Per quanto si sforzi di apparire una ragazza spensierata...

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Per quanto si sforzi di apparire una ragazza spensierata come tutte le altre,

Cheyenne non ha avuto una vita facile: non ha mai conosciuto suo padre, e un giorno

anche la madre è sparita nel nulla. Mille domande senza risposta tormentano la sua

esistenza e i fantasmi del passato, difficili da sconfiggere, sembrano accompagnarla

in ogni decisione, ogni luogo, ogni pensiero. Quando scopre che Gregory, il suo

fidanzato, l’ha tradita con una compagna di college, comincia l’ennesima sfida:

ripartire da capo, all’università, senza di lui e senza i vecchi amici, le poche certezze

che le erano rimaste. Ma forse esiste una via d’uscita dagli incubi che la tormentano.

Il suo nome è Colton, uno studente del terzo anno con gli occhi azzurri luminosi e

sinceri e una diffidenza innata nei confronti del mondo. Anche se in apparenza lui e

Cheyenne sono poli opposti, in realtà hanno parecchie cose in comune: un passato

difficile alle spalle e un futuro incerto di fronte. La loro storia comincia con una

scommessa: lui accetta di recitare la parte del fidanzato per far ingelosire Gregory e

lei, in cambio, gli offre del denaro per aiutare la madre malata. Il loro rapporto, però,

diventa presto ben più di un gioco. Cheyenne comincia suo malgrado ad affidarsi a

Colt, che dietro l’aspetto da bad boy nasconde un cuore gentile e premuroso, e lui le

permette di entrare a far parte della sua vita e di scoprire il suo lato più nascosto. Ma

abbassare le difese e aprire il proprio cuore può essere molto rischioso…

NYRAE DAWN quando non scrive ha sempre il naso tra le pagine di un libro: senza

libri (e senza cioccolato) non potrebbe vivere. Volevo solo tenerti vicino è il primo

volume di una trilogia di grande successo. Vive in California con il marito e le loro due

bambine.

Nyrae Dawn

Volevo solo tenerti vicino

Traduzione di Giulio Lupieri

Proprietà letteraria riservata

Copyright © 2012 by Nyrae Dawn

© 2015 RCS Libri S.p.A., Milano

ISBN 978-88-659-7438-4

Titolo originale dell’opera:

Charade

Prima edizione digitale 2015 da edizione Fabbri Editori: ottobre 2015

In copertina: fotografia © plainpicture/és

Art Director: Francesca Leoneschi

Graphic Designer: Luigi Altomare / theWorldofDOT

www.fabbrieditori.eu

Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore.

È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.

Volevo solo tenerti vicino

A Tara. Perché sei la mia migliore amica, e le migliori amiche devono sempre avere

un libro dedicato a loro. Ti voglio bene e ti ringrazio di essere entrata nella mia vita.

1 Cheyenne

Sgrano gli occhi, incapace di distogliere lo sguardo dalla scena davanti a me,

mentre cerco di elaborare le parole del mio ragazzo.

«Cosa intendi quando dici che essere nudo a letto con un’altra “non è quello che

sembra”?» Il mio tono è pacato, anche se ho lo stomaco sottosopra e mi sento sul

punto di vomitare.

Ti prego, fa’ che non succeda davanti a loro.

Lo osservo. È sdraiato accanto a una tizia dai capelli rossi e tutto quello che

riesce a fare è fissarmi in silenzio. Dopo tanto tempo trascorso insieme mi sono

stupidamente fidata di lui, eppure ho sempre saputo che non si deve mai dipendere

da nessuno.

L’ansia mi paralizza. Come un foglio con gli angoli bruciati, le fiamme minacciano

di divorarmi. Il cuore mi martella nel petto, la vista comincia a offuscarsi.

No. Non posso avere un attacco di panico proprio adesso. È da anni che non mi

succede, e non permetterò a questo stronzo di averla vinta. Il mio corpo si rifiuta di

sentire. Stringo le dita a pugno e poi le riapro. È come se una scarica di energia mi

attraversasse dalla testa ai piedi, mandandomi in cortocircuito.

Cerco disperatamente di controllarmi.

«Cheyenne, tesoro… Mi dispiace» dice Gregory.

Scuoto il capo e indietreggio di un passo. Non ho mai provato una rabbia simile.

Lui balza fuori dal letto. Nudo. «Lo sai che ti amo. L’anno scorso è stato

difficile…» Allunga una mano per prendere i boxer e li infila saltellando mentre parla

e avanza verso di me. «Tu eri ancora al liceo e io stavo qui da solo. Mi sei mancata

così tanto… Ma questa era l’ultima volta. Le avevo detto che poi sarebbe finita.»

Lancia un’occhiata alla rossa come per chiederle di confermare le sue parole, lei lo

guarda torva e comincia a rivestirsi. Gregory mi fissa di nuovo. «Ho fatto un errore,

ma tu sei l’unica che amo.»

La nausea diventa più intensa. Bugie. «Ti sei scopato un’altra perché ti

mancavo?»

La rossa sbuffa, però entrambi la ignoriamo.

«Sono un uomo, Chey…» Mi osserva come se stessi facendo una scenata per una

cosa da nulla.

