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    Comune di SevesoUfficio Urbanistica - viale Vittorio Veneto 3/5 - Seveso (Mb)

    Politecnico di MilanoDipartimento di Architettura e pianificazione

    Piazza Leonardo da Vinci 32, Milano

    Piano dei servizi del Piano di governo del territorio

    ex art. 9 della Lr 12/2005 e smi

    Gruppo di lavoro: prof. Pier Luigi Paolillo (coordinamento e metodi)

    dott. pt. Alberto Benedetti, dott. pt. Massimo Rossati (coordinamento operativo)dott. pt Roberto Raimondi, Umberto Baresi, Giorgio Graj, Luca Terlizzi (concorso al coordinamento operativo)dott. pt. Andrea Nardin, dottori junior Federico Bancale, Alison Bruno,

    Luca Festa, Sara Gennari, Elena Leoni, Massimo Cassani (attivit di ricerca)

    Staff del Comune di SevesoDott. Massimo Donati (Sindaco)

    geom. Elena Boffi (responsabile del procedimento, Comune di Seveso)geometri Antonio Mastroeni, Alessandro Febbo (Servizio Urbanistica)

    Seveso 2010

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    Parte ILa programmazione dei servizi a Seveso

    1. Il nuovo ruolo del piano nella strategia dei servizi collettivi pag. 11.1. Limpostazione quantitativa della pianificazione previgente

    1.1.1 Alcuni cenni di legislazione nazionale pag. 21.1.2 Gli standard nella legislazione lombarda: oltre 30 anni di pianificazione astratta pag. 31.2. Lo strumento urbanistico generale vigente: un attrezzo di stampo quantitativo pag. 41.3. Il grande cambiamento del 10 luglio 1976 pag. 81.4. Il nuovo interesse dei privati per intervenire nellerogazione dei servizi collettivi pag. 10

    2. Il nuovo ruolo dei servizi nella pianificazione comunale pag. 122.1. Una strategia innovativa di servizio prestazionale pag. 122.2. La difficile applicazione della perequazione urbanistica pag. 132.2.1. Perequazione e compensazione nella legislazione nazionale e regionale pag. 142.2.2 Potenzialit (alcune), problemi (molti): alcuni casi pag. 172.3. La costruzione del piano dei servizi: elementi conoscitivi da potenziare pag. 21

    3. I servizi esistenti sul territorio comunale 3.1. Il censimento dei servizi esistenti e la valutazione delle corrispondenti prestazioni pag. 243.1.1. La definizione della qualit pag. 243.1.2. I servizi tradizionali pag. 26

    Categoria I Istruzione inferiore pag. 26Categoria II Interesse collettivo pag. 27Categoria III Verde gioco e sport pag. 29Categoria IV Parcheggi pubblici e duso pubblico pag. 30Categoria V Attrezzature pubbliche e di interesse generale pag. 34Categoria VI Servizi tecnologici pag. 35Categoria VII Cimiteri pag. 35Categoria VIII Piazze e aree pedonali pag. 36

    3.1.3 I servizi non tradizionali generati dal sistema associazionistico pag. 363.1.4 I servizi non tradizionali definiti dal sistema economico locale pag. 38 3.2. Prime considerazioni per correlare domanda e offerta di servizi pag. 44

    Parte IIElementi strutturali della domanda di servizi

    1. La distribuzione della popolazione residente e gravitante, e i target di domanda pag. 451.1. Levoluzione demografica della popolazione residente pag. 451.2. La distribuzione della popolazione residente1.2.1 Una classificazione del territorio per target di popolazione residente pag. 461.2.2 Una valutazione qualitativa sulla struttura della popolazione

    Lindice di anzianit pag. 51Lindice di vecchiaia pag. 53Lindice di giovent pag. 56Lindice di dipendenza pag. 58Lindice di ricambio pag. 60Lindice di struttura della popolazione attiva pag. 62

    2. La definizione della popolazione gravitante pag. 652.1 Inquadramento territoriale e flussi di mobilit pag. 66

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    2.2. Gli studi sulla mobilit della Regione Lombardia per la stima dellapopolazione gravitante pag. 67

    2.3. Bacini e consistenza della popolazione gravitante pag. 682.4. Il bilancio gravitazionale pag. 73

    Parte IIILe valutazioni quantitative

    1. La fase preparatoria per la quantificazione dei fabbisogni pag. 741.1. La disaggregazione del territorio in unit urbanistiche di indagine pag. 741.2. La distribuzione della popolazione sul territorio comunale pag. 761.3. Il censimento dei servizi e la distribuzione corrispondente pag. 81

    2. Il calcolo dei fabbisogni arretrati per unit urbanistica dindagine pag. 84Unit urbanistica 1: Altopiano pag. 85Unit urbanistica 2: Barrucana pag. 86Unit urbanistica 3: Bosco delle querce pag. 87Unit urbanistica 4: Cavalla pag. 88Unit urbanistica 5: Centro pag. 89Unit urbanistica 6: Dossi pag. 90Unit urbanistica 7: Meredo pag. 91Unit urbanistica 8: San Pietro Martire pag. 92Comune di Seveso pag. 93

    3. Il calcolo dei fabbisogni insorgenti pag. 94Unit urbanistica 1: Altopiano pag. 95Unit urbanistica 2: Barrucana pag. 96Unit urbanistica 3: Bosco delle querce pag. 97Unit urbanistica 4: Cavalla pag. 98Unit urbanistica 5: Centro pag. 99Unit urbanistica 6: Dossi pag. 100Unit urbanistica 7: Meredo pag. 101Unit urbanistica 8: San Pietro Martire pag. 102Comune di Seveso pag. 103

    4. Il calcolo dei saldiUnit urbanistica 1: Altopiano pag. 104

    Unit urbanistica 2: Barrucana pag. 104Unit urbanistica 3: Bosco delle querce pag. 104Unit urbanistica 4: Cavalla pag. 104Unit urbanistica 5: Centro pag. 105Unit urbanistica 6: Dossi pag. 105Unit urbanistica 7: Meredo pag. 105Unit urbanistica 8: San Pietro Martire pag. 105Comune di Seveso pag. 106

    5. Una valutazione di sintesi relativa agli aspetti quantitativi 5.1. Le principali carenze riscontrate nelle Unit urbanistiche dindagine pag. 106

    5.2. Una prima ipotesi di trasformazione e riclassificazione delle aree vincolate pag. 108

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    Parte IVI calcoli dellaccessibilit qualitativa dei servizi

    1. Limportanza della stima di accessibilit dei servizi esistenti pag. 110

    2. Laccessibilit qualitativa ai servizi definita dalla Kernel Density Estimation pag. 1122.1. La definizione del target di analisi pag. 1132.1.1. La distribuzione della popolazione per fasce det pag. 1132.1.2. La distribuzione dei servizi per tipologia pag. 1142.2. La sintesi dellaccessibilit qualitativa stimata dalla Kernel Density pag. 131

    3 Lanalisi dellaccessibilit rispetto alla distribuzione topologica dei servizi 3.1. Il metodo di calcolo attraverso le distanze topologiche pag. 133 3.2. Le risultanze dei calcoli dellaccessibilit topologica pag. 1343.3. La valutazione qualitativa del grado di soddisfacimento attuale di servizi pubblici pag. 1383.4. Sintesi dei risultati ottenuti relativi allaccessibilit topologica pag. 148

    4. Lanalisi dellaccessibilit rispetto ai tempi daccesso ai servizi pag. 1494.1. Il calcolo dellaccessibilit pedonale tramite la definizione delle isocrone

    di 5, 10 e 154.1.1. I servizi rivolti alla popolazione infantile inferiore ai 3 anni pag. 151 4.1.2. I servizi rivolti alla popolazione infantile di et compresa fra i 3 e i 5 anni pag. 1534.1.3. I servizi rivolti alla popolazione di et compresa fra i 6 e i 10 anni pag. 154 4.1.4. I servizi rivolti alla popolazione di et compresa fra gli 11 e i 13 anni pag. 156 4.1.5. I servizi rivolti alla popolazione di et compresa fra i 6 e i 13 anni pag. 157 4.1.6. I servizi rivolti alla popolazione di et maggiore ai 64 anni pag. 159 4.1.7. I servizi rivolti alla popolazione di et compresa fra i 6 e i 18 anni pag. 163 4.1.8. I servizi rivolti alla popolazione di et compresa fra gli 11 e i 18 anni pag. 1674.1.9. I servizi rivolti alla popolazione di et compresa fra i 14 e i 18 anni pag. 1684.1.10. I servizi rivolti a tutta la popolazione pag. 170 4.2. Una sintesi delle stime dellaccessibilit temporale pag. 172

    5. Lindice sintetico di accessibilit ai servizi pag. 174 5.1. Una sintesi degli indicatori di accessibilit calcolati pag. 1745.2. La costituzione di un indicatore sintetico di accessibilit ai servizi urbani pag. 175

    6. Analisi di fruibilit dei servizi: una necessit operativa pag. 185

    6.1. Applicazioni del modello di Voronoi pag. 1886.2. La base di dati e i primi distinguo pag. 1886.3. Lindividuazione dei poligoni di Voronoi/Thiessen per i servizi di base pag. 1916.4. Lindividuazione dei poligoni di Voronoi/Thiessen per i servizi non di base pag. 1966.5. I risultati ottenuti pag. 1996.6. Dialoghi produttivi tra quantit e qualit; una nuova lettura della rete dei servizi pag. 2006.7. Suggerimenti pratici per la politica dei servizi pag. 201

    Parte VLe azioni strategiche di qualit territoriale

    1. Una sintesi degli studi avviati pag. 2041.1. Le carenze quantitative pi vistose, rilevate nei sub ambiti territoriali pag.1.1.1 Ambito di X pa

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    Parte ILa programmazione dei servizi a Seveso

    1. Il nuovo ruolo del piano nella strategia dei servizi collettivi

    La crisi del Welfare classico e le estese trasformazioni sociali ed economiche degli ultimi anni hanno eviden-ziato linsufficienza degli strumenti urbanistici tradizionali rispetto alle dinamiche in atto; cos la Lombardia,con la Lr. 1/2001 e i corrispondenti criteri orientativi per redigere il Piano dei servizi ex Dgr. 21 dicembre2001, n. 7/7586, passata dal tradizionale modello dello standard urbanistico immobilizzato sugli aspettiquantitativi, ostico a rispondere ai reali fabbisogni della popolazione, predeterminato e senza riferimenti aicontesti locali alla nozione di standard qualitativo, fondata su principi costitutivi di rilevante innovativit:(i) sono stati assunti principi di autonomia, libert e consapevolezza nella gestione del territorio, sintetiz-

    zabili nella nozione per cui ci che non espressamente vietato, consentito;(ii) stato ampliato dal solo interesse pubblico a quello generale il concetto dellinteresse meritevole di

    tutela urbanistica;(iii) ha trovato particolare ampliamento la tradizione accezione delle politiche urbane di welfare;(iv) stato affermato il principio della programmazione come base irrinunciabile del piano;(v) stata valorizzata lautonomia comunale, quale esplicazione verticale del principio di sussidiariet;(vi) stato riconosciuto e attuato nei fatti il principio di sussidiariet, anche nella sua valenza orizzontale,

    aprendo nuovi spazi alliniziativa dei soggetti nel rapporto pubblico/privato(vii) non da ultima, lautonomia dellAmministrazione nellindividuare le tipologie di servizi svincolate dal

    meccanicismo ex Dim 1444/1968, aprendo a tutti quei servizi considerati, a torto, secondari o immate-riali e che, grazie alla nuova legislazione, hanno trovato dignit e sanzione.

