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Pensieri, spunti, riflessioni dalla PAROLA DI DIO e dalla Vita Mese di APRILE 2002

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Pensieri, spunti, riflessioni dalla

PAROLA DI DIO e dalla Vita

Mese di APRILE 2002

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Cuore divino di Gesù, io ti offro per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, madre della Chiesa, in unione al

Sacrificio eucaristico, le preghiere e le azioni, le gioie e le

sofferenze di questo giorno: in riparazione dei peccati, per la salvezza di tutti gli uomini, nella grazia dello Spirito

Santo, a gloria del divin Padre.

In particolare:

Perché nelle rapide e molteplici mutazioni in atto nel mondo contemporaneo sia valorizzato il ruolo della

famiglia nella sua fondamentale vocazione di cui della vita e di scuola di fede e di valori.

Perché sorrette dall‘eroica testimonianza dei martiri del nostro tempo, le Comunità ecclesiali annuncino con

coraggio sempre nuovo Gesù Cristo, Redentore dell‘uomo.

Perché, a imitazione di santa Caterina da Siena, patrona d‘Italia, nutriamo grande e illuminata fiducia

nella Divina Provvidenza.

Cuore di Gesù, rivesti i tuoi ministri di santità e di carità perché cooperino secondo il tuo Cuore

Stampato in proprio

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LUNEDI’ 1

Lunedì dell’Angelo;

Sant’ Ugo di Grenoble; San Celso; Sant’Irene

Parola di Dio: Atti 2,14.22-32; Sal. 15; Mt 28,8-15

Dagli Atti degli Apostoli 2,14.22-32

[14]Allora Pietro, levatosi in piedi con gli altri Undici, parlò a voce alta così: «Uomini di Giudea, e voi tutti che vi trovate a Gerusalemme, vi sia ben noto questo e fate attenzione alle mie parole: [22] Gesù di Nazaret uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso operò fra di voi per opera sua, come voi ben sapete, [23]dopo che, secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, fu consegnato a voi, VOI L'AVETE INCHIODATO SULLA CROCE per mano di empi E L'AVETE UCCISO. [24]MA DIO LO HA RISUSCITATO, sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. [25]Dice infatti Davide a suo riguardo: Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; poiché egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. [26]Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua; ed anche la mia carne riposerà nella speranza, [27]perché tu non abbandonerai l'anima mia negli inferi, né permetterai che il tuo Santo veda la corruzione. [28]Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza. [29]Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e la sua tomba è ancora oggi fra noi. [30]Poiché però era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, [31]previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne vide corruzione. [32]Questo Gesù Dio l'ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni.

Pietro, il timoroso Pietro che aveva rinnegato Gesù davanti ad un

serva che lo indicava come suo discepolo, il giorno della Pentecoste,

parlando ai Giudei, non ha peli sulla lingua e dice loro: ―Voi lo avete

crocifisso‖. Ma Pietro non si rivolge solo ai religiosi di allora, parla

anche per noi e vuol dirci con chiarezza che ogni volta noi vogliamo

fare a meno di Dio fidandoci solo di noi stessi, delle nostre formule,

anche religiose, creiamo opere di morte e crocifiggiamo Dio stesso;

quando invece lasciamo operare Lui, rendendoci disponibili, è la vita

a trionfare.

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A riprova di questo prendiamo anche eventi storici a noi vicini o

contemporanei. Quando Dio è usato ai propri fini si riesce addirittura,

con una terribile aberrazione a giustificare il terrorismo, le guerre di

religione, le pulizie etniche, immagini di Dio e bandiere di eserciti e di

stati si mescolano e il tutto produce in tanti modi diversi la morte, e

mentre si crocifigge Dio, anche l‘uomo muore su tante croci innalzate

non dalla fede, ma dagli interessi e orgogli umani ben mascherati.

Dio invece crea solo vita. Dio ha fatto risorgere suo Figlio perché, pur

gridando, si è abbandonato totalmente alla sua volontà. Se noi

accogliamo Dio, se vogliamo fare la sua volontà ecco che la nostra

vita assume un significato profondo, di eternità, ed ecco che attorno

a noi attraverso l‘amore sorgono segni di vita nuova per i nostri

fratelli e chiari segni di speranza per l‘umanità intera.

MARTEDI’ 2

San Francesco da Paola; S. Maria Egiziaca; Sant’Abbondio

Parola di Dio: Atti 2,36-41; Sal. 32; Gv. 20,11-18

Dal Vangelo secondo Giovanni 20,11-18

[11]Maria invece stava all'esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro [12]e vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. [13]Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto». [14]Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. [15]Le disse Gesù: «DONNA, PERCHÉ PIANGI? Chi cerchi?». Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo». [16]Gesù le disse: «Maria!». Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: «Rabbunì!», che significa: Maestro! [17]Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma và dai miei fratelli e dì loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro». [18]Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli: «Ho visto il Signore» e anche ciò che le aveva detto.

Lasciamo commentare l‘episodio odierno del Vangelo nientemeno che

da Sant‘Ambrogio:

―Donna perché piangi? Chi cerchi? Piangi piuttosto per te, perché

ancora non credi nel Cristo!

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Piangi perché ancora non lo vedi? Credi e lo vedrai! Egli è presente e

non manca mai a coloro che lo cercano.

Perché piangi? Non deve piangere chi ha fede ardente e degna di

Dio. Non pensare più alle cose caduche, e così non piangerai più!

Non pensare alle cose passeggere, e così non avrai più motivo di

piangere!

Perché piangi, quando questa è l‘ora in cui tutti sono pieni di

allegrezza?

Chi cerchi? Non vedi che il Cristo è qui presente? Non vedi che il

Cristo è la potenza e la sapienza di Dio? Egli è la santità, la castità,

l‘integrità. Egli è nato dalla Vergine, procede dal Padre, è presso il

Padre, è sempre nel Padre. Nato, non fatto, mai separato da Lui ma

sempre a Lui caro, Dio vero da Dio vero.

―Hanno portato via dal sepolcro il mio Signore e non so dove

l‘abbiano messo‖

O donna, tu sbagli! Pensi che altri abbia portato via dal sepolcro il

suo corpo, e che Egli non sia risorto per virtù propria. Nessuno ha

portato via la Virtù di Dio, la Sapienza di Dio, la Castità santa. Il

Signore non può essere tolto dal sepolcro del giusto e neppure dal

cuore della sua vergine e dall‘intimo dell‘anima pia. Chi tentasse di

farlo non ci riuscirebbe.

Il Signore le dice: ―Maria, guardami!‖ La chiama donna quando essa

non guarda, quando comincia a credere la chiama Maria. Cioè prende

il nome di Colei che generò il Cristo, perché allora l‘anima genera

spiritualmente il Cristo.

Guardami!

Chi guarda Cristo si converte; chi non lo vede erra nel peccato!‖

MERCOLEDI’ 3

San Riccardo; San Gandolfo

Parola di Dio: Atti 3,1-10; Sal. 104; Lc. 24, 35-38

Dagli Atti degli apostoli 3,1-10

[1]Un giorno Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera verso le tre del pomeriggio. [2]Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita e lo ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta «Bella» a chiedere l'elemosina a coloro che entravano nel tempio. [3]Questi, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, domandò loro l'elemosina. [4]Allora Pietro fissò lo sguardo su di lui insieme a Giovanni e disse: «Guarda verso di noi». [5]Ed egli si volse verso di loro, aspettandosi di ricevere qualche cosa. [6]Ma PIETRO GLI DISSE: «NON

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POSSIEDO NÉ ARGENTO NÉ ORO, MA QUELLO CHE HO TE LO DO:

NEL NOME DI GESÙ CRISTO, IL NAZARENO, CAMMINA!». [7]E, presolo per la mano destra, lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono [8]e balzato in piedi camminava; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio. [9]Tutto il popolo lo vide camminare e lodare Dio [10]e riconoscevano che era quello che sedeva a chiedere l'elemosina alla porta Bella del tempio ed erano meravigliati e stupiti per quello che gli era accaduto.

Un povero che allunga la mano, una donna abbandonata dal marito

che sai essere in difficoltà, un malato che chiede salute e

comprensione… quante volte ci siamo trovati davanti a queste palesi

o mute richieste. Qualche volta abbiamo anche cercato di condividere

qualcosa di nostro, spesso però ci siamo trovati davanti all‘impotenza

di fare o di dare quello che ci veniva richiesto e forse, qualche volta

qualcuno di noi ha anche sbuffato dicendo: ―Ma tu, Dio che puoi tutto

non ci pensi un po‘ ai tuoi figli?!‖

Pietro e Giovanni stanno andando a pregare al tempio e sulla porta

trovano uno storpio, un paralitico, che chiede l‘elemosina. Mi piace

immaginare la scena: guardano nella cintura per vedere se c‘è

qualche moneta, ma, cerca pure nelle pieghe più profonde, non

trovano nulla. Che meraviglia se anche oggi succedesse così! Se in

certe parrocchie o certe congregazioni religiose ci fosse ancora la fila

dei richiedenti e si dovesse con sincerità dire: ―Non abbiamo più nulla

perché abbiamo dato via tutto, anche quello che ci serviva…‖ Ma…un

momento…, sia Pietro e Giovanni che noi (se davvero avessimo fatto

così) nella nostra estrema povertà ci accorgeremmo di essere ricchi

di una cosa che possiamo dare e che non finisce mai: Gesù Cristo.

Se è Cristo che mi ha spinto al dono, se è per Cristo che sono

diventato povero, se mi accorgo di essere umanamente impotente,

ho Lui da donare. E, mi raccomando, non facciamo confusione, non si

tratta di mettersi a parlare di Gesù a chi ha fame, non si tratta di

dire ad un malato ―Beato te che soffri perché sei più simile a Gesù

crocifisso‖, si tratta di far vedere che Cristo è vita, si tratta di

manifestare con gesti la sua solidarietà con i sofferenti, si tratta di

lottare con la forza di Cristo perché anche altri che hanno, comincino

a donare… ed ecco allora i miracoli: lo storpio che balza in piedi e si

mette a saltare di gioia, il drogato disperato che riesce a venire fuori

dal suo buio, il cuore violento che riesce a perdonare, perfino… un

credente che finalmente riesce ad incontrare Gesù!

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GIOVEDI’ 4

Sant’Isidoro

Parola di Dio: Atti 3,11-26; Sal. 8; Lc. 24,35-48

Dal Vangelo secondo Luca 24,35-48

[35]Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane. [36]Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». [37]Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. [38]Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? [39]Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». [40]Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. [41]Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». [42]Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; [43]egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. [44]Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». [45]Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse: [46] «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno [47]e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. [48]DI QUESTO VOI SIETE TESTIMONI.

Di che cosa sono testimoni gli apostoli? Essi hanno incontrato un

uomo, Gesù, un maestro, e lo hanno seguito. Hanno visto come

viveva, come parlava, come operava. Poco per volta si sono convinti

che non era soltanto un uomo, un grand‘uomo, ma che davvero Dio

era con Lui, che era il Figlio di Dio, il Messia promesso. Sono stati

testimoni anche della sua Passione di amore per gli uomini, anzi loro

stessi ne sono stati coinvolti con le loro paure, dubbi e incertezze.

Sono testimoni che Gesù è davvero morto, che è stato sepolto, sono

testimoni, ora, che Lui è vivo: lo hanno toccato con le loro mani,

hanno constatato le ferite delle sua passione in un corpo vivente,

hanno mangiato con Lui risorto, hanno compreso la veridicità di tutte

le sue parole comprovata dal fatto che Dio ha risuscitato suo Figlio…

e allora, possono andare in tutto il mondo ad annunciarlo con le loro

parole, ma soprattutto con la forza che viene da quel Vivente, lo

Spirito Santo.

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Ma Gesù lo dice anche a noi: ―Di questo voi mi siete testimoni‖ e noi

balbettiamo: ―Ma io non c‘ero in Palestina, io non ho visto, io non ho

mangiato con Te risorto, al massimo l‘ho sentito da altri…‖

Ma è proprio così? Per me e per te Gesù è solo una storia raccontata

da altri?

―Io sono con voi tutti i giorni‖, ma lo cerco? lo sento presente? lo

vedo operante nella mia vita e nel mondo? I suoi gesti di amore, di

attenzione per i piccoli e per i poveri sono ancora presenti nel mio

operare e in quello dei cristiani?

―Fate questo in memoria di me!‖ La mia Eucarestia è un rito, una

preghiera, o l‘incontro con il Pane vivo, la memoria viva della

passione e morte e risurrezione di Cristo? Mi incontro con un pezzo di

pane o con il Risorto da morte?

―Ogni volta che avrete fatto queste cose al più piccolo dei miei fratelli

lo avrete fatto a me‖. Non si tratta di camuffare il fratello da Gesù, si

tratta di incontrare un fratello vivo e un Cristo vivente sia in lui che

in me!…. Allora, davvero, Gesù può dirlo anche noi: ―Mi sarete

testimoni su tutta la terra‖.