«Sei un uomo? È la scusa peggiore che abbia mai sentito. Siamo stati insieme per

tutta l’estate a casa e ormai siamo al college da due settimane, e tu vai ancora a letto

con lei? Si spiega ogni cosa! Comunque ti ringrazio, almeno non ho dovuto chiederti

da quanto dura questa storia. Un uomo più intelligente avrebbe cercato di

convincermi che era la prima volta.»

Gregory strabuzza gli occhi rendendosi conto dell’errore. Mai ammettere più di

quanto si deve. Dovrebbe saperlo, i suoi genitori sono avvocati. Stupido.

Sento le lacrime che premono per uscire, ma non darò a quei due la

soddisfazione di vedermi piangere. Non concedo più agli altri il lusso di conoscere le

mie reazioni più profonde.

La rossa si alza e mi scruta, passa davanti a Gregory e dice: «Io me ne vado».

«Aspetta!» esclamo io. «Non è la ragazza che mi hai presentato al party di

benvenuto due sere fa?»

Lei ha il coraggio di arrossire prima di andarsene. Non ha alcun diritto di

guardarmi in cagnesco, sapeva che Gregory ha una fidanzata. Anzi, aveva una

fidanzata. La parola mi lascia un sapore amaro in bocca. Sembrava un bravo ragazzo,

le nostre famiglie sono amiche, mi faceva stare bene quando eravamo insieme…

Perché la gente crede di poter approfittare di me e poi mettermi da parte? Perché

sono così facile da tradire?

Mi torna in mente mia madre e mi vengono le vertigini. Cerco di scacciare dalla

testa quel pensiero. Ho tentato in ogni modo di non essere il tipo di figlia che la

madre non ama abbastanza per riuscire a starle accanto. Questa non è la mia vita.

Non più. Negli ultimi dieci anni è stato tutto perfetto. Adesso sono una persona

nuova, e in teoria le cose avrebbero dovuto solo migliorare. Un’esistenza facile,

semplice, per compensare quello che non ho avuto in passato.

Mi chiamo Cheyenne Marshall. Sono la prima ballerina della compagnia di danza

della scuola. Eletta ragazza più popolare del liceo. Con centinaia di amici.

Ma questo succedeva all’epoca delle superiori. Adesso, invece, sono al college

con Gregory, nel suo territorio, dove non ho ancora amici. Tutte le persone che

conosco me le ha presentate lui. Chiudo gli occhi e allungo una mano per

appoggiarmi al muro mentre sbatto la faccia contro la realtà della mia nuova vita.

Sono impantanata qui. Da sola.

No, no, no. Non posso piangere. Non posso perdere la testa. Ma sta per

accadere.

I muscoli delle dita si tendono, serro di nuovo i pugni.

«Chey, tesoro… Lo sai che ti amo. Io e te ci apparteniamo.» Avanza verso di me e

per un istante sono tentata di afferrare la sua mano. È Gregory. Il ragazzo con cui ho

perso la verginità. Il ragazzo che avevo deciso di sposare perché stiamo bene

insieme. Lui non mi avrebbe mai lasciata. Ho fatto di tutto per diventare il tipo di

persona che non viene abbandonata. Io… credevo in lui. Come ho potuto fidarmi di

qualcuno?

È andato a letto con un’altra! Non posso passarci sopra, è troppo grave.

Trattengo le lacrime che premono contro la diga delle palpebre. «No, Gregory,

non ci apparteniamo.»

Lui resta impalato tra me e il letto, i boxer si sono… sgonfiati. «Che cosa stai

dicendo, Chey? Vuoi lasciarmi?» Sbuffa e mi rivolge un sorriso frustrato. «È un’idea

stupida. Non conosci nessuno qui e nessuno ci proverà con te, sanno tutti che sei

mia.»

La sua presunzione non fa che peggiorare la mia nausea. Non sarò quel tipo di

ragazza. Non resterò da sola né avrò bisogno di lui come crede. «Non sono tua.»

«Chey…» riprende, sforzandosi di parlare con dolcezza. «Sto solo dicendo che ti

considereranno sempre la mia fidanzata.»

«Non tutti» rispondo con un sorriso compiaciuto per mostrargli che non ho la

necessità di stare con lui.

Le sue labbra si contraggono e mi fissa strizzando gli occhi. «Qualcuno ci ha

provato?»

La sua gelosia alimenta la mia rabbia. «Non sono affari tuoi» ribatto, incrociando

le braccia. «Sappi che quando stavamo insieme non ti ho mai tradito. Ma adesso non

stiamo più insieme.» Voglio che questo pensiero lo faccia soffrire come mi faranno

soffrire i ricordi di lui a letto con la rossa. Mi volto per uscire.

«Cheyenne!» chiama Gregory, ma io lo ignoro e vado via sbattendo la porta.

Salgo in macchina, guido per qualche centinaio di metri e poi accosto al ciglio

della strada. Nell’intimità dell’auto, lontano da sguardi indiscreti, do libero sfogo alle

lacrime e ai singhiozzi.

Come ho potuto permettergli di avere questo potere su di me? Gregory avrebbe

dovuto essere il mio fedele compagno, non era previsto che mi tradisse. Altre

lacrime. Appoggio la fronte sul volante. Il dolore sgorga dentro di me, facendo

riaffiorare vecchi dolori sepolti nel mio cuore.

