Periodico di animazione missionaria degli Amici del S. Anna - … · 2020. 6. 17. · Strada...

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Periodico di animazione missionaria degli Amici del S. Anna - Anno XXVII - N. 68-69 - Aprile 2020 Quadrimestrale - Poste Italiane S.p.A. Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 2 DCB - Roma non c'è rete che tenga, un bimbo sa sognare... e sorride alla vita anche se niente ha.

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  • Periodico di animazione missionaria degli Amici del S. Anna - Anno XXVII - N. 68-69 - Aprile 2020Quadrim

    estrale - Poste Italiane S.p.A

    . Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comm

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    non c'è rete che tenga,un bimbo sa sognare... e sorride alla vitaanche se niente ha.

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    Edito

    riale 2. Sono mandato a portare il lieto

    annuncio ai poveri (Lc. 4,18)“Posso dire che le gioie più belle e

    spontanee che ho visto nel corso della miavita sono quelle di persone molto povere

    che hanno poco a cui aggrapparsi... Ricordo(anche) la gioia genuina di coloro che inmezzo a grandi impegni professionalihanno saputo conservare un cuore

    credente, generoso e semplice”. (EG7)

    Strada facendo troveraianche tu un gancio in mezzo al cieloe sentirai la strada far battere il tuo cuorevedrai più amore, vedrai...

    1981: l’anno di “Strada facendo” di ClaudioBaglioni e di “Più su” di Renato Zero. Canzoniche hanno fatto un’epoca e che non solo ab-biamo canticchiato e urlato, ma che hanno an-che ispirato, orientato i nostri desideri e le nostreturbolenze adolescenziali.

    Facevo semplicemente la seconda media,ma mi sentivo già grande... Balenava nel miocuore e nella mia mente, pur in mezzo a tante

    contraddizioni, il desiderio e il sogno di un qual-cosa di più: essere missionaria, cioè avere il cuo-re spalancato a tutti, portare al mondo intero –o almeno in qualche angolo di mondo – l’espe-rienza di un Padre che ama sempre, di un Dioche ama tutti... che si è dato a noi perché tuttipossano trovare un gancio in mezzo al cielo...perché ognuno secondo la sua strada possa an-dare più su, per continuare a credere nella spe-ranza, in quel fiore che sboccia malgrado nes-suno lo annaffierà... per vivere e vedere piùamore... In questo, ancora dodicenne, vedevoil mio presente e il mio futuro...

    Sogni da adolescente, qualcuno potrebbedire... e poi a 20 anni il coraggio – tutta Graziaricevuta – di partire per l’avventura della vitaconsacrata, nel riconoscimento di un grandedono ricevuto e di un dono da fare.

    “Strada facendo”, nei primi anni di forma-zione e di vita religiosa, sembrava in qualchemomento che quelli adolescenziali fossero sem-plicemente sogni irrealizzabili. Ma poi, nell’of-ferta quotidiana della vita, nell’obbedienza sem-plice e rinnovata, ho sperimentato, ogni giornodi più, che Lui è fedele alle Sue Promesse e do-na davvero cento volte tanto a chi ha lasciatocasa o fratelli o sorelle o madre o padre per Lui.

    Dopo essere stata sempre a Roma ed essere

    Madre Francesca Sarcià SSA

    STRADA FACENDO…

  • N. 68-69 - Aprile 20203

    passata dall’insegnamento all’Archivio e alla Se-greteria generale, mi sono ritrovata nel 2014 adessere missionaria a 360 gradi, perché impen-sabilmente diventata Madre dell’intera Congre-gazione. Un servizio troppo grande... Una mis-sione che solo Lui, l’unico Sapientissimo Supe-riore, voleva svolgere, servendosi anche di me.E, in missione con Lui, mi sono ritrovata a per-corre le strade della Congregazione, in quattrocontinenti.

    I miei piedi hanno toccato il suolo di ogniComunità. Ho potuto abbracciare e conoscereogni Sorella, percepire dal vivo la bellezze e lesfide della nostra missione nelle varie forme incui essa si attua.

    In ogni viaggio sono partita come povera.Avevo davvero poco a cui aggrapparmi, ma c’e-ra sempre la Grazia di Dio che mi precedeva edaccompagnava ad ogni passo, insieme al desi-derio di incontrare la “carne”, la realtà viva diogni missione, al di là del semplice sentito dire.

    Ho avuto modo di ascoltare in italiano, in-glese, spagnolo e portoghese le esperienze piùdiverse delle mie Sorelle. Sorelle giovani, pienedi entusiasmo ed anche di paure, con il deside-rio di donare capacità ed ener-gie per i più poveri e con la di-sponibilità ad andare ovunque;Sorelle di mezza età, consape-voli delle esigenze e delle sfidedella missione nei vari campi;Sorelle coscienti dei propri li-miti e fatiche, ma forti dellachiamata e fedeltà di Dio inogni luogo e circostanza; Sorel-le anziane, con 50, 60, 70 annidi vita religiosa alle spalle e conun itinerario di missione che talvolta le ha por-tate dal Sud al Nord dell’immenso subcontinen-te indiano, o da una parte all’altra del mondo,imparando lingue nuove, usi e costumi diversi,adattandosi a climi, cibi e situazioni di vita dif-ferenti; Sorelle che hanno speso e spendono laloro vita insegnando, educando, formando, cu-rando o anche semplicemente lavando e cuci-nando. Tutto per la forza e la gioia di vivere eannunciare la buona novella del Regno, laddoveil Signore le ha poste.

    Quello che è il nostro carisma di fondazione,l’ho visto vivo e vitale, a quasi 200 anni di di-stanza, nelle latitudini e altitudine più disparate,incarnato nei diversi “ecosistemi” culturali, ep-pure sempre il medesimo, con la stessa forzacreativa. E mi sono sentita testimone indegna diquest’opera meravigliosa che è solo di Dio. An-ch’io, come Papa Francesco, posso dire che legioie più belle e spontanee che ho visto nelmio peregrinare sono quelle di persone moltopovere che hanno poco a cui aggrapparsi. Por-to impressi nella mente e nel cuore gli occhio-ni neri bellissimi di bambine e bambini indianidelle nostre scuole, di orfanotrofi ed educan-dati, bambini o ragazzi che s’inchinano e che,a mani giunte, ti chiedono “Bless me!” “Be-nedicimi”. Non importa se Indù, Musulmanio Cristiani, essi vedono in te, persona consa-crata, la presenza divina, sanno che Dio è laloro unica ricchezza e desiderano questa Pre-senza, la cercano, la chiedono.

    E i bimbi e ragazzi delle nostre scuole “spe-ciali”, soprattutto a Karunanjali e a Pet bashee-rabad, loro che – perché differentemente abili –sarebbero stati disprezzati e abbandonati, ritro-

    vano attraverso l’attenzione ele cure delle Suore, il sensodella propria dignità umana,cioè la presenza di Dio in loro,la presenza di quell’immaginedivina che né l’handicap né ildisprezzo riesce a cancellare.

    Dall’India la mia mente vo-la in Perù, nella Casa Hogar diCañete: rivedo lo sguardo, isorrisi, risento le voci delle“nostre” bambine. Bimbe sen-

    za casa, senza famiglia che da noi hanno trovatoil loro tutto, il focolare accogliente ed anche esi-gente che rende possibile la loro crescita inte-grale. Le ho incontrate nel 2015 e le Sorelle nonmancano di condividere fino ad ora il loro cam-mino, i loro progressi, chiamandomi in momentiparticolari della loro vita, facendomi ascoltarele loro voci, mandandomi le loro foto. E si vedecome crescono... Portano certamente nel cuoredei vuoti enormi che nessuno potrà mai colma-re. Hanno vissuto l’esperienza del rifiuto, del-

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    l’abbandono, ma possono contare anche sull’e-sperienza del sentirsi accolte ed amate da noie, attraverso di noi, da Colui che mai le ha ab-bandonate e mai le abbandonerà. È questa l’e-sperienza che porteranno nel loro cuore per tut-ta la vita e che già oggi è la fonte del loro sorriso.

    E mi ritornano in mente altri sorrisi: quellidei ragazzi e degli operatori del Solipar a Ta-marana in Brasile, dove portiamo avanti uncentro educativo diurno per bambini e ragazziche non hanno altri aiuti e luoghi di crescita eche imparano a costruire pian piano il propriofuturo. E sempre lì c’è il Progetto “Gente Pe-quena” per le mamme in attesa (spesso ragaz-ze-madri) che, per varie difficoltà, sarebberotentate di rinunciare alla vita... Vengono aiu-tate ad accoglierla, ad attenderla... ricevonoconsulenza dal punto di vista spirituale, psi-cologico e sanitario. E il sorriso comincia a ger-mogliare anche nelle loro labbra, sorriso checontagerà la creatura in arrivo.

    E poi nelle Filippine, a Quezon City 11th

    Street, nell’hinterland della Capitale, baracco-poli costruite in altezza, con una baracca sull’al-tra, come palafitte che vanno a piantarsi sullefogne. Non si può immaginarela povertà di quei luoghi an-gusti. Ma non si può immagi-nare neppure la dignità diquelle persone. Sì, come hodetto, baracche costruite sullefogne... eppure dentro para-dossalmente pulite: i panni la-vati, la cucina sistemata, pur setutto è in unica stanza (se stan-za si può chiamare). In quel pe-riodo che si avvicinava all’Av-vento, non mancavano neppu-re le decorazioni del Natale. Baracche piccolis-sime, precarie, soggette ad essere spazzate viada un tifone, eppure erano casa, rese casa dallefamiglie che le avevano costruite e che in essevivevano. Persone accoglienti, sorridenti, grate.Più dei loro dirimpettai, inquilini o proprietaridi appartamenti in altissimi grattacieli e frequen-tatori assidui di colossali e illuminatissimi centricommerciali. Invece i bambini di 11th Street liho visti giocare anche solo col fango ed essere

    felici con poco. Famiglie unite, pur nella faticadi dover guadagnare ogni giorno il tanto che ba-sta per quella giornata. Fiducia pura nella Prov-videnza e pace del cuore, pur tra indicibili dif-ficoltà. Questa la loro ricchezza...

    E passo in Cameroun, dove sono andata inpiena crisi sociopolitica, crisi purtroppo ancoranon risolta: villaggi abbandonati, strade di colle-gamento distrutte o sbarrate da tronchi d’albero.Collegamenti intermittenti. E tanti profughi chedalle campagne e dai villaggi, in cui la vita è di-ventata difficile e rischiosa, vanno nelle città, inparticolare quelle dell’area francofona. In questasituazione – che è una quasi, se non vera e pro-pria, guerra civile di cui i nostri telegiornali non

    parlano – la gente non manca di vi-vere la propria fede, con la forza, lagioia, il canto, la danza, i colori, l’in-crollabile speranza che contraddi-stingue questo popolo. Ed è statobello sapere che lo scorso 26 otto-bre, per noi festa della Provviden-za, nonostante i pericoli e disordinidi Bamenda, a Bayelle un gruppodi laici ha fatto la sua promessa nelnostro gruppo LASA, dove essicontinuano, in collegamento con

    gli altri laici, a camminare sulla via della spiri-tualità e operosità dei nostri Fondatori, facendosiessi stessi strumenti di Provvidenza per i loro con-nazionali più sfortunati.

    Nella nostra Scuola di Bafoussam, scuola bi-lingue, che favorisce l’integrazione dei gruppifrancofoni e anglofoni, i ragazzi non hanno pau-ra di rappresentare, proclamare e vivere i valoridell’integrazione e della pace e di offrire ancheal mondo degli adulti la testimonianza di ciò checonta e che supera ogni distinzione.

