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CHE COS’È LA POLITICA?
La politica viene definita come la scienza e la
tecnica, in quanto comprende sia teoria che prassi,
che ha per oggetto la costituzione, l'organizzazione,
l‟l'amministrazione dello stato e la direzione della vita
pubblica.
Elisabetta Vozza - IV Fs
LA NASCITA DELLA POLITICA
La prima forma di politica cosiccome la intendiamo oggi risale
alla Atene del V secolo a.C, dove la democrazia costituiva senza dubbio l‟esperimento politico più innovativo della storia greca.
Si trattava di un organizzazione politica che, per la prima volta,
riconosceva ai cittadini l‟uguaglianza di fronte alla legge, la
libertà di parola, il diritto di accedere alle cariche pubbliche. Certo, i diritti di cittadinanza erano riservati a una minoranza assai
ristretta, che escludeva le donne, gli schiavi e i meteci (gli
immigrati).
Essa era dunque una democrazia limitata a una categoria esigua di persone, tuttavia il confronto tra il regime politico ateniense e
quello degli altri popoli, evidenziava comunque l‟eccezionalità di
questa forma di governo rispetto agli altri sistemi di potere.
Elisabetta Vozza - IV Fs
L’OPINIONE DEI SOFISTI
Nel contesto dell‟Atene democratica si inserisce il filone dei sofisti, i quali pur non formando mai una scuola filosofica
unitaria, erano accomunati da tematiche e modi di operare
simili. Essi si consideravano veri e propri insegnanti (per la
sofistica la virtù era infatti insegnabile) e, cosa tanto importante quanto (ai tempi) scandalosa, fecero della cultura una
professione, trasmettendo il loro sapere in cambio di
retribuzione.
I sofisti, in accordo con la fase storica che Atene stava attraversando econtrariamente alla scuola ionica di Talete,
Anassimandro e Anassimene, mettono in secondo piano lo
studio della natura vista come "arché", ossia principio primo di
tutto ciò che esiste, preferendo concentrare i loro sforzi filosofici sull'uomo in quanto cittadino della polis.
Elisabetta Vozza - IV Fs
GLI STRUMENTI DEI SOFISTI
Famoso è il detto di Protagora, secondo il quale «l'uomo è la
misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono e di
quelle che non sono in quanto non sono».
Nella democrazia di Pericle c‟era bisogno di intellettuali per
educare la futura classe dirigente. Fu questo il ruolo dei sofisti:
essi istruivano i futuri uomini politici all‟arte dell‟eloquenza,
ovvero l‟arte basata su un abile uso delle parole, che può
trasformare il discorso debole nel discorso forte. Può, cioè, afferrare la mente dell'interlocutore ed ottenere, grazie ad una
buona retorica, la ragione nelle dispute pubbliche e private.
E‟ proprio questo che porta l‟eloquenza della prima
generazione di sofisti a degenerare in eristica (della seconda generazione Callicle, Antifone, Crizia), ovvero una forma di
dialettica che riduceva a contesa verbale finalizzata alla lotta
politica. Elisabetta Vozza - IV Fs
IL DISTACCO DI SOCRATE
Socrate si inserisce nella fase filosofica contemporanea a quella
dei sofisti, dai quali si distacca in modo deciso e netto (almeno
stando alle testimonianze di Platone: sappiamo infatti che Socrate,
per scelta, non scrisse mai nulla del suo pensiero); egli afferma che
esiste una verità unica: ovvero la virtù consiste nella capacità di
distinguere ciò che è bene e ciò che è male.
Socrate infatti sostiene che il male si fa per ignoranza; chi conosce
il bene, infatti, non può volontariamente fare il male andando
contro gli altri e contro se stesso. Contro se stesso perché l'uomo
non può essere diviso dalla realtà in cui vive; e la realtà in cui vive
l'uomo è sociale, una società retta da leggi che è necessario
rispettare, come testimonia la sua stessa vita (egli infatti accettò di
morire pur di rimanere fedele ai suoi ideali).
Socrate non ebbe mai un grande rapporto con la politica. Una
delle categorie "bersagliate" da Socrate è proprio quella dei
politici, che presumono di sapere, ma in realtà non sanno nulla.