«Tesoro, la mamma torna subito, non preoccuparti. Resta qui finché non arrivo.»

Mi bacia sulla fronte e poi esce. C’è rumore. Mi metto le mani sulle orecchie per

coprire la musica e le voci. Lei ha detto che non mi lascerà mai più da sola.

Mi accuccio nell’angolo, con le ginocchia strette al petto e le mani ancora sulle

orecchie, e chiudo gli occhi. La mamma tornerà subito. Me l’ha promesso. La porta si

apre, dev’essere lei. Mi lascio sfuggire un sospiro e spalanco gli occhi. Sulla soglia

appare un uomo massiccio con la barba. Insieme a lui c’è una donna. Si stanno

baciando e accarezzando in modo osceno. Che cosa fanno?

«Vince, c’è una bimba lì dietro!»

Per un istante mi chiedo se mi aiuteranno a ritrovare la mamma, ma poi

scoppiano a ridere. Mi bruciano gli occhi, le lacrime mi rigano le guance.

«Fuori di qui, piccola! Non sono scene adatte a una bambina» urla quell’uomo

spaventoso.

Ha ragione. Non voglio vedere cosa fanno. Voglio soltanto la mamma. Voglio

tornare a casa.

Mi alzo in piedi ed esco di corsa. La casa è piena di gente, così tanta che riesco a

malapena a passare. Mi spingono e mi calpestano, e la musica è talmente forte che il

cuore mi rimbomba nello stomaco.

Vago da una stanza all’altra cercando la mamma. Nella casa aleggia uno strano

odore. Qualcuno mi versa addosso un drink e mi metto a piangere ancora più forte.

All’improvviso riconosco quell’odore. È birra. L’ex fidanzato della mamma la beveva

sempre.

Nessuno mi aiuta.

Non riesco a trovare la mamma.

Mi ha lasciata da sola.

Un’altra voce. Un altro uomo… «Ti aiuto io a trovare la tua mamma…»

Sollevo la testa e mi asciugo le lacrime. Non sono più quella bambina. Non voglio

essere ossessionata da quei ricordi. Cerco di concentrarmi sul qui e ora.

Anche se non ho lasciato che Gregory occupasse nel mio cuore lo spazio che le

mie coetanee concedono ai propri ragazzi, mi sono fidata di lui più di quanto avrei

dovuto. Non commetterò mai più questo errore. La gente ti ferisce se glielo permetti,

e io non voglio più soffrire.

Mi guardo nello specchietto e decido che sono abbastanza presentabile. I miei

occhi castani sono soltanto un po’ lucidi. Sulla pelle non c’è nessuna macchia rossa.

Apro la borsetta, tiro fuori l’eyeliner e lo ripasso, poi faccio lo stesso con il mascara.

Aggiungo anche un tocco di gloss sulle labbra.

Mi osservo di nuovo e ripeto: «Non sono più quella bambina».

Ed ecco che torno a essere Cheyenne Marshall. La bimba abbandonata al party è

cresciuta. Adesso sono più forte. Sono la Cheyenne Marshall che volevo diventare,

per cui ho lottato.

Prendo un bel respiro, avvio il motore e riparto.

«Gli uomini sono inaffidabili. Anche il mio ultimo ragazzo mi ha tradita. Con

Veronica, invece, è tutto molto più facile.»

Mi volto verso la mia compagna di stanza. Le lezioni sono iniziate da poco e non

ci siamo incrociate quasi mai. Questa è forse la terza volta che ci parliamo. «In che

senso?»

«Sono bisessuale.» Andrea si mette a sedere sul letto. «Per te è un problema?» I

suoi capelli rosa sono raccolti in una coda e indossa una maglietta da pallavolo,

sempre rosa.

Non ho mai conosciuto qualcuno a cui piacessero sia gli uomini sia le donne. Non

so perché, ma immaginavo avessero un aspetto diverso.

Quando mi pone quella domanda, smetto di scrutarla e raddrizzo la schiena,

illudendomi che quel gesto possa rendermi più forte. Le è bastato uno sguardo per

capire tutto. «No, ma come fai a sapere che il mio ragazzo mi ha tradita?» le chiedo

con una nonchalance che stupisce persino me stessa. È perché non me ne importa

nulla.

O, almeno, voglio che lei pensi che non mi importa.

Senza aspettare la sua risposta, mi giro verso il muro e mi infilo nel letto. Non

deve accorgersi di quanto sto male, è troppo imbarazzante. Dopo due settimane al

college ho scoperto che il mio ragazzo va a letto con un’altra.

Com’è potuto succedere proprio a me?

«Nasconderti sotto le coperte non ti aiuterà a risolvere la situazione.»

«Non mi sto nascondendo» le rispondo senza muovermi.

«Lui non si merita tutto questo. Non permettergli di farti soffrire.»

Vorrei chiederle spiegazioni ma resto in silenzio, perché non devo andare in crisi.

Soprattutto per via di un ragazzo. «Non preoccuparti, l’ho già superata. Sono solo

stanca, Andrea.»

La sento muoversi alle mie spalle. «Certo che lo sei. Chiamami pure Andy.»

