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N. 706 | SABATO 26 MARZO 2016 Plus24 - Il Sole 24 Ore | 21 professionisti del risparmio art economy24 pagina a cura di Marilena Pirrelli East Coast meta delle mega gallerie per scovare i collezionisti della Silicon Valley Silvia Simoncelli + I dati Tefaf hanno confermato l’otti- mo momento del mercato dell’arte Usa, che ha raggiunto nel 2015 la cifra record di 27,3 miliardi di dollari (+4%) riaffer- mando la sua leadership globale. Gui- dano il trend positivo gli scambi oltre il milionedidollari,conunaquotainvalo- re del 43% nel mercato delle gallerie, do- ve si segnalano aumenti delle transa- zionifinoal16%perleopereoltrei10mi- lioni. Queste cifre sono prerogativa di una ristretta cerchia di artisti, monopo- lio pressoché esclusivo delle mega-gal- lerie, che possono contare su solide ca- pacità finanziarie, multipli spazi espo- sitivi e una reputazione di prestigio. Lenuoveaperturenel2016negliStati Unitidapartediquestioperatoriconfer- ma le previsioni. Con l’eccezione di Lis- son, che inaugura a maggio a New York, l’attenzione è focalizzata sull’Est Coast. Larry Gagosian punta sul potenziale collezionistico della Silicon Valley e arri- va a San Francisco con il suo 16° spazio: 1.200 mq di fronte al SFMOMA, il rinno- vato museo d’arte contemporanea. Los Angeles è la scelta della berlinese Sprüth Magers, alla sua prima sede oltre ocea- no, e di Hauser & Wirth, con base a Zuri- go,cheaprelasuasestalocationconPaul Schimmel, già capo curatore al MOCA, il museod’artecontemporaneadiLosAn- geles. Entrambe rappresentano alcuni degliartisticalifornianipiùinvista:John Baldessari, Ed Ruscha, Ryan Trecartin, Andrea Zittel per Sprüth Magers; Jason Rhoades, Paul McCarthy, Mark Bra- dford, l’estate Mike Kelley per Hauser & Wirth. Negli ultimi anni le gallerie a L.A. sono cresciute grazie a iniziative locali e agli arrivi da New York di Maccarone, MattewMarkseTeamGallery,attiratida un mercato che presenta ancora ampi margini di sviluppo, in cui si muovono artisti di grande calibro. Il progetto di Hauser Wirth & Schimmel propone un formato inedito, a iniziare dalla scala: 30.000 mq per spazi espositivi, uffici, magazzini,oltreaunalibreria,laborato- ri didattici, un giardino aperto al pubbli- co e un ristorante. Il programma sarà si- mile a quello di un museo per qualità e formato delle mostre, affidate all’exper- tise di Schimmel, realizzate con artisti della galleria e prestiti internazionali. Si inizia con la scultura astratta al femmi- niledal1946adoggi:100operedi34arti- ste, tra cui Louise Bourgeois, Eva Hesse, Lee Bontecou, l’italiana Marisa Merz e MagdalenaAbakanowicz,unsuolavoro del 1973 arriva dal museo nazionale di Varsavia. Hauser Wirth & Schimmel non è l’unica tra le mega-gallerie a trat- tareartististoricizzatieproporremostre di qualità museale, ma con questa aper- tura riformula i parametri dell’attività commerciale – nella stessa città dove a fine 2015 «The Broad», nuova sede della collezioneElieEdytheBroad,oltre2000 opereinunedificioda140milionididol- lari,haridefinitol’ideadimuseoprivato. RIPRODUZIONE RISERVATA Il mercato americano, leader nel mondo, attrae gli operatori più importanti In Italia il prestito delle opere una practice da perfezionare Maria Adelaide Marchesoni + Conviene o è solo un rischio pre- stare un’opera per una mostra tem- poranea? Il prestito è un atto di gene- rosità che va tutelato. La necessità d’istituire modelli comuni di gestio- ne del prestito di un’opera è ormai di fondamentale importanza. Negli scambi internazionali, l’iter del pre- stito viene organizzato con largo an- ticipo, almeno sei mesi prima del- l’inaugurazione della mostra. La best practice prevede contratti scritti, con specifiche clausole, la redazione di un Facility Report – documento che illu- stra i requisiti che gli ambienti devo- no avere per ospitare le opere –, gli aspetti legati alla riproduzione del- l’immagine dell’opera prestata e il Condition Report. Ma cos’è? «È un documento che “fotografa” lo stato di conservazione di un’opera