PERSONE E MEMORIE DI DUE REALTÀ MARINARE - Cesenatico e San Benedetto del Tronto

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PERSONE E MEMORIE DI DUE REALTÀ MARINARE - Cesenatico e San Benedetto del Tronto - Giornata del “gemellaggio culturale” fra il Museo del Mare di San Benedetto del Tronto e il Museo della Marineria di Cesenatico - obiettivi e progetti comuni - a cura dell’Archivio Storico del Comune di San Benedetto del Tronto

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PERSONE E MEMORIE DI DUE REALTÀ MARINARE - Cesenatico e San Benedetto del Tronto Giornata del “gemellaggio culturale” fra il Museo del Mare di San Benedetto del Tronto e il Museo della Marineria di Cesenatico - obiettivi e progetti comuni - a cura dell’Archivio Storico del Comune di San Benedetto del Tronto

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PERSONE E MEMORIE DI DUE REALTÀ MARINARE- Cesenatico e San Benedetto del Tronto -

Giornata del “gemellaggio culturale”

fra il Museo del Mare di San Benedetto del Tronto

e il Museo della Marineria di Cesenatico

-- oobbiieettttiivvii ee pprrooggeettttii ccoommuunnii --

a cura dell’Archivio Storico del Comune di San Benedetto del Tronto

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PPEERRSSOONNEE EE MMEEMMOORRIIEE DDII DDUUEE RREEAALLTTÀÀ MMAARRIINNAARREE- Cesenatico e San Benedetto del Tronto -

Giornata del “gemellaggio culturale”

fra il Museo del Mare di San Benedetto del Tronto

e il Museo della Marineria di Cesenatico

-- oobbiieettttiivvii ee pprrooggeettttii ccoommuunnii --

66 MMAAGGGGIIOO 22001144

Polo Museale “Museo del Mare”

Sala Museo della Civiltà Marinara delle Marche

a cura dell’Archivio Storico del Comune di San Benedetto del Tronto

ASSESSORATO ALLE POLITICHE CULTURALI

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Hanno collaborato:Sara Bruni, fam. Carfagna, Mariella De Cicco, Serafino Fanesi, Davide Gnola,Francesca Mascaretti, Giovanni Merlini, Pietro Palestini, Piergiuseppe Paci,Adriana Palma, Luciano Palma, Augusto Papetti, Adriana Romani, LuigiRomani, Sara Romani, Francesca Scipioni e la famiglia Urriani, Luigi Scipioni.

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Con il “Museo della Marineria” di Cesenatico, che ha anche unasua “Sezione galleggiante” nella quale risiedono permanente-mente le barche storiche del medio e alto Adriatico, i rapportisono già stati avviati da alcuni anni grazie ai numerosi incontri trai collaboratori delle due realtà, a degli scambi culturali e da unavisita, nell’aprile del 2011, di circa cento studenti sambenedettesia Cesenatico quale premio del Concorso “Tre parole per unmuseo…”. Ma i rapporti con questo centro romagnolo sono giàconsolidati nel tempo e nella storia grazie al fatto che diversefamiglie sambenedettesi a bordo delle proprie imbarcazioni,negli anni trenta del secolo scorso, sono emigrate proprio aCesenatico. Il “gemellaggio culturale” fra il Museo del Mare di SanBenedetto del Tronto e il Museo della Marineria di Cesenatico,che oggi stipuliamo, fortemente voluto da entrambe leAmministrazioni Comunali, vuole porre l’accento sugli obiettivi esui progetti comuni da condividere da entrambe le realtà musea-li, al fine di valorizzazione i patrimoni di una stessa, e comune,storia marinara.