La porta si apre scricchiolando e poi si chiude di scatto. Il rumore mi fa schizzare

il cuore in gola. Chi si crede di essere, quella ragazza? Finge di conoscermi, anche se

in realtà non sa nulla di me. Io non mi arrendo, vado avanti. Dimentico il passato in

cui le persone mi hanno abbandonata. Non permetterò che il mio ex e la rossa mi

buttino giù.

Quindi adesso mi alzerò e mi darò una mossa. Troverò il ragazzo che mi sono

inventata per fare ingelosire Gregory oppure andrò a una festa. Sono al college e non

ho alcun motivo per restare a letto.

Ma sono stanca. Troppo stanca per fare qualcosa, così invece di alzarmi mi copro

la faccia con la coperta e mi chiedo che cosa è successo alla mia vita.

«Hai la voce esausta» dice zia Lily al telefono.

«Davvero? Strano, va tutto bene!» Faccio penzolare le gambe giù dal letto e mi

metto a sedere. Sposto dietro l’orecchio una ciocca ribelle che rispunta subito fuori.

Zia Lily sospira. «Se lo dici tu…»

Per un istante vorrei che mi chiedesse di più. Forse potrei spiegarle come stanno

le cose, ma significherebbe lasciarla avvicinare a me. Non è il caso.

Mi alzo. Non ho più motivo di restare a letto, ed è inutile continuare a

rimuginare. Ormai non posso farci nulla, devo solo dimenticare.

Tuttavia, non posso nemmeno nasconderle quello che è successo. Zia Lily e zio

Mark finiranno per scoprirlo. È meglio se glielo dico io. «Gregory mi… mi ha tradita»,

confesso, ricadendo sulle lenzuola. Quelle parole rendono tutto più reale. Mi ha

tradita. Ho seguito le regole, ho cercato di essere una compagna perfetta, eppure

non è bastato.

Lily sospira di nuovo. «Ne sei sicura?»

«Sono tornata prima del previsto e l’ho trovato a letto con un’altra.»

La zia rimane in silenzio per qualche secondo. «Mi dispiace, tesoro.»

Sento la pietà nella sua voce. So esattamente a cosa sta pensando: Dopo tutto

quello che ha passato, non si meritava anche questo. Non voglio la sua compassione.

«Sto bene, Lily. Non è grave… L’avrei lasciato comunque» mento con grande

disinvoltura.

Lei fa una pausa e mi chiedo se desideri altro da me. Le piacerebbe che fossi più

vicina, che le aprissi il mio cuore. Per un attimo, mi concedo di sognare che sia

possibile. «Ne sei sicura? Non dev’essere facile. Anche se non ti lasci mai buttare giù

da nulla, immagino che tu stia soffrendo, Cheyenne.»

La nausea sale di nuovo. Il sangue mi pulsa nelle orecchie. Basta! Non cederò al

panico. «Sono cose che capitano… Sono un po’ scioccata, ma pare che la maggior

parte delle relazioni non siano destinate a durare.» Fingo indifferenza, sperando di

dargliela a bere.

Lily sospira. «Sono fiera di te… E anche tua madre lo sarebbe» aggiunge.

Le sue parole mi fanno irrigidire. Lo pensa davvero? La donna che ho conosciuto

non sembra la stessa con la quale è cresciuta Lily. La mamma mi lasciava da sola alle

feste dove tutti si ubriacavano e non le importava se la mattina dopo dovevo andare

a scuola. Rivedo il suo volto e mi si stringe il cuore. Amavo il suo sorriso, la sua risata.

Sento gli occhi bruciare. «Bussano alla porta. Devo andare» mento, chiudendo la

telefonata.

Cerco di farmi forza: non sono più una bambina smarrita. Non ho bisogno di

Gregory. Non ho bisogno di nessuno. Gli dimostrerò che so cavarmela da sola, che

senza di lui sto meglio. Ho una certezza: d’ora in poi mi guarderò bene dal concedere

la mia fiducia a qualcuno.

2 Colt

Le persone che stanno per morire hanno un odore particolare. Si sente già

qualche mese prima che se ne vadano. È uno strano odore di vecchio che impregna

la pelle, un fetore insopportabile. Quando ce l’ha qualcuno che ami, però, il dolore è

più forte del disgusto.

Appena metto piede nell’appartamento, l’odore mi invade le narici. Mi chiedo se

sia meglio inalare un’altra zaffata dal naso oppure respirare dalla bocca, rischiando di

vomitare. All’improvviso, però, mi rendo conto di quanto sono meschino. Se lei

riesce a sopportarlo, posso farcela pure io.

«Colton? Sei tu?» Nonostante quello che sta passando, la sua voce suona felice.

Sente anche lei quest’odore di morte? Le dà la nausea o è diventata immune?

Che idiota che sono!

«Certo che sono io, mamma. Stavi aspettando qualche altro bel ragazzo?»

Attraverso l’ingresso ed entro in soggiorno. Le tende della grande finestra sono

aperte. La luce del sole le è sempre piaciuta. Mi chiedo cosa ci sia da essere tanto

radiosi.

La mamma mi sorride dalla sua logora sedia a rotelle. Indossa la vestaglia che le

ho regalato otto anni fa a Natale. È piena di buchi, avrebbe dovuto buttarla da

tempo, ma lei non getta via niente. Quando non possiedi molte cose, ti affezioni al

poco che hai.

