PENNE/ Prossima stangata: l’IRPEF LORETO/ Beffe sinistre ... · parola, io non sono mai andato a...

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PENNE/ Prossima stangata: l’IRPEF LORETO/ Beffe sinistre in sede LACERBA periodico politico culturale sportivo dell’area vestina LACERBA è il periodico dell’Associazione Culturale Progetto Domani, distribuito a Penne, Loreto, Civitella Casanova e Collecorvino Stazione / Via Cavour 65014 Loreto Aprutino PE / www.lacerbaonline.it / [email protected] / Aut. Trib. di Pescara del 10-07-1996. Registro stampa anno 1996 n° 21 / Editore Gianluca Buccella / Direttore Berardo Lupacchini / Vice Direttore Vicario Claudia Ficcaglia / Le Firme: Candido Greco, Gianfranco Buccella, Gianni Cutilli, Mauro Soccio / Redazione: Jaques De Molay, Jennifer Di Vincenzo / Foto a cura Di Loreto But- tari, Achille Rasetta, Mauro Soccio / Web e Grafica: Marta Ferri / Tipografia: Arti Grafiche Picene . PER LA VOSTRA PUBBLICITA’: [email protected] / jennifer di vincenzo +39 339 7585454 / gianluca buccella +39 3939701736 / DIFFUSIONE GRATUITA Numero 6 anno XIX . Seguici su www.lacerbaonline.it . facebook.com/lacerba . twitter.com/LacerbaOnLine . youtube.com/user/lacerbaonline Domenica 30 novembre 2014 La valigia di Francesco Dotti, medici e sapienti di Cane Sciolto “E nel nome del pro- gresso il dibattito sia aperto, parleranno tutti quanti, dotti medici e sapienti. Tutti intorno al ca- pezzale di un malato molto grave anzi già qualcuno ha detto che il malato è quasi morto. Così giovane è pec- cato che si sia così conciato; si dia quindi la parola al rettore della scuola. - Sono a tutti molto grato di esser stato consultato per me il caso è lampante costui è solo un commediante. - No, non è per contraddire il col- lega professore , ma costui è un disadattato che sia subito internato. - Permettete una parola, io non sono mai andato a scuola e fra gente importante, io che non val- go niente, forse non dovrei neanche parlare, ma dopo quanto avete detto, io non posso più stare zitto e perciò prima che mi possiate fer- mare devo urlare, e grida- re, io lo devo avvisare, di alzarsi e scappare anche se si sente male, che se si vuole salvare, deve subito scappa- re . - Al congresso sono tan- ti, dotti, medici e sapienti, per parlare, giudicare, valu- tare e provvedere, e trovare dei rimedi, per il giovane in questione. - Questo giovane malato so io come va curato ha già troppo contagiato deve essere isolato. SEGUE A PAG. 3 CULTURA/ Il Cristo di S. Ciro Tutti i nomi della trincea pennese S pesso, quando si entra nella stanza dei ricordi, molti pensano che sia tempo perso, che la me- moria serva a ben poco, che nulla possa essere utile all’attuale generazione. Viene ritenuta un peso che rallenta la loro marcia e di cui, il più delle volte è meglio sbarazzarsene. Credo invece che questo sia solo un concetto molto sbrigativo, prediletto probabilmente da novelli arrampicatori sociali, ai quali, vorrei appunto ricordare, che il tempo è parte integrante del nostro essere. E che la formazione della nostra personalità non può prescindere da esso. Noi siamo un prodotto finale la cui formazione è dovuta alle varie sedimentazioni sociali e culturali che la storia ci ha consegnato. Per cui se qualcuno volesse avventurarsi lungo le strade del futuro alla “conquista del mondo” do- vrebbe prima essere consapevole del suo passato. Il presente è la chiave del passato. Il passato non passa mai ed è la chiave del futuro. m.s.

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LACERBAperiodico politico culturale sportivo dell’area vestina

LACERBA è il periodico dell’Associazione Culturale Progetto Domani, distribuito a Penne, Loreto, Civitella Casanova e Collecorvino Stazione / Via Cavour 65014 Loreto Aprutino PE / www.lacerbaonline.it / [email protected] / Aut. Trib. di Pescara del 10-07-1996. Registro stampa anno 1996 n° 21 / Editore Gianluca Buccella / Direttore Berardo Lupacchini / Vice Direttore Vicario Claudia Ficcaglia / Le Firme: Candido Greco, Gianfranco Buccella, Gianni Cutilli, Mauro Soccio / Redazione: Jaques De Molay, Jennifer Di Vincenzo / Foto a cura Di Loreto But-tari, Achille Rasetta, Mauro Soccio / Web e Grafica: Marta Ferri / Tipografia: Arti Grafiche Picene .PER LA VOSTRA PUBBLICITA’: [email protected] / jennifer di vincenzo +39 339 7585454 / gianluca buccella +39 3939701736 / DIFFUSIONE GRATUITA

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Domenica 30 novembre 2014

La valigia di Francesco

Dotti, medici e sapientidi Cane Sciolto

“E nel nome del pro-gresso il dibattito

sia aperto, parleranno tutti quanti, dotti medici e sapienti. Tutti intorno al ca-pezzale di un malato molto grave anzi già qualcuno ha detto che il malato è quasi morto. Così giovane è pec-cato che si sia così conciato; si dia quindi la parola al rettore della scuola. - Sono a tutti molto grato di esser stato consultato per me il caso è lampante costui è solo un commediante. - No, non è per contraddire il col-lega professore , ma costui è un disadattato che sia subito internato. - Permettete una parola, io non sono mai andato a scuola e fra gente importante, io che non val-go niente, forse non dovrei neanche parlare, ma dopo quanto avete detto, io non posso più stare zitto e perciò prima che mi possiate fer-mare devo urlare, e grida-re, io lo devo avvisare, di alzarsi e scappare anche se si sente male, che se si vuole salvare, deve subito scappa-re . - Al congresso sono tan-ti, dotti, medici e sapienti, per parlare, giudicare, valu-tare e provvedere, e trovare dei rimedi, per il giovane in questione. - Questo giovane malato so io come va curato ha già troppo contagiato deve essere isolato.

SEGUE A PAG. 3

CULTURA/ Il Cristo di S. Ciro

Tutti i nomi della trincea pennese

Spesso, quando si entra nella stanza dei ricordi, molti pensano che sia tempo perso, che la me-moria serva a ben poco, che nulla possa essere utile all’attuale generazione. Viene ritenuta un peso che rallenta la loro marcia e di cui, il più delle volte è meglio sbarazzarsene. Credo invece

che questo sia solo un concetto molto sbrigativo, prediletto probabilmente da novelli arrampicatori sociali, ai quali, vorrei appunto ricordare, che il tempo è parte integrante del nostro essere. E che la formazione della nostra personalità non può prescindere da esso. Noi siamo un prodotto finale la cui formazione è dovuta alle varie sedimentazioni sociali e culturali che la storia ci ha consegnato. Per cui se qualcuno volesse avventurarsi lungo le strade del futuro alla “conquista del mondo” do-vrebbe prima essere consapevole del suo passato. Il presente è la chiave del passato. Il passato non passa mai ed è la chiave del futuro.

m.s.

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Un libro bianco sulle opere pubbliche incompiute ed incomplete: lo ha re-datto l’assessorato ai lavori pubblici della Regione, guidato da Donato Di Matteo. Una ricognizione realizzata dopo che tutti i Comuni abruzzesi, ed altri enti, hanno provveduto ad individuare le opere non fruite dalle collettività locali. Si intendono opere incompiute quelle non ultimate o per mancanza di fon-di, o per cause tecniche, o per soprav-venute nuove norme, o per fallimento dell’impresa esecutrice o risoluzione contrattuale o per il mancato interes-se al completamento da parte della stazione appaltante. Si considerano non completate invece quelle opere i cui lavori di realizzazio-ne, avviati, risultano interrotti oltre il termine contrattualmente previsto per l’ultimazione; oppure i cui lavori, iniziati, sono interrotti non sussisten-do allo stato le condizioni per riav-viarli; infine, i lavori di realizzazione, ultimati, non risultano collaudati per mancanze tecniche accertate rispetto al progetto. Il Comune di Penne ha segnalato le seguenti opere pubbliche: la riqualifi-cazione di piazza Luca da Penne (250 mila euro); la ripavimentazione della strada dei Mori per provincializzazio-ne (250 mila euro); il completamento

dello stadio in contrada Campetto (216 mila euro), la sua illuminazione e la sistemazione della pista di atleti-ca per altri 350 mila euro; poi ecco il completamento del museo della Moda (350 mila euro) e l’adeguamento della mare- monti che però non contiene importi. A Loreto Aprutino, il Comune ha segnalato: la realizzazione del secon-do lotto dei lavori di riqualificazione

del giardino nella zona monumento e via degli Aquino (365.700 euro); il completamento dei lavori di messa in sicurezza della strada comunale Ro-tacesta-Collatuccio di collegamento fra la strada provinciale Collefreddo-Fiorano e la contrada Rotacesta (200 mila euro); infine, la realizzazione del secondo lotto della pista ciclabile sul tracciato della ex ferrovia per 150 mila euro.

Non tutte le opere menzionate sono inquadrabili come incompiute od incomplete. Dubbi ad esempio sul-la piazza pennese per la quale a fine 2010 è stato contratto un mutuo di un milione di euro (compresi i lavori sul-le strade rurali).

Berardo Lupacchini

Libro bianco o dei sogni? Le incompiute segnalate dai Comuni alla Regione

Non tutte le opere

menzionate sono inquadrabili come

incompiute od incomplete

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Segue dalla prima pagina

Son sicuro ed ho le prove questo è un caso molto grave, trattamento radicale prima che finisca male. - Mi dispiace dissentire per me il caso è elementare il ragazzo è un immaturo non ha fatto il militare”.Splendida metafora quella di Edoardo Bennato e cerchiamo subito di individuare il malato: il paese, quello con la p minusco-

la, ed il Paese, quello con la P maiuscola. Della P maiuscola se ne occupano giornali e trasmissioni a iosa di tiratura nazionale, della p minuscola, cioè di Loreto Aprutino da circa vent’anni se ne occupa Lacerba senza soluzione di continuità. Tutti pronti a parlare, giudicare, valutare e provvedere, a trovare dei rimedi, ad urlare, a gridare, ad avvisare. Sono in tanti a dire che il malato è quasi morto, qualcun altro dice che è solo un commediante e fa solo finta di star male, alcuni dicono che è un disa-dattato e che va subito internato, altri lo invitano a scappare, e per altri ancora che sia troppo contagiato per cui deve essere isolato. Il trattamento dev’essere radicale, prima che finisca male, sentenziano dalle parti dell’opposizione permanente; mentre, aggiungo io, dalle parti della maggioranza si scarica il barile sui loro predecessori indicando come unico rimedio l’ulteriore mungitura del cittadino contribuente: “Per far guarire il paese malato occorrono soldi, soldi, soldi, tasse, tasse, tasse”. E.. Cane Sciolto? Come la pensa? Quale rimedio indica? Cane Sciolto sposa la conclusione del brano di Bennato: “Mi dispiace dissen-tire per me il caso è elementare, il ragazzo (il paese) è un immaturo, non ha fatto il militare” Non ha cioè mai imparato a vivere nel rispetto delle regole. Le regole, ci sono. Sono anche troppe! Ciò che manca è il rispetto delle stesse e le relative punizioni quando vengono disattese. Nella vita mili-tare, che per me risale più o meno all’epoca in cui Bennato scriveva questo testo, molte di quelle regole mi sembravano assurde, incomprensibili, a volte di difficile appli-cazione ma assolutamente inconfutabili erano i valori dai quali erano ispirate: La Patria, la disciplina e l’onore. Oltre questi valori fondamentali per la realtà motiva-zionale del militare possiamo elencarne tanti altri che non sempre sono semplice corollario ai primi: coraggio, disciplina, austerità, obbedienza, patriottismo, spirito di sacrificio, cameratismo, spirito di corpo, comportamento da gentiluomo, fedeltà personale al superiore, aspirazione alla gloria, coraggio, altruismo, impegno, me-rito, autorità, lealtà, orgoglio, preparazione professionale, senso del dovere, senso della responsabilità, iniziativa, fermezza, tena-cia, ordine, umanità abnegazione, amor

proprio, tradizioni, rispetto per il prossimo (ed anche per il nemico) ed altri ancora. Tornando alla Patria essa può essere ben definita come il bene supremo di tutta la collettività e può chiedere il sacrificio del singolo per il bene di tutti (dulce et deco-rum est pro patria mori, è dolce e onorevo-le morire per la patria - così scriveva Ora-zio nelle Odi). Quanto poi ai patriottismi e ai militarismi beh, li rifuggo con la stessa forza con cui rifiuto i pacifismi e gli anar-

chismi. So bene del resto quanta carica di retorica nel frattempo si è accumulata sui valori sopracitati. Retorica che, così come la polvere spessa, depositatasi nel tempo sul tavolo, non lascia più intravedere le venature del legno, sostanza con cui il ta-volo è costituito, allo stesso modo noi non vediamo più il “COMUNE” come qual-cosa che ci appartiene, come qualcosa di nostro, da difendere, custodire, proteggere, salvaguardare, promuovere, tenere pulito, ristrutturare, perché, nel corso degli anni ne abbiamo perso il significato ed il valore del termine. Oggi IL COMUNE è qualcosa di avulso da noi, come la Patria. I nostri governanti ed i nostri amministratori han-no anch’essi perso quei valori e non hanno più nulla da pretendere in cambio dai citta-dini se non soldi e tasse che nella maggior parte dei casi non servono a restituire ser-vizi ma ad impinguare ed allargare i loro privilegi allargando le maglie dei doveri del cittadino e restringendo quelle dei diritti. Un buon pastore tosa le sue pecore, non le riempie di ferite da taglio. Perdendo quei valori il paese sopravvive o sta morendo, a seconda dei punti di vista rispettivamente della maggioranza o dell’opposizione come il ragazzo malato di Bennato. Dotti, medici e sapienti si alternano al suo capezzale sentenziando ricette senza sapere che il rimedio è semplice: il paese ha bisogno di fare il militare ristabilendo valori e rispetto delle regole…ma Bennato questo lo diceva già dal 1977. Ed allora di che parliamo? P.S. Volevo chiuderla qui con un punto di domanda ma preferisco usare le parole del capitano Gregorio De Falco, l’eroe della notte della Concordia, quello che ordinò a Francesco Schettino il celebre e rabbioso “Torni a bordo cazzo! “. Schettino in vetri-na, a far lezioni all’Università e lui levato dal servizio operativo. Qualcosa penserà di questo?- gli è stato chiesto -Mi fa riflettere sulla circostanza che questo Paese è storto, privo di riferi-menti corretti in cui le persone rispondano per il ruolo e la responsabilità che hanno”.

