pedofilia Rapporto Ryan

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 C Conclusioni 1. Violenz e corporal i e psicolog iche e incuria erano tratti consueti delle istituzioni. In molte di esse, special- mente in quelle maschili, avvenivano violenze sessuali. Le scuole erano dirette in modo rigido e militaresco, impo- nendo ai bambini e persino al personale una di scipl ina irragionevole e op  pressiv a.* 2. Il sistema dell’istituzionalizzazione su larga scala era una risposta a un problema sociale del XIX sec olo, ma data- ta e incapace di soddisfare i bisogni dei singoli bambini. I difetti del sistema furono esacerbati dal modo in cui venne gestito dalle congregazioni che possedevano e dirigevano le scuole. Questo fallimento ha scatenato una violenza di tipo istituzi onale sui bamb ini laddov e i loro bisogni ev olutivi, emotivi e d’istruzione non furono presi in considerazione. 3. L’atteggiamento deferente e sottomesso del Dipar- timento per l’istruzione nei c onfro nti delle congr egazio ni ha compr omess o l’efficac ia dell’as solvim ento del pro prio compito statutario d’ispezionare e supervisionare le scuole. Il Dipartimento ha accordato poca importanza al proprio sottosettore delle scuole industriali e correzionali (scuole di avviamento al lavoro per bambini orfani o abbandonati; ndt) e ha ritenuto in genere di dover semplicemente favori- re le congregazioni e il personale direttivo interno. 4. Il coinvolg imento dei capital i e delle fin anze delle congregazioni religiose ha determinato il prolungamento del sistema della cura dei bambin i in istitu zioni stat ali. A partire dalla metà degli anni Venti in Inghilterra si costituirono gruppi più piccoli, più simili al contesto  familiare, e che venivano riten uti migliori quanto a stan- dard di cura dei bambini in difficoltà. In Irlanda invece il sistema delle scuole industriali e correzionali ha conti- nuato a prosperare. 5. Il sistema di finanziamento mediante sovvenzioni  proporzion ali al num ero de i bambini ha indo tto il persona le diretti vo a cerc are bambini da a vviare a lle scuole industria- li per garantire la sostenibilità economica delle istituzioni. 6. Il sistema ispettivo del Dipartimento per l’istruzione era gravemente carente e incapace di qualsiasi efficacia. L’ispettore non era sostenuto da un’autorità norma- tiva in grado di esigere e ottenere cambiamenti. I L R EGNO - DOCUMENTI 13/2009 436 Rapporto Ryan  «Violenze corporali e psicologiche e incuria erano tratti consueti degli isti- tuti» nelle quali hanno vissuto la mag- gior parte dei bambini irlandesi più poveri o svantaggiati. Si tratta delle cosiddette scuole industriali, che, gestite da religiosi, sono state caratte- rizzate da una vera e propria «violen- za sistemica»: è questo l’incipit del  Rap port o Ryan , frutto del lavoro di 9 anni della Commissione d’inchiesta sulle violenze sui bambini e dell’audi- zione di più di 1.000 testimoni, reso noto il 20 maggio. In questo panorama le violenze sessuali erano un corolla- rio di percosse, umiliazioni, privazio- ne del cibo. Sono tre le questioni prin- cipali sollevate dal  Rap  port o, di cui pubblichiamo le Conclusioni e le Raccomandazioni: la tenuta di un sistema – l’istituzionalizzazione dei ragazzi – che in Irlanda «ha continua- to a prosperare» mentre altrove si stava progressivamente smantellan- do; un controllo statale «incapace di qualsiasi efficacia»; il fatto che le con- gregazioni religiose abbiano «potuto tollerare violazioni così gravi delle loro stesse regole». Sull’ampio dibatti- to nella Chiesa cattolica cf. riquadro a p. 441.  Execut ive Summary, pp. 19-30 in www.child- abusecommission.ie; nostra traduzione dall’in- glese. hiese nel mondo Conclusioni e Raccomandazioni della Commissione sulle violenze sui bambini in Irlanda

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C

Conclusioni

1. Violenze corporali e psicologiche e incuria erantratti consueti delle istituzioni. In molte di esse, speciamente in quelle maschili, avvenivano vio lenze sessualLe scuole erano dirette in mo do ri gi do e militaresco, impnendo ai bambini e per sino al personale una disciplinirragionevole e op  pressiva.* 

2. Il sistema dell’istituzionalizzazione su larga scala eruna risposta a un problema sociale del XIX secolo, ma datta e incapace di soddisfare i bisogni dei singoli bambini. difetti del sistema furono esacerbati dal modo in cui venngestito dalle congregazioni che possedevano e dirigevano scuole. Questo fallimento ha scatenato una violenza di tip

istituzionale sui bambini laddove i loro bisogni evolutivemotivi e d’istruzione non furono presi in considerazione.3. L’atteggiamento deferente e sottomesso del Dipa

timento per l’istruzione nei confronti delle congregazionha compromesso l’efficacia dell’assolvimento del proprcompito statutario d’ispezionare e supervisionare le scuolIl Dipartimento ha accordato poca importanza al proprsottosettore delle scuole industriali e correzionali (scuole avviamento al lavoro per bambini orfani o abbandonatndt) e ha ritenuto in genere di dover semplicemente favorre le congregazioni e il personale direttivo interno.

4. Il coinvolgimento dei capitali e delle finanze delcongregazioni religiose ha determinato il prolungamendel sistema della cura dei bambini in istituzioni statalA partire dalla metà degli anni Venti in Inghilterra costituirono gruppi più piccoli, più simili al contes

 familiare, e che venivano ritenuti migliori quanto a stadard di cura dei bambini in difficoltà. In Irlanda inveil sistema delle scuole industriali e correzionali ha contnuato a prosperare.

5. Il sistema di finanziamento mediante sovvenzion proporzionali al numero dei bambini ha indotto il personadirettivo a cercare bambini da avviare alle scuole industrili per garantire la sostenibilità economica delle istituzioni.

6. Il sistema ispettivo del Dipartimento per l’istruzionera gravemente carente e incapace di qualsiasi efficacia.

L’ispettore non era sostenuto da un’autorità norma

tiva in grado di esigere e ottenere cambiamenti.

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Rapporto Ryan

 

«Violenze corporali e psicologiche eincuria erano tratti consueti degli isti- tuti» nelle quali hanno vissuto la mag-gior parte dei bambini irlandesi piùpoveri o svantaggiati. Si tratta dellecosiddette scuole industriali, che,gestite da religiosi, sono state caratte-rizzate da una vera e propria «violen- za sistemica»: è questo l’incipit  del

 Rapporto Ryan, frutto del lavoro di 9anni della Commissione d’inchiestasulle violenze sui bambini e dell’audi-zione di più di 1.000 testimoni, resonoto il 20 maggio. In questo panoramale violenze sessuali erano un corolla-rio di percosse, umiliazioni, privazio-ne del cibo. Sono tre le questioni prin-cipali sollevate dal  Rap porto, di cuipubblichiamo le Conclusioni e leRaccomandazioni: la tenuta di unsistema – l’istituzionalizzazione dei

ragazzi – che in Irlanda «ha continua- to a prosperare» mentre altrove sistava progressivamente smantellan-do; un controllo statale «incapace di qualsiasi efficacia»; il fatto che le con-gregazioni religiose abbiano «potutotollerare violazioni così gravi delleloro stesse regole». Sull’ampio dibatti-to nella Chiesa cattolica cf. riquadro ap. 441.