Mi chino per baciarla sulla fronte. Mentre accosto le labbra, non riesco a

impedirmi di trattenere il fiato. È senza berretto e i pochi capelli che le restano sono

tutti arruffati. «Come te la passi?» Una nuvola di polvere si solleva dalla poltrona

quando mi siedo accanto a lei.

«Al solito. E tu cosa stai combinando?» Un accesso di tosse le spezza la voce.

Vorrei tapparmi le orecchie per non sentirla. Che figlio ingrato! Lei farebbe qualsiasi

cosa per me, mentre io riesco a malapena a guardarla negli occhi.

«Come stai?» La sua salute è quello che mi interessa di più.

Una volta i suoi capelli erano biondi e luminosi. La gente diceva che splendevano

come il sole. Forse è per questo che tiene le tende sempre aperte. L’inverno sarà

duro. Ma lei probabilmente non sarà più qui.

«In gran forma» risponde la mamma, incrociando le braccia.

Alzo gli occhi al cielo. Com’è possibile che si senta in forma? Sta morendo.

Secondo i medici le restano al massimo tre mesi, ma potrebbe trattarsi anche di una

settimana. Con queste cose non si può mai dire. Per quanto mi riguarda, è una

risposta del cazzo: i dottori dovrebbero avere delle certezze. Se sanno che stai per

morire, dovrebbero sapere anche quando ti succederà.

«Mamma…»

«Colton.» Solleva lo sguardo verso di me con il sorriso sulle labbra. «Parlami

dell’università. Come sono le lezioni?»

Uno schifo, le odio. L’unica cosa che conta è ciò che le sta accadendo.

«Interessanti. Sono iniziate solo da un paio di settimane.» Tutti gli anni è la stessa

storia. Parla soltanto di quello, e ogni volta mi sembra di esplodere. Non dovrei

preoccuparmi dei miei voti, ma prendermi cura di lei, a qualunque costo. È per

questo motivo che faccio quello che faccio.

La mamma mi sorride di nuovo, nei suoi occhi la gioia si mescola al dolore. Il suo

sguardo mi divora dall’interno, brucia come il cancro che la sta distruggendo. Mi

posa una mano sulla gamba. Le sue dita sono scheletriche. «Non riesco a credere che

mio figlio vada già al college. Sei cresciuto talmente in fretta… Sei un uomo, ormai.

Ho sempre saputo che ce l’avresti fatta, Colton.»

Il senso di colpa mi attanaglia. Non capisco perché per lei sia così importante.

Frequentare l’università non mi è mai interessato. So chi sono e quanto valgo, che

me ne faccio di uno stupido pezzo di carta? Lei invece ci ha sempre tenuto molto.

Sua madre era una tossicodipendente, espulsa dalla scuola e fuggita di casa. Lei è

stata sballottata da una famiglia adottiva all’altra ed è sopravvissuta. La mamma non

si drogava, ma è rimasta incinta da giovane, come sua madre, e anche lei ha lasciato

il liceo. Ha seguito il suo modello?

La cosa peggiore è che la mia fonte di guadagno è proprio ciò che le ha causato

tanti problemi: le droghe.

La mamma non si è mai lasciata demoralizzare, si è rimboccata le maniche e ha

stretto i denti. Ha accolto di nuovo in casa quel bastardo di mio padre e ha cercato di

svolgere anche il suo ruolo quando se n’è andato.

Il suo più grande desiderio era che io mi diplomassi e mi iscrivessi al college,

come se queste stronzate potessero cambiare il mio destino.

«Non è così importante, mamma.» Le stringo la mano per nasconderle la mia

irritazione, ma senza farle male.

«Sì che lo è!»

Si è ammalata quando frequentavo l’ultimo anno di liceo ed è peggiorata in

fretta. Le ho promesso che, se le sue condizioni fossero migliorate, avrei fatto tutto

quello che voleva, mi sarei iscritto al college. Abbiamo preparato insieme la

domanda per una borsa di studio e lei ha cominciato a fare dei progressi. Dopo un

po’ abbiamo iniziato a pensare che fosse fuori pericolo, ma a quel punto io ero

fregato. Sapevo che quella promessa per lei contava più della sua stessa vita.

Da allora sono trascorsi tre anni: io vado ancora a scuola, ma questa volta lei sta

morendo sul serio. Vuole solo che io concluda gli studi, come se la laurea potesse

aiutarla ad andarsene in pace.

«A che ora torna a casa Maggie?» le chiedo per cambiare argomento. Maggie è

un’ex infermiera che è diventata amica della mamma. Vive con lei e le dà una mano.

Di tanto in tanto un infermiere della casa di cura per malati terminali passa a

controllare come se la cava, ma poter contare sulla presenza di Maggie le è di

enorme aiuto. Abbiamo lottato per tutta la vita per l’assicurazione sanitaria, ma

quando sei sul punto di morire cambia ogni cosa. Non sopporti di essere arrivato fino

a lì.

«Tra un’oretta. Sono stanchissima» dice sbadigliando. Lo fa spesso. Nonostante

le apparenze, il suo corpo non riesce a rimanere sveglio a lungo.

