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parchi e riserve naturalinelle MARCHE

URBINO

EMILIA ROMAGNA

TOSCANA

UMBRIA

LAZIOABRUZZO

PESARO

ANCONA

ASCOLI PICENO

FERMO

MACERATA

1. Parco Nazionale dei Monti Sibillini 2. Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga 3. Parco Naturale Regionale del Conero 4. Parco Naturale Regionale del Monte San Bartolo 5. Parco Naturale Interregionale del Sasso Simone e Simoncello 6. Parco Naturale Regionale della Gola della Rossa e di Frasassi 7. Riserva Naturale Statale Montagna di Torricchio 8. Riserva Naturale Statale Abbadia di Fiastra 9. Riserva Naturale Statale Gola del Furlo10. Riserva Naturale Regionale Ripa Bianca11. Riserva Naturale Regionale Sentina12. Riserva Naturale Regionale del Monte San Vicino e Monte Canfaito

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Visso

Arquata del Tronto

Carpegna

Serra San Quirico

Acqualagna

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SiroloJesi

Abbadiadi Fiastra

Camerino

San SeverinoMarche

San Benedettodel Tronto

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I ParchI e le rIserve NaturalINelle Marche

Se nell’immaginario collettivo il territo-rio marchigiano viene usualmente col-legato alle colline e al paesaggio agra-rio, tuttavia non bisogna dimenticare che il 30% della superficie regionale è caratterizzata da montagne, che of-frono al visitatore un ambiente ancora intatto e straordinarie bellezze naturali.

Vivere le montagne delle Marche non vuol dire solo immer-gersi in una natura incontaminata di picchi arditi, gole sel-vagge, grotte spettacolari, declivi boscosi e cime innevate, ma anche imbattersi nelle testimonianze lasciate da monaci e eremiti, scoprire antichi insediamenti piceni, romani, lon-gobardi o bizantini e rivivere l’esperienza di un viaggio nella memoria e nelle radici di questa terra, in cui il lavoro dell’uo-mo si è perfettamente integrato nella vita della natura. Nelle Marche oltre 90.000 ettari di territorio, quasi il 10% della superficie regionale, risultano tutelati; si tratta per la quasi totalità, di aree montane: due parchi nazionali (Mon-ti Sibillini e Gran Sasso e Monti della Laga), quattro par-chi regionali (Monte Conero, Sasso Simone e Simoncello, Monte San Bartolo e Gola della Rossa e di Frasassi), sei ri-serve naturali (Abbadia di Fiastra, Montagna di Torricchio, Ripa Bianca, Sentina, Gola del Furlo e Monte San Vicino e Monte Canfaito), più di 100 aree floristiche, 103 Siti di cui alla Rete Europea Natura 2000 di cui 76 Siti d’Interesse Comunitario (SIC) e 27 Zone di protezione Speciale (ZPS) e 44 Centri di Educazione Ambientale.La vegetazione nelle aree naturali della fascia costiera, come ad esempio al Monte Conero, è rappresentata dalla macchia mediterranea che è caratterizzata, in particolare, dalla presenza del leccio, del corbezzolo, dell’alaterno, del-la fillirea e del lentisco.Nella fascia collinare la roverella è invece la specie preva-lente, anche se in alcune aree come nel Parco del Sasso Simone e Simoncello si possono osservare estesi boschi di cerro, mentre nei substrati calcarei prevale l’orno-ostrieto.

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Alle quote più elevate si rinvengono quindi le faggete, prima miste e poi monospecifi-che ed infine le praterie d’altitudine. Quanto alla fauna è ancora oggi presente il lupo, il cervo, il capriolo, l’istrice e, nel cuore dei Monti Sibillini, anche il camoscio appen-ninico che è stato reintrodotto nel 2008. Tra gli uccelli si segnalano l’aquila reale, il lana-rio, il falco pellegrino, il gracchio corallino e il gufo reale.Nelle aree protette è possibile pratica-re l’escursionismo a piedi, a cavallo o in mountain-bike, con itinerari organizzati dai numerosi Centri di Educazione Ambienta-le (CEA), oppure dedicarsi ad altre attività sportive, quali l’arrampicata, il volo libe-ro, oltre che ad alcuni sport acquatici più avventurosi nei torrenti montani, come il rafting, la canoa, il kayak e il torrentismo.

I musei ed i diversi Centri Visita delle aree protette, diffusi nel territorio (Abbadia di Fia-stra, Amandola, Apecchio, Ascoli, Fermo, Genga, Ostra, Piobbico, Serra San Quirico, Pioraco, Smerillo; il museo di Scienze della Terra di Piandimeleto, il museo dell’Avifau-na di Sarnano e Montefortino), incontrano le richieste degli studiosi più esigenti. Ma le attrattive per i turisti non terminano qui: come dimenticare infatti la ricca e va-riegata offerta enogastronomica caratteriz-zata da piatti e specialità tramandati dalla tradizione rurale, le tante possibilità di visi-tare mostre, partecipare a sagre, divertenti spettacoli e suggestive rievocazioni stori-che, praticare sport come l’equitazione, la mountain bike, il trekking, il free climbing, lo sci, la canoa e il deltaplano?

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ParcO NaZIONaleDeI MONtI sIBIllINI

Nel cuore dell’Italia, tra le Marche e l’Um-bria, si ergono imponenti i Monti Sibillini con oltre venti vette che superano i duemi-la metri, fino a raggiungere i 2.476 m con il Monte Vettore. Istituito nel 1993, il parco comprende un territorio di quasi 70.000 et-tari forgiato dalle forze della natura e dipinto a tratti da millenni di storia e cultura locale dove, ancora oggi, si percepisce la magica presenza della mitica Sibilla e dove aleggia-no i ricordi di antichi riti negromantici e si tramandano suggestive leggende.

IL TERRITORIO

I Sibillini costituiscono una catena montuo-sa di origine prettamente calcarea che è stata profondamente modellata dall’azione dei ghiacciai del Quaternario, le cui trac-ce sono riconoscibili negli splendidi circhi glaciali del Monte Vettore, del Monte Bove, dell’alta Valle dell’Ambro, della Val di Tela (Monte Rotondo) e nelle valli ad “U” sotto-stanti. Sotto la cima del Monte Vettore, a 1.940 m, è presente il Lago di Pilato, l’unico di origine naturale delle Marche e uno dei pochissimi laghi glaciali di tipo alpino pre-senti sull’Appennino.Particolarmente evidenti sono anche i fe-nomeni carsici nei piani di Castelluccio e nelle numerose doline ubicate nell’alta Val di Panico, in quella dell’Ambro, a palazzo Borghese oltre che nei solchi e nelle cavi-tà delle pareti rocciose delle valli principali dove affiora il calcare massiccio, quali ad esempio la Valle del Tenna, dell’Ambro.Impressionante dal punto di vista paesag-gistico è anche la valle del Fiastrone, forra

scavata dalle acque in cui è ubicata la Grot-ta dei Frati, antico e suggestivo eremo dei monaci Clareni, dell’anno 1000. Risalendo lungo il fiume, a monte del Lago di Fiastra, si può raggiungere la valle dell’Acquasan-ta con le sue splendide cascate e la Grotta dell’Orso, toponimo che testimonia la pas-sata presenza di questa specie anche sui Sibillini.

LA FLORA

La vegetazione tende, come d’incanto, a cambiare man mano che ci si sposta dal-lo zoccolo basale, posto ad un’altitudine media di 500 m, alle cime più elevate. Fino a circa 1.000 m predominano i boschi di roverella, carpino nero e orniello, quindi la faggeta, prima mista e poi pura. Al di sopra del limite del bosco che si spinge, fino ai 1.700 m circa, si estendono i pascoli natu-rali dove si possono rinvenire specie assai rare e pregiate come il giglio martagone, la viola di Eugenia, il camedrio alpino, la stella alpina dell’Appennino, l’artemisia, l’anemo-ne, la genziana appenninica, l’uva orsina e il salice nano che è considerato l’albero più piccolo al mondo.Nel “versante fiorito” del parco spiccano per il loro valore floristico i prati di Ragnolo dove, nel periodo estivo si osservano splen-dide fioriture di orchidee, liliacee ed altre in-teressanti specie, come la fritillaria dell’Or-sini, il narciso o l’astro alpino.

LA FAUNA

La fauna del parco è assai ricca e varia: fra i mammiferi ricordiamo il lupo, l’elusivo

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gatto selvatico, l’istrice che, diffusosi solo da qualche decennio, occupa le zone più termofile, il capriolo che, reintrodotto per la prima volta agli inizi degli anni ‘50, ha oramai definitivamente colonizzato l’intera area. Grazie a specifici progetti di reintrodu-zione, oggi nel parco sono tornati a vivere anche il cervo e il camoscio appenninico. Fra gli uccelli sono da segnalare l’aquila re-ale che, dall’istituzione del parco, ha iniziato a nidificare anche in zone abbandonate da anni, l’astore e lo sparviero, tipici abitatori dell’ambiente boschivo, e il falco pellegrino.Fra gli strigiformi è presente il gufo reale, mentre fra i galliformi, la coturnice meridio-nale. Frequenti sono anche il gracchio alpi-no e quello corallino. Interessante è inoltre la presenza del piviere tortolino, del codiros-sone, del sordone, del fringuello alpino e del picchio muraiolo.Fra i rettili è da ricordare la vipera dell’Ursi-ni che sui Monti Sibillini raggiunge il limite settentrionale di diffusione in Italia. Quanto agli invertebrati, straordinaria è la presenza del chirocefalo del Marchesoni, piccolo ano-

straco dalla vivace colorazione rossastra, endemico del lago di Pilato.

STORIA E CULTURA

I Sibillini nel Medioevo erano conosciuti in tutta Europa come regno di demoni, negro-manti e fate. Fra le numerose leggende, le più famose sono quella della Sibilla, “Illustre Profetessa” che viveva in una grotta sita sull’omonimo monte e quella di Pilato, se-condo la quale il corpo esanime del famoso procuratore romano fu trascinato da alcuni bufali nelle acque rosseggianti del “demo-niaco” lago, che sin dal XIII secolo era con-siderato luogo di streghe e maghi.Poco distante si trova la Gola dell’Infernac-cio, in cui aleggiano ancora i ricordi di anti-chi riti negromantici.Come dimenticare poi i beni d’interesse sto-rico-culturale: il territorio risulta infatti parti-colarmente ricco di castelli, torri di vedetta, borghi storici, chiese, pievi romaniche, affre-schi e opere d’arte; da visitare inoltre i luoghi dell’anima: santuari e monasteri sorti in aree di grande bellezza e profonda spiritualità,

come il Santuario di Macereto o il Santuario della Madonna dell’Ambro di Montefortino.

L’OFFERTA TURISTICA

I sentieri escursionistici che, come una rete, attraversano queste montagne, garantisco-no, dalla primavera all’autunno, di poter scoprire in maniera vivificante, sia l’am-biente naturale che quello storico-culturale. L’inverno, quando le cime più elevate sono ricoperte dalle abbondanti nevi, rappresen-ta invece un’occasione nuova per muoversi, sci ai piedi, fra boschi e valli avvolti in un silenzio assoluto.Passeggiate a cavallo, in mountain bike, voli in deltaplano o con il parapendio, arrampi-cata su roccia e ghiaccio, sono altre oppor-tunità che si offrono ai visitatori del parco. Il territorio offre inoltre innumerevoli e diversi-ficate possibilità per chi vuole, camminando, scoprirne i suoi tesori in tutte le stagioni. Il contatto con la natura selvaggia e il mondo magico delle vette, invece, possono essere raggiunti attraverso escursioni più impegna-tive, che spesso richiedono esperienza, alle-namento e attrezzatura idonea. Un’esperienza indimenticabile, può essere vissuta lungo il Grande Anello dei Sibillini (GAS), un percorso escursionistico di 120 Km, completamente segnalato. Articolato in nove tappe, esso consente di scoprire, oltre alla molteplicità di paesaggi e bellezze natu-rali, l’inestimabile patrimonio storico cultu-rale che questo territorio conserva. Per una migliore fruizione del Grande Anello, il Parco ha provveduto alla ristrutturazione di rifugi escursionistici, che unitamente alle strutture ricettive tradizionali ne consentono un uso in piena sintonia con il territorio e l’ambiente.I sentieri natura rappresentano una straor-dinaria occasione per far scoprire i Sibillini anche agli escursionisti meno esperti o a chi

dispone di poco tempo. Due dei 18 sentie-ri natura sono “per tutti”, cioè fruibili anche con passeggini o sedie a ruote.Esplorare il Parco in sella ad una mountain-bike consente poi di viaggiare lungo strade e sentieri in origine costruiti per le tregge dei contadini, i muli dei boscaioli, gli scarponi dei pastori e i sandali dei pellegrini.La guida “Pedalando nel Parco”, in cui sono descritti dettagliatamente i percorsi e ripor-tata la relativa cartografia, propone 14 itine-rari ad anello, ognuno dei quali può essere realizzato in un giorno, oltre al Grande Anel-lo in mountain-bike, lungo 160 km e percor-ribile in almeno 5 giorni. Per scoprire i Sibillini, anche in camper, in moto o in auto, sono stati individuati la Grande Via del Parco e 6 itinerari ad anello, che compongono una rete di 450 km.La Grande Via del Parco è un itinerario di oltre 190 km, realizzato su strade esistenti e percorribili in auto, moto e camper per un appagante viaggio di più giorni. È divisa in quattro tappe. Alla Grande Via sono inoltre connessi altri sei itinerari ad anello indivi-duati in modo di permettere una visita com-pleta dell’intero territorio.Scoprire il Parco significa quindi vivere e

InfoPiazza del Forno, 1 - 62039 Visso (MC)Tel. 0737 972711 - Fax 0737 [email protected]: parcosibillini@emarche.itwww.sibillini.netwww.sibilliniwilderness.it

Comuni del Parco nelle MarcheFiastra, Bolognola, Visso, Ussita,Castelsantangelo sul Nera, Amandola,Arquata del Tronto, Acquacanina,Montefortino, Montegallo, Montemonaco,Pievebovigliana, Cessapalombo,San Ginesio, Fiordimonte, Pievetorina.