 Executive Summary, pp. 19-30 in www.child - abusecommission.ie; nostra traduzione dall’in - 

glese.

hiese nel mondo

C o n c l u s i o n i e R a c c o m a n d a z i o n i

d e l l a C o m m i s s i o n e s u l l e v i o l e n z e

s u i b a m b i n i i n I r l a n d a

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Non c’erano standard uniformi e oggettivi di cura,applicabili a tutte le istituzioni, su cui basare le ispezioni.

La posizione dell’ispettore era compromessa dallamancanza d’indipendenza dal Dipartimento.

Le ispezioni si limitavano agli standard della curafisica dei bambini e non comprendevano i loro bisogni

psichici. Il tipo d’ispezione effettuato non permetteva direndersi conto delle loro condizioni psichiche.L’obbligo statutario d’ispezionare più di 50 scuole

residenziali era eccessivo per una sola persona.Le ispezioni non erano effettuate a sorpresa e senza

preavviso. La direzione scolastica veniva allertata sulfatto che vi sarebbe stata un’ispezione, per cui l’ispetto-re non riusciva a farsi un quadro esatto delle condizioniesistenti nelle scuole.

Pur essendo richiesto dai regolamenti, l’ispettore nonesigeva che venisse tenuto un registro delle punizioni daesaminare nel corso dell’ispezione.

Raramente l’ispettore parlava direttamente con i

bambini che vivevano nelle istituzioni.7. Molti testimoni che hanno denunciato delle violen- ze hanno ciononostante ricordato anche qualche aspetto 

 positivo: ad esempio, hanno ricordato molto chiaramente  piccoli gesti di gentilezza.

Una parola d’apprezzamento o d’incoraggiamento oun’espressione di simpatia o comprensione avevano uneffetto profondo. Adulti di sessanta e settant’anni hannoricordato avvenimenti apparentemente insignificantiche li hanno accompagnati per tutta la vita. Spesso ilgesto gentile messo in una luce così favorevole consiste-va semplicemente nel non essere stati picchiati dal per-sonale quando se lo aspettavano.

8. Una maggiore gentilezza e umanità avrebbe molto migliorato gli scarsi standard di cura.

Violenza f is ica

9. Le norme e i regolamenti relativi all’uso delle puni- zioni corporali non venivano osservati e il Dipartimento 

 per l’istruzione ne era a conoscenza.La legislazione e le direttive del Dipartimento per l’i-

struzione erano assolutamente chiare su quali erano lerestrizioni relative all’uso delle punizioni corporali. Maquei limiti non sono stati rispettati in nessuna delle scuo-le oggetto dell’indagine. Le denunce di violenze fisiche

erano così frequenti che il Dipartimento per l’istruzionedoveva essere consapevole che fossero ben più di spora-dici atti di violenza da parte di qualche singolo. IlDipartimento sapeva che la violenza e le percosse eranocomponenti endemiche del sistema.

10. Le scuole industriali e correzionali erano caratte- rizzate da un rigido controllo attuato con pesanti punizio- ni corporali e con la paura di subirle.

La durezza del regime venne inculcata nella culturadelle scuole da successive generazioni di fratelli, sacer-

doti e suore. Era sistemica e non riconducibile a com-portamenti di singole persone che eccedevano i limitilegali e accettabili. Gli eccessi nelle punizioni assicura-vano quella paura che le autorità scolastiche considera-vano essenziale per il mantenimento dell’ordine. Inmolte scuole il personale si considerava un secondino,

non un educatore.11. Un clima di paura, creato da punizioni diffuse,

eccessive e arbitrarie, ha permeato la maggior parte delle scuole e tutte quelle maschili. I bambini vivevano quoti- dianamente nel terrore di non sapere da dove sarebbero pio- vute le prossime percosse.

Vedere o sentire picchiare altri bambini è stata un’e-sperienza terribile che molti di coloro che hanno sportodenunce non riusciranno più a dimenticare.

12. I bambini che scappavano erano assoggettati a  punizioni estremamente pesanti.

I fuggitivi venivano pesantemente percossi, a volte inpubblico. Alcuni venivano rasati e umiliati. I dettagli non

  venivano comunicati al Dipartimento, il quale, da partesua, non insisteva per avere informazioni sui motivi dellefughe. Né il Dipartimento né la direzione scolastica hannomai analizzato i motivi delle fughe, neppure quando nellescuole il tasso di fuga era particolarmente elevato. Così casidi fuga associati a violenze sessuali o corporali cronichepassarono inosservati. In certi casi si punivano tutti i bam-bini di una scuola per la fuga di un loro compagno, cosache significava che il bambino diventava oggetto di mal-trattamenti da parte degli altri bambini e del personale.

13. Alle denunce presentate al Dipartimento da genitori o da altre persone non sono seguite mai adeguate indagini.

Le punizioni che superavano i limiti fissati dalle di-rettive sono state ignorate e persino accettate dal Dipar-timento per l’educazione. Nel fare indagini sulle denun-ce il Dipartimento non ha applicato gli standard ripor-tati nei suoi regolamenti e nelle sue direttive, ma ha cer-cato sempre di proteggere e difendere le congregazionireligiose e le scuole.

14. Nelle scuole per ragazzi su cui è stata aperta un’in dagine è emerso un diffuso ricorso a pesanti puni- zioni corporali.

In caso di trasgressioni di tipo disciplinare si ricorre-va innanzitutto alla punizione corporale. La punizioneestrema era naturale nelle scuole per i bambini. Percosseprolungate, eccessive, con oggetti che causassero la mas-sima sofferenza venivano inflitte con il benestare della

direzione scolastica.15. C’erano poche differenze nell’uso delle percosse fisi- 

che da regione a regione, da decennio a decennio o da con- gregazione a congregazione.

Questo indicherebbe l’esistenza nel sistema di unaconcezione culturale in base alla quale era lecito e ap-propriato picchiare i bambini. I singoli fratelli, o sacer-doti o laici che infliggevano punizioni corporali estremeerano tollerati dalla direzione della scuola e raramente illoro comportamento è stato criticato.

* Usiamo in tutto il testo il termine «bambino», corrispondenteall’inglese child , comprendente tutti i minorenni, conformemente alla

terminologia usata nella traduzione ufficiale italiana della Conven-

zione ONU sui diritti dell’infanzia del 1989 (Regno-doc. 7,1990,248);ndt.

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hiese nel mondo

sulla violenza sessuale e considerava il comportamentstigmatizzato solo una colpa morale del fratello o dsacerdote. Ma questa affermazione ignora il fatto che lviolenza sessuale sui bambini era un reato penale.

