Panificazione&Pasticceria n. 101 Marzo Aprile 2012

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BIMESTRALE ITALIANO DI INFORMAZIONE PROFESSIONALE TECNICA ED ECONOMICA Marzo/Aprile 2012 Euro 6,00 - Contiene I.P. 101 Benvenuto Giancarlo! La nostra squadra si arricchisce ancora!

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Il numero di Marzo Arile 2012 di anificazione&Pasticceria

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BIMESTRALE ITALIANO DI INFORMAZIONE PROFESSIONALE TECNICA ED ECONOMICA

Marzo/Aprile 2012Euro 6,00 - Contiene I.P.

101

Benvenuto Giancarlo!La nostra squadra si arricchisce ancora!

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2 MARZO/APRILE 2012

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ISSN 1590-1726Autorizzazione Tribunale di Bologna

n.6530 del 13 Febbraio 1996Poste italiane s.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003

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Gli autori sono i soli responsabili delle opinioni espresse.DMP srl Editore

Eccoci qui: smaltiti i festeggiamenti per il numero 100, torniamo sulla terra con la vostra rivista professionale di riferimento … P&P Panificazione&Pasticceria – la rivista indipendente di settore con la maggiore tiratura nazionale!Prima di tutto, dato che lo avete già visto in copertina, lasciateci dare il benvenuto a Giancarlo De Rosa che ‘debutta’ su questo numero di P&P con due ricette, ma dandovi subito appuntamento ai prossimi numeri per articoli, proposte, suggerimenti e (perché no) provocazioni. Grazie per avere accettato il nostro invito!In questo 2012 stiamo seguendo l’evoluzione generale dei settori che riguardano le filiere del pane, della pasticceria, della pasta. Molte sono le novità che vengono via via introdotte sia a livello nazionale che europeo e quindi ci è sembrato giusto chiedere all’on. Paolo De Castro di riassumere per P&P le linee di sviluppo che ci si possono attendere nei prossimi mesi. Perché va bene la crisi, ma scoraggiarsi, o peggio arrendersi, quello mai.Anche perché secondo una recentissima indagine di Fiesa Confesercenti gli italiani continuano a mangiare pane, anche se il consumo quotidiano è in lieve calo: quello che non diminuisce affatto è il numero dei consumatori – oltre il 90% di noi mangia pane fresco tutti i giorni!Un altro settore ‘very hot’ è quello della pasta fresca. La sfoglia tradizionale – di cui ci occupiamo grazie ad un articolo degli amici e colleghi di Pasta&Pastai – conquista sempre più favori e contribuisce quindi alla creazione di nuovi segmenti di vendita e di nuovi posti di lavoro: anche se rimane ancora da affrontare il problema dell’inquadramento professionale delle sfogline.Un ultima citazione prima di lasciarvi a consumare tranquillamente le nostre pagine: anche l’occhio vuole la sua parte, si sa. Uno slogan che è profondamente condiviso dal Salon du Chocolat, la manifestazione itinerante dedicata al cibo degli dei che di recente è arrivato a Zurigo: andate a vedere le foto che corredano l’articolo, e capirete perché!

Buon … appetito e buona lettura a tutti!

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/ SOMMARIO

3MARZO/APRILE 2012

som

mar

io

ATTUALITÀFare tesoro delle esperienze vincenti 710 anni di sicurezza alimentare 11Nuove etichette: prosegue l’iter 15Prezzi, pane e pasta in aumento 1735 milioni all’anno per la celiachia ‘presunta’ 18

PANEEuropain e SuccesFood la rivoluzione alla francese 22Pane&cioccolato a colazione 26Meno pane, ma per tutti 27Pane azzimo 30Quattro idee sul farro 31“Senatore Cappelli”: il grano che ha una storia 33Cremosa alla menta fresca in pasta frolla Senatore Cappelli 35Ricetta di Fabrizio NistriFiloncino spaccato (o ‘leggerino’) 38Rosetta o Soffiata 39Ricette di Giancarlo De RosaNasce Grangusto per un pane dal profumo e 40sapore inconfondibili! Uno staff a tutto … gas! 41Pane ai cereali 44

PASTICCERIA Ciambelline al limoncello 45 Ciambelline al vino rosso e nocciole 46Ricette di Fabio AlbanesiIl campionato di cake design 47Più cioccolato meno peso 52Gami è cioccolato 53Grissone ai semi con verdure e tacchino Chiquita® Muffin alla ciliegia e banana:da Wolf gusto e qualità a tutte le ore 54Crispearls™ alla Fragola: la nuova primavera Callebaut 55Bellezze al cioccolato 56Dolcissime evoluzioni 60

PASTA “Sfoglina, un mestiere che va riconosciuto” 61(in collaborazione con Pasta&Pastai)Turchia, boom della produzione di pasta 64Leggi le lasagne, mangia il libro! 65

ENOGASTRONOMIA Arrivano in Italia i Waffle di McCain 66Carpigiani tra Museo e Alma Mater 67Circiello ‘cucina’ Porta a Porta 69Insalata di baccalà 70Sandwich di tonno 71Triglie fritte in zucchero 72Frittura non frittura 72Ricette di Alessandro CircielloMolino Grassi per la ristorazione 73Cambiano i consumi di vino nella Gdo: prezzo e qualità 74Banchetti letterari 79

rubricheNel nostro menù 2Editoriale 5Indice aziende 80

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/ TRA NOI 2

5MARZO/APRILE 2012

Dello scorso numero di P&P sono state diffuse tramite posta 15.000 copie, come si può rilevare dal libretto di abbonamento postale qui pubblicato.

La tiratura di questo numero di P&P è di circa 15.000 copie; nel prossimo numero pubblicheremo i dati relativi alla diffusione.

Libretto Postale

Nel momento in cui stiamo preparando questo nostro editoriale, ancora i responsabili dei tre più grandi nostri partiti politici non hanno deciso come modificare il sistema di finanziamento pubbli-co (soldi nostri) per i partiti.A noi, e crediamo anche a molti di voi lettori, farebbe probabil-mente anzi sicuramente più piacere, che se invece di cercare un sistema diverso per lucrare, decidessero finalmente di abolire questo balzello che sino ad oggi è servito a mille scopi nessuno dei quali “sociale”.Arrivati al punto in cui bisogna obbligatoriamente, non per nostra colpa, stringere la cinghia, perché non ipotizziamo di eliminare non il 5 o il 10% di parlamentari e senatori, arrivando a togliere una delle due camere e mantenendo solo un 20% di rappresen-tanti del popolo, consentendo a tutti gli altri di cessare finalmente di sacrificarsi per il benessere della nazione, della patria, del popolo, dei lavoratori ecc.??Sarebbe bello vivere in questo paese di utopia, ma sicuramente i responsabili del benessere (più loro che nostro) non saranno disponibili a non continuare in maniera masochistica a sacrificarsi “per noi” ovviamente a spese nostre.Quanto oggi sta accadendo in tutto il mondo occidentale non possiamo addebitarlo ad una persona o ad un evento particolare, ma è la somma di tante situazioni che nel corso degli ultimi ses-santa anni ci hanno lentamente ma inesorabilmente portati verso questo momento di difficile comprensione ed ancor più difficile soluzione.

La cura del governo tecnico sta ogni giorno di più somigliando alla cura del tumore fatta con due aspirine: auguriamoci che abbiano la capacità di decidere anche in maniera fortemente impopolare verso tutti, verso cioè il mondo del lavoro in tutte le sue compo-nenti e soprattutto verso la politica con tutti i suoi costi assurdi.Noi come voi continueremo comunque a lavorare sperando che qualcosa cambi, anche se la disgrazia maggiore, e cioè la rasse-gnazione, comincia a presentarsi.

… Ancora Buon Lavoro a Tutti!!!

Speriamo che...

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/ ATTUALITÀ

7MARZO/APRILE 2012

Intervista all’ex ministro Paolo De Castro: l’agroalimentare italiano si è rafforzato nel 2011, ora è necessario ‘fare sistema’ per cogliere l’opportunità dei nuovi mercati e della riforma della Pac

Un anno di passaggio, un anno di crisi, un anno che sicuramente sta dando all’Italia tante ragioni per essere ricordato; purtroppo, non sono tutte ragioni positive, anzi.Ma nella crisi che sta colpendo duramente l’economia italiana, il settore agroalimentare continua con fatica ad essere l’unico o quasi a dare segni di vita ‘positiva’ nel difficile quadro dell’economia italiana. Abbiamo chiesto all’on. Paolo De Castro, ex ministro dell’Agricoltura ed attualmente presdiente della commissione agricoltura del Parlamento europeo di disegnare per i nsotri lettori un rapido, ma accurato quadro della situazione e di indicare alcune delle soluzioni che possono confermare il trend positivo del settore, particolarmente per quanto riguarda le esportazioni.

Fare tesoro delle esperienze

vincentiPrima di tutto, l’outlook del settore agroalimentare italiano in questo 2012 sia per quanto riguarda il mercato interno … che le prospettive di crescita dell’export. Gli ultimi dati dell'Eurostat sui redditi reali degli agricoltori europei che, nell'anno appena trascorso, vedono il nostro Paese invertire la tendenza negativa con un +11,4% (rispetto al 2010 in cui l'Italia aveva perso oltre il 25%), ci lasciano guardare al futuro con moderato ottimismo. Certamente, lo scenario attuale connotato da mercati incerti e da un’estrema volatilità dei prezzi agricoli mai così sperimentata per intensità e durata, sono preoccupanti e non ci devono fare abbassare la guardia. Ecco perché, sono convinto che la prossima riforma della Pac sia un'enorme opportunità per delineare un futuro migliore è più certo per i nostri agricoltori. In merito alle esportazioni, infine, il settore agroalimentare ha sempre rappresentato un punto di forza all'interno del sistema economico nazionale. E' necessario far tesoro delle esperienze vincenti, lavorando su crescita dimensionale e organizzativa per incrementare le prospettive di crescita di tutti i prodotti agroalimentari.

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/ ATTUALITÀ

8 MARZO/APRILE 2012

Quali sono le ‘parole d’ordine’ che dovrebbero ispirare i produttori italiani alla ricerca di nuovi e più grandi mercati? Organizzazione e internazionalizzazione. Sono queste le parole d'ordine che devono seguire i produttori italiani per trasformare in reddito le enormi potenzialità produttive che fanno della nostra offerta agroalimentare una delle più apprezzate al mondo in termini distintivi e qualitativi. Un'offerta che, rispetto ai nostri partners internazionali, sconta però ritardi dovuti a limiti del tessuto produttivo spesso polverizzato e non adeguatamente organizzato. Oltre i confini nazionali c'è una domanda di cibo e un'attenzione agli aspetti qualitativi alimentari in fortissima crescita. Soltanto attraverso politiche e sforzi volti al consolidamento del tessuto produttivo e della sua organizzazione, saremo in grado di valorizzarla adeguatamente.

Quali invece gli input principali – legislazione, regolamenti, ma anche R&D – che giungono al settore dall’Unione Europea? L'Unione Europea è un enorme spazio di opportunità per cittadini e imprese. Per sfruttarle, occorre conoscerne i meccanismi e guardare ad essa con fiducia e senza diffidenza. Tutto ciò, è particolarmente vero e importante per l'attività primaria che, attraverso la politica agricola comune, vede nell'Europa il suo principale interlocutore decisionale e finanziario. Del resto, quando parliamo della Pac, non dobbiamo mai dimenticare che ci riferiamo alla più grande politica economica attuata dall'Unione Europea nei suoi oltre cinquanta anni di storia.

La riforma della Pac ha suscitato polemiche e discussioni. A suo parere si tratta di una riforma che favorisce o penalizza la cerealicoltura in Italia? La prossima riforma della Pac, deve essere inquadrata in un contesto completamente inedito rispetto al passato. Ritornano anche nelle aree sviluppate le paure della food security e della scarsità. I mercati sono affetti da una volatilità destinata a divenire nel futuro un fenomeno sistematico, il nostro sistema di offerta alimentare verrà messo duramente alla prova nei prossimi anni anche per effetto delle emergenze ambientali. Rispetto a tali sfide, le oltre 600 pagine che compongono le proposte di regolamento presentate dall'esecutivo UE lo scorso anno, sembrano essere ancora lontane. Ciò vale per tutti i principali comparti dell’agricoltura europea, cerealicoltura inclusa.

Nei prossimi mesi, dovremo lavorare innanzitutto sulla necessità di promuovere la produzione in modo da aggiornare i contenuti della riforma alle mutate condizioni dello scenario. Gli sforzi dovranno essere orientati anche ad una maggiore flessibilità e semplicità della procedure, così come all'introduzione di misure per affrontare gli stati di crisi che, purtroppo, hanno caratterizzato negativamente mercati e settori negli ultimi anni.

Chi è Paolo De Castro

Paolo De Castro - San Pietro Verno-tico (Br), 2 febbraio 1958 - è un politi-co, economista e agronomo italiano. Parlamentare europeo, presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale, svolge la professione di docente universitario di ruolo ordinario presso l'Università degli Studi di Bologna.Nato da una famiglia di imprenditori agricoli, ha avuto modo sin dalla fanciullezza di osservare da vicino il mondo dell'agricoltu-ra del Salento. Dalla coltivazione della vite all'olivo, dal tabacco al cotone, quella che in adolescenza era una semplice passione nell'analisi dei sistemi di coltivazione è maturata con il passare del tempo, fino a divenire un'autentica professione nell'ambito dell'economia italiana ed europea. È stato consigliere economico a Palazzo Chigi con Romano Prodi e special advisor del Presiden-te della Commissione Europea guidata da Prodi. Ha ricoperto la carica di ministro dell’Agricoltura nei governi D’Alema ed è stato direttore di Nomisma, prestigioso istituto di ricerca bolognese.

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/ ATTUALITÀ

9MARZO/APRILE 2012

La meccanica alimentare italiana si è distinta nel corso degli anni per la capacità di innovare, di progettare e realizzare macchine efficienti ed affidabili. I nostri operatori hanno saputo raggiungere mercati anche lontani partendo da dimensioni spesso ridotte. Regge ancora questo approccio o è sempre più necessario ‘fare sistema’ perché le dimensioni dei principali mercati emergenti (Cina, India …) sono ‘impossibili’ per delle Pmi? Nel momento in cui sono una delle principali fonti di innovazione tecnologica dell’agricoltura europea, le imprese di meccanizzazione rappresentano un anello fondamentale della filiera. Purtroppo, l'eccessiva frammentazione e diversificazione del nostro sistema, impone la necessità di ricercare nuove forme di aggregazione dell’offerta.

Un approccio, che, come accennato in precedenza, dovrà essere necessariamente accompagnato da maggiori sforzi sotto il profilo organizzativo, necessari a garantire la competitività del settore primario sui mercati internazionali.

Parliamo di qualità: siamo bravissimi nelle denominazioni di qualità, ma lo siamo altrettanto nel promuovere sul mercato il vantaggio competitivo che queste ‘garanzie’ dovrebbero assicurare ai nostri prodotti? O, per metterla in modo più terra terra, siamo ad esempio in grado di spiegare a un pubblico cinese che differenza c’è tra una pizza Stg e una pizza surgelata ‘made in China’? Come detto prima, sfruttare le opportunità del mercato globale e di una domanda alimentare in continua crescita e sempre più orientata verso cibi ad elevato

contenuto qualitativo, vuol dire trasformare in reddito le enormi potenzialità del nostro patrimonio produttivo. In tale ambito, le nuove norme che l'Europa si appresta a varare in materia di qualità dei prodotti agroalimentari, così come il Libro Verde sulla qualità, rappresentano importanti novità. Una serie di proposte per l'introduzione di una politica di qualità finalizzata ad aiutare gli agricoltori a comunicare meglio le caratteristiche qualitative dei prodotti e a garantire maggiore trasparenza per i consumatori. Il tutto, senza perdere di vista la necessità di migliorare l'offerta sotto il profilo strutturale e organizzativo, condizione imprescindibile per avviare un processo di valorizzazione delle produzioni agroalimentari Made in Italy che sia vincente sui mercati.

