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LA BIBLIOTECA IL SAGGIO LA RECENSIONE IL CORSIVO Pensare libri i/n l’editoria e le letture di “REBECCA LIBRI” www.rebeccalibri.it Angelo COMASTRI Dio scrive dritto Ed. SAN PAOLO Pag. 176. 16,00 Pontificium Institutum Altioris Latinitatis (a cura di) Eucharisticum Mysterium. Ordo Missae 1970-1962. Latino - Italiano Ed. EMP Pag. 120. 17,00 Bartolomeo SORGE Aldo MARIA VALLI Oltre le mura del tempio. Cristiani tra obbedienza e profezia Ed. PAOLINE Pag. 176. 21,00 Pier Luigi FERRARI (a cura di) Il Libro dell’Esodo. Ed. EMP Pag. 432. 35,00 Valerio BOCCI Comunicare la fede ai ragazzi 2.0. Una proposta di catechesi comunic-attiva Ed. ELLEDICI Pag. 256. 15,00

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LA BIBLIOTECAIL SAGGIOLA RECENSIONEIL CORSIVO

Pensare librii/nl’editoria e le letture di “REBECCA LIBRI”

www.rebeccalibri.it

Angelo

COMASTRI

Dio scrive dritto

Ed. SAN PAOLO

Pag. 176. € 16,00

Pontificium Institutum

Altioris Latinitatis(a cura di)

Eucharisticum Mysterium.Ordo Missae 1970-1962. Latino - Italiano

Ed. EMP

Pag. 120. € 17,00

Bartolomeo SORGE

Aldo MARIA VALLI

Oltre le mura del tempio.Cristiani tra obbedienza eprofezia

Ed. PAOLINE

Pag. 176. € 21,00

Pier Luigi

FERRARI(a cura di)

Il Libro dell’Esodo.

Ed. EMP

Pag. 432. € 35,00

Valerio

BOCCI

Comunicare la fede ai ragazzi 2.0.Una proposta di catechesicomunic-attiva

Ed. ELLEDICI

Pag. 256. € 15,00

GGuardando l’editoria attuale sembra che perla prima volta, da un momento di crisi non nascanulla di nuovo (e meno che mai significativo o ad-dirittura memorabile).

Tutti paiono guardare solamente ai conti, eli-minando spese ritenute eccessive, ma a questa po-litica deve affiancarsi quella che conduce a espe-rienze editoriali nuove (nuovi autori, formati, ar-gomenti, collane, distribuzione, eccetera).

Poco, pochissimo viene rivisto e molto, invece,fermato per non spendere, palesando inattesi im-barazzi manageriali.

Si parla spesso di classe dirigente, ma non sisa più dove andare a cercarla e che significato ul-timo assegnare a quella che è diventato oramai un«astratto», una scatola vuota da riempire di sensoall’occorrenza.

L’editoria vive di parole, come cantavano Mi-na e Alberto Lupo: parole, parole, parole.

»»»IL CORSIVO

di Andrea Menetti

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La classe dirigente (editoriale) al tempo della crisi

ALA RECENSIONE

A cinquant’anni da L’estate incantata, Bradburytorna a narrare le avventure del suo alter ego ado-lescente. E ci rivela molto di sé in una raccolta ditesti che vibrano dell’entusiasmo di scrivere e rac-contare.

Chi scrive di fantascienza scrive inevitabilmentedel Tempo. Non solo per l’ovvia ragione che la di-mensione fantascientifica è proiettata in un futuropiù o meno remoto, ma anche perché i protagonistidi quel futuro si pongono quasi sempre in rapportocon il loro passato (ossia quello che generalmente èil presente di chi legge), creando un gioco continuodi rimandi speculari fra ciò che sarà, ciò che è sta-to e ciò che è.