VENERDI’ 5

San Vincenzo Ferrer

Parola di Dio: Atti 4,1-12; Sal. 117; Gv. 21,1-4

Dagli Atti degli apostoli 4,1-12

[1]Stavano ancora parlando al popolo, quando sopraggiunsero i sacerdoti, il capitano del tempio e i sadducei, [2]irritati per il fatto che essi insegnavano al popolo e annunziavano in Gesù la risurrezione dai morti. [3]Li arrestarono e li portarono in prigione fino al giorno dopo, dato che era ormai sera. [4]Molti però di quelli che avevano ascoltato il discorso credettero e il numero degli uomini raggiunse circa i cinquemila. [5]Il giorno dopo si radunarono in Gerusalemme i capi, gli anziani e gli scribi, [6]il sommo sacerdote Anna, Caifa, Giovanni, Alessandro e quanti appartenevano a famiglie di sommi sacerdoti. [7]Fattili comparire davanti a loro, li interrogavano: «Con quale potere o in nome di chi avete fatto questo?». [8]Allora Pietro, pieno di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, [9]visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato ad un uomo infermo e in qual modo egli abbia ottenuto la salute, [10]la cosa sia nota a tutti voi e a tutto il popolo d'Israele: NEL NOME DI GESÙ

CRISTO IL NAZARENO, CHE VOI AVETE CROCIFISSO E CHE DIO

HA RISUSCITATO DAI MORTI, COSTUI VI STA INNANZI SANO E

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SALVO. [11]Questo Gesù è la pietra che, scartata da voi, costruttori, è diventata testata d'angolo. [12]In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati».

Quale grande cambiamento ha fatto fare lo Spirito Santo a Pietro.

Durante la vita pubblica di Gesù, Pietro ha sempre parlato in prima

persona: ―Io credo… darò la mia vita per te… non conosco

quell‘uomo…‖. Dopo la cura dello Spirito Santo, proprio in momenti in

cui avrebbe potuto inorgoglirsi per ―aver compiuto un miracolo‖,

Pietro riconosce di non essere lui il centro del palcoscenico. Il

miracolo dello storpio guarito è avvenuto per opera di Gesù che non

si vede ma che è vivo, presente attraverso loro; il coraggio della

testimonianza non è qualcosa nato improvvisamente in persone

paurose, ma è di nuovo Gesù che parla e agisce attraverso loro. Dare

la vita, destare coraggio e speranza, creare un clima d'amore, non è

opera degli uomini, bensì opera di Dio in Gesù Cristo.

Se noi cristiani avessimo davvero sempre presente questo modo di

intendere e di agire, quanti meno guai ci sarebbero nella Chiesa e

quanto più spazio lasceremo a Dio di poter operare a favore di tutti e

di ognuno. Quando un predicatore o un sedicente testimone parlano

più di se stessi che di Dio, nasce la divisione, il culto della persona, la

lotta per il potere e Gesù non è più vivo. Quando invece hai tentato

di fare qualcosa nel suo nome, non cercare il tuo successo personale,

lascia spazio al Signore, non costringerlo nei tuoi piccoli schemi

(anche se fossero gli schemi della Chiesa), non pretendere di vedere

i risultati che umanamente ti saresti voluto aspettare, lascia che

faccia Lui, con i suoi tempi, con il suo amore per le persone, riconosci

a Lui la possibilità di fare miracoli e scoprirai in modi sempre

meravigliosi e nuovi che il risorto opera e, mentre si serve anche di

te, a te si manifesta come vivente.

SABATO 6

Santa Giuliana di Cornillon

Parola di Dio: Atti 4,13-21; Sal. 117; Mc. 16,9-15

Dal Vangelo secondo Marco 16,9-15

[9]Risuscitato al mattino nel primo giorno dopo il sabato, apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva cacciato sette demòni. [10]Questa andò ad annunziarlo ai suoi seguaci che erano in lutto e in pianto. [11]Ma essi, udito che era vivo ed era stato visto da lei, NON VOLLERO CREDERE.

10

[12]Dopo ciò, apparve a due di loro sotto altro aspetto, mentre erano in cammino verso la campagna. [13]Anch'essi ritornarono ad annunziarlo agli altri; ma NEANCHE A LORO VOLLERO CREDERE. [14]Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché NON AVEVANO CREDUTO a quelli che lo avevano visto risuscitato. [15]Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.

Il Vangelo di Marco è sempre sintetico nel suo raccontare, quindi

ancor maggiormente ci colpisce il fatto che, nel giro di poche righe in

cui riassume le apparizioni di Gesù, quasi fosse un ritornello, ritorna

questa frase a proposito dei discepoli: ―Non vollero credere‖. La

risurrezione è un mistero di fede e negli Apostoli, c'era una

resistenza alla fede.

Sembra strano: la risurrezione è mistero di gioia, di grande gioia, di

gioia divina: perché non credere? Invece di accogliere con cuore

largo la gioia, preferiamo trovare sempre in noi e in chi ci vive vicino

motivi di preoccupazione e di tristezza. Diciamo di volere la felicità

ma nei fatti, per amor proprio, siamo attaccati alla nostra tristezza e

sotto l'effetto di questa, vediamo le cose nell'oscurità dell'amor

proprio, della nostra illusione, invece di vederle nella luce divina, la

luce della risurrezione.

Come sarebbe bello poterci liberare dalla tristezza! Pensare positivo,

nonostante tutto. Accogliere la gioia di sapere Cristo risorto e di

credere che anche noi siamo sulla strada della risurrezione definitiva.

La fede vera non è certamente come quello che sto per dirvi, ma

proviamo anche solo a fare questo ragionamento umano: se io vivo

la tristezza dei miei dubbi, se vedo solo il negativo, se non ho

speranze per un futuro, che razza di vita è la mia? Se invece apro il

mio cuore al domani, ai fratelli, a Dio, certo potrò ancora incocciare

nel male, ma ho una capacità in più, quella di dare un senso a tutto

nella mia vita.

DOMENICA 7

2° DOMENICA DI PASQUA

San Giovanni Battista de la Salle; S. Ermanno

Parola di Dio: Atti 2,42-47; Sal. 117; 1Pt. 1,3-9; Gv. 20,19-31

Dagli Atti degli Apostoli 2, 42-47.

I fratelli erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere.

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Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo.

Dalla Prima Lettera di Pietro 1, 3-9

Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, per la vostra salvezza, prossima a rivelarsi negli ultimi tempi. Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po’ afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell'oro, che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo: voi lo amate, pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre conseguite la meta della vostra fede, cioè la salvezza delle anime.

Dal Vangelo secondo Giovanni 20, 19-31.

La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi”. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”. Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”.

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Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Poi disse a Tommaso: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!”. Rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!”. Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

RIFLESSIONE

Prima di iniziare la nostra riflessione è bene fare alcune precisazioni

che ci aiutino ad inquadrare lo spirito della liturgia odierna.

Siamo nella seconda domenica dopo Pasqua e si conclude l‘ottava di

questa festa. Nella Chiesa antica i battezzati della notte di Pasqua

dedicavano tutta questa settimana per farsi conoscere ed essere

inseriti nella comunità cristiana. Anche per questo abbiamo sentito

nella prima lettura degli Atti degli Apostoli la presentazione ideale

della comunità. Le caratteristiche di questa comunità in breve

dovrebbero essere l‘unità (no alle chiesuole), la fedeltà

all‘insegnamento degli apostoli (ritornare sempre alle origini ed

evitare le discussioni e le chiacchiere inutili), la celebrazione dei

Sacramenti nella memoria viva della salvezza operata da Gesù (no al

ritualismo e alla ipocrisia religiosa), la condivisione dei beni nella

carità (no all‘egoismo individuale o di gruppo). Quindi pensando

proprio al Risorto che ci ha dato una vita nuova, possiamo farci un

chiaro esame di coscienza chiedendoci se oggi la nostra comunità

parrocchiale riesce a realizzare queste caratteristiche. E se siamo

anche contenti, felici di accogliere con gioia nuovi ‗battezzati‘ che ci

chiedono di condividere il cammino di fede.

Un'altra osservazione è che questa domenica da sempre è

considerata la ―domenica di Tommaso‖ perché l‘episodio in due parti

raccontato dal Vangelo ci presenta prima la difficoltà di fede di

questo Apostolo e poi la sua adesione totale a Cristo. Ma se questo è

vero, e se su questo fermeremo anche la nostra meditazione, non

dimentichiamoci che la liturgia punta la sua attenzione più che su

Tommaso, sul Risorto. Gesù risorto è il centro della fede della

comunità cristiana.

Gli apostoli avevano già avuto tutti i segni della risurrezione. Maria di

Magdala aveva trovato la tomba vuota. Piero e Giovanni erano corsi

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al sepolcro e avevano constatato che Gesù non era lì. Avevano anche

creduto. Maria Maddalena aveva poi raccontato di aver visto Gesù.

Ma Lui, personalmente non lo avevano ancora visto. Se da una parte

la fede nella risurrezione, il ricordo delle sue promesse fatte prima

della passione, i vari segni che avevano visto, li convincevano

sempre più sul fatto che Gesù fosse vivo, avevano però ancora una

fede tentennante e soprattutto avevano ancora paura che i Giudei se

la prendessero con loro e facessero far loro la stessa fine di Gesù,

perciò sono riuniti nel cenacolo, a porte chiuse. Qui appare loro Gesù

dimostrando di essere proprio lui, facendo vedere le piaghe della

passione, ma anche dimostrando loro di essere in uno stato diverso

dal precedente, infatti riesce ad entrare in casa ― a porte chiuse‖. Per

di più il risorto porta loro anche dei doni: la sua pace, il dono dello

Spirito Santo, il potere di rimettere i peccati e l‘incarico di essere suoi

testimoni per tutto il mondo.

Questi sono i doni che Gesù fa alla Chiesa. Prima di tutto non

rimprovera, non accusa questi codardi per averlo abbandonato e

tradito, ma li riconferma nel loro ruolo e li riempie di doni e quindi di

gioia. Ed è questo il modo di fare di Gesù in ogni occasione anche

con noi. Egli non guarda indietro, se non per richiamarci a Lui, non

punta il dito contro le nostre miserie e peccati, ci chiede di rinnovare

la fede e di guardare avanti e per questo ci dona se stesso e il suo

Spirito.

E qui si inserisce la vicenda di Tommaso che, oltre essere un

episodio, è anche una parabola in cui ciascuno di noi, forse in modi

diversi, può ritrovarsi.

Tommaso aveva un soprannome: Didimo, che vuol dire Gemello,

sembra che glielo avessero dato perché somigliava molto a Gesù,

non è quindi nel gruppo dei dodici uno che veniva considerato

scarsamente o uno che avesse meno fede degli altri.

Quella sera Tommaso non è presente, quindi non può essere

testimone diretto dell‘apparizione del risorto, per lui restano solo i

segni flebili della tomba vuota, del racconto della Maddalena e della

testimonianza degli altri apostoli.

Mi metto nei suoi panni e penso che anch‘io con un po‘ di realismo e

forse anche di grettezza avrei ragionato così: ―In questi giorni siamo

tutti squinternati. Il nostro Gesù è stato tradito da uno di noi,

rinnegato e abbandonato dagli altri, è stato ucciso come uno schiavo

peccatore sulla croce e fuori delle mura della città. Abbiamo tutti

paura di fare la sua stessa fine, qualcuno di noi sta già

abbandonando la città alla chetichella e noi dovremmo fidarci della

voce di qualche donna magari un po‘ troppo esaltata? E io dovrei

fidarmi di quello che mi dicono quegli altri dieci che, alla fine, non si

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sono poi comportati meglio di me? Non vorranno forse coinvolgermi

in qualche altra avventura, ma questa volta da visionari? E poi,

perché Gesù dovrebbe aver scelto per apparire, proprio il momento

in cui io non c‘ero? In fondo avrebbe dato a loro dei doni: la pace, il

potere di rimettere i peccati, e a me no! E chi sono io, il figlio della

serva? No, Gesù non si sarebbe comportato così, quindi è probabile

che questi dieci mi raccontino delle storie o si siano lasciati esaltare

dagli avvenimenti di questi giorni. Io voglio loro bene, non dico che

siano in cattiva fede, ma voglio constatare di persona‖.

Provate a pensare se questi non sono spesso anche i nostri

ragionamenti: ―Perché il Signore non si è fatto vedere e toccare

personalmente da me? Perché il Signore mi lascia nei miei dubbi e

non mi risponde personalmente? Come faccio a fidarmi di una Chiesa

così povera, fatti di uomini fragili peccatori, condizionabili come me?

Perché ad alcuni il dono della fede così immediato e a me no?…‖

Tommaso è un realista, un positivista, uno che è disposto ad

arrendersi alla fede ma quando questa non è più fede ma dato di

fatto. E anche noi spesso crediamo che la fede ci sia quando abbiamo

tutte le risposte, quando abbiamo dei segni inconfutabili, e non ci

accorgiamo che quella non è più fede, cioè fiducia, abbandono. Ma

non colpevolizziamo solo Tommaso, anche gli altri dieci hanno ―fede‖

solo dopo che hanno visto personalmente Gesù, il Risorto.

E‘ per questo che Gesù nella sua seconda apparizione, una settimana

dopo, dice: ―Beati quelli che pur non avendo visto crederanno‖ : il

vedere degli occhi, il toccare della mani porta alla certezza e poi per

conseguenza dovrebbe portare alla testimonianza; il vedere del

cuore, l‘abbandonarsi, l‘accogliere i segni che altri ci propongono, a

cui la Scrittura ci indirizza è il fidarsi.

Tommaso arriva alla manifestazione della sua fede non tanto perché

finalmente può vedere e toccare (notate: il vangelo non dice che

abbia ancora avuto bisogno di andare ad accertarsi di persona),ma

arriva alla vera fede quando, vedendo e riconoscendo la propria

grettezza, accetta Gesù e si abbandona Lui non solo perché constata

che è vivo davanti a lui, ma perché lo riconosce come suo Signore e

suo Dio.

