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PROVINCIA DI VITERBO REGIONE LAZIO PIANO DI GESTIONE DEL S.I.C. “SUGHERETA DI TUSCANIA” (IT6010036) Università degli Studi della Tuscia Dipartimento D.A.F. PARTE II: PIANO E ALLEGATI CARTOGRAFICI

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PROVINCIA DI VITERBO REGIONE LAZIO

PIANO DI GESTIONE DEL S.I.C.

“SUGHERETA DI TUSCANIA”

(IT6010036)

Università degli Studi della Tuscia

Dipartimento D.A.F.

PARTE II: PIANO E

ALLEGATI CARTOGRAFICI

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Piano di gestione S.I.C. Sughereta di Tuscania, parte II

INDICE

1. Valutazione delle esigenze ecologiche di habitat e specie e loro stato di protezione……………. 1

1.1 Analisi sulla biodiversità del sito………………………………………………………….... 1

1.2 Valutazione delle esigenze ecologiche delle specie, delle biocenosi e degli habitat di

interesse comunitario presenti nel sito……………………………………………………… 4

1.3 Individuazione di indicatori che consentano di valutare lo stato delle specie e degli habitat

per i quali il sito è stato scelto e la loro evoluzione futura…………………………………. 6

2. Obiettivi generali del Piano di gestione

2.1 Tutela della biodiversità del sito…………………………………………………………... 6

2.2 Aumento del grado di connessione delle aree naturali……………………………………. 7

2.3 Miglioramento dell’ecocompatibilità del sistema socio-economico locale………………. 8

2.4 Ricerca scientifica applicata ed educazione ambientale…………………………………... 9

3. Minacce e fattori che interferiscono con il raggiungimento degli obiettivi di conservazione…. 10

4. Obiettivi specifici di gestione e relativi interventi.

4.1 Sospensione dell’estrazione del sughero………………………………………………... 12

4.2 Zonizzazione del sito…………………………………………………………………….. 13

4.3 Creazione di tabelloni illustrativi e di un sentiero naturalistico e regolamentazione

all’accesso di persone……………………………………………………………………. 18

4.4 Aumento delle connessioni con i boschi esterni………………………………………… 20

4.5 Mantenimento di viali e fasce tagliafuoco………………………………………………. 22

4.6 Monitoraggio e attuazione della lotta alle specie patogene potenzialmente pericolose…. 23

4.7 Monitoraggio sulla futura evoluzione del sito…………………………………………… 25

4.8 Completamento delle conoscenze naturalistiche………………………………………… 26

5. Strategia gestionale

5.1 Consultazione e coinvolgimento della proprietà………………………………………… 26

5.2 Sensibilizzazione e divulgazione……………………………………………………….... 27

5.3 Inventario delle tipologie di fondi potenzialmente utilizzabili per il sito e indicazioni del

tipo di strumento finanziario adottabile………………………………………………….. 28

6. Quadro economico e priorità degli interventi………………………………………………….. 30

7. Bibliografia……………………………………………………………………………………. 33

8. Allegati cartografici…………………………………………………………………………… 36

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1. Valutazione delle esigenze ecologiche di habitat e specie e loro stato di protezione.

L’area in questione è stata proposta come Sito d’Importanza Comunitaria (codice IT6010036)

nell’ambito del progetto Life “Bioitaly”. Con deliberazione della Giunta Regionale (n° 2146 del

1996) la Regione Lazio ha approvato la lista dei SIC del Lazio, ai fini dell’inserimento nella rete

ecologica europea Natura 2000. Il carattere saliente che ha determinato la necessità di protezione di

quest’area SIC è l’habitat 9330 “Foreste di Quercus suber” la cui importanza è stata sinteticamente

espressa con la qualità di essere un tipico esempio di sughereta allo stato maturo che presenta come

vulnerabilità l’impatto antropico ed ha come caratteristiche di essere l’ultimo lembo di una

formazione molto più estesa in passato e di avere un sottobosco particolarmente ricco di orchidee.

Sempre secondo la scheda di presentazione del SIC, le specie animali di rilievo sono rappresentate

dal solo istrice (Histrix cristata), con rappresentatività significativa.

1.1 Analisi sulla biodiversità del sito.

La sughereta di Tuscania si caratterizza secondo questo importante indice di naturalità come

impoverita da secoli di sfruttamento antropico. La sua sopravvivenza è da considerare del tutto

fortuita e forse legata allo sfruttamento del sughero. Non si hanno notizie del suo indigenato ma

sono in corso studi da parte dell’Università di Viterbo sulla caratterizzazione genetica della specie

nel Lazio ed in provincia di Viterbo. La prima fase della ricerca ha riguardato l’analisi sulla

distribuzione della specie nel Lazio e per quanto riguarda la provincia di Viterbo i rilievi effettuati

sono stati molto dettagliati, avendo incluso nel censimento anche i pascoli arborati, le siepi arborate,

i filari ed anche le singole piante sparse nei campi.

Con la raccolta del materiale vegetale da sottoporre ad analisi genetica si è da poco iniziata la

seconda fase. Il confronto con il materiale raccolto in altre parti del Lazio e quello raccolto nel resto

d’Italia permetterà di avere un quadro del grado di parentela filogenetica della specie in Italia e nel

Lazio e quindi anche della eventuale deriva genetica. Infine un terzo livello di analisi riguarderà più

specificamente la variabilità genetica della sughereta di Tuscania e a seguito del confronto con gli

individui sparsi sia nei terreni adiacenti sia all’interno dei boschi circostanti si potrà confermare

l’ipotesi di un’origine comune. Le sughere che si trovano nelle formazioni arboree che ricoprono la

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valle del Marta dovrebbero essere di origine naturale. Esse si trovano diffuse in maniera sparsa

spesso ai margini dei boschi o a gruppi all’interno di essi in settori più aperti, dove a volte possono

formare boschetti di un certo rilievo. Sono inoltre molto abbondanti lungo l’ampia fascia di

vegetazione che cinge ad est la forra del Marta formando assieme alle querce caducifoglie un bosco

aperto a struttura irregolare inframmezzato da formazioni erbacee e/o arbustive.

L’eventuale parentela delle sughere dell’area SIC, che è relativamente vicina, con esse potrebbe

chiarire i dubbi sull’indigenato della sughereta e quindi sulla teoria di una formazione molto più

estesa in passato di cui la sughereta in questione rappresenterebbe l’ultimo lembo. Al di là dei

risultati che si otterranno restano i dubbi circa la naturalità di un bosco puro di sughera. La presenza

nella sughereta di numerosi individui di querce caducifoglie, quali cerro e roverella, e soprattutto

delle specie arboree ed arbustive consociate ad esse fa invece pensare che l’evoluzione naturale del

bosco condurrebbe verso il bosco misto di querce con presenza di sughera.

Il querceto misto è ben rappresentato nel territorio di Tuscania soprattutto a confine con il

Comune di Monte Romano dove si estende per parecchi ettari (loc. Roccarespampani). A conferma

di questa ipotesi evolutiva è interessante notare che proprio nel settore nord-ovest di questo bosco la

sughera è presente in forma di rade matricine salvate al taglio periodico e perciò sopravvissute alla

concorrenza dovuta al forte dinamismo delle specie del querceto.

La zona in questione non è distante dalla sughereta (circa 1,5 km) ed è divisa da essa da campi

coltivati in cui si incontrano radi alberi di sughera. Tra questi ad est del Fosso Pantacciano vi è un

ampio pianoro occupato da coltivazioni erbacee il cui toponimo “sughereto” fa di nuovo pensare ad

una massiccia presenza della specie in un passato non lontano, come risulta anche da testimonianze

storiche. Anche se non se ne hanno prove certe non è difficile immaginare una forte presenza nel

passato della specie da qui alla Valle del Marta, anche se è molto probabile che sia stata favorita a

scapito delle altre specie proprio dall’uomo. Più che ad un unico bosco di sughera è più realistico

pensare all’alternarsi di pascoli arborati, boschi di varia densità ed estensione a prevalenza di

sughera e campi coltivati con alberi sparsi e con una buona rete di connessione rappresentata dalla

vegetazione lungo i fossi, le siepi ed i ciglioni boscati. La situazione attuale di drastica riduzione

della specie accompagnata da un generale impoverimento della biodiversità è agli occhi di tutti:

boschetti di ridotte dimensioni e per di più in cattive condizioni fitosanitarie isolati fra ampi campi a

monocoltura, siepi, ciglioni boscati e formazioni riparie quasi del tutto assenti.

Per quanto riguarda invece la biodiversità all’interno della sughereta essa è repressa

periodicamente dal taglio delle specie arboree consociate (cerro, roverella, orniello, carpino nero,

leccio, ramno, ciavardello, olmo campestre, acero campestre, ciliegio selvatico) considerate

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dannose in quanto competitive con la sughera e degli arbusti del sottobosco (cisti, nespolo, perastro,

prugnolo, biancospino, corniolo, ligustro, evonimo, ginestra, viburno, fillirea, mirto) che

danneggiano la raccolta del sughero.

La biodiversità floristica per quanto repressa nelle componenti arbustive ed arboree non è a tal

punto ridotta da destare preoccupazioni circa il futuro delle specie consociate. Si tratta, infatti, di

una situazione facilmente e rapidamente reversibile una volta messe in atto le pratiche suggerite dal

presente Piano di gestione. Per quanto riguarda invece la diversità delle specie erbacee essa non

desta alcuna preoccupazione di impoverimento, anzi la presenza di numerose piccole chiarie dovute

al distanziamento delle chiome del piano arboreo in aggiunta alle aree aperte di una certa ampiezza

presenti soprattutto nel settore occidentale dell’area stimolano un interessante susseguirsi stagionale

di fioriture tra le quali le numerose orchidee che si rinvengono nei mesi di aprile-maggio.