«Ti accompagno a letto.»

«Sto bene qui. Voglio chiacchierare un po’ con te.»

«Non ti preoccupare, tanto devo tornare al lavoro. Volevo soltanto vedere come

stavi.» Sto parlando del mio falso lavoro. Il fast-food non mi consentirebbe il tipo di

guadagni e la flessibilità che mi servono per venirla a trovare. La casa di cura

potrebbe aiutarla a morire serenamente, ma non è questa la cosa più importante.

«Sicuro?» Sbadiglia di nuovo. Mi alzo per spingerla nell’altra stanza, però lei mi

ferma. «Ho voglia di camminare. Mi dai una mano?»

Chiudo gli occhi strizzandoli, il dolore mi squarcia il cuore. Com’è possibile che

sia ridotta così? Ha appena trentotto anni. Non dovrebbe avere bisogno di me per

andare in camera. «Certo» ribatto.

Si appoggia a me mentre la sollevo dalla sedia a rotelle. Mi cinge debolmente la

vita con un braccio e io la stringo forte per impedire che cada. Ci mettiamo quattro

minuti per compiere il tragitto di trenta secondi che ci separa dalla sua stanza. La

aiuto a sedersi sul suo letto da ospedale ma, quando cerco di toglierle la vestaglia, lei

mi ferma. «Mi piace indossarla. Mi fa sentire più vicina a te.»

Mi mordo la lingua. Non è facile. «È quello che dicono tutte le donne.» Le strizzo

l’occhio mentre si sdraia. Rimboccandole le lenzuola, la bacio ancora sulla fronte. «Ti

chiamo stasera, d’accordo?»

Lei resta in silenzio. È sfinita. Mi viene da sbattere la testa contro il muro, farei

qualsiasi cosa per scacciare il dolore che mi attanaglia.

Quando arrivo alla porta della camera, sento la sua voce flebile: «Colt?».

Mi volto a guardarla. «Sei in grado di fare qualsiasi cosa tu voglia. Io l’ho sempre

saputo. Non dimenticarlo.»

D’un tratto mi manca la terra sotto i piedi. Non sono affatto la persona che lei

pensa, e non sono nemmeno sicuro di voler essere quella persona. Per fortuna non

devo risponderle, si è già addormentata.

Nella casa in cui entro più tardi c’è un odore diverso: alcol, marijuana e chissà

cos’altro. La musica è così alta che le pareti vibrano.

«Come va, amico?» chiede Adrian facendomi un cenno con il capo. È appoggiato

alla parete, una ragazza gli sta baciando il collo.

«Non mi diverto quanto te» ribatto con un sorriso, sapendo che non resterà

ancora a lungo in salotto con quella tipa. Presto si infileranno in una stanza, un

ripostiglio, un’auto o un altro posto in cui appartarsi. Anch’io farei lo stesso.

«Mi conosci» risponde Adrian mentre gli passo davanti.

Quando me ne sono andato di casa volevo soltanto starmene da solo, ma questo

piccolo appartamento affollato mi offre esattamente ciò che mi serve: un po’ di

distrazione. Magari dello stesso tipo che ha trovato Adrian.

Mi dirigo verso il mio nascondiglio segreto nell’armadio e prendo la tequila.

Quando torno in soggiorno, il divano si è liberato. Mi siedo, accosto la bottiglia alle

labbra e bevo una lunga sorsata.

Dopo un paio di minuti, qualcuno si lascia cadere accanto a me. «Ehi, Colt.»

Giro la testa e guardo Deena. Sapevo che era lei. Ha raccolto i capelli neri dietro

la nuca, il suo volto è coperto da uno spesso strato di trucco, ma non importa: in

questo momento è proprio ciò di cui ho bisogno.

«Che fai?» le chiedo.

«Ti stavo cercando» risponde, succhiandosi il labbro inferiore. Capisco subito

che per lei è un gioco, e non mi dispiace. In caso contrario, non sarei interessato.

«Allora perché non ti avvicini?» Non mi muovo. Non è necessario.

Non devo chiederlo due volte. Deena si sistema sul mio grembo e accosta la

bocca alla mia. Al diavolo la tequila. Al diavolo tutti. La stringo tra le braccia e

ricambio il suo bacio, sforzandomi di dimenticare tutto il resto.

Non funziona, eppure fingo che vada bene lo stesso.

3 Cheyenne

Attraversare il campus da sola è straziante. Mi sento una perdente, come se tutti

ormai lo sapessero, anche se probabilmente la voce non si è sparsa. Non ancora. Ma

la scuola non è grande, perciò è solo questione di tempo.

Il cellulare vibra. Quando vedo che è Gregory per la milionesima volta, premo il

tasto RIFIUTA. Come può pensare che voglia parlargli? Che dopo appena un giorno

sia disposta ad ascoltare altre stupide scuse? A quanto pare non mi conosce affatto.

Gli ho mai dato la possibilità di farlo?

Sento un improvviso bisogno di caffeina. Niente mi tira su di morale quanto un

latte macchiato al caramello con ghiaccio. Afferro il telefono e mi rendo conto che

non ho nessuno da chiamare per berlo in compagnia. Nessuno. Non ho ancora avuto

la possibilità di incontrare nuove amiche. Le ragazze che conosco me le ha

presentate tutte Gregory: le compagne di confraternita e le fidanzate dei suoi

confratelli.