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/ ATTUALITÀ

10 MARZO/APRILE 2012

Quali sono secondo Lei le filiere di prodotto a maggiore potenzialità di crescita, per quanto riguarda il made in Italy, nei prossimi mesi? Le 240 produzioni agroalimentari italiane certificate secondo il sistema comunitario dei prodotti di qualità, oltre a testimoniare la leadership indiscussa del nostro Paese, sono espressione di un'offerta produttiva di qualità differenziata e variegata. Sono quindi dell'avviso che la maggior parte delle filiere che compongono il nostro sistema agroalimentare abbia potenzialità di crescita e sviluppo competitivo sui mercati. Certamente, ci sono alcuni settori che possono essere presi ad esempio per il percorso che hanno intrapreso negli ultimi decenni come ad esempio il vino, l'olio, i formaggi, i prodotti a base di carne, la pasta, solo per citarne alcuni dei tantissimi.

Sicurezza alimentare: quali le sfide più importanti (con particolare riguardo alla filiera del grano) e quale il ruolo dell’Autorità di Parma in questo contesto? In materia di sicurezza alimentare, l'Europa dispone di un sistema di regole e di standards unico al mondo il cui braccio operativo e rappresentato dall'Authority avente sede a Parma. Certamente su tale tema, è opportuno far valere in sede internazionale il principio della reciprocità delle regole commerciali secondo il quale, anche i paesi dai quali importiamo prodotti alimentari, devono sottostare agli standards europei in materia di salubrità e sicurezza degli alimenti. L’attenzione a questo tema è fondamentale per evitare che gli sforzi europei, i nostri sforzi, in tema di sicurezza alimentare vengano vanificati da un mercato incapace di riconoscere

i valori sociali incorporati nei beni alimentari. È necessario ridurre gli impatti distorsivi derivanti dalla possibilità che player al di fuori del sistema di regole comunitario, possano tradurre i minori vincoli, cui sono sottoposti, in maggiori vantaggi competitivi. Un elemento, quest’ultimo, sul quale il Parlamento Europeo e, nello specifico la commissione agricoltura che ho l'onore di presiedere, si è mostrato sensibile in più di un'occasione e continuerà ad esserlo nel prossimo futuro, facendo valere la propria voce nelle opportune sedi.

Infine, il difficile capitolo delle ‘imitazioni’: come tutelare il made in Italy ed i suoi simboli, pane e pasta prima di tutto, sia a livello nazionale sia sui mercati internazionali?La tutela dei consumatori e la lotta alle contraffazioni rappresentano una delle principali priorità che le scelte di politica agricola, siano esse nazionali o comunitarie, devono perseguire. Occorrono strumenti tesi al rafforzamento dell’azione di contrasto alle contraffazioni e alle frodi alimentari che, al tempo stesso, sappiano fornire assistenza e sostegno legale alle imprese contro le falsificazioni e l’uso improprio di marchi commerciali. Lo sforzo politico deve essere orientato anche al superamento della frammentazione delle iniziative, alla definizione di una progettazione organica con il coinvolgimento di tutti gli attori. Solo in tal modo si potranno ottenere risultati tangibili e raggiungere traguardi significativi a sostegno della sicurezza alimentare dei consumatori e della valorizzazione e tutela delle produzioni agroalimentari.

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/ ATTUALITÀ

11MARZO/APRILE 2012

10 anni di sicurezza alimentare

Sin dal 2002 l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), con sede a Parma, ha avuto un ruolo chiave nella valutazione dei rischi, da parte dell’Unione europea (Ue), associati alla sicurezza di alimenti e mangimi. L’Efsa è fortemente tesa all’eccellenza ed è riconosciuta come l’organismo europeo di riferimento per la valutazione del rischio in merito ad alimenti e mangimi, nutrizione e salute di animali e piante. John Dalli, commissario europeo per la Salute e la politica dei consumatori ha dichiarato: “La credibilità e l’eccellenza dell’Efsa in campo scientifico sono oggi riconosciute sulla scena mondiale. Dati scientifici affidabili sono fondamentali per l’attuazione di buone politiche. L’Efsa ha condotto importanti lavori di valutazione del rischio e sono fiducioso che continuerà a ben operare fondandosi sui risultati ottenuti negli ultimi 10 anni.

L’impegno dell’Efsa a garantire la sicurezza degli alimenti europei: dal 2002 un successo in crescita

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/ ATTUALITÀ

12 MARZO/APRILE 2012

E’ nostra ambizione continuare ad assicurare che gli alimenti che i nostri cittadini consumano rispettino i più alti standard di sicurezza”.“Il mondo è cambiato da quando è stata creata l’Efsa, e anche l’Efsa sta cambiando”, ha dichiarato Catherine Geslain-Lanéelle (foto), Direttore esecutivo dell’Efsa. “L’Efsa ha attuato una riorganizzazione interna sia per sostenere la sua strategia scientifica per il periodo 2012 - 2016 sia per evolvere parallelamente al panorama della valutazione del rischio che ha contribuito a configurare. Queste riforme consentiranno all’Autorità di essere il più possibile flessibile e reattiva alle esigenze della gestione del rischio continuando, al tempo stesso, a proteggere i consumatori europei”.Per dare un’idea del lavoro dell’Agenzia, ricordiamo che negli ultimi 10 anni l’Efsa ha tra l’altro valutato più di 3 000 indicazioni nutrizionali sulla salute, mettendo a disposizione la base scientifica per proteggere i consumatori europei da etichettature e pubblicità di prodotti alimentari potenzialmente ingannevoli; sottoposto a nuova valutazione la maggior parte dei coloranti alimentari attualmente approvati sul mercato dell’Ue nel corso del processo di valutazione, tuttora in corso, di tutti gli additivi alimentari; analizzato ogni anno, in tutto il territorio dell’Ue, i dati desunti da ispezioni su casi di zoonosi e resistenza agli

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/ ATTUALITÀ

13MARZO/APRILE 2012

antimicrobici negli animali e negli alimenti, nonché l’esposizione dei consumatori ai residui di pesticidi.Per celebrare il decimo ‘compleanno’, l’Efsa ha pubblicato una sezione dedicata sul suo sito web (http://www.efsa.europa.eu/it), fornendo esempi concreti del lavoro da essa svolto negli ultimi 10 anni e dando informazioni sugli eventi in programma. La sezione sarà aggiornata nel corso dell’anno. L’Efsa nacque a gennaio del 2002, quando il Consiglio dei ministri e il Parlamento europeo ne decisero, su proposta della Commissione, l’istituzione dell’Efsa, nel quadro di un programma globale volto a migliorare la sicurezza alimentare nell’Ue, assicurare un elevato livello di protezione dei consumatori e ripristinare e mantenere la fiducia degli stessi nelle forniture alimentari dell’Ue.L’Efsa, in qualità di organismo incaricato della valutazione del rischio, elabora pareri scientifici e consulenza specialistica per fornire un solido fondamento all’attività legislativa e alla definizione delle politiche in Europa e per consentire alla Commissione europea, al Parlamento europeo e agli Stati membri dell’Ue di assumere decisioni tempestive ed efficaci nella gestione del rischio.

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/ ATTUALITÀ

15MARZO/APRILE 2012

Nuove etichette,prosegue l’iter

Il 21 marzo la Commissione Ambiente, Sanità Pubblica e Sicurezza alimentare (Envi) del Parlamento europeo ha adottato la lista degli 'health claims', le dichiarazioni sulla salute che potranno essere inserite nelle etichette degli alimenti. Il Parlamento ha però disapprovato il metodo di lavoro della Commissione.Il regolamento (CE) n. 1924/06 aveva infatti affidato alla Commissione europea il compito di proporre al Parlamento un registro delle indicazioni che fossero “basate su prove scientifiche generalmente accettate” con l’obiettivo di descrivere ruolo di una sostanza nutritiva, o di altro tipo, per la crescita, sviluppo e funzioni

Il Parlamento europeo ammette la lista 'ristretta' di health claim, ma disapprova il metodo di lavoro

dell’organismo; o funzioni psicologiche e comportamentali; o dimagrimento o controllo del peso, oppure riduzione dello stimolo della fame o maggiore senso di sazietà o la riduzione dell'energia apportata dal regime alimentare (art. 13).

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16 MARZO/APRILE 2012

Lo scopo è quello di rendere possibile ai consumatori conoscere le virtù di alcuni cibi e orientare le proprie scelte di acquisto tenendo in considerazione le proprie esigenze e sensibilità individuali; allo stesso tempo, agli operatori è data la possibilità, nell'informazione commerciale, di illustrare le prerogative “salutistiche” dei prodotti.Ma la Commissione, in corso d'opera, ha cambiato le regole del gioco. Il ‘governo’ della Ue ha infatti disposto (regolamento CE n. 353/08) che la prova scientifica generalmente accettata dovesse corrispondere a test clinici in “doppio cieco contro placebo” su individui sani, oggetto di pubblicazioni con elevato impatto. Un criterio imprevedibile per chi aveva presentato i dossier un paio d'anni prima, e soprattutto una prova molto costosa (1 milione di € circa, tra prove cliniche e pubblicazioni). Il risultato? Il 95% dei claim consolidati è stata respinta. Respinte anche doti che sembrano inconfutabili, come l’aiuto al transito intestinale per le prugne secche oppure il sonno favorito dalla camomilla. Il Parlamento europeo non l’ha presa bene. Il dibattito in Commissione è stato acceso, i deputati hanno denunciato le carenze del processo di valutazione dei claim e la sproporzione dell'approccio parafarmaceutico rispetto alle caratteristiche degli alimenti. Alla fine è stata approvata la minilista, quasi totalmente dedicata a vitamine e sali minerali, con 37 voti a favore, 22 contro e 1 astenuto. La lista della prima serie dei claim ammessi andrà in Gazzetta Ufficiale dopo il 27 aprile.

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Prezzi, pane e pasta in aumentoI dati Istat di marzo rilevano una sensibile crescita anche per zucchero e caffè

Gran balzo in avanti per i prezzi al consumo di zucchero e caffè, che hanno trainato il ‘carrello’ della spesa degli italiani, dove si mettono in luce (negativa) anche i prezzi di pane e pasta. Lo rileva l'Istat, diffondendo le stime preliminari relative all'inflazione di marzo.Nell'ambito degli alimentari lavorati, come accennato è rilevante l'aumento su base mensile dei prezzi del pane e della pasta (per entrambi + 0,3%), che crescono su base annua rispettivamente del 2,7% e del 2,4%. Continuano ad aumentare i prezzi del caffè (+ 0,6%, + 12,8% rispetto a marzo 2011) e dello zucchero (+ 0,3%, + 12,5% su base annua). Infine, si segnala il rialzo congiunturale del prezzo del vino (+ 0,5%), in crescita su base annua del 3,5%.Con riferimento agli alimentari non lavorati, il calo congiunturale dei prezzi è principalmente imputabile alla diminuzione dei prezzi dei vegetali freschi (- 2,4%, + 0,1% in termini tendenziali). Diminuzioni su base mensile più moderate si rilevano per i prezzi delle patate (- 0,7%), in flessione anche su base annua (- 4,4%) e per i prezzi del pesce fresco di mare di pescata (- 1,3%, + 2,5% in termini tendenziali). Nello stesso comparto, infine, si segnala l'aumento congiunturale dello 0,8% dei prezzi della frutta fresca, in diminuzione in termini tendenziali del 3,8%.

Fonte: AGI

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35 milioni l’annoper la celiachia ‘presunta’

Il recente caso della donna di Barletta deceduta a causa di un medicinale sbagliato acquistato su Internet mentre svolgeva un test contro la celiachia presso una struttura ‘medica’ pare non autorizzata ha riportato d’attualità il tema della celiachia, ma anche le ‘esagerazioni’ che fin troppo spesso accompagnano le presunte diagnosi di questa malattia.Già i sintomi della celiachia sono, in effetti, un po’ troppo vaghi per essere imputati con precisione alla malattia celiaca: dolori o gonfiori addominali, stanchezza, difficoltà di concentrazione. Moltissimi incolpano i cibi dei loro disturbi e, secondo le stime dell'Associazione Italiana Celiachia (Aic), sono circa un milione gli italiani che si sono convinti di soffrire di una ipersensibilità al glutine e ogni anno spendono circa 35 milioni di euro di prodotti senza glutine non necessari.

Diete e alimenti senza glutine sono in grande crescita, ma a volte non servono. E il caso della persona morta a Barletta dimostra i rischi di un approccio superficiale

“Il beneficio di questi alimenti rispetto ai sintomi o alla cosiddetta ‘falsa celiachia’ spesso auto diagnosticata è discutibile” sostiene la Presidente AIC, Elisabetta Tosi, intervistata dalla

Rai. “Inoltre questa moda del momento può diventare causa di mancate diagnosi: sottoponendosi a una dieta di esclusione fai da te c'è infatti il rischio di non diagnosticare adeguatamente casi

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di vera celiachia.” Inoltre, sono fin troppo numerosi i non celiaci che acquistano i prodotti senza glutine, molto più cari di quelli normali, ritenendoli (a torto) più sani o dimagranti: a ricordarlo i relatori del recente Congresso Internazionale “Le Nuove Frontiere della Celiachia: un Aggiornamento dalla Ricerca di Base a quella Clinica”, organizzato dall'Aic a Firenze. “Il business della falsa celiachia ha iniziato a diffondersi quando, circa un anno fa, uno studio italoamericano ha rivelato l'esistenza di una forma di sensibilità al glutine diversa dalla celiachia, che è però ancora tutta da studiare e verificare”, spiega Adriano Pucci, presidente della Fondazione Celiachia. Questa sindrome provoca sintomi simili a quelli della celiachia, come dolori o gonfiori addominali, ma senza che siano presenti segni oggettivi della malattia. “L’errata convinzione che la dieta senza glutine sia benefica per tutti porta all'idea che la stessa celiachia sia una condizione alimentare scelta dal consumatore”, osserva Tosi. In Italia la dieta senza glutine per i celiaci è sostenuta dal Sistema Sanitario Nazionale perché la celiachia è considerata una vera e propria malattia che, in mancanza di una stretta dieta senza glutine, può avere serie conseguenze sulla salute che vanno dal malassorbimento di nutrienti essenziali all'infertilità, dalle malattie autoimmuni all'osteoporosi”.Attenzione alle autodiagnosi – e a quelle forse un po’ superficiali: celiachia e sensibilità al glutine sono cose ben diverse e la seconda non sembra associata ad alcuno dei gravi effetti della prima. Attenzione anche a sottoporsi alla dieta di esclusione senza controllo medico, saltando i necessari accertamenti diagnostici per verificare l’esistenza della vera celiachia. “Poiché questa nuova malattia si basa solo sulle sensazioni del paziente è necessario che ad occuparsene siano gli specialisti e non i pazienti stessi che, pensando di mettersi al riparo, comprano alimenti senza glutine alimentando un business ormai milionario”, conclude Tosi.La dieta di esclusione è una terapia complessa e molto più difficile da seguire di quanto si possa pensare.“L'alimentazione di esclusione è tuttora l'unica ‘terapia’ per la celiachia ed è perciò molto importante che i pazienti la seguano per evitare un peggioramento dei sintomi”, spiega Cleto Corposanto, Responsabile dell'Osservatorio AIC. “Si tratta però indubbiamente di un regime alimentare che richiede un certo impegno, perché procurarsi prodotti privi di glutine costa e quando si mangia fuori casa in alcuni casi può essere complicato trovare cibi per celiaci. La difficoltà nel seguire la dieta senza glutine è perciò molto sentita dai pazienti, che nel 60 per cento dei casi fanno almeno occasionalmente uno strappo alle regole: l'indagine mostra che quasi la metà dei celiaci ritiene molto

