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PENELOPE …... HA SMESSO DI TESSERE Nacam 1

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PENELOPE …... HA SMESSO DI TESSERE

Nacam

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La storia di una famiglia con gioie, dolori,speranze, delusioni di normali persone, che con laloro esistenza partecipano inconsciamente al lungocammino del genere umano, nel contesto socialedell'evoluzione della donna dalla sottomissioneatavica alla libertà.

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PENELOPE .... HA SMESSO DI TESSERE

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Si è proprio vero, la mitica figura delladonna fedele, dignitosa e rispettosa dei propriobblighi di moglie e di madre, per secoli faro dicomportamento fiero, negli ultimi decenni si èsbiadita.

L'icona plurisecolare è stata offuscata esostituita da mosaico, confuso e indefinito didonna, non ancora ben delineatosi, inspasmodico susseguirsi di sconcertanti e rapideevoluzioni, tese alla ricerca di una indecifrabilemetamorfosi che porti allo scoperto unadesiderata nuova entità.

In parole povere, la donna di oggi è moltodiversa da quelle figure che la storia ci hatramandato.

E' un bene o è un male?

Non è possibile rispondere in mododiretto a tale quesito, perchè la metamorfosiverificatasi è molto complessa e con millesfaccettature.

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La donna da schiava a padrona dellapropria identità, da prigioniera di atavichelimitazioni a libera di esprimere tutto il suoego.

E' perfetto. Ma non è oro tutto quello cheluccica.

Le variazioni del tessuto sociale, hannobisogno di molto tempo per dare esiti positivi,all'inizio creano inevitabilmente squilibri neirapporti e vibrazioni spasmodiche di spinta e direflusso nei rapporti umani.

Il passaggio dallo stato di sottomissione aquello di spirito libero, ha dei risvolti turbolentiimpregnati di desiderio di rivalsa, forsegiustificata, ma che impediscono rapportisereni ed il rispetto reciproco.

Siamo arrivati al dunque: difficilmente siriesce a superare la tentazione di passare dapreda a predratrice.

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E' proprio vero, ogni evoluzione creasituazioni che si modificano con la rapidità edil fascino di caleidoscopiche immagini.

Per capirci qualcosa di più realisticodobbiamo scendere nei dettagli di situazionireali.

E necessariamentre dovremo interessarcidella storia di una normale famiglia.

Per evitare privilegi sociali ne prendiamouna a caso: il padre Ercole, la madre Carmelaed i figli Andrea, Lucia, Giuseppe e Guerino.

Chi sono costoro?

Sono esseri umani come tanti altri, con leloro speranze ed i loro problemi.

La famiglia vive in un piccolo paese dicollina, con le vicissitudini di vita e le abitudinidi tanti altri nuclei, non ancora coinvolti nellametamorfosi sociale in atto, a seguitodell'avvento della rivoluzione industriale.

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Qual'è il mestiere del padre?

Il bravuomo, figlio di umili contadini, hasfruttato le sue doti artistiche e si è dedicatoalla realizzazione di carri allegorici, quelliadornati con variopinte scene di vita che ipaesani potevano ammirare nei giorni di festa,in solenne processione per le vie del paese.

Veniva inquadrato socialmente come ilcarraio.

La madre non svolgeva attività fuori dellasua abitazione: era la classica casalinga cheprovvedeva, oltre che metterli al mondo, a farcrescere i suoi figli, addossandosi tutte leincombenze della buona conduzione della vitafamigliare.

La sua giornata era molto laboriosa ediniziava al primo canto del gallo: accendere ilfuoco, fare il caffè, portarlo al marito persvegliarlo ed informarlo quindi che un nuovogiorno era sorto.

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Poi l'attività proseguiva: svegliare i figli,lavarli, vestirli ed accompagnarli a scuola,fortunatamente per Lei frequantavano tutti leelementari.

La sua vita non aveva sosta e riposo:dopo avere provveduto all'alimentazione dialcuni animali da cortile, che la famigliapossedeva per le proprie necessità alimentari ,poteva sedersi un attimo e gustarsi un sorso dicaffè.

Ma l'interruzione era breve: c'erano i lettida sistemare, i pavimenti da pulire, gliindumenti di tutti i componenti la famiglia dalavare.

Poi c'era la cura di un piccolo orto, cheforniva il necessario per integrarel'alimentazione.

Le ore passavano inesorabili e prestosarebbero tornati marito e figli per il consuetopranzo.

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La cucina diventava un laboratorio in cuila donna preparava le pietanze umili, masempre ben accette dagli altri componenti lafamiglia.

La tavola, apparecchiata con amore,accoglieva poco dopo i pargoletti ed il capofamiglia.

Una preghiera di ringraziamento davainizio al breve pranzo, in un religioso silenzioimposto dal genitore, che poco dopo si recavadi nuovo al lavoro.

Era allora, mentre la madre provvedevaalle faccende domestiche, i giovani virgulti,fino ad allora compressi dalla paterna presenza,si scatenavano, dando sfogo alle loro energie.

I giochi e le altre attività sportiveavvenivano nell'aia antistante l'abitazione.

Poi, alle prime ore del pomeriggio,un'autorevole richiamo materno li costringeva adedicarsi alle loro attività scolastiche.

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Finalmente Carmela poteva riposarsi?

No: c'era il bucato da stirare, i calzini egli altri indumenti da rammendare, i figli datenere sotto controllo.

Era proprio una vitaccia.

All'imbrunire l'allevamento, l'orto e poi lacena, imponevano nuovi stressanti obblighi.

Dopo cena finalmente il riposo: nemmenoper sogno.

I bambini dovevano andare a letto, poic'era l'incombenza della moglie nei riguardidell'amorevole marito.

Sul tardi ancora sistemazione della cucinae preparazione di parte degli alimenti per ilgiorno dopo.

Finalmente, a tarda notte il meritatoriposo, che però durava poco perchè ilmaledetto gallo iniziava a cantare.

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E si ricomiciava da capo, con unasitematicità e linerità che rendeva i giorni tuttiuguali.

Solo la domenica la situazione era piùrosea: si poteva dormire un'ora in più.

Poi i soliti lavori in cucina, nell'orto enell'aia.

Verso le 9 del mattino: sveglia agli altricomponenti, per prepararli a vestirsi con gliindumenti del giorno di festa per andare tutti amessa.

La giornata proseguiva come al solito,con qualche pausa e coccola in più rispetto aigiorni feriali.

Va precisato che un gradito aiuto, leveniva dato dai figli nei pomeriggi.

Pur con le limitazioni e l'inesperienzadella gioventù, infatti collaboravano ailavoretti in casa e fuori dell'abitazione.

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Anche il marito, la domenica pomeriggiosi dedicava alle riparazioni ed ai lavori piùpesanti.

ATRI: il paese dove viveva la famiglia di Ercole

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Ed ora incominciamo a parlare deipargoletti, nati quasi in rapida successioneperchè i figli erano una ricchezza; e chi puòrinunciare alla ricchezza?.

Forse non era proprio così: i figlivenivano procreati perchè non esistevanoancora i contraccettivi e anche perchè da grandidovevano aiutare la famiglia.

Per primo era nato Andrea, prima che igenitori festeggiassero il primo anno dimatrimonio.

Era un maschietto ed il suo primo vagitoaveva portato felicità alla madre ed orgoglio alpadre.

Nei suoi primi dieci anni di vita ha avutola gioia di vedere la casa allietata da duefratellini ed una sorellina.

Per meglio comprendere le vicissitudinifamigliari, facciamo una precisazione sull'etàdei componenti:

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Ercole 38 anni (nato nel 1851), Carmela 35(1854), Andrea 10 (1880), Lucia 9 (1881),Giuseppe 7 (1883) e Guerino 6 (1884).

E' ancora una famiglia giovane cheimpone tante responsabilità e non da un attimodi sosta all'attività dei genitori: ferie, riposo,vacanze sono parole che non fanno parte delvocabolario della famiglia.

La vita è dura, ma tutti fanno interamenteil loro dovere e sono contenti di far parte di unnucleo familiare in cui l'onestà, il rispetto,l'educazione sono la base della vita.