Come ho potuto ficcarmi in questa situazione? Sono una vera idiota.

Il battito del mio cuore accelera. Respiro a fondo e cerco di rallentarlo.

Non impiego molto ad arrivare alla caffetteria. Mi siedo in un angolo,

sforzandomi di mettere un po’ di ordine nel caos della mia vita. Le parole di Gregory

mi riecheggiano nella mente: Nessuno ci proverà con te, sanno tutti che sei mia.

Non sopporto che abbia ragione. Non può essere così.

Ma come riuscirò a sopravvivere? Non mi va di cercare un nuovo fidanzato. Il

solo pensiero di farmi corteggiare mi dà il voltastomaco. E uscire con qualche

studente del college non sarà facile, visto che tutti sembrano essere amici di

Gregory, o perlomeno sanno chi è.

Gregory.

Sento una fitta al petto. Non voglio che mi manchi l’idea che avevo di lui,

quell’idea era falsa. Non saprei nemmeno dire se lo amassi davvero. Ce l’eravamo

detti, certo, ma… era proprio così? Il pensiero di amare qualcuno mi ha sempre

terrorizzata. Non apro il mio cuore a un’altra persona da quando…

«Non puoi venire con la mamma.»

Stringo gli occhi per mettere a tacere la voce che mi riecheggia in testa.

Forse non ero innamorata di Gregory, però credevo che saremmo rimasti

insieme per sempre. Ero convinta che con lui sarei stata felice. Ma adesso ho

scoperto che non ero l’unica ad avere dei segreti. E il mio non era che andavo a letto

con un altro.

E allora perché continuo a pensare a lui? Sono una ragazza di diciannove anni.

Dovrei approfittarne per godermi la mia indipendenza e la mia libertà.

Raddrizzo la schiena. Anche se sono a pezzi, non devo far sì che si veda.

Mi guardo attorno. Nessuno dei ragazzi nel bar è degno della mia attenzione. E,

comunque, perché li sto fissando?

Perché ho detto che qualcuno ci stava provando con me. O forse voglio solo

dimostrare a Gregory che si sbaglia.

La porta si apre. Oh, mio Dio! Sprofondo nella sedia.

Che cosa stai facendo, Cheyenne? Ricomponiti, cerca di darti un contegno. Ci

puoi riuscire.

E invece non ci riesco.

Gli ho dato due anni della mia vita, e a lui non interessa.

Mi ha cercata al telefono neanche mezz’ora fa, e adesso se ne va in giro con

quella rossa.

Due anni.

Mi sta scoppiando il cuore. Il respiro diventa affannoso, la vista si offusca.

No, non può essere vero.

Tento di rallentare i battiti, di concentrarmi su qualsiasi cosa pur di distogliere lo

sguardo da Gregory. Abbasso gli occhi sul menu e lo scorro distrattamente, più volte.

Nel locale è calato un silenzio sinistro, rotto soltanto da un lieve brusio.

Sollevo la testa, rimpiangendo di non avere più autocontrollo. Mi pento

all’istante di quel gesto: Gregory sussurra qualcosa all’orecchio della rossa, poi la

bacia e si precipita fuori dal bar. Sono sicura che non mi abbia vista ma, quando lei

avanza verso il mio tavolino, mi rendo conto che non le sono sfuggita. Dentro di me

si agitano emozioni contrastanti: la Chey intransigente che mi sono sforzata di

diventare vorrebbe alzarsi e dirgliene quattro, mentre la ragazza indifesa, quella che

alle feste si nascondeva e scoppiava in lacrime quando la mamma la lasciava sola,

vorrebbe soltanto scappare.

«Gli dispiace molto per te» fa la rossa incrociando le braccia.

«A me invece dispiace per te, per quanto suoni strano» rispondo sbuffando.

«È dall’anno scorso che stiamo insieme. So tutto di te, e anche che le vostre

famiglie sono amiche. So che Gregory ti ha preso sotto la sua ala e adesso si sente

stupidamente in obbligo nei tuoi confronti. Questa è la verità, e ora la sai anche tu.»

Le sue parole mi feriscono. Ero un peso per la mamma, poi lo sono stata per Lily

e Mark, e adesso pure per Gregory? Lui non sa nemmeno chi sono. Respiro a fondo.

«Non hai mai pensato che l’abbia detto solo per sedurti? Non che portarti a letto sia

un’impresa…»

La sua faccia diventa rossa come i capelli. «’Fanculo. Mi fai pena. Per tutto

questo tempo hai creduto che volesse stare ancora con te, però lui desidera soltanto

me. Rassegnati. Ora ti prego di scusarmi, il mio ragazzo tornerà da un momento

all’altro. È andato a prendere qualcosa in macchina.» Si volta e si allontana.

Mi alzo, sforzandomi di trovare un modo per difendermi, ma poi sento

riecheggiare la voce di Gregory.

«Ehi, attento a dove vai!» dice, fermo sulla porta del locale.