Gesù Risorto, vivo con i segni della sua passione, del suo amore per

noi non si impone, ma si propone a ciascuno: sta a noi aver gli occhi

giusti per vedere quanto ci vuole bene e chi sia, E sta ancora a noi,

oggi, raccogliere sia il segno del suo dolore che quello della sua

gloria come le strade che con Lui ci aiutano a vivere nella speranza,

nella testimonianza e nella lotta con Lui vittoriosa, contro ogni male

e su ogni sofferenza.

15

LUNEDI’ 8

Festa della ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE

San Dionigi; San Gualtiero (Walter)

Parola di Dio: Is. 7,10-14; Sal 39; Eb. 10,4-10; Lc. 1, 26-38

Dal Vangelo secondo Luca 1, 26-38

[26]Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, [27]a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. [28]Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». [29]A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. [30]L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. [31]Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. [32]Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre [33]e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». [34]Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». [35]Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. [36]Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: [37]nulla è impossibile a Dio». [38]ALLORA MARIA DISSE: «ECCOMI,

SONO LA SERVA DEL SIGNORE, AVVENGA DI ME QUELLO CHE HAI

DETTO». E l'angelo partì da lei.

Non so se a voi piace ascoltare la bella musica classica, in ogni caso

certamente almeno qualche volta avrete ascoltato qualche bel pezzo

dove magari è facile scoprire due motivi che si rincorrono, ritornano,

si sovrappongono e arrivano poi a concludere mantenendo la propria

originalità, ma fondendosi in un suono omogeneo e pieno.

Ho usato questo paragone musicale perché la festa che celebriamo

oggi, mi sembra sia la fusione di due meravigliosi motivi che insieme

concorrono a creare la più bella armonia dell‘universo. Da una parte

c‘è Dio, con la sua pienezza, con il suo amore totale, con il suo

desiderio di recuperare la sua creatura e di offrirglisi. Questo motivo

è il motivo fondamentale, è il motivo per cui Dio ha creato l‘uomo,

per cui ha continuato ad amarlo nonostante i suoi no, il motivo per

cui ha stretto una alleanza con Israele, ha liberato questo popolo gli

ha dato una terra, ha mandato pastori e profeti, ed ora vuole

16

regalare suo Figlio, per cui ha preparato, pensando a Lei da tutta

l‘eternità, la vergine Maria, degna dimora di Lui, pronta ad

accoglierlo e a donarlo. Ma se Dio ha fatto scaturire dalla sua melodia

questo nuovo motivo, ora esso suona di musica propria: Dio per

incarnarsi ha bisogno del sì di una donna. E il sì arriva puntuale, e

permette alle due armonie, quella di Dio e quella di Maria, di

generare l‘Armonia, il Figlio di Dio che si incarna.

Anche per ciascuno di noi, stando a questo esempio, succede così:

Dio ha un motivo nei nostri riguardi: manifestarci e donarci tutto il

suo amore. Questo motivo parte dall‘eternità: Lui ha pensato a

ciascuno di noi da sempre. Questo motivo si è realizzato e si realizza

in mille modi lungo la nostra storia, ma per diventare Armonia con la

nostra individualità ha bisogno del nostro sì di accoglienza e

donazione: i due motivi, dopo essersi rincorsi devono diventare

un'unica Armonia. Dio che può tutto, mi chiede permesso per

potermi donare se stesso. Voglio restare stonatura incompiuta o

lasciarlo cantare in me?

MARTEDI’ 9

Santa Maria di Cleofa

Parola di Dio: Atti 4,32-37; Sal. 92; Gv. 3,7-15

Dal Vangelo secondo Giovanni 3,7-15

[7]Non ti meravigliare se t'ho detto: dovete rinascere dall'alto. [8]Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito». [9]Replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?». [10]Gli rispose Gesù: «TU SEI MAESTRO IN

ISRAELE E NON SAI QUESTE COSE? [11]In verità, in verità ti dico, noi parliamo di quel che sappiamo e testimoniamo quel che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. [12]Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? [13]Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorchè il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo. [14]E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, [15]perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».

Gesù sta parlando con un uomo saggio di Israele, con Nicodemo che

è andato a Lui di notte per porgli serie domande sulla fede e sul

senso della vita, ma, sorridendo, sembra quasi prenderlo in giro

17

dicendogli: ―Come mai tu che dovresti sapere tutto, poi ti chiedi

queste cose?‖

No! Gesù non prende in giro nessuno, ma ci invita solo all‘umiltà vera

Non basta essere ―maestri in Israele‖ per entrare nel Regno di Dio,

non basta conoscere a menadito la Sacra Scrittura, la teologia, per

comprendere il mistero di Dio, non basta ―sapere‖ e ―dire‖ tante

preghiere per entrare in comunione con Dio. Non basta neanche

essere preti per poter essere sicuri della propria salvezza, come non

basta l‘iscrizione in un registro parrocchiale e neppure il rito di un po‘

di acqua sulla testa per poter essere cristiani.

Man mano che gli anni passano mi accorgo di ―sapere‖ sempre meno.

C‘è stato un periodo della mia vita in cui credevo che bastava

‗studiare‘ per conoscere e per avere, credevo anche, come prete, di

dover dare sempre risposte precise, esaustive a tutti i problemi di

vita e di fede. Oggi mi accorgo di avere più interrogativi che risposte,

di fare più tentativi che non seguire strade sicure, di cercare più

l‘abbandono fiducioso nel mistero che non presupporre idee certe, di

contare più sulle risorse presenti nelle persone che non nei consigli

che uno può dare dal di fuori.

Eppure anche oggi, in tutti i campi ma specialmente in quello

religioso, ci sono tanti che pensano di essere ―maestri in Israele‖, a

colpi di codice di diritto canonico, di ruoli e tradizioni ben consolidate,

di liturgie, magari formalmente perfette, ma gelide, sanno

vivisezionare Dio, hanno una risposta sicura per ogni problema, una

risposta che, senza toccarli, sempre ti annienta, ti colpevolizza, ti

umilia…

Essere ―maestro in Israele‘ non sarà, forse, come Gesù suggerisce a

Nicodemo, essere ―discepolo‖, ma dello Spirito Santo, di quello

Spirito che soffia dove vuole, che nessuno può imprigionare neppure

nelle pagine di un diritto canonico e neppure nelle pagine della

Bibbia?

MERC0LEDI’ 10

San Terenzio; Sant’Ezechiele

Parola di Dio: Atti 5,17-26; Sal.33; Gv. 3,16-21

Dal Vangelo secondo Giovanni 3,16-21

[16]DIO INFATTI HA TANTO AMATO IL MONDO DA DARE IL SUO

FIGLIO UNIGENITO, PERCHÉ CHIUNQUE CREDE IN LUI NON

MUOIA, MA ABBIA LA VITA ETERNA. [17]Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. [18]Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato

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condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. [19]E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. [20]Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. [21]Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio. Alla luce della risurrezione di Gesù questa frase è la miglior sintesi di

tutta la nostra fede. Infatti se Cristo è risorto tutto quello che Egli ci

ha testimoniato e dato, è vero.. Dio, allora non è soltanto un entità

superiore, un creatore che manifesta la sua potenza e forza, un Dio

attento giudice pronto a condannare ogni più piccolo errore, ma un

Padre Buono che ha amato suo Figlio, che ha accettato il sacrificio di

Gesù, che lo ha glorificato e che in Lui e tramite Lui ama noi di un

amore tenerissimo, che si dona a noi nel Figlio, che non ci lascia soli

e orfani ma ci fa gustare il senso pieno della vita attraverso il suo

Spirito. E‘ un Padre che non si ferma neanche ai nostri peccati ma in

Gesù ci offre una possibilità affinché ritorniamo a Lui. Credere in

Gesù significa incontrare la bontà del Padre, significa vincere la

paura, il calcolo, significa abbandonarsi nelle mani dell‘Amore. Gesù

non è un grand‘uomo ma il Figlio di Dio fatto uomo; non è una forma

di spiritualità o di morale, è il Salvatore, non è un metodo di vita, è

la vita stessa.

GIOVEDI’ 11

San Stanislao; B. Elena Guerra

Parola di Dio: Atti 5,27-33; Sal. 33; Gv. 3,31-36

Dagli Atti degli apostoli 5,27-33

[27]Li condussero e li presentarono nel sinedrio; il sommo sacerdote cominciò a interrogarli dicendo: [28] «Vi avevamo espressamente ordinato di non insegnare più nel nome di costui, ed ecco voi avete riempito Gerusalemme della vostra dottrina e volete far ricadere su di noi il sangue di quell'uomo». [29]Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: «BISOGNA OBBEDIRE A DIO PIUTTOSTO CHE AGLI UOMINI.

[30]Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avevate ucciso appendendolo alla croce. [31]Dio lo ha innalzato con la sua destra facendolo capo e salvatore, per dare a Israele la grazia della conversione e il perdono dei peccati. [32]E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che

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Dio ha dato a coloro che si sottomettono a lui». [33]All'udire queste cose essi si irritarono e volevano metterli a morte.

Pietro e gli apostoli si trovano davanti ad un bivio: il Sinedrio,

autorità religiosa da loro riconosciuta, chiede di tacere e di non

parlare più di Gesù, Gesù, invece, li ha mandati in tutto il mondo

perché con parole e segni annuncino il suo Regno. Essi non hanno

dubbi: siccome riconoscono in Gesù il Figlio di Dio, scelgono di

seguire la parola di Gesù piuttosto che l‘insegnamento del Sinedrio

che è fatto solo di uomini.

Fermiamoci un momento a pensare a quale tipo di obbedienza noi

siamo chiamati nei confronti della Chiesa. Noi crediamo che la Chiesa

sia la depositaria della verità del Vangelo, sia l‘ambito in cui leggere

ed interpretare la parola di Dio, sia la madre e la maestra nel campo

della fede e della morale, quindi per tutto quello che la Chiesa ci dice

in ambito della fede noi le riconosciamo l‘autorità di parlarci a nome

di Dio e credo che ogni cristiano debba obbedienza non tanto per

consolidare una forma di potere, ma per esprimere una fede unitaria,

per appoggiare questa fede non soltanto sul ―Io penso, io credo…‖

ma per gioire insieme ai fratelli nell‘unica fede, nell‘unico Dio

rivelato da Gesù.

Ma quando la Chiesa attraverso il magistero di un prete o di un

vescovo chiede obbedienza per cose che sono legate semplicemente

alla mentalità del tempo, a certe forme esteriori, ad abitudini e

tradizioni legate solo al cammino temporale della terra come devo

comportarmi? Prima di tutto fare un po‘ di discernimento chiedendo

nella preghiera la luce dello Spirito Santo per esaminare se ciò che

mi viene richiesto sia veramente volontà di Dio. Ci saranno dei casi in

cui questo è chiaro e allora sono tenuto all‘obbedienza piena, ci sono

casi in cui questo è dubbio e allora piuttosto che rischiare uno

scandalo, che fare del male ad altri, cerco di chiarire nella

riservatezza, ci sono dei casi in cui è chiaro che è ―insegnamento

degli uomini‖ e allora la migliore obbedienza, il migliore amore per la

Chiesa è manifestare pubblicamente la propria fede a Dio e aiutare

così anche la chiesa a liberarsi dalle pastoie del tempo e del

temporale.

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VENERDI’ 12

San Giulio I; San Zeno

Parola di Dio: Atti 5,34-42; Sal. 26; Gv. 6,1-15

Dal Vangelo secondo Giovanni 6,1-15

[1]Dopo questi fatti, Gesù andò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, [2]e una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che faceva sugli infermi. [3]Gesù salì sulla montagna e là si pose a sedere con i suoi discepoli. [4]Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. [5]Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». [6]Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare. [7]Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». [8]Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: [9] «C'È QUI UN

RAGAZZO CHE HA CINQUE PANI D'ORZO E DUE PESCI; MA CHE

COS'È QUESTO PER TANTA GENTE?». [10]Rispose Gesù: «Fateli sedere». C'era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini. [11]Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero. [12]E quando furono saziati, disse ai discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». [13]Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. [14]Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: «Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!». [15]Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo.

C‘è stata una guerra in Afganistan. I paesi civili si sono difesi dai

terroristi, ma i poveri di là continuano ad essere poveri che

sopravvivono in terre deserte che galleggiano sul petrolio a cui molti

fanno l‘occhietto. E anche oggi una mamma vedrà morire il proprio

bambino per malnutrizione perché abita distante da quel centro di

distribuzione degli aiuti e non ha un mezzo per recarvisi, neanche un

mulo, ed ha già venduto le sue due bambine di sette e nove anni al

ricco della città che è passato: saranno schiave del sesso, ma almeno

avranno da mangiare.

E‘ un esempio tra i tanti. ―E io che cosa ci posso fare?‖ E‘ vero, in

certi casi, purtroppo non possiamo proprio farci niente di concreto,

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ma attenzione a non mascheraci con questa scusa. Anche il

ragazzino che aveva i pochi pani e i pochi pesci, non pensava di

poter sfamare una folla di cinquemila uomini. Eppure a Gesù sono

occorsi proprio quei pani e pesci per dar da mangiare alla folla! Se

tutti i credenti mettessero il loro poco, Cristo può fare il resto. Il

Signore si serve del nostro poco. Senza il nostro apporto, se pur

misero e debole, il Signore non vuole operare, ma se il poco che

abbiamo lo deponiamo nelle sue mani, la nostra disponibilità

diventerà benedizione per noi stessi e per i fratelli. E, ricordiamoci, i

cinque pani e i pochi pesci possono essere i nostri soldi condivisi, ma

non solo: e le tue capacità di amore che spesso nascondi per paura

di farti vedere debole, per paura di uscire allo scoperto, perché

preferisci pensare a te stesso e alla tua tranquillità, non sono forse le

prime cose che il Signore ti invita a donare per poter far sì che Lui,

attraverso esse, possa giungere al cuore di molti?