    Si tratta di unimpostazione poi ribadita dalla Lr. 12/2005 per il governo del territorio nella prospettiva diavvicinare domanda e offerta di servizi ai principi nel tempo introdotti nellordinamento con modifiche nonepidermiche ma sostanziali: ancor prima dellart. 9 della Lr. 12/2005, gi la Lr. 1/2001 introduceva nel pal-coscenico legislativo lombardo il nuovo strumento del Piano dei servizi, trasformando in modo radicale iltradizionale modello di standard urbanistico esclusivamente quantitativo in direzione dei servizi di stampoqualitativo/prestazionale, in aderenza al principio di amministrare per risultati e pianificare per obiettivi;verso tale direzione andata di conseguenza dirigendosi la Lr. 12/2005:a) nellassunto che rappresenti servizio tutto ci che i cittadini intendono come tale,a) avviando in tal modo ampie aperture alloperativit del volontariato e del terzo settore (i servizi e le

    attrezzature, anche privati, di uso pubblico o di interesse generale),a) garantendo pertanto ai soggetti privati la realizzazione diretta[omissis]di attrezzature e servizi per la

    cui attuazione preordinato il vincolo espropriativo,a) facendo ritenere servizi le aree per ledilizia residenziale pubblica, le dotazioni a verde, i corridoi e-

    cologici e il sistema del verde di connessione tra territorio rurale e quello edificato,

    a)

    oltre allintegrazionecon le disposizioni del piano urbano generale dei servizi nel sottosuolo.Tale nuova concezione dei servizi consente finalmente di raggiungere livelli deffettiva efficienza delle at-trezzature anzich relegarli al rango (come sovente avvenuto) di meri vincoli di carta: oltretutto, ora ilPiano dei servizi rappresenta il secondo atto contemplato in seno al Piano di governo del territorio e non pi quindi con la Lr. 12/2005 quel semplice allegato alla relazione del Piano regolatore generale (che laLr. 1/2001 configurava) ma diviene a tutti gli effetti uno strumento conformativo del regime dei suoli, assog-gettabile a variante ogni qualvolta le condizioni e i bisogni sociali e ambientali lo rendano necessario.Nel caso di Seveso, si valuter dunque pi oltre il dimensionamento registrato nella variante generale al Pia-no regolatore evidenziando non solo le quantit di stato di fatto dei servizi constatate ma, anche, le entit diservizi raggiunte nel corso dellattuazione dello strumento urbanistico vigente.

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    1.1. Limpostazione quantitativa della pianificazione previgente

    1.1.1. Alcuni cenni di legislazione nazionale

    Com noto, la nozione di standard urbanistico trova avvio con la legge 6 agosto 1967, n. 765, che introducevalori massimi di densit e altezze insediative con standard a efficacia immediata1 e differita, questi ultimidefiniti poi dal Dim. 1444/1968 ai sensi e per gli effetti appunto dellart. 17 della legge 6 agosto 1967, n.765; il decreto, oltre a introdurre il concetto di zona omogenea, definiva i rapporti massimi tra gli spazi desti-nati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici e collettivi in misura tale da assicurare a ogni abitante,insediato o da insediare, la dotazione minima di mq 18 esclusi gli spazi destinati alla viabilit ripartita dinorma come segue:(i) 4,50 mq/ab. di aree per listruzione (asili nido, scuole materne e dellobbligo) ;(ii) 2mq/ab. di aree per attrezzature dinteresse comune (religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie, ammi-nistrative, per pubblici servizi come uffici postali, di protezione civile, ecc.) ;(iii) 9 mq/ab. di aree per spazipubblici attrezzati a parco e per il gioco e lo sport, effettivamente utilizzabili escluse le fasce verdi lungo lestrade;(iv) 2,50 mq/ab. di aree per parcheggi (in aggiunta alle superfici a parcheggio previste dallart. 18 del-la legge n. 765, e in casi speciali distribuite su pi livelli) .Molta letteratura urbanistica ha sottolineato i problemi che tale legislazione ha generato: forme piano for-temente meccanicistiche e impostate con biasimevole determinismo, unattenzione incentrata solo sugli a-spetti quantitativi dei servizi piuttosto che (anche) su quelli qualitativi, il privilegio per le categorie sancitedalla legge escludendone altre forse pi rilevanti, lobliterazione delle peculiarit che caratterizzano il Paese eche avrebbero richiesto una flessibilit ben superiore alle timide differenze tipologiche che il Dim.1444/1968 introduceva; dunque, unimpostazione normativa che pur generando da un lato un migliora-mento delle condizioni di vita urbana ha tuttavia imbalsamato la sperimentazione sui servizi negli ultimitrentanni, nonostante si debba riconoscere che il Dm 1444/1968, intervenuto in una situazione di grave e-mergenza urbanistica che richiedeva un intervento urgente e forte ha comunque introdotto unidea im-portante e irrinunciabile, ossia che ogni cittadino abbia diritto di disporre di unequa quota di servizi pubbliciurbani.La letteratura urbanistica concorda sul fatto che il calcolo del dimensionamento delle aree a standard debbabasarsi su tre momenti analitici sostanziali:a) lastima della domanda insorgente, che ha luogo calcolando laPopteor (popolazione teorica) con:

    Popteor = (suped * If ) / 100 mc/ab., dove:suped = superficie libera da destinare a trasformazione; If = indice di edificabilit fondiaria delle aree destinate alla trasformazione;successivamente al calcolo dellaPopteor sulla base degli If , il calcolo del fabbisogno insorgente di stan-dard avr allora luogo mediante:

    dimensionamento =Popteor * 18 mq/ab.

    ma, naturalmente, sar ottenibile un maggior grado di dettaglio correlando la popolazione teorica a ognisingola tipologia di servizio2 e identificando in tal modo il dimensionamento per ogni tipo di standard;

    1 In questo caso la legge 765/1967 si rivolgeva a quei comuni non dotati di piano regolatore generale, ai quali era vietata ogni formadi nuova edificazione nei centri abitati mentre allesterno era ammessa una ridottissima possibilit edificatoria di 0,03 mc/mq per costruzioni residenziali e di 1/10 per costruzioni industriali. Gli standard a efficacia immediata oggi sono utilizzati in misura pi limitatche in passato, giacch tutti i comuni si sono dotati dello strumento urbanistico generale e, tuttavia, lutilizzo degli standard a efficaciimmediata subentra quando un vincolo di inedificabilit decade e lascia larea priva di pianificazione. Questa procedura determinata da una serie di motivazioni legislative ed economiche che danno origine a una zona di fatto senza destinazioni duso; al propositouna sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 9 ottobre 1997, n. 1117, recitava: La decadenza del vincolo imposto dal Prg per decorsodel termine di cinque anni comporta una serie di conseguenze determinando: a) lesecuzione della riviviscenza della situazione ante-riore allimpostazione del vincolo e, conseguentemente, dellapplicazione dei limiti di volume e di altezza previsti dallart. 17 dellalegge n. 765 del 1967; b) limpossibilit di colmare i vuoti lasciati dalla disciplina urbanistica con lespansione delle destinazioni proprie delle aree limitrofe; c) limpossibilit di equiparare le aree gi colpite dal vincolo decaduto alle cosiddette aree a titolaredestinazione e nelle quali ammessa ledificazione entro i limiti previsti dal codice civile e dal regolamento edilizio comunale.2 (i) 4,50 mq/ab. di aree per listruzione;(ii) 2 mq/ab. di aree per attrezzature dinteresse comune;(iii) 9 mq/ab. di aree per spazi pub-blici attrezzati a parco e per il gioco e lo sport;(iv) 2,50 mq/ab. di aree per parcheggi.

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    (ii) per quanto riguarda il centro edificato, al netto dei lotti ancora inedificati, occorreva assumere comecapacit teorica il valore maggiore tra il numero di residenti insediati, al momento delladozione del piano, e il numero di vani abitabili esistenti;

    (iii) per le aree restanti (ossia: i lotti liberi allinterno dei perimetri dei centri edificati, i comparti gi edifi-cati nei quali sia previsto o ammesso un incremento delle volumetrie esistenti, le zone di espansione

    residenziale), la capacit teorica era rappresentata dal valore ottenuto moltiplicando le relative su- perfici per i rispettivi indici di fabbricabilit massima consentita, e attribuendo mediamente 100 mc divolume residenziale per ogni abitante7.

    Vediamo nel dettaglio lex legge regionale lombarda 15 aprile 1975, n. 51, che disciplin la materia median-te lart. 22 stabilendo che negli strumenti urbanistici comunali deve essere assicura una dotazione globaledi aree per attrezzature pubbliche e di uso pubblico, commisurata allentit degli insediamenti residenziali, produttivi, direzionali e commerciali, elevando da 18 a 26,5 mq/ab. la dotazione minima di standards e cosripartendola:(i) 4,5 mq/ab. di aree da riservare allistruzione inferiore (scuole elementari, materne, medie);(ii) 4 mq/ab. di aree da riservare ad attrezzature dinteresse comune (attrezzature sociali, assistenziali, reli-giose, culturali, sanitarie, amministrative); (iii) 15 mq/ab. di aree da riservare a spazi pubblici a parco, per il gioco e lo sport (escluse le fasce di rispetto stradale, ferroviario e cimiteriale); (iv) 3 mq/ab. di aree da ri-servare a parcheggi a uso pubblico; (v) nei comuni con capacit insediativa teorica superiore a 20.000 abi-tanti,aree per attrezzature pubbliche di interesse generale per una quota minima complessiva pari a 17,5mq/ab. (zone F) da destinarsi a istruzione superiore, attrezzature sanitarie e ospedaliere dinteresse genera-le, parchi pubblici urbani e territoriali, nonch a impianti pubblici e di uso pubblico per lo sport, mercatigenerali pubblici e relativi depositi, protezione civile.In caso di difficolt a reperire aree per parchi pubblici nel territorio comunale, potevano individuarsi aree e-sterne ai confini amministrativi purch:i) comprese nel perimetro dei parchi naturali ex Lr. 86/1983 (disci-plina parzialmente modificata dallart. 104, lett. j) Lr. 11 marzo 2005, n. 12) e previste come zone a parco at-trezzato dai relativi piani territoriali vigenti;ii) con lassenso dellente gestore e delle amministrazioni comu-nali nel cui territorio sono ubicate le aree;iii) dotate di adeguate infrastrutture di trasporto pubblico, perlaccesso da parte della popolazione residente8.

