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40 Scarp detenis marzo 2016 DOSSIER Paura di Fragili e infelici. Questa la fotografia degli adolescenti che sempre più diventa tragica per chi da questa fragilità viene sopraffatto: secondo da psicopatologie gravi. Sul banco degli imputati la quasi totale assenza dire no e di staccarsi dai figli. E c’è chi decide (gli hikikomori) di non Francesca Rosa [email protected]_Scarp 17/02/16 16:27 Pagina 40

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DOSSIER

Paura di

Fragili e infelici. Questa la fotografia degli adolescenti che sempre piùdiventa tragica per chi da questa fragilità viene sopraffatto: secondoda psicopatologie gravi. Sul banco degli imputati la quasi totale assenzadire no e di staccarsi dai figli. E c’è chi decide (gli hikikomori) di non

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crescere

spesso tratteggiano ricerche sociologiche e media. Una situazione chel’Oms nel 2020 il 12 per cento degli adolescenti potrebbe essere affettodi prevenzione e una generazione di genitori sempre più incapaci diuscire più dalla propria stanza

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di allarme: il “Regina Margherita”di Torino avverte che l’8% dei ra-gazzi piemontesi sono presi in ca-rico dai servizi psichiatrici, semprenello stesso ospedale si registranodue nuovi tentati suicidi di adole-scenti a settimana. Al Sant’Andreadi Roma su 250 visite agli adole-scenti, effettuate in 10 mesi nel2015, la metà ha riguardato l’ambitopsichiatrico. Il numero maggiore diinterventi terapeutici sono orien-tati su: anoressia e bulimia, abusodi alcool e droghe, dipendenza dalweb, bullismo, cyberbullismo, auto-lesionismo. Tentato suicidio.

Chiusi in una stanzaE poi ci sono gli hikikomori. A Mila-no, gli psicologi del centro perl’adolescenza il Minotauro, si stan-no specializzando nella cura diquello che sta diventando un pro-blema sociale da grandi numeri: 50,

forse 80 mila i ragazzi coinvolti.Una forma di disagio esistenziale,denominato ritiro sociale, che dadieci anni, circa, ha fatto la suacomparsa in Italia. In Giappone(qui nasce nella seconda metà deglianni Ottanta) è conosciuto, appun-to, come sindrome hikikomori, ov-vero: stare in disparte. Anche inFrancia, Spagna, Corea e Stati Unitiil fenomeno hikikomorista crescen-do velocemente.

«Per ritiro sociale – ci spiega An-tonio Piotti, psicoterapeuta del Mi-notauro – si intende quel compor-tamento con il quale gli adolescen-ti, quasi tutti maschi, rifiutano ognirelazione sociale. I genitori che ar-rivano da noi hanno già visto il figliochiudersi in camera da almeno seimesi, i ragazzi non vogliono vederenessuno, né coetanei né parenti. Avolte anche i genitori sono rifiutati,li tollerano solo per nutrirsi. A un

di Daniela Palumbo

Quando hai 16 anni el’orizzonte più lontano cheriesci a guardare è il tuo pre-sente, qualcosa non torna.La speranza, l’attesa del fu-turo, innanzitutto. E non ècosa da poco. Disillusi, chiu-si, concentrati su loro stessi,fagocitati dal web, con in te-sta la fuga ma incapaci distaccarsi dalla famiglia; inuna parola: fragili. In due:fragili e infelici. È la fotogra-fia degli adolescenti emersadalle ricerche sociologiche edai media.

Ma c’è chi dalla fragilità è so-praffatto. E allora accade che l’Oms(Organizzazione mondiale dellasanità) lanci l’allarme sul numerodi adolescenti che nel 2020 potreb-be essere affetto da psicopatologiegravi: il 12 per cento. Intanto, anchedalle grandi città arrivano segnali

DOSSIER

Irma Ribolla

Le illustrazioni del serviziosono state realizzate dagli alunni della Scuola del fumetto e dell’illustrazione di Milanowww.scuoladelfumetto.com

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certo punto non si lavano neppurepiù. Tutti hanno smesso di andarea scuola. Dormono fino al pomerig-gio e cominciano a chattare e a gio-care sulweb fino all’alba».

Tante le differenze con glihikikomori giapponesi siaper quanto riguarda le causedella patologia, ma anche ri-spetto all’insorgere dei sin-tomi: in Giappone il ritirocomincia a manifestarsi a 18anni e può andare avanti fi-no ai 40. Da noi inizia alla fi-ne della terza media e puòdurare fino ai 18/20 anni.