d’arte» ha spiegato Maria Grazia Longoni Palmigiano, avvoca- to dello Studio Legale LCA, nel conve- gno su “Il prestito delle opere d’arte: da prassi a best practice”. «Viene re- datto in occasione di un prestito, di una movimentazione, di un imbal- laggio, di un intervento di restauro o di manutenzione, di una variazione delle condizioni espositive, di un danno o di un degrado rilevato». È un documento importantissimo ai fini assicurativi in quanto, se sufficiente- mente chiaro ed esaustivo, pratica- mente annulla la possibilità di con- troversie sulle responsabilità di un eventuale danno. Per un’istituzione come Pirelli HangarBicocca che propone mostre temporanee realizzate attraverso pre- stiti da importanti musei e istituzioni, è fondamentale: «offrire al collezioni- sta o all’istituzione che presta l’opera, tutte le credenziali sullo spazio esposi- tivo in relazione al clima, alla sicurezza e al tipo di allestimento» spiega Valen- tina Fossati, responsabile del coordi- namento di produzione dell’Hangar. Altro aspetto del prestito che si riflette sui costi, è l’importazione tempora- nea di opere provenienti da paesi non comunitari. «Per l’importazione tem- poranea – precisa Fossati – viene ri- chiesto un deposito cauzionale presso l’Agenzia delle Dogane pari al 10% del valore assicurativo dell’opera, che vie- ne svincolato solo al momento della riesportazione dell’opera». Conside- rati gli importanti valori assicurati delle opere e la durata delle importa- zioni: «molte istituzioni depositano l’ammontare richiesto tramite fi- dejussione assicurativa, pagando un premio pari circa all’1‰ dei valori im- portati» conclude Fossati. Tutto semplice? Nella prassi i Con- dition Report, soprattutto quando a prestare l’opera è un privato, non vengono redatti in modo esaustivo e in alcuni casi l’opera viene prestata senza aver fornito adeguata docu- mentazione. «Di solito redigono i Condition Report, – spiega Luisa Men- si, restauratrice d’arte contempora- nea e docente allo Iuav di Venezia –, in particolare le perizie sulla stato di conservazione, le istituzioni che or- ganizzano le mostre, sia pubbliche che private, mentre si rilevano diffi- coltà nell’introdurre questa metodo- logia presso i collezionisti». Cosa fare? «Sarebbe utile – suggeri- sce Mensi – stabilire delle linee guida nella redazione di un Condition Report, come pure avviare una rete di profes- sionisti in grado di fornire questi servi- zi al variegato mondo del collezioni- smo privato». Conferma questa bad practicetra i collezionisti un altro attore della catena dei servizi per l’arte: l’assi- curatore. Cristina Resti, senior art expert/claims handler di Axa Art spie- ga che: «il Condition Report è un docu- mento che tutela il prestatore, ma nel 90% dei sinistri trattati a seguito di mo- stre il documento non esiste». Quali sono i consigli per una maggior tutela? «Sarebbe buona prassi ai fini assicura- tivi – prosegue Resti – fornire almeno, in occasione di un prestito, tre imma- gini digitali, istantanee che fotografa- nolostatodell’operaaccompagnatada una descrizione del suo stato conser- vativo e far controfirmare il documen- to dal trasportatore che prende in cari- co l’opera». Il collezionista che possie- de tante opere e le presta in modo con- tinuativo: «dovrebbe prima di ogni prestito, verificare tutta la catena degli operatori coinvolti: trasportatore, al- lestitore, restauratore o registrar, assi- curatore – suggerisce Resti –, in Italia la mancanza di una cultura assicurativa fa sì che la documentazione a supporto del prestito sia spesso carente, non leg- gibile, redatta frettolosamente, non comprendendo l’importanza che il Condition Report ricopre ai fini di un possibile indennizzo». La tutela di un bene oggetto di una mostra: «non pas- sa infatti dalla sopravvalutazione del suo valore – conclude – ma dalla buona gestionedelprestito,dauna best practi- ce che in Italia deve ancora essere scrit- ta».Ivaloridellemostresonooggimol- to importanti basti pensare a quella per le celebrazioni del 500° anniversario della nascita