Ray Bradbury, autore di fantascienza fra i più vi-sionari e suggestivi (anche se è riduttivo etichet-tarlo con uno specifico genere letterario, visto ilconfine incerto che separa la sua fantascienza dalfantasy), non fa eccezione: il Tempo è il filo rossoche attraversa gran parte della sua produzione. Iterrestri di Cronache marziane, che nel corso diuna serie di spedizioni partono alla volta di Marte,abitano un futuro dove, a bordo dei loro razzi, han-no portato con sé i ricordi delle piccole comunitàrurali americane in cui vivevano (simili a quella incui è nato lo stesso Bradbury). Nella loro impresadi colonizzazione ricalcano la stessa barbarie di-struttiva che molti secoli prima, sul nostro pianeta,aveva spazzato via le civiltà precolombiane. Persi-no gli uomini di Dio, che solcano lo spazio per con-vertire ipotetici marziani sprofondati nel peccato,

A VENT’ANNI DIVENTÒ COLLABORATORE DI VITTORINI, E PUÒ DIRSI TESTIMONE PRIVILEGIATO DI UN’INTERA STAGIONE DELL’EDITORIA ITALIANA.

di Maria Ferragatta

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Ray Brabdury, il poeta della fantascienza

Ray Brabdury

amici, decide di muovere guerra agli anziani delpaese, responsabili di volerli far diventare come lo-ro. Douglas e i suoi compagni giurano di non invec-chiare mai. «Scopriremo in che modo i grandi cifanno crescere, in che modo ci insegnano a mentire,ingannare e rubare... Dobbiamo rimanere comesiamo». L’atto simbolico che segna la battaglia frala senescente resistenza degli anziani e la baldan-zosa offensiva della gioventù è la manomissione delgrande orologio del Municipio, che al centro dellacittadina «dispensava il Tempo con il soffio dellestagioni... lo strumento che prosciugava la vita».

Bloccare il meccanismo infernale, naturalmente,non servirà a nulla. Douglas sarà costretto a ripa-rare il danno, ma non sarà solo la ripresa dell’osti-nato ticchettio a costringerlo ad accettare la con-danna a crescere. Sono il primo, inaspettato richia-mo dell’amore, il primo bacio, a provocare la resatotale. Douglas rinuncia a essere Peter Pan e a di-fendere la sua Isola Che Non C’è, cede le armi difronte a una tentazione ancora più forte di quelladell’eterna fanciullezza. A traghettarlo nel passag-gio dall’infanzia all’adolescenza c’è il signor Quar-termain, uno dei suoi attempati nemici. Fra loro,un impercettibile passaggio di consegne fa sì che laforza trascinante della vita si trasmetta dal piùvecchio al più giovane e che il Tempo continui inin-terrottamente a fluire con il suo fascino inebriantee irresistibile.

Abbiamo molto da imparare dai vecchi, ricordaBradbury nella postilla al romanzo, perché loro so-no «le nostre speciali Macchine del Tempo». AncheBradbury, prima di iniziare la sua lunga carriera,ha attinto alla loro ricchezza: a quella dei nonni especialmente a quella di una zia, che lo ha nutritodi fiabe e poesia, di cinema e teatro, facendogli cre-scere dentro il senso di meraviglia di cui vibrano lesue pagine.

È questo stupore, questo entusiasmo, l’altro sottilefilo rosso che scorre lungo le sue opere. Lo perce-piamo nella raccolta di saggi Troppo lontani dallestelle (Mondadori, 2008, traduzione di StefanoMazzurana e Cesare Salmaggi, pagg. 308, euro9,00), trentasette articoli e interventi in cui Brad-

bury parla a ruota libera di film e personaggi fa-mosi, di narrativa e viaggi, del materialismo televi-sivo e informatico che stanno spazzando via auten-ticità e cultura. Gli incontri con Bertrand Russell eWalt Disney, il confronto titanico con Moby Dick,da cui trasse la sceneggiatura del film di John Hu-ston, l’amore per Parigi e Los Angeles, i lucidi giu-dizi sull’America, di cui rappresenta una coscienzacritica, il suggestivo parallelo fra la follia distrutti-va del capitano Ahab (così nel saggio) di HermanMelville e la follia positiva del capitano Nemo diJules Verne, tutto finisce per confluire in uno sfac-cettato autoritratto dove Bradbury parla del suopersonale, gioioso approccio con la scrittura e conl’esistenza.