«All’inizio – racconta il dottorPiotti – pensavamo che gli hikiko-mori fossero fagocitati dalla rete,dal virtuale, ma questa non è la cau-sa, è solo la conseguenza del loro ri-tiro. Poi abbiamo ipotizzato che lacausa fosse il legame con le madriitaliane: una dipendenza che può

I genitori che decidono di chiedere aiuto agli psicoterapeuti hanno già visto il figliochiudersi in camerada almeno sei mesi, i ragazzi non voglionovedere nessuno, né coetanei né parenti

Viola ha un fidanzato di qualche anno più grande. Vuole uscirela sera per stare con lui ma i genitori non vogliono. Le dicono che hasolo 14 anni, non può andare e tornare come vuole. Lei ha una pauraterribile: se li ascolta, non riuscirà mai a diventare grande. Un giornoil ragazzo tronca la relazione, a lei crolla il mondo addosso: quellaera la sua unica strada verso l’emancipazione. In bagno, apre l’ar-madietto dei medicinali e inghiotte due pacchetti di pastiglie.Questa è solo una delle tante storie che arrivano al Crisis Centerdel-l’associazione L’Amico Charly: ogni anno, tra Milano e provincia,sono circa cinquanta gli adolescenti che tentano di togliersi la vita.Alcune volte è solo un “tentato suicidio”, quando cioè il ragazzo hanella testa l’intenzione di uccidersi ma usa mezzi incongrui per farlo(per esempio, mangiarsi una scatola di aspirine non porta alla morte,appendersi al cornicione senza lasciarsi andare, neanche), altrevolte sono “suicidi mancati” (che solo per un miracolo finisconobene), in tutti i casi sono gesti gravi, che parlano di un disagio pro-fondo.

Alessandra Granata è psicoterapeuta e coordinatrice del servizio,e ci lavora da 12 anni. «Ci occupiamo di tentati o mancati suicidi –racconta – però lavoriamo con la vita. Il fatto che questi ragazzi ar-rivino qui vuol dire che c’è una parte vitale di loro, ed è con essa checi alleiamo. Il suicidio è la seconda causa di morte tra gli adolescenti,subito dopo gli incidenti stradali. A dire il vero, anche sugli incidentistradali bisognerebbe aprire una parentesi perché non si può esserecerti che a volte non ci sia sotto una ideazione inconscia».

Due i fenomeni che sono mutati negli ultimi anni. «Fino a qual-che anno fa – spiega la dottoressa – l’età media di questi gesti eratra i 15 e i 16 anni. Adesso si concentra nella pre adolescenza, sui12/13 anni, o più tardi, sui 18/19 anni, come se il cambiamento discuola e la scelta universitaria facciano emergere delle situazioni didisagio». Le modalità sono diverse: le femmine tendono ad ingerirei farmaci (e a preservare il corpo), i maschi fanno gesti più esterni,come bere detersivi o gettarsi dal balcone.

Le cause? «I pretesti sono tanti, magari una rottura sentimentale,una lite coi genitori, coi compagni, un brutto voto – spiega la coor-dinatrice – ma i veri motivi sono dentro e dipendono da come gliadolescenti vivono le cose. Magari sono stati trattati troppo bene infamiglia e non sono capaci di tollerare le frustrazioni, o al contrariovivono un grande dolore familare e vogliono fuggire dalla sofferenza,oppure i genitori hanno investito tutto nel rapporto col figlio equindi in famiglia passa l’idea che una separazione sia il crollo delmondo, quando a un ragazzino capita di essere lasciato vive la cosacome una tragedia».

Il punto è, stando all’esperienza de L’Amico Charly, che non ne-cessariamente il disagio giovanile nasce da famiglie problematiche,economicamente povere, o separate. «Èun fenomeno trasversale –continua Granata – dipende dai messaggi che passano nelle relazionifamiliari, dove si forma la personalità, ma spesso i genitori si impe-gnano, sono presenti, e il ragazzo vive ugualmente un disagio».

Anche sul numero di adolescenti presi in carico, che aumenta,non ci sono certezze: «Forse questo numero aumenta perché la so-cietà è più sensibile nel riconoscerlo, e anche perché tra i ragazzi c’èmeno pregiudizio nel chiedere aiuto».

Stefania Culurgioni

Adolescenti fragili e incapaci di futuro,L’Amico Charly regala una speranza

MILANO

L’Amico Charly è nato nel 2001 a Milano in seguito alla tragicascomparsa di Charly Colomboallora sedicenne. La Onlus si occupa di prevenzione del disagio giovanile attraversoprogetti di intervento educativi,formativi, di assistenza e di sostegno a favore degliadolescenti, in collaborazionecon le istituzioni, le scuole e le famiglie.

