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Parte Seconda LA CRISI ARIANA DALL'INIZIO AL CONCILIO DI NICEA (325)

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Parte Seconda

LA CRISI ARIANADALL'INIZIO

AL CONCILIO DI NICEA (325)

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In data non precisabile intorno al 320 il prete Ario, membroinfluente del clero di Alessandria, cominciò a diffondere delleidee su Cristo che provocarono subito forti reazioni. Accusatopresso il vescovo Alessandro, Ario non modificò le sue posizionie fu perciò condannato e deposto dal suo ufficio insieme conalcuni seguaci. Tuttavia trovò larghi appoggi in membri ancheinfluenti dell'episcopato orientale, così che la controversia, lungidallo spegnersi, si diffuse ben presto in gran parte dell'oriente.Ebbe inizio la crisi ariana, che si protrasse per buona parte delIV secolo, coinvolse tutto l'oriente e poi anche l'occidente, po­larizzò attorno a sé gl'ingegni più validi della cristianità del tem­po e contribuì in modo decisivo alla definitiva formulazione deldogma trinitario.

Per ambientare la controversia, si ricordi che da circa un se­colo e mezzo si discuteva, soprattutto in oriente, sulla natura diCristo e sul suo rapporto con Dio Padre. I cosiddetti teologi delLogos, dei quali abbiamo già conosciuto Eusebio, consideravanoil Padre e il Figlio come due entità divine sussistenti (ipostasi,bypostaseisi, la seconda originata dalla prima e a lui subordinata,e assicuravano l'unione dei due sul piano dinamico dell'unità divolere e agire. Questa concezione appariva «diteista» a tantipreoccupati di salvaguardare più adeguatamente l'unità di Dio.Alcuni di costoro, i monarchiani, tendevano a considerare il Lo­gos divino come non sussistente, ma come una dynamis, una fa­coltà operativa del Padre, che solo prendendo corpo nell'uomoGesù aveva acquistato sussistenza individuale. Contro costoropolemizzava Ario e contro chi gli sembrava profilare il rapportodi generazione fra il Padre e il Figlio in modo eccessivamentematerialista. Egli veniva a rappresentare, nell'ambito della tradi-

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66 PARTE SECONDA LA CRISI ARIANA

zione di Origene, l'ala più radicale: per affermare decisamentel'individualità sussistente del Figlio, ne faceva una creatura delPadre, anche se di condizione unica e privilegiata, e lo conside­rava in definitiva come un dio minore, non partecipe né dell'o­nore né della natura del Padre, unico vero Dio. Alessandro rap­presentava un origenismo moderato che, pur subordinando il Fi­glio al Padre, non lo staccava da lui in modo così reciso: puressendo lontano dalle dottrine monarchiane, dopo lunga medita­zione, fu costretto a prendere posizione contro Ario e lo fececondannare da un concilio di vescovi d'Egitto e di Libia, insiemecon alcuni seguaci.

Ma la sua dottrina radicale Ario, almeno in parte, l'avevaassimilata alla scuola del prete antiocheno Luciano, presso il qua­le avevano studiato vari esponenti qualificati dell'episcopatoorientale di quegli anni. Presso costoro, tra i quali il più influen­te era Eusebio di Nicornedia, il prete alessandrino trovò rifugioe sostegno: anche presso Eusebio di Cesarea, il cui subordinazio­nismo però non raggiungeva le punte radicali di Ario e che per­ciò, pur cooperando politicamente con i suoi sostenitori, nonvolle mai confondere con loro la sua posizione ideologica. Unamissione in oriente di Ossio di Cordova, voluta da Costantino,non sortì alcun effetto, così che si giunse, per ordine dell'impe­ratore, alla convocazione, a Nicea in Asia Minore, del primoconcilio ecumenico della Chiesa, che si svolse fra maggio e giu­gno del 325. Un concentramento di origeniani moderati e di mo­narchiani isolò i partigiani di Ario; ma la stesura di una formuladi fede, tale da significare il ripudio senza ombra di dubbio delladottrina di Ario, fu molto laboriosa perché gli antiariani eranoprofondamente divisi fra loro su punti qualificanti di dottrina.Perciò l'adozione del termine bomoousios, imposto alla fine dallostesso Costantino come radicalmente opposto alle tesi di Ario,non fu gradita da molti che lo sottoscrissero soltanto dietro pres­sione dell'imperatore. Fra questi ci fu pure Eusebio di Cesarea eperfino Eusebio di Nicomedia, il leader dello schieramento aria­no. Ario e pochi dei suoi non vollero sottoscrivere e furono esi­liati. Successivamente fu esiliato, per causa non ben precisata,anche Eusebio di Nicomedia.

La sorte dell'arianesimo sembrava così segnata; ma nel giro diqualche anno la situazione si rovesciò. il malumore che la formu­la nicena aveva provocato in molti esponenti dell'episcopatoorientale, non ariani ma neppure fautori dell'impostazione dot-

trinale del simbolo niceno, costituì la piattaforma che permiseprima ad Eusebio di Cesarea e poi, tornato dall' esilio, adEusebio di Nicornedia, di organizzare un'accorta reazioneantinicena. Essi non agirono sul piano ideologico, perchéCostantino non avrebbe permesso che si mettesse pubblicamentein discussione il credo di Nicea, ma solo sul piano personale; varicapiparte antiariani con pretesti vari, ora dottrinali oradisciplinari, furono posti sotto accusa, condannati e deposti.Basti ricordare Eustazio di Antiochia, Asclepio di Gaza,Marcello di Ancira e Atanasio di Alessandria, il successore diAlessandro (concilio di Tiro del 335). Lo stesso Ario, a seguitodi una anodina professione di fede presentata a Costantino, furiabilitato da un concilio tenuto a Gerusalemme nel 335, mamorì quasi subito, senza essere potuto rientrare ad Alessandria.Di lì a poco moriva anche Costantino, e la sua morte impresseun nuovo aspetto alla controversia, a riprova dell'incidenzaormai decisiva che il potere politico esercitava nelle questionianche più specificamente religiose della chiesa.

I testi che presentiamo per illustrare la prima fase della con­troversia ariana sono sufficienti a dare un quadro abbastanzacompleto delle diverse impostazioni dottrinali che si scontraronoa Nicea, e propongono l'essenziale della documentazione super­stite relativa al concilio.

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1. Aria, Letteraa Eusebiodi Nicomedia

È il documento più antico della controversia ariana. Ario lo indirizzò aEusebio di Nicomedia, che era stato con lui alla scuola di Luciano esarebbe diventato il più valido dei suoi sostenitori, quando, condanna­to da Alessandro, si trovava ancora ad Alessandria o se ne era allonta­nato da poco. In esso egli espone la sua dottrina nella forma piùradicale. Rimprovera ad Alessandro di ritenere il Figlio esistente abaeterno e perciò coeterno col Padre, e derivato dalla sua sostanza. Dicontro afferma che, prima di essere stato generato e creato, il Figlionon esisteva e che è stato tratto all' essere dal nulla. Sono queste le dueproposizioni più radicali della dottrina di Ario. In lui è soprattuttoevidente la preoccupazione di escludere una concezione materialistadella generazione divina, che importerebbe la divisione in due parti delcomune sostrato divino, preoccupazione che Ario condivide con Ori­gene e che forse non era infondata, data la prevalente impostazionematerialista della riflessione teologica d'ambiente asiatico.

Se in questa preoccupazione Ario continua l'impostazione trini­taria di Origene, se ne distacca nel rifiutare 12. coeternità del Figliocol Padre, perché, profilando la generazione divina secondo i para­metri di quella animale, non riesce a comprendere l'assoluta atempo­ralità di questo processo, che Origene aveva invece ben rilevato (deprincipiis IV 4, 1). Anche la conclusione che egli trae dall'escluderela generazione del Figlio dalla sostanza del Padre, cioè che questi erastato tratto all' essere dal nulla, lo isola rispetto alla tradizione prece­dente la quale, pur ritenendo il Figlio in varia misura inferiore alPadre, lo aveva però sempre ritenuto Figlio vero, nel senso propriodel termine, e non soltanto metaforicamente, per adozione. Quandoperciò Ario afferma che i vescovi d'oriente, nella quasi totalità, lapensano come lui, esagera largamente. Quanto ai tre vescovi chedichiara a lui ostili, troppo poco ne sappiamo per poter definire laloro posizione dottrinale.

LETTERA A EUSEBIO DI 1'.'ICOMEDIA 69

Presentiamo il testo della lettera di Ario a Eusebio di Nicomediasecondo l'edizione di H.G. Opitz, Urkunden zur Geschichte des aria­nischen Streites, Berlin - Leipzig 1934, pp. 1-3.

Ario era prete ad Alessandria quando, già in tarda età, intorno al 320 provo­cò con la diffusione delle sue idee su Cristo l'inizio della grande controversiache da lui ebbe nome, e per le cui vicende si rimanda alle notizie contenutenelle introduzioni ai singoli testi. Di lui ci sono rimaste tre lettere e alcuniframmenti della Tbalia (Banchetto), un'opera scritta in poesia per propagan­dare più efficacemente la sua dottrina. Condannato al concilio di Nicea del325 ed esiliato, fu richiamato dall'esilio e successivamente riabilitato, pervolere di Costantino, nel concilio di Gerusalemme del 335, ma morì pocodopo, prima di essere potuto rientrare ad Alessandria.

Bibliografia: E. Boularand, L 'héresie d'Arius et la fai de Nicée, I-II, Paris1972-3; M. Simonetti, La crisi ariana nel N secolo, Roma 1975; R. Lorenz,Arius iudaizans>, Gottingen 1980.

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1. Al signore Eusebio, arnatrssimo uomo fedele a Dio e di

retta fede, da parte di Ario, perseguitato da papa 1 Alessandro

ingiustamente a causa della verità che vince su tutto e che anche

tu difendi, salute nel Signore.2. Poiché il padre" Ammonio veniva a Nicomedia, mi è

sembrato opportuno e doveroso salutarti per suo tramite e insie­

me rammentarti 1'affetto in te innato e la buona disposizione che

hai verso i fratelli in grazia di Dio e del suo Cristo, dato che ilvescovo aspramente ci tormenta, ci perseguita e usa contro di

noi ogni mezzo, sì che ci ha scacciato dalla città quali uomini

senza Dio. il motivo è che non siamo d'accordo con lui che af­

ferma pubblicamente: «Sempre Dio sempre il Figlio, insieme ilPadre insieme il Figlio, il Figlio coesiste con Dio senza essere

stato generato, generato da sempre, ingenerato-generato '. Né

nel pensiero né di un solo istante Dio precede il Figlio. Sempre

Dio sempre il Figlio. il Figlio deriva proprio da Di0 4 »,

3. E poiché Eusebio, il tuo collega di Cesarea, Teodoto, Pao­

lina, Atanasio", Gregorio, Aezio e tutti gli orientali affermano

che Dio, senza avere inizio, preesiste al Figlio, tutti sono stati

condannati, eccetto Filogonio, Ellanico e Macario, eretici igno­

ranti i quali sostengono, uno che il Figlio è eruttazione, un altro

emissione, un altro ingenerato insieme col Padre".

4. Tali empietà non possiamo neppure stare a sentire, anche

se gli eretici ci minacciano mille morti. Ma noi che cosa affer-

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ARIa LETTERA A EUSEBIO DI NICOMEDIA 73

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~flW\I, cruÀÀOUXLCX\lLcr't',x ò:ÀT]9wç Eùcri~LI;,

miamo, pensiamo, abbiamo insegnato e insegnamo? Il Figlio non

è ingenerato né in alcun modo è parte dell'ingenerato 7 né deriva

da un sostrato; ma per volere" e decisione del Padre è venuto

all'esistenza prima dei tempi? e dei secoli, pienamente Dio 10,

unigenito, inalterabile Il. 5. E prima di essere stato sia genera­

to sia creato 12 sia definito sia fondato (Prov. 8,22-5), non esiste­

va 13. Infatti non era ingenerato 14. Veniamo perseguitati perché

abbiamo detto: «Il Figlio ha principio, mentre Dio è senza

principio ». Per questo siamo perseguitati, e perché abbiamo

detto: «Deriva dal nulla». Così abbiamo detto, in quanto non è

né parte di Dio né deriva da un sostrato. Per questo siamo

perseguitati. Il resto tu lo sai.

Ti auguro di star bene nel Signore, memore delle nostre affli­

zioni, Eusebio veramente collucianista 15.

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2. Aria, Lettera ad Alessandro di Alessandria

È una professione di fede che Ario e i suoi compagni indirizzaronoad Alessandro, quando erano fuori d'Egitto, forse per consiglio diEusebio di Nicomedia. Rispetto al testo precedente, qui Ario precisameglio qualche dettaglio e soprattutto ne attenua qualche punta ra­dicale. Soprattutto tace della creazione dal nulla del Figlio per partedel Padre, ma senza precisarne meglio l'origine, in quanto tace anco­ra che il Figlio possa aver tratto l'essere dalla sostanza divina. In talsenso però egli precisa di esser disposto ad accettare la derivazione(generica) del Figlio dal (lx) Padre, ma con la precisazione che essanon debba essere intesa come divisione della sostanza divina. Perquesto motivo condanna alcune dottrine eretiche che, a suo parere,profilavano in tal modo l'origine del Figlio (Valentino, Mani), insie­me con la dottrina monarchiana di Sabellio.

D testo, meglio elaborato del precedente, tende a presentare dauna parte l'assoluta preminenza del Padre, ma dall'altra anche il ca­rattere d'eccellenza del Figlio, che viene collocato, per così dire, amezzo, fra Dio e il mondo della creazione, nella sua qualità di essereunico creato direttamente dal Padre per provvedere poi, per voleredel Padre, alla creazione di tutti gli altri esseri. In tal senso egli èl'Unigenito, perché Ario, sulla base dell'equivalenza creare = gene­rare, fondata - come ha fatto nella lettera ad Eusebio e come faancora qui - su Provo 8,22-5, continua a parlare del Figlio «anche»come generato dal Padre, uniformandosi così ad un dato altamentetradizionale. Ario resta fermo, invece, nell'affermazione che il Padreprecede il Figlio il quale perciò, prima di essere stato generato, nonesisteva.