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complicato non trasgredire, per il 35 per cento si tratta di un regime alimentare troppo rigido e uno su quattro si è stufato di seguire la dieta. Il 15 per cento pensa che infrangere le regole ogni tanto non crei problemi e il 12 per cento trasgredisce perché pensa che mangiare assieme ad altri sia più importante che seguire la dieta; solo un celiaco su dieci però crede che mangiare cibi con glutine non sia pericoloso o lo fa per capire se realmente può esserlo; infine, appena il 4 per cento dei pazienti mangia alimenti proibiti per puro piacere personale o per nascondere la malattia”.Il 60% dei pazienti ‘trasgressori’ lo fa una sola volta al mese, ma in un terzo dei casi i cibi proibiti arrivano in tavola alcune volte al mese e nel 7% molte volte. Particolarmente ‘tentatrici’ le cene al ristorante con familiari o amici (30 per cento), i viaggi in compagnia (27 per cento), le serate a casa di amici (25 per cento) o una pausa al bar chiacchierando con qualcuno (15 per cento); solo l'11 per cento trasgredisce a casa, da solo. “I dati indicano che in quasi quattro casi su dieci il paziente, dopo aver mangiato cibi con glutine, soffre e si sente in colpa: appena il 4 per cento sta bene e prova gratificazione dal cibo proibito”, prosegue Corposanto. “Così uno su cinque non ne parla con nessuno o sceglie un familiare per ‘confessare’ di avere trasgredito. Ma quel che è grave è che appena il 3 per cento senta il bisogno di riferirlo al medico: eppure infrangere le regole, soprattutto se diventa un'abitudine, può essere rischioso perché può far ricomparire i sintomi della malattia”.La soluzione sarebbe semplice: aumentare la disponibilità e la varietà dei prodotti senza glutine, diminuendone il prezzo. Un'indagine Aic sui costi della dieta senza glutine ha rivelato che un paniere di dodici dei prodotti più spesso utilizzati in cucina (come pane, pasta, farina e preparati per pizze, biscotti e merendine, prodotti pronti surgelati) costa al celiaco da 40 a 60 euro, a fronte di prezzi che si aggirano sui 25 euro nel caso di alimenti ‘normali’. La spesa elevata è ovviamente un deterrente all'acquisto: oggi gli oltre 120 mila celiaci italiani spendono per gli alimenti speciali più di 140 milioni di euro in farmacia, poco meno di 15 milioni nei negozi specializzati e 45 milioni di euro nella grande distribuzione. E purtroppo circa 50 milioni di euro sforano i rimborsi coperti dal Servizio Sanitario Nazionale e devono essere spesi dai pazienti di tasca propria”, conclude Corposanto.

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Europain 2012 e Successfood: la rivoluzione francese

Dal 3 al 7 marzo scorso, Europain 2012 ha accolto 82.690 operatori del settore che hanno potuto scoprire le innovazioni di circa 800 espositori. Da qualche anno, la panificazione pasticceria sta vivendo una vera e propria evoluzione, per proporre delle offerte di qualità in tema di ristorazione rapida, che si adattano alle nuove attese della clientela. SuccessFood insieme a Europain ha rafforzato questa evoluzione strategica. I grandi concorsi del salone hanno svelato inoltre nuovi talenti, come i candidati giapponesi, vincitori della Coppa del Mondo della Panificazione e del Mondiale delle Arti Dolciarie, e Thibaut Ruggeri, che rappresenterà la Francia al Bocuse d’Or Europa.

Totale ‘rinnovo’ organizzativo per il Salone francese, che ora dà appuntamento al 2014

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La Coppa Europa, Selezione della Coppa del Mondo di Pasticceria, ha premiato il Regno Unito.Ma cominciamo con qualche numero: a Paris Nord Villepinte abbiamo visto 770 espositori (33% internazionali), su una superficie espositiva totale di 68 000 mq. Gli 82690 visitatori, di cui il 71% Francesi e il 29% provenienti da 143 Paesi, rappresentano un progresso del 7,2% del numero di visitatori rispetto al 2010, e 16 nuovi paesi visitatori.Tra i visitatori esteri, si segnalano Belgio, Italia, Spagna, Germania, Paesi Bassi, Brasile, Stati Uniti, Russia, Svezia, Regno Unito e Portogallo. Visitatissimo anche il sito di Europain, 848000 pagine visualizzate in un mese. Infine, la stampa: 265 giornalisti di cui il 54% d’internazionali (tra cui anche noi di P&P) hanno visitato la fiera francese.Europain ha riunito tutta l’offerta più rappresentativa del settore panificazione: panificazione artigianale e industriale, pasticceria, il punto vendita, Intersuc per lo zucchero e il cioccolato, il gelato, e non poteva mancare la formazione con la Rue des Ecoles. La prima edizione di SuccessFood inoltre, all’interno di Europain, ha dimostrato tutta la sua coerenza: quando i modi e i momenti di ristorazione evolvono e le abitudini alimentari cambiano, le professioni della ristorazione e della panificazione devono adattarsi a questi cambiamenti. In questo contesto, gli operatori della ristorazione hanno potuto trovare in fiera gli strumenti per reinventare la propria offerta, per rispondere ad una concorrenza sempre più forte ed per incrementare il proprio fatturato.

Moltissimi gli eventi in programma: la più prestigiosa, la Coppa del Mondo della Panificazione, è stata vinta dalla squadra giapponese, poco soddisfacente il risultato della squadra italiana (in buona compagnia: brutta partecipazione anche per i padroni di casa francesi!) che ha avuto difficoltà nel rispetto dei tempi assegnati.Noi abbiamo approfittato della Coppa del Mondo per scambiare quattro parole con Mario Fortin, tecnologo e fornaio di Montreal (Quebec) e giurato anche in questa edizione 2012 della Coppa, con il quale abbiamo parlato della panificazione in Quebec (e dintorni).“Beh il mercato canadese è dominato dal pane a fette: e non è difficile per un operatore europeo aprire un forno, ci sono meno leggi e regolamenti per chi vuole iniziare. Però l’artigiano panificatore bnon deve guardare al pane a fette, anche se deve tenere presenti le diverse abitudini d’acquisto – in Canada il pane si compra una volta alla settimana, non ogni giorno come in Europa”.Ma la tradizione canadese che ha portato a ottimi risultati la ‘nazionale’, tra l’altro, di cui Fortin è il ‘capitano’?“La tradizione viene tutta dall’Europa, anche se ormai abbiamo fornai canadesi al 100%. Forse noi siamo più ‘avventurosi’ e panifichiamo con quasi tutto, anche con cose che qui in Francia non si usano: qui

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il pane è soprattutto bianco, da noi i pani ‘multifarina’ sono molto più diffusi grazie anche alle loro proprietà nutrizionali. Anche i prodotti senza glutine sono molto diffusi. Poi se vogliamo parlare di tradizione … il Canada è certamente un Paese dalla grande tradizione frumentifera, e il nostro grano tra l’altro è ricco di proteine … ed è anche ricco di capacità, pensa che solo a Montreal gli italo canadesi sono oltre quattrocentomila!”Fortin ci spiega come in Quebec sia molto popolare la baguette per il fois gras, ma che è la ciabatta ad essere utilizzata per i sandwiches. “Sandwiches e zuppa è un menù popolarissimo da noi. Organizzato come una

sorta di self service: si possono scegliere la zuppa, il ripieno per il sandwich e anche il tipo di pane. Nomi? Beh io vorrei ricordare Premiere Moisson e L’Amour du Pain a Montreal, Ace Bakery a Toronto (Ontario) e Christie Bakery a Saskatoon (Saskatchewan)”, spiega Fortin, “e sono artigiani come questi a spingere la crescita del mercato artigiano, che si orienta verso prodotti ad alto valore aggiunto e verso laboratori/negozi che siano un ‘manifesto’ del pane artigiano” – non solo aromi e sapori, ma anche piacevolezza, comodità, capacità di attrarre lo sguardo dei possibili clienti.Infine, uno sguardo a quello che sta ‘dietro’ alle capacità dell’artigiano. Ossia le attrezzature di cui servirsi.“Beh in Canada i produttori di attrezzature sono numerosi. A Toronto ad esempio c’è Cinelli che produce equipaggiamenti (e sempre a Toronto sono emigrati dal Veneto i fondatori di Esperia Macchine, poi abbreviato in Esmach …), ma moltissimi macchinari vengono dall’Europa, in particolare Germania, Italia e Francia. Il nostro è un mercato cui prestare attenzione, ma solo per gli equipaggiamenti che stiano al top della gamma. Tra le caratteristiche principali gli equipaggiamenti devono avere la durata, e poi gli acquisti vanno ben pensati avendo presente il proprio laboratorio: meglio spendere di più, ma sapere di potere andare avanti anni con quelle macchine. Risparmiare va bene, ma entro certi limiti … poi non bisogna fare errori di scelta, ad esempio impastatrici e forni devono essere delle medesime dimensioni, per rendere ‘scorrevole’ il processo di produzione”.

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La colazione è un pasto molto importante, che andreb-be sempre fatto e mai saltato: ma cosa bisognerebbe mangiare al mattino? Erroneamente sono in molti a pensare, soprattutto in caso di sovrappeso, che la colazione si possa saltare in modo da ridurre l’introito calorico quotidiano. Niente di più sbagliato: numerosi studi scientifici hanno evidenziato come saltare la colazione non serva altro che ad arrivare molto affamati a pranzo e a man-giare molto più del dovuto. Non fare colazione, inoltre, è deleterio per i ragazzi che vanno a scuola, poiché non mangiare nulla dopo il digiuno notturno, determina cali di concentrazione e attenzione durante la mattinata e questo può incidere negativamente sul rendimento scolastico. A Parigi durante l’International Conference on Nutrition&Growth un'èquipe del Dipartimento di psico-logia generale dell'Università degli Studi di Padova ha presentato un lavoro di ricerca che sottolinea l’esisten-za di un legame fra quello che si mangia a colazione e la capacità di attenzione e rendimento scolastico durante le ore di scuola.I ricercatori hanno seguito per un anno 353 bambi-ni di età compresa fra gli 8 e i 10 anni suddivisi in 3 gruppi; tutti i gruppi a colazione consumavano latte e

un frutto in più nel gruppo 1 era prevista una fetta di pane spalmata di crema alla nocciola, nel gruppo 2 dei biscotti al cioccolato e nel gruppo 3 dei cornflakes al cioccolato. I bambini di ciascun gruppo sono stati valutati per il loro rendimento e l'attenzione prestata durante le ore di lezione e per la loro alimentazione nell'arco della giornata. Si è visto che i bambini che riuscivano a seguire con più attenzione le lezioni scolastiche erano quelli del gruppo 1 ovvero quelli che assumevano la colazione più calorica, solo se però avevano un’assunzione calo-rica adeguata durante tutta la giornata. L’equipe ha concluso sostenendo che fare colazione, per 4 volte a settimana, con una fetta di pane spalmata con crema alla nocciola, unita a una tazza di latte e a un frutto, può favorire il man-tenimento dell'attenzione dei ragazzi durante le ore di lezione a patto, però, che si segua un'alimenta-zione comunque bilan-ciata e salutare durante tutta la giornata

Pane&cioccolatoa colazioneCon tutto che probabilmente lo sapevamo già ‘a intuito’, ecco la conferma scientifica: fa bene e aumenta l’attenzione a scuola

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Il pane, pur colpito dalla crisi (- 5% delle vendite nel 2011, fonte Coldi-retti), resta il più popolare ‘inquili-no’ della tavola degli italiani: secon-do quanto elaborato dall'Ufficio economico Confesercenti per As-sopanificatori Fiesa-Confesercenti, il 90% degli abitanti del Belpaese consuma comunque pane fresco tutti i giorni. E ogni famiglia spende in media circa 28 euro al mese per acquistarlo.

Meno pane,ma per tutti

Ci scusino i lettori se abbiamo parafrasato un famoso slogan, ma i risultati del recente studio Confesercenti sono chiari: tutti in Italia mangiano pane fresco, ma il consumo pro capite è in calo

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In ogni caso, sottolinea Confesercenti, dagli anni '70 a oggi il consumo di pane, in ragione di nuovi stili di vita, di una diversa organizzazione e struttura familiare si è ridotto del 10%, dai 61 kg procapite del 1974 ai circa 55 kg di oggi. La gran parte della produzione - circa il 90% - proviene da forni a carattere artigianale. La restante parte - 10% circa - è prodotta da forni industriali.Un chilo di pane comune costa in media 2,75 euro, fa sapere Coldiretti, ma il prezzo varia notevolmente nelle diverse regioni, nonostante il costo del grano sia praticamente lo stesso a livello nazionale e internazio-nale. Da un'inchiesta di Altroconsumo, emerge che è Milano la città italiana dove il pane è più caro (minimo 3,9 euro al chilo), mentre Napoli con i suoi 1,7 euro è la più economica. Ma per chi vuole un 'pane speciale' a Bologna, per un chilo sono necessari 6 euro. Al su-permercato in generale si risparmia con 1,96 euro in media al chilo.

Nel presentare i risultati dello studio Fiesa Confeser-centi, l’agenzia AdnKronos ha chiesto il parere dei rappresentanti delle organizzazioni datoriali dei pani-ficatori su gusti e preferenze degli italiani in materia di arte bianca.“Il pane di per sé non è cambiato con il tempo”, ha detto il presidente Fippa, La Sorsa, “le trasformazioni delle forme e delle tipologie sono dovute alle richieste del cliente. Per cui è nato il pane di segale, ai cereali, ecc. Ora in molti chiedono quello senza lievito, come qualche anno fa andava molto di moda il pane di soya ". “Ma le varietà classiche non solo resistono, sono co-munque quelle più vendute”, dice a Ign Claudio Conti, presidente Assipan (Associazione nazionale panificato-ri e affini).

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E la crisi? “In realtà già da qualche anno il settore sta patendo”, sottolinea La Sorsa, “con la liberalizzazione della pani-ficazione e il settore che si è frammentato, per cui tutti possono vendere e fare pane se attrezzati. Di recente, poi, la gente ha cominciato a consumare meno pane, nel senso che se prima magari ne comprava in abbon-danza ora compra solo ciò che mangia davvero".“In linea di principio io non sono contrario alle libera-lizzazioni”, ci tiene a precisare il presidente della Fippa, “penso siano in generale un'opportunità. Noi in ogni caso non eravamo lontani, perché nelle zone turistiche e nelle città d'arte con deroghe comunali c'era già la possibilità di aprire nei giorni festivi e di allungare gli orari. Ma non tutte le aziende che panificano si trovano in queste zone, quindi non hanno questa necessità. In questi casi vedo le ultime liberalizzazioni penaliz-zanti con costi eccessivi senza un ritorno economico adeguato”.

