per il ben-essere dell’impresa» «L’etica è sempre il ... · il paradiso celeste, un ottimo...

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Avvenire - 06/10/2016 Pagina : A20 Copyright © Avvenire Ottobre 6, 2016 9:49 am (GMT -2:00) Powered by TECNAVIA Intervista al presidente dell’Aiart Padula: «La responsabilità sia il centro del comunicare e dell’agire economico» COSTANTINO COROS assimiliano Padula insegna presso i corsi di Dottrina sociale della Chiesa promossi dalla Fondazione Centesimus Annus - Pro Pontifice in colla- borazione con la Pontificia Università Late- ranense. Studioso di processi culturali e co- municativi è presidente dell’Aiart, l’Associa- zione che dal 1954 educa, forma e tutela i cit- tadini mediali. Siamo nella cosiddetta società della comu- nicazione dove tutto è connesso: quale con- tributo può offrire la Dottrina sociale della Chiesa rispetto alle sfide etiche e educative poste da questa realtà? Scelgo la parola "responsabilità" come trait d’union tra Dsc e comunicazione. E cito due Encicliche sociali che fanno di questa di- mensione il proprio cardine: i media – scri- ve Benedetto XVI in Caritas in Veritate – «nel bene e nel male, sono così incarnati nella vi- ta del mondo, che sembra davvero assurda la posizione di coloro che ne sostengono la neutralità». «Le loro dinamiche – ribadisce Francesco in Laudato si’ – quando diventa- no onnipresenti, non favoriscono lo svilup- po di una capacità di vivere con sapienza, di pensare in profondità, di amare con gene- rosità». Questi due "pezzi" illuminanti di Ma- gistero evidenziano quanto la Dsc possa fa- vorire e accompagnare le azioni comunica- tive attraverso il principio di responsabilità, dimensione assoluta e vincente di ogni a- zione umana, sia essa espressa nella vita of- fline o in quella online. La DSC può essere strumento di formazio- ne per gli operatori della comunicazione e in che modo? Certamente, ma è necessario abbattere al- cune barriere concettuali. Mi piace, a que- sto proposito, usare la parola "discernimen- to". È evidente che, nella contemporaneità mediale, il ruolo di operatore della comuni- cazione è sfumato, ibrido. Basta possedere u- M no smartphone ed esprimersi in qualunque social media per indossare simultaneamen- te i panni di fruitore e di creatore di conte- nuti. Questo rappresenta un’opportunità di presenza e incisività sociale. Ma colloca an- che l’uomo in uno status di sovra-responsa- bilità che spesso si traduce in smarrimento e in incapacità di discernimento autentico. Siamo cittadini mediali, ma sovente non pos- sediamo le bussole per orientarci nel caos di questa condizione. Formarci medialmente significa attivare un processo di educazione integrale che metta al primo posto dignità della persona e bene comune. Significa, cioè, educarci con e ai principi della Dsc. Grandi media internazionali e globalizza- zione economica sono due facce della stes- sa medaglia: quale ruolo può assumere la Dsc all’interno di questi contesti? Sottolineo ancora una volta la parola "edu- cazione". I principi della Dsc sono uno straordinario manuale educativo perché aiu- tano l’individuo a interpretare la realtà e a viverla con gli occhi della fede. La Dsc rende l’uomo Persona e crea i presupposti per una società libera e virtuosa. Questa prospettiva di senso "tocca" tutti gli ambiti compreso l’universo mediale spesso colpevolizzato di essere una deriva della globalizzazione e ri- dotto a un mero processo economico. Nes- suna tecnologia, pero, è un soggetto dotato d’intenzionalità. Dietro ad ogni apparato (e contenuto), infatti, c’è sempre un uomo che proietta le proprie istanze, trasla la propria qualità etica, riflette i propri desideri. E lo fa nel medium. In un certo senso, i media sia- mo proprio noi perché siamo gli unici capa- ci di dare un senso al mezzo. Le nuove tecnologie sono sempre più pre- senti nel quotidiano. La dottrina sociale può essere un punto di riferimento per pro- muovere contenuti attenti al rispetto del- l’uomo in quanto immagine di Dio? Anche in questo caso la risposta è afferma- tiva. Basti pensare all’idea di "partecipazio- ne", uno dei fondamenti della Dsc. In Gau- dium et spes, Paolo VI lodava "il modo di a- gire di quelle nazioni nelle quali la maggio- ranza dei cittadini è fatta partecipe della ge- stione della cosa pubblica in un clima di li- bertà". È innegabile che le dinamiche par- tecipative rappresentino uno dei paradigmi della tecno-società. Opportunità di sviluppo economico come il crowdsourcing, espe- rienze di co-creazione, espansione di forme solidaristiche (si pensi alla gara di solidarietà promossa attraverso il web in occasione del recente terremoto), non possono che con- tribuire a concretizzare quella che il socio- logo Belardinelli definisce "una società civi- le degna dell’uomo". © RIPRODUZIONE RISERVATA Massimiliano Padula Una riflessione a partire dalla Dottrina sociale della Chiesa «L’idea di partecipazione è fondamentale paradigma della tecno-società con le sue nuove opportunità di sviluppo produttivo e di libertà»