Questa formulazione della dottrina, rispetto alla precedente, faconcessioni più di forma che di sostanza e rileva bene la capacità diArio di riprendere proposizioni tradizionali ad litteram ma piegando­le ad una nuova significazione, molto più subordinante che prima. D

LETTERA AD ALESSANDRO DI ALESSANDRIA 75

testo era destinato a grande fortuna nelle file degli ariani e dei lorosimpatizzanti. Nel 358 circa Dario sentirà infatti l'esigenza di ri­prenderlo, per confutarlo ampiamente, nei ll. IV-VI del de trinitate, eancora nel 381, nel concilio di Aquileia, sarà tirato in questionedurante il dibattimento.

Per il testo della lettera seguiamo l'edizione di H.G. Opitz, Ur­kunden zur Geschichte des arianiscben Streites... , pp. 12-3.

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1t).,eLcr't"O:xLç 't"oùç 't"Ct;G't"Ct; eLcr1j'Y'TlcrCt;flé\lOl)ç &1t1jropel)crCt;ç, &).,).,' wç~Ct;fle\l, ge).,TjflCt;'t"L 't"oG 9eoG 7tpÒ XPO\lW\I XCt;L 1tpÒ Ct;LW\lW\I x't"Lcr9é\l-

1. Al beato papa e vescovo nostro Alessandro, da parte dei

preti e dei diaconi, salute nel Signore.

2. La nostra fede, che ci viene dai padri 1 e che anche da te,

beato papa, abbiamo appreso, è la seguente. Sappiamo che esiste

un unico Dio, solo" ingenerato, solo eterno, solo senza princi­

pio, solo vero, solo che possiede l'immortalità, solo sapiente, solo

buono, solo potente, che giudica regge e governa ogni cosa, im­

mutabile e inalterabile, giusto e buono", Dio della Legge, dei

profeti e del Nuovo Testamento. Egli ha generato" il Figlio uni­

genito prima dei tempi eterni, e per mezzo di lui ha creato i

tempi e tutte le cose: lo ha generato non in apparenza ma in

realtà, per propria volontà lo ha fatto sussistere, immutabile e

inalterabile, creatura perfetta di Dio, ma non come una delle

creature, genitura, ma non come una delle geniture. 3. Non

come Valentino 5 ha sostenuto che la genitura del Padre è emana­

zione; né come Mani ha insegnato che la genitura è parte consu­

stanziale " del Padre; né come Sabellio, dividendo la monade,

l'ha definita figlio-padre 7; né come Ieraca ha affermato lucerna

da lucerna o quasi un lume che si divide in due, né nel senso che,

esistendo dapprima 8, dopo è stato generato o creato in luogo di

Figlio, come tu stesso, beato papa, hai più volte condannato, in

mezzo alla chiesa e in assemblea, coloro che facevano tali affer­

mazioni. Affermiamo invece 9 che il Figlio è stato creato per

volere di Dio prima dei tempi e dei secoli, ed ha ricevuto dal

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ARIa LETTERA AD ALESSANDRO DI ALESSANDRIA 79

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06çcxç, <ru\lU1toO"'tTjO"CX\l'toç cxù't~ 'toi) 1tcx'tpoç. 4. où itXP ò1tcxTÌ"iP ooùç cxù't~ 1t<X\l'tW\I TÌ"i\l xÀ7]PO\lOflLCX\l iO"'tép7]O"e\l ~cxu'tÒ\l

W\I eXiewfl'twç exel i\l ~cxu't~· 1t7]"(1j i<XP iO"'tL\l 1t<X\I'tW\I. wO"'te5 'tpeTç eLO"l\l U1tOO"'t<XO"elç. xcxl Ò flè\l geòç CXt'tlOç 'tW\I 1t<X\l'tW\I 'tUi­

X<X\lW\I iO"'tl\l a\lcxpxoç flO\lW'tCX'tOç, Ò oè U[Òç eXXPO\lWç iew7]9dçU1tÒ 'toi) 1tCX'tpÒç xcxl 1tpÒ cx1w\lw\I x'tl0"9dç xcx1 gefleÀlW9dç (Prov.8, 22-5) OÙX Tj\l 1tPÒ 'toi) iew7]9fj\lCXl, eX),,),,' eXXPO\lWç 1tPÒ 1t<X\I­

'tW\I iew7]9eCç, flO\loç U1tÒ 'toi) 1tcx'tpòç u1téO"'t7j. oùoè i<XP iO"'tL\lIO eXWlOç 1) <ru\lcx'towç 7ì <ru\lCXiéw7]'tOç 't~ 1tCX'tpL, oùoè aflcx 't~ 1tCX­

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O"oi) fleflcx91)xcxfle\l xcx't~ fléO"7]\I TÌ"i\l iXXÀ7]O"LCX\l X7]pUçCX\l'toç.'5 5. Kcx9ò OÙ\I 1tCXptX 'toi) 9eoi) 'tò d\lCXl exel xcxl 'ttXç 06çcxç xcx1

'tò ~fj\l xcxl 't~ 1t<X\l'tCX cxù't~ 1tcxpe0697], xcx't~ 'toi)'to eXpXTJ cxù'toi)ÈO"'tl\l Ò geoç. apxel i~P cxù'toi) wç geòç cxù'toi) xcxl1tpò cxù'toi) W\I.eL oè 'tò «iç cxù'toi)>> xcx1 rò « ix iCXO"'tpòç» iPs. 109, 3) xcxl rò « ix'toi) 1tcx'tpòç içijÀ90\l xcxl flxw» (Ev. lo. 8, 42) wç flépoç cxù'toi)

20 ÒflOOUO"LOU xcx1 wç 1tpO~oÀTJ U1tO 'tl\lW\I \lOet'tCXl, crU\lge'toç eO"'tcxl Ò1tcxTÌ"iP xcx1 olCXlpe'tòç xcx1 'tpe1t'tòç xcxl O"wflCX xcx't' CXÙ'toùç xcxl rò

00"0\1 i1t' cxù'toTç 't~ eXxoÀou9cx O"WflCX'tl 1t<XO"XW\I Ò eXO"wflCX'tOçgeoç.

'Eppw0"9CXt es i\l XUpL~ euxoflCXl, flcxx<xple 1t<X1tcx. "Apeloç,25 'Ael9cxÀfjç, 'AXl)..)..euç, Kcxp1tw\l7]ç, ~cxPfl<X'tCXç, "Apewç 1tpe­

o"~u'tepOL. Ol<XXO\lOL EÙ~W'LOç, Aouxwç, 'IouÀLOç, M7]\I&ç, 'EÀ­À<XOlOç, f<X"Loç. i1tLcrx01tOl ~exoi)\looç TIe\l'tCX1toÀewç, 0ew\I&ç

At~uç, [TIlO"'tOç].

I

Padre la vita, l'essere e la gloria, mentre il Padre sussiste insieme

con lui. 4. Infatti il Padre, nel dare a lui l'eredità di tutto,

non ha privato se stesso di ciò che possiede in sé stesso senza

essere stato generato, in quanto è fonte di tutte le cose. Sicché

esistono tre ipostasi 10; e Dio che è causa di tutte le cose è senza

principio assolutamente solo; invece il Figlio, generato dal Padre

fuori dal tempoll e creato e fondato (Prov. 8, 22-5) prima dei

tempi, non esisteva prima di essere stato generato, ma generato

fuori dal tempo prima di tutte le cose, egli solo ha derivato l'es­

sere sussistente dal Padre. Infatti non è eterno né coeterno né

ingenerato insieme col Padre, né ha l'essere insieme col Padre,come dicono alcuni sulla base del principio di relazione 12,

introducendo così due princìpi ingenerati. Ma in quanto monadee principio di tutto, Dio esiste prima di tutto; perciò esiste

anche prima del Figlio, come abbiamo appreso anche da te che

insegnavi in mezzo alla chiesa.5. In quanto il Figlio ha da Dio l'essere, la gloria, la vita, e

tutto gli è stato affidato, in questo senso Dio è suo principio.

Infatti comanda su di lui, in quanto è il suo Dio ed esiste prima

di lui. Quanto poi a espressioni come «da lui» e «dal ventre»

(Ps. 109, 3) e «sono uscito dal Padre e sono venuto» (Ev. lo. 8,

42) 13, se alcuni le intendono nel senso che il Figlio è parte del

Padre consustanziale ed emanazione, il Padre risulterà, secondo

loro, composto, divisibile, mutevole e corpo; e Dio incorporeo

sarà soggetto a tutto ciò che, secondo loro, succede naturalmente

ad un corpo.Ti auguro di star bene nel Signore, beato papa. Ario, Aitale,

Achille, Carpone, Sarmata, Ario, preti. Euzoio, Lucio, Giulio,

Mena, Elladio, Gaio, diaconi. Secondo della Pentapoli, Teona

della Libia, [Pisto], vescovi.

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3. Alessandro, Lettera a tutti i vescovi

Questa lettera enciclica di Alessandro di Alessandria si colloca cro­nologicamente fra la prima e la seconda lettera di Ario. Egli la scris­se dopo che il clero di Alessandria aveva condannato Ario e un con­cilio di circa cento vescovi di Egitto e di Libia aveva ratificato lacondanna, perché la propaganda che Eusebio di Nicomedia faceva infavore di Ario gli fece ritenere opportuno scrivere ai vescovi dellacristianità per informarli su come si fossero svolte le cose e sul teno­re della dottrina di Ario. Perciò insieme con un breve ragguaglio deifatti, che insiste soprattutto sulla responsabilità di Eusebio, egli dàun sommario della dottrina di Ario e lo fa seguire da una confutazio­ne breve ma dettagliata.

La presentazione della dottrina di Ario è fatta insistendo sui suoiaspetti più radicali e forse con una certa tendenziosità in merito allamutabilità del Figlio. La confutazione è fondata essenzialmente sul­l'argomento scritturistico, cioè riportando passi vetero e neotesta­mentari che contrastavano in modo diretto le proposizioni ariane.Indirettamente si ricava la posizione dottrinale di Alessandro, che èin perfetta antitesi con quella di Ario sulle due proposizioni fonda­mentali: il Figlio è coeterno col Padre ed è stato da lui generato congenerazione reale. Per reazione al radicale subordinazionismo diArio, anche il moderato subordinazionismo ereditato dalla tradizio­ne origeniana viene da Alessandro ulteriormente ridotto.

In questo testo, forse volutamente, Alessandro non fa ricorso aterminologia tecnica. In un'altra lettera, ad Alessandro di Tessaloni­ca (Opitz, Urkunden zur Geschichte des arianischen Streites... , p. 19sgg.), Alessandro precisa meglio il suo pensiero anche su questo pun­to: evita di parlare di ousia del Padre e del Figlio, perché questotermine si prestava ad equivoci e poteva provocare l'accusa di conce­pire Dio in modo corporeo e materiale. Si serve invece delle ormaitradizionali definizioni del Padre e del Figlio come ipostasi. In effet-

LETTERA A TUTTI I VESCOVI 8 I

ti Alessandro può essere definito un origeniano moderato, senzadubbio più fedele allo spirito e alla lettera della formulazione trinita­ria di Origene, che invece Ario, pur riaffermando la dottrina delletre ipostasi, alterava profondamente.

Per il testo di questa lettera abbiamo seguito l'edizione di H.G.Opitz, Urkunden zur Geschichte des arianischen Streites... , pp. 6-10.

Alessandro fu vescovo di Alessandria dal 312 al 328. Prima fu coinvoltonello scisma meliziano, di natura disciplinare, e poi nella controversia arianaper la sua opposizione alla dottrina di Aria. Ottenne a Nicea (325) la con­danna del suo avversario e morì prima che la reazione a favore di questi sifosse pienamente sviluppata. Ci sono rimaste due tra le varie lettere scrittenel contesto della controversia.

Bibliografia: M. Simonetti, Studi sull'arianesimo, Roma 1965, pp. 110-34.

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1. Tote; &iiX1tTj'tOte; XiXL 'tLfLLW't(X'tme; auÀÀeL'tOUPiOte; 'tOte;

!X1tiXV'tiXXOG rije; xiX6oÀLXije; h"'ÀTjcrLiXe; ,AÀÉçiXvopoe; ~v XUpL~

XiXLpeLV.2. 'Evòe; crwfLiX'tOe; oV'toe; rije; xiX6oÀLXije; ~xxÀTjcrLiXe; ~V'toÀiie;

5 'te OUa1ìe; ~V 'tiXte; 6eLiXLe; iPiXl:fliXte; 'tTjpetv 'tÒV crUVOecrfLOV rije; OfLO­

VOLiXe; XiXL elpTjVTje; (Ep. Eph. 4, 3 sg.) &xoÀou6ov ~cr'tL ipcXl:fleLV

TjfLlie; XiXL a1ìfLiXLVeLV &ÀÀTjÀme; 't<X 1tiXP' ixcXcr'tou iLVOfLeViX, LViX

eL'te 1tcXcr):eL eL'te XiXLpeL ev fLiÀoe; Tj aufL1tcXcr):WfLeV Tj auIXiXLpw­

fLeV &ÀÀTjÀme;. 3. ~v 't'ij TjfLe'tip~ 'tOLVUV 1tiXpmx[~ ~çijÀ6ov

ro vGv àtVopee; 1tiXPcXVOfLOL XiXL XPLcr'tOfLcXxm OLOcXcrxOV'tee; &1tOcr'tiX­

crLiXV, Tjv e1xO'twe; àtv 'tLe; 1tPOOPOfLOV 'toG &V'tLxpLcr'tOU ll1tOVOTj­

creLe XiXL xiXÀicreLeV. 4. XiXL ~~ouÀofLTjV fLèv crLW1tf!1tiXPiXOOGviXL

'tò 'tmoG'tov, 01tWe; ~v 'tOte; 1tpOcr'tcX'tiXLe; fLovme; &viXÀw6f! 'tò XiX­

xòv XiXL fL1) de; hipoue; 't01tOUe; OLiX~<XV 'tò 'tmoG'tov pU1t(~cr-a

15 'tLVWV &XepiXLWV 't<xe; &XocXe;. ~1teL01) oè Eùcri~Loe; o vGv ~V 't'ij

N LXOfLTjOcLqt vOfLLcriXe; ~1t' iXÙ'tii> xdcr6cxL 't<X rije; ~XXÀTjcrLiXe;, O'tL

XiX'tiXÀeL~iXe; "t'Ìjv BTjpu'tòv xiXl. ~1tOI:fl6iXÀfLLcriXe; 't'ij ~XXÀTjcrL~ N L­

