Palazzina di StupinigiChiablese, un innovativo Progetto Didattico per giovani di scuole secondarie...
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NEWSLETTER n. 4 LUGLIO 2016
Intervista con l’architetto Luisa PapottiSoprintendente di Torino e Provincia
A fine anno la mostra “Tutte le Meraviglie del Mondo. Le collezioni di Carlo Emanuele I”
La Consulta di Torino: un concerto di “artisti” insieme per dare vita al territorio
un valore per la città
una tutela moderna
musei reali, prima mostra
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Palazzina di Stupinigila dimora ritrova le sale della reGina
Progetto Didatticopalazzo madama ospita la prima summer scHool
Palazzo Chiablesetornano aulici due amBienti al primo piano
Un museo per crescere
Svolto in collaborazione con Palazzo Madama,
il nuovo Progetto didattico della consulta di torino
ha coinvolto sei classi di cinque scuole secondarie
di torino e Provincia. In premio la prima Summer
School organizzata dal museo.
2 IdEE / INTERvENTI
Consulta, un valore per il territorio torinesedagli interventi appena conclusi a quelli che avanzano, mentre si avvicina
il traguardo del trentennale nel 2017. il lavoro di concerto di un’associazione
che vuole essere motore di rinnovamento per il territorio.
Intervento della PresIdente dI Consulta adrIana aCutIs
Nel 1987 a dare vita a Consulta fu
un’esperienza pionieristica di un piccolo
gruppo di imprenditori e manager che amavano
ed amano profondamente la loro città. Oggi,
quasi 30 anni dopo, Consulta è un valore per
Torino e un’esperienza di interesse nazionale.
Sviluppando l’enorme potenziale, non ancora
completamente espresso, del patrimonio
artistico e culturale di Torino, Consulta è motore
di rinnovamento per il territorio.
Nella prima metà del 2016 ha concluso tre
progetti: il restauro di due Gabinetti di Palazzo
Chiablese, un innovativo Progetto Didattico per
giovani di scuole secondarie in collaborazione
con Palazzo Madama e il magistrale restauro
Mettete insieme una serie di capolavori artistici, un grande mu-seo, un nutrito gruppo di ragazzi tra i 16 e i 18 anni, la loro voglia di fare e di creare. Lì per lì potrebbe anche non succedere niente. Ma se a questi elementi unite l’appassionata capacità didattica di storici dell’arte, l’idea di una sfida tra compagni e il senso di re-sponsabilità che nasce nei giovani quando sono trattati alla stregua degli adulti, allora avrete tutti gli elementi del Progetto Didattico promosso dalla Consulta di Torino per l’anno scolastico 2015-2016 e organizzato in collaborazione con i Servizi Educativi di Palazzo Madama. E avrete, soprattutto, dei risultati che potrebbero sor-prendervi.
L’iniziativa si inserisce in un filone di attività per gli studenti delle superiori che Consulta ha inaugurato con successo nel 2011 e che giunge ora al suo terzo appuntamento. Attraverso la formula dei Progetti Didattici i giovani che stanno concludendo il loro percor-so di studi in licei o istituti hanno l’opportunità di partecipare a stage formativi presso le principali realtà museali di Torino. E qui, insieme all’approfondimento delle discipline artistiche, entrano in contatto con la sfaccettata realtà di un mondo particolare come quello dei musei moderni, istituzioni che lavorano quotidianamen-te con la cultura, in modo articolato e complesso.
“Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. Chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano. Chi lavora con le sue mani e la sua testa ed il suo cuore è un artista.” (San Francesco d’Assisi)
“La più bella esperienza che possiamo avere è il mistero – l’emozione fondamentale che sta alla base della vera arte e della vera scienza.” (Albert Einstein)
“Si può esistere senza arte, ma senza di essa non si può Vivere.” (Oscar Wilde)
“Sogno di dipingere e poi dipingo il mio sogno.” (Vincent Van Gogh)
dell’Appartamento della Regina presso la Palazzina di Caccia di Stupinigi. Prima della fine dell’anno verranno inaugurati il restauro dell’Affresco della Chiesa dell’Annunziata di Chieri e la mostra sulle collezioni di Carlo Emanuele I organizzata dai Musei Reali con la collaborazione di Consulta.
Il 2017 sarà il trentennale, i lavori previsti vedranno Consulta attiva al cuore del territorio, nelle residenze sabaude di Stupinigi e di Venaria Reale e nella Cappella della Sindone. Altri porteranno il suo respiro fuori città.
Si tratta di un’impresa imponente che continua negli anni. Alcune frasi di grandi personaggi possono dare ispirazione a quest’opera:
Consulta allora, lo si può dire, è un concerto di artisti. L’arte di Consulta è fare dei suoi sogni una realtà, vita per il territorio, emozione per chi la sperimenta. Questa in sintesi è la sua opera. Grazie per tutte le persone, aziende ed enti che le danno continuità.
Adriana Acutis
dal 1987 la consulta di torino opera per valorizzare il patrimonio di arte e cultura del territorio piemontese.
il direttore di palazzo madama Guido curto e la presidente di consulta adriana acutis con un gruppo di partecipanti al concorso del progetto didattico.
3
Intitolato Porta, Castello, Residenza e Museo. Raccontami Palazzo Madama, il Pro-getto Didattico ha coinvolto sei classi del terzo e del quarto anno di scuole secondarie di secondo grado di Torino e Provincia: l’Istituto Tecnico per il Turismo Ignazio Giulio, il Liceo Classico Massimo D’Azeglio, il Liceo Lingui-stico Vittoria, il Liceo Scientifico Galileo Ferraris, l’Istituto Maria Immacolata di Pinerolo. In tutto 86 studenti, che sotto la preziosa guida dei docenti hanno lavorato divisi in piccoli gruppi di 5-6 persone. Il programma si è dispiegato lungo cinque mesi, tra febbraio e giugno. La prima fase è stata dedicata a far conoscere luogo e opere agli studenti. Tra marzo e aprile si è invece entrati nel vivo del lavoro: i ragazzi hanno scelto una tecnica per raccontare ciò che aveva colpito la loro attenzione durante la visita. Spazio dunque alla fantasia, ma con l’avvertenza di sfruttare le proprie attitudini: ne sono usciti diversi video, una web-serie in tre puntate, un’intervista impossibile ad Antonello da Messina, persino un fotoromanzo in stile anni ’60; non hanno perso il loro appeal i supporti cartacei, comunque molto utilizzati.
tre i proGetti didattici promossi e sostenuti
dalla consulta tra il 2011 e il 2016
INTERvENTI
ANNA LA fERLAResponsabile Learning department di Palazzo Madama
l’esperienza della prima summer school
istituito con la riapertura del 2006, il settore
dei servizi educativi ha un posto di crescente
rilievo in palazzo madama. i progetti dedicati al
pubblico sono tanti e decisamente trasversali: tra
i programmi messi in campo quello più innovativo
riguarda i tirocini formativi per gli studenti, lanciati
nel 2009. “accogliamo i giovani dopo la chiusura
dell’anno scolastico – spiega la responsabile,
anna la Ferla – e diamo loro la possibilità di
vivere un’esperienza professionale: fanno ciò che
facciamo noi, sia come impegno sia come orario,
e lavorano su progetti specifici”. A lei, che ha
seguito l’intero progetto didattico di consulta,
abbiamo chiesto un approfondimento.