Fig. 1: fioritura di orchidee nei prati (aprile 2004) Fig. 2: fioritura di orchidee nel sottobosco (maggio 2004)

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1.2 Valutazione delle esigenze ecologiche delle specie, delle biocenosi e degli habitat di

interesse comunitario presenti nel sito.

Le esigenze ecologiche del bosco di sughera valutate nelle componenti fisiche di clima e suolo

sono ampiamente soddisfatte. La sughereta, infatti, si trova ampiamente all’interno dell’areale di

distribuzione potenziale della specie di recente individuato (fig. 3) e le caratteristiche edafiche del

suolo non sono limitanti per la specie anzi è vero il contrario. Infatti, la reazione del suolo è

sostanzialmente sub-acida. Tale reazione e la presenza di limo e argilla in quantità tali da non

determinare condizioni di asfissia (consentendo anzi il mantenimento di una certa umidità), rendono

il terreno sotto esame particolarmente adatto alla vegetazione della sughera. Se si possono fare delle

critiche circa lo stato attuale delle condizioni ecologiche esse riguardano esclusivamente la

mancanza di una graduale rappresentanza di tutti gli stadi evolutivi del bosco e la non perfetta

distribuzione delle piante nello spazio.

Da analisi effettuate circa 5 anni fa in due transetti strutturali, e quindi tuttora valide, risulta che

il coefficiente di popolamento presenta valori di 1.17 e 1.83, cioè l’area di insidenza delle chiome è

maggiore dell’area occupata dalla sughereta ossia che le chiome si sovrappongono. Ciò è

particolarmente importante in relazione al fatto che la copertura della volta è stata misurata, nel

complesso, in un valore prossimo al 50%, il che indica densità eccessiva in nuclei alternati a buche

di diametri considerevoli che rendono il popolamento non omogeneo.

Tuttavia la variazione strutturale che si nota percorrendo l’area da sud a nord, dovuta come detto

altrove al diverso dinamismo verificatosi dal dopoguerra ad oggi e alla presenza di aree con densità

molto ridotta se non di radure vere e proprie ci impedisce di generalizzare tali conclusioni a tutto il

bosco pur essendo valide per gran parte della sua superficie. Di conseguenza gli eventuali rimedi

per rendere più armonico il soprassuolo arboreo vanno differenziati sia in funzione dello stato

attuale sia dell’ipotesi gestionale futura (zonizzazione).

Per quanto riguarda la presenza di una ricca fioritura di orchidee nel sottobosco e soprattutto

nelle aree aperte l’esigenza ecologica di queste piante è diversa a seconda dell’habitat in cui si

trovano che come si è detto è molto vario. La loro diffusione peraltro è tale che la sopravvivenza

non desta preoccupazioni, anche se come tutte le specie della famiglia sono considerate piante in

pericolo.

Infine nella scheda descrittiva dell’area si fa riferimento all’esistenza dell’istrice. Questo

roditore, presente in maniera diffusa nelle aree naturali di tutta la provincia ed il cui avvistamento è

frequente nelle ore crepuscolari, non è stato avvistato durante le numerose escursioni in bosco

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effettuate durante la campagna di rilievi, né sono stati ritrovati aculei. Sono state però individuate

tre grosse tane nel sottobosco in un’area a densità di copertura scarsa. Il bosco di sughera così come

si presenta attualmente, con una grossa differenziazione tra aree più dense ed aree meno dense e con

numerose buche o chiarie o prati di una certa estensione, è il luogo ideale per questa specie che può

trovare cibo in quantità tra le numerose radici e bulbi che incontra e può costruire le sue tane nel

soffice suolo del sottobosco in una core-area di una certa estensione, se non venisse disturbato dalla

eccessiva presenza antropica soprattutto estiva, rappresentata anche da bracconieri, quando nella

tana sotterranea le femmine partoriscono.

Fig. 3: areale di distribuzione potenziale della sughera nel territorio della provincia di Viterbo.

1.3 Individuazione di indicatori che consentano di valutare lo stato delle specie e degli

habitat per i quali il sito è stato scelto e la loro evoluzione futura.

L’evoluzione futura del bosco di sughera sarà facilmente valutata attraverso i rilievi che si

potranno fare a distanza di anni negli stessi luoghi dove sono stati effettuati. Infatti, l’utilizzo del

GPS e la segnatura permanente degli alberi centrali delle aree di saggio e d’inizio e fine transetto

permetterà di fare dei confronti precisi. In particolare nelle sei aree di saggio effettuate sarà

possibile confrontare numero di piante, curva ipsometrica, distribuzione dei diametri e di area

basimetrica, grado di consociazione, mentre nei due transetti sarà possibile spingersi oltre poiché è

nota l’esatta ubicazione di ciascuna pianta, il suo diametro e la sua altezza. Sarà quindi possibile

valutare l’incremento diametrico e di altezza di ciascuna pianta il che permetterà di valutare

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l’influenza dei caratteri strutturali su tali aspetti biometrici. Inoltre l’attenta analisi del sottobosco,

con la descrizione quali-quantitativa delle specie presenti, e della rinnovazione, con lo studio del

tipo e della quantità di individui nelle due fasi di semenzale o piantina non affermata e di giovane

pianta suscettibile di accrescimento, sarà molto utile per verificare se il tipo di trattamento

consigliato per quel settore di bosco è efficace o meno rispetto ai risultati attesi. Per quanto riguarda

i dati complessivi sarà facile, utilizzando la stessa tecnica di divisione del bosco in classi di densità

omogenea, attribuire i valori di ogni singolo rilievo alle aree della medesima classe strutturale, così

come si è fatto per ottenere i dati dell’intero bosco e fare confronti su tutta l’area o su settori di essa.

Infine la sovrapposizione delle foto aeree attuali con quelle future permetterà di valutare con una

certa precisione la variazione del grado di apertura delle chiome, la dimensione delle chiarie e delle

aree prative. Di queste ultime sarà possibile avere una misura del grado di avanzamento della

ricolonizzazione del mantello arbustivo e studiare quindi gli aspetti dinamici della

rinaturalizzazione ed eventualmente intervenire per contenere il fenomeno e mantenere le aree a

prato.

2. Obiettivi generali del Piano di gestione.

2.1 Tutela della biodiversità del sito. A prescindere dalle caratteristiche per le quali il luogo è stato proposto come area SIC e cioè

quale tipico esempio di sughereta allo stato maturo, la tutela della biodiversità assieme al ripristino

delle connessioni naturali (aspetti diversi dell’unico problema dell’impoverimento delle risorse

naturali) sono obiettivi generali primari nello spirito delle norme di protezione che dalla direttiva

“Habitat” in poi costituiscono l’asse portante della conservazione degli ultimi lembi di aree naturali.

Anzi la tutela delle caratteristiche peculiari delle aree prescelte non può prescindere dalla situazione

ambientale circostante o meglio del contorno paesaggistico visto nell’ottica ecologica.

La biodiversità vegetale sarà meglio salvaguardata se si aumenterà il grado di complessità del

bosco. La natura, infatti, non fa che contrastare incessantemente l’opera di semplificazione

dell’uomo che nella fattispecie è rappresentata dal bosco monoplano e monospecifico con

distribuzione il più possibilmente geometrica delle piante, tutte ben conformate. Lo sfuttamento del

sughero, infatti, esige una razionalizzazione del bosco per ottenere il massimo prodotto e cioè

incrementi diametrici in equilibrio tra quantità e qualità. In tale ottica le specie consociate sono

inutili e dannose, gli arbusti intralciano le operazioni di estrazione, le piante morte in piedi ed

atterrate sono anch’esse un ostacolo da eliminare e le piante da lasciare sono quelle dominanti con

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caratteristiche geometriche idonee. A limitare tali operazioni di miglioramento economico della

sughereta sono le scelte del proprietario di non voler adoperare tutti gli strumenti tecnici ed

economici idonei al massimo sfruttamento produttivo del bosco e che si limita a fare il minimo per

avere comunque un prodotto discreto senza troppo impegno. In ogni caso il problema della ridotta

diversità esiste e deve esere affrontato con le misure che saranno descritte più avanti. Per quanto

riguarda invece la diversità faunistica, non si dispongono dati sulla consistenza delle specie ma è da

ritenere che un ridotto impatto antropico ed il mantenimento della diversificazione interna di habitat

dovuta alle numerose aperture all’interno del bosco ed alla presenza del Fosso Doganelle lungo

tutto il confine orientale, possa contribuire notevolmente al miglioramento di questa componente

ambientale.

2.2 Aumento del grado di connessione delle aree naturali.

Come si è detto la connettività del paesaggio è diventato un aspetto essenziale per la

sopravvivenza delle specie e per la biodiversità. Nel lontano passato il bosco era l’elemento

principale del paesaggio circostante. Sebbene si differenziasse dal punto di vista floristico e

strutturale a seconda delle emergenze geomorfologiche, esso costituiva la matrice continua, le

poche aree antropizzate formate da coltivi e centri abitati essendo come gap perforanti tale matrice

ai quali si sono aggiunte le dissezioni formate dalle principali vie di comunicazione. Nel corso degli

anni ed in modo particolare negli ultimi due secoli si è passato dalla perforazione e dalla dissezione

ad una vera e propria frammentazione fino ad arrivare alla struttura attuale dove sono i campi

coltivati e le aree urbanizzate a rappresentare la matrice principale dove sono disseminate le patches

naturali e seminaturali sempre più isolate e ridotte nelle dimensioni.