    1.2. Lo strumento urbanistico generale vigente: un attrezzo di stampo quantitativo

    Lo strumento urbanistico generale vigente nel territorio di Seveso stato sottoposto a numerose rivisitazioniche, nel tempo, ne hanno caratterizzato le forme e i contenuti: la sua genesi risale alla delibera di approvazio-ne del Prg da parte di Regione Lombardia nel lontano 1979 ma numerose sono state le varianti:i) quella perla zona B1, approvata con Dgr. 24 novembre 1987, n. 26566;ii) la variante tecnica 12 e 35 ex Dgr. 10 feb-braio 1993, n. 32732;iii) le varianti n. 36 e 37 rispettivamente approvate con Dgr. 16 gennaio 1992, n. 18013e 6 aprile 1993, n. 34836;iv) ladeguamento alle prescrizioni della Dgr. 26 ottobre 1998, n. 39178 tramitedelibera del consiglio comunale 31 marzo 2004, n. 14, esecutiva dal 5 maggio 2004.

    7 La Lr. 51/1975 elevava la dotazione minima, prevista dal Dm 1444/1968:(a) per i servizi da destinare agli insediamenti produttivi,dal 10% al 20% della St;(b) per gli insediamenti direzionali e commerciali, dall80% al 100% della Slp (di tali aree, almeno la metdevessere destinata a parcheggi di uso pubblico) ; la Lr. 51/1975 escludeva inoltre esplicitamente lapplicazione del n. 2, art. 4, Dm aprile 1968, n. 1444: per quanto riguarda le zone A e B, in caso dimpossibilit nel reperimento della quota prescritta non era possibile computare come doppie le aree a servizi e/o reperirle in zone adiacenti e, dunque, la quota di 26,5 mq/ab. doveva essere reperitaper ogni vano abitabile esistente e di progetto al di l della sua localizzazione nelle specifiche zone omogenee. Tutte le Regioni italiane hanno ormai varato, pur con tempi e modalit differenti, una propria legge urbanistica, e quasi tutte le esperienze regionali ssono indirizzate al mero innalzamento dei parametri quantitativi definiti dal Dm. 1444/1968, senza quindi riuscire a scalfire la sustruttura complessiva: gi lo standard nazionale si configurava rozzamente, e tale rimasto anche nelle leggi regionali (che, purtroppo, non hanno mai giustificato la maggior quota di aree a standard avvalendosi di analisi locali, relative alla domanda di servizi e abisogni reali della popolazione tranne che nel Friuli Venezia Giulia, tuttavia regione autonoma e gi nel 1968 dotata di propria leggurbanistica) .8 Ai fini del computo dello standard per parcheggi, la legge prevede la possibilit di considerare la sommatoria delle Slp realizzatcon tipologia multipiano, sia fuori terra che in sottosuolo, e offre anche la possibilit di computare a standard i parcheggi, realizzati saree pubbliche, costruiti in diritto di superficie a favore di terzi, previa stipula di apposita convenzione.

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    Il vigente strumento urbanistico generale9 risulta articolato nelle tre differenti parti:a) della relazione di pro-getto;b) della relazione dinquadramento territoriale;c) della relazione dello stato di fatto e, in materia diservizi pubblici (in quel piano, ancora in veste di standard), il dimensionamento ossia il rapporto tra su-perficieesistente a servizi, popolazione residente e parametri minimi espressi dalla legge regionale allora vi-gente10 risultava il seguente:

    Standard ex Lr. 51/1975 Standard esistenti Standard minimi di legge11 Saldomq mq/ab. mq mq/ab mq

    Istruzione 54.820 3,1 78.588 4,5 23.768Attrezzature int. comune 102.710 5,9 69.856 4 32.854Verde gioco sport 214.441 12,2 261.960 15. 47.519Parcheggi pubblici 57.340 3,3 52.392 3 4.948Totale comunale 429.311 24,6 462.796 26,5 33.485 Standard ex Lr. 51/1975 Standard esistenti

    mq mq/ab. Istruzione superiore 550 0,03 Attrezzature sanitarie Parchi pubblici Totale intercomunale 550 0,03 Totale generale 429.861 24,63

    Nella tabella soprastante, tratta dalla relazione daccompagnamento al Piano regolatore generale, si quantifi-cano delle aree esistenti a standard, articolate per categoria e comparate alle dotazioni minime di legge, perindividuare le carenze quantitative: sevince come soltanto le attrezzature dinteresse comune (23,92%) e iparcheggi pubblici (13,36%) soddisfino i parametri minimi, al contrario dellistruzione inferiore (12,77%) edel verde, gioco e sport (49,95%), che presentavano un deficit rispettivamente di 23.769 mq e di 47.519 mq( 71.288 mq in tutto) .Categoria Superficie (mq) %Istruzione 54.820 12,77Attrezzature dinteresse comune 102.710 23,92Verde, gioco sport 214.441 49,95Parcheggi pubblici 57.340 13,36Totale 429.311 100,00

    9 Risultato di numerosi rimaneggiamenti di differente intensit: gli adeguamenti legislativi, una differente cultura della pianificazionterritoriale, un diverso modo di concepire lurbanistica, le continue sentenze della Consulta hanno incrinato il modello di piano in base al quale anche il Prg di Seveso stato predisposto.10 I metri quadrati procapite sono 26,5 cosi articolati: i) istruzione (4,5 mq/ab) ; ii) interesse collettivo (4 mq/ab) ; iii) verde, gioco sport (15 mq/ab) ; iv) parcheggi (3 mq/ab)11 Standard calcolati sulla popolazione di 17.464 abitanti al 1 gennaio 1987.

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    Complessivamente le aree a servizi risultano carenti di oltre 33.000 mq (pari a un dimensionamento pro capite di 24,6 mq/ab. contro i 26,5 mq/ab. previsti) .Si tratta comunque di modalit dimensionali, assunte nel Piano regolatore generale vigente, che risultano an-cora mutuate da unimpostazione analitica di natura quantitativa, anche se poi viene proposta una rivisitazio-ne strumentale per accordi di programma, attuabili attraverso varianti parziali del Prg, procedura questa che

    cerca di scostarsi dalla rigidit delle lente e defatiganti modalit dattuazione generale per abbracciare unaforma che tenta di cogliere tempestivamente le opportunit espresse dal territorio (gi la Lr. 23/1997, recante Accelerazione del procedimento di approvazione degli strumenti urbanistici comunali e disciplina del rego-lamento edilizio, cercava di rispondere al problema delle lentezze amministrative in materia urbanistica, in-dividuando una serie di situazioni12 nei quali laccelerazione era consentita) .In ogni modo in tema di servizi pubblici e collettivi esistenti emergeva, nella relazione del previgente stru-mento urbanistico generale, che:i) le strutture scolastiche erano state differenziate in relazione al livello di istruzione (materne, scuole ele-

    mentari e scuole medie) precisando inoltre la propriet (pubblica o privata) e la superficie;ii) le attrezzature dinteresse comune sono state suddivise nelle tipologie religiose, culturali e socialifor-

    nendo, per ogni tipologia, la localizzazione per via e zona cittadina13;iii) le aree adibite a verde, gioco sport erano state disaggregate inverde attrezzatoe impianti sportivi;iv) i parcheggi e le aree adibite allistruzione avevano trovato individuazione e classificazione classica.Peraltro quelle analisi, seppure approfondissero il grado di dettaglio rispetto allo strumento urbanistico ante-cedente, non esaminavano gli elementi qualitativi derivanti dallaccessibilit, fruibilit, stato di conservazio-ne la cui considerazione, ancorch non obbligatoria (in quanto sarebbe stata introdotta solo successivamentedalla Lr. 1/2001), poteva risultare di qualche utilit.In ogni modo dopo la completa attuazione dei servizi, previsti dallo strumento urbanistico generale, il dimen-sionamento individuale disponibile14 risultava il seguente:i) per lo standard scolastico, 4,53 mq/ab. contro i4,5 ex lege;ii) per le attrezzature dinteresse comune, 4,97 mq/ab. rispetto ai 4 di legge;iii) per gli spazi pub-blici e i parcheggi, 18,40 mq/ab. nei confronti dei 15;iv) gli standard comunali attribuivano pertanto a cia-scun abitante la superficie di 27,90 mq di aree a servizio (rispetto ai 26,5 della Lr. 51/1975) ;v) gli standardsovracomunali raggiungono una quantit ragguardevole (39 mq/ab.), perfino doppia rispetto ai 17,50 mq/ab.previsti dalla normativa regionale allora vigente.

    12 a) varianti dirette a localizzare opere pubbliche di competenza comunale, nonch a modificare i relativi parametri urbanistici ed e-dilizi, eccettuati i casi in cui la legislazione statale o regionale gi ammetta la possibilit di procedere a tali adempimenti senza preventiva variante urbanistica; b) varianti volte ad adeguare le originarie previsioni di localizzazione dello strumento urbanistico gene-rale vigente, alla progettazione esecutiva di servizi e infrastrutture di interesse pubblico, ancorch realizzate da soggetti non istituzionalmente preposti; c) varianti atte ad apportare agli strumenti urbanistici generali, sulla scorta di rilevazioni cartografiche aggiornate,delleffettiva situazione fisica e morfologica dei luoghi, delle risultanze catastali e delle confinanze, le modificazioni necessarie a conseguire la realizzabilit delle previsioni urbanistiche anche mediante rettifiche delle delimitazioni tra zone omogenee diverse; d ) va-rianti dirette a modificare le modalit di intervento sul patrimonio edilizio esistente, nel caso in cui esse non concretino ristrutturazione urbanistica e non comportino incremento del peso insediativo in misura superiore al 10% rispetto a quanto stabilito dallo strumento urbanistico vigente; ove necessario, le varianti potranno altres prevedere il conseguente adeguamento della dotazione di aree astandard;e) varianti di completamento interessanti ambiti territoriali di zone omogenee gi classificate ai sensi dellart. 2 del Dim 2aprile 1968 n. 1444come zone B, C, e D che comportino, con o senza incremento della superficie azzonata, un aumento della relati-va capacit edificatoria non superiore al 10% di quella consentita nellambito oggetto della variante dal vigente Prg., ove necessaritali varianti potranno altres prevedere il conseguente adeguamento della dotazione di aree a standard; f ) varianti che comportino mo-dificazioni dei perimetri degli ambiti territoriali subordinati a piani attuativi, finalizzate ad assicurare un migliore assetto urbanisticnellambito dellintervento, opportunamente motivato e tecnicamente documentato, ovvero a modificare la tipologia dello strumenturbanistico attuativo; g) varianti finalizzate alla individuazione delle zone di recupero del patrimonio edilizio esistente, di cui allart.27 della legge 5 agosto 1978, n. 457(norme per ledilizia residenziale) ; h) varianti relative a comparti soggetti a piano attuativo checomportino una diversa dislocazione delle aree destinate a infrastrutture e servizi;i) varianti concernenti le modificazioni della nor-mativa dello strumento urbanistico generale, dirette esclusivamente a specificare la normativa stessa, nonch a renderla congruentecon disposizioni normative sopravvenute, eccettuati espressamente i casi in cui ne derivi una rideterminazione ex novo della disciplina delle aree.13 Gli ambiti cittadini individuati interessano: il Centro, lAltopiano, Baruccana.14 Per una polazione di 32.549 abitanti.

    http://www.bosettiegatti.com/info/norme/statali/1968_1444.htm#02http://www.bosettiegatti.com/info/norme/statali/1968_1444.htm#02http://www.bosettiegatti.com/info/norme/statali/1978_0457.htm#27http://www.bosettiegatti.com/info/norme/statali/1978_0457.htm#27http://www.bosettiegatti.com/info/norme/statali/1978_0457.htm#27http://www.bosettiegatti.com/info/norme/statali/1978_0457.htm#27http://www.bosettiegatti.com/info/norme/statali/1968_1444.htm#02http://www.bosettiegatti.com/info/norme/statali/1968_1444.htm#02
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    Il passaggio tra adozione e approvazione ha generato ulteriori modifiche al dimensionamento di piano: in se-de controdeduttiva alle 146 osservazioni, ha avuto luogo un ridimensionamento delle aree a standard da 39 a35,66 mq/ab. mantenendo, tuttavia, livelli quantitativi superiori allentit minima stabilite dalla legislazioneallora vigente.