Qual è la novità di questo Progetto didattico?
di norma ospitiamo 2-3 persone per volta, mentre
in questa occasione abbiamo accolto 15 studenti
tra i 16 e i 18 anni. Hanno avuto la possibilità
di conoscere palazzo madama e di lavorare
all’organizzazione di una piccola mostra creata
a partire dalla collezione di biglietti da visita del
sette-ottocento, mai esposti al pubblico e visibili
fino al 12 settembre. Per preparare la mostra
hanno dovuto organizzarsi: coordinare le capacità,
creare un racconto attraverso le opere, ideare un
titolo, produrre un video per la comunicazione
online del progetto.
La differenza quindi è solo nei numeri?
È stato diverso l’approccio. a cominciare dal fatto
che la summer school ha previsto un incontro
e un workshop con gli artisti Giulia Gallo ed
enrico partengo perché, pur essendo un museo
di arte antica, palazzo madama lavora anche
sull’oggi, sull’attualizzazione dei temi e delle forme
dell’antico nella società contemporanea.
Altre innovazioni?
un modulo sul 3d. i partecipanti hanno avuto
la possibilità di digitalizzare e modellare un
bronzetto del Seicento raffigurante Giunone che è
stato poi stampato in resina con tecnica 3d. non
è mancata una parte dedicata all’orientamento:
chiediamo sempre a chi fa il tirocinio presso di noi
di redigere un curriculum vitae, perché imparare
a conoscere le proprie capacità è indispensabile.
i giovani spesso ritengono di non saper fare
nulla, e invece ognuno possiede delle qualità: è
importante scavare in sé stessi per individuare
le capacità e le attitudini che in futuro potranno
svilupparsi.
ci sono stati anche momenti fuori dalle sale?
oltre a esplorare la torino della spina tre e del
parco dora, dove gli artisti partengo e Gallo hanno
lo studio, alcuni momenti del lavoro si sono svolti
a contatto con la natura, nel giardino medievale di
palazzo madama. crediamo che sia fondamentale
rendersi conto che gli oggetti hanno un corpo
e una fisicità: a questo scopo il rapporto diretto
con la natura è utilissimo. lì sono stati seguiti
dall’agronomo edoardo santoro che si occupa del
verde di palazzo madama e dai volontari senior
civici che svolgono il loro servizio in museo.
obiettivo del campus?
il nucleo del progetto è trattare questi ragazzi da
adulti, e cioè in modo professionale. vogliamo
offrire un approccio serio a tutte le differenti
figure che lavorano in museo, anche per
evidenziare la ricchezza di questo microcosmo.
Ciò significa dare l’opportunità ai partecipanti
di osservare il funzionamento di un museo sotto
ogni profilo, facendo comprendere loro che
dietro questa attività esistono un’organizzazione
complessa e un pensiero.
Valutati da una commissione, gli elaborati migliori sono stati presentati e pre-miati il 27 maggio in una cerimonia tenutasi in Palazzo Madama, introdotti dal Direttore del Museo Guido Curto, dalla Presidente della Consulta Adriana Acutis e dalla Responsabile dei Servizi Educativi di Palazzo Madama Anna La Ferla. Vincitore del Concorso un gruppo del Liceo scientifico Galileo Ferraris, che con il video “Cara Maria Giovanna” ha dimostrato “Capacità di far dialogare passato e presente, coniugando storia, arte e vita”. Tecnicamente eccellente, il filmato è una lettera aperta indirizzata alla seconda Madama Reale da un gruppo di giovani ragazze: un confronto tutto al femminile, decisamente ben sviluppato. Secondi classificati i ragazzi dell’Istituto Tecnico per il Turismo Carlo Ignazio Giulio, premiati invece per “La coerenza tra il prodotto e il pubblico di desti-nazione”. Ha convinto l’idea di una guida pensata apposta per i bambini, che diventano parte attiva di una visita trasversale del museo, dal Medioevo al Ba-rocco. Al terzo posto un gruppo dell’Istituto Maria Immacolata di Pinerolo, che ha scelto di raccontare, utilizzando il format del telegiornale, la storia di Palazzo Madama e del suo rapporto con Torino. La giuria ha apprezzato “L’originalità del tema e la buona consapevolezza della storia della città e del ruolo del museo”. Infine, una menzione particolare è andata a Tazzine in viaggio documentario in stile giornalistico realizzato con ironia da un gruppo del Liceo D’Azeglio.
Festeggiati dal pubblico, i vincitori sono stati premiati con l’ammissione alla prima Summer School organizzata presso Palazzo Madama, una full immersion in museo di dieci giorni, dal 13 al 23 giugno. Un premio impegnativo, che per questi ragazzi rappresenta il primo affaccio sul mondo del lavoro e un bel punto di partenza per il futuro.
un momento della cerimonia di premiazione in palazzo madama.
il Qr code rimanda al video del progetto didattico.
4 INTERvENTI
con il restauro di cinque ambienti della Palazzina
di caccia di Stupinigi, Fondazione cRt e consulta
di torino restituiscono al pubblico una delle parti più
preziose e coinvolgenti della Residenza venatoria.
torna in tutta la sua bellezza uno dei vertici
dell’architettura piemontese del Settecento.
La Palazzina di Caccia di Stupinigi è sempre una sorpresa. La si può vedere mille volte, e a ogni visita si uscirà con un’impressione inedita, colpiti da un det-taglio che non si era notato o sedotti da una nuova luce, che la straordinaria dimora barocca, inventata nel 1729 da Filippo Ju-varra per il regno in ascesa di Casa Savoia, fa emergere dall’infinito catalogo delle sue bellezze. Questa impressione è ancora più forte quando a Stupinigi si ha la fortuna di vede-re restaurate sale da troppo tempo abban-donate all’incuria. È lì che si comprende che intervenire è sempre opportuno, vista l’eccezionale qualità dell’opera; e che la Pa-lazzina merita di tornare integra, per essere offerta all’ammirazione del mondo.
Tutto ciò è quanto suggerisce il restauro dell’Appartamento della Regina, condotto dalla Consulta di Torino e finanziato con
fondi della Fondazione CRT, inaugurato il 9 giugno scorso alla presenza di un folto pubblico, tra cui numerose autorità, im-prenditori, architetti, storici, restauratori. Durato otto mesi, da ottobre 2015 allo scor-so maggio, il meticoloso lavoro restituisce cinque tra gli ambienti più importanti del complesso, che ora si possono di nuovo ap-prezzare con i colori e la luminosità voluti dallo stesso Juvarra. Dagli zoccoli alle volte tutto è di nuovo perfetto. Dell’imponente opera svolta dai restauratori non si trova traccia, ma proprio questa è la prova del paziente lavoro svolto su affreschi e tele, su porte e boiseries, su tappezzerie e fregi, su cornici e camini. La sensazione è quella di essere immersi in un luogo fuori dal tem-po, nel cuore del più raffinato Settecento.