Per il presidente Assipan Conti “il pane è cambiato con il cambiamento del tessuto sociale: le richieste dei consumatori sono cambiate anche in virtù del miglio-ramento del tenore di vita. Il consumatore oggi richie-de una tipologia di pane molto vasta, ma il classico non solo resiste è anche il più venduto”. Quanto alle liberalizzazioni, il presidente di Assipan si dice d'accor-do in via generale ma sottolinea: “credo però che nel nostro settore liberalizzare in modo selvaggio gli orari, sia sicuramente un grande costo in più per le piccole aziende ma non vada neanche nella giusta direzione per le grandi imprese".Nonostante negli anni il consumo di pane sia diminu-ito, questo alimento resta comunque tra i più diffusi, consumati e amati. “Si tratta di un alimento fonda-mentalmente costituito da carboidrati complessi, fibra e proteine”, spiega a Ign Andrea Ghiselli, dirigente di ricerca dell'Inran (Istituto nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), che per quanto riguarda il consumo giornaliero sottolinea che “non si può stabi-lire in base a età, sesso o dieta quanto pane al giorno si possa mangiare, perché dipende solo dal fabbiso-gno energetico. Nelle nostre linee guida, abbiamo individuato tre fasce di fabbisogno energetico, tanto per dare un'idea”, dice Ghiselli. “Ma in ogni caso per un un fabbisogno energetico di 1700 chilocalorie, le porzioni di pane giornaliere sono più o meno tre. E per

porzioni si intendono 50 g. Per 2100 chilocalorie si può arrivare a 4/5 porzioni, valutando

sempre quali siano nell'arco della giorna-ta gli altri alimenti: il rapporto cambia

se mangiamo anche pasta, pizza, patate ad esempio. Oltre 5, anche

7, per le 2600 chilocalorie”.E a quei consumatori che cerca-no pane senza lievito cosa biso-gna rispondere? “Si sta dif-fondendo la voce, falsa, che il lievito gonfi e ingrassi. Niente di più falso. Ma bisogna dire che il lievito rende l'amido del pane più facilmente aggredi-bile dai succhi digestivi quindi si digerisce prima e alza prima

la glicemia”.

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E visto che abbiamo parlato nelle pagine precedenti di pane senza lievito, ecco una delle tante ricette con cui può essere prodotto

(per 8/10 pagnottelle)

300 g farina 00150 g farina integraleolio d’oliva q.b. sale q.b.

Ingredienti

Pane azzimo

Procedimento:Setacciare le farine. Aggiungere acqua tiepida (200 g circa), per ottenere un impasto elastico e abbastanza morbido.Far riposare l’impasto per circa un’ora, coprendolo con uno strofinaccio umido.Assottigliare e formare delle pagnottelle dello spessore di circa 2 cm. Dopo aver spennellato con olio e forato le pagnottelle, infornarle a 220/240°C per circa 20 minuti o fino a quando avranno assunto una bella colorazione bruno-dorata.

Consigli per il consumo:Abbinate a marmellata o a fettine di salumi, queste pagnottelle sono eccel-lenti. Si possono preparare e congelare prima di cuocerle.

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In latino si chiama Triticum Dicoccum – almeno per i botanici, nella lingua di tutti i giorni era ‘far’, da cui il nostro ‘farina’ – ed è uno dei primissimi ‘grani’ che arrivano in Italia, passando dalla Grecia, dalle terre d’origine della Mesopotamia. Diventa popolarissimo a Roma, dove è stato alla base dell'alimentazione degli antichi romani, e veniva usato anche come merce di scambio e come simbolo cerimoniale, ad esempio durante i riti matrimoniali. Oggi il farro, pianta erbacea della famiglia delle grami-nacee, adattatosi al clima europeo, viene coltivato in tutto il continente anche perché la riscoperta delle sue proprietà positive per l’organismo ne ha stimolato il consumo, che è in crescita da alcuni anni. Si presenta come un piccolo chicco molto duro e il suo colore può variare tra il marroncino e il giallino. In Italia se ne trovano principalmente 3 varietà: il farro comune (Triticum Dicoccum); il farro piccolo (Triticum Mono-coccum); il farro grande (Spelta Triticum), che è quello più commercializzato sia integrale, che decorticato, semiperlato, perlato o intero. Dalla pulizia dei chicchi si ottiene anche la crusca di farro che però, rispetto alla crusca di frumento, possiede meno elementi nutritivi.

Quattro ideesul farro

Da lui viene il nome della ‘farina’, eppure nonostante un ritorno di popolarità recente, nel corso dei secoli è stato sostituito da altri cereali, nonostante sia nobile e nutriente.

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Il farro è particolarmente ricco di fosforo, potassio e magnesio ed abbondante in Vitamine A, B2 e B3 ed in aminoacidi; ogni 100 grammi di prodotti al farro forniscono circa 350 kcal, con un tenore dell’1,5% di grassi e dell'11% di proteine. Il farro è più digeribile del frumento sia duro che tenero; consumato allo stato integrale, è un ottimo alleato dell’apparato digerente con-tro problemi quali gastriti o tumori.

Esso possiede proprietà lassa-tive ed aiuta a prevenire tumori dell'apparato intestinale, evitando specialmente il ristagno della bile nell'intestino crasso e favorendo il transito intestinale. Povero di grassi e ricco di fibre, il farro è consigliato nelle diete dimagranti: sazia, ma non fa ingrassare. Il farro decorticato, inoltre, rispetto al farro perlato possiede maggiore quantità di fibre insolubili.

Dato che contiene glutine, è scon-sigliato nei casi di celiachia. Il farro è utilizzato in decine e deci-ne di ricette, sia nella gastronomia popolare che nei forni e nei labora-tori di pasticceria. Oltre alla zuppa di farro, famosi sono i biscotti di farro, dei quali esistono decine e decine di varianti, ed anche il pane di farro, dal sapore particolare, ma decisamente meno apprezzato dal-la grande massa dei consumatori rispetto a quello ‘tradizionale’.

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Conoscevo la storia di quel grano duro ma non avevo mai avuto l’opportunità di lavorare quella farina. Quindi in maniera un po’ disinvolta dissi: facciamoci il pane (in Abruzzo si fa normalmente il pane col Cappelli) e presi una sonora “bastonata”, in quanto riuscii a tirar fuori solo un pane basso e che ebbi molta difficoltà ad impastare. Eppure quella farina e quel pane avevano un profumo ed un sapore incredibili e in quelle gior-nate potei apprezzare le tagliatelle fatte da Ruccolo col grano Cappelli ed imparare a come “addomesticare” e riuscire a fare un pane inimitabile con quella farina.

Fabrizio NistriPANE&PASTICCERIA

"Senatore Cappelli":il grano che ha una storia

Qualche anno fa, l’allora Presidente dell’Associazione panificatori di Chieti, Vinceslao Ruccolo, mi chiama chiedendomi di effettuare un corso sulle colombe a lievitazione naturale nella nuova scuola di Sulmona in Abruzzo. Durante le giornate di lavoro, Ruccolo mi mostra una farina di grano duro “speciale” fatta con il grano Cappelli.

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Ma “chi è” questo grano duro Cappelli?Si chiama così in onore del senatore abruzzese Raffae-le Cappelli, promotore nei primi del '900 della riforma agraria che ha portato alla distinzione tra grani duri e teneri. E' un frumento duro, aristato, ottenuto per selezione genealogica a Foggia, nel 1915, da

Nazareno Strampelli. Per decenni è stata la coltivazio-ne più diffusa nel Sud e nelle Isole. Esso si distingue dalle altre varietà di grano duro per alcuni parametri qualitativi (indice del glutine e proteine) e pertanto è stato considerato il grano ideale per la panificazione e pastificazione. Un primato mantenuto fino al diffonder-si delle varietà più produttive e di taglia più bassa.

Il frumento Cappelli è infatti un grano che ha caratte-ristiche particolari. Le sue spighe sono alte più di un metro e ottanta. La notevole altezza ha reso questa varietà difficile da coltivare perché a rischio di continuo “allettamento”; questo impone una certa esperienza del cerealicoltore per la giusta scelta del terreno, della quantità di seme e della pratica della concimazione .La bassa resa, di circa 28 quintali per ettaro, ne ha causato la sostituzione verso la fine degli anni '60. Ma la cosa non può oscurare l'importanza di questa varietà nel panorama della cerealicoltura mondiale. Infatti per le sue innumerevoli caratteristiche positive, tra cui l’elevata digeribilità, rappresenta un’alternativa dolce e squisita per la preparazione di tutti i prodotti attualmente a base di grano tradizionale, e non ha mai subito le alterazioni delle tecniche di manipolazione genetica dell’agricoltura moderna, che sacrificano sapore e contenuto tradizionale a vantaggio di rendi-mento elevato.

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Procedimento pasta frolla:Miscelare in un recipiente il burro, lo zucchero, la raschiatura di vaniglia e la scorza d’arancia grattugiata, poi aggiungere le uova e mescolare fino ad ottenere un composto cremoso.Aggiungere la semola di grano duro Senatore Cappelli e impastare bre-vemente: chiudere con pellicola e conservare in frigo a + 4°C e utilizzare dopo almeno mezz’ora (meglio se il giorno successivo).

Procedimento crema pasticcera alla menta fresca:Portare ad ebollizione il latte con la raschiatura del baccello di vaniglia, la buccia e una fetta di scorza di arancia.Sbattere con la frusta i tuorli con lo zucchero e l’amido di mais; aggiunge-re al composto il latte passato al setaccio con fori grandi.Rimettere sul fuoco e portare a 92°C: appena tolta la crema dal fuoco, aggiungere le foglie di menta ben sminuzzate, poi omogeneizzare e raf-freddare il composto

Preparazione finaleFoderare uno stampo imburrato del diametro di 20 cm con la pasta frolla tirata allo spessore di 4/5mm, farcire il fondo con un sottile strato di marmellata di arancia amara e poi farcire con la crema alla menta fino a riempire tutto lo stampo.Cuocere in forno a 170°C per circa 25/30 minuti; appena raffreddata togliere dallo stampo e deporre sul piatto di servizio.Passare con gelatina sulla superficie e decorare con un ciuffo di menta fresca

Crema pasticcera alla menta frescaPasta frolla Senatore CappelliMarmellata di arancia amara

Ingredienti per la pasta frolla Senatore Cappelli

1000 g semola di grano duro rimacinata Senatore Cappelli600 g burro fresco (morbido)400 g zucchero3 uova fresche (150 g)½ baccello di vanigliaScorza di un’ arancia grattugiata

Ingredienti per la crema pasticcera alla menta fresca 1000 g latte intero fresco n. 1 baccello di vaniglia 360 g tuorlo d’uovo fresco 300 g zucchero 70 g amido di mais 50 g foglie di menta piperita fresca

Ingredienti

Cremosa alla menta frescain pasta frolla Senatore Cappelli(Ricetta di Fabrizio Nistri)[email protected]

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Il “Senatore Cappelli” trova la sua massima espressio-ne nella produzione della pasta: ha un glutine resisten-te e corto che crea un reticolo molto fitto ed evita la fuoriuscita dell’amido e un valore proteico sul secco di quasi il 16%. Si ottiene una pasta con un colore bion-do cenere che si conserva anche dopo la cottura, che profuma intensamente come pane cotto a legna e che rievoca sapori d’un tempo in cui si dava molto spazio alla qualità del prodotto e si seguivano scrupolosa-mente, ma senza fretta, le tempistiche che la natura ha imposto.Il gusto è deciso e con una perfetta tenuta della cot-tura, la consistenza in bocca è prepotente, la digeribi-lità e l’apporto di vitamine e sali minerali sono molto elevati.In Abruzzo si produce un pane di qualità davvero elevata e la produzione con lievito naturale ne esalta i profumi con note di camomilla e il sapore deciso ma dolce.Ho poi avuto modo di sperimentare parecchio il Cap-pelli a casa con farine provenienti dall’Abruzzo e che mi sono state gentilmente fornite da Ruccolo.La semola di grano Cappelli è una materia prima che, una volta conosciuta e “addomesticata”, permette di produrre una infinita serie di prodotti da forno e non solo pane o pasta. La qualità organolettica dei prodotti è altissima ed è davvero difficile spiegare i sapori che si sprigionano in bocca.La ricetta che allego a questo articolo è fatta utilizzan-do semola di grano duro Cappelli, ma non si tratta di pane, bensì di una torta, un dolce dove la pasta frolla prodotta col Cappelli esprime una fragranza unica.

Saluti e buon lavoroFabrizio [email protected]

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Giancarlo De RosaMAESTRO PANIFICATORE

kg 8 farina 00 NC Roma Molino DallaGiovannakg 3 biga (realizzata con farina 00 S Roma Moli-no Dalla Giovanna)g 180 saleg 120 lievitog 30 maltolt 5,5 circa acqua

Ingredienti

Filoncino spaccato(o ‘leggerino’)(Ricetta di Giancarlo De Rosa)

ProcedimentoImpastare, formare un impasto liscio ed omogeneo e far riposare per circa 3 ore.Dividere in panetti del peso desiderato e formare dei filoncini; far lievitare su assi a 28°C con 70% di umidità per 50 minuti, poi tagliare a metà e inforna-re a 260°C per 30 minuti circa a valvola aperta.

Consigli per il consumoSi consiglia di accompagnare questo pane con zuppe di legumi e salumi.

Si ringrazia i F.lli Caruso per aver messo a disposi-zione il loro laboratorio ad Aprilia per l'esecuzione di questa ricetta.

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kg 8 farina 00 S Roma Molino Dalla Giovannakg 3 biga (realizzata con Farina 00 S Roma Molino Dalla Giovanna)gr 180 salegr 150 lievito compressogr 30 maltolt 4,6 acqua circa

Ingredienti

Rosetta o Soffiata(Ricetta di Giancarlo De Rosa)

ProcedimentoImpastare e formare un impasto liscio ed omoge-neo, facendo attenzione a non riscaldare l'impasto in macchina.Far riposare per 2 ore circa l'impasto, spezzare e formare i pastoni del peso desiderato, cilindrare e formare le sfere senza stringere troppo la pasta.Ungere con olio extravergine e far riposare per 50 minuti circa; spezzare e stampare dando la forma della rosetta.Far lievitare sui telai per 40/50 minuti e infornare con vapore a 260°C circa.

Consigli per il consumoOttimo con la mortadella, o "mortazza" come si dice a Roma, e con del formaggio fresco .

Si ringrazia per l'esecuzione di questa ricetta An-tonio Di Carmine, che ha messo a disposizione i propri laboratori.

Giancarlo De RosaMAESTRO PANIFICATORE

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Molino Colombo arricchisce la propria linea Sapori&Salute con una nuova farina ‘dedicata’

Chi non ricorda i profumi, gli aromi e i sapori delle farine non raffinate che riempivano l'aria dei forni di una volta? Oggi nasce Grangusto, una farina tipo 1 prodotta con l'aggiunta di germe vitale e fibra di frumento in grado di donare al pane un sapore ed un’aroma senza eguali .Una farina che ha caratteristiche sensoriali, nutrizionali e salutistiche uniche , concepita per ritrovare i sapori di una volta coniugandolo con i moderni dettami di una sana alimentazione .Abbiamo utilizzato una farina Tipo 1 di estrazione, presa solo su alcuni passaggi di macinazione quelli più ricchi di proteine nobili, abbiamo integrato nella farina della fibra di frumento aumentandone così il contenuto di sali minerali, fosfati di magnesio, ferro, potassio e di vitamina B ed E, elevando le caratteristiche nutrizionali e saluti-stiche.

Ma ciò che caratterizza questo tipo di farina è il germe "vitale" di fru-mento che grazie ad un processo di produzione innovativo mantiene inalterate le sue caratteristiche nutrizionali esaltando il profumo e l'aroma del pane .

Nasce Grangusto per un pane dal profumo

e sapore inconfondibili!

Il germe vitale ha un’influenza diretta sulle caratteristiche reologi-che dell'impasto, ne aumenta ela-sticità e lavorabilità, ma soprattutto conferisce al pane aromi e sapori “antichi”, riportandoci al profumo del pane di una volta.

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Ascoltare, motivare, far crescere il proprio staff è faticoso, ma porta risultati migliori rispetto al semplice ‘dare ordini’.

