Parliamo di massi erratici - Giovanni Barrella

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Parliamo di massi erratici … Copyright © Giovanni Barrella. Tutti i diritti riservati. | 1 Stampa Di recente, ho avuto sotto gli occhi un vecchio testo del 1853. Tra le sue pagine ho fatto conoscenza con un illustre personaggio: Bartolomeo Gastaldi, eclettico geologo torinese, pioniere nello studio della geologia e della glaciologia; co-fondatore e secondo presidente del Club Alpino Italiano, nel 1875 diventa direttore del Museo Civico di Torino, donando anche la sua vasta collezione di reperti antichi. Il testo in questione ha come titolo Appunti sulla geologia del Piemonte, edito a Torino dalla Tipografia Marzorati. Nelle ultime pagine, belle tavole illustrate dallo stesso autore ritraggono alcuni massi erratici di notevoli dimensioni. Nel testo si legge che: Le Alpi, dacché esistono quali ad un dipresso or sono, versarono le loro acque al mare per mezzo delle valli del Reno, del Rodano e del Po. Il fondo di questi gran canali è coperto, livellato da un potentissimo strato di ciottoli rotolati di ghiaja, sabbia ed argilla, frammenti delle montagne da cui provengono, e strascinati giù dalle acque lungi dal loro luogo di origine. E ancora, più avanti: […] ma bensì per mezzo delle zattere di ghiaccio. Questi massi così abbandonati al capriccio dei venti e delle onde, dopo d’aver errato un tempo più o men lungo sulla superficie del mare, s’immergono a misura che si strugge il ghiaccio in cui sono compresi […] Poetica della scienza! È stato amore a prima vista, ma dovevo capirci qualcosa di più. Le pietre che camminano Quando i primi geologi giunsero sulle Alpi, agli albori della geologia moderna, rimasero incuriositi e affascinati da enormi e pesanti massi isolati che vennero battezzati come blocchi erratici, in attesa di poter fornire una spiegazione ragionevole per quella loro enigmatica collocazione, sulla cima delle colline o in mezzo alle pianure. In un periodo stimato tra il 1550 e il 1850 circa, un brusco abbassamento della temperatura media terrestre portò i ghiacciai a espandersi gradualmente, in quella che è stata definita la

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StampaDi recente, ho avuto sotto gli occhi un vecchio testo del 1853. Tra le sue pagine ho fattoconoscenza con un illustre personaggio: Bartolomeo Gastaldi, eclettico geologo torinese,pioniere nello studio della geologia e della glaciologia; co-fondatore e secondo presidentedel Club Alpino Italiano, nel 1875 diventa direttore del Museo Civico di Torino,donando anche la sua vasta collezione di reperti antichi.Il testo in questione ha come titolo Appunti sulla geologia del Piemonte, edito a Torino dallaTipografia Marzorati. Nelle ultime pagine, belle tavole illustrate dallo stesso autoreritraggono alcuni massi erratici di notevoli dimensioni. Nel testo si legge che:

Le Alpi, dacché esistono quali ad un dipresso or sono, versarono leloro acque al mare per mezzo delle valli del Reno, del Rodano e del Po.Il fondo di questi gran canali è coperto, livellato da un potentissimostrato di ciottoli rotolati di ghiaja, sabbia ed argilla, frammenti dellemontagne da cui provengono, e strascinati giù dalle acque lungi dalloro luogo di origine.

E ancora, più avanti:

[…] ma bensì per mezzo delle zattere di ghiaccio. Questi massi cosìabbandonati al capriccio dei venti e delle onde, dopo d’aver errato untempo più o men lungo sulla superficie del mare, s’immergono amisura che si strugge il ghiaccio in cui sono compresi […]

Poetica della scienza! È stato amore a prima vista, ma dovevo capirci qualcosa di più.

Le pietre che camminano

Quando i primi geologi giunsero sulle Alpi, agli albori della geologia moderna, rimaseroincuriositi e affascinati da enormi e pesanti massi isolati che vennero battezzati comeblocchi erratici, in attesa di poter fornire una spiegazione ragionevole per quella loroenigmatica collocazione, sulla cima delle colline o in mezzo alle pianure.In un periodo stimato tra il 1550 e il 1850 circa, un brusco abbassamento della temperaturamedia terrestre portò i ghiacciai a espandersi gradualmente, in quella che è stata definita la