    Quadro riassuntivo delle modifiche alle zone omogenee15

    Zone Altopiano (mq) Centro (mq) Baruccana (mq)B1/R 61,76 500,00 3.172,95B1/I 4.497,48 1.909,05B2/R 2.985,18 4.061,20 21.567,71B3/R 353,74B3/S 89,84B3/S a volumetria predefinita 4.514,32B3/I 550,23B3/SU 6.082,00C 915,22 4.929,80C a volumetria predefinita 1.400,00C E.E.P. 3.441,89C E.C. 3.441,89D 1.628,30 15 Le zone omogenee che caratterizzano il Piano regolatore di Seveso risultano cosi articolate:ZoneA: parti del territorio di interesse storico e artistico di cui allart. 17 della Lr. n. 51/1975, articolate in:A/R : zone prettamente residenziali comprese nelle zone omogeneeAA/S. C. aree per spazi pubblici o riservati alle attivit collettive a livello comunale di cui allart. 22 della Lr. 51/1975 sub 1ZoneB: parti totalmente o parzialmente edificate diverse dalle zone A:B1: parti con pi consistente densit edilizia per cui il piano non prevede particolari modificazioni dellattuale stato di fattoB2: parti con densit edilizia rada e per cui il piano prevede particolari modificazioni dello stato di fattoB3: parti per cui si richiedono interventi coordinati per ambiti significativi finalizzati alla salvaguardia ambientale ad al recupero depatrimonio urbanistico ed edilizio esistente, o alla riorganizzazione e trasformazione degli insediamenti e delle reti di urbanizzazionein base alle destinazioni duso, ulteriormente suddivise in:

    B1/R : zone prevalentemente residenziali comprese inB1 B1/I : zone prevalentemente industriali e artigianali comprese inB1 B2/R : zone prevalentemente residenziali comprese inB2

    B3/R : zone prevalentemente residenziali comprese inB3; le zone B3/R sono zone di recupero ai sensi del titolo IV della legge457/1978;B3/S : zone con destinazioni in atto e/o future di servizio, comprese inB3 (B3/S = zone di recupero ex Titolo IV della L. 457/1978) ;B3/SU : zone con destinazioni in atto e/o future di servizio allorganizzazione urbana, comprese inB3 (B3/SU = zone di recupero exTitolo IV della L. 457/1978) ;ZoneC: parti destinate a nuovi complessi insediativi prevalentemente residenzialiZoneD: parti destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali e ad essi assimilati e relative attrezzatureZoneE: parti destinate allattivit agricola:

    zoneE1: agricolo per insediamenti al servizio dellagricolturazoneE2: agricolozoneE3: verde boschivo

    ZoneF1: parti del territorio destinate ad attrezzature, impianti di interesse generale, parchi urbani, in base alle destinazioni duso ulte-riormente suddivise in:S.C. : aree per spazi pubblici o riservati alle attivit collettive a livello comunale di cui allart. 22 Lr. 51/1975 sub 1 e 2V.C. : aree per spazi pubblici a parco, per gioco e lo sport a livello comunale di cui allart. 22 Lr. 51/1975 lett. CS.T. : aree per servizi e impianti tecnologiciZoneF2: aree per attrezzature di interesse sovra comunale. In base alle destinazioni duso nella zona F2 vengono individuate con ap-posito perimetro le seguenti zone funzionali: zone del Parco delle Querce di risanamento ecologico; zona del Parco delle Groane dverde pubblico attrezzato con vincolo di tutela ambientale, attuato mediante recupero conservativo delle specie e dellambiente dellbrughiera lombarda; zonaR/S per le attivit religiose e di culto di interesse sovracomunale.ZoneV: aree destinate alla viabilit, alle strutture di trasporto con le relative zone a fasce di rispetto.ZoneFF : aree destinate alle strutture di trasporti su ferro con relative zone e fasce di rispetto.Zona di rispetto cimiteriale

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    D P.I.P. 9.034,20E1 1.459,85 28.840,84E2 1.390,76E3 riserva naturale orientata 297,87 932,06E3 riserva naturale paesistica 1.321,94 2.469,39 496,36E3 parco naturale 10.103,97 15.369,33F1 ST 623,25F1 standard Sc 830,99 1.622,68F1 standard Vc (Vp) + 932,01 6.332,05 6.889,32F1 Vp riserva naturale orientata 7.865,14 1.594,89F1 Vp riserva naturale paesistica 269,51F1 parco attrezzato 1.000,00 3.254,00F1 Vp parco naturale 427,64 16.917,95F2 standard R/S 1.111,73F2 standard ST 578,33

    F2 riserva naturale orientata 3.486,77F2 parco attrezzato 3.256,59Strada 6.025,24 1.998,86 5.378,85 1.3. Il grande cambiamento del 10 luglio 197616

    Com tristemente noto, il 10 luglio 1976 la societ Icmesa (Industrie Chimiche Meda Societ Azionaria) fuinvestita da un incidente industriale di tal portata da determinare conseguenze nel corto e nel medio/lungoperiodo per la popolazione residente, a Seveso come dei comuni limitrofi: data la sua posizione, posta im-mediatamente a sud dellarea incidentata, il comune di Seveso fu investito direttamente e con maggiore in-tensit dalle esalazioni tossiche, estesepoi ad altri paesi contermini quali Meda, Cesano Maderno, Desio.Lincidente di proporzioni disastrose17 ha rimescolato le logiche di trasformazione territoriale che fino a quelperiodo avevano caratterizzato Seveso e la Brianza: questultima, caratterizzata da unorganizzazione internamulticentrica e reticolare dove, ad aree in cui la densit del suolo urbanizzato quasi paragonabile a quelladel nucleo metropolitano centrale, si contrappone la presenza di ampi spazi aperti interclusi (Parco regionaledella valle del Lambro, Parco regionale delle Groane ecc..), s sviluppata sulla preesistente trama deinucleistorici sovrapponendovi nuove forme insediative lineari appoggiate alle principali direttrici di mobilit18 e un

    16 Per questo paragrafo si sono utilizzate le fonti di Marina Rossi (http://www.pagine70.com) e di Marisatella Berbaglio (La Brianzamilanese: appunti per unanalisi territoriale) .17 Una particolare classifica statunitense di un noto sito americano www. Treehugger.com sui disastri ambientali pone lincidentedi Seveso al quarto posto dopo lo scoppio del reattore nucleare di Cernobyl per i seguenti motivi: Some 37,000 people were exposed to the highest levels ever recorded of a dioxin, a class of chemicals believed to be poisonous and carcinogenic even in micro doses.Over 600 people were evacuated and several thousand were treated for dioxin poisoning, evidenced mainly by severe cases of chloracne. Over 80,000 animals were slaughtered to prevent the toxins entering food chains. The accident provided massiveamounts of data on dioxin exposures that is still being studied even today. Thanks to the foresight of attending physicians who saved blood samples from all the victims, better quantification of the scope of the incident was possible after test methods became availablein 1987. Moreover, the name Seveso is now used routinely in the European chemical industry: It is the name of a law which requiresall facilities handling, or even storing, quantities of hazardous materials to inform the authorities, the community surrounding the plant, and to develop and publicize measures to prevent and respond to major accidents; una classifica che, se aggiornata, potrebbeessere attualmente incrementata dellincidente della Lombarda Petroli di Villasanta che, il 23 febbraio 2010, ha versato centinaia dmigliaia di mc di idrocarburi nel fiume Lambro, segnandone i gi precari equilibri che faticosamente negli anni si stavanodeterminando nellecosistema.18 La rete infrastrutturale risulta fortemente polarizzata in direzione sud/nord lungo gli assi di comunicazione in uscita da Milano, dove sorgono i nodi principali attorno ai quali sarticola il territorio brianteo; un primo asse urbanizzativo si sviluppa da Cormano a Seveso, dividendosi poi verso le circoscrizioni di Seregno e Carate Brianza, con centri di dimensioni rilevanti come Seregno, Desio Lissone o pi contenuti come Nova Milanese e Muggi; sono centri che, pur mantenendo una chiara individualit urbana, si sonoprogressivamente saldati lungo le strade di collegamento, con lespansione concentrica delle fasce pi esterne degli abitati delimitando ampie campiture intercluse, destinate oggi a unagricoltura di tipo residuale. Un secondo ambito di sviluppo urbano ruota attorn

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    fitto tessuto di insediamenti residenziali a bassa densit; in tal modello insediativo, caratterizzato da una pla-tea urbanizzata quasi uniforme (la foglia briantea) residenziale, industriale e artigianale, ha trovato posto an-che lincidente dellIcmesa che, dopo il 1976, ha interferito anche nel processo di trasformazione urbana.Solo 14 giorni dopo lincidente iniziava levacuazione dei 214 residenti dalle aree di maggiore inquinamentocostituendo cosi la nota zona A, subito seguiti da altre centinaia di persone e decine daziende comprese

    nei successivi allargamenti dellambito pi inquinato; nei giorni seguenti la mappatura ufficiale assumeva lasua conformazione definitiva, con lindicazione di una zona a minor tasso dinquinamento ( zona B), estesaanche ai comuni di Cesano Maderno e Desio, e di una terza zona ( R o di rispetto), non inquinata o inquina-ta con valori inferiori ai 5g/mq per una superficie di ben 1.430 ettari.

    Larea di maggiore contaminazione, bonificata nel corso del tempo, sidentifica nellodierno Bosco dellequerce che attualmente rappresenta per Seveso un vero e proprio polmone verde delevata fruizione; il pro-getto del bosco risale al 1983, dovera la zona A ( A1 A5) e, a valle del terribile incidente che sconvolseSeveso e non solo, la Regione Lombardia coinvolta in quel periodo da contenziosi anche duri per i suoi li-mitate interventi di miglioramento delle condizioni di vita dei residenti e per il suo intento di realizzare un in-ceneritore sulle aree dellIcmesa per distruggere tutti i materiali contaminati emanava 5 programmi opera-tivi di cui il quarto comprendeva il ripristino o la ricostruzione delle strutture civili e delle strutture abitati-ve non recuperabili e la realizzazione delle opere necessarie per il ristabilimento delle condizioni di vita a-deguate alla particolare situazione della zona colpita e delle capacit produttive dei terreni agricoli interes-sati; il presidente della Giunta regionale sera impegnato ad avviare subito le procedure per lesproprio e lacostruzione delle nuove residenze (che avrebbero dovuto essere pronte entro e non oltre il 30 giugno 1979), ei nuovi interventi a valle di unemergenza di natura anche sociale modificarono sostanzialmente le consuete

    alla citt di Monza la cui saldatura con Milano si consolida lungo la Nuova Valassina, la SS. 342 e lasse ferroviario Milano Como Lecco Bergamo; tuttavia, se nella parte occidentale della Brianza milanese limpianto lineare appare preponderante, nella parte orientale del territorio osservato i caratteri reticolari dello sviluppo urbano emergono sopra il, seppur evidente, orientamento dettato detracciati stradali.