Elisabetta Vozza - IV Fs
PLATONE E LO STATO IDEALE
Nella Repubblica Platone realizza la teoria dello Stato Ideale,
ovvero una polis che non esiste nella realtà storica, ma che può
essere proposta come modello per le città reali. Tuttavia il
modello da Platone proposto non risulta essere completamente
irrealizzabile, in quanto egli stesso ad esso ha inspirato la sua
azione presso la corte di Dioniso il Vecchio a Siracusa (quando
tentò di modificare l’assetto politico della città, governata dal
tiranno). In più, ha organizzato l’Accademia come una scuola
filosofica per la formazione dei filosofi, destinati a divenire la
futura classe dirigente dello Stato. Il fondamento dello Stato
Ideale è la giustizia, intesa come rispetto dei propri doveri, in
quanto solo attraverso essa la città può essere governata
secondo il Bene.
Elisabetta Vozza - IV Fs
LA STRUTTURA DELLO STATO
La comunità risulta essere divisa in tre classi: i governanti (caratterizzati dalla
saggezza), i guerrieri (cui peculiarità è il coraggio) e i cittadini-lavoratori (dotati di temperanza).
Sarà unito e giusto lo stato nel quale ogni individuo attenda al cómpito che gli
spetta e riceva quel che merita, in proporzione. In Platone non si può tuttavia
parlare di caste, ma si deve parlare di classi: è ammessa infatti una certa
mobilità sociale, in quanto si può passare da una classe all‟altra (ad esempio nel caso che il figlio di un governante non somigli al padre, potrà esser
retrocesso). Uno degli aspetti fondamentali dello stato ideale delineato da
Platone è il comunismo, fondato sull‟eliminazione della proprietà privata e la condivisione delle donne, completamente eguagliate agli uomini; ogni unione
matrimoniale è infatti temporanea e i figli vanno sottratti ai loro genitori sin dalla nascita, in modo tale da poter essere tutti fratelli. Dallo stato ideale così come
concepito da Platone hanno avuto origine delle forme degenerate: la
timocrazia, l‟oligarchia, la tirannide e la democrazia, criticata in quanto precedentemente aveva portato alla morte di Socrate, motivo per cui egli
decise di elaborare la Repubblica.
Elisabetta Vozza - IV Fs
LA VISIONE DI ARISTOTELE
L‟interesse di Aristotele per la politica deriva dal periodo trascorso nell‟Accademia di Platone.
L‟esigenza di elaborare una teoria politica deriva dalla
convinzione che l‟uomo per poter essere virtuoso debba vivere
con gli altri, in qunato non basta a sé stesso.
Aristotele si distacca dalla visione di Stato di Platone, in quanto
rifiuta i concetti di comunione di beni e delle donne, ma anche
perché risulta più realista; cerca infatti di delineare le
condizione necessarie per la costruzione di uno stato ideale in
rapporto alla condizione storica attuale.
Elisabetta Vozza - IV Fs
LE FORME DI GOVERNO
Aristotele individua tre forme di governo:
• Governo di uno monarchia
• Governo di pochi aristocrazia
• Governo di molti politia
Quando chi governa bada esclusivamente ai propri interessi, esse
degenerano in:
tirannide oligarchia democrazia
Elisabetta Vozza - IV Fs
IL GOVERNO IDEALE
La forma di governo ideale per Aristotele è una via di
mezzo tra oligarchia e politìa, in quanto a governare
devono essere i molti, ma tale moltitudine deve essere
rappresentata dalle persone agiate, che possono pensare
al benessere proprio e altrui.
Aristotele discrimina la democrazia, in quanto governo
della massa di indigenti che aspirerebbero ad eliminare le
differenze sociali ed economiche che esistono per natura.
I fini per cui esiste lo Stato sono la felicità e il benessere,
raggiungibili in una società in cui tutti sono integrati. Per
poter essere efficiente, lo stato deve essere retto da
persone virtuose.
Elisabetta Vozza - IV Fs
LA POLITICA NELL’EPICUREISMO
L‟etica epicurea era basata sul piacere, che era il
criterio naturale per raggiungere la felicità.
Il rifiuto della politica da parte degli epicureisti si
esprime nel motto «Vivi nascosto». Secondo l‟etica
epicurea la vita politica è causa di turbamento e
quindi di smarrimento della felicità. Lo stato è
necessario, ma il saggio non si occupa di esso.
Dài a Cesare quel che è di Cesare e goditi la vita
nella tua comunità di amici.