SABATO 13

San Martino I; Sant’Ermenegildo

Parola di Dio: Atti 6,1-7; Sal. 32; Gv. 6,16-21

Dal Vangelo secondo Giovanni 6,16-21

[16]Venuta intanto la sera, i suoi discepoli scesero al mare [17]e, saliti in una barca, si avviarono verso l'altra riva in direzione di Cafarnao. Era ormai buio, e Gesù non era ancora venuto da loro. [18]Il mare era agitato, perché soffiava un forte vento. [19]Dopo aver remato circa tre o quattro miglia, VIDERO GESÙ CHE CAMMINAVA SUL MARE E SI AVVICINAVA

ALLA BARCA, ed ebbero paura. [20]Ma egli disse loro: «Sono io, non temete». [21]Allora vollero prenderlo sulla barca e rapidamente la barca toccò la riva alla quale erano diretti.

Anche se il Vangelo di oggi riporta un episodio successo prima della

morte e risurrezione di Gesù, esso vuole farci capire che Gesù che

cammina sul mare è la prefigurazione di Gesù che attraversa

vittoriosamente la morte. Nella Scrittura molte volte la morte è

paragonata al mare: Normalmente nel mare un uomo annega: qui

Gesù cammina sul mare e così si presenta come vincitore della

morte.

―Il mare era agitato, perché soffiava un forte vento». È l'immagine

della burrasca della passione, della terribile tribolazione che ha

disperso tutti i discepoli. Ma Gesù attraverso la burrasca cammina sul

mare e si avvicina alla barca. I discepoli hanno paura, come durante

la passione e anche al momento della risurrezione, ma Gesù si

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presenta a loro dicendo: «Sono io, non temete». Proprio come, dopo

la passione. Gesù risorto si è presentato a loro come il vincitore della

morte e ha detto: «Sono io!... Pace a voi, non temete».

Questi discepoli che si agitano, remano, si impauriscono, sono la

figura di tutti noi che, spesso, senza Gesù, nella barca della nostra

vita, ci arrabattiamo, ci agitiamo, ma non combiniamo niente. Ci

pare di non farcela. Siamo stanchi. Chi ci potrà aiutare? Non sembra

forse tutto inutile ciò che abbiamo fatto? Arriveremo mai ad una

meta?

Ma può Dio abbandonare la sua creatura? Questi apostoli non si

lasciano andare del tutto e continuano a remare, anche se sembra

tutto inutile.., e allora Gesù arriva proprio nel modo e nel posto dove

non se lo aspettavano: arriva in mezzo al mare, al buio, camminando

sulle acque.

E‘ notte? Stai convivendo con paure, sofferenze, dubbi? Grida,

arrabattati, ma continua a remare, spellati le mani, lotta magari

anche in modo sbagliato, non arrenderti. E proprio quando tutto

sembra perso, quando sei nell‘impossibile, arriva Lui a dirti ―Sono io‖,

―Sono Dio‖, ―non temete‖. Quando si accetta Gesù nel suo mistero di

passione e di risurrezione, allora possiamo arrivare all'altra riva:

possiamo veramente trovare la luce e la pace di Dio. Però bisogna

accettare Gesù come vincitore della morte, come risorto dopo la

morte, accettare la sua presenza misteriosa. «Sono io, non temete».

Chiediamo al Signore la grazia di riconoscerlo nella nostra vita

quando si presenta come colui che cammina sul mare, di non aver

paura, ma di abbandonarci con fiducia a lui.

DOMENICA 14

3° DOMENICA DI PASQUA

Santa Liduina; San Tiburzio; San Valeriano

Parola di Dio: Atti 2,14. 22-33; Sal. 15; 1Pt. 1,17-21; Lc. 24,13-35

Dagli Atti degli Apostoli 2, 14. 22-33.

Nel giorno di Pentecoste, Pietro, levatosi in piedi con gli altri Undici, parlò a voce alta così: "Uomini d'Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nazaret uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso operò fra di voi per opera sua, come voi ben sapete, dopo che, secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, fu consegnato a voi, voi l'avete inchiodato sulla croce per mano di empi e l'avete ucciso. Ma Dio

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lo ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. E noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire”.

Dalla prima lettera di san Pietro apostolo 1, 17-21.

Carissimi, se pregando chiamate Padre colui che senza riguardi personali giudica ciascuno secondo le sue opere, comportatevi con timore nel tempo del vostro pellegrinaggio. Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l'argento e l'oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia. Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma si è manifestato negli ultimi tempi per voi. E voi per opera sua credete in Dio, che l'ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria e così la vostra fede e la vostra speranza sono fisse in Dio.

Dal Vangelo secondo Luca 24, 13-35.

In quello stesso giorno, il primo della settimana, due dei discepoli erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: <<Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?>>. Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: <<Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?>>. Domandò: <<Che cosa?>>. Gli risposero: <<Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto>>. Ed egli disse loro: <<Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per

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entrare nella sua gloria?>>. E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: <<Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino>>. Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l'un l'altro: <<Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?>>. E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: <<Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone>>. Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

RIFLESSIONE

Ci sono pagine di Vangelo che hanno una particolare suggestione.

Alcune di esse sono servite ai Santi per convertirsi o per dare un

indirizzo particolare alla propria vita. Nel cammino della mia vita il

racconto dei discepoli di Emmaus è sempre stato significativo e lo è

ancora tutt‘oggi perché mi ritrovo sia nel cammino di fuga di questi

discepoli, sia in quello di catechesi che Gesù fa compiere loro, e mi

conforta enormemente il pensiero di Gesù che non ci abbandona

quando vien sera e che trova, anche per occhi incapaci come i miei, i

segni per farsi riconoscere e per ridare energia alle gambe per un

percorso di ritorno e di gioia. Seguo dunque passo passo questo

episodio con voi.

Questi due discepoli si stanno allontanando da Gerusalemme non

solo perché sono finite le celebrazioni pasquali, ma perché che cosa

c‘è ancora da fare a Gerusalemme? Non è forse meglio allontanarsi

da quel posto dove il Maestro è stato ucciso e sepolto e dove sommi

sacerdoti e sinedrio potrebbero, dopo quello del Maestro volere

anche il sangue dei discepoli?

Sembra quasi di sentirli i commenti tristi e accorati di questi due: ―Ci

avrei giocato la testa che Gesù fosse davvero il Messia. Con tutto

quello che ha fatto e detto! E i miracoli compiuti? Ti ricordi quando

ha calmato la tempesta sul lago? E quando ha dato da mangiare a

quei cinquemila e solo con pochi pani e pesci? E le sue parole piene

di speranza di un regno per i poveri, per i sofferenti, gli operatori di

pace? E per noi non è stato meraviglioso poter andare in giro con Lui,

vedere le folle bramose di una parola di amore, essere addirittura

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suoi collaboratori. Ti ricordi quando ci ha mandati in missione?

Riuscivamo addirittura a cacciare i demoni e a guarire i malati!

Chissà perché i capi e i religiosi non ci hanno creduto… E‘ vero che

anche lui non ha fatto nulla per ingraziaseli, che certe rispostacce

poteva avanzarsele, che certi miracoli fatti apposta di sabato poteva

benissimo farli in altri giorni…Non era un maestro facile. Anche noi,

anche i dodici, spesso non capivamo che cosa volesse dire. Come si

fa a costruire un regno parlando di sofferenza e di morte? E adesso

tutto sembra essere finito: i Romani continuano ad imperare e a

beffarsi di noi e della nostra religione, i Sommi Sacerdoti e il Sinedrio

continuano la loro politica, i ricchi sono sempre più ricchi i poveri

sempre più poveri. Lui è morto e noi se non vogliamo finire male è

meglio che torniamo alla chetichella a casa…‖

Ripenso a quante volte nella mia vita mi sono entusiasmato per il

Vangelo, per qualche iniziativa di carità, tutte le volte che,

specialmente in gioventù, sono partito in quarta per realizzare

qualcosa di bello di unico di indispensabile e poi… davanti alle

difficoltà, agli insuccessi, ai sorrisi di commiserazione, alle paure

interiori, sono tornato indietro sconsolato e brontolante.

Anche nella fede, Signore tu lo sai, quante volte ti ho detto e da

convinto: ―Ti amo con tutto il cuore‖ e poi davanti al buio di certi

momenti, davanti alle debolezze del mio carattere, davanti alla paura

del reale, non ti ho più visto, ho cominciato a chiedermi: ―Ma ne vale

proprio la pena?‖, ed ho preferito rifugiarmi nel banale di tutti i

giorni, nelle regole e nelle norme rassicuranti, nell‘abitudine e nelle

maschere.

―Gesù in persona si accostò a loro… Ma i loro occhi erano incapaci di

vederlo‖

Gesù aveva detto ―Io sono con voi tutti i giorni‖ e Gesù cammina con

loro.

Come era successo già a Maddalena i suoi occhi pieni di lacrime per

la morte e la scomparsa del corpo di Gesù le avevano impedito di

riconoscere il volto amato, così questi discepoli che parlano di

speranze perdute, di meraviglie non successe, di ricordi bellissimi ma

infranti, guardano in basso, guardano la polvere della strada e non

sono capaci di alzarsi sul volto di questo straniero che si è messo a

camminare con loro e che è anche curioso, fa lo gnorri, chiede

informazioni su se stesso, si fa raccontare la sua storia, li porta a

scaricare tutta la amarezza e la delusione.

―Signore dove eri quando sono passato attraverso quella croce?

Perché non ti sei fatto sentire quando dovevo prendere quella

decisione e mi hai lasciato scegliere quella strada sbagliata?…‖

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Gesù cammina con noi, specialmente quando è buio. E non è

neanche Lui che si nasconde, si camuffa, siamo noi che non

sappiamo riconoscerlo.

Fin che ci parliamo addosso, finché ci commiseriamo dei nostri dolori,

delle nostre prove, fino a quando consideriamo il nostro prossimo

solo un ingombro, una difficoltà, e non alziamo gli occhi per

guardarlo in faccia, non riconosciamo Colui che si pellegrino del

nostro camminare.

E allora, per aiutarci Lui comincia a parlare e ci parla soprattutto

attraverso la Sacra Scrittura.

―Signore, io non capisco, sono storie vecchie, sono pagine piene di

racconti e di cose scritte da uomini passati…‖

Eppure è la storia di un amore, l‘amore di Dio per noi uomini. Una

storia di fedeltà da parte sua e di tradimenti da parte nostra, una

storia di misericordia che non solo parla di cose lontane ma che vuole

coinvolgere me oggi. E qualche volta, quando la sento così, il mio

cuore comincia ad ―ardere‖

Gesù non si impone, si accompagna. Ci spiega, non ci obbliga. Ci

provoca, ma poi fa finta di andare oltre. Ha bisogno che quei

discepoli e che io gli dica: ―Rimani con noi Signore, perché si fa sera

e il giorno già volge al declino‖

Dio ha bisogno di essere accolto per poter operare, ha bisogno di

intimità per poter far sì che, magari al lume di candela o al caldo,

vicino al fuoco i miei occhi abbiano la forza, spinti dal cuore che ha

cominciato ad ardere, di alzarsi sul suo viso per cominciare a

riconoscerne le fattezze. E allora giunge anche l‘altro segno

misterioso ma meraviglioso: una benedizione, un pane spezzato, il

gesto della fraternità e della condivisione, e lì il cuore non arde solo

più, ama e quando si ama si cerca e si riconosce l‘amato.

―Resta con noi Signore‖ tra le vicende oscure di questo mondo, resta

con noi quando comincia a mancarci la speranza nel mondo,

nell‘uomo, in noi stessi. Resta con noi quando non ce la facciamo più

a riconoscerci come fratelli. Accompagnaci nel cammino quando le

mete hanno perso la loro vivezza, quando le paure ci tolgono gli

entusiasmi. Resta con noi e spezza ancora il tuo pane, la tua parola,

il tuo amore, il tuo corpo perché abbiamo enormemente bisogno di

sentirci amati da Te e da tuo Padre, per riconoscere che è solo

l‘amore ancora capace di vincere gli odi e le guerre. Facci alzare gli

occhi dalle nostre miserie per vedere il tuo volto sorridente e

misericordioso e anche se poi tu scomparirai dalla nostra vista la

gioia dagli occhi sarà passata alla mente e al cuore e da questo sarà

arrivata alle gambe che ci permetteranno, di corsa, di fare il

cammino del ritorno, il ritorno a Te e al tuo progetto su di noi.

27

LUNEDI’ 15

Sant’Annibale; Sant’Anastasia; B. Cesare de B.

Parola di Dio: Atti 6,8-15; Sal.118; Gv. 6,22-29

Dal Vangelo secondo Giovanni 6,22-29

[22]Il giorno dopo, la folla, rimasta dall'altra parte del mare, notò che c'era una barca sola e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma soltanto i suoi discepoli erano partiti. [23]Altre barche erano giunte nel frattempo da Tiberìade, presso il luogo dove avevano mangiato il pane dopo che il Signore aveva reso grazie. [24]Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù. [25]Trovatolo di là dal mare, gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». [26]Gesù rispose: «In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. [27]Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». [28]Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?». [29]Gesù rispose: «QUESTA È L'OPERA DI DIO: CREDERE IN

COLUI CHE EGLI HA MANDATO».

Nel brano di Vangelo odierno noi vediamo, almeno in due occasioni,

due atteggiamenti opposti tra Gesù e la folla.

