Parla Artur Mas, il presidente della regione autonoma...

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33 VENERDÌ 27 DICEMBRE 2013 La cultura ENZO D’ANTONA Il medico delle favole ecco il mondo di Pitrè Lo sport MAURIZIO CROSETTI Marcello Lippi: “La mia vita segnata da Mondiali” Motori L’auto che va ad aria compressa Il sondaggio Salute L’interattivo con la dieta per le feste OGGI SU REPUBBLICA.IT SCEGLI LA PAROLA DELL’ANNO Musica Ape Escape il buon rock non bada al look Immagini iPad Caos Lisbona buone feste ma tra i rifiuti Cinema Saoirse, gli occhi che hanno stregato Hollywood Parla Artur Mas, il presidente della regione autonoma: “Siamo stanchi perché alla Spagna abbiamo dato più di quel che ci ha restituito” CONCITA DE GREGORIO BARCELLONA Q uesta è un’intervista a un rivolu- zionario in abito grigio. Un uomo che fuori dalla Spagna conosco- no in pochi e c’è una ragione, la spiega lui stesso: «Se fossi stato un calciatore avrei giocato da mediano. Era questo il mio ruolo, da ragazzo: centrocam- pista. Correre, correre. La politica non mi piace. È un male necessario. La faccio per- ché non c’è altro modo per realizzare quel che è possibile fare». Si chiama Artur Mas, è il presidente della regione autonoma di Ca- talogna e sta per scatenare un terremoto. Per la Spagna e per l’Europa, per noi. Ha av- viato un processo senza ritorno, vuole la Ca- talogna indipendente dalla Spagna, ha fis- sato per il 9 novembre 2014 la data del refe- rendum fra i sette milioni e mezzo di citta- dini che governa e pazienza se Madrid dice che non si può fare, pazienza se Mariano Rajoy batte il bastone del comando e dice che assolutamente no, è incostituzionale. «Andremo comunque a votare», dice tran- quillo. Se non sarà il referendum — «ma sarà, sarà… » — lui è pronto a far cadere la sua giunta prima della scadenza, 2016, e in- dire subito elezioni anticipate trasforman- dole in un voto pro o contro l’indipendenza. E se l’Europa dirà di no si farà lo stesso. Si chiama Artur Mas, e conviene imparare a conoscerlo per tempo, starlo a sentire. SEGUE NELLE PAGINE SUCCESSIVE CON UN ARTICOLO DI JAVIER CERCAS VENERDÌ LE MALEDIZIONI VIA WEB NATALIA ASPESI I giornalisti che si credono importanti cominciano a preoccuparsi: come mai non sono ancora riusciti a me- ritarsi la medaglia Grillo, quella che sul suo blog li mette alla ormai stanca gogna sotto il simpatico titolo di “Giorna- lista del giorno”? Siccome i, mi pare, quattro premiati sino ad ora sono grandi firme di vario colore, non è che sempli- cemente il corrucciato comico-impolitico non ritiene gli al- tri loro colleghi abbastanza importanti da leggerli e quindi onorarli con la sua maledizione biblica? Può anche darsi che sappia come sia inutile prendersela soprattutto con penna- roli anziani come lui o molto più di lui, tipi che non perden- do tempo con le pagine trascurabili della Rete, non verreb- bero mai a sapere della ovvia valanga di insulti e minacce contro di loro. Oppure si potrebbe pensare che questo sprezzante disinteresse sia una forma di silenzioso impea- chment, come quello assordante, giusto per non parlare di cose serie, che ogni giorno viene grillinamente vagheggiato per il Presidente della Repubblica? © RIPRODUZIONE RISERVATA FOTO CORBIS catalana alla Divorzio

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VENERDÌ 27 DICEMBRE 2013 La cultura

ENZO D’ANTONA

Il medicodelle favoleecco il mondodi Pitrè

Lo sport

MAURIZIO CROSETTI

Marcello Lippi:“La mia vitasegnatada Mondiali”

