MONTEPAUL Palazzolo 216 Medio
VIA BARBARAGO Palazzolo 184 Medio
V. CASETTE DI SOPRA Palazzolo 196 Moderato
VIA IV NOVEMBRE Palazzolo 218 Elevato
VIA CAV. A.GIRELLI Palazzolo 210 Moderato
VIA LA PRA’ Palazzolo 213 Elevato
VIA BELLEVIE Palazzolo 188 Moderato
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444888---111000666
VIA CAVECCHIE Palazzolo 201 Moderato
VIA CASTAGNE Palazzolo 199 Medio
VIA CANOVE San Giorgio in Salici 99 Elevato
VIA SEGRADI San Giorgio in Salici 165 Medio
VIA CHERUBINA San Giorgio in Salici 115 Elevato
VIA SEGRADI San Giorgio in Salici 165 Elevato
PIAZZA CHIESA San Giorgio in Salici 116 Elevato
VIA CELA’ San Giorgio in Salici 114 Elevato
VIA SEGRADI San Giorgio in Salici 165 Medio
VIA FINCO San Giorgio in Salici 124 Medio
LOCALITA’ FERRARI San Giorgio in Salici 123 Medio
VIA PLATANO San Giorgio in Salici 156 Medio
VIA L. DA VINCI San Giorgio in Salici 135 Medio
VIA SANTINI San Giorgio in Salici 163 Elevato
VIA SANTINI San Giorgio in Salici 163 Medio
VIA SANTINI San Giorgio in Salici 163 Elevato
VIA BELVEDERE -S.G. San Giorgio in Salici 91 Medio
VIA CASON San Giorgio in Salici 111 Elevato
VIA MANGANO Sona 35 Moderato
VIA VALLE Sona 81 Elevato
VIA FUSARA Sona 26 Moderato
VIA DISCESA CHIESA Sona 22 Moderato
LOCALITA’ CAVECCHIA Sona 16 Medio
VIA CANOVA -SONA- Sona 10 Medio
VIA BELLONA Sona 4 Moderato
VIA BELLAVISTA Sona 2 XXX
VIA G.MARCONI-SONA- Sona 36 Moderato
VIA PIE’ DI COLLE Sona 56 Elevato
VIA TRUPPE ALPINE Sona 79 Elevato
VIA ROMA-FRAZ.SONA Sona 66 Moderato
VIA P. MASCAGNI Sona 37 Moderato
VIA G. DONIZETTI Sona 23 Medio
VIA ANTIERA Sona 1 Medio
VIA TERMINON Sona 75 Elevato
VIA SAN QUIRICO Sona 70 Medio
VIA PORTEGONI Sona 58 Elevato
VIA RAINERA Sona 63 Medio
VIA VAL DI SANDRA’ Sona 80 Moderato
VIA LA PEZZA Sona 54 Medio
VIA MORSARA Sona 50 Medio
VIA MERLA Sona 39 Moderato
VIA POZZA D. LASTRE Sona 59 Elevato*
PIAZZA DELLA VITTORIA Sona 84 Elevato
VIA MONTE ORTIGARA Sona 45 Medio
VIA CASELLA Sona 108 Medio
VIA VALLE Sona 81 Elevato*
PIAZZA ROMA Sona 65 Elevato*
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444999---111000666
* vie aggiunte dallo scrivente al piano originario, onde garantire la continuità di
circolazione
Il consiglio per il Comune è quello di sottoscrivere una convenzione non
necessariamente onerosa con il Centro Meteo dell’ARPAVdi Teolo, in modo da
ricevere direttamente i bollettini giornalieri di informazione meteo e ricorrere alle
procedure del caso nel momento in cui si ravvisa il pericolo di allagamenti, nevicate e
trombe d’aria. Per quanto concerne la grandine, stante la forte aleatorietà delle
previsioni, non è possibile fare molto, se non informare gli operatori del settore
agricolo, in modo che possano prendere autonomamente decisioni tempestive nei
periodi di maggior vulnerabilità ed esposizione.
33..77 RRIISSCCHHIIOO SSIISSMMIICCOO
L’Ordinanza n. 3467 del 13 ottobre 2005 dal titolo “Disposizioni urgenti di protezione
civile in materia di norme tecniche per le costruzioni in zona sismica” sancisce di fatto
che l’Ordinanza della Protezione Civile n. 3274 “Primi elementi in materia di criteri
generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e normative tecniche per
le costruzioni in zona sismica” in materia antisismica non entrerà in vigore. Questo
perchè l’Ordinanza 3467 fa slittare l’effettiva l’entrata in vigore della 3274 al 23 ottobre
2005, ma dal momento che dal 23 ottobre diventano ufficialmente operative le nuove
Norme Tecniche per le costruzioni che contengono disposizioni in materia antisismica,
di fatto le nuove Norme Tecniche sorpassano l’Ordinanza della protezione civile.
Comunque dal 23 ottobre 2005 ha avuto comunque inizio il periodo di 18 mesi di
“allineamento tecnico” durante i quali sarà ancora possibile far riferimento alla vecchia
normativa.
Il regime transitorio per l’applicabilità delle nuove norme tecniche è disciplinato dalla
Legge dello Stato 17/08/2005 n.168 all’art. 14-undevicies: “al fine di avviare una fase
sperimentale di applicazione delle norme tecniche di cui al comma 1, è consentita, per
un periodo di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore delle stesse, la possibilità di
applicazione, in alternativa, della normativa precedente sulla medesima materia, di cui
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555000---111000666
alla legge 5 novembre 1971, n. 1086, e alla legge 2 febbraio 1974, n. 64, e relative
norme di attuazione, fatto salvo, comunque, quanto previsto dall’applicazione del
regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 aprile 1993, n. 246”.
L’ordinanza n. 3274 della Presidenza del Consiglio dei Ministri , pubblicata sul
supplemento ordinario 72 alla gazzetta ufficiale n° 105 dell’ 8 maggio 2003, approvava
i “Criteri per l’individuazione delle zone sismiche – individuazione, formazione ed
aggiornamento degli elenchi nelle medesime zone” (allegato 1) e le connesse norme
tecniche (allegati 2, 3 e 4). Inoltre conteneva la ri-classificazione delle zone a rischio
sismico. L’aggiornamento della mappa, che era stato completato nel 198414 per mezzo
dei decreti del ministero dei lavori pubblici, era stato elaborato anche sulla base della
classificazione stilata dal Consiglio Sismico Nazionale nel 1997. Quindi dopo quasi
venti anni dalla precedente classificazione, la mappa nazionale è stata integrata e
aggiornata anche in considerazione degli ultimi eventi registrati.
La normativa prevede inoltre, sempre allo scopo di garantire la reale utilità della legge,
che le Regioni possano modificare con ampia discrezionalità la classificazione sismica
dei Comuni.
L’ordinanza pubblicata è sulla linea di tendenza già tracciata in questo settore dal
Decreto Legislativo 112/1998 che attribuisce allo Stato il compito di fissare i criteri
generali per la redazione della mappa sismica e delle norme tecniche di progettazione e
alle Regioni il compito di individuare nell’ambito del proprio territorio le zone a rischio
e di aggiornare l’elenco.
La novità della nuova mappa sismica sta nel fatto che tutto il territorio nazionale viene
considerato includendo nell’ambito della “zona 4” tutti quei territori che sono stati
esclusi sino ad oggi da ogni classificazione sismica.
Nella classificazione definita dai Decreti emessi fino al 1984 la sismicità è definita
attraverso il “grado di sismicità” S.
14 Il Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 14 luglio del 1984 rappresenta l’ultimo di una serie di decreti emanati dal Ministero del Lavori Pubblici tra il 1979 e il 1984 con i quali sono stati ridisegnati i limiti della classificazione sismica in vigore fino al 2003; La normativa sismica dal 1984 ha avuto ulteriori sviluppi negli anni 1996 – 1998 (D.M. 16.1.96, circolare 65/97, revisione delle “Linee guida per le strutture isolate” del 1998) e nel 2003 con l’emanazione dell’ordinanza n.3274 del 20.03.03., con la pubblicazione sulla gazzetta ufficiale dell’ 8 maggio 2003 n.105
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555111---111000666
Nella proposta di riclassificazione del D.LGS del 1998 si utilizzano 3 categorie
sismiche più una categoria di Comuni Non Classificati (NC).
Nella classificazione 2003 la sismicità è definita mediante quattro zone, numerate da 1 a
4.
La corrispondenza fra queste diverse definizioni è riportata di seguito
Tabella 6: corrispondenze di classificazione sismica
Decreti fino al 1984 DLGS 112/1998 Classificazione Ord. 3274/2003 S = 12 Prima categoria Zona 1 S = 9 Seconda categoria Zona 2 S = 6 Terza categoria Zona 3
Non classificato = NC Zona 4
La divisione dei comuni in quattro gruppi fa riferimento all’accelerazione massima in
direzione orizzontale che il terreno può subire in caso di terremoto.
Il Comune di Sona secondo la nuova ordinanza 3274/2003 è in classe sismica 3.
33..77..11 RRIISSCCHHIIOO SSIISSMMIICCOO NNEELL TTEERRRRIITTOORRIIOO VVEERROONNEESSEE::
L’area del territorio di Verona e conseguentemente di Sona sembra essere stata
interessata dai fenomeni sismici più violenti in epoca romana e medioevale mentre,
presenta una sismicità relativamente bassa nel periodo strumentale (periodo in cui i vari
dati dei terremoti vengono oggettivamente registrati da strumenti). Prendendo in esame
i terremoti del periodo storico si può dire che hanno interessato specialmente le regioni
circostanti il Lago di Garda e la fascia pedemontana ad est del lago stesso. Si vede
inoltre un’evidente concentrazione di attività sismica nella zona del monte Baldo , di
Verona e di Vicenza con terremoti che possono raggiungere anche il IX° grado della
scala Mercalli. La localizzazione dei sismi storici di questa parte della regione alpina è
stata senz’altro influenzata dalla presenza delle città venete e da alcuni centri abitati
presso il lago di Garda, che godettero importanza anche nei secoli passati. Per quanto
riguarda gli eventi più forti bisogna dire che sono stati ristudiati in dettaglio, ma la loro
locazione risulta molto approssimata, essendosi manifestati con valori di intensità anche
superiori al X° grado della scala Mercalli ed avendo perciò interessato aree vastissime.
Il sisma del 21 luglio 365 d.C. di intensità stimata intorno all’XI° grado della scala
Mercalli, provocò gravissime distruzioni a Belluno, Padova e Verona; pare addirittura
che il fiume Piave abbia cambiato il suo percorso. Un altro terribile terremoto colpì
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555222---111000666
praticamente tutta l’Italia settentrionale il 3 gennaio 1117, provocando distruzioni da
Piacenza a Cividale e persino in Svizzera. Si citano inoltre i terremoti che nell’ultimo
decennio del 1800 colpirono la zona pedemontana tra Verona e Vicenza con intensità
dell’VIII° grado della scala Mercalli. I terremoti del secolo in corso hanno interessato
principalmente la regione ad ovest del Lago di Garda. Un’analisi critica dei dati finora
esposti porta a considerare sicuramente attiva la zona circostante il lago di Garda e la
regione pedemontana. Fonte: piano di emergenza provinciale
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http://www.ips.it/scuola/concorso/terremoti/Tet1.nvmhttp://www.ips.it/scuola/concorso/terremoti/Tet3.nvm
Figura 3: carta geologico-strutturale e dei volumi focali nei territori ad est del lago di
Garda.
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33..88 RRIISSCCHHIIOO CCOONNNNEESSSSOO AALL TTRRAASSPPOORRTTOO DDII SSOOSSTTAANNZZEE PPEERRIICCOOLLOOSSEE
A livello europeo esistono degli accordi che definiscono le merci pericolose e le
suddividono in classi di pericolosità, individuano gli imballaggi adatti e l’etichettatura,
indicano prescrizioni riguardanti le caratteristiche dei vettori, le procedure di carico e
scarico, di ammaraggio e la formazione del personale coinvolto
Questi accordi sono raccolti sotto le seguenti sigle:
� ADR per la strada
� RID per la ferrovia
� RIN per le vie navigabili,
� IMDG Code per il mare
� ICAO per il trasporto aereo.
I pericoli derivanti dalle attività di trasporto si possono manifestare tanto all’interno
quanto all’esterno del sistema dei trasporti, costituito dalle infrastrutture, dai veicoli, dal
personale addetto, nonché dai suoi utenti La difesa dal rischio trasporti costituisce un
problema che coinvolge sia il livello locale, sia quello soprattutto provinciale, quando le
conseguenze di eventuali incidenti minacciano la sicurezza di quanto è situato
all’esterno del sistema dei trasporti, in particolar modo l’ambiente, nel senso più lato, e
le persone che lo abitano. Il rischio connesso alle attività di trasporto si può presentare
in forma attiva o passiva:
Ø Forma Attiva: il rischio si presenta associato alle attività di trasporto di qualunque
natura che si svolgono sul territorio, allorché da tali attività possano insorgere pericoli
per l’incolumità delle popolazioni non direttamente coinvolte nelle attività stesse e
danni all’integrità dell’ambiente;
Ø Forma Passiva: il rischio trasporti si manifesta allorché per qualche grave calamità
naturale od occasionale o per eventi catastrofici correlati, si rendano localmente
impossibili le attività di trasporto, per cui un’area circoscritta resta isolata e priva di
collegamenti col resto del territorio, con pericolo per l’incolumità e la sopravvivenza
delle popolazioni insediate.
Il comune di Sona è interessato dal rischio connesso al trasportio di sostanze pericolose,
in quanto il suo territorio è attraversato dalla linea ferroviaria MI-VE nella zona di San
Giorgio in Salici, dall’Autostrada A4 e dalle strade S.S. 11 ed S.P. 26 che attraversano il
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Comune da ovest ad est e da nord a sud. Le strade di collegamento fra Comuni o da/per
il capoluogo di Provincia, sono sempre arterie di rischio in quanto il trasporto su gomma
sceglie questi percorsi piuttosto che strade alternative, spesso caratterizzate da
careggiate modeste o percorsi tortuosi. Per l’autostrada va da se che su di essa circolano
merci di ogni genere, tanto più che l’A4 è l’autostrada di collegamento con i paesi
dell’Est, passando per Venezia, importante polo industriale con Marghera e zone
limitrofe, senza scordare il raccordo con l’A22, di collegamento con il Brennero ed il
Nord Europa.