L’Assessore alla cultura Il SindacoMargherita Sorge Giovanni Gaspari

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La storia delle marinerie italiane, in particolare quella legata alla pesca,è caratterizzata da continue emigrazioni lungo le coste delle sue regioni,ma anche fuori di esse, addirittura in altri continenti. Quella da pesca, inparticolare, è condizionata, oltre che da eventi politici e bellici, da proble-mi legati all’ecosistema in cui debbono muoversi le imbarcazioni, per cuisi sono registrati degli esodi verso le diverse sponde nazionali, ma anchealtrove, come in Dalmazia, addirittura in California, Argentina, Perù,perfino in Australia.Protagonista assoluta di questa storia è certamente la marineria da pescasambenedettese (peraltro anch’essa debitrice di flussi esterni sin dalMedioevo), di cui si è parlato e scritto in più circostanze: soprattutto perquella destinata in Versilia, per cui Viareggio è giustamente considerataoggi, date le dimensioni dell’esodo, città gemella della nostra. Però mancava un tassello e Giuseppe Merlini, archivista del Comune diSan Benedetto del Tronto, vi ha posto rimedio. Alludiamo alle presenzedi nostri pescatori in ambito romagnolo, in particolare a Cesenatico.Si tratta di un insediamento di non grande dimensione che ha inizioverso gli anni ’30 del secolo scorso.Sin dalla seconda metà del 1700 San Benedetto accende rapporti con laRomagna, in ragione dell’acquisto di canapa grezza, destinata alla lavo-razione per realizzare funi e reti da pesca, da parte di nostri operatori.Tale commercio avviene spesso anche attraverso le barche impiegate perquel traffico e quindi serve ad acquisire conoscenze sulle marinerie diquel contesto e valutarne il significato e la consistenza economica. Nel corso del novecento non saranno solo pescatori sambenedettesi,quelli che giungono in Romagna, ma anche funai, seppure la loro arte èdestinata a scomparire con l’arrivo delle fibre sintetiche.Riscoprire questo contesto è stato anche un’opportunità per rivelare gliintrecci successivi di parentela che si realizzano tra quelli di Cesenatico equelli di Viareggio ma anche con la madre patria San Benedetto delTronto.

L’emigrazione marinara sambenedettesedi Gabriele Cavezzi

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Nell’autunno del 1930 i fratelli Pasquale e Giuseppe Fanesi, unitamentea Luigi Urriani loro cognato, decisero di trasferirsi a Porto Corsini(Ravenna) perché la zona nota come i “Fossi” era più pescosa rispetto adaltre. Con loro partirono anche le rispettive mogli e figli. Per la pescaquotidiana i tre si spingevano anche a Porto Garibaldi e fino al Po di Pilamentre le rimesse ittiche venivano commercializzate al mercato diMarina di Ravenna. Questo primo trasferimento in Romagna fu moltobreve, appena un anno, ma senz’altro molto utile per entrare in contattocon un’altra realtà marinara: Cesenatico.La marineria cesenaticense subì nel corso dell’ottocento, un primo svi-luppo peschereccio grazie all’immigrazione di famiglie chioggiotte con iloro bragozzi (imbarcazioni corrispondenti ai nostri papagnotti) e, suc-cessivamente, di pescatori del delta padano, soprattutto goresi. Ma fu iltrasferimento di famiglie sambenedettesi, a partire dai primissimi annitrenta del novecento, con l’introduzione dei primi motopescherecci, arappresentare il punto di svolta nell’epocale passaggio dalla pesca a velaa quella a motore. La marineria di Cesenatico può, quindi, essere consi-derata come la felice sintesi di due culture di antica tradizione pescherec-cia, quali quella veneto-padana e quella sambenedettese.I sambenedettesi trasferitisi a Cesenatico venivano identificati e chiamatidapprima, forse con un’accezione negativa, “frangin” per il modo dialet-tale che avevano di pronunciare il nome “Francesco” (Frangì) e se i primitempi furono senza dubbio difficoltosi poi l’integrazione nel tessuto socia-le del porto-canale fu felice e proficua. L’inizio della migrazione sambenedettese può datarsi ai primi di marzodel 1933 quando Giuseppe Fanesi con sua moglie Annunziata Urriani ei figli Vincenzo, Pasqualina, Bice, Maria, Antonietta e Doria, nati un po’qua e un po’ là tra Porto Venere, San Benedetto e Fiume, si trasferironodefinitivamente a Cesenatico, con il peschereccio “Vincenzo”, acquistatodai fratelli Poliandri, trasformato in motopeschereccio nel 1935 aPortocivitanova con l’impianto di un motore da 50 Hp. Nel marzo del1934 anche Pasquale Fanesi con Franceschina Urriani, sua moglie, e ifigli Vincenzo, Alfredo, Giuseppe, Antonio, Maria e Dionisia, partì perCesenatico.

Rotta verso Cesenaticodi Giuseppe Merlini

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Nel 1932 torna a San Benedetto del Tronto da Viareggio, dove risiedevagià da un po’, Luigi Palestini marito di Francesca Romani. La giovanecoppia dopo la nascita dei primi quattro, dei suoi nove figli, decise, nel1937, di emigrare a Cesenatico con il motopeschereccio di famiglia il“Belvedere”.