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comprendere una natura ed un territorio caratterizzati da un’originalità senza pari, frutto di un armonioso e millenario rapporto tra l’uomo e l’ambiente che si sono saputi adattare, l’uno all’altro, in un parallelismo evolutivo fragile e delicato. Visitare i cen-tri dei comuni del Parco costituisce quindi un’occasione indimenticabile per rivivere, appieno, il fascino di un tempo, per scoprire i tesori dell’uomo, così sapientemente inca-stonati nella natura, per maturare un’espe-rienza che, anche sotto il profilo culturale, risulterà realmente vivificante ed indimenti-cabile per ogni visitatore. Una visita non può mancare ai musei dell’a-rea, fra i quali ricordiamo quello della Grotta della Sibilla a Montemonaco, la Pinacoteca Duranti di Montefortino, il Museo dei Mano-scritti Leopardiani di Visso. Essi, insieme ai Centri Visita del parco, sono importanti pun-ti di documentazione ed informazione turi-stica in quanto offrono ai visitatori un’espe-rienza conoscitiva e più generale dell’intero territorio del parco.A Castelsantangelo sul Nera e a Bologno-la sono da visitare rispettivamente il Centro faunistico del Cervo e il Centro faunistico del Camoscio appenninico dove è possi-bile osservare alcuni esemplari di queste due specie recentemente reintrodotte dal Parco. Ogni Centro ospita, al suo inter-no, la casa del parco, che svolge attività di accoglien-za turistica e garantisce ai visitatori le informazioni in-dispensabili per una corretta ed adeguata fruizione dell’a-rea protetta. Presso i Centri del Parco è inoltre possibile reperire il materiale infor-mativo e acquistare, oltre ai gadgets, anche le guide, le

mappe e le pubblicazioni dell’area protetta.Nel Parco sono anche presenti 8 Centri di Educazione Ambientale che ufficialmente ri-conosciuti sia dalla Regione Marche che da dall’Umbria, svolgono l’importante compito di informare e far conoscere ai visitatori, con particolare riferimento alle scuole, i valori peculiari del territorio e nel contempo cor-responsabilizzarli ad un maggiore rispetto dell’ambiente. Vivere il Parco Nazionale dei Monti Sibillini è però anche “assaporare” i numerosi pro-dotti tipici e tradizionali della zona, frutto di un’agricoltura che è divenuta cultura della tradizione, sapienza antica che ha saputo tramandare ed aggiornare i propri usi, con-suetudini e metodi, in un percorso di soste-nibilità ambientale, di tradizionalità e qualità. I prodotti più conosciuti sono le mele rosa, i gustosi marroni, il miele sopraffino, l’ine-guagliabile lenticchia, la roveja, ottima per fare un’originale polenta caratteristica per l’intenso color verde, la cicerchia o il farro, senza peraltro dimenticare il prezioso e pre-libato tartufo. Da ricordare inoltre le carni bovine e ovine che, grazie proprio all’origi-nalità e provenienza dal territorio, costitui-scono per l’acquirente, una certezza anche sotto il profilo alimentare.

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ParcO NaZIONale Del GraN sassOe DeI MONtI Della laGa

Più a sud dei Monti Sibillini, oltre le gole scavate dal fiume Tronto, si ergono i Monti della Laga che costituiscono il set-tore più settentrionale del Parco Nazionale che compren-de anche il massiccio montuoso del Gran Sasso. Istituito nel 1995, il Parco ha una superficie di 150.000 ettari, di cui 9.900 nelle Marche.

IL TERRITORIO

I Monti della Laga, che raggiungono con il Monte Gorzano i 2.458 m, sono costituiti prevalentemente da arenarie e mar-ne. La natura geologica condiziona la morfologia di queste montagne, le cui cime si presentano più arrotondate, con numerose valli incise e profonde e suggestivi circhi glaciali. La costituzione marnoso-arenacea fa sì che l’acqua scorra impetuosa in superficie, raccogliendosi in ruscelli, torrenti e fiumi, che precipitano a valle, formando decine di splendide e suggestive cascate come quella della Volpara o quella delle Barche nella valle di Selva Grande.

LA FLORA

Nel territorio del parco vivono più di 2.000 specie di piante, tra le quali il giglio martagone, la stella alpina dell’Appenni-no e diverse orchidee rare come epipogio. Una delle specie più significative è il mirtillo, comune come in nessuna altra parte dell’Appennino centrale, che con estesi tappeti in alta quota, costituisce una vera e propria brughiera tra i pascoli d’altura.La notevole ricchezza e diversità floristica e vegetazionale va ricercata sia nelle quote elevate, che superano i 2.000 m, che nel differente substrato geologico dei massicci mon-tuosi principali. Mentre il Gran Sasso si caratterizza, in par-ticolare sul versante aquilano, per la grande estensione dei pascoli, i Monti della Laga sono per buona parte ricoperti da foreste. Alle quote inferiori sono presenti i querceti e i castagneti, impiantati in epoca romana, mentre la faggeta è la formazione forestale più estesa e si sviluppa dai 1.000

InfoCentro dei due ParchiFraz. Borgo, 9 63043 Arquata del Tronto (AP) Gestore: Cooperativa ForestalpTel. 0736 803915Fax 0736 [email protected]

Posta certificata: [email protected] Posta elettronica Sede Istituzionale: [email protected]

Sede LegaleVia del Convento, 167010 Assergi - L’AquilaTel. 0862 60521Fax 0862 [email protected]

Comuni del Parco nelle MarcheAcquasanta Terme, Arquata del Tronto

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ai 1.800 m. Spesso al faggio si associano altre essenze arboree come il tasso o l’agri-foglio, specie residuali di epoche caratteriz-zate da un clima più caldo e umido; acero, tiglio, frassino e olmo montano rivestono le forre. Da segnalare anche i boschi del raro abete bianco - che qui ha una delle due uniche stazioni presenti nelle Marche - e al-cuni nuclei di betulla, testimonianza vivente di eventi climatici passati che hanno influito molto sulla vegetazione attuale.

LA FAUNA

La specie faunistica più interessante del Parco è rappresentata dal camoscio, ungu-lato esclusivo della montagna appenninica che, dopo cento anni, è tornato a vivere nel parco, grazie ad una riuscita operazione

di reintroduzione. Nel territorio vivono al-tri grandi erbivori come il cervo, il capriolo ed il loro predatore per eccellenza, il lupo appenninico, che va ricostituendo piccoli branchi. Da qualche tempo fa apparizioni sporadiche anche l’orso bruno marsicano. Sono inoltre presenti numerosi rapaci come l’aquila reale, l’astore, il falco pellegrino, il lanario, il gracchio corallino e il gufo rea-le. Tra le foglie, negli ambienti freschi dove l’acqua scorre o si raccoglie, vivono la sa-lamandrina dagli occhiali, un anfibio piutto-sto raro, e la rana temporaria.

L’OFFERTA TURISTICA

I Monti della Laga erano fino a qualche anno fa quasi sconosciuti agli appassionati di montagna e, a causa della relativa vici-

nanza al Gran Sasso, al Terminillo e ai Sibil-lini, risultavano poco frequentati. Ma chi si avvicina una sola volta ad essi non può non tornare per fare belle escursioni nell’intero arco dell’anno o praticare l’alpinismo, lo sci escursionismo o lo sci alpino. D’inverno, quando l’acqua lascia il posto a delle spes-se colate di ghiaccio, le cascate della Laga offrono inconsueti ed impegnativi percorsi per gli alpinisti. L’antichissima tradizione culturale delle po-polazioni del parco è testimoniata dalle nu-merose ed elaborate lavorazioni artigianali, dai gustosi prodotti tipici della gastronomia e dalle caratteristiche espressioni folklo-ristiche locali che ancora oggi sopravvi-vono al tempo, svolgendo un’importante funzione culturale e di richiamo turistico. Meritano una visita gli ultimi esempi di case cinquecentesche in pietra, nelle numerose frazioni incastonate tra i monti, di Arquata del Tronto, o di Castel di Luco, in frazione Paggese di Acquasanta Terme, caratteristi-co per la sua forma circolare; o ancora ad Umito, tipico villaggio di montagna, indi-menticabile per gli splendidi castagneti plu-ricentenari, è punto di partenza per affasci-nanti escursioni nei lussureggianti boschi. Nella frazione di Colle di Arquata del Tronto si produce ancora il carbone vegetale con l’antico metodo della carbonaia appennini-

ca. Da visitare inoltre Acquasanta Terme e Arquata del Tronto che, in età romana, era una importante “statio” sulla Via Salaria. Il nome del borgo lo si deve all’imponente Rocca duecentesca (arx) che corona il colle e che è stata ricostruita, secondo la tradi-zione, da Giovanna II di Napoli e restaurata in tempi recenti.Diverse anche le espressioni culturali e folk-loristiche fra cui una delle rievocazioni sto-riche più antiche dell’area: la Festa Bella, attraverso la quale la comunità di Spelonga di Arquata fa rivivere la battaglia di Lepanto, del 1751. Alla battaglia parteciparono infatti un centinaio di spelongani che riuscirono a conquistare la bandiera turca, tutt’oggi con-servata nella chiesa parrocchiale del paese. La rievocazione ha luogo ogni tre anni, il 14 agosto. Nella prima decade del mese, 150 giovani si recano nel bosco Martese e ta-gliano un tronco di 25 metri di lunghezza: sarà l’albero maestro della nave che verrà ricostruita nella piazza del paese, in un’ope-razione laboriosa e di grande impegno fisico che celebra allo stesso tempo la coesione della comunità. Il 19 agosto si celebra inoltre “Alla corte della regina” rievocazione della vita a corte che ha luogo proprio nella Rocca fatta costruire da Giovanna II di Napoli.La visita al Parco può iniziare dal Centro Due Parchi ad Arquata del Tronto, che è l’unico Comune in Europa a far parte di due Par-chi Nazionali: quello del Gran Sasso e Monti della Laga e quello dei Monti Sibillini. Il Cen-tro è infatti Country House, Casa del Parco e Centro di Educazione Ambientale.Molteplici sono le attività svolte nel centro, ad esempio vengono organizzati soggior-ni verdi e viaggi d’istruzione scolastici e weekend naturalistici; sono inoltre a dispo-sizione attrezzature e mappe per svolgere attività di orienteering oltre ad una parete artificiale per l’arrampicata sportiva.

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ParcO Naturale reGIONaleMONte saN BartOlO

Il Parco Naturale Regionale del Monte San Bartolo, istituito nel 1996, ha una superficie di 1.586 ettari e si estende sulla costa, tra Pesaro e Gabicce.

IL TERRITORIO

Si caratterizza principalmente per il tratto di costa alta, a falesia viva, rara in tutto l’Adria-tico. Il resto del territorio protetto è costituito da un interessante quanto caratteristico pa-esaggio rurale che, fino agli anni Cinquan-ta, era attivamente coltivato anche in luoghi oggi impensabili, ai limiti del mare. Il San Bartolo presenta dunque due ambienti distinti: la falesia a mare e il versante interno.La falesia emerge dalle basse spiagge marchigiane come un susseguirsi ondula-to di speroni e valli, intervallate da pareti a strapiombo che mostrano aspetti geologici di grande interesse, con preziosi pesci fos-sili e rari cristalli di gesso. L’alternarsi dei banchi arenacei, delle marne e delle argille degrada più dolcemente verso il mare e si mescola con le antiche frane che costella-no la falesia. Le quote delle cime più alte a

ridosso del versante a mare, come il Monte Castellaro o il Brisighella, non raggiungono i 200 metri, ma permettono un’ampia visio-ne sia sui “paesaggi dipinti”, come li defi-niva Tonino Guerra, del Montefeltro, di San Marino, della Romagna, che sulla costa e sul mare, dove le falesie strapiombanti del Parco costituiscono un paesaggio marino inusuale per i litorali tipicamente sabbiosi della Romagna e delle Marche. Alla base della falesia corre una sottile spiaggia di ghiaia e ciottoli risultante dalla demolizione e dal franamento delle pareti sovrastanti. Nel passato essa era usata come comoda cava di pietre per pavimentazione che veni-vano direttamente caricate sulle barche ed esportate verso altre città costiere. Ne sono un esempio i vecchi acciottolati della città di Pesaro e dei borghi ricompresi nel territorio del parco. Il Paesaggio rurale che si scorge nel tratto che degrada dolcemente verso la statale adriatica, trasmette un senso di armonia, una sorta di intreccio vitale e gradevole tra i coltivi, i campi abbandonati rinaturalizzati e i filari di alberi e siepi.

LA FLORA

Contrariamente alle aspettative che voglio-no un’area antropizzata estremamente po-vera, la flora del Parco San Bartolo regala ai suoi visitatori piacevoli e suggestive emo-zioni. Nella zona sopra “Baia Flaminia” per esempio, è possibile osservare una pianta molto rara conosciuta con il nome di lino marittimo, unica presenza in tutta la regio-ne. Altrettanto significative sono poi il giun-

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co e la carota delle scogliere, rintracciabili in poche altre località della costa marchigiana. Tra la vegetazione pioniera, presente nei ver-santi più scoscesi troviamo la cannuccia di Plinio, mentre nei terreni più asciutti e stabili si inserisce la ginestra odorosa capace di re-galare, nel momento della fioritura, indimen-ticabili e colorati contrasti di gialli che emer-gono dal blu del cielo e dal verde del mare. Dove la pendenza è più lieve e si accumu-la una certa quantità di detrito organico, si possono riscontrare la robbia, il caprifoglio etrusco e giovani piante di pino d’Aleppo, originate dalla disseminazione spontanea dei rimboschimenti. Nelle zone umide si ri-scontrano pioppi bianchi, pioppi neri e ra-ramente salici bianchi. Anche qui, come nell’entroterra, si osservano le stesse asso-ciazioni di boschi misti a quercia e carpino nero, dove il cerro è sempre più raro mentre è molto più comune la roverella, insieme a orniello, acero e olmo campestre. La presenza di alcune specie di conifere quali pino domestico, pino marittimo e ci-presso è da riferire agli impianti storici delle ville rinascimentali.Successivi rimboschimenti degli anni ses-santa hanno aggiunto alla flora del Parco l’a-cero montano, il pino d’aleppo, il pino nero, l’olmo siberiano ed altre specie alloctone.Per il resto il paesaggio vegetale è quello tipico di un ambiente agricolo, intensamen-

te coltivato fino agli anni cinquanta, dove le specie arboree sono rappresentate da olivo, vite, fico, ciliegio, gelso, sorbo domestico, mandorlo, con la presenza di filari ed esem-plari isolati di grosse roverelle, che si inter-vallano lungo siepi di tamerice e marruca.Nel complesso quindi l’aspetto del parco nella fascia interna presenta caratteri anche molto suggestivi ed armoniosi, specie dove alcune larghe siepi ornano il bordo dei cam-pi coltivati che si spingono fino al limite della falesia.