Il problema della sicurezza dei trasporti presenta criticità analoghe al rischio industriale,
ma è caratterizzato da un maggior grado di indeterminazione. Quando si verifica un
incidente industriale è possibile ipotizzare con sufficiente approssimazione l’epicentro e
l’estensione areale in emergenza, mentre non è possibile conoscere a priori dove può
avvenire un incidente, sia che esso sia stradale, ferroviario o marittimo, né quali
sostanze pericolose sarebbero eventualmente coinvolte e, di conseguenza, non è
possibile sapere chi ricadrebbe all’interno della zona a rischio.
La rilevanza di tali rischi non è generalmente percepita dalla popolazione che non
associa il forte tasso di incidentalità che connota le nostre strade con i rischi connessi
con la fuoriuscita delle merci pericolose trasportate.
Pochi sanno che si possono raggiungere esiti catastrofici con gravi perdite di vite umane
come quello (il più conosciuto e grave) accaduto il 10 luglio 1978 in Spagna, in
prossimità di un campeggio a San Carlo, dove da un’autocisterna fuoriuscirono 22
tonnellate di propilene la cui esplosione causò più di 200 morti.
Il rischio legato al trasporto di sostanze pericolose interessa non solo le merci che hanno
la propria origine e destinazione nel territorio di competenza, ma anche quelle che vi
transitano e di cui è difficile, per non dire quasi impossibile, tenere memoria, almeno
sulla base delle procedure e delle leggi attuali.
Infatti il trasporto di merci pericolose utilizza diversi vettori: ferroviario,
fluviale/marittimo, aereo, stradale. Il volume maggiore viaggia su gomma e su ferro.
Gli scali ferroviari per tale tipo di trasporto sono in parte disciplinati dal D.lgs. 334/99
(Severo II), all’articolo 4 comma 2, ma non sono segnalati e classificati all’interno
dell’elenco degli impianti a rischio; il trasporto su strada è forse più preoccupante
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555666---111000666
ancora, dal momento che utilizza la stessa rete, congestionata, sulla quale corre il
trasporto passeggeri e di altre merci;
Il trasporto di sostanze pericolose non è disciplinato da leggi quadro nazionali, ma è
affidato ad alcuni accordi internazionali15, in particolare l’ADR, acronimo di
“European Agreement concerning the International Carriage of Dangerous Goods by
Road”, sottoscritta dall’Italia ed estesa anche alla rete interna. Tali accordi però non
disciplinano in modo stretto l’ammissibilità dell’attraversamento di centri urbani e zone
particolarmente vulnerabili. Essi sono orientati prevalentemente a definire le modalità di
carico e scarico, di sosta, nonché le caratteristiche dei vettori e delle modalità di
segnalazione agli altri utenti della strada relativamente alle sostanze trasportate ed alla
loro pericolosità. È lasciata all’autonomia delle Amministrazioni Locali la decisione di
emettere ordinanze in merito alla non attraversabilità dei propri territori di competenza
da parte di detti trasporti, od imporre condizioni restrittive, oppure percorsi obbligati per
i quali ci sia un piano di emergenza mirato. In questa ottica la Provincia potrebbe
coordinare le limitazioni decise a scala locale, in modo da salvaguardare nel contempo
l’incolumità pubblica senza impedire del tutto il trasporto merci, ovviamente necessarie,
pur essendo pericolose, per altre attività produttive ed in quanto fonti di reddito per le
stesse comunità locali.
Proprio perché tale trasporto non è disciplinato da obblighi specifici nei confronti dei
territori attraversati, non esistono dati sui tragitti maggiormente utilizzati, sugli orari di
attraversamento dei centri abitati, ecc.
I percorsi più importanti da e per le aziende sono stati identificati sulla base dell’esame
della rete viaria esistente e dei dati di rilevamento del traffico pesante sulla stessa. Fonte: piano di emergenza provinciale
33..99 RRIISSCCHHIIOO VVIIAABBIILLIITTÀÀ
Il rischio viabilità è il rischio connesso al congestionamento ed al rallentamento della
viabilità in generale, dovuto a traffico intenso, ad incidenti od altre cause, quali scioperi
o lavori in corso, ecc.
15 vedasi il capitolo sulla normativa in materia
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555777---111000666
Inoltre il rischio viabilità può essere associato al rischio trasporto di materiali pericolosi;
tale rischio può in modo diverso essere definito come rischio chimico dovuto al
trasporto di sostanze pericolose.
Il rischio chimico di cui sopra è costituito dalla possibilità che durante il trasporto
stradale, ferroviario ed aereo di una sostanza pericolosa, si verifichi un incidente in
grado di provocare danni alle persone, alle cose ed all’ambiente.
Si tratta di un rischio particolarmente importante, poiché contrariamente a quanto
avviene per gli impianti fissi, i materiali trasportati possono venire a trovarsi molto più
vicini alla popolazione; possono essere messi in contenitori non sufficientemente
resistenti ed inoltre le modalità di intervento potrebbero rivelarsi molto più complesse e
difficoltose non essendo ovviamente possibile conoscere a priori la località in cui potrà
verificarsi un eventuale incidente.
Il rischio viabilità interessa il traffico su gomma, ferrato ed aereo.
Gli eventi assumono aspetti del tutto particolari quando il tratto stradale interessato
riveste particolari caratteristiche territoriali, come ad esempio:
- strade di sbocco di valli alpine e prealpine, non dotate di altre vie di collegamento
alternative affidabili;
- eventuali strade costiere lacuali, fiancheggiate, sul lato montano, da territori soggetti a
rischi naturali;
- sistemi stradali intersecantisi in modo complesso, anche in collegamento con tratti
autostradali;
- strade di circonvallazione di importanti città;
- zone urbanizzate ed aree industriali;
- tratti interessati da forte pendolarismo.
Il rischio legato al traffico, in senso proprio, comporta danni alle persone ed alle cose e
può essere sostanzialmente prevenuto e limitato:
- con adeguati sistemi di controllo della circolazione, di tipo impiantistico, di tipo
repressivo, di tipo educativo;
- predisponendo sistemi di soccorso tempestivo, sia nel caso di assistenza ai feriti, che
di sostegno alle persone che siano rimaste intrappolate nei tratti stradali prossimi
all’incidente
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- identificando in tempo di pace percorsi alternativi da utilizzarsi in caso di emergenze
Il rischio legato al trasporto merci comporta la dispersione di oggetti e sostanze che
possono causare danni di vario genere: meccanici (intralcio, urto, esplosione), chimici
(sversamento sostanze), liberazione di gas o nubi tossiche.
Concludendo, di fronte all’emergenza traffico e trasporto stradale, la flessibilità si
ottiene garantendo un migliore trasporto ferroviario e favorendo l’uso di tutte le
direttrici disponibili, flessibilità che si sviluppa anche attraverso l’integrazione della rete
maggiore con la mobilità locale, che costituisce il presupposto per garantire
l’ottimizzazione dell’uso dei modi di trasporto e la scelta di percorsi alternativi.
33..99..11 IILL SSIISSTTEEMMAA VVIIAARRIIOO DDEELL CCOOMMUUNNEE DDII SSOONNAA
Il Comune di Sona in virtù della propria posizione si può considerare ad elevato rischio
viabilità in quanto attraversato da importanti strade, anelli di collegamento con tratti
autostradali e zone urbanizzate ed aree industriali.
Sona fra l’altro è limitrofa al Comune di Verona, dove vi sono importanti centri
industriali e commerciali (Quadrante Europa, ZAI Bassone, ecc) ed è attraversata da due
importanti autostrade del Nord Italia, l’autostrada A4 Brescia-Venezia e l’autostrada
A22 del Brennero.
La rete viaria del Comune di Sona si può distinguere in autostrade, viabilità primaria,
viabilità secondaria e strade locali. Alla viabilità primaria appartengono le strade
principali di collegamento tra Sona e i comuni limitrofi; alla viabilità secondaria
appartengono sempre le strade di collegamento, ma di importanza inferiore rispetto alle
precedenti; infine alle strade locali appartengono tutte le altre vie dedite al collegamento
interno.
Il tracciato dell’autostrada A4 attraversa il territorio di Sona a sud della frazione di San
Giorgio in Salici; mentre l’autostrada A22 lambisce il confine ad est del Comune, in
vicinanza di Lugagnano. La rete stradale comunale è interessata dalla presenza
dell’autostrada, in quanto il proseguimento di Via Molinara da Sona al territorio di
Sommacampagna, conduce al casello autostradale della stessa.
Gli altri due assi di collegamento importanti a livello provinciale che interessano il
territorio sono la S.S. n.11 e Via Molinara (S.P. n.26). La S.S.11 attraversa il Comune
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555999---111000666
con direzione est-ovest, costituendo un importante collegamento tra gli innumerevoli
Comuni che vi si affacciano. Nel tratto all’interno del Comune di Sona la strada S.S.11
attraversa un gran numero di stabilimenti industriali e la zona urbanizzata di Bosco, ove
confluiscono anche altre due importanti vie di collegamento:Via San Quirico per la
frazione di Sona e Via Bellevie per la frazione di Palazzolo.
Via Molinara (S.P.26), oltre a costituire un importante collegamento nord-sud,
principalmente tra il Comune di Bussolengo e quello di Sommacampagna, rappresenta
la via preferenziale per il raggiungimento della strada statale (via Trentino) che conduce
al Centro Commerciale “La Grande Mela” e al casello autostradale dell’A4 nel Comune
di Sommacampagna. Nel tracciato che interessa il Comune di Sona la S.P.26 mantiene
un tracciato principalmente rettilineo e vi si attestano tramite due ampi svincoli a
rotatoria, due vie secondarie: via Trentino, che conduce direttamente al Centro
Commerciale e la via di collegamento Lugagnano-Sona (via Fusara, via Portegoni).
La frazione di Lugagnano è attraversata da due direttrici che si intersecano quasi
perpendicolarmente nel cuore della frazione. Tali assi, soprattutto negli ultimi anni, a
causa dell’espansione industriale e commerciale delle zone attraversate, hanno visto
crescere il loro traffico in maniera significativa. L’asse costituito nell’ambito extra
urbano da via Bussolengo e da via della Stazione, costituisce un importante
collegamento tra il Comune di Bussolengo e la frazione Caselle del Comune di
Sommacampagna, mentre l’asse che attraversa Lugagnano con direzione est-ovest
assume un’impropria funzione di via secondaria per raggiungere il Centro Commerciale
ed il casello autostradale di Sommacampagna, rispetto alla strada statale più a monte.
L’intersezione delle due direttrici è regolata da un semaforo.
Il capoluogo di Provincia è raggiungibile dalla S.S.11 tramite la S.P.54A e Via San
Quirico e dalla S.S.26 tramite Via Fusara. La frazione di Palazzolo è collegata alla
viabilità primaria della Strada Statale da Via Bellevie, mentre la Frazione di San
Giorgio in Salici da Via Platano e da Via Giacomona16.
In particolare la S.S.11 è sicuramente caratterizzata da intenso traffico di tipo turistico,
in modo particolare nei periodi estivi e festivi, nonché in prossimità di parchi
divertimento, situati nella riviera lacustre e centri commerciali, come la Grande Mela
nel Comune di Sona e la Città Mercato nel Comune di Bussolengo.
16 Dal “Piano Generale del Traffico Urbano” redatto dalla NetMobility s.r.l. di Verona.
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666000---111000666
In prossimità del capoluogo la SS11 viene alleggerita dal traffico pesante dal sistema di
tangenziali che portano alle zone industriali e che permettono di evitare il centro. Fonte: “Piano Generale del Traffico Urbano” redatto dalla NetMobility s.r.l. di Verona
33..99..22 RRIISSCCHHIIOO VVIIAABBIILLIITTÀÀ NNEELL CCOOMMUUNNEE DDII SSOONNAA
Il territorio comunale, in virtù della sua posizione strategica, è attraversato da sostenuti
flussi veicolari sia lungo la direttrice nord-sud, che mette in comunicazione da un lato
Bussolengo e Sommacampagna (via Molinara) e Bussolengo con Caselle (via
Bussolengo – via Pelacane – via Stazione), sia in direzione est-ovest sulla SS11 e
sull’asse Verona – Lugagnano – Grande Mela, impropriamente utilizzato come by-pass
della strada statale.
La frazione che presenta maggiori criticità è sicuramente la frazione di Lugagnano con
quella di Bosco, in quanto sostiene i flussi di traffico provenienti dalla zona industriale
“Giacomona”, dagli abitati di Sona e Palazzolo. In questa frazione si ha anche la più
elevata incidentalità del territorio comunale.
Le intersezioni semaforiche più congestionate sono:
• Intersecazione di via Pelacane-via Cao del Pra-via XXVI Aprile-via Stazione
(nel centro di Lugagnano)
• Tutta via Cao del Pra (è la via con il maggior indice di incidentalità del
Comune).
Altri punti di congestione del traffico a causa dei semafori sono:
• SS11 in prossimità di via Crocette (via Crocette per Castelnuovo, via Platano e
via Crocette da Verona )
• via Bosco (SS11 via Verona, via S. Quirico, SS11 via Bosco e via Belevie)
• incrocio con via Molinara.
Questi tre punti di intersezione sono congestionati nelle ore di punta dei giorni feriali
così come nei week-end, a causa dei flussi di turistici diretti sul lago di Garda.
Riportiamo di seguito una tabella con le vie a maggior indice di incidentalità del
territorio comunale:
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Tabella 7: vie a maggior indice di incidentalità nel territorio di Sona
Via/Piazza Localizzazione Indice di
incidentalità (1999-2003)
Lugagnano → via Cao del prà 13.5 Lugagnano → via Festara Intersezione via Trentino 13.0 Sona → SS11 – via Verona Incrocio via S. Quirico 13.0 Sona → SS11 km 288/500 Loc. Bosco di Sona 12.0 Lugagnano → via Stazione Intersezione via Cao del Prà -
semaforizzata 11.0
Sona → SS11 – via Verona 10.0 Lugagnano → via Mancalaqua 9.5 Sona → SS11 km 287/600 9.0 Sona → SP26 via Molinara Vecchia Intersezione via Trentino - rotatoria 8.5 Sona → SS11 Intersezione via Molina (SP54/a) 8.5 Lugagnano → via XXVI Aprile 7.5
Per quanto concerne invece il traffico di merci leggere o pesanti, le vie maggiormente
trafficate sono via Crocette (SS.11) per il traffico leggero e via Verona per quello
pesante.
Riepilogando si può concludere che il traffico maggiore viene assorbito dalle arterie
SS.11 ed SP.26, ma anche, in misura minore, dalle vie ad esse parallele: asse via
Stazione – via Bussolengo, asse via Beccarie – via Canova di Sona. Fonte: “Piano Generale del Traffico Urbano” redatto dalla NetMobility s.r.l. di Verona
33..99..22..11 LLaa GGrraannddee MMeellaa
Il centro commerciale “La Grande Mela” risulta essere uno dei maggiori attrattori di
traffico lungo via Trentino, da e verso la SP.26 - via Molinara e la SS.11.