Attualmente l’aspetto più preoccupante è la riduzione dei corridoi di connessione tra le aree

naturali isolate. Questa emergenza riguarda soprattutto i boschi planiziari o meglio gli ultimi relitti

di essi sparsi nella matrice dei campi coltivati. Il confronto con la foto aerea del 1944 mostra

l’evoluzione in atto negli ultimi 60 anni dove da una parte vi è stato il recupero del bosco nelle aree

abbandonate dal pascolo che non è stato possibile trasformare ad uso agrario a causa del vincolo

idrogeologico che ricopre la maggior parte dei terreni ad ovest del fosso delle Doganelle ed a nord

della Tuscanese, dall’altra si nota una riduzione degli alberi isolati nei campi, dei filari e delle siepi

alberate.

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Per contrastare tale tendenza è necessario invertire il processo di contrazione delle superfici delle

patches naturali ma ancor più urgente è cercare di ridurre l’isolamento delle stesse. Questo può

essere fatto aumentando il grado di connettività del territorio circostante la sughereta.

2.3 Miglioramento dell’ecocompatibilità del sistema socio-economico locale. E’ questo l’obiettivo più difficile da realizzare ma è evidente che senza affrontare quest’aspetto

ogni impostazione pianificatoria avrà il respiro corto e sarà avulsa dagli interessi generali della

gente del luogo. Per poter migliorare l’ecocompatibilità delle attività socio-economiche locali

occorre di pari passo operare con l’informazione circa gli strumenti finanziari esistenti per

trasformare le attività agroforestali tradizionali in attività più rispettose dell’ambiente e d’altra parte

indurre quello sforzo culturale negli operatori economici e negli attori sociali in modo da

trasformare gradualmente ma radicalmente l’idea di ambiente come risorsa illimitata da sfruttare

piuttosto che “casa madre”, entità organica qualificante la vita vissuta degli abitanti del luogo. E

questo a riguardo non solo del singolo proprietario ma anche e soprattutto di tutti i potenziali

visitatori dell’area.

Pensare di poter risolvere questo problema solo in un’ottica economica e cioè tentando di

trasformare i coltivatori in venditori di natura nel senso di fruizione turistica è errato e

controproducente. La via principale è proprio quella culturale che predispone un tipo d’uomo legato

al territorio e conoscitore di tutti gli aspetti di esso sostenuta magari da interventi finanziari specifici

per non avvilire i necessari introiti derivanti da un ridotto impatto energetico e tecnologico.

2.4 Ricerca scientifica applicata e educazione ambientale.

La sughereta di Tuscania da anni è oggetto di numerosi studi portati avanti dall’Università degli

Studi della Tuscia prima dal Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e delle sue Risorse

(DI.S.A.FR.I.) poi dal Dipartimento di tecnologie, ingegneria e scienze dell’Ambiente e delle

Foreste (D.A.F.). Le attività di ricerca e sperimentazione svolte in questi anni fanno parte del più

ampio progetto sullo sviluppo della sughericoltura nel Lazio in fase di ultimazione in convenzione

tra l’ARSIAL e l’Università. Tale progetto ha riguardato il rilevamento e la cartografia della

distribuzione della sughera nel Lazio; la realizzazione di un vivaio specializzato per l’allevamento

della sughera in un azienda dimostrativa di Capocotta, nei pressi di Pomezia; le tecniche vivaistiche

più indicate per la specie; la caratterizzazione genetica dei popolamenti laziali; gli interventi di

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miglioramento in una sughereta destinata alla produzione (la sughereta di Tuscania); la

realizzazione di un impianto specializzato con il confronto di vari regimi di irrigazione presso un

azienda dimostrativa di Tarquinia. A seguito di tali studi nel 1999 è stato effettuato un intervento di

miglioramento teso alla riqualificazione della sughereta dal punto di vista produttivo. Esso quindi

ha puntato sulla razionalizzazione della struttura del bosco affinché attraverso un adeguato

spaziamento delle chiome si avesse il massimo di produttività ad ha del sughero. In particolare

l’intervento colturale è consistito in un diradamento debole dal basso che ha interessato le piante

sottomesse, deperenti o malate senza intaccare il piano dominante. Inoltre, dopo il diradamento,

sono stati eseguiti anche alcuni interventi di potatura di allevamento e di produzione. Con le prime è

stato liberato il tronco delle piante giovani fino ad un’altezza di circa 3 m, per facilitare la futura

decortica ed ottenere tagli di sughero più pregiati. Su quasi tutte le piante, invece, sono stati

eliminati i rami secchi e i succhioni. Tali azioni hanno di poco preceduto sia la inclusione del bosco

nella Riserva Naturale Regionale di Tuscania sia l’approvazione della lista delle aree S.I.C. tra cui il

bosco stesso. Questi ultimi strumenti conservativi hanno di fatto imposto un effettivo mutamento

degli obiettivi gestionali: la funzione produttiva non è più l’obiettivo principale quanto la

salvaguardia l’ultimo lembo di una formazione molto più estesa in passato. Gli studi attuali

dovranno quindi rappresentare una base per conoscere le dinamiche evolutive che si realizzeranno

allentando la pressione antropica. Il bosco sarà quindi monitorato negli anni a venire in modo di

poter tempestivamente usare quegli accorgimenti per correggere le pratiche gestionali ai fini della

conservazione del bosco. Di pari passo la collaborazione con l’Ente di gestione della Riserva

Naturale e con gli Enti Locali interessati potrà stimolare attività divulgative intese a far conoscere

alla popolazione locale e soprattutto alle nuove generazioni le emergenze naturalistiche che hanno

portato alla necessità di proteggere l’area ed ai rischi di ulteriore decadimento stanti le condizioni

attuali. Alla conferenza pubblica di presentazione del Piano di gestione del bosco dovranno seguire

con scadenza periodica altre iniziative di sensibilizzazione a cui l’Università della Tuscia sarà ben

lieta di collaborare.

3. Minacce e fattori che interferiscono con il raggiungimento degli obiettivi di

conservazione.

Si fa una breve disamina delle ipotetiche evoluzioni dell’area in esame stante così il grado di

pressione antropica attuale su di essa e/o l’assenza degli strumenti idonei alla sua protezione.

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Taglio di curazione. Uno dei principali fattori di degrado del bosco è rappresentato dal taglio di

utilizzazione dello stesso effettuato nell’ottica di un diradamento selettivo che privilegi la

produzione di sughero senza preoccuparsi del futuro del bosco. L’invecchiamento generale del

soprassuolo che si avrebbe non tenendo in considerazione il ruolo essenziale della rinnovazione, pur

non minacciando nel breve periodo la sopravvivenza dello stesso, dato che la maggior parte degli

individui hanno diametri di 25-30 cm ed un’età non superiore ai 40 anni, può alla lunga essere

fattore di declino del bosco. La stessa uniformità che si sta tentando di raggiungere per motivi di

semplicità gestionale può rendere fragile il soprassuolo ad agenti patologici improvvisi. Così dicasi

per la forzata monospecificità che pur non interessando direttamente la sopravvivenza della

sughereta (ma che la rende più vulnerabile all’attacco di patogeni specifici) rappresenta un fattore di

impoverimento della biodiversità animale e vegetale. Il recente intervento selvicolturale di

miglioramento ha cambiato in meglio le condizioni del bosco soprattutto per quanto riguarda la

rinnovazione anche se è stato pensato per la sola funzione di produzione: esso ha interessato le

piante di sughera sottoposte e malconformate e quasi tutti gli individui delle specie consociate. Il

significativo incremento della rinnovazione è dipeso dalla diminuzione dell’area d’insidenza totale

del bosco.

Estrazione del sughero. Anche questa attività non può essere esente da critiche nell’ottica di

conservazione dell’area SIC. L’utilizzo del sughero continua ad essere fruttuosa. Essa per anni ha

rappresentato fonte di reddito per i proprietari a fronte di modiche spese per ottenerlo. Il taglio della

corteccia è stato fatto con periodi di 14-16 anni e non sempre con la dovuta attenzione ai possibili

danni degli utensili adoprati senza la dovuta accortezza che solo l’esperienza e la conoscenza del

mestiere può dare. In particolare l’ultima utilizzazione ha recato frequenti ferite ai fusti con stress

per le piante e possibile attacco di patogeni di sofferenza quali funghi e insetti defogliatori, oltre che

alla insorgenza di calli da ferita. Inoltre il periodo seguente la scorzatura è molto delicato per la

pianta con possibilità di danni da eccessiva traspirazione provocata dal vento o dal sole. Infine

l’asportazione della corteccia rende le piante vulnerabili in caso di incendio, fenomeno non del tutto

infrequente.

Espansione delle fitocenosi arbustive. Questo aspetto può essere considerato un fattore di

degrado nei confronti delle aree aperte ricoperte da cenosi erbacee di notevole interesse

naturalistico e quindi da mantenere, inoltre l’infestazione di rovi può costituire un serio pericolo in

caso di incendio che se interessa le specie erbacee può anche passare radente nel sottobosco ed

essere facilmente controllato, cosa che non accadrebbe in caso di intricata invasione di rovi ed

arbusti vari i quali intralcerebbero anche l’opera di spegnimento.