A Cesenatico Luigi fu uno dei soci fondatori della Cooperativa “Casa delPescatore”, di cui poi suo figlio Pietro è stato per molti anni direttore eattualmente ricopre l’incarico di presidente del “Consorzio gestione mol-luschi”. Successivamente anche Gioacchino Romani, fratello diFrancesca, fece qualche campagna di pesca a Cesenatico ma poi preferìtornare a San Benedetto.Nell’ottobre del 1939 Luigi Urriani, con la moglie Emma Liberati e coni figli Mario, classe 1920, e Alfredo, classe 1926, raggiungerà i cognatiFanesi. Sempre nell’ottobre del 1939 sarà Antonio Fanesi, cugino deiFanesi di cui sopra, a prendere dimora a Cesenatico e nel giro di un paiod’anni sarà raggiunto da suo fratello Francesco (che sposerà nel 1951Dionisia Fanesi) e nel 1950 da suo padre Luigi.Sul finire del 1939, Antonio Carfagna - armatore de “I due fratelli”, unavecchia barca armata nel 1924 a Molfetta ed acquistata da DomenicoPalestini nel 1937 - con Vittoria Bruni, sua moglie, partì per Cesenatico enel gennaio del 1950 sarà raggiunto da sua sorella Cesira e da suo nipoteCarlo. Dopo “I due fratelli” Antonio Carfagna acquista il m/p “Giovannina”e poi il “S. Pietro” costruito nel cantiere Anconetani di Portocivitanova.

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Urriani Dionisio

n. 1858

+ 1921

S. Benedetto

Urriani

Franceschina

n. 1880

S. Benedetto

+ 1957

Cesenatico

sposa

Fanesi Pasquale

di Vincenzo e Guidotti

Beatrice

n. 1880 S. Benedetto

+ 1952 Cesenatico

Urriani

Annunziata

n. 1884

S. Benedetto

+ 1959

Cesenatico

sposa

Fanesi Giuseppe

di Vincenzo e Guidotti

Beatrice

n. 1884 S. Benedetto

+ 1972 Cesena

Urriani

Alfredo

n. 1886

+ 1925

S. Benedetto

sposa

Fanesi Maria Teresa

di Vincenzo e Guidotti

Beatrice

n. 1887 + 1968

S. Benedetto

Fanesi

Vincenzo

n. 1905

+ 1975

sposa Marsili

Ida

Fanesi

Alfredo

n. 1914

+ 2004

sposa Fanesi

Serafina

Fanesi

Giuseppe

n. 1915

+ 1998

sposa Guerrin

Cortesi

Ginevra

i

Anelide

Fanesi

Antonio

n. 1919

+ 2003

sposa

Fanesi Maria

n. 1921

+ 2007

sposa Righetti

Libero

Fanesi

Dionisia

n. 1925

sposa

Fanesi

Francesco

Fanesi

Vincenzo

n. 1912

+ 1976

sposa Lattanzi

Domenica

Fanesi

Pasqualina

n. 1916

+ 2003

sposa Romani

Antonio

Fanesi Bice

n. 1918

+ 1997

sposa Papetti

Federico

Fanesi Maria

n. 1920

+ 2009

sposa Romani

Benedetto

Fanesi

Diana

n. 1923

+ 2007

sposa

Paganelli

Rino

Fanesi

Doria

n. 1924

+ 1993

sposa

Parmegiani

Antonio

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sposa

Assenti Maria

Urriani

Giuseppina

n. 1889

S. Benedetto

Urriani Luigi

n.1891

S. Benedetto

+ 1955

Cesenatico

sposa

Liberati Emma

di Placido e Capriotti

Ginevra

n. 1890 S. Benedetto

+ 1958 Cesenatico

Urriani Vienna

n. 1893 + 1968

S. Benedetto

sposa Liberati

Domenico

Urriani

Maria

n. 1912

+ 1991

sposa Palestini

Giovanni

Urriani

Beatrice

n. 1914

+ 1991

sposa Guidotti

Alessandro

Urriani

Annunziata

n. 1917

+ 2003

sposa

Genestreti

Aldo

Uriani

Dionisio

n. 1919

+ 1982

sposa

Caselli

Adele

Urriani

Virginia

(Albertina)