MotoriL’auto che vaad ariacompressa

Il sondaggio

SaluteL’interattivocon la dietaper le feste

OGGI SUREPUBBLICA.IT

SCEGLI LA PAROLA DELL’ANNO

MusicaApe Escapeil buon rocknon bada al look

Immagini iPadCaos Lisbonabuone festema tra i rifiuti

CinemaSaoirse, gli occhiche hanno stregatoHollywood

Parla Artur Mas, il presidente della regione autonoma: “Siamo stanchi perché alla Spagna abbiamo dato più di quel che ci ha restituito”

CONCITA DE GREGORIO

BARCELLONA

Questa è un’intervista a un rivolu-zionario in abito grigio. Un uomoche fuori dalla Spagna conosco-no in pochi e c’è una ragione, laspiega lui stesso: «Se fossi stato

un calciatore avrei giocato da mediano. Eraquesto il mio ruolo, da ragazzo: centrocam-pista. Correre, correre. La politica non mipiace. È un male necessario. La faccio per-ché non c’è altro modo per realizzare quelche è possibile fare». Si chiama Artur Mas, èil presidente della regione autonoma di Ca-talogna e sta per scatenare un terremoto.Per la Spagna e per l’Europa, per noi. Ha av-viato un processo senza ritorno, vuole la Ca-

talogna indipendente dalla Spagna, ha fis-sato per il 9 novembre 2014 la data del refe-rendum fra i sette milioni e mezzo di citta-dini che governa e pazienza se Madrid diceche non si può fare, pazienza se MarianoRajoy batte il bastone del comando e diceche assolutamente no, è incostituzionale.«Andremo comunque a votare», dice tran-quillo. Se non sarà il referendum — «masarà, sarà… » — lui è pronto a far cadere lasua giunta prima della scadenza, 2016, e in-dire subito elezioni anticipate trasforman-dole in un voto pro o contro l’indipendenza.E se l’Europa dirà di no si farà lo stesso. Sichiama Artur Mas, e conviene imparare aconoscerlo per tempo, starlo a sentire.

SEGUE NELLE PAGINE SUCCESSIVE CON UN ARTICOLO DI JAVIER CERCAS

VENERDÌ

LE MALEDIZIONI VIA WEB

NATALIA ASPESI

Igiornalisti che si credono importanti cominciano apreoccuparsi: come mai non sono ancora riusciti a me-ritarsi la medaglia Grillo, quella che sul suo blog li mette

alla ormai stanca gogna sotto il simpatico titolo di “Giorna-lista del giorno”? Siccome i, mi pare, quattro premiati sinoad ora sono grandi firme di vario colore, non è che sempli-cemente il corrucciato comico-impolitico non ritiene gli al-tri loro colleghi abbastanza importanti da leggerli e quindionorarli con la sua maledizione biblica? Può anche darsi chesappia come sia inutile prendersela soprattutto con penna-roli anziani come lui o molto più di lui, tipi che non perden-do tempo con le pagine trascurabili della Rete, non verreb-bero mai a sapere della ovvia valanga di insulti e minaccecontro di loro. Oppure si potrebbe pensare che questosprezzante disinteresse sia una forma di silenzioso impea-chment, come quello assordante, giusto per non parlare dicose serie, che ogni giorno viene grillinamente vagheggiatoper il Presidente della Repubblica?

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Parla Artur Mas, il presidente della

regione autonoma:“Siamo stanchi

perché al governo centrale abbiamo

dato molto di più di quel che ci ha

restituito. Sempre e per troppo tempo

Ora il nostro matrimonio è finito

Ma ci si può separare con civiltà

restando buoni vicini. Noi vogliamo

rimanere nella moneta comune,

nell’Unione europea, in Schengen

e nella Nato”

(segue dalla copertina)

