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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXIX - N. 14 - 9 aprile 2015 Estratti della domanda di ammissione al PMLI di un lavoratore “MEZZO SECOLO DI BATTAGLIE E DI LOTTE DEL PARTITO PARLANO DA SOLE E SONO IL MIGLIOR METRO DI MISURA PER GIUDICARE IL PMLI” “Intendo seguire le orme dei Maestri e dei primi Pionieri del partito che hanno tracciato la via” Un compagno con un potenziale ideologico e politico esplosivo Citazioni dei Maestri su proletariato, Partito e teoria rivoluzionaria 38° Anniversario della fondazione del Partito marxista-leninista italiano CHE IL PROLETARIATO PRENDA IN MANO LA SITUAZIONE di Giovanni Scuderi* Il compagno Giovanni Scuderi, Segre- tario generale del PMLI, tiene il Rap- porto politico alla 4a Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI te- nutasi a Firenze nell’aprile 2014 I METALMECCANICI IN PIAZZA CONTRO IL GOVERNO RENZI E IL JOBS ACT In corteo 50 mila lavoratori, studenti, associazioni e organizzazioni politiche venute da tutta Italia. Grande combattività degli operai. Molti slogan contro Renzi. Cantate “Bandiera Rossa”, “Bella ciao” e l’“Internazionale”. Susanna Camusso defilata sul palco. Il servizio d’ordine allontana da sotto il palco le bandiere e i cartelli del PMLI. Landini sparge illusioni politiche, sindacali e costituzionali con la coalizione sociale riformista LA DELEGAZIONE NAZIONALE DEL PMLI DIRETTA DA CAMMILLI INDICA LA VIA AL PROLETARIATO PER CONQUISTARE IL POTERE POLITICO PAG. 2 PAG. 3 PAGG. 8-9 PAG. 4 A Roma, su invito della FIOM

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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXIX - N. 14 - 9 aprile 2015

Estratti della domanda di ammissione al PMLI di un lavoratore

“MEzzo sEcoLo dI battagLIE E dI LottE dEL PartIto ParLano da soLE E sono IL MIgLIor MEtro dI MIsura PEr gIudIcarE IL PMLI”

“Intendo seguire le orme dei Maestri e dei primi Pionieri del partito che hanno tracciato la via”

un compagno con un potenziale ideologico e politico esplosivo

citazioni dei Maestri su proletariato, Partito e teoria rivoluzionaria38° anniversario della fondazione del Partito marxista-leninista italiano

che il proletariato prenda in mano la situazione

di giovanni scuderi*Il compagno Giovanni Scuderi, Segre-tario generale del PMLI, tiene il Rap-porto politico alla 4a Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI te-nutasi a Firenze nell’aprile 2014

I MEtaLMEccanIcI In PIazza contro IL govErno rEnzI E IL Jobs actIn corteo 50 mila lavoratori, studenti, associazioni e organizzazioni politiche venute da tutta Italia. Grande combattività degli operai. Molti slogan contro Renzi. Cantate “Bandiera Rossa”, “Bella ciao” e l’“Internazionale”. Susanna Camusso defilata sul palco. Il servizio d’ordine allontana da

sotto il palco le bandiere e i cartelli del PMLI. Landini sparge illusioni politiche, sindacali e costituzionali con la coalizione sociale riformistaLa DeLeGazIone nazIonaLe DeL PMLI DIRetta Da CaMMILLI InDICa La vIa aL PRoLetaRIato PeR ConquIStaRe IL PoteRe PoLItICo

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a roma, su invito della FIoM

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2 il bolscevico / PMLI N. 14 - 9 aprile 2015

38° Anniversario della fondazione del Partito marxista-leninista italiano

che il ProletAriAto PrendA in mAno lA situAzione

Nel nostro Paese capitalistico le condizioni di vita e di lavo-ro del proletariato e delle masse popolari sono pessime. La crisi economica e finanziaria del ca-pitalismo, che dura da sette anni, le ha rese insopportabili. I go-verni Berlusconi, Monti, Letta e Renzi hanno lavorato solo per salvare le banche e la grande in-dustria. Niente per le lavoratrici e i lavoratori, le pensionate e i pensionati a basso reddito, i di-soccupati e le masse femmini-li e giovanili. I ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sem-pre più poveri.

Il 10% delle famiglie più ric-che detiene il 46,6% della ric-chezza delle famiglie. Die-ci milioni di persone vivono in povertà relativa, e sei milioni in povertà assoluta. Un minorenne su quattro vive in povertà rela-tiva.

I disoccupati ufficiali sono oltre tre milioni ma se a essi si aggiungono i disoccupati par-ziali e gli attivi disponibili si ar-riva alla cifra di nove milioni. Oltre 1,4 milioni di giovani fra i 15 ai 24 anni sono disoccupati, e 3,7 milioni fra i 15 e i 34 anni né lavorano né studiano.

La disoccupazione e la po-vertà affliggono soprattutto le masse meridionali. Il divario economico e sociale tra il Sud e il Centro e il Nord d’Italia si al-larga sempre più.

I lavoratori precari, per lo più giovani e donne, sono oltre tre milioni. I lavoratori poveri sono 3,4 milioni, i lavoratori in part-time involontario (32% femmi-nile) sono 2,5 milioni. Il 65% dei nuovi contratti è a tempo determinato, di cui il 46% dura meno di un mese.

I salari stagnano e perdono potere d’acquisto. Sono più bas-si di diversi paesi dell’Unione europea, mentre le retribuzioni dei manager sono scandalosa-mente molto alte. Sergio Mar-chionne nel 2014 ha guadagnato 66 milioni, che corrispondono al salario annuo di duemila lavora-tori della Fiat Chrysler Automo-biles. Nelle fabbriche i ritmi di lavoro sono frenetici e vige un regime da caserma.

Due milioni e 171 mila per-sone percepiscono una pensione di 506 euro al mese. Dal primo gennaio 2016 i lavoratori an-dranno in pensione a 66 anni e 7 mesi, le lavoratrici a 65 anni e 7 mesi, con grave danno per la salute e per l’occupazione gio-vanile. I giovani, tra l’altro, col sistema contributivo vigente ri-schiano di non avere più la pen-sione.

La parità dei sessi è solo sulla carta. Lavora solo il 46,7% della forza-lavoro femminile, il resto delle donne, che è la maggioran-

za, è relegato in casa ad abbruti-re nei lavori domestici e di cura dei familiari. Le pensionate rice-vono in media il 30% in meno dei pensionati. Più del 50% del-le pensionate riscuote meno di mille euro al mese. Le lavoratri-ci guadagnano il 41% in meno dei lavoratori. Le donne, inoltre, sono soggette a violenze fisiche, sessuali e morali, anche da parte dei mariti e dei fidanzati, e spes-so vengono sfregiate o uccise se si ribellano ai voleri degli uomi-ni.

I gay e le lesbiche non pos-sono sposarsi e adottare e avere figli. I detenuti sono ammassa-ti e trattati in maniera disumana, al punto da essere indotti sem-pre più frequentemente al sui-cidio. I migranti vengono rin-chiusi in lager, detti Centri di identificazione e di espulsione (CIE), e quelli liberi, specie nel Sud, lavorano come schiavi, in balia dei caporali, con orari che arrivano fino a 14 ore al giorno e con salari da fame.

il governo renzi

Renzi in un anno di governo ha fatto più danni della grandi-ne, delle alluvioni e dei terre-moti. Ha spostato a destra l’as-se della politica governativa su tutti i piani.

Con le controriforme costi-tuzionali, istituzionali ed eletto-rali, caldeggiate e sostenute dal rinnegato Napolitano quando sedeva al Quirinale, sta comple-tando la seconda repubblica ne-ofascista perseguita dalla P2, da Gelli, Craxi e Berlusconi. Esau-torando il parlamento e accen-trando il potere sul suo partito e su di sé.

Con il Jobs Act e con tutte le altre controriforme del “mercato del lavoro” ha distrutto il diritto democratico borghese del lavo-ro, ha dato carta bianca ai padro-ni per licenziare, ha reso perma-nente il precariato e ha messo ai margini i sindacati. Ovunque nelle aziende private e pubbli-che imperano le relazioni indu-striali di stampo mussoliniano introdotte da Marchionne alla Fiat.

Con la controriforma del pub-blico impiego ha voluto mettere in riga le lavoratrici e i lavora-tori statali immettendo nell’am-ministrazione pubblica i criteri di meritocrazia, gerarchizzazio-ne, produttività, mobilità del-le aziende private. Con in più il demansionamento, il blocco dei rinnovi contrattuali, il taglio de-gli organici e dei diritti e delle libertà sindacali, la sottomissio-ne dei dirigenti al governo, la ri-duzione delle aziende municipa-lizzate e la loro privatizzazione,

il passaggio ai privati di alcuni servizi pubblici.

Con la responsabilità civi-le dei magistrati, voluta per vent’anni dalla P2 e da Berlu-sconi, ha messo la mordacchia ai pubblici ministeri e ai giu-dici e consegnato in mano agli imputati “eccellenti” (industria-li, finanzieri, manager, corrotti e corruttori, evasori, esportatori di capitali all’estero, mafiosi, poli-ticanti, ecc.) una micidiale arma di ricatto e di intimidazioni nei loro confronti. Mentre non ha fatto nemmeno un graffio alle mafie e alla corruzione che di-lagano nelle istituzioni, nella fi-nanza, nell’economia e finanche nei governi centrale, regionali e locali.