PENNE – Nel libro di Luciano Gelsumino (“I caduti di Penne nella Prima Guerra Mondiale”), c’è una vera e propria inchiesta. Vi si trovano infatti le informazioni necessarie a identificare con nome e cognome uomini che a quegli eventi bellici e luttuosi (l’Abruzzo perse qualcosa come 23 mila morti, 5 mila mutilati ed invalidi, 16 medaglie d’oro e 2.500 decorati al valore) presero parte. Alla fine ne uscirono trasformati o invece non ne uscirono affatto:181 furono le vittime penne-si, di cui 111 perite principalmente a causa delle ferite riportate in combattimento; in 70 invece persero la vita perché malati od altro: il loro ricordo sopravvive nel Parco della Rimembran-za, grande quasi mille metri quadrati, e dove per ciascun caduto fu piantato un pino. Progettato nel 1931 dall’architetto Raffaele De Vico come “ara-antenna della vittoria”, secondo un documento trovato da Gelsumino, il disegno fu forse modificato da Renato Bigi, direttore della Scuola d’Arte di Penne. Il monumento ai Caduti, realizzato dalla ditta fratelli Costanzo di Pescara, fu inaugurato l’1 luglio 1934 e madrina dell’avvenimento fu la baronessa Mariannina Acerbo, madre di Tito, medaglia d’oro. “Dai nomi elencati - spiega Luciano Gelsumi-no- fra i quali primeggiano quelli di sette caduti

insigniti di medaglia d’argento al valore militare e due con quella di bronzo, è iniziata una ricerca di informazioni qualificate nel tentativo se non di dare un volto a tutti, di ricostruirne almeno le generalità complete con l’aggiunta di particolari e documenti come luogo di origine, data di nascita, cause di morte, decorazioni, reparti di apparte-nenza e grado”. “Quest’opera-aggiunge l’autore-oltre a tenere viva la memoria dei caduti vuole essere, per l’affer-mazione degli ideali di pace, una piccola fonte di insegnamento per le nuove generazioni”. L’AUTORE. Il pennese Luciano Gelsumino (sul web, www.gelsumino.it, c’è tanta pennesità) è stato un giornalista de Il Messaggero. Ha al suo attivo un libro-inchiesta su “Cuculetto e la vera storia del brigante di Penne”.

Tutti i nomi della trincea penneseFurono 181 le vittime nella Grande Guerra. Un’opera le riporta alla luce

Nella foto l’inaugurazione del Monumento ai Caduti della Grande Guerra nel 1934. La madrina dell’evento fu la Baronessa

Mariannina Acerbo, madre di Tito medaglia d’oro. La foto, concessaci dall’autore del libro, proviene dall’archivio

della famiglia Cutilli

Un luogo, una storia

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di Jennifer Di Vincenzo

LORETO APRUTINO - La scuola è uno degli elementi fondamentali nella formazione dell’individuo. E’ a scuola che il bambino è per la pri-ma volta solo, lontano dalla famiglia. Nella scuola si impara, ma soprattut-to si cresce. Ci si confronta, si cono-sce la diversità e si comprende che è un valore, si apprendono parole nuove, il senso delle parole prende forma e tutto comincia a colorarsi, si iniziano a percepire le sfumature dei colori. Di solito è a scuola che si creano amicizie destinate a durare per la vita. Ed è proprio a scuola che si comincia a conoscere se stessi. La scuola è vita, è un incubatore di futu-ro, quel futuro che si costruisce solo dal presente.In una società esigente e che viag-gia velocemente, il ruolo della scuola diventa sempre più importante. Lo-rella Romano, Dirigente dell’Istituto comprensivo di Loreto Aprutino, con grande disponibilità accetta di esse-re intervistata per parlarci dei nuovi obiettivi che la scuola di oggi si pre-figge di raggiungere.Dottoressa Romano, secondo lei, qual’ è il compito della scuola? “ Faccio una premessa: abbiamo tan-te classi dove ci sono bambini con grandi difficoltà relazionali e di inte-razione e anche stili di apprendimen-to molto diversificati che sono stati poco analizzati.E’ fondamentale comprendere che ogni bambino ha un suo mondo e un suo bagaglio che lo rendono esatta-mente quello che è. Ogni bambino è unico. Il compito della scuola è quello di accoglierlo senza avere pregiudizi e giudizi che lo inseguono. Il bambi-no non è solo un giudizio che ci viene consegnato dalle maestre della scuola materna o dalle maestre della scuola primaria. Il bambino è anche quel giudizio ma non solo. Bisogna acco-gliere il singolo e non farlo diventare un universo a tutti i costi ”.Parliamo di un’importante novità che è stata introdotta nella scuola: la settimana corta.“ Generalmente c’è un’idea sbagliata di settimana corta, quasi come fosse un togliere qualcosa. Non è cosi in nessun modo. In realtà i ragazzi con la settimana corta stanno di più a scuola e fanno anche più cose perché la settimana corta da loro il tempo di stare due giorni a casa e di riposarsi. Parliamo dell’importanza dell’in-troduzione degli strumenti tecno-logici.“La cosa bella è fare della tecnolo-gia il luogo in cui tornare alla real-tà. Faccio degli esempi concreti. Mi torna in mente un episodio: anni fa, lavorando a un laboratorio d’arte che feci con un artista contemporaneo, per una settimana lavorammo sulla realtà dei singoli bambini e sulle loro emozioni. Era una classe terza e fa-cemmo realizzare loro dei disegni che poi venivano passati al compu-ter e rielaborati con un programma: in quel momento il ragazzo scopriva delle cose che non pensava fossero

sul suo disegno. Successivamente questi disegni venivano ristampati e rielaborati ulteriormente. Un altro esempio è questo: pensiamo alla ma-tematica, magari agli algoritmi che sono una delle cose più difficili da comprendere. Il computer riesce a renderli visibili e trasparenti e quindi più comprensibili. La tecnologia ci spinge a pensare il pensiero che è una delle cose più dif-ficili ma anche molto stimolante.La tecnologia è importante perché sviluppa quello che l’uomo è. Con la tecnologia si può rovesciare la scuola ed avvicinarsi ai ragazzi. Ad esempio si potrebbe seguire una lezione a casa grazie al computer e poi fare insieme i compiti a scuola.Fondamentale è l’uso che si fa del computer e della tecnologia perché a casa il più delle volte si fa un uso pas-sivo. Spesso i ragazzi non sono bravi programmatori di software. Invece l’introduzione e l’uso della tecnologia a scuola può far comprendere loro quel meccanismo che sta sotto quella schermata che loro vedono ”.Secondo Lei, cosa manca alla scuola di oggi?“ Due cose molto semplici: la flessi-bilità e la ricerca dell’essenziale. Oggi la scuola va per aggiunta. Invece bi-sogna avere la capacità di tornare a comprendere quali sono i nuclei fon-danti del sistema d’ istruzione e for-mazione, ma soprattutto bisogna far comprendere agli insegnanti, al per-sonale e ai dirigenti che sono al servi-zio delle comunità, che devono essere molto dinamici nella risposta, e avere leggerezza nelle soluzioni perché i ra-gazzi oggi sono troppo pieni di cose, hanno una giornata pienamente oc-cupata fin da piccolini.La scuola deve cercare di interessare e di arrivare a loro nell’essenza.In una classe ad esempio stiamo sviluppando i “non compiti”, cioè il Sabato e la Domenica possono sce-gliere loro cosa fare, ad esempio un disegno. Questa è la flessibilità.I ragazzi hanno bisogno del perché, del senso di quello che fanno.Anche nella scuola dell’infanzia ab-biamo introdotto la flessibilità intro-ducendo l’inglese in tutte le sezioni e abbiamo sviluppato la didattica zoo-antropologica proprio perché voglia-mo far comprendere come per certe cose è fondamentale cominciare da subito. Lo script si forma nei primi 4 anni di vita ”.In che modo si può dare un contri-buto alla crescita di questo poten-tissimo strumento educativo e cul-turale che è appunto la scuola?“Bisogna innanzitutto che scuola e famiglia abbiano due caratteristiche: fiducia e lealtà. La fiducia reciproca che si collabora per lo stesso fine: il bene dei ragazzi. Non bisogna na-scondersi le cose, la scuola deve mettere di fronte alla famiglia deter-minate osservazioni senza che la fa-miglia le prenda come giudizio e allo stesso tempo la famiglia deve portare le sue osservazioni alla scuola senza

che la scuola veda questo come un discredito professionale.Si possono avere anche opinioni in contrasto ma bisogna comprende-re che anche le due visioni possono convivere se ci fidiamo gli uni degli altri, ci rispettiamo e siamo leali.Bisogna riequilibrare un po’ in tutte le scuole cosa è veramente essenziale perché c’è la tendenza ad anticipare i tempi. Ad esempio la scuola dell’in-fanzia tende ad anticipare la letto-scrittura mentre la scuola primaria anticipa contenuti matematici non focalizzandosi sul ragionamento ”. Per un genitore, qual è il modo giu-sto di seguire un figlio nel percorso scolastico?“Innanzitutto il genitore non deve sostituirsi all’alunno. I compiti sono l’attività pomeridiana del ragazzo. Se il ragazzo non riesce a farli da solo il genitore deve cercare di capire le mo-tivazioni e parlarne immediatamente con gli insegnanti. Il genitore non deve stare seduto accanto al figlio durante i compiti, questo non aiuta. Quello che può fare è dialogare con lui, perché il primo sintomo del fatto che il figlio si trova bene nel contesto scolastico è quando il figlio racconta le esperienze che vive a scuola. Il ge-nitore deve interessarsi al suo raccon-to e condividere le sue esperienze, in modo da creare confronto e dialogo”.

Primo Premio Nazionale E.I.P. CISS Stampa ScuolaPrmiato a Roma il supplemento del nostro giornale “Il Pensagramma”

Continua ad incrementare il suo medagliere l’Istituto Comprensivo di Loreto

Aprutino guidato dalla Dirigente Lorella Romano. L’ultima, in ordine temporale, delle numerose premia-zioni e segnalazioni è quella perve-nuta da parte dell’Ufficio Comunica-zione Istituzionale del Senato della Repubblica per l’iniziativa “Testi-moni dei Diritti”in cui si annuncia il superamento della preselezione di un progetto presentato dall’Istituto. A noi de Lacerba preme ricordare, come parte in causa, la Cerimonia di Premiazione svoltasi a Roma presso la Biblioteca Nazionale Centrale il 22 ottobre u.s. in cui la Scuola ha ricevuto ben due riconoscimenti. Il premio della sezione regionale relativo alla tematica: “I ricordi della memoria” Salvo D’Acquisto per il lavoro svolto dalle classi quinte e da un gruppo della secondaria coordi-nate dall’Archeologa Dott.ssa Paola Di Tommaso con la docente Maria Giovanetti – titolo del lavoro “Uno sguardo al passato” . E il primo

premio nazionale della sezione Stampa Scuola “Marisa Romano Losi” per il giornale scolastico “Il Pensagramma” realizzato all’inter-no del progetto “ La settimana di Pausa Didattica” con il patrocinio del nostro giornale e sotto la guida del bravissimo grafico pubblicitario Andreas Waibl. Tutta la cerimonia si è tenuta presso la Biblioteca Nazio-nale Centrale di Roma ed è stata organizzata dall’E.I.P. Italia (Asso-ciazione Scuola Strumento di Pace) . Il nostro giornale è stato presente alla cerimonia unitamente alla de-legazione degli alunni e dei docenti e abbiamo vissuto un momento di orgoglio nel vedere sul tavolo delle varie pubblicazioni scolastiche la nostra rivista “Il pensagramma” che si distaccava da tutte le altre per la sua veste grafica, per il formato e per i contenuti. Una coppa ed un Atte-stato di merito sono stati consegnati al nostro giornale anche se il merito di tutto va riconosciuto agli alunni che hanno partecipato al progetto e che hanno animato la settimana di Pausa Didattica e la stesura dei testi riportati sulla rivista.