Transcript of per il ben-essere dell’impresa» «L’etica è sempre il ... · il paradiso celeste, un ottimo...

Avvenire - 06/10/2016 Pagina : A20

Copyright © AvvenireOttobre 6, 2016 9:49 am (GMT -2:00) Powered by TECNAVIA

D’accordo conil governo arrivano

acquisti dallecoltivazioni nazionaliper altri 160 milioni

Coinvolti 1.700addetti del settore

Tabacco. La giapponese Jti investe 620 milioni in Italial tabacco italiano piace nel mondo. Japan Tobac-co International (Jti) ha siglato ieri un nuovo ac-

cordo con il ministero delle Politiche agricole ali-mentari e forestali per l’acquisto del tabacco italiano.Si tratta di un accordo importante, che vale 160 mi-lioni di euro e che porta il totale degli investimentidella Jti in Italia a 620 milioni fino al 2020. È dal 2012che la società giapponese ha firmato una serie di ac-cordi commerciali con il Consorzio Tti (Trasformato-ri Tabacco Italia). Adesso dunque continua a far cre-scere l’attività d’accordo con il governo.Ad essere coinvolti sono gli oltre 1.700 addetti nelle fa-

si di coltivazione, raccolta e prima lavorazione del ta-bacco; mentre l’acquisto è stato pari a circa 128milatonnellate di tabacco per un valore complessivo, dal2005 ad oggi, di oltre 460 milioni di euro. Ieri, per la pri-ma volta, Jti ha firmato un’intesa della durata di quat-tro anni (2017-2020), con l’obiettivo di garantire unasempre maggiore stabilità alla filiera italiana tramitel’acquisto di tabacco in foglia e promuovendo ancheprogrammi specifici dal punto di vista tecnico – Buo-ne pratiche agricole e Standard agronomici minimi –per assicurare, nel lungo termine, la sostenibilità e lemigliori condizioni di lavoro all’interno della filiera.

Alla firma dell’intesa erano presenti ben due ministri– Maria Elena Boschi e Maurizio Martina – oltre cheVassilis Vovos, presidente della Regione Western Eu-rope di Jti, insieme a Pier Carlo Alessiani, presidente eamministratore delegato di Jti in Italia. «Questo ac-cordo – ha dichiarato Vovos – è il segno tangibile delnostro supporto ai tanti coltivatori e addetti che ope-rano in questo importante settore in Italia, e che han-no sempre prodotto tabacco di eccezionale qualità perle attività di Jti a livello globale».

Andrea Zaghi© RIPRODUZIONE RISERVATA

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20 Giovedì6 Ottobre 2016E C O N O M I A & L A V O R O

Lo studioInvestire nelle cooperativedà un ritorno sociale doppio:un euro ne genera quasi due

PAOLA SCARSI

Associazione Isnetha realizzato la pri-ma analisi macroe-

conomica sull’impatto socia-le generato in Italia dalla coo-perazione sociale di tipo B eA+B. Nonostante le difficoltàdi valutazione, esso appare or-mai imprescindibile, insiemeal bilancio sociale, soprattut-to in funzione dell’impresa so-ciale: non a caso la legge diriforma del Terzo settore vi fariferimento in numerosi pun-ti, laddove (art. 7, comma 3) «ilministero del Lavoro e dellepolitiche sociali, predispone