La famiglia dovette superare ancheperiodi tristi: la morte della nonna materna, lamalattia del nonno.

Anche i bambini ebbero i loro momentidifficili, causati dalle malattie dell'infanzia(varicella, morbillo, ecc.), che fortunatamentenon lasciarono conseguenze. Nel complesso illoro stato di salute non creava eccessiviproblemi ai genitori.

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Andrea quest'anno (1891) conseguirà lalicenza elementare e, sempre per aiutare lafamiglia, andrà ad imparare il mestiere nellaboratorio del padre.

Di proseguire gli studi non se ne parla,perchè solo i figli dei signori possono istruirsi,perchè hanno i soldi.

Sono passati cinque anni dalconseguimento della licenza, ma Andrea nonriesce a dare al padre le soddisfazioni cheprevedeva: lo trova spesso a leggere dei libri enegli ultimi tempi lo ha sorpreso mentresfogliava un manuale di solfeggio musicale.

Ad Andrea i carri proprio non interessano,e spesso chiede al padre di andare dal prete delpaese, che lo fa studiare e gli ha insegnato asuonare l'organo: la musica è la sua passione.

Anche il padre finalmente lo comprende,anche perchè ha trovato in Giuseppe il figlioche porterà avanti la sua attività.

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Infatti con i risparmi che avevaaccantonato compra al figlio una bellafisarmonica, di una grande marca, la Soprani.

Allegria e musica in casa, la famigliagode di un periodo di grande serenità.

Andrea promette di impegnarsiseriamente per riuscire a diventare un bravomusicista e suonare con successo nei granditeatri.

(A venti anni il suo sogno si avvererà: siesibirà con successo in un famoso teatro diRoma)

Pur negli anni della spensieratezzagiovanile i ragazzi trascorrono le loro giornatestudiando e giocando. Non dimenticano peròche la famiglia ha anche bisogno di loro eaiutano i genitori nelle innumerevoli fatichegiornaliere.

Lucia è quasi una signorina e, oltre acurare la propria persona, aiuta assiduamente lamadre nelle faccende di casa.

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Giuseppe è diventato l'ombra del padre ecerca in tutti i modi di apprendere da Lui tutti isegreti del suo lavoro.

Guerino si è appassionato allacoltivazione del piccolo orticello della famigliae ogni giorno passa molto tempo a leggere librisull'agricoltura.

Andrea ha proseguito gli studi magistralie spera di pervenire al diploma, dedicandomolto tempo alla sua innata passione per lamusica.

Prosegue una vita con monotonosusseguirsi di stagioni che sta portando igiovani virgulti a diventare adulti.

Però tra i membri della famigliaincominciano a formicolare dei desideri dimaggiori libertà.

Perchè? Dobbiamo considerare che inquei tempi la famiglia era organizzata inossequio al principio del padre padrone.

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Tutti potevano avere dei desideri, ma laparola finale spettava al capo famiglia.

La moglie godeva, nell'ambito dellaconduzione della famiglia, di una certa libertà,ma in sintesi era schiava dei voleri e delledecisioni del suo uomo.

A che cosa era dovuto questo risvegliocollettivo dei figli e qualche volta anche dellamadre?

I paesani si incontravano con piùfrequenza e stavano ad ascoltare i racconti dichi aveva girato l'Italia, o addirittura era statoall'estero.

Qualcuno aveva migliorato le suecondizioni economiche e propagandava le suedecisioni, che gli avevano consentito diarricchirsi.

L'edicola del paese metteva in mostraquotidiani con le notizie su quello chesuccedeva nel mondo.

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Si incominciarono a vedere le primeriviste, su cui si parlava di vicende di genteimportante e si iniziava a parlare di moda e diemancipazione delle donne, che addiritturaandavano a lavorare nelle fabbriche.

Gli anziani non riuscivano a capacitarsidei mutamenti che, in tempi brevi,sovvertivano loro principii basati su secoli diconvivenza.

Ma gli uomini padroni, non si lasciavanointaccare dagli eventi e continuavano amantenere inalterato il loro comportamentodespota.

Intanto Andrea si era diplomato allascuola magistrale e aveva ottenuto consuccesso anche quello di musicistaprofessionista.

Un giorno ricevette una lettera delDirettore di un grande teatro di Roma che loinvitava ad esibirsi in un concerto.

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La notizia fece in poco tempo il giro delpaese e d'intorni e creò molto fermento.

La sua famiglia cadde in agitazione:nessun componente era mai uscito dal territoriodel comune in cui era nato.

Il prete prese in mano la situazione e congrande fatica ottenne il consenso del capofamiglia al grande passo. Avrebbeaccompagnato lui il giovane a Roma e loavrebbe protetto nei tre giorni di soggiorno.

Fortunatamente per lui, le cose andaronoper il verso giusto e Andrea tornò in famigliacon un gruzzoletto che gli era stato consegnato.

Il consiglio di famiglia e la decisione delCapo dirottarono i soldini guadagnati nellemani della madre, che doveva pensare alla dotadella figlia.

Ma Andrea già pensava di continuare lasua attività di suonatore professionista dellafisarmonica.

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E' finalmente un bel giorno, un lontanoparente emigrato in America gli inviò ilbiglietto per il viaggio ed Andrea partì.

Ma nel suo paese aveva purtroppolasciato in ansia Agata, una ricca ereditiera chesi era innamorata di lui.

All'improvviso tutte le vite dei paesanifurono sconvolti da eventi di grande gravità.

I giovani avevano cominciato a ricevereuna cartolina che li invitava a recarsi pressocaserme militari al nord dell'Italia per difenderei confini della patria.

Le prime sporadiche partenze per ignotodestino, poi sempre più cartoline e piu viaggi.

Giovani sprovveduti ed inesperti messi difronte a delle crude realtà e costretti amaneggiare, non più le vanghe e gli attezzi dalavoro, ma armi che sputavano fuoco edammazzavano persone che loro nemmenosapevano da dove venissero.

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La dura legge della guerra.

Arrivarono le cartoline dei figli dimaggiore età. Andrea non partì perchè sitrovava all'estero, ma Giuseppe dovetteprendere la corriera e andare verso il suo crudeldestino.

Si, perchè un maledetto giorno arrivò allafamiglia un telegramma che comunicaval'eroico comportamento del figlio “caduto sulCarso per difendere la patria dal nemicoinvasore”.

La famiglia fu scossa dal tremendo doloree la vita non fu più quella di una volta.

Finalmente la guerra finì e la gente provòa riprendere la solita vita, maledicendo unavittoria che aveva portato a molti lutti e dolore.

Anche quei pochi giovani che eranoriusciti a tornare dal fronte, cercarono diricominciare a vivere.

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Uno di questi, Giovanni, si innamorò diLucia e la chiese in sposa.

Ercole il Grande, acconsentì almatrimonio e Lucia lasciò la propria casa perandare ad abitare con suo marito in una bellacasa di campagna, poco fuori del paese.

Si, perchè il Giovanni era un facoltosoagricoltore.

Intanto Guerino aveva preso possessodell'attività famigliare, l'aveva modernizzata edampliata, e incominciava a dare ai suoi genitoriuna vita più dignitosa.

Si era fidanzato con una brava ragazza,Assunta, e già pensava ad un prossimomatrimonio.

Il padre, orgoglioso, lo lodava con ipaesani e gli prospettava un felice futuro.

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Ogni tanto, parlando con i suoi amici, ilsuo pensiero andava al figlio immolato ad unalibertà che nessuno aveva chiesto, e amarelacrime bagnavano il suo volto.

Andrea, intanto, si affermava con la suabravura nei teatri americani.

Scriveva spesso alla sua amata e ungiorno le propose di raggiungerlo in America,potendole offrire una vita agiata.

Però, una volta i padri erano molto severie non ammettevano che i figli potesseroassumere proprie decisioni: si dovevanoseguire supinamente le regole e le scelte delcapo famiglia.

Qualche volta le conseguenti imposizionimettevano a disagio Agata e creavano in Lei unsenso di tristezza.