CONCITA DE GREGORIO

BARCELLONA

Èla vigilia di Natale.Un momento primadi entrare nel suostudio esce da quellaporta Jordi Pujol, 83

anni, fondatore del partito diMas – Convergencia – e per 23anni presidente di Catalogna.Un gigante della politica spa-gnola del Novecento. Pujol, inperfetto italiano, si ferma unmomento a parlare della man-cata elezione di Prodi. Indicacon precisione il nome di chi asuo parere ha orchestrato l’ag-guato. Sorride, narra aneddotia proposito del presunto man-dante. Conosce la vicenda indettagli sottili. S’informa poisu Renzi. Sorride ancora. «Be-ne, buona fortuna al suo Paese.Si ricordi, parlando col presi-dente Mas, che noi catalaninon conosciamo la xenofobia.In Italia sì, mi pare. Qui no. Iltema dell’indipendenza, alcontrario di quel che avvienealtrove, anche da voi in passa-to con la Lega, non ha niente ache vedere con il disprezzo del-lo straniero del più debole né èuna ragione solo economica.Al contrario. Giustizia e Carità,a questo si ispira la mia politicafin dalle origini. Abbiamo unalunga tradizione di accoglien-za, di assistenza. Il catalani-smo è una storia di generosità,dunque del tutto estranea al le-ghismo. Ma non faccia atten-dere il presidente, per favore.Mi trova qui oggi giusto per gliauguri, ci parliamo di rado masono certo che le sue parole sa-ranno le mie». Ultimo sorriso.

Mas ha 57 anni, è un uomopaziente e allenato all’attesa,per due volte ha vinto le elezio-ni ma alleanze politiche lo han-

no lasciato all’opposizione, al-la terza vittoria ha governato.Governa ora. Un ‘regista’, dicequasi con pudore, “alla catala-na però”, di quelli che ogni tan-to segnano anche. Tipo Xavi,intende, o Iniesta. Pep Guar-diola ha speso per lui recentiparole di entusiasmo. Più cheper Renzi, per capirsi. D’altraparte Mas guarda a Renzi conattento interesse: «Credo che cicapiremmo bene, mi auguro diconoscerlo presto».

Presidente, perché vuole laCatalogna indipendente?

«Non la voglio io, la voglionoi cittadini. Guardi i balconi al-le finestre, guardi le bandiereesposte. In città e in campa-gna, in centro e in periferia,nelle case di chi vota a destra edi chi vota a sinistra. È un mo-vimento trasversale e colletti-vo. Due milioni di persone so-no scese in piazza l’11 settem-bre, hanno fatto una catenaumana. Non c’era rabbia, nel-le strade, c’era speranza. È sta-ta una festa. I catalani voglionoandare a votare, nessuno puòimpedirci di farlo. Andare a vo-tare è un tratto fondante dellademocrazia».

Perché adesso? Le ragioninon sono le stesse di dieci oventi anni fa?

«Per stanchezza, per fatica.Perché ora basta. Abbiamo da-to alla Spagna moltissimo dipiù di quel che ci ha restituito,

sempre. Per troppo tempo,troppo. Troppo a lungo. Il ma-trimonio è finito. Ci si può se-parare con civiltà, restandobuoni vicini».

È dunque un tema econo-mico, è il dare e l’avere? È co-me volersi liberare da un pa-dre che quando sei già adultoti paga il mensile e ti dice an-che cosa devi farne?

«È un padre che non amasuo figlio, quello che lo co-stringe a un rapporto di subor-dinazione oltre il tempo lecito.Noi viviamo in una condizionedi inquilini di un proprietarioostile. Semplicemente: nonaccettiamo più quelle condi-zioni, sono ingiuste. La nostraautonomia è in condizioni digrande debolezza, tutto di-pende dal governo centrale alquale storicamente paghiamoimposte in una misura enor-memente superiore a quantoci viene poi redistribuito per i

bisogni della nostra gente. Èquesta l’origine del grave defi-cit fiscale che l’anno scorso ciha messi in condizione di chie-dere un prestito che stiamo re-stituendo, che restituiremotutto. Ma ora basta».