XOfLTjOiwv XiXl. oùx ~XOeOLXTj'tiXL XiX't' iXÙ'tOG, 1tpOLcr'tiX'tiXL XCXL

't01J'tWV 'tWV &1tOcr'tiX'tWV XiXl. ipcXl:fleLV ~1teXeLpTjcre 1tiXV'tiXXOG eu-

20 VLcr'tWV cxlhoue;, 01tWe; U1tocrUPTI 'tLV<xe; &YVOoGV'tiXe; de; "t'Ìjv iXL­

cr):L(j'tTjV 'tiXU'tTjV XiXL XPLcr'tOfLcXXOV iXLpecrLV, &vcXYXTjV e.cr):ov d­

owe; 'tò ~v 'téi> VOfL~ iCYPiXfLfLivov fLTjXi'tL fLèv crLW1tijcriXL, &viXi­ieLÀiXL oÈ 1tCXcrLV ufLtV, LViX iLVWcrxTj'te 'toue; 'te &1tOcr't(X'tiXe; ieVO­

fLivoue; XiXl. 't<X rije; iX1picrewe; iXÙ'tWV OU(j'tTjViX pTjfLiX'tCX XCXL, ~àv

1. Alessandro saluta nel Signore gli amati e stimatissimi colle­ghi di tutta la chiesa cattolica.

2. Poiché uno solo è il corpo della chiesa cattolica e le Sacre

Scritture ci impongono di custodire il vincolo della concordia e

della pace (Ep. Eph. 4, 3 sg.), è opportuno che noi ci scriviamo e

ci comunichiamo reciprocamente ciò che accade presso ciascuno,

perché, sia che soffra sia che si rallegri un membro, noi tutti

insieme soffriamo o ci rallegriamo reciprocamente. 3. Orbene

nella nostra diocesi uomini empi e nemici di Cristo son venuti

fuori ad insegnare un' apostasia che a ragione si può considerare e

definire precorritrice dell'Anticristo. 4. lo avrei voluto passare

sotto silenzio tale fatto, perché il male si esaurisse nell' ambito dei

suoi soli principali assertori e non si diffondesse in altri luoghi

contaminando le orecchie di persone pure. Ma Eusebio, che ora è

a Nicomedia, ritenendo che su di sé riposino le sorti della chiesa,

perché pur avendo abbandonato Berito ' e gettato l'occhio sulla

chiesa di Nicomedia, non è stato sottoposto a giudizio, si è messo

a capo anche di questi apostati e ha intrapreso a scrivere dovun­

que raccomandandoli, al fine di trarre qualche ignaro a questa

eresia pessima e nemica di Cristo. Perciò io, sapendo ciò ch'è

scritto nella Legge, ho ritenuto necessario non conservare più il

silenzio e dar notizia a voi tutti, perché impariate a conoscere sia

questi che son diventati apostati sia le sciagurate espressioni della

loro eresia, così che, se vi scrive Eusebio, non gli prestiate atten-

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ALESSANDRO

ip<xcpn Ellcri~LOç, fL~ 1tpocriX7j't~. 5. 1t<XÀ<XLò:\I iÒ:P <Xll'tOU x«­l'O\lOL<X\I "t"Ìj\l xpO\l~ crLW1t7je~Lcr<X\I \lU\I OLò: roércov &\I<X\I~wcr<XL

~ouMfL~\lOç o"x7jfL<X'tL~~'t<XL fL~\I wç U1t~p 'tou'tW\I ip<xcpm, fPi~

o~ Odl'\lUcrL\I O'tL U1t~p ~<xu'tou Q"1tOUO<i~W\I 'tou'to 1tOL~L.

6. OL fL~\I OU\I &1tOcr't<X't<XL i~\lOfL~\lO[ dcrL\I "Ap~LOç l'<XL 'A­

XLÀ~Ùç l'<XL 'A~Le<xÀ7]ç l'<XL K<xp1tw\l7jç l'<XL h~poç "Ap~LOç l'<XL

~<XPfL<X"t7jç ol 1to't~ 1tp~cr~U't~pOL' l'<XL Ell~W'LOç l'<XL i\oul'LOç l'<XL

'IouÀLOç l'<XL M7j\laç l'<XL 'EÀÀ<XOLOç l'<XL r<x'LOç oL 1to't~ OL<Xl'O\lOL'

l'<XL O"Ù\I <Xll'tOtç ~~l'OU\lOOç l'<XL e~w\laç oL 1to't~ À~Xei\l't~ç ~1tL-

IO Q"X01tOL. 7. 1tOL<X o~ 1t<XPÒ: 'tò:ç iP<XCPò:ç ~cpwpO\l't~ç À<xÀoucrL\l,

~O"'tL 't<xu't<X'«Oéx &d 6 e~òç 1t<x"t"Ìjp 7j\l, &ÀÀ' 7j\l o't~ 6 e~òç 1t<x"t"Ìjp

oèx T}\I. Olll' &d 7j\l 6 'tou ewu MiOç, &ÀÀ' ~~ oùx O\l'tW\I

iiiO\l~\I. 6 iÒ:P W\I e~òç -còv fL~ O\l't<X ~l' 'tou fL"Ìj O\l'toç 1t~1tOL7j-

'5 xs , OLÒ l'<XL 7j\l 1tO't~ O't~ Olll' T}\I. l''tLcrfL<X i<xP ~O"'tL l'<XL 1tOL7jfL<X 6uLoç. ou't~ o~ OfLOLOç l'<X't' OllcrL<X\I 't4) 1t<X'tPL ~cr'tL\I ou't~ &À7jeL­

\lÒç l'<XL cpucr~L "tou 1t<X'tpòç MiOç ~O"'tL\I ou't~ &À7jeL\l~ crOCPL<X

<Xll'tOU ~cr'tL\I, &ÀÀ' dç fL~\I 'tW\I 1tOL7jfL<X'tW\I l'<XL i~\l7j'tw\I ~cr'tL,

l'<X't<XXP7jO"'tLl'Wç o~ Àii~'t<XL MiOç l'<XL crOCPL<X, i~\lOfL~\lOç l'<XL <Xll-

20 'tÒç 't4) tOL~ 'tOU eWU Mi~ l'<XL -qj ~\I 't4) e~4) crOcpL~ ~\I TI l'<XL

'tò: 1t<X\I't<X l'<XL <XthÒ\l 1t~1tOL7jl'~\I 6 e~oç. 8. OLÒ l'<XL 'tp~1t'toç

~O"'tL l'<XL &ÀÀOLW'tÒç "t"Ìj\l CPUcrL\I wç l'<XL 1t<X\I't<X 'tò: ÀOiLl'<X. ~i\loç

't~ l'<XL &ÀÀO'tpLOç l'<XL &1t~O"XOL\lLcrfLi\loç ~cr'tL\I 6 MiOç -rijç 'tou

ewu OllcrL<xç l'<XL &op<X'toç ~cr'tL\I 6 1t<x"t"Ìjp 't4) u(4). ou't~ iÒ:P

25 't~Àdwç l'<XL &l'pL~Wç iL\lWQ"X~L 6 MiOç ròv 1t<X'tip<x, ou't~ 't~­

Àdwç bpa\l <Xll'tÒ\I OU\l<X't<XL. l'<XL iÒ:P l'<XL ~<XU'tou "t"Ìj\l OllcrL<X\I

oéx OLO~\I 6 ULÒç wç ~O"'tL. 9. OL' 1JfLaç iÒ:P 1t~1tOL7j't<XL, L\I<X

1JfLaç OL' <Xll'tOU wç OL' ÒPi<X\lOU l''tLcrn 6 e~oç. l'<XL oéx &\1u1tiO""t7j, d fL~ 1JfLaç 6 e~òç TjeiÀ7jcr~ 1tOL7]cr<XL». 10. Tjpw"t7j-

30 cr~ iOU\l 'tLç <Xll'tOÙç d OU\l<X't<XL 6 'tou 9wu MiOç 'tp<X1t7]\I<XL wç 6OL<X~OÀOç hp<X1t7j, l'<XL oèx ~cpo~ije7jcr<X\I d1td\l O'tL \I<XL OU\l<X­

't<XL' 'tp~1t-rijç iÒ:P cpucr~wç ~O"'tL i~\l7j'tÒç l'<XL l''tLcr'tÒç U1t<XPXW\I.

11. T<xu't<X Àiio\l't<xç 'toùç 1t~pL "Ap~LO\I l'<XL ~1tL 'tOU'tOLç &­

\I<XLO"XU\I'tOU\l't<xç <Xll'tOUç 't~ l'<XL 'toùç O"U\I<Xl'oÀoueijcr<X\I't<xç <Xll'tOLç

LETTERA A TUTTI I VESCOVI

zione. 5. Infatti, volendo ora rinnovare, approfittando di co­

storo, la sua vecchia malizia per lungo tempo taciuta, egli fa finta

di scrivere per loro ma in realtà dimostra di agire così per provve­

dere al suo interesse 2.

6. Ecco quelli che hanno apostatato: Aria, Achille, Aitale,

Carpone, un altro Aria, Sarmata, che allora erano preti; Euzoio,

Lucio, Giulio, Mena, Elladio, Gaio, che allora erano diaconi; e

con loro Secondo e Teona ', che allora erano detti vescovi. 7.

Ecco quindi le loro affermazioni, che hanno escogitato contro la

Scrittura:

«Non sempre Dio fu padre, ma ci fu un tempo in cui Dio non

era padre. Non sempre è esistito il Logos di Dio, ma è stato

creato dal nulla. Infatti colui che era Dio ha creato dal nulla

quello che non esisteva: perciò c'è stato un tempo in cui quello

non esisteva. Infatti il Figlio è creatura e fattura. Né è simile al

Padre per sostanza 4; né è il vero e naturale Logos del Padre né è

la sua vera Sapienza, ma è soltanto una delle cose fatte e create, e

impropriamente è definito Logos e Sapienza, mentre anch'egli è

stato creato dal vero e proprio logos di Dio e dalla sapienza che è

in Dio, nella quale Dio ha fatto tutte le cose e anche quello. 8.

Perciò egli è mutevole e alterabile per natura, alla pari di tutte le

creature razionali. Il Logos è estraneo, altro e separato rispetto

alla sostanza di Dio, e il Padre è invisibile al Figlio. Infatti il

Logos non conosce il Padre esattamente e perfettamente, né lo

può vedere perfettamente. Infatti il Figlio non conosce neppure

la sua stessa sostanza, com'essa è. 9. Infatti è stato creato per

noi, perché servendosi di lui come di uno strumento Dio ci creas­

se; né sarebbe esistito se Dio non ci avesse voluto creare». 10.

Uno li interrogò' se il Logos di Dio può cambiare come il diavolo

è cambiato; e non ebbero ritegno ad affermare che lo può. Infatti

in quanto creato e fatto, è di natura mutevole.

11. Aria e quelli con lui che facevano tali affermazioni e per

esse tenevano un contegno spudorato, e i loro seguaci, noi riuniti-

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86 ALESSANDRO LE'ITERA A TUTTI I VESCOVI

7}fLt;tç fL~v fLt;'tcX 'twv XiX't' ALjU1t'tOV XiXL 'tcXç AL~UiXç i1tLcrxo1twV

i"(jÙç ~XiX'tÒV OV'tWV O1Jvt;À90V'tt;ç à:Vt;9t;fLiX'tLO"iXfLt;V. 01 o~ 1tt;pL

EÙo"i~LOV 1tpoo"t;oiçiXV'to O"1touM:~oV'tt;ç ijXiX'tiXfLLçiXL 'tò cjIt;UOOç

-qj à:À'T}9d~ XiXL -qj t;ùo"t;~d~ Ùjv à:o"i~t;LiXV. à:ÀÀ' oéx laxu-

5 O"OUO"L' VLX~ icXP 7} ciÀ1j9t;LiX XiXL OÙOt;fLLiX iO"'tL XOLVWVLiX CPW'tL

1tpÒç exéroc, OÙO~ O1JfLCPWV'TjO"Lç XPLO"'tOU 1tpÒç Bt;ÀLiXp. 12.

'tLç icXP 7jxouo"t; 1tW1to'tt; 'tOLiXU'tiX; 7j 'tLç vuv à:xouwv OÙ çt;VL~t;'tiXL

XiXL 'tcXç à:xocXç ~Ut;L Ù1t~p 'tou fLi} 'tòv PU1tOV 'tou'twv 'twv p'T}o

fL!X'tWV cjIiXUO"iXL 'tTjç à:xofiç; 'tLç à:xouwv 'Iw!Xwou ÀiiOV'tOç «iv

IO à:PX'U 7jv ò MiOP (Ev. lo. 1, 1), où XiX'tiXiLVWcrxt;L 'tou'twv

ÀqoV'twv «7jv 1t0'tt; o'tt; OÙX 7jv», 7j 'tLç à:xouwv iv 'te'i,) t;ÙiXi­

it;ÀLep «fLOVOit;v7jç u10ç», XiXL «OL' iXÙ'tOU iiivt;'to 1t!XV'tiX»

(Ev. lo. 1, 18.3), OÙ fLLcr7}O"t;L 'tou'touç CP9t;TIOfLivouç O'tL dç i­O"'tLV 'tWV 1tOL'T}fL!X'twv; 1tWç icXP OUViX'tiXL dç dViXL 'tWV OL' iXÙ'tOU

15 it;VOfLivwv, 7j 1tWç fLOVOit;v7jç ò 'totç 1tao"L XiX't' ixdvouç O1JViX­

pL9fLOUfLt;VOç; 1tWç O~ iç oùx OV'tWV &V t;L'T} 'tOU TIiX'tpÒç ÀiiOV'tOç

«i~pt;UçiX'tO 7} XiXpOLiX fLOU MiOV à:iiX9òv» XiXL «ix iiXO"'tPÒç

1tPÒ ~wo"cpopou iiivV'TjO"!X es » (Ps. 44, 2; 109, 3); 13. 7j 1tWçà:vOfLOLOç -qj OÙo"L~ 'tou 1tiX'tpÒç ò wv dxwv 'tt;ÀdiX XiXL ci1tiXU-

20 iiXO"fLiX 'tOU 1tiX'tpÒç XiXL ÀiiWV «ò ~WpiXXWç ifL~ ~WpiXXt; 'tÒV

1tiX'tipiX» (Ev. lo. 14, 9); 1tWç oi, d MiOç XiXL O"OcpLiX iO"'tL 'tOU

9wu Ò u10ç, 7jv 1t0'tt; o'tt; OÙX 7jv; LO"OV i!XP iO"'tL iXÙ'tOÙç Àiit;LV

IXÀOiOV XiXL IXO"0CPOV 1t0'tt; 'tÒV 9t;ov.