Con il “patto per la salute” ha inflitto un duro colpo alla sanità pubblica. Con lo “sbloc-ca-Italia” ha dato via libera alle “grandi opere”, all’“Alta veloci-tà”, alle autostrade che cementi-ficano e devastano il Paese, alla

svendita del demanio pubblico, agli inceneritori e alle trivella-zioni, a scapito della salute del popolo e con gravi danni all’am-biente.

Con la “Buona scuola”, ba-sata sull’aziendalismo, la gerar-chizzazione, la meritocrazia, lo strapotere dei presidi, ha di fatto consegnata l’istruzione pubblica ai capitalisti.

In politica estera sta seguen-do le orme di Mussolini, in par-ticolare per quanto riguarda la Libia, che vuol farne una nuova colonia dell’Italia. Le sue ambi-zioni internazionali, che lo ve-dono tra l’altro in prima linea nella lotta contro il terrorismo, ossia lo Stato islamico, rischia-no di coinvolgere il popolo ita-liano in una guerra che serve solo agli interessi del “nostro” imperialismo.

Per tutto ciò Renzi, una rein-carnazione moderna e tecnolo-gica di Mussolini e Berlusconi, va spazzato via, prima che metta

le radici e consolidi il suo pote-re borghese, neofascista e ditta-toriale.

il proletariatoQuesta intollerabile situa-

zione di miseria, disoccupazio-ne, precariato, sfruttamento, oppressione e subalternità del-le masse alla classe dominante borghese, di divisione in clas-si, di disuguaglianze sociali, di sesso e territoriali, di ingiustizie sociali, di mafie e corruzione, di razzismo, di nuovo fascismo e di interventismo imperialistico, va radicalmente cambiata sradi-cando le cause che l’hanno ge-nerata e la perpetuano che risie-dono nel capitalismo e nei suoi governi comunque denominati. Il che richiede anzitutto l’abbat-timento del sistema economico capitalistico e del potere della classe dominante borghese, che può avvenire solo per via rivolu-zionaria, cioè con l’insurrezione armata delle masse.

Ma chi può realizzare que-sto cambiamento totale? Come dimostra la storia, nessun altro che il proletariato, la classe del-le operaie e degli operai, che è l’antagonista naturale della clas-se borghese di cui subisce diret-tamente lo sfruttamento e l’op-pressione, l’unica classe capace di unire attorno a sé, e di diriger-li, tutti i lavoratori, i contadini poveri, le masse popolari, fem-minili e giovanili, le classi e gli strati sociali nemici della grande borghesia.

Solo che il proletariato ita-liano, deideologizzato e deco-munistizzato dall’opera ultra-centenaria dei revisionisti e dei riformisti, ha perso nel tempo la sua coscienza di classe rivolu-zionaria, di classe per sé, il cui compito è quello di emanciparsi dal capitalismo e di conquistare il potere politico, che peraltro gli spetta di diritto in quanto produ-ce l’intera ricchezza del Paese. Un diritto che esso deve riven-dicare con forza e imporlo con la rivoluzione socialista armata, quando avrà accumulato le forze necessarie, a milioni, per estro-mettere dal potere la borghesia e instaurare il socialismo.

Ciò corrisponde all’ABC del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, che è la cultura del pro-letariato nata in lotta e in con-trapposizione col liberalismo che è la cultura della borghe-sia, ancora adesso dominante nel nostro Paese. Il proletaria-to deve quindi necessariamente e doverosamente riappropriarsi della sua storica cultura per sot-trarsi all’influenza della cultura borghese, che gli viene propina-ta dai falsi capi operai con arti-fici, inganni e nuove forme, per comprendere appieno quali sono i suoi compiti immediati e a lun-go termine, per lottare come classe generale e per dare un ca-

rattere rivoluzionario alla lotta di classe. Ne ha bisogno anche per evitare di cadere nelle trap-pole degli agenti della borghe-sia, i riformisti di sinistra, i fal-si comunisti e i trotzkisti, che gli impediscono di uscire dal panta-no del capitalismo.

Vedi le varie proposte orga-nizzative oggi in campo, di cui la più insidiosa è la coalizione sociale riformista di Maurizio Landini, che il proletariato deve studiare attentamente sulla base dei suoi interessi, della sua cul-tura e dei suoi compiti e obiet-tivi di classe. Analizzandole da questo suo punto di vista di clas-se, non tarderà a capire che tut-te queste nuove proposte non mettono in discussione il capi-talismo e il potere della borghe-sia e delle sue istituzioni, e che considerano invalicabili i confi-ni della Costituzione democrati-ca borghese, capitalista e antico-munista del ’48, anche se ormai è stata fatta a brandelli. Soprat-tutto si renderà conto che nessu-na di esse mette al centro il pro-letariato e la sua egemonia, ossia la sua direzione in tutti i campi.

Che senso avrebbe allora per il proletariato aderire a una qualsiasi di tali proposte? Non gli rimane che valutare la pro-posta del PMLI. “Mezzo secolo di battaglie e di lotte del Parti-to parlano da sole e sono il mi-glior metro di misura per giudi-care il PMLI”, come ha scritto un lavoratore, che ha una certa esperienza politica e sindacale, nella domanda di ammissione al PMLI di cui pubblichiamo degli estratti su questo numero de “Il Bolscevico”.

Qualora le operaie e gli ope-rai coscienti, che già conosco-no o conosceranno il PMLI, ritenessero, dopo averlo atten-tamente esaminato, che il PMLI meriti la loro adesione non per-dano tempo a dargli tutta la loro forza politica, intellettuale, or-ganizzativa, materiale e di azio-ne. Il 9 Aprile celebreremo as-sieme il 38° Anniversario della fondazione del PMLI, ricordan-do anche i dieci anni precedenti che l’hanno preparata.

Onore e gloria ai fondatori del PMLI ancora fedeli alla cau-sa! Onore e gloria alle compa-gne e ai compagni che via via si sono uniti a essi e a quelli pros-simi e futuri che seguiranno il loro esempio!

Mettiamocela tutta, ciascu-no al proprio posto di combat-timento in base ai compiti che ci ha assegnato il Partito e con-centrati sulle priorità, per dare al PMLI un corpo da Gigante Ros-so affinché trionfi il socialismo e il proletariato conquisti il po-tere politico.

Uniti, coi Maestri e il PMLI vinceremo!

Firenze, 28 marzo 2015* Segretario generale del PMLI

di Giovanni scuderi*

Il compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, tiene il Rapporto politico alla 4a Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI tenutasi a Firenze nell’aprile 2014

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N. 14 - 9 aprile 2015 PMLI / il bolscevico 3

Citazioni dei Maestri su proletariato, Partito e teoria rivoluzionaria

conquistare il potere politico è il dovere della classe operaia

La conquista del potere politico è divenu-to il grande dovere della classe operaia.

Marx, “Indirizzo inaugurale dell’Asso-ciazione internazionale degli operai”, 21-27 ottobre 1864, Opere complete, Editori riuniti, vol. 20, pag. 12

il potere politico deve passare nelle mani della classe operaia

L’aumento della ricchezza provenien-te dal lavoro collettivo della massa operaia o dai perfezionamenti della produzione va interamente alla classe dei capitalisti, men-tre gli operai, pur lavorando una generazio-ne dopo l’altra, rimangono sempre proleta-ri nullatenenti. Esiste quindi un solo mezzo per porre fine allo sfruttamento del lavoro da parte del capitale: liquidare la proprietà privata degli strumenti di lavoro, trasferi-re tutte le fabbriche, le officine, le miniere, tutte le grandi proprietà terriere, ecc. nelle mani di tutta la società, e organizzare la pro-duzione socialista, diretta dagli operai stes-si. I prodotti del lavoro comune dovranno andare a vantaggio degli stessi lavoratori, e quel che producono in più di quanto è ne-cessario al loro mantenimento servirà per soddisfare le esigenze degli stessi operai, per sviluppare pienamente tutte le loro ca-pacità, e per farli godere, a pari diritto, di tutte le conquiste della scienza e dell’arte. Nel programma si dice pertanto che solo in questo modo può concludersi la lotta della classe operaia contro i capitalisti. Ma a tal fine è indispensabile che il potere politico, ossia la direzione dello Stato, dalle mani di un governo influenzato dai capitalisti e dai proprietari terrieri, o dalle mani di un gover-no composto direttamente da rappresentan-ti eletti dai capitalisti, passi nelle mani della classe operaia.

È questo il fine ultimo della lotta della classe operaia, è questa la condizione del-la sua totale emancipazione. A questo fine ultimo debbono tendere gli operai coscien-ti e uniti.

Lenin, “Progetto e spiegazione del pro-

gramma del partito socialdemocratico”, 1895-1896, Opere complete, Edizioni Rina-scita, vol. 2 pag. 98

il partito deve esprimere l’emancipazione

della classe operaiaDappertutto l’esperienza ha dimostrato

che il miglior mezzo per liberare gli operai dall’iniziativa dei partiti tradizionali consi-ste nel creare in ogni paese un partito pro-letario con una politica propria che si di-stingua chiaramente da quella di tutti gli altri partiti politici perché deve esprimere l’emanciazione della classe operaia.