n. 1921

+ 2009

sposa Pagan

Franco

Urriani

Giuseppina

n. 1925

+ 2013

sposa Paci

Benedetto

Urriani Mario

n. 1920

+ 1961

sposa Fanesi

Adriana

Urriani Alfredo

n. 1926

+ 1995

sposa Scipioni

Francesca

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Uno dei figli diAntonio Carfa-gna, Giuseppe,nel 1969 sposeràa Cesenatico An-tonietta Pale-stini, figlia delLuigi di cuisopra.Nel 1954 saràTeresa Fanesi,vedova daldicembre del1925 di AlfredoUrriani (classe1886), ad emi-grare a Cese-natico perché lìr i s i e d e v a n oquattro dei suoisei figli, che ave-vano già datempo raggiun-to zii e cugini:dal 1941, An-nunziata, mo-

glie di Aldo Genestreti, meccanico navale nativo di Rimini, dal 1942,Beatrice, moglie del sambenedettese Alessandro Guidotti, dal 1944,Virginia (detta Albertina), andata in moglie al cesenaticense FrancoPagan e dal 1952, Dionisio, con sua moglie Adele Caselli, armatore del“Marino Padre”, ex “Tigre”, motopeschereccio costruito nel 1935 dalcantiere dei Canaletti di Portocivitanova.Dionisio, con moglie e figli, perduta una “r” e divenuti Uriani per meroerrore di trascrizione, tornarono a San Benedetto nel 1958. Alessandro Guidotti fu armatore del “Pier Luisa” e i suoi figli acquiste-ranno per la pesca con la volante il “Raimondo Vincenzo” e vareranno,poi, il “Saccò Padre” in onore al soprannome di famiglia.I rapporti con San Benedetto furono comunque sempre costanti e, in uncontinuo andare e venire, per attività pescherecce, per rapporti familiario di amicizia altri sambenedettesi decisero di trasferirsi a Cesenatico. Le

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due sorelle Pasqualina e MariaFanesi sposarono rispettivamente idue fratelli Antonio e BenedettoRomani mentre Bice, altra sorella,andò in sposa a Federico Papetti. Idue fratelli Romani, nell’aprile del1939, unitamente al cognatoPapetti, presero residenza aCesenatico. Pure Isolina Romani,sorella di Antonio e Benedetto, consuo marito Benedetto Palma e ifigli Eraldo, Franco, Leda eLuciano, partirono per Cesenaticonel 1939 dove poi nacqueroAdriana, Teresa, Michele eGiuseppina. Anche GiuseppeRomani e Carmelitana Patrizi,genitori di Antonio, Benedetto eIsolina emigrarono per Cesenatico.Lì i Romani e i Palma con il motopeschereccio “S. Gabriele S. Antonio”,costruito in quercia nel 1934 e montante un motore tedesco di 50 Hp,pescavano fin sotto Venezia e sull’estuario del Po si dedicavano alla pescadello storione. A Cesenatico, durante l’occupazione tedesca dopo l’8 set-

tembre, il “S. Gabriele S. Antonio” venneaffondato dagli occupanti assieme ad altreimbarcazioni per ostruire l’imbocco delcanale ma poi grazie ad una mareggiatavenne recuperato. Benedetto Palma, nel-l’immediato dopoguerra, a causa la penu-ria di pesce in Adriatico, decise di tentarela pesca nel Tirreno. Acquistata la totalitàdei carati, i Palma con il “S. Gabriele S.Antonio”, nel 1948, fecero definitivamen-te il periplo della penisola per raggiunge-re a Viareggio i parenti Patrizi e qui si sta-bilirono. A Viareggio Franco Palma, cheera nato a San Benedetto nel 1934, all’etàdi diciotto anni scrisse il libro “I Burdel: iragazzi” che, non solo nel titolo, rimandaagli anni giovanili vissuti proprio a

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Cesenatico. Qualche anno dopo, durante una visita a Cesenatico, Francosottopose al giudizio del celebre letterato cesenaticense Marino Moretti lasua monografia ma sarà solo nel 1979 che per gli editori Trevi riuscì adarlo alle stampe. A Cesenatico i fratelli Romani con il cognato Federico Papetti e l’altrocognato Vincenzo Fanesi (classe 1912), vararono nel 1954 il “Padre Pio”e, successivamente, quest’ultimo varerà da solo il “Relampago”. Nel 1948Vincenzo Fanesi (classe 1912) era tornato per contrarre matrimonio conla sambenedettese Domenica Lattanzi e nello stesso anno ancheGiuseppe Fanesi, suo cugino, sposa Anelide Guerrini originaria diMorrovalle. A Cesenatico Giuseppe ed Anelide tra i diversi figli hannoavuto anche Pasquale, noto calciatore che nel ruolo di difensore ha gio-cato nel Cesena, nell’Udinese, nel Padova, nel Foggia. Mentre Alfredo