La scuola che evolve

Il bambino è padre dell’uomo

Il giorno 20 novembre presso la sala Farias a Loreto Aprutino si è tenuto un incontro dibattito dal titolo: “ Il bambino è padre dell’uo-mo”. L’incontro è stato organizzato in occasione del 25esimo anniver-sario della convenzione dei diritti dell’infanzia. Sono intervenuti il sindaco Starinieri, la docente Can

dida Buffetti ed il professor Tiziano Loschi docente universitario con la Dottoressa Lorella Romano dirigente scolastico dell’istituto comprensivo come moderatrice. Al dibattito sono intervenute diverse docenti ed alcuni genitori. Sono stati proiettati alcuni filmati realiz-zati nel precedente anno scolastico nell’istituto. Grande partecipazione per un evento unico nel panorama scolastico.

Jennifer Di Vincenzo

L’intervista/ Dott.ra Romano Dirigente Scolastico dell’Istituto Comprensivo di Loreto Aprutino

Il giornale scolastico “ Il Pensagramma”

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Scritte per strada, a volte con sarcasmo, per rendere più effi-cace e briosa la loro compren-sione ma anche per dare un contributo, seppur modesto, ai fini, si spera, di un benefico scambio di emozioni col lettore.

di Anonymous

Ma quando ci scan-dalizziamo? C’è da dire che quando

credi che il disagio popolare abbia raggiunto il suo massi-mo livello di sopportazione allora ti rendi conto di trovarti in errore. Come un pozzo di San Patrizio del quale non si riesce mai a vedere il fondo, i malanni e le storture della vita pubblica si moltiplicano ogni giorno che passa, sino ad apparire come infinitamen-te inarrestabili. Inarrestabile come il degrado a cui sono soggette le zone pedonali del Monumento Ai Caduti e dell’ex.stazione F.E.A. che, pur essendo le aree comunali at-trezzate a verde pubblico più

importanti e frequentati della cittadina, sono lasciate in pre-da al disfacimento quotidiano senza che nessuno osi pren-dere qualche provvedimento amministrativo. Lezzi putrefatti che trovano il loro acido epicentro nelle viscere umane si espandono nell’aria aprutina trasforman-do scalinatelle di passaggio in orinatoi pubblici. Pezzi multiformi di mattonelle di-velte e taglienti sradicate dal selciato, pronti ad allertare il più vicino pronto soccorso per la loro indicibile pericolosi-tà. Escrementi di cani (anche umani?), lasciati all’aria aperta a contatto dei bimbi e dei loro esterrefatti accompagnatori. Basta così, oppure … Non ci siamo ancora scandalizzati? Beh!...L’Ebola non è così poi tanto lontana!

Fesseria pop. Il Comune non è di chi amministra il bene pubblico ma di tutti i cittadini. I cittadini sono i veri proprie-tari perché per mantenere il

patrimonio mobiliare ed im-mobiliare del Comune e dei relativi servizi offerti, sono costretti a pagare le tasse. E che tasse…! Perciò, quando leggiamo che è il Comune a rendere conto del cattivo fun-zionamento dei propri uffici, o di una rabberciata azione am-ministrativa, stiamo semplice-mente affermando che sono i cittadini a pagarne le spese. Quindi, quando pensiamo che i problemi dell’altro non ci in-teressano, stiamo pensando una fesseria, una grossa fesse-ria. Per tanti il Comune è “l’al-tro”, non se stessi. “Che impor-ta se le strutture pubbliche sono cadenti e si rovinano: non sono mica mie?” Ecco la ricorrente espressione di fesseria pop nel senso di popolare. Vogliamo quantifi-care in soldoni i danni procu-rati alle nostre tasche per aver consentito lo sperpero di iaia o di ioni di Euro nella gestio-ne del patrimonio pubblico in ogni parte del territorio? Meglio di no, sarebbe troppo

imbarazzante…per noi stessi. Perciò, non è più giustifica-bile restare distanti dai gravi problemi che assillano il paese ovverossia assistere allo sface-lo sociale, politico e culturale della cittadina in cui si vive e non fare niente o poco per contribuire a risolverli. Farsi carico di queste problemati-che è l’unico modo per impe-dire che le sorti del paese siano legate alle decisioni di pochi... Oligarchia?..No!..Democra-zia!...Quella vera, però!

Si può parlare di vera demo-crazia quando un partito ed una Nazione pendono dal-le labbra di un solo uomo? Questa è la domanda che qualcuno ha cominciato a porsi. Dopo l’esempio dell’uo-mo di Predappio, venne quello di Arcore ed oggi quello di Fi-renze. Somigliano? Non direi,

soprattutto se il riferimento è sull’aspetto fisico. Ma per altri versi hanno parecchi punti in comune. Indovinate quali? A voi la responsabilità della ri-sposta. Io, invece, posso solo tentare di fare una sola consi-derazione che li possa far sen-tire vicini…molto vicini: LA PROPAGANDA. Si, proprio così. Sono stati e sono tutti bravissimi se non insuperabili nel sapersi vende-re al pubblico. Il primo usava il megafono dell’Istituto Luce e dei giornali; il secondo quel-lo di Mediaset, della R.AI. e dell’editoria; il terzo quello della R.A.I., di Mediaset, di altre tv private, dell’editoria e dell’Informatica. Chi, secondo voi esprime più efficacemente lo spirito d’on-nipotenza? Troppo facile, la risposta. Non vale!

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LORETO APRUITNO - La storia che in questo articolo vogliamo rac-contare potrebbe in superficie appa-rire fin troppo semplice. Due sono i contendenti, uno solo il vincitore. Trattasi di una causa intentata da un noto locatore di Loreto Aprutino contro la Sig. Barbara Rasetta che, in qualità di segretaria pro tempore dei Democratici di Sinistra all’epoca dei fatti, risultava ancora firmataria del contratto di locazione e che avrebbe omesso il pagamento del canone da aprile a giugno del 2010 per un im-porto di Euro 1.500. Detta così la cosa potrebbe apparire come una banalissima storia tra uno che affitta un locale e un altro che ingenuamente si scorda di pagare gli ultimi tre mesi della locazione pen-sando di scomputarne la relativa ca-parra anticipatoria. La realtà, e non solo quella proces-suale, è ben più complessa e presenta risvolti che vanno aldilà delle reci-

proche posizioni processuali ma in-vestono rapporti umani fra ex com-pagni di partito e contribuiscono alla formazione di un giudizio su una classe dirigente che a Loreto ha da sempre gestito la cosa pubblica. Trattasi di un ben noto locale di Piaz-za Garibaldi a Loreto Aprutino, la cui vetrina è stata più volte fotografata e riportata sul nostro giornale. All’interno di quel locale sono sta-te consumate diverse bottiglie di champagne, o più proletariamente di spumante, per i festeggiamenti rela-tivi all’elezione dell’ex Sindaco Remo Giovanetti ed è soprattutto per que-ste ragioni che ce ne occupiamo su queste pagine. Come può facilmente evincersi dalle date e dai personaggi implicati diret-tamente o indirettamente nella vicen-da è questa una storia più che degna di essere raccontata anche perché, nel frattempo fra una causa ed un appello la cifra in ballo, inizialmen-te irrisoria, è lievitata così tanto da

raggiungere l’importo ragguardevole di ben 48.000,00 euro che la ex Se-gretaria di partito dovrebbe versare al locatore, come da sentenza giudi-ziale. L’uso del verbo al condizionale, in questo caso, potrebbe essere anche pleonastico poiché la causa potreb-be in teoria ancora essere protratta in Cassazione ma soprattutto perché non è detto che ad essere chiamati a corrispondere il consistente importo non siano tutti gli esponenti di Si-nistra Democratica che dal 2006 al 2010 si sono succeduti alla guida e alla gestione del Partito e, conseguen-temente, di quel locale. Nomi eccellenti ed altisonanti che hanno in quel periodo gestito la cosa pubblica a Loreto e che ancora oggi siedono sui banchi della pubblica amministrazione. A detta dell’interessata questi saran-no chiamati ad assumersi, ognuno per la sua parte, le proprie respon-sabilità contribuendo al pagamento dell’importo che comunque lei stessa

dovrà anticipare alla controparte. Per ora c’è un vincitore rappresenta-to in accusa dagli avv.ti Ida e Carlo Corradi ed un perdente .Pezzi da novanta quindi sono in gio-co, anche sul piano forense, ma la partita diventerà ancora più interes-sante quando a scendere in campo saranno i due Sindaci dell’epoca dei fatti, Bruno Passeri e Remo Giova-netti con le relative squadre fiancheg-giatrici dell’attività politica svoltasi all’interno di quei locali e il segreta-rio politico di Sinistra Democratica dell’epoca Claudio Buccella. Noi su queste pagine intendiamo porre due semplici interrogativi: 1) Come ha fatto Loreto a fidarsi di questi personaggi che stentano, di-mostrandosi nei fatti incapaci, per-fino nella gestione di un contratto d’affitto? 2) Quale solidarietà predicano dal pulpito se poi si dimostrano riluttanti nel manifestarla nei fatti ad una loro compagna lasciandola sola a resistere

in giudizio per fatti ed episodi di cui lei in realtà non è stata più responsa-bile dal 2006? I vinti pagano ma non dimenticano!

LORETO APRUTINO – Qui siamo di fronte alla classica palla di neve che poi diventa valanga e distrugge tutto. Da 1500 euro di affitto da pagare si è arrivati alla somma di 48 mila più le spese legali. Perché si è arrivati a questo disastro? Vale la pena perdere stipendio o casa per un ideale politico? Perché è di questo che stiamo parlando.“Purtroppo ho dato fiducia a tante persone che condivi-devano con me l’attività po-litica e che pensavo avessero quell’etica e quella morale che la sinistra italiana rivendica nel suo DNA”.Sta dicendo che i colpevoli in questa storia sono altri?“Parlo di colpevoli sotto l’a-spetto di fatto e soprattutto morale. E’ palese, vi è una sentenza, che mi condanna per il solo fatto di aver firma-to il contratto di locazione in rappresentanza legale pro-tempore dei DS nel 2006 ”. Si più chiara“Per capire la vicenda biso-gna partire dalla fine del 2006 quando rassegnai le dimissio-ni da segretario dei Democra-tici di sinistra. Fino ad allora io ero il segretario del partito e quindi firmataria del con-tratto di affitto. Nel marzo 2007 ci fu il congresso stra-ordinario dei Democratici di sinistra per decidere di con-fluire nel Partito Democra-tico. Solo dieci esponenti del Direttivo dei DS presero quel-la strada, tutto il resto aderì

a Sinistra Democratica per il Socialismo Europeo. Divenne segretario del nuovo partito politico Claudio Buccella che si appropriò della sezione. Lì sbagliai a non chiedere al Buccella o al proprietario la voltura del contratto d’affitto. La nascita di SD portò scon-quasso anche negli assetti di giunta tant’è che nel 2008 fui revocata da assessore della giunta Passeri, perché non facente parte di quel neonato partito ma del PD. Da quel momento non ho più versato sul conto corrente del Partito la mia quota per le spese del locale in affitto. Infatti, era regola che tutti noi assessori, lo stesso sindaco, e tanti espo-nenti dell’ex partito Democra-tici di sinistra versavano ogni mese un contributo per soste-nere le spese della sezione”. Una leggerezza alla luce di quanto è successoSi, ma io confidavo nell’onestà e nel senso di responsabilità dei miei ex compagni di par-tito tant’è che nel Dicembre 2009 Moreno Sablone venne a casa mia per farmi firmare la lettera di recesso anticipato del contratto, sostenendo che loro non potevano più sop-portare il costo dell’affitto: let-tera da spedire al proprietario sei mesi prima della risolu-zione. La lettera fu recapitata regolarmente ed accettata dal proprietario ed il partito di Sinistra Democratica rimase in quei locali fino a Marzo del 2010, diventando poi anche la

sede del comitato elettorale di Remo Giovanetti e la coali-zione vincitrice delle elezioni rimase fino a giugno, termine ultimo per la riconsegna del locale come da disdetta”. Allora dov’è l’irregolarità, l’inadempienza ?“Chi gestiva allora il parti-to pensò di compensare, del tutto erroneamente, gli ultimi tre mesi di affitto con la ca-parra versata da me all’epoca della firma del contratto pari a 1500 euro. Oltre a questo nes-suno di loro si è preoccupato di riparare i danni e di ricon-segnare il locale e le chiavi se-condo legge. A fronte di tutto ciò il proprietario ha sempre sostenuto che lui non è rien-trato in possesso del locale”.Lei di tutto questo nulla sa-peva?“ Nulla in quanto la mia at-tività politica era cessata nel 2008 con l’estromissione dal-la giunta. Sono venuta a co-noscenza di questa querelle quando mi arrivò la lettera del proprietario ad agosto 2010, dopo che egli si era rivolto in-vano agli altri, che mi chiede-va i danni e la riconsegna dei locali. E sempre in quell’occa-sione venni a conoscenza che lo stesso proprietario aveva spedito altre lettere ai diri-genti locali del partito già da maggio, cioè tre mesi prima che arrivasse alla sottoscritta. Per questo condanno i miei ex compagni di partito, per questo atteggiamento assur-do di indifferenza rispetto ad