Engels, “Lettera al Consiglio Federale spagnolo dell’Associazione internazionale dei lavoratori”, 13 febbraio 1871

il partito reparto di avanguardia

della classe operaiaIl partito deve essere, prima di tutto, il

reparto di avanguardia della classe opera-ia. Il partito deve assorbire tutti i migliori elementi della classe operaia, la loro espe-rienza, il loro spirito rivoluzionario, la loro devozione sconfinata alla causa del proleta-riato. Ma per essere effettivamente il reparto di avanguardia, il partito deve essere arma-to di una teoria rivoluzionaria, deve cono-scere le leggi del momento, deve conosce-re le leggi della rivoluzione. Se no, non è in grado di dirigere la lotta del proletaria-to, di condurre dietro a sé il proletariato. Il partito non può essere un vero partito se si limita a registrare quel che la massa della classe operaia sente e pensa, se si trascina alla coda del movimento spontaneo, se non sa superare l’inerzia e l’indifferenza politi-ca del movimento spontaneo, se non sa ele-varsi al disopra degli interessi momentanei del proletariato, se non sa elevare le masse al livello degli interessi di classe del prole-tariato. Il partito deve porsi alla testa del-la classe operaia, deve vedere più lontano della classe operaia, deve condurre dietro a sé il proletariato e non trascinarsi alla coda del movimento spontaneo. I partiti della II

Internazionale, che predicano il “codismo”, sono agenti della politica borghese, che con-danna il proletariato alla funzione di stru-mento nelle mani della borghesia. Soltanto un partito che si consideri come reparto di avanguardia del proletariato, e sia capace di elevare le masse al livello degli interessi di classe del proletariato, soltanto un tale parti-to è in grado di distogliere la classe operaia dalla via del tradunionismo e di trasformarla in forza politica indipendente.

Stalin, “Principi del leninismo”, maggio 1924, Piccola Biblioteca marxista-lenini-sta, pag. 80

il marxismo-leninismo, la verità universale applicabile ovunque

“Nel suo libro L’estremismo, malattia in-fantile del comunismo, scritto nel 1920, Le-nin ha descritto la ricerca di una teoria ri-voluzionaria da parte dei russi. Solo dopo parecchie decine di anni di avversità e di sof-ferenze i russi trovarono il marxismo... Dal tempo della disfatta della Cina nella Guer-ra dell’oppio nel 1840, i progressisti cinesi sono passati attraverso innumerevoli avver-sità per cercare la verità verso gli occidenta-li... A quell’epoca, i cinesi che aspiravano al progresso leggevano qualsiasi libro, purché contenesse le idee nuove dell’Occidente... Anche io, da giovane, intrapresi questi stu-di. Era la cultura della democrazia borghe-se occidentale, cultura che comprendeva le dottrine sociali e le scienze naturali di quel periodo, ossia ciò che fu chiamato ‘nuova cultura’ in opposizione alla cultura feudale cinese, che fu chiamata ‘vecchia cultura’. Per molto tempo i seguaci della nuova cul-tura furono convinti che essa avrebbe sal-vato la Cina, e solo pochi nutrivano, al pari dei seguaci della vecchia cultura, dubbi su questo punto. Solo la modernizzazione po-teva salvare la Cina. Fra i paesi stranieri di quel tempo, gli unici progressisti erano i pa-esi capitalisti occidentali, in quanto erano ri-usciti a edificare Stati borghesi moderni. I giapponesi avevano ottenuto buoni risultati imparando dall’Occidente, e i cinesi deside-ravano a loro volta apprendere dai giappo-

nesi. Agli occhi dei cinesi di allora la Rus-sia era un paese arretrato e pochi volevano imparare da essa. Ecco come i cinesi tenta-rono di apprendere dai paesi stranieri dagli anni quaranta del XIX secolo all’inizio del XX secolo.

L’aggressione imperialista infranse i so-gni dei cinesi che si sforzavano di imparare dall’Occidente. Era molto strano: come mai i maestri commettevano continue aggressio-ni contro i loro allievi? I cinesi imparavano molto dall’Occidente ma non potevano met-tere in pratica quello che avevano impara-to, non potevano realizzare i loro ideali. Le loro ripetute lotte, come la Rivoluzione del 1911 che fu un movimento su scala nazio-nale, si risolsero tutte in altrettante sconfitte. La situazione del paese peggiorava di giorno in giorno e la vita era divenuta impossibile. Sorsero dubbi, che crebbero e si approfondi-rono. La Prima guerra mondiale scosse tutto il globo. I russi fecero la Rivoluzione d’Ot-tobre e crearono il primo Stato socialista nel mondo. Sotto la guida di Lenin e di Stalin, l’energia rivoluzionaria del grande prole-tariato e del grande popolo lavoratore del-la Russia, fino allora latente e non avvertita dagli stranieri, esplose all’improvviso come un vulcano, e i cinesi come tutta l’umani-tà, videro i russi in una nuova luce. Allora, solo allora, ebbe inizio un’era completamen-te nuova nel pensiero e nella vita dei cine-si. Essi scoprirono il marxismo-leninismo, la verità universale applicabile ovunque, e il volto della Cina cominciò a cambiare.

Fu grazie ai russi che i cinesi scoprirono il marxismo. Prima della Rivoluzione d’Ot-tobre i cinesi non solo ignoravano Lenin e Stalin, ma non conoscevano neppure Marx ed Engels. Le cannonate della Rivoluzio-ne d’Ottobre ci portarono il marxismo-le-ninismo. La Rivoluzione d’Ottobre aiutò i progressisti cinesi e quelli di tutti i paesi ad adottare la concezione proletaria del mondo come strumento per studiare il destino del-la propria nazione e per esaminare daccapo tutti i loro problemi. Seguire la strada dei russi, questa fu la loro conclusione” .

Mao “Sulla Dittatura Democratica Po-polare, 30 giugno 1949, Opere scelte, Casa Editrice in lingue estere di Pechino, vol. 4 pagg. 424-426

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4 il bolscevico / PMLI N. 14 - 9 aprile 2015

Per il trionfo della causa del socialismo in Italia

Anche un solo euro al meseIl PMLI ha bisogno dell’aiuto economico di tutti i fautori

del socialismo, gli anticapitalisti, gli antirenziani ovunque partiticamente collocati. Con le quote mensili dei soli militanti e dei contributi dei simpatizzanti attivi non ce la fa a sostenere le spese crescenti delle attività, della propaganda e delle sedi.

I contributi, anche un euro al mese, possono essere consegnati direttamente ai militanti del Partito oppure versati attraverso il conto corrente postale n. 85842383 intestato a: PMLI – via Antonio del Pollaiolo, 172/a – 50142 Firenze.

Grazie di cuore

Estratti della domanda di ammissione al PMLI di un lavoratore

“MEzzo sEcoLo dI battagLIE E dI LottE dEL PartIto ParLano da soLE E sono IL MIgLIor MEtro dI

MIsura PEr gIudIcarE IL PMLI”“Intendo seguire le orme dei Maestri e dei primi Pionieri del partito che hanno tracciato la via”

Il PMLI è l’unico vero Partito comunista in Italia. Il PMLI vuole la rivoluzione, unico modo con cui la classe dominante borghese può essere rovesciata. La borghesia non lascerà mai il potere economi-co che detiene, forte del controllo dei mezzi di produzione, dello Sta-to e delle sue corrotte istituzioni e, teniamolo sempre ben presente, del monopolio della forze di re-pressione. Quando il proletariato prenderà coscienza di essere una classe per sé, e ciò sarà possibile solo quando si armerà dell’invinci-bile marxismo-leninismo-pensiero di Mao e solo quando si porrà sot-to la guida e sotto le rosse inse-gne del PMLI e la rivoluzione sarà alle porte, la borghesia, stiamone certi, abbandonerà ogni ipocrisia pseudo-democratica e scatenerà la repressione.

Il PMLI è l’unico Partito non im-pantanato nel paludoso terreno della borghesia e l’unico Partito che non è al suo servizio.

La storia del PMLI dal 1977, e i dieci anni prima per la sua fonda-zione, dimostrano che mai, nem-meno per un solo istante, è venuto meno al marxismo-leninismo-pen-siero di Mao. Solo il PMLI sarà in grado di guidare il proletariato e le masse verso la rivoluzione socia-

lista, conseguita la quale lo Stato borghese verrà abbattuto. La con-quista del socialismo porterà alla dittatura del proletariato in cui la borghesia sconfitta non avrà al-cuna libertà. Il PMLI fin da ora si prepara a quel momento volendo nelle sue fila gli elementi migliori del proletariato. L’entusiasmo di entrare nel PMLI, di farne parte, non deve portarci ad avere una vi-sione idealistica del Partito. La te-sta del PMLI è quella di un Gigan-te Rosso ma il suo corpo è ancora debole.

Il Partito risente delle contrad-dizioni esistenti nella società e non è privo di queste contraddizio-ni. Primo dovere di ogni militante è tenere alta la guardia per difender-ne la linea. 48 anni di storia. Mez-zo secolo di battaglie e di lotte par-lano da sole e sono il miglior metro di misura per giudicare il PMLI.

Il Programma e lo Statuto del PMLI sono quelli di un vero Parti-to leninista basato sul centralismo democratico.

Il PMLI non ha bisogno di ade-sioni formali, di iscrizioni on-line ma di autentici pionieri rossi pronti a dare il meglio di sé. Lo Statuto è veramente inattaccabile. Comple-to in ogni sua parte rende il Partito una rossa roccaforte inespugnabi-

le se correttamente e pienamente applicato. Vigilanza rivoluzionaria, valutazione dei militanti, una rigi-da strutturazione dalle Cellule al Comitato centrale. Lo Statuto de-finisce correttamente ogni situa-zione, sia prevedendo una grande affermazione del PMLI ed una sua crescita sia il caso di repressione borghese. Questo contraddistin-gue un vero Statuto leninista: pre-vedere tutto ed avere concrete so-luzioni per ogni evenienza.