La folla cerca Gesù perché ha partecipato alla moltiplicazione dei

pani. Sono rimasti stupiti e vorrebbero fare re uno che ha la capacità

di dar da mangiare gratis. Gesù, invece, attraverso quel miracolo

(anticipatore dell‘Eucarestia) voleva far comprendere che Colui che

ha la possibilità di moltiplicare il pane è il Figlio di Dio mandato dal

padre per essere il pane che sazia tutte le fami dell‘uomo:

―Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita

eterna, e che il Figlio dell‘uomo vi darà‖.

Così pure la folla, gli scribi e i farisei sono preoccupati su ciò che

devono compiere ―per essere a posto davanti a Dio‖ e sarebbero

disposti a sottostare ad un certo numero di leggi e prescrizioni. Gesù

invece dice che l‘unica cosa che conta è avere fede in Lui.

Anche noi, oggi, spesso siamo come quella folla: vorremmo un Dio

solutore dei nostri problemi pratici, una specie di Dio - pronto -

soccorso da invocare nei momenti di necessità e un Dio che poi, non

disturbandoci troppo, si possa comperare con una manciata di buone

azioni o con l‘osservanza di un certo numero di leggi. Gesù invece ci

28

ricorda che la nostra fede non è l‘incontro con un‘idea, non è una

serie di atti religiosi, non è un manifestare volontarismo per

compiere tante opere, è incontrare ―Colui che Dio ha mandato‖.

Noi crediamo a Gesù. E‘ una persona concreta come noi, è il Figlio di

Dio che ci salva, è la Via, la Verità, la Vita, è la risurrezione dai

morti, è il Pane della vita eterna...

Spesso, guardando la mia vita, mi chiedo: ―Ma Gesù l‘ho incontrato

davvero? oppure ho incontrato solo le sue apparenze?‖. Se l‘avessi

incontrato davvero dovrei avere meno paure, più speranza, più gioia.

La mia vita dovrebbe trasparirlo maggiormente e allora le mie

―opere‖ dovrebbero essere la conseguenza di questo incontro

sconvolgente.

MARTEDI’ 16

San Lamberto

Parola di Dio: Atti 7,51- 8,1; Sal. 30; Gv. 6,30-35

Dal Vangelo secondo Giovanni 6,30-35

[30]Allora gli dissero: «QUALE SEGNO DUNQUE TU FAI PERCHÉ

VEDIAMO E POSSIAMO CREDERTI? Quale opera compi? [31]I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». [32]Rispose loro Gesù: «In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dá il pane dal cielo, quello vero; [33]il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dá la vita al mondo». [34]Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». [35]Gesù rispose: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete.

E‘ sempre più facile vedere ciò che ci manca piuttosto di quello che

abbiamo; è un luogo comune il pensare che quello che era prima era

migliore, che quello che verrà dopo, forse sarà meglio mentre il

presente raramente i soddisfa. E‘ quello che è successo a Gesù e che

viene raccontato nel brano odierno del Vangelo. I Giudei chiedono a

Gesù un segno per credere. Ora, Gesù di segni ne aveva fatti tanti,

ma loro non li vedevano e soprattutto non vedevano Gesù come era

veramente.

Anche per noi si verifica la stessa cosa. Siamo sempre tentati di

disprezzare, di non vedere le grazie che Dio ci fa, ci fissiamo solo

sugli aspetti negativi del presente, che ci contrariano, ci ostacolano e

non riconosciamo i doni di cui Dio adesso ci circonda. Gesù il Signore

è in mezzo a noi con la sua parola, con i suoi Sacramenti, si presenta

a noi in ogni momento come il pane della vita: «Chi viene a me non

29

avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete». E noi

continuiamo ad avere fame e sete, cioè ad essere insoddisfatti.

Pensiamo oggi a quel dono meraviglioso che Gesù ci ha lasciato:

l‘Eucarestia. Dio sa la fame e la sete di verità, di bello, di giusto, di

libertà che c‘è nei nostri cuori. Noi siamo fatti a misura dì Dio e le

cose di questa terra non possono bastarci. E allora Gesù offre se

stesso. Partecipare all‘Eucarestia significa entrare in Comunione con

Lui, partecipare alla sua morte e risurrezione nell‘attesa della sua

nuova e definitiva venuta. Quel gesto che noi purtroppo molte volte

facciamo per abitudine, distrattamente, è la cosa più sacra che

possiamo fare, è il fine stesso della nostra vita. Ricevere Gesù

significa entrare in Lui, assumerlo, diventarne parte.

Quanto diventano vere le parole di Paolo: ―Non son più io che vivo,

ma è Cristo che vive in me!‖.

MERCOLEDI’ 17

Sant’Aniceto; S. Stefano Harding; San Roberto

Parola di Dio: Atti 8,1-8; Sal. 65; Gv. 6,35-40

Dagli Atti degli apostoli 8,1-8

[1]Saulo era fra coloro che approvarono la sua uccisione. IN QUEL

GIORNO SCOPPIÒ UNA VIOLENTA PERSECUZIONE CONTRO LA

CHIESA DI GERUSALEMME E TUTTI, AD ECCEZIONE DEGLI

APOSTOLI, FURONO DISPERSI NELLE REGIONI DELLA GIUDEA E

DELLA SAMARIA. [2]Persone pie seppellirono Stefano e fecero un grande lutto per lui.[3] Saulo intanto infuriava contro la Chiesa ed entrando nelle case prendeva uomini e donne e li faceva mettere in prigione. [4]Quelli però che erano stati dispersi andavano per il paese e diffondevano la parola di Dio. [5]Filippo, sceso in una città della Samaria, cominciò a predicare loro il Cristo. [6]E le folle prestavano ascolto unanimi alle parole di Filippo sentendolo parlare e vedendo i miracoli che egli compiva. [7]Da molti indemoniati uscivano spiriti immondi, emettendo alte grida e molti paralitici e storpi furono risanati. [8]E vi fu grande gioia in quella città.

Non sempre è così facile e immediato leggere la storia con gli occhi e

nella volontà di Dio.. E‘ scoppiata una persecuzione nella chiesa

primitiva, il diacono Stefano è stato ucciso, Saulo infuria contro i

cristiani… ―Dio dove sei? Perché ci hai abbandonato? Perché la

sofferenza e la morte del giusto?…‖ Quando si è nella prova

certamente è tanto il peso, la fatica, il dolore da sopportare, che è

difficile vedere il perché, riconoscere la bontà di Dio che sembra

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latitante, se non contrario, ed è anche difficile vedere in prospettiva

futura. Eppure quella prima persecuzione della Chiesa è servita prima

di tutto per far emergere la fede dei primi cristiani, poi disperdendoli

da Gerusalemme li ha costretti a portare la fede cristiana fuori dalle

mura di quella città, verso tutti i popoli a cui Gesù li aveva mandati;

la persecuzione, il sangue dei martiri ha costretto la Chiesa a

ritrovare Gesù, la sua morte in croce, la sua povertà, la fiducia nella

risurrezione…

Nessuno augura alla Chiesa di oggi la persecuzione. Io non amo il

dolore, la prova e farei volentieri a meno di ogni croce, però è vero

che certi episodi successi nella nostra vita e nella vita delle comunità

ci insegnano che certe prove sono state salutari. Ad esempio

all‘epoca della chiesa dei martiri, i cristiani sono aumentati, mentre

nel benessere della pace costantiniana essi si sono seduti nella

tranquillità ed hanno perso Cristo a favore di una Chiesa sempre più

terrena e potente.

Il benessere non è una cosa cattiva e la persecuzione non è una cosa

buona, impariamo però, proprio guardando a Cristo, che la nostra

fede va provata per emergere, impariamo che Dio da un male sa far

sorgere un bene, impariamo in ogni momento a ritornare a Lui per

metterlo, sia nel tempo favorevole che in quello della prova, al centro

della nostra vita.

GIOVEDI’ 18

San Galdino

Parola di Dio: Atti 8,26-40; Sal. 65; Gv. 6,44-51

Dal Vangelo secondo Giovanni 6,44-51

[44]Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. [45]Sta scritto nei profeti: E tutti saranno ammaestrati da Dio. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me. [46]Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. [47]In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna. [48]Io sono il pane della vita. [49]I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; [50]questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. [51]IO SONO IL PANE VIVO, DISCESO

DAL CIELO. SE UNO MANGIA DI QUESTO PANE VIVRÀ IN

ETERNO E IL PANE CHE IO DARÒ È LA MIA CARNE PER LA VITA

DEL MONDO».

Qualche volta lasciamoci tentare da qualche riflessione un po‘ più

mistica: avete mai pensato a Gesù che per dirmi: ―ti voglio bene‖ si

31

fa mangiare da me? A Gesù non bastano le parole, e si fa Parola

incarnata, a Gesù non basta dirmi la solidarietà di Dio alle mie

sofferenze, soffre e muore su una croce per me, non gli basta dirmi:

―Sono con te per tutti i giorni della tua vita‖ si fa pane perché

confortato da Lui, mio viatico, io possa camminare verso la

risurrezione totale: Gesù è davvero il Fratello, il Figliolo di Dio, il

Redentore. Mi viene in mente un racconto di Osejeva:

Due donne attingevano acqua al pozzo; ne sopraggiunse una terza e,

con lei, un vecchietto che si mise a sedere su una pietra per

riposarsi.

Dice una delle donne: ―Il mio figliolo è svelto e coraggioso: nessuno

lo è più di lui.‖ ―Il mio canta come un usignolo: non c‘è altra voce che

somiglia alla sua‖ dice la seconda.

La terza tace.

―Perché non racconti anche tu qualcosa del tuo figliolo‖ le

domandarono le vicine.

―Che c‘è da dire?‖ rispose la donna ―il mio non ha niente di speciale‖.

Le donne riempirono le loro secchie e se ne andarono.

Il vecchietto veniva loro dietro.

Le donne camminano un poco poi si fermano; le secchie sono

pesanti, la schiena duole, le mani sono intorpidite.

A un tratto corrono loro incontro tre bambini. Il primo fa le capriole.

Le donne ridono contente.

Il secondo canta come un usignolo. Le donne stanno ad ascoltarlo.

Il terzo corre dalla madre, le prende le secchie e le porta via.

Allora le donne domandano al vecchietto:

―Be‘, come ti sembrano i nostri figlioli?‖

Il vecchio risponde: ―Dove sono? Io vedo un solo figliolo‖.

Gesù è venuto. Ha cantato, ha riso la nostra vita, ma soprattutto ci

sta aiutando a portare le secchie pesanti.

VENERDI’ 19

Santa Emma di Gurk

Parola di Dio: Atti 9,1-20; Sal. 116; Gv. 6,52-59

Dal Vangelo secondo Giovanni 6,52-59

[52]Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». [53]Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. [54]Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. [55]Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. [56]CHI MANGIA LA

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MIA CARNE E BEVE IL MIO SANGUE DIMORA IN ME E IO IN LUI.

[57]Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. [58]Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». [59]Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafarnao.

Che cosa vuol dire per te e per me andare a ricevere l‘Eucarestia?

L‘Eucarestia non è una pia devozione. Non è una preghiera come

tante altre, non è un gesto solamente liturgico, una ripetizione di

formule.

L‘Eucarestia non è neppure il premio per i buoni.

L‘Eucarestia non è solo un fatto intimistico personale.

L‘Eucarestia è ―mangiare il corpo di Gesù‖. Gesù non fa niente per

attenuare questa frase che ha scandalizzato i giudei e che può anche

scandalizzare noi. Anzi rincara la dose: ―Se non mangiate la carne

del Figlio dell‘uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la

vita‖. Accostarsi all‘Eucarestia è dunque accostarsi ad un mistero

molto più grande di noi, un mistero di sofferenza e di morte, di

sangue versato, ma anche ad un mistero di risurrezione e di vita. E‘

un andare come poveri e peccatori da Colui che si fa pane per darci

perdono, forza, luce, coraggio di vita ed eternità. E‘ dire grazie con

Gesù al Padre, è fondare la famiglia dei figli di Dio, nutriti dallo

stesso pane e redenti dal Sangue di Cristo.

Non ci spaventi dunque la nostra povertà e neanche la nostra

peccabilità: Gesù a queste viene incontro proprio nell‘Eucarestia, le

vuole redimere, ma ci sia in noi un esame di coscienza approfondito

prima di ricevere l‘Eucarestia. Riconosco il pane della vita che mi

salva e che mi manda? Il devoto dell‘Eucarestia non è tanto uno che

biascica preghiere o che si coccola ―il suo Gesù‖, è un patito di

fraternità, condivisione, unità, un operatore di pace, un appassionato

per la giustizia. E‘ uno capace di perdono, solidarietà, rispetto,

tolleranza, accettazione della diversità. E‘ un geloso custode della

dignità e della sacralità del fratello. Lo si riconosce non tanto dalle

mani giunte ma dalle maniche rimboccate e dal cuore non

rattrappito, ma dilatato, reso sensibile, vulnerabile. E‘ uno che,

proprio perché riconosce il valore di quel pane, da esso si lascia

cambiare dentro e cerca a sua volta di diventare pane spezzato per i

fratelli.