Elisabetta Vozza - IV Fs
LA POLITICA DI SAN TOMMASO
San Tommaso d‟Aquino occupa una posizione di rilievo nella storia del
pensiero politico. Fu uno dei primi medievali a leggere e commentare
la Politica di Aristotele e riuscì a coniugare le tesi di Aristotele con
quelle della tradizione cristiana, elaborando una sintesi originale e
coerente con il resto della sua filosofia.
Come Aristotele, San Tommaso, ha un approccio realista: cerca di
osservare e descrivere la realtà politica com‟è, nel bene e nel male,
per comprendere l‟ordine che essa rivela e quindi ottenere indicazioni
anche operative su come migliorarla, per quanto è possibile.
Per Tommaso, il potere è un bene voluto da Dio, per aiutare l‟uomo a
raggiungere il suo fine, ossia a perfezionare la sua natura e, in ultima
istanza, a raggiungere la salvezza eterna. Per lui, infatti, il potere
politico non è mai mero uso della forza, ma è sempre legato
all‟autorità, che è la capacità, di chi comanda, di dare disposizioni
razionali, cioè conformi all‟ordine che è già realizzato e richiede che
noi lo completiamo.
Elisabetta Vozza - IV Fs
IL RISPETTO DELL’AUTORITÀ
L‟autorità politica va ubbidita perché è presupposta dall‟ordine posto
da Dio. A meno che non si tratti di un‟autorità politica illegittima (e
quindi di una “non autorità”), dobbiamo rispettarla, anche se i suoi
comandi tornano a nostro svantaggio. Semmai l‟autorità dovesse
cercare di imporci azioni od omissioni contrarie all‟ordine morale, in tali
casi dobbiamo, comunque, fare sempre e solo il bene, anche se
questo può costarci caro, come sperimentò Socrate
Elisabetta Vozza - IV Fs
MACHIAVELLI: LA SCIENZA POLITICA
Machiavelli fu il fondatore della scienza politica, una nuova disciplina
autonoma da ogni valore umano e religioso. Egli partì dal presupposto
secondo cui nel corso della storia gli eventi si verificherebbero in modo
costante, cosicchè traendo esempio dal passato sia possibile
affrontare al meglio il presente e il futuro.
Nella sua opera più importante, Il Principe, Machiavelli delinea le
caratteristiche del governatore ideale, un uomo politico che deve
essere dotato di forza e astuzia. Egli deve dunque possedere la virtù,
ossia la capacità di adattarsi sempre alle circostanze e sfruttare le
occasioni favorevoli a suo vantaggio per dominare la fortuna, l‟unico
fattore che potrebbe mutare il corso costante degli eventi.
La conoscenza della storia per il principe è di fondamentale
importanza, in quanto attraverso essa si può conoscere la natura
umana ed essere in grado quindi di governare gli uomini.
Elisabetta Vozza - IV Fs
IL FILONE UTOPISTICO
Elisabetta Vozza - IV Fs
PLATONE
LA REPUBBLICA
BACONE
LA NUOVA
ATLANTIDE
CAMPANELLA
LA CITTA‟ DEL
SOLE
TOMMASO
MORO
L‟UTOPIA
Elisabetta Vozza - IV Fs
La città del sole rappresenta la proiezione di un modello di società
pacifica e giusta in un luogo immaginario, modellato sulla base delle
Repubblica di Platone.
La città utopica immaginata dall’autore è retta da un Principe
Sacerdote, chiamato appunto Sole (o Metafisico). Detiene assoluto
potere spirituale e temporale e deve possedere tre requisiti
fondamentali: erudizione, saggezza e conoscenza, oltre ad avere un’
età superiore ai 35 anni perché abbia l’esperienza necessaria a
dirigere uno stato.
LE CARATTERISTICHE DELLA CITTA’
Anche in questo testo, come si ritrova nella dottrina Platonica, il filosofo è la figura più adatta a governare, in virtù della sua
saggezza e della ricerca della conoscenza. È assistito da tre
Prìncipi: Pon, Sin, Mor; rispettivamente: Potestà Sapienza ed
Amore.
La città è divisa in sette grandi gironi che portano i nomi dei
pianeti, in modo tale da renderla inespugnabile.
Uno dei fondamenti della Città del Sole è la comunanza dei
beni, i solari infatti dividono la stessa mensa e vestono gli stessi
costumi, ognuno ha pari opportunità e riceve eguale
educazione da infante: come nella Repubblica, l‟abolizione
della proprietà privata è alla base dell‟uguaglianza tra le
persone a prescindere dalla discendenza o dalla stirpe.