Fortunatamente le amorevoli attenzionidella madre, riuscivano a cancellare le sueansie.

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Il despota fu irremovibile e così subìl’affronto piu’ devastante che un padre potesseavere in quei tempi: la figlia aveva scelto lalibertà ed era scappata di casa e si era rifugiatapresso i genitori del suo futuro marito.

La tragedia famigliare ebbe le previsteevoluzioni: maledizioni verso la figlia e versocoloro che avevano agevolato la sua fuga.

Nemmeno il passare dei giorni riuscì amitigare l’odio, e gli sguardi pietosi ecomprensivi dei paesani ingigantivano la suasete di vendetta.

Poi la notizia di un segreto matrimonioper procura, scatenò la violenta reazionedell’offeso: “Non è piu’ mia figlia e l’hodiseredata”.

La madre di Agata si opposestrenuamente a tale decisione e, mostrando uncarattere volitivo, inconsueto nelle donne difine novecento, donò tutte le sue cospicuesostanze alla figlia.

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Dopo poco tempo, provata dalle amarezzeche la situazione della sua famiglia leprocurava, si ammalò e lasciò tutte le tristezzedella sua vita.

Il tiranno marito barcollò sotto il pesodelle disgrazie che gli erano capitate, marimase fermo nelle sue decisioni e rese piu’crudele la sua vendetta: “Mia figlia non avrànemmeno le proprietà della madre, piuttosto lefaccio mangiare dagli avvocati”.

E così fu, la bella ereditiera aveva persotutto e le restava solo l’amore.

Finalmente un giorno Agata, mostrando ilsuo carattere volitivo, decise di partire perraggiungere il marito.

Frettolosi preparativi, agevolati dallepoche cose che doveva portare con se, lepreoccupazioni e le raccomandazioni deisuoceri, che l’avevano accolta in casa comeuna figlia, e soprattutto la meraviglia ed ilrispetto di tutto il paese per il suo coraggio.

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Poi la partenza: la grande città, il trenosbuffante, la metropoli, il Vesuvio, Napoli, ilmolo gremito di gente e la nave pronta aportare le sue acerbe speranze oltre l’orizzonte.

Partono i bastimenti …. per terreassai lontane

Era stato molto doloroso il distacco dallesue radici, ma la scia della nave, che si lasciavadietro il suolo della sua terra natia, le provocòper molti giorni un senso di tristezza e diannientamento della persona.

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Un viaggio lunghissimo, che non finivamai, in una atmosfera generale di tristezza esperanza, ed all’improvviso un segno deldestino: una grande statua con una fiaccola inmano che indicava a tanti afflitti la via dellalibertà nella loro vita e nei loro pensieri.

Straniera in un paese straniero edincomprensibile, ma forse meno ostile diquello che aveva lasciato: tutto eramaestoso, piu’ grande di quello che si potesseimmaginare.

Poi l’inconscia forza dell’istinto le feceiniziare il suo faticoso cammino: New York .....Philadelphia ...... e poi l’abbraccio silenzioso eprofondo con Andrea, la persona che Leiamava sopra ogni cosa ed il cui pensiero Leaveva dato la forza di resistere alle difficoltàdella vita.

Ebbe inizio il periodo piu’ duro, ma nellostesso tempo piu’ felice, della sua vita efinalmente, dopo tante preghiere, Dio si ricordòdi Lei.

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Nella misera ma dignitosa abitazionerisuonò un vagito, che la ripagò di tutte lesofferenze: era nato Americo.

Il passato sembrava ormai sepoltoinsieme a tutti i suoi sogni di fanciulla, e ladonna affrontava la vita con una rinnovataenergia, che la proiettava verso un futuromigliore per la sua famiglia ed in particolareper dare al suo pargoletto un'esistenza diversadalla sua.

Le altre famiglie di italiani, legate tra diloro da un forte vincolo di fratellanza edesiderose di migliorare la propria vita,affidarono l’istruzione dei loro figli allamaestra coraggiosa.

Andrea proseguiva le sue esibizioniartistiche nei grandi teatri: era tornata un po’ diagiatezza, ma la famiglia soffriva per la suaassenza.

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Poi il destino crudele colpì ancora coninaudita ferocia: arrivò la notizia della morte diAndrea in un banale incidente.

Non si seppe mai cosa era realmenteaccaduto, ma nei suoi sogni di bambinoAmerico immaginava per il padre una morteeroica: si era tuffato in un grande fiume,che sembrava un mare, per salvare unbambino; ci era riuscito ma, stremato, erascomparso nei gorghi di flutti turbolenti.

Agata cercò di ricominciare a vivere, mal’impresa era piu’ forte di Lei, per cui decise difare ritorno alle sue origini, dove avrebbetrovato qualcuno che la poteva aiutare.

Così fece, e Americo si ritrovò in unpaese che non conosceva, che non gli avevadato i natali, ma circondato dall’affetto di tutti,che forse volevano compensarlo di quellopaterno, di cui un crudele destino lo avevaprivato.

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Senza padre ….. senza nonno, macircondato e protetto da un immenso amorematerno.

Superficialmente l’istinto di vivere avevaricondotto la famiglia verso una accettabilenormalità, ma è difficile rifarsi una vita in unluogo dove tutti sanno tutto, per cui Agatadecise di trasferirsi nella grande città.

Pescara nell'anno 1931. La città in cui Agata si trasferì con il figlio

Con l’insegnamento riuscì a procurarsi ilnecessario per una vita dignitosa ed a crescereil frutto di un amore, che le turbolenze dellavita non erano riuscite a cancellare.

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Le sue forze la sostennero fino almomento che il figlio divenne un uomo,incrociò il suo sguardo con Iolanda, si sposo’ efece alla madre il piu’ bel regalo diricoscenza: un nipotino che la compensò di tuttii sacrifici e di tutte le sofferenze.

La nonna Agata con il nipotino

Il nuovo arrivato venne battezzato con ilnome del nonno Andrea.

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Per Lei la vita era stata una missione, e lanascita del nipote fu il segno della fine del suolungo e tormentato cammino.

Una donna di altri tempi, semplice,austera e con lo sguardo che metteva in luce lasua superba dignità, lasciò le ansie terrene pertrovare la pace nel regno dei cieli.

Anche Ercole e Carmela avevano lasciatola loro vita terrena: della famiglia restavanosolo Guerino e Lucia.

Guerino aveva sposato la sua Matilde e lasua famiglia era stata allietata dalla nascita diGiuseppe, Carmela e Ercole.

Si era affermato come intraprendenteindustriale ed aveva assicurato ai suoi una vitaagiata.

Anche Lucia aveva donato al suo sposotre figli: Maria, Nicola ed Andrea.

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La loro vita è andata avanti nel rispettodelle tradizioni paesane e degli insegnamentiavuti dai genitori.

I loro rapporti con il nipote Americo, cheda tempo risiedeva in una grande città, siaffievolirono con il tempo, quasi fino adiradarsi del tutto.

Ma, a proposito, come era proseguita lavita del dimenticato nipote?

La solitudine e la mancanza di tantiaffetti, che lo avevano da sempreaccompagnato, stimolarono il suo istintonaturale a circondarsi di numerosi figli, e inseguito ne arrivarono tanti, a rallegrare ecomplicare la sua vita.

I tempi erano difficili per tutti, ma lavoglia di vivere e di proseguire verso un futuromigliore era lo stimolo giusto.

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Intanto la famiglia era stata allietata dallanascita di Andrea e poi da quella della sorellinaAdele.

Per vivere provò tutti i lavori possibili perassicurare il sostentamento ai suoi cari: ilcameriere, il pescatore, l’elettricista ...... ed allafine il pittore (sia con le tavolozze che con lepareti).

Dopo anni di sacrifici le cose andavanoper il verso giusto, con future prospettive diuna vita agiata.

Ma ....... ecco di nuovo gli imprevisti diun destino crudele, che ha ancora dei conti insospeso da sistemare.