LA FAUNA

Il parco, soprattutto in inverno, quando il di-sturbo delle attività ricreative e di pesca è più ridotto, ospita un gran numero di spe-cie di uccelli marini. L’area è stata indicata quale zona umida di importanza nazionale perché vi svernano numerosi uccelli come lo smergo minore e quello maggiore, la gavina, il gabbiano corallino, il gabbiano tridattilo, il gabbiano comune e quello reale, l’edredone, lo zafferano, il cormorano, la berta minore, lo svasso maggiore e quello piccolo, la strola-ga mezzana, l’airone cenerino, la garzetta e talvolta i cigni reali oltre alle gru e alle cico-gne bianche e nere. Il Parco Naturale del San Bartolo rappresen-ta una via preferenziale per la migrazione dei rapaci falchi pecchiaioli, falchi di palude

e una specie molto rara: l’albanella pallida oltre a molti altri uccelli veleggiatori (aironi e cicogne). Ciò è dovuto sia alla sua posizione lungo la costa adriatica, sia alla particolare conformazione morfologica, di promontorio usato come riferimento per l’orientamento degli uccelli. Tra quelli stanziali si deve, in particolare, ri-cordare il falco pellegrino che, dopo decenni di assenza, è tornato a popolare stabilmente la falesia, nidificando sulle pareti a strapiom-bo sul mare. Inoltre il gufo comune, la civet-ta, l’assiolo e il barbagianni, che approfitta del costante degrado delle case coloniche abbandonate per insediarvisi.Tra i mammiferi presenti si possono citare la volpe, il tasso, l’istrice, la donnola, la lepre ed il ghiro.

L’OFFERTA TURISTICA

Oltre alla valenza naturalistica, il Parco del Monte San Bartolo ha una notevole presen-za di testimonianze archeologiche e stori-che, che vanno dai ritrovamenti del neoliti-co nella zona del Monte Castellaro a quella archeologica di Colombarone, nell’antica via Flaminia, ai porti scomparsi di origine romana di Santa Marina e Vallugola. Tra Ga-bicce Mare e Pesaro si snoda, per circa 20 km, una suggestiva strada panoramica che attraversa o lambisce i pittoreschi borghi di pescatori a picco sull’azzurro del mare. La collana degli antichi centri storici di altura, da Santa Marina a Gabicce Monte, domina dall’alto la falesia.Le viuzze interne dei castelli murati, di for-te impronta medievale, nascondono picco-le meraviglie come attorno alla piazzetta di Casteldimezzo o ai piedi del campanile di Fiorenzuola di Focara, con alla base la porta aperta sul vuoto del mare.Nella zona agricola si possono compiere percorsi nel paesaggio agricolo tradizionale,

con la molteplicità di case coloniche (di cui alcune trasformate in agriturismi) ed il reti-colo di strade campestri che costituiscono una rete capillare di percorsi verdi, spesso ombreggiati dalle grandi querce della cam-pagna mezzadrile.È inoltre fruibile un sentiero guidato, facil-mente percorribile da tutti che da Pesaro attraversa il monte per arrivare, dopo aver costeggiato il bosco di Villa Imperiale, ricco di specie autoctone e naturalizzate, ad un punto di osservazione che spazia dall’entro-terra e all’infinito orizzonte marino.Molti sono i luoghi della fede e della religio-sità che si trovano nell’area protetta: dal ci-mitero ebraico nei pressi di Pesaro, ai piccoli cimiteri campestri, al convento di clausura delle Suore Servite, a quello di Girolamino del San Bartolo (che dà il nome all’intero col-le), al Santuario di Casteldimezzo. Le bellez-ze artistiche di queste località (dal Crocifisso di Jacobello del Fiore alle tele del Viviani) preludono alle grandi ville nobiliari vicino a Pesaro che, dalla quattrocentesca Villa Im-periale, con i suoi giardini nascosti e le sue sale affrescate, scende alla settecentesca Villa Caprile, con i suoi famosi giochi d’ac-qua, e a Villa Vittoria.

InfoSede e recapitiViale Varsavia - 61121 PesaroTel. 0721 400858Fax 0721 [email protected]

Centro Visite Gabicce MonteVia Montegrappa / Via Roma61011 Gabicce MareTel. 0541 830080

Comuni del ParcoPesaro e Gabicce Mare

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ParcO Naturale INterreGIONaleDel sassO sIMONe e sIMONcellO

Il Parco Naturale del Sasso Simone e Simoncello è stato istituito nel 1994 e interessa una superficie complessiva di 4.991 ettari nel cuore dell’antico Montefeltro, a cavallo fra la regioni Marche ed Emilia Romagna.

IL TERRITORIO - STORIA E CULTURA

Il paesaggio, collinare-montuoso, è interessato dai rilievi dei Sassi Simone (1.204 m) e Simoncello (1.221 m), con quote comprese tra i 670 m e i 1.415 m del monte Carpegna, cima più elevata del parco e spartiacque tra la Valle del Foglia e quella del Marecchia.Il Parco del Sasso Simone e Simoncello, è il frutto di una storia umana delicata e discreta, la quale ha lasciato che la natura, da millenni, proseguisse indisturbata il suo lavoro si-lenzioso. Il paesaggio collinare è coperto da una fitta vege-tazione, interrotto da irte rupi e da speroni di roccia sui quali vennero costruite “inespugnabili” fortezze per difendersi dal nemico. È una zona, quindi, ricca di castelli, rocche, ma an-che di chiese, conventi e pievi. Il Parco prende il nome da due enormi massi, Simone e Simoncello, che furono abitati dall’uomo fin dall’età del Bronzo. Alcune leggende narrano di sacerdoti romani, i “semoni” che vi adoravano i loro Dei o di un eremita, Simone, che vi stabilì la propria dimora. Probabilmente fu rifugio per le popolazioni durante le incur-sioni longobarde e bizantine, ma l’asprezza del clima non rese facile uno stabile insediamento dell’uomo sul masso. Fu essenzialmente la vocazione strategica del sito, a moti-vare, infatti, i principali “urbanizzatori” del Sasso Simone; i Benedettini nel XII secolo, i Malatesta nel XV, ed i Medici alla fine del XVI. Ai primi si deve la costruzione di un’abba-zia dedicata a Sant’Angelo, probabilmente sul luogo di una cappella di epoca longobarda. L’arrivo di inverni particolar-mente rigidi e l’apertura di nuove e più comode vie di pelle-grinaggio contribuirono al decadimento di questo sito, che vide un maggiore e quasi definitivo tracollo con la peste del 1348. Quando i signori di queste terre capirono l’importanza strategico-militare, il Sasso fu fortificato con torri e mura

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ricercatori ed amanti dei sapori del sottobo-sco.Il Simoncello, i boschi della Cantoniera e la Costa dei Salti sono Aree Floristiche Pro-tette, mentre il Monte Carpegna è anche incluso nell’omonima foresta demaniale di proprietà regionale.

LA FAUNA

Il Parco è dimora di numerose specie di animali selvatici: fra cui il lupo, il tasso, la donnola, la faina e la puzzola. Il più piccolo e il più diffuso tra gli ungulati è il capriolo; la sera all’imbrunire o nel primo mattino è facile vederlo uscire dal folto della boscaglia per nutrirsi nelle radure e negli incolti.Il cinghiale, come in quasi tutto l’Appenni-no, è oggi presente a seguito di alcune im-missioni di esemplari provenienti dal centro Europa, effettuate decenni fa, a scopo ve-natorio. Tra gli anfibi, si ricordano il tritone crestato e quello punteggiato, la raganella, il rospo comune e il geotritone. Fra i retti-li, oltre alla vipera comune sono presenti il biacco, il saettone, la biscia dal collare, la lucertola muraiola e campestre, la luscen-gola e l’orbettino.Varie sono le specie di rapaci che si posso-no osservare, in periodi e ambienti differen-ti: fra questi lo sparviere e l’astore caratte-rizzati da una coda relativamente lunga che conferisce loro una più sicura capacità di volo nei boschi della zona. Più facili da avvi-stare perché più confidenti e comuni, sono il gheppio e la poiana; il primo lo si può osser-vare mentre si libra nell’aria nell’attitudine dello “spirito santo” in attività di caccia, su prati e pascoli; la seconda mentre disegna ampi cerchi nel cielo emettendo il suo ver-so caratteristico. Se si è fortunati e attenti, è possibile avvistare anche l’aquila reale, il falco pellegrino e il lanario che, pur non ni-

dificando nella zona, ne frequentano le aree aperte in attività di caccia. Con l’arrivo della bella stagione si possono osservare nume-rosi uccelli migratori, che dopo aver passa-to l’inverno in Africa, tornano ad occupare i territori del Parco e delle aree limitrofe. È possibile allora incontrare il biancone, il lodolaio, il falco pecchiaiolo e l’albanella minore. Altri rapaci sono solo di passaggio durante la migrazione, come il falco di pa-lude; altri invece, come l’albanella reale, si osservano in inverno su prati e pascoli. Tra i rapaci notturni sono presenti il barbagianni, la civetta, il gufo comune e l’allocco.

L’OFFERTA TURISTICA

Il Parco, fra le sue numerose attività, ha in-trapreso strategie operative volte non solo alla protezione e alla valorizzazione dell’area nel suo complesso, ma anche al potenzia-mento delle strutture di fruizione territoria-le. Sono state così attrezzate delle aree di sosta dalle quali partire per piacevoli pas-seggiate o per effettuare escursioni più im-pegnative. È inoltre possibile effettuare vi-site guidate, attività di orienteering e nordic walking. Sono stati inoltre segnalati itinerari

finché, nella seconda metà del XVI secolo, i Medici vi costruirono una città-fortezza per affermare il loro potere in una zona difficil-mente governabile. Ancora oggi sono visibili le macerie di quella “città ideale”, abbando-nata nel 1673, della quale il sole - come oggi per il parco- ne era il simbolo.Dal punto di vista geologico tutta l’area del Parco Naturale del Sasso Simone e Simon-cello è costituita da una vasta coltre di ter-reni caotici eterogenei denominati “Colata della Val Marecchia”.Il territorio considerato la “colata” è formato prevalentemente da terreni argillosi ed argil-lo-marnosi plastici altamente deformabili ed ingloba blocchi per lo più calcarei più rigidi e compatti delle più svariate dimensioni. I processi erosivi ad opera di acqua, vento e neve agendo sulla coltre in modo selettivo, intaccano ed asportano molto più veloce-mente i materiali argillo-marnosi più teneri facendo emergere, in rilievo, i blocchi costi-tuiti dalle rocce più dure: hanno così avuto origine “I Sassi”, morfologie tipiche e carat-teristiche del Montefeltro.

LA FLORA

La flora del parco è molto varia, e diversi-ficata a secondo dell’altitudine. La vegeta-zione a quote inferiori agli 800 m è carat-terizzata da boschi ad elevata mescolanza

di specie arboree. La roverella, il cerro, il carpino nero, l’orniello, l’acero campestre e l’acero napoletano sono gli alberi più comu-ni e tra gli arbusti, la sanguinella, il corniolo e il nocciolo.Il cerro domina insieme al carpino bian-co la vasta foresta mediterraneo-montana che dal Passo della Cantoniera si estende, per oltre 800 ettari, fino ai Sassi Simone e Simoncello ed a Valpiano; insieme ad essi sono presenti agrifoglio, vari tipi di aceri, il frassino maggiore e il faggio; nel sottobosco crescono numerose specie erbacee tipica-mente forestali come il baccaro comune e il giglio martagone, mentre sui margini della foresta prospera il fiordaliso montano.Sui versanti assolati, utilizzati soprattutto per il pascolo, il paesaggio vegetale è disse-minato di arbusti come il ginepro comune, la rosa canina, il biancospino, il prugnolo e il rovo.Nei boschi posti alle quote superiori ai 1.000 m, dove il clima è più fresco, compare pre-dominante il faggio, accompagnato dall’a-cero di monte e talora dal tasso, dall’acero riccio, dal maggiociondolo alpino e dall’a-grifoglio, mentre dal denso tappeto di foglie spuntano le felci.Sul versante orientale del Monte Carpegna è stato realizzato, nella prima metà del XX secolo, anche un rimboschimento, preva-lentemente utilizzando il pino nero. I pascoli del Monte Carpegna, posti a quote intorno ai 1.200 - 1.400 m derivano da antichi tagli di boschi di faggio e, probabilmente anche di abete; all’inizio della primavera, il verde di questi prati si tinge del colore del croco, a cui seguono variopinte orchidee e, da ulti-mo, il colchico, alla fine dell’estate. Nei boschi e nei prati, durante la stagione primaverile ed autunnale, spuntano funghi di varie specie, vere prelibatezze che fan-no di questi luoghi la meta di appassionati

InfoEnte Parco Sasso Simone e SimoncelloIstituito con L. Reg. n.15 del 28/04/1994.Via Rio Maggio, s.n.,61021 Carpegna (PU)Tel. 0722 770073Fax 0722 [email protected]@[email protected]

Comuni del Parco nelle MarcheCarpegna, Frontino, Montecopiolo,Piandimeleto, Pietrarubbia.