14. IIwç o~ 'tpt;1t'tÒç XiXL à:ÀÀOLW'tÒç ò ÀiiWV OL' ~iXU'tOU fL~V

25 «iiW iv 'te'i,) 1tiX'tPL XiXL ò 1tiXÙjp iv ifLoL» XiXL «iiW XiXL Ò

1tiXÙjp ~v iO"fLt;v» (Ev. lo. 14, lO; lO, 30), OLcX o~ 'tOU 1tpocp1j'tou

«LOt;'ti fLt; O'tL iiW dfLL XiXL OÙX ilÀÀOLWfLiXL» (Mal. 3, 6); d

icXP XiXL i1t' iXÙ'tOV 'tLç 'tòv 1tiX'tipiX OUViX'tiXL 'tò P'T}'tòv à:viXcpi­

pt;LV, à:ÀÀcX &:PfLOOLW'tt;pOV &v t;L'T} 1tt;pL 'tOU MioU vuv Àt;iOfLt;o

30 VOV, O'tL XiXL it;VOfLt;VOç IXv9pW1toç OÙX ilÀÀOLW'tiXL, à:ÀÀ' wçd1tt;V ò à:1tOO"'toÀoç <<'l'T}O"ouç XPLO"'tÒç x9~ç XiXL cr7}fLt;POV ò iXÙ­

'tòç XiXL dç 'toùç iXlwviXp (Ep. Hebr. 13, 8). 'tLç o~ IXPiX d1tdv

ci con i vescovi d'Egitto e di Libia in numero di circa cento li

abbiamo condannati. Ma i partigiani di Eusebio li hanno accolti e

si danno da fare per mescolare la menzogna con la verità e l'em­

pietà con la retta fede. Ma non prevarranno. Infatti la verità

vince e non ci può essere comunione fra la luce e le tenebre néaccordo fra Cristo e Beliar. 12. Chi mai infatti ha udito tali

affermazioni? E chi ad udirle non se ne tiene lontano e tura le

orecchie per tenerle immuni dalla sozzura di tali parole? Chi, ad

udire Giovanni che dice: «In principio era il Logos» (Ev. lo. 1,1)6, non biasima costoro che affermano: «C'è stato un tempo in

cui non esisteva?» 7. Chi, ad udire nel Vangelo «Figlio unigenito »

e «per mezzo di lui tutto è stato fatto» (Ev. lo. 1, 18.3), non

odierà costoro che affermano che egli è una delle cose create?

Come infatti egli può essere una delle cose che sono state fatte

per suo mezzo>" o come è Unigenito colui che, secondo loro, è

connumerato insieme con tutti? Come può derivare dal nulla, dal

momento che il Padre dice: «li mio cuore ha emesso una buona

parola» (Ps. 44,2) e «Dal ventre prima della stella del mattino ti

ho generato» (Ps. 109, 3)? 13. Come può essere dissimile dal

Padre per sostanza colui che è l'immagine perfetta 9 e il riflesso

del Padre e che dice: «Chi ha visto me ha visto il Padre» (Ev. lo.

14, 9)? Come infine, se il Figlio è logos e sapienza di Dio, c'è

stato un tempo in cui non esisteva? Infatti sarebbe lo stesso che

essi dicessero che un tempo il Padre è stato privo di logos e

sapienza.

14. Come è mutabile e alterabile colui che dice da sé: «lo sono

nel Padre e il Padre è in me» (Ev. lo. 14, l O), e «lo e il Padre

siamo una cosa sola» (Ev. lo. lO, 30), e dice per mezzo del profe­

ta: «Guardatemi, perché io sono e non mi sono mutato» (Mal. 3,

6)? Se infatti questo passo può essere riferito anche proprio al

Padre l0, sembra però più conveniente dirlo ora del Logos, per­

ché anche diventato uomo non si è mutato, ma - secondo quanto

ha detto l'apostolo - «Gesù Cristo è lo stesso ieri oggi e nei

secoli» (Ep. Hebr. 13, 8). E chi mai li ha convinti ad affermare

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88 ALESSANDRO LETTERA A TUTTI j VESCOVI

CXÙ'toùc; e1mcrl;\I <ht Ot' ~flCiC; réro\ll;, XCXL'tOt 'tOU IIcxuÀou rp&­CPO\l'tOC; «Ot' 0\1 't,x 1t&\I'tcx, XCXL Ot' oi) 't,x 1t&\I'tCX» (Ep. Hebr. 2,10); 15. 1tl;pL r,xp 'tou ~Àcxcrcp7]fld\l cxù'toùc; <ht OÙX 0101;\1'tI;ÀI;(WC; oulòc; ròv 1tcx'tépcx, où OI;L eCXUfl&'m. &1tCX~ r,xp 1tpoeé-

5 fll;\lOt x,ptcr't0flCXXI;L\I 1tCXPCXXPOUO\l'tCXt XCXL 't,xc; CPW\I,xc; CXÙ'tOU Àé­rO\l'tOc; «Xcxewc; rwwcrxl;t fll; O1tCX't1)p x&rw rt\lwcrxw ròv 1tcx'té­

PCX» (Ev. lo. lO, 15). d fl~\I OU\I èx flépouc; O 1tcx't1)p rt\lwcrxl;tròv ulo\l, oijÀO\l <ht XCXL Oulòc; fl1) 'tI;Àdwc; rt\lwcrxé'tw ròv 1tcx'té­

pcx. d o~ 'tou'to Àérm où eéfltC;, 0101;\1 ò~ 'tI;Àdwc; O1tcx'tTjp ròv

IO ulév, oijÀO\l éhl xcxewc; rwwcrxl;t O 1tcx'tTjp 'tÒ\I écxu'tou Mro\l,O\I'tWC; XCXL O Àoroc; rwwcrxl;t ròv écxu'tou 1tcx'tépcx, ou XCXL ecm

Mroc;.16. Tcxu'tcx Àéro\l'tl;c; XCXL &\lCX1t-rucrcrO\l'tI;C; 't,xc; edcxc; rpcxcp,xc;

1toÀÀ&XtC; è\ll;'tpé~CXfll;\I cxù'touc;, XCXL 1t&Àw WC; XCXflCXtÀéO\l'tI;c;'5 fll;'tI;~&Ào\l'tO cptÀO\ll;tXOU\I'tI;C; dc; écxu'toùc; ècpl;ÀxucrCXt 'tÒ rl;­

ypcxflflé\lo\l «<hcx\l o.ell &crl;~1)C; dc; ~&eoc; XCXXW\I xcx'tcxcppo\ld»(Prov. 18, 3). 1tOÀÀCXL rou\l cxlpécrl;tc; 1tPÒ cxù'tW\I rqo\lcxcrl\l, CXt'tt­\l1;C; 1tÀéo\l 'tOU oéo\l'toc; 'toÀfli)crCXcriXt 1t1;1t'tWXCXcrt\l dc; &cppocr'~­

\17]\1. OU'tOt o~ Ot,x 1t&\I'tW\l éiXU'tW\I 'tW\I P7]flCX'tLW\I èmXl;tpi)criX\I'tI;C;

20 't,x dc; &\lCXLpl;crW 'tijc; 'tou Mrou eI;O't7]'toc; èOtXCXLWcriX\I è~

éiXU'tW\I èXI;L\lCXC; wc; è"'(jU'tl;pot 'tou &V'ttx'pLcr'tOU rl;\lOfll;\lOL OtòXCXL &1tI;X7]pUXe7]criX\I XiXL &\ll;el;flcx'tLcre7]criX\I &1tÒ 'tijc; èxxÀ7]­crLiXC;. 17. ÀU1tOUfll;eiX fl~\I OU\I è1tL 'tti &1twÀd~ 'tou'tW\I XiXLfl&Àtcr'tCX <ht fliXeO\l'tI;c; 1t0't~ XiXL CXÙ'tOL 't,x 'tijc; èxxÀ7]crLCXC; \lU\I

25 &1tI;1ti)07]crCX\l, où ~1;\lt'Ofll;eiX oé' 'tOU'tO r,xp XiXL '1"flé\liXWC; XiXL<l>LÀ7]'tOC; 1t1;1tO\lecxcrt (2 Ep. Tim. 2, 17) XCXL 1tpÒ iXÙ'tW\I 'IouoiXc;,

OC; &xoÀOuei)criXc; 't0 crw'tijpt Ucr'tl;pO\l 1tpo06't7]C; XCXL &1tocr't&'t7]C;

réro\ll;.18. KiXL 1tl;pL 't01J'tW\I o~ cxU'tW\I OÙX &OLOiXX'tOt fll;fll;\li)xiX-

30 fll;\I, &ÀÀ' 6 fl~\I xupwc; 1tpodp7]xl; «~Àé1tI;'t1; fli) 'ttC; UflCic; 1tÀiX­

\li)cr1J. 1tOÀÀOL r,xp èÀI;UcrO\l'tiXt è1tL 't0 Ò\IofliX't L flOU Àéro\l'tl;c;<ht èrw dflt XiXL O XCXtpòC; 7JntXI; XCXL 1toÀÀoùc; 1tÀiX\li)crOUcrt. fl1)1tOpweij":l; Ò1tLcrW CXù'tW\I» (Ev. Luc. 21, 8). O o~ IIiXuÀoc;

fliXeW\l 'tiXU'tiX 1tiXp,x 'tou crw'tijpoc; erpiX~l;\I «o'n è\l ucr'tépOtC; xoa-

che egli è stato fatto per noi 11, dal momento che Paolo scrive:

«Tutto per lui e tutto per mezzo di lui» (Ep. Hebr. 2, la)? 15.

Quanto poi alla loro bestemmia che il Figlio non conosce perfet­

tamente il Padre, non dobbiamo meravigliarci. Infatti una volta

che si son dati a combattere Cristo, essi respingono anche le

parole con le quali egli dice: «Come il Padre conosce me anche io

conosco il Padre» (Ev. lo. lO, 15). Se perciò il Padre conoscesse il

Figlio parzialmente, sarebbe chiaro che anche il Figlio conosce il

Padre non perfettamente. Ma se non è lecito affermar ciò e il

Padre conosce il Figlio perfettamente, allora è chiaro che, come il

Padre conosce il suo Logos, così anche il Logos conosce suo Pa­

dre, di cui è anche Logos.

16. Con tali affermazioni e con l'interpretazione delle Sacre

Scritture più volte li confutammo, ma quelli di volta in volta si

trasformavano come camaleonti 12, adoperandosi di applicare a

sé il detto: «Quando l'empio giunge al fondo del male, arriva al

disprezzo» (Prov. 18,3). Infatti prima di loro ci sono state molte

eresie, che per aver osato più del dovuto sono precipitate nella

stoltezza, ma costoro che con tutte le loro chiacchiere hanno

cercato di distruggere la divinità del Logos, hanno reso giustizia a

tutte quelle, in quanto si sono avvicinati di più all' Anticristo. Per

questo sono stati condannati ed espulsi dalla chiesa. 17. Noi

siamo addolorati per la loro rovina e soprattutto perché avendo

prima anch'essi appreso la dottrina della chiesa poi sono venuti

meno; però non ci stupiamo. Infatti è successo lo stesso anche a

Imeneo e Fileto (2 Ep. Tim. 2, 17), e prima di loro, a Giuda, che

aveva seguito il Salvatore e in un secondo momento lo tradì e

abbandonò.

18. E neppure riguardo a costoro ci siamo trovati privi d'inse­

gnamento, ma il Signore ha detto in anticipo: «State attenti che

nessuno vi inganni. Molti infatti verranno in mio nome e diran­

no: "Sono io", e: "Il tempo si è avvicinato", e inganneranno

molti. Non seguiteli» (Ev. Luc. 21, 8). E Paolo, avendo appreso

questo dal Salvatore, ha scritto: «Negli ultimi tempi alcuni si

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ALESSANDRO

pOLe; &1tO<ITfjO"OvtIXL 'tLV(;e; tije; lI'YLIXLVOU07je; 1tLO"'t(;We; 1tpoO"lxovne;

1tV(;U(lIXO"L 1tÀcXvOLe; XIXL OLOlXo"xIXÀLIXLe; OIXL(lOVLWV &1toO"'tp(;epo(ll­

vcov 't"Ì]v &À1]lkLIXV» (l Ep. Tim. 4, 1). 19. 'tou 'tOLVUV XUpLOU

XIXL O"wtijpoe; ~(lWV 'I7]O"ou XPLO"'tOU OL& n ÉIXU'tOU 1tlXplXndÀlXv-

5 'toe; XIXL OLIX 'tOU &1toO"'toÀou 07j(l&VlXvtOe; 1t(;PL 'tWV 'tOLOU'tWV &.

xoÀou9we; ~(lde; IXÙ-djXOOL tije; &o"(;~dlXe; IXÙ'tWV j(;VO(l(;VOL &­

V(;9(;(lIX'tLO"IX(l(;V, xIX9IX 1tpO(;t1tO(l(;V, 'toùe; 'tOL01J'tOUe; &1toodçlXvt(;e;

IXÙ'tOÙe; &ÀÀO'tpLOUe; tije; XIX90ÀLX7je; iXXÀ7]O"LIXe; 't(; XIXL 1tLO"'t(;We;.