linee guida in materia di bi-lancio sociale e di sistemi divalutazione dell’impatto so-ciale delle attività svolte» e an-cora (art. 9 comma 1 lettera a)«il vantaggio fiscale è connes-so oltre all’utilità sociale del-l’ente, all’impatto sociale del-le attività svolte dall’ente» e(Art. 4 comma 1 lettera o):«…individuare criteri e mo-dalità per l’affidamento aglienti dei servizi d’interesse ge-nerale, improntati al rispettodi standard di qualità e im-patto sociale del servizio…».L’approccio di misurazione at-tualmente più diffuso è loSROI o "Ritorno Sociale sul-l’Investimento" che misura ilvalore e ciò che viene comu-nemente identificato come "ilcambiamento".L’analisi dell’Associazione I-

snet ha avuto per oggetto lecooperative sociali che occu-pano soggetti svantaggiati: se-condo le stime dell’Osserva-torio Isnet su un totale in Ita-lia di 14.342 cooperative so-ciali quelle di inserimento la-vorativo (tipologia B e A+B) so-no complessivamente 5.173ed occupano 67.134 soggettisvantaggiati ricompresi nellecategorie della L 381/91. Nel2016, esse hanno generato unimpatto sociale stimato in 716milioni di euro, a fronte di po-co meno di 374 milioni di eu-ro investiti dagli stakeholderscoinvolti, in primis Pubblicaamministrazione e le stessecooperative sociali, con un ra-tio SROI di 1,92. Ciò significache per 1 euro investito perl’inserimento lavorativo di unsoggetto svantaggiato, sonostati ottenuti risultati in ter-mini di ritorno sociale pari a1,92 euro.«Un dato che risulta in partesottostimato – dice LauraBongiovanni, presidente del-l’Associazione Isnet – poichéa questo valore si dovrebberoaggiungere gli ulteriori risul-tati sociali che non possonoessere tradotti in termini mo-netari come l’aumento di per-cezione di sicurezza dei citta-dini o la riduzione di pregiu-dizi verso detenuti o immi-grati». Inoltre, i risultati otte-nuti rappresentano solo unaparte dell’impatto sociale ge-nerato dalle cooperative so-ciali di inserimento lavorati-vo, dato che esse operano an-che con altre tipologie di svan-taggio, come immigrati, di-soccupati di lungo periodo eover 50, categorie per altro giàriconosciute a livello comu-nitario, per le quali l’Italia hagià avviato procedura di ar-monizzazione normativa".L’analisi completa verrà pre-sentata sabato 8 ottobre a Pa-dova nell’ambito del Forumdi Etica civile.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Secondo i datidell’Isnet le 5.173

cooperative perl’inserimento

lavorativo hannogenerato quest’anno716 milioni di euro

«L’etica è sempre il miglior asset per il "ben-essere" dell’impresa»Il made in Italy di Extravega, produttore di stile e bellezza

DANIELE GARAVAGLIA

he siano il Centre Pompidou o ilLouvre a Parigi, piuttosto che al-cuni dei più esclusivi show room