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Piccola Età Glaciale (PEG) o Little Ice Age (LIA). Tra la fine del XVII e per tutto il XVIIIsecolo, i ghiacciai delle Alpi svizzere raggiunsero una tale espansione da inglobare alcunefattorie e distruggere interi villaggi. Fu Ignaz Venetz, glaciologo, naturalista e ingegnereelvetico, tra i primi a riconoscere proprio nei ghiacciai una delle principali forze ad avermodellato il paesaggio di diverse regioni della Terra; senza dimenticare, ovviamente, ilnostro Gastaldi. Sentiero 19Segnaletica del Parco Regionale Campo dei Fiori.Il Sass de la RosseraVisione d’insieme.Il Sass de la RosseraUn momento della fase di studio del masso erratico. Venetz raccolse diversi dati sull’avanzamento dei ghiacciai e scoprì un fenomeno del tuttoinatteso, che mai prima era stato considerato: grossi blocchi rocciosi, insieme a materialepiù fine, giacevano sui ghiacciai e sul fronte degli stessi si formavano colline di detriti, lecosiddette morene.Negli Atti della Terza Riunione degli Scienziati Italiani, tenuta a Firenze nel settembre del1841, alla pagina 162 si legge quanto segue:

Ammessa l’esistenza di ghiacciai che si estendessero dalle Alpi alGiura, si spiegano più facilmente forse che in ogni altra ipotesi, tutti ifatti relativi alla dispersione de’ massi erratici, quali si osservanooggigiorno. I massi dispersi sul pendìo del Giura che guarda le Alpi,sono la Morena terminale del ghiacciaio del Rodano; quelli che sitrovano a varie altezze sui monti del Vallese ne sono le Morenelaterali; le une e le altre abbandonate dal ghiacciaio, quando cessatal’evaporazione straordinaria che ne aveva determinato la formazione,il calore del sole limitò i ghiacciai nelle valli centrali delle Alpi. Queimassi poi che trovansi dispersi qua e là nelle pianure svizzere, sonocaduti allo sciogliersi del ghiaccio, in sul punto al quale erano giuntiprima del cambiamento di clima.

I massi erratici rappresentano, quindi, le tracce dell’antico scorrere dei ghiacciai, ipotesi

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oggi ufficialmente riconosciuta: sono i muti testimoni di un gelido passato e hanno età moltodiverse, anche fino a 500 milioni di anni; e c’è da aggiungere che questi grandi blocchi diroccia che si trovano “dove non dovrebbero” spesso non sono poi così “silenziosi”.

Masso erratico della Regione alle Pietre, Pianezza.Tratto dagli Appunti sulla Geologia del Piemonte, di Bartolomeo Gastaldi, Torino1853.

Alla ricerca dei massi perduti … e ritrovati

Questi colossi di pietra hanno da sempre affascinato e alimentato la fantasia delle culture diogni tempo. Per esempio, si racconta che gli Etruschi e i Romani li usassero per costruire letombe di personaggi illustri. Altri popoli li veneravano o li utilizzavano come altari. Eranoritenuti sacri, perché essi rappresentavano, in forma visibile e tangibile, la manifestazionedel divino. Vere e proprie epifanie, che incantavano e incutevano timore. Sulla loro origine,in passato, è stato detto di tutto: spostati o scagliati lontano dai giganti; oppure che fosserostati mossi dal diluvio universale o eruttati dai vulcani; e ancora, che fossero stati portatia valle usando potenti incantesimi, dai sacerdoti druidi per officiare sacrifici o dallestreghe per le loro adunanze. E non mancano neppure santi e diavoli. Ipotesi, come tantealtre, fino a prova definitiva. Mai dire mai. D’altronde, quando si ha di fronte questi ciclopicimacigni, le emozioni che scaturiscono dall’osservatore conducono in modo naturale a

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immaginare il coinvolgimento di forze misteriose e sovrannaturali.Tradizione deriva dal latino trādĕre, trasmettere, consegnare, tramandare, affidare aiposteri. Le leggende e i miti fanno parte di questo bagaglio che accompagna l’essere umanoda sempre e vanno ascoltati e mai sottovalutati perché custodiscono in grembo messaggi digrande saggezza. Riprenderemo questo interessante discorso altrove. Qui di seguito, invece,elencherò alcuni esempi significativi, strettamente legati ai massi erratici, prendendo inconsiderazione alcuni territori alpini.

MASSO DELLA MACINA

Cascate della Froda. Castelveccana.VARESE

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SASS DE PREJA BUIA

San Vincenzo. Sesto Calende.VARESE

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ALTARE DEGLI AVI

San Michele. Porto Valtravaglia.VARESE

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MASSO DI PIERO

Piero. Curiglia con Monteviasco.VARESE

PIEMONTEROCA SGAROIRASu una collina morenica tra Rivoli e Reano, in provincia di Torino, fronte di un ghiacciaioche fino all’ultima glaciazione ricopriva la Val di Susa, al centro di un altopiano chiuso acorona dai rilievi boschivi, è collocato questo peculiare masso erratico. La pietra è messa inrelazione con la presenza delle masche, leggendari personaggi simili a streghe, che siracconta popolassero questi territori. Si dice che in alcune notti particolari, le masche siradunassero intorno alla pietra-altare per officiare i propri riti sabbatici, durante i quali,all’apice della celebrazione, si arrampicavano sul masso e, ponendosi sul ventre, scivolavanolungo il fianco levigato per assorbire l’energia della pietra e accrescere il loro potere. Ineffetti, si può riscontrare nei pressi della Sgaroira una caratteristica anomalia magnetica. Il