Il Programma del PMLI chia-risce la questione delle questio-ni: la conquista del potere politico da parte del proletariato. Senza il potere politico il proletariato non è nulla, non conta niente. Il Pro-gramma del PMLI, unito al nuovo programma di azione, traccia in modo netto la rossa strada da se-guire con il passo fermo e sicuro del montanaro. La conquista del socialismo non è una gara di velo-cità ma di resistenza e il Program-ma indica punto per punto cosa occorre fare. Dalla lotta per le ri-vendicazioni immediate fino alla conquista del potere politico da parte del proletariato. Il Program-ma del PMLI definisce la linea, lo Statuto, l’organizzazione. Le due gambe del Partito con alla testa il marxismo-leninismo-pensiero di Mao.

PRC, PdCI, Partito comunista di Rizzo e gli altri partiti e gruppi italiani che si dichiarano comuni-sti sono partiti riformisti, revisioni-sti e borghesi. Lo sono nella loro

natura, nel loro programma e nel loro statuto. Tali partiti ingannano e imbrogliano le masse tenendo-le nel pantano dell’elettoralismo borghese e ben ancorate nelle fal-limentari vie riformiste. È un’idio-zia pensare che il capitalismo si possa riformare per via pacifica e poco alla volta. Questi imbroglioni vogliono forse farci credere che la classe dominante borghese ci re-galerà il potere? No, ciò che dico-no e fanno è una truffa. Questi fan-tocci ben pagati dalla borghesia sono rossi fuori (un rosso molto opaco) ma dentro sono neri come la reazione che li foraggia. Crono-logicamente questi partiti nascono ben dopo il PMLI. Ora, non posso-no esistere due Partiti marxisti-le-ninisti. Detto ciò delle due l’una: o il PMLI è falso e allora perché non

lo sbugiardano? Se invece il PMLI è vero allora perché non si unisco-no a lui? La risposta è ovvia: non ci sarebbe posto per loro sotto le rosse insegne del PMLI!

Entro nel PMLI per fare parte dell’unico, vero Partito marxista-leninista e per mettermi ai suoi or-dini. Intendo seguire le orme dei Maestri e dei primi Pionieri del Partito che hanno tracciato la via. Conto, con la mia adesione di ren-dere più forte il Partito e migliorare la mia collaborazione. Sono fiero e orgoglioso di unirmi alla lotta del PMLI e di svolgere gli incarichi al posto di combattimento che il Par-tito mi assegnerà.

Entrando nel PMLI mi impe-gno ad applicare lo Statuto, il Pro-gramma e la linea rossa del Par-

tito. Il PMLI non ha bisogno di adesioni formali. Il PMLI necessità di rossi pionieri, militanti disposti a tutto per il Partito. Il mio primo im-pegno è di lavorare sulle mie idee borghesi e sui miei “valori” bor-ghesi cercando di rimuoverli. Mi impegno a studiare a fondo il mar-xismo-leninismo-pensiero di Mao e tutti i Documenti del Partito. Se non sarò il goleador che segna la rete sarò colui che passerà la pal-la. Mi impegno a svolgere con de-dizione e costanza tutte le attività che mi saranno assegnate e, ove necessario, anche di pulizia di lo-cali. Per un vero marxista-leninista non devono esistere lavori umili e lavori importanti ma solo compi-ti da eseguire e questi compiti è il Partito ad assegnarli.

un compagno con un potenziale ideologico e politico esplosivoIl compagno Mario, un lavo-

ratore fiorentino di adozione, ha conosciuto il PMLI tramite “Il Bolscevico” 17 anni fa, e “pia-no piano” ne ha subito il fascino. A un certo punto però l’influenza del riformismo diventa più forte e si iscrive al PRC. Lo abbandone-rà dopo un anno comprendendo di “aver sbagliato tutto”. Si sen-te “in balia di opportunisti, ipo-criti, falsi comunisti e arrivisti”,

quindi si avvicina al PMLI pri-ma come amico, poi come simpa-tizzante per diversi anni e infine chiede di entrare nel PMLI “per far parte dell’unico vero Partito marxista-leninista, per mettersi ai suoi ordini e per seguire le orme dei Maestri e dei primi Pionie-ri del Partito che hanno traccia-to la via”. Come ha scritto nella domanda di ammissione al PMLI di cui pubblichiamo degli estratti

qui di seguito.In base alle sue dichiarazioni

scritte, al suo comportamento da simpatizzante, ai suoi primi con-tributi giornalistici e ai suoi pri-mi atti compiuti da militante, è più che evidente che il compagno Ma-rio ha capito a fondo l’anima, lo spirito, il carattere, la linea e gli obiettivi del PMLI, ed è fortemen-te intenzionato ad applicarli nel-la lotta di classe e a trasmetterli

alle nuove generazioni di marxi-sti-leninisti.

Importante la sua sottoline-atura a “non avere una visione idealistica del PMLI”. Per cui, “primo dovere di ogni militante è tenere alta la guardia per difende-re la linea: 48 anni di storia”.

Da ogni punto di vista, il com-pagno Mario appare come un compagno con un potenziale ide-ologico e politico esplosivo, che

non potrà che fare un gran bene al PMLI, al proletariato e alla causa del socialismo. A cominciare dal radicamento e dallo sviluppo del-la sua istanza di base e dal lavoro giornalistico.

Se reggerà alle dure prove e ai sacrifici della lotta di classe e del-la Lunga Marcia politica e orga-nizzativa del Partito, se terrà fede a quanto ha solennemente dichia-rato nella sua domanda di ammis-

sione, le sue azioni marxiste-leni-niste sicuramente attireranno le attenzioni dei rivoluzionari che guardano e guarderanno al PMLI e lasceranno delle tracce profon-de come quelle dei primi pionieri e dei fondatori del PMLI ancora fedeli alla causa.

Auguri, compagno Mario, che la tua nuova vita marxista-lenini-sta sia di esempio e di stimolo per tutti i militanti del PMLI.

ottimo l’articolo sull’inganno di LandiniCarissimi compagni,ottimo articolo quello sull’ingan-

no di Landini e la coalizione sociale, ut semper (come sempre). Proverò a tornarci sopra ma da altro ango-lo visuale (testi Lenin) io stesso tra non molto.

Cari saluti marxisti-leninisti.Eugen Galasso

da simpatizzante del PMLI vi chiedo una maglia coi

cinque MaestriCiao,sono un simpatizzante del PMLI,

avete in programma cortei, assem-blee o riunioni nel bresciano?

Dove posso trovare una maglia dei cinque Maestri?

Saluti marxisti-leninisti.Giordano - Brescia

La situazione di degrado delle carceri e le promesse

del papaLa visita di papa Francesco a

Napoli è stata seguita in tempo rea-le da giornali e televisioni, che han-no dedicato enorme spazio all’e-vento, ma solo poche righe sono state dedicate ad un’esternazione del pontefice, il quale, rivolgendo-si ai detenuti di Poggioreale con cui ha consumato il pranzo, ha af-fermato che a fine anno, quando proclamerà l’apertura del Giubileo, chiederà pubblicamente un atto di clemenza per i carcerati.

Speriamo non si dimentichi, come vergognosamente se ne sono dimenticati governo e opinio-ne pubblica, perpetuando una si-tuazione di degrado insostenibile per una nazione che si pecca di ri-tenersi civile.

Achille della Ragione – Napoli

richiedete l’opuscolon. 15di giovanni scuderi

Le richieste vanno indirizzate a:[email protected] via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 FirenzeTel. e fax 055 5123164

Roma, 28 marzo 2015. Manifestazione nazionale FIOM (foto Il Bolscevico)

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N. 14 - 9 aprile 2015 PMLI / il bolscevico 5Ricordo di Lucia, Nerina Paoletti, a nove anni dalla scomparsa

Una compagna modello9 anni fa, il 6 aprile 2006, mori-

va all’età di 69 anni Nerina Paolet-ti, alias Lucia. La ricordiamo con grande affetto e riconoscenza.

Chi l’ha conosciuta, in partico-lare chi lavorava politicamente con lei, ricorda ancora e con nostalgia con quale affettuosità, premura, gentilezza, spirito di disponibilità si rapportava con le compagne e i compagni.

Lucia amava profondamente il Partito e i suoi membri e simpatiz-zanti, soprattutto i giovani e i fon-datori del PMLI ancora fedeli alla causa. Per incarico di Partito e per sua iniziativa personale, non man-cava di aiutare i compagni che era-no in difficoltà o che avevano pro-blemi di salute.

Col suo buon umore e l’ottimi-smo rivoluzionario contagiava tut-ti, e ci spronava ad andare avan-ti, a non abbatterci nelle avversità politiche, professionali, personali e familiari. Stava vicina alle com-pagne e ai compagni colpiti da do-lorose vicende personali e fami-liari.

Distinguendo bene tra i rap-porti politici e i rapporti persona-li, curava la fraternizzazione tra compagni al di fuori delle attivi-tà politiche. Per molti anni ha or-ganizzato spontaneamente il cam-peggio estivo di diversi compagni nelle spiagge libere della Toscana, prendendovi parte.

Era profondamente attaccata al marxismo-leninismo-pensiero di Mao, ai Maestri, al PMLI, al so-cialismo e alle masse. Alle mani-festazioni di piazza locali e nazio-nali era estremamente combattiva.