Attraverso l’ausilio di un’équipedi psicologi ed esperti, L’AmicoCharly interviene nellaprevenzione e gestione delle situazioni a rischio finoalla presa in carico dei ragazziche hanno compiuto un tentatosuicidio. Gli interventi sonofinalizzati a sostenere la crescitadei giovani durante la fase più complessa del loro percorso,l’adolescenza, attraversata a volte da crisi personali che possono anche sfociare in comportamenti autolesivi.

Le azioni dell’associazione si collocano nell’ambito della prevenzione primaria(anticipazione di situazioni a rischio), secondaria (gestione di situazioni a rischio) e terziaria(cura dei ragazzi che hannocompiuto un tentato suicidio).

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Gli hikikomorisentono di essereinadeguati rispettoalle richieste dellanostra società e ciò glirende impossibile lacostruzione del sé

di Stefania Culurgioni

Il cappellino schiacciato sul-la fronte, gli occhi al pavi-mento, le braccia incrociate.C’è un muro invisibile che se-para Federico da tutto quelloche lo circonda. Si rintana nelsuo silenzio. Anche perché lepoche volte che ha provato alasciarsi andare, si è trovatotra le mani una tale inaspet-tata rabbia che lui stesso si èspaventato e non è riuscito acontenerla. Infatti due setti-mane fa ha finito per litigarecon un coetaneo per unasciocchezza, gli ha dato unpugno, gli ha spaccato il nasoe si è preso una denuncia.

Cosa succede agli adolescenti dioggi? Cosa succede a quelli “comeFederico”? I numeri dicono che au-mentano i ragazzi presi in carico daiservizi, ma i motivi quali sono? Fi-lippo Petrogalli, psicoterapeuta, la-

esasperare l’ansia da separazione.Ma le madri degli hikikomori nonerano particolarmente protettive.Infine, la vera causa, è di natura an-tropologica: il ritiro sociale adole-scenziale è la conseguenza della so-cietà contemporanea di tipo narci-sistica in cui c’è un bisognoossessivo di esibire il corpo e, dun-que, la necessità di un corpo ade-guato. Se non si sentono pronti gliadolescenti cominciano a isolarsi.Perché c’è una distanza enorme fracome si percepiscono – brutti egoffi –e il loro ideale di sé, che mira,invece, alla perfezione. Comincia-no col provare vergogna quandosono insieme agli altri. Sentono diessere inadeguati rispetto alle ri-chieste della nostra società e ciòrende impossibile la costruzionedel sé che, invece, consentirebbe ilpassaggio all’età adulta».

Far crescere l’autostimaIl 90% degli hikikomori è maschio.«Questo perché – prosegue il dot-tor Piotti –nelle ragazze il senso diinadeguatezza rispetto al propriocorpo si manifesta con i disturbialimentari, l’anoressia o la bulimiasono patologie più femminili, il ri-tiro sociale, più maschile».

Al Minotauro i terapisti punta-no su diversi aspetti. I genitori e larete sono i più importanti. Il web èuna cartina di tornasole degli inte-ressi del ragazzo, anche per capirei canali attraverso cui è possibilecreare un contatto.

«Ai ragazzi che ancora hannoun minimo di relazione con l’ester-no – conclude Piotti –proponiamolaboratori dove esprimere la pro-pria creatività e far crescere auto-stima: dal cinema, al teatro, ai vi-deo, alla rete. E poi lavoriamo mol-tissimo sui genitori: in modo chesappiano come gestire la reclusio-ne senza scatenare l’aggressivitàdel figlio e fornendo loro le moda-lità di comportamento per rico-minciare a tessere una relazionecon l’adolescente».

Vittimedella paura di farlicrescere

DOSSIER

Oggi si fa sempre meno prevenzioneed aumentano i casi problematici tragli adolescenti. Ma c’è chi non molla

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L’INTERVISTA

vora a contatto con loro da 15 anniper Farsi Prossimo. Tiene incontriprotetti tra genitori e figli, entra nel-le scuole con uno sportello di coun-selling, lavora anche tra quelli “diffi-cili” del Beccaria.

Non si fa più prevenzione«Una volta nella sola Milano c’era-no 19 centri di aggregazione giova-nili – racconta. Oggi per via dei taglifinanziari ne sono stati chiusi tanti,insieme ai progetti di educativa distada. Si tende a sovvenzionare soloquello che è urgente mentre i Cagsono, per così dire, servizi a bassasoglia. Ecco però uno dei risultati:se fai meno prevenzione poi au-mentano i casi problematici. Ti ri-trovi con più ragazzini che hannosviluppato una forma di disagio».