Un giorno a casa si presentano duecarabinieri che gli portano una inattesa, quantoimprevista notizia: “Lei deve partire per laGermania”.

Accidenti, cosa era successo?

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Cerchiamo di ricapitolare.

Alcuni anni prima, in un momentodifficile di stenti e disoccupazione, avevariempito un modulo di richiesta per un lavoroall’estero.

Poi aveva risolto i suoi problemi e nonaveva piu’ pensato a tale circostanza, cheriteneva superata, avendo successivamentetrovato lavoro.

Ma la politica è sporca oggi, ma forse loera di piu’ ieri: “Le sue considerazioni non ciinteressano, noi non possiamo fare brutta figuracon i nostri amici tedeschi”.

Conclusione: partenza forzata ed il pittoresi ritrovò elettricista in una fabbrica di Linz, inAustria.

Si ripeteva la trafila di solitudine cheaveva accompagnato la madre per tanti anni:solo in un paese straniero, lontano dallafamiglia e dai suoi affetti piu’ cari.

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Ma il suo sgomento, la sua tristezzafurono, dopo breve tempo, sconvolti da fattimolto piu’ gravi: era scoppiata la secondaguerra mondiale.

Nei primi due anni sembrò che nulla fossecambiato: il lavoro, periodici ritorni infamiglia, la nascita di altri due figli.

Però in seguito lo sconvolgimento futotale.

Alla paura per le sorti della famiglialontana, si insinuò anche quella per la sua vita,e solo l’istinto di sopravvivenza gli consentivadi proseguire.

Bombardamenti, distruzioni, morte edolore erano, per tutti, i compagni con cuibisognava convivere. Il futuro non avevacertezza, ma si continuava a sperare.

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Poi la fine di un incubo ed il ritorno acasa.

Dirlo così però è troppo semplice, daisuoi racconti ai figli trapelarono infatti giorni disofferenze, di speranze e tante altre vicende inquel maledetto travagliato periodo.

Spesso sembrava rivivesse quegli attimiviolenti, e leggeva, agli componenti della suafamiglia, degli appunti, messi giu' con manotremante su un quaderno logorato dal tempo.

In quei momenti si percepiva che, con ilpassare dei mesi, la guerra era diventata piu’cruenta e aveva coinvolto tutti in un turbinio dipaure e di angoscie.

Nei suoi occhi tristi si scorgevano lesofferenze patite ed i dolori sopportati.

Proseguiva inconsciamente a raccontare,facendo partecipi i suoi figli delle sue passatevicissitudini.

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Le giornate erano tutte uguali: lebaracche, la fabbrica, il rifugio...... una vitapericolosa, in un susseguirsi di fugheprecipitose e stanchi rientri in un ambiente incui la morte e la distruzione erano padroniassoluti.

La vita era appesa ad un esile filo e certevolte la morte veniva considerata come unapietosa liberazione da un eterno incubo.

Un giorno, mentre era nella baracca,suonò la sirena dell’allarme aereo; perse tempoa riordinare le sue cose e trovò già chiuso ilrifugio dove di solito si recava.

Tra orrendi boati di palazzi checrollavano, gente che urlava e moriva, trovòaccoglienza in un'altro rifugio poco lontano.

Quando ripassò davanti al primo rifugioinorridì: una bomba aveva colpito la basedell’edificio ed aveva provocato la rottura dellecondotte idriche.

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Tutte le persone, che in gran parteconosceva per i lunghi periodi trascorsi insiemedurante i bombardamenti, erano morte affogate.

Ormai il dolore non aveva piu’ limiti edaveva raggiunto l’apice della sopportazione,inibendo i sensi e creando un incolmabile vuotonei sentimenti. Alla paura subentrò lastanchezza, per cui certe volte aspettava la finedei bombardamenti sdraiato sulla sua brandina,con lo sguardo perso nel nulla, in balia deglieventi.

Un pomeriggio il richiamo delle sirene fupiu’ profondo, ed a malincuore fu costretto allafuga verso la probabile salvezza.

Lungo la strada capì perchè le sireneavevano insistito: una donna giaceva per terra,uccisa da una scheggia assassina; stava perallontanarsi quando un pianto, che sembravavenire dal nulla, richiamò la sua attenzione evide un carrozzino con dentro un bimbo dipochi mesi.

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Lo prese in braccio e d’istinto si rifugiòsotto un ponte. Gli sembrava di vivere in unarealtà immaginaria, solo con le sue paure e lesue angosce.

Poi il silenzio lo scosse e la realtà tornò:chi era quel pargoletto che aveva in braccio?

Si sentì perso, ma la voce dolce di unaragazza lo scosse. Aveva le braccia proteseed a Lei affidò il bimbo, poi l’accompagnòfino a casa e salì.

Forse pensarono che Dio avesse volutedare una famiglia al piccolo e in un turbinio disensazioni, Nicole e Americo unirono i lorosentimenti e le loro disgrazie.

La vita aveva un senso, anche se nonquello giusto, e dall’unione fiorì una nuovavita, quella di Marisa.

E Karl, privato dei suoi genitori, ebbel'affetto di chi lo aveva salvato e la compagniadella sorellina appena nata.

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Poi Nicole partì per il suo Paese, portandocon se le due creature a lei affidate dal destino,e tornò di nuovo il vuoto e la solitudine.

Una sera, mentre metteva in ordine le suecose nella fredda baracca, l’ennesimo attaccoaereo lo costrinse a fuggire.

Morti e distruzioni, dopo l'ennesimobombardamento

Salvò la vita, ma quando tornò trovò labaracca distrutta da una bomba.

L’incendio che si era sviluppato avevadistrutto ogni cosa, bruciando in un attimo tuttii suoi risparmi.

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Ma la sorte, dopo averlo ripetutamenteschiaffeggiato, volle ripagarlo con una carezza.

Durante l’ennesima corsa verso il rifugiosi imbattè per strada con una ragazza ferita adun braccio.

In quei momenti l’istinto disopravvivenza imponeva la fuga, mastranamente si fermò e si riparò con Lei in unportone.

Fortunatamente le bombe cadderotutt'intono, ma non colpirono quel fragileriparo.

Tornata la calma accompagnò la ragazzaall’ospedale, seguì la sua convalescenza e laguarigione.

Poi la gratitudine, l'amore, o forse l'istintodi sopravvivere, fece sbocciare tra l’italiano ela giovane polacca una tenera relazione.

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Angela, venuta al mondo dopo un anno,allietò la loro esistenza, contornata di stenti e didolore e portò un barlume di speranza nelleloro giovani vite.

Ma cosa era successo in Italia, nellostesso periodo, alla sua famiglia?

All’inizio della guerra la vita scorrevacon una certa tranquillità, senza problemieconomici perchè puntualmente arrivavano lesue rimesse mensili.

Poi, dopo i primi violenti bombardamenti,la famiglia si era unita ai nonni materni(Antonio e Annetta) ed aveva abbandonato lacittà, trovando rifugio in una piccola anticacittadina dell’entroterra (Atri), apparentementelontano dalle barbarie della guerra, dovevivevano due sorelle di Iolanda; Gina e Sabina.

La prima era sposata con un carabiniere,un uomo dall’aspetto imponente che avevavissuto combattendo per la patria, mentrel’altra era ancora nubile.

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La casa, dove vissero per circa due anni,era piccola ma abbastanza accogliente, condavanti un’ampio spiazzo lastricato di lucidetonde pietre.

Sembrava un luogo già conosciuto efamigliare, ed in seguito compresero perchè:per uno strano gioco del destino erano capitatinel paese d'origine della nonna Agata.

Ma torniamo al periodo di guerra.

L’esistenza divenne sempre piu’ difficile:venne a mancare l’assegno mensile di Americo.

In seguito si seppe che venivasistematicamente trafugato da un poveropostino, che giustificò l’asportazione illecitacon le necessità di sopravvivenza della suafamiglia e con la convinzione che i destinatarifossero morti sotto i bombardamenti !!!.

Per vivere Iolanda trovò lavori saltuaripresso una fabbrica di caramelle.

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I bambini soffrivano un po’ la fame,ma qualche caramella addolciva ogni tanto laloro esistenza.