lungo Madison Avenue a New York o le se-di di brand mondiali come Apple, Gucci oArmani, la differenza la fanno comunqueil talento creativo e la conoscenza dei ma-teriali e delle tecnologie di un geniale im-prenditore italiano: Antonio Rillosi, fon-datore e amministratore unico di Extrave-ga, società di Paderno Dugnano, in pro-vincia di Milano, specializzata nella rea-lizzazione di oggetti di design e prodotti ar-chitettonici personalizzati, spesso anchepezzi unici, necessari a completare un’o-pera architettonica. «Il nostro stile è definito dalla formula Ar-chitectural Fabrications, significativa deldesiderio di creare oggetti customizzatiper tutti gli estimatori dell’esclusività»,commenta Rillosi, che ha già aperto sediestere a Sydney e New York: «Gli Stati Uni-ti sono il nostro mercato ideale, perché ri-spetto alle loro imprese abbiamo prezzimigliori e una rapidità di consegna per lo-ro inimmaginabile, ma soprattutto per ilvalore estetico e qualitativo delle nostreforniture e finiture». L’esito sono oltre una trentina di interventirealizzati – con produzione di scale, scul-ture, serramenti speciali, facciate e arredi– in appartamenti meravigliosi, negozi dilusso e un nuovo hotel, tutti progettati daigrandi designer italiani e stranieri. Il mercato estero vale per Extravega unaquota di oltre il 90% dei 10 milioni di eu-ro realizzati lo scorso anno. «Ho deciso a10 anni che la mia strada non sarebbe sta-ta sui banchi di scuole e università, ma tralamiere e macchine utensili, anche se laformazione ricevuta dai salesiani mi è ser-vita moltissimo», racconta Rillosi, ricor-dando i tempi in cui lavorava otto ore suipezzi di carpenteria nell’azienda paternaa Cusano Milanino e di sera si impegnavasui libri o al tecnigrafo dell’istituto sale-siano di Sesto San Giovanni. Una vocazione imprenditoriale che si ma-nifesta già a 18 anni e che lo porta a lavo-rare in una seconda officina meccanica e,pochi mesi più tardi, a fondare Extravega.Con una fede d’acciaio nelle proprie ca-pacità e nella Provvidenza: «L’essere lega-to a Dio mi ha portato più volte a dire "fe-de, non speranza". Avere fede significa es-sere certi del risultato, mentre la speran-za è legata più a un augurarsi che succe-da qualcosa di buono. Credo che avere il"guard-rail" di Dio mi protegga dal farecose di cui poi mi pentirei di certo, anchenella gestione dei miei affari aziendali. Peresperienza posso dire che l’etica profes-sionale porta a benefici tangibili nel busi-ness. Semmai, ogni volta che si sta percompiere un’azione, bisognerebbe do-mandarsi se Gesù, nella nostra stessa si-tuazione, al giorno d’oggi, avrebbe com-piuto quella stessa azione. Ecco perché o-gni azione cristiana, se compiuta dopoquesta veloce "analisi", è anche di fattoun’azione benefica per l’azienda, oltre cheper le persone». Con questa consapevolezza Rillosi ha ge-nerato opportunità di collaborazione coni propri dipendenti e legami saldi tra di-

Cversi amici imprenditori, mettendo insie-me nella rete Extragroup aziende dalle ca-pacità diverse che oggi danno lavoro a ol-tre cento addetti. «L’azienda è innanzi-tutto fatta dalle perso-ne che vi lavorano:un’impresa cristiana èun gruppo di personeche si muovono secon-do i principi del Vange-lo che sono, prima an-cora che un viatico peril paradiso celeste, unottimo mezzo per vive-re bene e prosperare inuna specie di piccolo paradiso terrestre,che possiamo contribuire a costruire ead abbellire per avere la meglio su tantogrigiore e tristezza».

Un rapporto stretto tra fede e impresa cheRillosi sta tentando di "esportare" in Pae-si in via di sviluppo come la Nigeria o la

Cambogia, insieme agliex allievi dei salesiani ea un loro ex compagnodi classe, diventato mis-sionario: «Con altri col-leghi e amici sto aiutan-do una comunità localead avviare micro-attivitàche possano dare un fu-turo ai giovani. Il per-corso è difficile e pienodi ostacoli, ma il bello ditutto questo è ancora l’e-

sperienza meravigliosa di fare un segno dicroce insieme a persone di cultura e tra-dizioni diverse dalle nostre».

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In una fase in cui l’emergenza anche e so-prattutto nei Paesi avanzati è l’aumentodelle disuguaglianze e, di fatto, l’erosionedi quella che era considerata la classe me-dia, c’è un paradigma alternativo di cre-scita che risulta "win win", arricchisce lasocietà e contribuisce e ridurre le disu-guaglianze, perché basato sulla condivi-sione. Lo «Sviluppo felice» si sta manife-

stando in almeno quattro ambiti nel no-stro Paese: nelle realtà dell’economia ci-vile che informa larga parte del Terzo set-tore, nel mondo delle imprese profit cheintende andare oltre la Csr, in parti avan-zate del pubblico e, in modo informale,anche nella società civile, con i cittadiniche si auto-organizzano. Ne raccontiamol’evoluzione.

L’esempio

Il credo imprenditoriale diAntonio Rillosi: know howe fede, "guard-rail" per lagovernance dell’azienda

Intervista al presidente dell’Aiart

Padula: «La responsabilità sia il centrodel comunicare e dell’agire economico»COSTANTINO COROS

assimiliano Padula insegna pressoi corsi di Dottrina sociale dellaChiesa promossi dalla Fondazione