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    logiche della reperibilit dei servizi, che lallora vigente legge regionale urbanistica identificava in 26,5mq/ab., sicch molti spazi interessati dallimprovvisa necessit di fornire dimora a centinaia di persone sfol-late subirono unalterazione organizzativa dei servizi che, se da un lato si sono materializzati nelle opere dibonifica, dallaltro hanno determinato fabbisogni arretrati in alcuni casi ancora evidenti sul territorio comu-nale sevesino.

    Nel 1982 la Comunit Europea emanava poi la direttiva 82/501 sui rischi di incidenti rilevanti connessi a de-terminate attivit industriali, che prevedeva determinati obblighi, amministrativi e sostanziali, riguardoallatteggiamento da seguire nella gestione dellesercizio di attivit ritenute pericolose in base alla tipologiadi pericolosit dei materiali e del quantitativo detenuto; comera attendibile, la direttiva venne recepita dalPaese con sei anni di ritardo, attraverso il Dpr. 175/1988, e oggi Seveso insegna, sia per quanto riguarda lemaggiori attenzioni da applicarsi alle procedure di autorizzazione di industrie a incidente rilevante, sia perquanto riguarda la capacit di una comunit di rigenerarsi e riappropriarsi delle proprie tradizioni e del pro-prio territorio trasformando un evento catastrofico in un momento di riflessione e confronto con la dimensio-ne ambientale.

    1.4. Il nuovo interesse dei privati per intervenire nellerogazione dei servizi collettivi

    Anche se, storicamente, lallestimento e la gestione dei servizi di pubblica utilit ha riguardato quasi in formaesclusiva le competenze della pubblica amministrazione, oggi in termini crescenti anche il terzo settore(non profit, onlus, privati) si cimenta nellerogazione di servizi duso generale, fenomeno questo recepito sianella Lr. 11 marzo 2005, n. 12 (immobili privati soggetti ad apposita convenzione per lerogazione di fun-zioni pubbliche) sia nella nota sentenza della Corte Costituzionale n. 179/1999 che introducendo in ordi-namento lobbligo dindennizzare i vincoli ablativi reiterati, lo ha peraltro escluso sia nelle ipotesi di applica-zione dei sistemi compensativi o perequativi, sia nei casi di vincoli promiscui (in quanto non necessariamen-te preordinati allesproprio), ossia quelle aree ove pu aver luogo la realizzazione di attrezzature private di in-teresse pubblico.Lerogazione dei servizi pu quindi avere caratteri diversi:(i) di propriet pubblica e gestita dalla mano pub-blica (in cui ritroviamo i tradizionali servizi, che per antonomasia debbono assecondare le necessit collettiveerogando funzioni anche in deficit finanziario) ;(ii) di propriet pubblicae gestita da un ente privato o non profit (il caso dei servizi in concessione ai privati con regole determinate19, p. es. i parcheggi pluripiano con-

    19 Il ricorso sempre pi diffuso allo strumento della concessione, da parte delle amministrazioni, per realizzare e finanziare grandi lavori infrastrutturali e per offrire servizi rende necessario il rispetto della legislazione comunitaria, per evitare procedure di infrazioneil trattato Ue non definisce la concessione, e lunica definizione rinvenibile in diritto comunitario quella contenuta nella direttiv93/37/Cee, che la definisce un contratto che presenta le stesse caratteristiche degli appalti pubblici di lavori, a eccezione del fattoche la controprestazione dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire lopera o in tale diritto accompagnato da un prezzo(art. 1 lett. D) ; una definizione analoga contenuta nella legislazione nazionale (art. 19, c. 2, legge 11 febbraio 1994, n. 109 come sostituito dallart. 3, c. 6, della legge 18 novembre 1998, n. 415) ; tuttavia, occorre operare un doveroso distinguo tra concessione di lavori rispetto ad appalto di lavori e, di conseguenza, anche tra concessioni di servizi e appalti di servizi: il tratto distintivo delle concessioni rispetto agli appalti di lavori consiste nel conferimento di un diritto di gestione dellopera, che permette al concessionario di percepire proventi dagli utenti a titolo di controprestazione della costruzione dellopera per un determinato periodo di tempo; il diritto dgestione implica anche il trasferimento della responsabilit gestionale che investe gli aspetti tecnici e finanziari, e il concessionario sassume quindi il rischio economico, nel senso che la sua remunerazione dipende strettamente dai proventi che pu trarre dalla fruizione dellopera. Al contrario, si in presenza di un appalto pubblico quando il costo dellopera grava sostanzialmente sullautoritaggiudicatrice e quando il contraente non si remunera attraverso i proventi riscossi dagli utenti. Anche le concessioni di servizi sonoescluse dalla sfera di applicazione della direttiva in materia di appalti n. 93/38/Cee (Corte di giustizia, sentenza 7 dicembre 2000, causa C 324/98, punto n. 58) : linterpretazione ha chiarito che si ha concessione di servizi quando loperatore sassume i rischi di gestione del servizio rifacendosi sullutente soprattutto per mezzo della riscossione di qualsiasi canone. Concludendo, mentre negli appalti pubblici di servizi lappaltatore rende il servizio in favore della P.A., che utilizza tale prestazione per lerogazione del serviziopubblico a vantaggio della collettivit, nella concessione di pubblico servizio il concessionario sostituisce la P.A. nello svolgimentodella attivit diretta al soddisfacimento dellinteresse collettivo. Va inoltre ricordata, in tema daffidamento a societ miste della gestione di servizi pubblici locali, la circolare n. 12727 (G.U. n. 264, 13 novembre 2001) che, riferendosi al regime di gestione dei servizi pubblici locali anteriore alle modifiche apportate allart. 113 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 dallart. 35 della finanziaria 200(legge 448/2001), ha precisato la normativa applicabile in tema daffidamento della gestione di servizi pubblici locali e societ mistchiarendo che la normativa europea sugli appalti pubblici, in particolare di servizi, non trova applicazione solo quando manchi un ve

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    cessi per 99 anni) ;(iii) di propriet privata e gestita dai privati in regime convenzionale con la mano pubbli-ca (tutti quei servizi di fatto erogati da privati, p. es. parchi in ville, che tuttavia devono essere assoggettati adapposita convenzione per computarli negli standard urbanistici) .Nellambito di tale gamma di prestazioni possibili, spetta tuttavia alla mano pubblica creare le condizioniminime di efficienza ed efficacia, definire i parametri minimi di qualit relativi allerogazione dei servizi, i-

    dentificare le migliori risposte alla domanda di servizi: in mancanza di queste indicazioni, risulta di difficileattuazione il principio della sussidiariet orizzontale.Molte leggi regionali in materia di governo del territorio nonch processi di pianificazione sostenibile qualeAgenda21 locale hanno generato negli ultimi anni numerose esperienze di partecipazione attiva del soggettoprivato alla gestione della cosa pubblica; peraltro, come gi stato ricordato, la Lr. 1/2001 (ancor primadellart. 9 della Lr. 12/2005) introduceva nel palcoscenico legislativo lombardo la possibilit da parte del pri-vato dintervenire nel delicato quadro dei servizi pubblici e duso pubblico, trasformando in modo radicale iltradizionale modello di standard urbanistico esclusivamente quantitativo in direzione di servizi di stampoqualitativo/prestazionale; verso tale direzione andata dirigendosi la Lr. 11 marzo 2005, n. 12 ( Legge per ilgoverno del territorio), assumendo che rappresenti servizio tutto ci che i cittadini intendono come tale, av-viando in tal modo ampie aperture alloperativit del volontariato e del terzo settore (i servizi e le attrezzatu-re, anche privati, di uso pubblico o di interesse generale), garantendo pertanto ai soggetti privati la realiz- zazione diretta[omissis]di attrezzature e servizi per la cui attuazione preordinato il vincolo espropriativoe facendo ritenere servizi le aree per ledilizia residenziale pubblica, le dotazioni a verde, i corridoi ecolo-gici e il sistema del verde di connessione tra territorio rurale e quello edificato, oltre allintegrazione conle disposizioni del piano urbano generale dei servizi nel sottosuolo.Tale nuova concezione dei servizi permette lattuazione orizzontale del principio di sussidiariet, in modo dapoter effettivamente definire unsistema a rete di servizicapillare e rispondente alle richieste espresse dal ter-ritorio; ma il presupposto fondamentale perch, a livello comunale, si possa instaurare tale rete quello dellaconoscenza, che deve indirizzare gli agenti imprenditori privati al confronto con lindirizzo pubblico per lamiglior veicolazione delle poche risorse disponibili rispetto ai molti bisogni emergenti: conoscenza significadisoccultazione delleffettiva domanda di servizi, orientando la risposta in termini selettivi sulla base di unmolteplice ruolo comunale in tale nuova scenografia:i) fornire un quadro organico sulle necessit territo-riali;ii) definire bacini di sofferenza sui quali intervenire con azioni specifiche;iii) sostenere, a differenti

    ro e proprio rapporto giuridico tra lente pubblico e il soggetto gestore. Lart. 35 della citata finanziaria 2002 ha ridisegnato in profondit il sistema dellaffidamento dei servizi pubblici locali rinnovando il quadro normativo in cui per un verso si stabilisce il principidella separazione tra propriet delle reti e infrastrutture rispetto al compito di gestione del servizio, e dallaltro si subordinalaffidamento della gestione del servizio pubblico allespletamento di procedure selettive ispirate ai principi comunitari. Il ricorsoallistituto della concessione da parte degli stati membri non incontra limiti puntuali ma non rende libera la scelta del soggetto a cuaffidare la concessione, giacch tutte le concessioni ricadono nel campo applicativo degli artt. da 28 a 30 (ex artt. da 30 a 36) e da 43a 55 (ex artt. da 52 a 66) del trattato o dei principi sanciti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia: in particolare, quelli di non discriminazione, di parit di trattamento, di trasparenza, di mutuo riconoscimento e proporzionalit. Il principio di parit di trattamentoimplica che le amministrazioni concedenti pur essendo libere di scegliere la procedura di aggiudicazione pi appropriata alle caratteristiche del settore interessato e di stabilire i requisiti che i candidati devono soddisfare durante le varie fasi della procedura debbano poi garantire che la scelta avvenga in base a criteri obiettivi e che la procedura si svolga rispettando le regole e i requisiti inizialmente stabiliti (cfr. Corte di giustizia, sentenza 25 aprile 1996, causa C 87/94 Bus Wallons, punto 54) . La sottoposizione dellaconcessione di servizi al principio di non discriminazione, in particolare in base alla nazionalit, stato recentemente confermato dalla giurisprudenza comunitaria, che ha precisato come lobbligo di trasparenza a cui sono tenute le amministrazioni consiste nel garantire, in favore di ogni potenziale offerente, un adeguato livello di pubblicit. Il principio di trasparenza strettamente connesso a quello di non discriminazione poich garantisce condizioni di concorrenza non falsificate ed esige che le amministrazioni concedenti rendano nota, con appropriati mezzi di pubblicit, la loro intenzione di ricorrere a una concessione. Devessere applicato nella disciplindella concessione anche il principio di proporzionalit: ci significa che le amministrazioni concedenti devono adottare provvedimenti necessari e adeguati in relazione allobiettivo evitando di fissare requisiti professionali o finanziari sproporzionati rispettoalloggetto della concessione. Il principio del mutuo riconoscimento implica, per le concessioni, che lo Stato nel cui territorio la prestazione fornita deve accettare le specifiche tecniche, i controlli, i titoli e i certificati prescritti in un altro Stato nella misura in cuquesti siano riconosciuti equivalenti a quelli richiesti dallo Stato membro destinatario della prestazione. Il principio della tutela dei diritti fondamentali, rientrante nelle tradizioni comuni agli Stati membri, esige infine che eventuali provvedimenti di diniego delle amministrazioni in sede di rilascio delle concessioni o di gestione debbano essere motivate e siano oggetto di ricorsi giurisdizionali dparte dei loro destinatari.