Poi un giorno arrivarono i soldatitedeschi, che piazzarano una cucina da camposotto la finestra della loro abitazione.

La paura si impadronì di tutta la famiglia,fortunatamente il nonno Antonio avevalavorato nelle miniere vicino ad Amburgo econosceva il tedesco.

Rassicurò i soldati e dette fiducia a tuttala famiglia.

A proposito, la nonna raccontava spessoche il marito, quando lavorava all’estero, nelfine settimana passava qualche ora nellebirrerie, e allietava la compagnia cantando imotivi napoletani allora in voga, che tantopiacevano anche ai tedeschi.

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Una sera fu ascoltato per caso da unimpresario teatrale, il quale gli prospettò unafulgida carriera canora, a condizione chelasciasse divertimento, birra e donne. Ricevettein risposta un secco NO.

Continuò a lavorare nelle miniere.

In seguito tornò in Italia, si sposò e miseal mondo sette figli, con la collaborazione dellamoglie Annetta.

Torniamo alla cucina militare , che fornìil sostentamento alla famiglia per un lungoperiodo: a mezzogiorno, tramite la finestra,arrivavano piatti di fumanti “rigatoni”.

La fame avrebbe fatto mangiare anche ilpiatto, specialmente ai bambini, ma, accidenti,perchè i cuochi cucinavano la pasta con latte ezucchero?

Forse non sapevano che si potevano averemigliori risultati utilizzando acqua, sale, olio epomodoro.

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Poi successero tante cose che siimpressero nella memoria dei singoli, ma chenon costituirono elementi importanti della vita.

E finalmente, un bel giorno, la guerrafinì e tornarono nella città natale: la casa erastata distrutta da una bomba, che non eraesplosa ma aveva fatto un enorme buco daltetto alla cantina, e la famiglia andò ad abitarenella casa dei nonni (sala, cucina e due camereper sette persone).

E qui venne fuori la forza di Iolanda, chefaceva dell'onestà la sua bandiera e dedicavatutta se stessa ai propri figli.

Per sfamarli cominciò ad allevare gallineed altri animali da cortile, procurando così allafamiglia il necessario per la sopravvivenza.

Scavando nel piazzale della ferrovia,dove erano esplosi dei carri con munizioni,raccoglieva il metallo dei proiettili che poivendeva alle officine. che in quel momentoavevano grande necessità di metallo.

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Portava il figlio maggiore con lei, forseper sentirsi protetta o forse per renderlopartecipe delle difficoltà della vita.

La nonna Annetta era quella che portavaavanti la casa, dando un valido importanteaiuto nell’educazione dei nipoti.

Poi il nonno Antonio si ammalò ed inbreve tempo morì.

Andrea divenne di colpo, malgrado fosseancora un ragazzo, l’uomo di riferimento ditutta la famiglia.

La vita proseguiva tranquilla: già sipensava alla scuola (a causa della guerra ibambini frequentarono le classi delleelementari con diversi anni di ritardo) e tutti sidavamo da fare per far fronte alle necessitàfamigliari: esili e mal nutriti andavano aprendere acqua ad una fontana che distavaun’eternità dalla casa, ed erano sempre prontiagli ordini degli adulti.

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Poi, all’alba di uno dei primi giorni delmese di giugno dell'anno 1945, sentironobussare alla porta, e gli abbracci di gioia a chiaveva bussato fecero capire che era tornato ilcapo famiglia.

Entrò titubante, poi piangendo abbracciòtutti i figli e li ripagò delle loro ansie e dellaloro solitudine infantile.

Quando le effusioni si furono calmate,aprì un grosso involucro che aveva portatosulle spalle e mostrò ai loro sguardiincreduli e meravigliati una macchina dascrivere e tanti oggetti che non conoscevano.

Spiegò subito dopo che erano cuffieprelevate all’interno di un carrarmato distruttoe altre cose che aveva acquistato per noi(penne, matite, gomme).

Aveva pensato alla nostra istruzione: lasua onestà non gli aveva consentito di pensarealla ricchezza, prelevando cose di valore daabitazioni e negozi abbandonati.

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Va apprezzato il suo comportamentoonesto, che ha inculcato anche ai figli: “Con lepezze sul fondo dei pantaloni, ma puliti dentroe fuori”.

Passati i primi momenti di euforia, la vitariprese il sopravvento con le sue necessità e lasua durezza.

La macchina da scrivere fu ceduta ad uningrosso di alimentari per alcuni chili di farinae qualche litro di vino, ma le risorse eranoscarse ed il lavoro non si trovava.

Un giorno si raggiunse l’apice delladisperazione.

Era verso mezzogiorno ma la tavola nonera stata ancora approntata e sul fuoco nonc’erano tegami fumanti; Americo era seduto sulpianerottolo di casa con la testa fra le mani.

Andrea gli si avvicinò e gli chiese checosa gli fosse successo.

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La risposta fu come una staffilata: “Nonabbiamo niente da mangiare”. Quello cheaggiunse dopo provocò al figlio un miscugliodi sentimenti: “Cosa devo fare?”

Gravato inconsciamente di un’enormeresponsabilità il ragazzo rimase incredulo esilenzioso, poi suggerì, per calmare i morsidella fame, di andare a raccogliere in un vicinocampetto radici di liquirizia.

Così fecero e quel giorno riuscirono asopravvivere.

In seguito Andrea si domandò spessoperchè il padre non avesse chiesto aiuto aqualche parente, amico o conoscente.

Non riuscì mai a darsi una valida risposta:forse un pizzico di atavico orgoglio e la volontàdi superare gli ostacoli con le sue forze, glieloavevano impedito, o non aveva voluto scaricarele sue disgrazie su altre persone, anche loroassillate dai problemi della miseria, che in quelperiodo regnava sovrana in tutte le case.

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Fortunatamente le cose volsero al meglio:Americo trovò un lavoro stabile e poteronocontare su un’entrata sicura alla fine di ognimese.

Certo non era arrivata l’agiatezza, ma ilnucleo famigliare poteva pensare con piu’tranquillità al futuro.

Nel corso degli anni continuarono adarrivare altri fratelli e sorelle, per cui lafamiglia divenne numerosa: nonna, genitori,cinque figli e quattro figlie.

Immaginate che confusione in casa.

Forse qualcuno li commiserava, pensandoai problemi che dovevano avere, ma in famigliaerano tutti contenti e gli anni trascorsi in unacosì affollata comunione li ricordano tutti connostalgia e li inseriscono tra quelli piu’ bellidella loro vita.

Furono anni molto difficili, in cui funecessario lottare per avere un futuro.

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E adesso la storia diventa difficile daraccontare, perchè la realtà della vita fa diognuno di noi l’elemento determinante diavvenimenti apparentemente insignificanti, mache costituiscono i tasselli della nostraesistenza.

Ognuno di noi puo’ scrivere il suoromanzo, illustrando i momenti tristi, felici,indecifrabili della sua vita, che nella lorospesso incomprensibile sequenza creano lanostra immagine e ci fanno conoscere agli altri.

Nove figli sono tanti e costringono adavere una vita movimentata, irta di difficoltà ecostellata di sacrifici, ma infondonosoddisfazione quando ognuno può idealizzare isuoi sogni e realizzare le sue aspettative.

Adesso il racconto si complica, diventadifficile seguire le vicissitudini di tutti icomponenti.

Proviamoci.

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A questo punto viene spontanea unadomanda: cosa a che vedere Penelope con tuttaquesta storia?

E vero, è un po' difficile ricondurre ildiscorso sul concetto di base del racconto.

Però va considerato che tutte le personecitate e che verranno in seguito citate, con leloro gioie, dolori, speranze e delusioni e, comegià evidenziato all'inizio del racconto,partecipano inconsciamente al lungo camminodel genere umano, e vengono coinvolte inmutamenti sociali.

Dall'esame dell'evoluzione degli ultimidecenni, sarà possibile accertare la valenzadella donna con l'immagine di Penelope: nonpiù tessitrice, ma libera di esprimere con libertàil suo pensiero ed operare, senza impedimentiatavici che l'hanno sempre relegata a ruolo disottomessa, nel contesto di una società che laapprezza e la rende sempre più partecipe.