Viste le ultime novità in materia di lavoro dipendente stabilite in questi giorni dal Governo, è quanto mai opportuno focalizzare l’attenzione sulle dinamiche dei rapporti tra il titolare ed i propri collaboratori nel con-testo di un punto vendita al pubblico; nel nostro caso parliamo di un panificio o di una pasticceria. In qualche numero scorso di P&P abbiamo sottolineato non solo l’importanza del personale “interno” al labo-ratorio ma – soprattutto – il ruolo determinante degli addetti alla vendita, di coloro, cioè, che stanno quoti-dianamente a contatto con la clientela del negozio.

Uno staff a tutto... gas!

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La funzione dei commessi è triplice: 1) vendere materialmente il pane (cioè prenderlo fisicamente dai contenitori, suddividerlo se occorre, pesarlo, confezionarlo e, infine, consegnarlo nelle mani del cliente); 2) “far leva” sul rapporto di fidu-cia instaurato con il pubblico per “suggerire” l’acquisto di un de-terminato prodotto, magari attra-verso la proposta di “amichevoli” assaggi e – quindi – contribuire alla crescita dell’attività; 3) dialogare con i clienti per conoscerne le abitudini, i gusti, le necessità e – soprattutto – per intuirne le piccole insoddisfa-zioni prevenendo lamentele, così da fornire utili informazioni “di prima mano” al titolare che opererà nel modo più opportuno ottimizzando il negozio laddove risulti necessario.

Alla luce di quanto appena illustra-to, ciò che lega il titolare ai propri collaboratori non può e non deve “esaurirsi” in un semplice e freddo rapporto datore di lavoro/dipen-dente: imporre una serie di com-piti perché “fa parte del lavoro”, perché così “deve essere fatto”… a lungo andare non produce né grandi miglioramenti al punto vendita, né aiuta ad aumentare le entrate economiche. Il panificatore ed il pasticcere titolari di un’attività devono essere capaci, invece, di coinvolgere tutti i vari collaborato-ri – ciascuno secondo la propria specifica mansione – nella realtà del negozio; devono riuscire a tra-smettere un entusiasmo tale da far “apparire” il punto vendita quasi un prezioso bene comune da preser-vare e sviluppare tutti insieme. Quando il personale arriva a pren-dersi “a cuore” il buon andamento del panificio o della pasticceria come se fosse la propria attività, significa che il titolare ha saputo infondere e trasmettere la giusta motivazione in tutto lo staff.

Non è semplice e non viene certo automatico, ce ne rendiamo conto. E’ molto più agevole dare un or-dine ed imporre un regolamento, piuttosto che operare un processo di “fidelizzazione” e “affiliazione” nei confronti dei dipendenti. Dialo-gare molto, parlare, comprendere e – soprattutto – saper individua-re le giuste scelte per risolvere problematiche anche personali che coinvolgono il gruppo di lavoro è assai faticoso e, spesso, comporta tempi non brevissimi. Somman-do queste difficoltà alle questioni giornaliere riguardanti il normale andamento del negozio risulta chiaro quanto sia complesso l’im-pegno fisico e mentale di un tito-lare. Possiamo dire che il “perfetto imprenditore” – se esiste davvero - è colui che s’intende di economia ma anche un po’ di psicologia!

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Nel seminario “Come fare i soldi in panificio”, promos-so dal primo portale web del settore www.pianetapa-ne.it, poniamo molta attenzione al “fattore umano”, a come dovrebbe porsi il titolare nei confronti del proprio staff. Non suggeriamo delle soluzioni assolute e valide in tutti i casi, perché ogni panificio o pastic-ceria presenta delle dinamiche uniche e difficilmente riscontrabili in altre realtà, tuttavia identifichiamo delle metodologie generalmente efficaci per ottenere risulta-ti positivi in tempi brevi. Sapersi assumere in prima persona le proprie respon-sabilità e non limitarsi al semplice pensiero spontaneo “io ho fatto quello che ho potuto, quindi i rallentamenti non dipendono da me ma dai miei collaboratori” sono già degli ottimi punti di partenza per diventare dei titolari di successo!

Alfredo FalconeConsulente di comunicazione per i portaliwww.pianetapane.it e [email protected]

Come fare i soldi in panificio

I prossimi appuntamenti fissati sono il 22 aprile in Toscana (Lucca – seminario “base”), il 6 maggio in Puglia ad Altamura (seminario “base”), il 28 Ottobre a Roma nell’ambito di Pa.Bo.Gel. 2012.Per domenica 30 settembre e lunedì 1 ottobre, invece, è previsto il corso approfondito presso la sede di Cast Alimenti a Brescia. Per date precise e informazioni complete è possi-bile consultare il portale www.pianetapane.it o la pagina Facebook “Come fare i soldi in panificio”.

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(10 – 12 kg di prodotto finito)

Kg 10 farine di cereali mistiLt. 5,2 di acquag 400 di olio extravergine di olivag 400 di lievito di birraKg 1 di biga.

IngredientiPane ai cerealiProcedimento:In prima velocità nell’impastatrice a spirale, impastare tutti gli ingredienti per circa 15 minuti poi mettere a lievitare per 30 minuti in un contenitore di plastica. Spezzare in pani di circa 300 grammi e dopo averli formati lasciarli riposare per altri 10 minuti.Realizzare delle pagnotte rotonde e metterle nelle teglie. Con la lametta, effettuare tre tagli longitudinali su ogni pane.Fare lievitare in cella per circa 15/20 minuti dopo aver spolverizzato con un sottile strato di farina; se in cella la farina dovesse venire assorbita dall’impasto, una volta terminata la lievitazione ripetere l’operazione.Infornare ad una temperatura di 20°C meno del pane comune e cuocere per 30 minuti.

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1 kg zucchero1 kg margarina o burro1 lt vino rosso 3 kg farina1 kg nocciole35 g lievito per dolciSale q.b.Aroma vaniglia q.b.

Ingredienti

Ciambellineal vino rosso e nocciole

Procedimento:Impastare zucchero e burro, poi aggiungere il resto degli ingredienti e continuare a impastare fino a quando l’impasto diventa omogeneo.Stendere a filoncino e tranciare a pezzi, poi formare delle ciambelle.Passarle nello zucchero e infornare a 230°C per 10/13 minuti.

(Ricetta di Fabio Albanesi)

Fabio AlbanesiMAESTRO PANIFICATORE

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Procedimento:Impastare zucchero e burro, poi aggiungere il resto degli ingredienti e continuare a impastare fino a quando l’impasto diventa omogeneo.Stendere a filoncino e tranciare a pezzi, poi formare delle ciambelle.Passarle nello zucchero e infornare a 230°C per 10/13 minuti.

Fabio AlbanesiMAESTRO PANIFICATORE

700 g zucchero1lt olio di oliva extravergine500 g vino bianco500 g liquore limoncello3 kg farina30 g lievito per dolciSale q.b.Aroma vaniglia q.b.

Ingredienti

Ciambellineal limoncello(Ricetta di Fabio Albanesi)

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Appassionati e professionisti convergono su Genova, dove a inizio aprile si è svolto il primo campionato nazionale dedicato a questa popolarissima ‘specialità’

Il cake design, tipico dei paesi anglosassoni, ha con-tagiato anche il nostro Paese. Questa ‘specialità’, nata in Inghilterra a fine ‘800, ha trovato grande popolarità dopo essere diventata protagonista di un reality show ‘di culto’ che dagli Stati Uniti è stato rilanciato anche in Italia. Molte le manifestazioni dedicate a questa specialità pasticcera che deve la propria popolarità (tv a parte) a due caratteristiche: quella di poter rappresentare qualsiasi cosa, lasciando molto spazio alla creatività degli autori, e quella di essere abbastanza facilmente approcciabile anche dagli appassionati, non solo dai professionisti.Pasta di zucchero, marzapane, cioccolato plastico ren-dono possibile lavorare l'impasto come fosse plastilina o argilla e il risultato più che una torta è una vera e propria scultura: come si è visto alla Fiera di Genova, dove si è tenuto il primo campionato di 'cake desi-gner', con in lizza torte multicolori ispirate ai matrimo-ni, ai cartoons, al mare, alla primavera, alle fiabe e ai temi floreali: un tripudio di decorazioni!

Il campionato di cake design

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A progettare e realizzare le torte sono sia professionisti, sia semplici casalinghe che hanno scoperto questa tecnica pasticcera grazie appunto al programma cult - im-portato dagli Usa e trasmesso sui canali satellitari - 'I boss delle torte', centrato sull'attività della famiglia italoamericana Valastro, che si occupa di pasticceria ed è specializzata nella confezione di torte scenografiche.E' stata proprio questa trasmissio-ne tv, arrivata alla quarta stagione, a far dilagare, prima oltreoceano e poi in Europa, il fenomeno del cake design. Gli 'architetti' delle torte più conosciuti arrivano dal Nord Europa dove la tradizione è nata e dove è molto più radicata che in Italia o in Francia (e qualcu-no potrebbe chiedersi se alla fine i dolci siano questione di sostanza, di papille gustative, o di apparenza, aspetto, architettura).

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w w w . a f a s p a . n e t

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Molti ormai anche i ‘maestri’ in Italia. Toni Brancatisano - per metà australiana e per metà italiana - è la conduttrice del programma 'Torte di Toni', tre serie su Gambero Rosso Channel. “Alle torte”, ha spiegato all’Ansa, “sono arrivata per desiderio di farne una per il compleanno di mia figlia: notavo che in Italia il buffet e le torte era-no sempre uguali, di pasticceria. In Australia invece è la mamma che fa la torta, anche se non sono sempre quelle belle e decorate". Sasha Carnevali, codirettrice del sito italiano di riferimento cake-mania.it, spiega: “più o meno uno

o due anni fa è esplosa la grande passione per il cake design, che viene praticato soprattutto da don-ne, casalinghe che si cimentano la sera dopo che i figli vanno a letto”.Sul web è facile capire come que-sta passione per molte persone si sia trasformata in modo quasi natu-rale in un mestiere. Ilaria Interpla-netaria, è una di loro: “queste torte si fanno partendo da una base di pan di spagna farcito

con una crema. Poi si ricoprono con la pasta di zucchero che si può fare in casa con zucchero, miele, colla di pesce e acqua. Poi sempre con la pasta di zucchero, eventualmente colorata, si posso-no aggiungere delle decorazioni”.

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Più cioccolato, meno peso

Mangiare cioccolato spesso fa ingrassare? Assolutamente no, anzi proprio il contrario: chi mangia più di frequente un pò di cioccolato sembra essere più magro di chi invece lo mangia meno spesso. Lo rivela uno studio di Beatrice Golomb, ricercatrice presso l’Università della California – San Diego.Il risultato dello studio, sottolinea l’agenzia Ansa, è interessante perché, sebbene più volte il cioccolato si sia dimostrato benefico per la salute del sistema cardiocircolatorio, i medici sono riluttanti a consigliarlo come rimedio salutistico poiché è pur sempre un alimento molto calorico.Il cioccolato - soprattutto quello fondente - è ricco di antiossidanti; svariati studi hanno mostrato che, mangiato con moderazione, protegge i vasi sanguigni, abbassa la pressione e ridurre il rischio di ictus. Ma il cioccolato è pur sempre un dolce, abbondante di grassi e zuccheri e certo non dovrebbe far bene alla linea.

Non si finisce mai di scoprire le virtù del cioccolato: secondo uno studio americano, il ‘cibo degli dei’ fa anche dimagrire

Eppure, studiando oltre 1000 persone, i ricercatori americani hanno stimato

che chi mangia più di frequente cioccolata ha una forma fisica

migliore. Gli esperti hanno calcolato l'indice di massa corporea dei

volontari (BMI, un parametro per capire se una persona è in sovrappeso: rapporto tra peso e altezza moltiplicata

per sè stessa) ed hanno chiesto loro quanto cioccolato mangiassero

mediamente a settimana. Confrontando queste e altre

informazioni (frequenza dell'attività fisica etc) con il BMI di ciascuno, è

emerso che la frequenza di consumo di cioccolato non è associata a BMI

maggiori, ma a BMI più bassi. Come dire che mangiare il cioccolato non fa

ingrassare, anzi.Ancora da spiegare i motivi di questa nuova ‘scoperta’, ma essa ha sicuramente almeno

un altro effetto positivo, oltre a quello sul peso: sicuramente, farà calare anche il senso

di colpa che ci prende quando ‘indulgiamo’ ai piaceri del cioccolato!

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Linea di ricopertura per il cioccolato, composta da una temperatrice automatica a ciclo continuo, dalla fusione con sistema a bagnomaria alla tempera con raffreddamento tramite compressore frigorifero. La vasca, che ha una capacità di 55 kg, è dotata di un mescolatore che mantiene il cioccolato fluido ed omogeneo. Alla macchina è abbinato un carrello, ottenendo così un sistema di ricopertura completo di diffusore, soffiante,

Gamiè cioccolato

Le linee per la lavorazione del cioccolato dell’azienda veneta sono tra le preferite dagli operatori

battirete e dispositivo tagliacode regolabile. Il carrello ricopritore ha una larghezza di lavoro di 400 mm. Per la macchina, già corredata di pedale ferma flusso e dosatore programmabile, è disponibile, su richiesta, una tavola vibrante riscaldata, utile nella preparazione di pralineria, uova pasquali e soggetti cavi. Per completare la linea è possibile abbinare un tunnel di raffreddamento, utilizzato per ottenere una perfetta asciugatura dei prodotti ricoperti.

Il raffreddamento avviene tramite ricircolo di aria ad anello controllato da termoregolatore. Il gruppo di raffreddamento, di limitata potenza, controlla anche l’umidità per ottenere un ottimo risultato finale. La velocità del nastro è regolabile.

Per ulteriori informazioni potete contattarci via mail [email protected] oppure visitando il sito www.gamitaly.com

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MARZO/APRILE 2012Anz_P&P_issue15.03.180x120mm.indd 1 29.02.12 17:04

Grissone ai semi con verdure e tacchino

Chiquita® Muffin alla ciliegia e banana:

da Wolf gusto e qualità a tutte le ore Wolf ButterBack propone deliziose specialità ideali per la colazione, la pausa pranzo, o tutti i momenti di sosta ma sempre nel segno della qualità. A pranzo la scelta cade sul grissone ai semi con verdure e tacchino Wolf ButterBack. Si tratta di uno snack sopraffino girato a mano a base di fragrante pasta sfoglia al burro con una sfiziosa farcitura di verdure

e cubetti di fesa di tacchino. Il grissone dell’azienda tedesca è oggi ancora più saporito, grazie all’aggiunta di besciamella e spezie e alla decorazione con formaggio, sesamo e semi di lino. Quando poi servono energia e dolcezza ecco il nuovo soffice Chiquita® Muffin alla ciliegia e banana farcito con una golosa purea di banana Chiquita® e

succose ciliegie. La decorazione a base di dolci scaglie di cioccolato e lo speciale pirottino dall’esclusivo design Chiquita® rendono il muffin gradevole anche alla vista.

Per ulteriori informazioni: www.butterback.de nella sezione in lingua italiana.

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Crispearls™ alla Fragola:la nuova primavera Callebaut

Grazie al successo riscosso nelle versioni fondenti, bianco e al latte, Callebaut ha deciso di ampliare la propria gamma di decorazioni con una versione fresca e primaverile: Crispearls alla fragola, lucide perline rosa ricoperte da uno strato di burro di cacao colorato e aromatizzato alla fragola con un cuore di biscotto croccante.Piccole come perle di caviale, ma perfette nella forma e nell’incredibile lucentezza e prodotte con i più raffinati cioccolati Callebaut, le originali Crispearls Callebaut garantiscono al più esigente dei palati un aroma ed un gusto inimitabili.Ciò che sorprende all’improvviso è l’inaspettata e seducente croccantezza del cuore di ogni perla: un delicato biscotto tostato cui è impossibile resistere!Callebaut conferma la sua particolare attenzione alle esigenze dei professionisti artigiani che, in un mercato in continua evoluzione, richiedono sempre di più strumenti innovativi per sorprendere i propri clienti.Crispearls™ sono un partner ideale per la creatività artigiana: perfette per essere proposte tal quali in originali confezioni personalizzate, ottime come decorazione finale per pasticcini, torte o desserts, ideali per essere aggiunte a composti cremosi come panna cotta, crème brûlé, mousse o altri ripieni!Qualsiasi ripieno potrà essere impreziosito e completato da Crispearls, che persino nel gelato mantengono il loro gusto speciale e la loro croccantezza sorprendente.