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Piano di gestione S.I.C. Sughereta di Tuscania, parte II

Disturbo antropico. Esso è legato sia ad attività di raccolta di funghi, asparagi, sia alla semplice

fruizione con passeggiate all’interno del bosco. La sughereta di Tuscania, infatti, pur essendo

proprietà privata, è considerata nella mentalità collettiva della popolazione locale come un bene

collettivo, non foss’altro per l’unicità del bosco d’alto fusto (per giunta di sughera) nelle nostre zone

ed è molto facile trovarvi persone in ogni periodo dell’anno. Il peso di tali disturbi è via via

aumentato negli anni a causa sia della diffusione delle pratiche di raccolta un tempo appannaggio di

pochi amatori sia dall’aumento negli abitanti del luogo di una consapevolezza del valore estetico

ricreativo degli ultimi lembi di aree naturali. Tale concezione della natura è sempre più slegata alle

conoscenze ancestrali di origine contadina tramandate di padre in figlio e perciò ricche di

consapevolezza sul rispetto da dare a tali ambienti e sempre più soggetta ad una nuova e pericolosa

opera di suggestione turistico-ricreativa di tipo “predatorio” (l’ambiente visto in maniera

utilitaristica anche negli aspetti estetici dove predomina il diritto a goderne) tanto comune agli

abitanti delle città ma che si sta diffondendo rapidamente anche nei paesi. Per capire meglio il

fenomeno va menzionata per esempio la pratica della raccolta di asparagi sempre più diffusa per un

prodotto che di per se non merita l’elevato interesse gastronomico che la mentalità collettiva gli

attribuisce. Ovviamente il danno è rappresentato non tanto dall’impoverimento dell’asparago

selvatico ma dal disturbo nei confronti della fauna selvatica. Va ricordato che la sughereta è

facilmente raggiungibile ed attraversata da numerose strade interne.

La vicinanza della strada provinciale Tuscanese, molto frequentata soprattutto nella bella

stagione per raggiungere le località marine, è un ulteriore fattore di disturbo soprattutto nel settore

sud del bosco, anche se il rumore di fondo degli autoveicoli in alcuni periodi del giorno e dell’anno

è talmente intenso da rappresentare un agente sicuro di inquinamento acustico in tutta l’area.

Pericolo di incendi. Sono stati tanti gli episodi di incendio più o meno disastrosi che hanno

investito il bosco. La maggior parte dei quali ha interessato soltanto il sottobosco. La sughera,

infatti, è considerata una pirofita passiva che si difende dal fuoco con lo spessore della corteccia per

poi diffondersi dopo l'incendio ma solo in modo limitato a causa del seme pesante ed

esclusivamente tramite le piante sopravvissute, ammesso comunque che durante la crescita non

intervenga di nuovo l’incendio. La vicinanza della strada provinciale, frequentatissima d’estate e di

campi di grano e di fieno nei terreni circostanti rendono il bosco molto vulnerabile rispetto agli

incendi colposi. A difesa da questo pericolo nel 1999 il proprietario del bosco, che è anche

proprietario di buona parte dei terreni limitrofi, ha realizzato una fascia tagliafuoco verde di 40 m

lungo tutto il perimetro del bosco con asportazione di tutti gli arbusti, e di circa 50 piante ad ha.

Inoltre anche quest’anno egli ha realizzato attraverso una lavorazione superficiale la pulizia di una

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Piano di gestione S.I.C. Sughereta di Tuscania, parte II

fascia di 20 m attorno al bosco e delle principali strade interne. E’ evidente che tali accorgimenti

nulla possono contro eventuali incendi dolosi anche se la possibilità di arrivare subito nel posto e di

addentrarsi facilmente nel bosco con i mezzi antincendio dovrebbe poter limitare i danni.

Isolamento geografico della sughereta rispetto alla distribuzione delle formazioni con

presenza di sughera. Già ad un’occhiata sommaria la sughereta di Tuscania si presenta come

un’isola tra estesi campi coltivati. Le formazioni forestali più vicine (quelle adiacenti la Valle del

Marta), infatti, distano circa 400 m. Tale separazione è in parte attenuata da esemplari di grosse

dimensioni sparsi nei campi e presenti nelle siepi alberate circostanti ma la loro presenza si è ridotta

di molto dal dopoguerra ad oggi, come si vede dal confronto tra la foto aerea del 1944 e quella

attuale. Manca soprattutto un ricambio alle piante che per causa naturale o per mano dell’uomo

anno dopo anno vengono eliminate. Ammesso e dimostrato l’indigenato delle sughere presenti nel

bosco e la loro parentela con quelle circostanti e soprattutto con quelle del boschetto di sughere

situato a 500m a nord e con quelle sparse nei boschi limitrofi, la distanza geografica attuale può

senz’altro sfavorire il rimescolamento genetico che si realizza attraverso la deriva del polline tra la

sughereta e le sughere circostanti, anche se non lo impedisce del tutto.

4. Obiettivi specifici di gestione e relativi interventi

4.1 Sospensione dell’estrazione del sughero

La pratica dell’estrazione del sughero mal si concilia con il fine della conservazione naturalistica

del bosco, tuttavia è evidente che essendo il bosco di proprietà privata la sospensione di questa

pratica o avviene per una volontaria consapevolezza del proprietario del diverso valore che il bosco

ha assunto in questi ultimi anni e quindi in una sua spontanea disponibilità a rinunciare allo

sfruttamento economico dello stesso oppure deve essere imposto attraverso un quadro normativo

che vieti tutte le operazioni contrastanti i fini conservativi del bosco. Come inizio si suggerisce il

salto di un turno di decortica che stante la periodicità di 12-14 anni dovrebbe avvenire nel 2007-09.

Al proprietario del bosco va prospettata l’ipotesi di un indennizzo finanziario corrispondente al

mancato introito, nel caso non volesse assecondare gli attuali indirizzi conservativi o non

intervenisse una precisa normativa impositiva. Il valore dell’indennizzo conseguirà una perizia che

sappia determinare le superfici di plancia al m2 sulla base della distribuzione delle classi

diametriche ad ha e del coefficiente di decortica, cioè del rapporto altezza di utilizzazione /

circonferenza del tronco a petto d’uomo, oppure più semplicemente applicando quella tavola di

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Piano di gestione S.I.C. Sughereta di Tuscania, parte II

cubatura, tra quelle locali presenti in letteratura, che più si avvicina al bosco di Tuscania.

Nell’occasione si potranno ripetere i rilievi effettuati dai quali si potranno già avere dati utili circa

l’evoluzione del bosco grazie al fatto che, essendo stati localizzati con il GPS, si tratta transetti ed

aree di saggio permanenti. Qualora l’attività di utilizzo del sughero sia una prerogativa

irrinunciabile nella conduzione dell’azienda agricola della quale il bosco fa parte si può anche

suggerire l’impianto di arboricoltura da sughero da realizzarsi su terreni limitrofi al bosco in

maniera da estendere la presenza della specie nell’area. In tal modo nell’arco di due o tre turni,

eventualmente indennizzati, si potrà avere una giovane sughereta già suscettibile di utilizzazione.

Certamente non mancano gli strumenti finanziari di stimolo per una tale attività non ultimi quelli

che deriveranno dalla messa in pratica da parte dell’ARSIAL delle indicazioni utili ad una ripresa

della sughericoltura nel Lazio. L’impianto dovrà essere realizzato con materiale di provenienza

locale e potrà godere delle numerose indicazioni pratiche rese possibili da anni di sperimentazione

scientifica fatta dall’Università di Viterbo.

4.2 Zonizzazione del sito

Tenendo conto delle nuove funzioni che il bosco deve avere per assecondare l’esigenza di una

sua salvaguardia si rende necessario reimpostare l’indirizzo di gestione non più incentrandolo

sull’aspetto economico della massimizzazione della produzione di sughero ma sui duplici aspetti

conservativo e naturalistico. Infatti, se da un lato è auspicabile che l’area si avvii verso una graduale

aumento di naturalità inteso come maggior grado di complessità ecologica, dall’altro non si può

neanche disattendere, o almeno non ancora, il ruolo “storico-paesaggistico” che la sughereta di

Tuscania ha ormai assunto. Come si è detto altrove il bosco di alto fusto puro di sughera è una

forzatura concettuale che non ha riscontro in natura. Si tratta di popolamenti tenuti in essere dal

continuo apporto selvicolturale volto allo sfruttamento economico oppure, come accade di sovente

soprattutto nel sud del Lazio, per cause accidentali quali l’incendio ed il pascolo incontrollato.

Questo non toglie che la sughereta d’alto fusto possa suscitare un notevole fascino e che quella di

Tuscania, per quanto ancora giovane (tranne le rade matricine rilasciate da decenni con elevati

diametri ed altezze dominanti), rappresenta un bene da conservare in quanto, come dice la scheda di

presentazione del S.I.C. è un tipico esempio di sughereta allo stato maturo. Per accontentare

entrambi gli aspetti si propone una zonizzazione del bosco che privilegi ora l’uno ora l’altro di essi.

Si è scelto pertanto di dividere il bosco in tre zone tenendo conto della dinamica evolutiva

verificatasi dal dopoguerra ad oggi e dell’attuale struttura del bosco.

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Piano di gestione S.I.C. Sughereta di Tuscania, parte II

Zona A. Settore a vocazione naturalistica in cui assecondare la dinamica naturale a sua volta

divisa in due sottozone:

• la zona A1 di circa 15 ha complessivi comprendente il settore nord del bosco per la gran

parte corrispondente con il bosco già esistente nel 1944 (come si vede dalla foto aerea) e

diviso dal resto del bosco da un viale interno. In questa zona si dovrà favorire la

polispecificità delle specie arboree e la disetaneità del bosco facendo in modo che la

rinnovazione delle specie consociate sia libera di affermarsi. A seguito dell’intervento di

miglioramento che ha interessato al taglio le piante di sughera sottoposte o deperenti si sono

crete le condizioni di una ripresa della rinnovazione. Tale rinnovazione è presente dovunque

soprattutto in questo settore del bosco pur essendo assenti quasi del tutto alberi capaci di

disseminare ed aumenta andando dalle zone più chiuse a quelle con minor densità. Essa resta

però soffocata nelle aperture di una certa consistenza in seguito all’ingresso aggressivo di

specie arbustive invadenti quali per es. il rovo.