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Andiamo avanti nel racconto.

La guerra aveva portato dolore in moltefamiglie: la morte aveva falciato senza pietà eaveva sconvolto la vita dei superstiti,

Lo scempio delle distruzioni e lamancanza dei beni di prima necessità,stimolarono tutti ad impegnarsi per la rinascita,

La città di Pescara nel dopoguerra

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La sanguinosa guerra aveva però lasciatosegni profondi in tutti quelli che ne avevanodovuto subire leconseguenze: molti piangevanoi loro morti, ma anche le famiglie chefotunatamente ne erano uscite indenni, purringraziando il Signore della protezione avuta,erano incapsulate in una atmosfera di tristezza.

I bambini di giorno dimenticavano nelgioco le loro apprensioni, ma di notte la lorofragilità infantile faceva riemergere le paure delrecente tumultuoso passato.

Solo la vicinanza amorevole delle loromamme riusciva a tranquillizzarli.

Andrea, il più grandicello dei figli, sisvegliava spesso di soprassalto e riviveva imomenti drammatici vissuti, che restavanoancora indelebili nella sua memoria.

Ricordava il giorno che l'intera suafamiglia stava, senza alcuna colpa, per esserecoinvolta in un avvenimento drammatico.

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Un soldato tedesco, mentre attingevaacqua da un pozzo, che trovavasi nel vialetto diingresso all'abitazione, scivolò su una lastra dighiaccio, formatasi per il grande freddo.

Fortunatamente riuscì ad aggrapparsi allabase dell'arco di ferro che reggeva la carrucola,e salvò così la sua vita e, di conseguenza quelladella famiglia di Andrea.

Per miracolo scamparono ad una mortecerta, perchè sarebbero stati accusati di azionedolosa: le leggi della guerra sono inumane edinflessibili.

Ma il ricordo più dirompente era quelloche lo riportava a momenti drammatici che maiavrebbe voluto rivivere.

Si trovava a casa dei nonni, la tavola eragià apparecchiata, quando l'urlo delle sireneannunciarono un imminente bombardamento.

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La nonna urlò, con terrore e concitazione,ad uno dei figli, zio del bambino, di portarlosubito al rifugio, che trovavasi a poca distanzadall'abitazione.

Riaffiorano nella sua mente, indirompente confusione, i rumori assordantidello scoppio delle bombe, mattoni e pietre cheschizzavano da tutte le parti, e lo zioterrorizzato che era fuggito, lasciandolo dasolo, incredulo e frastornato.

Poi le grida ed il sangue di un ferito chebussava con il pugni su una grande porta,richiamarono la sua attenzione.

La porta si aprì ed una voce di donnapronunciò delle parole a lui incomprensibili:“Qui i feriti non possono entrare …... Oddio c'èun bambino abbandonato ….. “

La donna, dai capelli rossi, si precipitòverso di lui, lo strinse con affetto materno alsuo petto e lo portò nel rifugio, forse facendolonascere per la seconda volta.

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Nel rifugio fu riconosciuto da unafamiglia che aveva l'abitazione vicino a quelladella sua nonna, che si prese temporaneamentecura di lui.

Finalmente le sirene annunciarono la finedel bombardamento.

Andrea venne accompagnato dai nonni,che purtroppo si erano rifugiati da qualcheparte ed ancora non erano tornati.

Ma la famiglia amica, terrorizzata daglieventi, aveva fretta di abbandonare la città elasciò Andrea sul balcone comune del palazzodove viveva. Solo, si sedette tristemente sulpavimento e si rannicchiò.

All'improvviso il rumore di piccolo aereoche, decollato dal vicino aeroporto, sorvolavala città (in seguito apprese che trattavasi di unaereo da ricognizione che accertava i dannicausati dalle bombe), richiamò la suaattenzione e lo distolse dall'incoscio turbinio diansie che lo aveva quasi paralizzato.

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Poi da una stradina laterale vide uscire unuomo senza gambe, su una carrozzella di legnocon quattro ruote, che si allontanava poggiandosull'asfalto due cuscinetti di stoffa, che avevanelle nelle mani, ed utilizzando la spinta dellesue braccia.

(Qualche anno dopo la madre gli chiarì ilmistero: l'uomo si chiamava Emidio e, non sisa per quale motivo, gli avevano dovutoamputare le gambe dal ginocchio in giù. Perquesto motivo era diventato storpio ed eracostretto a spostarsi in quel modo. PoveroEmidio!!!)

Prostrato dal concatenarsi di eventi esituazioni inimmaginabili per la sua tenera età,pose la testa fra le gambe e si addormentò.

Lo svegliò il dolce suono della vocematerna, tornata da uno dei rifugi della zonainsieme agli altri figli, ed a Lei si avvinghiòchiedendo protezione e pace.

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Con il tempo fortunatamente i ricordi siaffievolirono, ma le atrocità del conflittolasciarono un segno indelebile nell'animo ditutti quelli che avevano vissuto quei tristimomenti.

Le necessità di sopravvivenza, nonpermettevano però di pensare al passato,bisognava dimenticarlo e pensare a creare ilfuturo.

L'atavico dinamismo del popolo assunsenuovo vigore: tutti mostrarono il loro coraggioe la loro volonta per ridare vita ad una societàmartoriata.

Si lavorava notte e giorno per riattivare iservizi, dare impulso alle attività economiche,ricostruire i fabbricati, quasi tutti distrutti dabombe assassine.

Anche le scuole, con il ristretto personalea disposizione e le poche risorse disponibili,ripresero la loro attività.

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Il primo giorno di scuola fu per i bambiniun giorno di festa.

Puliti e con il grembiulino nero, appenaconfezionato, varcarono felici il portone dipalazzi ed entrarono in stanze uguali a quelle incui vivevano.

Si, perchè gli edifici scolastici delleelementari erano quasi tutti distrutti e sidovettero utilizzare i pochi appartamentidisponibili.

Molti avevano 9 anni e iniziavano ilcammino della cultura e della conoscenza connotevole ritardo.

Ma erano volenterosi e molti solo dopotre anni riuscirono a completare gli studi elasciarono la scuola elementare.

Alcuni continuarono a studiare,affrontando l'esame di ammissione alla ScuolaMedia.

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Altri, dovendo aiutare i genitori indifficoltà economica, iniziarono la loro attivitàlavorativa presso botteghe artigiane.

Si impegnavano per imparare il mestiereche avrebbe consentito in seguito di procurarsii mezzi per realizzare il sogno dei giovani diallora: sposarsi e crearsi una propria famiglia.

Ma torniamo al primo giorno di scuola.

A ciascun studente delle elementari fuconsegnato un quaderno con fogli a quadretti.

La maestra, per dare loro i primirudimenti della scrittura, impose di riempire ifogli con puntini, linee e crocette.

Poi un insieme di segni strani, che lamaestra chiamava lettere dell'alfabeto, e dopodiverso tempo le prime parole: casa, scuola,mamma, papà ecc. ecc.

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I primi germogli di cultura furono accolticon desiderio dagli studenti, che volevanoimparare cose nuove.

Però un grosso problema li assillò neiprimi anni di scuola: verso le 10 del mattino labidella portava bottiglie, che contenevano unliquido giallognolo, e cucchiai.

Ognuno dei bimbi doveva ingoiare uncucchiaio abbondante di quel liquido, cherisultava così disgustoso da provocare quasi ilvomito.

Fu spiegato loro che si trattava di unricostituente vitamico ed integratorealimentare, chiamato “olio di fegato dimerluzzo”, che serviva per rinforzare i lorofisici, provati da anni di stenti.

Però a mezzogiorno c'era la ricompensa:si mangiava a scuola degli alimenti che nonavevano mai provato: una minestra liquida chesapeva di ceci, fagioli, poi carne in scatola epane bianco.

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Furono informati che questi alimentivenivano dall'America: li mandava un certoSignor Maresciallo.