di Hieronymus Bosch, dove il valore assicurativo supera il 1 miliardo di euro e anche i dettagli in questo caso diventano fondamentali. © RIPRODUZIONE RISERVATA La crisi del petrolio rallenta il mercato dell’arte Silvia Anna Barrilà + Giro di boa per il mercato dell’arte a Dubai che la settimana scorsa ha ce- lebrato la decima edizione della fiera Art Dubai (16-19 marzo) e dieci anni dall’ingresso di Christie’s nella re- gione con la sua asta di arte moderna e contemporanea araba, iraniana e turca (16 marzo). Ma l’anniversario è arrivato in un momento delicato per l’economia locale, investita dalla cri- si dei prezzi del petrolio. A febbraio l’indice Emirates NBD Dubai Eco- nomy Tracker è sceso per la prima volta sotto quota 50 fermandosi a 48,9 e segnando la prima contrazio- ne del settore privato non legato al petrolio da gennaio 2010. In partico- lare, l’indice del settore delle costru- zioni è sceso a 49,1, quello del turismo a 48,4, e quello del commercio a 48,9. Ma quanto questa crisi influenza il mercato dell’arte? È la domanda che risuona tra i cor- ridoi della fiera e a cui la risposta più frequente è: davanti alla qualità i col- lezionisti esperti non si lasciano sfuggire l’occasione di acquistare i capolavori. Alcuni galleristi e colle- zionisti, in realtà, ammettono che la crisi si sente, ma lo dicono solo “off the record”, in via confidenziale. Una gallerista che ha chiesto di non essere citata ha rivelato che alcune gallerie non hanno venduto niente e che c’erano meno collezionisti locali in- teressati e meno internazionali. Il bi- lancio della fiera, comunque, non è negativo; le vendite non sono state pari al periodo di boom di due anni fa, ma ci sono state. Tra le più importan- ti, Meem Gallery (Dubai) ha venduto un’opera del 1950 del padre dell’arte irachena Faiq Hassan a un museo a 250.000 dollari; Victoria Miro (Lon- dra) ha piazzato una «Pumpkin» di Yayoi Kusama a un prezzo tra 400- 600.000 dollari; e Galerie Templon (Parigi-Bruxelles) un grande ritratto di Kehinde Wiley per 180.000 dollari. «Il 90% delle gallerie ha venduto varie opere – ha dichiarato la direttri- ce della fiera Antonia Carver – e un quarto delle gallerie ha fatto il sold- out. Le vendite vanno per lo più da 10.000 a 50.000 dollari, ma l’offerta della fiera va da 1.000 a 500.000 dol- lari. Non si avverte la crisi perché Du- bai è il mercato di riferimento per una regione molto ampia che include il Medio Oriente, parte dell’Africa, l’Asia centrale e il Sud-est asiatico». I visitatori sono stati 27.516, un record; i gruppi museali 95. Christie’s, da parte sua, ha totaliz- zato 15.966.840 dollari con l’85% di venduto per lotto e l’88% per valore, e ha segnato un record per «Sarajevo», un’imponente tela del 1992 dell’egi- ziano Omar El-Nagdi, comprata da un libanese per 1.145.000 dollari. «Nel 2006 i collezionisti tendeva- no a comprare arte del proprio paese – commenta la specialista di Chri- stie’s Bibi Naz Zavieh -. Oggi acqui- stano sempre più artisti di altri paesi. Abbiamo calcolato che per un dollaro speso nella regione i collezionisti mediorientali ne spendono 15 a livel- lo internazionale. I più attivi sono i li- banesi, gli iraniani e gli egiziani. Inol- tre ora abbiamo acquirenti da Cina, Stati Uniti, Francia ed Europa». E che cosa cercano? «Tutto, dai tappeti al- l’arte islamica, impressionista e con- temporanea. Tra l’arte moderna e contemporanea è più richiesta quella moderna, mentre tra i contempora- nei hanno maggior successo quelli con una lunga lista d’attesa, come il libanese Ayman Baalbaki. Un dato interessante, infine, è l’aumento del numero dei collezionisti che usa l’online per l’acquisto. Di questi il 65% è sotto i 40 anni». © RIPRODUZIONE RISERVATA Il prezzo sotto i 40 dollari si sente sull’economia araba Il Condition Report tutela il prestatore nella movimentazione e permanenza del quadro in trasferta COURTESY ART DUBAI In fiera Due collezioniste ad Art Dubai COURTESY HET NOORDBRABANTS MUSEUM Het Noordbrabants Museum Due visitatori davanti al «The Hay Wain» di Jheronimus Bosch