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percorribili con mountain bike o a cavallo.Le visite accompagnate da Guide del Par-co si svolgono durante tutto l’anno; per le scuole sono inoltre numerose le proposte di educazione ambientale promosse sempre dal Parco, attraverso il proprio CEA.Il Parco Faunistico di Pian dei Prati, è ideale per la visita di scolaresche e per le famiglie: in un’area di 5,5 ettari è possibile svolgere un percorso volto alla conoscenza degli ani-mali domestici da bassa corte come capre, pecore, muli, nonché l’osservazione ravvi-cinata di alcuni particolari animali selvatici quali rapaci, caprioli, cinghiali, rane, rospi e tritoni. Il Parco Faunistico è fruibile per le-zioni, visite guidate, campi, ecc., anche a persone diversamente abili, grazie ad uno specifico percorso appositamente struttu-rato.Alla sede del parco, sita a Carpegna, è an-nesso, così come a Ponte Cappuccini nel comune di Pietrarubbia, un Centro Visite,

mentre nell’antica Città di Pennabilli, sede della Diocesi vescovile, il Parco ha allestito, in un vecchio edificio ristrutturato, un inte-ressante museo naturalistico. A Frontino, presso il Centro Polivalente del Montefeltro così come a Calvillano di Pietrarubbia, è presente una foresteria. In quest’ultima lo-calità opera inoltre un CEA, mentre a San Sisto di Piandimeleto, si trova il Centro In-formatico Servizi Ambientali del Montefeltro e il Museo del Fungo.La visita al Parco viene inoltre ad essere piacevolmente allietata dagli eccezionali prodotti tipici e dalla gastronomia locale: qui è infatti possibile assaporare numerose prelibatezze a base di funghi e tartufi (sia nero che bianco), il prosciutto di Carpe-gna, che vanta il riconoscimento DOP, vari tipi di pecorino, sia fresco che stagionato e numerose specialità culinarie che uniscono in sé le tradizioni marchigiane, romagnole e toscane.

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ParcO Naturale reGIONaleDel MONte cONerO

Un Monte a strapiombo sul mare, che offre scorci incantevoli. Un ambiente generoso di calde atmosfere. Itinerari escursionistici che strizzano l’occhio al turismo sostenibile. Un’offerta di tipicità all’insegna della qua-lità. Tanta storia raccontata in ogni angolo del territorio. Tutto questo è il Parco del Co-nero, un’opera d’arte cesellata dalla natura, una gemma incastonata nelle Marche, sulle sponde dell’Adriatico. Istituito nel 1987 per salvaguardare le ricchezze naturali e cultu-rali, il Parco Regionale del Conero, esteso per 6.011 ettari, include gran parte del terri-torio di Ancona e delle cittadine Camerano, Sirolo e Numana.

IL TERRITORIO - STORIA E CULTURA

Quest’area protetta costiera offre ambienti variegati ed affascinanti, fra i quali spicca il Monte Conero (572 m), originatosi a se-guito di una lunga azione di sedimentazione marina iniziata nel Giurassico ed emerso nel Pliocene, cinque milioni di anni fa. Dal Gargano fino alla costa triestina il Conero è l’unico baluardo roccioso composto da formazioni calcaree con litotipi della maio-lica e della scaglia bianca e rossa, ed è per tale motivo che fin da epoca antica è stato luogo di estrazione di pietra. Fu approdo dal IV sec. a.C. dei Greci, che risalirono le coste meridionali dell’Italia, in cerca di città da fondare. Qui gettarono le ancore anche i Dori che vi fissarono la loro dimora, chia-mando Komaros (da “corbezzolo”, pianta assai diffusa sul monte) il promontorio ed Ancon (gomito), da cui deriva il nome della città di Ancona, la sua curva settentrionale.

La presenza dell’uomo, accertata a partire da almeno 100.000 anni fa, ha lasciato nu-merose testimonianze relative, in partico-lare, al popolo dei Piceni (IX-III sec. a.C.). Tra le tombe scoperte che hanno restitui-to ricchi corredi funerari, famosa è quella della Regina di Numana e Sirolo, custodita nell’area dei Pini. I reperti sono esposti nel museo Archeologico di Ancona e nell’An-tiquarium di Numana. Altre testimonianze spaziano dalle incisioni rupestri alle grotte romane, dai monasteri benedettini e france-scani, alle strutture difensive come il Fortino Napoleonico e la Torre Clementina a Porto-novo. Da non dimenticare poi la stupenda chiesa romanica di Santa Maria di Portono-vo ed il Monastero di San Pietro al Conero, in cui si sono stabiliti, fin dall’anno Mille, in alternanza, vari ordini religiosi (Benedettini, Camaldolesi e Gonzagiti).

LA FLORA

La diversità degli ambienti, quali la ripida fa-lesia calcarea, le colline, i fondovalle, il fiu-me Musone, le aree umide, le dune costiere ed i laghetti salmastri di Portonovo, sono a garanzia di un livello elevato di biodiversi-tà. Le pendici del Monte sono coperte, nel versante nord orientale, da sclerofille sem-preverdi e caducifoglie (roverella, carpino nero, acero napoletano e orniello), mentre nelle pendici più soleggiate ed esposte a sud, si rinviene la macchia mediterranea caratterizzata dalla presenza di specie più termofile come, in particolare il leccio, il corbezzolo, il lentisco ed il terebinto. Sono inoltre presenti anche vaste pinete derivanti

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dai rimboschimenti effettuati con pino d’A-leppo, pino nero d’Austria, cipresso ed altre specie, dalla “Milizia Forestale”.Riguardo le aree interessate da coltivazio-ni, il Parco, nell’intento di sperimentare un rinnovato rapporto tra uomo e ambiente, in accordo con gli agricoltori, si è fatto pro-motore nel tempo, di progetti che vanno unicamente in direzione della qualità, ov-vero finalizzati ad incentivare le coltivazioni biologiche, l’allevamento e la produzione di alimenti certificati (cereali, ortaggi, legumi e frutta) secondo il marchio QM (Qualità Mar-che). Il progetto più ambizioso del Parco, realizzato con delle aziende agricole riunite in una cooperativa, la ‘Conero Agricoltura e Ambiente’, ha dato vita, nel 2012 ad un marchio di prodotti di filiera, che di diritto si affianca al percorso già ampiamente rico-nosciuto del vino DOC Rosso Conero, figlio delle cantine dislocate nell’area protetta e nei territori circostanti.

LA FAUNA

Dal punto di vista faunistico, si registra la presenza di oltre 200 specie di uccelli, di cui 76 nidificanti. Nei mesi di aprile e maggio di ogni anno, vengono censiti, in transito, cir-ca 10.000 rapaci. È per questo che il Monte Conero è un luogo ambito per la pratica del birdwatching; sono punti di avvistamen-to strategici: la Gradina del Poggio, Pian Grande, Monte dei Corvi, Monte Colombo, Belvedere Nord e i Piani dei Raggetti. 467 sono invece le farfalle censite, che, nella bella stagione, volano alla ricerca del netta-re dei fiori, per l’accoppiamento e per la de-posizione delle uova. Quanto ai mammiferi, è certa la presenza, seppur saltuaria, del lupo, oltre che del tasso, della volpe, del ric-cio, della faina e della donnola. Nei laghetti di Portonovo, si ricorda inoltre un piccolo

crostaceo di acqua dolce estremamente raro, il Dyaciclops bicuspidatus odessanu. L’ambiente marino, ora tutelato, con la pro-posta d’istituzione di un Sito d’Interesse Comunitario (SIC), custodisce un’incredibi-le quantità di specie di granchi, fra cui molti estremamente mimetici, come la granse-ola o il timido granchio degli anemoni, ma anche pennacchi di spirografi, splendidi nudibranchi (piccole lumachine coloratissi-me), murici (le cosiddette “raguse”), seppie, gamberi, tante bavose, scorfani, saraghi e occhiate. Una nota di rilievo, merita la coz-za del Conero ovvero il ‘Mosciolo’ selvatico di Portonovo, oggi divenuto presidio Slow Food e presente nelle tavole di intenditori di buona cucina.

L’OFFERTA TURISTICA

Per chi volesse scoprire il cuore del Cone-ro, oltre ad una fitta rete di sentieri disegnati dall’uomo nel corso dei secoli, il Parco ha individuato 18 itinerari di particolare interes-se ambientale e paesaggistico che possono essere percorsi in bicicletta, a piedi od a ca-vallo. Il Parco ha peraltro avviato numerosi altri interventi nel settore del turismo soste-nibile, ed ha presentato la propria candida-tura per l’ottenimento della certificazione di

cui alla Carta Europea del Turismo Soste-nibile (CETS) che prevede, fra l’altro, l’in-centivazione delle componenti del territorio a lavorare in partnership, per incrementare l’offerta e la qualità dei servizi dell’area, in un’ottica di pieno rispetto dell’ambiente. Il turismo è d’altro canto l’economia principa-le della zona, essendo la Riviera del Conero rinomatissima non solo a livello nazionale ma anche europeo. Non si finisce infatti di scoprire le sorprese, generosamente rega-late dal parco e dalle cittadine che lo com-pongono. In breve, partendo da Ancona, capoluogo delle Marche, una passeggiata attraverso la familiarmente chiamata ‘strada del Monte’, dà un’idea di ciò che viene ge-losamente custodito nel Conero. Si giunge così all’imperdibile baia di Portonovo ed alle sue spiagge, alla Vela, a Mezzavalle, rag-giungibile solo dal mare o a piedi, da uno stradello con una vista spettacolare. Nella baia cultura ed ambiente si incontrano: c’è la Torre di guardia fatta costruire da Clemen-te XI, il Fortino Napoleonico, eretto nel 1808 per bloccare le navi inglesi ed ora divenuto albergo ed ancora la chiesetta romanica di

Santa Maria ed i laghetti salmastri retrodu-nali. Una manciata di chilometri dopo Porto-novo, si sale fin su la cima del Monte, all’Ab-bazia di San Pietro ed al Belvedere nord. La presenza di cave dismesse, rende il Parco un ‘libro aperto’ sulla storia geologica della zona e sull’intera successione stratigrafica tipica dell’Appennino umbro-marchigiano. Di particolare importanza è la cava di Mas-signano, divenuta sezione tipo mondiale per il passaggio Eocene/Oligocene, oggi attrez-zata per le visite. Proseguendo verso sud ecco splendere Sirolo, la ‘Perla del Conero’,

balcone sulle spiagge del-le Due Sorelle, Urbani, San Michele-Sassi Neri. Conti-nuando la passeggiata, pri-ma della lunga spiaggia di finissima ghiaia di Marcelli, centro turistico dove insiste gran parte della ricettività della Riviera del Conero, ci si imbatte sul borgo medie-vale di Numana. In questo quadro s’inserisce perfet-tamente Camerano, dalle antichissime origini, il cui sottosuolo è segnato da un articolato percorso ipogeo.

InfoEnte Parco Regionale del ConeroVia Peschiera, 3060020 Sirolo (AN)Tel. 071 [email protected]

Centro VisiteTel. 071 [email protected]

Comuni del ParcoAncona, Camerano, Numana, Sirolo

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ParcO Naturale reGIONaleDella GOla Della rOssa e FrasassI

Il Parco Naturale Regionale della Gola della Rossa e di Frasassi è il “ cuore verde “ della Regione Marche. Nato nel settembre 1997, con i suoi 10.026 ettari, è la più grande area protetta regio-nale e comprende tre differenti biotopi: la Gola di Frasassi, la Gola della Rossa e la Valle Scappuccia.Un viaggio nel Parco è un “viaggio nel cuo-re delle Marche”, alla scoperta dei tesori storico-artistici, celati da paesaggi ricchi di fascino ed armonia, immersi in una natura integra e rigogliosa.

IL TERRITORIO

La geologia dell’area risulta assai caratteri-stica: circa un milione di anni fa, un brusco incremento del sollevamento orogenetico ha fatto aumentare l’energia potenziale dei corsi d’acqua che, incidendo profonda-mente le dorsali, hanno portato alla luce il calcare massiccio, tanto compatto e rigido da conservarsi in imponenti blocchi ver-ticali. La dorsale di Frasassi è oggi incisa dall’omonima gola, mentre la struttura del Monte Pietroso-Monte Murano è taglia-ta dalla Gola della Rossa. Le conche ed aree collinari corrispondono, invece, a de-pressioni tettoniche e a rocce marnose o argilloso-arenacee, presenti soprattutto nel settore settentrionale del parco che mostra rilievi anche evidenti.La penetrazione dell’acqua meteoritica e di falda all’interno della roccia, allargando le fratture, (grazie alla corrosione chimica favorita dalla presenza di anidride carbo-nica disciolta) nell’area orientale della Gola

di Frasassi, provoca una risalita di acque sulfuree profonde che genera un fluido estremamente aggressivo nei confronti del calcare. Questi processi, intervallati da lo-cali crolli, resero ciclopiche le dimensioni di molti vani ipogei che si presentano come complessi carsici altamente articolati e dal-lo straordinario valore ambientale-paesag-gistico come nel caso delle famose Grotte di Frasassi.Attraverso un silenzioso itinerario di circa un’ora, si possono ammirare, con stupore, piccoli laghi, stalattiti e stalagmiti gigante-sche, fino a giungere al maestoso Abisso Ancona (alto 240 m), alla Sala delle Cande-line, alla Sala dell’Orsa e a quella dell’Infini-to. Da tempo è stata effettuata una capta-zione idrica delle polle sulfuree ad uso della stazione termale di San Vittore che le utiliz-za per le terapie contro i disturbi respiratori e reumatici.La Gola della Rossa è nell’aspetto simile a quella di Frasassi e racchiude ampie cavità carsiche, tra cui la Grotta del Vernino, dove sono stati ritrovati numerosi ed interessanti fossili di mammiferi come l’orso speleo. La Valle Scappuccia, attraversata dal tor-rente Scappuccia che forma una forra piut-tosto stretta e sinuosa, è caratterizzata da una molteplice varietà di ambienti e quindi aspetti vegetazionali condizionati dal sub-strato, dall’esposizione, dall’altitudine e dalla presenza dell’acqua.