In effetti gli americani avevano deciso diaiutare i Paesi più colpiti dalla guerra, inviandoloro derrate alimentari, medicinali e altromateriale da utilizzare per la ricostruzione.

L'operazione prese il nome di pianoMarshall.

Inoltre, gli italiani che erano emigrati inamerica o altri paesi del mondo, mandavanomensilmente ai loro parenti delle buste che,oltre ai saluti, contenevano dollari o altrebanconote.

Con gli aiuti che si ricevevano e,soprattutto con l'impegno che ognuno dedicavaalle proprie attività, la vita riprese vigore.

Le città cominciarono a movimentarsi:ripresero una normale attività gli ufficipubblici.

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Botteghe artigiane e negozi di ogni tipospuntavano da tutte le parti come i funghi.

Furono realizzati importanti complessiindustriali e commerciali, e venne dato impulsoall'iniziativa privata tramite incentivi dellostato.

Il lavoro non mancava, anche se moltierano costretti a lasciare le loro abitazioni nelpovero sud per recarsi nel ricco nord, dovetrovavano sicura sistemazione.

Il treno era il mezzo più usato: quantefamiglie mettevano le loro poche cose invaligie di cartone pressato, e sostenevanoestenuenti lunghi viaggi su treni maleodoranti esovraffollati.

La ricompensa era un futuro migliore econdizioni di vita più dignitose.

Si incominciava a parlare del ritorno di unpiccolo benessere per tutti, evidenziato da abitisenza toppe, da scarpe di buona rifinitura, ecc.

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Dopo 10 anni dalla fine della guerra,cominciarono a girare per la città delleautomobili, che diventavano con il temposempre più numerose.

I bambini erano attratti dalla loro forma eposavano i loro occhi su ogni particolare dellescintillanti vetture, ed immaginavano la formadi quella che, da grandi avrebbero posseduto.

Era una grande fabbrica di Torino che neproduceva migliaia all'anno e le vendeva a chipoteva permettersi di acquistarli.

All'inizio i fortunati erano pochi, ma conil tempo aumentarono e le automobiliincominciarono ad invadere le città e lecampagne.

Era proprio vero, la società stavacambiando, perchè le industrie producevano apieno ritmo e davano lavoro.

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Il benessere aumentava ed i più fortunatiiniziarono a comprarsi la casa.

L'Italia era un enorme cantiere: camionche trasportavano terra degli scavi chevenivano effettuati per realizzare enormipalazzi, materiale da costruzione, porte efinestre.

Anche i mobilifici, i falegnami, leindustrie dei casalinghi ed altri oggetti,lavorano incessantemente per riempire le nuoveabitazioni di tutto il necessario per una vitaquasi agiata.

Ogni giorno che passava si affievolivasempre più il ricordo della guerra e delle suebrutture.

E la donna che faceva?

Le donne avevano capito che perconquistare la loro libertà dovevano usciredalle abitazioni dei genitori.

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La vita moderna richiedeva anche la loropartecipazione, e loro non si fecero pregare.

Nei posti di lavoro, a tutti i livelli, salvoquelli di alto lignaggio che rimanevano diesclusivo possesso degli uomini, aumentavanole lavoratrici, le impiegate e le professionistedonne.

E il loro impegno e la loro produttivitàerano, molte volte, superiori a quelli degliuomini.

Vi era però un'inconveniente naturale: ladonna doveva partorire ed accudire i figli.

Un bel guaio e qualcuno all'inizio lo fecepesare, ignorandole nelle assunzioni e qualchevolte arrivando al licenziamento.

La donna rischiava di tornare ai bui tempidell'oppressione.

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Ma la società non poteva fare a meno delcontributo delle “Penelope” e con le buone, equalche volta con le cattive, riuscirono atutelare i loro interessi e ad ottenere trattamentiparitari e più umani.

Non era proprio una vittoria, ma rispettoalla situazione di oppressione, in cui per secolierano state tenute, ci si poteva accontentare.

Però, l'aspirazione ad un riconoscimentosociale di eguaglianza era per loro un faroverso il quale indirizzavano le loro speranze.

Pur con tanti problemi giornalieri darisolvere e sempre nuove incombenzefamigliari, la donna divenne l'artefice di unaevoluzione sociale ed economica rapida edinimmaginabile.

Molte famiglie avevano l'auto eincominciavano a raccogliere i frutti di tantisacrifici: si andava più spesso al ristorante, sieffettuavano gite, ci si dedicava con piùassiduità alla cura della persona.

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Era arrivato l'Eden?

No, c'erano ancora molti che non se lapassavano bene, anche se la collaborazione diamici e vicini di casa dava qualche sollievo.

Però non ci si lamentava e si cercava intutti i modi di superare i momenti difficili dellavita.

Molte volte si imegnavano le risorsefuture per acquisti importanti o per estingueregradualmente debiti pregressi.

C'era un po' di incoscienza, ma moltiriuscirono a crearsi un futuro più tranquillo.

Cosa era successo? Era stato accentuatol'uso della cambiale, con la quale ci siimpegnava, ad una certa data, a pagare, ancheratealmente, un costoso prodotto acquistato o arestituire importi avuti, in genere dalle banche,per far fronte a necessità o scelte di vita dellafamiglia. Viva la cambiale?

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Per alcuni si, per altri no: qualche voltapagarono duramente, con la perdita delle loroproprietà, scelte errate o aspettative che,malgrado il loro impegno, non si eranoverificate.

Ma una diffusa euforia generale spingevale aspirazioni verso mete sempre più difficili daraggiungere.

Però le ragazze ed i giovani, fino allamaggiore età, che si raggiungeva a 21 anni,erano sotto la potestà del padre e qualche voltaanche della madre.

Tale situazione non poteva più essereaccettata, ed allora i giovani si unirono tra diloro e cominciarono a rivendicare i loro diritti,sicuri che una società democratica e modernaavrebbe compreso le loro aspettative, aderendocon il tempo alle loro richieste.

Esagerarono un po' con le azioni asotegno delle loro rivendicazioni.

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Qualche volta arrivarono allo scontrofisico con chi li osteggiava, e all'occupazionedelle scuole che frequentavano.

Si intensificarono gli scontri con gliaddetti all'ordine pubblico e danni durante leloro manifestazioni.

I sessantottini, così venivanochiamati i più attivi, forse andarono oltre lepalusibili e necessarie rivendicazioni.

All'Università avevano preteso l'esamecollettivo: uno di loro parlava, tutti annuivano eottenevano, con il voto minimo, la laurea.

Forse anche loro capirono che non sipoteva eccedere nelle richieste, e gradualmentela situazione generale riprese la normalità.

I giovani avevano ottenuto la maggioreetà a 18 anni e di fatto godevano di più rispettonella società.

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Molti decisero di laurearsi e si dedicaronocon notevole impegno allo studio: il numerodei laureati cominciò ad aumentaresensibilmente.

In questo turbinio di eventi socio-economici ci siamo persi Andrea. Che fine hafatto?

Dopo il primo giorno di scuola neseguirono tanti altri, sempre più impegnativi.

Ma la volontà di imparare non mancava econ tre anni, anziché i cinque previsti, ultimò leelementari, superò l'esame di ammissione e fuammesso a frequentare la prima media.

Il primo giorno di scuola fu drammatico:per carenza di aule nell'edificio utilizzato (LaVilletta) la classe di Andrea venne ospitatopresso un Istituto Tecnico Commerciale (TitoAcerbo) che trovavasi nelle vicinanze.

L'Istituto era però frequentato da giovaniche, a causa del periodo di guerra, avevanoperso diversi anni di studio.

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La loro età era superiore ai 20 anni.Andrea ed i suoi compagni li vedevano comegiganti e li ammiravano per il loro portamentoda uomini maturi, immaginando di diventarecome loro.

Ma purtroppo la tenera età e la ridottaaltezza scaterano all'inizio nei giovani ilarità ebattute spiritose: “Ma dove li hanno presi tuttiquesti nani?”

I bambini cercarono di spiegare che lorofrequentavano le Medie e non le Superiori, mal'ilarità collettiva perdurò per diverso tempo.