obblighi precisi. Dopo la let-tera tentai di accordarmi con il proprietario dicendogli che ero disposta a pagargli il do-vuto e i danni, ma non accettò perché già si era rivolto ad un legale”. Da quanto tempo è in corso la causa ?“Dalla fine del 2010 ad Otto-bre 2014 con la sentenza di appello”.E gli ex amici di partito non si sono prodigati per darle una mano?“Nei quattro anni di causa solo Silvio Passeri mi ha chie-sto come andava e come stavo fisicamente e psicologicamen-te, tutti gli altri spariti nel nul-la. Dopo la sentenza di primo grado contattai Silvio Passeri e chiesi a lui di farsi carico di una raccolta fondi per pagare le spese del ricorso in appello. Mi consegnò la metà di quel-lo che serviva, poi di nuovo il buio. Nessuno di loro si è mai interessato o mi ha dato con-sigli sulla vicenda o si è fatto promotore di cercare accordi per risolvere la situazione pri-ma dei giudici”.Ma come si è arrivati a tale cifra stratosferica?“Il giudice ha accolto la tesi del proprietario sostenendo

che il locale non è stato di legge riconsegnato per cui ha calcolato i canoni da Aprile 2010 ad oggi oltre alle spese legali”.Cosa intende fare ora?“Chiederò, attraverso il mio avvocato, la collaborazione dei soggetti più rappresentati-vi per incarichi (Bruno Passe-ri in quanto Sindaco all’epoca dei fatti, Claudio Buccella in qualità di Segretario di Sini-stra Democratica all’epoca dei fatti, Silvio Passeri insieme ad altri in qualità di componente di SD e Remo Giovanetti in qualità di candidato sindaco nel 2010 e responsabile del comitato elettorale nel locale in parola) per un’assunzione di responsabilità in quanto in quegli anni sono stati loro che hanno usufruito di fatto del locale e sempre loro che non hanno saputo gestire la fase della disdetta anticipata. La solidarietà naturalmente do-vrà essere estesa a tutti gli ex amici di partito e a quel punto voglio vedere se hanno il co-raggio di farmi fare le azioni esecutive che la controparte può mettere in atto in quanto la sentenza è già esecutiva”.

Beffe sinistreIl caso della sede degli ex Diesse. Paga Barbara Rasetta

L’intervista/Barbara Rasetta ex assessore della giunta Passeri

I soldi dei vinti(Per capire perché i vinti non dimenticano)

“ Nei quattro anni di causa solo

Silvio Passeri mi ha chiesto come andava e come

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LORETO APRUTINO – Politica a colpi di carte bollate tra Remo Giova-netti e il sindaco Starinieri. L’ex sindaco ricorre alla magistratura per tutelarsi contro una dichiarazio-ne, scritta a caratteri cubitali sul ma-nifesto affisso ottobre per il paese, dal gruppo consigliare del Partito demo-cratico. Non ci sono debiti fuori bilancio “te-nuti celati per anni nei cassetti all’in-saputa degli organi di controllo e della cittadinanza”, dichiara Remo Giova-netti. Sarà la magistratura ad accertare se è

stato commesso il reato di abuso d’uf-ficio da parte dell’ex primo cittadino. Il manifesto d’accusa oltre a scatenare la reazione di Giovanetti, ha provoca-to una rottura all’interno dello stesso Partito Democratico: l’attuale segre-tario del PD, Colarossi, e tutto il di-rettivo si sono opposti fino all’ultimo per impedire che un manifesto con tale accusa venisse affisso sui muri del paese, ma Starinieri ha forzato la mano ed ha imposto alla sua maggio-ranza, contro la volontà del suo par-tito, di firmare il manifesto politico. Ad oggi il direttivo del Partito Demo-

cratico non ha avviato nessuna azione politica per sanzionare l’atto di forza di Starinieri, ma se non dovesse farlo dimostrerà la sua debolezza nei con-fronti degli ex dell’Italia dei Valori e di conseguenza nel congresso, che si svolgerà a marzo dell’anno prossi-mo, Starinieri e compagnia bella non avranno nessuna difficoltà a prender-si anche la segreteria del locale PD. Nel frattempo sulla testa della sinistra loretese cade un’altra tegola: è notizia ufficiale che la famiglia Giovanetti proprietario della vecchia sede del partito renziano dovrà essere risarci-

to di 48 mila euro per gli affitti non pagati. Questa volta Starinieri non c’entra nulla ma Remo Giovanetti, Bruno Passeri, Barbara Rasetta, Gianni Di Fermo e tutta la nomenclatura del partito di allora, saranno chiamati a prendersi le loro responsabilità.

Volano gli stracci, democraticamenteBattaglia fra Giovanetti e Starinieri. Pd infuocato

LORETO APRUTINO - Il 12 ottobre scorso, in coincidenza con la ricorrenza festiva del Martirio di San Zopito Martire, quella che un tempo passava sotto la denominazione di San ‘nZupinûcce di vinneugne, abbiamo assisti-to ad una riuscita operazione di recupero artistico nell’ambito della salvaguardia delle nostre memorie storiche. Nello sport ubicato in salita Montelauro, dove da 144 anni, un di-pinto di autore anonimo raffigurante il Santo caratterizza il luogo sino a denominarlo come Lu sport di San’Zupine, una moltitudine di persone è stata testimone dell’intima e signi-ficativa manifestazione organizzata dall’ap-pena nata Pro-loco loretese rappresentata dal neo presidente Antonello Antico. L’ operazione magnifica di recupero è stata realizzata materialmente dalla giovane e graziosa restauratrice, Valentina Antico, che

nella conferenza pubblica, ha spiegato con dovizia di particolari tecnici, l’arte del restau-ro su tela, con passione e competenza. Il “miracolo” del restauro è visibile nella fotografia. Grazie all’evento artistico Lu sport di San’Zu-pine vivrà ancora per molto.Ci auguriamo che questa significativa mani-festazione che si aggiunge all’altra altrettanto importante organizzata dalla citata Associa-zione, sulla riscoperta e valorizzazione del fagiolo autoctono del nostro fiume ovvero il Tondino del Tavo, sia solo l’inizio di una programmazione più ampia che la nascente Pro-Loco loretese vorrà attuare sul territorio sotto il segno dell’appartenenza.

m.s.

Valentina e “Lu sport di San’Zupine”

PENNE – La previsione è abbastanza facile da formulare: l’amministrazione D’Alfonso è desti-nata ad aumentare anche l’addizionale comu-nale all’Irpef che oggi sta allo 0,7%. Francesca Vecchi, la segretaria comunale, lo fa intendere. “La leva fiscale è stata spinta al massimo- sen-tenzia in una nota di fine settembre-e al di là di eventuali futuri interventi sull’addizionale Irpef non pare possibile individuare ulteriori margini per un incremento delle entrate tributarie”.

Il Comune di Penne è stretto fra debiti vecchi ed attuali e continua a nascondere formalmente un dissesto che si porta soprattutto dal passato, certo. Pagare una rata annuale per rimborsare i mutui di 1 milione 510 mila euro vuol dire ir-rigidire il bilancio in un modo preoccupante. “Diversamente- sottolinea la Vecchi- le risorse di parte corrente impegnate per rimborsare i mu-tui, insieme alle entrate derivanti dalla vendita del patrimonio immobiliare, potrebbero essere

destinate al rientro della situazione debitoria ed al risanamento dei conti”. In programma un’ulteriore riduzione della spe-sa. Intano, all’esame del consiglio comunale è finito un elenco di microcreditori per 57.292 euro. Persino un pranzo di 100 euro consuma-to, ma non pagato, all’Osteria del Leone è con-tenuto nei debiti. Appena 100 euro che il risto-ratore aspetta di incassare da troppi mesi. Già.

Prossima stangata: l’IRPEFFra i debiti 100 euro da pagare al ristorante!

“tenuti celati per anni nei cassetti

all’insaputa degli organi di

controllo e della cittadinanza”

L’assessore al bilancio De Luca

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LORETO APRUTINO – La Regio-ne Abruzzo ha bocciato il progetto per il recupero del palazzo comuna-le: questa è la cattiva notizia emersa nell’incontro, svoltosi venerdì 21 novembre, tra il sindaco Starinieri e l’associazione “AbbracciAMOloreto”. Ma le speranze per il primo cittadi-no non sono ancora finite: lo scorso anno, Starinieri ha dato mandato ad un’agenzia che si occupa di bandi europei di presentare un progetto di recupero della struttura comunale e solo tra qualche settimana si saprà se il progetto avrà una risposta positiva o negativa. Nel frattempo la giunta ha provveduto all’assunzione a tempo indeterminato di un geometra con il compito di fare un censimento delle case e delle pro-blematiche presenti nel centro storico dovuti al terremoto di qualche anno fa. Dopo il censimento, l’intenzione di Starinieri, per quanto concerne le case chiuse o pericolanti, è quella di andare a far visita al Prefetto e capire come agire per risolvere il problema. “Bisogna tornare con i piedi per terra” ha dichiarato il sindaco, il problema del centro storico non è di facile so-luzione. Intanto, mentre il tempo passa nel vecchio Comune le infiltrazioni d’ac-

qua, a causa delle pioggia, sono all’or-dine del giorno, i reperti all’interno dell’Antiquarium, a causa dell’umidi-tà, rischiano di deteriorarsi ed il tea-tro comunale rimane chiuso. “Chi ha chiuso il teatro ha le sue re-sponsabilità” ha affermato il sindaco. “Bisognava mettere in sicurezza l’edifi-cio comunale il giorno dopo il terremo-to” ha continuato il primo cittadino. A rafforzare il concetto è stato l’inge-gner Enrico Spacone, Professore di Tecnica delle Costruzioni e Direttore del Dipartimento di Ingegneria e Ge-ologia dell’Università di Chieti che, chiamato dall’allora sindaco Passeri per un sopralluogo, disse che non era necessario chiudere tutta la struttura comunale: bastava puntellare gli archi sotto la sala consiliare e rendere l’edi-ficio parzialmente agibile. Si è anche meravigliato che il sinda-co Passeri, nonostante la convenzio-ne tra il Dipartimento di Protezione Civile ed il Comune aprutino, non si sia prodigato per presentare la sche-da AEDES per il rilevamento dan-no, pronto intervento e agibilità per edifici ordinari nell’emergenza post-sismica. Ma se l’edificio non era pericolante per quale motivo è stato chiuso? Qualcuno si azzarda a dire che for-

se in quel periodo faceva comodo il milione di euro dell’assicurazione, destinato per il recupero dell’edificio, ma dirottato per ripianare il buco nel

bilancio comunale.

Sisma continuo a palazzoLo storico Comune dopo cinque anni è ancora chiuso. Ed ora?

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di Giovanni Cutilli

PENNE - «E quando li dovevano fare i lavori, di notte?». Questo l’incon-sapevole e sconcertante commento di un dipendente comunale alla lamentela di un esterrefatto cittadino per il marasma del traffico causato dai lavori d’asfalto di un tratto della Circonvallazione di Penne. Nell’ora di punta, sembrò normale ai vari soggetti coinvolti nell’inter-vento, dall’Anas in giù, di irrompere, disinvolti e impuniti, negli impegni di una comunità, nella vita di citta-dini e nelle attività di aziende, con la grazia di un elefante in una cristal-leria. La battuta mostra un’incon-sapevolezza frustrante, disarmante e irreparabile. Avrebbe meritata questa risposta: “Precisamente. Di notte! Come si fa in Svizzera, in Giappone, nei paesi civili”. Ma, forse, a consigliare un rassegnato silenzio allo sconsolato cittadino fu la saggia esortazione di Gesù: “nolite proicere margaritas ante porcos”. L’inconsapevolezza è la peggiore insidia che s’annidi nei cervelli. E’ il frutto amaro di una mala pian-ta abbisognevole di molte cure. Spiegava un noto prelato lombardo che quel che uno capisce lo capi-sce in funzione di quello che lui è, in proporzione a quello che lui è (“Quidquid recipitur ad modum recipientis recipitur”). Purtroppo, a quell’impiegato, l’inconsapevolezza rende incomprensibile ciò che per altri, altrove, è un motivo di vanto. E, così, nell’agro pennese, ha campo libero l’arroganza ciuccia, bifolca e dannosa di un modo più che scostu-mato di organizzare lavori che pos-sono essere svolti in altri orari (di notte, di mattina presto, di sera tar-di..), e in altri giorni (anche nei pre-festivi e festivi). L’inconsapevolezza è sempre in agguato. Pure il sindaco di Penne ne ha data sorprendente prova. Stando alle notizie giornalisti-che, dopo l’indiretta conferma della chiusura anche del punto nascita di Penne, giunta dall’assessore regio-nale alla sanità Paolucci e diffusa il