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SABATO 20

Sant’Agnese di Montepulciano

Parola di Dio: Atti 9,31-42; Sal. 115; Gv. 6,60-69

Dal Vangelo secondo Giovanni 6,60-69

[60]Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?». [61]Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: «Questo vi scandalizza? [62]E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? [63]E` lo Spirito che dá la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. [64]Ma vi sono alcuni tra voi che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. [65]E continuò: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio». [66]Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. [67]Disse allora Gesù ai Dodici: «FORSE ANCHE VOI VOLETE

ANDARVENE?». [68]Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; [69]noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

Gesù è venuto per comunicare i doni e il messaggio di Dio, eppure

davanti a delle persone che se ne vanno, non corre loro dietro, non

rende più facile il suo linguaggio, non addolcisce la pillola.

Carità, misericordia, attenzione al prossimo non devono diventare

tradimento della Verità, accondiscendenza.

Troppo spesso, motivandolo con altruismo e carità, noi scendiamo a

compromessi con la fede, mascherando la durezza del Vangelo con

un Dio fatto su misura delle nostre necessità che poi non ci soddisfa

ma solo ci addormenta.

Gesù chiede ai discepoli e a noi una scelta decisiva. Normalmente le

nostre scelte ubbidiscono a calcoli interessati. Valutiamo i vantaggi e

gli svantaggi, la convenienza o meno e quando proprio non sappiamo

calcolare bene preferiremmo non scegliere, bivaccare in una zona

neutra, arrivare ad una serie di compromessi. Con Gesù non è

possibile: ―O con me o contro di me‖ e anche i nostri calcoli umani

non vengono gratificati. Seguire Lui significa accettare un ―linguaggio

duro‖, con Lui non si ottengono privilegi e onori, non si fa carriera,

bisogna essere disposti ad andare fino in fondo (e in fondo c‘è una

croce)... E allora perché sceglierlo? Solo ed unicamente perché è il

Figlio di Dio che mi ama e si dona a me e perché, nonostante le mie

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debolezze, i ripensamenti, i peccati, gli voglio bene!

DOMENICA 21

4° DOMENICA DI PASQUA

Sant’Anselmo; S. Corrado di Parzham

Parola di Dio: Atti 2, 14.36-41; Sal. 22; 1Pt 2,20-25

Dagli Atti degli Apostoli 2, 14. 36-41.

Nel giorno di Pentecoste, Pietro levatosi in piedi con gli altri Undici, parlò a voce alta così: Sappia con certezza tutta la casa d'Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!>>. All'udir tutto questo si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: <<Che cosa dobbiamo fare, fratelli?>>. E Pietro disse: <<Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro>>. Con molte altre parole li scongiurava e li esortava: <<Salvatevi da questa generazione perversa>>. Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno si unirono a loro circa tremila persone.

Dalla prima lettera di san Pietro apostolo 2, 20-25.

Carissimi, se facendo il bene sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. A questo infatti siete stati chiamati, poichè anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme: egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca, oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia. Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti. Eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati al pastore e guardiano delle vostre anime.

Dal Vangelo secondo Giovanni 10, 1-10.

In quel tempo, Gesù disse; << In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue

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pecore una per una e le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei>>. Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: <<In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.

RIFLESSIONE

La quarta domenica di Pasqua, nell‘abitudine liturgica cristiana è

sempre stata considerata ―la domenica del Buon Pastore‖ perché, pur

nella diversità dei tre anni, il Vangelo fa sempre riferimento a Gesù

Buon Pastore e perché partendo da questo spunto, di solito, si riflette

e si prega per i pastori terreni della Chiesa e per le vocazioni

sacerdotali.

Accenneremo anche a questo, ma mi sembra sia importante prima di

tutto comprendere ciò che vuol dirci Gesù quando usa le similitudini

pastorali del gregge e del buon pastore, anche perché noi, non

vivendo più in una società pastorale, rischiamo di aver perso la

vivezza di questo paragone o addirittura di interpretarlo malamente.

Gesù, rifacendosi a tutta l‘esperienza della Bibbia, paragona il suo

popolo ad un gregge: ―Sento compassione di questa gente perché

sono come un gregge senza pastore‖. La storia della salvezza è

infatti il tentativo, spesso andato a vuoto, di Dio che cerca di

radunare il suo popolo e di guidarlo, pensate anche solo alla grande

esperienza dell‘Esodo, dove Dio, per mezzo di Mosè ―fa uscire ― il

suo popolo dalla prigionia per condurlo libero verso la terra

promessa.

A noi, oggi, il termine gregge non piace come non piace neppure il

termine pecora perché li leggiamo solo in negativo . ― Io non sono

una pecora... sono un uomo libero io, penso con la mia testa, ho la

mia autonomia, non devo rendere conto a nessuno di quello che

faccio, e non c'è bisogno che qualcuno mi dica quello che devo fare,

insomma io sono padrone di me stesso e non subisco imposizioni

dall'esterno...Anche in fatto di religione, sono libero di scegliere o di

non scegliere affatto, oppure della religione o della chiesa cui

aderisco decido io ciò che prendo e ciò che lascio…‖

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Ebbene, nel Vangelo non vi è nulla di questo nell‘uso dell‘immagine

del gregge e del buon Pastore. Gesù, infatti non si impone mai, si

propone, ci lascia tutta la libertà, non ci considera massa, ma

persone, ci spinge in tutti i modi ad usare la nostra testa e i doni che

ci sono dati per rispondere con amore ad una chiamata d‘amore.

Infatti quale è la figura del buon Pastore e come Gesù l‘ha

realizzata?. Il buon pastore dà la vita per le sue pecore, cioè il Buon

Pastore ama talmente il suo gregge da diventare una cosa sola con

esso. Gesù non è venuto per sfruttare il gregge, non ha di per sé

bisogno di noi, Egli è venuto per servirci, per donarci se stesso e per

liberarci è disposto a farsi Lui peccato per noi e ad inchiodare il male

con se stesso su una croce dolorosa.

Il Buon Pastore conosce le sue pecore ad una ad una. Oggi tutti

puntano alle masse. Le masse servono per ottenere consensi, le

masse sono quelle che comprano o meno un determinato prodotto e

ne determinano o meno il successo, le masse guidate in un modo o

in un altro sono quelle che danno il potere. Gesù, invece conosce

ognuno di noi, di persona, a Lui nulla è nascosto, per lui ciascuno di

noi è importante, unico ed irripetibile. Pensate come è bello sapere

che nel cuore del mio Dio io non sono un numero, un volto tra i tanti,

ma una persona con un nome ben specifico, amato non

genericamente da Lui, ma personalmente in ogni momento della mia

vita.

Il Buon Pastore è colui che ci fa uscire dal recinto. Non è colui che ci

costringe in schiavitù, che approfitta delle masse, ma colui che è

venuto a liberarci dalle schiavitù, del potere, del peccato

dell‘egoismo, è Colui che ci conduce verso pascoli verdeggianti e

verso sorgenti di acqua pura. Gesù non si serve di noi di noi ma ci

serve. Gesù ci vuole liberi. Gesù ci offre di vivere bene e pienamente

questa vita e ci indica con la sua vita la possibilità di vivere ancora

più pienamente l‘eternità.

Allora io riconosco di essere una pecora? Non la pecora che si

intruppa dietro le altre, non quella che cammina a muso basso, non

quella che corre dietro ad ogni fischio, non quella che ha la

presunzione di difendersi da sola dalle insidie del lupo, ma una

pecora perché mi riconosco piccolo, solo, incapace di darmi salvezza,

di comprendere da solo il senso del mio vivere, ma anche amato,

guidato da un Dio che non ha creato il mondo per lavarsene le mani,

o che non si dimentica delle persone, tutto dedito alla propria

grandezza.

Se mi riconosco bisognoso di guida, conosco la voce del buon

Pastore? So distinguerla dalla voce di altri che mi chiamano per

interessi ben diversi da Gesù?

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Per capire meglio l‘esempio di Gesù che dice che sia il Pastore che le

pecore si conoscono vicendevolmente, bisogna rifarsi proprio alla

esperienza dei pastori del suo tempo. Ogni pastore aveva il suo

gregge, ma la sera, sia per comodità, per organizzare turni di veglia,

che per difenderle meglio, le pecore dei vari pastori venivano

radunate insieme in un unico ovile che poteva essere sia al chiuso

che in un recinto all‘aperto. Lì le pecore si mischiavano. Al mattino

ogni pastore entrava e attraverso la sua voce si faceva riconoscere

dalle sue pecore che si univano a lui per la nuova giornata di pascolo.

Sono tante le voci, sia in campo umano, sociale o religioso che

cercano di chiamarci; io in mezzo a queste voci, conosco quella di

Gesù? quella che mi dà la vera libertà e non uno dei tanti surrogati di

essa, quella che mi dà il senso totale della vita e non promette solo

le gioie di un momento, quella che mi dice concretamente: ―Ti voglio

bene‖ e non quella che vuole solo attirarmi per depredarmi della

lana. della carne e della vita?

E mi lascio guidare dal buon pastore? Lui non toglie nulla alla mia

libertà, ma la indirizza. ―Il suo bastone, il suo vincastro‖, come dice il

salmo 22, non gli servono per spezzarmi la schiena o per legarmi,

ma per difendermi e indirizzarmi. Certo che se io voglio

continuamente fare la pecora indipendente, se io metto in

discussione continuamente il suo volermi bene, se io voglio fare a

meno di Lui o scegliere solo ciò che mi aggrada, prima o poi mi

perderò. Anche in quel caso, però Gesù Buon pastore verrà a

cercarmi e farà di tutto, per ricondurmi al suo gregge.

Ma, diciamo ancor una breve parola a proposito dei pastori che Gesù

usa concretamente per guidarci.

I pastori terreni di Gesù prima di tutto devono ricordarsi in ogni

momento di essere a loro volta pecore guidate da Gesù. Se si

dimenticano di questo c‘è il rischio molto reale che si mettano al

posto di Gesù e che l‘interesse per il gregge non sia quello di amarlo

e di dare la vita, ma di spellarlo e farsi gli affari propri. Tutte le volte

che la chiesa si conforma al Buon Pastore cresce nell‘amore, nella

testimonianza e il gregge aumenta e Gesù può arrivare, anche

attraverso il cuore dei suoi pastori, a tantissime persone. Tutte le

volte che la Chiesa si dimentica del Buon Pastore e preferisce

rifugiarsi nei suoi codici umani, nello scimmiottare le forme del

potere terreno, nell‘usare dei mezzi della salvezza per i propri

interessi umani, il gregge viene disperso, falcidiato, abbandonato.

Ricordiamocelo: la colpa di essere divorati dai lupi non è delle

pecore, ma dei cattivi pastori. Per noi gregge, quale il criterio per

riconoscere i veri pastori di Gesù dai ladri, dai mercenari? Gesù

38

stesso ci suggerisce la strada nel Vangelo di oggi. Il buon Pastore

entra dalla porta, il ladro da altre parti. E Gesù dice di essere la porta

del gregge attraverso la quale si entra o si esce. Riconoscerò il buon

pastore se passa attraverso Gesù, se vive come Gesù, se si comporta

come Gesù. Gesù non ha venduto fumo, non ha imbonito la gente

con le parole, non ha portato solo piccole salvezze umane particolari,

Gesù non ha mai sfruttato amicizie o persone, Gesù non si è mai

imposto, Gesù è attento ad ogni bisogno di ogni singolo uomo, Gesù

non si è mai arroccato nei suoi privilegi, Gesù è esigente, ma

misericordioso, Gesù non allontana nessuno ma va a cercare le

pecore perdute, se ha delle preferenze le ha per le pecore più deboli,

non abbandona il gregge nel momento della prova, dà la vita per le

proprie pecore. Se i nostri pastori terreni sono così o cercano di

essere così, sono Buoni pastori che vengono a nome di Gesù; se non

sono così, sono solo lupi travestiti da pastori che cercano unicamente

il proprio interesse e allora non solo è bene, ma è dovere delle

pecore fuggire da essi.

LUNEDI’ 22

San Leonida; Santi Apelle e Lucio

Parola di Dio: Atti 11,1-18; Sal. 41 e 42; Gv. 10, 1-10 oppure

Gv. 10,11-18

Dal Vangelo secondo Giovanni 10, 1-10

[1] «In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. [2]Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. [3]Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. [4]E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. [5]Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». [6]Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro. [7]Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. [8]Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. [9]Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. [10]Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; IO SONO

VENUTO PERCHÉ ABBIANO LA VITA E L'ABBIANO IN

ABBONDANZA.

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Una certa qual visione religiosa e tutta una serie di insegnamenti ci

portano spesso a considerare la fede come un gravame che ci è

messo sulle spalle: tutto il mistero, tutte le norme religiose ci

portano quasi a vedere Dio come un esattore delle tasse che esige da

noi un certo comportamento, che si offende se non lo mettiamo in

pratica, che è sempre pronto a toglierci le cose belle della vita, che

sembra gradire solo sofferenze e mortificazioni che minaccia inferni e

fiamme eterne. Ma oggi il Signore ci dice perché è venuto: «Io sono

venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza». Un'altra

prospettiva è dunque soltanto illusione nostra. Il Signore vuole non

mutilare la nostra vita ma farla giungere al suo pieno sviluppo; se ci

chiede qualche sacrificio, se ci invita a prendere la nostra croce

quotidiana, è sempre per uno scopo positivo. Tutte le guarigioni che

gli evangelisti ci raccontano sono la prova dell'interesse del Signore

anche per la nostra vita fisica: vuole che sia integra, bella,

pienamente sviluppata. E tutte le iniziative che nel corso dei secoli

egli ha ispirato alla Chiesa per favorire l'assistenza e la cura degli

ammalati, l'educazione dei bambini e così via, dimostrano che egli

davvero è venuto perché abbiamo la vita, e l'abbiamo in

abbondanza. Non solo Gesù non ci toglie niente, ma è colui che per

donarci la vita in abbondanza non ci pensa due volte, come buon

pastore, a offrire la sua vita passando per primo attraverso il dolore.