  • N. 68-69 - Aprile 20205

    Tornando in America Latina, nella nostra pic-cola presenza in Argentina, ho colto una grandesperanza, per i semi di bene che si spargono trai piccoli e i poveri, per esempio a Formosanell’“Hostería del Niño Jesús”, dove i bambinipoveri imparano a crescere non solo nella sferaintellettuale, ma soprattutto in quella umana ecristiana. Sono stata colpita dal vedere con qua-le sicurezza e gioia questi bambini pregano eloro stessi guidano le preghiere del mattino. Poisi aiutano l’uno con l’altro nelle varie attività edanche nel fare i compiti con l’assistenza delleoperatrici. Inoltre, le Sorelle lavorano molto nel-la pastorale parrocchiale e diocesana, con i bim-bi e i giovani della catechesi, e soprattutto tra lefamiglie e i laici.

    Dal Sud a Nord dell’America, atterrando ne-gli States, si vede nelle nostre piccole comunitàe nell’azione pastorale ed educativa delle So-relle, la dedizione per i ricchi e i poveri, tutti bi-sognosi della presenza di Dio. Il nostro aposto-lato spazia delle scuole diocesane o parrocchiali,in cui occorre insegnare secondo lo standard ri-chiesto, al lavoro di catechesi e pastorale con ibambini e giovani, e al lavoro caritativo in varicentri come la Caritas, la S. Vincenzo de’ Paoli

    e Dorothy Day, cen-tri dove la carità èpraticata in modogeneroso, organizza-to, oculato e rispet-toso di ogni persona.Oasi di paradiso,dove ogni discrimi-nazione è superata,perché l’altro – chiè più sfortunato ebisognoso – sia più

    felice ed abbia i mezzi per condurre una vita dignitosa e sicura.

    E che dire del Messico? La crisi economica,la corruzione, il narcotraffico, l’attrazione statu-nitense sembrano voler togliere speranza e forzaad un popolo che è – direi per essenza –q “gua-dalupano” (cioè mariano). Eppure, nonostantele difficoltà sopraelencate, la gente semplicenon smette di lottare con la fede e per la fede.La scorsa estate ho potuto percorrere le strade

    polverose di un quartiere di Nogales (alla fron-tiera con gli Stati Uniti), in cui viviamo e svol-giamo la missione: una periferia dove passanogli emigranti, dove stanno i narcotrafficanti, do-ve si rifugiano i ricercati, dove sono nascosti an-che coloro che vengono rapiti... Strada facendo,ti viene anche paura, sai di essere osservata econtrollata da qualcuno, sembra che debbaguardarti continuamente le spalle... Eppure an-che lì ci sono famiglie e giovani desiderosi diDio, che vogliono resistere alla potenza del ma-le, ma hanno bisogno di formazione, conforto,aiuto. Le nostre Sorelle portano l’annuncio delvangelo e confermano la presenza di Maria che,come Madre, non abbandona il suo popolo.

    E ritorniamo al vecchio continente, qui inItalia, da dove il carisma è partito e dove ha por-tato innumerevoli frutti e continua a germogliareanche oggi in forme diverse, nonostante la ca-renza di vocazioni e la necessaria chiusura divarie opere. La risorsa più preziosa sono le So-relle anziane, che con la loro dedizione operosafino alla fine e con il dono della loro preghierae offerta, rinnovano le energie dell’intera Fami-glia; e poi le Sorelle missionarie provenienti daaltre parti del mondo che, insieme alle italiane,in una cammino di scambio e condivisione, sispendono per annunciare il Regno di Dio tra ipiccoli e i poveri di questa società; piccoli e po-veri che il più delle volte non sanno di esserlo,ma che in fondo al cuore cercano anch’essi lavera ricchezza.

    Questo, in breve,a volo d’uccello, ilracconto del miopercorso missiona-rio, scritto semplice-mente per voler te-stimoniare la poten-za della Grazia diDio, il sostegno del-la Sua Presenza, l’u-nica a cui aggrap-parsi... la sola chepuò dare in questo mondo – spesso alla ricercadi felicità surrogate – quella felicità limpida,quella pace solida, quella letizia semplice, chenessuno potrà mai rubare.

  • N. 68-69 - Aprile 20206

    «Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria» (Es 10,2).La vita si fa storia. Desidero dedicare il Messaggio di quest’anno [per

    la giornata delle comunicazioni sociali] al tema della narrazione, perchécredo che per non smarrirci abbiamo bisogno di respirare la verità dellestorie buone: storie che edifichino; storie che aiutino a ritrovare le radicie la forza per andare avanti insieme. Nella confusione delle voci e dei

    messaggi che ci circondano, abbiamo bisogno di una narrazione umana, che ciparli di noi e del bello che ci abita. Una narrazione che sappia guardare il mondo egli eventi con tenerezza; che racconti il nostro essere parte di un tessuto vivo; cheriveli l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri. (Papa Francesco)

    Storia di Buona Nottedi Sabrina Barba – disegni di Viola Giordano

    Le storie della buonanotte mi sono semprepiaciute. Mi piaceva quando me le racconta-vano e mi è piaciuto raccontarle ai miei figli.Le storie della buonanotte sanno di buono;devono conciliare il sonno ma non un sonnoqualsiasi: un sonno che sa di buono. Devonocontenere una sorta di luce che illumini quan-to di positivo ci sia stato nella nostra giornata.Devono regalarci un sorriso che ci accompa-gni sotto le coperte. Amo inventare le storiedella buonanotte e oggi voglio raccontarveneuna davvero speciale.

    C’era una volta, in una grande casa di unagrandissima città, un signore distinto. Se provia-

    mo a zumare sulla sua casa, tro-viamo piscine, campi da tennis,tappeti preziosi e oggetti bellissimi.Venite con me, entriamo in cuci-na. Sentite che profumo? Grandiprelibatezze su quei fornelli; cesticolmi di frutta dolcissima; scaffalipieni di spezie e condimenti daogni parte del mondo. Avrei vogliadi aprire il frigorifero per illustrar-vene le meraviglie ma la nostra

    storia (siete con me, vero? Quindi non è mia, ènostra) parte, o arriva, dal tavolo che si trovaproprio al centro di quella cucina. Un tavoloperfetto, con le gambe di ferro battuto e il ripia-no di ceramica amalfitana. Se ci mettiamo tuttilì intorno, possiamo quasi vedere la famiglia del

    proprietario di casa intorno a quel tavolo. Attentia non toccarlo, però, potremmo sporcarlo oromperlo. Se però guardiamo meglio, tra tutti idisegni che le piastrelle formano, c’è una pic-cola, piccolissima imperfezione. Una piastrellanon è lucida e non è neanche di ceramica. In-filata di sghembo tra due pezzi d’arte, c’è unamonetina piccolissima. State attenti altrimentinon riuscite a vederla. Ecco. Ci sia-mo. Guardiamo la moneta con at-tenzione e PUFF. La casa non c’èpiù. Non c’è più quel signore di-stinto. Sono spariti anche i campida tennis e la piscina. Dove ci tro-viamo?

    Il posto esatto non lo conoscoma vedo un bambino che gioca inuna pozzanghera. Non è un bimbopaffuto ma molto magro; vestitocon abiti che non sono stati com-prati per lui. Proviamo a seguirlo. Ilbambino va verso un mercato. Tanti banchi difrutta e verdura, tante voci, tante persone. Si in-fila sotto un carretto che vende insalata. “Buonae dolce”, dice un cartello. Il bambino recuperaquella che è per terra e inizia a mangiarla dopoaverla strofinata sui pantaloni. A giudicare dallasua faccia, possiamo capire due cose: la primaè che davvero quell’insalata è buona e dolce, laseconda è che quel bambino aveva davvero fa-me. “Ma è una storia triste?” Forse sì. Ma aspet-

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    tiamo di vedere cosa succede. Sentite il rumoredi un motore? Chi sta arrivando? È una bellamacchina. E scende una signora. Elegante, benpettinata, molto seria. Il bambino la guarda av-vicinarsi e cerca di nascondersi ma la signora lovede. Si china verso di lui e lo chiama. Cosa faràil bambino? Siete ancora svegli? Ilpiccolo esce dal suo nascondiglio econ le mani quasi giunte, chiede allasignora di dargli qualche soldino. Labella signora lo guarda, gli sorride egli regala ben 3 monete. Sono grandie sono lucenti. WoW, direte voi. Mamica la storia è finita.

    Cosa farà il bambino con le monete? Com-prerà del cibo? Comprerà dei giochi? Le nascon-derà per farne il suo tesoro? Niente di tutto que-sto. Il bambino, prese le monete, corre veloceverso la Chiesa. Chiama il prete e gli dice cheha tre monete. “Come il prete?” “Ma che c’en-tra il prete?” Beh, in ogni paese che si rispettic’è una chiesa e un prete che la governa conamore. Continuiamo? Ok. Il prete non sa cosadire al bambino; potrebbe consigliargli di darleai poveri ma sa che anche il piccolo è povero.

    Potrebbe consigliarglidi comprarci del cibo,ma sa che, nella suadispensa, qualcosa dadonargli ce l’ha. Allo-ra ha un’idea... Diceal bambino di seguireil suo cuore, insom-ma... di usare le mo-nete come megliocrede. Il bambino loringrazia, corre fuoridalla signora e le re-

    stituisce due monete. “Perché solo due?” Per-ché, dice il bambino, a lui ne basta una percomprare qualcosa alla sua mamma. Ha man-giato il pane che gli ha dato il prete e, in quelpaese, non fa freddo e i vestiti nuovi sono sco-modi. Prega la signora di dare quelle due mo-nete ai poveri che incontrerà dopo di lui.

    “Che storia assurda”. “Ma finisce così?” “E lacasa?” “E il frigo pieno”? Un attimo. Volete giàdormire... venite con me. Vediamo quel bam-

    bino cosa fa. Guardatelo... sta andando a scuo-la. Quanti dieci sui suoi quaderni. Com’è cre-sciuto! E ora? Che bello! Lavora in un piccolonegozio di frutta e verdura. Cosa fa? Ruba dallecassette? No, mette da parte qualcosa per unbambino che passa tutte le sere a prendere gli

    avanzi. Solo che non riceveavanzi. Il nostro bimbo, ormaiuomo, gli mette da parte le fruttae la verdura migliori. Sa che quelbambino, per crescere, avrà bi-sogno di vitamine. “Che schifo laverdura” “ma adesso che sta fa-cendo?” Adesso è proprio gran-

    de e ha comprato quel negozio. E poi ne hacomprato altri. Guarda che bei vestiti che indos-sa. Eccolo... sta tornando a casa. La sua bellissi-ma casa. Sarà stanco, ora andrà a dormire. “Siaddormenta?” Eh no. Guardate bene. Si è toltola cravatta, ha posato il cellulare e sta uscendodi nuovo. “Ma dove va?” Ha la macchina caricadi tante buone cose e ogni sera, dopo aver chiu-so i suoi negozi, fa il giro della città e aiuta chiha più bisogno. “Ma che ci ha fatto con la mo-netina che non ha dato alla signora?” La mone-tina. Quella è nel tavolo della sua bella cucina,dove siede tutte le sere con la sua bella famiglia.La monetina è lì a ricordargli chi è stato. È li aricordargli che, di tutto il tempo che abbiamo,quello dedicato agli altri è il tempo più impor-tante. Non importa chi sei, o quanto importantetu sia agli occhi del mondo. In ogni paese ci saràsempre una chiesa, un prete e una signora chepossono aiutarti a crescere.

    “Che strana storia” “hai proprio una bellafantasia”. Vi stupireste nel sapere quanto larealtà e le storie vere possano superare di granlunga la più fervida fantasia.

    Questa è una storia vera. Romanzata quantobasta. Quel bambino è venuto a mancare unmese fa all’età di 96 anni.