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    livelli, le associazioni presenti sul territorio;iv) costruire una banca dati aggiornata e flessibile sulle necessitconstatate, in condizione di localizzare i bacini della domanda e dellofferta concependo assieme ai diffe-renti soggetti che a differente titolo applicano la sussidiariet le risposte pi adeguate.Nellesperienza finora constatata sul territorio di Seveso, limitata parsa lattenzione a tale nuovo ma affa-scinante mondo della sussidiariet, senza dubbio da amplificarsi nel Piano dei servizi per meglio comprende-

    re il mondo associazionistico e il suo possibile supporto alla rete dei servizi esistenti: abbiamo gi rilevato lafocalizzazione dello strumento urbanistico vigente (come, per altro, allepoca prevedeva la legislazione vi-gente) nel dimensionamento quantitativo degli standard senza entrare nel merito delle loro relazioni con larete, non sempre palese, dei servizi privati e dellassociazionismo che, a differente titolo, compensa le caren-ze pubbliche e che permette dincrementare la qualit della vita dei residenti.Il privato quindi, nelle sue varie forme, va chiamato e motivato in prima persona per contribuire, direttamen-te o meno, alla crescita qualitativa della rete dei servizi e del benessere collettivo attraverso sia la realizzazio-ne dattrezzature collettive (da convenzionarsi con lAmministrazione), sia la disponibilit allincrementodelle dotazioni mediante acquisito, cessione, trasformazione di aree e/o attrezzature.

    2. Il nuovo ruolo dei servizi nella pianificazione comunale

    Il Piano dei servizi rappresenta per Seveso un importante presupposto del governo del territorio locale: lostrumento non intende configurarsi tanto come un dispositivo settoriale che computi solo le quantit pro ca-pite, tanto piuttosto come un vero e proprio preliminare di piano che, a partire dalla trama delle attrezzaturecollettive, riorganizzi il disegno dellassetto insediativo: la considerazione dei servizi non pu pi quindi rap-presentare una mera questione di zoning degli standard (ex Dim. 1444/1968) poich lintima connessione delproblema con la costruzione della citt collettiva avvier riorganizzando le attrezzature collettive una verae propria riorganizzazione dellintero sistema urbano; il quadro di riferimento dei servizi oltretutto in conti-nua evoluzione, e la loro missione principale non pi solo quella di corrispondere quantit date per abitante,ma piuttosto dentrare nel governo locale: servizi di stampo ambientale necessari alla costruzione di una cittsostenibile, nella conservazione delle risorse di natura e di memoria, servizi di propulsione alla modernit edi mutualit pubblico/privata, servizi come varchi nel muro dellindifferenza urbana per cucire e ricucirecontraddizioni insite nellurbanit, e non solo aree per rimediare allinsufficienza quantitativa applicandomodelli aprioristici e buoni per tutte le stagioni e per qualsivoglia realt territoriale.Occorre peraltro sottolineare come la concezione dei servizi sia andata molto evolvendosi: non pertanto piattuale quella derivante dallart. 22 della Lur. lombarda 51/1975 e, gi per effetto della Lr. 1/2001, comincia-vano a venire considerati servizi tutti quelli che il sentire collettivo riconosceva come tali, per erogazionepubblica o privata, da laici e da istituti religiosi, in una concezione che assume connotati flessibili in grado diadattarsi ai bisogni e alle esigenze delluomo postmoderno, abbandonando cos una visione statalista nel-la produzione e gestione dei servizi disseminatrice nello spazio comunale di vincoli raramente attuati, op-pure dimmotivate reiterazioni per incapacit di acquisirne la propriet pubblica.

    2.1. Una strategia innovativa di servizio prestazionale

    Emerge quindi la necessit di considerare i servizi in unottica di bilanciamento temporale dei bisogni, ricor-rendo alla sussidiariet e al partenariato pubblico/privato, alle modalit finanziarie e gestionali del project fi-nancing, alle societ di trasformazione urbane, in un nuovo ruolo del privato ribadito dalla Lr. 12/2005: ser-vono comportamenti cooperativi che diano luogo a regole concordate, accordi, contratti, intese di program-ma sempre pi flessibili e improntate alle esigenze locali, che caratterizzi lerogazione dei servizi:(i) perpropriet e gestione pubblica (dove troviamo le tradizionali funzioni che, per antonomasia, debbono asse-condare le necessit collettive, erogando prestazioni anche in deficit finanziario) ;(ii) per propriet pubblica egestione privata o non profit (come i parcheggi pluripiano in concessione poliennale) ;(iii) per propriet pri-

    vata e gestione privata in regime convenzionale con la mano pubblica (tutti quei servizi, di fatto erogati daprivati, che tuttavia devono assoggettarsi a specifica convenzione per computarli negli standard urbanistici) .

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    Nellambito della gamma di prestazioni possibili, spetta tuttavia alla mano pubblica creare le condizioni mi-nime di efficienza ed efficacia, definire i parametri qualitativi minimi per la loro erogazione, identificare lemigliori risposte alla domanda: in mancanza di tali indicazioni, oltretutto risulterebbe difficoltoso anche at-tuare il principio della sussidiariet orizzontale e, proprio per questo, gli archivi informativi approntati per ilPiano dei servizi servono proprio per descrivere al massimo dettaglio la situazione socio demografica e dei

    servizi in atto sul territorio comunale, permettendo infatti allAmministrazione comunale tutti gli elementi u-tili: i) alla valutazione dei problemi sussistenti;ii) alla puntuale localizzazione dei fenomeni evidenziati;iii)alla visualizzazione e simulazione delle strategie pianificatorie che sintenderanno perseguire.

    2.2. La difficile applicazione della perequazione urbanistica

    Sin da quando i piani urbanistici si sono fatti strumenti ordinatori dellevoluzione insediativa, e promotori deicaratteri essenziali della qualit dellabitare e del vivere, emerso il bisogno di reperire spazi in cui realizzarele strutture pubbliche o dinteresse pubblico intersecandosi, tuttavia, con gli infiniti nodi dellesproprio dellearee vincolate, col fronte compatto dei sostenitori dellintangibilit del diritto proprietario, col defatigantecontenzioso amministrativo che ha fatto affiorare la disparit di trattamento dei proprietari da parte del piano;cos, il clima al contempo incerto e sperimentale, e gli odierni istituti della compensazione e perequazioneurbanistica offrono potenzialit ma al contempo rischi, per non essere stati ancora codificati da uneffettivariforma urbanistica nazionale e per lessere coinvolti appieno da una domanda di nuova pianificazione giu-stificata:i) dallinsoddisfacente tecnica dello zoning(che)non risponde pi, in molti casi, alle esigenze del-lo sviluppo e della riqualificazione delle citt che richiedono, in molti casi, luso integrato della plurifunzio-nalit delle attivit di trasformazione dei suoli. La rigidit di tale tecnica si rivelata da tempo controprodu-cent e rispetto alla soddisfazione delle sopravvenienti e continue esigenze dello sviluppo e del rinnovo urba-no20; ii) dallevoluzione giuridica connotata dal passaggio (dopo lavvento della delegificazione, semplifi-cazione, privatizzazione dellattivit amministrativa) da unamministrazione per provvedimenti a una con-sensuale per il tramite di accordi;iii) dalla marginalit (tra le scelte del piano) dellistituto espropriativo per-ch oneroso e conflittuale;iv) dalla forte riconsiderazione del ruolo del privato come soggetto attivo del pia-no, in grado quindi di farsene pieno carico in prima persona riscattandosi dal consueto ruolo di oggetto pas-sivo del provvedimento urbanistico;v) dalla diversa funzione assunta dallente locale, che lascia il pi estesospazio possibile alla soggettivit in veste sussidiaria;vi) dalla crisi del piano tradizionale e dallavvento distrumenti che non investono pi linterezza comunale ma operano piuttosto su aree a funzione strategica nel-le trasformazioni urbane;vii) dallabbattimento della rendita assoluta per il contenimento del fabbisogno edi-lizio sia per la crisi economica sia (soprattutto) per leccessiva offerta di nuovi immobili, non corrispondentea un fabbisogno effettivo;viii) infine, dallevoluzione dellistituto della propriet fondiaria, il cui valore in-trinseco non pu venire cos condizionato dalle scelte urbanistiche al punto da svuotarlo del suo contenuto.Nel contempo, una serie di pronunciamenti derivanti dalluso indiscriminato della reiterazione dei vincoli a-blativi ha sollevato serie questioni di legittimit e di equo ristoro della propriet danneggiata, a partire dalla

    oltremodo nota sentenza n. 179/1999 con cui la Consulta sulla reiterazionesine diedei vincoli ha dichia-rato illegittimi gli artt. 2, 3, 4e 40 della L. 1150/1942, oltre che dellart. 2, c. 1 della L. 1187/1968 per viola-zione dellart. 42, c. 3 Cost.21 nella parte in cui la Pubblica amministrazione veniva legittimata, in sede dipianificazione, a reiterare vincoli espropriativi senza lobbligo derogare indennizzo alcuno; e la successivaemanazione del Testo unico sugli espropri, nel 2003, ha definitivamente fatto chiarezza su un punto che, tut-tavia, ora pi di prima, particolarmente oneroso per le sempre pi esigue disponibilit comunali.In conclusione, la stella polare odierna sembra quella della perequazione, sempre pi ritenuta panacea degliinnumerevoli problemi attuativi del piano: essa si propone il raggiungimento dellindifferenza delle posizioniproprietarie rispetto agli effetti conformativi della disciplina urbanistica, per il riconoscimento di pi equepossibilit di valorizzazione economica delle propriet fondiarie; dunque, alla rigidit dello zoning con effettivincolistici va sostituita la negozialit flessibile degli spazi dintervento, per i quali lassetto definitivo delle

    20 Cfr. Sabbato G., Attivit edilizia fra governo del territorio e tutela paesaggistica e ambientale, Convegno di Studi organizzato daConsiglio dellOrdine degli Avvocati, Salerno, 20 novembre 2009.21 La propriet privata pu essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi dinteresse generale.