Negli ultimi anni della sua vita soffriva molto perché il Partito l’aveva esonerata dal partecipare alle manifestazioni di piazza, dato che aveva dei problemi di deam-bulazione.

Tra le sue missioni principa-li, vanno ricordate: la diffusione de “Il Bolscevico”, assieme a al-tri due o tre compagni, agli operai delle grosse fabbriche di Milano per tre anni di seguito, a comincia-re dai primi mesi del 1970; la par-tecipazione, come membro della delegazione del Partito diretta dal compagno Dario Granito, alla ma-nifestazione nazionale a Comiso, in Sicilia, del 4 aprile 1982 con-tro l’installazione dei missili Usa; la partecipazione negli anni 1983, 1984 e 1985, al movimento pro-mosso dal PMLI e diretto dalla compagna Monica Martenghi per il Centro sociale e di servizi del quartiere 4 di Firenze; la parteci-pazione, come membro della de-legazione del Partito diretta dal-la compagna Monica Martenghi, alla manifestazione nazionale del-le donne per il lavoro che si è svol-ta a Napoli il 13 dicembre 1986; la partecipazione, come membro della squadra di propaganda di-retta dal compagno Dario Granito, alla diffusione del volantino “Bi-lancio della storia del PCI. È fi-nito un inganno durato 70 anni” al congresso di scioglimento del PCI che si è svolto a Rimini il 31 gennaio 1991; la partecipazione, come membro della delegazione nazionale del Partito diretta dal compagno Dario Granito, alla ma-nifestazione nazionale per il 49°

Anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo e con-tro la seconda repubblica che si è svolta a Milano il 25 Aprile 1994; la partecipazione, come membro della delegazione nazionale di-retta del compagno Dario Grani-to, alla manifestazione naziona-le contro il secessionismo che si è svolta a Milano il 20 settembre del 1997; la partecipazione, come membro della delegazione nazio-nale diretta dal Segreterio genera-

le del PMLI, compagno Giovanni Scuderi, alla manifestazione na-zionale per la difesa dell’artico-lo 18 che si è svolta a Roma il 23 marzo del 2002.

Infaticabile nei lavori di Parti-to, era la prima a mantenere puli-ta la Sede centrale del Partito. Uno dei suoi compiti era quello di digi-tare nel computer le citazioni dei Maestri. Quelle che la colpivano maggiormente le trascriveva sui quadernetti personali, e qualche

volta le commentava.Nel saluto di Engels ai sociali-

sti siciliani scritto il 26 settembre 1894 e pubblicato sulla “Riscos-sa” del 30 giugno 1895 e su “Cri-tica sociale” del 16 agosto 1895, annotava le seguenti parole del grande Maestro del proletariato internazionale: “L’aurora di una nuova e migliore società sorge luminosa per le classi oppresse di tutti i paesi. E dappertutto gli oppressi serrano le file: dapper-

tutto essi s’intendono a traverso le frontiere, a traverso le diver-se lingue; l’esercito del proleta-riato internazionale si forma, e il nuovo secolo, che sta per comin-ciare, lo guiderà alla vittoria”.

Lucia così commentava que-sta incoraggiante citazione: “A di-stanza di un secolo, a cavallo an-che noi di un nuovo secolo, queste parole ancora sono attuali. Questo ci fa comprendere come il marxi-smo-leninismo è immortale e sem-pre attuale, perché è scientifico e ciò che è scientifico è provato che è vero”.

La fondazione del PMLI, il 9 Aprile 1977, ha segnato l’inizio dell’aurora in Italia. Lo dobbiamo anche a Lucia.

L’importanza delle quote mensili, la generosità dei militanti del PMLI e la necessità di essere sostenuti

economicamente dalle masse di sinistraUn Partito come il PMLI che

lotta strenuamente per spazzar via il governo del Berlusconi demo-cristiano Renzi e per conquista-re l’Italia unita, rossa e socialista, deve essere assolutamente libero da ogni condizionamento finan-ziario da parte della borghesia, e quindi deve contare unicamente sulle proprie forze, sul generoso apporto economico di autofinan-ziamento dei propri militanti, ol-treché da parte dei simpatizzanti, degli amici, dei sostenitori e delle masse. Non potrebbe essere altri-menti per il Partito del proletariato e del socialismo.

Per questo sono tanto impor-tanti le quote mensili corrisposte dai militanti, così come prescrive

lo Statuto all’art. 12, comma 1, per cui tra i requisiti per poter essere un membro del Partito è stabilito che occorre versare “regolarmen-te le quote” e all’art. 13, lettera h, ove tra i doveri è indicato quello di “dare generosamente e senza ri-serve il proprio aiuto economico al Partito, mettergli a disposizio-ne se occorre ogni proprio mezzo materiale per far fronte alle neces-sità della rivoluzione”.

Le quote mensili servono an-zitutto per sostenere le spese del-le Cellule, Organizzazioni e del-le istanze intermedie del Partito, come affitto di sedi, stampa di ma-nifesti e volantini, banchini di pro-paganda e tutto ciò che risulta utile alla propria attività politica locale.

Una parte di tali quote andrebbe versata al Comitato centrale che sostiene tutta una serie di spese re-lative alla Sede centrale del Partito e de “Il Bolscevico” e per altre atti-vità politiche di sua competenza in quanto, data la loro onerosità, per fronteggiarle non sono sufficienti le sole seppur generose quote ver-sate dai membri del CC e dell’Uf-ficio politico, residenti nella città dove si trova la Sede centrale. Ma al momento, purtroppo, solo po-chissime istanze di base hanno la possibilità di aiutare economica-mente il Centro del Partito.

L’attenersi fermamente alla li-nea dell’autofinanziamento, re-spingendo il finanziamento pub-blico dei partiti e combattendo i finanziamenti occulti, la corru-zione e le tangenti in cui sguaz-zano tutti i partiti borghesi, fa sì che il nostro Partito sia molto po-vero come lo sono i suoi militanti, tuttavia è un prezzo inevitabile da pagare, sebbene costituisca chia-ramente uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo delle sue attività, ma è solo in questo modo che il PMLI può vantare la completa estranei-tà a tutti questi corruttivi e sporchi metodi di finanziamento dei par-titi asserviti alla classe dominan-te borghese, contro la quale è in grado di battersi in ogni momen-

to senza esserne finanziariamente condizionato.

Le quote mensili, stabilite a li-vello centrale, sono attualmente di 12,00 euro per i lavoratori, 1,50 euro per disoccupati e casalinghe, 3,00 euro per pensionati sociali e studenti. Per quanto non siano di elevata entità e siano da molti anni in vigore senza essere state innal-zate, esse sono comunque un sa-crificio non da poco per i militanti che sono disoccupati, cassainte-grati, pensionati poveri, che fati-cano ad arrivare alla fine del mese con il reddito di cui dispongono, ogni istanza può in determinate si-tuazioni di difficoltà economiche dei militanti ridurre ulteriormente le quote mensili da versare o so-spenderle per un certo periodo, ma la loro corresponsione rimane co-munque un dovere politico da ri-spettare per tutti i membri del Par-tito.

Per altro verso chi ha condizio-ni economiche tali da consentirgli di versare delle quote più alte e dei contributi economici straordinari periodici o occasionali dovrebbe farlo. Ed è quello che, in linea ge-nerale, accade puntualmente basti pensare che di fatto, nella stragran-de maggioranza dei casi, i militan-ti versano quote mensili di gran lunga superiori a quelle stabilite.

Alcuni membri del CC e dell’UP le superano largamente fino a rag-giungere importi di trecento euro mensili, nonostante i magri salari e pensioni.

E’ grazie alla estrema genero-sità proletaria rivoluzionaria dei suoi militanti, proporzionalmen-te alle loro possibilità economi-che, a quella altrettanto essenziale e notevole dei simpatizzanti e de-gli amici, alcuni dei quali versano spontaneamente periodicamente delle donazioni, nonché grazie ai contributi che versano gli elemen-ti delle masse durante le diffusioni e i banchini del Partito che possia-mo riuscire a intraprendere le ini-ziative e le attività politiche essen-ziali che altrimenti non sarebbero possibili.

Ma queste entrate non sono sufficienti per sviluppare il lavoro politico, organizzativo, giornalisti-

co e di propaganda del PMLI, ad-dirittura dopo 44 anni siamo stati costretti a sospendere la pubblica-zione cartacea de “Il Bolscevico”, che ora è solo sul sito del Partito. È quindi assolutamente necessa-rio che i fautori del socialismo, gli anticapitalisti, gli antirevisionisti, gli antiriformisti, gli antirenziani ovunque partiticamente colloca-ti sostengano economicamente il PMLI nell’esclusivo interesse del-la causa del proletariato e del so-cialismo. Anche versando un solo euro al mese consegnandolo diret-tamente ai militanti del PMLI op-pure versandolo attraverso il conto corrente postale n. 85842383 inte-stato a: PMLI – Via Antonio del Pollaiolo, 172a – 50142 Firenze

La Commissione di amministrazione del CC

del PMLI

Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHIe-mail [email protected] Internet http://www.pmli.itRedazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di FirenzeEditore: PMLI

ISSN: 0392-3886chiuso il 1/4/2015

ore 16,00

Ai LettoriInformiamo le nostre lettrici e i nostri lettori che, a cau-

sa delle festività pasquali, l’uscita del prossimo numero de Il Bolscevico sarà posticipata di un giorno, quindi sarà dispo-nibile in Rete nel pomeriggio di giovedì 9 Aprile invece di mercoledì 8.