    Chi ama i bimbi non invecchia eSabrina mi perdonerà se vogliometterci la faccia di come laricordo io, quando era miaallieva...grazie Sabri!

    sr. Irma

  • N. 68-69 - Aprile 20208

    UN PRETE DI FRONTIERAIntervista a un sacerdote “singolare”, don Carmelo La Rosa,

    la cui illuminante esperienza, a contatto con la povertà e con i più umili, racconta il suo Incontro con la fede.

    Tiberio Maurici e Sora Esposito

    Negli scritti e negli interventi del S. Pa-dre ricorre spesso l’affermazione che“adulta e matura è una fede profondamen-te radicata nell’amicizia con Cristo”. Quan-do è avvenuto il suo incontro con la per-sona di Gesù? È legato all’ascolto di un par-ticolare passo del Vangelo, che forse anco-ra oggi costituisce il filo conduttore dellasua vita spirituale?

    Ogni vissuto, ogni servizio, ogni espe rienzapastorale, per un sacerdote è sempre un gran-de incontro con Cristo e lascia tracce indele-bili. Ho vissuto però tre grandi epifanie del Si-gnore Gesù, tre esperienze che mi hanno se -gnato più profondamente. Sono sempre statoun prete di fron tiera e ho vissuto esperienzesingo lari.1 II servizio alla Caritas come Diret tore.

    uno spendersi del tutto nel ser vizio di ca-rità: nel povero si incontra Gesù.

    2 La Missione in Albania, come an nunciodiretto di Gesù. La più grande esperienzadi Gesù Cristo, il momento più alto dellamia vita. L’esperienza irripetibile del pri-mo annuncio, dopo il lunghissimo silen-zio del comunismo. Per dare Cristo deviscavare dentro di te. Devi averlo dentro.Svuotandoti, dandolo agli altri, te ne ri-trovi ripieno fino all’orlo. I poveri ti dannoGesù.

    3 II ministero di esorcista che ho eserci-tato per sei anni, attraverso il quale hopro clamato e sperimentato la potenza ela forza di Gesù Cristo.

    Tutto questo conferma quanto affer mato daS. Francesco: “È dando che si riceve”.La povertà di fede dei nostri cristiani e dellenostre comunità è legata all’’assenza del

    sentire, del bisogno e delvissuto missio-nario, senza ilquale le nostrecomunità siimpoverisco-no, tra -sformandosi in“società dimutuo soc -corso”.

    Come direttore della Caritas, prima, ecome missionario fidei donum in Albania,dopo, lei ha svolto una at tività molto in-tenso soprattutto a favore dei poveri. Co-me ha saputo conciliarla con il tempo dellapre ghiera? Quale consiglio vorrebbe darea coloro che durante il giorno sono oberatida impegni familiari e lavo rativi e non rie-scono a coltivare la loro relazione di ami-cizia con il Si gnore? Come raggiungereuno matu rità nella fede?

    La povertà è un incontro drammatico etraumatico: ti sbatte in faccia al Cri sto nellapreghiera. I poveri ce li tro viamo nella scuola,dall’altra parte dello sportello, in ogni realtàumana. Non è indispensabile andarli a cer-care. La vera carità ti pone in ginocchio. Tidà il senso del tuo nulla e dell’immensità delbisogno. Senza la preghiera non si resistereb-be a lungo, a contatto con le piaghe della so-cietà, senza fare fiasco e forse senza perderela fede e la pace. La vera preghiera ti immer-ge nelle fe rite dell’umanità, come le ferite delCristo. Altrimenti è roba da bigotti che usanola preghiera come alibi per la fuga dalle re-

  • N. 68-69 - Aprile 20209

    sponsabilità. Tutto è preghiera per il cristiano.Ovunque, è alla presenza di Dio e serve ilSignore. Tutto accetta e offre al Si gnore. Sem-pre si affida al Signore e si pone nelle Suemani. Senza tanta preghiera e tanto abban -dono in Dio noi togliamo il lavoro agli assi-stenti sociali. Certamente non ope riamo “spi-ritualmente” ma forse solo in maniera “car-nale” ed è difficile ve dere in profonditàfino a scorgere nell’altro i lineamenti diCristo.

    È un alibi affermare che non si hatempo per la preghiera quando si èprofondamente affamati di Dio.

    Gli anni trascorsi come missiona-rio in Albania, un Paese che per moltianni è stato sotto il regime comuni -sta e dove coesistono cristiani cat -tolici e ortodossi e musulmani, han-no certamente influito sul suo per-corso di fede. Vuole dirci

    brevemente come oggi rileggequesta sua esperienza?

    Nell’incontro con l’altro e con il di versoho approfondito la conoscenza, la stima el’amore alla nostra religione. Ho imparatoche la fede ha bisogno del confronto, sia perscoprire i nostri lati positivi che emergono so-lo nel contatto con le altre religioni, sia le no-stre pecche, i nostri arrangiamenti e adulte-razioni colpevoli.

    Ho scoperto anche che non avendo ilcontatto e il confronto con l’esterno, non col-tiviamo il santo orgoglio della nostra identitàe appartenenza. Tutto questo è causa digrandi disastri. A volte non avendo la provo-cazione esterna che ti costringe a valorizzareil positivo e a coprire il negativo e non aven-do la spina nel fianco della persecuzione, cidivertiamo noi stessi a farci carnefici della no-stra stessa re ligione.

    Nella diversità, l’altro non è mai dato perscontato, è un mondo da scoprire, richiededa noi tanto rispetto, come essere singolare,unico e irripetibile.

    Al suo rientro in Italia le è stato fa cilereintegrarsi nel nostro mondo? Che cosale ha creato maggiori diffi coltà?

    Ho sofferto molto per riadattarmi, ri -ciclarmi e reintegrarmi. All’Inizio ero un pe-sce fuor d’acqua. In 12 anni della mia assen-za dall’Ita lia, si era creato un grande vuotodi fede nella pratica religiosa. Dalla Missione

    avevo individuato la causa del malessere edell’invecchia mento religioso in Italia: lamancanza dello spirito missionario di unaChiesa ripiegata su se stessa. Quando portaiun gruppo di albanesi in Italia, questi mi han-no aperto gli occhi. Con sgomento mi hannodetto: “Don Carmelo ma in Italia in chiesaci sono solo i vecchi!” Non me n’ero ancorareso conto!

    D’altra parte io – tornando in patria avevola pretesa di continuare a fare il missionario.Apriti cielo: dare Dio a chi pensa di poternefare a meno, di non averne bisogno? Ho sof-ferto molto per il rifiuto del Cristo e per unareligione stereotipata senza Dio.

    Attualmente è rettore del Santuario ma-riano di Vena. Quali nuovi orizzonti nelsuo percorso di fede le ha aperto questonuovo incarico?

    Il Santuario non è un luogo statico, unascatola vuota come molte parroc chie, speciequelle dei centri storici e dei paesi che si spo-

  • N. 68-69 - Aprile 202010

    polano. È una realtà dinamica. Le personenon sono sempre le stesse ma c’è sempretanto ricambio. Vengono per pregare, peruna esperienza religiosa più forte e si pregabene. Il Santuario è un luogo di frontiera, unascuola di incontro, di accoglienza, di fede, dipreghiera... Ti provoca a tentare nuove pro-poste e iniziative. Non c’è il rischio di abi-tuarti perché è una realtà vivace e in crescita.È anche un luogo ricchissimo di spiri tualità,della presenza del sopranna turale. Tutti losperimentano. Nel santuario non c’è rifiutoma ricerca e fame di spiritualità.

    Nei suoi scritti emergono alcuni temi:la passione per l’uomo, soprattutto per ipoveri, la gioia della fraternità e della con-divisione, la pace e la non violenza che cisembrano richia mare la figura di don To-nino Bello. Lei ha conosciuto questo gran-de ve scovo, che anche a noi è particolar -mente caro?

    Si ho conosciuto Don Tonino Bello, l’hoincontrato diverse volte, sia a Mol fetta chead Acireale e sono stati in contri che hannolasciato in me segni profondi.

    Ho letto e gustato i suoi libri e la fre -schezza e la fragranza del suo linguag gio edei suoi messaggi.

    Ho avuto l’onore di avere suo fratelloTrifone fra i benefattori e gli ospiti della Mis-sione e io sono stato più volte a casa sua adAlessano.

    Ho visitato la tomba di Don Toninoe in un momento di grande apprensio-ne, lì, accanto a quella tomba, ho tro-vato una grande pace interiore.

    In un suo libro ha presentato la fi -gura di don Ubaldo, un prete anzia-no che “nonostante l’età e gli acciac-chi ha voluto vivere l’esperienzadell’Al bania”. Nel nostro volontaria-to in contriamo persone che speri-mentano i limiti della vecchiaia e del-la ma lattia e sono ferite nello spirito.

    Vuole offrirci, per concludere questa no-stra intervista, un pensiero che ci aiuti nelnostro servizio?

    Ieri al telefono una persona anziana anco-ra immersa nel servizio della re sponsabilità miaccennava che aveva grossi problemi che sitrova ad affron tare ma subito aggiungeva: mail Si gnore mi aiuta, mi ha sempre aiutato! L’an-ziano ci offre l’esperienza della fede vissuta,adulta e matura, capace anche di affrontarele più grandi prove della vita.

    Nella sofferenza si indebolisce il corpoper crescere sempre più nello spirito. Dice-va S. Ignazio di Antiochia: “Sono frumentodi Cristo e devo essere ma cinato dai dentidelle fiere per diven tare pane puro di Cri-sto... Allora sarò veramente discepolo di Ge-sù Cristo, quando il mondo non vedrà più ilmio corpo”.

    E S. Giovanni Battista ci sprona: “bi sognache Lui cresca ed io diminui sca”. Quanto sa-rebbe bello concludere la vita con la consi-derazione che Cristo è cresciuto in noi nellamisura pro porzionale della diminuzione delno stro “io”.

    Se tutto il dolore e la sofferenza in -dossassero l’abito missionario, tanto male neresterebbe sconfitto, sia quello che è in noie ci corrode con la debolezza, che quelloesterno a noi, del peccato del mondo.

    Tutto deve essere missionario nel cri -stiano, anche la sofferenza e la morte, anchel’ultimo respiro, come un atto di amore a Ge-sù e al mondo.

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  • N. 68-69 - Aprile 202011

    RICREDERSISimona Melchiorre e Suor Noris Calzavara (Istituto Suore Rosarie di Udine)

    Non c’è nessuno così ricco che non abbia bisogno di ricevere, nessuno cosìpovero che non abbia qualcosa da dare. (Don Oreste Benzi)

    Anche i poveri hanno di che aiutarsi gli uni gli altri: uno può prestare le suegambe allo zoppo, l’altro gli occhi al cieco per guidarlo;

    un altro ancora può visitare i malati. (Sant’Agostino)

    Soprattutto il Vangelo mi occupa durante l’orazione: in esso trovo tutto il necessario per la mia povera anima.Scopro sempre in esso luci nuove, significati nascosti e

    misteriosi. (Santa Teresa di Gesù Bambino)

    La vita consacrata, la vita religiosa puòsembrare una via privilegiata e più direttaper accedere all’esperienza cristiana della“missione”. A lungo è stata percepita, con-siderata e trasmessa come la via esclusiva.Una via spesso intesa e costruita a sensounico: un andare ad gentes, in terre lonta-ne e straniere; un portare Cristo, il SuoVangelo e la Sua Parola laddove non c’e-rano ancora; un cambiare – non di radoconiugato sulla falsariga del verbo conqui-

    stare – forsetroppo spessotestimoniato,verificato emisurato, cre-duto riferibilesolo ai missio-narizzati.

    Uno stiledi lettura cheha trascuratoun po’ di rac-contare piùda vicino lamissione e il

    cambiamento che potevano essere avve-nuti nel missionario stesso.