21. Le autorità religiose conoscevano il carattere recdivo delle violenze sessuali.

Esso risultava chiaramente dai documenti. Spesso gautori delle violenze sessuali erano colpevoli di lungdata che ripetutamente violentavano sessualmente bambini in tutti i luoghi in cui lavoravano. Contrariamente a quanto affermano le congregazioni, che cionon avevano capito la natura recidiva delle violenze sesuali, dai casi documentati risulta chiaramente che esserano consapevoli della propensione dei loro autori ripeterle. Temevano piuttosto il rischio di uno scandale di una cattiva pubblicità derivanti dalla divulgaziondella violenza sessuale. Il pericolo per i bambini non stato tenuto in alcun conto.

22. Quando scoprivano la violenza sessuale, le autor

tà religiose rispondevano trasferendo il colpevole altrovdove molto spesso era libero di usare nuove violenze. Spesla dispensa dai voti religiosi ha permesso al colpevole di continuare a lavorare nella stessa scuola come insegnante laic

Una volta scoperti, si permetteva che gli uominautori di violenze sessuali chiedessero la dispensa invecche incorrere nell’onta della fuoriuscita dalla congregazione. Vi sono le prove che questi uomini tornarono insegnare a volte solo pochi giorni dopo aver ottenuto ldispensa dai voti per gravi accuse o ammissioni di violenze sessuali. La sicurezza dei bambini non è stata tenuta in alcun conto.

23. Le autorità religiose sapevano che la violenza se

suale era un problema persistente nelle congregazioni religise maschili lungo tutto il periodo preso in considerazione.Ciononostante esse trattarono isolatamente e segre

tamente ogni caso di violenza sessuale e non feceralcun tentativo per affrontare il carattere sistemico soggiacente al problema. Non adottarono né protocolli ndirettive che avrebbero potuto proteggere i bambini dtali comportamenti predatori. Le direzioni scolastichnon ascoltavano i bambini o non credevano loro quando si lamentavano del comportamento degli uomini responsabili della loro educazione. Nel migliore dei casi,colpevoli venivano allontanati, ma senza fare nulla perimediare al danno causato al bambino. Nel peggiore, bambino veniva rimproverato, considerato come corro

to dall’attività sessuale e punito severamente.24. In alcune circostanze eccezionali, dove vi fu l’op

 portunità di dare voce alle violenze, il numero degli autri di violenze sessuali identificati crebbe notevolmente.

Per un breve periodo degli anni Quaranta, i bambni poterono confidare le violenze sessuali subite ai membri di un’associazione che si riuniva in una scuola. I fratelli indicati dai bambini come autori delle violenze sesuali furono per questo allontanati dalla scuola. Ma bepresto l’associazione venne sciolta. In un’altra scuola, ufratello s’imbarcò in una campagna di scoperta delattività sessuali che si svolgevano nella scuola e identifcò un certo numero di religiosi come autori di violenz

sessuali. Ciò indicava che nelle istituzioni maschili

16. La punizione corporale nelle scuole femminili era diffusa, pesante, arbitraria e imprevedibile, determinando così un clima interno di paura.

I regolamenti imponevano maggiori restrizioni nell’u-so della punizione corporale per le bambine. Il livello dipunizione corporale tollerato giornalmente variava da

scuola a scuola. In alcune scuole vi era di routine un altolivello di percosse ritualizzate, mentre in altre il livello dellepunizioni corporali era più basso. Il grado di assegnamen-to nelle punizioni corporali dipendeva dal direttore scola-stico, che poteva fare il bello o il cattivo tempo, ma quasitutti gli istituti usavano la paura come strumento discipli-nare. Alcuni direttori infliggevano personalmente punizio-ni eccessive o permettevano al personale religioso e laicodi farlo. Le bambine venivano colpite con oggetti peraumentare la sofferenza e in tutte le parti del corpo. Per lebambine al di sopra dei 15 anni la norma che vietava lepunizioni corporali non veniva rispettata da nessuno.

17. La punizione corporale delle bambine veniva spes- 

so inflitta con l’intenzione precisa di aumentare la loro angoscia e umiliazione.Una modalità per farlo consisteva nel farle aspettare

a lungo prima di essere percosse; un’altra era quella diaccompagnare le percosse con parole offensive e umi-lianti. Certe percosse erano più dolorose quando veni-vano inflitte davanti alle altre bambine e al personale.

Vi o le n za s e s s u ale

18. La violenza sessuale era endemica negli istituti maschili. La situazione in quelli femminili era diversa. Lì 

la violenza sessuale non era sistemica, pur potendo subire le aggressioni e le violenze sessuali da parte di impiegati o visitatori o al di fuori dell’istituto.

19.   È impossibile determinare pienamente l’entità delle violenze sessuali commesse nelle scuole maschili. Le scuole esaminate hanno evidenziato un notevole livello di violenza sessuale sui propri bambini, da toccamenti impro- 

 pri e carezze allo stupro con violenza. Gli autori delle vio- lenze sessuali hanno potuto agire per lungo tempo indi- sturbati all’interno delle scuole.

20. I casi di violenza sessuale erano trattati in modo da ridurre al minimo il rischio di divulgazione e il conse- guente danno per l’istituzione e la congregazione religiosa.Questa politica ha di fatto protetto gli autori delle violenze sessuali. Una volta scoperti, i laici autori di violenze ses- suali venivano normalmente segnalati alla polizia. Se invece l’autore della violenza sessuale era membro di una congregazione, il caso veniva trattato internamente e non veniva segnalato alla polizia.

Non si teneva alcun conto del danno causato ai bam-bini e del pericolo che esisteva per gli altri. Il diversotrattamento riservato ai colpevoli laici rispetto ai religio-si indica che i vertici della congregazione erano consa-pevoli della gravità del reato, ma erano riluttanti adaffrontare il religioso che lo commetteva. Il desiderio diproteggere la reputazione della congregazione e dell’isti-tuzione era prioritario. Le congregazioni hanno affer-

mato che la società del tempo non aveva conoscenze

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livello delle violenze sessuali era molto più alto di quan-to risultava dai casi denunciati o di quanto ha potutoscoprire la nostra indagine. I sistemi di gestione autori-taria hanno impedito la divulgazione da parte del perso-nale e sono serviti a perpetuare le violenze.

25. I vertici delle congregazioni non hanno ascoltato 

o non hanno creduto alle persone che denunciavano vio- lenze sessuali che avevano subito in passato, nonostante la quantità di prove emerse dalle indagini della polizia, dalle condanne penali e dai racconti dei testimoni.

Alcune congregazioni sono rimaste sulle difensive ehanno continuato a non credere alle innumerevoli proveaddotte dalla Commissione d’indagine sulle violenze ses-suali negli istituti, persino nei casi in cui gli autori eranostati condannati in tribunale e in udienza avevano am-messo tali comportamenti.

26. In generale, le congregazioni religiose maschili non erano preparate ad accettare la propria responsabilità 

 per le violenze sessuali commesse dai propri membri.

La lealtà verso la congregazione prevaleva su ognialtra considerazione, compresa la sicurezza e la prote-zione dei bambini.

27. I bambini più grandi violentavano quelli più pic- coli e il sistema non offriva alcuna protezione contro que- sto genere di bullismo.

È provato che quando la violenza veniva denunciatao scoperta i bambini vittime di violenze sessuali subiva-no punizioni corporali pesanti quanto quelle inflitte agliautori delle violenze. Inevitabilmente, i bambini hannoimparato a soffrire in silenzio piuttosto che denunciarele violenze e dover affrontare la punizione.