Crispearls™, le perle di cioccolato Callebaut si vestono di nuovo!

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Bellezze A Zurigo il ‘cibo degli dei’ diventa l’involucro artistico e affascinante per le passerelle della moda

al cioccolatoIl primo Salone del Cioccolato di Zurigo – perché proprio una delle patrie del cioccolato finora era priva di una manifestazione dedicata al settore – che si è svolto a inizio aprile ha dedicato la serata inaugurale a tutto il bello del cioccolato. Con una serie di invenzioni da rimanere a bocca aperta non solo per la golosità, il cacao ha fatto da ‘guscio’ ad alcune bellezze ‘da passerella’.Veramente la sfilata di abiti di cioccolato ammirata nella capitale del cioccolato elvetico è stata qualcosa da togliere il fiato: i maestri cioccolatieri in collaborazione con alcuni famosi stilisti si sono letteralmente superati (come provano le foto che pubblichiamo): e la palma del più spettacolare va al nido realizzato dal maestro Jean Claude Jeanson e da Stephane Martello, designer e stilista ‘emergente’ sulla scena francese, noto come ‘Mr. Uncinetto’ per la sua capacità di

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Bellezze al cioccolato

progettare e realizzare abiti che sono vere e proprie sculture. Il nido, che conteneva tre colombe vive, è stato realizzato con oltre 200 metri di filo ricoperto di tessuto e cioccolato. Il tutto decorato dalle foglie, dai fiori, dai motivi naturali realizzati dalla maestria di Jeanson, capace di dare un aspetto leggerissimo e leggiadro ad un abito che pesava pur sempre 7 chilogrammi.Philippe Pascoet, maestro cioccolatiere di Ginevra, in coppia con la stilista svizzera Elisa Sue, ha realizzato un abito con strascico barocco, che accoppia un bustino di cioccolato fondente, decorato con un grande cuore

di cioccolato bianco, a un treno-strascico dorato che secondo gli autori vuole “simbolizzare la carta stagnola che avvolge le tavolette”.“Io volevo semplicemente provocare nel pubblico il desiderio di assaggiare le ‘toffolette’ direttamente addosso alla modella”, è stata la provocazione di Philippe Bel, cioccolatiere lionese che ha proposto un abito di cioccolato fondente e al latte abbondantemente ‘intarsiato’ appunto di toffolette – la ‘rotondezza’ sofficità e dolcezza degli ingredienti sono tutte caratteristiche anche della femminilità, ha spiegato il maestro francese.

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Un piccolo trucco ha reso possibili queste meraviglie. Jeanson ha spiegato che il cioccolato è stato miscelato con sciroppo di glucosio. “Quando è caldo il mix è malleabile, ma poi diventa bello rigido”, aggiunge Pascoet.Non soltanto la ‘moda al cioccolato’ al centro della kermesse svizzera. Molti i creatori di cioccolato che hanno scelto la città elvetica per presentare le proprie specialità e le ultime, raffinate novità. Villars, Laderach, Callier hanno rappresentato la ‘classicità’ del cioccolato, accoppiato ad aromi inusuali quali quello del timo, dello zafferano o del coriandolo. Più ‘estremo’ il parigino Boissier, con i suoi petali di cioccolato aromatizzati alla lavanda, violetta, gelsomino, rosa o verbena.Il Salone del Cioccolato, anche se al debutto nella Confederazione elvetica, è una manifestazione itinerante che, nato a Parigi nel 1995, ha portato la bellezza oltre alla bontà del cioccolato nelle maggiori città del mondo, tra cui Madrid, Shanghai, Mosca, Tokyo e New York. In Italia la manifestazione fa tappa a Bologna.Strano essere arrivati in Svizzera dopo così tanto tempo, però. “Volevamo arrivare a Ginevra già una decina di anni fa”, spiega Adeline Vancauwelaert, direttore del Salon du Chocolat versione internazionale, “ma non c’erano abbastanza espositori. Allora la situazione economica era giusta, ma evidentemente è adesso che la concorrenza sta diventando molto animata”. Certo, per raggiungere e superare i 560 espositori di Parigi di strada Zurigo ne deve percorrere – in questa prima edizione gli espositori erano una sessantina.

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Dolcissimeevoluzioni

Da miscele già rinomate per la qualità e dalla collaborazione con il Maestro Achille Zoia nascono ‘Le dolcissime’, farine speciali per i dolci. Una colomba ottenuta con una farina tradizionale Dallagiovanna e una nata da ‘Le dolcissime’ – Panettone e panettone Z – sono diverse. La prima arriva dal meglio delle miscele per lievitati: tenace ma elastica, resistente alla surgelazione e di grande sviluppo. Le dolcissime sono state invece ideate con il Maestro Pasticciere Achille Zoia, sostituendo alcuni grani, per avere proteine più gentili, ma con valori molto alti di stabilità e sviluppo.A questo si aggiunge un’etica molitoria che privilegia qualità a resa e il lavaggio del grano con acqua potabile. Si ottengono così farine non stressate, perfettamente bilanciate e che profumano ancora di grano, ideali per creare lievitati di grande fragranza, morbidezza e friabilità.

Le nuove farine speciali per dolci del Molino Dallagiovanna

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minatorie, con fi nalissima il 29 dicembre a Castelfranco Emilia, alla Locanda del Tortellino.In giuria, assieme alla tre volte Miss Tagliatella e presi-dente della manifestazione, Rina Poletti, anche esperti di ristorazione, come la chef Albarosa Zoff oli, giornalisti e amministratori. Tra questi, Silvia Bartolini, presidente della Consulta regionale Emilia Romagna, e Franco Grillini, Consigliere Emilia Romagna e presidente onorario di Miss Tagliatella. Delle 15 fi naliste hanno valutato l'abilità nella preparazione del piatto tipico, l'aspetto visivo, la consistenza, l'aspetto gustativo prima e dopo la cottura.Ma Miss Tagliatella, è molto più di un concorso culi-nario. «Essendo itinerante - spiega Grillini - consente alle iniziative locali, ai comuni, di avere una proposta collaudata per una gara che, oltre a mettere a confronto le abilità dei concorrenti, permette di coinvolgere il pubblico, di dialogare con gli spettatori e di far cono-scere l'arte del "tirare la sfoglia". L'iniziativa, in questo modo, promuove la tutela di un cibo "fatto a mano",

di Delia Sebelin

Professioni

«Sfoglina, un mestiere che va riconosciuto»

RRegina della Mattarello 2011 è Enrichetta Giorgi di Suzzara (Mantova). È lei, infatti, che ha vinto la sesta edizione di Miss Tagliatella - Trofeo Enzo Tassi per la miglior tagliatella tradizionale. Come tutti i concorsi che si rispettano, il suo nome è uscito dopo mesi di eli-

Miss Tagliatella 2011: Enrichetta Giorgi.

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minatorie, con fi nalissima il 29 dicembre a Castelfranco Emilia, alla Locanda del Tortellino.In giuria, assieme alla tre volte Miss Tagliatella e presi-dente della manifestazione, Rina Poletti, anche esperti di ristorazione, come la chef Albarosa Zoff oli, giornalisti e amministratori. Tra questi, Silvia Bartolini, presidente della Consulta regionale Emilia Romagna, e Franco Grillini, Consigliere Emilia Romagna e presidente onorario di Miss Tagliatella. Delle 15 fi naliste hanno valutato l'abilità nella preparazione del piatto tipico, l'aspetto visivo, la consistenza, l'aspetto gustativo prima e dopo la cottura.Ma Miss Tagliatella, è molto più di un concorso culi-nario. «Essendo itinerante - spiega Grillini - consente alle iniziative locali, ai comuni, di avere una proposta collaudata per una gara che, oltre a mettere a confronto le abilità dei concorrenti, permette di coinvolgere il pubblico, di dialogare con gli spettatori e di far cono-scere l'arte del "tirare la sfoglia". L'iniziativa, in questo modo, promuove la tutela di un cibo "fatto a mano",

di Delia Sebelin

Professioni

«Sfoglina, un mestiere che va riconosciuto»

RRegina della Mattarello 2011 è Enrichetta Giorgi di Suzzara (Mantova). È lei, infatti, che ha vinto la sesta edizione di Miss Tagliatella - Trofeo Enzo Tassi per la miglior tagliatella tradizionale. Come tutti i concorsi che si rispettano, il suo nome è uscito dopo mesi di eli-

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che va salvaguardato non perché migliore o peggiore di quello industriale, ma perché rappresenta ricchezza e cultura del territorio».

Il “lobbista della tagliatella”Questa disfi da, insomma, per il Consigliere regiona-le dell'Idv, è una strategia effi cace per far capire che la sfoglina è un mestiere degno di essere riconosciuto dal punto di vista professionale. «Invece, purtroppo, le maghe del mattarello ancora oggi non si possono iscrivere alla Camera di Commercio con partita Iva come "sfogline", devono iscriversi come "pasticceri", oppure come "cuochi"». È dal dal 2004 che Grillini porta avanti la sua lotta per dare la giusta qualifi ca a questo mestiere: «Avevo pre-sentato un progetto di legge, era stato anche approvato in Commissione Agricoltura durante la XIV legislatura, ma poi cadde il Governo». Oggi, per far arrivare alla legge nazionale «dovrei essere ancora parlamentare a Roma e fare il 'lobbista della tagliatella', ma ora sono Consigliere regionale dell'Emilia Romagna, non posso più combattere da Montecitorio».Eppure il Presidente onorario di Miss Tagliatella non si arrende, e all'approvazione della legge ci vuole arrivare comunque. Come? «Attraverso una legge regionale. Per questo ho presentato una proposta di legge anche in Emila Romagna. In questo modo, una volta che sarà approvata in Consiglio Regionale, ci sarà la possibilità di inviarla in Parlamento. E la proposta avrà quindi molta più forza perché non sarà più presentata da un singolo, ma da tutta una Regione». Per arrivare così, fi nalmente, all'approvazione di una legge che tuteli professionalmente, su tutto il territorio nazionale, il mestiere della sfoglina. Ma perché un riconoscimento a livello nazionale, visto

che è un lavoro artigianale tipicamente emiliano roma-gnolo? «Perché, proprio per questo, può essere esportato, e dare lustro alla Regione e alle sue tradizioni». Ma l'obiettivo di Grillini non è folkloristico. «Questa legge tutelerà la tradizione, farà pubblicità ad un prodotto tipico di altissima qualità. Ma soprattutto incentiverà la formazione professionale e l'occupazione a livello nazionale, non solo locale». La pasta fresca, infatti, è amata in tutta Italia. «Le persone sarebbero invogliate a venire in Regione per imparare a tirare la sfoglia, per aprire poi un negozio di pasta fresca a casa loro». Un progetto di legge, dunque, che in questo periodo di crisi economica e del lavoro «casca a fagiuolo».

Da sinistra, Franco Grillini, Consigliere Emilia Romagna, e presidente onorario di Miss Tagliatella, Silvia Bartolini, presidente della Consulta regionale Emilia Romagna assieme alla vincitrice.

Claudia Ferri, del Pastifi cio La Lanterna,

in giuria, mostra la vera protagonista della

manifestazione.

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Professioni

che va salvaguardato non perché migliore o peggiore di quello industriale, ma perché rappresenta ricchezza e cultura del territorio».

Il “lobbista della tagliatella”Questa disfi da, insomma, per il Consigliere regiona-le dell'Idv, è una strategia effi cace per far capire che la sfoglina è un mestiere degno di essere riconosciuto dal punto di vista professionale. «Invece, purtroppo, le maghe del mattarello ancora oggi non si possono iscrivere alla Camera di Commercio con partita Iva come "sfogline", devono iscriversi come "pasticceri", oppure come "cuochi"». È dal dal 2004 che Grillini porta avanti la sua lotta per dare la giusta qualifi ca a questo mestiere: «Avevo pre-sentato un progetto di legge, era stato anche approvato in Commissione Agricoltura durante la XIV legislatura, ma poi cadde il Governo». Oggi, per far arrivare alla legge nazionale «dovrei essere ancora parlamentare a Roma e fare il 'lobbista della tagliatella', ma ora sono Consigliere regionale dell'Emilia Romagna, non posso più combattere da Montecitorio».Eppure il Presidente onorario di Miss Tagliatella non si arrende, e all'approvazione della legge ci vuole arrivare comunque. Come? «Attraverso una legge regionale. Per questo ho presentato una proposta di legge anche in Emila Romagna. In questo modo, una volta che sarà approvata in Consiglio Regionale, ci sarà la possibilità di inviarla in Parlamento. E la proposta avrà quindi molta più forza perché non sarà più presentata da un singolo, ma da tutta una Regione». Per arrivare così, fi nalmente, all'approvazione di una legge che tuteli professionalmente, su tutto il territorio nazionale, il mestiere della sfoglina. Ma perché un riconoscimento a livello nazionale, visto

che è un lavoro artigianale tipicamente emiliano roma-gnolo? «Perché, proprio per questo, può essere esportato, e dare lustro alla Regione e alle sue tradizioni». Ma l'obiettivo di Grillini non è folkloristico. «Questa legge tutelerà la tradizione, farà pubblicità ad un prodotto tipico di altissima qualità. Ma soprattutto incentiverà la formazione professionale e l'occupazione a livello nazionale, non solo locale». La pasta fresca, infatti, è amata in tutta Italia. «Le persone sarebbero invogliate a venire in Regione per imparare a tirare la sfoglia, per aprire poi un negozio di pasta fresca a casa loro». Un progetto di legge, dunque, che in questo periodo di crisi economica e del lavoro «casca a fagiuolo».

Da sinistra, Franco Grillini, Consigliere Emilia Romagna, e presidente onorario di Miss Tagliatella, Silvia Bartolini, presidente della Consulta regionale Emilia Romagna assieme alla vincitrice.