All’interno della Palazzina l’Appartamento ha un’importanza cruciale. Da un lato per la posizione in cui è collocato – nella zona aulica dell’edificio, accanto al Salone juvar-riano – dall’altra per i capolavori racchiusi nelle sue stanze, in particolare per gli af-freschi sulle volte di Anticamera e Camera da Letto. Inoltre la riapertura, che avviene dopo 13 lunghi anni, permette di ampliare il percorso di visita in modo significativo e proprio nell’area più antica dell’intero complesso, che è anche quella sulla quale sovraintese direttamente Filippo Juvarra.
Per la riqualificazione sono state coinvolte tre ditte di restauro, intervenute sui diversi
Appartamento della Regina dentro il sogno di Juvarra
la camera da letto della regina, splendida dopo i restauri.
scorcio sulle sale. le porte sono decorate a grottesche.
5INTERvENTI
5ambienti per
complessivi 1000 mq
8mesi di lavoro per
un totale di 150 giorni
e 12mila ore
3team di restauratori,
con 10-15 tecnici
impegnati su differenti
materiali
13anni è il tempo
di chiusura
dell’appartamento,
inaccessibile dal
2003/04
440 milaeuro l’investimento
per il restauro, sostenuto
dalla Fondazione crt
1729anno in cui ha inizio
la costruzione della
palazzina di caccia.
I NUMERI dEL RESTAURo
materiali degli apparati decorativi fissi: il Laboratorio Persano & Radelet ha lavorato su boiseries, cornici e porte; il gruppo di Barbara Rinetti ha preso in carica la pu-litura di affreschi e tele; la Tessili Antichi di Viterbo si è occupata delle tappezzerie storiche. Una squadra tecnica di grande sensibilità, che conosce a fondo Stupinigi e le problematiche connesse al suo recupero. A coordinarla tre architetti che oggi sono senz’altro i più profondi conoscitori del-la Palazzina Mauriziana, Maurizio Momo, Chiara Momo e Mario Verdun di Cantogno, e una storica dell’arte Angela Griseri, che hanno firmato progettazione e direzione lavori. La residenza è un leit-motiv che da sempre accompagna le loro vite professio-nali e in fondo, quasi trecento anni dopo, sono proprio loro gli ultimi custodi del pensiero juvarriano.
soffitto: Il Sacrificio di Ifigenia, dipinto nel 1733 da Giovanni Battista Crosato, colpisce per le sue cromie ora di nuovo vibranti. Sulle pareti non possono sfuggire le cor-nici a tralci di edera dorata su sfondo di vetro blu, create dal Bonzanigo tra il 1784 e il 1789; non erano in buono stato di conservazione e sono state interamente recuperate. Attenzione speciale va riser-vata infine alla tappezzeria settecentesca: pareva impossibile da riproporre e invece, con grande cura, è stata tutta ripresa. La Camera da Letto era quella che versava in condizioni peggiori, rovinata da copiose infiltrazioni d’acqua. Anche qui è la volta ad imporsi: la mano è del francese Van Loo, il tema Il Riposo di Diana, l’anno il 1733; la pulitura ha ridato leggerezza e trasparenza ai soggetti, riscoprendo la calda luce del sole che illumina la scena. La tappezzeria,
capolavori dell’appartamento sono Gli aFFrescHi:
il sacriFicio di iFiGenia, opera di crosato,
e il riposo di diana tra le ninFe, del Francese van loo.
entramBi del 1733
Il cantiere è stato un grande lavoro corale, fatto di analisi, confronti e decisioni, mai facili e sempre da condividere. Decisiva, in questo senso, si è rivelata la supervisione tecnico-scientifica della Soprintendenza alle Belle Arti e al Paesaggio di Torino e Provincia. Il risultato ottenuto confer-ma che la chiave della riuscita è proprio nell’accordo di questa pluralità di voci. Una pluralità che è poi la cifra stessa della Consulta di Torino, che nella collaborazio-ne tra aziende ha la sua ragion d’essere e conosce bene il valore dell’agire di con-certo, come ha ricordato la sua Presidente Adriana Acutis.
Non è facile segnalare i punti qualificanti dell’intervento: ogni minimo partito è stato affrontato con scrupolo e ciò che risalta, alla fine, è l’armonia dell’insieme. Ciò pre-messo, proviamo a indicare i “fuochi” su cui sono orchestrate le sale. Nell’Anticamera lo sguardo va subito al
in questo caso novecentesca, è stata an-ch’essa salvata e riproposta, dopo un im-pegnativo intervento.Ancora il soffitto è l’elemento-chiave nel Gabinetto di Toeletta: un trionfo di grot-tesche esotiche e fantastiche eseguite da Giovan Francesco Fariano, vero specialista del genere e autore di analoghi decori su altre porte e boiseries. Pessimo lo stato di conservazione iniziale, sul quale si è in-tervenuti riportando a perfetta dignità la decorazione.
A chiudere la serie di ambienti la Piccola Galleria e un Salotto. La forte regia di Ju-varra – esplicita in tutto l’Appartamento – torna ancora una volta in modo netto: nel breve cannocchiale prospettico sono stati ritrovati gli stessi colori del Salone, si scopre la stessa straordinaria relazione che si instaura tra l’architettura e la luce. A distanza di secoli, l’opera del geniale pro-gettista continua a parlarci.
l’anticamera della regina, primo ambiente dell’appartamento. il confronto evidenzia lo stato della sala prima dei restauri e a lavoro ultimato.
il Qr code rimanda al filmato realizzato nel corso dei lavori
6 INTERvENTI
Rivive il rito delle cacce reali Festa all’inaugurazione del restauro, con la riproposta della caccia a
cavallo secondo le antiche regole della vénerie.
Meraviglia architettonica del Settecento, la Palazzina di Caccia di Stupinigi fu pensata anche per servire da mirabile scenario sul quale rappresentare lo spettacolo delle cacce reali.
Prima di essere uno svago, questa attività era soprattutto una complessa allegoria del potere e della regalità: ogni battuta di caccia al cervo si svolgeva secondo un rigido cerimoniale, che coinvolgeva la corte, i suonatori di trombe da caccia, l’equipaggio dei cacciatori a cavallo, la muta dei cani. Ad ognuno era assegnato un ruolo ben definito, come in un rituale; e se la giornata era fortunata, dopo un inseguimento che in genere poteva durare quattro ore si assisteva alla cattura del cervo da parte dei cani. Bisogna pensare che Stupinigi forse non sarebbe mai esistita senza questa rappresentazione, che oggi ci appare come un gioco crudele, ma che veniva praticata presso la corte francese dell’epoca ed era molto amata da quella sabauda.
Proprio questa considerazione
ha suggerito una rievocazione storica delle cacce reali per festeggiare il restauro dell’Appartamento della Regina: un evento speciale, che è stato offerto agli ospiti intervenuti all’inaugurazione del 9 giugno e che si è svolto sotto l’attenta regia di Pietro Passerin d’Entrèves, professore emerito di zoologia e storico delle cacce reali in Piemonte.
Per l’occasione, i giardini interni hanno ospitato l’Equipaggio della Regia Venaria di Sonneurs de Trompes de chasse (formazione musicale dell’Accademia di Sant’Uberto), due Veneurs (appartenenti alla stessa Accademia) e alcuni membri della friulana Accademia Mitteleuropea Caccia a Cavallo, tra cui piqueurs a cavallo, valets a piedi e una muta di foxhounds, rustici segugi inglesi che si utilizzano nella caccia al cervo o al cinghiale.