Fanesi sposerà aViareggio SerafinaFanesi, una sua lonta-na parente, discenden-te di quei sambenedet-tesi trasferitesi tra ilmar Tirreno e il marLigure, che porterà poia vivere a Cesenatico,suo cugino MarioUrriani sposeràAdriana Fanesi, sorelladi Serafina, mentreVincenzo Fanesi (classe1905), soprannomina-to “acqua e zucchero”,tornerà definitivamen-te a San Benedetto aseguito del matrimoniocontratto con IdaMarsili.Nel 1954 i fratelliAlfredo, Antonio,Giuseppe e DionisiaFanesi acquistaronodai fratelli Merlini diSan Benedetto del

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Tronto la “Nuova Rosina”, motopeschereccio costruito nel 1937 aPortocivitanova da Ruggero Santini con motore diesel quattro tempi“Deutsche Werke” che, quando terminò la sua funzione di barca pesche-reccia, fu, dapprima, barca appoggio per sommozzatori dell’AGIP aRavenna e poi, quando venne disarmata e trasformata in unità da dipor-to, trasferita in altro porto ed utilizzata per gite turistiche. Vararonoquindi “L’Oriule”, motopeschereccio che rimanda, almeno nella denomi-nazione, all’arcipelago croato, luogo di pesca della marineria sambene-dettese. Sul finire degli anni cinquanta del novecento Pasqualina Fanesi, moglie

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di Antonio Romani decise di affittare la sua casa a delle suore che la tra-mutarono in “Pensione Gioiosa” mentre lei, durante il periodo estivo,con marito e figli si ritirava nel “bassacomodo”, una casetta accanto allagrande casa di famiglia. Pasqualina capì che quella scelta poteva essereuna nuova e ulteriore fonte di guadagno e così con il cambio di destina-zione d’uso, inaugurò la “Pensione Carmen”. Stessa cosa fecero le suesorelle Beatrice, sposata Papetti, con la “Pensione Mezza Luna”, e Maria,sposata con Benedetto Romani, con la Pensione “Villa Pia”. Così, mentregli uomini erano in mare la restante parte della famiglia poteva dedicar-si alle gestione della propria pensione. Gli altri fratelli di queste primeimprenditrici turistiche sambenedettesi a Cesenatico e cioè Vincenzo,Diana e Doria divennero proprietari dell’Hotel “Mondial” mentre lecugine Maria e Dionisia Fanesi divennero proprietarie dei rinomati“Bagni Ferrara”. Dopo il matrimonio contratto a Cesenatico nell’ottobre del 1960 con ilsambenedettese Antonio Parmegiani, Doria Fanesi, la più giovane deifigli di Giuseppe e Annunziata torna a vivere a San Benedetto così comei suoi nipoti Carmen, Sara e Giuseppe, chi prima e chi dopo, e per ulti-ma sua sorella Pasqualina. Nel marzo del 1960, per esigenze lavorative, Saverio Fiscaletti - ramo

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Sparrò - con moglie e figli si trasferisce a Marina di Ravenna dove eranogià emigrati, dopo essere stati sia a Viareggio, sia a Lussingrande che adAbbazia in Croazia, Pietro Papetti, suo zio materno, con i suoi figli.Con l’improvvisa morte di Mario Urriani, avvenuta nel febbraio del1961, suo fratello Alfredo, che nel 1954 aveva sposato a San BenedettoFrancesca Scipioni, chiama a Cesenatico per lavorare sul “MarioAlfredo”, il cognato motorista Luigi Scipioni che, fino a quel momento, aparte qualche imbarco a San Benedetto era sempre stato a pescare aLampedusa. Luigi Scipioni viveva in casa di suo cognato Alfredo fino aquando non decise di prendere moglie nell’aprile del 1964 a SanBenedetto e tornare a Cesenatico per andare ad abitare in casa della sam-benedettese Cesira Carfagna. Nell’estate del 1965, l’incontro fortuito aFano con Saverio Merlini, che gli offrì un posto da motorista a SanBenedetto, riporta giù Luigi con la giovane moglie Giuseppina e la figliaprimogenita. Alfredo Urriani con la moglie Francesca e i cinque figli tor-nano invece nell’ottobre del 1965.Ultima ad emigrare rimane, in ordine di tempo, Vittoria Voltattorni, ziamaterna di Adriana e Serafina Fanesi che, nel 1986, raggiunge le nipotialla bella età di 82 anni ed evidentemente l’aria di Cesenatico deve aver-le fatto bene dal momento che è morta nel 2003 all’età di 99 anni.