20 novembre scorso, egli avrebbe annunciato: «…Mi riprometto di con-tattare nei prossimi giorni l’assessore Paolucci per capire le sue intenzio-ni...». Una “curiosità” inconcludente e superflua, la sua! Intanto, Paolucci le “sue” intenzioni, pur irrilevanti, sulla chiusura del reparto, le aveva già espresse, a Penne, il 23 agosto scorso. Invero, le intenzioni non erano né tali né “sue”; bensì, erano, e sono ancora, le “disposizioni” della “LEGALITA’” e, dunque, “contattare” Paolucci, è anche inutile, perché la normativa ammette deroghe solo per punti nascita sotto i 1000 parti l’anno ma “comunque non inferiori a 500”. Inoltre, l’assessore non è il fattore decisionale. Esserne inconsapevoli rende, a maggior ragione, inutile, sterile e anche ingenua l’iniziativa del sindaco. Col decreto che chiu-derà i punti nascita “fuori norma” e senza il quale la sanità regionale rimarrà commissariata, Paolucci, che non fa parte della struttura commissariale, non c’entra nulla. Competente (“obbligato”) ad adot-tarlo è, appunto, il Commissario ad acta, Luciano D’Alfonso (in tale veste e non di presidente della regione). Semmai, è con lui che il sindaco dovrebbe parlare ma è sicuro che Luciano D’Alfonso se ne infischie-rebbe della normativa sui punti nascita? E se pure fosse, Roma “validerebbe” un suo decreto “contra legem”? Un’altra manifestazione di inconsapevolezza viene ostentata dal Movimento in difesa dell’Ospedale di Penne che si ostina a “interrogare” asl e regione sui 12 milioni di euro per ristrutturare il “San Massimo”. Come Rocky Marciano, difendiamo allo stremo la verità sull’argomento: quei soldi, da anni, non ci sono più e né ci saranno. La asl, comunque, non c’entra nulla. A essa i soldi glieli deve dare la regione (come fu nel 2001) che, però, a sua volta, li deve avere, ora solo in parte, dallo stato, precisamente dalla Conferenza

Stato-Regioni, che sta in via della Stamperia n.8 a Roma! Ma quei soldi Roma non li ha più dati. Addirittura, nel bilancio statale 2014 non è stato messo neppure un euro al fondo per l’edilizia sanitaria (ex art. 20 legge 67/1988)! La pietra tombale sopra i lavori al “San Massimo” è stata, poi, il Patto per la Salute 2014-2016 firmato l’e-state scorsa che prevede per l’edilizia sanitaria il solo co-finanziamento da parte dello stato, perciò la regione dovrà integrare con fondi propri. E se si pensa che, per i debiti sanitari, l’Abruzzo dovrà trovare per il 2015 ben 111 milioni di euro mancan-ti all’appello, come certificato dal Tavolo romano di monitoraggio, è ben chiaro che i fondi per il “San Massimo” nessuno li stanzierà. Nel frattempo, l’Ospedale si avvierà alla chiusura, in attuazione del decreto Balduzzi, richiamato dal Patto per la Salute, che impone, per gli ospeda-li, un bacino minimo d’utenza di 150 mila abitanti. Si risolveranno così tutti i problemi: punto nascita; ristrutturazione, ecc.! La sbalorditiva inconsapevolezza di queste vicen-de, tutte già scritte in normativa, è testimoniata da iniziative e dichia-razioni del Movimento fuori luogo e fuori tempo eppure continuamente riproposte. Il danno per la sanità vestina è grave perché nella difesa a oltranza dello status quo, ma lontano dai centri decisionali, non ci si accorgerà della “resa” già firmata, come accadde a un ex ufficiale dell’esercito nipponico rintracciato nel 1974 nell’isola di Lubang, nelle Filippine, col fucile ancora in mano. Allora, dal patetico si passerà al tragico, essendo già transitati per il ridicolo. La consa-pevolezza, invece, consentirebbe una migliore strategia difensiva e, inoltre, una riflessione sull’eventuale alternativa di una “resa concordata”

per spuntare le migliori condizioni di sopravvivenza. L’inconsapevolezza offre anche esempi più illustri. E’ recente la notizia della condanna del politico Francesco Storace per vilipendio al Capo dello Stato, un reato da lui definito “anacronistico”. Quel reato è tutt’altro che “anacroni-stico”, essendo, invece, il frutto fatale di una concezione mai contrastata dallo stesso Storace! Anche per lui, infatti, il massimo complimento per qualcuno sembra essere: “è un (eccellente) servitore dello stato”, come disse di un funzionario statale. Sosteneva Mussolini: «Come si fa a non diventare padroni di un paese di servitori?». Storace se ne mostra inconsapevole, ma è stato condan-nato perché ha vilipeso il “padrone” e, avendo lodato la condizione di “servitori”, non può lamentarsi se, dettogli male, il “padrone” lo ha punito, altrimenti è come volere la moglie ubriaca (niente vilipendio) e la botte piena (stato “padrone”)! Lui, che prova rabbia e delusione per la condanna e definisce “anacronisti-co” quel reato, da parlamentare e da ministro nulla ha fatto per l’abolizio-ne di quel reato e di ogni altro reato d’opinione. Nel pensiero liberale, è lo stato a essere “servo del cittadino” non il contrario e, per coerenza costituzio-nale, poiché “la sovranità appartiene al popolo” (art. 1, Cost.), dovrebbe essere contemplato il reato di vili-pendio al “sovrano”, ossia al citta-dino. Trequarti di burocrazia e di rappresentanti dello stato starebbero in galera da un bel pezzo e ogni giorno ce ne andrebbero a frotte! Soprattutto, la pubblica ammini-strazione funzionerebbe smisura-tamente meglio! Ma quel reato non

c’è mentre il vilipendio al capo dello stato sì perché tanti, troppi Storace ritengono normale essere “servitori dello stato”. La rabbia e delusione di Storace confermano la (sua) incon-sapevolezza del rapporto tra l’essere “servitori dello stato” e il “vilipendio al capo dello stato”: eppure, l’una cosa è la filiazione dell’altra. Negli USA nessuno si sogna di essere “servitore dello stato”, semmai “ser-vitore degli americani” come attestò pubblicamente Obama a G.W.Bush, nel suo discorso d’insediamento alla

Casa Bianca, il 20 gennaio 2009. Ha mai usato o sentito, Storace, nelle aule parlamentari o nei discorsi ufficiali delle Autorità l’espressione “servitore degli italiani”? No. E allora si faccia una ragione di quella torbi-da condanna “in nome del popolo italiano”. Servirà a lui e a tanti per arrivare a capire il pensiero di Papa Bergoglio: «Se non rompiamo gli schemi non andremo mai avanti». E se non andremo avanti, saremo con-dannati, senza appello, al regresso, udendo di continuo l’inconsapevole interrogativo: «E quando li dovevano fare i lavori, di notte?».

“E quando li dovevano fare i lavori, di notte ???”

“ l’Abruzzo dovrà trovare

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Amministrative 2016, Locasciulli: ecco l’identikit del mio sindaco ideale

PENNE – Si tratta di un post che farà sicuramente discutere. Mimmo Locasciulli, can-didato e non eletto nelle ultime elezioni regionali in una lista a sostegno di Luciano D’Alfonso, esce allo scoperto.

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Luciano D’Alfonso mette i gradi a Rocco Petrucci. L’ex assessore provinciale è già a lavoro per il 2016

PENNE – Per anni è stato la spina al fianco dei democratici di sinistra. Rocco Petrucci non sembra voler abdicare e oggi ha un nuovo ruolo: l’esponente socialista …

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Forza Italia studia le società partecipate vestine. Loreto e Collecorvino vogliono vederci chiaro

Nomi di società private e professionisti, delibere comunali, atti amministrativi e forni-tori: c’è davvero tutto nel dossier redatto dal circolo cittadino di... .

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Loreto ricorda la Coppa Acerbo LORETO L’importanza della Coppa Acerbo, competizione sportiva vanto oltre che peculiarità tutta abruzzese, è stata rievocata in una gradevole serata svoltasi a Loreto.

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Oltre le macerie Prove di resistenza culturale 2014 L’Associazione Culturale Lauretana, è lieta di presentare OLTRE LE MACERIE Prove di resistenza culturale 2014.

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Penne: danni sacri e profani all’ex assessore PENNE – Aveva ragione l’ex assessore Vincenzo Di Simone a lamentarsi dei danni all’immobile di famiglia in via De Caesaris.

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PENNE – “E’ un movimento civi-co nato per costruire un’alternati-va alla voce comune e ridare lu-stro alla cultura istituzionale della città pennese. Per il momento ci occupiamo di studiare quan-ta polvere è stata nascosta sotto il tappeto. Poi vedremo”. Inizia così la chiacchierata con Gilberto Petrucci, coordinatore del costi-tuendo movimento civico “Penne Città Aperta”. “Al centro dell’atti-vità del movimento – prosegue – abbiamo la ricerca, il dibattito e l’aggiornamento nei settori dell’e-conomia e della cultura. A breve presenteremo un approfondi-mento dettagliato sull’economia pennese, un focus con dati reali che fotografa gli ultimi cinque anni, dove la crisi economica e l’assenza di una strategia hanno cancellato pezzi del nostro com-mercio cittadino e del tessuto ar-tigianale”.Chi c’è nel movimento “Penne Città Aperta”?“Abbiamo donne e uomini mo-tivati, molti sono visi conosciuti. Altri meno, ma tutti abbiamo un

obiettivo comune: contribuire alla crescita del nostro laborato-rio istituzionale. A breve presen-teremo pubblicamente il movi-mento”. Pensa davvero di offrire l’alter-nativa con un movimento civi-co?“Non si tratta di sfidare chi am-ministra la città o il partito di maggioranza relativa. Non è tra le nostre finalità. E poi sono sempre stato convinto che se un cittadino dovesse scegliere tra l’originale e la copia, sceglierebbe la prima opzione”.Dove bisogna ripartire per rige-nerare la città?“È necessario ridisegnare la città, capire cosa c’è che non va e dove si annidano i problemi che para-lizzano lo sviluppo. Non c’è più quella autorevolezza istituzionale che in passato ha fatto crescere la comunità pennese. Coniugare turismo, cultura e ambiente. Tro-vare entrate straordinarie senza ricorrere a fondi endogeni per abbassare la leva fiscale, tagliare la spesa corrente improduttiva

per investire nei servizi: è questa la stella polare”.Lei è conoscenza dei problemi finanziari del Comune?“Non c’è bisogno di fare l’esame del sangue al bilancio del Comu-ne di Penne. L’ente è in dissesto finanziario. Oggi si cerca solo di allungare l’agonia del malato, ma dal prossimo anno, con l’armo-nizzazione contabile dei bilanci, introdotta dal decreto 126 del 2014, le macchine saranno stac-cate. A meno che il Governo Ren-zi non preveda interventi legisla-tivi con i quali evitare il default a molti enti locali”. Con questa situazione è impen-sabile amministrare.“Fornisco due dati per fare chia-rezza: ogni anno paghiamo un milione e 510 mila euro di rim-borso rata mutui assorbono risor-se di parte corrente e abbiamo in contabilità 575.403 euro di debiti fuori bilancio ancora da ricono-scere e spalmare negli esercizi 2014/2016 per i quali è necessa-rio trovare le coperture. Credo che sia difficile amministrare,

programmare e soprattutto pro-mettere in queste condizioni. Qui non si tratta di curare una carie”. E quindi?“E’ la risposta che cerchiamo di trovare. Abbiamo riunito attorno a un tavolo esperti di contabilità pubblica con i quali impostare un Tom Tom che ci consente di in-dividuare il percorso amministra-tivo più veloce e meno tortuoso. Non siamo tecnici. Lo scopo del movimento civico “Penne Città Aperta” è proprio questo: pro-grammare. Pensate che abbiamo una popolazione di 12.653 citta-dini, di cui 940 sono condensati in una fascia di età compresa tra i 7 e 14 anni, mentre 2.637 sono ubicati nell’età senile (oltre 65 anni), con un tasso di natalità del-lo 0,8%, contro l’1,26% di morta-lità. Effettuare una manutenzione giornaliera sui 192 chilometri di strade comunali, ad esempio, è impossibile. In questo caso devi utilizzare tutti i dati a disposizio-ne per fare una programmazio-ne reale e severa per capire dove spingere l’azione amministrativa”.

La scarsa programmazione è colpa della macchina ammini-strativa?“Ogni tanto è necessario con-trollare gli ingranaggi, bisogna effettuare un tagliando anche alla macchina amministrativa comunale. Individuare gli even-tuali guasti e trovare le soluzioni. Il Comune ha 49 dipendenti di ruolo, pochissimi, e poi si fa poca formazione all’interno, formazio-ne che è fondamentale per chi la-vora nella PA. Il 40 per cento delle proposte politiche sono stimolate dai responsabili di settore. Quin-di è necessario cambiare qualco-sina per motivare il personale”.Pensate alle prossime elezioni amministrative del 2016?“Per il momento osserviamo dall’esterno”.

Programmare una Penne apertaColloquio con Gilberto Petrucci, coordinatore del movimento

L’Intervista

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PENNE – Se ne è andato Francesco Pesci, dopo 17 anni di Brioni, l’alta sartoria maschile. Le sue cariche di comando nel grup-po controllato da Kering, di cui è pro-prietario il magnate francese F.Henry Pinault, sarebbero scadute tutte il 31 dicembre, e cioè: amministratore delegato di Brioni spa, presidente di Roman Style spa e Roman Mode srl, amministratore unico di Ardora srl (immobiliare milanese inattiva) e del-la bolognese Sforza srl, oltre che pre-sidente della bergamasca Burini srl.