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masso è associato anche ad antichi riti di fertilità, legati alla maturità sessuale e allenascite.BALMA DI VONZOVonzo è una piccola frazione di Chialamberto, della provincia o, come si dice oggi, cittàmetropolitana di Torino. Nel suo territorio troviamo la Balma, chiamata anche il Roc d’leMasche. Ecco nuovamente queste misteriose figure, raccontate nel punto precedente. Labalma è una particolare grotta o rifugio ipogeo antropizzati, spesso ricavata dalla posa inpendio di un masso erratico. In definitiva, la balma è un riparo ottenuto da una roccia chene fa da tetto. Questa enorme pietra è davvero impressionante: staccatasi moltoprobabilmente dalle montagne sovrastanti e rotolata giù nella posizione attuale creando unagrossa balma, mostra i segni evidenti dell’erosione degli antichi ghiacciai. Si racconta che,proprio qui, le masche (in alcune varianti, le fate) si incontrassero per fare festa e ballareper tutta la notte. Un giorno, queste decisero di caricarsi sulle spalle il colossale macigno,con l’intento di distruggere il vicino ponte del diavolo di Lanzo. Il demonio, accortosi diquesta strana iniziativa, tolse i poteri alle dispettose masche che, ritrovandosi senza forzeper trasportare il masso, dovettero abbandonarlo nella posizione attuale. Come prova diquesto straordinario evento, all’interno della balma sono rimaste le impronte delle mani diquelle sventurate streghe.PERA CAGNIIl Vallone di Trione, situato nel versante all’inverso rispetto alla Val Grande, è un verogioiello naturalistico delle valli di Lanzo, solcato dalla Grande Traversata delle Alpi e dallaVia Alpina, i due principali percorsi escursionistici che permettono di attraversare le Alpi.Esso ospita la famigerata Pera Cagni, o Pera Cagna, chiamata anche Roc del Diaô. Il grossomasso erratico presenta sulla sua superficie solchi pronunciati, incavi e una profondainsenatura seminascosta dalla vegetazione. Siamo nelle vicinanze di Groscavallo, comune inprovincia di Torino. I racconti popolari narrano che il diavolo volesse scagliare la roccia suun paese vicino, con l’intento di seppellirvi tutti i suoi abitanti. Mentre trasportava in volo ilmacigno, questo però divenne sempre più pesante, fino al punto che il diavolo non poté piùsostenerne il peso e lo lasciò cadere nel posto dove ancora oggi si può ammirare. Il demonionon si arrese e, ancora deciso nelle sue azioni, tentò in tutti i modi di risollevare la grandepietra, tramutandosi anche in diversi animali, dal leone all’aquila e molti altri ancora; isolchi e le rigature rimaste sul masso proverebbero tutti i suoi inutili tentativi, segni degliartigli e degli zoccoli degli animali di cui prese forma. Sul fianco della roccia, una nicchiaabbastanza profonda indica il punto in cui tentò di ricaricarsela sulla schiena. Secondo ilfolklore locale, il macigno divenne pesante per opera delle preghiere di un santo eremitache abitava il bosco sacro del Santuario di Forno; altre varianti della leggenda sostengonoche si trattò di una magia delle fate, ma tutti concordano che a farne aumentare il peso fu latrasmutazione del cuore della pietra da semplice roccia a oro puro. Infatti, venne scavata aldi sotto del masso erratico una galleria, oggi ormai quasi completamente ostruita, dai tanti