28. In generale, le suore hanno preso sul serio le vio- lenze sessuali subite dalle bambine e hanno licenziato il 

 per sonale laico quando le loro attività venivano scoperte.Tuttavia i comportamenti e le usanze presso le suore ren- devano difficile una diretta e aperta trattazione di questi casi da parte loro e le vittime di violenze sessuali si vergo- gnavano e avevano paura di denunciarle.

Le bambine vittime di violenze sessuali hanno riferi-to che ciò accadeva per lo più quando venivano manda-te ospiti presso delle famiglie per i fine settimana, perlavoro o per villeggiatura. Non riuscivano a riferire leviolenze sessuali alle suore che dirigevano le scuole pertimore di non essere credute o di essere punite.

29. Le violenze sessuali compiute da membri degli ordini religiosi non venivano segnalate al Dipartimento 

  per l’istruzione dalle autorità religiose, a motivo dell’esi- stenza in materia di una congiura del silenzio.Quando le violenze erano commesse dal personale

religioso, si tendeva a risolvere il caso ricorrendo alleprocedure disciplinari interne e al diritto canonico. Nons’informava la polizia. Nelle rare occasioni in cui ilDipartimento venne informato, quest’ultimo concordòsul mantenimento del silenzio. Vigeva una mancanza ditrasparenza nella trattazione dei casi di violenza sessua-le a livello di congregazioni, diocesi e Dipartimento.Uomini con storie di violenze sessuali e membri di ordi-ni religiosi proseguivano la loro carriera come insegnan-ti laici nelle scuole statali.

30. Il Dipartimento per l’istruzione non ha trattato 

adeguatamente le accuse di violenze sessuali. In genere sono state respinte o ignorate, mentre si sarebbe dovuto pro- cedere su tutti i casi a un’esauriente indagine sulla porta- ta della violenza.

Si sarebbero dovute affidare tutte queste accuse allapolizia per le indagini del caso.

Il Dipartimento ha lasciato credere di avere una fun-zione investigativa delle accuse di violenza sessuale, madi fatto non lo ha fatto e così ha ritardato il coinvolgi-mento dell’autorità competente. Il Dipartimento non haavvertito adeguatamente i genitori e chi ha sportodenuncia per violenza dei limiti del proprio ruolo rispet-to alle denunce.

Incur ia

31. La maggioranza di coloro, maschi e femmine, che ha denunciato le violenze ha parlato di scarsa qualità della cura fisica prestata ai bambini.

Quanto al livello della qualità della cura fisica forni-ta ai bambini, le scuole variavano molto e mentre èemerso da molti tra coloro che hanno sporto denunciache verso la fine degli anni Sessanta la situazione eramigliorata, in generale nessuna scuola si prendeva debi-tamente cura dei bambini in tutti i campi.

32. In molte scuole, spesso i bambini pativano la fame e il cibo era insufficiente, immangiabile e mal preparato.

Alcuni testimoni hanno affermato di aver cercatocibo fra i rifiuti e nelle mangiatoie degli animali.

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Claude Dagens

Libera e presenteLa Chiesa nella società secolarizzata

 A cura di Francesco Strazzari

 Postfazione e discussione di Giovanni Giudici

Si sente spesso affermare che negli

ultimi decenni la Chiesa di Francia

è divenuta insignificante nella società.

A tale critica, l’autore risponde che la

sua Chiesa ha individuato una forma di

presenza adatta alla contemporaneità.

Un vescovo italiano interloquisce col

testo del vescovo francese, cercando

un possibile confronto tra le due

esperienze, pur nelle diverse specificità

dei percorsi ecclesiali.

«Fede e annuncio»

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37. L’istruzione universitaria non era considerata un priorità per i bambini delle scuole industriali.

Uscendo dalla scuola industriale, i bambini venivanavviati in genere a lavori manuali o non qualificati e lbambine trovavano lavoro come domestiche. Vi sonstate anche delle eccezioni, in particolare nelle scuo

femminili in questi ultimi anni: alcune bambine hannavuto la possibilità d’ottenere la qualifica di segretaria d’infermiera. L’istruzione durava normalmente sei annal termine dei quali i bambini trovavano lavoro nel commercio industriale, nell’agricoltura, nei lavori domesticcon scarsissime possibilità di continuare gli studi. Lcongregazioni religiose, anche quando gestivano scuosecondarie accanto a quelle industriali, permettevanmolto raramente ai bambini delle scuole industriali dcontinuare gli studi nello loro scuole secondarie.

38. Le scuole industriali miravano ad assicurare   formazione industriale di base ai giovani per permetteloro di trovare un posto di lavoro come giovani adulti. I

realtà, la formazione industriale offerta da tutte le scuoera funzionale alle necessità dell’istituto piuttosto che bisogni dei bambini.

Questo problema venne sottolineato già nel 193dalla Commissione Cussen, e continuò a essere un trato distintivo della formazione industriale dispensata iqueste scuole per il periodo preso in considerazione. Si utilizzato il lavoro minorile nelle fattorie e nelle officinper ridurre i costi di gestione delle scuole industriali e, imolti casi, per fare profitti. Spesso i vestiti e le scarperano confezionati in loco e le panetterie e le lavanderprovvedevano alle necessità della scuola e, in certi casanche a quelle della popolazione. La pulizia e la manutenzione delle scuole industriali per le bambine eranassicurate in gran parte dalle stesse. Alcuni di queslavori erano pesanti e difficili e si chiedevano livelli dprestazioni che bambine così giovani potevano difficimente assicurare. Nelle scuole per le bambine, le pigrandi dovevano anche prendersi cura di quelle più giovani e dei bambini ventiquattro ore su ventiquattroGrandi asili infantili erano affidati alle cure e alla direzione delle bambine più grandi, con una minima supevisione da parte di persone adulte.

Vi o le n za ps i co lo g i ca

39. Un aspetto inquietante delle deposizioni rese alCommissione è quello di una generale diffusione della vilenza psicologica cui il personale religioso e laico delle isttuzioni sottoponeva bambini e bambine svantaggiati, trscurati e abbandonati.

I testimoni hanno detto che quotidianamente venivano sminuiti e ridicolizzati. In tutto il sistema delle scuoindustriali vigevano pratiche umilianti, come le ispeziondella biancheria intima e l’esposizione di lenzuola sporcho bagnate. Materie private come le funzioni corporali e l’giene personale venivano usate come occasioni per dengrare e umiliare. La denigrazione personale e familiare erdiffusa, in particolare nelle scuole femminili. Si criticavcostantemente tutto, si usavano parole offensive e si ripe

teva continuamente ai bambini che non valevano null

Nelle scuole maschili, la scarsa supervisione ai pastifavoriva il bullismo, e la sottrazione del cibo ai bambinipiù piccoli e deboli da parte di quelli più grandi era pras-si diffusa.

Secondo un ispettore, negli anni Quaranta la malnu-trizione era un grave problema nelle scuole gestite dalle

suore e, pur avendo fatto passi avanti, il cibo offerto inmolte di esse continuò a essere scarso e mai variato.33. Testimoni hanno ricordato di aver patito il freddo 

a causa di un abbigliamento inadeguato, specialmente quando venivano impegnati in attività esterne.