Sempre di gettito fiscale, diautonomia nella gestionedelle imposte, sempre di soldistiamo parlando.

«No, stiamo parlando dellanostra storia. Io ho 57 anni,non ho potuto studiare il cata-lano, la mia lingua, a scuola.Nel franchismo era proibito.Oggi tutta la popolazione è bi-lingue. Le nostre tradizioni, lanostra identità non hanno maipreteso di sopraffare alcuno.La nostra politica è quella del-l’inclusione, dell’accoglienza,da sempre, e del rispetto. Peròvogliamo essere rispettati, equesto governo non lo fa. Irapporti con il Partito Popola-re si sono fatti molto difficili,

davvero molto».Il leader storico del suo par-

tito, Jordi Pujol, è stato in car-cere sotto il franchismo. Ma-nuel Fraga, uno dei capi stori-ci del Pp, era ministro di Fran-co. Forse la storia ha fatto cheil Pp si trovi oggi su posizioniassai conservatrici e Conver-gencia, il suo partito, più vici-no alla sinistra, alleato diEsquerra republicana?

«Non è questione di destra osinistra. È vero che il partito po-polare spagnolo ha oggi posi-zioni, anche sui diritti, moltoconservatrici. Ed è vero cheConvergencia tiene in sé com-ponenti liberali, socialdemo-cratiche, democristiane e persi-no comuniste. Zapatero ha per-so, in Spagna, di conseguenza ilPp ha vinto a larga maggioranzale elezioni. Ma in Catalogna ètutto molto diverso. Qui le istan-ze indipendentiste sono davve-ro trasversali, e credo che arri-vare alla rottura col governocentrale metterebbe in diffi-coltà popolari e socialisti catala-ni con esiti, anche a livello na-zionale, imprevedibili».

Lei non nasce indipenden-tista, lo è diventato in tempirecenti. Qualcuno potrebbediffidare, pensare ad una con-venienza elettorale. Che leivada dove tira il vento.

«Personalmente ho solosvantaggi. Solo grandi proble-mi. Non penso a me, credo an-zi che lascerò presto la politi-ca. Farò al massimo un altromandato, se le condizioni cisaranno, per portare avanti ilprogetto. Voglio tornare allamia vita. Quel che faccio lo fac-cio per un progetto collettivodi futuro nel quale mi sono im-pegnato. La politica, come leho detto, non mi entusiasma.Mi affatica ma è necessaria».

È pronto a far cadere il suogoverno se Madrid dirà no al

Spagna“Così libereròla Catalognada Madrid”

R2MONDO■ 34

VENERDÌ 27 DICEMBRE 2013

la RepubblicaIL CASO

‘‘Né destra né sinistra

Non è questione disocialisti o popolariqui le istanzeindipendentiste sonotrasversali

L’Europa

Ci sarà il precedentedella Scozia, che voteràprima di noi: all’iniziopotremmo restare fuorima sarebbe un peccato

IL LEADER NAZIONALISTAArtur Mas è nato a Barcellona

il 31 gennaio 1956. Laureato inEconomia. Nel 2003 divenne

presidente del partitonazionalista catalano (CiU) enel 2010 è stato eletto per laprima volta presidente della

regione autonoma

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Èpossibile che negli ultimi tempi ci ritroviamo a vivere in Catalo-gna una sorta di totalitarismo soft; o, per tornare ad usare il termi-ne di Pierre Vilar, una sorta di “unanimismo”: l’illusione dell’u-nanimità creata dal timore di esprimere la propria dissidenza. Lo

strumento di questa concordia fittizia non è la violenza, ma il cosiddettodiritto di decidere: chi è a favore del diritto di decidere non è solo un buoncatalano, ma anche un autentico democratico; chi è contro non solo è uncattivo catalano, ma anche un antidemocratico. Stando così le cose, è na-turale che, salvo quelli che ne traggono profitto, nessuno in Catalogna osidubitare in pubblico di un fantasmatico diritto non meglio chiarito, perquanto ne so, da nessun teorico, né riconosciuto da alcun ordinamentogiuridico; altrettanto naturale è che nessuno si decida a dire che, benchésembri il contrario, non c’è nulla di meno democratico del diritto di deci-dere. O, detto in altra maniera: in questo momento il vero problema in Ca-talogna non è un’ipotetica indipendenza, ma il diritto di decidere.