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N. 706 | SABATO 26 MARZO 2016 Plus24 - Il Sole 24 Ore | 21

professionisti del risparmioart economy24 pagina a cura di Marilena Pirrelli

East Coast metadelle mega gallerieper scovare i collezionisti della Silicon Valley

Silvia Simoncelli

+ I dati Tefaf hanno confermato l’otti-mo momento del mercato dell’arte Usa,che ha raggiunto nel 2015 la cifra recorddi 27,3 miliardi di dollari (+4%) riaffer-mando la sua leadership globale. Gui-dano il trend positivo gli scambi oltre il milione di dollari, con una quota in valo-re del 43% nel mercato delle gallerie, do-ve si segnalano aumenti delle transa-zioni fino al 16% per le opere oltre i 10 mi-lioni. Queste cifre sono prerogativa di una ristretta cerchia di artisti, monopo-lio pressoché esclusivo delle mega-gal-lerie, che possono contare su solide ca-pacità finanziarie, multipli spazi espo-sitivi e una reputazione di prestigio.

Le nuove aperture nel 2016 negli StatiUniti da parte di questi operatori confer-ma le previsioni. Con l’eccezione di Lis-son, che inaugura a maggio a New York,l’attenzione è focalizzata sull’Est Coast. Larry Gagosian punta sul potenziale collezionistico della Silicon Valley e arri-va a San Francisco con il suo 16° spazio: 1.200 mq di fronte al SFMOMA, il rinno-vato museo d’arte contemporanea. Los Angeles è la scelta della berlinese SprüthMagers, alla sua prima sede oltre ocea-no, e di Hauser & Wirth, con base a Zuri-go, che apre la sua sesta location con PaulSchimmel, già capo curatore al MOCA, ilmuseo d’arte contemporanea di Los An-geles. Entrambe rappresentano alcuni degli artisti californiani più in vista: JohnBaldessari, Ed Ruscha, Ryan Trecartin, Andrea Zittel per Sprüth Magers; Jason Rhoades, Paul McCarthy, Mark Bra-dford, l’estate Mike Kelley per Hauser & Wirth. Negli ultimi anni le gallerie a L.A. sono cresciute grazie a iniziative locali e agli arrivi da New York di Maccarone, Mattew Marks e Team Gallery, attirati daun mercato che presenta ancora ampi margini di sviluppo, in cui si muovono artisti di grande calibro. Il progetto di Hauser Wirth & Schimmel propone un formato inedito, a iniziare dalla scala: 30.000 mq per spazi espositivi, uffici, magazzini, oltre a una libreria, laborato-ri didattici, un giardino aperto al pubbli-co e un ristorante. Il programma sarà si-mile a quello di un museo per qualità e formato delle mostre, affidate all’exper-tise di Schimmel, realizzate con artisti della galleria e prestiti internazionali. Si inizia con la scultura astratta al femmi-nile dal 1946 ad oggi: 100 opere di 34 arti-ste, tra cui Louise Bourgeois, Eva Hesse, Lee Bontecou, l’italiana Marisa Merz e Magdalena Abakanowicz, un suo lavorodel 1973 arriva dal museo nazionale di Varsavia. Hauser Wirth & Schimmel non è l’unica tra le mega-gallerie a trat-tare artisti storicizzati e proporre mostredi qualità museale, ma con questa aper-tura riformula i parametri dell’attività commerciale – nella stessa città dove a fine 2015 «The Broad», nuova sede dellacollezione Eli e Edythe Broad, oltre 2000opere in un edificio da 140 milioni di dol-lari, ha ridefinito l’idea di museo privato.

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Il mercato americano, leader nel mondo, attraegli operatori più importanti

In Italia il prestito delle opereuna practice da perfezionare

Maria Adelaide Marchesoni

+ Conviene o è solo un rischio pre-stare un’opera per una mostra tem-poranea? Il prestito è un atto di gene-rosità che va tutelato. La necessità d’istituire modelli comuni di gestio-ne del prestito di un’opera è ormai di fondamentale importanza. Negliscambi internazionali, l’iter del pre-stito viene organizzato con largo an-ticipo, almeno sei mesi prima del-l’inaugurazione della mostra. La best practice prevede contratti scritti, con specifiche clausole, la redazione di unFacility Report – documento che illu-stra i requisiti che gli ambienti devo-no avere per ospitare le opere –, gli aspetti legati alla riproduzione del-l’immagine dell’opera prestata e ilCondition Report.