Firenze, 9 settembre 1983. Commemorazione di Mao nel 7° anniversario della scomparsa. Alla presidenza il compagno Giovanni Scuderi, la compagna Monica Martenghi (oratrice ufficiale), Responsabile della Commissione per il lavoro fem-minile del PMLI e la compagna Nerina “Lucia” Paoletti.

Il testo autografo della compagna Lucia

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6 il bolscevico / PMLI N. 14 - 9 aprile 2015

Perché negate il fallimento del socialismo? solo il caPitalismo coniuga

Progresso e giustizia socialiBuongiorno,sono un giovane avvocato di

Milano e visto che affermate di non avere pregiudiziale alcuna, giungo a scrivere codesta mia, nel vivo auspicio di vederne pre-sto la pubblicazione.

Francamente mi domando se oggi, alla luce dei fatti d’Unghe-ria, del crollo del muro di Berlino, della Perestroika, della riforma castrista e di quanto altro acca-duto in seno a quello che fu il blocco orientale, abbia ancora senso caldeggiare la proposta marxista quale mezzo di risolu-zione del conflitto sociale e qua-le strumento volto a raggiungere l’equità sociale.

Qualsiasi forma di socializza-zione dell’organizzazione socio-politica di tipo marxista, dalle più rigorose tipo quella sovietica, alle più blande quali il regime di Tito, hanno in concreto prodot-to diseguaglianze sociali, ridotto quei proletari che avrebbero do-vuto tutelare alla fame e generato caste e regimi dittatoriali che, in nome di un ideale politico, hanno di fatto oppresso intere genera-zioni privandole dei più elementa-ri diritti civili e politici.

Qui non si discutono le buone intenzioni su di un piano filosofi-co di Karl Marx espresse in modo eccelso nel Capitale, qui si vuole semplicemente mettere in luce che, alla prova dei fatti, quell’idil-liaca Città del Sole, come veniva chiamata, è utopia allo stato puro, atteso che il progetto cozza con una realtà umana ineliminabile: l’egoismo!

Nemmeno il gatto muove la coda senza il biscotto.

Il sistema capitalistico è l’unico che può reggere perché è l’unico in grado di offrire una contropar-tita allo sforzo produttivo e di of-frirla in modo proporzionale allo sforzo medesimo, ponendo in sif-fatto modo in essere meccanismi di stimolazione sottesi ad incen-tivare l’attività produttiva, poiché tale incentivazione è compensata da una maggior premialità tanto salariale che meritocratica.

Ciò, sia ben chiaro, non in-tende asserire che occorra per questo solo, giungere a rinunziare allo Stato sociale, anzi, esso rap-presenta una condizione sine qua non per la vita stessa di un’eco-nomia di mercato, poiché essa può esistere solo se vi è capaci-

tà produttiva e la medesima può sussistere soltanto se la maggior parte delle persone in età lavo-rativa versino in buono stato di salute, possedendo in tal modo, concreta capacità produttiva.

Dato ciò se ne deduce che, a mio medesimo avviso, l’economia sociale di mercato rappresenta l’unica concreta perseguibile pos-sibilità di coniugare il progresso economico con le legittime istan-ze di protezione sociale.

L’occasione giunge senz’altro gradita onde porgervi cordiali e distinti saluti.

Marcello Amedeo Ranieri, Milano

Grazie e cordiali saluti a lei per aver voluto intavolare con “Il Bol-scevico” un dialogo su temi così importanti e per la franchezza con cui ha esposto le sue opinio-ni in merito.

Nel risponderle cominceremo dalla sua asserzione finale, nella quale a nostro avviso sta la chia-ve per rispondere anche alle altre. E cioè che quella che lei chiama con una contraddizione in termini “economia sociale di mercato”, e che secondo noi va definita più

correttamente “economia capi-talistica di mercato”, è l’unico sistema che può coniugare il pro-gresso economico con la giusti-zia sociale. Una conclusione che deduce dalla convinzione che da una parte il progresso econo-mico può essere stimolato solo dall’egoismo, cioè dalla spinta individuale ad arricchirsi su cui si basa il sistema capitalistico, ma che al tempo stesso il capitalismo ha tutto l’interesse a promuovere lo “Stato sociale” per avere lavo-ratori in buona salute e capacità produttiva. In tal modo le due for-ze contrastanti si bilancerebbero conciliando il profitto capitalistico privato con una certa dose di giu-stizia sociale.

Può esistere un “capitalismo dal volto umano”?

Secondo noi questa è in estre-ma sintesi la vecchia concezione riformista e socialdemocratica del capitalismo “temperato”, o “dal volto umano”, la cui massima affermazione è stata nella prima metà del secondo Dopoguerra,

quando le economie capitalisti-che, profittando della ricostruzio-ne postbellica e di fonti energe-tiche e di materie prime a basso costo e di sbocchi di mercato illimitati grazie all’assetto anco-ra coloniale o semicoloniale del Terzo Mondo, vivevano una fase di espansione economica, e po-tevano permettersi di redistribuire le briciole di questa accumulazio-ne tra i lavoratori e le cosiddette classi medie. Ma le borghesie ca-pitaliste al potere non lo facevano certo per beneficenza, bensì per-ché da una parte lo Stato sociale ed altri miglioramenti gli venivano chiesti e strappati con la lotta dal movimento operaio allora in ascesa, e dall’altra perché con la “guerra fredda” dovevano fare argine, attraverso un simulacro di “equità sociale”, all’attrattiva che il socialismo esercitava sul prole-tariato e le masse popolari. Non essendo capaci di schiacciare la lotta di classe e il socialismo con la sola repressione antioperaia e anticomunista, usavano le riforme contro la rivoluzione, ricorrevano alla carota oltre che al bastone.

Ma dall’avvento della Thatcher e di Reagan in poi, col ritorno del-le borghesie alle politiche liberiste, con la caduta dei regimi revisioni-sti degli ex paesi socialisti, e con la globalizzazione dell’economia e della finanza capitalistiche, tut-to ciò è profondamente cambiato. Oggi, con il liberismo dilagante e la crisi finanziaria mondiale che viene scaricata interamente sulle spalle dei lavoratori e delle mas-se popolari, vediamo che la ric-chezza si è concentrata sempre di più in poche mani, mentre la povertà e la disoccupazione sono aumentate e coinvolgono sempre più strati di popolazione, anche la piccola borghesia e strati inferiori della media borghesia che sono sempre più sospinte verso il bas-so, il lavoro è sempre più precario e sfruttato, e lo “Stato sociale” è stato quasi cancellato o forte-mente ridimensionato in tutti i pa-esi capitalistici. La vicenda della Grecia ne è un esempio tragico quanto incontrovertibile.

Una contraddizione enorme e insanabile

In altre parole accade l’esat-to contrario di quanto dovrebbe accadere se la sua asserzione rispondesse alla realtà. Se infat-ti le capacità produttive fossero legate al benessere e al progres-so dei lavoratori, oggi quelle do-vrebbero essere cadute al loro minimo storico, mentre invece esse sono più potenti che mai e le crisi di sovrapproduzione non sono mai state tanto devastanti e di impatto globale come adesso. E questa è una contraddizione tanto enorme quanto insanabile tipica del modo di produzione capitalistico.

In realtà, come Marx ha di-mostrato scientificamente, se per “progresso economico” si intende l’aumento del profitto ca-pitalistico, esso è inversamente proporzionale al progresso e al benessere del proletariato, dal momento che è dal lavoro sala-riato che il capitalista sottrae il plusvaore che va a costituire il suo profitto. E la tendenza del ca-pitalista (il suo naturale egoismo, potremmo dire con lei) è di allar-gare al massimo questa porzio-ne, riducendo al minimo la quan-tità di beni e servizi (il salario, ma

anche lo “Stato sociale”) neces-sari al proletario per la sua salute fisica e mentale, per mantenere la famiglia e per poter riprodur-re la sua forza-lavoro. Tanto più se, come oggi, il capitalista ha a disposizione un bacino stermina-to di disoccupati e sottoccupati (l’esercito industriale di riserva) a cui attingere per ricattare gli oc-cupati e abbassare il prezzo della forza-lavoro.

È questa la condizione “nor-male” dell’economia di mercato capitalistica, non la sua versione edulcorata di matrice socialde-mocratica, questa sì utopistica e falsa nel mondo capitalista di oggi. Tant’è vero che anche quando governano i partiti se-dicenti socialisti o coalizioni di “centro-sinistra” (Italia compresa) si fanno esattamente le stesse politiche liberiste e di macelleria sociale della destra. In conclusio-ne una “terza via” tra capitalismo e socialismo non esiste. Bisogna scegliere: o si accetta il sistema capitalista, con la sua libertà di impresa, di mercato e di pro-fitto, ma anche di sfruttamento all’estremo dei lavoratori, delle risorse naturali e dell’ambiente, senza preoccuparsi né di scrupo-li morali né delle conseguenze a catena devastanti che inevitabil-mente ne conseguono (povertà per la maggioranza della popola-zione, guerre imperialiste, inqui-namento e distruzione del piane-ta). Oppure si rifiuta tutto questo, e allora l’alternativa non può che essere il socialismo e tutto il po-tere al proletariato, che è la clas-se che crea tutta la ricchezza del mondo.