Magnifico il colpo d’occhio sul parterre ancora madido di pioggia, sotto un cielo in competizione con la volta dipinta da Crosato: accanto
alla scalinata l’equipaggio dei suonatori intona le fanfare da caccia nella livrea sabauda rouge et bleu de roi, mentre dal fondo del parco si muovono cavalieri e cani. La muta viene ora raggruppata, ora lasciata correre, a seconda dell’avanzamento della caccia. Dinanzi al pubblico si rincorrono le voci secche dei segnali, riempiono l’aria le musiche che scandiscono i passaggi cruciali dell’inseguimento: le vol-ce-l’est avverte che i cani sono fermi per recuperare la pista; il débuché dice che la preda è uscita dal bosco; e poi ecco incalzanti le fanfare dell’animale cacciato, e infine la curée che segnala che il cervo, catturato e ucciso, viene spartito tra i cani. Si conclude con les Honneurs, la musica che accompagna il momento in cui al re vengono tributati gli onori: solo a lui infatti si devono les honneurs du pied e cioè la consegna del piede destro del cervo. L’unico che, per fortuna, quel giorno a Stupinigi mancava. In fondo, a emozionarci basta quello issato sulla cupola, vero nume tutelare di questo luogo.
sulle volte i miti della caccia
I magnifici affreschi sulle volte sono tra le opere più notevoli dell’intera palazzina. a sinistra, un particolare del Sacrificio di Ifigenia, realizzato da Giovanni Battista crosato nell’anticamera. sotto, in piccolo, l’affresco completo. durante la pulitura si è scoperto che l’autore utilizzò una lacca rossa per il ricco panneggio del mantello, così da far risaltare la presenza della protagonista.
A destra, figure femminili del riposo di diana, capolavoro di carlo andrea van loo eseguito nella camera da letto. la composizione è giocata su trasparenze e delicate tonalità. in basso, la volta a grottesche con candelabre, figure cinesi e putti policromi dipinta da Giovan Francesco Fariano nel Gabinetto da toeletta.
7INTERvENTI
le sale di nuovo arredate
a sinistra, due immagini della camera della regina: come si presentava prima di
cominciare i lavori e a recupero finito.
Qui sopra, alcuni degli arredi collocati nell’anticamera della regina. per
suggerire la corretta percezione dei volumi, negli ambienti sono stati
temporaneamente sistemati due salotti – uno barocco ed uno neoclassico –
provenienti entrambi dall’appartamento del re, ora chiuso al pubblico. Gli
arredi dell’appartamento della regina, che esistono ma sono in condizioni
problematiche, potranno essere reinseriti negli spazi dopo un opportuno restauro.
accanto, la volta della piccola Galleria, decorata con le fredde ed eleganti
tonalità predilette da Juvarra, in sintonia con il salone centrale.
momenti della caccia reale. nella prima riga, i valets, l’equipaggio delle trompes de chasse, i veneurs con i segugi. in basso, l’esibizione vista dal parterre e i piqueurs che dirigono la muta.
8 INTERvENTI
chIARA MoMoArchitetto
l’emozione di veder tornare il pensiero di Juvarra
chiara momo ha seguito,
insieme al padre maurizio e a
mario verdun di cantogno, la
direzione dei lavori nel cantiere
dell’appartamento della regina.
per lei stupinigi non è un ritorno,
bensì qualcosa di più e di
diverso: è un’opera con la quale
è cresciuta, quasi una seconda
casa. “mio padre – spiega con
il consueto entusiasmo – studia
e lavora alla palazzina dal
1987: è lui che mi ha trasmesso
questa passione. pensi che
dopo tanti anni ci emozioniamo
ancora. Forse è anche merito
del nostro metodo di lavoro:
impostiamo sempre sia la parte
di progettazione che quella
di cantiere come se fosse lo
svolgimento di un libro giallo.
e ogni volta ritroviamo questa
meraviglia che ci stupisce”.
Architetto Momo, quale era la
situazione prima dei lavori?
l’appartamento della regina era
chiuso dal 2003-04, anni in cui si
progettò il rinnovo dell’impianto
di riscaldamento della palazzina,
sollevando i pavimenti là dove
possibile. Finito quell’importante
lotto di lavori ci si concentrò
sull’apertura del 2011, che
ripropose tutto l’appartamento
di levante. negli ambienti che
abbiamo appena restaurato
furono applicate protezioni alle
pareti, per evitare che durante la
movimentazione si rovinassero
le decorazioni più fragili, e venne
rimossa la tappezzeria. trascorsi
13 anni, la situazione appariva
nel complesso molto critica.
Entriamo nel merito dei
restauri. da dove siete partiti?
innanzitutto ci siamo concentrati
sull’anticamera della regina. lì
abbiamo affrontato il restauro
della volta di crosato, del 1733,
che raffigura Il Sacrificio di
Ifigenia. non aveva particolari
problemi: solo una significativa
patina di sporco e, com’è
normale in questi casi, delle
alterazioni dei colori. una
curiosità: le analisi ci hanno
mostrato che il manto di
Ifigenia è stato eseguito a lacca
successivamente. non è cioè una
pittura a fresco, perché l’autore
voleva mettere in evidenza e
staccare quell’elemento dal
contesto. un’altra informazione
significativa venuta dalle
analisi stratigrafiche riguarda
il cornicione: hanno accertato
che in origine era di colore
bianco-grigio, proprio come la
boiserie sottostante. lo abbiamo
quindi recuperato secondo
questa indicazione, e la volta ha
riacquistato valore sia a livello
architettonico che proporzionale.
come avete affrontato le
decorazioni della parte bassa
dell’Anticamera?
si è intervenuti con una pulitura
anche sulla boiserie che occupa
la parte della zoccolatura, tutta
decorata da Francesco casoli
con piccoli paesaggi a finte
architetture, e su ante e finestre.
i problemi maggiori si sono
evidenziati sulle ante mobili: in
più punti c’erano sollevamenti di
pellicola pittorica, alcune parti
erano state velinate durante un
precedente intervento di pronto
soccorso, in altre c’erano delle
ridipinture eseguite a livello
manutentivo. Qualche volta
siamo riusciti ad eliminarle,
altrove si è scelto di mantenerle.
E poi c’era il problema delle
tappezzerie storiche...
sulla tappezzeria è stato fatto
un enorme lavoro. Quella
dell’anticamera era l’originale
settecentesca, e sembrava
irrecuperabile. invece è stata
tolta, restaurata e rimessa.
ma l’opera è stata lunga e
impegnativa perché c’era un
problema di consistenza del
materiale: la seta si sbriciolava. i
restauratori l’hanno prima lavata
con una procedura particolare,
poi rinforzata e infine posata.
nella posatura si notano dei
bordi “neutri” sopra e sotto,
perché il tessuto non riusciva
più a garantire l’elasticità e
tendeva a strapparsi. comunque,
è tornata al suo posto, con
un bell’effetto. anche nella
camera da letto siamo riusciti
a recuperare la tappezzeria.
si tratta probabilmente di un
tessuto dell’inizio del novecento.
c’è stata subito la volontà di
restaurarla, con un intervento
meno corposo dell’altro, ma
ugualmente efficace.