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cacciatori di tesori, alla frenetica e disperata ricerca di oro e gemme preziose, nascoste daldiavolo stesso. LOMBARDIAPIETRA LENTINAUna vera singolarità geologica riposa, austera, sulla strada che mena verso Bellagio daPiano Rancio, in provincia di Como. È la Pietra Lentina o Sasso di Lentina, un blocco dighiandone proveniente dalla Val Masino. Il masso erratico, trasportato e abbandonato daighiacciai del Quaternario, è considerato per le sue misure il più voluminoso tra quelli trovatiin Lombardia. Sulla parte superiore si possono osservare diverse piccole cavità, che anticatradizione vuole siano le tante impronte lasciate sulla roccia dalle palle infuocate scagliate,per passatempo, da diavoli burloni. Sempre sulla sommità della pietra, tra varie incisioni, sipuò ancora notare la presenza di due linee disposte ad angolo, risalenti al 1763, a segnare ilconfine tra i terreni di Civenna e Bellagio.PIETRA NAIROLAQuesto spettacolare masso erratico si incontra sul sentiero che dal Pissarottino di Brunate,nella provincia di Como, arriva a Montepiatto. Il grosso blocco di ghiandone, provenientedalla Val Masino, sporge dal pendio della montagna, con il suo equilibrio impossibile. Sulmasso sono anche presenti incisioni rupestri appartenenti a diverse epoche, tra cui lecoppelle e una che ricorda l’impronta di un piede. Anche per questo sasso le leggende localiricordano la presenza di diavoli giocherelloni. Una storia di sicura matrice cristiana, nataforse per esorcizzare le tradizioni pagane, narra dell’intervento miracoloso della Vergine,che avrebbe trattenuto la pietra con il suo mantello per evitare che cadesse in basso.SASS CAVALÀSCIl Lago Maggiore o Verbano possiede un fascino silenzioso. Alcune leggende narrano di fatee ninfe del lago che, durante la notte, visitano la terraferma per raccogliere fiori, riempire leloro eteree barche e così poter riprendere il largo, con il loro prezioso carico profumato. Inquesto favoloso scenario naturale, sulla sponda lombarda del lago, nel territorio di Ranco inprovincia di Varese, vi è un colossale masso erratico immerso in parte nell’acqua lacustre. Èil Sass Cavalàsc, chiamato anche Sasso Cavallaccio, un grosso parallelepipedo di serpentinole cui reali dimensioni non sono calcolabili perché probabilmente la parte più voluminosa èinterrata, dato che la pietra resiste alla gravità e ai fenomeni atmosferici nonostante sipresenti in una posizione fortemente inclinata. I territori circostanti, sia sul lato piemonteseche su quello lombardo del lago, sono ricchi di massi erratici e strutture megalitiche, traccesignificative delle culture che in passato hanno abitato questi luoghi sacri.

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Messaggi da un tempo lontano

Si diceva, poco sopra, che i massi erratici sono i muti testimoni di un passato remoto, mache poi tanto silenziosi non sono perché, sovente, sono diventati portatori di messaggiprovenienti da antiche culture presenti sul territorio in epoche lontane dalla nostra attuale.Incisioni rupestri di forme e dimensioni diverse fanno bella mostra di sé, celandogelosamente il vero significato contenuto in quei simboli scolpiti nella nuda pietra. I segnipiù rappresentati sono le coppelle, incavature tondeggianti di varia grandezza spessocollegate fra loro da sottili scanalature, ma anche croci, figure antropomorfe, triplici cinte,forme geometriche e immagini floreali stilizzate. Di sicuro, questi massi erano consideratisacri perché esprimevano, con la loro presenza, tutta la potenza divina e l’energia emanatacoinvolgeva la sensibilità degli antichi che attribuivano a queste pietre poteri particolari,legati alla maturità sessuale, alla fertilità ma anche alla guarigione dalle malattie, tuttielementi collegati alla Vita e al principio femminile. Ecco perché con l’avvento delcristianesimo questi luoghi, frequentati perlopiù da donne, vennero banditi come demoniaci;posti da cui stare alla larga perché praticati da streghe per i loro malefici incontri.Inversione del simbolo, per terrorizzare, controllare e applicare la damnatio memoriae suculti e tradizioni ancestrali, appartenuti ai nostri avi. Eppure, nelle vicinanze di questi centrienergetici è stata quasi sempre collocata una chiesa, una cappella o un oratorio: peresorcizzare o per assorbire e tenere per sé quelle energie negate al popolo? Veritatemlaborare nimis saepe aiunt, exstingui nunquam. Affido al lettore l’ultimo pensiero.

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Bartolomeo Gastaldi.Disegno del fumettista Sergio Zaniboni.© Fondazione Torino Musei.

BIBLIOGRAFIA

Appunti sulla geologia del Piemonte, Bartolomeo Gastaldi, Torino 1853.Atti della Terza Riunione degli Scienziati Italiani, AA.VV., Firenze 1841.L’altare di Montegrino, Pietro Astini, in RSSV fasc. X, Varese 1971.Massi coppellati in Brezzo di Bedero, F. L. Cocomazzi, S. Torretta, in QUAAV 1-2012,Luino 2012.Oltre il segno. Tradizioni popolari e rocce incise, F. Copiatti, A. De Giuli, in Vallintrasche,Germignaga 2008.Il masso della macina: incisioni rupestri attraverso la storia, F. L. Cocomazzi, in LociTravaliae n. XX, Porto Valtravaglia 2011.Incisioni rupestri e megalitismo nel Verbano Cusio Ossola, F. Copiatti, A. De Giuli, A.Priuli, Domodossola 2003.Il linguaggio della Preistoria, Ausilio Priuli, Torino 2006.