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    trasformazioni va concertato con (e tra) i privati, a cui rimesso il perseguimento dellequidistribuzione dioneri e utili con reciproche compensazioni.

    2.2.1. Perequazione e compensazione nella legislazione nazionale e regionale

    noto il ripetersi, fin dagli anni cinquanta, di ripetuti tentativi di riforma della legge urbanistica fondamenta-le ma nessun dessi, ancorch in larga parte apprezzabili sotto il profilo degli obiettivi perseguiti, ha conclusoliter procedurale sino allapprovazione dentrambe le Camere; tra i numerosi progetti di riforma si segnalaquello dellIstituto Nazionale di Urbanistica che, nel Congresso di Bologna nel novembre 1995, ha approva-to un documento di principi riformatori tra i quali lasussidiariet(che ribalta il modello gerarchico a casca-ta optando per lintroduzione di una modalit dove, a ogni livello di governo, sattribuiscano le funzioni piadeguate), lacooperazione(attraverso conferenze tra enti competenti in urbanistica e in materie collegate), lasostenibilit ambientale, la disaggregazione del piano instrutturaleeoperativo, la perequazione.Poi, a partire dal 1998 il dibattito sulla nuova legge urbanistica nazionale entra in Parlamento col testo base,noto come bozza Lorenzetti, che contiene anchesso norme dedicate alla perequazione (art. 15, 27 e 28)che valorizzano listituto del comparto quale perimetro dello spazio coinvolto dalla trasformazione.Nel 2005 interviene il disegno di legge Lupi sul governo del territorio, che anchesso introduce la perequa-zione e compensazione prevedendo il trasferimento e la commercializzazione dei diritti edificatori, utilizzabi-li anche in alternativa allindennizzo previsto per gli espropri: latto, approvato dalla competente Commis-sione della Camera, si poi bloccato al Senato nel dicembre del 2005, per venire poi ripresentato nellaprile2008; a esso saggiunge i disegni di legge Mariani (presentato alla Camera nel 2007, mai esaminato inCommissione e nuovamente presentato proprio nellaprile 2008) e Mantini, presentato il 15 ottobre 2008 eancora non esaminato, nella prospettiva di un unico disegno Lupi/Mantini; per finire, anche lIstituto Nazio-nale di Urbanistica ha presentato una propriaproposta di leggeche, allart. 13, conferma la perequazione ur-banistica come modalit ordinaria per lattuazione delle scelte di piano e, in particolare, per lacquisizionedelle aree necessarie alla collettivit.I numerosi ostacoli frapposti alla riforma urbanistica organica e lattuale assenza di una legge nazionale diprincipi costituiscono un forte limite alla certezza dellagire perequativo, per cause che riprenderemo poi, maappaiono meno drammatici per leffetto del moltiplicarsi delle nuove leggi urbanistiche regionali, come quel-la lombarda del 2005, che coralmente contemplano la modalit perequativa (pur disciplinandola pi o menodiffusamente), tanto pi che la perequazione affonda le radici negli istituti della legge fondamentale22, icomparti, e dei strumentiattuativi come la convenzione di lottizzazione, il piano di recupero23, il programmaintegrato di intervento24, il programma di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio, iquali tutti presentano un comun denominatore nei principi dellintegrazione e dellequit distributiva a cui siricollega la perequazione urbanistica, trovando fondamento negli artt. 3 e 97 della Costituzione25.Peraltro, il legislatore nazionale ha riconosciuto in via transitoria una forma perequativa nellart. 1, cc. 258 e259, L. finanziaria 244/2007 stabilendo che:i) fino alla riforma organica del governo del territorio, in aggiun-

    ta alle superfici minime di spazi pubblici o riservati alle attivit collettive, a verde pubblico o a parcheggi exDim. 1444/1968, e alla successiva disciplina regionale, negli strumenti urbanistici sono definiti ambiti learee la cui trasformazione subordinata alla cessione gratuita da parte dei proprietari, singoli o in veste con-sortile, di aree o immobili da destinare a edilizia residenziale sociale, in rapporto al fabbisogno locale e in re-lazione allentit e al valore della trasformazione;ii) in essi possibile altres prevedere leventuale fornituradi alloggi a canone calmierato, concordato e sociale;iii) inoltre, per lattuazione di interventi di edilizia resi-denziale sociale, di rinnovo urbanistico ed edilizio, di riqualificazione e miglioramento della qualit ambien- 22 Il fondamento del comparto perequativo rinvenibile nellart. 23 della L. 17 agosto 1942, n. 1150, secondo il quale il Comune puprocedere, in sede di approvazione del piano regolatore particolareggiato o successivamente alla formazione di comparti costi-tuenti unit fabbricabili, comprendendo aree inedificate e costruzioni da trasformare secondo speciali prescrizioni.23 Di cui alla legge n. 457/1978, art. 2824C. 2, art. 16, L. 179/1992.25 C. 2, art. 3: compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libert eleguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana(omissis) ; c.1 art. 97: I pubblici uffici sono orga-nizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e limparzialit dellamministrazione.

    http://www.edilportale.com/EdilNorme/popup.asp?IDDOC=10733http://www.edilportale.com/EdilNorme/popup.asp?IDDOC=10733
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    da edificare e quelle da cedere gratuitamente al Comune o da asservire per realizzare i servizi e le infra-strutture, nonch per le compensazioni urbanistiche;

    b) invece nella fattispecie della perequazione generalizzata, fermo restando che la definizione dei criteri ap-plicativi compete al Documento di piano, affidato al Piano delle regole il compito dattuarli attribuendoa tutto il territorio comunale, tranne le aree destinate allagricoltura e quelle non soggette a trasformazio-

    ne urbanistica, un pari indice di edificabilit territoriale virtuale, in quanto inferiore a quello minimofondiario effettivo, differenziato per parti del territorio comunale in relazione ai diversi tipi dinterventoprevisti: se, da un lato, evidenti parrebbero i vantaggi offerti dallutilizzo della perequazione urbanisticanegli interventi di riqualificazione o ricomposizione paesaggistica dei tessuti urbani degradati e delle areedi frangia, di realizzazione di corridoi verdi connettivi tra citt e spazio agricolo, di salvaguardia di visua-li significative e valorizzazione demergenze paesaggistiche, di completamento del quadro del verde edegli spazi pubblici, non tuttavia cos scontata lintroduzione di uneffettiva indifferenza localizzativadegli interventi e dei servizi (e, anzi, non parrebbe neanche cos opportuna) n si configura cos facileuneffettiva acquisizione delle aree (e per difficolt di guidare il meccanismo degli acquisti dei diritti vo-lumetrici proprio in quegli spazi che occorrerebbe acquisire, e per i limiti del trasferimento dei titoli pro-prietari di qualcosa che ancora la legge non ha puntualmente formalizzato, e per i rischi dellacquisizionetarmata delle aree di origine volumetrica, derivante dalla frammentazione proprietaria) .Listituto dellacompensazione urbanisticarisponde, anchesso, alla finalit perequativa e il Documento di

    piano pu elaborare i criteri della sua applicazione considerando che lart. 11, c. 3 attiene allapplicabilit del-la compensazione ad aree destinate a interventi di interesse pubblico o generale, non disciplinate da piani e/oatti di programmazione; pertanto:a) in luogo della corresponsione dellindennit desproprio, lAmministrazione pu attribuire a fronte del-

    la cessione gratuita di unarea aree pubbliche in permuta o diritti edificatori trasferibili su aree insedia-bili private, comprese in piani attuativi, ovvero in diretta esecuzione del Pgt;

    b) come ulteriore alternativa, il proprietario pu realizzare direttamente gli interventi (rispettando la norma-tiva comunitaria in materia) dinteresse pubblico o generale mediante accreditamento o stipula di con-venzione col Comune per la gestione del servizio e, in tal senso, la possibilit acquista valore integrativodelle disposizioni ex art. 9, c. 12 della Lr. 12/2005 e s.m.i.,

    caratterizzando cos listituto della compensazione come risorsa preziosa nei processi di riqualificazione, an-che di aree storiche, in quanto consente di delocalizzarne i volumi in spazi urbani con minori problemi mor-fologici e ambientali.Il Documento di piano pu infine individuare i criteri applicativi dellistituto dellincentivazioneattraverso ilriconoscimento di bonus urbanistici, ossia maggiori diritti edificatori, a fronte del conseguimento di bene-fici pubblici aggiuntivi rispetto a quelli ordinariamente collegati ai programmi dintervento (come maggioridotazioni quali/quantitative dattrezzature e spazi pubblici) o significativi miglioramenti della qualit am-bientale (come interventi di riqualificazione paesaggistica e rimozione di manufatti intrusivi od ostruttivi) ; icriteri devono precisare i modi di riconoscimento dellincentivazione, a fronte del tetto massimo del 15% per

    incrementare il volume ammesso, e differenziando gli indici premiali rispetto agli obiettivi conseguibili; ladisciplina dellincentivazione applicabile agli interventi compresi in piani attuativi che assumano la finalitprecipua della riqualificazione urbana; pu essere infine valutata lulteriore possibilit di estenderla alla pro-mozione delledilizia bio/climatica e al risparmio energetico, sommando lincremento dei diritti edificatorialla riduzione degli oneri urbanizzativi ex art. 44, c. 18 della Lr. 12/2005 per analoghe finalit.Ne consegue che il legislatore, individuando allart. 11 due modelli di riferimento, senza peraltro porre vin-coli eccessivi sulle modalit dattuazione, ha lasciato spazio a unampia gamma di soluzioni di tipo interme-dio tra perequazione e compensazione che, se da un lato favoriscono lapplicabilit di tali istituti, dallaltro nerendono insidioso e, per alcuni versi, rischioso lutilizzo: in ragione di una cospicua entit di pronunciamentidella Giurisprudenza regionale sui modi in cui stato attuato listituto perequativo, e consapevoli dei falli-menti urbanistici derivanti in numerosi casi, valutiamo ora i rischi connessi allutilizzo con leggerezza di tale

    opportunit.