Ma il discorso è ben più com-plesso. Prendiamo il caso di Federi-co, che arriva da un quartiere peri-

ferico, da due genitori separati, conun papà che ha avuto in passato pro-blemi di dipendenza. «La mammaha paura di farlo crescere – continuaPetrogalli – È talmente spaventatache commetta qualche sciocchezza,che lo tiene agganciato a sé più chepuò. Lui ha 15 anni, vuole uscire,vuole diventare grande, lei lo con-trasta e il particolare che dice tuttoè che Federico dorme nel lettonecon sua madre. Un comportamentocercato dal ragazzo, assecondatodal genitore».

Ma vischioso, pericolosamentevischioso. Questo dettaglio dicemoltissimo sull’errore di molti ge-nitori: «È come se i genitori non fos-sero capaci di dire di no – continuaPetrogalli – è come se non soppor-tassero di dover compiere alcunisforzi. Tralasciando il caso di Fede-rico, la cui mamma fatica ad asse-condare le spinte evolutive del fi-

glio, alcuni non tollerano la fatica diavere a che fare con un figlio oppo-sitivo e allora dicono sempre di sì.L’adolescenza è un momento diffi-cile per tutti: un figlio ti sputa in fac-cia tutto quello che odia di te, tu rap-presenti tutto quello che lui nonvuole essere. Lui lo sta facendo per-ché gli serve per definire se stesso,ma se tu sei un genitore che non hafatto i conti con la propria adole-scenza, allora sei fragile e cedi».

Secondo Petrogalli, insomma, seil disagio dei ragazzi aumenta è per-ché vengono meno gli argini, quelliche sa dare un genitore. Ma ancheperché il mondo fuori non è inco-raggiate: «Alle superiori mi capita diparlare con studenti brillanti – rac-conta – che però sono del tutto prividi speranza. Sanno che, pur se stu-dieranno, sarà difficile trovare un la-voro. Se succede a loro, figuriamocicon i ragazzini disagiati».

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IL PROGETTO

Daniele Novara, pedagogista, nel 1989 ha fondatoil Centro psicopedagogico per la pace (Cpp) e la ge-stione dei conflitti. Gestisce lo sportello di consulenzapedagogica per genitori al Cpp di Piacenza e di Mi-lano. Ha scritto, fra gli altri, “Urlare non serve anulla”, Bur Rizzoli. A lui abbiamo chiesto di raccon-tarci come sono i genitori italiani e come si relazio-nano con i figli adolescenti.

«Oggi gli adolescenti sono in difficoltà, con fre-quenti situazioni di sofferenza esistenziale. Certo,sono instabili per natura ma il problema è che si re-lazionano con una generazione di genitori che gio-cano a fare gli adolescenti, e hanno atteggiamentiinfantili. Non so quante volte ho ripetuto ai padri ealle madri che i loro figli non cercano un amico nelgenitore, ma vogliono che siano adulti, che faccianogli educatori, mettano regole e confini».

Le mamme sono le prime imputate: «Oggi a 40anni la donna con una figlia di 15 si sente giovanecome la figlia, ha atteggiamenti simili e si veste comelei. La figlia si trova la concorrente in casa. La transi-zione dall'età adolescenziale verso l'età adulta passaper un confronto-scontro con la figura di riferimento

principale che in questo caso è assente». E poi ci sonoi padri: «Se nell'infanzia sono stati poco presenti,nell'adolescenza scompaiono del tutto. O marginali.Le donne si assumono il compito di proteggere ilfiglio o la figlia in eterno. Ma il padre in adolescenzaè indispensabile perché, se la donna rappresental'accudimento infantile, la protezione, il controllo, ilpadre deve esprimere il “codice paterno”, ovvero leistanze di autonomia, esplorazione, avventura, inuna parola allontanamento. Il papà è più predispostoa gestire l'allontanamento di un figlio senza un pesoemotivo eccessivo».

Novara racconta di adolescenti iperprotetti, ipercoccolati e poco autonomi. «Parlo di ragazzini che lamamma bacia in bocca e li chiama solo amore e te-soro. Li infantilizzano al punto che a 13 anni dormonocon i genitori nel lettone. E quando si separano padree madre li mettono a dormire con loro. Tutti gli stru-menti di autonomia gli sono negati per non con-sentirgli di crescere. Ègravissimo e pericoloso sotto ilprofilo psicologico. L'amore genitoriale deve con-sentire ai figli di staccarsi, di andarsene, è questoche in Italia ancora non si riesce a capire». (Dp)

Daniele Novara, lancia l’allarme: «I genitori non lasciano crescere i figli»

È come se i genitori nonfossero capaci di dire di no, come se nonsopportassero la fatica di avere a che fare con unfiglio oppositivo.Per questo dicono sempre sì

2.800.000Il numero di adolescenti nel nostropaese (dati Istat)

70 per cento Gli adolescenti “malati” di narcisismo.Lo dice un'indagine del Boston College.

[email protected]_Scarp 17/02/16 16:27 Pagina 45