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Gemelle in Adriatico.Barchèt e Paranza, due barche storiche

di Gino Troli

Quando nel 1492, mentre ben altre vicende allargavano la dimensione delmondo conosciuto, arrivarono nella San Benedetto ormai desertificata daun’epidemia di peste introdotta dagli ottomani, le “genti di Romagna” aripopolarla, in gran numero e con grande piglio rigenerativo per un borgoche aveva vissuto una lunga decadenza, si rimise in movimento un percor-so di sviluppo e ripopolamento che condusse ben presto ai circa 800 abi-tanti del 1615 e alla successiva e costante ascesa demografica del borgo chesi fece città. Un rapporto, questo di trasmigrazione, che vogliamo metterealla radice di quelli che poi, anche in senso inverso, hanno continuato atessere questi due poli fondamentali della storia delle marinerie pescherec-ce adriatiche. Quasi una premonizione, un battesimo costitutivo del cam-mino comune di due terre gemelle. Gli scambi di marittimi, le tradizioni dipesca poi assimilate, le famiglie intrecciate, le memorie di oggi della storianovecentesca che ha accomunato barche e uomini di San Benedetto eCesenatico sono le componenti di questo incontro di popoli marinari cheormai copre quasi un secolo. Una di queste famiglie, quella di AlfredoUrriani, io l’ho conosciuta direttamente, perché dal 1965 al ritorno daCesenatico, io l’avevo sopra di me, in via Volta, al piano superiore di casamia e con i figli di Alfredo, Luigi,Claudio, Marco, Mario e Maria Rita hocondiviso l’adolescenza. Alfredo cucinava il pesce arrosto, la rustida, anco-ra alla maniera romagnola, con abbondante pane grattato, e il profumo sidiffondeva con un magico potere attrattivo dal loro balcone alle finestre dicasa mia scatenando inarrestabili desideri gastronomici. Alfredo, che neera cosciente, non mancava mai di portare a mio padre, di cui era statocompagno di giochi prima di partire giovanissimo per Cesenatico, e a noitutti un assaggio abbondante di quell’arrosto di pesce che è ancora vivonella mia memoria quasi come una madeleine di Proust. Voglio perciò cel-ebrare questi giorni indelebili, che avrei ricordato con il mio amico DavideGnola, direttore del museo di Cesenatico e autentico depositario oggi dellememorie storiche delle due città, tante volte, passeggiando sul magnificoporto-canale di Cesenatico o sedendoci in qualche tavola dove questi pro-fumi sono ancora intatti. Il modo che mi è sembrato più adatto e utile peri lettori di questa pubblicazione è quello di riportare in vita le barche pro-