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    2.2.2 Potenzialit (alcune), problemi (molti) : alcuni casi

    S osservato come la perequazione urbanistica si traduca, in concreto, nellapplicazione di un metodo chedeve adeguarsi alle specifiche esigenze poste da ogni specifico territorio e dalla caratterizzazione di ogni sin-

    golo piano; da qui lenucleazione di diversi modelli di perequazione, talmente numerosi da porre addiritturain discussione la possibilit stessa di unareductio ad unitatemche giustifichi luso dellunit linguistica pe-requazione, dal significato quindi ancora troppo indeterminato. appena il caso di richiamare al riguardo la nota distinzione tra perequazione divalorie divolumi, laddovela prima si configura quando il diritto edificatorio non virtuale ma effettivamente realizzabile, anche se nonsul suolo che lo produce, mentre la seconda ha luogo quando non coincidono diritto potenziale ed edificabili-t effettiva, per cui si ricorre a strumenti finanziari per compensare quella non materializzabile; altra distin-zione nota quella tra perequazionea priori, quando la misura dei diritti edificatori determinata attraversola classificazione del territorio secondo lo stato di fatto e di diritto anteriori al piano (estranea quindi al con-cetto di conformazione dei beni attraverso la valutazione tipica del procedimento pianificatorio, perseguendoil diverso scopo della mera distribuzione dei valori), e a posteriori, quando la quantit globale, pubblica eprivata, prevista dal piano ripartita tra tutti i terreni interessati dalla trasformazione.In unaltra prospettiva, forse di pi agevole applicabilit, il metodo perequativo utilizzato si caratterizza per ladiversa dimensione territoriale che lo riguarda, nel senso che, secondo un primo modello di perequazione percomparti, cd. classico, lo spazio dalla perequazione interessato si limita a zone determinate, nelle quali i dirit-ti distribuibili tra i proprietari coincidono con ledificabilit attribuita dal piano; tale modello presenta tuttaviauna variante (traducibile in un vero e proprio secondo modello), che prevede ledificabilit attribuita anchead aree esterne al comparto (pure se non contigue), che possono contribuire alla sua trasformazione: in tal ca-so ledificabilit convenzionale attribuita alle aree esterne, di cui si richiede la conservazione, viene spostatadentro il comparto determinando una capacit edificatoria aggiuntiva, mentre la perequazione degli oneriviene ripartita tra tutte le aree esterne o interne ad esso ( questo il caso del Prg di Reggio Emilia, da cui lafamosa sentenza del Tar n. 22/1998 in nota approfondita27) .Emerge poi un terzo modello di perequazione generalizzata o, comunque, estesa a una parte rilevante degliambiti di espansione/trasformazione, che contempla luso di parametri convenzionali di edificabilit bassi euniformi per categorie daree rispetto allo stato di fatto e di diritto esistente; un modello, riconducibile aquello cd. di perequazionedi valorie a priori, che prevede altres una differenza tra ledificabilit conse-guente al riconoscimento della capacit edificatoria uniforme, riservata ai privati, e quella (maggiore) occor-rente per raggiungere gli obiettivi posti dal piano, per una differenza gratuitamente riservata al Comune. Sif-fatto modello perequativo stato recepito dalle leggi regionali della Basilicata e della Calabria (oltre che intaluni piani comunali) e pone diversi problemi, non solo operativi, in quanto lesatta determinazione del rap-porto tra i due valori di edificabilit, quella privata e quella pubblica, richiede luso di competenze speciali-stiche delevato profilo non estesamente reperibili nelle/dalle pubbliche amministrazioni; ma anche dal punto

    di vista giuridico si nutrono dubbi in quanto in dottrina stata evidenziata, tra laltro, la necessit di una defi- 27 Il caso riguardava il ricorso proposto da una societ proprietaria di unarea sita nel comune di Reggio Emilia, la quale metteva indiscussione la legittimit giuridica del meccanismo perequativo utilizzato. Larea ricadeva allinterno di un comparto oggetto di intervento urbanistico preventivo, classificato come zona integrata a valenza ecologica, e cio una categoria di aree dove gli strumenurbani prevedono destinazioni multifunzionali e unampia quota di verde pubblico. Sotto il profilo attuativo la variante riguardavlutilizzo della tecnica di perequazione, assegnando alle aree di trasformazione indici di edificabilit territoriali unificati per situaziontra loro omogenee e introducendo lobbligo della cessione al comune delle aree da destinare a verde pubblico e servizi in modo proporzionale alla superficie di propriet. La societ ricorrente contestava di avere un diritto edificatorio inferiore a quello previsto dallleggi regionali sulle zone C di espansione e che le zone a verde privato fossero superiori a quelle previste dal Dim 1444/1968. Il TARha respinto il ricorso affermando che le zone integrate a valenza ecologica sono zone miste o speciali, alle quali non si possono applicare le normative nazionali e regionali sulle zone omogenee. Il giudice ha riconosciuto come, alla base dello strumento impugnatostia una scelta che si colloca in sintonia con gli sviluppi, culturali e giuridici, pi recenti in materia urbanistica, che consistenellabbandono dellottica della rigida zonizzazione cui si accompagna unattivit di pianificazione nella quale insita una diversitdi trattamento tra le diverse zone del territorio, e nellaccoglimento di una filosofia urbanistica () che mira, da un lato, ad un usoflessibile del suolo () e allintroduzione, dallaltro, di meccanismi perequativi()

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    nizione normativa dei poteri della P.A. che identifichi aprioristicamente i valori convenzionali di edificabilitdei suoli28.In ogni modo, luso della modalit perequativa si articola concretamente:i) attraverso lidentificazione, nellostrumento urbanistico generale (o Piano di governo del territorio, in Lombardia), delle aree a cui attribuire ilmedesimo indice edificatorio, dove tuttavia non avr luogo alcuna concentrazione fondiaria dovendosi, tali

    aree, trasformarsi allun tempo negli spazi di decollo della perequazione e di localizzazione dei nuovi ser-vizi pubblici;ii) dunque, i proprietari di tali aree non sfrutteranno in quegli spazi i potenziali edificatori ac-quisiti, potendoli tuttavia vendere ad altri proprietari le cui aree anchesse identificate dal piano diverran-no cos quelle di atterraggio dei volumi acquistati, dove verr quindi localizzata la corrispondente concen-trazione fondiaria;iii) una volta venduti i diritti volumetrici concessi, il proprietario ceder al comune il suolocorrispondente, a valore agricolo o nullo.Come si pu agevolmente desumere, e come testimoniano gli innumerevoli fallimenti constatati, la procedu-ra perequativa indipendentemente dal tipo di modalit a cui sintende far riferimento, e seppur sia vero chealcuni modi risultino assai pi semplici degli altri presenta alcune criticit sotto i profili sia tecnico sia giu-ridico, che rischiano dinvalidare:a) tanto gli intenti equitari della Pubblica Amministrazione,b) come il ten-tativo di attuare le previsioni di piano.In primis vi sono alcuni aspetti tecnici di non facile risoluzione quali la definizione degli indici di decollo edi atterraggio, oltre alle dinamiche sottese agli accordi con (e tra) i proprietari delle aree:a) lattribuzione degli indici questione di rilievo in quanto determina, sotto il profilo economico, il livello

    di rendita riconosciuto alla propriet fondiaria e la quantit di suolo acquisibile dallAmministrazionecomunale per la realizzazione di opere pubbliche (la dottrina distingue una perequazione verso lalto,quando prevale la tendenza aelevare gli indici generando la convenienza dei privati ad attivarsi incenti-vandone lattivit edificatoria29, e verso il basso dove, al contrario, gli indici vengano contenuti esimpongono ai privati obblighi compensativi, nei casi di esigenze di tutela ambientale) ;

    b) ci, tuttavia, che ancora appare poco chiaro (ed ancora in attesa di definizione) investe i modi attraversocui legittimare la scelta di un indice perequativo idoneo a esprimere i fabbisogni volumetrici degli ambitidatterraggio, rispettando i canoni dellequotrattamento di tutti i soggetti interessati; una soluzione allalacuna comunque rinvenibile in letteratura30, a partire da alcune operazioni ben riuscite, ma richiede-rebbe coraggiosi esperimenti che riducano ulteriormente i margini dindeterminazione in cui lassenza diun riferimento tecnico normativo nazionale impone di muoversi;

    c) altro aspetto sensibile, direttamente connesso alla scelta degli indici quello relativo alla partecipazione:per lattuazione dellaccordo necessario infatti indurre i proprietari delle aree destinate a servizi pubbli-ci, che non possono sfruttare sul terreno di propriet il diritto edificatorio loro attribuito, a cedere tale di-ritto ad altri il cui suolo invece suscettibile di trasformazione secondo il piano, oppure a scambiarlo conuna porzione di suolo edificabile per utilizzare altrove il loro diritto edificatorio: nei comuni che hannoadottato il sistema perequativo, lo strumento che ha raccolto pi consenso il consorzio tra i proprietaridel medesimo comparto, ma va ricordato per come listituto del comparto, rinvenibile gi nella legge

    ponte, abbia trovato scarsa applicazione proprio a causa dei numerosi contenziosi sollevati tra i proprieta-ri31.Considerato tali aspetti come punto davvio, e non certo quale elenco esaustivo di questioni aperte, proce-diamo ora a una valutazione ragionata dei margini di convenienza e di rischio nellapplicazione dellistitutoperequativo, orientata sulla scorta di alcuni pronunciamenti della giustizia amministrativa; in primo luogo vasottolineato come, negli ultimi anni, si siano registrate talune acquisizioni rassicuranti in ordine alla confor-mit del metodo perequativo ai principi dellordinamento; anzitutto il Tar Emilia Romagna 14 gennaio 1999,

    28 Sussisterebbe cio un problema di riserva di legge ex art. 42, c. 2 Cost., per il fatto che la propriet privata riconosciuta e ga-rantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di ren-derla accessibile a tutti.29 Tale modalit si rinviene sovente in trasformazioni assimilabili al recupero di aree dimesse, in contesti che richiedono un incentivoallingresso di operatori privati.30 Cfr. Morano P., 2007, La stima degli indici di urbanizzazione nella perequazione urbanistica, Alinea, Firenze.31 Considerato ci, quello che si auspica la stipula di convenzioni, in conformit a una convenzione tipo predisposta dal comune.

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    n. 22 ha riconosciuto come, alla base dello strumento urbanistico impugnato, ispirato ai principi perequativi,stia una scelta in sintonia con gli sviluppi, culturali e giuridici, pi recenti in materia urbanistica; ulteriorericonoscimento offerto dalla sentenza della Corte 20 maggio 1999, n. 179 che, nellenucleare i casi in cui escluso lobbligo di indennizzo, discorre anche di vincoli che importano una destinazione realizzabile a ini- ziativa privata o promiscua pubblico privata, che non comportino necessariamente espropriazione o inter-

    venti a esclusiva iniziativa pubblica e quindi attuabili anche dal privato e senza necessit di previa ablazionedel bene32; pi di recente, la giurisprudenza tornata sul problema dellammissibilit del metodo perequa-tivo in ambito urbanistico ancora una volta esprimendosi favorevolmente, nel senso cio che conforme a-gli obiettivi e alla tecnica della perequazione urbanistica, nonch ai principi costituzionali in materia di tute-la della propriet privata che, in applicazione del principio della perequazione, i benefici e gli oneri deri-vanti dalla pianificazione vengano distribuiti in modo rigidamente proporzionale alla consistenza eallestensione delle singole propriet; intervenuta altres negli ultimi mesi un nuovo pronunciamento che,soffermandosi sulla legge regionale veneta, entrato nel merito della opportunit dellistituto osservando cheil modello perequativo ex art. 35 della Lr. veneta 23 aprile 2004, n. 11 consente() di procedereallacquisizione di aree aventi destinazione pubblica, evitando il proc