Pertanto non va trascurato il fatto che il centro commerciale possa essere un elemento a
rischio e che debba quindi essere pensato per tempo un piano di evacuazione e
smaltimento del traffico pedonale e veicolare in uscita in caso di pericolo. Oltre al
traffico in uscita, deve essere consentito anche l’arrivo dei mezzi di soccorso. Per tal
motivo via Trentino, via Molinara e la SS.11 devono considerarsi vie di fuga/accesso
da/per il centro commerciale, (“La Grande Mela” è al centro di una doppia T di strade)
il cui traffico dovrà essere gestito dalle forze di polizia competenti.
Il numero di telefono in caso di emergenza per “La Grande Mela” è il seguente:
045.6081980 Fonte: piano di emergenza generale de “La Grande Mela”.
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666222---111000666
33..99..33 RRIISSCCHHIIOO TTRRAASSPPOORRTTOO FFEERRRROOVVIIAARRIIOO NNEELL CCOOMMUUNNEE DDII SSOONNAA
Il Comune di Sona è attraversato dalla ferrovia che collega Milano a Verona lungo il
Corridoio 5. Il trasporto su ferrovia è considerato da sempre più sicuro rispetto a quello
su gomma e pertanto si cerca da sempre di incentivare l’uso dei treni. Inoltre le merci
che viaggiano su rotaia usano applicazioni tecnologiche (monitoraggio degli
spostamenti), che consente alle imprese clienti di monitorare in tempo reale il punto
preciso lungo la rete in cui si trovano i carri in viaggio. Quindi l’eventuale trasporto di
materiali/sostanze pericolose è più sicuro in quanto si possono scegliere percorsi ad hoc
e perchè è possibile sapere in tempo reale l’esatta ubicazione del convoglio.
Da anni le ferrovie cercano di incentivare l’uso della rotaia, ma problema non
trascurabile è lo stato generale delle ferrovie italiane, la cui società RFI sta cercando di
porre rimendio con studi e progetti per nuove realizzazioni ed ammodernamento
tecnologico e strutturale e messa in sicurezza di quelle esistenti.
Il tratto ferroviario che interessa il Comune di Sona è un tratto di rete fondamentale in
quanto raggiunge il Quadrante Europa di Verona; quindi presumibilmente moderno e
tecnologicamente avanzato; difatto le ferrovie hanno effettuato degli accordi con la
Regione Veneto per potenziare gli impianti merci a Verona Quadrante Europa, per
valorizzare le aree dello Scalo Merci di Verona Porta Nuova e la riqualificazione e
valorizzazione di pertinenze ferroviarie nell’ambito del Nodo di Verona. Di
conseguenza questi interventi dovrebbero avere una ricaduta positiva sulla tratta che
porta a Verona.
Inoltre le ferrovie italiane hanno in progetto la realizzazione della nuova linea ad alta
velocità e capacità, in prevalente affiancamento alla attuale linea ferroviaria Milano-
Verona-Padova.
Le opere e gli impianti previsti si integrano topograficamente e funzionalmente con le
due tratte MI-VR e VR-PD, consentendo peraltro la connessione dell’asse Milano-
Verona-Padova con le altre direttrici (da e per il Brennero e da e per Bologna) afferenti
il nodo di Verona, esaltandone la funzione di snodo principale tra gli itinerari Lyon-
Milano-5° corridoio, il Tirreno-Brennero (Ti-Bre) e l’Adriatico-Brennero (A-Bre).
L’intervento ha origine in corrispondenza dell’attuale opera di scavalco dell’autostrada
A22, come prosecuzione della linea veloce MI-VR ed in stretto affiancamento con la
linea attuale MI-VR. Superata l’area di Quadrante Europa (ove è previsto il nuovo scalo
merci) il tratto di penetrazione urbana AV sottopassa la linea proveniente da Verona e
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666333---111000666
giunge alla stazione di Verona Porta Nuova in corrispondenza della parte sud
dell’impianto, formando così un nuovo fronte di stazione.
Detto ciò il rischio zero non esiste, pertanto è comunque possibile che possa accadere
un incidente. Laddove non sia possibile fare prevenzione è nella protezione che vanno
indirizzate le energie, con un adeguato piano di intervento delle forze dell’ordine, dei
sanitari e dei volontari.
Vedere scheda rischio ferroviario allegata (che non esiste ancora). fonte sito internet: http://www.rfi.it/pagine/rfi_03/accordi/veneto.asp
33..1100 IILL RRIISSCCHHIIOO IIDDRROOGGEEOOLLOOGGIICCOO
L’idrogeologia è quella disciplina delle scienze geologiche che studia le acque
sotterranee, anche in rapporto alle acque superficiali.
Nell’accezione comune, i termini dissesto idrogeologico e rischio idrogeologico
vengono tutt’ora usati per definire i fenomeni ed i danni reali o potenziali causati dalle
acque in generale, siano esse superficiali (in forma liquida o solida) o sotterranee.
Le manifestazioni più tipiche di fenomeni idrogeologici sono costituite dalle frane e
dalle alluvioni, seguite dalle erosioni costiere, subsidenze (intese sia come lenti
abbassamenti del livello del suolo che come sprofondamenti rapidi) e valanghe. Inoltre,
negli ultimi decenni, sono stati registrati numerosi episodi di siccità che hanno
determinato diffuse condizioni di emergenza idrica sul territorio.
Il dissesto idrogeologico rappresenta per il nostro Paese un problema di notevole
rilevanza, visti gli ingenti danni arrecati ai beni e, soprattutto, la perdita di moltissime
vite umane.
Visto quindi l’alto impatto causato da tali fenomeni e, soprattutto, in seguito ai tragici
eventi di Sarno (1998) il Ministero dell’Ambiente e gli Enti istituzionalmente
competenti in quegli anni (Anpa, Dipartimento dei Servizi tecnici nazionali e
Dipartimento della Protezione civile) diedero avvio ad un’analisi conoscitiva delle
condizioni di rischio su tutto il territorio nazionale con lo scopo di giungere ad una sua
mitigazione attraverso una politica congiunta di previsione e prevenzione.
Tale studio portò all’individuazione e perimetrazione, attraverso una metodologia
qualitativa, dei Comuni suddivisi per Regione con diverso “livello di attenzione per il
rischio idrogeologico” (molto elevato, elevato, medio, basso, non classificabile).
L’aggiornamento effettuato nel gennaio del 2003 mostrò i seguenti risultati:
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666444---111000666
� 5.581 comuni italiani (68,9% del totale) ricadono in aree classificate a potenziale
rischio idrogeologico più alto
Questi sono così suddivisi
il 21,1% dei comuni ha nel proprio territorio di competenza aree franabili
il 15,8% aree alluvionabili
e il 32,0% aree a dissesto misto (aree franabili ed aree alluvionabili).
La superficie nazionale classificata a potenziale rischio idrogeologico più alto è pari a:
� 21.551,3 Km2 (7,1% del totale nazionale)
suddivisa in
13.760 Km2 di aree franabili
7.791 Km2 di aree alluvionabili
1.544 Km2 aree a potenziale rischio valanga a cui sono accorpate quelle di
frana.
La Regione con il maggior numero di Comuni interessati (1046) è il Piemonte, mentre
la Sardegna è la regione con il minor numero (42). Le regioni caratterizzate dalla
percentuale più alta (100%), relativa al numero totale dei Comuni interessati da aree a
rischio potenziale più alto, sono la Calabria, l’Umbria e la Valle d’Aosta, mentre la
Sardegna è quella con la percentuale minore (11,2%) (dati forniti dal Ministero
dell’Ambiente e Tutela del Territorio).
Dalla lettura di tali dati si comprende come in Italia il rischio idrogeologico sia diffuso
in modo capillare e come si presenti in modo differente a seconda dell’assetto
geomorfologico del territorio: frane, esondazioni e dissesti morfologici di carattere
torrentizio, trasporto di massa lungo le conoidi nelle zone montane e collinari,
esondazioni e sprofondamenti nelle zone collinari e di pianura.
Tra i fattori naturali che predispongono il nostro territorio a frane ed alluvioni, rientra
senza dubbio la conformazione geologica e geomorfologica, caratterizzata da
un’orografia giovane e da rilievi in via di sollevamento.
Tuttavia il rischio idrogeologico è stato fortemente condizionato dall’azione dell’uomo
e dalle continue modifiche del territorio che hanno, da un lato, incrementato la
possibilità di accadimento dei fenomeni e, dall’altro, aumentato la presenza di beni e di
persone nelle zone dove tali eventi erano possibili e si sono poi manifestati, a volte con
effetti catastrofici. L’abbandono dei terreni montani, l’abusivismo edilizio, il continuo
disboscamento, l’uso di tecniche agricole poco rispettose dell’ambiente, l’apertura di
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666555---111000666
cave di prestito, l’occupazione di zone di pertinenza fluviale, l’estrazione incontrollata
di fluidi (acqua e gas) dal sottosuolo, il prelievo abusivo di inerti dagli alvei fluviali, la
mancata manutenzione dei versanti e dei corsi d’acqua hanno sicuramente aggravato il
dissesto e messo ulteriormente in evidenza la fragilità del territorio italiano.
Il continuo verificarsi di questi episodi ha indotto una politica di gestione del rischio
che affrontasse il problema non solo durante le emergenze.
Si è così passati da una impostazione di base incentrata sulla riparazione dei danni e
sull’erogazione di provvidenze, ad una cultura di previsione e prevenzione, diffusa a
vari livelli, imperniata sull’individuazione delle condizioni di rischio ed all’adozione di
interventi finalizzati alla minimizzazione dell’impatto degli eventi.
A seguito dell’emanazione di recenti provvedimenti normativi, oltre alla perimetrazione
delle aree del territorio italiano a rischio idrogeologico sono stati promossi, finanziati ed
intrapresi numerosi studi scientifici volti alla conoscenza dei fenomeni ed alla
definizione più puntuale delle condizioni di rischio.
Sono state inoltre incrementate ed accelerate le iniziative volte alla creazione di un
efficace sistema di allertamento e di sorveglianza dei fenomeni.
In termini analitici il rischio idrogeologico è espresso da una formula che lega
pericolosità, vulnerabilità ed esposizione al rischio (o valore esposto):
Rischio = pericolosità * vulnerabilità * esposizione
(R = P * V * E)
La pericolosità esprime la probabilità che in una zona si verifichi un evento dannoso di
una determinata intensità, entro un determinato periodo di tempo (che può essere il
“tempo di ritorno T17“). La pericolosità è dunque funzione della frequenza dell’evento.
In certi casi (come per le alluvioni) è possibile stimare, con una approssimazione
accettabile, la probabilità di accadimento per un determinato evento entro il periodo di
ritorno. In altri casi, come per alcuni tipi di frane, tale stima è di gran lunga più difficile
da ottenere.
La vulnerabilità invece indica l’attitudine di un determinata “componente ambientale”
(popolazione umana, edifici, servizi, infrastrutture, ecc.) a sopportare gli effetti in
funzione dell’intensità dell’evento. La vulnerabilità esprime il grado di perdite di un
17 Il tempo di ritorno T è l’inverso della frequenza statistica di accadimento dell’evento calamitoso.
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dato elemento o di una serie di elementi risultante dal verificarsi di un fenomeno di una
data magnitudo, espressa in una scala da zero (nessun danno) a uno (distruzione totale).
Il valore esposto o esposizione indica l’elemento che deve sopportare l’evento e può
essere espresso o dal numero di presenze umane o dal valore delle risorse naturali ed
economiche presenti, esposte ad un determinato pericolo (un’area densamente popolata
in prossimità di un fiume a rischio di esondazione ha un’esposizione al rischio
sicuramente maggiore di un’area coltivata posta nella stessa zona, con lo stesso rischio).
Il prodotto vulnerabilità per esposizione al rischio (danno atteso) indica quindi le
conseguenze derivanti all’uomo, in termini sia di perdite di vite umane, che di danni
materiali agli edifici, alle infrastrutture ed al sistema produttivo.
Il rischio esprime dunque il numero atteso di perdite di vite umane, di feriti, di danni a
proprietà, di distruzione di attività economiche o di risorse naturali, dovuti ad un
particolare evento dannoso; in altre parole il rischio è il prodotto della probabilità di
accadimento di un evento per le dimensioni del danno atteso. Fonte: sito internet dipartimento della protezione civile nazionale http://www.protezionecivile.it/
33..1100..11 LLEE AALLLLUUVVIIOONNII
Le alluvioni sono tra le manifestazioni più tipiche del dissesto idrogeologico e sono
causate da un corso d’acqua che, arricchitosi con una portata superiore a quella prevista,
rompe le arginature oppure tracima sopra di esse, invadendo la zona circostante ed
arrecando danni ad edifici, insediamenti industriali, vie di comunicazione, zone
agricole, etc.
33..1100..22 LLEE FFRRAANNEE
Si intende per frana un “movimento di una massa di roccia, terra o detrito lungo un
versante”. Le frane sono molto diffuse nel nostro Paese a causa delle condizioni
orografiche e della conformazione geologica del territorio, giovane ed in via di
sollevamento.
L’impatto socio-economico dei fenomeni franosi in Italia è rilevantissimo e fa sì che il
nostro paese sia tra i primi al mondo nella classifica dei danni in termini economici e,
soprattutto, in termini di perdita di vite umane.
Alcune statistiche basate sulle ricerche che il Gruppo Nazionale Difesa dalle Catastrofi
Idrogeologiche (GNDCI) e del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) hanno svolto
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
666777---111000666
per conto del Dipartimento di Protezione Civile, descrivono molto bene la gravità del
rischio.
Tabella 8: Progetto AVI del GNDCI-CNR – Censimento delle frane dal 1918 al 1994
Frane censite 32.000
Località interessate 21.000
Vittime e dispersi nel XX sec. 5939
Stima dei danni provocati mediamente ogni anno 1-2 miliardi di €
Inoltre un rapporto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e
dell’Unione delle Province d’Italia indica come in Italia le aree a rischio elevato e molto
elevato di frana siano diverse migliaia e coprano una superficie di 13.760 Km2, pari a
ben il 4,5 % del territorio italiano.
33..1100..22..11 TTiippii ddii ffrraannee
Le frane differiscono tra loro a seconda dei fattori di volta in volta considerati: cause del
movimento, durata e ripetitività del movimento, tipo e proprietà meccaniche del
materiale interessato, caratteristiche e preesistenza o non della superficie di distacco o di
scorrimento, tipo di movimento.