La camera da Letto della
Regina è stato il secondo passo.
Qui le condizioni erano più gravi.
la stanza su due lati si apre sui
giardini e quindi è molto esposta
alle infiltrazioni meteoriche: una
parte era stata danneggiata
dall’acqua che era ruscellata
dentro per anni. sulle pareti, che
un pensiero unitario molto forte,
che va dalla decorazione al
territorio: noi, mentre i tasselli
ritrovavano il loro posto, lo
abbiamo visto tornare poco
per volta, e questo è stato
per tutti una grande
soddisfazione. Quando infine
abbiamo rimontato il portone
vetrato nella piccola Galleria e
sono riapparsi quei colori freddi,
virati sul violetto, gli stessi
del salone centrale... ci siamo
detti che la geniale invenzione
juvarriana si poteva toccare
“la Fase conoscitiva ci Ha oFFerto stimoli
e soluzioni, cHe in Futuro potreBBero essere
APPlICAtI All’APPArtAmento del re”
erano in condizioni drammatiche,
si è fatto un consistente
intervento, ben armonizzato con
il lavoro sugli scuri delle porte
e sulle boiseries. la volta è il
capolavoro dell’ambiente, ma è
molto diversa dalla precedente:
se crosato usa colori vivi, van
loo predilige i toni leggeri. la
pulitura ha di nuovo presentato
delle sorprese: è riapparsa la
luce del sole che si diffonde su
tutto il soffitto, con il disco in
corrispondenza del punto dove
probabilmente era sistemato il
letto del re, poiché in origine
questo era l’appartamento del
sovrano. ora ammiriamo di
nuovo il delicato digradare dai
gialli agli azzurri e le trasparenze
che resero celebre il pittore
francese. un’altra particolarità
riguarda i volti delle donne. le
labbra e le gote erano state
“aiutate” da Van loo con un
colore particolare, il rosso
vermiglione, un cinabro che col
tempo subisce un’alterazione
che trasforma il rosso in nero.
così i visi, che dovevano
essere ancora più femminili, si
erano al contrario “virilizzati”.
l’alterazione è irreversibile,
ma grazie alla pulitura e a una
leggerissima integrazione siamo
riusciti a farli tornare naturali.
Il momento più felice?
il progressivo constatare che
tutto “tornava”. Avanzando nel
restauro, settore dopo settore,
appariva dietro ogni dettaglio il
pensiero di Juvarra, che è la cosa
più bella che potevamo vedere.
sappiamo che a stupinigi c’è
PARTIcoLARE dAL “RIPoSo dI dIANA”
il cinabro sui volti è un pigmento che annerisce
col tempo. il processo è irreversibile,
ma il restauro ne ha abbassato il tono.
TAPPEzzERIA dELL’ANTIcAMERA
il tessuto in taffetas effetto gros in seta avorio
è stato recuperato inaspettatamente,
grazie a un paziente lavoro di reintegro.
con mano. da architetto dico
che tutto ciò fa capire come
stupinigi fu, all’epoca della
sua costruzione, un cantiere
straordinario, che si risolse in
pochissimi anni e fu sempre
governato da un’unica, coerente
visione. Questo luogo è la
summa dell’arte di Juvarra, e
forse del settecento europeo.
oggi passare dal Salone
centrale a questi ambienti è
una vera emozione.
sì, è una bella immersione
nel settecento e in una cultura
artistica “alta”. Gli artisti che
lavorarono nella palazzina non
furono soltanto dei semplici
decoratori: il fatto che Juvarra
li abbia scelti in contesti non
solo piemontesi – perché lui
non aveva una formazione
piemontese e il suo sguardo
andava al di là del regno
sabaudo – significò introdurre
a torino un’avanguardia
dell’arcadia e addirittura
dell’illuminismo.
che cosa c’è nel futuro?
speriamo di andare avanti
con l’appartamento del re.
avremmo il vantaggio di poter
seguire una linea ben demarcata,
perché l’appartamento della
regina è stato una grande
palestra e le indagini ci hanno
fornito moltissime informazioni.
insieme agli altri interventi di
consulta consentirebbe
di offrire, completo e leggibile,
tutto il corpo centrale, che è il
vero cuore della palazzina.
BoISERIE dELL’ANTIcAMERA
il saggio di pulitura fa emergere le eleganti tonalità
settecentesche della zoccolatura,
in sintonia con il cornicione del soffitto.
9INTERvENTI
Un restauro filologico, continuiamo su questa linea
l’alta sorveglIanza della soPrIntendenza sulla PalazzIna dI stuPInIgI
Ogni restauro è un gioco di squadra. È una regola generale, che a Stupinigi vale anche di più: qualsiasi intervento sulla Palazzina di Cac-cia deve discendere da decisioni condivise ed essere poi eseguito con la cautela che si riserva alle cose rare.
Nel caso dell’Appartamento della Regina, la Soprintendenza ha esercitato, come di con-sueto, un importante ruolo di controllo e di indirizzo. Un compito che ufficialmente vie-ne definito “Alta Sorveglianza”, e che è stato svolto da due storici dell’arte in forza all’Ente torinese, Anna Maria Bava e Franco Gualano. Il loro compito è ampio: esaminano i progetti, valutano le imprese che partecipano alle gare, entrano nel merito dei lavori tecnici offrendo una consulenza scientifica. Una presenza attiva e costante in cantiere, che ribadisce come tutte le scelte debbano avere un carattere unitario.
A Franco Gualano compete la sorveglianza su affreschi e parti lignee della Palazzina. “Nel complesso – dice – quello che viene proposto è un restauro filologico, molto riuscito. Parlando degli affreschi, i vertici artistici qui erano rap-presentati dai due grandi soffitti, su cui hanno operato i pittori migliori: Crosato e Van Loo. Rimettere in sesto queste volte, che sono tra le immagini fondamentali di Stupinigi, era molto importante. In generale siamo stati fortunati: il dipinto di Crosato era infatti molto ben con-servato, ed è stato sufficiente sottoporlo a un accurato intervento di pulitura. Nell’altro caso i problemi erano invece maggiori: la volta si pre-sentava carica di detriti e di sporcizia. Tuttavia, grazie all’intervento è stata recuperata molto bene; merito anche della sua solidità struttura-le e della perfetta tecnica di esecuzione. Unico punto davvero critico l’alterazione del cinabro sui volti delle figure, con il rosso diventato qua-si nero. Un fenomeno inevitabile in questo tipo di materiale, trattato e risolto con la pulitura e in qualche caso leggeri ritocchi a gessetto
colorato. Alcune ridipinture antiche, ormai storicizzate, sono state mantenute”.