20. 'Eo7]ÀwO"IX(l(;V Ot XIXL ~ u(l(;'tlp~ 9wo"(;~d~, &jlX1t7]'tot

IO XIXL 'tL(lLW'tIX'tOL cruÀÀ(;L'tOUpjOL, tVIX (l7]'t(; 'tLVIXe; iç IXÙ'tWV, d1tP01t(;'t(;UO"IXLvtO 1tpÒe; U(lae; iÀ9dv, 1tpoo"ol~0"9(; (l7]'t(; EÙo"(;~Lcp

7ì hlpcp 'tLVL jp&epOvtL 1t(;PL IXÙ'tWV 1t(;L0"97j't(;. 1tpl1t(;L jIXP U(lae;

XPLO"'tLIXVOÙe; OvtlXe; 1t&vtlXe; 'toùe; XIX'tIX XPLO"'tOU Àljovt&e; 't(; XIXL

epPOVOUvtlXe; we; 9w(lcixoue; XIXL ep90pllXe; 'tWV 4uxwv &1toO"'tplep(;-

15 0"91XL, XIXL (l7]Ot X&V XIXLP(;LV 'toLe; 'tOLOU'tOLe; Àlj(;LV, tVIX (l7]1ton

XIXL 'tIXLe; &(llXp'tLIXLe; IXÙ'tWV XOLVWVOL j(;vw(l(;91X, we; 1tlXp7]n(;LÀ(;V

Ò (l1XX&pLOe; 'lwcivV1je; (2 Ep. lo. lO). 1tP0O"(;L1tIX't(; 'toùe; 1tIXP' U(lLv

&O(;Àepoue;. U(lae; oL O"ÙV È(lOL 1tp0O"lXjOP(;UOUO"LV.

LETTERA A TUTTI I VESCOVI

allontaneranno dall'integrità della fede, prestando ascolto a spiri­

ti ingannatori e ad insegnamenti di demoni che stravolgono la

verità» (l Ep. Tim. 4, 1). 19. Dato che il signore e salvatore

nostro Gesù Cristo ci ha informato personalmente e ci ha raggua­

gliato per mezzo dell'apostolo su tali persone, noi conseguente­

mente, dopo aver ascoltato di persona la loro empietà, li abbiamo

condannati, come abbiamo già detto, avendo dimostrato che co­

storo sono estranei alla chiesa cattolica e alla fede.

20. Abbiamo fatto conoscere tutto ciò anche alla vostra pietà,amati e stimatissimi colleghi, perché non accogliate alcuno di co­

storo, se avranno la temerarietà di venire da voi, né prestiate

ascolto ad Eusebio o ad altri che vi scriva di loro. È doveroso

infatti che voi, che siete tutti cristiani, respingiate quelli che

parlano e pensano contro Cristo in quanto nemici di Dio e corrut­

tori delle anime, e non rivolgiate loro neppure il saluto, perché

non abbiamo a diventare partecipi dei loro errori, secondo quanto

ha detto il beato Giovanni (2 Ep. lo. lO). Avvisate i fratelli che

stanno presso di voi. Quelli che stanno insieme con me 13 vi salu­

tano.

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5. Il simbolo niceno

Forse sotto l'influsso di Ossio di Cordova, suo consigliere in questafase della controversia, Costantino decise di demandare la risoluzio­ne della controversia ariana ad un concilio ecumenico, cioè di vesco­vi di tutta la cristianità, il primo che sia stato mai riunito e che fuconvocato a Nicea, in Asia Minore, per il maggio 325. li 20 maggio,presente lo stesso imperatore, cominciarono i lavori circa 250 vesco­vi, nella quasi totalità orientali. Su questi lavori siamo mal raggua­gliati per la perdita degli atti ufficiali. Possiamo comunque ricostrui­re lo svolgimento del concilio in due momenti fondamentali. Nelprimo si mise in chiaro 1'eterodossia della dottrina divulgata da Arioe i suoi sostenitori, tutti presenti ai lavori; nel secondo si giunse aduna positiva affermazione della dottrina ortodossa. Questo secondomomento fu molto laborioso, perché Ario e i suoi si rivelarono ingrado di accettare e interpretare in modo compatibile con la lorodottrina varie formulazioni di fede che furono proposte: il Figlioderiva da Dio; è potenza reale, immagine perfetta del Padre, ecc. Aquesto punto, per sbloccare la situazione, nella coalizione antiariana,formata da origeniani moderati e monarchiani, forse per iniziativa diquesti ultimi fu proposta l'adozione della proposizione secondo cui ilFiglio è homoousios col Padre, cioè della stessa sostanza. Abbiamogià visto come Ario fosse contrario a questo concetto (cfr. testo n.2); ma anche molti esponenti di tradizione origeniana lo avversavanoper la sua equivocità. Fu però approvato da Costantino che, col pesodella sua autorità, lo impose al concilio. Si giunse così, forse sullatraccia di una più generica formula di fede presentata da Eusebio diCesarea (cfr. testo n. 6), alla stesura del simbolo niceno, redatto inmodo tale da escludere i punti centrali della predicazione di Ario.Tutti, anche se più d'uno di mala voglia, sottoscrissero, ad eccezionedi Ario e dei suoi fedeli seguaci Secondo e Teona, che furono perciòcondannati ed esiliati.

il. SIMBOLO NICENO 99

li simbolo niceno si articola in due parti. La prima è una formuladi fede di tipo battesimale, debitamente adattata con l'inserzione dialcune espressioni decisamente antiariane. La seconda parte è unanatematismo (= formula di condanna) che condanna le proposizio­ni più qualificanti della dottrina ariana. Nella prima parte il Figlio èdetto della stessa ousia del Padre; nella seconda si condanna colui ilquale non affermi che il Figlio deriva dalla stessa ipostasi e ousia delPadre. In tal modo, pur con formulazione ambigua, il concilio affer­ma l'identità di ousia e ipostasi, il che permetteva di interpretarehomoousios non solo nel senso che il Padre e il Figlio partecipanodella stessa ousia, un termine che sappiamo passibile di varia inter­pretazione (cfr. testo n. 2 nota 6), ma anche che essi sono di unastessa ipostasi, affermazione che escludeva la dottrina delle tre ipo­stasi, largamente diffusa in oriente, e dava al simbolo significazionedecisamente monarchiana. Ciò spiega la riluttanza di molti ad accet­tare questo termine, al quale veniva anche obiettato di non essere diorigine scritturistica. Si ponevano così le premesse per la reazioneantinicena.

Per il testo del simbolo seguiamo l'edizione di H.G. Opitz, Ur­kunden zur Geschichte des arianischen Streites... , pp. 51-2.

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IILcrt&UOfl&\I &Lç &\lCX e&0\1 , 1tCX't&PCX, 1to(\I'toxpo:'tOPCX, 1tO:\I'tW\I

OpCX'tW\I 't& XCXt &OpO:'tW\I 1tOLTj't'f]\I' XCXt dç ~\lCX XUPW\I 'ITjcrou\I

XPLcrtÒ\l 'tÒ\l ULÒ\l 'toG ewG, j&\I\ITje&\l'tCX &X 'toG 1tcx'tpòç flo\lo­

j&vTj, 'tou't&crtw &X 'tijç 013crLCXç 'toG 1tCX'tpoç, e&Ò\l &X ewG, <pwç

5 &X <pW'toç, e&Ò\l &ÀTjeWÒ\l &X ewG &ÀTjewoG, j&\I\ITje&\l'tCX 013

1tOLTje&\l'tCX, OflooucrW\I 'tci> 1tCX'tpL, OL' oi) 'tiX 1t0:\l't0( &j&\I&'to 't0: 't&

&\1 013PCX\lci> XCXt 'tiX &\1 't1j n, ròv OL' ~flaç 'toùç &\lepW1tOUç XO(t

oLiX 't'Ì]\I ~fl&'t&PCX\l crW't7]pLCX\l xcx't&Àeo\l'tO( xcxi crcxpXWe&\l'tCX, &\lCX\l­

epw7t1jcrCX\l'tCX, 1tCXeO\l'tCX xO(i &\lcxcrtO:\l'tCX 't1j 'tPL't'lJ ~fl&P<1', &\I&À-

IO eo\l'tCX dç 013PCX\lOUç, &PXOfl&\lO\l XpL\lCXL ~W\l'tcxç xcxi \I&XPOUç

XCXt dç 'tò &jW\I 1t\I&GflCX.

Toùç O~ À&jO\l'tCXç «Ti\l 1to't& o't& 013X Ti\l» Tj «013x Ti\l 1tpt\l

j&\I\ITje1j» Tj «&ç 013X O\l'tW\I &j&\I&'tO» Tj &ç h&pcxç U1tocr'tO:­

cr&Wç Tj 013crLCXç <po:crxO\l'tCXç d\lO(L Tj xncrtò\l Tj 'tP&1t'tÒ\l Tj &À­

15 ÀOLW'tò\l 'tÒ\l ULÒ\l 'toG e&oG, 'toùç 'tOLOU'tOUç &vCXe&flO('tL~&L ~

XCXeOÀLxTj XCXt !X1tOcr'tOÀLXTj &XXÀTjcrLO(.

Crediamo in un solo Dio Padre onnipotente, creatore di tutte

le cose visibili e invisibili. E in un solo signore Gesù Cristo, il

Figlio di Dio, generato unigenito dal Padre, cioè dalla sostanza

del Padre!, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero",

generato, non creato, consustanziale al Padre, per mezzo del

quale sono state create tutte le cose in cielo e in terra. Egli per

noi uomini e per la nostra salvezza è disceso e si è incarnato, si è

fatto uomo, ha patito ed è risorto il terzo giorno, è risalito al

cielo e verrà a giudicare i vivi e i morti. Crediamo nello Spirito

santo.'.

Quelli che dicono": «C'è stato un tempo in cui non esisteva»

o «Non esisteva prima di essere stato generato» o «È stato crea­

to dal nulla», o affermano che egli deriva da altra ipostasi o

sostanza o che il Figlio di Dio è o creato o mutevole o alterabile,

tutti costoro condanna la chiesa cattolica e apostolica.

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AW

CTPDPAC

JTSPG

PL

RSLRSCVCZKG

SIGLE E ABBREVIAZIONI

= Athanasius Werke, R. Casey, H. Lietzmann e M. li(edd.).

= Collana di Testi Patristici, Città Nuova, Roma 1976s= Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane, Angelo

Berardino (ed.), 3 voll., Marietti, Genova 1983 - 19= [ournal of Theological Studies, Oxford.= Patrologiae Grecae cursus completus, accurante J.P.

gne, Paris 1857-1866.= Patrologiae Latinae cursus completus, accurante J.P.

gne, Paris 1844-1864.= Rivista di Storia e Letteratura Religiosa, Firenze.= Sources Chrétiennes, Paris.= Vigzùae Christianae, Amsterdam.= Zeitscbrift [ùr Kirchengeschichte, Stuttgart.

Atanasio

TRATTATI CONTRO GLI ARIANI

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TRATTATO PRlMO

[Ll.] È chiaro che tutte le eresie, che si sono allontanate dal­I" \ "I ità, si sono escogitate una folle dottrina, e la loro empietà è già.1.1 u-mpo nota a tutti. TI fatto che coloro che inventano tali dottri­!II '.I allontanino da noi mostra chiaramente, come già scrisse il bea­I .. ( .iovanni a, che il pensiero di costoro non era e non è in accor­olI' c on noi. [2.] Perciò, come disse il Salvatore, non raccogliendo1I1',Il'me a noi disperdono insieme al diavolo b, osservando e atten­,klldo coloro che dormono per spargere il loro mortale veleno ed,1\ l'Il' dei compagni nella morte. [3.] L'unica ed ultima delle eresie,""l'lla detta ariana, che è sorta adesso come precorritrice dell'An­Il' I isto, ingannevole e malvagia, vedendo che le sorelle maggiori, le•• 11 Il' eresie, sono state apertamente macchiate d'infamia, come suo1'.1.ile, il diavolo, ricorre alla simulazione citando le espressioni del­l,' "initture c e si sforza di entrare nel giardino della Chiesa al fine,II ingannare, fingendosi cristiana, alcuni, inducendoli a nutrireI Il -nsieri nemici di Cristo grazie alla forza persuasiva dei propri1·.'lalogismi (non c'è infatti nulla di veramente razionale in essa).(;ià ha ingannato alcuni fra i più semplici, in modo che questi non." .lo sono stati corrotti da ciò che hanno udito, ma anche, comeI .va, hanno preso il frutto e lo hanno gustato, e da allora, nella pro­I.ria ignoranza, confondono l'amaro col dolce cl e definiscono buo­Il;1 la ributtante eresia. [4.] Per questa ragione, esortato da voi 1, ho

a Cf. 1 Gv 2,20.I Cf, 1s5, 20.

b Cf. Le 11,2>; Mt 12, 30, c Cf. Mt 4, Iss,

1 Per l'identità dei destinatari ai quali è indirizzato lo scritto si veda l'In­I roduzione.

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39Trattato primo, 1-3

j Rm 1.25.

,1.11 '11110 ha imitato il costume languido ed effeminato, dell'altra haIlIlId;lto il passo di danza mentre balla e scherza nelle bestemmieI ""110 il Salvatore, sì che coloro che sono caduti nell'eresia ne1'ltllIlO avuta la mente stravolta e pensano in modo contrario a ciò, Ili" ~i deve pensare, mutano il nome del Signore della gloria ren­,1.11,1010 uguale ad un'immagine di uomo corruttibile i, da allora inl" Il ~i chiamano ariani anziché cristiani, ed hanno questo come se­1!"11 distintivo della loro empietà. Non cerchino pretesti in loro di­1",,1 né, una volta che sono accusati, inventino delle menzognel "III ro quelli che non sono come loro, chiamando i cristiani colIII une dei loro maestri perché sembri che in questo modo li si pos­'.1 chiamare ariani, né scherzino, se si vergognano del loro turpeuotne; se si vergognano, allora si nascondano o si allontanino dal­L, loro empietà. [4.J Mai, infatti, un popolo è stato chiamato col""Ille dei suoi vescovi, ma con quello del Signore in cui abbiamo"', le: nonostante che i beati apostoli siano stati nostri maestri e ci.d -hiano amministrato il Vangelo del Salvatore, non siamo statil luamati col loro nome, ma da Cristo siamo e siamo chiamati cri­<11;lIli. Quelli che derivano da altri 1'origine della loro presunta fe­,I,', giustamente derivano da quelli anche il loro nome, poiché so­IlO cosa loro.