Mi spiego. In democrazia non esiste il diritto di decidere su ciò che sivuole, indiscriminatamente. Io non ho il diritto di decidere se fermarmidavanti a un semaforo rosso o no: mi devo fermare. Non ho il diritto di de-cidere se pago le tasse o no: devo pagarle. Questo significa che in demo-crazia non è possibile decidere? No: significa che anche se decidiamo spes-so (nelle elezioni municipali, in quelle delle regioni autonome e in quellestatali) la democrazia consiste nel decidere all’interno della legge, concet-to questo che, in democrazia, non è uno scherzo, ma l’unica difesa dei de-boli di fronte ai potenti e l’unica garanzia del fatto che una minoranzanon si imporrà a una maggioranza. Ebbene, è evidente che, con l’at-tuale legge in mano, noi catalani non possiamo decidere per conto no-stro se vogliamo l’indipendenza, perché la Costituzione dice che la so-vranità risiede nell’insieme del popolo spagnolo (cosa per nulla stra-na: nessuna Costituzione, salvo quella della scomparsa Unione Sovie-tica, che io sappia, ha mai riconosciuto a una parte dello Stato il dirittodi separarsi dal resto per conto suo). Questo significa che noi catalaninon abbiamo il diritto di decidere sulla nostra indipendenza? A miogiudizio, non significa nemmeno questo: se una maggioranza chiara eunivoca di catalani vuole l’indipendenza sembra più sensato conce-dergliela che negargliela, perché è molto pericoloso, e alla lunga im-possibile, obbligare qualcuno a stare dove non vuole stare. Si imponela domanda: esiste quella maggioranza? I sostenitori del diritto di de-cidere affermano che proprio per questo, per sapere se esiste, è indi-spensabile un referendum (su questo tema, i sondaggi non servono aniente, come abbiamo potuto verificare nelle ultime elezioni); ma, pri-ma di fare ricorso a questo strumento eccezionale e imprevedibile,qualsiasi politico onesto e prudente userebbe lo strumento previstodalla legge: le elezioni. Voglio dire: delle elezioni in cui tutti i partiti di-chiarino, in modo chiaro e inequivocabile, la propria posizione sul-l’indipendenza. Nelle ultime, i partiti inequivocabilmente indipen-dentisti (ERP più CUP) hanno avuto 24 deputati su 135: appena il 17%.Quanti deputati avrebbero gli indipendentisti se in future elezioni il re-sto dei partiti dicesse in modo chiaro se vuole l’indipendenza oppureno? Questo è ciò che dovremmo sapere prima di intraprendere la ri-schiosa strada del referendum: se c’è una maggioranza di sostenitoridell’indipendenza, bisognerà indire un referendum; se non c’è, no.

È improbabile che possiamo avere una risposta alla precedente do-manda, perché CiU sa che se difende l’indipendenza nelle elezioni, leperderà (e prima si spaccherà al suo interno: non sappiamo ancora seConvergencia sia indipendentista, ma sappiamo invece che Unió nonlo è), e così continuerà a non dire la verità ai suoi elettori. Non vedo al-tro modo per dirlo: si può essere democratici ed essere a favore dell’in-dipendenza, ma non si può essere democratici ed essere a favore deldiritto di decidere, perché il diritto di decidere non è altro che un’ar-guzia concettuale, un inganno ordito da una minoranza per imporre lasua volontà alla maggioranza.