Non si ritiene pertanto di dover intervenire di nuovo se non a distanza di qualche anno

quando si potranno già avere gli effetti del miglioramento effettuato qualche anno fa: se le

attuali piantine di specie consociate avranno superato la fase di competitività interspecifica,

allora non sarà necessario alcun intervento; nella improbabile prospettiva che, per effetto

della concorrenza delle specie arbustive o della rinnovazione della stessa sughera, anch’essa

presente ma in misura assai maggiore, l’obiettivo sperato non sarà raggiunto allora sarà

opportuno intervenire, solo dove sarà necessario, attraverso una lavorazione superficiale

nelle aree dove si ha una consistente apertura della copertura arborea ed una disseminazione

con materiale raccolto da individui dello stesso bosco e dei boschi limitrofi. E’ da prevedere

che tra le specie arboree saranno le querce caducifoglie (cerro e roverella) ad affermarsi

maggiormente per contendere alla sughera il piano dominante. Parallelamente si avrà un

sicuro aumento delle altre numerose specie arboree ed arbustive e quindi una maggior

ricchezza floristica e biodiversità. Infine si raccomanda il rilascio di alberi vetusti e alberi

morti, per l’alto valore naturalistico che essi hanno.

Circa il rischio paventato da alcuni di mettere in pericolo il bosco di sughera con il

favorire l’ingresso di altre specie che negli anni potrebbero prendere il sopravvento, va detto

che semmai si verificasse esso avverrebbe in tempi lunghissimi ed in ogni caso esso può

essere facilmente scongiurato con una periodico controllo di tale vegetazione. La

rinnovazione naturale della sughera è comunque sempre presente in tutto il bosco e semmai

non fosse sufficiente basta una lavorazione andante del terreno in anni di pasciona per farla

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Piano di gestione S.I.C. Sughereta di Tuscania, parte II

riavviare rapidamente. Infine va ricordato come la stessa sughereta del settore sud si sia

originata dalla disseminazione naturale di grossi individui del pascolo arborato anche se il

suo sviluppo è stato indirizzato dagli interventi selvicolturali. Il rischio che la sughereta vada

in fumo nel giro di poche ore è ben più realistico e temibile, così come è ben più grave il suo

isolamento genetico dalle formazioni circostanti e la riduzione di biodiversità dovuta alla

sua gestione esclusivamente produttiva.

• La zona A2 fascia di 20 m lungo il Fosso Doganelle di 1,5 ha circa in cui favorire la

crescita spontanea di piante della serie edafo-igrofila diffuse nella zona.

Zona B. Settore a vocazione culturale (vegetazione “storicizzata” a valore storico-

paesaggistico). In questo settore di bosco di circa 18 ha occorre mantenere sostanzialmente

l’indirizzo selvicolturale fin qui adottato e cioè il mantenimento artificiale della monospecificità

della sughera e la sua densità ottimale. Tuttavia a differenza che in passato si dovrà gradualmente

ringiovanire il bosco per garantirgli quella perpetuità che le pratiche selvicolturali passate hanno

trascurato e cioè favorire la rinnovazione della sughera preoccupandosi di pari passo del

contenimento di quella delle specie arboree concorrenti. In sostanza l’obiettivo è quello di creare

una fustaia disetanea di sughera dove accanto ad individui maestosi (anche decrepiti) che

rappresentano dal punto di vista estetico l’elemento di maggior valore ci sia una giusta

rappresentanza di individui di ogni classe di età. La ricerca della distribuzione ideale delle classi di

età in un bosco disetaneo è stata per anni oggetto di disputa tra differenti teorie di normalizzazione

di un bosco. I boschi disetanei si basano sul concetto di "norma" intesa come distribuzione del

numero di alberi presente per classe diametrica. La norma è una curva decrescente che mette in

evidenza i rapporti di consistenza numerica ritenuti ottimali tra alberi piccoli, medi e grandi. La

curva si presenta come esponenziale negativa ovvero considerando il rapporto tra la frequenza di

classi successive costante.

Seguendo però un approccio empirico che sia la risposta delle dinamiche future del bosco, si

consiglia di fare interventi graduali avendo come prima e urgente preoccupazione quella di aiutare

la rinnovazione ad affermarsi. La direzione è dunque quella di continuare l’opera di abbattimento

progressivo delle piante sottoposte e deperenti, ancora numerose. Data però la spiccata eliofilia

della specie, la quale richiede chiome illuminate anche lateralmente, e data la difficoltà delle

chiome compresse per anni di recuperare spazio una volta liberate dalla competizione superiore e

laterale, occorrerebbe non ritardare troppo un intervento più coraggioso tra le piante delle classi

diametriche medie nei punti di maggior densità soprattutto a carico di quelle filate (a chioma

compressa) anche del piano dominante per mantenere una certa apertura tra le chiome che, oltre ai

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noti effetti di rendere possibile la rinnovazione, permetta a quest’ultime di espandersi lateralmente

con l’effetto di una migliore conformazione degli alberi. Per avere un’idea del tipo di intervento da

fare si possono utilizzare i dati raccolti dai rilievi del transetto B ricadente in questa zona e

sottoporli ad un modello di previsione confrontando i diversi effetti derivati da varie ipotesi di

simulazione di taglio. Questo studio è di una certa complessità ed esula dagli obiettivi immediati del

presente Piano ma può essere fatto in un secondo tempo quando si chiarirà meglio il quadro

gestionale e si renderanno disponibili risorse adeguate agli interventi di miglioramento strutturale

qui indicati. Qui si riporta a titolo di esempio quello che accadrebbe con un intervento di una certa

intensità. Esso interesserebbe più del 40% degli alberi con un prelievo rappresentato nel grafico di

fig. 4 ed efficacemente espresso dalla proiezione verticale del transetto prima e dopo l’ipotetico

intervento (figg. 5 e 6).

Contemporaneamente agli interventi riguardanti il soprassuolo principale occorre limitare

l’ingresso di specie arboree competitive, come le querce caducifoglie, limitare periodicamente

l’aggressione di specie arbustive nelle aree più aperte e, anche in questo settore, rilasciare in bosco

alberi vetusti e morti in piedi o atterrati.

0

20

40

60

80

100

120

140

160

180

5 10 15 20 25 30 35 40 45 50classi diametriche (cm)

n° p/ha

primadopo

Fig. 4.

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Fig. 5.

Fig. 6.

Zona C. Settore di 4,6 ha circa caratterizzato da ampie radure da mantenere favorendo le cenosi

erbacee, tra cui le fioriture di orchidee, e limitando la ricolonizzazione arbustiva. In questa zona si

prevede il monitoraggio periodico delle dinamiche successionali. Se la ricolonizzazione arbustiva,

soprattutto tramite le infestanti dovesse manifestarsi particolarmente vivace da soffocare le

comunità erbacee si può ipotizzare anche un intervento a lungo termine attraverso la riduzione

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meccanica del mantello arbustivo con tecniche appropriate per tutelare la fioritura delle orchidee e

le specie di Lepidotteri legate a questo tipo di ambiente.

Fig. 7: zonizzazione della sughereta.

4.3 Creazione di tabelloni illustrativi e di un sentiero naturalistico e regolamentazione

all’accesso di persone.

Ai fini di una fruizione da parte di visitatori si propone l’utilizzazione di una parte degli attuali

viali del bosco per la creazione di un sentiero naturalistico ad anello (vedi figura) corredato da

tabelloni illustrativi situati in punti rappresentativi dei vari habitat esistenti o futuri. Esso sarà lungo

complessivamente poco meno di 1,5 km. Nei due ingressi (punti 1 e 6) saranno posizionati due

tabelloni di presentazione del bosco con un riassunto sintetico delle finalità conservative proposte

nel presente Piano. Nei punti 2, 3, 4 e 5 saranno posizionati altri tabelloni illustrativi rappresentanti

le principali caratteristiche degli habitat che si incontrano strada facendo: rispettivamente il settore

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di bosco a funzione naturalistica; le aree aperte con cenosi erbacee; la vegetazione igrofila del Fosso

Doganelle e il settore di bosco a valore storico-paesaggistico.

Per evitare di far affidamento esclusivamente sulla riuscita dell’acquisizione della consapevole

da parte dei visitatori circa la fragilità di questi ultimi relitti di boschi di fustaia planiziaria ed in

particolare della rarità dei boschi di sughera, è necessario comunque operare delle restrizioni

d’ingresso in alcuni settori e in alcuni periodi dell’anno. Per es. si sconsiglia di abbandonare il

sentiero per attraversare il settore nord del bosco, quello in cui l’elevata naturalità auspicata

soprattutto della componente faunistica può essere compromessa dal disturbo antropico soprattutto

nelle stagione tardo primaverile e si fa espresso divieto di raccogliere orchidee e fiori spontanei.

Inoltre occorrerà chiudere le principali vie d’accesso con una sbarra per evitare l’ingresso di

autoveicoli e fuoristrada.

Fig. 8.

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4.4 Aumento delle connessioni con i boschi esterni.