Ha allungato il collo per sembrare più imponente, la rossa si è messa al suo

fianco e davanti a lui c’è un altro tizio. Ha i capelli biondo scuro arruffati, come se

non avesse mai visto un pettine, ed è almeno dieci centimetri più alto di Gregory. I

suoi pantaloni sono stropicciati e ha uno strappo all’altezza del ginocchio. Non li ha

comprati così, li ha bucati a forza di usarli. Indossa una T-shirt nera e il braccio destro

è coperto di tatuaggi. Sono talmente tanti che non si riesce nemmeno a vedere la

pelle.

Il ragazzo tatuato ride. L’espressione di Gregory si fa tesa. Mi chiedo se la rossa

se n’è accorta. Se lo conosce abbastanza da capire cosa sta provando. La risata di

quel tizio l’ha innervosito e messo in imbarazzo.

Lo sconosciuto si volta e scuote la testa. Gregory lo afferra per un braccio. Non

gli piace essere preso in giro, e sono sicura che vuole dimostrare alla sua nuova

ragazza di essere un duro. Non mi sembra una buona idea, però: non ha mai fatto a

botte con nessuno, mentre l’altro pare esserci abituato.

«Ti consiglio di lasciare subito il mio braccio, bel faccino.» Non cerca di liberarsi

dalla stretta di Gregory, anche se sono certa che ci riuscirebbe. Si limita a fissarlo

negli occhi. Il mio ragazzo, o meglio il mio ex, sostiene il suo sguardo per qualche

secondo. Tra loro sta succedendo qualcosa, e voglio scoprire cosa.

«Come vuoi tu» dice Gregory mollando la presa. «Forza, Maxine, andiamo.»

Maxine! Odio quel nome. Odio quella ragazza convinta di essere migliore di me.

Di avere qualcosa che io non ho…

E Gregory… Non riesco a credere che le abbia detto quelle cose sul mio conto.

Appena il mio ex e la rossa escono dal bar, osservo di nuovo il ragazzo tatuato.

Sembra che quei due non si sopportino proprio. Mi tornano in mente le parole di

Maxine. A Gregory dispiace per me? Si sente in obbligo nei miei confronti? Peggio

per lui! Lo sconosciuto sarebbe perfetto per vendicarmi.

Una strana sensazione, tanto intensa da spingermi a rinunciare a ogni prudenza,

mi pervade.

Non sono fiera di ammetterlo, eppure, quando il ragazzo prende il suo caffè e se

ne va, mi metto la borsa a tracolla, afferro il mio latte macchiato e lo seguo

all’esterno. Lui ha le gambe lunghe mentre le mie non lo sono di certo, e così devo

accelerare il passo. Non ho idea di cosa gli dirò, non ho avuto il tempo di rifletterci.

«Ehi!» Non so nemmeno come si chiama. «Ehi, tu con i tatuaggi!»

Lui si ferma e si volta, poi aspetta che lo raggiunga.

«Ciao… Ehm…» balbetto. Noto subito che è piuttosto carino, ma in un modo

completamente diverso da Gregory. Ha le labbra carnose, denti bianchissimi e dritti,

e i suoi occhi sono… incredibili. Azzurri, più scuri vicino alla pupilla. È davvero bello, e

con un fascino che il mio ex non possiede.

Un po’ di coraggio, Chey.

«Ciao. Io mi chiamo Cheyenne» mi presento, porgendogli la mano. All’inizio

temo che si allontani e mi ignori, ma poi si avvicina e me la stringe.

«Colt.»

«Colt?»

«Per caso mi sei corsa dietro per fare qualche stupido commento sul mio nome,

principessa?» Ha un tono leggermente più dolce di quando parlava con Gregory.

«Hai ragione. Io…» Mi blocco. Ma poi rivedo Gregory con Maxine, lo sguardo

carico di odio che lui e Colt si sono scambiati, e ripenso a come mi sono sentita

quando ho sorpreso il mio ex a letto con la rossa. «Il ragazzo al bar… Quello che si è

comportato da idiota…»

«Il tipico cretino da confraternita, dici? È un tuo amico?» chiede lui sorridendo.

Il mio coraggio svanisce all’improvviso e sprofondo nel panico. È una sensazione

che non sopporto. Non devo avere paura. La nuova Cheyenne non si tira indietro

davanti a nulla. «Lascia perdere. Non importa.» Mi giro e mi allontano di qualche

passo.

«Come vuoi» commenta lui alle mie spalle. Non so perché, tuttavia la sua

risposta mi sorprende. Non è nemmeno un po’ incuriosito?

Mi fermo di scatto, mi volto e gli domando: «Hai la ragazza?».

Lui mi guarda inarcando un sopracciglio. «Ci stai provando, principessa? No,

grazie. Non sono il tipo giusto per far incazzare i tuoi genitori» ribatte, riprendendo a

camminare.

Mi sforzo di capire cosa è successo. Non mi ha dato nemmeno la possibilità di

spiegarmi, anche se non è questo a infastidirmi. Corro per raggiungerlo. «Non mi

conosci, quindi non fingere di sapere chi sono. Non ho genitori da scioccare. E non

stavo flirtando con te.»

«Non stai flirtando, va bene, ma mi hai seguito fuori dal bar e adesso mi chiedi

se ho una ragazza. Non so se essere offeso o lusingato» replica con aria divertita.

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