LA NATURA

Il Parco presenta delle specie di notevole valore naturalistico: un vero e proprio un

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gioiello di biodiversità grazie alle sue 105 specie di uccelli nidificanti, 40 di mammife-ri, 29 tra rettili e anfibi e oltre 1.250 specie vegetali. Fra gli uccelli va ricordata, in primo luogo, l’aquila reale che è al vertice di una rete alimentare costituita da mammiferi, uccelli, anfibi e crostacei; nel parco, precisamente nella gola di Frasassi, nidifica l’unica cop-pia della provincia di Ancona. Significativa è anche la presenza di altri rapaci diurni quali l’astore, il biancone, il nibbio reale, il lana-rio e il falco pellegrino, che nidifica nell’area con almeno 3 coppie.I rapaci notturni sono rappresentati dalla civetta, dal barbagianni, dall’allocco e dal gufo comune; è stata inoltre confermata di

recente la presenza del gufo reale in un’area limitrofa del parco.Tra i mammiferi spicca la presenza del lupo, che, negli ultimi decenni, ha ricolonizzato la dorsale marchigiana grazie all’espansione demografica di specie preda come il cin-ghiale, il daino, il capriolo e il cervo. Accer-tata è la presenza del gatto selvatico e della puzzola, oltre ai più comuni volpe, donnola, faina e tasso. Le numerose cavità ipogee presenti in quest’area sono popolate da almeno 12 specie diverse di chirotteri. Le colonie di miniottero presenti nel parco sono tra le più importanti d’Europa, con oltre 12.000 esemplari, presenti sia in siti di svernamen-to che in nursery riproduttive. Tra le specie

cavernicole oltre al geotritone italico, spe-cie endemica delle grotte dell’Italia centro-settentrionale, è notevole la presenza del Niphargus ictus, un piccolo crostaceo en-demico che popola i laghetti delle grotte e di altri invertebrati come Nesticus eremita, Meta merianae, ecc.Riguardo alla flora, nei settori calcarei del piano collinare sono diffusi i boschi di carpi-no nero, mentre su quelli marnoso-arenacei prevale la roverellaNel piano montano e in zone particolarmen-te umide, si sviluppano boschi di faggio, ma sui versanti più caldi delle gole rupestri, la vegetazione è tipicamente mediterranea con leccio, robbia selvatica, terebinto, filli-rea, corbezzolo, asparago e stracciabraghe.Nelle aree sommitali del territorio si rinven-gono estese formazioni prative di origine secondaria che rappresentano un ecosi-stema di grande interesse naturalistico per la presenza di specie rare o protette dalle vigenti normative nazionali e internazionali. Questo habitat, ricco di specie diverse della famiglia delle orchideacee, deriva dal taglio del bosco effettuato dall’uomo sin da epo-che remote al fine di ricavare spazi utili per l’allevamento e il pascolamento del bestia-me, per la pratica della fienagione e per la coltivazione di specie erbacee e arboree di interesse alimentare. Per sottolineare la sua importanza conservazionistica, alla luce della tendenza all’abbandono che porta ad una sua progressiva scomparsa a causa dei naturali processi di evoluzione natura-le, l’Unione Europea riconosce alle praterie secondarie il massimo livello di importanza conservazionistica individuandole come un ambiente “prioritario” ai sensi della Direttiva Habitat.Nel Parco crescono numerose specie bo-taniche molto rare, tra queste si segnala la Moehringia papulosa, specie endemica

dell’Appennino, che in tutto il mondo si rinviene solo nelle gole di Frasassi, della Rossa e del Furlo, la Potentilla caulescens, la Saxifraga australis, specie endemica dell’Appennino centrale e meridionale, la Ephedra major, relitto di Era Terziaria che si rinviene sulle rocce della Valle Scappuccia.

L’OFFERTA TURISTICA

Il Parco oggi è in grado di offrire una rete di almeno 35 sentieri escursionistici segnalati, per un totale di oltre 170 km, di varia durata e di vari livelli di difficoltà, da quelli turistici a quelli per escursionisti esperti, che permet-tono di ammirare le ricchezze floro-faunisti-

InfoSede principale

Parco naturale Gola della Rossa e di frasassi Complesso S. Lucia - Via Marcellini, 560048 Serra San Quirico (AN)Tel. 0731 86122Fax 0731 [email protected] www.parcogolarossa.it

Comunità Montana dell’Esino-frasassi Via Dante, 26860044 Fabriano (An)Tel. 0732 6951 - Fax 0732 [email protected] www.cmesinofrasassi.it

Casa del Parco di ArceviaEx chiesa di S. Giovanni Battista Entro le MuraC.so Mazzini60011 Arcevia (AN)

Casa del Parco di CastellettaCastelletta di Fabriano60044 Fabriano (AN)

Casa del Parco “Ex Mulino”di San Vittore di GengaSan Vittore di Genga60040 Genga (AN)

Comuni del ParcoArcevia, Cerreto d’Esi, FabrianoGenga, Serra San Quirico

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che tipiche dell’ambiente pre-appenninico. È inoltre possibile praticare altri sport a contatto con la natura: mountain-bike su sterrate e carrarecce distribuite per decine di chilometri sia in quota che nei fondoval-le, escursionismo a cavallo nella fitta rete di mulattiere, alpinismo e arrampicata sporti-va sulle verticali pareti calcaree delle gole e dei principali rilievi montuosi, speleologia e, in alcuni periodi dell’anno, anche canoa e rafting.Sotto l’aspetto storico-artistico il territorio è ricco di testimonianze dell’uomo, fin dai tempi più remoti. Nell’area di Frasassi si registrano alcune delle tracce più antiche della presenza umana (Grotta del Prete di Pianello di Genga). Ma le più numerose testimonianze risalgono ad epoca medie-

vale: un fitto reticolo di castelli, chiese e monasteri di eccezionale valore storico e artistico. Tra queste l’abbazia di San Vitto-re alle Chiuse, fondata alla fine del X sec., che fu tra i più ricchi insediamenti religiosi del comprensorio ed uno degli esempi più importanti dell’architettura romanica nelle Marche. Inoltre il Santuario di Santa Maria infra Saxa e il Tempietto, a pianta ottogo-nale con cupola, commissionato da Papa Leone XII a Giuseppe Valadier, collocati all’interno di un’immensa grotta; l’abbazia di Sant’Elena, in stile romanico, situata a valle della Gola della Rossa, fondata da San Romualdo agli inizi dell’XI secolo; l’abbazia di Val di Castro, sorta agli inizi dell’XI secolo per volontà di San Romualdo che vi morì nel 1027, che conserva interessanti affreschi.Da visitare Fabriano, con le sue chiese ric-che di opere d’arte, la Pinacoteca, il Museo della Carta e della Filigrana, e Arcevia con il bel centro storico medievale. Nel Parco ac-canto ai piccoli borghi castellani di Avacelli, Castelletta, Pierosara, si affiancano i centri di Serra San Quirico con le “copertelle”, strade coperte che fungevano da cammino di ronda e di Genga che conserva ancora intatta la sua struttura urbanistica medie-vale, la cinta muraria e il Palazzo dei Conti della Genga.

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rIserva NaturaleaBBaDIa DI FIastra

La Riserva Naturale Abbadia di Fiastra è un vero e proprio scrigno di storia, cultu-ra, natura e tradizioni che offre al visitatore un ambiente straordinario in cui è possibile scoprire l’evoluzione dell’ambiente naturale e i “segni” che l’uomo vi ha lasciato nel cor-so dei secoli. La Riserva, istituita nel 1984 e successivamente riconosciuta, nel 1985, con Decreto del Ministero Agricoltura e Fo-reste, come “Riserva Naturale dello Stato”, comprende 1.825 ettari di terreni che cir-condano l’Abbazia di Chiaravalle di Fiastra e che ancora oggi mostrano le tracce evi-denti della lunga presenza e del lavoro dei monaci cistercensi.

IL TERRITORIO - STORIA E CULTURA

Il territorio della Riserva Naturale, di pro-prietà della Fondazione Giustiniani Bandini, compreso tra i comuni di Urbisaglia e To-lentino, ricade nella fascia medio-collinare della Provincia di Macerata, tra 130 e 306 m e più esattamente tra la valle del fiume Chienti e quella del Fiastra, suo maggior affluente.Nel territorio sono presenti oltre al comples-so abbaziale, una vasta superficie dedicata all’agricoltura che conserva molti elementi tipici del paesaggio agrario marchigiano, al-trove ormai scomparso e una “selva” di ol-tre 100 ettari, ultimo esempio delle antiche foreste che un tempo ricoprivano le colline marchigiane. Nella Riserva Naturale Abbadia di Fiastra, nata per proteggere le terre appartenute ai monaci cistercensi e da loro plasmate nel corso dei secoli, è possibile godere di

un ambiente accogliente ed armonioso, espressione di un rapporto equilibrato tra uomo e natura.Il valore dell’area è quindi direttamente legato alla sua storia. Qui sorse infatti nel 1142 l’abbazia cistercense di Santa Maria di Chiaravalle di Fiastra, quando Guarnerio II, duca di Spoleto e marchese della Mar-ca di Ancona, donò un vasto territorio nei pressi del fiume Fiastra ai Monaci Cister-censi dell’Abbazia di Chiaravalle di Milano. I monaci per la sua costruzione “cavarono” il materiale edilizio dalla vicina città romana di Urbs Salvia, saccheggiata e distrutta da Alarico tra il 408 e il 410, e contemporane-amente avviarono anche la bonifica dei ter-reni circostanti.Quello dell’Abbadia di Fiastra fu uno degli insediamenti monastici più importanti e po-tenti dell’Italia centrale. Per oltre tre secoli, fu al centro di ferventi attività economiche, sociali e culturali promuovendo lo sviluppo di tutta l’area. Nel 1773 l’intera proprietà fu ceduta alla nobile famiglia Giustiniani Ban-dini. Nel 1918 morì l’ultimo erede maschio, Sigismondo, che lasciò tutte le proprietà ad una Fondazione intestata a suo nome.La chiesa in stile cistercense-lombardo-borgognone è a tre navate, ed occupa il lato nord del chiostro. Su di esso si affacciano i locali dell’abbazia e sul lato sud il Palazzo Giustiniani Bandini. Su invito della Fondazione, nel marzo 1985 i Monaci Cistercensi, provenienti anche questa volta da Milano, sono ritornati a vi-vere nell’Abbazia di Chiaravalle di Fiastra. La loro presenza ha ridato vita all’antico

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monastero portandolo ad essere, di nuovo, un punto di riferimento spirituale per tante persone.I locali dell’abbazia e del Palazzo Giustiniani Bandini ospitano un’interessante Raccolta Archeologica che conta reperti, epigrafi e sculture dalla città di Urbs Salvia, il Museo del Vino, dove sono esposti strumenti e og-getti usati in passato per la lavorazione delle uve e il Museo della civiltà contadina, con attrezzi agricoli e utensili dell’800 e dei primi del ‘900. Il complesso dell’abbazia com-prende anche un Centro congressi.Il territorio della riserva naturale è suddiviso in tre zone aventi caratteristiche ambientali omogenee e criteri di gestione differenziati: Riserva Naturale Orientata che comprende il bosco, Riserva Antropologica, in cui rica-de anche l’intero complesso abbaziale e, quindi, l’Area di protezione con tutte le zone agricole.

LA NATURA

La Selva, di circa 100 ettari, è il cuore del-la Riserva Naturale ed è l’ultimo esempio, avente ancora una superficie considerevo-le, di una foresta molto estesa che fino al 1700 copriva l’intera fascia collinare della provincia maceratese. Si tratta di un bosco a prevalenza di cerri, dove vivono numerosi animali selvatici tra cui il capriolo.Come la Selva, anche il laghetto “Le Vene” e i corsi d’acqua Entogge e Fiastra sono im-portanti e suggestive zone umide, oggetto di tutela, in quanto ricche di vegetazione e fauna. Nel territorio della riserva, oltre al cerro, sono presenti la roverella, la farnia, l’orniello, l’acero campestre, mentre tra i mammiferi, oltre al capriolo, reintrodotto nel 1957, la faina, il tasso, la donnola, l’istrice e la volpe; fra gli uccelli si ricordano lo spar-viero, la civetta, l’allocco, il picchio verde,

il picchio muratore, il rampichino, l’upupa e tanti altri passeriformi tipici dell’ambiente silvano.I campi coltivati, con le relative case coloni-che, ricadenti nella Zona di Protezione, sono il frutto di una attività agricola portata avanti nei secoli con amore e rispetto dei ritmi del-la natura: il diffuso patrimonio abitativo, co-stituito da 79 colonie, si è conservato nella sua bellezza originaria grazie alla continuità della proprietà ed alla cura determinata da un antico rapporto di tipo mezzadrile.

L’OFFERTA TURISTICA

Visitare e vivere la Riserva Naturale costitu-isce un’esperienza unica ed indimenticabile per l’armonia e la compostezza del paesag-gio, per i suoni soffusi che invadono l’aria, per i colori che in ogni stagione caratterizza-no questo territorio. Varie sono le possibilità di entrare a contatto con i diversi ambienti naturali: sono stati infatti recentemente ri-organizzati percorsi che prevedono spazi riservati ai pedoni, ai ciclisti e a chi ama an-dare a cavallo.Il Sentiero “La Selva” s’inoltra nel bosco; quello de “Il lago Le Vene” attraversa il territorio agricolo compreso tra la selva e il fiume Fiastra, permettendo l’osservazio-ne di uccelli migratori e caprioli; il sentiero

sensoriale “Il bosco e il fiume”, accessibi-le a tutti, consente invece la scoperta della riserva con “tutti i sensi”, ovvero non solo con la vista.Nell’area è presente anche un Centro di Educazione Ambientale, dotato di una sala per la proiezione di audiovisivi, un Centro Visite in cui è possibile acquistare libri, og-getti e capi di abbigliamento con il simbolo della Riserva Naturale. Qui sono inoltre or-ganizzate attività di scoperta dell’ambiente, sia storico che naturale, grazie al supporto di esperte guide naturalistiche e turistiche. Anche i gruppi scolastici possono trovare proposte diversificate per interessanti visite guidate, oltre a laboratori didattici specifica-tamente studiati per le differenti fasce di età degli studenti. Nella Riserva Naturale sono inoltre disponi-bili aree pic-nic, un camper service oltre ad ampi parcheggi, servizi igienici, bar, pizze-rie, ristoranti, punti vendita di prodotti locali e diverse strutture ricettive.