E, in ultima analisi, racconta se stesso, con un ego-centrismo veniale che mostra il suo volto di sogna-tore impenitente. Come accade ai sognatori, qual-che volta diventa irritante, almeno per le menti piùpragmatiche. Come quando, in Oltre il 1984 peroracon enfasi l’importanza di stanziare mezzo miliar-do di dollari per studiare la cometa di Halley (intransito nel nostro sistema solare nel 1986) in no-me della necessità di «confrontarci col mistero».

Viene da pensare a tutto quanto di più prosaico masocialmente più utile si potrebbe fare con i fondidestinati alle ricerche spaziali. Ma i sogni hanno illoro prezzo, e anche la fascinazione per l’Universoinesplorato e per ciò che di fantastico ha in sé lascienza, fa parte del carattere di questo eterno"vecchio ragazzo", che ha lasciato un’impronta tan-to significativa nella letteratura americana. La vi-ta è Tempo, la vita è meraviglia: facciamo tesorodel primo, assaporiamo la seconda fino all’ultimagoccia, ci dice Bradbury. E, soprattutto, non abbia-mo paura di amare la felicità, di guardare avanticon gli occhi limpidi del tredicenne Doug, in attesache arrivi un’altra estate, che sia, come la prece-dente, altrettanto piena di sogni e di promesse.

Articolo precedentemente pubblicatoin «Letture» n. 654, febbraio 2009.

Per gentile concessione delle Edizioni San Paolo.

conservano la stessa presunzione religiosa degliantichi evangelizzatori.

Il futuro di Brad-bury è il restylingavveniristico di unpassato e di un pre-sente che ci portia-mo appiccicati allescarpe come la no-stra ombra, la suafantascienza è lacelebrazione di unparadosso in cui ilTempo scorre e re-sta immobile. An-che i futuribili uo-mini-libro, che inFahrenheit 451 im-parano a memoriai volumi condanna-ti al rogo dalla leg-ge per salvarli dal-la distruzione, di-ventano custodi delTempo facendosi depositari della memoria lettera-ria, perché la memoria è Tempo sottratto al diveni-re.

Il Tempo ritorna prepotentemente anche in Addioall’estate (Mondadori, 2008, traduzione di Giusep-pe Lippi, pagg. 176, euro 15,00), ultimo romanzo diBradbury, già definito come il suo "testamento let-terario" e seguito ideale de L’estate incantata, pub-blicato cinquant’anni fa. Questa volta il talento im-maginifico dell’autore ci trasporta non avanti, maindietro negli anni. Siamo nel 1929, nel villaggiodi Green Town, Illinois, dove riprendono le avven-ture estive di Douglas Spaulding là dove si eranoprecedentemente interrotte. È passato un anno, èdi nuovo estate, una lunga estate che non accennaa finire. Doug ora ha tredici anni e si rende contoche presto ne avrà quattordici e poi venti, che qual-cosa lo sta spingendo inesorabilmente verso l’etàadulta. Diventerà serio, responsabile, maturo, ver-rà anche il suo turno di morire. Ma lui non vuolemorire, e si ribella. Così, insieme alla sua banda di

Il suo libro “Fahrenheit 451”