Claudia Ferri, del Pastifi cio La Lanterna,

in giuria, mostra la vera protagonista della

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Le “zdaure” di domaniE proprio la formazione è un altro punto di forza di Miss Tagliatella. «Il concorso - conferma il Presidente della Consulta regionale Emilia Romagna, Silvia Bar-tolini - mostrando come si fa la vera sfoglia emiliana, off re la possibilità di avvicinarsi al mestiere. Inoltre, promuove la cultura della buona tavola, e una delle eccellenze gastronomiche dell'Emilia Romagna: la ta-gliatella, appunto, ma non solo».È, dunque, un'arte «che merita di essere qualifi cata, sia perché richiede una grande professionalità, sia perché promuove un'antica tradizione: preparare la sfoglia appartiene alle "zdaure" (le casalinghe emiliane) da generazioni». È un mestiere che unisce al passato, che riporta alla concretezza e ai valori della cultura contadina «quando - ricorda Grillini - le nostre madri ci insegnavano che non si deve buttare nulla e che a tavola bastano farina, uova e sale per sfamare una famiglia».Ma è anche un mestiere capace di "unire i popoli". Ricorda Silvia Bartolini: «Tempo fa sono stata negli Stati Uniti, in Illinois, e lì mi hanno dato da mangiare i tortellini. Non erano buoni come i nostri, però è la dimostrazione che la cucina unisce le culture: è stato un gentile gesto dei miei ospiti per farmi sentire a casa, ma è stato anche un modo concreto per farmi ricordare che in tutto il mondo gli immigrati italiani hanno fatto

Il direttore di “Gustando”:«Un successo emblematico»

Alla finale di dicembre di Miss Tagliatella sono approdate le vincitrici delle 16 tappe che si sono svolte durante la primavera e l’estate scorsa in tutta l’Emilia Romagna ma anche a Mantova, a Crema e a Longarone.«Il successo di Miss Tagliatella - spiega il direttore di "Gustando", Lamberto Mazzotti - è emblematico: una manifestazione che è nata quasi per gioco ora riempie le piazze d’Italia con migliaia di persone che sostengono con un tifo sfegatato la loro "campionessa". La tagliatella è il tipo di pasta fresca che più identifica l’amore italiano per la pastasciutta, familiare, tradizionale, gustosa e nutriente (con il ragù alla bolognese). La finale di Castelfranco Emilia, poi, è stata un’esperienza piacevole ma anche istruttiva, perché le sfogline in gara, autentiche professioniste del matterello, hanno messo in campo tutta la loro bravura, così da sottoporre la giuria ad un duro lavoro per scegliere, con criteri assai rigorosi, la vincitrice: una simpatica ultrasettantenne di Suzzara. L’auspicio è che questa manifestazione possa crescere e affermarsi anche in altre regioni d’Italia sulla scia del successo che sta vivendo la cucina italiana con i suoi piatti più tradizionali».Sponsor della manifestazione: Molini Pivetti, Eurovo, Pastificio La Lanterna.

conoscere la nostra cucina». In quest'ottica, esportare la sfoglia, il cappelletto, la tagliatella, oltre i confi ni locali in cui sono nati non rischia di far perdere loro l'identità, il legame col terri-torio che li rende unici, «al contrario, li promuove nel modo corretto», contribuisce a smascherare ibridi che non hanno nulla a che vedere con i piatti tipici, come gli spaghetti alla bolognese o le lasagne preparate con la panna al posto della besciamella». Per tutte queste ragioni, «non possiamo permettere che il mestiere di sfoglina cada nell'oblio: non sarebbe bellissimo se anche nei ristoranti di Londra, New York, Pechino, ci fossero delle zdaure capaci di preparare la sfoglia?».E né Grillini, né la Bartolini si limitano alle parole: il primo, è in grado di preparare l'impasto «ma a tirarlo non sono il massimo, ci vuole professionalità e, so-prattutto, del gran olio di gomito»; mentre la seconda ha persino fatto un corso e, a Natale, la madre le ha regalato il mattarello della nonna. Perché sfogline, un po' si nasce, e un po' si diventa.

In giuria, anche la chef Albarosa Zoffoli (qui, tra le concorrenti della fi nale).

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Turchia,

Lo scorso anno è stato l'anno del "boom" della produzione di pasta alimentare in Turchia. Nel 2011, infatti i produttori locali hanno raggiunto il massimo storico con 851.000 tonnellate di pasta prodotte e 406.000 tonnellate esportate in oltre 140 Paesi. Si tratta di un duplice record, nel settore e nell'intera storia della produzione della pasta turca, come ha dichiarato Murat Bozkurt, presidente dell'Associazione turca

degli industriali della Pasta (Tmsd), secondo il quale la crisi economica globale non ha affatto danneggiato le vendite perché la pasta e' considerato un alimento di base. Le vendite sul mercato interno, tuttavia, non hanno registrato un aumento e Bozkurt ha sottolineato che sono attualmente in elaborazione strategie per aumentarle.Secondo il manager, la Turchia aumenterà le vendite di pasta

Ormai secondo produttore al mondo, con l’Italia nel ‘mirino’ - ma di sorpasso per ora non se ne parla

boom della produzione di pasta

in Europa e negli Stati Uniti, considerati i due principali mercati dai produttori. Ad oggi, tuttavia, delle 406.000 tonnellate di pasta esportate, solo 2.000 sono arrivate negli Usa. “Gli Stati Uniti sono un mercato potenzialmente enorme per noi e vogliamo esservi presenti”, ha detto Bozkurt. Nel frattempo, le esportazioni di pasta verso l'Europa sono ostacolate anche da contingenti d’importazione. Attualmente vi è un contingentamento delle importazioni dall'Europa di 20.000 tonnellate e la Turchia lo scorso anno ha esportato 17.000 tonnellate. Bozkurt ha spiegato che la Turchia era seconda solo all'Italia nella produzione di pasta e, nonostante il fatto che l'Italia abbia già conquistato il mercato europeo, l'export turco è cresciuto ad un ritmo più veloce. Entro la fine del 2012 i produttori turchi intendono esportare 500.000 tonnellate di pasta.

Fonte: ANSA

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Il primo libro che si trasforma in una teglia di lasagne: peccato sia tedesco, non italiano

Leggi le lasagne, mangia il libro!Chi non ha mai visto un film in cui la spia catturata è costretta a mangiare il messaggio segreto per non farsi scoprire?Beh finora non era una grande idea, il sapore della carta non affascina nessuno … ma ora, con un’idea geniale, che è rimbalzata nei siti di tutto il mondo, un editore (tedesco: ma la pasta non sarebbe ‘cosa nostra’?) è nato il libro – lasagna: un’opera di sicuro più facile da mandar giù di molti altri libri ‘tradizionali’.

Le pagine di questo strano ‘libro’ (che, a giudicare dalle foto, è bello quanto buono) sono realizzate con pasta fresca al 100 per cento e contengono le istruzioni per cucinarla a dovere (anche se trattandosi di pasta ‘alla tedesca’ non garantiamo per le ricette …). Purtroppo, non si trova al supermercato né in libreria. E’ un’edizione speciale disponibile presso l’editore tedesco specializzato in libri di ricetta Gerstenberg Publishing

House, che l’ha realizzato con la collaborazione di un notissimo studio di design. Più che in una traduzione forse è il caso di sperare in una riedizione in lingua (e ricette) italiane. Ed è un’idea che rappresenta una bella sfida per editori e ‘sfogline’. Ma d’altra parte, avere finalmente la possibilità di mangiare un libro di ricette … invece di mangiarsi il fegato per come siamo riusciti a realizzarle … non sembra una cattiva idea.

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Servizio, marginalità, versatilità: i vantaggi di una specialità dedicata a bar, gelaterie, ristoranti e altri punti vendita

Arrivano in Italiai Waffle di McCain

Ancora una volta McCain, il leader mondiale nella produzione di soluzioni a base di patata, si mette in gioco cogliendo un’importante sfida: creare nuove occasioni di consumo nel mondo della ristorazione, stuzzicando i gusti della clientela in ogni momento della giornata. È così che arrivano in Italia i Waffle, le tipiche cialde di origine belga caratterizzate dalla trama a nido d’ape. In Francia si chiamano Gaufre, in Germania Waffeln e in Inghilterra Waffle e sono apprezzati in tutto il mondo da grandi e bambini. Tutti i Waffle (Sweet, Mini Sweet e Original) di McCain si possono preparare rapidamente direttamente

surgelati scaldandoli sull’apposita piastra, nel forno o nel tostapane. I classici Sweet Waffle e i Mini Swett Waffle possono, inoltre, essere rinvenuti velocemente anche nel microonde o consumati a temperatura ambiente.Durante la preparazione il profumo intenso e goloso di zucchero e caramello inebria il locale e stuzzica l’appetito di tutti. È possibile personalizzare i Waffle in pochi secondi con golose farciture: le migliori ricette ideate dello chef o semplicemente con quelle che meglio soddisfano il gusto dei clienti!I Waffle McCain garantiscono un’alta marginalità grazie al costo porzione contenuto: con l’aggiunta di pochi ingredienti si crea valore aumentando i guadagni con una proposta innovativa e inviante, in grado di diversificare e rendere distintiva l’offerta del locale.I Waffle McCain possono essere serviti al bar al posto del solito cornetto, in hotel in buffet intercontinentali, nel chiostro in strada per il più dolce dei take away, nei parchi divertimenti o in numerosi fast food, alla tavola calda come alternativa al classico toast, al ristorante come proposta dessert più ricercata, in yogurtiera e gelateria in un corner dedicato e in qualsiasi punto di ristoro che voglia cogliere nuova opportunità da questo sensazionale prodotto.

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Presentata a Bologna la Fondazione Bruto e Poerio Carpigiani e le prime iniziative per ricordare l’inventore dell’Autogelatiera

Carpigiani traMuseo e Alma Mater

Nasce a luglio il primo museo del gelato al mondo per mano della Fondazione Bruto e Poerio Carpigiani, appena nata e presentata a Bologna per celebrare il centenario della nascita di Poerio Carpigiani, con il fratello Bruto inventori dell’Autogelatiera, la ‘madre’ delle macchine da gelato italiane leader nel mondo. “Il primo mantecatore”, spiega Andrea Cocchi, ad della Carpigiani e direttore generale della neonata Fondazione, “l’ha prodotto Otello Cattabriga nel 1927″. Ma l’Autogelatiera è una vera e propria macchina automatica che, dopo la morte di Bruto e grazie al fiuto commerciale del fratello Poerio, fa nascere nel 1946 l’azienda e acquisisce subito la Cattabriga. Oggi leader indiscusso nel mondo, la Carpigiani investe nella cultura del settore e del Made in Italy: nasce in quest’ottica il Gelato Museum di Anzola Emilia, comune della cintura di Bologna dove un suo laboratorio educa al gelato artigianale 6.000 persone l’anno e ha già dato impulso a un corso di laurea ‘ad hoc’ con il polo di Rimini dell’Università di Bologna.

Questo nuovo corso di formazione permanente partirà a giugno prossimo e rappresenta un primato internazionale, promosso proprio nella stessa città che, nel lontano 1927 vide la nascita della prima macchina del gelato. Lo scopo è quello di formare un professionista nel settore dolciario e gelatiero, che acquisisca le necessarie conoscenze tecniche e pratiche nel campo della produzione igienica e del valore nutrizionale.

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“Siamo orgogliosi di collaborare alla realizzazione di questo innovativo e pionieristico corso universitario” ha commentato Kaori Ito, direttrice di Carpigiani Gelato University, la scuola più famosa al mondo nel settore, la quale ha sottolineato come obiettivo primario dell’esperienza formativa sarà quella di trasferire le competenze sugli aspetti nutrizionali e qualitativi di questo prezioso elemento, in modo da creare competenze al passo con i tempi.Il corso si articolerà in una parte teorica, tenuta presso il Polo universitario di Rimini, e in una parte pratica, che culminerà in un vero e proprio stage, condotta dal maestro Roberto Lobrano, presso la sede di Anzola dell’Emilia, di Carpigiani Gelato University, dove, tra l’altro entro l’estate è prevista l’apertura di un Museo del Gelato.

Saranno 49 le ore di lezione complessive, per un totale di 7 crediti formativi, rilasciati insieme a un diploma ufficiale dell’Università di Bologna. Tra i docenti ci sono Giorgio Cantelli Forti, presidente del Polo Scientifico Didattico di Rimini e Silvana Hrelia, della Facoltà di Farmacia e Biochimica della nutrizione.La professoressa Hrelia, che è anche il direttore del corso, ha precisato come “il gelato è un alimento particolarmente adatto ad essere funzionalizzato, essendo un ottimo carrier di ingredienti ad alto valore aggiunto, quali i componenti nutraceutici”. Un alimento, quindi, che si presta benissimo “all’addizione di fibre, batteri probiotici e componenti antiossidanti”.

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Circiello ‘cucina’Porta a Porta

Avere l’occasione di portare le proprie idee, capacità, creatività in una tribuna prestigiosa quale quella di Porta a Porta su RaiUno, raccontando al grande pubblico televisivo la propria esperienza rappresenta un riconoscimento davvero importante.E’ quello che è successo poche settimane fa ad Alessandro Circiello, la cui cucina, guidata da quei principi che da tempo trovate esposti anche sulle pagine di P&P, che ne ha anche ‘approfittato’ per presentare alcune ricette tratte dal suo nuovo libro, “La salute vien mangiando”.Alessandro ce le ripropone in queste pagine, con l’augurio che soddisfino il gusto, ma contribuiscano anche ad una migliore alimentazione e a alla buona salute!

Il salotto di Vespa su RaiUno presenta le idee e la cucina di Alessandro Circiello, di cui è appena uscito il nuovo libro.

Alessandro CircielloENOGASTRONOMIAwww.alessandrocirciello.com

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EsecuzioneCuocere il trancio di baccalà, con poco olio e aneto, sotto vuoto in forno a vapore temperato a 65°C. abbattere in positivo dopo la cottura e stemperare in acqua tiepida prima del servizio.A parte preparare un centrifugato di melagrana, e un’insalata con tutti i restanti ingredienti.

ComposizioneDisporre sulla base del piatto l’insalatina, unire il baccalà tiepido o freddo, ultimare con un’emulsione di centrifugato di melagrana, olio e poco sale facoltativo.

baccalà g 400arance n° 4melagrana n° 2olive nere Gaeta g 100aneto q.b.olio extra vergine d’oliva q.b.finocchi n° 2

Ingredienti

Insalata di baccalà(Ricetta di Alessandro Circiello)

Suggerimento a cura della S.I.S.A. Società Italiana Scienza dell’Alimentazione, su questa tecnica di cottura (Da “La salute vien mangiando®“)

“La cottura sotto vuoto è eccellente per preservare i valori nu-trizionali non disperdendo le albumine, i sali minerali, il fosfo-ro, il sodio che contiene questo pesce povero, ottimo anche per la conservazione dato che il prodotto è pastorizzato nello stesso involucro senza attacco di carica batterica, con l’ag-giunta dell’insalatina può essere considerato un ottimo piatto unico, interessante l’abbinamento al posto del vino di un cen-trifugato di melagrana e finocchi.”

“Promotore di salute”Nel suo nuovo libro in libreria, Alessandro Circiello propone un nuovo ruolo per lo chef … e per la gastronomia!

Una nuova linea di cucina: semplice, modernamente minimalista, equilibrata e armoniosa, ricca d’idee preziose, attenta a rinnovare la tradizione esaltando il gusto e provocando emozioni. Alessandro Circiel-lo, il cuoco di Rai Due, con questa sua espressione indica una cucina innovativa, che sa trasformare la soddisfazione del gusto nel piacere della salute.Perché il cuoco deve essere sempre “promotore di salute”, applicando le tecniche professionali dell’alta culinaria, sia possibile nutrire il corpo in modo sano, affermando prodotto, menù, piatto e ambiente per soddisfare ciascuno dei cinque sensi. Una linea di cucina che si propone l’appagamento dell’intelletto, e rivela il suo intento di rinnovamento culturale. “Se si comprende un cibo, una preparazione, un piatto si degusta, si assaggia, si cerca di cogliere i sapori, si compie un’operazione intellettuale e per farlo si richiedono competenza e capacità di capire”.

La stessa scelta dei piatti è influenzata dall’ambiente e dalle circostanze, mentre l’abbinamento con altre sen-sazioni (come quelle suscitate dalla musica) contribuisce a rendere l’esperienza del mangiare piena e totalizzante. E in più una nuova scoperta: il tempo, l’elemento originale da tenere presente per degustare la pietanza, perché “tutti i piatti hanno un proprio tempo giusto in rapporto al gusto”, lento o vi-vace che sia. Ed ecco così svelato l’obiettivo di : con-tribuire a fare della cucina “una vera e propria arte, la gastronomia”. Le sue ricette sono la manifestazione di questi principi, ma sono anche, semplicemente, un ineguagliabile piacere tutto da degustare, vere preziosità di scienza e gusto. Una festa di sapori e sensazioni che non si potranno dimenticare.