Frane molto diffuse sono quelle di crollo: il termine si riferisce ad una massa di terreno
o di roccia che si stacca da un versante molto acclive o aggettante e che si muove per
caduta libera con rotolamenti e/o rimbalzi. Tipico delle frane di crollo è il movimento
estremamente rapido.
Gli scorrimenti sono invece movimenti caratterizzati da deformazione di taglio e
spostamento lungo una o più superfici di rottura localizzate a diversa profondità nel
terreno. La massa dislocata si muove lungo tale superficie che rappresenta quindi il
limite tra la zona che è instabile e quella che invece è stabile. A seconda della
morfologia della superficie di separazione, si possono distinguere due tipi di
scorrimenti: rotazionali (superficie curva) o traslazionali (superficie piana o
leggermente ondulata).
Altri tipi di frane sono i colamenti: in questo caso si ha una deformazione continua nello
spazio di materiali lapidei e sciolti; il movimento, cioè, non avviene sulla superficie di
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666888---111000666
separazione fra massa in frana e materiale in posto, ma è distribuito in modo continuo
anche nel corpo di frana. I colamenti coinvolgono sia materiali rocciosi o detritici, che
sciolti, ed in questo caso l’aspetto del corpo di frana è chiaramente quello di un
materiale che si è mosso come un fluido. Questi ultimi tipi di colamenti sono molto
rapidi (si parla, infatti, anche di colate rapide di fango) come è stato possibile osservare
nel caso della tragedia di Sarno del 1998, durante la quale si è avuta la morte di 160
persone.
Dal punto di vista della protezione civile le frane presentano condizioni di pericolosità
diverse a seconda della massa e della velocità del corpo di frana.
Esistono, infatti, dissesti franosi a bassa pericolosità poiché sono caratterizzati da una
massa ridotta e da velocità costante e ridotta su lunghi periodi; altri dissesti, invece,
presentano una pericolosità più alta poiché aumentano repentinamente di velocità e sono
caratterizzati da una massa cospicua.
Ai fini della prevenzione, un problema di non semplice risoluzione è quello di definire i
precursori e le soglie (intese sia come quantità di pioggia in grado di innescare il
movimento franoso che come spostamenti/deformazioni del terreno, superati i quali si
potrebbe avere il collasso delle masse instabili).
Efficaci difese dalle frane possono essere costituti da interventi non strutturali (norme di
salvaguardia sulle aree a rischio, sistemi di monitoraggio e piani di emergenza) e da
interventi di tipo strutturale (muri di sostegno, ancoraggi, micropali, iniezioni di
cemento, reti paramassi, strati di spritz-beton, etc.).
Si riporta di seguito esempi disegnati di frane che derivano dall’archivio del Servizio
Geologia della Regione Veneto e che servono a comprendere meglio il tipo di frana che
si può incontrare sul territorio della Regione Veneto:
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666999---111000666
CROLLI (Falls) RIBALTAMENTI (Topples)
SCORRIMENTI ROTAZIONALI
(Slumps) SCORRIMENTI TRASLATIVI (Slides)
COLAMENTI (Flows) FENOMENI COMPLESSI (Complex)
Fonte: sito protezione civile, APAT e Regione Veneto
Dall’Archivio Frane della Provincia di Verona non risulta che vi siano stati fenomeni
franosi nel territorio del Comune di Sona e nemmeno nei Comuni limitrofi. L’archivio è
aggiornato al 2001.
La cosa non meraviglia, in quanto la zona è sostanzialmente pianeggiante se si eccettua
proprio il rilievo morenico di Sona, la cui forte antropizzazione garantisce
manutenzione e monitoraggio continuo.
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777000---111000666
33..1100..33 RRIISSCCHHIIOO IIDDRROOGGEEOOLLOOGGIICCOO NNEELL CCOOMMUUNNEE DDII SSOONNAA
Il Comune di Sona non è attraversato sul suo territorio da fiumi di particolari
dimensioni e pericolosità idraulica, ma ha sul suo territorio parecchi rii, scoli, fossi, ecc,
di dimensioni modeste.
Riportiamo di seguito l’elenco degli stessi:
Tabella 9: rii, scoli, presenti sul Comune di Sona
1 Fiume Tione 14 Progno Valmarone
2 Fosso Dei Molini 15 Rio Di Caselle
3 Fosso Di Staffalo 16 Rio Tinello
4 Fosso Fenilone 17 Scolo Biganel
5 Fosso La Fossa 18 Scolo Bulgarella
6 Fosso Quaiane 19 Scolo Casina
7 Fosso S.Quirico 20 Scolo Casina
8 Fosso Valpezzon 21 Scolo Guastalla
9 Progno Dei Casottoni 22 Scolo Seriola Di Salionze
10 Progno Dei Gentili 23 Scolo Valletta
11 Progno Del Bosco 24 Vaio Bindel
12 Progno Giacomona 25 Vaio Corsola
13 Progno S.Giustina
Nonostante la quantità di piccoli corsi d’acqua presenti sul territorio, ciò non comporta
rischio idraulico in considerazione della dimensione dei rii, per la portata defluente e
perché sono in maggioranza regimati ed a scopo irriguo.
Le uniche aree inondabili si trovano sul confine in vicinanza del fiume Tione.
In passato è stata censita una situazione di rischio dovuta all’impossibilità di deflusso
delle acque meteoriche da un’area depressa in frazione San Giorgio in Salici (rio
Ferriadon). Tale situazione, è stata recentemente risolta realizzando uno scolmatore
sotterraneo. Il rischio tuttavia permane, poiché l’area risulta intensamente vegetata ed è
conseguentemente elevata la possibilità di otturazione dell’imbocco (grigliato) senza
una costante ed onerosa opera di manutenzione e pulizia, cui i privati proprietari sono
tenuti.
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777111---111000666
In conclusione il territorio è soggetto ai normali allagamenti che si verificano in caso di
forti pioggie e soprattutto se il sistema fognario non è adeguatamente manutenuto.
33..1111 RRIISSCCHHIIOO IINNCCIIDDEENNTTEE AAEERREEOO
Sul territori della Provincia di Verona vi è un unico aeroporto, l’aeroporto “Valerio
Catullo” di Verona Villafranca. Si tratta del secondo polo aeroportuale del Nord Est per
importanza e traffici, sia passeggeri che merci, preceduto solo dallo scalo Marco Polo di
Venezia Tessera. Insieme all’aeroporto “Gabriele D’Annunzio” di Brescia Montichiari,
lo scalo veronese costituisce il Sistema Aeroportuale del Garda, una scelta strategica
questa, che sta rivelando progressivamente tutta la sua bontà ed efficienza.
Lo scalo veronese si colloca al secondo posto su scala nazionale per il traffico charter,
alle spalle soltanto di Milano Malpensa e prima di Roma Fiumicino. Mentre per
passeggeri transitati si attesta all’ottavo posto nazionale per quanto riguarda i voli di
linea.
E’ collegato giornalmente con voli per Roma, per Palermo, per Catania, per Alghero e
Cagliari, per Bari. Per quanto riguarda i voli internazionali collegamenti con
Amsterdam, con Colonia, con Monaco di Baviera, con Londra, Parigi, Francoforte,
Barcellona, con Vienna, Bruxelles e Düsseldorf.
L’Aeroporto di Verona serve un bacino di traffico di 4.000.000 di abitanti composto
dalle province di Bolzano, Trento, Brescia, Mantova, Verona, Vicenza, una delle aree
economicamente, turisticamente e culturalmente più importanti d’Italia e d’Europa.
E’ da tutti risaputo che dopo l’11 settembre sono cambiate le norme di sicurezza che
regolano gli aeroporti, pertanto è difficile reperire informazioni sulle tratte
maggiormente seguite e quindi di un eventuale traffico aereo sopra il cielo di Sona, fra
l’altro plausibile.
Per rischio incidente aereo si intende comunque lo schianto di un aeromobile sul
territorio comunale per cause diverse. Si tratta quindi di intervenire tempestivamente sul
luogo del disastro o dell’impatto per poter contenere i danni e per recuperare salme,
rottami od eventuali superstiti. Tendenzialmente la protezione civile si limita a
presidiare il territorio per evitare curiosi e per recuperare pezzi dell’aeromobile, ma non
solo e per verificare lo stato delle abitazioni in prossimità dell’impatto.
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777222---111000666
Gli scriventi hanno comunque redatto una scheda di rischio trasporti, contenente le
attività e le procedure in capo al Comune in caso di incidente aereo. Fonte: sito internet aeroporto Catullo di Verona http://www.aeroportoverona.it/page_content.asp
33..1122 RRIISSCCHHIIOO AATTTTEENNTTAATTII
L’unico obiettivo rilevante per concentrazione di cittadini inermi è il Centro
Commerciale “La Grande Mela”. Il controllo e la verifica puntuale della sicurezza è
demandato alla Direzione del centro, ma il Comune può portare il suo significativo
apporto concordando con questa lo svolgimento di esercitazioni, con particolare
riguardo agli aspetti di circolazione in occasione dell’organizzazione di vie di esodo e di
soccorso.
Figura 4: tempo coinvolgimento della persona in caso di evento calamitoso (fonte:
http://www.casaleinforma.it/pcivile)
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777333---111000666
444 SSSCCCEEENNNAAARRRIII DDD’’’EEEVVVEEENNNTTTOOO
Gli scenari d’evento e le procedure da attivare nei casi specifici sono illustrate
sinteticamente nel dettaglio nelle schede di gestione allegate.
In realtà la situazione sia dal punto di vista naturale, sia da quello antropico presenta
rischi lievi o moderati.
Le uniche situazioni riconoscibili, ai fini di protezione civile, riguardano alcune zone
circoscritte e di fatto non urbanizzate, per quanto concerne il rischio idraulico ed un
impianto che utilizza sostanze nocive (ammoniaca) che per propria tipologia (impianti
frigoriferi) presenta una probabilità di accadimento di fughe pericolose pressoché nulle.
I pericoli maggiori riguardano gli aspetti connessi all’incidentalità ed alla circolazione,
anche di sostanze potenzialmente pericolose in un’area densamente urbanizzata e
caratterizzata da volumi di traffico veicolare, ferroviario ed aereo tra i più elevati in
Italia. L’affinamento di procedure specifiche tuttavia è da considerarsi prematuro in
quanto l’efficacia delle stesse è subordinato alla realizzazione di accordi di carattere
sovracomunale con le società di trasporto concessionarie di autostrade e ferrovie.
In particolare per i trasporti su rotaia, il quadro è destinato a complicarsi con la
realizzazione della nuova tratta AC ed AV nel territorio, piuttosto vulnerabile, di San
Giorgio in Salici.
Diverso è il discorso per il traffico aereo, per il quale è indispensabile sorpassare i limiti
alla circolazione delle informazioni imposti dopo gli enenti dell’11/9/2001.
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555 RRRIIISSSOOORRRSSSEEE
55..11 IINNTTRROODDUUZZIIOONNEE
“Risorsa”: mezzo o capacità disponibile, consistente in una riserva materiale o
spirituale od in un’attitudine a reagire adeguatamente alle difficoltà; “risorsa
naturale”: fornite dalla natura, in contrapposizione a quelle che sono frutto del lavoro
umano….
Con la Legge del 24 febbraio 1992, n. 225 l’Italia ha organizzato la protezione civile
come “Servizio nazionale”, coordinato dal Presidente del Consiglio dei Ministri e
composto, come dice il primo articolo della Legge, dalle Amministrazioni dello Stato,
centrali e periferiche, dalle Regioni, dalle Province, dai Comuni, dagli Enti Pubblici
nazionali e territoriali e da ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata
presente sul territorio nazionale.
Col termine “risorsa” si contempla tutto ciò che è utile per affrontare e gestire le
emergenze, partendo dalle attività di previsione e prevenzione dei rischi, all’attuazione
di interventi per il superamento dell’emergenza, per il ripristino delle condizioni di
sicurezza, nonché di comunicazione ed informazione in materia di protezione civile.
Le “risorse” che concorrono alle attività del “sistema” di protezione civile possono
essere umane, materiali, tecniche, scientifiche, strutturali, ideologiche, istituzionali,
organizzative, ecc…..
Nei capitoli a seguire verranno analizzate alcune “risorse” utilizzate in protezione civile
a livello comunale.
55..22 IILL SS..II..TT..PP..
Il Sistema Informativo Territoriale Provinciale (S.I.T.P.) è un’architettura comprendente
risorse informatiche, basi di dati, procedure e personale specializzato per la generazione,
l’analisi e la gestione di informazioni georeferenziate. Secondo la visione corrente le
risorse informatiche – calcolatori e software - sono solo strumenti di base che
concorrono alla costituzione del S.I.T.P. mentre la sua concretizzazione si manifesta
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777555---111000666
nelle procedure operative che, applicando metodologie informatiche al processamento
di dati georeferenziati, generano nuove conoscenze sul territorio. Per raggiungere questi
obiettivi il S.I.T.P. deve disporre di tecnici, interni ed esterni, con competenze che
coprono trasversalmente molteplici discipline come la geografia, la geologia, la
topografia, la pianificazione territoriale, l’economia, la statistica e l’informatica.
Il S.I.T.P. è stato da poco messo on-line con possibilità di accesso ai Comuni del
territorio provinciale. Inoltre stanno partendo i corsi di formazione per l’uso di tale
strumento, sia in tempo di pace che eventualmente in emergenza. Questo consentirà di
avere uno strumento di protezione civile aggiornabile regolarmente ed in tempo reale,
fruibile ed interrogabile da tutti. E’ una risorsa molto importante, soprattutto per la sua
peculiarità di essere on line, accessibile e modificabile dai Comuni stessi, che potranno
così avere una base dati provinciale aggiornata, dettagliata e consultabile.
Va rimarcato che è consigliabile per il Comune di dotarsi di un SIT proprietario
collegato al S.I.T.P. VR, in modo da disporre di un “pannello di controllo del territorio”
che consenta di governare ed amministrare non solo gli elementi di interesse inter-
istituzionale, ma anche quelli di competenza esclusiva del Comune.
55..33 II CCEENNTTRRII OOPPEERRAATTIIVVII MMIISSTTII
I Centri Operativi Misti sono strumenti di coordinamento provvisorio, per il tempo
dell’emergenza, a livello comunale (in evidente sostituzione al C.O.C.) ed
intercomunale, formato da rappresentanti degli Enti pubblici e del quale si avvale il
C.C.S. (Centro Coordinamento Soccorsi della Prefettura) presieduto dal Prefetto e/o
l’Unità di Gestione della Crisi (della Provincia) nominata dal C.p.E. (Comitato per
l’Emergenza), per dirigere i servizi di soccorso e di assistenza alle popolazioni colpite e
per coordinare le attività svolte da tutte le Amministrazioni pubbliche, dagli Enti e dai
privati.