Molto soddisfatta è anche Anna Maria Bava, che a Stupinigi ha la responsabilità delle pittu-re su tela e degli apparati tessili. Queste ultime sono state una delle problematiche più difficili da affrontare. “Abbiamo lavorato molto sulle tappezzerie. Teniamo presente che Stupinigi è forse la re-sidenza piemontese con il maggior patrimonio tessile alle pareti, con materiali compresi tra il Settecento e il Novecento. È un tratto specifi-co della particolare ricchezza di questo luogo: anche per tale motivo abbiamo sempre cerca-to di recuperare le tappezzerie della Palazzina. Quella settecentesca dell’Anticamera era inte-ressata da tagli e lacune, sporca e danneggiata dalla luce. Dopo averla restaurata abbiamo protetto tutta la superficie con del velo maline, che permette di creare una rete di protezione. Ora è ritornata alla sua bellezza originaria, e restituisce in pieno unità e fasto all’ambiente. La tappezzeria dell’altra sala, novecentesca, era stata invece rimossa in precedenza. L’abbiamo recuperata nei depositi di Stupinigi e, ben va-lutando la sua qualità, abbiamo considerato che era ancora vantaggioso restaurarla. Era già stata interessata da un accurato restauro nel corso del Novecento e così abbiamo deciso di mantenere anche quelle parti, per mettere in evidenza l’intera la storia di questi preziosi manufatti”.
Durante la cerimonia di inaugurazione del restauro è stato consegnato alla Fondazione Ordine Mauriziano un filmato realizzato dal-la Soprintendenza, sintesi del grande lavoro che portò, tra 2001 e 2011, all’intero recupero dell’Appartamento di Levante. Quella lunga esperienza è anche documentata da un corpo-so volume scientifico (2014), che rappresenta il lascito di quella fase importante e fornisce l’in-dicazione di un modello operativo per il futuro.
1988-90rinascita delle Scuderie
di Levante
1991-93corpo centrale della
palazzina
1994-99Gallerie di collegamento
e Scuderie di Ponente
2014-15Giardini a settentrione
e a mezzogiorno
2015-16Appartamento
della Regina
2000-04interventi sulle Grandi
Gallerie che delimitano
il cortile d’onore
2007-13Impianti elettrici,
di riscaldamento e di
sicurezza nell’Appartamento
di Levante
LA foNdAzIoNE cRT PER STUPINIGI
immagine aerea della palazzina di stupinigi.
sono 28 anni che la
Fondazione crt sostiene la
palazzina di caccia
di stupinigi. tra il 1988 e
il 2016 sono stati stanziati
quasi 19 milioni
di euro, destinati con
regolarità a opere di
valorizzazione e recupero.
Queste le tappe principali:
10 oPINIoNI
Da poco più di un anno l’architetto Luisa Papotti guida la Soprintendenza di Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il Comune e la Provincia di Torino. L’inca-rico dunque non è recente, ma la defini-zione (con l’aggiunta dell’Archeologia) è tutta nuova: la dicitura è diventata ufficiale il 27 giugno, lo stesso giorno della nostra conversazione. È un segno piccolo, ma si-gnificativo: la famosa Riforma voluta dal Ministero dei Beni e delle Attività Cultu-rali e del Turismo entra veramente nel vivo e presto se ne potranno valutare gli effetti.
Di certo c’è che, in una città come Tori-no, il lavoro di un Soprintendente non è un mestiere facile: il patrimonio culturale del territorio è più che mai al centro del dibattito sociale e politico, e la città è im-pegnata ad attuare una crescita che punti su storia e cultura. “Nella mia funzione – spiega Luisa Papotti – sono il garante della conservazione dell’immagine storica della città, ma anche della conservazione dei suoi valori culturali. Inoltre, ho il com-pito di indirizzare i progetti in direzioni compatibili: certe volte ci riusciamo, in altri casi è più difficile, comunque siamo sempre attivi”. Abbiamo cercato di capire meglio come la Soprintendenza svolge il suo lavoro e quale ruolo gioca nello svi-luppo di Torino.
La Riforma ha cambiato il vostro modo di operare?
È una Riforma che rende il nostro modo di lavorare più vicino alla moderna idea di patrimonio culturale. In concreto risponde all’idea di svecchiare questa no-zione, fino a ieri legata a una concezione ottocentesca, che in quest’ambito distin-gueva tra monumenti, gallerie e archeo-logia. Tutto veniva forzato dentro queste tre categorie, fissate da una legge del 1909. Con il Codice dei Beni Culturali del 2004 il patrimonio viene invece descritto in modo molto più esteso, fino ad arrivare alla Convenzione Europea del Paesaggio,
a colloquio con la Soprintendente Luisa Papotti: i programmi operativi, le prospettive di sviluppo e la visione di una città che guarda al futuro attraverso la riscoperta del suo grande patrimonio culturale.
dove si afferma che tutto è patrimonio culturale. Nasce da queste premesse l’or-ganizzazione di un ufficio “olistico”, che prevede una tutela a tutto tondo di ciò che la sensibilità odierna intende come patrimonio culturale, ed è tantissimo.
Ma nella sostanza le Soprintendenze hanno un maggior potere di intervento?
Hanno un potere più omogeneo, nel senso che io, sul territorio di mia perti-nenza, garantisco la tutela di tutto, men-tre prima eravamo in tre a garantire aree diverse. C’è una maggiore uniformità: una Soprintendenza senza confini tra uffici e con un mandato molto esteso, che abbrac-cia anche categorie immateriali. Quanto al potere di intervento, non è cambiato: a noi deriva dalla legge, che resta il Codice dei Beni Culturali.
Da oltre un anno lei è la Soprinten-dente di Torino e Provincia. Quale era la sua visione del lavoro da svolgere, e come sta procedendo il suo programma?
Vorrei premettere una cosa: per i di-rigenti della mia generazione lavorare in Soprintendenza significa qualcosa di spe-ciale. Avevamo un sogno, nato insieme al Ministero: quello di poter promuovere e salvare i valori culturali in cui credevamo, e farne i motori di una crescita diversa. Questo era l’obiettivo “alto”, che per me non è cambiato. Nella pratica, cerco di declinarlo su due binari. Il primo è mol-to concreto: gestire uffici che funzionino. In grado quindi di dare ai nostri fruitori, che sono le Pubbliche Amministrazioni e i privati cittadini, delle risposte certe e veloci. Spesso si imputa alla Soprinten-denza una lentezza tale che non permette di considerarla un partner nei processi di crescita e di sviluppo territoriale, ma quasi un impedimento. Il mio impegno quoti-diano è smentire questo luogo comune.
Un lavoro sulla macchina amministra-tiva, quindi.
Sì, una macchina che deve comprende-re che è una struttura di servizio. Se siamo percepiti come un peso, non è possibile essere né utili né efficaci per raggiunge-re un obiettivo alto. Il secondo binario è contribuire, con risorse materiali o pro-gettuali, alla crescita e allo sviluppo di aree significative del territorio che sono in sofferenza. Senza dimenticare la salva-guardia dei valori.
Quanto dice fa pensare al bando na-zionale indetto dal Ministero e dedicato alle rigenerazione delle periferie. Un progetto che qui a Torino è stato inti-tolato “Porte ad Arte” e interesserà due edifici della cinta daziaria, che gli artisti potranno trasformare con un’opera...
Questo progetto è la traduzione in “grammatica” torinese di una trasfor-mazione che riguarda il mio ministero. Nel riassetto deciso dal Ministro Dario Franceschini, c’è infatti una Direzione Generale che si occupa di Arte, Architet-tura Contemporanea e Periferie: una de-nominazione che rimanda a quell’idea di patrimonio esteso di cui parlavo prima. Su questa linea, la Soprintendenza torinese ha messo a disposizione delle risorse per interventi sulle periferie, che oggi sono un tema sensibile. Questo progetto non è che un punto di partenza; ma simboli-camente è molto bello, perché mette in-sieme lo Stato, la Città e un’Associazione come Consulta, che si è resa disponibile. È un primo risultato che mi ha fatto enor-me piacere: il progetto è partito grazie al contributo di tutti.