Dal primo novembre al suo posto opera Gianluca Flore, uomo forte di Marco Bizzarri, il manager che, a capo di Bottega Veneta (dove lavo-rava Fiore), uno dei marchi di punta di Kering, sta raggiungendo risultati positivi nella divisone del lusso di cui Bizzarri è da aprile il nuovo numero1. Per Francesco Pesci, 47 anni, ammi-nistratore delegato di Brioni dal no-vembre 2010 e confermato nel 2012, è dunque arrivato l’addio. A coordinare il tutto nello stabilimen-to pennese c’è Nicola Di Marcobe-

rardino, nominato procuratore il 16 ottobre scorso da Pesci, su direttive francesi, davanti al notaio Dario Cor-tucci negli uffici milanesi di Brioni, in via Turati dove sono stati revocati i poteri di Leonardo Petrelli e di Fla-viano Pizzorulli, già revisore dei conti del Comune di Penne. Salgono le quotazioni di Adriano Di Quinzio che adesso coordina la quali-tà e la produzione formale. A Milano, assegnate procure anche per Fabio Scalzini, pescarese, classe ’72. Modificata in senso più ampio la

procura sul personale conferita a Ma-rio Morelli. E incarichi ridisegnati anche per Mehdi Benabahji, il franco-maroc-chino fidatissimo di Pinault, per Ma-ria Paola Milani e, soprattutto, per il provenzale Jerome Andre Macario quarantenne direttore finanziario. Con Pesci, Brioni è tornata in utile nel 2013 per oltre tre milioni. Penne però, già da anni senza ma-nager locali nella stanza dei bottoni dopo l’uscita di Marcotullio e Bian-chini, rischia una “freddezza”, in ter-mini di sostegno finanziario, ancora più marcata. I vari movimenti intanto hanno ral-lentato la gestione finale dei 51 esu-beri concordati a suo tempo a livello sindacale: finora si è arrivati a quota 13. Parigi mugugna. B.Lup.

I nuovi volti di BrioniChi sale e chi scende nel dopo Pesci

PENNE - “D’ora in avanti l’unico parametro che utilizzeremo per mettere in efficienza i punti na-scita sarà la sicurezza del nascituro e della ma-dre. Tutto il resto passa da questo momento in secondo piano”.Lo afferma l’assessore alla Sanità, Silvio Pao-lucci, che ha riunito il nuovo Comitato per il percorso nascita regionale (Cpnr) con l’obietti-vo di studiare le problematiche relative ai punti nascita della Regione Abruzzo. “Nelle regioni più avanzate oltre il 70 per cento dei parti avviene in punti nascita nei quali si re-gistrano oltre 1.000 parti l’anno - sottolinea Pa-olucci - mentre in Abruzzo dei 12 punti nascita, pochi superano i 1.000 parti l’anno. Altri dati di-mostrano l’esigenza di intervenire con rapidità e radicalità sul sistema, come l’incidenza dei parti cesarei, che se a livello nazionale è pari al 38 per cento, in alcuni punti nascita come Sulmona e Penne supera il 50 per cento. Ecco perché abbia-mo deciso di avviare un percorso condiviso ma deciso per riformare i punti nascita in Abruzzo attraverso un documento che sarà anche neces-sario al Tavolo di Monitoraggio dei ministeri dell’economia e della salute per porre fine al lun-go periodo di commissariamento”. I dati che l’assessore Paolucci ha chiesto alle Unità Operative di Ostetricia e Ginecologia attualmente operanti nel territorio abruzzese indicano che nel 2013 in Abruzzo sono stati ef-fettuati 10.194 parti, il più numeroso è stato il presidio di Pescara e il minore quello di Penne. Nello specifico, i parti nel presidio di Pescara sono stati 2.037, a Chieti 1.497, ad Avezzano

990, all’Aquila 955, a Teramo 814, a Sant’Ome-ro 808, a Vasto 789, a Lanciano 710, ad Ortona 488, ad Atri 467, a Sulmona 328, a Penne 311. In gran parte dei casi le mamme scelgono di far nascere i propri figli nella Asl di residenza: è il caso del 96 per cento nelle Asl di Teramo ed Avezzano-Sulmona-L’Aquila, dell’80 per cento nella Asl di Pescara e del 76 per cento della Asl di Lanciano-Vasto-Chieti. Per quanto riguarda la casistica complessiva delle unità in questio-ne, nel 2013 sono state conteggiate 24 dismis-sioni, 60 mila giornata di degenza, 9 mila acces-si in day hospital. Il 60 per cento dei ricoveri è stato di tipo chi-rurgico ed il 40 per cento di tipo medico e la degenza media è stata di 3,6 giorni per i ricove-ri associati a gravidanze e 4,1 per altri ricoveri.

Le culle nelle mani di D’AlfonsoAttesa per le decisioni sul punto nascite

da sinistra: Gianluca Flore, Adriano Di Quinzio e Marco Bizzarri

A rilento la gestione degli

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La valigia non è di cartone, né in similpelle o poliuretano, né di qualsiasi altro materiale. E non è nemmeno del Papa. La valigia di cui parlo è impalpabile, invisibile. Dice delle esperienze passate che lasciano una traccia indelebile nella nostra mente e di cui parleremo per tutta la vita. E’ la custodia, lo scrigno dove con-serviamo tutto il nostro patrimonio esistenziale. La “Pritilèutte” direm-mo in vernacolo. No, non sto parlan-do della mia valigia. E’ la valigia di Francesco Di Pietro, nostro conter-raneo emigrato a Pescara negli anni ’70, “aperta” il 18 febbraio 2012 nella Sala Cascella del Castello Chiola, in occasione della presentazione del libro Senso di Appartenenza. Abbiamo deciso di “riaprirla” ai lettori del giornale per la sua valenza storica e sociale, in quanto conte-nente accenni ad avvenimenti e a personaggi del paese ormai archi-viati dalla storia ma che hanno accompagnato intere generazioni di giovani lungo le misteriose vie della vita. Inoltre, nel suo stile colloquiale, ci fa scoprire insospettabili doti di narratore dell’amico autore.Al pari di altri loretesi sparsi per il mondo gli feci arrivare un invito a presenziare la suddetta manife-stazione e lui, ritenne opportuno, oltre di garantire la sua presenza, di rispondermi con questa significativa e-mail. Non prima, però, di fare un doveroso inciso. Spesso, quando si entra nella stanza dei ricordi, molti pensano che sia tempo perso, che la memoria serva a ben poco, che nulla possa essere utile all’attuale generazione. Viene ritenuta un peso che ral-lenta la loro marcia e di cui, il più delle volte è meglio sbarazzarsene. Credo invece che questo sia solo un concetto molto sbrigativo, pre-diletto probabilmente da novelli arrampicatori sociali, ai quali, vorrei appunto ricordare, che il tempo è parte integrante del nostro essere. E che la formazione della nostra

personalità non può prescindere da esso. Noi siamo un prodotto finale la cui formazione è dovuta alle varie sedimentazioni sociali e culturali che la storia ci ha consegnato. Per cui se qualcuno volesse avven-turarsi lungo le strade del futuro alla “conquista del mondo” dovrebbe prima essere consapevole del suo passato. Il presente è la chiave del passato. Il passato non passa mai ed è la chiave del futuro.

Carissimo Mauro,voglio innanzi tutto ringra-ziarti per l’invito a presen-

ziare alla cerimonia di presentazione del tuo libro SENSO DI APPARTE-NENZA; la frase che hai usato nella lettera d’invito “loretesi emigrati in ogni parte del mondo ed anche nel-la vicina marina”, ha stimolato in me il desiderio di esternarti la mia testimonianza nella veste, appun-to, di “emigrato” ricordandoti che l’abbandono della mia terra natìa, avvenuta circa quarant’anni fa, fu a suo tempo una scelta molto soffer-ta dovuta sia a motivi di lavoro che familiari e, comunque, successiva a dieci anni di lavoro pendolare (parte di questo periodo unitamente a tuo fratello Osman). Questa lontananza da Loreto anche in una località così vicina, mi attri-buisce, in certo qual modo, l’etichet-ta di “emigrante” ma certamente non paragonabile a quella dei nu-merosissimi nostri conterranei che, negli anni cinquanta, spinti dalla necessità di lavorare, furono costret-ti ad imbarcarsi su navi dirette in terre lontanissime portando con sè una valigia di cartone pressato le-gato con lo spago e dentro la quale avevano riposto i loro sogni e le loro speranze, unitamente a qualche foto ricordo del paese che si accingevano a lasciare. Così come non è assimilabile a quei compaesani che, negli anni successi-

vi, emigrarono verso i Paesi europei come la Svizzera, la Germania, la Francia, il Belgio. Ma anche noi che siamo andati a vivere nella vicina marina, abbiamo portato una valigia riposta dentro di noi e che custodiamo gelosamente nel nostro cuore. E’ una valigia che quando si apre sprigiona il profumo e gli odori dei nostri prodotti caratteristici, come l’inconfondibile profumo dell’olio proveniente dai “trappiti” che moli-vano le olive utilizzando le tradizio-nali macine con le presse, oppure la fragranza emanata dal pane appena sfornato dagli indimenticabili mastri fornai Nobilio. A volte, riaffiora il ricordo degli av-venimenti tragici che hanno colpito la nostra Loreto, come la guerra che provocò distruzione e morte; nella mia mente scorrono i nomi dei caduti incisi sulla lapide apposta sul muro del Palazzo Scolastico, e i nomi dei militari loretesi caduti in guerra (Tito Acerbo, Gaetano Mosca, ecc) così come riaffiora il triste ricordo della tragedia che colpì la famiglia Di Girolamo a causa dello scoppio di una bomba inesplosa che provocò la morte di sei loro bambini. Mi rivedo davanti le tantissime ma-cerie del nostro centro storico ge-nerate dai bombardamenti e che facevano da sfondo ai nostri giochi d’infanzia (nascunnarelle, trèu fìschie, sandûcce, la sciwularèlle, la cambàne) e alle sfide tra i diver-si rioni (la piazzèutte, li vije nòve, li coste, li fùndicille). Tra i momenti più tristi, ma che an-cora oggi viene da me ricordato con una certa punta di orgoglio per il suo profondo valore sociale, si colloca il famoso “Sciopero a rovescio” del 1950 e che ci vide, caro Mauro, in certo qual senso, coinvolti entrambi personalmente: a me in quanto testi-mone oculare del momento dell’arre-sto, avvenuto in piena notte, di mio zio “Sciff” con il quale vivevo, ed a te in quanto venne arrestata tua madre “Pina la Capparelle” che, se

non ricordo male, era proprio incin-ta di te. A volte, invece, dalla valigia riemer-gono ricordi di momenti belli come le feste di S:Zopito con la tradizio-nale tombola di mezzanotte e con le immancabili giostre (autoscòndre di Catellani), le carnevalate organiz-zate da Armando Tieri, lu fùcaràc-ce di Sant’Andonje. Momenti emo-zionanti li avverto, inoltre, quando dalla valigia riaffiorano i ricordi di personaggi che hanno dato lustro e onore alla nostra Loreto nei vari settori della vita sociale e cultura-le: Zopito Valentini nel campo della cultura, Luigi De Deo nel campo del Teatro, Otello Farias nel campo del-la musica e, nel campo della scuola i vari Maestri Elementari che, in un particolare momento delicato del-la storia dell’Italia e, quindi, anche della nostra Loreto, furono chiamati ad un nuovo modo di insegnamento e di educazione alla cui base si po-nevano i valori civili e sociali della nuova Repubblica. Mi piace citare i loro nomi: il Ma-

estro Alcini, il Maestro Beducci, il Maestro Di Tonno, il Maestro Tereo, la Maestra Garneroni (La Ciccûc-ce), la Maestra Colantonio, la Ma-estra Scurti (Geggè) la Maestra Ta-lamonti (chiedo umilmente scusa se ho dimenticato qualche nominativo). Ma i personaggi che risvegliano i miei sentimenti di maggiore affetto sono quelli che con la loro semplicità attiravano le simpatie di noi ragazzi come Libbratùcce di Pumbè, Car-minèlle la cariapàne, Gina la risci-gnòle e Caprijéle mézzisìcre (erano sorella e fratello).Caro Mauro, sono sincero nel dirti che sono fiero e orgoglioso di essere loretese, così come ti devo confessa-re che, pensando a quanto la stessa Loreto mi ha dato, spesso nutro un profondo senso di colpa nel non es-sere stato degno di tanta gratitudine.

La valigia di Francescodi Mauro Soccio

Cultura / Orgoglio di un loretese

Foto in alto: emigrati loretesi in Svizzera nel 1966. da sinistra Di Pietro

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Così come mi rattristo quando mi capita di incontrare dei lo-retesi che vivono qui a Pescara (mai tornati a Loreto pur stante la breve distanza) e, nel dialogare con loro, mi si rivolgono par-lando addirittura in dialetto pescarese; ciò mi rattrista ma non li schernisco perchè sono certo che a volte, dietro queste scelte, si nascondono motivazioni a noi sconosciute e che vanno comunque rispettate; anche perchè, ed anche di questo sono certo, dentro di loro c’è sempre quella valigia da cui, a volte, fuoriescono ricordi e nostalgie per il tempo vissuto a Loreto.