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tagoniste della grande storia velica della due marinerie: il Barchèt da pescaromagnolo e la nostra mitica Paranza. Sul primo dò la parola proprio aDavide Gnola che così lo descrive:“Il trabaccolo da pesca, o barchèt (“barchetto”), costruito a somiglianza, in scalaridotta, del trabaccolo da trasporto, è la barca tipica della costa romagnola da Pesaroin su. Questa imbarcazione è caratterizzata dalla forma della prua e dagli occhi aforte rilievo. Chi osservava queste barche avanzare nel nostro mare dalle onde corte,aveva l’impressione, per il mutare delle ombre che la luce, colpendo gli occhi, proiet-tava sullo scafo, che quegli occhi avessero una loro vita e acquistassero espressionidifferenti col mutare delle condizioni del tempo.I “barchetti” erano barche belle e solide, adatte alla pesca con reti a strascico.Esistevano esemplari di varie grandezze da 12 a 16, ed anche 18 metri. I più grossivenivano impiegati alternando pesca e trasporto nei vari periodi dell’anno.Portavano due alberi non molto differenti, armati con vele al terzo, con la vela piùgrande a poppa. Il tutto trovava equilibrio nel grande timone che si spingeva inacqua molto più a fondo della chiglia.Negli ultimi tempi della vela, i vecchi che osservavano dalle banchine i barchetti licriticavano per la tendenza a costruire vele sempre più grandi. Infatti, quando unpennone si schiantava, veniva sostituito da uno un po’ più lungo, e quando si rin-novava una vela, la si tagliava un po’ più grande e profonda. Così i pennoni di sot-tovia si avvicinavano sempre più alla coperta su cui operava l’equipaggio. Tutto ciònon era prudente, ma in compenso il ritorno dalla pesca diveniva una vera regataentusiasmante da capitani coraggiosi. L’applicazione dei motori mise fine a questoslancio sportivo, e le vele finirono non solo di aumentare di superficie, ma anche diesistere, e i loro colori non ornarono più il nostro mare”.Oggi però questi colori fanno mostra di sé nello splendido museo galleg-giante del porto canale di Cesenatico, un luogo imperdibile per chi ama lebarche tradizionali.Gemella nella bellezza e nella capacità di pesca al Barchèt è certamente lanostra Paranza, nata forse da un probabile influsso delle forme navalipugliesi più che veneziane, come era invece successo a Cesenatico, ma sicu-ramente adattata ai fondali del centro Italia dai paroni sambenedettesi chela fecero loro ben presto, addomesticandola come “piccoli principi”. Nediamo una descrizione essenziale perché le nuove generazioni possanoconoscerne le linee e l’epopea:“Nella paranza ciò che colpisce ancora oggi è il rapporto di lunghezza tra l’antennae l’albero che era solitamente di una volta e mezzo, ma quasi sempre questo parametroveniva largamente superato per consentire di montare vele più ampie atte ad inter-cettare maggiori quantità di vento. A sua volta l’albero ricalcava la lunghezza dellacoperta. Non va dimenticato che si trattava di una barca che doveva esercitare unagrande forza di trazione sulle resistenze opposte dalla rete radente sul fondo, seppure

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divise tra due componenti la coppia; ma proprio tale esuberanza negli equilibri mec-canici ha rappresentato una delle cause maggiori di incidenti e di naufragi.“Le paranze - scriveva Giambattista Lucarelli nel 1924 - che sono tra tutte le altrespecie di barche, le più grandi, o meglio, di maggiore tonnellaggio, hanno unalunghezza di m. 15 dall’asta di prua a quella di poppa; la larghezza alla copertaall’albero di m. 5; un’altezza di stiva di m. 1,50 a 170 con pescaggio da 0,70 a 0,80cm. con una stazza da 25 a 30 tonnellate. Esse hanno la chiglia piatta per poterfacilmente approdare nelle spiagge e hanno le fiancate o bande fatte in modo di poterreggere alla orzala vento di bolina, e la prua bene arrotondata e rialzata permostrare ai marosi minor resistenza e far sfuggire l’ondata. Essendo così di piccolopescaggio, per reggere bene alla vela, hanno un timone lunghissimo pari allalarghezza o ad un terzo della lunghezza totale, cioè 5 metri; è robustissimo di legnodi noce ed a bella posta largo per rendere la paranza più manovriera. L’albero è dilarice e dell’altezza di m. 15 dalla chiglia, tenuto fermo con sartiame che parte dalcalcese. Hanno vela latina triangolare con un’antenna da m. 26 a 28 ed un latoinferiore di m. 13 a 14, quindi una superficie velica di circa 200 mq.Son fornite anche di fiocchi o pappafichi e di una mezzana con tutti gli altri acces-sori di pennoni, ecc. Con un buon vento, a fil di ruota, hanno una grande velocitàe superano le 12 miglia. L’equipaggio è composto di 8 uomini validi ed un mozzo(murè) ed il comando dato ad un parone e ad un sottoparone” (da una scheda diGabriele Cavezzi).Barchèt e Paranza, gemelle in un Adriatico di lavoro e di sacrifici, di lotteper la vita tra coraggio e paura, si incontrano a celebrare anch’esse il loromare, strada liquida, come la definiva il grande storico Fernand Braudel,che univa le fatiche ma anche le vittorie umane di città che, ieri come oggi,lo affrontano con la consapevolezza che non sarà mai veramente domato,dalla vela al motore, dalla memoria conservata al futuro già iniziato.

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Album fotografico

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