Come si evidenzia dalla carta delle possibili connessioni (fig. 9 e Tavola allegata) si può tentare

di ridurre l’isolamento in cui la sughereta di Tuscania si trova attraverso l’impianto di alberi lungo

strade secondarie, siepi e in mezzo ai campi (nell’ordine di almeno 1.5 piante ad ha). La carta

realizzata propone anche opere di rimboschimento lungo aree-corridoi ecologici ottenute

congiungendo le attuali isole di formazioni con presenza di sughera. Una via preferenziale e

naturale di congiungimento è quella costituita dal Fosso delle Doganelle il quale passa a circa 150

m dal boschetto di sughere a nord della sughereta-SIC e scendendo a sud costeggia il confine

orientale della stessa per proseguire ancora a sud, dopo avere attraversato la strada provinciale

Tuscanese, passa non lontano da altri due boschi di sughera di limitata estensione: uno di poco più

di 6 ha a prevalenza di sughera, con presenza di cerro e roverella, e l’altro, un po’ più a sud, misto

di querce caducifoglie con presenza di sughera inferiore al 30%. Proprio a ridosso di quest’ultimo le

sponde del fiume sono accompagnate da essenze arboree tra cui la sughera mentre più a nord e per

tutto il percorso descritto la vegetazione ripariale, tranne nel tratto lungo il confine orientale della

sughereta-SIC, è ridotta alle sole essenze erbaceo-arbustive. La rinaturalizzazione di questo corso

d’acqua potrà essere l’occasione per inserire alberi di sughera a distanza di 5-6 m dalle sponde, nel

numero di almeno una pianta ogni 20 m lineari.

Ma al di là delle indicazioni pratiche suggerite dal presente Piano di gestione, tali opere

dovrebbero scaturire più che da singole iniziative derivanti dalla buona volontà dei soggetti

interessati, da un più ampio processo di riqualificazione paesaggistica da far rientrare nel quadro di

uno strumento pianificatorio complessivo ed in particolare, per le sue caratteristiche, di un Piano

regolatore comunale o intercomunale, non necessariamente nel suo processo di elaborazione ma

anche inserite successivamente nelle norme tecniche attuative.

Quanto alla costituzione di rimboschimenti nelle aree di disgiunzione fra le formazioni arboree

con presenza di sughera, essi sono del tutto irrealistici nell’ottica dell’interesse fondiario dei

proprietari privati (mancando del tutto proprietà pubbliche nella zona) i quali come è naturale

aspettarsi tendono al raggiungimento del maggior reddito possibile. Un’alternativa potrebbe essere

l’acquisizione di enti pubblici, quale la Regione, dei terreni ad ovest del Fosso Doganelle fino alla

scarpata della valle del Marta, essendo questa un’area di elevato valore archeologico e naturale. In

attesa di tale intervento, che sarebbe auspicabile nell’interesse generale, sarebbe piuttosto da

valutare l’ipotesi di proporre alla conoscenza dei proprietari interventi finanziabili per la

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costituzione di impianti di arboricoltura da sughero nei campi circostanti, che con il forte deficit

commerciale del prodotto-sughero potrebbe costituire in futuro fonte di sicuro reddito.

Fig. 9.

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4.5 Mantenimento di viali e fasce tagliafuoco.

Per mantenere alto il livello di prevenzione da eventuali incendi è necessario continuare l’opera

di pulizia di una fascia tagliafuoco adiacente alla strada provinciale ed alla strada che costeggia ad

ovest ed a nord il bosco per una profondità di almeno 20 m. Sarà buona pratica procedere con lo

sminuzzamento dell’erba con il trinciaerba da effettuarsi all’inizio dell’estate cui seguirà la

lavorazione superficiale del terreno con la fresa. Per quanto riguarda il restante tratto perimetrale di

bosco sarà sufficiente tener pulita con lavorazioni superficiali una fascia di 5 m mentre è necessaria

la rottura del terreno coltivato adiacente con solchi di aratro per una fascia di larghezza non

inferiore ai 10 metri. Le stesse indicazioni sono da riferire ai viali tagliafuoco interni con una

pulizia che riguarderà una larghezza di 5 m. Infine durante i periodi critici (aridità estiva) è

opportuno organizzare un sistema di sorveglianza permanente.

Fig. 10

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4.6 Monitoraggio e attuazione della lotta alle specie patogene potenzialmente pericolose.

Lo stato fitosanitario generale della sughereta non è dei migliori ma non desta preoccupazioni

tali da dover intervenire in tempi brevi. Le numerose ferite al tronco causate dall’ultima

utilizzazione del sughero e riscontrate all’epoca dell’intervento di miglioramento si sono

rimarginate ma evidentemente hanno generato uno stato di sofferenza alle piante che ha provocato

in generale una ridotta rigogliosità della chiome (anche a causa dell’effetto sinergico delle recenti

anomalie climatiche) ed in alcune di esse il disseccamento parziale o totale dei rami. Per monitorare

lo stato fitosanitario del bosco si è adottato un sistema sbrigativo di tipo qualitativo che è stato

applicato ai due transetti effettuati. Esso si basa su di una scala valutativa da applicare a tutti gli

alberi del rilievo. In pratica si è osservato il soprassuolo arboreo e si è considerato il grado di

seccume della pianta secondo la seguente classificazione:

Classe 0 = seccume assente o non rilevabile

Classe 1 = seccume inferiore al 30% della chioma

Classe 2 = seccume che varia dal 31al 60% della chioma

Classe 3 = seccume superiore al 60% della chioma

Classe 4 = pianta secca

I dati per singola pianta sono stati poi standardizzati per l’intero rilievo per cui di ogni transetto

si avrà una determinata percentuale di danneggiamento.

transetto A

05

101520253035404550

0 1 2 3 4classi di seccume

%

transetto B

05

101520253035404550

0 1 2 3 4classi di seccume

%

totale

05

101520

253035404550

0 1 2 3 4classi di seccume

%

Fig. 11 Come si può notare pur non essendo rappresentate le classi più alte, quelle con percentuali di

seccume della chioma elevate o del tutto secche, presenti solo in minima parte nel transetto B, sono

molto numerose le piante che presentano porzioni minoritarie di chioma seccate nell’anno in corso

(foglie secche) o nei precedenti (rami secchi). Questo denota uno stato di salute che pur non

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destando preoccupazioni immediate è però da tenere sotto controllo, anche perché va aggiunto un

certo numero di piante con carie e ferite non ancora rimarginate ed una floridità della chiome, nel

senso di trasparenza ed indice di area fogliare, non soddisfacente anche tenendo conto del

portamento della specie (vedi fig. 12 e 13).

Fig. 12 Fig. 13

I risultati sono utili per la verifica periodica dello stato di salute delle piante andando ad

intervalli di anni negli stessi transetti. La lotta contro le avversità nei boschi di una certa estensione

è di tipo indiretto e cioè basata sulla prevenzione. Essa si basa sul dato di fatto che una cenosi

forestale con diversificazione nella composizione e nella struttura è più resistente e resiliente

rispetto agli attacchi da avversità biotiche ed abiotiche. La riduzione del numero di altre specie

vegetali, specialmente di arbusti, oltre che ad avere un pesante effetto sull’impoverimento della

biodiversità e sull’alterazione dei cicli biogenetici, ha ridotto sia la vegetazione alternativa ospitante

insetti defogliatori, corticicoli e xilofagi (declino delle querce, “oak decline”) della sughera sia le

nicchie naturali dei loro predatori. Tali fenomeni sono molto evidenti nelle sugherete del Lazio

meridionale in cui è aumentata la frequenza degli attacchi di insetti fitofagi, che da eventi triennali

sono diventati annuali e hanno provocato la moria di numerosi individui ma i segni premonitori non

mancano anche nelle nostre zone. Il tipo di gestione proposta per la sughereta tende a contrastare

indirettamente tali fenomeni aumentando la complessità del bosco.

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Piano di gestione S.I.C. Sughereta di Tuscania, parte II

4.7 Monitoraggio sulla futura evoluzione del sito

Esso si realizzerà attraverso la variazione del valore degli indicatori descritti nel par. 3.3 nel

tempo ed il riferimento ad un livello di qualità ambientale degli stessi ritenuto soddisfacente. Il

ripetersi dei rilievi dendrologici nelle aree di saggio e nei transetti permanenti dovrà avvenire con

scadenza decennale e comunque precedere ogni intervento selvicolturale in modo da indirizzare lo

stesso. Parallelamente si possono condurre analisi di tipo vegetazionale indicando le specie

rinvenute e il loro grado di presenza. Per quanto riguarda il livello di qualità da ritenersi sufficiente,

esso varia a seconda della divisione in zone a cui va sottoposta l’area (par. 4.2). Per raggiungere gli

obiettivi gestionali della zona A saranno necessari tempi molto lunghi, essendo le specie consociate

alla sughera del tutto assenti nello strato arboreo.

Sarà comunque da ritenersi più che sufficiente l’affermarsi della rinnovazione che si è instaurata

in seguito ai recenti interventi. In particolare basterà che tra dieci anni circa le classi diametriche dei

10 e 15 cm siano ben rappresentate. Per esempio, analizzando i dati raccolti nell’area di saggio n°1,

che è quella interna alla futura zona A, risultano circa 56 piante ad ha appartenenti a specie arboree

diverse dalla sughera. Di esse 48 fanno parte della classe diametrica tra 2,5 e 7,5 cm e solo 8 nella

classe successiva (7,5-12,5 cm). Sarebbe un ottimo risultato se tutte queste piante potessero

affermarsi ed occupare le classi diametriche successive che verosimilmente si verificherà in circa 10

anni stante un accrescimento diametrico annuo di 0.5 cm. Inoltre è da auspicare l’ingresso di circa

un centinaio di piante ad ha nella prima classe diametrica (5 cm) provenienti dalla rinnovazione

naturale. Se così non fosse occorrerebbe integrare la rinnovazione delle specie consociate con la

semina sul terreno lavorato a strisce.