Si racconta che al re Giovanni Il del Portogallo annunciarono che un

suo fedele servitore era gravemente infermo, e non si riusciva a

fargli prendere le medicine. Il sovrano andò a visitarlo, confortò

l‘ammalato, poi prese lui stesso la medicina amara che l‘altro aveva

sempre respinta, e ne bevve alcuni sorsi. Quindi gli disse: «Io, il re,

sano nel corpo e nella mente, per amore tuo ho preso questa amara

bevanda: e tu, servo ammalato, non prenderai questo poco che resta

per amor mio e per la tua salvezza?». Quel servo tese la mano:

«Datemi la medicina — esclamò. — ora la berrei anche se fosse

veleno». Gesù con noi ha fatto così: noi siamo le pecorelle

ammalate nel gregge del Signore, con tanti pregiudizi, superbie,

collere ed egoismi. Ecco allora che Gesù risorto viene a dirci d‘aver

bevuto già lui il calice amaro della sofferenza riparatrice sino alla

feccia per salvarci. Guardando a Lui e seguendo Lui anche le prove

della nostra vita ci aprono a prospettive di dono e di amore.

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MARTEDI’ 23

San Giorgio; S. Adalberto

Parola di Dio: Atti 11,19-26; Sal. 86; Gv. 10,22-30

Dal Vangelo secondo Giovanni 10,22-30

[22]Ricorreva in quei giorni a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era d'inverno. [23]Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone. [24]Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando terrai l'animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente». [25]Gesù rispose loro: «Ve l'ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza; [26]ma voi non credete, perché non siete mie pecore. [27]LE MIE PECORE

ASCOLTANO LA MIA VOCE E IO LE CONOSCO ED ESSE MI

SEGUONO. [28]Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. [29]Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. [30]Io e il Padre siamo una cosa sola».

Gesù, facendo questa affermazione non era un po‘ troppo ottimista?

Noi che ci diciamo sue pecore siamo sempre in grado di riconoscere

la sua voce, di distinguerla dalle tante altre voci che ci blandiscono e

che tendono ad impossessarsi di noi? Riusciamo, anche proprio

grazie alla sua voce, a riconoscere chi siano i buoni pastori che

parlano in nome suo dai mercenari che vogliono soltanto prenderci la

pelle? Un esempio per tutti: come mai oggi fioriscono le sette e molti

cristiani preferiscono lasciare la chiesa per aderire a qualcuna di

queste? Sarà solo colpa loro o anche delle comunità cristiane che non

sanno più indicare con chiarezza la voce di Cristo?

Credo che il guaio più grosso, per noi cristiani, sia quello di crederci

già abbastanza cristiani, di supporre di conoscere la voce di Cristo

perché qualche volta abbiamo letto o sentito leggere qualche pagina

di Vangelo, perché siamo stati partecipi di alcuni gesti religiosi. Ci

crediamo cristiani e conosciamo molto poco la parola di Dio,

confondiamo fede e religione, andiamo avanti con degli stereotipi di

Dio e, quando qualcosa non coincide più con ciò che avevamo

immaginato, ecco che la prima voce che sembra rispondere alle

nostre esigenze immediate, fa da sirena e ci accalappia.

Conoscere la voce di Cristo non è solo rivestire di un liso abito di

2000 anni di tradizioni e di abitudini, non è neanche fare il pieno di

chiacchiere religiose in qualche salotto per bene, è parlare insieme a

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Gesù, sentirne davvero la voce, riconoscerlo in mezzo agli altri,

mettere i nostri piedi nelle sue orme e, come Gesù è una cosa sola

con il Padre, è cercare di diventare anche noi una cosa sola con Lui.

MERCOLEDI’ 24

San Fedele da Sigmaringen; Sant’Erminio

Parola di Dio: Atti 12,24 – 13,5; Sal. 66; Gv. 12,44-50

Dal Vangelo secondo Giovanni 12,44-50

[44]Gesù allora gridò a gran voce: «Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato; [45]CHI VEDE ME, VEDE COLUI CHE MI HA

MANDATO. [46]Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. [47]Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. [48]Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condannerà nell'ultimo giorno. [49]Perché io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare. [50]E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico come il Padre le ha dette a me».

In una recente inchiesta svolta in Italia tenendo conto delle varie

categorie di persone a seconda del luogo, della cultura, del tipo di

lavoro, è risultato che gli atei che si dichiarano tali sono pochi. Quasi

tutti credono più o meno ad un Dio, a un creatore, ad un inizio, ad un

‗supremo‘. Sono poi ancora la stragrande maggioranza coloro che si

definiscono: ―cristiani‖, anche se da domande successive risulta che

la fede è per lo più manifestata solo in certe occasioni (Battesimi,

Prime Comunioni, Matrimoni); molti poi pensano di definirsi cristiani

perché partecipano a qualche forma di volontariato o perché

ritengono di essere ‗abbastanza buoni‘.

E‘ vero, a Dio si può giungere per strade molto diverse. E‘ ancor più

vero che nessuno può giudicare la fede di un altro, ma possiamo

definirci credenti o cristiani se non siamo giunti al cuore di Dio?

Dio è più grande di noi e noi da soli non possiamo aver la

presunzione di conoscerlo, però qualcuno è venuto a farcelo vedere.

Gesù è la trasparenza del Padre. Le parole che ci ha detto, sono

quelle del Padre. Noi possiamo arrivare al cuore del Padre tramite il

suo ―Figlio prediletto‖. La Chiesa, nella celebrazione della Messa ci

ricorda questo quando, dopo aver messo tutte le nostre intenzioni e

preghiere, dopo aver fatto memoria della cena di Gesù, alziamo il

corpo e sangue di Cristo e diciamo che la nostra lode, la preghiera, la

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vita avviene solo e unicamente ―Per Cristo, con Cristo e in Cristo‖.

Se vogliamo conoscere Dio, se vogliamo entrare nell‘intimità della

sua vita, se vogliamo conoscere quale sia la sua volontà su di noi,

l‘unica vera strada è Cristo.

GIOVEDI’ 25

San Marco; Santa Franca; Sant’Evodio

Parola di Dio: 1Pt. 5, 5-14; Sal. 88; Mc. 16,15-20 oppure

Giovanni 13, 16-20

Dal Vangelo secondo Giovanni 13, 16-20

“GESU’, DOPO CHE EBBE LAVATO I PIEDI AI DISCEPOLI, DISSE

LORO…”. [16]In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato. [17]Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica. [18]Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma si deve adempiere la Scrittura: Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno. [19]Ve lo dico fin d'ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono. [20]In verità, in verità vi dico: Chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato». Mi piace oggi fermare la mia e la vostra attenzione su un particolare

a prima vista minimo di questo Vangelo così ricco di tanta teologia

trinitaria. Gesù, prima di parlare ha fatto un gesto, anzi due. Prima

ha lavato i piedi ai suoi discepoli, anche quelli del traditore o del

recalcitrante Pietro, poi ha anticipato la sua morte e risurrezione nel

dono dell‘Eucarestia; solo dopo questi gesti può ricordare agli

apostoli che se vogliono essere grandi devono servire e accogliere

Dio e il fratello.

A noi cristiani, specialmente a noi preti, capita spesso il contrario.

Prima con apparente cultura diciamo tutto ciò che sappiamo su Dio,

poi indichiamo (agli altri) ciò che è giusto fare per essere buoni

cristiani e poi, qualche volta, ci ricordiamo che anche noi siamo

chiamati a dimostrare con le opere che le nostre non sono solo

chiacchiere.

Devo imparare che prima di parlare di povertà, devo far

l‘esperimento di dar via qualcosa di mio, proprio perché mi costa;

prima di dire a qualcuno che la sofferenza può essere un bene devo

vedere se essa, quella reale, è da me accolta con amore, o se

davanti ad essa non mi trovo a bestemmiare; devo chiedermi se il

mio ruolo di prete, o di cristiano, è quello di chi dall‘alto comanda o

quello di chi concretamente serve e con questo esprime la verità del

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messaggio che è chiamato a portare: un testimone non è uno che

parla, ma uno che fa vedere!

VENERDI’ 26

San Marcellino; San Pellegrino Laziosi; B. Alda di Siena

Parola di Dio: Atti 13,26-33; Sal. 2; Gv. 14,1-6

Dal Vangelo secondo Giovanni 14,1-6

[1] «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. [2]Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; [3]quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. [4]E del luogo dove io vado, voi conoscete la via». [5]Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?». [6]GLI DISSE GESÙ: «IO SONO LA VIA, LA VERITÀ E LA

VITA. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.

L‘uomo è la creatura più grande perché ha la vita e ne è

consapevole, ma anche la creatura più debole perché con le sue

povere forze continua a chiedersi il perché del vivere, del gioire, del

soffrire, del generare, del morire, e può balbettare solo delle risposte

insufficienti e parziali. La sua scienza, la sua esperienza, la sua

intelligenza sono piccola cosa davanti al mistero della vita.

Chi è la vita, il principio di ogni vita? Solo un essere vivente, eterno,

può essere la vita, solo Dio è la vita.

E la Verità dove la troviamo? Le nostre verità terrene sono parziali,

mutevoli, limitate: solo la pienezza della vita è anche la sede della

Verità.

E noi poveri uomini possiamo pensare di comprendere la Verità per

avere e gustare pienamente la Vita? Solo se la stessa Vita e Verità si

fanno per noi Via, onde possiamo raggiungerle.

Gesù, è il Figlio di Dio incarnato. E‘ dunque la pienezza della vita che

si è fatta carne, è la Verità di Dio che ci ha parlato con un linguaggio

accessibile manifestato in fatti e parole, ed è anche la Via, Colui che

ci prende per mano per condurci al Dio della Vita, nella Verità piena.

E‘ vero che la Verità è seminata ovunque, è vero che la vita la

vediamo fiorire in mille modi, ma quanto siamo stupidi noi cristiani,

che portiamo il nome di Cristo Via, Verità e Vita, quando lasciamo la

sua mano per andare a cercare risposte e sensi in piccole verità

parziali e in forme di vita che non hanno lo spazio dell‘eternità.. Gesù

è davvero l‘unico vero mezzo, l‘unico vero ponte che ci congiunge

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alla Vita perché, mentre pazientemente ci accompagna già ci dona

tutta la pienezza di Dio.

SABATO 27

Santa Zita; San Liberale; B. Elisabetta Vendramini

Parola di Dio: Atti 13,44-52; Sal. 97; Gv. 14,7-14

Dal Vangelo secondo Giovanni 14,7-14

[7]Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». [8]Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». [9]Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? [10]Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. [11]Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse. [12]In verità, in verità vi dico: ANCHE

CHI CREDE IN ME, COMPIRÀ LE OPERE CHE IO COMPIO E NE FARÀ

DI PIÙ GRANDI, perché io vado al Padre. [13]Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. [14]Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.

È questa una di quelle affermazioni di Gesù che appaiono più

sbalorditive: come mai i suoi discepoli potranno fare opere come le

sue o addirittura superiori alle sue? E qui Gesù si riferisce «a chi

crede»: non soltanto dunque ai discepoli presenti o ad alcuni

privilegiati, ma ad ogni cristiano. Chi crede in Cristo, chi è unito a Lui

e vive della sua vita, è in grado di compiere le opere che Egli compie,

anzi ne farà di più grandi. E lungo la storia della Chiesa ne abbiamo

molte controprove, specialmente nella vita dei santi, sia quelli assurti

all‘onore degli altari che quelli, rimasti nell‘ombra da parte

dell‘ufficialità ma che hanno dato e danno una testimonianza viva del

Vangelo, di Gesù e dei suoi doni.

Come vivere questa Parola?

Dipende da noi che Gesù ripassi oggi sulla terra a compiere l'opera

sua: Egli agisce mediante noi, se lo lasciamo fare.

Anche per la sua prima venuta sulla terra Dio ha chiesto il consenso

di Maria, una di noi. Maria ha creduto: ha aderito totalmente ai piani

del Padre. E quale «opera» ha fruttato la sua fede? Per il suo «sì», «il

Verbo si è fatto carne» in lei ed è stata resa possibile la salvezza

dell'umanità.

Abbiamo anche noi una grande responsabilità: dobbiamo credere in

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Gesù perché Egli possa vivere in noi e operare tramite noi. Dobbiamo

accogliere e mettere in pratica le sue Parole, che si sintetizzano nel

comandamento dell'amore. Dimentichiamo noi stessi e mettiamoci ad

amare come ha amato Lui, con un amore che non misura. E, sulla

tomba del nostro io, vivrà ogni giorno di più il Risorto, con la sua

potenza, la sua luce, la sua gioia, in ciascuno di noi e in mezzo a noi.

Il mondo ha estremo bisogno di questa sua presenza. Sia questa

l'«opera» nostra, l'«opera più grande»: vivere in modo da offrire, a

quanti incontriamo, il Risorto vivo in noi e in mezzo a noi. In Lui

tanta parte di umanità troverà ciò che fuori di Lui è vano cercare: la

speranza, il bene, la verità, l'unità, la pace. E con Lui lavoreremo alla

trasformazione vera del mondo.