Carissimo Mauro, solo la Morte potrà recidere il cordone ombeli-cale che lega chiunque è nato a Loreto con il nostro stupendo pa-ese. (…Omissis). Auspico e ti auguro che questa nuova tua Ope-ra, possa contribuire, oltre che a salvaguardare il suo immenso valore storico, a risvegliare in coloro che l’hanno smarrito, il valore del SENSO DI LORETESITA’ di cui dobbiamo essere tutti fieri e orgogliosi. Ti saluto fraternamente con stima ed affetto. francesco di pietro

In questa pagina, in senso orario: Piazza Garibaldi negli anni ‘50 (archivio Lino Rosetti); la gioventù degli anni ‘60 di Francesco Di Pietro; la mensa operaia durante lo “Sciopero a Rovescio”; Capi-tano Tito Acerbo; Pina Soccio (la Capparelle) con il figlio Osman

e il coetaneo Arnaldo ospitato dalla famiglia, sfollato da Pescara; la maestra Colantonio.

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Il dott. Gerardo Polacchi, figlio dello storico-poeta Luigi, ha donato alla Chie-sa di S. Ciro di Penne una icone sacra

del Cristo Pantocratore nella ricorrenza del 26° anniversario della morte del padre che cadeva lo scorso 14 luglio, ma che è stata ri-cordata l’11 ottobre. La bella icone è stata collocata nella Chiesa, recentemente restau-rata dalle Suore della Santa Famiglia che per l’occasione hanno fatto celebrare una Messa di suffragio per il Poeta. Il rito, rinviato all’autunno, essendo l’Istituto impegnato nel Capitolo Generale, è stato celebrato con bella omelia dal rev.do Don Tommaso Fallica, Direttore dell’Ufficio Diocesano dei Beni Culturali dell’Arcidiocesi Pescara- Penne che ha anche benedetto la Icona donata. E’ stato preceduto da un mio breve intervento sulla icona e sulla religiosità del Poeta vista nelle sue opere in versi e in prosa, e concluso dal Sindaco di Penne, dott. Rocco D’Alfonso con una profonda illustrazione della figura del Poeta-Storico nel panorama della Lettera-tura Novecentesca, citando due sue grandi opere il Da Melchiorre Delfico a Clemente De Caesaris ed il Poema del Risorgimento Italiano, i cui tre volumi furono spediti dal Comune al Capo dello Stato nel quadro delle Celebrazioni indette per il 150° Anniversa-rio dell’Unità d’Italia. Ho voluto anche ricordare nel mio intervento che per pura coincidenza il suddetto anniversario cadeva quest’anno nel Primo Centenario della Grande Guerra, ovvero della Prima Guerra Mondiale che, com’è noto scoppiò proprio

nell’estate del 1914, alla quale il Polacchi partecipò da volontario. Caduto prigioniero il 26 maggio 1916, fu smistato nei campi di prigionia prima austriaco e poi magiaro, ove rimase fino al tracollo dell’Impero Austro-Ungarico nel 1918. Ho letto così passi toccanti del Poeta, scritti in trincea tra un combattimento e l’altro. Cerimonia bella e gradita da tutti i presenti, grazie all’organizzazione della Madre Superiora, Suor Lucilla Del Grande, coadiuvata da tutte le sue suore, che ha invi-tato anche le autorità civili e militari, tra cui gli Alpini e l’Arma dei Carabinieri. Alla Grande Guerra parteciparono anche molti pennesi, i cui nomi sono oggi scritti sulla stele del Parco della Rimembranza, a ricordo del sacrificio della loro vita nell’adempimen-to di quel dovere sacro che fu la difesa della Patria. Il Polacchi ritornò vivo dalla Guerra, con un diario dal titolo Memorie di un Sottote-nente, scritto “di trincea in trincea, di prigio-nia in prigionia”, una testimonianza prezio-sissima di quel tragico conflitto mondiale, la prima del genere in Italia, benché data alle stampe dopo un ventennio (recentemente è stata messa on line sul sito di Luciano Gelsumino). Ancora una volta troviamo il Polacchi al centro di un avvenimento di importanza eccezionale, questa volta addirittura mon-diale, con la sua testimonianza di prim’ordi-ne, che è molto utile per comprendere anche il sacrificio di centottantuno pennesi che vi

Recenti mie ricerche su un be-ato francescano pennese mi hanno portato nel Comune

di S. Omero ove nella Chiesa di S. Antonio Abate, sotto l’altare mag-giore, sono custoditi una cassettina con i resti del suo santo corpo, un suo busto d’argento parzialmente indorato - il Busto del Beato Miglio-rato da Penne - ed un suo braccio, forse in rame e argento - il Braccio del Beato Migliorato - come assicura la didascalia che corre lungo il polso in scrittura gotica: + SANCTUS MELIORATUS. Il busto e il braccio sono pressochè ignorati dalla Critica d’Arte, tanto da potersi ritenere una vera e propria scoperta al di fuori della cerchia co-munale. Sono con certezza assoluta, almeno per il busto, opera dell’orafo Nicola Pantaleone, attivo a Franca-villa a mare a cavallo della metà del XIV secolo. Il busto è datato 1450, anno con-fernato dalla indizione che è la XIII, ed è anche firmato MAGISTER NI-COLAUS ANTONII PANTANEO-NIS DE FRANCAVILLA. A quest’o-rafo si deve anche il reliquiario del braccio che però non è firmato. Del Maestro poco si sa, e prima che individuassi quest’altre sue opere (il detto braccio dovrebbe essere

anche suo) si conoscevano solo il re-liquiario d’argento del Braccio di S. Simone, che era conservato nella sa-crestia della Chiesa di S. Agostino in Lanciano, rubato anni orsono, datato 1446 e firmato NICOLAUS ANTO-NII PANTALEONIS DE FRANCA-VILLA ORIFICS ed il Reliquiario di S. Biagio ed altri Santi, conservato nel Centro di Documentazione mu-sicale della Parrocchia di S. Nicola in Lanciano, datato nel nodo 1465 e firmato alla base MA(giste)R NICO-LAUS DE FRANCA(villa). Di questo orefice si conosce la paternità, Antonio; la città natale, Francavilla; e tre opere firmate, alle quali possiamo aggiungere per

attribuzione il Reliquiario del braccio del Beato Migliorato. I suoi anni di attività nel campo dell’Oreficeria vanno dal 1446 (Braccio di S. Simo-ne) al 1465 (Reliquiario di S. Biagio). Avremmo potuto dire qualcosa del suo valore se al Busto del Beato non fosse stata staccata, in epoca non precisabile, la testa originale che si dice fosse di argento pieno. Alla base del busto corre la se-guente iscrizione in caratteri gotici che ho potuto rilevare grazie all’aiuto del parroco Don Luigi Consorti e dell’ex-sindaco Alberto Pompizi: + HOC * OPVS * FECIT * MAGI-STER * NICOLAVS * ANTONII * PANTALEONIS * DE * FRANCA-

VILLA * AN(n)O * D(omi)NI * M * CCCCL * XIII * IN(dictione) * DIE * V(er)O XX MA(r)TII. Traduzione: + Quest’opera fece il Maestro Nicola di Antonio Pantaleone di Francavilla, nell’anno del Signore 1450, 13.a In-dizione, proprio il giorno 20 di marzo. Il busto ospita parte del cranio del Beato, visibile attraverso la finestrella che è sul davanti con il logo di S. Bernardino e le lettere YHS. Il Beato Migliorato visse nel XIII secolo, nel convento francescano che è accanto alla Chiesa ed è oggi Casa di Riposo per anziani. Per saperne di più vedi la sua storia e leggenda in LACERBA n°1 del 6 aprile 2014 sotto il titolo Beato fra i mattoni.

Un Cristo per i PolacchiIn ricordo del poeta

PENNE- Chiesa di S. Ciro: La icona di Cristo Pantocratore

S. OMERO – Chiesa di S. Anto-nio Abbate: Busto reliquiario

del Beato Migliorato da PenneS. OMERO - Chiesa di S. Anto-nio Abbate: Braccio reliquiario

del Beato Migliorato Trascrizione della didascalia

gotica alla base del busto

Quel busto è MIGLIORATOA Sant’Omero spunta il Beato. Firmato da Nicola Pantaleone

di Candido Greco

La Grande Guerra è tutta nelle Memorie del Polacchi con il suo carico di sofferenza e di uma-nità e nella stele del Parco della Rimembranza che il suo ricordo tramanda.

Cultura

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TRASLOCHI

di CIRONE LILIANA

con la tuasalutescherzanon si

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Vecchi consiglidi Tonino Testa

Una volta i giovani si reca-vano dai vecchi per chiedere consigli perché ritenuti saggi in quanto nel corso della loro esistenza avevano saputo superare varie difficoltà e risolvere difficili problemi anche se un noto scrittore affermava:”Certamente i vec-chi davano dei buoni consigli perché non erano più nelle condizioni di dare dei cattivi esempi”. Bisogna però riconoscere che i buoni consigli sono sempre molto utili. Il grande filosofo Platone, vissuto nel quarto secolo avanti Cristo, affermava che quando un padre, per ap-parire moderno, dà sempre ragione ai figli commette un grave errore perché questi ultimi, essendo giovani ed inesperti, possono anda-re incontro a gravi errori. Molti consigli sono diven-tati addirittura proverbiali. Nell’Amleto di Shakespeare quando Laerte, insieme a suo padre Polonio, va a salutare

la sorella Ofelia, in procin-to di partire per un lungo viaggio volendo accrescere le sue conoscenze, le offre alcuni consigli come quello di mantenere alto l’onore della famiglia. E poi aggiunge testualmen-te:” Che le tue orecchie siano sorde alle lusinghe del giovane principe”; che cerca in tutti i modi di sedurla, tant’è che alle resistenze di Ofelia il principe Amleto le grida di andare in convento e di farsi suora. Inoltre, mentre Laerte sta per salire sulla nave, il padre lo ammonisce:”Non partecipare in alcun modo alle risse ed alle liti tra i tuoi coetanei, ma se ciò dovesse accadere che sia il tuo braccio a sferrare il primo colpo”. Poi:”Non prestare mai il danaro all’amico perché altrimenti perderai non solo il danaro, ma anche l’amico”. Ed infine gli raccomanda di non indossare mai un abito vistoso e sgargiante, “ma sia sobrio ed elegante perché ricordati che l’abito rivela il personaggio”. Ovvero: come vesti, ti dirò chi sei. Ma l’abito ha importanza an-che in campo femminile ed aveva ragione il noto critico d’arte Vittorio Sgarbi che in un’intervista osservò:”La donna deve indossare abiti che esaltino il suo fascino femminile”. Vorrei a riguardo fare alcuni esempi. Durante la Belle Epoque (così definita perché non ci

furono guerre per mezzo secolo), la bella Otero, la più conosciuta soubrette del tempo, festeggiò il suo novantesimo compleanno presentando a tutti gli invi-tati il suo ultimo fidanzato, manifestando in quella circo-stanza ancora il suo apprez-zabile fascino femminile. In Italia la più importante at-trice del cinema muto, Fran-cesca Bertini, in età avanzata, truccata perfettamente ed elegantissima come sempre, riceveva nel suo salotto ogni settimana noti giornalisti, ma anche vecchi corteggiatori ed ammiratori, avendo sul suo tavolo bene in evidenza una foto incorniciata del prin-cipe ereditario. Infine, nei giorni nostri, vorrei ricor-dare anche la straordinaria attrice Grace Kelly (premio Oscar per il film “La ragazza di campagna”), divenuta poi principessa di Monaco, la quale oltre al fascino regale aveva conservato, fino alla sua morte, anche se prema-tura, un notevole fascino femminile. Quindi è proprio vero, come diceva il tragico inglese, che “l’abito rivela il personaggio”.

LA VITTORIA, le sofferenze e le perditedi Francesco Di Giorgio

Strana funzione quella dei ricordi: da un lato fa rivivere le positività; dall’altro lenisce le ferite, ma non le sana. Nel secondo decennio del secolo scorso, l’Italia era una giovane nazione che non aveva ancora completato l’unità. Trento e Trieste erano ancora fuori dai nostri confini. L’Europa era devastata da una grande guerra. Per frenare l’imperiali-smo austriaco e quello tedesco, e per liberare le terre italiane d’oltre confine, l’Italia scese in guerra. Quando dalle trincee di prima linea si segnalava l’ora dell’assalto, erano momenti difficili. E quando la sciagura di una scon-fitta minacciò l’esistenza stessa della Patria, diventarono tutti eroi (Rosso del sangue del nemico altero, il Piave comandò:”Indietro vai, straniero!”). La guerra contro l’Austria-Ungheria, che sotto la guida di Sua Maestà il Re, l’esercito italiano, inferiore per numero e mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore, condusse ininterrottamente e asprissima, per quarantuno mesi, fu vinta. La celebrazione del 4 novembre ci ha indotto a richiamare, e a considerare, altri punti di for-za. Per la prima volta nella Storia, gli italiani vedevano riuniti dentro gli stessi confini, dalle Alpi alla Sicilia, tutti i loro fratelli. In ogni piccolo paese, come in ogni città, vi è un monumento o una lapide che ricorda i caduti della guerra. Quanta commozione e pietà nel cuore di tutti al ricordo dei soldati che morirono combattendo! Primo evento molto

crudo che riporto non senza trepidazione: poco mancava che tornasse a casa in licenza un soldatino ignoto ancor quasi bambino. Ma l’obice piombo con un sordo boato su di lui, su altri fanti…I tanti soldati morti par che dicano: “Abbiamo fatto quello che potevamo. Ricordateci…”. Secondo evento, pur esso tragi-co, ella ricostruzione patetica di un combattente:”Compagno, io non ti volevo uccidere. Ma prima tu eri per me solo un’idea, una formula nel mio cervello. Soltanto ora vedo che sei un uomo come me. Prima pensa-vo alle tue bombe a mano, alla tua baionetta, alle tue armi; ora vedo il tuo volto: vedo che ci somigliamo. Perdonami, compagno, come potevi tu essere mio nemico?Se gettiamo via queste armi e queste uniformi, potresti essere mio fratello. Prenditi venti anni della mia vita, compagno, e alzati; prendine di più perché io non so che cosa ne potrò mai fare ora…”. Nella festa del 4 novembre, che è pure delle Forze Armate, baluardo del nostro vivere e a difesa dei nostri interessi legittimi, rivolgia-mo loro pensieri affettuosi, ringraziamenti sinceri e tutto il nostro sostegno morale. Per contro, la pace è un messaggio aperto a tutti, che varca ogni confine, che si ode in ogni lingua, che si unisce ad ogni preghiera. O uomini sepolti in tutti i cimiteri di guerra del mondo, m’inginocchio idealmente sulle vostre tombe come se tutti mi foste fratelli. E nel giorno celebrativo della Vittoria e delle Forze Armate, con il ricordo struggente voglio rendere onere e merito in modo del tutto particolare a un ragazzo del ’99, mio padre, partito diciassettenne per la guerra ed insignito del cavalierato di Vittorio Veneto.