    Da quei tempi, oggi possiamo dire e te-stimoniare che l’approccio al discorso sullamissione è cambiato profondamente. Nonsi è trattato di dare impostazioni comple-tamente nuove e straordinariamente rivo-luzionarie. Si è trattato invece, di trovare eavere il coraggio di recuperare le ragioniprimigenie e fondanti del cammino mis-sionario, cercandole, ormai coperte da so-vrastrutture e patine, laddove sono sem-pre state: nel Vangelo di Cristo.

    Questo recupero ha significato apriredichiaratamente la missione anche ai cri-stiani laici, attraverso un percorso di co-scienza e presa in carico che è emanatoanche da contestuali profondi cambia-menti avvenuti nel mondo e nella società,da un confronto coi quali la Dottrina so-ciale della Chiesa in particolare non hapotuto sottrarsi.

    Già nella Terza conferenza generaledell’episcopato latinoamericano a Pueblanel 1979 si sottolineava che “essere mis-sionario e apostolo delle nazioni è condi-zione del cristiano”.

    Oggi sono molti i modi per chiunque,in particolare per i laici, di “partire, andaree benefare”, anche a prescindere da Cri-

  • N. 68-69 - Aprile 202012

    sto. Ma un missionario “cristiano”, consa-crato o laico che sia, deve portare con séun segno in più, un distinguo lampante,come un evento di luce. Cosa potrà esseremai questo segno? E come potrà esserecredibile per uomini che si affacciano alfuturo dopo 2020 anni di Storia e di storie,contesi tra il disincanto e il bisogno innatodi stupore?

    Forse la capacità e l’umiltà diricredersi...

    Perché spesso si è creduto ecapita ancora di credere di doverpartire, di dover andare, di doverfare, di poter aiutare, di poterportare ... Perché i poveri sonogli altri e di solito vivono lontani...

    Ma Papa Francesco rivolto aipartecipanti alla plenaria dellaCongregazione per l’evangelizza-zione dei popoli, ha segnalato lanecessità di una precisa consape-volezza dicendo: “Non è la Chie-sa che fa la Missione, ma è la missione chefa la Chiesa”.

    Nella nostra esperienza di Suore Rosa-rie di Udine, “La Missione”, quella princi-pale e ancora pienamente attiva, è nataproprio con quell’entusiasmo pieno diaspettative prevenute e incoscienti che cihanno spinto tra i poveri più lontani. Mae-stre di dottrina cristiana e educatrici, ric-che di una piccola ma intensa storia dimissione seppure rimasta fino ad allora –poco più di 250 anni – confinata allaChiesa locale, nel 1976 siamo partite daUdine per andare oltreoceano, in Bolivia.

    Collaborando con i Padri Salesiani, tal-volta incalzati e infilzati dalle frecce indi-gene, felici e “presuntuose” di servire Cri-sto in mezzo alla foresta, dormendo sottotetti di pipistrelli, addirittura abbiamo cre-duto di dissetarLo goccia a goccia con lesiringhe per i bambini denutriti; abbiamocreduto di sfamarLo con colazioni di Pane

    e Latte; abbiamo creduto di insegnarGli aleggere e scrivere accogliendoLo nel no-stro doposcuola e di farLo studiare fino apotersi laureare. Abbiamo creduto di dar-Gli perfino una Mamma e un Papà, per-ché i suoi non potevano o non Lo voleva-no; abbiamo creduto di fornirGli attraver-so la nostra Famiglia nuovi operai e ope-raie per la Sua Messe ...

    Presuntuose ... ingenue ... testarde ... eincoscienti, o meglio, inconsapevoli, perchémentre ci affannavamo a cercare Gesù neipoveri, con grande lentezza di cuore ci sia-mo accorte che attraverso quei poveri è sta-to Gesù, invece, a stanare noi; abbiamo ca-pito che proprio quei poveri ci hanno tiratofuori – e continuano a tirarci fuori – dalcuore la verità del nostro essere di Cristo.

    Perché i poveri, poveri di pane o poveridi esperienza, di ascolto, di consigli, diamore, che siano di Bolivia, o italiani vicinidi casa, o parenti, o che arrivino da chissàdove a bussare sotto le nostre porte, comequasi una trentina di anni fa ci aveva giàannunciato l’Arcivescovo di Udine AlfredoBattisti, sono loro il segno, quel distinguolampante come un evento di luce che il-lumina, trasfigura e rievangelizza la vita eil cammino di un cristiano che si credemissionario.

  • N. 68-69 - Aprile 202013

    Lo Spirito del Signore è sopra di me per que-sto mi ha consacrato e mi ha inviato a portare aipoveri il lieto annunzio, ad annunziare ai prigio-

    nieri la liberazione eil dono della vista aiciechi; per liberarecoloro che sono op-pressi e inaugurarel’anno di grazia delSignore.

    Questo è il mes-saggio che Luca, ci fasentire dalle labbra

    stesse di Gesù, e ci ha fatto capire che “La speranzadei poveri non sarà mai delusa”. Gesù legge le pa-role del profeta Isaia e le applica a sé stesso. Essesono vive anche oggi e manifestano una incredibileattualità. Esprimono una verità profonda che la fe-de riesce a imprimere soprattutto nel cuore dei piùpoveri: restituisce la speranza perduta dinanzi alleingiustizie, sofferenze e precarietà della vita. Comepuò Dio tollerare questa disparità? Perché consenteche chi opprime abbia vita felice mentre il suocomportamento andrebbe condannato proprio di-nanzi alla sofferenza del povero?

    Anche oggi, la crisi economica non ha im-pedito un arricchimento che spesso appare tan-to più anomalo quanto più nelle strade dellenostre città tocchiamo con mano l’ingente nu-mero di coloro a cui manca il necessario e chea volte sono vessati e sfruttati. Passano i secolima la condizione di ricchi e poveri permaneimmutata, come se l’esperienza della storia noninsegnasse nulla. Incontriamo ogni giorno fami-glie costrette a lasciare la loro terra per cercareforme di sussistenza altrove; orfani che hannoperso i genitori; giovani alla ricerca di una rea-lizzazione professionale; vittime di tante formedi violenza; milioni di immigrati vittime di tantiinteressi nascosti.

    E i poveri vengono trattati da rifiuti perché la

    maggior parte delle volte sono percepiti come mi-nacciosi o incapaci, solo perché poveri.

    Là dove dovrebbe registrarsi almeno la giustizia,spesso si infierisce sui poveri con la violenza del so-pruso. Loro non hanno sicurezza sul lavoro né con-dizioni umane che, permettano di sentirsi ugualiagli altri.

    I poveri, nelle nostre città, diventano come tra-sparenti e la loro voce non ha più forza nella so-cietà. Ma il povero è colui che “confida nel Signo-re”, perché ha la certezza di non essere abbando-nato da Lui, e ciò ridà sempre vita alla speranza.Egli non potrà mai trovare Dio indifferente o silen-zioso dinanzi alla sua preghiera.

    Il giorno del Signore, l’oggi di Dio che ritornaogni giorno, come descritto dai profeti, distruggeràle barriere create tra i Paesi e sostituirà l’arroganzadi pochi con la solidarietà di tanti.

    Gesù non ha avuto timore di identificarsi conciascun indigente: “Tutto quello che avete fatto auno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avetefatto a me”.

    Il Dio che Gesù ha voluto rivelare è questo: un

    Padre generoso, misericordioso, inesauribile nellasua bontà e grazia, che dona speranza soprattuttoa quanti sono delusi e privi di futuro.

    Ma intanto, i poveri sono sempre più poveri, e

    “La speranza dei poveri non sarà mai delusa”elaborato di Arianna Musso - 2 media B - Istituto Sant’Anna di Torino

    sul testo di papa Francesco per la giornata dei poveri 2019

  • N. 68-69 - Aprile 202014

    oggi lo sono ancora di più. Eppure Gesù, che hainaugurato il suo Regno vuole dirci: Lui ha inaugu-rato, ma ha affidato a noi, suoi discepoli, il compitodi portarlo avanti, con la responsabilità di dare spe-ranza ai poveri.

    La Chiesa scopre di essere un popolo che, hala vocazione di non far sentire nessuno straniero oescluso, perché tutti coinvolge in un comune cam-mino di salvezza.

    L’amore che riceve vita dalla fede in Gesù, è spes-so l’unica bellezza di cui i poveri possono godere.

    Il grido dei poveri, stato ascoltato, ha prodottouna speranza incrollabile, creando segni visibili diun amore concreto che fino ad oggi possiamo toc-care con mano. L’opzione per gli ultimi, è una scel-ta che i discepoli di Cristo sono chiamati a perse-guire per non tradire la loro vocazione e non to-gliere credibilità alla Chiesa. Ciò dona speranza fat-tiva a tanti indifesi.

    L’impegno dei cristiani, nella vita di ogni giorno,non consiste solo in iniziative occasionali di assi-stenza, mira ad accrescere in ognuno l’attenzionepiena che è dovuta ad ogni persona che si trovanel disagio.

    “Questa attenzione d’amore è l’inizio di unavera conversione”. È un cambiamento di mentalitàper riscoprire l’essenziale e dare corpo e incisivitàall’annuncio del regno di Dio.

    La speranza si comunica anche attraverso laconsolazione, che si attua accompagnando i povericon un impegno che continua nel tempo. Chi nonprogramma la propria vita in modo serio tale nonpuò dirsi cristiano. [...]

    La peggiore discriminazione di cui soffrono ipoveri è la mancanza di attenzione spirituale.

    I poveri hanno bisogno di Dio, del suo amorereso visibile da persone sante che vivono accantoa loro, le quali nella semplicità della loro vita espri-mono e fanno emergere la forza dell’amore cristia-no. Dio si serve di tante strade e di infiniti strumentiper raggiungere il cuore delle persone.

    Quello che è stolto per il mondo, Dio lo hascelto per confondere i “i furbi”; quello che èdebole per il mondo, Dio lo ha scelto perconfondere i forti; quello che è ignobile e di-sprezzato per il mondo, quello che è nulla, Diolo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono,perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio.(1Cor1,26-31)

    “I poveri sono coloro che ci salvano perché cipermettono di incontrare il volto di Gesù Cristo”.La condizione sociologica del povero non gli togliela dignità che ha ricevuto dal Creatore; egli vivenella certezza che gli sarà restituita da Dio stesso,il quale non è indifferente alla sorte dei suoi figlipiù deboli, al contrario, vede i loro affanni e dolorie li prende nelle sue mani, e dà loro forza e corag-gio.

    Ci accompagnino le parole del profeta che an-nuncia un futuro diverso: “Per voi..., sorgerà conraggi benefici il sole di giustizia”. (Ml. 3,20-21)

    Io credo che il significato simbolico, cioè il piùprofondo, quello che ci riguarda direttamente sial’invito ad aiutare i poveri e i più bisognosi non per-ché siamo più fortunati rispetto a loro ma perchéa loro è affidato il messaggio della libertà, libertà divedere anche se ciechi o di parlare anche se muti,la mancanza di libertà ci rende invece afflitti anchese apparentemente non ci manca niente.

    Naturalmente non credo che con la sola con-solazione si possa ottenere la vera liberazione, bi-sogna cercare di aiutare i più bisognosi ad usciredalla loro condizione. Questo Vangelo, però, an-nuncia la liberazione da ogni forma di oppressione,fisica o morale già sulla terra e non solo nella vita

    eterna. Per me è certo che lo Spirito del Signore èsopra tutti coloro che hanno fede di essere staticonsacrati nel Battesimo. Credo che questa partedel Vangelo sia una luce che ogni uomo deve se-guire. Ho capito che ognuno di noi dopo aver ri-cevuto il lieto annunzio, se si unisce agli altri in re-lazioni costanti di Amore, riceve la capacità perinaugurare una vita diversa, per sé e per gli altri,con la grazia data dal Signore.