IL SAGGIO

Il siciliano che sogna la lunaterza parte

UUn anticipo di ipertesto

A un certo punto, Clerici, derubato di tutto, devescrivere su fogli avuti in dono: sul verso di alcunic’è il memoriale di una donna, che, senza volerlo,entra a far parte del diario, così che l’uno e l’altroprocedono, almeno per un tratto, parallelamente,sul recto e sul verso delle pagine di Retablo. È l’oc-casione per un’ulteriore annotazione che confermala continua ricorrenza, in tutta la narrativa di Con-solo, di una riflessione sulla scrittura, spesse volteapertamente esplicitata: «Sembra un destino, que-st’incidenza, o incrocio di due scritti, sembra chequalsivoglia nuovo scritto, che non abbia una suatremenda forza di verità, d’inaudito, sia la contro-faccia o l’eco d’altri scritti». La dichiarazione rimanda esplicitamente all’inter-testualità della scrittura, e può funzionare per ri-leggere gli inserimenti saggistici del Sorriso del-l’ignoto marinaio, e per dare un senso narrativo al-le lunghe citazioni (testi di viaggio, descrizioni sto-riche, scientifiche, artistiche) riportate, sotto il tito-lo Notizie, alla fine di Lunaria. (A proposito di que-ste "aggiunte", si potrebbe affermare che VincenzoConsolo costruisce, con molto anticipo sui tempi,una sorta di ipertesto: il mezzo cartaceo, natural-mente, non lo consente, e tuttavia il lettore è sem-pre tentato di passare dal testo narrato a quell’al-tro che lo documenta e, che, collocato alla sua fine,vorrebbe aprirsi dentro di esso).

Enumerazioni in stile barocco

Prima di abbandonare Retablo è necessario citareun ulteriore tratto stilistico che trova in questo ro-

A. FILIPPI, IL LAVORO DA TEMA SOCIALE A TEMA TEOLOGICO, PSV N. 52, DICEMBRE 2005, PP. 3-6di Alberto Cadioli

Vincenzo Consolo

contesto storico e ad esso si rivolge»), ma proprioper questo attenta alla «generale ed eterna condi-zione umana».

Scontri soc iali e degrado dell’iso la

Nelle opere successive a Retablo, la componenteetico-politica trova un approfondimento, mentre so-no ridotte (sebbenemai completamen-te eliminate) l’in-venzione linguisti-ca e la contamina-zione di lessici e dimorfologie diverse,che oscillano sem-pre tra l’italiano eil dialetto siciliano. Proprio in questadirezione va la rac-colta di racconti Lepietre di Pantalica(del 1988), nellaquale la sezioneiniziale, "Teatro",rimanda ambigua-mente alla rappre-sentazione della vi-ta, ma anche alteatro degli scontritra latifondisti econtadini nell’im-mediato Dopoguerra, al centro di questa sezione;la seconda, "Persone", propone il ricordo di alcuniscrittori siciliani (da Sciascia a Buttitta, a LucioPiccolo); la terza, "Eventi", descrive alcune città de-gradate della Sicilia degli anni Ottanta. A spunti già presenti in precedenza, sia nella scrit-tura, tendente spesso alla poesia, sia sul piano te-matico, per esempio le rivolte popolari contro l’op-pressione del latifondo, si affianca ora la novità diuna sconsolata (o addirittura disperata) considera-zione sulla fine della civiltà. In particolare nel racconto di chiusura, "Memoria-le di Basilio Archita", si fa strada l’idea della scon-fitta dell’intera umanità. Il narratore – un marina-

io siciliano – racconta di avere assistito, impotente,durante il suo imbarco su una nave greca, alla de-cisione del capitano di gettare in mare, in pasto aipescicani, un gruppo di neri imbarcatisi clandesti-namente. Nel gesto criminale va riconosciuta nonsoltanto la perdita di valori dell’antica civiltà occi-dentale, quanto dell’intera umanità, ferinamentedisumanizzata: e ora la letteratura deve farsi cari-co di rivelare il degrado verso cui precipita la con-dizione umana. Questo compito è implicitamente svolto nel roman-zo Nottetempo, casa per casa (1992), nel quale loscrittore presenta, attraverso i tratti di alcuni per-sonaggi – il barone Cìcio, il pastore Janu, il capo diuna setta esoterica, l’insegnante Petro –, la vita diun paese siciliano nei primi anni del fascismo. Ladevastazione ambientale denunciata in Le pietre diPantalica non c’è, ma si intravede il deterioramen-to sociale alimentato dalla netta divaricazione trachi ha privilegi e chi ne è privo. Se il barone esaltagli stranieri, liberi in amore e dediti al culto dioni-siaco, come un evento per uscire dalla stasi dellasua vita, l’insegnante Petro, personaggio-coscien-za del racconto, vive il disagio di chi si accorge del-l’inspiegabilità e del-l’immodificabilità deldolore e dunque dellavanità della lettera-tura come fuga. La consapevolezzadella fragilità esi-stenziale («E tu, e noichi siamo? Figureemergenti o svanenti,palpiti, graffi indeci-frati») non impediscea Petro di accostarsiagli antifascisti (percui dovrà fuggire dal-l’Italia), ma lo spingeanche a rendersi con-to che «la bestiatrionfante di quel tre-mendo tempo, dellastoria, che partorisceorrori, sofferenze» si nasconde in ogni uomo, e cheda questa bestia ciascuno si deve guardare. In que-