Centesimus Annus - Pro Pontifice in colla-borazione con la Pontificia Università Late-ranense. Studioso di processi culturali e co-municativi è presidente dell’Aiart, l’Associa-zione che dal 1954 educa, forma e tutela i cit-tadini mediali. Siamo nella cosiddetta società della comu-nicazione dove tutto è connesso: quale con-tributo può offrire la Dottrina sociale dellaChiesa rispetto alle sfide etiche e educativeposte da questa realtà?Scelgo la parola "responsabilità" come traitd’union tra Dsc e comunicazione. E cito dueEncicliche sociali che fanno di questa di-mensione il proprio cardine: i media – scri-ve Benedetto XVI in Caritas in Veritate – «nelbene e nel male, sono così incarnati nella vi-ta del mondo, che sembra davvero assurdala posizione di coloro che ne sostengono laneutralità». «Le loro dinamiche – ribadisceFrancesco in Laudato si’ – quando diventa-no onnipresenti, non favoriscono lo svilup-po di una capacità di vivere con sapienza, dipensare in profondità, di amare con gene-rosità». Questi due "pezzi" illuminanti di Ma-gistero evidenziano quanto la Dsc possa fa-vorire e accompagnare le azioni comunica-tive attraverso il principio di responsabilità,dimensione assoluta e vincente di ogni a-zione umana, sia essa espressa nella vita of-fline o in quella online.La DSC può essere strumento di formazio-ne per gli operatori della comunicazione ein che modo?Certamente, ma è necessario abbattere al-cune barriere concettuali. Mi piace, a que-sto proposito, usare la parola "discernimen-to". È evidente che, nella contemporaneitàmediale, il ruolo di operatore della comuni-cazione è sfumato, ibrido. Basta possedere u-

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no smartphone ed esprimersi in qualunquesocial media per indossare simultaneamen-te i panni di fruitore e di creatore di conte-nuti. Questo rappresenta un’opportunità dipresenza e incisività sociale. Ma colloca an-che l’uomo in uno status di sovra-responsa-bilità che spesso si traduce in smarrimentoe in incapacità di discernimento autentico.Siamo cittadini mediali, ma sovente non pos-sediamo le bussole per orientarci nel caos diquesta condizione. Formarci medialmentesignifica attivare un processo di educazioneintegrale che metta al primo posto dignitàdella persona e bene comune. Significa, cioè,educarci con e ai principi della Dsc.Grandi media internazionali e globalizza-zione economica sono due facce della stes-

sa medaglia: quale ruolo può assumere laDsc all’interno di questi contesti?Sottolineo ancora una volta la parola "edu-cazione". I principi della Dsc sono unostraordinario manuale educativo perché aiu-tano l’individuo a interpretare la realtà e aviverla con gli occhi della fede. La Dsc rendel’uomo Persona e crea i presupposti per unasocietà libera e virtuosa. Questa prospettivadi senso "tocca" tutti gli ambiti compresol’universo mediale spesso colpevolizzato diessere una deriva della globalizzazione e ri-dotto a un mero processo economico. Nes-suna tecnologia, pero, è un soggetto dotatod’intenzionalità. Dietro ad ogni apparato (econtenuto), infatti, c’è sempre un uomo cheproietta le proprie istanze, trasla la propriaqualità etica, riflette i propri desideri. E lo fanel medium. In un certo senso, i media sia-mo proprio noi perché siamo gli unici capa-ci di dare un senso al mezzo.Le nuove tecnologie sono sempre più pre-senti nel quotidiano. La dottrina sociale puòessere un punto di riferimento per pro-muovere contenuti attenti al rispetto del-l’uomo in quanto immagine di Dio?Anche in questo caso la risposta è afferma-tiva. Basti pensare all’idea di "partecipazio-ne", uno dei fondamenti della Dsc. In Gau-dium et spes, Paolo VI lodava "il modo di a-gire di quelle nazioni nelle quali la maggio-ranza dei cittadini è fatta partecipe della ge-stione della cosa pubblica in un clima di li-bertà". È innegabile che le dinamiche par-tecipative rappresentino uno dei paradigmidella tecno-società. Opportunità di sviluppoeconomico come il crowdsourcing, espe-rienze di co-creazione, espansione di formesolidaristiche (si pensi alla gara di solidarietàpromossa attraverso il web in occasione delrecente terremoto), non possono che con-tribuire a concretizzare quella che il socio-logo Belardinelli definisce "una società civi-le degna dell’uomo".

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Massimiliano Padula

Una riflessione a partire dallaDottrina sociale della Chiesa«L’idea di partecipazione è

fondamentale paradigma dellatecno-società con le sue nuove

opportunità di sviluppoproduttivo e di libertà»