Elisabetta Vozza - IV Fs
LA SOCIETA’
Anche le donne sono in comune, e gli accoppiamenti sono gestiti e
diretti da Mor, il quale tiene in considerazione principalmente
l‟equilibrio necessario. I bambini crescono assieme, e come nella
Repubblica, non conoscono i genitori. L‟unica differenza con il testo di
Platone è che le unioni avvengono tra individui con le stesse
caratteristiche e qualità.
La religione ha un ruolo fondamentale in questa città, è una religione
naturale, razionale, che però si identifica con i dogmi della religione
cattolica, per cui i solari credono spontaneamente in un Dio uno e trino
e in tutti gli altri dogmi della religione cattolica.
Campanella ritiene che gli abitanti della Città del Sole debbano tutti
lavorare sia manualmente che intellettualmente in modo da poter
garantire a tutti il tempo di potersi dedicare alle attività intellettuali.
Valorizza le arti pratiche quanto quelle liberali. Dimostra che si può
lavorare quattro ore al giorno e per il resto del tempo dedicarsi all‟
“imparare giocando”, cioè all‟approfondire delle esperienze
intellettuali in modo da recarsi piacere
Elisabetta Vozza - IV Fs
IL LAVORO E L’EDUCAZIONE
Nella Città del sole gli abitanti lavorano quattro ore al giorno e per il resto del tempo si dedicano all‟ “imparare giocando”,
cioè all‟approfondire delle esperienze intellettuali in modo da
recarsi piacere.
Su questo principio si basa anche la pedagogia: Per lui i bambini devono essere condotti dai maestri lungo le sette mura
che circondano la città istoriate in modo da costituire il libro di
testo su cui devono essere formati, vengono addestrati
visivamente e direttamente ad un sapere enciclopedico. La scuola non si deve svolgere in ambiente chiuso perché
l‟istruzione non deve essere una costrizione.
Elisabetta Vozza - IV Fs
BACONE E LA POLITICA
Elisabetta Vozza - IV Fs
L‟opera che segna il pensiero politico di Bacone fu senz‟altro
“La nuova Atlantide”.
Fu pubblicata a circa due anni dalla sua morte, avvenuta nel 1626.
Nel libro si nota sicuramente l‟influenza dalle opere di:
Campanella (“La città del sole”)
Platone (“Crizia”)
Tommaso Moro (Utopia)
Il testo è chiaramente una chiave utopistica.
CONTENUTO DELL’OPERA
Elisabetta Vozza - IV Fs
Bacone ci racconta di ben 60 viaggiatori i quali, essendo partiti dal lontano Perù per andare in Asia, naufragano nell'isola detta Bensalem, presso i mari del Sud (sovrapposizione dei nomi di Betlemme e Gerusalemme).
Attraverso il racconto in prima persona di uno dei naufraghi, si conosce la cultura e la vita del popolo dell'isola.
Religione Cristiana
Economia Autosufficiente
Governo Casa di Salomone
Capi Scienziati
Aspirazione della ragione a dominare la natura per realizzare uno Stato ideale
MORO E LA POLITICA
L'Utopìa è un libro di Tommaso Moro, pubblicato in latino aulico nel 1516, in cui è descritto il viaggio immaginario di Raffaele Itlodeo in una fittizia isola-regno, abitata da una società ideale.
Utopia esprime il sogno
rinascimentale di una società
pacifica dove sia la cultura a
dominare e a regolare la vita degli
uomini.
Moro rimase influenzato dagli scritti di Luciano che egli
operò congiuntamente con Erasmo da Rotterdam
Elisabetta Vozza - IV Fs
L’UTOPIA
Moro presenta l'Inghilterra del XV secolo elencandone i difetti, le contraddizioni, soprattutto sociali ed economiche
Prima parte
Narrazione del
viaggio che
Raffaele Itlodeo,
viaggiatore-filosofo,
compie per primo
nell'isola di Utopia,
una societas
perfecta, creata
dal suo primo re, Utopo, che con
un'opera titanica
tagliò l'istmo che la
congiungeva con il continente.