[3.1.] Perciò, mentre tutti noi cristiani siamo e siamo chiama­li Iali da Cristo, Marcione, che aveva inventato un'eresia fu unnmpo espulso dalla comunità 4: coloro che restarono con coluiI ile lo aveva espulso rimasero cristiani, mentre coloro che segui-

4 Marcione (85ca-?), originario di Sinope nel Ponto, elaborò una dottri­11.1 basata su una rigida frattura fra AT e NT, riconducendo l'uno ad una di­.mità malvagia, l'altro ad una mite e buona alla quale sarebbe appartenutovnsto. Fu espulso dalla comunità mentre, a Roma, propagandava le proprie.lottrine. Ancora fondamentale, al riguardo, A. Harnack, Marcion. das Evan­,:,/ium vom fremden Gott, Leipzig 1924.

Trattati contro gli Ariani

f Cf. Mt 6,22-23; Ef 1, 18.i Cf. Mc 6, 22; Mt 14, 6.

38

[2.1.] Quale somiglianza hanno scorto fra l'eresia e la retta fede per asserire scioccamente che gli ariani non dicono nulla di male? Con questo, è come se definissero cristiano Caifa, annoverassero fra gli apostoli Giuda il traditore, sostenessero che non hanno commesso nulla di male coloro che hanno chiesto Barabba g

posto del Salvatore e collocassero Imeneo e Alessandro fra colorche pensano rettamente e credessero che 1'Apostolo menta contrdi loro h. Ma un cristiano non potrebbe sopportare tali affermazioni né crederebbe sano di mente chi osa pronunziarle. [2.] Cme Mani presso i manichei 2, presso di loro c'è Aria al postoCristo, ed al posto di Mosè e degli altri santi si trovano pressoloro un certo Sotade (quello che è deriso anche dai pagani) 3 efiglia di Erodiade i. [3.J Aria stesso, nello scrivere la sua Thali

ritenuto necessario squarciare le piastre dell' annatura e di questturpe eresia e far conoscere il fetore della sua stoltezza, perché cloro che ne sono lontani la evitino ancora di più e coloro che nsono stati ingannati si ricredano e, aperti gli occhi del cuore f,

rendano conto che, come la tenebra non è la luce né la menzognè la verità, così neppure è buona l'eresia ariana, [5.J e che anzi cloro che chiamano cristiani gli ariani si sbagliano enormementpoiché non hanno letto le Scritture e non conoscono né la religione cristiana né la sua fede.

e Cf. Gb 41, 5.h Cf. 1 Tm 1,20.

2 Mani (216-277ca) elaborò una dottrina di tipo sincretico fra concezini giudeocristiane e indoiraniche. Stabilì una netta frattura fra AT e NT •conducendo le due rivelazioni a due differenti principi ontologici, uno negtivo ed uno positivo (cf. DPAC s.v.).

3 Sotade di Maronea «celebrò» con una invettiva feroce e sarcastica lnozze incestuose fra Tolomeo II Filadelfo e la sorella Arsinoe II; fu per qusto messo a morte dal sovrano. Non è sicura l'ipotesi di Kannengiesser (Athnase, CiL, 116) secondo la quale Sotade e i sostenitori di Ario sarebbero acostati da Atanasio per la loro comune origine orientale. Per la Thalia citapoco sotto si vedano le informazioni che sono fomite alla nota 14.

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41Trattatoprimo, 3-4

14.1.] Come potrebbero dunque essere cristiani coloro che111111 sono cristiani ma folli seguaci di Aria? 13. O come fanno par­I,· .Iclla Chiesa cattolica coloro che hanno scosso la fede apostoli-

12 Per Alessandrosi veda l'Introduzione.. I) !raduco a questo modo il gr. Areiomanùai, ma risulta impossibile la

" ',' italiana del gioco di parole fra i termini greci Areìos (Ariel e AreI, dio.1.1 LI guerra e della discordia.

.'1'1 .Iuarnati non pru cristiani ma meliziani; allo stesso modo'tI!.lIl. I" Alessandro 12, uomo di buona memoria, espulse Aria dal­L, . «numità, coloro che rimasero insieme ad Alessandro restaronol t ".I 1.111i, mentre coloro che insieme ad Aria uscirono dalla comu­!1I1" h.inno lasciato a noi, che siamo in comunione con Alessandro,1111"'Il~' del Salvatore, e da allora sono stati chiamati ariani. [3.]l'il 'i"L'sto, anche dopo la morte di Alessandro, coloro che sonoiII ' «ruunione con Atanasio che gli è succeduto e coloro coi quali\ r,1I1.ISio è in comunione hanno le stesse caratteristiche, né alcuni,II "'si portano il nome di Atanasio né egli è chiamato col loro no­Itl' . 111;[ tutti insieme sono chiamati cristiani. Anche se abbiamo dei"Il' • «ssori dei nostri maestri e diveniamo loro discepoli, avendo''l'l'' vxo da essi l'insegnamento di Cristo, cionondimeno siamo e01.11111) chiamati cristiani. [4.J Al contrario i seguaci degli eretici,dlllill' se hanno diecimila successori, portano ugualmente il nome.11, "lui che ha inventato l'eresia. Morto Ario, essendogli succedu­Il 1I1lliri dei suoi, ugualmente, coloro che ne condividono le dottri­l'"~ Identificati a partire da Aria, sono chiamati ariani. [5.J Prova'd ''l'l·facente di tutto ciò è il fatto che, mentre i pagani attuali, en­Il.un lo in seno alla Chiesa ed abbandonando il culto superstizioso'''I ,-onfronti degli idoli non assumono il nome di coloro che li ca­ti' Ilizzano ma quello del Salvatore e, da pagani che erano, inizia­1111 .Id essere chiamati cristiani, quelli che si accostano a costoro o'ill.lIlti dalla Chiesa passano all'eresia, abbandonano il nome di• rISto e vengono da allora chiamati ariani, poiché non hanno piùI., kde in Cristo ma sono divenuti eredi della follia di Aria.

Trattaticontro gli Ariani

5 Valenrino, di origine alessandrina, fu a Roma nel 140; di qui passò'Oriente per poi farvi ritorno intorno al 160. Nella sua dottrina sincretica dJ;.marcaplatonica postulò l'esistenzadì trenta eoni abbinati in coppie (pleroma .che avrebbero poi dato origine al resto del mondo (cf. DPAC s.v.),

6 Basilide fu attivo al tempo di Adriano e Antonino Pio (117-161). Se.condo la sua dottrina Dio, assolutamente trascendente e del quale nulla •può affermare (neppure l'essere) avrebbe da~o origine al se~e. del mondocontenente in sé tutte le cose. Sostennela teona delle emanazlomed una cnstologia di tipo docetista (cf. DPAC s.v.).

I Simon Mago, originario di Gitton in Samaria e vissuto nel I secold.C; dette vita alla setta dei simoniani, secondo la cui dottrina Simonestesssarebbe stato il sommo Dio, mentre Elena, la prostituta che lo accompagnava,ne sarebbe stato il pensiero, creatore degli enti intermedi (cf. DPAC s.v.)

81 catafrigi o montanisti ebbero originein Frigia fra 155 e 160 ad apera di Montano che sosteneva ili essere lo Spirito Santo. La setta vantavapossedere il dono della profezia e predicava come prossima la fine del mon-

do (cf.DPAC s.v.).9 Mi pare che Atanasio voglia in questo caso alludere al prete roman

Novaziano che, subito dopo la persecuzionedi Decio (251) si oppose aln~letto papa Cornelio assumendo una posizione rigorista circa la riammissionnella Chiesa dei lapsi.La confusionefra Novato e Novazianoè del resto fre'quentissima negli autori cristianiantichi. .

io Melizio fu vescovo di Licopoli nell'alto Egitto. Durante l'ultima persecuzioneanticristiana003-312), mentre Pietro d'Alessandriaera ancora im:prigionato, Meliziosi fece interprete dì posizioni rigoriste nei confronti dlapsiopponendosi allacondotta più tollerante dì Pietro e giungendo acreaun vero scisma che si diffuse in modo piuttosto virulento in tutto l'Egitto.

11 Pietro d'Alessandria fu vescovo della città egizianadal 300 al 311;perseguitato, liberato nel 306 ed infine ucciso nel 311. Partecipò alla scuocatechetica, e dì lui ci restano alcune opere, non tutte autentiche (cf. DPA .s.v.).

rana Mareione furono da allora chiamati non più cristiani ma marcioniti. [2.) Allo stesso modo anche Valentino 5, Basilide 6 ManiSimon Mago I hanno trasmesso il proprio nome a coloro che .hanno seguiti, tanto che questi ultimi vengono chiamati gli uni va­lentiniani, gli altri basilidiani, gli altri manichei ed infine simoniani; altri ancora, i catafrigi 8, sono così chiamati dalla Frigia, ed i novaziani da Navata 9. Così anche Melizio lO, espulso dalla comuni ~da Pietro 11, vescovo e martire, ha fatto sì che i propri seguaci fos.,

40

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43Trattato primo, 4-5

'" I )jo,. d~i figli san!i, ortodossi, che hanno ricevuto lo Spirito',/1110 cII DlO; questo ro ho appreso da coloro che partecipano del­

1.1\'IJ HCnza, persone raff~ate, istruite circa le cose di Dio e saggeIl, (l1~1l1 cosa. lo ho camminato sulle loro orme, conformemente al­I. I.'1'0 ?p~io~i, io, il famoso, colui che molto ha sofferto per la.d,>/u di DIO, 10 che possiedo la sapienza e la conoscenza per aver­/. .ipprese da Dio» 14. [2.] Tali sono le sciocchezze che egli fa ri­ili<J1I<l.re nella sua o~era, sciocchezze da fuggire e piene di empie­I., ., Non sempre DlO fu Padre, ma ci fu un tempo in cui Dio era".I, " c non era ancora Padre, mentre solo in seguito divenne Pa-

14 Thatia (=o ~l B.-anchetto) , fr. 1 Bardy (cf. G. Bardy, La Thalie d'Arius, inH, \ 11l' de ~hilologle ) 3 [.1927]). A giudicare dal tono magniloquente delle di., II 1.1r.iziom programmatlche e autobiografiche dell'autore si può facilmenteIl, I "Iosc;re - co~e ~ effettl fanno tutti gli esegeti - nel frammento il proe­""" l'elI oper~ di Ano. La tes~imonianza è riconducibile ad un tipo di arte'''' /Iosa e raffrnat.a: nel proemio, ad esempio, si leggono in acrostico le paro­/. "!l'Che KCX,CX ,OD (cf. W Weyh, in Byz. Zeit. 20 [1911], 139ss.). Difficile ri­.IIIL.' la comprensione della struttura metrica che sorregge la versificazione,l,II opera: secondo Ma~s e Bardy (cf. La Thalie, cit., 214 n. 1) il presente',.lIllmento sarebbe da ricondursj allo schema esarnetrico (in questo caso il, ,II ,H tere «sotadeo» dell'opera disprezzato da Atanasio sarebbe da identifi, ·'''1 non nel metro ma nello stile e nell'ispirazione del testo)' al contrario se­, ," "lo autorevoli studiosi come Loofs, Wilamowitz (cf. Bard~ La Thalie ~it'l' n. 1) e M. West (The metre of Arius' Thalia, JTS 33 [1"9821, 98-l()5) ~i1\ «bbero del tetrametri ioni ci (il sotadeo, appunto). Dato lo stato di conser­\ "/Ione del testo ed il carattere assai libero delle citazioni fattene da Atanasio1,lIl1rnesso che quest'ultimo leggesse l'opera nella sua interezza e non soltan­l' ~ "l'gli estratti) risulta ardua una presa di posizione sicura: non si esclude,I .iltro canto, neppure l'ipotesi che si tratti di un'opera di carattere misto o eli"" prosimetro. Parimenti nell'incertezza restano il momento ed il luogo in cuiI "l'era fu composta: poco cogente pare l'osservazione di Kannengiesser (Où, ! .iuand A:lUs c~mposa-t-fl la Thalie?, in Kyriakon Festschrzft f. Quasten,vlunster 19/0: 34/ss.) per il quale l'opera, in tutto e per tutto frutto della cul­lilla alessandrina, ~on p~ò che essere stata composta ad Alessandria e per un

I ,,,bbhco alessandrino, d altro canto l'accenno fatto da Ario alle proprie sof­l'll'nze s~mbrerebbepresupporre (ma anche questo non è del tutto certo: cf.I, Bellin~, Alessandro e Arzo. U~ esempio di conflitto fra fede e ideologia,JacaI '\lok, Milano 1974,37) la cacciata da Alessandria e l'esilio a Nicomedia.

Trattati contro gli Ariani

I Cf. Sir 4, 24; 11,28; 19,29.