InfoUffici Riserva naturaleTel. 0733 201049Fax 0733 [email protected]

Uffici fondazione Giustiniani Bandinie Centro CongressiTel. 0733 [email protected]

Ufficio informazioniprenotazione visite guidateMeridiana srlTel. 0733 202942Fax 0733 [email protected]

Comuni del ParcoTolentino, Urbisaglia

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rIserva Naturale stataleGOla Del FurlO

Istituita nel 2001, la Riserva Naturale Statale Gola del Furlo, compresa nel territorio dei Comuni di Acqualagna, Cagli, Fermignano, Fossombrone e Urbino, è caratterizzata da 3.627 ettari di boschi, pascoli e cime incon-taminate; un autentico paradiso, attraversa-to dal fiume Candigliano che si insinua tra le imponenti pareti rocciose della Gola, dove la suggestione del paesaggio si unisce a una prodigiosa ricchezza naturalistica.

IL TERRITORIO - STORIA E CULTURA

Le pareti del Furlo, fra il Monte Pietralata (889 m) e il Monte Paganuccio (976 m), pre-sentano uno scenario maestoso e impres-sionante. Stretto tra la roccia, il fondovalle è sbarrato da una diga che forma un pittore-sco lago artificiale.Qui passava la via consolare Flaminia che univa Roma a Fano, sul Mare Adriatico. Come ricorda l’iscrizione commemorativa, l’imperatore Vespasiano, per rendere più agevole il passaggio, fece scavare nel 76-77 d.C. una galleria nel punto più stretto della gola.La galleria, chiamata petra pertusa o foru-lus - da cui il nome di Furlo - è lunga nella parte antica 38,30 m, larga al massimo 5,47 m, alta 5,95 m e allo sbocco del passaggio s’incontra un tratto del piano della via che veniva percorsa prima che venisse scavata. Su di essa si aprono due accessi di una se-conda galleria, fatta costruire forse dal Con-sole Flaminio nel 217 a.C. su cui sono evi-denti gli antichi solchi prodotti dal frequente passaggio delle ruote dei veicoli.Il paesaggio e la morfologia della Gola del

Furlo permettono di ricostruire la storia geo-logica italiana da più di 200 milioni di anni fa. Le sue rocce illustrano le principali forma-zioni dell’Appennino Umbro-Marchigiano: calcare massiccio, corniola, rosso ammoni-tico (nel quale sono presenti diversi tipi di fossili), calcari nodulari, maiolica e scaglia.

LA FLORA

È per tali, quanto particolari caratteristiche che i Monti del Furlo ospitano una flora am-piamente diversificata, dove piante comuni si alternano con esemplari rarissimi. Si ricordano, ad esempio, la campanula di tanfani, la campanula graminifoglia, lo spar-viere lacerato, la rara ed endemica moehrin-gia papulosa coi piccoli fiori bianchi a quat-tro petali, l’asplenio grazioso, la gramigna dell’Appennino, il ranno spinello, il ranno spacca sassi, il giacinto dal pennacchio, il lilioasfodelo maggiore, la fumana mediter-ranea, la buglossa dentata, il corbezzolo, il miglio verdolino, il giaggiolo susinario, la

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vite selvatica, la dentaria celidonia, la felce lonchite, lo zafferanetto del colonna e nu-merose orchidee, fra cui l’orchidea militare e l’orchidea romana. Fra le specie arboree sono presenti il leccio che si rinviene insieme al corbezzolo nelle zone calcaree esposte a sud, l’orniello, il sorbo, il carpino nero, la roverella, il cerro e, alle quote più elevate, il faggio.

LA FAUNA

Anche la fauna risulta assai ricca e diversifi-cata: fra i mammiferi si segnalano, in partico-lare, il lupo, l’istrice, il capriolo oltre ad altre specie più comuni quali la puzzola, la volpe, la donnola, la faina, il tasso, il cinghiale ed il capriolo. Numerosi sono anche i rapaci che utilizzano le pareti della gola per nidificare e i prati sommitali per la caccia. Tra i più inte-ressanti che si possono osservare: l’aquila reale, lo sparviere e il falco pellegrino. Altri

uccelli degni di nota, in quanto tipici abitato-ri delle zone rupestri sono il rondone alpino, la rondine montana, il passero solitario e il delicato quanto affascinante picchio mura-

InfoRiserva naturale Statale Gola del furloVia FlaminiaLoc. Furlo AcqualagnaTel. 0721 700041Fax 0721 [email protected]

Ente Gestore della RiservaAmministrazione Provinciale di Pesaro e UrbinoServizio Urbanisticia - Pianificazione Terr.leVIA - VAS - Aree ProtetteVia Gramsci, 461121 Pesaro (PU)Tel. 0721 3591Fax 0721 359406

Comuni del ParcoAcqualagna, Cagli, Fermignano,Fossombrone e Urbino

iolo. Fra le altre specie nidificanti, di passo o invernali ricordiamo il cormorano, l’alba-nella minore, l’astore, la poiana, il biancone, il gheppio, il lodolaio, il rondone maggiore e occasionalmente il grifone.Fra i rettili, da segnalare la presenza della natrice tassellata, del cervone, del colubro di riccioli e della luscengola, mentre fra gli anfibi si ricordano il tritone crestato, la rana appenninica e il geotritone italiano; fra i pe-sci, l’anguilla, l’alborella, il barbo comune, il cavedano, la lasca, il cobite, il ghiozzo pa-dano, etc.

L’OFFERTA TURISTICA

Nella riserva vengono organizzate passeg-giate ed escursioni con esperte guide che permettono a ciascun visitatore di poter ap-prezzare pienamente i valori e le peculiarità storico-naturalistiche dell’area. Nel Museo del Territorio “Lorenzo Mannozzi

Torini” si possono inoltre avere altre utili in-formazioni sull’ambiente naturale e gli even-ti storici che hanno caratterizzato l’areaDa vedere nei dintorni l’abbazia benedettina di San Vincenzo al Furlo (sec. VIII) ristrut-turata nel 1271, in cui soggiornarono San Romualdo (1011) e San Pier Damiani (1042), e il Santuario del Pelingo, al cui interno si trova un affresco quattrocentesco raffigu-rante la Madonna col Bambino. Nel 1922 qui passò Mussolini e nel 1936 la milizia forestale volle immortalare l’immagine del Duce realizzando, nel versante sudorientale del Monte Paganuccio, il famoso profilo che ancora oggi resta in parte evidente.Nella Riserva sono presenti anche due aree floristiche protette ed esattamente nel-la Gola del Furlo e sul Monte Paganuccio. Inoltre l’area ricade in un Sito di Importanza Comunitaria (SIC), e in una Zona di Prote-zione Speciale (ZPS).

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senza di cedui e nuclei ad alto fusto. Originariamente l’area era utilizzata per l’ap-provvigionamento di legna-me e quale pascolo per gli ovini che vi risalivano dalla campagna romana. Oggi il territorio è invece tutelato quale riserva integrale e, da Statuto, è destinato in via prioritaria alle attività di ri-cerca scientifica. Dal punto di vista geologi-co l’area è caratterizzata da formazioni calcaree, calca-reo marnose e marnose.

LA NATURA

In rapporto all’estensione, il numero delle specie vegeta-li censite è notevole. Ciò è dovuto al fatto che esistono nella riserva due piani alti-tudinali di vegetazione (col-linare e montano), diversità di ambienti (pascoli, prati pingui, boschi, forre, ecc.) e diffusi processi dinamici innescatisi a seguito del-le misure di protezione. La

specie arborea più diffusa è il faggio che forma boschi al di sopra degli 850-900 me-tri, frequente anche il lec-cio che si rinviene in piccoli gruppi nelle aree rupestri, inoltre l’agrifoglio, l’acero montano, il tasso che risul-ta più raro e localizzato, il carpino nero, l’orniello e la roverella.I numerosi habitat offrono nicchie adatte ad ospitare una ricca flora (652 entità catalogate) fra cui spicca-no taluni endemismi come Viola eugeniae ssp. euge-niae, Gentianella columnae, Campanula tanfanii, Cam-panula apennina e Trisetum villosum.Dal punto di vista faunistico è da ricordare la presenza, fra i mammiferi, del lupo che transita nell’area e che è stato più volte ripreso dalle fototrappole, del cervo che dai Monti Sibillini si spinge

anche nella riserva, oltre che da altre specie quali lo sco-iattolo, il gatto selvatico, il capriolo, la donnola, il tasso, la martora e l’istrice; docu-mentata anche la presenza, seppur saltuaria, dell’orso. L’avifauna è rappresentata da specie di steppa come la starna e la coturnice e da alcuni rapaci come il falco pecchiaiolo, lo sparviero e il gheppio. Sono inoltre pre-senti l’upupa, il picchio ver-de, il picchio rosso minore, il codirosso e il calandro.A 1.126 m di quota, su un terrazzo prossimo al fon-dovalle, si trova il Casale Piscini, un edificio la cui costruzione risale al 1874, che serviva da ricovero per i pastori nel periodo dell’al-peggio estivo ed ora, dal 1970 in poi, come punto di appoggio per la gestione della riserva.

rIserva NaturaleMONtaGNa DI tOrrIcchIO

La Riserva Naturale di Tor-ricchio è stata istituita nel 1970, con Decreto del Retto-re dell’Università di Cameri-no che ottenne tale territorio in donazione dal marchese Mario Incisa della Rocchetta, allora Presidente dell’asso-ciazione italiana del W.W.F. Essa è stata poi riconosciuta Riserva naturale dello Stato con D.M del 7 aprile 1977 e

quindi, nel 1979, quale Riser-va Biogenetica del Consiglio d’Europa. La Riserva che si estende su una superficie di 317,12 ettari, è sita nei comuni di Pievetorina e Monte Cavallo in provincia di Macerata e si sviluppa fra gli 820 ed i 1.491 m nella Val di Tazza, fra i monti Cetrognola (1.575 m) e Torricchio (1.444 m), sull’Ap-

pennino Umbro-Marchigiano a poca distanza dal Parco Nazionale dei Monti Sibillini.

IL TERRITORIO

La maggior parte del terri-torio è occupato da pascoli e, in minima parte, da prati falciabili, mentre il bosco è limitato soprattutto ai ver-santi della Val di Tazza, che sono caratterizzati dalla pre-

Info

Università di CamerinoScuola di Scienze ambientali Sede: Via Pontoni, 5 - 62032 Camerino (MC)Tel. 0737 404512 - 404503Fax 0737 404508 [email protected]/botanica/index.htm

Comuni del ParcoPievetorina, Monte Cavallo

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rIserva Naturale reGIONaleDel MONte saN vIcINO e Del MONte caNFaItO

Si tratta della più giovane riserva natura-le marchigiana: essa infatti è stata istituita nel 2009. L’area di tutela si espande per 1.452,13 ettari tra i comuni di San Severino, Matelica, Apiro e Gagliole.

IL TERRITORIO

L’area della riserva, posta nella fascia preappenninica, è di carattere montano-alto collinare, con valori altitudinali che vanno da quota 450 m a 1.479 m corrispondente alla sommità del Monte San Vicino. Esso risulta essere la punta più visibile e riconoscibile della catena Appenninica Marchigiana, non soltanto perché è la cima più alta, ma an-che perché è visibile da quasi ogni punto del territorio circostante al quale esso si mostra con una forma alquanto rupestre e svettan-te su tutti i rilievi circostanti. Ciò ne fa un elemento ben distinguibile e riconoscibile (pur nei suoi diversi profili) e come tale ha sempre rappresentato per l’intero territorio il primo punto di riferimento. Il territorio della riserva è caratterizzato da formazioni di calcare massiccio del Triassico superiore e comprende, oltre al Monte San Vicino, anche l’altipiano di Canfaito situato sulle sue pendici. Le rocce che compongono il rilievo del S. Vi-cino e Canfaito appartengono per lo più alla formazione del Calcare Massiccio, periodo Giurassico. Depositate più di 200 milioni di anni fa, ad esse fa seguito la formazione del Bugarone (piani di Canfaito), con affiora-menti di livelli marnosi (Rosso Ammonitico) e calcarei selciferi (Calcari diasprigni), ricchi di fossili. La formazione della Maiolica, assai

diffusa (monti Canfaito, Argentaro, Pereta, Puro), avviene nel Cretaceo, con depositi di circa 120 milioni di anni di età. Per milioni di anni, in condizioni diverse, la formazione dei depositi continua, in quella che i geologi chiamano “successione Umbro-marchigia-na” fino alle grandi spinte tettoniche delle placche continentali in movimento che poi causeranno l’emersione delle catene mon-tuose.La particolare orografia del territorio, che a grandi distese planiziali alterna vallecole profondamente incise, ha generato luoghi unici e suggestivi, con attraversamento di stretti canyon simili a piccole forre (Gola di Jana, Bocca de Pecu, Fosso del Crino) o avventurosi passaggi in galleria (Sasso Forato). Una fitta rete di itinerari escursioni-stici permette una minuta e dettagliata co-noscenza naturalistica e paesaggistica del territorio.Paesaggisticamente il valore è da ricolle-garsi alla presenza di una zona pianeggian-te di cresta, dalle relativamente vaste aree boschive, alternate da pascoli, che costitui-scono, nel loro insieme, un paesaggio parti-colarmente dolce ed armonioso, anche se di origine antropica. I confini della riserva rac-chiudono anche due aree riconosciute dai protocolli europei, come di rilevante valore naturalistico (SIC e ZPS).