I C.O.M. sono lo strumento operativo di riferimento per la gestione delle calamità.
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777666---111000666
La divisone in C.O.M. è stata fatta sulla base dei seguenti criteri:
• appartenenza allo stesso Ambito Territoriale Omogeneo (A.T.O.) in ragione della
natura dei rischi attesi
• realtà già esistenti (Unione di Comuni, Comunità Montane,…)
• rapidità dei collegamenti
• popolazione servita (< di 40.000 unità)
Responsabile di ogni C.O.M. è un Comune del C.O.M. stesso che ne coordina l’attività.
La scelta del Comune a capo del C.O.M. non dovrebbe essere basata solo su fattori di
importanza demografica, ma considerando la posizione possibilmente baricentrica
rispetto al territorio di competenza per gestire al meglio l’emergenza.
In particolare sono le aree di ammassamento che dovrebbero trovarsi in posizione
territorialmente “centrale”, per poter facilmente servire in tempi brevi tutta l’area di
competenza. Va inoltre considerato che le migliori professionalità necessarie sono più
facilmente reperibili nei Comuni maggiori.
Nel caso di emergenze particolari e situazioni per cui si ipotizzano difficoltà di
collegamento con talune aree, è indispensabile pianificare le sinergie necessarie con i
C.O.M. attigui.
Sona fa parte del C.O.M. 1418 cui fanno parte Peschiera del Garda e Castelnuovo del
Garda. Il Comune capofila è Peschiera del Garda.
Sicuramente due dei tre Comuni in questione fanno parte del piano di formazione per
l’uso del S.I.T.P. promosso dalla Provincia.
Fortunatamente il C.O.M. 14 non ha mai dovuto costituirsi per motivi di emergenza, ma
Castelnuovo e Sona hanno partecipato ad una esercitazione di Protezione Civile e
Soccorso Sanitario svoltasi nel 2004 ed organizzata dal Comune di Sona.
18 Il numero di abitanti totale per il C.O.M. 14 è 33.000.
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55..44 II CCOOMMUUNNII
I Comuni sono l’elemento territoriale ed amministrativo alla base della protezione
civile. I Comuni redigono i Piani Comunali di Protezione Civile, dai quali Province e
Regioni traggono importanti informazioni per la redazione dei Piani di loro competenza,
che nella situazione ottimale dovrebbero essere costituiti in buon parte dalla
mosaicatura dei primi.
Il Sindaco (ed un suo Assessore) è il responsabile di Protezione Civile Comunale e
coordina le operazioni di soccorso in caso di calamità. Molte delle associazioni di
volontariato operano a livello comunale e fanno capo quindi al Sindaco. In fase di od
emergenza, il Sindaco attiva il Centro Operativo Comunale, si relaziona con gli altri
Comuni del Centro Operativo Misto di competenza e con la Sala Operativa Provinciale
e attua le funzioni dell’Ente stabilite dal Piano Comunale di Protezione Civile.
55..55 IILL CCEENNTTRROO OOPPEERRAATTIIVVOO CCOOMMUUNNAALLEE
Il Centro Operativo Comunale viene attivato dal Sindaco al profilarsi di situazioni di
emergenza e si mantiene in collegamento con la Sala Operativa Provinciale ed il Centro
di Coordinamento Regionale di Emergenza, ai quali inoltra le eventuali richieste di
soccorso.
Il Centro Operativo Comunale è il luogo di riferimento per tutte le strutture di soccorso,
dal quale vengono disposti e coordinati, sotto la guida del Sindaco, tutti gli interventi a
livello locale (eventi di tipo A). È normalmente insediato nel Municipio o in altre
strutture comunali, allestite per la coordinazione e gestione dell’emergenza e
possibilmente in aree non prettamente “a rischio”; deve essere inoltre energicamente
autonomo e provvedere alle comunicazioni di emergenza.
Può avere inoltre il compito di interfacciarsi con la popolazione per fornire notizie o
raccogliere direttamente segnalazioni in merito all’evoluzione dell’emergenza.
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777888---111000666
55..66 IILL VVOOLLOONNTTAARRIIAATTOO
Il volontariato di Protezione civile è divenuto negli ultimi anni un “fenomeno
nazionale” che ha assunto caratteri di partecipazione e di organizzazione
particolarmente significativi; lo si può considerare la risorsa basilare per fronteggiare
l’emergenza.
Le principali norme che hanno “regolamentato” il “volontariato” sono di seguito
elencate:
� Legge 24 febbraio 1992, n. 225 “Istituzione del Servizio Nazionale di Protezione
Civile”
� Decreto Legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 “Riordino della disciplina tributaria
degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale”
� Legge 11 agosto 1991, n. 266 “Legge-quadro sul volontariato”
� D.P.R. del 2001, n. 194 “Regolamento recante norme concernenti la partecipazione
delle organizzazioni di volontariato nelle attività di protezione civile”
� Legge Regionale 30 agosto 1993, n. 40 “Norme per il riconoscimento e la
promozione delle organizzazioni di volontariato”
� Legge Regionale 18 gennaio 1995, n. 1 “Modifiche ed integrazioni dell’articolo 14
della Legge Regionale 30 agosto 1993, n. 40, relativo ai centri di servizio per il
volontariato.”
Il volontariato di Protezione civile è nato sotto la spinta delle grandi emergenze
verificatesi in Italia a partire dall’alluvione di Firenze del 1966, passando per i
terremoti del Friuli e dell’Irpinia, fino al disastro di Sarno.
In occasione di quegli eventi (ma già durante l’esondazione del Po nel Polesine negli
anni ’50) si verificò, per la prima volta nel dopo guerra, una grande mobilitazione
spontanea di cittadini di ogni età e condizione, affluiti a migliaia da ogni parte del paese
nelle zone disastrate per mettersi a disposizione e “dare una mano”.
Si scoprì in quelle occasioni che ciò che mancava non era la solidarietà della gente,
bensì un sistema pubblico organizzato che sapesse impiegarla e valorizzarla. In tal
senso, si mossero le accuse del Presidente della Repubblica Sandro Pertini, il quale,
proprio in occasione del terremoto dell’Irpinia, denunciò, rivolgendosi alla Nazione,
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777999---111000666
l’irresponsabilità, l’inerzia, i ritardi di una Pubblica Amministrazione disorganizzata ed
incapace di portare soccorsi con l’immediatezza che quella sciagura richiedeva.
Lo stesso Presidente rivolgeva un appello agli italiani, con queste parole:
“Voglio rivolgere anche a voi, Italiane ed Italiani, un appello, senza retorica, che sorge
dal mio cuore…., qui non c’entra la politica, qui c’entra la solidarietà umana, tutti gli
Italiani e le Italiane devono sentirsi mobilitati per andare in aiuto di questi fratelli
colpiti da questa sciagura”.
Da allora è iniziata l’ascesa del volontariato di Protezione civile, espressione di una
moderna coscienza collettiva del dovere di solidarietà, nella quale confluiscono spinte
di natura religiosa e laica, unite dal comune senso dell’urgenza di soccorrere chi ha
bisogno e di affermare, nella più ampia condivisione dei disagi e delle fatiche, il diritto
di essere soccorso con la professionalità di cui ciascun volontario è portatore e con
l’amore che tutti i volontari dimostrano scegliendo, spontaneamente e gratuitamente di
correre in aiuto di chiunque abbia bisogno di loro.
Con la legge quadro n. 266/91 sul volontariato, lo Stato ha riconosciuto il valore sociale
e la funzione dell’attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà
e pluralismo, promuovendone lo sviluppo e salvaguardandone l’autonomia, favorendo il
conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale individuate dallo
Stato, dalle Regioni e dagli enti locali, affermando quindi il valore della vita, con
conseguente miglioramento della qualità e contrastando l’emarginazione.
L’art. 2 della su citata legge considera “..omissis…attività di volontariato quella svolta
per soli fini di solidarietà e verso terzi con l’esclusione di ogni scopo di lucro e di
remunerazione, anche indiretti. Tale attività deve essere prestata in modo diretto,
spontaneo e gratuito da volontari associati in organizzazioni liberamente costituite,
mediante prestazioni personali a favore di altri soggetti ovvero di interessi collettivi
degni di tutela da parte della comunità….omissis…”.
Nel 1992 fu istituito con la Legge 225/92 il Servizio Nazionale della Protezione Civile;
in tale testo di Legge anche alle organizzazioni di volontariato è stato espressamente
riconosciuto il ruolo di “struttura operativa nazionale”, parte integrante del sistema
pubblico, alla stregua delle altre componenti istituzionali, come il Corpo nazionale dei
Vigili del Fuoco, le Forze Armate, le Forze di Polizia, il Corpo forestale dello Stato,
ecc..
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888000---111000666
All’interno delle organizzazioni di volontariato esistono tutte le professionalità della
società moderna, insieme a tutti i mestieri; questo mix costituisce una risorsa, sia in
termini numerici che qualitativi, fondamentale soprattutto nelle grandi emergenze,
quando il successo degli interventi dipende dal contributo di molte diverse
specializzazioni (dai medici agli ingegneri, dagli infermieri agli elettricisti, dai cuochi ai
falegnami). Alcune organizzazioni hanno scelto la strada di una specifica alta
specializzazione, quali i gruppi di cinofili e subacquei, i gruppi di radioamatori, gli
speleologi, il volontariato per l’antincendio boschivo.
Sebbene l’opera del volontariato sia assolutamente gratuita, il legislatore ha
provveduto a tutelare i volontari portatori d’opera in caso di impiego nelle attività di
Protezione civile; essi non perdono la giornata, che viene rimborsata dallo Stato al
datore di lavoro, pubblico e privato.
L’esperienza di protezione civile svolta dalle associazioni viene oggi articolata in opere
complementari, ma distinte :
1 - la previsione e la programmazione
2 - la prevenzione e la presenza sul territorio
3 - l’allertamento nella fasi di rischio ed emergenza
4 - l’intervento e il soccorso
Il ruolo insostituibile assunto oggi dal volontariato di Protezione civile, come custode
naturale di ciascun territorio e forza civile di tutela e protezione di ciascuna comunità,
merita non solo un pieno riconoscimento, ma anche un crescente sostegno pubblico per
le dotazioni di mezzi, di materiali, di attrezzature, di formazione, preparazione e
aggiornamento, tanto necessarie per l’ottimale utilizzo delle energie che vengono offerte
in aiuto della collettività. Fonte: sito internet dipartimento della Protezione Civile
55..77 IILL VVOOLLOONNTTAARRIIAATTOO NNEELL VVEENNEETTOO EE NNEELLLLAA PPRROOVVIINNCCIIAA DDII VVEERROONNAA
La Regione Veneto ha riconosciuto le associazioni di volontariato con la Legge
Regionale n. 40 del 1993.
Nel Veneto esistono circa 3.200 enti e soggetti (tra associazioni di volontariato
regolarmente iscritte al registro regionale, altre associazioni non iscritte, cooperative
sociali, ecc.) che sono direttamente in contatto con le esigenze territoriali e, in
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
888111---111000666
convenzione con i Comuni e le ASL, garantiscono continuità nell’erogazione dei servizi
sociali.
La Giunta Regionale deve vigilare sull’effettivo svolgimento dell’attività di volontariato
effettuata dalle organizzazioni iscritte al registro regionale.
Sono iscritte al registro regionale le organizzazioni che abbiano i requisiti stabiliti
dall’art. 3 della legge 11 agosto 1991, n. 266.
(...omissis...art. 3 - Organizzazioni di volontariato
1. E’ considerato organizzazione di volontariato ogni organismo liberamente costituito al fine
di svolgere l’attività di cui all’articolo 2, che si avvalga in modo determinante e prevalente
delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri aderenti.
2. Le organizzazioni di volontariato possono assumere la forma giuridica che ritengono più
adeguata al perseguimento dei loro fini, salvo il limite di compatibilità con lo scopo
solidaristico.
3. Negli accordi degli aderenti, nell’atto costitutivo o nello statuto, oltre a quanto disposto dal
codice civile per le diverse forme giuridiche che l’organizzazione assume, devono essere
espressamente previsti l’assenza di fini di lucro, la democraticità della struttura, l’elettività e la
gratuità delle cariche associative nonché la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti, i
criteri di ammissione e di esclusione di questi ultimi, i loro obblighi e diritti. Devono essere
altresì stabiliti l’obbligo di formazione del bilancio, dal quale devono risultare i beni, i
contributi o i lasciti ricevuti, nonché le modalità di approvazione dello stesso da parte
dell’assemblea degli aderenti.
4. Le organizzazioni di volontariato possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di
prestazioni di lavoro autonomo esclusivamente nei limiti necessari al loro regolare
funzionamento oppure occorrenti a qualificare o specializzare l’attività da esse svolta.
5. Le organizzazioni svolgono le attività di volontariato mediante strutture proprie o, nelle
forme e nei modi previsti dalla legge, nell’ambito di strutture pubbliche o con queste
convenzionate…omissis…).
Nello stesso registro regionale sono iscritte di diritto le organizzazioni di volontariato
già ricomprese nel registro delle associazioni di volontariato, istituito ai sensi della
legge regionale del 30 aprile 1985, n. 46 (abrogata dalla Legge 40/1993).
Oltre al Registro Regionale del Volontariato esiste il Registro delle Associazioni tenuto
dal Dipartimento per la Protezione Civile (L.R. 27 novembre 1984, n. 58, artt. 9 e 10);
ci sono inoltre associazioni non iscritte ad alcun registro ed associazioni che sono
inscritte ad entrambi i registri.
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
888222---111000666
In questi ultimi mesi è in fase di attuazione il passaggio della gestione dell’Albo dei
gruppi di Protezione Civile dalla Regione alle Province.
A tale scopo è già stata istituita la “Consulta Provinciale delle organizzazioni di
volontariato di Protezione Civile”, che è lo strumento di partecipazione di dette
Organizzazioni al sistema di Protezione Civile provinciale, nonché di confronto
operativo tra queste, la Provincia e gli Enti di Protezione Civile.
55..77..11 FFOORRMMAAZZIIOONNEE DDEELL VVOOLLOONNTTAARRIIAATTOO
Poiché gli interventi di protezione civile, sia nella fase di prevenzione, sia in quelle
operative di emergenza, risultano spesso alquanto complessi e comunque caratterizzati
da una intrinseca pericolosità, è necessario provvedere ad un accurato e continuo iter
formativo per tutto il personale addetto, ivi compresi gli afferenti alle associazioni di
volontariato.