Poi i giovani li accettarono comecomponenti del loro gruppo di studenti e liconsiderarono come fratelli minori.

Ma i guai non erano finiti.

In quel periodo l'abbigliamento eradignitoso, ma veniva usato per parecchio tempoperchè scarseggiavano nei negozi o costavanotroppo per le esigue finanze di molte famiglie.

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Quando Andrea veniva chiamato allalavagna, si presentava con l'aspetto pulito, benpettinato dalla mamma, ma aveva le toppe suldietro dei suoi pantaloni corti.

E di nuovo rimbombava nella classe lavoce perentoria della professoressa di italiano,con il solito ritornello: “I figli degli operaidevono lavorare e non studiare”.

Parole dure e taglienti, specialmente sepronunciate dalla moglie di un onorevole disinistra, il quale, nel rispetto delle regole dipartito, si impegnava per la protezione deideboli.

Il fatto non veniva riportato fuori dellemura della classe, i bambini erano abituati aben altre sofferenze che avevano subito nelperiodo bellico.

Purtroppo oltre alle parole vennero i fatti:Andrea venne bocciato, forse a ragione conriferimento ai risultati scolastici, e dovetteripetere l'anno.

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Rimase però in lui il dubbio che le ragionifossero altre, ma accettò il verdetto senzaproteste, anzi ringraziando in cuor suo laprofessoressa.

Perche? Perchè, malgrado la sua teneraetà, fu costretto a prendere una determinantedecisione: imparare un mestiere o continuare astudiare?

Optò per la seconda scelta e per ottolunghi anni, mentre da bambino diventavauomo, si impegnò con tutte le sue forze nellestudio, avendo assunto un irremovibileimpegno personale, e finalmente riuscì adiplomarsi.

Aveva mantenuto verso se stessol'impegno assunto con caparbia volontà,studiando per soddisfazione personale e nonper essere incluso tra i più bravi, i cuinominativi venivano riportati su un enormebacheca posta alla fine della prima scalinata.

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Ogni anno i suoi compagni loinformavano che sulla bacheca figurava il suonominativo e lo invitavano a guardarel'elenco, ma lui per cinque anni vi era passatosotto e non aveva mai alzato lo sguardo, nonstudiava per avere riconoscimenti, ma solo peril rispetto dell'obbligo assunto.

Per questo era soddisfatto, si sentivarealizzato anche per aver dato a suo padre ilgiusto riconoscimento di anni di sacrifici el'orgoglio di avere un figlio ragioniere.

Una volta i genitori aspiravano almiglioramento sociale dei figli, di cuidecantavano con orgoglio le capacità.

Finalmente un periodo di rilassamento,senza l'assillo dei compiti, ma questo, nonpurtroppo ma fortunatamente , durò poco.

Un signore, non su un cavallo bianco, masu una rossa e scintillante auto sportiva, lo fecechiamare e gli chiese se voleva lavorare nellapropria attività commerciale.

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Risposta rapida ed affermativa, ed ilgiorno dopo iniziava, a meno di venti anni, lasua impegnativa attività lavorativa, con lasoddisfazione di poter finalmente ripagare ipropri genitori dei loro sacrifici.

Ma il lavoro era veramente stressante: siiniziava alle 8 del mattino e si svolgevafreneticamente l'attività fino a tarda sera.

Quando si è giovani le difficoltà noncreano eccessivi problemi e non si da peso allastanchezza.

Si era preparati ai sacrifici, memori degliinsegnamenti dei genitori, delle lororaccomandazioni e delle anticipazioni sulledifficoltà della vita.

Però l'esistenza umana ha altresfaccettature, e ben presto Andrea lo comprese,quando ad una festa in casa di amici conobbeViviana, una giovanissima ragazza vestita conun abito blu, che faceva risaltare i suoibellissimi occhi sfumati da un tenue verde.

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Non fu un amore a prima vista, mal'intesa fu immediata e dopo alcuni mesi sitrasformò in un duraturo sentimento.

Viviana aveva da poco compiuto i 18 annied Andrea, che ne aveva quasi 23, si sentivatroppo maturo per Lei e le nascose due anni.

Quando Viviana venne a sapere la verità,si sentì tradita dalla persona che considerava aldi sopra di ogni cosa.

Ma le scuse ed un bacio cancellaronotutte le tristezze e riportarono subito il serenonel loro tenero rapporto.

Però, allora come adesso, lavoro edamore spesso non vanno d'accordo.

Solo la sera Andrea andava a riprendereViviana a fine lavoro, si scambiava con Leiqualche tenera effusione e la riaccompagnava acasa con il ciclomotore che aveva da pocoacquistato.

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Poi di nuovo in uffico per qualche ora.

Era dura e non poteva continuare,considerato che si era incominciato a parlare dimatrimonio.

Per una serie di circostanze, il padre glifece forzatamente firmare la domanda per lapartecipazione ad un concorso, al quale Andreanon era interessato perchè oberato di impegni eresponsabilità di lavoro.

Dopo qualche mese lo chiamarono asostenere degli esami a Roma, dove si recò,informando il titolare della ditta che trattavasidi una visita ad un parente tornatodall'America.

Più duro furono i rapporti con il titolarequando dovette dirgli la verità, poiché era statochiamato a partecipare ad un periodo dipreparazione professionale a Roma e poi adAncona.

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Poichè svolgeva il suo lavoro conimpegno e professionalità, fu circuito (in sensobonario) con qualifiche impensabili e stipendida favola.

La lotta fu dura, ma finalmente Andreariuscì a dare inizio alla sua nuova vita,stimolato dal desiderio di migliorare la propriaposizione sociale e far felice la sua amataViviana.

Finalmente arrivò la lettera di assunzionecon destinazione Roma.

Anche se la vita in una grande città avevaper i giovani un particolare fascino, ci sirendeva conto delle difficoltà create dallalontananza dai familiari e dai luoghi in cui eratrascorsa tutta la fanciullezza.

L'accettazione del posto di lavoro scaturìdal desiderio giovanile di avventura, doporipetuti ripensamenti e desideri repressi dirinucia.

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Alea iacta est, e come Giulio Cesare,senza esercito ma solo con una economicavaligia, Andrea partì.

La grande città tentacolare si mostròimmensa e meravigliosa, riducendo l'immaginedel luogo natio ad un tranquillo borgo, escavando nel suo cuore nostalgia e rimpianto.

Ma i giovani si adattano facilmente e lacittà eterna conquistò in breve una parte delcuore di Andrea.

Come al solito, l'inizio fu duro e lalontanaza dai suoi cari e dalla sua Viviana, chesolo a fine settimana poteva riabbracciare,misero spesso in dubbio la decisione che avevapreso.

La metropoli era molto costosa edassobiva tutte le risorse ed oltre: si vedevasferragliare il tram ma si andava a piedi perrisparmiare pochi spiccioli.

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In poco tempo tutte le mense, da quelladell'Università a quelle dei Ministeri, servironoad avere dei pasti economici per riuscire asopravvivere.

La cena sfociava in pizzette e qualchevolta nelle “uova alla cardinale”, con nomepomposo ma che non erano altro che due uovacotte il un tegamino: in compenso costavanopoco.

Poi finalmente il vento del benesserecominciò ad accarezzare i poveri disperati: leretribuzioni furono adeguate e si potevaarrivare a fine mese con discreta tranquillità.

Ma come si era inserito Andrea nella vitacaotica e complicata di Roma.

Insieme ad altri 2 colleghi, uno diTorremaggiore (FG) ed uno di Pescara, si erasistemato presso una famiglia che affittavastanze.

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L'abitazione era ubicata nelle vicinanzedella Breccia di Porta Pia, quasi al centro, equesto consentiva un agevole accesso al postodi lavoro ed alla stazione Termini, per glisporadici viaggi verso la sua città.

La famiglia che li ospitava era una attivafamiglia italiana di quei tempi: moglie, marito,una figlia femmina e due maschi.

(Stesura parziale in bozza al 15 Marzo 2017)

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