Ma cos’è? «È un documento che“fotografa” lo stato di conservazione di un’opera d’arte» ha spiegato MariaGrazia Longoni Palmigiano, avvoca-to dello Studio Legale LCA, nel conve-gno su “Il prestito delle opere d’arte: da prassi a best practice”. «Viene re-datto in occasione di un prestito, di una movimentazione, di un imbal-laggio, di un intervento di restauro o di manutenzione, di una variazione delle condizioni espositive, di un

danno o di un degrado rilevato». È undocumento importantissimo ai fini assicurativi in quanto, se sufficiente-mente chiaro ed esaustivo, pratica-mente annulla la possibilità di con-troversie sulle responsabilità di un eventuale danno.

Per un’istituzione come PirelliHangarBicocca che propone mostre temporanee realizzate attraverso pre-stiti da importanti musei e istituzioni, è fondamentale: «offrire al collezioni-sta o all’istituzione che presta l’opera, tutte le credenziali sullo spazio esposi-tivo in relazione al clima, alla sicurezzae al tipo di allestimento» spiega Valen-tina Fossati, responsabile del coordi-namento di produzione dell’Hangar. Altro aspetto del prestito che si riflette sui costi, è l’importazione tempora-nea di opere provenienti da paesi non comunitari. «Per l’importazione tem-poranea – precisa Fossati – viene ri-chiesto un deposito cauzionale pressol’Agenzia delle Dogane pari al 10% del valore assicurativo dell’opera, che vie-ne svincolato solo al momento della riesportazione dell’opera». Conside-rati gli importanti valori assicurati delle opere e la durata delle importa-zioni: «molte istituzioni depositano l’ammontare richiesto tramite fi-dejussione assicurativa, pagando un premio pari circa all’1‰ dei valori im-portati» conclude Fossati.

Tutto semplice? Nella prassi i Con­dition Report, soprattutto quando a prestare l’opera è un privato, non vengono redatti in modo esaustivo e in alcuni casi l’opera viene prestatasenza aver fornito adeguata docu-mentazione. «Di solito redigono i Condition Report, – spiega Luisa Men-

si, restauratrice d’arte contempora-nea e docente allo Iuav di Venezia –, inparticolare le perizie sulla stato di conservazione, le istituzioni che or-ganizzano le mostre, sia pubbliche che private, mentre si rilevano diffi-coltà nell’introdurre questa metodo-logia presso i collezionisti».

Cosa fare? «Sarebbe utile – suggeri-sce Mensi – stabilire delle linee guida nella redazione di un Condition Report,come pure avviare una rete di profes-sionisti in grado di fornire questi servi-zi al variegato mondo del collezioni-smo privato». Conferma questa bad practice tra i collezionisti un altro attore

della catena dei servizi per l’arte: l’assi-curatore. Cristina Resti, senior art expert/claims handler di Axa Art spie-ga che: «il Condition Report è un docu-mento che tutela il prestatore, ma nel 90% dei sinistri trattati a seguito di mo-stre il documento non esiste». Quali sono i consigli per una maggior tutela?«Sarebbe buona prassi ai fini assicura-tivi – prosegue Resti – fornire almeno, in occasione di un prestito, tre imma-gini digitali, istantanee che fotografa-no lo stato dell’opera accompagnata dauna descrizione del suo stato conser-vativo e far controfirmare il documen-to dal trasportatore che prende in cari-co l’opera». Il collezionista che possie-de tante opere e le presta in modo con-tinuativo: «dovrebbe prima di ogni prestito, verificare tutta la catena degli operatori coinvolti: trasportatore, al-lestitore, restauratore o registrar, assi-curatore – suggerisce Resti –, in Italia lamancanza di una cultura assicurativa fa sì che la documentazione a supportodel prestito sia spesso carente, non leg-gibile, redatta frettolosamente, non comprendendo l’importanza che il Condition Report ricopre ai fini di un possibile indennizzo». La tutela di un bene oggetto di una mostra: «non pas-sa infatti dalla sopravvalutazione del suo valore – conclude – ma dalla buonagestione del prestito, da una best practi­ce che in Italia deve ancora essere scrit-ta». I valori delle mostre sono oggi mol-to importanti basti pensare a quella perle celebrazioni del 500° anniversario della nascita di Hieronymus Bosch, dove il valore assicurativo supera il 1 miliardo di euro e anche i dettagli in questo caso diventano fondamentali.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