manzo la sua esaltazione: il gusto dell’enumerazio-ne. Introducendo gli elenchi più vari, lo scrittoresembra far passare le volute dello stile barocco del-le chiese di Sicilia direttamente nella scrittura let-teraria (e non sarà inopportuno ricordare che Con-solo pubblicherà, nel 1991, un saggio dal titolo IlBarocco in Sicilia. La rinascita della Val di Noto).Del resto, si è già detto ampiamente, per Consolo laletteratura si fonda sull’invenzione della scritturae sulla continua contaminazione di registri diversi:il pastiche si offre come strumento privilegiato diconoscenza della realtà, individuale e collettiva. E tuttavia, narratore sperimentale, Consolo è alie-no dai giochi di quegli scrittori della neoavanguar-dia che manipolano il linguaggio e i materiali nar-rativi o poetici in funzione puramente ludica. Nel-la sua ricerca stilistica è imprescindibile il riferi-mento alla realtà. Lo confermano varie dichiara-

zioni di poetica, affidate a interviste, a pagine d’in-troduzione ad autori vari, a interventi giornalistici.In una nota all’edizione italiana di Uomini sotto ilsole, del palestinese Ghassan Kanafani (Sellerio,1991), Consolo dichiara apertamente l’importanzadi una letteratura investita di responsabilità poli-tica («nel senso che nasce, essa letteratura, da un

Vincenzo Consolo

Il suo libro “Le pietre di Pantalica”

Il suo libro “Nottetempo, casa per casa”

pegnare, con la specificità del proprio linguaggio,nel testimoniare i mali del mondo (e viene in men-te lo scriba di Conversazione in Sicilia di Vittori-ni). Occorre dunque cercare le parole che ancora sipossono utilizzare, senza il rischio della banalità osenza arrivare all’afasia. In ogni passo di L’olivo el’olivastro Consolo cerca con insistenza una rispo-sta alle domande drammatiche introdotte alla finedel decimo capitolo: «Cos’è successo, dio mio, cos’èsuccesso a Gela, nell’isola, nel paese in questo atro-ce tempo? Cos’è successo a colui che qui scrive,complice a sua volta o inconsapevole assassino? Co-s’è successo a te che stai leggendo?». Per lo scrittore e il lettore c’è dunque un fine comu-ne: quello di interrogarsi sulla condizione degli uo-mini, dentro una storia disumanizzata, per la qua-le lo scrittore non esita a richiamare la "tragedia"antica: «Quale erba cresciuta / nel veleno, quale ac-qua / sgorgata dal fondo del mare/ hai ingoiato».

UN’ISOLA TRA L’INFERNO E IL SORRISO

Di Vincenzo Consolo sono numerosi gli scritti in-troduttivi ad autori classici e contemporanei; mol-tissimi sono anche gli interventi giornalistici. Unabibliografia (non completa) di e su Consolo è nelnumero 29 del 1995/I di Nuove effemeridi (Paler-mo, Edizioni Guida). Qui di seguito diamo i più im-portanti titoli di narrativa e saggistica. • La ferita dell’aprile, Mondadori (1963), poi Ei-naudi (1977) e ancora Mondadori (Oscar, 1989 conintroduzione di G.C. Ferretti). • Il sorriso dell’ignoto marinaio, Einaudi (1976),poi Mondadori (Oscar 1987 con introduzione di C.Segre) e infine Mondadori (1997, con postfazionedell’autore). • Lunaria, Einaudi (1985), poi Mondadori (1996). • ‘Nfernu veru. Uomini e immagini dei paesi dellozolfo, Edizioni del Lavoro (1985). • La pesca del tonno in Sicilia, Enzo Sellerio(1986). • Retablo, Sellerio (1987), poi Mondadori (1992). • Le pietre di Pantalica, Mondadori (1988), poiMondadori (Oscar, 1990, a cura di G. Turchetta). • Il Barocco in Sicilia. La rinascita della Val diNoto, Bompiani (1991).