Una struttura già costituita ed operante a livello regionale è il Centro Regionale
Protezione civile di Longarone (Belluno), che ha fra le sue finalità quella di
“…omissis…organizzare corsi di formazione, qualificazione, riqualificazione,
aggiornamento del personale in qualsiasi modo impiegato nella protezione civile,
prioritariamente nel territorio veneto, secondo le direttive ed i ruoli fissati dalle leggi
statali e regionali…omissis…”
Il Centro nell’ambito dell’attività formativa istituisce corsi periodici di qualifica ed
aggiornamento per pubblici dipendenti e volontari impegnati in Protezione Civile,
rilasciando attestati il cui valore legale è stabilito dalle direttive regionali.
In Provincia di Verona, poco fuori la città di Verona, esiste un’area aeroportuale, di
passato uso militare, denominata “Boscomantico”, ove è possibile riattare, con limitate
risorse economiche, le strutture di pernottamento, mensa, magazzino materiali e mezzi
già esistenti e che dispone di hangar, con rispettiva pista di atterraggio per elicotteri ed
aerei leggeri.
Tale area è stata individuata come sede di corsi di formazione in ambito provinciale,
sede di meetings, oltre che come area di ammassamento in caso di emergenza.
L’Ufficio Protezione della Provincia ha già organizzato corsi indirizzati ai volontari (ad
esempio un corso sul rischio idrogeologico) ed ha in programma di organizzarne altri, a
dimostrazione che è vivo l’interesse verso il Volontariato e la sua formazione e
specializzazione.
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
888333---111000666
55..77..22 LLAA CCOOLLOONNNNAA MMOOBBIILLEE RREEGGIIOONNAALLEE DDEELL VVOOLLOONNTTAARRIIAATTOO DDII PPRROOTTEEZZIIOONNEE CCIIVVIILLEE
L’obiettivo principale della colonna mobile regionale del volontariato di protezione
civile è quello di costituire una struttura di pronto impiego regionale composta da
organizzazioni di Volontariato e Gruppi Comunali di protezione civile in grado di
mobilitarsi rapidamente con mezzi e uomini sulla base delle tipologie di rischio
ricorrenti sul territorio. Si ritiene contestualmente indispensabile garantire una
qualificata formazione dei singoli volontari, omogenea a livello regionale e nazionale.
Nella costituzione della colonna mobile regionale del volontariato è necessario
evidenziare che a cura della stessa Regione sono e/o possono essere attivate apposite
convenzioni con Enti Locali, Aziende Municipalizzate, Consorzi di Bonifica, ecc... per
l’organizzazione di specifici interventi di protezione civile utilizzando le qualificate
risorse umane e materiali già disponibili. Inoltre nel dimensionamento delle colonne
mobili occorrerà tenere conto delle attrezzature e risorse umane presenti nella colonna
mobile regionale dei Vigili del Fuoco. L’esigenza è quella di evitare sovrapposizioni e
ridondanze, curando le necessarie integrazioni.
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
888444---111000666
55..77..33 AASSSSOOCCIIAAZZIIOONNII DDII VVOOLLOONNTTAARRIIAATTOO OOPPEERRAANNTTII SSUULL TTEERRRRIITTOORRIIOO PPRROOVVIINNCCIIAALLEE
Riportiamo di seguito le principali associazioni censite dalla Provincia di Verona.
Tabella 10: elenco organizzazioni ed associazioni di volontariato operanti sul territorio di Verona (fonte
sito internet Provincia di Verona)
Denominazione Organizzazione /
Associazione Comune
intervento territoriale
albo provinciale
albo regionale
iscritta iscritta in fase
iscrizione
1 A.G.E.S.C.I. Verona protezione civile *
2 A.R.I. Sezione di Verona Verona protezione civile *
3 Ass. ne Nazionale Alpini (A.N.A.) Verona protezione civile *** ***
4 Associazione Italiana Soccorritori Marano Valpolicella protezione civile
5 Associazione Volontari Nucleo Lupatotino Prociv S.Giovanni Lupatoto protezione civile *
6 C.S.E. Comunicazioni Speciali Emergenza Verona protezione civile ***
7 Club Alpino Italiano Verona soccorso alpino ***
8 Comitato Comunale P.C. San Martino B.A. protezione civile
9 Commissione Speleologica Veronese Verona protezione civile *
10 Corpo Nazionale Soccorso Alpino E Speleologico Verona soccorso alpino ***
11 Croce Verde Verona Verona protezione civile *
12 Grupp.Prot.Civ. Squadra Antinc.Boschivi Tregnago PC e AIB *** *
13 Gruppo Comunale P.C. A.I.B. Selva Di Progno PC e AIB *** *
14 Gruppo Comunale P.C. Caprino Veronese protezione civile *** *
15 Gruppo Comunale Polizia Municipale Verona protezione civile ***
16 Gruppo Comunale Protezione Civile - Malcesine Malcesine protezione civile ***
17 Gruppo Comunale Volontari Prociv San Bonifacio protezione civile ***
18 Gruppo Comunale Volontari Prociv Torri Del Benaco protezione civile ***
19 Gruppo Comunale Volontari Prociv S.Ambrogio Valpol. protezione civile ***
20 Gruppo Comunale Volontari Prociv Costermano protezione civile ***
21 Gruppo Volontari Di P.C. Adige Castagnaro protezione civile *
22 Gruppo Volontariato P.C. E A.I.B Velo Veronese PC e AIB *
23 Osservatorio Sismico Veronese Verona protezione civile ***
24 Protezione Ambientale e Civile Verona tutela ambiente ***
25 Squadra Volontari Protezione Civile Castelnuovo del G. protezione civile *** ***
26 Squadra Volontari Protezione Civile Dolcè protezione civile *
27 U.N.U.C.I. Verona protezione civile *
28 Unità Cinofile Di Soccorso Argo 91 Negrar protezione civile ***
29 Volontari Comunali P.C. Mozzecane protezione civile
30 A.N.A. - Gruppo S. Giovanni Ilarione S.Giovanni Ilarione protezione civile
31 Ass. Naz. Paracadutisti D’Italia - Sez. Verona Verona tutela ambiente
32 Unità Cinofile Di Soccorso - Verona Verona protezione civile
33 Ass. Volontari Soccorso sulle Piste da Sci Verona protezione civile
34 Gruppo Alpini S. Pietro di Legnago Legnago protezione civile
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
888555---111000666
666 CCCOOOMMMPPPEEETTTEEENNNZZZEEE EEE PPPRRROOOCCCEEEDDDUUURRREEE
Il sistema della Protezione Civile, nella complessa articolazione delle funzioni che lo
caratterizzano e delle relative competenze, è organizzato a vari livelli territoriali:
• nazionale
• regionale
• provinciale
• comunale
secondo il principio di sussidiarietà e di integrazione.
Il primo livello chiamato ad operare in emergenza è il Comune, al quale è deputato il
compito di fornire la prima risposta all’evento, organizzando le risorse presenti sul
proprio territorio, adottando i provvedimenti d’urgenza necessari e mantenendo un
costante rapporto informativo con la popolazione.
Il Sindaco è l’autorità comunale di protezione civile.
Secondo quanto scritto nelle linee guida della Regione Veneto per la pianificazione
comunale, ogni Comune della Regione deve dotarsi di una struttura comunale di
protezione civile in grado di affrontare le emergenze a seguito di calamità, qualora
dovesse verificarsene una.
Si tratta di stabilire un modello di intervento, attraverso l’articolazione in fasi
successive, di allerta crescente nei confronti di un evento che evolve e di definire una
procedura di intervento per l’immediata ed efficace gestione di situazioni di emergenza.
Attraverso l’individuazione di persone (attori e/o referenti) e di azioni che gli attori
stessi devono compiere, è possibile impostare una pianificazione “in tempo di pace” tale
da ottenere un’immediata, coordinata ed efficace risposta alle prime richieste di
intervento in “tempo d emergenza”.
Le calamità possono essere di tipo “prevedibile”, esempio alluvioni/allagamenti e “non
prevedibili”, esempio sisma, incidente chimico/industriale, ecc.
Gli eventi prevedibili, sostanzialmente riconducibili al solo rischio idrogeologico, hanno
un sistema di monitoraggio e di invio di bollettini (segnalazioni di emergenza) che
avvisano con adeguato anticipo l’evolversi in modo negativo della situazione in esame.
Tale segnalazione di emergenza arriva solitamente dalla Provincia, dalla Prefettura, dal
Centro Meteo dell’A.R.P.A. Veneto, altri Enti.
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
888666---111000666
Gli eventi imprevedibili non permettono di conoscere con anticipo l’arrivo di una
calamità; pertanto la struttura di protezione civile si attiva ad evento già in corso. Le
segnalazioni in tal caso possono arrivare anche da privati cittadini attraverso i numeri di
pronto intervento od emergenza.
Vi sono anche eventi semiprevedibili, dove si ha una percezione dell’aumento della
probabilità di accadimento di una calamità, per la quale però il preavviso è troppo breve
per consentire la messa in sicurezza degli elementi esposti, ovvero la cui prevedibilità è
caratterizzata da una tale aleatorietà da non consigliare l’adozione di provvedimenti
cautelativi eccessivamente onerosi ed impopolari.
66..11 EEVVEENNTTII PPRREEVVEEDDIIBBIILLII
Gli eventi prevedibili, come già anticipato, sono affrontati, innanzi tutto, attraverso
l’attività di previsione.
La previsione delle varie ipotesi di rischio consiste nelle attività dirette allo studio ed
alla determinazione delle cause dei fenomeni calamitosi, alla identificazione dei rischi
ed alla individuazione delle zone del territorio soggette ai rischi attesi.
Le attività previsionali consentono dunque, sia pure con margini di incertezza variabili
da caso a caso, di poter stabilire quali sono le cause ed i meccanismi dei fenomeni
calamitosi, prevedere i danni attesi, ed i limiti temporali e spaziali degli eventi.
L’attività di previsione è assicurata da un sistema di reti che collegano, ad esempio a
livello nazionale, la protezione civile ai centri nazionali di ricerca scientifica, a sistemi
tecnologici di raccolta ed elaborazione di informazioni sui diversi tipi di rischio e sulle
condizioni che possono aumentare le probabilità di pericolo per la collettività, a centri
di elaborazione delle informazioni in grado di segnalare con il massimo anticipo
possibile le probabilità che si verifichino eventi catastrofici.
Questo insieme di attività tecnico-scientifiche, che vanno dalla raccolta di informazioni
sul territorio alla loro elaborazione, fino alla interpretazione dei dati raccolti in base a
modelli e simulazioni di eventi, mette in condizione ai vari livelli, di valutare le
situazioni di possibile rischio, allertare il sistema di intervento con il massimo anticipo
utile, ma anche di fornire alle autorità preposte gli elementi necessari a prendere
decisioni ragionate e tempestive.
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
888777---111000666
Attraverso la conoscenza precisa e puntuale del territorio e dei possibili fenomeni
all’origine delle catastrofi, l’utilizzo di reti tecnologicamente avanzate, come le reti
radar per le previsioni metereologiche, la rete dei sismografi, i sofisticati sistemi di
monitoraggio dell’attività dei vulcani e delle migliori competenze scientifiche e
professionali disponibili, è possibile intervenire con allerta tempestivi e, quando
possibile, con misure preventive come l’evacuazione delle aree a rischio.
Per il rischio idrogeologico le attività di monitoraggio riguardano le misure acquisite
telematicamente in merito sia ai livelli idrometrici raggiunti dai principali corsi d’acqua,
sia alle precipitazioni al suolo; le attività di previsione riguardano sostanzialmente le
precipitazioni al suolo. Nel momento in cui si verifica un “evento meteo particolare”, i
vari Enti preposti al monitoraggio o il Dipartimento della Protezione Civile stesso,
diramano solitamente via telegramma o fax un “bollettino di avviso”19 indirizzato alle
Prefetture e ad altri Enti convenzionati con i Centri di Monitoraggio.
66..11..11 IILL BBOOLLLLEETTTTIINNOO DDII VVIIGGIILLAANNZZAA MMEETTEEOORROOLLOOGGIICCAA NNAAZZIIOONNAALLEE
Il Dipartimento Nazionale della Protezione Civile emette quotidianamente un Bollettino
di Vigilanza Meteorologica Nazionale, che “....omissis....segnala i fenomeni
meteorologici significativi previsti fino alle ore 24:00 del giorno di emissione e nelle 24
ore del giorno seguente, più la tendenza attesa per il giorno ancora successivo. Tale
documento riguarda quindi i fenomeni meteorologici rilevanti ai fini di Protezione
Civile, cioè quelli di possibile impatto sul territorio (per rischio idrogeologico o
idraulico, o per situazioni riguardanti il traffico viario e marittimo) o sulla popolazione
(in tutti gli aspetti che possono essere negativamente influenzati dai parametri
meteorologici): in questa ottica, il messaggio di vigilanza si preoccupa quindi di
segnalare le situazioni in cui si prevede che uno o più parametri meteorologici
supereranno determinate soglie di attenzione o di allarme. Il bollettino di vigilanza
meteorologica si differenzia pertanto radicalmente, nella forma, nella sostanza e nei fini,
dai classici bollettini di previsione meteorologica: se questi ultimi tracciano
genericamente l’evoluzione del tempo atteso nelle ore e nei giorni a venire, segnalando
- ad esempio - tanto le piogge deboli quanto i venti moderati, i mari poco mossi o le
leggere foschie, nel messaggio di vigilanza i vari parametri meteorologici saranno citati
19 “Preavviso di condizioni meteorologiche avverse”.
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
888888---111000666
solo quando si prevede che assumeranno valori tali da determinare significativi scenari
di criticità; in tal caso, la previsione è inoltre effettuata spingendosi al massimo
dettaglio possibile per quanto riguarda i quantitativi, la localizzazione e la tempistica dei
fenomeni attesi, eventualmente delineando anche i differenti scenari possibili corredati
della relativa stima delle probabilità di accadimento.
La versione grafica del bollettino di vigilanza meteorologica nazionale vuole esserne
una sintesi con caratteristiche di immediatezza visiva, e si riferisce in particolare ai
fenomeni significativi previsti per il giorno successivo all’emissione (dalle 00:00 alle
24:00).