42

k Cf. Rm 1,30.n Cf. 1 Gv 2,23.

ca e, divenuti inventori di nuovi mali k, hanno abbandonato le ri­velazioni delle Sacre Scritture ed hanno chiamato «nuova sapien­za» la Thalia di Ario? Fanno bene, d'altro canto, a chiamarla cosi:annunciano infatti una nuova eresia. [2.] C'è da meravigliarsi:mentre molti hanno scritto molti trattati e moltissime omelie sul­l'Antico e sul Nuovo Testamento, non si è trovata nessuna Tbalia]presso alcuno, neppure fra i più seri dei pagani, ma solo presso'quelli che cantano tali melodie nei conviti fra gli applausi e i lazzischerzosi, per essere derisi dagli altri; Aria, quell'uomo incredibi­le, non ha imitato da loro nulla di serio, ma, ignorando ciò che èproprio di un uomo onesto, rubacchiando qua e là dalle altre ere­sie, ha emulato soltanto le espressioni ridicole di Sotade. [3.] Sevoleva danzare contro il Salvatore, del resto, cosa doveva fare, se]non disporre le proprie infelici empie parole in melodie dissolutee languide? Questo perché, come dice la Sapienza: Dalle sue paro­le si riconoscerà l'uomo I, così, da questo, si riconosca il caratterenon virile dell' anima dell' autore e la corruzione della sua mente.[4.] Infatti quest'uomo ingannatore non è rimasto nascosto, macome il serpente, pur volgendosi spesso qua e là, è caduto nell'er­rore dei Farisei. [5.] Come quelli, infatti, volendo violare la Legge,fingevano di meditame le parole e, volendo negare il Signore, at-iteso e presente, fingevano di chiamarlo Dio ma venivano srna-ìscherati quando bestemmiavano contro di lui dicendo: Perché tu'che sei un uomo ti fai Dio e dici io ed il Padre siamo una cosa so­la? m, così Ario, mascherato e sotadeo, finge, sì, di parlare di Cri:sto come di Dio, citando le parole delle Scritture, ma è da og .parte confutato come ateo poiché nega il Figlio n e lo annovera frale cose create.

[5.1.] Questo è l'inizio della Thalia e delle chiacchiere vuote]di Ario, inizio caratterizzato da un andamento e da una melodia'effeminata: «Secondo la fede degli eletti da Dio, che comprendo-

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15 Molte delleinformazioni relativead Ariononché alcune immagini (cf.1,7,2) contenute nel trattato atanasiano trovano precisi corrispondenti nellalettera enciclica Henòs sòmatos di Alessandro d'Alessandria (in particolareparr. 7-12, trad. Simonetti, Il Cristo, voI. TI,FondazioneLorenzo VaIla, Mila­no 1986, 85). Si può pensare ad un debito di Atanasionei confronti del pre­decessore, oppure che Atanasio stesso abbia contribuito alla stesura dell'en­ciclica(per cui cf. AW 1, 2, 102).

16 Tbalia, fr. 3 Bardy.17 lbid., fr. 4 Bardy. Vinzentha ricondotto la porzione di testo al Syntag­

mation di Asrerio (fr, 73).18 Ibld., fr. 5 Bardy, Ma la distinzione fra la «vera potenza» di Dio e

quella rappresentata da Cristo, secondario rispetto a quella, richiamal'argo­mentare di Asterio (cf.CA 2, 371, per cui Vinzentha supposto con un buonmargine di probabilità che la porzione di testo qui citata facesse parte delSyntagmatton di Asteria (fr. 65).

19 Ibid., fr. 6 Bard)'.20 Ibid., fr. 7 Bardy

45Trattato primo, 5-6

P Sal 24, IO.° Cf. GI 2, 25.

1111,1, lclle cosiddette potenze, fra le quali figurano anche la locustalil il bruco 0; fra queste Cristo non è chiamato solo "potenza" ma.111. II(' "grande potenza"; le altre sono molte e simili al Figlio, e ri­flll.II.iO ad esse David canta P: Signore delle potenze 21. [8.] Per na­III r.r. come tutti, del resto, il Logos è mutevole e a causa del suo li­I" III arbitrio resta buono finché vuole; quando vuole, però, an­I 11l')~li, come noi, può mutare, essendo di natura mutevole. Per'1"('sro - dice - Dio, sapendo già in precedenza che sarebbe statot,", ino, prevenendolo, gli ha dato questa gloria che in seguito eb­\.;- l~rJzie alla propria virtù: perciò in base alle sue opere, che DioI «uosceva in anticipo, lo fece nascere tale» 22.

21 Ibid., fr. 8 Bardy.22 Ibid., fr, 9 Bardy. Vinzent suppone che anche questa porzione di te­

-to derivi dal Syntagmation di Asteria (fr. 43).23 Ibid., fr. lO Bardy. Anche in questo casola porzionedi testo è stata n­

condona all'opera di Asterie (fr, 63 Vinzent).2--1 Ibid., fr. Il Bardy.

[6.1.] Egli osò anche affermare che il Logos non è vero Dio.'''' anche è definito Dio, non lo è veramente, ma lo è solo per par­Inipazione di grazia, e come tutti gli altri così anch'egli è detto,111;1 solo nominalmente, Dio. [2.J Come tutte le cose sono estraneel' ,Iitferenti da Dio nella sostanza, cosi anche il Logos è estraneo e•Idferente in tutto dalla sostanza e dalla proprietà del Padre: egliII.I le caratteristiche delle cose fatte e delle creature, ed è una di es­',l' .' i. [3.] Oltre a ciò, divenuto, per così dire, erede dell' ardire del.liavolo, ha scritto nella Thalia che il Padre risulta ineffabile al Fi­l'lio e che il Logos non può neppure conoscere perfettamente eprecisamente il proprio Padre, e che anche ciò che conosce e chevede lo sa e lo vede in maniera proporzionata alle proprie forze,(ome noi conosciamo secondo la nostra natura 24. «E infatti il Fi­l',lio - dice - non solo non conosce esattamente il Padre (gli man-

Trattati contro gli Ariani

dre 15. [3.] il Figlio non esistette sempre, ma, poiché tutto ha avu­to origine dal nulla e tutte le cose nate sono creature ed opere, an­che il Logos stesso di Dio ha avuto origine dal nulla e c'era un tem­po in cui non esisteva, e non esisteva prima di essere fatto, ma an­ch'egli ha avuto un inizio un principio del suo essere creato 16. [4.] .Dio infatti - così dice - era solo e non c'era il Logos o la Sapien­za. Poi, volendo crearci, dette vita ad un' entità, e la chiamò Logos,Figlio e Sapienza per poterei creare tramite lui» 17. [5.] Aria so­stiene inoltre che due sono le Sapienze: una è quella propria e co­esistente con Dio, mentre il Figlio è nato in questa Sapienza e, poi­ché partecipa di essa, è stato soltanto chiamato Sapienza e Lo­gas 18. «La Sapienza infatti - dice - ebbe sussistenza grazie alla sa­pienza per volere di Dio, che è sapiente» 19. [6.] Così egli sostieneche c'è in Dio un altro Logos oltre il Figlio talché, partecipando diquesto, il Figlio è stato anch'egli chiamato, ma per grazia, Logos eFiglio 20. [7.J Questa è la concezione propria della loro eresia, di­chiarata anche in altri loro trattati, secondo i quali «molte sono lepotenze: fra di esse una sola è per natura propria di Dio ed eter­na, mentre Cristo non è una vera potenza di Dio, ma è anch'egli

44

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[7.1.] Chi, dunque, udendo tali affermazioni ed il canto dellaThalia non avrebbe ragione ad odiare Ario che, come se fosse sul­la scena, scherza su tali argomenti? 28. Chi non vede che costui,mentre sembra che pronunci il nome di Dio e parli di lui, è in real­tà uguale al serpente che consigliò la donna q? Chi, leggendo il se­guito, non vede che l'empietà di Ario è come la frode nella quale ilserpente coi suoi sofismi attirò la donna? Chi non si stupisce difronte a queste bestemmie? [2.] TI cielo, come dice il profeta r, sistupì e la terra tremò per la violazione della Legge; il sole, ancorapiù indignato, e non sopportando la violenza fisica che fu perpe-

47Trattato primo, 6-7

Il.11 d lontro il nostro comune Signore, e che egli sopportò volonta­110111 «nt c per noi, si volse altrove e, ritraendo i suoi raggi, rese queliii, 'III.) privo di sole s. Di fronte alle bestemmie di Ario come potrà11111.' il genere umano non essere colpito da afasia e non chiudere" "I «cclue e gli occhi t per non ascoltare tali empietà e non vedereil 1,,10 autore? [3.] TI Signore stesso non potrebbe ancor più giu­oUllwnte gridare contro costoro, empi e ingrati, ciò che predissel'II l.occa del profeta Osea: Guai a loro, poiché si sono allontanati.l. 11fr" In/elio; poiché hanno commesso empietà contro di me.' lo lif,,, l'lm/icati ed essi hanno pronunciato delle menzogne contro di"ti' ". e poco dopo: Hanno macchinato cose malvagie contro di me,"f,1 li sono volti verso il nulla v, Essi infatti, allontanandosi dal veroI •,gos di Dio e plasmandosene uno che in realtà non esiste, sonoI .r.luti nel nulla. [4.] Per questo, infatti, il concilio ecumenico"!,'llse Ario dalla Chiesa a causa di queste proposizioni e lo anate­ui.uizzò, non tollerandone l'empietà. Da allora l'errore di Ario fuI • msiderato eresia, ancora più grave delle altre, poiché fu chiamato-ucrnico di Cristo» e fu definito «precursore dell'Anticristo» 29.

I').1 Anche se, come ho detto, un tale giudizio contro l'empia ere­'LI è sufficiente a convincere tutti a fuggirla, ciononostante, poiché.ilcuni dei cosiddetti cristiani, o per ignoranza o per ipocrisia, come" è detto prima, ritengono che l'eresia non sia differente dalla ve­rità e chiamano cristiani coloro che nutrono tali opinioni, interro­l'andoli, secondo le nostre possibilità, vogliamo mostrare la malva­!,.ità dell'eresia. Forse così, impossibilitati, taceranno e fuggiranno(Ii fronte all'eresia come si fugge davanti al serpente w.

Trattati contro gli Ariani

r Cf. Ger 2, 12.q Cf. Gn 3, 4.

46

ca infatti la facoltà di comprenderlo) ma anche ignora egli stessla propria sostanza» 25; [4.] sostiene inoltre che «le sostanze dPadre del Figlio e dello Spirito Santo, per natura, sono fra loro dio.vise, estranee, disgiunte, differenti e incapaci di partecipare fra lo­ro» 26 e, come Ario stesso ha detto, «sono fra loro del tutto e infi-lnitamente diversi per sostanza e per gloria». [5.] «TI Logos - cossegli dice - per quanto concerne la somiglianza nella gloria e nell F

sostanza è in ogni modo estraneo ad entrambi», cioè al Padre edallo Spirito Santo 27 (con queste stesse parole lo ha sostenuto l'ern-]pio) ed il Figlio - dice ancora - è «di per sé diviso ed incapace inogni cosa di partecipare del Padre». Queste sono solo parti dellefavolette contenute nel ridicolo trattato di Ario.

25 Ibid, fr. 12 Bardy.26 Ibid., fr. 13 Bardy.27 Ibid., frr. 14-15 Bardy.28 È sulla base di asserzioni come questa che alcuni studiosi moderni (le

cui opinioni sono riportate e discusse da Wyss, cit., 243-244) hanno pensatoche la Thalia fosse un dramma liturgico o un'opera teatrale. D'altra parte,poiché la stessa espressione è utilizzata nella Vita di Antonio (28, 9) in riferi­mento alle apparizioni dei demoni, si dovrà concludere che essa non sta adindicare il carattere recitativo dell'opera di Aria, ma l'ispirazione "diabolica"dell' eresiarca e di coloro che ne sono al seguito.

sCf.Lc23,45;Mc13,24. tls29,1O. uOs7,13. "Cf.Os7,15." Cf. Sir 21, 2; Tt 3, 10.

29 È prassi diffusa presso gli eresiologi antichi quella di definire come lapiù grave l'eresia che è in discussione. Lo stesso dicasi di titoli come "pre­cursore dell' Anticristo" e della constatazione della recenziorità dell' eresia ri­spetto alla sana dottrina. Il concilio ecumenico cui Atanasio allude nel passopresente è ovviamente quello di Nicea del 325.

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30 Leggo «dette vita» in luogo di «ingannò» accolto dagli editori Metz­ler e Tetz: cf. CA 1,22,4.

49

ac Cf. Mt 5,15.

Trattato primo, 8-9

ab Tt l, 14.ua l Tm 4, 1.

.ltll.11I nulla, sono come coloro che camminano nelle tenebre. [7.]I III ni.ri ha udito tali cose? O da dove e da chi gli adulatori e cor­HII/I "q~lJaci dell' eresia hanno udito tali idee? Chi insegnò loro talitll'l' 1111~" quando venivano catechizzati? Chi mai disse loro: «Cessa­" ,II .r.lorare la creazione ed accostatevi di nuovo al culto di unat" iii Il ra e di una cosa fatta?». [8.] Se essi riconoscono di aver udi­'II " • .11) adesso tali dottrine, allora non neghino che questa eresia èf "II .uica e che non è derivata dai padri: ciò che non deriva dai pa­olll, Illa è stato inventato solo adesso, cos' altro sarà se non ciò chel'I<' Iissc il beato Paolo dicendo: Negli ultimi tempi alcuni si allonta­'i. '.111110 dalla fede sana, prestando orecchio aglispiriti dell'errore e al­I /1/ \r·.~llamento dei demoni>', [nell'ipocrisia di coloro che dicono cose1,,/,,. chehanno la coscienza marchiata a fuoco] aa e che si allontanano./,,//,1 rerità ab,

19.1.] Noi invece parliamo liberamente sulla base delle Sacre\, I III ure circa la fede pia e poniamo, per così dire, la lucerna suli'l' crniere v dicendo: il Figlio è vero per natura e autentico deI Pa-•Il c, appartenente alla sua sostanza, Sapienza unigenita, Logos ve­Il' nl unico di Dio 32; [2.] non è una creatura né ur~a cosa fatta, ma, ,'.l'nerato e appartenente alla sostanza del Padre. E vero Dio, per-

31 Le parole seguenti sono espunte nell' edizione che ho tenuto come ri­"Ilmento; potrebbero costituire un'interpolazione operata ili base ~ c~n­

I" 1IHO col testo paolino così come potrebbero essere state realmente ~sente:

,I., Atanasio nel proprio dettato, Come già si è osservato la constatazione ~«ccnziorità dell' eresia rispetto alla sana dottrina è topica nella letteratura cn­.u.ma, Per lo stesso concetto suffragato dalla stessa citazione si veda Alessan­,IlOd'Alessandria, Henòs sàmatos 18 (trad, Sirnonetti, Il Cristo, cit., 89-90),

32 Nell'argomentazione del presente paragrafo Atanasio contraPI?one al, omportamento ambiguo e sfuggente degli ariani la schiettezza e ,la chIar~zza

.iclle proprie asserzioni (nel testo greco parresiazometba). La dichiarazionel' rogrammarica richiama il cap. 2 dell'opera Contro i pagani ove ~econdo Ata­11ClSio, l'uomo, prima del peccato originale, si sarebbe trovato, ns!?~tto a DIO1\1 un rapporto di sincerità iparresiai, innocenza e audace familiarità.

z Cf. Ger 25,9-10.