• Nottetempo, casa per casa, Mondadori (1992), poiMondadori (Oscar, 1993, introduzione di A. Fran-chini). • Fuga dall’Etna. La Sicilia e Milano, la memoriae la storia, Donzelli (1993). • Neró Metallicó, il melangolo (1994). • L’olivo e l’olivastro, Mondadori (1994, poi Oscar1995).

Articolo precedentemente pubblicato in «Letture» n. 539, agosto-settembre 1997.

Per gentile concessione delle Edizioni San Paolo. 3

sta situazione la scrittura deve essere conoscenzanon scappatoia: «Pensò che ritrovata la calma, tro-vate le parole, il tono, la cadenza, avrebbe raccon-tato, sciolto il grumo dentro. Avrebbe dato ragione,

nome a tutto quel do-lore». L’incipit di L’olivo el’olivastro (del 1994,lo stesso anno di unaraccolta di quattrobrevi racconti intito-lata Neró Metallicó),sembra prendere lemosse proprio daquest’ultima frase:«Ora non può narra-re. Quanto preme etravaglia arresta iltempo, il labbro,spinge contro il muroalto, nel cerchio bre-ve, scioglie il lamen-to, il pianto». Senza più una narra-zione lineare, L’olivoe l’olivastro propone

un ennesimo viaggio, per quanto non scandito datappe geografiche, nella Sicilia eretta a metaforadi tutta la civiltà occidentale e della sua crisi. Sipassa dai luoghi fisici ai topoi culturali, dalle pianefiorite alle raffinerie di Gela, da Omero ai contem-poranei. Incontri, riflessioni, descrizioni, ampie ci-tazioni da libri antichi e moderni sviluppano il mo-tivo che ora sta più a cuore allo scrittore: «Trovasolo senso il dire o ridire il male, nel mondo invasoin ogni piega e piaga dal diluvio melmoso e indiffe-rente di parole àtone e consunte, con parole anticheo nuove, con diverso accento, di diverso cuore, intel-ligenza».

Ruolo etico della letteratura

La riflessione sulla scrittura, componente, come siè visto, di tutta l’opera narrativa di Consolo, tornamanifestamente in L’olivo e l’olivastro, per accen-tuare il ruolo etico della letteratura, che si deve im-

Il suo libro “L’olivo e l’olivastro”

Vincenzo Consolo

BIBLIOTECA

II carteggi dischiudono orizzonti quasi sempre

inattesi specialmente quando le figure che dialoga-no sono d’eccezione come lo scrittore Antonio Pizzu-to e l’editore Vanni Scheiwiller. Pizzuto è un fun-zionario dello Stato con la passione per la letteratu-ra, e Scheiwiller ama dedicarsi a libri che solo luisembra in grado di pubblicare. Ne nasce Le cartefatate. Carteggio 1960-1975 (Scheiwiller 2005), cheriporta anche l’eco clamorosa dell’elzeviro (La veranovità ha nome Pizzuto) che Gianfranco Contini, il6 settembre 1964 – con grande scandalo della socie-tà letteraria – dedicò sul «Corriere della Sera» allagrandezza dell’autore di Signorina Rosina (1956),Si riparano bambole (1960), Ravenna (1962).

Il giorno appresso l’articolo, Scheiwiller scrivea Pizzuto:

Caro Antonio,l’articolo di Contini sul «Corriere» non solo è

bellissimo ma fa data: qualcosa come l’articolo diMontale nel’25 per Svevo sull’ «Esame».

Altri uomini, altri entusiasmi, altri palati.

GLI ULTIMI ITINERARI

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La vera novità ha nome Pizzuto

di Edgardo Limentani

Pizzuto e Scheiwiller