Proprio Consulta ha appena ultimato il restauro di due sale auliche di Palazzo Chiablese, che è la sede della Soprin-tendenza. C’è l’idea di recuperare poco per volta il primo piano del Palazzo e di trasformarlo in Museo?
Palazzo Chiablese è stato molto dan-neggiato durante i bombardamenti della
Una tutela moderna per Torino
luisa papotti guida la soprintendenza archeologia, Belle arti e paesaggio di torino e provincia dal 2015.
11oPINIoNI / INTERvENTI
seconda Guerra Mondiale, però la manica che prospetta sulla Piazzetta Reale, che è collegata con Palazzo Reale, conserva mol-ti ambienti decorati. Io ho in mente un progetto particolare: quello di un palazzo storico che riesca ad essere insieme sede di uffici e percorso museale. Sarebbe in-teressante mostrare che un bene culturale può essere usato, restaurato, valorizzato e fruito in un modo compatibile: una forma sperimentale di gestione che qui potrebbe riuscire.
Prendo spunto dal recente restauro dell’Appartamento della Regina a Stu-pinigi per una riflessione sul “sistema” delle residenze sabaude. Come interve-nire per renderlo davvero tale?
È un grosso tema, ma non riguarda di-rettamente la Soprintendenza. Abbiamo la responsabilità della tutela del bene, ma la gestione museale è uscita dall’ambito delle nostre competenze.
Le chiedo allora un parere personale. Credo che il sistema delle residenze
paghi il prezzo della frammentazione delle proprietà, che rende complicato un unico modello gestionale. Stupinigi, che è lodevolmente aperta al pubblico gra-zie alla Fondazione Ordine Mauriziano, è stata chiusa per molti anni... Venaria non ha particolari problemi, ma i castelli di Agliè e Racconigi, beni statali in capo al nostro Polo Museale regionale, hanno difficoltà operative, dovute alla mancanza di personale e alle scarse risorse. Inserire le difficoltà di tutti in un discorso coor-dinato non è semplice. Credo però che la direzione presa sia quella giusta: un tavo-lo tecnico che svolga un coordinamento “leggero”, e lavori sui temi dell’organizza-zione, della comunicazione e delle infra-strutture turistiche.
Una domanda su Torino. La Soprin-tendenza ha la tutela sulla città e si esprime su tutti i progetti urbani. Lei ha quindi un punto di osservazione ide-ale per cogliere lo sviluppo della città e i suoi prossimi cambiamenti.
Credo che Torino – in un arco quasi ventennale – abbia fatto moltissimo per ritrovare un’identità attraverso la risco-perta del proprio patrimonio culturale. Lo ha fatto grazie al lavoro di tanti e con un risultato superiore alle aspettative: è la città stessa che è diventata un grande luogo di cultura; apprezzata da un turismo abbondante nei numeri ed esigente nella richiesta. Ma questo risultato non è solo la conseguenza della riapertura del Museo Egizio o dei Musei Reali. È il frutto di una città che ha lavorato su un tessuto infra-strutturale di accoglienza: dai locali storici alle piazze, dai mercati tradizionali ai par-chi ha saputo proporsi come una meta che viene descritta come elegante, accattivan-te, piacevole per trascorrere un week-end o una settimana. Mi sembra che sia stato un lavoro importante non soltanto per la crescita del turismo culturale, ma per i suoi cittadini. Una città che sa proporsi, conservarsi e raccontare le proprie origini costruisce un’identità forte per tutti i suoi abitanti, nessuno escluso. Ed è una città in cui si vive bene.
Palazzo Chiablese primi passi verso il riordino
il Gabinetto degli specchi e quello dell’alcova recuperano l’aulicità
settecentesca. sostenuto da consulta, l’intervento ha impegnato
anche gli allievi del centro di conservazione e restauro di venaria.
Collocato nella zona di comando, Palazzo Chiablese è forse la meno conosciuta delle dimore sabaude di Torino. Il pubblico fre-quenta numeroso le mostre che vengono al-lestite negli spazi del piano terra, ma pochi conoscono la parte più nobile del Palazzo: l’Appartamento al primo piano disegnato da Benedetto Alfieri, grande nome dell’architet-tura piemontese del Settecento.
A condizionare il destino del Palazzo è stata la particolare destinazione d’uso: il nome è infat-ti associato da molti decenni alla Soprinten-denza torinese, che qui ha i suoi uffici e la sua sede direttiva. Ma ambienti di assoluto pregio come quelli alfieriani non potevano rimanere estranei al rinnovamento culturale che investe Torino in questi anni. E così la Soprintenden-te Luisa Papotti ha dato il via a un’operazio-ne di riordino destinata a cambiare lo stato delle cose, in previsione di una riapertura al pubblico. Il primo passo in questa direzione è stato il recupero del Gabinetto degli Specchi e del Gabinetto dell’Alcova, tornati aulici grazie all’intervento della Consulta di Torino e al la-voro del Centro di Conservazione e Restauro di Venaria.
Giusto precisare, intanto, che più che di un restauro si tratta di una manutenzione con-servativa. Da lungo tempo adibite a uffici per necessità logistiche, le sale sono state prima sgombrate da schedari e scrivanie, e poi sot-toposte a una scrupolosa pulitura. Tra gli ele-menti di rilievo emersi nel primo ambiente, oltre alla sostanziale integrità dell’allestimento settecentesco, le mantovane e i pregiati ten-daggi in seta operata bicolore. Le prime, che erano ancora in discreto stato di conservazio-ne, sono state rimosse e subito inviate pres-so il Centro della Venaria per l’intervento di recupero conservativo. Sono state rimontate a metà giugno; le tende sono state invece so-stituite da nuovi tessuti ignifughi ricercando l’accordo cromatico con i tessuti originali. “Adesso – dice Roberta Bianchi, restauratrice della Soprintendenza che ha svolto la Direzio-ne Scientifica dell’intervento – nel Gabinetto degli Specchi si apprezza una luminosità nuo-va e un senso di ritrovata nobiltà. Inoltre, nel
SEdE dIRETTIvA E MUSEo
palazzo chiablese è sede della soprintendenza all’archeologia, Belle arti e paesaggio. negli ambienti al piano terreno sono stati ricavati spazi espositivi. al primo piano, nella manica lunga collegata a palazzo reale, si sviluppa l’appartamento settecentesco di Benedetto maurizio di savoia, duca del chiablese, da cui prende il nome la storica residenza.
luisa papotti guida la soprintendenza archeologia, Belle arti e paesaggio di torino e provincia dal 2015.
Il Gabinetto degli Specchi. Gli apparati decorativi sono firmati da Benedetto Alfieri.
corso del lavoro abbiamo anche individuato passati interventi di trasformazione della vol-ta: negli anni ’50 del Novecento si operarono integrazioni cromatiche sulle pitture e una revisione delle dorature”.