LA FLORA

La vegetazione è formata da vaste faggete ridotte a ceduo, in cui sono però presenti anche esemplari secolari (fino a 6 m di cir-conferenza). Questi veri e propri patriarchi

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della natura si sono salvati dai tagli perché i pastori, durante le ore calde dei mesi estivi, vi si rifugiavano cercando riparo fra le loro grandi chiome (merigge).Floristicamente l’area è interessante per la presenza di scilla silvestre, croco zafferano, anemone giallo, dentaria minore, dentaria a nove foglie, vari tipi di orchidea, bucaneve, peonia selvatica, giglio martagone, linaria purpurea, viola di Eugenia e asfodelo.

LA FAUNA

Dal punto di vista faunistico è rilevante ricor-dare la presenza del lupo, del capriolo, del gatto selvatico. Numerose anche le specie di uccelli: aquila reale, gufo reale, falco pel-legrino, picchio rosso, lanario, sparviere, al-banella reale, poiana, gheppio, succiacapre.

STORIA E CULTURA

L’intero territorio della riserva è caratterizza-to da numerose testimonianze storico-arti-stiche e religiose: la presenza dell’uomo è infatti attestata fin dalla preistoria: le grotte,

anfratti e ripari sotto-roccia, abitati sin dalla preistoria, hanno restituito antichi strumenti ed utensili in pietra.Importanti le testimonianze religiose me-dievali: in particolare il territorio del San Vi-cino ha avuto il privilegio di “ospitare” San Romualdo, monaco benedettino fondatore dell’ordine dei camaldolesi. In tale luogo il Santo lasciò la vita terrena (1027). Venne se-polto nel monastero di Val di Castro, venera-to come un nuovo San Benedetto e il luogo diventò subito meta di pellegrinaggio. Per vari secoli le sue spoglie restarono sepolte nell’abbazia di Valdicastro sotto il San Vici-no (oggi custodite nel duomo di Fabriano).D’obbligo una visita al borgo di Elcito, all’in-domita solitudine delle sue poche case di pietra sulla pietra, vero gioiello cinto da mura difensive e raccolto intorno alla chie-sa di S. Rocco, vero bastione inespugnabile a presidio del sentiero che dalla valle di S. Clemente saliva verso l’abbazia di Val Fuci-na, difendendone l’integrità e le ricchezze. Della vicina Abbazia di S. Maria di Val Fu-

cina, probabilmente risalente ai secc. X-XI, rimangono i capitelli della cripta a motivi ge-ometrici e zoomorfi, con simboli dei quattro evangelisti, unica testimonianza dell’antico complesso cenobitico benedettino.Altro insediamento monastico sorto prima come monastero benedettino, poi riformato da San Romualdo, è quello di S. Maria de Rotis, “Roti”, salendo da Braccano lungo il Sentiero Francescano. Nel 1195 si ha la prima notizia di un abate di Santa Maria de Rotis, ma la sua fonda-zione è da ascrivere sicuramente ai secoli precedenti, poiché all’epoca il monastero era già al massimo dello splendore. Meta e transito di pellegrinaggi, posto sulla via tra Matelica e Cingoli, versa oggi in cattive condizioni in un sito di struggente bellezza, vocato naturalmente alla preghiera e all’a-scesi. Posto in alto sulla valle detta “Gola di Jana”, incardina i versanti che scendono da Canfaito e dal Monte Pagliano, in prossimità di una provvidenziale sorgente purissima. Si può raggiungere solo a piedi in circa 30 minuti, lasciando la macchina poco dopo aver passato Braccano: è uno dei luoghi marchigiani in cui l’assoluta mancanza di

insediamenti umani ed il bellissimo scenario naturale danno l’impressione che il tempo si sia fermato all’epoca dei primi insediamenti monastici. Da Roti si diramano alcuni importanti sen-tieri escursionistici che qui trovano le condi-zioni ideali per un tranquillo “campo base”. Braccano e Chigiano sono alcuni dei luoghi rimasti nella storia della Resistenza, legati ad eccidi nazi-fascisti e al sacrificio dei par-tigiani.

L’OFFERTA TURISTICA

Le località di maggiore frequentazione turi-stica sono Pian dell’Elmo e Apiro, servita da strutture ricettive e i Piani di Canfaito, meta abituale per picnic e passeggiate a piedi e a cavallo.Una fitta trama di sentieri, tutti segnati sul terreno, rendono possibili facili escursioni con modesti dislivelli. Solo alcuni, per camminatori più esperti, ri-chiedono più tempo, raggiungendo di solito le cime dei rilievi più alti, come il San Vicino. Il maggiore impegno avrà come premio viste e panorami straordinari, a giro d’orizzonte su tutta la dorsale appenninica fino al mare.

InfoSede:

Comunità Montana Ambito 4Viale Mazzini, 2962027 S. Severino Marche (MC)Tel. 0733 [email protected]: [email protected] www.riservamontesanvicino.it

Comuni del ParcoSan Severino, Matelica, Apiro, Gagliole

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rIserva Naturale reGIONale“rIPa BIaNca DI JesI”

La Riserva Naturale Ripa Bianca di Jesi, in precedenza Oasi WWF dal 1997, istituita nel gennaio del 2003, ha un’estensione di 310,86 ettari; al suo interno è presente l’area didattica-naturalistica “Sergio Romagnoli”, dal nome del naturalista jesino che intrapre-se la battaglia per la sua tutela.

IL TERRITORIO

Situata nel Comune di Jesi (AN), a metà strada tra i parchi regionali del Monte Co-nero e della Gola della Rossa e Frasassi, è attraversata dal corso fiume Esino e rappre-senta una delle più importanti zone umide della regione Marche. Fino agli anni ottanta il sito era ben lonta-no dall’apparire come una zona d’interesse naturalistico: nei pressi dell’area calanchiva era situata la discarica del comune di Jesi e, poco lontano, era attiva la cava di San Bia-gio, che estraeva ghiaia e quindi soggetta a un continuo transito di camion e ruspe; il restante paesaggio era costituito da campi coltivati che arrivavano a ridosso del fiume.Visitare oggi la riserva diventa un esempio tangibile di come dei luoghi fortemente an-tropizzati possano essere recuperati alla natura e quindi assicurare lo svolgimento di importanti “servizi ecosistemici” fondamen-tali anche per il benessere socio-economico delle aree circostanti. Il territorio si estende dalle sponde del fiu-me Esino fino ai versanti delle colline, po-ste sulla riva destra, che sono caratterizzate da particolari forme di erosione del terreno chiamate “calanchi”. La riserva comprende al suo interno quattro differenti ambienti:

quello lacustre, quello fluviale, quello agri-colo e quello dei calanchi.

LA FLORA

La vegetazione ripariale del tratto del fiume Esino che attraversa l’area è oggi costituita da una sottile fascia di alberi e arbusti. La conservazione e il ripristino del bosco riparia-le sono indispensabili non solo per la fauna selvatica che vi trova rifugio e nutrimento, ma per l’opera di depurazione e regolamentazio-ne delle acque che essa naturalmente eser-cita. La vegetazione delle sponde del fiume è caratterizzata da una fascia di salici, nella zona più interna e una fascia arborea nella zona più esterna con salice bianco, pioppo nero e bianco. Diffuse sono le specie alloc-tone, introdotte dall’uomo, come la robinia, l’albero del paradiso e il pioppo cipressino.Sulle rive si sviluppa inoltre una vegetazione tipica delle zone umide e corsi d’acqua con la presenza di canneti di canna domestica colonizzati da specie lianose come il luppo-lo, il vilucchio, la vite selvatica e la vitalba.La parte calanchiva presenta condizioni di vita molto difficili per il manto vegetale. Le piante dei calanchi infatti sono dei veri pio-nieri “colonizzatori” grazie ai loro particolari adattamenti morfologici e biologici. Sulle pareti, la specie più tipica è l’assenzio dei calanchi, resistente alle aspre condizioni ambientali, il grespino dei campi e l’asprag-gine comune mentre sui bordi si rinvengono specie legnose, come biancospini, ginestre, prugnoli e tamerici.Nella parte basale più umida sono spesso presenti l’equiseto massimo, la canna di

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Il Centro Natura offre una vasta gamma di servizi finalizzati alla conservazione, all’e-ducazione ed informazione ambientale e al vivere sostenibile.Esso ospita anche il CEA (Centro di Educa-zione Ambientale) “Sergio Romagnoli” con una sala conferenze, un laboratorio entomo-logico, un laboratorio di esperienza manuale, una sala didattica sull’ambiente fluviale, un acquario e un sistema di videoripresa con te-lecamera posizionata sulla garzaia, oltre ad altre interessanti strutture e servizi.La Stazione Ornitologica “Ripa Bianca” è invece deputata allo studio dell’avifauna nel sistema della media e bassa Vallesina: qui viene infatti effettuato il monitoraggio e il censimento dell’avifauna, sia migratrice che svernante, anche attraverso attività di ina-nellamento.La Stazione Entomologica “Ripa Bianca”, invece si occupa dello studio, della divulga-zione e dell’educazione rispetto all’impor-tantissimo mondo degli insetti e degli altri artropodi. Parte integrante della stessa è l’Area Didattica del Microcosmo.Ripa Bianca è anche fattoria didattica ed attraverso l’area didattica dell’agricoltu-ra sostenibile vengono proposti itinerari e

laboratori tematici legati a lavori, consue-tudini, memorie contadine. In essa sono presenti il vigneto biologico, il frutteto dei sapori dimenticati, il campo dei profumi per la coltivazione di erbe officinali ed aroma-tiche, il pollaio didattico e l’area dei semi-nativi dimenticati dedicata alla coltivazione biologica di cereali e leguminose tradizio-nali. Gli appezzamenti sono intercalati da filari di ulivi, riprendendo l’antica “alberata” marchigiana. L’area adibita ad orto è curata da persone che hanno aderito al progetto di integrazione intergenerazionale e di continu-ità spaziale (Riserva - Città) “Il nonno colti-va: adotta un orto biologico” che mira alla trasmissione di saperi e cultura contadina e che offre la possibilità di coltivare un orto fa-miliare biologico a cittadini residenti a Jesi.La Riserva Naturale “Ripa Bianca di Jesi” è quindi una storia a lieto fine dove volontà ed impegno del WWF Italia, attuale gesto-re dell’area protetta, delle amministrazioni pubbliche e la capacità di riqualificazione ecologica della natura, in poco più di due decenni, hanno consentito di trasformare una discarica di rifiuti in uno scrigno di bio-diversità protetta.

Plinio, la festuca falascona e la tossilaggi-ne comune. La vegetazione che colonizza le acque stagnanti o leggermente fluenti è ca-ratterizzata da elofite, alte erbe con la base immersa in acqua, da vegetazione sommer-sa radicata e da vegetazione flottante. La cava di S. Biagio è stata una profonda ferita del paesaggio operata dall’uomo per estrarre la ghiaia. Da circa venti anni l’attività estrattiva si è conclusa e la natura ha ripreso il sopravvento. La grande depressione che le ruspe avevano scavato è ora ricoperta d’acqua. Il suggestivo laghetto occupa più di 2 ettari e raggiunge una profondità mas-sima di poco superiore ai 4 m. Il bacino e le sponde che lo circondano, oltre ad avere una grande importanza naturalistica, hanno però anche un prezioso valore didattico, perché mostrano la capacità della natura di rimarginare le ferite prodotte dall’uomo.Nella parte agricola dell’area didattica e lungo i sentieri sono state piantumate del-le siepi, che svolgono importanti funzioni: schermante, di frangivento, di alimentazio-ne, di rifugio e nidificazione per la fauna. Le essenze arboree ed arbustive sono state piantumate secondo un criterio funzionale anche alla didattica: si sono realizzate così la siepe dei frutti minori, la siepe delle piante tintorie, la siepe per l’avifauna e la siepe per le farfalle.

LA FAUNA

Il bacino del fiume Esino rappresenta il sito di nidificazione, svernamento ed estivazione di numerose specie di uccelli, con aree ido-nee alla sosta e all’alimentazione dell’avifau-na migratrice. Sono state individuate, tra le specie nidifi-canti, il gheppio, il lodolaio, il fagiano comu-ne, il cuculo, il barbagianni, l’allocco, l’as-siolo, il martin pescatore ed altre.

La Riserva di Ripabianca è però soprattut-to un ambiente veramente privilegiato dagli aironi: di notevole interesse naturalistico è infatti la presenza dell’unica garzaia cen-sita nelle Marche dove nidificano nitticore, garzette, aironi cenerini e tarabusini ai quali si sono aggiunte, negli ultimi anni, le nidi-ficazioni di elevato valore naturalistico ed uniche per la regione Marche, della sgarza ciuffetto, dell’airone guardabuoi e del ma-rangone minore. Solitamente chiassosa, la garzaia si presenta come un grande con-dominio, un luogo straordinario in cui più di 100 coppie di ardeidi nidificano in primavera tra gli alberi del canneto e, dai comodi ca-panni di avvistamento, è possibile ammirarli nella costruzione del nido, in parata nuzia-le, in accoppiamento o mentre imbeccano i piccoli al loro primo volo.Per quanto riguarda rettili e anfibi, in ag-giunta alla presenza delle specie più comu-ni, di particolare interesse è il rinvenimento dell’orbettino, della natrice tassellata e del tritone punteggiato. All’interno dell’area di-dattica “Sergio Romagnoli” sono presenti alcuni individui di testuggine comune (Te-studo hermanni), alla quale è stata dedicata un’area faunistica con fini didattico-conser-vazionistici nell’intento di far conoscere ai visitatori questa interessante specie e quindi contribuire alla sua salvaguardia: la cattura e l’allevamento in cattività di tutte le specie europee di testuggini sono, infatti, vietati dalla legge.