DOMENICA 28

5° DOMENICA DI PASQUA

San Pietro Chanel; S. Luigi G. de Montfort.;

B. Gianna Beretta M.

Parola di Dio: Atti 6,1-7; Sal. 32; 1Pt. 2,4-9; Gv. 14,1-12

Dagli Atti degli apostoli 6, 1-7

In quei giorni, mentre aumentava il numero dei discepoli, sorse un malcontento fra gli ellenisti verso gli Ebrei, perché venivano trascurate le loro vedove nella distribuzione quotidiana. Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: “Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio delle mense. Cercate dunque, fratelli, tra di voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza, ai quali affideremo quest'incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della parola”. Piacque questa proposta a tutto il gruppo ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timòne, Parmenàs e Nicola, un proselito di Antiochia. Li presentarono quindi agli apostoli i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani. Intanto la parola di Dio si diffondeva e si moltiplicava grandemente il numero dei discepoli a Gerusalemme; anche un gran numero di sacerdoti aderiva alla fede.

Dalla prima lettera di san Pietro apostolo 2, 4-9

Carissimi, stringetevi a Cristo, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire

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sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo. Si legge infatti nella Scrittura: Ecco io pongo in Sion una pietra angolare, scelta, preziosa e chi crede in essa non resterà confuso. Onore dunque a voi che credete; ma per gli increduli la pietra che i costruttori hanno scartato è divenuta la pietra angolare, sasso d'inciampo e pietra di scandalo. Loro v'inciampano perché non credono alla parola; a questo sono stati destinati. Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce.

Dal Vangelo secondo Giovanni 14, 1-12

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “ Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via”. Gli disse Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?”. Gli disse Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto”. Gli disse Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”. Gli rispose Gesù: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre.

RIFLESSIONE

Anche il Vangelo di questa domenica è ricchissimo di sottolineature,

di riflessioni, di possibilità che Gesù ci offre per conoscere meglio il

suo messaggio, per entrare in comunione con Lui e con il Padre, per

essere una sola cosa con Lui e vivere in pienezza il dono della vita. Vi

offro solo alcune sottolineature per comprendere meglio la parola di

Gesù e il suo dono.

Intanto il brano del Vangelo è preso da Giovanni, nel contesto dei

discorsi che Gesù pronuncia nell‘ultima cena. Gesù, che per tre anni

è stato la ‗Via‘ per i suoi discepoli che cioè li accompagnati nel fare

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esperienza del Regno con Lui, sa che ora essi subiranno lo scandalo

della croce: la loro fede sarà messa alla prova, vedranno crollare le

loro speranze, si scopriranno deboli e traditori e forse anche la fede

in Gesù vacillerà davanti alla sua morte croce. Gesù li aiuta dunque a

rafforzare questa fede in Lui. Se davvero credono che Lui è il Figlio di

Dio, che Lui e il Padre sono una cosa sola, che essi nonostante la

propria debolezza sono chiamati a ‗compiere le grandi opere di Dio‘,

forse ce la faranno a superare lo scacco della croce, forse avranno la

fiducia di continuare a sperare nella risurrezione, ma devono puntare

tutto su di Lui.

Chiaramente questo discorso non è soltanto per i discepoli, ma è

rivolto a ciascuno di noi. Anche noi siamo alla ricerca del senso della

nostra vita, ci chiediamo il perché di questo dono meraviglioso e

fragile, siamo portati ad un gioia e ad una felicità più grande delle

piccoli soddisfazioni terrestri, gridiamo davanti al dolore e

all‘ingiustizia e, se anche siamo credenti, spesso ci pare di soffrire

della lontananza o assenza di Dio davanti a certe circostanze

dolorose e apparentemente ingiuste del nostro cammino. Siamo a

rischio di scandalo anche noi, davanti alla croce di Gesù e alle nostre

croci perché non ci è facile vedere in esse le possibilità di amore che

comportano.

Per comprendere meglio questa ricerca e le sue difficoltà facciamoci

aiutare da Teilhard de Chardin che ha descritto con un racconto gli

atteggiamenti verso la vita, che gli uomini possono assumere.

È la storia di un gruppo di villeggianti, in un albergo di montagna,

che decidono di fare tutti insieme un'escursione in cima a una vetta.

L'indomani di buon mattino sono tutti in piazza e stanno per partire.

Ma… alcuni guardando la vetta osservano che è tanto alta e lontana,

pensano che c'è troppo da faticare, e cominciano a dirsi: ―Ma a che

cosa serve andare fin lassù, soffrire, rischiare… per che cosa?‖ e

concludono: «Noi non ci andiamo». Tornano in albergo, si

rinchiudono in camera, si barricano dentro se stessi.

Un altro gruppo parte con slancio, e affronta la salita. La strada

presto si fa ripida, la meta si rivela davvero tanto lontana, essi del

resto osservano che dove sono giunti il paesaggio è stupendo, ci

sono i prati, i ruscelli, le farfalle che svolazzano. Hanno con sé

l'occorrente per fare il picnic, e passare una splendida giornata

sfruttando al massimo tutte le cose buone che la natura mette a

portata di mano. Tanti si dicono: «Perché non profittare di questo

incanto? Noi ci fermiamo qui a metà strada, e fin che il tempo è bello

ci godiamo la natura e il suo splendore».

I pochi rimasti in marcia, invece, sono decisi a procedere oltre, non si

accontentano delle cose terra terra che finora hanno incontrato,

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vogliono giungere alla vetta, sicuri che lassù li attende un panorama

meraviglioso, una visione allargata del mondo, che li ripagherà in

pieno.

Secondo Teilhard, ogni uomo appartiene a una delle tre categorie di

persone.

Ci sono i timidi, senza coraggio, senza ideali, uomini del minimo

sforzo, che non intendono impegnarsi, che i problemi e i perché li

evitano, che preferiscono il paraocchi, che si fermano al minimo della

vita, che non hanno intenzione di realizzare qualcosa di importante,

prendono dalla vita il minimo senza una prospettiva di grandezza o di

futuro e chiudono quindi la porta sul senso stesso della vita.

Ci sono altri invece capaci di ammirare il bello e il buono, capaci di

scorgere gli ideali, i traguardi da raggiungere, e magari ci fanno

anche un pensierino. Perché no? Ci provano. Ma poi si imbattono

nelle difficoltà, trovano che è più comodo accontentarsi, trovano che

le cose a loro portata di mano sono già belle e buone, e bastano a

riempire una vita. Si fermano alle prime risposte immediate, non

hanno voglia di approfondire… e smobilitano. Hanno intravisto i

grandi ideali, ma poi si adattano ai piccoli traguardi.

Infine ci sono quelli che non si accontentano, che vogliono vedere e

capire, puntano in alto, cercano un senso per l'esistenza, e provano a

realizzarsi con coerenza.

Non so in quale categoria possiamo collocarci noi, ma gli apostoli di

Gesù di sicuro erano in questa terza categoria. Non si

accontentavano, volevano incontrare Dio, dicono a Gesù: «Mostraci il

Padre, e ci basta». Puntavano proprio alla vetta. Per questo Gesù li

stimava e li amava nonostante i loro limiti.

E Gesù a questi discepoli e a tutte le persone come loro offre se

stesso come unica vera guida. E‘ come se Gesù dicesse a loro e a

noi: ―Se tu credi davvero che io sia Dio, puoi fidarti di me. Io non ti

prometto un cammino facile, io non ti offro automaticamente tutte le

soluzioni a tutti i tuoi problemi umani, ma ti apro alle prospettive, ti

apro alla meta, sono con te oggi e nello stesso tempo ti sto

preparando un posto nell‘eternità. Sentirai la fatica del viaggio nelle

gambe, nel fiato, proverai anche certi momenti di scoraggiamento, ci

saranno magari anche dei momenti in cui il sentiero non ti

permetterà di vedere la cima, forse anche tu sedendoti a prender

fiato dirai: ―Ma ne vale proprio la pena?‖ Eppure io ti dico che si ti

fiderai di me che sono la Via, se non ti accontenterai dei piccoli

barlumi di verità che qualcuno ti offre, ma capirai che io, Dio, sono

l‘unica Verità, allora arriverai alla Vita, a quella vita piena che da

senso al tuo agire, alle tue fatiche, al vivere con gioia ogni momento

che ti è dato perché già pieno di vita eterna. E se tu e tuoi compagni

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farete così, allora ecco io vi prometto che farete opere maggiori di

quelle che ho fatto io, non tanto perché sarete capaci di miracoli

prodigiosi ed eclatanti, ma perché come Io sono nel Padre, voi sarete

in me e continuerete a portare sulla terra, attraverso i doni dello

Spirito Santo, la mia vita donata per gli uomini‖

Per tornare dunque all‘esempio di Teillard, noi siamo i villeggianti

nell'albergo di montagna. Possiamo: o restarcene pigramente

all'albergo, o fermarci a metà strada ma non capiremo il senso della

vita e non la vivremo pienamente, o sentirci chiamati a cose grandi e

diventare pellegrini, viandanti, dietro Gesù, incamminati verso il

Padre.

Gesù ci propone uno stile di vita che non è il rinunciare a mettersi in

marcia per restarsene seduti e comodi, e non è neppure un fermarsi

a metà strada per rincorrere le farfalle e la felicità nelle cose a

portata di mano, e ma è un puntare in alto, a Dio. Diceva il santo

Curato d'Ars ai suoi buoni parrocchiani: «A Dio bisogna andare dritti

come una schioppettata».

LUNEDI’ 29

Santa Caterina da Siena

Parola di Dio: 1Gv. 1,5-2,2; Sal. 44; Mt. 25,1-13

Oppure: Atti 14, 5-18; salmo113; Giovanni 14,21-26

Dal Vangelo secondo Giovanni 14,21-26

[21]Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui». [22]Gli disse Giuda, non l'Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?». [23]Gli rispose Gesù: «SE UNO MI

AMA, OSSERVERÀ LA MIA PAROLA E IL PADRE MIO LO AMERÀ E

NOI VERREMO A LUI E PRENDEREMO DIMORA PRESSO DI LUI.

[24]Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. [25]Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. [26]Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

Nei rapporti fra uomo e uomo, anche quando ci sia una intimità

profonda, l'altro rimane sempre a distanza, inevitabilmente. Gesù

invece promette un rapporto profondo e di amore che ci rivela

l'inaudita intimità che Dio desidera avere con gli uomini, e nella quale

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Gesù si manifesta a noi, ci rivela i suoi segreti per mezzo dello Spirito

Santo, il Maestro della vita spirituale.

Nello stesso tempo troviamo un senso di realismo. Il Signore per

poter realizzare questo non parla di un amore situato nelle nuvole,

ma di un amore molto concreto: «Chi accoglie i miei comandamenti e

li osserva, questi mi ama». Gesù non ci permette mai di dimenticare

che l'amore non consiste in parole e neppure in sentimenti

superficiali, ma vuole l'unione delle volontà, che fa amare la volontà

dell'altro. Quando non c'è unione delle volontà non c'è amore vero,

c'è soltanto l'illusione di amare: Non si tratta solo di credere in Lui,

non si tratta di osservare le sue indicazioni morali per obbedire a Dio,

per ―andare in paradiso‖. Si tratta di lasciarci prendere dall‘amore di

Gesù, di incontrare Colui che ci ama, di volergli bene. Allora si

osserverà la sua parola non tanto come parola di uno che comanda,

non come obbligo, ma come parola di un amico che ci indica la

strada della nostra felicità. Ed ecco allora la vera comunione con

Gesù, con il Padre, nello Spirito. La stessa strada è quella della

preghiera: essa non può che nascere dalla fiducia e dall‘amore accol-

to e dato, non può che essere comunione con la Parola di Gesù che

salva e non può quindi che portare ad accogliere Dio in noi.

MARTEDI’ 30

S. Pio V°; S. Giuseppe B. Cottolengo; S. Sofia di F.

Parola di Dio: Atti 14,19-28; Sal. 144; Gv. 14,27-31

Dal Vangelo secondo Giovanni 14,27-31

[27]VI LASCIO LA PACE, VI DO LA MIA PACE. NON COME LA DÁ

IL MONDO, IO LA DO A VOI. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. [28]Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me. [29]Ve l'ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate. [30]Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; egli non ha nessun potere su di me, [31]ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato. Alzatevi, andiamo via di qui».

Quanti significati diversi si attribuiscono alla parola: ―pace‖! Si fanno

addirittura delle guerre nell‘intento di ottenere la pace anche perché

la pace è inseparabile dalla tranquillità e dalla prosperità. Nella Bibbia

il giusto si gusta la pace nella sua vigna, sotto il suo fico. L'uomo non

è in pace se non ha la sua piccola felicità. Ma allora, come può Gesù,

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proprio nella sera dello scacco sanguinoso che sta per subire, lasciare

in eredità la sua pace a coloro che hanno creduto in lui?

Perché per Gesù pace è l‘augurio di pienezza di vita, di salute ma è

soprattutto mettere Dio al suo posto, al primo posto. Quando l‘uomo

avrà veramente pace? Quando si costruirà nel modo giusto: quando

cioè fonderà i suoi valori non sull‘effimero, sul passeggero, ma su chi

lo ha pensato, creato, amato. Allora il cuore dell‘uomo, le sue attese

non diventeranno più orgoglio che divide, si appropria, uccide, ma

gioia, perdono, riconciliazione profonda con il fratello non più visto

come un rivale da superare ma come un amico con cui camminare e

costruire il Regno che il Signore stesso ha chiamato a realizzare.

Riflessioni di don Franco Locci

Che si possono trovare anche in internet al seguente sito:

http://web.tiscalinet.it/scheggeescintille

L’ e-mail di posta elettronica con cui poter comunicare è:

[email protected]

Stampato in proprio dalla Comunità “Piccola Betania‖

Via Pasquero, 8 Vicoforte Fiamenga CN

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*Pro-manuscripto*