L’abbigliamento era un problema soprattutto nellescuole maschili, dove i bambini trascorrevano spessomolte ore a lavorare all’esterno, nelle fattorie. Inoltre,spesso i bambini erano costretti a indossare i loro abitida lavoro sporchi e bagnati per tutta la giornata e a por-tarli per lungo tempo.

Nelle scuole femminili l’abbigliamento era più soddi-sfacente e alcune direttrici fecero notevoli sforzi in que-

sto campo; comunque, in genere, le bambine eranocostrette a indossare abiti non adatti, spesso lisi e logori.In tutte le scuole, fino agli anni Sessanta, l’abbiglia-

mento distingueva chiaramente i bambini che frequen-tavano le scuole industriali.

34. Gli ambienti erano freddi, spartani e spogli. Nella maggior parte delle scuole maschili i servizi igienici era no 

 primitivi e l’igiene generale scarsa.I bambini dormivano in grandi dormitori non riscal-

dati, con scarsi ricambi di lenzuola, il che costituiva unproblema per chi soffriva di enuresi.

In generale, la protezione sanitaria per le mestrua-zioni delle bambine era insufficiente.

35.

Nel 1936 il Rapporto Cussen raccomandava che i bambini delle scuole industriali venissero integrati nella comunità ed educati nelle scuole nazionali esterne. Fino alla fine degli anni Sessanta, non lo si fece in nessuna delle scuole maschili prese in considerazione dall’indagine e solo in un ristretto numero di scuole femminili.

36. I risultati dei bambini delle scuole industriali edu- cati nelle scuole nazionali interne furono sempre notevol- mente inferiori di quelli delle scuole esterne.

L’istruzione scolastica veniva offerta dallo stato atutti i bambini, per cui quelli delle scuole industriali ave-vano diritto perlomeno allo stesso livello d’istruzione cheera disponibile nel paese in generale. Le scuole naziona-li interne erano finanziate da un fondo scolastico nazio-

nale e gli insegnanti erano pagati come quelli delle scuo-le nazionali ordinarie. Tuttavia è provato che gli stan-dard di istruzione in queste scuole erano scarsi.

È provato che, in particolare nelle scuole femmini-li, i bambini venivano allontanati dalle classi per sbri-gare faccende di tipo domestico o lavori per l’istituzio-ne durante le ore di lezione. In generale i bambini dellescuole industriali non hanno ricevuto lo stesso livellod’istruzione che era disponibile nelle scuole pubblichese avessero frequentato la scuola nella comunità locale.La mancanza di opportunità nel campo dell’istruzioneha condannato molti di loro a una vita di lavori sotto-pagati, un’occasione perduta comunemente messa in

luce dai testimoni.

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 V 

 

ufficiale: le violenze sui minori nelle scuole irlandesi rettedai religiosi erano una prassi diffusa e consolidata. La real-

tà messa in luce dal Rapporto Ryan (cf. qui a p. 436) reso notoil 20 maggio, va ben oltre le previsioni.

La prima crepa nel muro d’omertà sul clima che 800 circatra preti, suore, fratelli e laici avevano creato e mantenuto nellescuole industriali che in 60 anni hanno visto passare 25.000bambini tra i più disagiati, era stata aperta nel 1998 da due seriedi documentari televisivi – anche negli USA furono i media asollevare i primi casi –: Dear Daughter e States of Fear .

Di lì giunse la prima richiesta formale di scuse a tutte le vit-time da parte del primo ministro irlandese, Bertie Aern, nel

1999. Venne quindi istituita una prima Commissione d’inchiesta,poi formalmente costituita con legge del Parlamento nel 2000.Nel 2002 la Conference of Religious of Ireland (CORI), perconto delle 18 congregazioni coinvolte nelle violenze che l’in-chiesta stava portando alla luce, firmò con lo stato un accordoper un risarcimento di 128 milioni di euro (cf. Regno-att.

4,2002,93; 8,2002,230), mentre lo stato (cioè il contribuente)avrebbe integrato il resto. Oggi il conto è arrivato a 1,3 miliardie in molti – soprattutto dopo la pubblicazione del Rapporto –si stanno chiedendo se sia possibile che le congregazioni paghi-no solamente il 10% del totale. Cifra che comunque non è stataancora interamente versata.

Con una dichiarazione diffusa il 25 maggio la CORI si è limi-

tata a definire «scioccante» la realtà emersa e ad «accettareumilmente il fatto che siano stati compiuti errori in misura mas-siccia… Non c’è nessuna scusa per quello che è successo».Cinque giorni dopo, però, le 18 congregazioni interessate hannodichiarato autonomamente di essere «pronte come singolecongregazioni a dare un contributo per offrire ulteriore sup-porto e aiuto» alle vittime, da negoziare con il governo. Dietroqueste parole c’è la trattativa sul se e come ampliare il risarci-mento.

L’arcivescovo di Dublino, mons. Diarmuid Martin, dopo unaprima e cauta dichiarazione all’uscita del Rapporto , è così inter-venuto pubblicamente attraverso le pagine dell’Irish Times il 25maggio: «“C’è sempre un prezzo da pagare se non si risponde”.Il prezzo che la Chiesa pagherà sarà in termini di credibilità. La

prima cosa che la Chiesa deve fare è fuoriuscire da qualsiasiforma di negazione. Questa posizione ha resistito per troppotempo e non è ancora tramontata.

Certamente vi sono state violenze anche da parte di altriattori. Certamente la politica di cura per l’infanzia nell’Irlanda diquei tempi era del tutto inadeguata. Eppure la Chiesa si pensadiversa dagli altri, migliore degli altri e più preoccupata deglialtri della morale. Ma i dati dicono che non era così».

Rivolgendosi poi direttamente ai religiosi, mons. Martin hadetto: «Penso che dobbiate chiedervi e sforzarvi di trovarerisposta alla domanda del Rapporto Ryan : “Che cosa mai hapotuto sviarvi dal vostro carisma originario?”. (…) La vostra cre-dibilità e la credibilità e la sopravvivenza del vostro carisma

dipende dall’onestà con la quale porterete avanti questa intro-spezione. Forse è un compito doloroso ma inevitabile se sivolete tenere in vita il vostro carisma. Le persone sono arrab-biate e disilluse».

Il Rapporto  è stato efficace nel mostrare «l’estensione diciò che è andato male e lo ha fatto in un modo che forse voi inpassato non immaginavate. I fatti adesso sono chiari e doveteprenderne atto e compiere qualche gesto di riconoscimento».

L’arcivescovo di Dublino ha quindi così concluso: «È statofirmato un accordo con il governo sette anni fa. Il fatto che imeccanismi di realizzazione dell’accordo da parte vostra nonsiano ancora stati completati è incredibile. Forse vi sono state

delle difficoltà legali, ma questa è una scusa da poco dopo cosìtanti anni». Da notare che a partire dal 2004 con un’azione lega-le intentata dai Fratelli cristiani è stata vietata la divulgazionedei nomi dei colpevoli emersi nei diversi livelli investigativi.Anche questo ha fatto sì che nell’opinione pubblica crescesseil partito a favore dell’aumento del risarcimento da parte deireligiosi.