Più consistenti i cambiamenti subiti dal Ga-binetto dell’Alcova, a cui in origine era an-nessa una piccola cappella, di cui si erano poi perse le tracce. “Nell’Ottocento – spiega ancora Roberta Bianchi – con l’insediamento nel Palazzo dei Duchi di Genova, la cappella risulta trasformata in guardaroba e la sacrestia in bagno. Documentata dalle fonti d’archivio, la sua presenza ci è stata confermata dalle evi-denze sul campo”.
Tra i motivi di speciale interesse legati al la-voro di Palazzo Chiablese, il fatto che l’inter-vento sia stato eseguito da 4 allievi del corso di laurea in dipinti murali e stucchi e 10 del corso dedicato agli arredi lignei del Centro di Restauro e Conservazione. Per loro un’espe-rienza molto fruttuosa: un cantiere didattico di circa 3 mesi, durante il quale i giovani hanno affrontato le varie problematiche di un inter-vento articolato che ha interessato varie tipo-logie di opere effettuando anche la mappatura del degrado. Una fase di osservazione, analisi e trascrizione fondamentale nella formazione di un restauratore.
TUTTA vETRATA LA coRTE MEdIoEvALE
presso la corte medioevale di palazzo madama – la cosiddetta “sala del Voltone”, situata al piano terreno della residenza – si sono conclusi i lavori di ampliamento del camminamento vetrato, finanziati dalla Consulta di torino.
si tratta dell’area centrale della sala, circa 100 metri quadri di pedana che vanno ad aggiungersi all’ampio spazio espositivo (altri 200 metri quadri) che dal 2011 viene utilizzato per ospitare mostre temporanee.
RIGENERARE LE PERIfERIE coN L’ARTE
“Porte ad Arte” è il progetto che a torino raccoglie la sfida, lanciata dal miBact a livello nazionale, di rigenerare le periferie attraverso l’arte contemporanea. ideato dalla soprintendenza di torino, insieme a consulta, direzione cultura della città e Fondazione contrada torino, è rivolto ad artisti e designer under 40, chiamati a proporre soluzioni creative per le facciate di due edifici storici, ex dazi che oggi ospitano attività didattiche.
l’estensione della copertura è stata realizzata con la stessa tecnica di quella preesistente, con sottili profili di acciaio e vetro calpestabile.
Fulcro dell’intera sala, la nuova superficie offre ai visitatori una migliore percezione dell’intero ambiente e garantisce la visuale della sottostante area archeologica, ripulita e illuminata. attualmente è allo studio un progetto per trasformare lo spazio monumentale nella nuova accoglienza del museo.
NAScE LA PRIMA MoSTRA dEI MUSEI REALI
si terrà tra dicembre 2016 e aprile 2017 la prima mostra organizzata dai musei reali di torino, progetto che si avvarrà della collaborazione della consulta di torino. intitolata “tutte le meraviglie del mondo. le collezioni di carlo emanuele I”, sarà centrata sulla ricca collezione che il duca riunì a torino tra fine ’500 e inizio ’600. l’evento, che coinvolgerà tutte le cinque realtà del polo museale torinese, vedrà consulta impegnata nell’attività di promozione e comunicazione.
Notizie in breve dalla consulta di torino e dal mondo della cultura
12 INTERvENTI/BREvI
la consulta di torino È
NATA NEL 1987
con lo scopo di
contriBuire a
valorizzare
il patrimonio storico-
artistico piemontese.
le 31 AzIENdE ed ENTI
cHe oGGi ne Fanno
parte sono intervenute
su tutti i principali
monumenti e musei
cittadini, in stretta
collaBorazione con
le istituzioni
e Gli enti di tutela.
in 29 ANNI dI ATTIvITà
sono stati investiti
circa 30 MILIoNI dI EURo
e realizzati Quasi
70 INTERvENTI dI
RESTAURo e dI TUTELA.
inquadrate con lo smartphone il Qr code per accedere
direttamente al sito di consulta www.consultaditorino.it
Consulta di torino
Presidente
adriana acutis
Coordinamento organizzativo
mario verdun di cantogno, angela Griseri,
davide zannotti
Progetto editoriale
Il fiore azzurro
testi ed editing
Giacomo affenita
Progetto grafiCo
at Studio Grafico - torino
stamPa
micrograf - torino
fotografie
mariano dallago, massimo Ferrero, Giovanni zanetti, davide zannotti,
la presente pubblicazione
rappresenta la versione cartacea della
newsletter digitale di consulta di torino
e viene distribuita gratuitamente
ai soci e agli amici del sodalizio.
non riveste carattere di periodicità.
tutti i diritti riservati.
newsletter della consulta di torino
La Madonna dell’Annunziata svela un tassello di storiaA Chieri procede il restauro di un dipinto di scuola fiamminga,
da cui potrebbero venire nuove significative scoperte.
È stato avviato a fine maggio il restauro dell’Annunciazione, dipinto murale del 1469 che si trova presso la Chiesa dell’Annunziata di Chieri. Attribuita al pittore fiammingo Gillio Gandilius (il cognome è la latinizzazione della città natale dell’autore, ossia Gand), l’opera venne eseguita su commissione del canonico Rampart, anch’egli proveniente dalle Fiandre. Realizzata in origine per l’antica Cappella dell’Ospedale dell’Annunziata, venne poi incorporata all’interno della chiesa, eretta tra 1652 e 1655 dal Costaguta. Finanziato dalla Consulta, il lavoro è affidato alla ditta di restauro Koiné.
L’intervento si caratterizza per tre motivi di particolare interesse. “Innanzitutto c’è un’importanza storico-artistica – spiega Roberta Bianchi, restauratrice della Soprintendenza che, insieme
alla storica dell’arte Paola Nicita, cura la Direzione Scientifica del restauro –. Ciò che sappiamo è che a Chieri esisteva un insediamento fiammingo per via di scambi molto attivi tra commercianti di tessuti. Partendo da questo dato ci piacerebbe capire qualcosa di più sull’innesto, in Piemonte, di una cultura con una ricchissima tradizione artistica”.
Il secondo motivo riguarda la tecnica di esecuzione. “L’opera non è un affresco – continua Roberta Bianchi – ma un dipinto murale ad olio. Appartiene cioè a una tradizione di opere eseguite a secco, meno indagata e decisamente più rara, ma presente in tutto il Piemonte”. Il confronto con la trattatistica antica e il supporto di analisi scientifiche permetteranno di comprendere meglio come venivano realizzati questi lavori.
L’ultimo filone di ricerca stimolato dall’Annunciazione concerne la metodica del restauro.
La storia conservativa del dipinto, infatti, non è comune. Racconta ancora Roberta Bianchi: “Nel 1957 il restauratore Severino Borotti eseguì uno stacco a massello, togliendo il dipinto dalla muratura su cui si trovava, poiché era in cattive condizioni, per rimontarlo su un supporto mobile. Fu un intervento certamente invasivo, ma a nostro giudizio effettuato in modo rispettoso in quanto non ha alterato l’aspetto materico della superficie dipinta. Per i tecnici del restauro si tratta di un episodio della storia conservativa dell’opera che offre un utile spunto di riflessione sulle prassi e i metodi d’intervento del passato e del presente”.