Per raggiungere invece gli obiettivi della zona B non occorre molto tempo in quanto si tratta di

correggere leggermente le finalità che fin’ora si erano perseguite nel senso di aumentare la diversità

strutturale passando da un bosco in cui gli alberi di sughera sono divisi in due soli gruppi - uno

meno numeroso rappresentato da matricine di grosso diametro (> di 40 cm) preesistenti alla

formazione del bosco (come si vede dalle aereofoto del 1944), l’altro formato da piante delle classi

diametriche dei 20, 25 e 30 cm – ad uno in cui si possa affermare la rinnovazione in modo che si

abbia una migliore ripartizione diametrica. Per esempio, prendendo in considerazione l’area di

saggio n° 5, in cui sono presenti 565 piante di sughera ad ha, sarà sufficiente come obiettivo

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intermedio avere l’ingresso di circa 100 p/ha di sughera nella classe dei 5 cm, corrispondenti a circa

12 piante nell’area di saggio, provenienti dalla rinnovazione naturale. Questa sarà favorita da un

ulteriore intervento di diradamento delle piante sottoposte, così come suggerito nel par. 4.2.

Infine per verificare gli obiettivi da raggiungere per la zona C occorrerà studiare la dinamica

evolutiva del mantello arbustivo. Basterà sovrapporre alle aereofoto attuali quelle dei voli futuri e

stimare l’aumento di superficie coperta dalle formazioni minori e quindi il grado di intensità

dell’intervento da attuare per contenere questa chiusura.

4.8 Completamento delle conoscenze naturalistiche.

Dato il costo ed il tempo necessario per l’approfondimento delle conoscenze su fauna (uccelli

frequentatori del bosco, piccoli roditori, presenza del cinghiale, insetti protetti, rettili e anfibi) e

flora (analisi fitosociologiche, riconoscimento delle specie di orchidee presenti), esso sarà inserito

nell’ambito degli obiettivi gestionali della costituenda Riserva Naturale di Tuscania entro la quale è

racchiusa la sughereta. La conoscenza delle comunità animali presenti, in particolare rettili ma

anche alcuni coleotteri legati alle essenze quercine, come Lucanus cervus e Cerambyx cerdo, è

inoltre un utile indicatore del buon stato di conservazione del bosco.

5. Strategia gestionale.

5.1 Consultazione e coinvolgimento della proprietà.

E’ questo il nodo cruciale di tutto il processo di futura tutela dell’habitat del sito. Come riferito

altrove, il bosco pur diviso in cinque particelle, appartiene ad un singolo proprietario il quale da

anni lo utilizza secondo le normali pratiche selvicolturali finalizzate allo sfruttamento del sughero e

del legname derivante dai tagli di miglioramento precedenti ciascun ciclo di decortica. Le attuali

emergenze ambientali ed il diverso concetto che si è andato ad affermarsi nella mentalità dei

decisori riguardo la gestione sostenibile e sistemica degli ambienti naturali e seminaturali possono

portare ad uno scontro di intenti tra necessità di tutela e diritto d’uso del bene privato da parte del

proprietario del bosco.

L’inserimento del bosco tra la lista dei siti di Natura 2000 è avvenuto prima nell’ambito del

progetto Bioitaly nel 1995/96 che ha riguardato l’individuazione dei siti da proporre come S.I.C. e

che per quanto riguarda il viterbese, ha coinvolto l’Università della Tuscia e poi con l’approvazione

della lista avvenuta in seguito all’emanazione della D.G.R. del Lazio n° 2146 del 19 marzo 1996.

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Piano di gestione S.I.C. Sughereta di Tuscania, parte II

Da anni sono in corso nella sughereta e nelle aree limitrofe studi di carattere scientifico da parte

dell’Università di Viterbo che hanno riguardato in generale la distribuzione della sughera nel

territorio provinciale ed il grado di frammentazione delle formazioni interessate dalla specie ed in

particolare il miglioramento qualitativo della sughereta. La recente istituzione della Riserva

Naturale, che ingloba per intero il bosco in questione, ha impresso una svolta nelle strategie future

di utilizzo del bosco. Il proprietario si è trovato quindi negli anni a dover prendere confidenza di

possedere un bene di interesse collettivo e di notevole valore scientifico/naturalistico. Si tratta ora di

coinvolgerlo nella proposta di gestione contenuta nel presente Piano e di prospettagli varie

alternative che sono così sintetizzabili:

• affidamento attraverso apposita convenzione, agli enti locali ed agli enti gestori delle aree

naturali protette, ovvero ad altri soggetti pubblici e privati, la gestione del proprio

patrimonio boschivo, come previsto dalla legge forestale regionale

• versamento di indennizzi compensativi da parte dell’ente gestore dell’area protetta per il

mancato utilizzi del sughero e per gli obblighi di legge relativi alla prevenzione degli

incendi (viali e fasce tagliafuoco e viabilità).

• acquisto del terreno su cui insiste il bosco.

Quest’ultima proposta è quella che potrebbe risolvere alla radice il possibile conflitto di interessi

fra funzione collettiva del bene e sfruttamento privato. L’acquisto da parte di Enti quali la Regione

è contemplata nell’ambito delle soluzioni possibili quando il sito sia di particolare rilevanza o sia in

pericolo di sopravvivenza. Il fatto di essere un relitto di una formazione più estesa e di versare in

condizioni fitosanitario non soddisfacenti ed i continui tentativi di incendio che si verificano ogni

anno potrebbero rendere necessaria a medio o lungo termine tale prospettiva. L’acquisto dei terreni

limitrofi fino alla Valle del Marta potrà così rendere possibile il progetto di ricucitura del tessuto

arboreo un tempo predominante nell’area.

5.2 Sensibilizzazione e divulgazione.

Anche questa è un’attività di sicuro interesse strategico. L’iter di scelta e inserimento del bosco

tra le aree da tutelare ha interessato gli organi decisionali ma non ha coinvolto direttamente le

popolazioni locali. La necessità, infatti, di proteggere gli ultimi lembi di naturalità presenti nelle

aree agricole fa parte ormai dell’immaginario collettivo italiano ma a ben vedere è un’esigenza

molto più sentita dalle persone che abitano in città e di livello scolastico medio-superiore piuttosto

che dagli abitanti dei luoghi. E’ pur vero che la sensibilità verso le tematiche ambientali comincia a

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Piano di gestione S.I.C. Sughereta di Tuscania, parte II

coinvolgere le nuove generazioni ma quando si hanno di fronte gli interessi particolari subentrano

egoismi e senso di insoddisfazione di fronte a decisioni “piovute dall’alto”.

A peggiorare le cose sta la congiuntura economica poco favorevole che provoca una regressione

della sensibilità ambientale di cui sono un chiaro indizio provvedimenti legislativi quali il condono

edilizio per tentare di sanare una insostenibile pratica di aggressione al territorio anche agricolo ma

in realtà instaurano un atteggiamento di impunità e parallelamente di frustrazione. Concetti come

connessione, rete ecologica, deriva genetica, biodiversità, complessità ecc. rischiano di diventare

parole prive di significato se non sono concretamente legate a casi particolari. In tal senso

un’efficace opera di informazione potrebbe essere la conoscenza pubblica delle ragioni che hanno

spinto i decisori a proteggere l’area con particolare sottolineatura degli aspetti dell’ecologia del

paesaggio e della dinamica di uso del suolo che si è verificata nell’ultimo secolo.

Ad attenuare il pessimismo sulla nascita di una consapevolezza ecologica matura e

autenticamente sentita c’è la vocazione turistica dell’area ormai consolidata. Il connubio tra resti

archeologici (necropoli, abitati etruschi), storici (il centro storico del paese e le basiliche romaniche)

ed ambienti di suggestiva bellezza quali le forre che intersecano il paesaggio alla luce delle ultime

iniziative di salvaguardia (S.I.C. del Marta, S.I.C. e Z.P.S. di Monte Romano-Poggio Querciabella,

S.I.C. della Sughereta di Tuscania, Riserva Naturale Regionale di Tuscania, Parco Archeologico di

Tuscania) potrebbe risultare pagante per una svolta produttiva in senso ecocompatibile. I numerosi

agriturismi attivati di recente ne sono un chiaro segno. Molto dipenderà quindi dalle iniziative

pubbliche di presentazione dei piani di assetto e di gestione e dall’opera di sensibilizzazione da fare

nelle scuole.

5.3 Inventario delle tipologie di fondi potenzialmente utilizzabili per il sito e indicazioni del

tipo di strumento finanziario adottabile.

Stante la diversificazione delle fonti e la stretta scadenza temporale delle opportunità di

finanziamento pubblico, spesso legate a singoli aspetti e quindi non utilizzabili per la realizzazione

dell’intero Piano di gestione, non è facile dire in anticipo quali saranno gli strumenti finanziari

adottabili per eseguire tutti gli interventi previsti. Per gli interventi di breve termine si possono

adottare gli strumenti attualmente in essere ma per quelli che dovranno essere fatti dopo i 4-5 anni è

difficile prevedere il tipo di finanziamento che si renderà più disponibile, né se ve ne saranno

considerato la sempre minor considerazione data a progetti che non prevedono immediate

soddisfazioni economiche e lo stato di crisi in cui versano le economie dei “paesi avanzati”.

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Tra le fonti di cofinanziamento delle azioni previste la principale è quella delle misure del Piano

di Sviluppo Rurale della Regione Lazio relative ad aspetti ambientali e naturalistici. A partire dal

1992 la Politica Agricola Comunitaria è stata oggetto di una svolta indubbiamente significativa

grazie all’approvazione di una serie di regolamenti che prevedono una maggiore attenzione, rispetto

al passato, verso la compatibilità ambientale delle diverse pratiche agricole. Oggi a sostegno dello

sviluppo rurale vi è Agenda 2000, che si attua attraverso il regolamento CEE del Consiglio del 17

maggio 1999 n. 1257, che assicura per il periodo 2000-2006 una migliore coerenza fra sviluppo

rurale e tutela dell’ambiente. Tutte le misure previste dal Piano Regionale di Sviluppo Rurale 2000-

2006 sono inserite in un progetto complessivo che prevede una stretta integrazione delle strategie

rispetto alle diverse aree d’intervento: agricoltura, ambiente, produzioni e loro valore commerciale.