In tale mappa, il territorio nazionale compare suddiviso in 39 aree, adeguatamente
individuate secondo criteri di omogeneità
meteo-climatica. Ad ognuna di queste aree
vengono associati, di volta in volta, un colore
di sfondo e (quando opportuno) una certa
casistica di simboli, per fornire una
descrizione di semplice impatto visivo dei
fenomeni meteorologici significativi previsti
sulle varie porzioni di territorio. La legenda
affiancata alla cartina contiene la descrizione
essenziale di ogni singola voce, mentre la
presente schermata aggiunge ulteriori
specifiche di dettaglio che si ritiene
opportuno tenere a disposizione
dell’utente...omissis...” (dal sito del Dipartimento
Nazionale della Protezioen Civile)
Si riporta di seguito un esempio di bollettino
grafico effettivamente emesso:
Figura 5: esempio grafico di Bollettino di Vigilanza Meteorologica Nazionale
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
888999---111000666
Tabella 11: legenda del Bollettino di Vigilanza Meteorologica Nazionale
L E G E N D A
Aree meteo climatiche
Quantitativi giornalieri di precipitazione previsti
Assenti o deboli non rilevanti
Deboli (solo se rilevanti)
Moderati
Elevati
Molto elevati
Caratteristiche delle precipitazioni previste
Piogge sparse o intermittenti
Piogge diffuse e continue
Nevicate deboli o moderate
Nevicate abbondanti o a carattere di rovescio
Rovesci o temporali localmente forti
Rovesci o temporali forti a carattere sparso o diffuso
Alta probabilità di rovesci o temporali violenti
Altri fenomeni meteorologici di rilievo
Venti
Forti
Burrasca
Tempesta
Probabili raffiche
Mari
Molto mosso
Agitato o molto agitato
Grosso o molto grosso
Moto ondoso
In aumento
In diminuzione
Temperature
in sensibile aumento
in marcato aumento
in sensibile calo
in marcato calo
Ghiaccio
Diffusa formazione notturna di ghiaccio al suolo in pianura
Diffusa formazione di ghiaccio persistente al suolo in pianura
Nebbie
Foschie dense o nebbie in banchi
Nebbie diffuse notturne in dissolvimento al mattino
Nebbie diffuse e persistenti nelle ore diurne
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
999000---111000666
Per leggere qualitativamente il Bollettino, al di là della Legenda allegata, è opportuno
consultare anche la “guida alla consultazione del bollettino di vigilanza meteorologica
nazionale”, (http://www.protezionecivile.it/download/glossario_legendameteo.pdf),
dove sono espressi i termini descrittivi corrispondenti per ogni previsione, ovvero in
caso di precipitazioni a cui è associato il colore corripondente a “moderati”, si
intendono 20-60 mm nelle 24 ore.
66..11..22 IILL CCEENNTTRROO MMEETTEEOORROOLLOOGGIICCOO DDII TTEEOOLLOO
Nel veronese l’Ente principale che si occupa delle attività di monittoraggio ed
allertamento è il Centro Meteorologico di Teolo.
Nel caso di eventi meteo particolari, il Centro di Teolo emette una comunicazione alle
Prefetture ed a Enti convenzionati. Tale comunicazione è di diverso tipo a seconda della
quantità di precipitazione:
� informativo - 12-24 h prima inizio stimato evento
� preavviso - 24-36 h prima inizio stimato evento
� avviso - 12-24 h prima inizio stimato evento
� nowcasting - ogni 3 h
� revoca
Il “messaggio informativo” segnala:
� eventi intensi, ma molto localizzati (soprattutto temporali estivi)
� precipitazioni abbondanti, ma non durature (30-70 mm/24h)
� precipitazioni anche scarse (0-20 mm/24h) o contenute (10-40 mm/24h), ma a
carattere nevoso in pianura
Il “messaggio di preavviso o avviso” segnala:
� quantità di precipitazioni molto abbondanti (>70 mm/24h)
� quantità di precipitazioni abbondanti (30-70 mm/24h) per più giorni consecutivi
L’“avviso” è l’unico messaggio che prevede l’attivazione di un servizio di assistenza
meteorologica 24H, con emissione di bollettini di nowcasting ogni 3 ore.
Nel messaggio deve inoltre essere indicato il probabile superamento della soglia di 100-
120 mm/24h .
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
999111---111000666
Le “classi” di precipitazioni utilizzate nei bollettini speciali sono così definite:
� scarsa: 0-20 mm/24h
� contenuta: 10-40 mm/24h
� abbondante: 30-70 mm/24h
� molto abbondante: > 70 mm/24h
Le “classi” di precipitazione usate nei bollettini nowcasting sono:
� debole: < 3 mm/h
� moderata: 3-10 mm/h
� forte: 10-20 mm/h
� molto forte: > 20 mm/h
Per ogni tipo di messaggio è previsto un modello standard di compilazione.
66..22 EEVVEENNTTII SSEEMMII--PPRREEVVEEDDIIBBIILLII OO NNOONN PPRREEVVEEDDIIBBIILLII –– LLAA PPRREEVVEENNZZIIOONNEE
Per eventi semi prevedibili si intendono quegli eventi per i quali si ha sì un preavviso,
ma l’evolversi della situazione è talmente rapido che si passa subito ad una fase di
emergenza. A titolo di esempio citiamo il rischio terrorismo: solitamente si è a
conoscenza della possibilità che ci sia un attentato a seguito di tensioni politiche,
economiche in corso, ma non si sa esattamente il luogo o la data. Ci si trova comunque
in una fase di vigilanza, ma in caso di attacco si passa immediatamente in allarme rosso.
Stesso discorso dicasi per alcuni rischi meteo quali temperature estreme o nevicate
intense. Anche in questo caso si ha la previsione meteorologica, ma l’evento può
arrivare prima del previsto e magari essere più intenso del previsto.
Gli eventi non prevedibili o improvvisi sono quelli per i quali non è possibile definire
delle soglie di allarme crescente, ad esempio un guasto in un impianto industriale che
porta ad un incendio, (rischio incidente rilevante), oppure un incendio boschivo,
provocato da piromani e via dicendo.
In questi casi solitamente la segnalazione di evento in corso arriva attraverso i numeri di
pubblica utilità quali 118-113-115, ecc, che provvederanno ad attivare le procedure di
emergenza ed ad inoltrare il messaggio relativo ai vari Enti di competenza.
La gestione di un evento imprevedibile e/o improvviso coinvolgerà direttamente tutti gli
organi ed enti del sitema di protezione civile.
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
999222---111000666
È per questo motivo che ad un’attività di previsione deve seguire sempre e comunque
un’attività di prevenzione e protezione.
Come già detto nei capitoli precedenti, la previsione è orientata all’individuazione dei
fenomeni ed ad una predizione degli effetti attesi, la prevenzione è invece imperniata
sul concetto di riduzione del rischio.
La prevenzione consiste nelle attività volte ad evitare o ridurre al minimo la possibilità
che si verifichino danni conseguenti a calamità, catastrofi naturali o connesse con
l’attività dell’uomo anche sulla base delle conoscenze acquisite per effetto delle attività
di previsione. Le attività di prevenzione sono volte dunque all’adozione di
provvedimenti finalizzati all’eliminazione o attenuazione degli effetti al suolo previsti.
Gli interventi di tipo preventivo possono essere strutturali o non strutturali. I primi
consistono in opere di sistemazione attiva o passiva, che mirano a ridurre la pericolosità
dell’evento, abbassando la probabilità di accadimento oppure attenuandone l’impatto.
Esempi di interventi strutturali sono rappresentati dalla realizzazione di argini, vasche di
laminazione, sistemazioni idraulico-forestali, consolidamento dei versanti, etc.
Gli interventi non strutturali consistono in quelle azioni finalizzate alla riduzione del
danno attraverso l’introduzione di vincoli che impediscano o limitino l’espansione
urbanistica in aree a rischio, la realizzazione di sistemi di allertamento e di reti di
monitoraggio,
Gli strumenti previsionali insieme alle reti di monitoraggio idro-pluviometrico
consentono di mettere in atto un sistema di allertamento e sorveglianza in grado di
attivare per tempo la macchina di protezione civile nel caso di eventi previsti o in atto la
cui intensità stimata o misurata superi delle soglie di criticità prefissate. Il superamento
di tali soglie porterà alla realizzazione delle attività previste nella pianificazione di
emergenza e in particolare di quelle per la tutela dell’incolumità delle persone.
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
999333---111000666
66..33 LLAA SSTTRRUUTTTTUURRAA CCOOMMUUNNAALLEE DDII PPRROOTTEEZZIIOONNEE CCIIVVIILLEE
Ogni Comune deve dotarsi di una idonea struttura di protezione civile che non sia
allestita in modo casuale, ma che operi e si aggiorni costantemente, quindi con
personale impiegato per il funzionamento della stessa, sia in tempo di pace e soprattutto
in emergenza.
In tempo di pace deve esistere l’ufficio comunale di protezione civile, che non deve
essere per forza a se stante, ma può essere interno ad un altro ufficio del Comune, con
uno o più persone referenti di protezione civile.
Le attività istituzionali in tempo di pace dell’ufficio comunale di protezione civile
possono essere così riassunte:
− rilevazione e mappatura dei rischi presenti nel territorio comunale20
− sorveglianza dei bollettini meteo ed accertamento delle segnalazioni di pericolo
− coordinamento tra le componenti del Sistema Regionale Veneto di Protezione
Civile: distaccamenti VV.F., Provincia, A.R.P.A.V., Regione
− verifica e funzionalità delle procedure di emergenza
− promozione ed organizzazione di attività finalizzate a formare nella popolazione
la consapevolezza delle problematiche connesse la protezione civile
− collaborazione tra i vari servizi comunali (ecologia, anagrafe, ambiente, ecc…)
− organizzazione di incontri ed esercitazioni che affinino il funzionamento della
struttura di Protezione Civile
20 tale attività necessita di periodiche verifiche ed aggiornamenti.
Struttura Comunale di protezione civile
Tempo di Pace
Emergenza non prevedibile Emergenza prevedibile
Emergenza a seguito di calamità o eventi naturali
Emergenza semi-prevedibile
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
999444---111000666
− promozione di accordi e convenzioni con altri Enti e/o privati per facilitare la
fornitura di prodotti o servizi utili al superamento dell’emergenza.
− altro
In caso di emergenza (sia che essa sia stata preceduta dalla fase di attenzione o
preallerta, sia od in caso di evento in corso) la struttura comunale di protezione civile
contempla nuovi organi, persone e funzioni, che devono essere costituiti ed organizzati
in tempo di pace, per essere pronti e funzionali in caso di calamità (tempo di
emergenza).
Devono essere affidate e definite le responsabilità ed i compiti ai vari livelli di
comando, onde gestire meglio le emergenze e razionalizzare le risorse disponibili.
Per tal motivo si cerca di organizzare i servizi d’emergenza differenziandoli a seconda
dei settori operativi coinvolti, ognuno con propri responsabili, specifiche competenze e
responsabilità, in accordo con quanto stabilito dalla “Direttiva Augustus” da DPC.
Le funzioni del modello “Augustus” sono una decina e spesso in piccoli Comuni non
esiste la possibilità di designare un responsabile o referente per ogni singola funzione.
Per tal motivo alcune funzioni possono essere accorpate e fare riferimento ad un numero
ridotto di referenti. Questa suddivisione in funzioni specifiche nasce dall’esigenza di
individuare preventivamente e con chiarezza le persone da coinvolgere, le risorse
necessarie e le azioni da compiere, per coordinare con efficacia e tempestività la
risposta di protezione civile in emergenza.
Riportiamo di seguito due schemi sulle procedure di attivazione in caso di evento non
prevedibile ed evento prevedibile a livello comunale.
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
999555---111000666
Figura 6: procedure di attivazione in caso di eventi non prevedibili
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
999666---111000666
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
999777---111000666
Figura 7: procedure di attivazione in caso di eventi prevedibili (condizioni meteo avverse)
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
999888---111000666
66..33..11 LLEE FFUUNNZZIIOONNII DDII SSUUPPPPOORRTTOO SSEECCOONNDDOO IILL MMEETTOODDOO AAUUGGUUSSTTUUSS
Le funzioni di supporto secondo la “Direttiva Augustus”, sono una sorta di
organizzazione dei servizi di emergenza differenziati a seconda dei settori operativi ben
distinti, ognuno dei quali con propri responsabili, con specifiche competenze e
responsabilità.
In caso di calamità, il Centro Operativo Comunale deve consentire l’attivazione di un
sistema di lavoro articolato per “funzioni specifiche” con un referente per ciascuna delle
funzioni attivate.
Si tratta di un modello “tarato” in occasioni di emergenza di livello nazionale, che si
propone di individuare preventivamente e con chiarezza le persone da coinvolgere, le
risorse necessarie e le azioni da compiere, per coordinare con efficacia e tempestività la
risposta di protezione civile in emergenza.
In ambito comunale sono previste 10 funzioni di supporto (contro le 15 della Provincia)
insediate nel C.O.C.
Per ciascuna funzione deve essere individuato l’organo responsabile, le attività di
competenza (sia in tempo di pace che di emergenza) ed uno o più referenti interni od
esterni all’amministrazione comunale ai quali affidare specifiche mansioni. Ad essi è
demandato il compito di organizzare preventivamente le risorse e le procedure e di
pianificare gli interventi da attuare in emergenza.
Compito di ciascun referente è quello di aggiornare costantemente le risorse a
disposizione relative alle rispettive funzioni di supporto, onde garantire la disponibilità
delle stesse in termini di materiali, mezzi e persone.
Le 10 funzioni di supporto in realtà saranno attivate in maniera flessibile in relazione
alla gravità dell’evento ed alle circostanze correlate all’evento.
Oltre a questo alcune funzioni possono essere accorpate e fare riferimento ad un singolo
referente. Ad esempio la funzione “Sanità, Assistenza sociale e veterinaria” potrebbe
essere accorpata ad “Assistenza alla popolazione”.
Il Sindaco attraverso il Decreto Sindacale individua e nomina i responsabili delle
funzioni di supporto.
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
999999---111000666
Tabella 12: funzioni di supporto da “Direttiva Augustus”
Tipo Funzione Compiti/Soggetti Referente
Tecnica e di pianificazione
Aggiornamento scenari di rischio, interpretazione dati delle reti di monitoraggio
Tecnico comunale, Personale dell’ente – ARPA
Sanità, Assistenza Sociale e Veterinaria
Censimento strutture sanitarie, elenco personale a disposizione
Medico, referente A.USSL, CRI, volontario SOS
Volontariato Squadre specialistiche, formazione ed informazione alla popolazione, esercitazioni
Volontariato
Risorse (materiali e mezzi)
Materiali, mezzi e persone a disposizione (dipendenti ed esterni al Comune)
Tecnico Comunale, Volontariato
Telecomunicazioni Referenti gestori telefonia fissa e mobile e radio (radioamatori)
Referente ente gestore e/o radioamatore
Servizi essenziali Referenti di ogni servizio (acqua, gas, energia elettrica, rifiuti, ecc.)