«Qualsiasi cosa accada quanto alla rinegoziazione dell’ac-cordo – ha affermato Martin –, non potete lasciare le cosecome sono. (…) È la vostra ultima occasione per rendere onoreai vostri carismatici fondatori e ai tanti bravi membri dellevostre congregazioni che si sentono colpiti nella propria repu-tazione». Nei giorni successivi i religiosi hanno poi accettato la

ridiscussione dell’accordo.Ma a ribadire che la durezza delle sue affermazioni nondoveva aprire un divario tra diocesani e religiosi, mons. Martinha ricordato che «a breve un altro rapporto sulle violenze ses-suali sui minori verrà pubblicato, questa volta su come questaviolenza è stata trattata dall’arcidiocesi di Dublino di cui sonovescovo. Non sarà una cosa facile da leggere. (…) Lasciamocomunque che la verità venga fuori».

Successivamente si è riunito il Consiglio permanente dellaConferenza episcopale irlandese, al termine del quale mons.Martin è volato a Roma con il primate d’Irlanda, il card. Brady,per riferire sul Rapporto al papa (5 giugno) e alla Conferenzaanglofona, il gruppo informale di vescovi di lingua inglesesorto negli anni Novanta per condividere le strategie per com-

battere le violenze sessuali e riunito in Vaticano per il suo 10 o

incontro.Tre le priorità indicate dal papa, fatte proprie nei giorni

successivi dall’Assemblea generale della Conferenza episco-pale irlandese: far luce sull’accaduto; fare giustizia e impe-gnarsi per la guarigione delle vittime. Esse sono state cosìchiosate dai presuli irlandesi (10 giugno): i fatti resi noti dalRapporto Ryan  mettono in luce una cultura di violenza cheriguarda «tutta la Chiesa irlandese» e perpetrata «sotto l’ap-parenza della missione di Gesù Cristo». Essa «è un grave tradi-mento della fiducia riposta nella Chiesa. Di questo chiediamoperdono».

M.E. G.

erità dolorose

È

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La diffusione della violenza psicologica sui bambini nelperiodo preso in considerazione indica la presenza diatteggiamenti culturali pregiudizievoli in molti di coloroche insegnavano e operavano in quelle scuole.

40. Il sistema così come veniva gestito dalle congrega- zioni faceva in modo che fosse difficile che i singoli religio- 

si riuscissero a soddisfare le necessità emotive dei bambini affidati alle loro cure.Alcuni testimoni appartenenti a congregazioni reli-

giose hanno descritto il conflitto interiore che hannopatito tra l’osservanza dei voti religiosi e il voler assicu-rare al tempo stesso cure e affetto ai bambini. La gestio-ne autoritaria vigente in tutte le scuole si traduceva nellapaura del personale di mettere in discussione i compor-tamenti dei superiori e dei fanatici della disciplina.

41. Assistere alle violenze dei propri compagni, come vedere picchiare i bambini e ascoltare le loro grida di dolo- re, assistere all’umiliazione di fratelli o sorelle o di altri ed essere costretti a partecipare alle percosse ha avuto un 

impatto potente e sconvolgente.Molti testimoni hanno detto che l’aver vissuto in unclima di continua paura o terrore ha bloccato il loro svi-luppo emotivo e ha influenzato ogni aspetto della lorovita nell’istituto. Per molti testimoni il danno psicologicocausato da queste esperienze è continuato anche nellaloro vita adulta.

42. La separazione tra fratelli e sorelle e i limitati con- tatti con la famiglia hanno causato gravi danni alle rela- zioni familiari. Alcuni bambini hanno perso il proprio senso d’identità e di parentela e non sono riusciti più a ricuperarlo in seguito.

L’invio dei bambini in posti isolati ha aggravato ilsentimento di perdita e ha reso quasi impossibile il man-tenimento dei contatti con la famiglia. Le direzioni sco-lastiche non hanno riconosciuto il diritto dei bambini arestare in contatto con i membri della propria famiglia eil valore delle relazioni familiari.

43. La Commissione confidenziale ha raccolto deposi- zioni relative a 161 istituti diversi dalle scuole industriali e correzionali: scuole di primo e secondo grado, case per bambini, famiglie affidatarie, ospedali e servizi per bambi- ni disabili, ostelli e altri istituti residenziali. La maggior 

  parte dei testimoni ha riferito di violenze e d’incuria, in alcuni casi fino all’anno 2000. Tutte queste istituzioni e servizi erano accomunati da gravi carenze in materia di cura e protezione dei bambini.

I testimoni hanno affermato di aver subito pesantiviolenze fisiche nelle scuole primarie, nelle famiglie affi-datarie, nelle case per bambini e in altri istituti residen-ziali, dove i responsabili sono venuti meno al loro dove-re di prendersi cura dei bambini.

Il carattere predatorio delle violenze sessuali, compre-so il fatto di scegliere e adescare i bambini socialmentesvantaggiati e vulnerabili è stato una costante nei reso-conti dei testimoni sui servizi per i disabili, le case dei bam-bini, gli ospedali e le scuole di primo e secondo grado. Ibambini con problemi di vista, udito e apprendimentoerano particolarmente esposti alle violenze sessuali.

I testimoni hanno riferito che la loro istruzione, salu-

te e convalescenza in tutti gli istituti residenziali e nelle

famiglie affidatarie versava in stato di abbandono. Noera riconosciuta alcuna priorità ai bisogni specifici dbambini che vivevano lontano dalle proprie famiglie.

I bambini lasciati alle cure delle famiglie affidatariisolate subivano violenze per mancanza di supervisionda parte di autorità esterne. Erano affidati a genito

senza alcuna preparazione, sostegno o supervisionL’idoneità dei genitori selezionati come affidatari è statripetutamente contestata dai testimoni che hanno subitviolenze fisiche e sessuali.

Molti testimoni hanno detto di aver perso il senso delfamiglia e dell’identità quando sono stati allontanati dalloro famiglie, hanno riferito che la separazione dai fratee dalle sorelle e la mancanza di contatti con la famiglia eruna forma di violenza e ha contribuito a rendere difficotoso il reintegro nelle loro famiglie di origine una voltlasciati i centri di cura. I testimoni hanno riferito di violenze psicologiche subite negli istituti, nelle famiglie affidatarie e nelle scuole, dove erano privati dell’affetto, di rel

zioni sicure ed esposti alla denigrazione personale, alpaura e alle minacce di percosse.Il non aver loro fornito, al termine del periodo pa

sato nei luoghi di cura, i dati personali e famigliaristato uno svantaggio per la loro vita successiva. Moltestimoni hanno speso anni alla ricerca delle informazioni costitutive della propria identità.

È stato notato che la mancanza d’ispezione e supevisione da parte delle autorità delle cure offerte ai bambini negli ospedali e nei servizi per disabili ha favorito violenze perpetrate in quei luoghi. La mancanza dstrutture per presentare denunce o per indagare sulviolenze ha fatto sì che queste continuassero.

Ogni volta che è stata data ai bambini la possibilitdi denunciare le violenze, essi lo hanno fatto.

I testimoni hanno riferito che il potere dell’autordella violenza, la cultura del segreto, l’isolamento e timore di punizioni corporali hanno spesso impeditloro di rivelare le violenze.