Tito, il mito di LoretoCon una scarna ma significativa cerimonia il Comune di nascita ha commemorato la me-daglia d’oro Tito Acerbo che il 16 giugno 1918, quando la prima guerra mondiale volgeva or-mai al termine, morì eroicamente a Croce di Piave, nei pressi di una chiesa; al termine di un corteo con la partecipazione di autorità, citta-dini ed ex militari, è stata apposta una corona di fiori ai piedi del monumento che lo ricorda dal 1924. Quale capitano del 152º Reggimento di Fanteria, Brigata Sassari, allorchè nella notte del 15 giugno le truppe austro-ungariche riu-scirono a varcare il Piave, Acerbo, benché feri-to, fu una delle guide carismatiche della tenace resistenza che fece fallire il tentativo di pene-trazione nemica. Si era già distinto nelle batta-glie sul Carso e dell’Ortigara tanto da essere promosso sul campo tenente prima, e poi a ca-pitano; è stato anche insignito di due medaglie d’argento al valore. A Loreto Aprutino gli è stato dedicato un monumento mentre Pescara lo ricorda con l’intitolazione data allo storico Istituto Tecnico. La sua memoria però è affidata soprattutto alla COPPA ACERBO - competi-zione sportiva vanto oltre che peculiarità tutta abruzzese – non a caso rievocata pure a Loreto Aprutino in una gradevole serata svoltasi pres-so il ristorante La Bilancia; a distanza di vari decenni è stata evidenziata l’entità di grande rilievo che la corsa automobilistica ebbe per la notorietà e l’enorme sviluppo moderno del-

la città di Pescara, assumendo subito un ruolo incisivo, quasi a mo’ di slancio precursore. La storica corsa dedicata alla medaglia d’oro Tito Acerbo – è stato sottolineato - nel tempo ha rappresentato un evento sportivo di raro e as-sai intenso interesse, capace di suscitare uno slancio e un’ottica di attenzione che l’Abruzzo, e la nascente Pescara, ancora non avevano co-nosciuto. Il suo protrarsi nel dopoguerra (al termine del fascismo) fino al 1961, sia pure con altre denominazioni, l’alternanza di fulgidi vincitori nel novero delle glorie sportive e dei nomi, all’epoca più noti ed illustri dell’automo-bilismo, fu senz’altro un notevole elemento di risalto anche per una regione da valorizzare come l’Abruzzo. Certe iniziative, di ambito più pragmatico e di respiro sociale, come l’introdu-zione di una tariffa ridotta a livello ferroviario -volta all’obiettivo di favorire i collegamenti e l’accesso all’evento dai più distanti angoli del Paese tutto - seppero offrire una forma di no-torietà e una tipologia d’ immagine avvenirista, anche a livello internazionale. E’ stato così ri-cordato che il fondatore e organizzatore della corsa fu il fratello Giacomo (all’epoca gerarca fascista) il quale si piccava di essere conosciu-to ed accolto, in ambito internazionale, addi-rittura più per i suoi meriti sportivi che quale studioso, accademico e uomo politico. Meriti e attribuzioni che, nell’atmosfera festosa della se-rata, sono stati illustrati dal giornalista Franco Farias commentando una proiezione rievocati-va della corsa, nonché dai coautori Francesco Santuccione e Paolo Smoglica del libro: “il Cir-cuito di Pescara”.

Giorgio Di Carlo

Le rubriche di

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La Città di Penne si prepara ad accogliere il 2° Trofeo Kata Città di Penne, appuntamento

tra Sport, condivisione e amicizia che vede la locale Associazione Vestina Karate Club sempre in prima linea nella promozione delle Arti Marziali e Sport da Combattimento nel pano-rama vestino e regionale. La mani-festazione, in programma sabato 6 dicembre presso il Palasport di C.da Campetto Penne, si preannuncia un’edizione dai grandi numeri, con oltre 350 Atleti in gara provenienti dalle Società FIJLKAM Abruzzo. La manifestazione si svolgerà su due ta-tami: inizio alle ore 15 con le classi Esordienti B, Cadetti, Juniores, Se-niores e Master; alle ore 15.45 saluto delle autorità; alle ore 16.00 scende-ranno in campo le classi Bambini, Fanciulli, Ragazzi, Esordienti A.Alle ore 19.30 circa premiazioni, durante il pomeriggio sono previste esibizioni di Ju Jitsu, Sound Karate e Difesa Personale. L’organizzazione di questa manife-stazione è affidata ai Dirigenti della Vestina Karate Clubche hanno fatto delle Arti Marziali il loro motivo di vita, i loro Atleti hanno conquistato podi a livello regionale, nazionale e mondiale. Anche i diri-genti del sodalizio vestino ricoprono incarichi federali di prestigio. Emilio Ermano, fondatore del sodalizio ve-stino con oltre 35 anni di pratica ha un lungo curriculum dirigenziale nel mondo dello sport: dal 1997 al 2000 Ufficiale di Gara Nazionale, dal 2001 al 2006 ha ricoperto l’incarico di Commissario Regionale Ufficiali di Gara Karate, a seguito del commis-sariamento del Comitato Regionale FIJLKAM Abruzzo a Marzo 2007 viene nominato direttamente dal Presidente Federale Matteo Pellicone Commissario Straordinario per l’A-bruzzo e Molise, a luglio 2010 viene eletto Presidente del Comitato Regio-nale FIJLKAM Abruzzo e a gennaio 2013 all’unanimità viene rieletto per il quadriennio olimpico 2013 – 2016. A dicembre 2012 il CONI Nazionale gli ha conferito l’onorificenza di Stella di Bronzo CONI al merito sportivo. Il Presidente Emilio Ermano: al pari

di altre arti marziali il karate è uno sport completo che coinvolge tutti i muscoli e le articolazioni del corpo, per questa ragione è uno sport consi-gliato allo stesso modo per bambini, adolescenti e adulti, ai quali è offerta la possibilità di elevarsi, all’interno di questa disciplina, attraverso sette gradi culminanti nella cintura nera.Per praticare il karate si usa il karate-gi (conosciuto anche impropriamen-te col nome kimono), è composto da pantaloni lunghi e casacca, solita-mente bianchi ma occasionalmente anche colorati. La casacca si chiude con una cintura colorata in vita; il colore della cintura indica il grado e il livello di preparazione dell’atleta . Si parte con la cintura bianca per poi passare alla gialla, arancione, verde, blu, marrone e nera. Vi sono poi i gradi di cintura nera (dan). So-litamente il passaggio da una cintura alla successiva è subordinato al su-peramento di un esame di idoneità, durante il quale si deve dar prova del-le conoscenze e delle abilità apprese; eccezionalmente la cintura di grado superiore può essere acquisita anche per meriti sportivi o conferita diret-tamente dal Presidente Federale.Il Karate è fra le attività sportive che richiedono maggior dispendio ener-getico . Al pari di altre arti marziali è uno sport completo, infatti tutti i muscoli e le articolazioni del corpo vengono coinvolti durante l’esecu-zione delle tecniche. È importante che tutti i muscoli del corpo siano adeguatamente preparati prima di incominciare la parte tecnica spe-cifica: gambe, braccia, addominali e dorsali devono essere tenuti in conti-nuo esercizio. Altrettanto importante è la mobilità articolare, soprattutto per le articolazioni scapolo omera-li e coxo femorali che condizionano l’ampiezza di tutti i movimenti. Non esiste una metodologia di allenamen-to universale, gli esercizi dovranno essere adattati alle condizioni fisiche, agli obiettivi e all’età degli atleti. Per quanto riguarda i bambini si privile-gia l’aspetto ludico, proponendo eser-cizi con funzione propedeutica alle tecniche vere e proprie. Per gli ago-nisti il lavoro sarà finalizzato invece

al potenziamento fisico (resistenza, forza rapida, velocità e mobilità arti-colare) e al miglioramento tecnico e tattico. Infine gli amatori lavoreran-no prevalentemente sulla tecnica pur senza dimenticare il potenziamento fisico che chiaramente dovrà esse-re idoneo alle condizioni fisiche dei singoli. Il karate è diviso in due spe-cialità: kata e kumite che prevedono diversi tipi di lavoro muscolare: nel kata è prevalente l’aspetto isometrico; nel kumite quello isotonico.Per questo motivo, a seconda che si pratichi l’uno o l’altro, la metodologia d’allenamento sarà diversa.Kata significa letteralmente “forma”. Si tratta di sequenze composte da gesti formalizzati e codificati che si-mulano un combattimento contro avversari immaginari. Il karate tradi-zionale prevede circa una quarantina di kata originali ai quali vengono ad aggiungersi delle varianti secondo gli stili. La maggior parte di questi comporta una quantità di movimen-ti (tecniche) compresa tra i venti e i sessanta; si tratta di tecniche di at-tacco e parata sia con arti superiori che inferiori. L’importanza del kata si comprende facilmente se si riflet-te sul fatto che nel corso dei secoli è stato il veicolo di trasmissione e co-municazione delle tecniche di com-battimento elaborate. Nelle gare di kata gli atleti si misurano nell’esecu-zione delle forme e vengono valutati in base all’espressività, la potenza, la chiusura e il ritmo delle tecniche. A ogni atleta viene assegnato un pun-teggio, il vincitore è colui che ottiene il punteggio più alto, cioè colui che meglio “interpreta” il kata.Il kumite è il “combattimento “, in-contro fra due avversari utilizzando tecniche di braccia, gambe, e proie-zioni . Nel kumite invece lo scontro fra gli avversari è diretto, si procede in base ad un tabellone ad elimina-zione diretta a sorteggio e con ripe-scaggi. La durata di un combattimen-to varia a seconda della categoria. Le azioni dei combattimenti sono fina-lizzate a fare punti; si fanno punti portando tecniche valide su bersagli validi. Sono tecniche valide quelle di pugno, calcio (circolare, frontale o

laterale) e proiezione, mentre i bersa-gli validi sono testa, viso, collo, nuca, petto, addome, fianchi, e schiena. A seconda del bersaglio colpito e della tecnica utilizzata possono essere as-segnati 1, 2 o 3 punti. Sono previste ammonizioni per tecniche e com-portamenti proibiti o per contatti ec-cessivi. Esistono diverse categorie in base all’età, al peso (per il kumite) e al grado di cintura.

COLORMAX – SIKKENS SI COLORA DI BIANCAZZURRO

Nuovo main sponsor per la Primavera di Massimo Oddo che dalla prossima gara avrà sulle maglie da gioco la prestigiosa firma ColorMax-Sikkens. Un binomio d’eccezione quello con il Pescara Calcio per un’a-zienda del territorio, ma che vanta una delle più importanti partnership con gli olandesi della Sikkens: “L’identità territoriale e la passione per il calcio – hanno detto Matteo Picciotti e Andrea Buccella amministratori della Color-Max – ha fatto sì che un’azien-da come la Sikkens, da oltre cinquant’ anni leader in Italia del “colore” ha voluto creare una sinergia con la squadra Primavera del Pescara. Non è un caso che la nostra azienda, sempre attenta all’innovazione e alle nuove idee, abbia voluto investire sui giovani talenti biancazzurri”. “Come abbiamo sempre sottolineato – ha detto il presidente Daniele Sebastiani – il nostro interesse è quello di va-lorizzare i nostri giovani, il loro talento e le loro caratteristiche tecniche e caratteriali. Credo sia molto importante avere il sostegno di un’azienda del territorio che vuole sposare la nostra politica sulla linea verde e far girare per l’Italia la loro immagine sulle nostre maglie da gioco”.

Trofeo Karate Specialità Kata Città di Penne

Il kumite è il “ combattimento ”, incontro fra due avversari utilizzan-do tecniche di braccia, gambe, e proiezioni