Tecnico Comunale, Referente azienda municipale
Censimento danni Individuazione sedi strategiche ed aree sicure, schede di censimento
Tecnico Comunale, personale di aziende municipalizzate
Strutture operative locali e viabilità
Coordinamento fra le varie strutture, realizzazione piano di evacuazione
Referente VVF. Carabinieri, Polizia MUnicipale
Assistenza alla popolazione
Individuazione strutture ricettive, assistenza alla popolazione
Assistente sociale
Gestione Amministrativa
Organizzazione, gestione ed aggiornamento degli atti amministrativi emessi in emergenza per garantire la continuità amministrativa
Funzionario amministrativo competente in gestione risorse,
procedure, atti complessi
Sistemi Informatici Organizzazione, gestione ed aggiornamento del software di protezione civile e corretto funzionamento delle macchine e della rete.
Tecnico Informatico Comunale
L’ultima funzione inserita è stata aggiunta dallo scrivente, in quanto, data la complessità
dei sistemi informatici o i vari problemi che possono insorgere con gli elaboratori
ellettronici, è opportuno poter usufruire dell’appoggio di una persona in grado di
risolvere le varie problematiche informatiche (hardware e software) che potrebbero
insorgere, sia in tempo di pace che di emergenza.
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
111000000---111000666
66..44 PPIIAANNOO DDII AATTTTIIVVAAZZIIOONNEE CCOOMMUUNNAALLEE IINN EEMMEERRGGEENNZZAA
L’attivazione della struttura comunale delle attività di protezione civile è scandita da tre
livelli operativi.
� fase di attenzione o vigilanza
� fase di preallarme
� fase di allarme.
Vi è una quarta fase che si esplica in tempo di pace, ovvero fase di attesa.
Tutte queste fasi seguono un ordine logico, ch passo per passo, individuano il percorso
da seguire a seconda dell’evoluzione dell’evento. Il sistema così delineato costituisce
una sorta di percorso logico sequenziale. Ovviamente è possibile che si passi da una
fase di vigilanza direttamente a quella di allarme. Difatto lo scopo della definizione di
questi livelli è di adottare procedure chiare e crescenti in termini di impiego di mezzi e
persone a seconda della gravità dell’evento in corso:
Da chi e come sono attivate le procedure
La Prefettura è l’autorità competente nel dichiarare lo “stato di allerta” e quindi
provvederà ad inviare il “preavviso di condizioni meteorologiche avverse” o
“messaggio di allerta” con un’informativa a cascata nei confronti dei Comuni, delle
Province, delle Forze dell’Ordine e di altri soggetti pubblici e privati che, da tale
informativa, prendono spunto per i livelli di competenza indirizzati all’attivazione di
procedure ed azioni volte alla tutela della pubblica incolumità, al mantenimento dei
servizi essenziali e, se del caso, al superamento di uno stato di emergenza.
Un privato cittadino può essere il fautore dell’attivazione delle procedure di
allertamento ed emergenza in quanto, nel momento in cui ravvisa un potenziale
pericolo, avverte le forze dell’ordine tramite 113, 112, 118, 115. Queste ultime
verificano le segnalazioni comunicandone gli esiti al Prefetto che valuterà la situazione
e deciderà se avviare le procedure di allerta.
Allo stesso modo il Sindaco che è coinvolto in una situazione di emergenza non
preventivamente segnalata a causa della natura dell’evento, ad esempio una frana o
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
111000111---111000666
presunto rischio di frana, un’esondazione non prevista, ecc., oltre ad attivare le
procedure comunali di emergenza, avviserà la Prefettura che valuterà l’eventualità di
dichiarare ufficialmente lo stato di allerta e/o di emergenza e le azioni da attuare.
L’invio di bollettino di “preavviso di condizioni meteo avverse”, è seguito da altri
bollettini, che possono dare indicazioni diverse a seconda dell’evolversi dell’evento
meteo.
Nel caso vi sia un peggioramento della situazione, la Prefettura deve avviare la
procedura standard in caso di emergenza.
Durante l’emergenza, tutti gli attori interessati devono sapere esattamente quali sono i
loro compiti e le loro competenze, tutto deve funzionare come un ingranaggio ben
oliato, per tal motivo ed in questo contesto è importante che in “tempo di pace”, nella
fase della prevenzione, siano stati stipulati accordi e convenzioni.
66..44..11 LLEE VVAARRIIEE FFAASSII DDEELLLL’’EEMMEERRGGEENNZZAA
Fase di attesa o di pace –codice verde-: vengono inoltrati dei messaggi informativi o di
preavviso
• Fase di vigilanza o attenzione: (T> di 24-36 ore) -codice giallo-: messaggio di
preavviso dove non si ravvisa il peggioramento delle condizioni meteorologiche.
Il codice giallo permane fino a miglioramento o peggioramento. Ai Comuni
interessati dall’evento viene fatta una segnalazione dagli Enti preposti, per le
valutazioni e gli eventi di propria competenza.
• Fase di preallerta: (T compreso fra 12 e 24 ore) -codice arancione -: vi sono
eventi moderati in corso. Ai Comuni arriva dalla Prefettura il messaggio di
avviso. In caso di convenzione si può avere il servizio di assistenza
meteorologica 24 H, con bollettini nowcasting ogni 3 ore. I Sindaci interessati
possono decidere di costituire il COC. Nelle zone a maggior rischio il COC deve
fare degli accertamenti. Si prospettano due scenari da questo punto in poi:
• conferma scenari attesi ed insorgere di situazione criitica non oltre le 18 ore
successive (sono passate circa 6 ore dall’inizio della fase di preallerta):
passaggio alla fase di allerta (codice rosso)
• miglioramento delle condizioni
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
111000222---111000666
• Fase di allerta (evento imminente od in corso) –codice rosso-: Il COC è
senz’altro riunito e pienamente operativo, viene garantita la continuità di
funzionamento grazie al piano di reperibilità del personale comunale. Vengono
effettuati interventi urgenti sul territorio e viene garantito il monitoraggio delle
situazioni di crisi note. Vengono allertati i soggetti maggiormente esposti che
vengono messi in sicurezza se del caso.
L’evoluzione dell’evento può portare a due situazioni
• conferma dell’emergenza e realizzazione della crisi: a questo punto la
priorità va agli interventi di soccorso ed , in subordine, al censimento dei
danni ed al ripristino dei servizi.
• miglioramento delle condizioni e conseguente rientro dell’emergenza.
PPP IIIAAANNNOOO DDDIII PPPRRROOOTTTEEEZZZIIIOOONNNEEE CCCIIIVVVIIILLLEEE DDDEEELLL CCCOOOMMM UUUNNNEEE DDDIII SSSOOONNNAAA ––– RRREEELLLAAAZZZIIIOOONNNEEE GGGEEENNNEEERRRAAALLLEEE
111000333---111000666
FASE DI ATTENZIONE
arriva la comunicazione da parte di Prefettura e/o Provincia
arriva la comunicazione di evento in corso da parte di terzi
FASE DI PREALLARME
FASE DI ALLARME
Figura 8: modello di intervento comunale con evento prevedibile
PrefetturaPrefetturaPrefetturaPrefettura
Referente Comunale
(vigile urbano-altri)
Sindaco o assessore
delegato
Unità Operativa
Responsabile
Comunale di
Protezione Civile
C.O.C.C.O.C.C.O.C.C.O.C.
Sindaco
Responsabile Comunale di Protezione Civile
Tecnici Ufficio Tecnico Comunale
Comandante vigili Urbani
Responsabile dei volontari SOS
Conduzione e
gestione delle
emergenze
coordinamento soccorsi
attivazione procedure
monitoraggio evoluzione
Completa attivazione del C.O.C.
presenza referenti di tutte le funzioni di supporto
C.O.C.O.C.O.C.O.MMMM.... 14 14 14 14
Peschiera del Garda
Sona
Castelnuovo del Garda ProvinciaProvinciaProvinciaProvincia
111000444---111000666
SSSOOOMMMMMMAAARRRIIIOOO
1 IL “SISTEMA” PROTEZIONE CIVILE: AMBITO NORMATIVO____________________ 3
1.1 PREMESSA ________________________________________________________________ 3 1.1.1 Il Sindaco ______________________________________________________________ 4
1.2 LA PROTEZIONE CIVILE NAZIONALE ____________________________________________ 5 1.3 NORMATIVA VIGENTE CHE REGOLA IL RUOLO E LE FUNZIONI DEL SINDACO E DEL COMUNE IN
MATERIA DI PROTEZIONE CIVILE. ______________________________________________________ 7 1.4 CLASSIFICAZIONE DEGLI EVENTI ______________________________________________ 10
2 AMBITO FISICO E TERRITORIALE ___________________________________________ 11
2.1 GEOLOGIA ED IDROLOGIA ___________________________________________________ 12 2.1.1 Geomorfologia e geologia ________________________________________________ 12
2.1.2 Idrologia______________________________________________________________ 13 2.1.3 Idrogeologia___________________________________________________________ 16
2.2 METEOROLOGIA DELLA ZONA DI SONA _________________________________________ 16
3 RISCHI ATTESI _____________________________________________________________ 18
3.1 DEFINIZIONE DI RISCHIO ____________________________________________________ 18
3.2 TIPOLOGIE DI RISCHIO ______________________________________________________ 19 3.3 RISCHIO CHIMICO-INDUSTRIALE ______________________________________________ 21
3.3.1 Ditta Sun Oil Italiana S.r.l. _______________________________________________ 22 3.3.1.1 Rischio sanitario - ambientale ________________________________________________ 24
3.4 RISCHIO GAS TOSSICI _______________________________________________________ 27 3.4.1 Rischio gas tossici nel Comune di Sona______________________________________ 27
3.4.2 L’Ammoniaca __________________________________________________________ 28 3.4.2.1 Rilevazione dell’ammoniaca _________________________________________________ 28 3.4.2.2 Usi dell’ammoniaca________________________________________________________ 29 3.4.2.3 Effetti dell’ammoniaca sull’organismo _________________________________________ 29 3.4.2.4 Scheda ICSC #0414 Ammoniaca. _____________________________________________ 31 3.4.2.5 Scenari di massima in caso di rilascio di ammoniaca in atmosfera. ___________________ 32
3.5 RISCHIO IDROPOTABILE _____________________________________________________ 34 3.5.1 Rischio idropotabile nel Comune di Sona ____________________________________ 36
3.6 RISCHIO METEO ___________________________________________________________ 37 3.6.1 Precipitazioni __________________________________________________________ 38
3.6.1.1 Temporali _______________________________________________________________ 38 3.6.1.1.1 Genesi ed evoluzione di un temporale _______________________________________ 40 3.6.1.1.2 La fase di sviluppo ______________________________________________________ 40 3.6.1.1.3 La fase di dissolvimento__________________________________________________ 41
111000555---111000666
3.6.1.2 Nubifragi ________________________________________________________________ 41 3.6.1.3 Grandinate _______________________________________________________________ 41 3.6.1.4 Neve ___________________________________________________________________ 42 3.6.1.5 Nebbia __________________________________________________________________ 43
3.6.2 Temperature estreme e sbalzi termici _______________________________________ 44 3.6.2.1 Le gelate ________________________________________________________________ 44 3.6.2.2 Galaverna e Gelicidio ______________________________________________________ 45 3.6.2.3 Ondate di calore___________________________________________________________ 46
3.6.3 Rischio meteo nel Comune di Sona _________________________________________ 46 3.7 RISCHIO SISMICO __________________________________________________________ 49
3.7.1 Rischio sismico nel territorio veronese:______________________________________ 51
3.8 RISCHIO CONNESSO AL TRASPORTO DI SOSTANZE PERICOLOSE _______________________ 54 3.9 RISCHIO VIABILITÀ ________________________________________________________ 56
3.9.1 Il sistema viario del Comune di Sona________________________________________ 58 3.9.2 Rischio viabilità nel Comune di Sona _______________________________________ 60
3.9.2.1 La Grande Mela___________________________________________________________ 61 3.9.3 Rischio trasporto ferroviario nel Comune di Sona _____________________________ 62
3.10 IL RISCHIO IDROGEOLOGICO _________________________________________________ 63 3.10.1 Le Alluvioni _________________________________________________________ 66 3.10.2 Le Frane ___________________________________________________________ 66
3.10.2.1 Tipi di frane______________________________________________________________ 67 3.10.3 Rischio idrogeologico nel Comune di Sona_________________________________ 70
3.11 RISCHIO INCIDENTE AEREO __________________________________________________ 71 3.12 RISCHIO ATTENTATI________________________________________________________ 72
4 SCENARI D’EVENTO ________________________________________________________ 73
5 RISORSE ___________________________________________________________________ 74
5.1 INTRODUZIONE ___________________________________________________________ 74 5.2 IL S.I.T.P. _______________________________________________________________ 74 5.3 I CENTRI OPERATIVI MISTI __________________________________________________ 75
5.4 I COMUNI________________________________________________________________ 77 5.5 IL CENTRO OPERATIVO COMUNALE ___________________________________________ 77
5.6 IL VOLONTARIATO_________________________________________________________ 78 5.7 IL VOLONTARIATO NEL VENETO E NELLA PROVINCIA DI VERONA _____________________ 80
5.7.1 Formazione del volontariato ______________________________________________ 82 5.7.2 La colonna mobile regionale del volontariato di protezione civile _________________ 83 5.7.3 Associazioni di volontariato operanti sul territorio provinciale ___________________ 84
111000666---111000666
6 COMPETENZE E PROCEDURE _______________________________________________ 85
6.1 EVENTI PREVEDIBILI _______________________________________________________ 86 6.1.1 Il Bollettino di Vigilanza Meteorologica Nazionale_____________________________ 87 6.1.2 Il Centro Meteorologico di Teolo___________________________________________ 90
6.2 EVENTI SEMI-PREVEDIBILI O NON PREVEDIBILI – LA PREVENZIONE ____________________ 91 6.3 LA STRUTTURA COMUNALE DI PROTEZIONE CIVILE ________________________________ 93
6.3.1 Le funzioni di supporto secondo il metodo Augustus ____________________________ 98 6.4 PIANO DI ATTIVAZIONE COMUNALE IN EMERGENZA_______________________________ 100
6.4.1 Le varie fasi dell’emergenza _____________________________________________ 101