Trattati contro gli Ariani

Y Gv 19, 15.x Cf. Coll, 18.

48

[8.l.] Se dunque, poiché Ario ha riportato nella sua Thalia icune espressioni tratte dalla Sacra Scrittura, per questo credono chquelle parole blasfeme siano pie, allora, vedendo che i giudei di oggi leggono la Legge e i profeti, negheranno insieme ad essi il Cristoe, udendo i rnanichei che leggono solo alcune parti dei Vangeli, negheranno insieme a loro la Legge ed i profeti. [2.] Se per ignoranzsono così preda della tempesta dell' errore e asseriscono sciocca­mente tali cose, apprendano dalle Scritture che anche il diavolo cheha esc~gitato le eresie, a causa deI fetore della sua malvagità prendea prestito le parole delle Scritture per disseminare il proprio velenousandole come copertura e ingannare in tal modo gli inesperti. [3.rCosì ingannò Eva, così dette vita 30 alle altre eresie, così spinse Ariaa parlare e simulare opposizione ad esse per disseminare la propriaeresia senza dare nell' occhio. [4.] Tuttavia l'empio neppure in que­s~o modo poté restare nascosto ma, commessa empietà nei confron­ti deI Logos, rimase subito privo di tutto, apparve chiaro a chiunqueche ignorava tutte le altre cose e che, non nutrendo alcuna opinio­ne verace, ricorreva alla finzione. [5.] Come potrebbe infatti avereopinioni vere circa il Padre colui che nega il Figlio, che è proprio co­lui che rivela il Padre? E come potrebbe avere rette opinioni circalo Spirito Santo colui che bestemmia contro il Logos, che è colui checoncede lo Spirito Santo? Chi potrebbe credere ad Ario quandopa:-Ia dell~ resu~rezione, se nega il Signore, che è divenuto per noi ilpnm~gellito d~ ~orti x? Come, ignorando la genuina e verace ge­nerazìone deI FIglio dal Padre, non errerà anche a proposito dellasua presenza nella carne? [6.] Allo stesso modo anche i giudei di untempo, negando il Logos e dicendo: Non abbiamoaltro rese non Ce­sareY, furono subito privati di tutto Z e restarono senza la luce dellalucerna, senza il profumo dell'unguento, senza la conoscenza dellaprofezia e senza la verità stessa, in modo che adesso, non compren-

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.33 Si ha in questo punto l'unica occorrenza, in tutti e tre i trattati delterrmne bomoousios. In effetti, come osserva Sirnonerrì (Ancora su hom~ou­s:os a proposito di due recenti studi. in Veto Chr. lì [1980], 88-89) «hornou­SIOS, COSI poco attest~to prima. ~i Nic.ea, lo fu ancora meno, o meglio per nul­I~ affatto, nel decenni successivi, sia in Occidente sia in Oriente». Sarà infat­ti soIo,d.opo ~ lungo ~ilenzio che Atanasio, al tempo de Il credo di Nicea, ri­Iancera il termine sanma dai padri di Nicea.

34 Cf. Thalia, fr. 3 Bardy.

51

ai Cf. Prv 9, 18.

Trattato primo, 9-10

ah Cf. Rm 9,5.ag Cv l, l.

[lO.1.J Le parole di chi dunque spiegano Dio e mostrano che ilIl' .stro Signore Gesù Cristo è Dio e Figlio del Padre? Quelle che voi.ivcte vomitato o quelle che noi abbiamo detto e diciamo sulla baseI klle Scritture? [2.J Se dunque il Salvatore non è Dio né Logos néliglio, vi sia concesso, come ai pagani e ai giudei di oggi, di dire ciò, ile volete; ma se è Logos del Padre e Figlio vero ed è Dio da Dio ei.cnederto sopra tutte le cose nei secoli ah, come non è giusto alloraLir sparire e cancellare tutte le altre parole e la Tbalia di Aria, inquanto immagine di mali e piena di ogni empietà? Colui che si im­Ilatte in essa non sa che vi periscono i giganti nati dalla terra e chela incontro alle profondità dell'inferno ai. [3.J Lo sanno anch'essi,ma nella loro malvagità lo nascondono, e, non avendo il coraggio dipronunciare queste parole, ne profferiscono altre al loro posto. Se

""II .. \rcdibile e non ha nulla di convincente, ma, contro ciò che è,.i ìlll('lltJ ciò che non esiste e diffonde ovunque bestemmie anziché"" I t , rrole. [9.] Se, dunque, a qualcuno che avesse esaminate en­IloIlllk le posizioni venisse chiesto quale fede sceglierebbe o quali"I !l' I Illazioni crederebbe convenienti a Dio, mi dicano gli adulato­Il. kll'cmpietà, che cosa dovrebbe rispondere uno che venga inter­.",'..llll a proposito Dio (e li Logos, infatti, era Dio ag)? Lo si com­1'/f'llderà da questo e da entrambe le soluzioni proposte. [lO.J CheI "".1 conviene dire: «era» o «non era»? «Era sempre» o «prima din'.nl' fatto»? «Eterno» o «dal momento in cui» e «da quando»?., \,(' ro» o «per adozione» e «per partecipazione» e «secondo il pen­<I. '111») Definirlo una delle cose fatte o annoverarlo insieme al Pa­," C" Conviene pensare che sia differente dal Padre secondo la so­''',lilla o che sia uguale e Logos proprio del Padre? Che sia una, Il·,ttura o che tramite lui abbiano avuto origine le creature? Che"1.1 il Logos del Padre o che ce ne sia un altro oltre a lui, e che que­',Ii> abbia avuto origine tramite quello e tramite un'altra Sapienza?I Iw sia stato soltanto chiamato Sapienza e Logos e che fu fatto par­1('(lpe di quella sapienza e secondo dopo di essa?

ai Cv 14, 9.

Trattati contro gli Ariani

ae Cf. Eb L 3.ad Sal 82, 6.

50

ché è consustanziale del vero Padre 33. Quanto alle altre sostanzalle qu~ ha detto; lo ve l'ho detto: siete dei ad, esse ottengono questa. ~razla dal Padre solo per partecipazione al Logos tramite ISpirito Santo. Egli infatti è impronta della sostanza del Padre ae

luc~ da luce, potenza ed immagine vera della sostanza del Padrdli SIgnore afferma anche altrove lo stesso concetto: Chihavisto m .?a VI~to il Pa.dre af [3.J .Sem~r~ era ed ~ e non ci fu mai un tempom C~I non esisteva. Se, infarti, il Padre e eterno, saranno eterni an­che il suo Logos e la sua Sapienza. [4.J Cosa citano essi della odio­sa Thal:Cz? Per prima cosa la leggano, imitando il carattere dell'au­tore affmché, anche se derisi dagli altri, comprendano in che erro­re ~ono caduti e poi parlino. Cosa potranno citare di essa se non:«I?1O non fu sempre Padre ma solo dopo lo divenne; il Figlio noneSlstet,te semp.re, dato che non esisteva prima di essere generato 34.

[~.J ~on denva dal Padre ma anch'egli ebbe origine dal nulla.Non e appartenente alla sostanza dei Padre: è infatti una creaturae ~ma cosa cre~ta. ~ Cristo non è vero Dio, ma anch'egli divenneDIO per parteClpazIOne. [6.J Il Figlio non conosce esattamente ilPadre, né il Logo s ~ede esattamente il Padre né comprende o co­nosce esat~amente il Padre; n~n è infatti il vero e solo Logos delPadre ~a.e detto Logos e Sapienza solo nominalmente, mentre èdetto FiglIo e potenza per grazia. [7.J Non è immutabile come ilPadr~ ~à ~ mutevole per natura, come le cose create, e non ha lacapacita di conoscere perfettamente il Padre». [8.J Quest'eresia

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35 Flavio Giulio Costanzo 017-360, secondo figlio di Costantino, otten­ne alla morte del padre (22 maggio 337) la patte orientale dell'impero e rimasea pattIT~ dal 351 unico imperatore. Ereditando dal padre l'uso di ingerire, inquanto ~'llperato~e, anche nelle questioni più specificamente ecclesiastiche, pre­se posizione ora !Il modo apettamente favorevole agli eusebiani, ora in modopiù ambiguo e neutrale. Quello del presente passo è uno dei pochi riferimentipresenti nel trattato alla realtà contemporanea che ne permetta la datazione.

36 Co~e suggerisce Meijering (Die dritte Rede II, cit., 282) la presenteargomentazione trova una perfetta corrispondenza con quella sviluppata daAtanasio ne Il pensiero di Dionigi 2 (AW 2, 1,47).

53Trattato primo, 10-11

,htoì il" .r/roue nelle Scritture. Già più volte si è mostrato, e si mo­Ihf" ,I ,II Il he adesso, che tali asserzioni sono estranee alle Sacre Scrit­tUh l i I Poiché non resta loro altro che ammettere che hanno trat­tu ,1,.1 ,".Ivolo le loro follie (solo il diavolo potrebbe disseminare talifL., 11111" ), orsù, opponiamoci a questo (la nostra lotta infatti, pur neI­Id l" l'" III;! di costoro, è rivolta contro il diavolo an), perché, con l'aiu­h' .1,1 Signore, quando il diavolo, come è solito, cadrà sotto i colpi.\.11, " .nlurazioni, gli ariani si vergognino vedendo in difficoltà coluiII" Il,1, lisseminato la loro eresia, e comprendano, anche se tardi, che.,••, 1111" ariani non sono cristiani 37.

'" Cf. Ef 6, 12.

111. I.] Avete detto e pensate, su suggerimento del diavolo, che, l l,I III} tempo in cui il Figlio non esisteva 38: questo è il primo velo,I, I \"~l ro pensiero che bisogna far cadere. [2.] Ditemi, o empi e1,1,.·.i.-IIlÌ, cosa esisteva allora, quando il Figlio non esisteva? Se dite:-Il l '.«!«,», la vostra bestemmia è ancora più grande, poiché non siI''l' l, lire: «Allora c'era» o indicarlo con l'espressione «allora»39; egli1101,1111 l' sempre, ed è anche adesso, ed è insieme al Figlio, ed egli è

\, Termina a questo punto la sezione introduttiva al trattato, contenen­" l'II .stratti della Tbalia e gli slogan ariani. Questa sezione, stando all'anali­" ,II Kannengiesser, sarebbe stata inserita da Atanasio nel corso della secon­.L, l.r-,c di elaborazione del trattato.

;,~ La formula è già comparsa in CA 1,5,3. Essa, perlomeno nella forma.,," »iica in cui si diffuse in seguito, non compare negli scritti superstiti sicura­u u-nt c attribuiti ad Ario. Già in uso nella filosofia neoplatonica nelle discussio­'" ,<'Iative all'eternità del mondo (Alcinoo, Didaskalikòs 14,3) essa era stata uti­h. -.rta da Origene (I Principi 4,4, 1) ma in senso contrario a quello di Ario, ov­" '" per affermare l'eternità del Figlio (M. Simonetti, Il Cristo, cit., 551-552;I l' Meijering, "Hv note D'tE OÙK ~v 6 ulòç, VC 28 [1974], 161-168).

39 In base al confronto con Platone, Parm. 140e; Tim. 37e, Meijering'I trtbodoxy and Platonism, cir., 58ss.J suppone che l'argomentazione atana­r.uia per cui la divinità non partecipa del tempo sia di ispirazione platonica.

:'; l "l bisogna però dimenticare che il concetto era largamente diffuso nel pen­wro cristiano fin dalle origini: cf. Origene, I Principi 4,4, 1; 2, 2, 1; Ireneo di

I ione, Contro le eresie 2, 16,4; Atanasio, CA 2,33.

al Cf. Lc 11,33; Mt 5, 15; Mc 4, 21.

Trattati contro gli Ariani

ak Gb 18,5.

52

solo le pronunciassero sarebbero subito condannati e se anche fossero sospetti di credere ciò sarebbero subito respinti da tutti con l ..confutazioni desumibili dalle Scritture. [4.] Per questo, essendo fi •di questo mondo aj ed alimentando, nella loro malvagità, quella ehcredono la loro lucerna con olio di oleastro, temendo che si spengpresto (La lucedegliempi - dice la Scrittura - si spegne ak) la nascon­dono sotto il maggio dell'ipocrisia al e dicono altre parole; alludonalla protezione garantita dai loro amici ed agitano lo spauracchio diCostanzo 35 perché coloro che si avvicinano ad essi, per effetto diquesta finzione e di questa ostentazione, non vedano la lordura del­l'eresia. [5.] In che modo quest'ultima non potrebbe essere degna diodio, dato che è celata anche dai suoi adepti, poiché non ha libertàdi parola, e si riscalda come un serpente? Da dove hanno tratto que­ste loro parole? Dopo averle prese da chi hanno il coraggio di pro­nunciarle? Sicuramente, non potranno identificare nessuno degli uo­mini con colui che ha suggerito loro tali dottrine. [6.] Chi c'è infatti,greco o barbaro, che osi annoverare fra le creature quello che rico­n?sce come Dio e che affermi a suo riguardo: «Non esisteva primadi essere fatto»? Chi c'è mai che, a quello che crede Dio, non credepiù quando lo sente dire: Questo è il Figlio mio prediletto aro, ma af­ferma che non è figlio ma creatura? 36. Tutti si sdegneranno controcoloro che delirano tali cose, dato che, peraltro, non hanno alcuna

aj Cf. Lc 16.8.aro Mt 17,5.

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