L’OFFERTA TURISTICA

Il Centro Natura della Riserva Naturale Re-gionale Ripa Bianca di Jesi ha sede presso il complesso colonico, localizzato all’interno dell’area didattica “Sergio Romagnoli”, che è stato completamente ristrutturato secon-do moderni criteri di architettura ecologica.

InfoVia Zanibelli, 2 60035 Jesi (An)Tel. e Fax 0731 619213

Segreteria ed Educazione AmbientaleTel. 334 6047703 [email protected] www.riservaripabianca.it

Facebook: Riserva Ripa Bianca

Comune del ParcoJesi

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rIserva Naturale Della seNtINa

Nata il 14 dicembre 2004, la Riserva Natu-rale Regionale Sentina è la più piccola area protetta marchigiana, ma con una grande valenza ambientale.

IL TERRITORIO

Un paesaggio di acqua e sabbia che si sviluppa per circa 180 ettari all’interno del Comune di San Benedetto del Tronto, tra l’abitato di Porto d’Ascoli a Nord e il fiume Tronto a Sud. Lungo la costa adriatica, che si presenta come un susseguirsi di aree ur-banizzate senza quasi soluzione di continu-ità, la Riserva della Sentina costituisce una vera e propria “memoria” del passato ovve-ro di come si presentava il litorale prima del boom economico degli anni ‘60.Il nome “Sentina” deriva proprio dalla sua caratteristica più peculiare, ossia quella di essere la naturale cassa di espansione del fiume Tronto (il principale fiume delle Mar-che), che qui sfocia. Numerosi documen-ti storici testimoniano infatti la presenza di laghi e stagni che nel corso del tempo sono stati prosciugati e bonificati, ma che oggi sono nuovamente presenti grazie ad interventi di ripristino ambientale effettuati dall’area protetta.La Sentina è costituita da ambienti unici come cordoni sabbiosi, zone umide retro-dunali e praterie salmastre che ospitano una ricca e peculiare flora ormai scompar-sa in quasi tutto il litorale adriatico. Nono-stante le ridotte dimensioni, qui sono ospi-tate oltre 400 specie vegetali, che rendono, di fatto, quest’area di eccezionale rilevanza

floristica e biogeografica per l’intero settore centro-meridionale Adriatico italiano.

LA FLORAIl sito oltre ad essere stato individuato dalla Regione Marche come “Area Floristica” fa parte della rete Natura2000 dell’Unione Eu-ropea; è infatti riconosciuta sia come SIC - Sito di Importanza Comunitaria (IT5340001 “Litorale di Porto d’Ascoli”) che come ZPS - Zona a Protezione Speciale (IT5340022 “Litorale di Porto d’Ascoli, la Sentina”), ai sensi delle Direttive Habitat e Uccelli.Tra le specie floristiche più importanti si se-gnalano Salicornia patula, Euphorbia terra-cina, Atriplex portulacoides, Salsola soda,

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Suaeda maritima, Aster tripolium. Lungo i fossi, le sponde e sui terreni argillosi alla-gati nel periodo invernale, compare la can-nuccia di palude, mentre sulle sponde del fiume Tronto si rinvengono diverse specie di salici e il pioppo bianco.

LA FAUNA

Oltre che per la vegetazione, la Riserva Sentina è di notevole importanza anche per l’avifauna, rappresentando uno dei rari punti di sosta per gli uccelli migratori tra il Gargano e il delta del Po; essa è stata in-fatti anche individuata come IBA (Important Bird Area) dall’organizzazione BirdLife In-ternational. Qui sono state censite oltre 180 specie di uccelli, sia migratori che svernan-ti, molti dei quali d’interesse comunitario, oltre che diverse specie di anfibi, rettili, mammiferi e pesci.Tra gli uccelli più interessanti, aventi anche un alto valore simbolico, si annoverano il Cavaliere d’Italia (simbolo della riserva), il fratino, il martin pescatore, la folaga, la gru, la garzetta, la pavoncella, il falco di palude e la calandrella.Più ridotto il numero dei mammiferi che vivono nella riserva a causa sia della for-te pressione antropica che dell’isolamento ecologico dell’area; sono comunque pre-senti diverse specie di pipistrelli, fonda-mentali per il controllo biologico degli in-setti come le zanzare, il riccio, la talpa, la crocidura, la donnola, la faina e l’arvicola. Sono inoltre presenti 5 specie di anfibi e 7 di rettili. Tra le più importanti il rospo sme-raldino localizzato lungo il fosso collettore e nella zona retrodunale in acque dolci e salmastre. Lungo la battigia della riserva si sono verifi-cati episodi di spiaggiamento di tartarughe marine (Caretta caretta) in difficoltà (a cau-

sa di episodi di freddo o ferimenti causati dalle attività di pesca).

L’OFFERTA TURISTICA

Sotto il profilo storico sono interessanti le numerose testimonianze, attestate fin dall’età del Bronzo, tra il quattordicesimo e il tredicesimo secolo a.C., che docu-mentano l’esistenza di scambi commercia-li e culturali tra i Micenei e le popolazioni locali. Vestigia dell’epoca romana sono rappresentate da strutture attribuibili vero-similmente ad edifici e strade della città di Truentum. Ad un periodo relativamente più recente (1543) si attribuisce invece la costruzione della “Torre sul Porto”, recentemente re-staurata, che originariamente era utilizzata per l’avvistamento dei pirati. Notevole è anche il patrimonio edilizio rurale, realizzato

nel 1800 e agli inizi del 1900.La riserva che è visitabile attraverso una rete di percorsi ciclopedonali, si trova sul crocevia tra la ciclovia Adriatica e la ciclo-via Salaria che qui ha inizio per poi dirigersi verso Roma e la sponda del Tirreno. Nella riserva sono inoltre presenti numerose ba-cheche didattiche e 6 altane per le attività di birdwatching che risultano particolarmente utili soprattutto nel periodo delle migrazioni dell’avifauna (primavera ed autunno).La Riserva realizza numerose interessanti iniziative rivolte ad un pubblico variegato, dai bambini agli adulti, dai più esperti del settore naturalistico, a coloro che vogliono scoprire, per la prima volta, questo nuovo mondo. Tali attività, coordinate dal Centro di Educazione Ambientale (C.E.A.) “Torre sul Porto”, vedono la partecipazione ed il fondamentale sostegno delle associazioni ambientaliste che operano a livello locale. Tra le attività svolte si annoverano lezioni nelle scuole, visite guidate per adulti, bam-bini e anche diversamente abili; escursioni di birdwatching, in mare e presso la foce del fiume Tronto con i kayak; eventi di

sensibilizzazione sulle tematiche del mare e delle tartarughe marine; elaborazione di pubblicazioni divulgative e didattiche; rea-lizzazione di progetti educativi continuativi per le scuole di ogni ordine e grado, oltre ad attività di ricerca scientifica. Inoltre è possibile concordare attività specifiche su richiesta degli utenti.

InfoRiserva naturale Regionale SentinaPiazza Cesare Battisti, 163074 San Benedetto del Tronto (AP)Tel. 0735 794278/279Fax 0735 [email protected]: Riserva Naturale Sentina

Ente GestoreComune di San Benedetto del TrontoViale De Gasperi, 12063074 San Benedetto del Tronto (AP)Tel. 0735 7941www.comunesbt.it

Comune del ParcoSan Benedetto del Tronto

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ceNtrI DI eDucaZIONe aMBIeNtaleIl sistema d’Informazione ed Educazione Ambientale (INFeA) delle Marche è costituito da un’articolata rete territoriale formata da 44 Centri la cui attività s’implementa in una logica di rete. Nei parchi e nelle riserve naturali i Centri di Educazione Ambientale (CEA), sono delle importanti realtà che svolgono attività d’informazione, formazione ed educazione ambientale rivolte ai cittadini in genere ed ai giovani delle scuole in particolare. Essi or-ganizzano inoltre viste guidate alla scoperta del territorio avvalendosi di guide qualificate (turistiche, naturalistiche, accompagnatori di media montagna, ecc.).La loro attività definita nell’ambito di un Piano Triennale Regionale di settore, è coordinata dagli stessi enti gestori dei parchi e delle riserve naturali.

CEA Sergio Romagnoli Riserva naturale Ripa BiancaVia Zanibelli, 260035 Jesi (AN)Tel. 0731 [email protected]

CEA Torre sul portoRiserva naturale SentinaLungomare Scipioni, 663074 S. Benedetto del Tronto (AP)Tel. 0735 [email protected]

CEA Furlo e Valle del MetauroRiserva naturale stataleGola del FurloVia Pianacce, 161041 Acqualagna (PU)Tel. 0721 [email protected]

CEA del Parco Sasso Simonee SimoncelloParco naturale regionale Sasso Simone e SimoncelloLoc. Ponte CappucciniPiazza Italia, 261023 Pietrarubbia (PU)Tel. 0722 75350 [email protected]

CEA del Parco del ConeroParco naturale regionaleMonte ConeroVia Peschiera, 30/a60020 Sirolo (AN)Tel. 071 [email protected]

CEA del Parco Gola dellaRossa e di FrasassiParco naturale regionale Gola della Rossa e FrasassiVia Marcellini, 560048 Serra San Quirico (AN)Tel. 0731 [email protected]

CEA della Riserva Naturale Abbadia di FiastraRiserva naturale statale Abbadia di FiastraLoc. Abbadia di Fiastra, 2 62010 Urbisaglia (MC)Tel. 0733 [email protected]

CEA Valle dei Grilli e dell’ElceRiserva naturale Monte San Vicino e Monte CanfaitoVia Casetre, 1962022 Gagliole (MC)Tel. 0737 [email protected]

CEA Torricchio“Renzo Videsott”Riserva Naturale StataleMontagna di TorricchioVia Gioco del Pallone, 5 62032 Camerino (MC) Tel. 0737 [email protected]

Nei Monti Sibillini:

CEA SibillaParco Nazionale Monti SibilliniVilla Curi - Via Trieste, 1563088 Montemonaco (AP)Tel. 0736 [email protected]

CEA dei Due ParchiParchi Nazionali Monti Sibillini e Gran Sasso Monti della LagaFraz. Borgo 63096 Arquata del Tronto (AP)Tel. 0736 [email protected]

CEA Legambiente “Fillide”Parco Nazionale Monti SibilliniVia Indipendenza, 7363857 Amandola (FM)Tel. 0736 [email protected]

CEA Rifugio di CupiParco Nazionale Monti SibilliniLoc. Cupi di Visso - Via Piana, 162039 Visso (MC)Tel. 0737 [email protected]

CEA Credia WWFParco Nazionale Monti SibilliniC.da Vallato snc62026 San Ginesio (MC)Tel. 0733 [email protected]

CEA di MontegalloParco Nazionale Monti SibilliniFraz. Balzo - Via A. Caro, 1563094 Montegallo (AP)Tel. 340 [email protected]

CEA Vallenatura diCessapalomboParco Nazionale Monti SibilliniC.da Fonte Girata, 362020 Cessapalombo (MC) Tel. 338 [email protected]

CEA Valle del FiastroneParco Nazionale Monti SibilliniVia Del Lago, 562035 Fiastra (MC)Tel. 0737 [email protected]

I CEA NEI PARChI E NELLE RISERVE NATURALI

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INDICE

pag.

I PARChI E LE RISERVE NATURALI 3NELLE MARChE

Parco Nazionale dei Monti Sibillini 7Il territorioLa flora La faunaStoria e culturaL’offerta turistica

Parco Nazionale del Gran Sasso 13e dei Monti della Laga Il territorioLa floraLa faunaL’offerta turistica

Parco Naturale Regionale 17Monte San BartoloIl territorioLa floraLa faunaL’offerta turistica

Parco Naturale Interregionale 21del Sasso Simone e Simoncello Il territorio - Storia e CulturaLa floraLa faunaL’offerta turistica

Parco Naturale Regionale 27del Monte Conero Il territorio - Storia e CulturaLa floraLa faunaL’offerta turistica

Parco Naturale Regionale 31della Gola della Rossa e Frasassi Il territorioLa naturaL’offerta turistica

pag.

Riserva Naturale Abbadia di Fiastra 37Il territorio - Storia e CulturaLa naturaL’offerta turistica

Riserva Naturale Statale 41Gola del Furlo Il territorio - Storia e CulturaLa floraLa faunaL’offerta turistica

Riserva Naturale 44Montagna di TorricchioIl territorioLa natura

Riserva Naturale Regionale del 47Monte San Vicino e del Monte CanfaitoIl territorioLa floraLa faunaStoria e culturaL’offerta turistica

Riserva Naturale Regionale 51“Ripa Bianca di Jesi”Il territorioLa floraLa faunaL’offerta turistica

Riserva Naturale della Sentina 55Il territorioLa floraLa faunaL’offerta turistica

Centri di Educazione Ambientale 60I CEA nei parchi e nelle riserve naturali

Distribuzione gratutita, Edizione 2013

URBINO

EMILIA ROMAGNA

TOSCANA

UMBRIA

LAZIOABRUZZO

PESARO

ANCONA

ASCOLI PICENO

FERMO

MACERATA

1. Parco Nazionale dei Monti Sibillini 2. Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga 3. Parco Naturale Regionale del Conero 4. Parco Naturale Regionale del Monte San Bartolo 5. Parco Naturale Interregionale del Sasso Simone e Simoncello 6. Parco Naturale Regionale della Gola della Rossa e di Frasassi 7. Riserva Naturale Statale Montagna di Torricchio 8. Riserva Naturale Statale Abbadia di Fiastra 9. Riserva Naturale Statale Gola del Furlo10. Riserva Naturale Regionale Ripa Bianca11. Riserva Naturale Regionale Sentina12. Riserva Naturale Regionale del Monte San Vicino e Monte Canfaito

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17

8

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12

6

2

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Visso

Arquata del Tronto

Carpegna

Serra San Quirico

Acqualagna

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SiroloJesi

Abbadiadi Fiastra

Camerino

San SeverinoMarche

San Benedettodel Tronto

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