R accomandazioni

1. Alla luce dei risultati delle indagini e delle conclusioni raggiunte, è stato chiesto alla Commissione dpresentare delle raccomandazioni sotto due titoli:

(I) Alleviare o affrontare gli effetti della violenza scoloro che l’hanno subita.(II) Per quanto è possibile, impedire e ridurre l’inc

denza della violenza sui bambini negli istituti e proteggerli.

Alleviare o affrontare gl i effett i della v iolenz

su coloro che l ’hanno subita.

2.  Erigere un monumento.Sul monumento alle vittime di violenza negli istitu

si scriveranno le parole della dichiarazione speciale d

Taoiseach (il primo ministro irlandese, ndt   ) del magg

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1999 come permanente pubblico riconoscimento delleloro esperienze. Per alleviare gli effetti della violenza suibambini è importante che lo stato riconosca formalmen-te la violenza avvenuta e preservi in un luogo perma-nente il ricordo della sofferenza patita dalle vittime: «A nome dello stato e di tutti i cittadini dello stato, il gover-

no vuole chiedere sinceramente perdono, sia pure inritardo, ai bambini vittime di violenza per il nostro man-cato impegno collettivo a intervenire e a scoprire la lorosofferenza e a correre in loro aiuto».

3. Imparare dalle lezioni del passato.Da parte dello stato, è importante ammettere che la

 violenza sui bambini è avvenuta per errori sistemici e poli-tici, direttivi e amministrativi, nonché del personale anzia-no che doveva occuparsi delle scuole industriali e corre-zionali. Ma quest’ammissione è solo l’inizio di un proces-so. Occorrono altri passi. Bisogna analizzare il funziona-mento interno del Dipartimento e comprendere la ragio-ne di questi errori per ridurre il rischio che ciò si ripeta.

Le congregazioni devono esaminare le ragioni per lequali una violenza di tipo sistemico è riuscita a corrom-pere a tal punto i loro ideali. Devono chiedersi comehanno potuto tollerare violazioni così gravi delle lorostesse regole e come hanno risposto alla scoperta delleviolenze sessuale e fisica e ai loro perpetratori. Devonodomandarsi perché hanno consentito l’incuria e la vio-lenza psicologica e, più in generale, come si è arrivati adare la precedenza agli interessi degli istituti e delle con-gregazioni rispetto ai bambini affidati alle loro cure.

Un aspetto importante di questo processo di esplora-zione, accettazione e comprensione da parte dello statoe delle congregazioni è riconoscere che il sistema inquanto tale ha fallito nei confronti dei bambini, e nonche i bambini subivano violenze per le occasionali man-canze di qualche singolo.

4. Offrire servizi terapeutici ed educativi I servizi terapeutici e di salute mentale svolgono un

ruolo importante nell’alleviare gli effetti delle violenzesubite nell’infanzia e le loro conseguenze sulle futuregenerazioni. Si deve continuare a offrire questi servizialle persone che hanno vissuto negli istituti e alle lorofamiglie. Sono essenziali anche i servizi educativi peralleviare gli svantaggi vissuti dai bambini che hanno vis-suto negli istituti.

5. Assicurare la continuazione dei servizi per rintrac- ciare i famigliari 

Devono proseguire i servizi per rintracciare i fami-gliari che assistono le persone che hanno perso le loroidentità familiari nel processo di collocazione nelle strut-ture di cura. Il diritto all’accesso ai documenti e alleinformazioni personali deve essere riconosciuto e per-messo alle persone che hanno vissuto negli istituti.

Per quanto è poss ibi le impedire e r idurre

l ’ i n c i d e n za d e l la v i o le n za s u i bambi n i

negli i st itut i e proteggerl i

6. I bambini devono essere al centro delle politiche di 

cura dell’infanzia. I bisogni dei bambini sono prioritari.

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Renzo Lavatori - Luciano Sole

Marco. IISconcerto, sdegno e stupore

davanti a GesùL’

opera costituisce il completamento di

un commentario in due parti al Vangelo

di Marco, il cui testo è presentato in una

traduzione letterale degli autori. Nel secondo

volume, col procedere dell’itinerario

salvifico di Gesù, il lettore è posto di fronte

alle reazioni dei suoi interlocutori: sconcerto

e sbandamento nei discepoli, sdegno e

veemenza nei suoi nemici, stupore e luce

in coloro che lo guardano e credono.

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La politica complessiva in materia di cura dell’infanzia deve rispettare i diritti e la dignità dei bambini avere come centro focale la loro salute e il loro benessere. I servizi devono essere adattati ai bisogni evolutiveducativi e sanitari del singolo bambino. Gli adulti incaricati della cura dei bambini devono anteporre il lor

benessere e la loro protezione alla lealtà personale, professionale o istituzionale.7. Articolare chiaramente e rivedere regolarmente

 politica nazionale della cura dell’infanzia.È essenziale che gli scopi e gli obiettivi della polit

ca e pianificazione nazionale in materia di cura dell’infanzia siano espressi il più chiaramente e semplicemente possibile. Lo stato e le congregazioni hanno perso dvista lo scopo per cui furono creati gli istituti: fornire abambini un ambiente sano e sicuro e l’opportunità dricevere un’istruzione e formazione professionalMancando una politica articolata e coerente, gli interessi dell’organizzazione hanno prevalso su quelli d

bambini in cura. Per impedire che la cosa si ripeta,servizi per la cura dell’infanzia devono disporre dobiettivi mirati incentrati sui bisogni dei bambini e nosui sistemi o le organizzazioni che forniscono quesservizi.

8.  Elaborare un metodo di valutazione di quanto i sevizi rispondono agli scopi e obiettivi della politica nazinale per la cura dell’infanzia.

La valutazione del successo o dell’insuccesso dei sevizi di cura per l’infanzia nel quadro di un’articolatpolitica nazionale per la cura dell’infanzia assicurerà chi bisogni sempre in trasformazione dei bambini rimangano al centro dei fornitori di servizi.

9.

Rivedere regolarmente la fornitura dei servizi cura per l’infanzia.Occorre rivedere regolarmente i servizi di cura al d

fuori della famiglia alla luce delle migliori prassi intenazionali e di ricerche empiriche. Questa revisiondeve essere affidata al Dipartimento per la salute e pel’infanzia e deve essere coordinata per garantire mantenimento di standard coerenti a livello nazionalIl Dipartimento deve tenere anche un database centrale contenente informazioni rilevanti per la cura dbambini nello stato, assicurando comunque l’anonimato. In questo database devono esservi il profilo socialedemografico dei bambini in cura, i loro bisogni imateria di salute e istruzione, il ventaglio dei serviz

preventivi disponibili e degli interventi fatti. Inoltre, devono raccogliere informazioni sulla vita dei bambindopo l’uscita dalla struttura in modo da migliorare future politiche e pianificazioni dei servizi. Si deve procedere a scadenze regolari a una revisione della legislazione, delle politiche e dei programmi relativi ai bambini in cura.

10.   È importante far rispettare le norme e i regolmenti, riferire le violazioni e applicare le sanzioni.