(Copyright El País - traduzione di Luis E. Moriones)

MA QUEL REFERENDUMÈ LA STRADA SBAGLIATA

Lo scrittoreJavierCercas

referendum?«Si andrà a votare comun-

que, sì. Ma credo che il refe-rendum si farà».E se vincesse-ro i no all’indipendenza? I ca-talani vogliono andare a vota-re ma i sondaggi dicono che ri-spetto al quesito, si o no, si di-vidono a metà.

«Io credo che vinceranno isì. Comunque in questione inprimo luogo è il diritto ad an-dare a votare per esprimersi.Gli Stati sono fatti di cittadini.Devono poter decidere. Poinaturalmente mi assumerò laresponsabilità politica del ri-sultato, in ogni caso».

Se l’Europa dicesse no al re-ferendum?

«Le pressioni sono forti. Glistati sovrani non vogliono pro-blemi se li possono evitare. Cisarà il precedente della Scozia,che voterà prima di noi. Poiverrà la Catalogna. Ho ancheconsiderato che in un momen-to iniziale, fra il referendum e laproclamazione dell’indipen-denza, potremmo restare fuoridall’Europa. Non dall’euro:dall’Unione. Sarebbe un pec-cato, perché noi vogliamo re-stare. Bisognerebbe trovare unregime transitorio per evitarel’espulsione dall’Unione. Fa-remmo comunque richiesta dirientrare. Noi vogliamo starenell’euro, nell’Unione, inSchengen e nella Nato».

Crede che il sistema banca-rio vi sosterrebbe?

«Alle banche non interessa lapolitica, quel che cercano è sol-venza. I catalani hanno 28milaeuro di reddito pro capite, co-me i tedeschi. Le banche spa-gnole hanno il 20 per cento delloro mercato qui. Nel mondodegli affari gli ideali non esisto-no, esiste l’interesse».

La Catalogna è davveropronta a staccarsi dalla Spa-gna? Non è solo un modo, que-

sto, per incassare il risultatodel voto e andare a Madrid atrattare un diverso regime fi-scale e maggiore autonomia?

«No. La stagione politicadegli intermediari, dei trucchisottobanco, di chi ha parolediverse per interlocutori di-versi è finita. Il Novecento è fi-nito. Certo, dopo un referen-dum si deve trattare, è ovvio.Si discute. Ma si discute comesepararsi restando in rappor-ti di buon vicinato. Solo que-sto. Non cerchiamo la rottura,cerchiamo l’emancipazione.Su questo non ci sarannomarce indietro».

Sembra molto ottimista,più dei giornali del mattino.

«Sono un ottimista coi piediper terra. Sono realista».

Dicono di lei che non ha ab-bastanza carisma per guidareuna rivoluzione.

«Carisma? A scuola andavobene in tutte le materie ma noneccellevo in nessuna. Ho sem-pre fatto il mio dovere. A uncerto punto ho scelto la politi-ca, dopo aver fatto l’imprendi-tore. E’ stata una scelta e laonoro. Non so se mi amano,penso che mi rispettino. Infondo lo preferisco».

Guardiola la stima e la so-stiene. Lei, in cambio, pensache potrebbe tifare BayernMonaco?

«Non scherziamo. La miasquadra è il Barca. Il Bayern è ilmio rivale. Pep Guardiola èmio amico».

Se la Catalogna non potràandare al voto cosa si aspettache succeda?

«Il referendum si farà, e i ca-talani vinceranno. Vedrete. inalternativa andremo ad ele-zioni anticipate. Credo che perun poco, dopo, dovrò ancorarestare. Non sarà facile, ma pernoi niente è stato facile. Mai».

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Le tappe

LA DIADAL’11 settembre del 2012si svolse la più grandemanifestazione a favoredell’indipendenza

IL CONFLITTOIl governo catalanochiede di incassaredirettamente le tasse

IL REFERENDUMPer scegliere sullasovranità si voterà il 9novembre 2014

IL GOVERNO DI MADRIDSi oppone al referendume vuole vietarlo comeincostituzionale

JAVIER CERCAS

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@VENERDÌ 27 DICEMBRE 2013

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