I giusti insegnamenti da trarre dalla storia

Se si sceglie il socialismo, allora si può anche cominciare a ragionare lucidamente, senza avere davanti agli occhi la len-te distorta dell’ideologia e della cultura borghesi, e comprendere a fondo, con l’aiuto della scienza del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e in particolare dell’elabo-razione storica, teorica e politica già fatta dal PMLI, che quello che è crollato col muro di Berli-no non è il comunismo, bensì il revisionismo. Cioè i regimi che la borghesia annidata nei partiti co-munisti aveva impiantato in Unio-ne Sovietica, nei Paesi socialisti dell’Est europeo e in Cina dopo aver rovesciato dall’interno il so-cialismo che era stato conquista-to e sviluppato dal proletariato sotto la guida di Lenin, Stalin e Mao.

Quello che questa esperienza ci insegna, quindi, non è che il socialismo è un’utopia irrealiz-zabile, ma più semplicemente che il socialismo non si conqui-sta una volta per tutte, e che va costantemente difeso dai tenta-tivi incessanti della classe bor-ghese spodestata di rovesciarlo dall’interno, facendo leva proprio sull’egoismo e l’individualismo stratificati da millenni nell’animo umano. Egoismo e individuali-smo che andranno combattuti non con la coercizione, ma con un lungo e paziente lavoro di rieducazione per affermare la cultura proletaria dell’egualita-rismo e del collettivismo su cui si fonda la società socialista. E recidendo le radici profonde che li legano alla proprietà privata capitalistica.

DIALOGO LETTORI Questa rubrica è aperta a tutti i lettori de Il Bolscevico, con l’esclu-sione dei fascisti. Può essere sollevata qualsiasi questione inerente la linea politica del PMLI e la vita e le lotte delle masse. Le lettere non devono superare le 50 righe dattiloscritte, 3000 battute spazi inclusi.

Volantinaggio all’Università, presidio unitario alla prefettura

Il PMlI In PIazza a CatanIa Contro la “BUona sCUola” dI renzI e GIannInIDal corrispondente della �Cellula “Stalin” della provincia di Catania

Sulla scia delle grandi mani-festazioni studentesche svoltesi in tutta Italia lo scorso 12 marzo contro la “Buona scuola” di Ren-zi e Giannini, i compagni della Cellula “Stalin” della provincia di Catania del PMLI hanno effet-tuato nella mattina di giovedì 26 marzo un volantinaggio nei pressi di piazza Dante all’ingresso del-le facoltà di Lettere e Filosofia e Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Catania.

Il volantino, estratto dal docu-mento della Commissione giova-ni del Comitato centrale del PMLI “Lottiamo affinché le scuole sia-no governate dalle studentesse

e dagli studenti”. è stato accolto con entusiasmo e condiviso dal-la gran parte delle studentesse e

degli studenti presenti.I marxisti-leninisti della pro-

vincia etnea hanno anche parte-cipato nel pomeriggio di lunedì 30 marzo ad un presidio unitario indetto dal Circolo “Olga Bena-rio” del PRC, che si è svolto da-vanti la Prefettura del capoluogo etneo.

L’iniziativa, organizzata “con-tro il disegno di legge del go-verno sulla scuola”, ha visto la partecipazione di circa duecento manifestanti tra i quali vari era-no i docenti e gli studenti medi superiori e universitari oltre alle organizzazioni politiche e alla CGIL. I compagni hanno diffuso i volantini “Lottiamo per una scuo-la governata dalle studentesse e dagli studenti” e “Per evitare il terrorismo islamico occorre che l’imperialismo si ritiri dal Medio-riente e dal Nord e Centro Africa” e alcune copie de “Il Bolscevico” n. 13/2015.

La mobilitazione contro la “Buona scuola” di Renzi e Gian-nini continua, infatti, al termine dell’iniziativa, i manifestanti si sono dati appuntamento al 9 aprile, giorno in cui si terrà un presidio al CSA (ex provveditora-to) in via Coviello, a Catania.

CaltaGIrone (CatanIa)

Il PMlI appoggia la lotta degli studenti del liceo artistico

Dal corrispondente �dell’Organizzazione di Caltagirone del PMLI

Il 26 marzo gli studenti ca-latini sono scesi in piazza per gridare il loro “NO!” deciso alla chiusura del liceo artistico e all’accorpamento dello stesso ad una scuola di Militello (Ca-tania). Gli studenti del liceo ar-tistico, infatti, vivono forti disagi, dovendo sottostare ad un isti-tuto di Militello, e non possono accettare un’ipotetica chiusura di una scuola che ha fatto la sto-ria di Caltagirone, in quanto città della ceramica.

Con la protesta essi intendo-no riportare l’attenzione sull’im-

portanza dell’artigianato nell’eco-nomia calatina. Le studentesse e gli studenti del liceo artistico, degli istituti tecnici commercia-le e industriale e quelli del liceo classico e del linguistico Secusio si sono dati appuntamento pro-prio davanti al liceo artistico, per dare inizio al corteo, composto da qualche centinaia di giovani. Il corteo si è concluso nella piaz-za centrale della città, dove sono stati lanciati i principali slogan e dove si è atteso l’arrivo del sin-daco, convocato dagli studenti, affinché gli si potessero chiedere spiegazioni sulla chiusura di una scuola importante per la città. Ma Bonanno, preso dalle mille inutili conferenze a cui partecipa, non si

è fatto vedere se non quando tutti gli studenti erano già andati via a causa del maltempo.

L’Organizzazione di Caltagiro-ne del PMLI ha partecipato alla manifestazione ed ha distribui-to i volantini “Lottiamo affinché le scuole siano governate dalle studentesse e dagli studenti”. Tali volantini sono stati molto apprezzati dagli studenti, che in certi casi si sono anche fermati a discutere, esprimendo la propria opinione riguardo la manifesta-zione e il volantino. L’Organizza-zione di Caltagirone continuerà a lottare energicamente al fianco delle studentesse e degli studen-ti calatini contro i tagli al sistema scolastico.

catania, 26 marzo 2015. due momenti delle diffusioni organizzate fra gli stu-denti universitari dai compagni della cellula “stalin” della provincia di catania del Pmli (foto il Bolscevico)

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UTILIZZATE

Invito agli operai, lavoratori, compresi i precari, disoccupati, pensionati, donne, giovani, studentiil bolscevico mette a disposizione di tutti i suoi lettori non membri del PMLI, senza alcuna discriminazione ideologica, reli-

giosa, politica e organizzativa, fatta salva la pregiudiziale antifascista, alcune rubriche affinché possiate esprimere liberamente il vostro pensiero e dare il vostro contributo personale alla lotta contro la classe dominante borghese e il suo governo, le giunte locali e regionali, le ingiustizie sociali, la disoccupazione, il neofascismo e i mali vecchi e nuovi del capitalismo, per l’Italia unita, rossa e socialista.

Alla rubrica “LETTERE” vanno indirizzate le opinioni di sostegno al Bolscevico, al PMLI e ad ogni sua istanza an-che di base, nonché le proposte e i consigli tendenti a mi-gliorare il nostro lavoro politico e giornalistico.

Alla rubrica “DIALOGO CON I LETTORI” vanno indiriz-zate le questioni ideologiche e politiche che si intendono dibattere con “Il Bolscevico”, anche se sono in contraddi-zione con la linea del PMLI. Le lettere non devono superare le 3.600 battute spazi inclusi.

C ntributi OPINIONI PERSONALI DI LETTRICI E LETTORI NON MEMBRI DEL PMLI SUI TEMI SOLLEVATI DAL PARTITO E DA “IL BOLSCEVICO”

Alla rubrica “CONTRIBUTI” vanno indirizzate le opinioni riguardanti l’attualità politica, sindacale, sociale e culturale in Italia e nel mondo.

Tali opinioni non necessariamente debbono coincidere in tutto con quelle del PMLI, ma non devono nemmeno essere contrapposte alla linea del nostro Partito. In tal caso non si tratterebbe di un contributo alla discussione e all’approfon-dimento dei temi sollevati dal PMLI e da “Il Bolscevico”, ma di un intervento contraddittorio adatto tutt’al più alla rubrica “Dialogo con i lettori”.

Questa rubrica è a disposizione delle operaie e degli operai non membri del PMLI che vogliono esprimere la loro opinione sugli avvenimenti politici, sindacali, sociali e cul-turali, o che vogliono informare le lettrici e i lettori de “Il Bolscevico” sulla situazione, sugli avvenimenti e sulle lotte della loro azienda

Alla rubrica “CORRISPONDENZA DELLE MASSE” van-no indirizzate le denunce e le cronache di avvenimenti so-ciali, politici, sindacali che interessano la propria fabbrica, scuola e università e ambiente di vita, quartiere di abitazio-ne, città o regione.

Sbatti i signori del palazzo in 1ª paginaLibere denunce dei lettori

Alla rubrica “SBATTI I SIGNORI DEL PALAZZO IN 1ª PAGINA” vanno indirizzate le denunce delle ingiustizie, an-gherie, soprusi, malefatte e mascalzonate che commettono ministri, governatori, sindaci, assessori, funzionari pubblici, insomma chiunque detenga del potere nelle istituzioni bor-ghesi.

Utilizzate a fondo queste rubriche per le vostre denunce, vi raccomandiamo solo di essere brevi, concisi, chiari... e corag-giosi. Usate la tastiera o la penna come spade per trafiggere i nemici del popolo, come un maglio per abbattere il governo del Berlusconi democristiano Renzi, come scope per far pulizia delle idee errate e non proletarie che i revisionisti e i riformisti comunque mascherati inculcano al proletariato e alle masse lavoratrici, giovanili, femminili e popolari, come un energetico per incoraggiare le compagne, i compagni e le masse ad andare fino in fondo nella lotta di classe contro il capitalismo, per il socialismo.