  • N. 68-69 - Aprile 202015

    Dal 7 all’11 gennaio scorso, si è svoltoin Perù il III Congresso Latino America-no del LASA (Laici amici di Sant’Anna),che ha visto la presenza, oltre a quella deiLaici del Perù, anche dei rappresentantidei Laici delle altre nostre Delegazioni La-tinoamericane: Brasile, Messico eArgentina, accompagnati da alcu-ne Sorelle dei rispettivi Paesi. E perassicurarci che eravamo riuniti co-me Chiesa abbiamo avuto la gioiadi avere sempre con noi Padre Fa-bián Mondini che accompagnava ilaici dell’Argentina. Ho avuto lagioia di partecipare insieme a Sr.Fatima Marafon come rappresen-

    parato tutto meticolosamente: accoglienzacalorosa, cibo gustoso, alloggi confortevoli,e provveduto ogni cosa per favorire la con-divisione delle esperienze che era uno de-gli obiettivi del Congresso, insieme all’ap-profondimento del tema della santità. Sta-

    vano sempre attenti e pronti per soddisfarele esigenze di tutti.

    Per il primo giorno di incontro è statoorganizzato un pellegrinaggio, per dare atutti i partecipanti la possibilità di rifletteree pregare, con il cuore pieno di gratitudinea Dio che ci dava la possibilità di stare a Li-ma, tutti insieme in quella che Papa Fran-cesco ha nominato in occasione del suoviaggio in Perù come “una terra ensanta-da”. Abbiamo visitato e pregato nel San-tuario del Señor de los Milagros, e nei variluoghi e Chiese dove hanno vissuto SantaRosa da Lima, San Martino de Porres e SanGiovanni Macías. Questa giornata è statamolto favorevole sia per nutrirci spiritual-mente ed entrare nel tema del Congressoche era appunto “La santità comincia dalla

    “La santità comincia dalla famiglia”cronaca di un sogno fatto realtà

    di Sr. Julia Victor Pais - SSA

    tanti del Consiglio Generale delle suore diSant’Anna.

    Le Sorelle e i membri dei gruppi LASAdella Delegazione del Perù, sono stati nostririspettabili anfitrioni, e davvero hanno pre-

  • N. 68-69 - Aprile 202016

    famiglia”, come per accrescere i legami dicomunione tra i partecipanti al Congresso.

    La Celebrazione Eucaristica di aperturaha permesso ai partecipanti di alzare il cuo-

    re in segno di ringraziamento per il donodella famiglia LASA e di invocare le bene-dizioni di Dio sul Congresso. All’inizio sonostate introdotte e messe in un apposito luo-go una candela per ogni Paese, con le ri-spettive bandiere e una statua della Ma-donna sotto i suoi rispettivi titoli, indicandoa tutti la realtà che vivevamo, di essere fa-miglie chiamate a camminare nella Chiesae nel mondo portando la luce di Cristo. Ilcelebrante principale, Padre Carlos Oré,Vice parroco della Parrocchia di San Vicen-te, nella sua omelia ha sottolineato la gioiadi essere uniti come una famiglia. A con-

    clusione ho avuto la gioia di leggere il mes-saggio di Madre Francesca Sarcià, Superio-ra Generale dell’Istituto nel quale esortavai partecipanti a vivere e testimoniare la vitafamiliare cristiana e ha augurato loro unafruttuosa esperienza dell’evento ricordan-do che quell’evento non era solo dell’Ame-rica Latina, ma tutta la nostra Famiglia Re-ligiosa si sentiva coinvolta e ci accompa-gnava con la preghiera.

    Allo stesso modo sono state importantile celebrazioni dei giorni seguenti presie-dute dal Nunzio apostolico in Perù, il Car-dinale Nicola Girasoli, che con tanta sem-plicità ha invitato tutti i membri a viverecon gioia la santità nella Chiesa, ricordandocome Papa Francesco non si stanca di esor-tare a testimoniare la bellezza della vita fa-

    miliare e nel nostro caso, ispirata al carismae alla missione delle Suore di Sant’Anna.Anche Mons. Ricardo Garcia, vescovo dellaPrelatura di Cañete, che ha celebrato la S.Messa conclusiva ci ha fatto sentire nellaChiesa ed ha incoraggiato i partecipanti avivere le ispirazioni ricevute in questi giorninella loro vita quotidiana come famiglie ead arricchire la Chiesa attraverso la lorosantità.

    Nei momenti di studi, aiutati da sorellee laici si è riflettuto sulla santità dei ConiugiVenerabili Carlo Tancredi e Giulia di Barolonostri fondatori e sulla nostra chiamata alla

  • N. 68-69 - Aprile 202017

    santità nella famiglia e nella vita quotidiana.Alcune coppie e persone singole hannocondiviso le sfide che hanno affrontato nel-le relazione, nella malattia, nell’educazionedei figli e il modo in cui l’essere membridel LASA, le vite dei nostri fondatori e dellaBeata Madre Enrichetta li hanno aiutati asuperarle trasformando situazioni difficili inoccasioni di crescita. Le loro testimonianzesono state davvero toccanti e stimolanti.

    Erano presenti anche un gruppo di gio-vani (ramo cadetto dell’associazione) pro-venienti dai vari paesi che sono riusciti afar sentire la loro esigenza di camminareinsieme e di condividere il cammino di cre-scita nella vita di santità.

    Anche le serate sono state preziose, conrilassanti ed arricchenti momenti nei quali,attraverso le presentazioni e i balli, si è po-tuto condividere aspetti culturali delle varierealtà. Ci sono stati anche scambi di doniper la gioia di tutti.

    Personalmente ho assaporato ogni mo-mento di questo soggiorno in Perù. È statauna grande gioia incontrare le nostre So-relle che hanno mostrato grande calore eaccoglienza e si sono prese molta cura dinoi. Inoltre mi hanno dato l’opportunità edè stato bellissimo visitare le Comunità pre-senti nella regione di Lima. Incontrare le

    ragazze della Casa Hogar è stata un’espe-rienza molto toccante. Il modo in cui le So-relle si prendono cura di loro, la libertà chegodono e lo spazio che hanno per la lorocrescita sono evidenti.

    Il Congresso Latinoamericano LASA, pri-ma esperienza per me nel suo genere, èstato stimolante e arricchente. I membrihanno davvero assorbito lo spirito dei nostriFondatori e della Beata Madre Enrichetta.Si poteva vedere in loro la forte fede, spiritodi famiglia, natura estroversa, impegno sin-cero e il coraggio sereno di affrontare le sfi-de della vita. Sono stati testimoni di gioia,unità e arduo lavoro, in particolare i mem-bri LASA peruviani che hanno partecipatodi tutta l’organizzazione insieme alle Sorel-le. Lo spirito di famiglia è emerso nel faretutto insieme come pregare, cucinare, la-vare i piatti, pulire ecc. Davvero ringrazioDio che ha voluto arricchire la nostra Fa-miglia Religiosa con questa bella realtà deilaici che condividono in pieno il nostro ca-risma, spiritualità e missione. Grazie a tuttele sorelle che in America Latina e in ognipaese li accompagnano e li stanno forman-do nello spirito del nostro Istituto.

    Possa Dio rafforzare i gruppi LASA nelvivere la loro chiamata alla santità e farsplendere la Chiesa attraverso di loro!

  • Cari amici, ancora una volta vogliamo raggiungervi

    Per ringraziarvi

    Augurarvi

    del vostro costante e generoso appoggio alla nostra rivista e al ProgettoPAD&PAR, che da anni sostiene nelle loro necessità i bambinidelle nostremissioni. Con loro vogliamo

    “Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondatinella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sial’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta lapienezza di Dio”. (Ef 3, 17-19)

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    RESOCONTO OFFERTE PAD PER L’AFRICA1° GENNAIO – 31 DICEMBRE 2019

    TOBINS N €TOB 4b 240TOB 10 125TOB 10 BIS 250TOB 11 130TOB 14 93TOB 21 110TOB 26 250TOB 30 350TOB 30b 216TOB 31 300TOB 34 300TOB 35 300TOB 37 80TOB 38 300TOB 40 500TOB 41 250TOB 42 120TOB 43 300TOB 44 240TOB 45 100TOTALE € 4.554

    S N €MM 1 217MM 2 270MM 2BIS 120MM 3 100MM 6 216MM 12 216MM 15 360MM 16 240MM 18 216MM 19 300MM 21 144MM 22 500MM 24 300MM 25-26 120MM 28 300MM 29b 300MM 46 200MM 52 260MM 77 300

    MM 96 320MM 103B 225MM 106 400MM 109 100MM 111 160MM 112 220MM 115 220MM 119 400MM 123 300MM 125 350MM 135 250MM 138 217MM 142 218MM 144 250MM 145 60MM 146 240MM 152 20MM 153 250MM 157 240MM 165 250

    MM 174 360MM 176 200MM 178 216MM 179 BIS300MM 180 200MM 181 360MM 186 200MM 189 250MM 192 100MM 194 100MM 196 240MM 200 220MM 203 234MM 204 240MM 250 260MM 253 300MM 254 440MM 256 100

    TOTALE € 13.689

    MESSA MENDONGO

    BAFOUSSAMS N €BAF 2 200BAF 5 216BAF 6 350BAF 7 150BAF 9 300BAF 11 150BAF 20 240BAF 32 200BAF 33 420BAF 40 300BAF 2J 100BAF 3J 432BAF 5J 30BAF 13J 400BAF 17J 240TOTALE € 3.728

    BAYELLES N €BAY 2 118,1BAY 4 320BAY 6 120BAY 12 432BAY 25 240BAY 32 250BAY 43 200BAY 87 335BAY 89 108BAY 90 200BAY 91 18TOTALE € 2.341,1

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    BAMENDAS N €BA 2 BIS 224BA 3 300BA 5 BIS 260BA 15 250BA 21 150BA 22 380BA 24 216BA 33/34 500BA 44 550BA 72 126BA 74 218BA 77 216BA 78 200BA 84 218BA 85 100BA 86 300BA 89 300BA 91 250BA 92 240BA 93 100BA 94 120BA 95 185BA 97 500BA 98 200TOTALE. € 6.103

    FUANANTUIS N €FU 3 300FU 6 300FU 8 216FU 9 500FU 13 288FU 15 300FU 20 208FU 61 240FU 63 300FU 64 170FU 70 400FU 73 200FU 78 260FU 91 150FU 92 80FU 93 108FU 94 218FU 98 229FU 99 480FU 101 240FU 102 391FU 104 380FU 105 360TOTALE € 6.318

    REP. DEM. CONGOS N €RDC 1 100RDC 3 300RDC 6 500RDC 7 200RDC 8 80RDC 10 436RDC 11 300RDC 12 300RDC 13 600TOTALE € 2.816

    Mulder Corda, De Feo Maria Luisa, Ariotti Laura, Brusco Bruno,Varengo Laura, Viancino Riccardo, Ariotti Giovanni, Ricaldone Lucia E., Portigliatti Barbos, Maria Sciara.