Seconda parte
Elisabetta Vozza - IV Fs
Utopia
Divisa in 54 città
Ha saputo risolvere i suoi contrasti sociali,
grazie ad un innovativo sistema
di organizzazione politica
La proprietà privata è stata abolita Il commercio è pressoché inutile,
tutto il popolo inoltre è impegnato
a lavorare la terra circa
sei ore al giorno
Il resto del tempo deve essere
dedicato allo studio e al riposo
Gli abitanti lavorano
6 ore al giorno
Elisabetta Vozza - IV Fs
HOBBES
Hobbes fu principalmente un filosofo politico, non nel senso che si
occupò attivamente di politica, né come uomo di parte né come
consigliere, ma in un senso più pieno, egli fu essenzialmente un „dotto‟,
un teorico della politica.
La filosofia politica di Hobbes si sviluppa secondo il modello
giusnaturalistico, partendo da un primo polo: lo stato di natura.
Hobbes individua lo stato di natura in uno stato di guerra di tutti contro
tutti, dice nel Leviathan; Unico fine dell‟uomo nello stato di natura
consiste nell‟esercitare il proprio diritto di autoconservazione:
conservare se stessi e ampliare il dominio di sé sul mondo. È un diritto
assoluto, illimitato di appropriazione su tutto ciò che gravita intorno
all‟individuo. In quest‟ottica l‟uomo cerca nel proprio simile solo il
proprio vantaggio, non vi sono regole che organizzino i rapporti
reciproci, ogni uomo vede nell‟altro uomo un lupo pronto ad
approfittare della sua debolezza per trarre vantaggio.
Elisabetta Vozza - IV Fs
L’USCITA DALLO STATO DI NATURA
Per ottenere il bene supremo della pace e della propria
autoconservazione bisogna uscire dallo stato di natura e costituire la
società civile. L‟accordo che fonda lo stato ha come scopo la costituzione di un
potere comune, e l‟unico modo per costituirlo è che tutti
acconsentano a rinunciare al potere proprio e a trasferirlo ad un‟unica
persona, sia essa una persona fisica o giuridica come un‟assemblea.
Elisabetta Vozza - IV Fs
Hobbes chiama questo accordo "Patto d’unione"
LO STATO ASSOLUTISTICO
• Lo stato è irrevocabile poiché nasce da un patto stipulato tra i singoli
individui e il sovrano e non tra il popolo e il sovrano. I singoli si trovano
infatti vincolati sia nei confronti di tutti gli altri cittadini, sia nei
confronti del sovrano, con la conseguenza da un lato che non la
semplice maggioranza ma l‟accordo unanime di tutti i contraenti
potrà decidere la rottura del contratto (impossibilità di fatto a
revocare il contratto); d‟altro lato sarà necessario il consenso stesso
del sovrano allo scioglimento del mandato (impossibilità di diritto).
• Lo stato è assoluto nel senso di legibus solutus, sciolto, svincolato dal
rispetto di ogni legge.
Non si trova in Hobbes una teoria dell‟abuso del potere in quanto
abuso significa superamento dei limiti stabiliti, ma non può esservi
abuso dove non vi sono limiti.
Elisabetta Vozza - IV Fs
JOHN LOCKE
La filosofia politica di Locke è strettamente legata alle vicende
dell‟Inghilterra della Gloriosa Rivoluzione (1688), alla contrapposizione
Tories, Wighs, alla diffusione del modello politico liberale a sostegno di
posizioni anti-assolutistiche.
Locke come Hobbes si ricollega al concetto di stato di natura, ma
mirando a convogliare le possibili implicazioni di questa dottrina verso
la salvaguardia delle libertà individuali, approda ad un esito opposto
rispetto al modello assolutistico di Hobbes.
La sua concezione politica è esposta in due Trattati sul governo civile,
stesi tra il 1680 e il 1683, ma pubblicati nel 1690.
Il primo trattato nasce in risposta ad un testo di Filmer, teorico
dell‟assolutismo monarchico, dal titolo Patriarca, ovvero il potere
naturale del re.
La tesi con la quale Locke avversa Filmer consiste nel sostenere il
consenso come principio di legittimità di un potere introducendo così
la propria teoria dello stato liberale.
Elisabetta Vozza - IV Fs
STATO DI NATURA > STATO CIVILE
Contrariamente ad Hobbes Locke immagina la condizione naturale dell‟uomo come uno stato di pace nel quale le possibili
violazioni non ricevono sanzioni da un potere organizzato, ma
dall‟iniziativa individuale.
Nello stato di natura l‟uomo gode già di diritti: il diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza e il diritto alla proprietà introdotta
dall‟uomo con la creazione della moneta.