La struttura del PSR suddivisa in assi e misure. Le misure a loro volta possono essere distinte in più

azioni.

Esistono due livelli di attuazione:

• un livello “pubblico” condotto dall’ente locale e/o ente riserva;

• un livello aziendale rivolto all’agricoltore e condotto da un agronomo professionista.

Nella misura III.5 sono previsti interventi volti a favorire l’adozione di adeguati sistemi di

prevenzione e tutela dell’ambiente per la difesa delle attività agricole e forestali, la stabilità dei

versanti, la valorizzazione delle acque di risorgiva, l’integrazione ambiente/ vegetazione/ fauna. La

misura è compatibile e coerente con gli obiettivi indicati da norme e direttive europee sulla

conservazione dell’ambiente e della vita selvatica nonché dalla programmazione nazionale. La

misura si applica su tutto il territorio della regione. Tra le tipologie di interventi ammissibili ve n’è

una che riguarda nello specifico il sito della sughereta e cioè il “ripristino e salvaguardia di zone

umide, forre, boschetti relittuali di valore naturalistico o paesaggistico ambientale”.

Possono accedere ai benefici previsti da questa misura oltre ai soggetti pubblici, anche singoli

proprietari privati. L’aiuto prevede un contributo pari al 80% dell’investimento totale ammissibile

nel caso di privati.

Un’altra importante fonte di possibile finanziamento è rappresentata dalle misure del programmi

di sistema Docup Obiettivo 2 della Regione Lazio relative agli aspetti ambientali e naturalistici.

La strategia ambientale ha costituito un riferimento costante nell'elaborazione della strategia di

sviluppo adottata per le aree Obiettivo 2 (tra cui rientra per intero anche il territorio comunale di

Tuscania). L'obiettivo generate implicito nell'asse prioritario "Valorizzazione ambientale" ne è la

migliore dimostrazione, ma anche le azioni previste nell'ambito degli altri assi hanno incorporato -

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nei casi in cui potevano produrre impatti significativi sull'ambiente - delle "preoccupazioni"

ambientali.

Le priorità ambientali definite dal Docup - misura I.1 “Valorizzazione Ambientale”, sono: tutelare

le biodiversità, prevenire gli eventi dannosi per il patrimonio naturale e migliorarne l'informazione e

l'educazione ambientale.

Attraverso la misura la Regione intende inoltre intervenire per la valorizzazione della Rete Natura

2000, prevista dalla Direttiva Habitat. Alla prevenzione ed alla tutela di habitat caratterizzati da

situazioni di maggiore vulnerabilità rispetto ai fenomeni di pressione antropica si aggiungono

interventi per la connessione fisica degli ecosistemi naturali. Tale azione è complementare con gli

interventi previsti nell'ambito del PSR.

In particolare la tutela dei siti di Natura 2000 è oggetto della sottomisura I.1.2 che si riporta in

seguito:

Misura 1.1.2 “Tutela e gestione degli ecosistemi naturali”, attraverso azioni di conservazione e

gestione di Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e delle Zone di Protezione Speciale (ZPS), anche

con interventi di regolamentazione e piani di gestione, progetti pilota di salvaguardia e/o di utilizzo

sostenibile delle risorse naturalistiche e di miglioramento della biodiversità, nonché azioni di tutela

e valorizzazione del demanio forestale regionale (miglioramento ecologico del patrimonio boschivo

pubblico, creazione di corridoi biologici, etc.).

Anche se non saranno finanziati interventi di rimboschimento e cure colturali tale misura potrebbe

essere utile sia per azioni di educazione ambientale sia per approfondire le conoscenze

naturalistiche del sito e per le necessarie indagini sulla biodiversità di tipo genetico delle sughere

all’interno del bosco e nelle formazioni vicine al fine di valutarne l’indigenato e prevenire i rischi di

isolamento genetico.

Ulteriori risorse saranno disponibili in futuro all’interno del progetto di finanziamento per la

gestione della Riserva Naturale di Tuscania

6. Quadro economico e priorità degli interventi

Stabiliti obiettivi generali e specifici, strategie ed interventi, dovranno essere programmate le

attività secondo una scadenzario temporale che farà riferimento alle priorità individuate. I costi

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relativi ai singoli interventi sono stati riportati nella tabella riassuntiva. Gli interventi previsti dallo

schema gestionale sono stati organizzati temporalmente sulla base della loro priorità di intervento e

di fattibilità, considerando:

a breve termine: gli interventi che dovranno essere attivati entro 1-2 anni;

a medio termine: gli interventi che potranno avere dei tempi di attivazione più lunghi, compresi tra

i due ed i cinque anni;

a lungo termine: gli interventi che si possono procrastinare oltre i cinque anni.

Riportiamo di seguito l’elenco degli interventi previsti, riportati secondo i due termini temporali

considerati.

- Interventi da attivare a breve termine

A. Perimetrazione della Zona A ed apposizione di tabelle monitorie.

B. Mantenimento di fasce e viali tagliafuoco.

C. Servizio di sorveglianza.

D. Completamento delle conoscenze naturalistiche - Interventi da attivare a medio termine

A. Versamento di indennizzi compensativi (rinuncia all’utilizzo del sughero).

B. Sentieristica ed apposizione di tabelloni illustrativi.

C. Diradamento graduale del bosco per favorire la rinnovazione nella zona B.

D. Sensibilizzazione e divulgazione.

- Interventi da attivare a lungo termine

A. Monitoraggio sulla futura evoluzione del sito.

B. Acquisto del bosco.

C. Interventi selvicolturali di maggior intensità a carico delle aree più dense della zona B.

D. Monitoraggio ed eventuale revisione del Piano.

E. Indagini di tipo scientifico per l’analisi della diversità di tipo genetico della sughera.

Si riporta di seguito una tabella schematica con la descrizione riepilogativa degli interventi di

breve e medio termine e dei costi relativi. A proposito di questi ultimi bisogna dire che essi sono

approssimativi perché sono il frutto di stime di massima utili per avere un’idea dell’ordine dei costi

da affrontare per una buona gestione del bosco secondo le esigenze che hanno portato a tutelarlo.

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INTERVENTO DESCRIZIONE-DIMENSIONE AREALE COSTO UNITARIO COSTO TOTALE PRIORITA'

Perimetrazione della Zona A ed apposizione di tabelle monitorie.

Apposizione di tabelle monitorie attorno alla zona A in numero di una ogni 50 m per un perimetro di 1500 m circa

Targhe: 16 €; 80 € giorno/uomo 630 € BT

Mantenimento di fasce e viali tagliafuoco.

Pulizia di 1.300 ml di fascia tagliafuoco, larga 20 m e di 3.100 ml di viali larghi 5 m, per un totale di 4,2 ha circa di terreno lavorato per due volte l'anno

Lavorazione meccanica 30 €/ora;

tempo: 4 ore/ha 250 € (ogni anno) BT

Servizio di sorveglianza. Assicurato dal personale della Riserva Naturale di Tuscania - - BT

Versamento di indennizzi compensativi (rinuncia all'utilizzo del sughero).

Asportazione periodica (12-14 anni) di 1.500 q.li di sughero

Valore sughero gentile su pianta in massa

230 € /q.le; produzione indicativa

di circa 500 m2 /ha

340.000 € MT

Sentieristica ed apposizione di tabelloni illustrativi.

Apposizione di sei tabelloni illustrativi, segnatura del sentiero sugli alberi ogni 100 m

Tabelloni: 380 €; 80 € giorno/uomo 2.800 € MT

Diradamento debole per favorire la rinnovazione nella zona B.

Asportazione di circa 20 m3 di legname ad ha su 18 ha 350 € /ha 6.300 € MT

Sensibilizzazione e divulgazione. Assicurato a cura dell'Ente gestore della Riserva Naturale di Tuscania - - MT

Completamento delle conoscenze naturalistiche. Consulenze naturalistiche 2.500 € mese/uomo 5.000 € BT

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fascicolo 3), anno 1994.

Uiversità degli studi della Tuscia-ARSIAL, 2002. Sviluppo della sughericoltura nel Lazio,

relazione scientifica delle attivita’ svolte durante gli anni 2000-2002.

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Page 38: PIANO DI GESTIONE DEL S.I.C. “SUGHERETA DI TUSCANIA ... · Piano di gestione S.I.C. Sughereta di Tuscania, parte II 1. Valutazione delle esigenze ecologiche di habitat e specie

Piano di gestione S.I.C. Sughereta di Tuscania, parte II

Allegati cartografici Tav. 1- Carta ubicativa del sito su base topografica CTR Regione Lazio, in scala 1:10.000.

Tav. 2- Carta delle pendenze su base topografica CTR Regione Lazio, in scala 1:10.000.

Tav. 3- Carta dell’uso del suolo nel 1944 su base topografica CTR Regione Lazio, in scala 1:5.000.

Tav. 4- Carta della copertura e dei rilievi su base topografica CTR Regione Lazio, in scala 1:5.000.

Tav. 5- Carta dei vincoli su base topografica CTR Regione Lazio, in scala 1:10.000.

Tav. 6- Carta del rilievo planimetrico catastale, in scala 1:5.000.

Tav. 7- Carta delle connessioni su base topografica CTR Regione Lazio, in scala 1:10.000.

Tav. 8- Carta degli interventi previsti su base topografica CTR Regione Lazio, in scala 1:5.000.

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