    BafoussamMariuccia

    TOTALE: € 6.150,00

    € 3.150,00

    RESOCONTO OFFERTE PAR CAMEROUN: 1° GENNAIO – 31 DICEMBRE 2019

    Laura Ariotti, Scienza Giuseppe, Varengo Laura, Anna Maria Moreschi Bonanni In Memoria Di Brandizzi Federica ScuolaMokunda € 3.000,00

    Offerenti Destinatari Importo €

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    AJGAONS N €

    AJ 6 300AJ 9 300AJ 10 200AJ 10BIS 140AJ 19 225AJ 20 216AJ 21 220AJ 22 171AJ 23 300AJ 24 100AJ 26 280TOTALE       € 2.452

    MUNAGALAS N €

    MU 8 400MU 024 200MU 029 240MU 32/33 210MU 040 240MU 41 260MU 046 150MU 50 280MU 55 300MU 64 150MU 70 156MU 71 150MU 72 240MU 73 240MU 77 276TOTALE. € 3.492

    RESOCONTO OFFERTE PAD PER L’INDIA1° GENNAIO – 31 DICEMBRE 2019

    BIDARS N €

    BD 2 216BD 8 126BD 9 126BD 13 300BD 14 360TOTALE € 1.128

    KILACHERYS N €

    KKY 006 540KKY 008 50KKY 009 150KKY 021 240KKY 023 100KKY 026 216KKY 034 144KKY 035 240TOTALE. € 1.680

    MUDGALS N €

    MG 11 200MG 12 300MG 28 250MG 36 216TOTALE € 966

    JAWALGIRAS N €

    JAG 3 216JAG 4 216JAG 5 216JAG 6 216TOTALE € 864

    MAMBAKKAMS N €

    MK 004 300MK 007 250MK 009 350MK 019 300TOTALE € 1.200

    JEEVADHANAMS N €

    JVD 003 216JVD 006 300JVD 010 100JVD 16 300JVD 17 240TOTALE. € 1.156

    CHENGALPATTUS N €

    CH 1 270CH 4 72CH 14 250CH 19 160CH 22 250TOTALE € 1.002

    VIJAYAWADAS N €

    VIJ 23 250TOTALE € 250

    Madonna Del Pilone Melmidalem € 700,00

    Amici di Milvia BalwadiGollapudi € 1.500,00

    Amici di Milvia Jawalgira Boarding -Furniture For Study Hall € 1.500,00

    Amici di Milvia, Sr. Felicia Adyar – Furniture ForRefectory € 1.750,00

    Ida Frigo Poveri di Sr Fatima Selvi € 100,00

    Scuola Viale Marconi Vittime Kerala € 605,00

    Scuola Viale Marconi Scuola Adhanur € 2.185,00

    RESOCONTO OFFERTE PAR INDIA: 1° GENNAIO – 31 DICEMBRE 2019Offerenti Destinatari Importo €

    TOTALE: € 8.340,00

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    RESOCONTO OFFERTE PAD PER IL PERÙ1° GENNAIO – 31 DICEMBRE 2019

    MALAS N €

    PEM 3 216PEM 6 100PEM 25 165PEM 76 220PEM 157 200PEM 159 275TOTALE € 1.176

    NOVIZIATOS N €

    PEJ 1 250PEJ 5 230PEJ 17 240PEJ 22 550PEJ 24 400PEJ 27 259PEJ 33b 50PEJ 39 300PEJ 77 300PEJ 78 250PEJ 86 300PEJ 87 50PEJ 91B 325PEJ 92 320PEJ 92BIS 320PEJ 97 250PEJ 99 480PEJ 106 420PEJ 109 150PEJ 122 300TOTALE € 5.744

    SCUOLAS N €

    PES 2 450PES 19 120PES 32 300PES 33 250PES 48 300PES 65 260PES 95 240PES 104 300PES 113 250PES 115a 150PES 115 218PES 122 30PES 125 150PES 190 225PES 192 300PES 194 500PES 199 228PES 200 300PES 201 300PES 202 1500TOTALE € 6.371

    HOGARS N €

    PE 3 700PE 004 250PE 005 260PE 011 300PE 12 300PE 013 250PE 014B 300PE 15B 218PE 017 200PE 022 250PE 037 400PE 052 380PE 060 250PE 071 300PE 72 350PE 077 300PE 080 800PE 082 200PE 090 250PE 092 240PE 110B 260PE 120 230PE 125 300PE 127 150PE 138 216PE 160 70PE 164 100PE 166 400PE 167 240PE 173 100PE 174 300PE 175 220PE 177 216PE 178 350PE 179 B 200TOTALE € 9.850

    S N €

    PEC 005 160PEC 007 400PEC 011 250PEC 22 250PEC 027 150PEC 28 432PEC 034 338PEC 036 240PEC 037 225PEC 039 200PEC 43 400PEC 047 100PEC 058 400PEC 63 360PEC 075 130

    PEC 086 100PEC 091 225PEC 99 225PEC 99 BIS 260PEC 102 225PEC 103 225PEC 123 500PEC 124 360PEC 125 240PEC 126 360PEC 128 300PEC 134 230PEC 135 300PEC 136 300PEC 140 240PEC 143 300

    PEC 145 250PEC 146 300PEC 147 355PEC 147 BIS 280PEC 149 100PEC 150 100PEC 152 300PEC 157 160PEC 161 210PEC 167 240PEC 168 100PEC 169 450PEC 172b 324PEC 173 120

    TOTALE € 11.714

    COMAS

    HUACHOS N €

    PEA 6 BIS 450PEA 9 300PEA 13 110PEA 19 225PEA 26 270PEA 30 150TOTALE € 1.505

    HUACHIPAS N €

    PEH 2 150PEH 6 300PEH 8 350PEH 11 200PEH 18 900PEH 58 200PEH 66 200PEH 138 198TOTALE € 2.498

  • N. 68-69 - Aprile 202024

    Scuola di Evangelizzazione: Santo AndréSr. Adriana Martins Portella – SSA

    Il Santo Papa Paolo VI, nel1975, nella sua esortazione apo-stolica “Evangelii Nuntiandi”, chetratta della “Evangelizzazione deipopoli”, parla di una nuova evan-gelizzazione, con nuovi metodi,

    nuove espressioni, nuovo ardore. Nel 1983, Pa-pa San Giovanni Paolo II ad Haiti in occasionedel IV CELAM di St. Domingo ha usato l’espres-sione “Nuova Evangelizzazione”, prima appli-cata all’America Latina e poi a tutta la Chiesa in“Redemptoris Missio”.

    Da questo appello del Santo Papa GiovanniPaolo II, sono sorti gli “Acampamentos Católi-cos” – Campi Cattolici – come un nuovo mododi evangelizzare. Questi campi utilizzano unametodologia di evangelizzazione 2000 (movi-mento cattolico degli anni ‘80), come parte di ungrande progetto di evangelizzazione per il mon-do, ed è stato ideato dal messicano JOSÉ H. PRA-DO FLORES, laico cattolico e anche fondatoredella Escola de Evangelização Santo André.

    Tutti i Campi si concludono con una Cele-brazione Eucaristica che avviene nella comunitàdi origine delle persone partecipanti, durante laquale essi hanno lo spazio per dare le loro testi-monianze.

    La metodologia prevede un adattamentoper ogni fase della vita, perciò è diviso per età.Il 1° è il Campo SENIOR (per adulti e/o coniu-gati); il 2° Campo GIOVENTÙ (per giovani di

    età superiore ai 18 anni e single); 3° CampoJOAM (per giovani e adolescenti di età compre-sa tra 15 e 17 anni); 4° Campo FAC (per ragazzitra i 12 e 14 anni). I partecipanti sono divisi ingruppi/tribù che si distinguono per i colori.

    Questa metodologia è arrivata in Brasile allafine degli anni ‘80, ma è cresciuta alla fine deglianni ‘90.

    Essa consiste nell’unire la spiritualità cristianacon molta condivisione, dinamica e proattività

    dei partecipanti, testimonianze di vita e conver-sione, e il grido di battaglia (urlo di guerra) delletribù. Ogni Campo è una chiamata a fare unpasso verso l’Amore di Dio e i fratelli, seguondosempre la Volontà di Dio in umiltà, preghiera eobbedienza.

    Nell’Arcidiocesi di Campo Grande – MatoGrosso do Sul – la pratica dei Campi Cattolicitra le parrocchie è costante. Dal 09 al 13 otto-bre, ho avuto la mia prima esperienza di parte-cipazione a un Campo. Era un Campo SENIOR,organizzato dalla parrocchia di Nostra Signoradell’Abbazia a Campo Grande – Mato Grossodo Sul. L’obiettivo era partecipare per poi esserein grado di aiutare nei futuri campi parrocchialidove svolgiamo la nostra missione. Sono statainserita in un gruppo/tribù di laici cristiani, rico-noscibili per il colore viola.

    È stata una bellissima esperienza dell’AmoreTrinitario, vissuta intensamente con i fratelli laici

  • N. 68-69 - Aprile 2020

    che partecipavano alla dinamica del Campo, di-retto dall’eccellente predicatore, il laico HectorRogerio Monzani.

    Ci sono molte esperienze profonde dei“campisti”. È un vero riscatto della vita dell’es-sere umano: coppie che sono in crisi, giovanitossicodipendenti, alcolisti, infine persone checercano un incontro con Dio, con l’obiettivo diriempire o dare risposte a situazioni difficili chestanno vivendo, come la solitudine, lo stress, an-goscia, depressione, tossicodipendenza, conflittifamiliari, sessuali, coniugali e di altro tipo. Ci so-no molte conversioni e riprese del Cammino,molte persone che ritornano all’Amore di Dio,secondo il consiglio dell’apostolo Paolo al disce-polo Timoteo: “Ravviva il dono di Dio che è inte ...” (2 Tim 1,6).

    Desidero condividere l’esperienza rilasciatadal signor Jorge Haltelswberger, un laico dellaparrocchia della Madonna Immacolata Conce-zione, che ha fatto il Campo con me. Egli hascritto:

    “Dio mi ha riscattato quattro anni fa, ero unapecora che si era persa dal gregge senza stellapolare, senza prospettiva. Cercavo Dio, ma nonnel modo giusto e perciò non lo trovavo. In unsogno Dio mi disse che non si era arreso con mee che alla sua tavola c’era il mio posto. Come “ilFigliol prodigo” sono ritornato e di nuovo occu-pai il mio spazio alla tavola imbandita del Signo-re, ma non mi ero consegnato totalmente, dauna parte servivo Dio, ma dall’altra servivo ilmondo. Ho partecipato al Campo e questo miha svegliato ed ho rinunciato finalmente a tuttociò che mi allontanava da Dio. Mi sono datocompletamente e ho capito cosa voleva il mioSignore da me. Oggi ho indossato “nuovevesti” e ho stretto un’alleanza con Dio perservirlo con tutto il mio amore per l’onoree la gloria di nostro Signore Gesù Cristo”.

    Ciò che più mi stupisce di questocammino è come le persone si coinvol-gano con la disponibilità a mettere ingioco tutte se stesse per incontrare Dio,per testimoniarlo... con il desiderio chedavvero Lui sia tutto in tutti. Nel Campo,oltre alle persone che vi partecipano per

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    la prima volta, come “Campisti”, ci sono quelleche avendo già partecipato, si offrono per pre-stare il proprio servizio facendo parte di varieequipe di servizio (cucina, cappella, appogio,foresteria, manutenzione, canti, liturgia, salute,libreria, ...). Così, in genere, tra queste equipe ei nuovi partecipanti sono circa 150 persone chehanno la possibilità di ravvivare l’esperienza difede e di appartenenza alla Chiesa.

    Dopo il Campo, ritornando nelle proprie co-munità, le “tribù” continuano ad incontrarsi perun cammino di maturazione della esperienzafatto per non rimanere solo nelle emozione vis-sute durante il Campo, e continuare ad esserein comunione con gli altri e proseguire il cam-mino di fede e fratellanza che hanno iniziato inquei 5 giorni intensi di Campo. Si cerca di farlisentire accolti affinchè ritornino alla Chiesa e siinseriscano nei gruppi di pastorale o nei Movi-menti e così continuare il percorso iniziato alCampo, partecipando al Mistero Eucaristico efacendo parte della Comunità ecclesiale.

    Come previsto ho cominciato a parteciparenella mia nuova parrocchia ed è sempre unaforte esperienza di preghiera e intercessione in-sieme ai laici che fanno sperimentare il valore eil potere dell’intercessione che sostiene tutti co-loro che desiderano aprire il cuore e vivere unitia Cristo.