Non si possono addebitare i fallimenti registrati itutte le scuole alla mancanza di norme o alla difficolta interpretarne il senso. Il problema sta nell’applicazione del quadro normativo. Le norme sono state ignora

te e trattate come se fissassero mete ideali e irraggiun

C

 

hiese nel mondo

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Giuseppe jr. Dossetti

NodiReligione e violenza,

coppie irregolari nella Chiesa,la droga

Il cammino della Chiesa cattolica è oggi

costellato di nodi particolarmente intricati.

L’autore si sofferma sul rapporto tra

religione e violenza e sull’ammissione ai

sacramenti dei divorziati risposati. Inoltre,

cerca di interpretare il fenomeno della

diffusione delle droghe. Di fronte a tali

problematiche, il sentimento d’impotenza

rischia di diventare predominante; seguire

l’esortazione al coraggio di Giovanni PaoloII appare più che mai necessario nella

società del terzo millennio.

«Cammini di Chiesa»

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I canti della Terradel mio Pellegrinaggio

(Sal 119,54)

Da anni l’autrice, con la Bibbia in mano,

percorre in lungo e in largo la Terra

d’Israele, “leggendola” a gruppi di sorelle e

di fratelli con accenti ispirati da una fede e

una devozione intelligenti. Sin dall’arrivoall’aeroporto di Lod, e fino a quando vi si

fa ritorno per imbarcarsi per l’Italia, il

pellegrinaggio si configura come una lectio 

divina della Terra del Santo. Pellegrinaggio e

lectio sono riproposti sulle pagine del volume.

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Da Dan a Bersabea Pregare e camminare in tutta la Parola e la Terra di Dio

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gibili senza alcuna relazione con le situazioni partico-lari della gestione degli istituti. Non solo singoli educa-tori hanno violato le norme e i regolamenti relativi allepunizioni, ma i loro superiori non hanno preteso ilrispetto delle regole o non hanno punito in nessunmodo le violazioni. E questo vale anche per il Diparti-

mento per l’istruzione.11. Sviluppare una cultura di rispetto e applicazione 

delle norme e dei regolamenti e di osservanza dei codici di condotta.

I direttori e gli incaricati della supervisione e dell’i-spezione dei servizi devono assicurare regolarmente ilrispetto delle norme.

12. Sono essenziali ispezioni indipendenti.Tutti i servizi per i bambini devono essere soggetti a

regolari ispezioni su tutti gli aspetti della cura che offro-no. Per un efficace sistema d’ispezione occorrono leseguenti condizioni:

 – Un numero sufficiente di ispettori.

 – Gli ispettori devono essere indipendenti. – Gli ispettori devono parlare con i bambini e ascol-tarli.

 – Occorrono parametri nazionali e oggettivi per l’i-spezione di tutti i contesti in cui vengono collocati i bam-bini.

 – Occorre fare ispezioni non annunciate. – Le lamentele espresse a un ispettore devono essere

annotate e approfondite. – Gli ispettori devono poter esigere immediatamente

la correzione dei parametri inadeguati.13. I dirigenti di ogni livello devono essere ritenuti 

responsabili per la qualità dei servizi e della cura.Si deve valutare la

 performance in base alla qualità

della cura prestata. Il direttore di un istituto deve essereritenuto responsabile quanto a:

 – Uso ottimale delle risorse disponibili. – Valutazione attenta del personale e dei volontari. – Sicurezza che il personale sia ben formato, sia ade-

guato alla natura del lavoro da svolgere e continui la for-mazione per essere sempre aggiornato.

 – Provvedere a supervisionare, sostenere e consiglia-re continuamente tutto il personale.

  – Passare regolarmente in rassegna il sistema perindividuare aree problematiche sia per il personale siaper i bambini.

 – Assicurare il pieno rispetto delle norme e dei rego-

lamenti. – Valutare se le carenze del sistema hanno causato o

favorito i casi di violenze. – Adottare procedure per permettere al personale e

ad altri di presentare reclami e sollevare questioniimportanti senza temere conseguenze negative.

14. I bambini nelle strutture di cura devono poter comunicare le loro preoccupazioni senza timori.

I bambini nelle strutture di cura sono spesso soli conle loro preoccupazioni senza nessun adulto con cui poterparlare. I bambini comunicano più facilmente quandosentono di potersi fidare di una figura che li comprende.

Il Dipartimento per la salute e per l’infanzia deve

valutare le migliori prassi internazionali per stabilire il

metodo più adatto per tradurre in pratica questa racco-mandazione.

15 . I servizi di cura per l’infanzia dipendono da una buona comunicazione.

L’efficace funzionamento di ogni struttura di curadei bambini dipende dalla buona comunicazione fra

tutti i dipartimenti e le agenzie responsabili. Non basta-no gli incontri e le conferenze sul tema. Occorrono pro-fessionisti e altre persone che comunichino preoccupa-zioni e sospetti in modo che possano operare al meglionell’interesse del bambino. La responsabilità complessi-va di questo processo deve essere demandata a un fun-zionario designato espressamente per questo.

16. I bambini nelle strutture di cura hanno bisogno di una stabile figura di riferimento.

Si deve perseguire per quanto possibile la continuitànella cura. I bambini nelle strutture di cura devonopoter contare su una figura professionale stabile dotatadi una responsabilità generale.

L’operatore sociale addetto alla supervisione devedisporre di un programma di cura dettagliato da sotto-porre regolarmente a revisione e deve avere il potere dichiedere i cambiamenti necessari al raggiungimentodegli obiettivi. Il bambino, e se possibile anche la fami-glia, devono essere coinvolti nell’elaborazione e nellarevisione del programma di cura.

17. I bambini che sono stati nelle strutture di cura dello stato devono aver accesso a servizi di sostegno.

Al termine del periodo di cura si devono offrire aigiovani adulti servizi e strutture di sostegno a cui posso-no rivolgersi. Come le famiglie, i servizi di cura per l’in-fanzia devono continuare a tenersi in contatto con iminorenni dopo che hanno lasciato le strutture.

18. I bambini che hanno vissuto nelle strutture di cura per l’infanzia sono nella posizione ideale per indivi- duare comportamenti errati e carenti, per cui devono esse- re consultati.

La continuazione delle relazioni permette di valuta-re se i bisogni dei bambini sono stati soddisfatti e di indi-viduare gli aspetti positivi e negativi della loro esperien-za nelle strutture di cura.

19. Salvo circostanze eccezionali, i bambini affidati alle strutture di cura non devono essere separati dalle loro 

 famiglie.Si deve dare la priorità al sostegno dei contatti per-

manenti con i membri della famiglia per il bene del

bambino.20. Occorre conservare tutte le informazioni personali 

dei bambini affidati alle strutture di cura.Occorre conservare relazioni, file e dati essenziali per

confermare l’identità del bambino e la sua storia sociale,familiare ed educativa. Tutte queste informazioni devo-no essere custodite al sicuro e mantenute aggiornate. Sidevono conservare tutti i dettagli dei bambini che scap-pano dagli istituti. Queste informazioni devono restareriservate.

21. Nel trattare le accuse di violenze si devono appli- care uniformante e coerentemente a livello nazionale le norme contenute in  Children First: The National

Guidelines for the Protection and Welfare of Children.

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