Alessandro CircielloTutti a tavola, la salute è servitaUn anno in cucina con il cuoco di Rai DueEd. Kowalski - Feltrinelli - Pagine 320 - € 16,00

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EsecuzioneScaloppare il trancio di tonno ed inse-rirlo a due fettine di pane tagliato sottile dallo spessore poco più grande di alcune fette di prosciutto; è preferibile per facilitare l’operazione porre il pane in freezer prima di tranciarlo. A parte marinare le puntarelle con succo di arancia e ghiaccio. Cuocere i broccoli in acqua bollente, raffreddarli in acqua e ghiaccio e poi emulsionarli con un frullatore ad immersione assieme ad acqua di cottura e poco olio e fibra, in modo da ottenere una salsa spumosa. Riservarli caldi e croccanti, cuocere sempre a parte la cicerchia, raffreddare dopo la cottura e spadellare.

Composizione Dorare in padella ben calda il san-dwich, lasciandolo al centro poco cotto. Accompagnare il tutto con l’emulsione di broccoli a giro piatto, disponendo il sandwich su un’insalatina di puntarelle, cerfoglio; ultimare con i due germogli ed accompagnare da un centrifugato di carote per le puntarelle.

tonno rosso g 300pane casareccio g 100puntarelle g 100broccolo cimone g 300cicerchia g 30carote g 300ghiaccio q.b.olio extra vergine d’oliva q.b.cerfoglio q.b.arancia n° 1germogli di lenticchie g 50germogli rapa rossa g 50Fibra g 10

Ingredienti

Sandwich di tonno(Ricetta di Alessandro Circiello)

Suggerimento a cura della S.I.S.A. Società Italiana Scienza dell’Alimentazione, su questa tecnica di cottura (Da “La salute vien mangiando®“)

“Il pesce azzurro con questa cottura indiretta non fa evapora-re, mandandoli in fumo, i suoi principi nutritivi. Con il pane ed i restanti ingredienti possiamo considerare questo piatto - con i broccoli considerati una verdura antitumorale, e gli antichi legumi la cicerchia, utilizzata non molto ultimamente ma patri-monio della dieta mediterranea - ottimo d’inverno, ma anche in primavera per il fabbisogno di antociani pigmenti idrosolubili che favoriscono l’abbronzatura e preparano la pelle alle espo-sizioni solari.”

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EsecuzioneAvvolgere i filetti di triglia sfilettati e squamati nel porro sbianchito, tam-ponare con carta assorbente e friggere in zucchero a 160 °C per alcuni minuti, accompagnare con finocchi padellati a falde.

EsecuzioneSfilettare le triglie e squamarle, lasciarle in infusione con poco olio e timo a + 4°C per 30 minuti, eliminarle dal liquido di infusione, porle su una griglia di acciaio con sotto un recipiente che contenga l’olio di cottura. Portare l’olio per la frittura non frittura a 170°C, colare con un mestolo sopra ogni singolo filetto, ripetendo l’operazione per 3 volte.Accompagnare con un centrifugato di sedano.

Triglie da 400 g n°1Sciroppo di glucosio g 200Porro n° 1Finocchi g 400

triglie da 400 g n°1olio extra vergine d’oliva l 1timo fresco q.b.sedano g 500

Ingredienti

Ingredienti

Triglie fritte in zucchero

Fritturanon frittura

(Ricetta di Alessandro Circiello)

(Ricetta di Alessandro Circiello)

Suggerimento a cura della S.I.S.A. Società Italiana Scienza dell’Alimentazione, su questa tecnica di cottura (Da “La salute vien mangiando®“)

“Con il termine frittura non frittura, l’autore ha espresso in due parole tutto il suo significato, una frittura non ad immersione ma di alternativa intuizione dell’autore, in questo modo il pe-sce assorbe una percentuale inferiore di grasso all’interno del filetto, ed avendo una temperatura non alta come le classiche fritture andiamo a preservare le albumine e vitamine del pesce nella loro massima espressione, conferendo il massimo dei valori nutrizionali che può trasmettere l’ingrediente.”

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Tradizione. Innovazione. Passione.iba 2012 – Salone Internazionale della Panificazione.

iba 2012 – L‘appuntamento imperdibile per la panificazione industriale.

iba 2012 è la vetrina più importante a livello internazionale per il mondo della panificazione. Il salo-ne raccoglie infatti, sotto lo stesso tetto, le ultime novità nel campo dei forni, delle macchine per la panificazione e delle tecnologie di produzione, i sistemi più moderni per la pulizia e l‘igiene degli apparati produttivi, le soluzioni più recenti per il confezionamento e lo stoccaggio. Troverete anche idee e suggerimenti per l‘ottimizzazione del processo e le ultime innovazioni nel campo dell‘informatizzazione.

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Molino Grassi per la ristorazione

Molino Grassi entra ufficialmente nel mondo dell’alta ristorazione con la nuova linea di farine, “QB – Qualità Bio”: 5 diverse tipologie di farine Kamut®, Kronos®, Manitoba, Einkorn e Multicereali, che grazie alle sue particolari caratteristiche garantisce la qualità e l’eccellenza di un prodotto unico e di altissimo pregio. Grazie a particolari valori nutrizionali, esaltati dall’utilizzo di farine “poco raffinate”(integrali e tipo 1) e al gusto superiore che le miscele offrono,la linea è perfetta per la realizzazione di pani di formati “mignon” adatti all’alta ristorazione.

Pani “di lusso” e uno sprone per la creatività del mondo della ristorazione con la linea QB – Qualità Bio

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Cambiano i consumi di vino nella Gdo:

prezzo&qualità

La recessione ha messo la parola fine al fatidico rapporto qualità/prezzo negli acquisti di vino nei supermercati, nel senso che i consumatori privilegiano o il prezzo o la qualità. La novità viene evidenziata da ben due ricerche di mercato presentate a Vinitaly: le scelte sono infatti influenzate maggiormente dalla finalità d’uso (vino da tavola per uso quotidiano, vino da regalare, vino per gli ospiti a cena), quindi il consumatore si orienta alternativamente sul fattore prezzo o sul fattore qualità. Non a caso le fasce di prezzo che fanno registrare una crescita nel 2011 sono due: quella bassa, sotto i 3 euro, e quella alta, sopra i 5 euro. L’altra novità è che i prezzi del vino nella Grande Distribuzione (Gdo) aumentano, sia per effetto del caro vita che della maggiore presenza in scaffale di vini “nobili”: si veda l’esempio del Brunello di Montalcino, le cui vendite sono aumentate del 14,8%, con un prezzo medio a bottiglia di 17,2 euro. Gli italiani, dunque, privilegiano sempre più il supermercato come luogo d’acquisto

del vino (571 milioni di litri nel 2011), certamente per la sua convenienza, ma anche perché qui trovano un vasto assortimento di vino di qualità (320 milioni di litri di vini Doc, Docg, Igt acquistati nel 2011). Il 62,9% sceglie il supermercato per l’acquisto di vino, il 25% il produttore o la cantina, il 7,3% in enoteca, il 5,1% in altri tipi di format (negozi, grossisti, vendita a domicilio e internet, agriturismo).Il quadro complessivo è emerso dalla tavola rotonda condotta da Luigi Rubinelli, Direttore di RetailWatch.it, con la presentazione delle ricerche di SymphonyIRI Group sul mercato del vino nella Gdo e quella della sociologa delle tendenze alimentari Marilena Colussi, in collaborazione con CRA, sui comportamenti dei consumatori negli acquisti di vino, entrambe commissionate da Veronafiere.

Vinitaly ha appena chiuso i battenti: dalla grande kermesse enologica di Verona arriva anche la foto del rapporto tra vini e Gdo

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Cambiano i consumi di vino nella Gdo:

prezzo&qualità

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Anche nel canale della Gdo la crisi si fa sentire, tanto che le vendite di vino confezionato nel suo complesso scendono dello 0,9% nel 2011 rispetto all’anno precedente: le uniche due fasce di prezzo a crescere sono quelle delle bottiglie da 75 cl sotto i 3 euro, dello 0,6% a volume, e quella superiore ai 5 euro con un +11,1% a volume. “Complessivamente i volumi sono in calo e i valori in crescita, in linea con l’andamento dei consumi nel Paese”, ha ribadito Virgilio Romano, curatore della indagine di SymphonyIRI Group, “ed anche i dati dei primi due mesi del 2012 evidenziano un marcato incremento dei prezzi, anche se è difficile dire quanto tutto ciò si ripercuoterà sulle vendite, essendo il mercato del vino piuttosto atipico”.Novità anche sui formati del vino: si accentua la flessione del bottiglione da un litro e mezzo, la bottiglia da 75 cl è ormai regina del mercato, anche se il brick mantiene le posizioni, seppur sostenuto da forti promozioni. Le mezze misure si affacciano però anche nei supermercati, tanto che Luigi Rubinelli le ripropone per il futuro: “Una volta le unità di misura nelle trattorie erano: un quarto, mezzo litro e 1 litro. Perché non riproporle sia nell'horeca che nella Gdo? Sono le misure giuste per bere vino, anche responsabilmente".Le vendite in promozione sono aumentate (38% del totale nel 2011, mentre la percentuale nel 2010 era del 37% e si prevede arriverà al 39% nel 2012). Aumentano anche le vendite dei vini a marca

commerciale, cioè prodotte dalla catena distributrice, seppur con etichette di fantasia, che raggiungono i 43 milioni di euro venduti di bottiglie da 75 cl (erano 40 nel 2010).“I vini a marca del distributore si affiancano all’offerta esistente”, ha detto Gianluca Di Venanzo, rappresentante di Federdistribuzione (l’associazione maggioritaria delle imprese della Gdo) a Vinitaly, nonché Direttore generale di Despar, “puntando sul rapporto di fiducia creato nel tempo con il consumatore: un prodotto di buona qualità, selezionato in modo accurato e capace di presentarsi ai clienti con un prezzo accattivante. La presenza della marca commerciale s’inserisce in un contesto di flessione dei consumi: bisogna puntare a uno sviluppo che sia quantitativo ma soprattutto qualitativo, assumendo un ruolo di diffusione e conoscenza dei prodotti di gamma più alta e a denominazione d’origine, realizzando innovazione sul layout espositivo, selezione nell’assortimento, creazione di sinergie con i prodotti locali degli altri reparti”.Anche le cantine sollecitano la Grande Distribuzione ad assumere un ruolo più attivo nel mercato del vino, abbandonando una posizione di mero servizio. “Abbiamo una situazione totalmente nuova, sia per i produttori che per i distributori”, ha affermato Lucio Mastroberardino, Presidente dell’Unione Italiana Vini. “Dopo l’eccesso di offerta, nei prossimi anni assisteremo a un ritorno alla normalità, grazie all’effetto

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calmieratore della riforma del settore vitivinicolo comunitario (Ocm), che ha già prodotto materia prima scarsa e listini al rialzo. L’occasione è propizia per costruire qualcosa d’inedito per il nostro Paese: filiera vino e distribuzione non più in contesa per strapparsi il margine, ma alleate per offrire al proprio cliente, il consumatore, non solo un prodotto, ma un ‘valore’, sul quale si è deciso di investire insieme: in formazione, in acculturamento, in promozione. Solo così si potranno evitare derive e svincolarsi gradualmente dalla logica sterile del prezzo. Oggi, invece, le politiche d’offerta e di competitività della Gdo per attrarre i consumatori fanno leva solo sulla scontistica, la più profonda possibile”.Sul rapporto con i produttori è intervenuto anche Giuseppe Zuliani, Direttore della Marca Commerciale di Conad: “Nel 2011 abbiamo lanciato 57 nuove etichette a marchio proprio e per farlo abbiamo selezionato 30 cantine di produzione autoctona rappresentative della produzione locale e con standard qualitativi di alto livello”.

Altro dato di rilievo presentato da SymphonyIRI alla tavola rotonda è quello della vendita delle bollicine nella Grande Distribuzione: la crescita nel 2011 si limita ad un + 0,4% a volume, frenata da un considerevole rallentamento dello champagne francese (- 8,2% a volume) e da un Natale influenzato dalla crisi finanziaria e dalla contrazione dei consumi.Ma si conferma il grande successo delle bollicine italiane: il Prosecco cresce dell’8,3% a volume e il Muller Thurgau del 10%.“Gli spumanti contribuiscono in maniera determinante alla tenuta del comparto”, ha sottolineato Sergio Soavi, Direttore dei Prodotti Tipici della Coop, “anche perché rappresentano una scelta ben precisa che molte persone fanno (facilità di utilizzo, duttilità e polivalenza d’uso, qualità comprensibile, aggancio festoso e sereno ad altri ambienti di relazione). Queste caratteristiche accompagnano anche il successo e la crescita di molti vini storici (come Lambrusco e Chianti) ed emergenti (come Kalterersee o Schiava, Marzemino, Muller, Pignoletto)”.La ricerca di SymphonyIRI evidenzia come i vini esteri nei supermercati abbiano una quota di mercato piuttosto esigua con 16 milioni di euro venduti: la quota del vino francese è la più grande (grazie allo champagne) raggiungendo lo 0,5%, segue il vino spagnolo (0,1%) e si fanno notare le buone performances dei vini portoghesi e cileni. Il canale della Gdo è rilevante anche nella conquista dei mercati esteri da parte del vino italiano che scavalca il vino australiano nel mercato statunitense e consolida il suo vantaggio sul vino francese in Germania.Infine, sempre interessanti le classifiche dei vini più venduti nel canale Gdo in Italia: Lambrusco, Sangiovese, Montepulciano d’Abruzzo, Nero d’Avola e Chianti. Diversi vini pregiati si affacciano nella classifica dei vini con maggior tasso di crescita: oltre al già citato Brunello di Montalcino, il Pecorino da Marche e Abruzzo, la Falanghina, il Gavi, il Marzemino, il Rosso di Montalcino.

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Banchetti letterari“Banchetti letterari”, curato da Gino Ruozzi, raccoglie circa cinquanta voci dedicate ai cibi nella letteratura italiana, in cui vengono raccontati alimenti, piatti e ricette che hanno una presenza significativa nella nostra letteratura, dal pane di Dante e di Manzoni al risotto di Gadda, dalle salsicce e formaggi del paese di Bengodi del Decameron di Boccaccio al timballo di maccheroni del Gattopardo di Tomasi di Lampedusa. Alcune voci approfondiscono particolari aspetti e momenti storici e gastronomici, come i cibi di guerra e i cibi dietetici, i cibi dei migranti e quelli polizieschi, la cucina kosher e quella futurista, legando il cibo alla cultura del tempo e all’evoluzione dei costumi. Nella ricorrenza del centenario, a sovrintendere e siglare questi banchetti letterari sono la figura di Pellegrino Artusi e la sua magistrale Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene.“Nel ‘500 i Francesi dicevano che noi parliamo di cibo come delle cose importanti”, spiega Massimo Montanari, storico attento al discorso alimentare. “D’altronde la cucina ha un ruolo straordinario nella costruzione dell’identità del nostro paese, la cui unione culturale, non politica, è data da arte, letteratura, musica e cibo. Esiste una cultura gastronomica italiana, con diversi dialetti locali che interagiscono e costruiscono una rete comune: una lingua

Una biblioteca tutta da assaporare in 7 secoli di letteratura

gastronomica. Ma la letteratura dà qualcosa di più di altre fonti, perché dà il valore simbolico, il cibo come strumento di linguaggio».

Banchetti letterariCibi, pietanze e ricette nella letteratura italiana da Dante a Camilleri a cura di Gino Ruozzi2011 pp. 412 Le sfere – Carocci Editore - € 30,00ISBN 9788843062386

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