    Lodiamo la Santissima Trinità per questa bel-la realtà che arricchisce la Chiesa e la fanno starepiù vicina alle persone che hanno tanta sete diDio, e concretamente le aiutano a vivere il suoimpegno battesimale nel rapporto con Dio, nel-la propria famiglia, nelle comunità e anche neiluoghi di lavoro. Lode a nostro Signore Gesù Cri-sto! Per sempre sia lodato!�

  • N. 68-69 - Aprile 2020

    Vi porto notizie di grande gioia Lc 2,10di Sr. Veraline Yung SSA

    C’è un detto comune da noi: “la gioiadei poveri ha vita breve” sì, ma la gioia delSignore dura per sempre! Questo perchénon dipende dai capricci delle circostanze,né, particolarmente, dai capricci di un uo-mo. La vita di un povero, come quella ditutti, è spesso mescolata a momenti tem-porali di gioia, dolore, rovesci o successi,ricchezza e miseria.

    C’è un ritorno costante allo status quo.Come posso contribuire alla gioia dei po-veri? Questa che vi presento è l’esperienzadi Sandra, una signora che ha attraversatouna serie di sfide, traumi e rifiuti nella vita.La sua esperienza l’ha ridotta a uno statodi miseria peggiore di quello di essere ma-terialmente povero. È stata respinta dallasua stessa famiglia e non ha nessuno a cuirivolgersi in momenti di gioia o dolore. Co-me si fa a rendere tale persona felice ogioiosa? Come possiamo portarle la gioiadel Signore? Cosa puoi dirle per convincer-la ad essere felice? La gioia e la felicità sonoinseparabili; sono come gemelli e si muo-

    vono insieme. Quindi spesso diciamo cheuna persona gioiosa è una persona felice euna persona felice è una persona gioiosa.L’uno rivela l’altro e viceversa.

    Una cosa molto importante da notaresulla gioia è che è spontanea e naturale pernoi. Non convinci nessuno a essere felice.Viene dall’interno. La gioia e la felicità sonofrutto della pace interiore, della convinzio-ne e della libertà non influenzate dall’este-

    riorità. Viene dalla con-vinzione che, indipen-dentemente dalla soffe-renza e dagli eventi do-lorosi della vita, un sorri-so sincero può ancoraessere mantenuto. Na-sce anche dalla convin-zione che appartengo aDio come dice il profetaNeemia “la gioia del Si-gnore è la tua forza” (Ne8,10).

    Questa è stata lamissione della nostracomunità; mettere un

    26

  • N. 68-69 - Aprile 202027

    sorriso sul volto di Sandra e dei suoi fi-gli. Per ravvivare in lei la gioia di vivereche era svanita a causa della miseria edel dolore. E così con lei ci siamo tuttiimbarcati in una missione di speranza.In effetti, la gioia dei poveri è radicatanella speranza. Spero in un domani mi-gliore. C’è qualche missione più grandedi quella che cerca di infondere speran-za negli altri? Io dubito. Il mondo sareb-be un posto migliore se tutti i cristiani in-traprendessero una missione di speranza.Avremo problemi di ogni genere, ma nonci saranno ragioni per suicidarsi. Nessunosarà sopraffatto dalle sfide della vita perchésiamo tutti in missione di speranza, prontia seminare gioia e felicità nel mondo. Laparola di Dio nel profeta Isaia che dice“quanto sono adorabili sulla montagna ipiedi di colui che porta buone notizie” (Is52,7) è stata la nostra fonte di ispirazioneper rendere Sandra una persona gioiosa.

    Il mondo sarà un posto migliore se nonun posto perfetto se tutti noi facessimo no-stra questa missione. Così la nostra risolu-zione quotidiana diventa “Giuro di portare

    buone notizie a coloro che incontro oggi,per annunciare pace e felicità”. Tutti po-tremmo decidere di fare una raccolta digioie, sorrisi e risate e con essa costruiremoun nuovo mondo, rendendolo un buonposto per tutti. Come dice la nostra fonda-

    trice “Andrò e trasformerò le lacrime di di-sperazione in dolci lacrime di speranza”(Giulia Faletti di Barolo).

    La nostra missione per i poveri è a dirpoco quella di speranza, gioia e felicità.Questo non può essere fatto solo con ilpassaparola. Richiede una testimonianzaautentica; dobbiamo essere testimoni vi-venti della speranza, della gioia e della fe-licità. Inoltre, le nostre parole devono es-sere accompagnate da azioni. Cosa serveper rendere felice una persona triste? Cosaè necessario per seminare gioia nel mon-do? La gioia non è un concetto astratto. Èla realtà di una vita vissuta quotidianamen-te con i suoi sogni, aspettative ed emozioni.Trascorrere del tempo con loro, condivide-re il pane con loro, piangere con loro neimomenti di dolore, e ognuno può aggiun-gere qualcosa all’elenco. Il sorriso sul suoviso oggi ci dice che siamo partite col piedegiusto.

    Quindi quando diciamo che la gioia deipoveri è breve, in altre parole stiamo di-cendo che mancano di quelle necessità dibase necessarie per vivere una vita felice.Cibo, alloggio, abbigliamento, educazionee salute sono richiesti da tutti per essere fe-lici. Queste necessità forniscono gioia par-ziale nella vita umana. Possiamo provaresolo in Dio gioia completa e le sue parolece lo confermano: “Queste cose che vi hodetto, che la mia gioia sia in voi e la vostragioia sia piena”. Gv 15,11�

  • N. 68-69 - Aprile 202028

    I sorrisi “veri” degli indigenidi Sr. Angelita Abrea SSA

    Una delle benedizioni del mio esseresuora di una Congregazione dedita ai piccolie ai poveri è quella di poter incontrare per-sone di diversa estrazione sociale e cultura ediventare parte del loro cammino di fede.

    Ma ciò che mi stupisce sempre, il più del-le volte perché inatteso, è vedere come que-ste persone, specialmente i poveri, affronta-no le sfide della vita là dove io mi sentirei al-meno preoccupata, loro sono sereni. Di tan-to in tanto, ho l’opportunità di ascoltare leloro storie. Uno dei momenti preziosi e ar-ricchenti che ho, nel mio incontro con i po-veri, è quello in cui mi reco presso gli indi-geni. lo faccio regolarmente, e con alcuni èpossibile arrivare ad una vera comunione divita.

    Nelle Filippine, abbiamo diversi gruppi diindigeni. Uno di questi si chiama Aeta. Sono“indigeni che vivono in zone montuose spar-

    se e isolate dell’isola di Luzon, una dellemaggiori delle Filippine. Hanno la pelle mar-rone scuro e tendono ad avere caratteristichecome una statura piccola, viso piccolo, ca-pelli ricci o crespi simili ad alcuni tipi africani.Gli Aetas sono uno dei gruppi indigeni nelnostro Paese che sono stati lasciati indietroda qualsiasi forma di sviluppo e progresso so-ciale a causa della mancanza di istruzione.Sono emarginati non solo perché sono illet-terati ma anche per queste loro particolaritàfisiche molto evidenti: sembrano e si com-portano diversamente dagli altri, ma spessosono molto migliori degli altri!

    Il popolo degli Inararo Porac, Pampangavive di radici e ortaggi. Piantano qualsiasi co-sa durante le stagioni delle piogge e in certosenso “muoiono di fame” nelle stagioni sec-che. In diverse occasioni, ho avuto la possi-bilità non solo di visitarli per alcune ore, ma

    The Kolongkolong ride

  • N. 68-69 - Aprile 202029

    di stare con loro per uno o due giorni. Nelmio soggiorno con loro ho visto valori forte-mente sostenuti da loro mentre sono diven-tati relativi nella mente occidentale. C’è unlegame profondo che li unisce e un forte sen-so di condivisione. Se una famiglia non hanulla da mangiare a pranzo, sicuramente unvicino porterà un po’ di radici o qualsiasi ciboche potrebbe essere di aiuto. Se lungo la stra-da vedono un albero pieno di frutti, prendo-no ciò che è sufficiente per loro e ne lascianoun po’ per il prossimo passante. Sono moltosemplici e generosi. Tutte le volte che sonoandata al villaggio c’era sempre qualcosa daportare a casa anche se c’erano solo alcunebanane, patate dolci o manioca.

    Quando hanno un raccolto abbondante,scendono dalla montagna per mezzo di un“kolongkolong” per vendere i loro prodotti.Non è un viaggio facile sotto il sole e sedutisu una barra sottile . Tuttavia, sono indiffe-renti alla polvere e al calore. Si godono ilviaggio. Per loro, è già una benedizione an-dare su un “kolongkolong” piuttosto checamminare per 3-4 ore per andare su e giùper la montagna.

    A volte, i commercianti vanno da loro peracquistare a un prezzo, purtroppo, moltobasso i loro prodotti e, quindi venderli a unprezzo elevato sul mercato. Essi approfittanodella loro mancanza di istruzione.

    Un problema che è vitale nel villaggio èla sorgente d’acqua. Scende giù da una sco-gliera alta e si sta prosciugando. Giovani (an-che bambini) e anziani nel villaggio imparanoa trasportare carichi pesanti di acqua ognigiorno. Loro devono impiegare molte ore perquesto lavoro essenziale. Si riuniscono attor-no a questo ruscello, condividono storie esperanze mentre aspettano pazientemente illoro turno per prendere l’acqua.

    Nonostante tutte le loro difficoltà e disagi,continuano a confidare nella Provvidenza diDio. Li sento spesso dire “Dio è lì e ci vede”.Si fidano di Lui. Hanno anche fiducia e cre-dono nella bontà della natura. Sono personefelici. Ogni volta che vado da loro esplodonograndi sorrisi dai cuori accoglienti, sorrisi ge-nuini di bambini e genitori che hanno cono-sciuto il dolore dell’esclusione e del rifiuto.Vedo volti sereni di persone che vivono an-cora in una situazione molto spiacevole, masanno nel profondo del loro cuore che Dioè sempre lì per loro. Sento storie di speranzadalle labbra di persone che sono state sfrut-tate dalla cosiddetta “società istruita”. E michiedo se siano essi i non sapienti o questasocietà occidentalizzata che pensa solo al-l’autogratificazione e ai profitti.

    Ho molto da imparare dal loro coraggio,semplicità e fiducia in Dio.

  • N. 68-69 - Aprile 2020

    Vai ed annunciaDalla Provincia del Centro India SSA

    “Davanti a Dio e a Cristo Gesù cheverrà a giudicare i vivi e i morti,

    per la sua manifestazione e il suo regno: annunzia la Parola,

    insisti in ogni occasione opportuna enon opportuna, ammonisci, rimprovera,

    esorta con ogni magnanimitàe dottrina”.

    (2 Tim. 4: 1-4)

    Seguendo le orme di Cristo, interiorizzan-do il carisma dei nostri Fondatori e di MadreEnrichetta, la quale ha inviato le prime suoremissionarie in India, e seguendo l’insegna-mento costante di Papa Francesco, ci siamoorientate ad aprirci verso le periferie in mododa diffondere la Buona Novella del Regno diDio tra i poveri. La missione Kubeer è statainaugurata il 14 giugno 2019. Lo scopo diquesta missione è esclusivamente la diffusio-ne del vangelo. Affidando la missione inte-ramente nelle mani del Signore, abbiamoaspettato dieci giorni, pregando intensamen-te per ricevere lo Spirito Santo. Il 28 giugno2019 abbiamo iniziato il nostro apostolato di

    evangelizzazione con un primo campo me-dico e un centro studi a Kubeer. È stato moltoapprezzato dalla popolazione e oltre 200 diloro hanno beneficiato dell’assistenza sani-taria. Sono venuti in gran numero per parte-cipare alla funzione inaugurale.