La crisi del petrolio rallenta il mercato dell’arte

Silvia Anna Barrilà

+ Giro di boa per il mercato dell’artea Dubai che la settimana scorsa ha ce-lebrato la decima edizione della fieraArt Dubai (16-19 marzo) e dieci anni dall’ingresso di Christie’s nella re-gione con la sua asta di arte modernae contemporanea araba, iraniana eturca (16 marzo). Ma l’anniversario è arrivato in un momento delicato perl’economia locale, investita dalla cri-si dei prezzi del petrolio. A febbraiol’indice Emirates NBD Dubai Eco-nomy Tracker è sceso per la primavolta sotto quota 50 fermandosi a48,9 e segnando la prima contrazio-ne del settore privato non legato alpetrolio da gennaio 2010. In partico-lare, l’indice del settore delle costru-zioni è sceso a 49,1, quello del turismoa 48,4, e quello del commercio a 48,9.Ma quanto questa crisi influenza ilmercato dell’arte?

È la domanda che risuona tra i cor-ridoi della fiera e a cui la risposta piùfrequente è: davanti alla qualità i col-lezionisti esperti non si lascianosfuggire l’occasione di acquistare icapolavori. Alcuni galleristi e colle-zionisti, in realtà, ammettono che lacrisi si sente, ma lo dicono solo “off the record”, in via confidenziale. Unagallerista che ha chiesto di non esserecitata ha rivelato che alcune gallerie non hanno venduto niente e che c’erano meno collezionisti locali in-teressati e meno internazionali. Il bi-lancio della fiera, comunque, non ènegativo; le vendite non sono statepari al periodo di boom di due anni fa,ma ci sono state. Tra le più importan-ti, Meem Gallery (Dubai) ha vendutoun’opera del 1950 del padre dell’arteirachena Faiq Hassan a un museo a250.000 dollari; Victoria Miro (Lon-dra) ha piazzato una «Pumpkin» diYayoi Kusama a un prezzo tra 400-600.000 dollari; e Galerie Templon (Parigi-Bruxelles) un grande ritrattodi Kehinde Wiley per 180.000 dollari.

«Il 90% delle gallerie ha vendutovarie opere – ha dichiarato la direttri-ce della fiera Antonia Carver – e un quarto delle gallerie ha fatto il sold­

out. Le vendite vanno per lo più da 10.000 a 50.000 dollari, ma l’offertadella fiera va da 1.000 a 500.000 dol-lari. Non si avverte la crisi perché Du-bai è il mercato di riferimento per unaregione molto ampia che include ilMedio Oriente, parte dell’Africa, l’Asia centrale e il Sud-est asiatico». Ivisitatori sono stati 27.516, un record;i gruppi museali 95.

Christie’s, da parte sua, ha totaliz-

zato 15.966.840 dollari con l’85% di venduto per lotto e l’88% per valore, eha segnato un record per «Sarajevo»,un’imponente tela del 1992 dell’egi-ziano Omar El-Nagdi, comprata daun libanese per 1.145.000 dollari.

«Nel 2006 i collezionisti tendeva-no a comprare arte del proprio paese– commenta la specialista di Chri-stie’s Bibi Naz Zavieh -. Oggi acqui-stano sempre più artisti di altri paesi.Abbiamo calcolato che per un dollarospeso nella regione i collezionistimediorientali ne spendono 15 a livel-lo internazionale. I più attivi sono i li-banesi, gli iraniani e gli egiziani. Inol-tre ora abbiamo acquirenti da Cina, Stati Uniti, Francia ed Europa». E checosa cercano? «Tutto, dai tappeti al-l’arte islamica, impressionista e con-temporanea. Tra l’arte moderna econtemporanea è più richiesta quellamoderna, mentre tra i contempora-nei hanno maggior successo quellicon una lunga lista d’attesa, come il libanese Ayman Baalbaki. Un datointeressante, infine, è l’aumento delnumero dei collezionisti che usal’online per l’acquisto. Di questi il 65% è sotto i 40 anni».

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Il prezzo sotto i 40 dollari si sente sull’economia araba

Il Condition Reporttutela il prestatorenella movimentazionee permanenza del quadro in trasferta

COURTESY ART DUBAI

In fiera Due collezioniste ad Art Dubai

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Het Noordbrabants Museum Due visitatori davanti al «The Hay Wain» di Jheronimus Bosch