Lo stato di pace universale tratteggiato da Locke è ipotetico:
sarebbe uno stato di pace se gli uomini fossero tutti e sempre
razionali perché solo l‟uomo razionale obbedisce alle leggi di
natura senza esservi costretto. Ma gli uomini non sono tutti
razionali, dunque le leggi di natura possono essere violate, e per
la mancanza di un giudice super partes, lo stato di natura
rischia continuamente di degenerare in uno stato di guerra.
Elisabetta Vozza - IV Fs
I DIRITTI NELLA SOCIETA’ CIVILE
La società politica fonda la propria legittimazione sul principio del consenso ed in base a questo criterio si distingue dalle altre
forme di società. Con il contratto l‟uomo non rinuncia a tutti i
propri diritti naturali per trasferirli nello stato, ma rinuncia solo al
diritto di farsi giustizia da sé; ciò che manca infatti nello stato di natura è la presenza di un giudice imparziale che risolva le
controversie, prima causa della degenerazione della pace in
violenza.
Elisabetta Vozza - IV Fs
BARUCH SPINOZA
Spinoza tratta di politica all‟interno del Tractatus, sottolineando come «prima di trattare dei fondamenti dello stato, è
opportuno trattare del diritto naturale di ognuno».
Nello STATO DI NATURA infatti l‟uomo esplica il proprio diritto
naturale agendo in vista della conservazione del proprio essere.
Tra gli uomini vive per diritto di natura sia chi dirige la propria
vita secondo i dettami della ragione, sia chi, non conoscendo
la ragione, segue le leggi dell‟appetito, dell‟istinto.
La maggior parte degli uomini ha bisogno di essere educata ad
una vita secondo ragione, ma nel frattempo deve pur vivere e
conservarsi rispondendo all‟appetito, dal momento che la
natura non ha fornito nient‟altro.
Elisabetta Vozza - IV Fs
IL PASSAGGIO ALLO STATO CIVILE
Lo stato nasce con lo scopo di limitare gli appetiti e contenere gli uomini entro il limiti della ragione.
Con la costituzione del patto ognuno trasferisce tutta la sua
potenza alla società che da sola detiene il sommo diritto su
tutto e dunque il sommo potere a cui ciascuno sarà tenuto ad
obbedire, o liberamente o per timore del supremo castigo.
Questo contratto non è però verso terzi, ma a favore della
collettività di cui ciascuno è parte, e istituisce l‟associazione di
tutti che gode collegialmente del diritto a tutto ciò che può.
Il compito della stato infatti è rendere l‟uomo libero, cioè in
grado di vivere sotto la guida della ragione, e il rispetto delle
leggi è lo strumento che lo libera.
Elisabetta Vozza - IV Fs
IMMANUEL KANT
Kant tratta di politica in due opere: la Critica della
ragion pratica e la Pace Perpetua
Elisabetta Vozza - IV Fs
l‟uomo, obbedendo alla legge
morale, diventa partecipe di una
realtà soprasensibile e razionale che
Kant chiama «regno dei fini» in cui è
possibile attuare una comunione
spirituale tra tutti gli esseri “morali”
presenti, in cui il cardine è il rispetto
della dignità di tutti e della libertà di
tutti.
KANT E LA POLITICA
Kant non ignora affatto le tesi Lockiane sul liberalismo, perché anche lui afferma che lo Stato mira a garantire la libertà di ogni persona contro chiunque altro. Lo "Stato repubblicano" che delinea si basa su "Tre principi della ragione":
La Libertà (in quanto uomo).
L'Uguaglianza
di tutti quanti di fronte alla legge
(in quanto sudditi).
L'Indipendenza dell'individuo
(in quanto cittadino).
Elisabetta Vozza - IV Fs
STATO =
Contratto
tra gli uomini
che mediante la
RAGIONE
ne comprendono i reciproci
vantaggi e convenienze
Elisabetta Vozza - IV Fs
ACCORDO
TRA
CITTADINI
= STATO PACE
ACCORDO
TRA STATI
= FEDERAZIONE
PACE
PERPETUA
Elisabetta Vozza - IV Fs
Kant : “La socievole insocievolezza
degli uomini”
Ogni uomo è
lupo per l’altro
uomo
Ma se si uniscono e si regolano gli egoismi
È possibile progredire e
svilupparsi
Elisabetta Vozza - IV Fs