    Dal giorno successivo abbiamo iniziato avisitare le case della gente. A poco a poco sisono presentati presso la nostra residenza perchiedere preghiere. Noi cogliamo ogni oc-casione per parlare loro di Gesù. Le personeci ascoltano con grande entusiasmo. Finorasiamo riusciti a raggiungere undici villaggi nelKubeer Mandal. Le nostre Sorelle di Appa-napeta e Fatimanagar hanno diretto cinque

    campi medici in cinque diversi vil-laggi. Avevamo visitato questi cin-que villaggi prima di stabilire ognicampo medico, mentre li sensibiliz-zavamo perché approfittasserodell’opportunità che veniva loro of-ferta. Ora che il campo è finito, in-contriamo regolarmente le perso-ne, spieghiamo la Parola di Dio epreghiamo con loro. Molti hannouna grande fiducia nella preghieradi guarigione.

    Abbiamo contattato le famigliedegli altri sei villaggi, individuato ipazienti e, con l’aiuto di dottori del

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  • N. 68-69 - Aprile 202031

    governo, abbia-mo gestito icampi medici ela diocesi ci hafornito le medi-cine necessarie.

    I campimedici sono

    solo un mezzoper raggiunge-re le persone.

    Non siamoautorizzate a

    predicarepubblica-

    mente ma,nonostante

    vi sianomolte forzepolitiche e

    religiosecontrarie,

    nessuno ciimpedisce di

    vedere eistruire le

    persone nel-le loro case.

    Abbiamoavuto un’oc-

    casione speciale di accogliere più di duecen-to persone, tra cui venti malati, per il ‘Con-gresso biblico Jeevaswaram’ realizzato neldistretto di Nirmal, per un periodo di tre gior-ni. Le persone che hanno partecipato al con-gresso hanno mostrato grande interesse acontinuare a partecipare alle preghiere setti-manali. Hanno anche espresso il desideriodi avere l’immagine di Cristo nelle loro fa-miglie. Sono avvenute parecchie guarigionidurante il congresso. Molti erano possedutidai demoni e sono stati liberati. Queste per-sone hanno ricevuto un rosario benedettodal Vescovo e l’hanno indossato fedelmenteper tutto il tempo.

    Al momento ci sono diverse famiglie che

    manifestano vi-vo interesse perl’ascolto dellaParola di Dio eper loro vieneattuato un pro-gramma di ac-c o m p a g n a -mento giorna-liero. Questepersone de-vono essereistruite per al-meno due anni, prima di poter ricevereil Sacramento del Battesimo. Coloro chesono diventati cattolici, nella nostra diocesidi Adilabad, sono molto forti nella loro fedeperché hanno ricevuto il battesimo dopouna lunga preparazione e formazione cri-stiana. Ci sono oltre 1500 villaggi nella dio-cesi di Adilabad ancora da evangelizzare.Il Vescovo di questa diocesi, Mons. PrinceAntony, è molto interessato a questo impe-gno e incoraggia ogni sacerdote e religiosoa tal fine.

    Ogni giorno è un nuovo inizio e trovia-mo nuove opportunità per proclamare laParola di Dio alle persone. Ciò che abbia-mo sperimentato personalmente è il gran-de potere della preghiera e la totale dipen-denza dallo Spirito di Dio. Lo Spirito Santoci dà nuova energia ogni giorno. Possa Diocontinuare a benedire questa missione emostrare il Suo potere salvifico al popolodi Kubeer Mandal.

  • N. 68-69 - Aprile 2020

    Natale a Nairobi- Kenyadi Sr. Noemi AV

    Ogni anno per Natale prepa-riamo una festicciola per acco-gliere e far festa con tutti i bimbie famiglie che seguiamo sia aNairobi che in Ol Moran.

    In Ol Moran il giorno degliInnocenti la festa si è svolta come sempreed è stata un’esplosione di gioia con tutti ibimbi, le loro famiglie, e quest’anno anchemembri della parrocchia che hanno volutocondividere la gioia di donare e di donarsi,di vedere il sorriso di coloro che a volte nonhanno ragioni umane per sorridere, ma chetrovano la gioia nel sentirsi amati da tuttinoi. Più di 100 bambini di cui molti disabili.

    In Nairobi la nostra casa è crollata a cau-sa del vicino che ha costruito un palazzo di15 piani senza tener conto di noi. Che fare?Abbiamo venduto il terreno e prima di tro-vare un posto adatto per trasferire 38 perso-ne, abbiamo accolto l’offerta di chi ci cono-sce. In particolare i padri Yarumal,

    comunità missionaria sorta in Colombia.Pensate hanno lasciato una loro casa e si so-no radunati in un’altra per creare spazio pernoi! Meravigliosi! Non ci hanno chiesto nul-la e per 4 mesi 18 persone hanno vissuto in

    un luogo che ne accoglieva massimo 5 in Ki-bera, una baraccopoli di Nairobi. La gioia dicondividere!

    Un altro gruppo è andato in una casapresa in affitto, anche qui per massimo cin-que sei persone. Eravamo in 20!

    Arrivato il Natale ci siamo messe tutteinsieme e nella stessa stanza c’era la pre-ghiera al mattino, poi tolto tutto quantooccorre per la preghiera si trasformavain sala da pranzo, poi in luogo di riunio-ne poi in luogo per dormire con tutti imaterassi! Tutte e 38 insieme! Uno deipiù bei Natali della nostra vita! Tutte al-legre, tutte ci si aiutava, ognuna cercan-do di prevenire nel servizio. Il Signorecerto si è messo fra di noi ed a guidatocuori e situazioni.

    Ma come fare per accogliere i bimbiche aiutiamo a Nairobi? Lo scorso anno

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  • N. 68-69 - Aprile 202033

    erano circa 50!!! Allora abbiamo deciso chequest’anno invece di farli venire saremmoandate noi. Abbiamo preparato il dono: ci-bo, vestiti, caramelle. Ci siamo radunate inKibera dove abbiamo pregato, poi cantato ilMagnificat e poi salutate e in gruppi di5 o 6 ci siamo avviate nelle varie casedove sono i nostri bimbi o personecon problemi. Un altro gruppo è an-dato su alcune strade dove ci sonomolti bimbi e persone disabili chechiedono l’elemosina. Abbiamo can-tato, abbiamo condiviso, abbiamoanche pianto quando c’era un doloretroppo grande! È stata un’esperienzaunica.

    Alla sera, quando abbiamo condi-viso, nessuna ha detto: sono stanca!

    cieche che durante la pioggia erano rimasteimmerse nell’acqua si sono riprese dalla pol-monite, ora torneranno a scuola! Cyrus,l’uomo a cui hanno amputato le gambe: al-cuni parenti vogliono togliergli quel poco

    che ha. Siamo al suo fianco e stiamo cercan-do di tutto per trovare un posto più sicuro.

    Le sorelle che sono andate per stradahanno incontrato una donna anziana chechiede l’elemosina e che con tanta serenitàe semplicità ha condiviso la sua vita, ha can-tato, ha scherzato, come fosse in un salot-to!!! Siamo riuscite ad andare in trenta fa-miglie, mentre quelle che hanno visitato ibimbi di strada ne hanno incontrati tanti. Aciascuno qualche cosina per farli felici. Masono loro che ci hanno fatto felici raccon-tandoci la loro storia, cantando con noi.Una cosa davvero unica.

    Poi in prigione. C’erano circa 200 pri-gionieri felici di condividere una torta e unpiccolo dono (carta igienica e sapone). Siva lì ogni domenica per la celebrazionequindi siamo di casa! Che dire? Una gioiache da loro passava a noi e da noi a loro,la gioia di Gesù incarnato per amore... El’amore copre ogni religione, ogni barrie-ra, ogni difficoltà!

    Buon Anno Nuovo!!!

    Anzi tutte felici di condividere le varie espe-rienze come quella di riaver trovato Markun bimbo di 12 anni gravemente malato dicuore. L’avevamo aiutato per arrivare all’in-tervento chirurgico, ma la nonna non ha vo-luto ed era sparito. L’abbiamo ritrovato mol-to malato, la mamma in lacrime. Ora rico-minciamo tutto d’accapo, ma speriamo diessere ancora in tempo. Le due gemelline

  • N. 68-69 - Aprile 202034

    Chi accarezza i poveri,tocca la carne di Cristo

    di Sr. Estela Ibarra González SSA

    Proprio mentre ci preparavamo per ilSanto Natale, periodo in cui in molti mo-di pensiamo all’”Emanuele: Dio connoi!”, mi sono resa conto che nella co-

    munità vivevamo queste parole di PapaFrancesco che ho riportato nel titolo.

    Svolgiamo la nostra missione nellacittà di Puerto Escondido, una localitàmessicana nello stato di Oaxaca, su ver-sante dell’Oceano Pacifico. Alcuni immi-grati haitiani erano arrivati alla fine di no-vembre (19 compresi due bambini e unneonato). Erano arrivati a Puerto per po-ter regolare il loro permesso di soggiornonel Paese e non avere difficoltà; perchéin questa città c’è l’Istituto Nazionale del-la Migrazione.

    La nostra comunità si è subito sentita

    coinvolta nella loro accoglienza, che tut-tavia si pensava fosse qualcosa di “velo-ce”. Ma non è stato così; le prime duenotti in cui non hanno trovato un posto

    che potesse ospitarli, conl’aiuto di un fondo della pa-storale sociale, una donazio-ne della Caritas Nazionaleconcesso dal parroco e graziealla gentilezza di alcune per-sone, hanno potuto stare inun hotel, per loro è stata “lagloria” e hanno ringraziatomoltissimo perché per la si-tuazione in cui hanno vissutonegli ultimi tempi, nella co-stante insicurezza, abituati astare in “qualsiasi luogo”,quei due giorni hanno per-messo loro di recuperare le

    forze e il coraggio. Ma vedendo che lacosa avrebbe richiesto più tempo, si èpensato di ripristinare il salone parroc-chiali convertendo alcuni ambienti in ca-mere da letto e cucina, usando i bagni egli altri spazi che la parrocchia possiede.

    Lì non avevano il lusso di un hotel maun posto sicuro dove stare e ripararsi. Lo-ro stessi son stati coinvolti nell’adatta-mento dei locali, perché tra loro c’eranofalegnami, pittori, elettricisti, cuochi,meccanici, ecc. A qualcuno è stato offer-to il lavoro anche come aiutanti in diversihotel o case di alcuni conoscenti. Con

  • N. 68-69 - Aprile 2020

    l’aiuto della comunità parrocchiale sonostati anche aiutati a prendere iniziative eprodurre delle cose da vendere: (pane,acqua, pompelmo, semi, banana fritta...)in modo da poter acquistare i loro effettipersonali o avere qualcosa per sopravvi-vere. Veramente è stato un periodo dovetutti ci siamo messi al loro servizio, ancheper portare qualcuno che ha avuto biso-gno del medico o del dentista.

    Dopo aver ricevuto la carta dall’Istitu-to per la Migrazione, hanno chiesto soldiai loro parenti e con il poco che avevanoguadagnato in quel periodo sono andati

    un momento in cui volevano esprimercila loro gratitudine: hanno preparato unacena tipica del loro paese con riso, fagio-li, insalata e pollo e abbiamo trascorso deltempo insieme parlando della vita e suo-nando il tamburo, cercando di condivi-dere la loro gioia secondo il loro stile. Al-cuni sono partiti dopo perché la loro pro-cedura era un po’ più lenta e altri sonorimasti perché li è stato offerto un lavoroe la possibilità di poter aiutare i loro figlie altri cari che si trovano nel loro paese.

    Proprio il 24 dicembre come regalo diNatale per loro e per noi, coloro che so-no rimasti potevano dire di essere ospitatida persone sicure e di lavorare, in modoche potessero andare avanti nel loro “so-gno” di ricongiungersi in futuro con la lo-ro famiglia poiché hanno i loro bambiniad Haiti.

    Questa esperienza è stata molto prov-videnziale per noi, una preparazione peril Natale fatta non con belle parole o rifles-sioni, ma con un’esperienza concreta incui abbiamo condiviso la nostra povertà esperimentato la Provvidenza di Dio che siè manifestata in molti modi. Non c’era bi-sogno di spendere molte parole per far lo-ro credere ch