GLI ARTICOLI VANNO INVIATI A:[email protected]

IL BOLSCEVICO - Via del A. Pollaiolo 172a - 50142 FIRENZE Fax 055 5123164

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8 il bolscevico / manifestazione fiom N. 14 - 9 aprile 2015

A Roma, su invito della FIOM

I MetAlMeccAnIcI In pIAzzA cOntRO Il gOveRnO RenzI

e Il JObs ActIn corteo 50 mila lavoratori, studenti, associazioni e organizzazioni politiche venute da tutta Italia. Grande combattività degli operai. Molti slogan contro Renzi. Cantate “Bandiera Rossa”, “Bella ciao” e l’“Internazionale”. Susanna Camusso defilata sul palco. Il servizio d’ordine allontana da

sotto il palco le bandiere e i cartelli del PMLI. Landini sparge illusioni politiche, sindacali e costituzionali con la coalizione sociale riformistaLa DeLeGazIone nazIonaLe DeL PMLI DIretta Da CaMMILLI InDICa

La vIa aL ProLetarIato Per ConquIstare IL Potere PoLItICo �Dal nostro inviato specialeQuando iniziano i primi inter-

venti dal palco Piazza del Popolo si sta riempendo. In poco tempo 50mila manifestanti la occupano completamente, compresa la scali-nata che la sovrasta. Il corteo, mol-to combattivo, era partito un paio di ore prima dal concentramento fissato in Piazza della Repubblica dove sono confluiti lavoratori pro-venienti da tutte le regioni italia-ne. Assieme a loro anche studenti, precari, disoccupati e movimen-ti provenienti da tutta Italia che hanno deciso di aderire alla Coa-lizione sociale promossa da Lan-dini ma anche gruppi, associazio-ni e partiti che non vi aderiscono, come il PMLI, ma che sono venu-ti a Roma per manifestare contro il governo del nuovo Berlusconi Renzi.

Il governo Renzi nel mirino

Il governo, i suoi attacchi ai diritti dei lavoratori, le controri-forme che restringono le stes-se libertà democratiche borghe-si sono stati i principali obiettivi di tutti quelli che si sono ritrova-ti in piazza il 28 marzo. Una for-tissima carica antigovernativa ha pervaso tutta la manifestazione, nel corteo sono risuonati sopra-tutto slogan contro Renzi, il Jobs Act, il PD. La classe operaia, i lavoratori, hanno espresso tut-ta la loro rabbia, la voglia di lot-tare, l’insofferenza verso i conti-nui attacchi a cui sono sottoposti. La cancellazione dell’articolo 18 che porta con sé oltre alla liber-tà di licenziamento anche la ne-gazione di qualsiasi libertà al lavoratore dentro la fabbrica, l’impoverimento dei pensiona-ti e l’innalzamento dell’età pen-sionabile, il blocco dei contratti del pubblico impiego e più in ge-nerale il blocco salariale in tutte le categorie, la disoccupazione, la cassa integrazione, il lavoro sempre più precario, questo e al-tro hanno fatto tabula rasa dei di-ritti conquistati in decenni di lotte dal movimento operaio.

Contro tutto questo si è sca-gliata la rabbia dei manifestan-ti. In larga parte costituiti da la-voratori organizzati dalla Fiom. Ad aprire il corteo lo striscione dei lavoratori della Fincantieri impegnati in una difficile verten-za contrattuale. Proprio in questi giorni nei cantieri navali ci sono stati degli scioperi contro l’atteg-giamento dell’azienda pubblica che vorrebbe estendere il ricorso agli appalti scorporando le uni-tà produttive, pretende di ridurre diritti e salari, allungare gli orari e controllare i lavoratori con dei

microchip negli scarponi (il fami-gerato “controllo a distanza” del Jobs Act). Pochissimi gli striscio-ni di fabbriche, nella stragrande maggioranza i lavoratori erano organizzati nelle varie federazio-ni territoriali della Fiom. Partico-larmente imponenti quelle di Bre-scia, Modena, Torino e altre città del nord, numerosa quella lazia-

le, in tanti anche dalla Sicilia.In tutto il corteo sono state

cantate ripetutamente Bandiera rossa, Bella ciao e anche l’Inter-nazionale mentre slogan e car-telli prendevano di mira Renzi “Renzi fascista, sei il primo del-la lista” e il PD, “dove vanno gli operai il PD non c’è mai”, il Jobs Act e la “riforma” della scuola.

Le bandiere rosse dominavano la scena e il loro colore tingeva il corteo e Piazza del Popolo in maniera talmente forte che Rosy Bindi (PD), presente, ha escla-mato: “avrei preferito meno ban-diere rosse”. Tanta Fiom, col-lettivi studenteschi, precari e disoccupati, qua e là Emergency, Libertà e Giustizia. Tra i partiti

erano presenti SeL, PRC, PCDI, PCL.

La carica antigovernativa e in certi spezzoni anche anticapitali-sta non è stata raccolta dagli or-ganizzatori bensì è stata caval-cata e addomesticata per essere utilizzata ad uso e consumo del-la “sinistra” borghese, ripropo-nendo, seppur con nuove forme organizzative, le vecchie ricette riformiste e spargere l’illusione che si possa addolcire il capita-lismo avendo come bussola la Costituzione borghese ormai ri-dotta a carta straccia del 1948. I discorsi tenuti da Landini e Ro-dotà confermano pienamente le nostre analisi che abbiamo svi-luppato su Il Bolscevico a mano andava avanti il loro progetto.

Apparentemente unire tut-te le forze del mondo del lavoro, di chi è sfruttato, per far valere i propri diritti sembra una parola d’ordine da appoggiare ma quel-lo di Landini e soci è ben altro, è un progetto, ancora in corso, per ricostruire una rappresentan-za politica che sappia di nuovo riunire l’elettorato di partiti a si-nistra del PD fatta a pezzi dalle innumerevoli sconfitte elettorali e dalla partecipazione a gover-ni di “centro-sinistra” che hanno portato avanti le stesse politiche liberiste e antioperaie di quelli guidati da Berlusconi, con l’inten-

zione di prenderne il posto.Alla manifestazione assie-

me a Vendola, Ferrero, Diliberto, c’erano persino i redivivi Ingroia e Casarini che, pur con posizio-ni diverse, sono pronti a risalire su un nuovo carro che li possa riportare, assieme ai loro partiti o movimenti, dentro al parlamen-to e rimettere in gioco una forza a sinistra del PD, visto anche lo spazio lasciato dal partito di Ren-zi che si è ulteriormente spostato verso destra. Si sono fatti vede-re anche gli esponenti della mi-noranza PD, accolti freddamen-te dalla piazza, Civati, Fassina e Cuperlo, che cercano visibilità alla loro corrente pur rimanendo ancorati alle poltrone dentro al loro partito. Ma sia per i primi che per i secondi stiamo sempre par-lando di “sinistra” borghese che alla fine fa da copertura al PD e a futuri governi di “centro-sinistra” come avvenuto in passato con Prodi.

Dal palco vecchie ricette riformiste

A questo riguardo gli interven-ti dal palco sono stati esempla-ri. Naturalmente non ci riferiamo a quelli delle delegate operaie o del rappresentante degli studen-ti, anzi. Quest’ultimo ha fatto un intervento molto applaudito dove denunciava con forza la “Buo-na scuola” di Renzi che preve-de presidi baroni, subordinazio-ne ai padroni e soldi alle scuole private. Ci riferiamo agli interven-ti di Rodotà e Landini. Il primo ha fatto un lungo discorso incentra-to sulla democrazia che sarebbe “mutilata” e la Costituzione non completamente attuata. Ma for-se se ne è accorto solo adesso che la democrazia è solo forma-le e non sostanziale? Ma in ogni caso, fermo restando il capitali-smo e la divisione della società in classi, non può essere diver-samente. Mentre la Costituzione è stata oramai cancellata da de-stra, ma anche nella sua forma originale la possiamo definire for-malmente antifascista e popola-re, ma sostanzialmente ancorata ai principi borghesi, primo fra tutti la proprietà privata.

Per l’ex garante della Priva-cy la Coalizione sociale dovreb-be fare da “massa critica socia-le” ma al tempo stesso politica. Per fare cosa? “Per contribui-re all’agenda politica del Pae-se”. Insomma, portare avanti le rivendicazioni dei lavoratori e le proposte di “riforma” delle istitu-zioni borghesi per correggere le “storture” del sistema capitalisti-co rendendolo meno ingiusto e più democratico. Un film già visto che non porta da nessuna parte,

roma, 28 marzo 2015. una parte della delegazione nazionale del PMLI alla manifestazione della FIoM (foto Il Bolscevico)

Il compagno andrea Cammilli, con il pugno alzato, guida la delegazione nazionale del Partito (foto Il Bolscevico)

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N. 14 - 9 aprile 2015 manifestazione fiom / il bolscevico 9

tra l’altro in un momento di con-troriforme neofasciste.

Landini si è mantenuto su quella falsariga anche se ha usa-to toni più duri per cercare l’inve-stitura della piazza a nuovo lea-der della sinistra: “Renzi ha fatto peggio di Berlusconi perché lui si fermò davanti alla mobilitazione dei lavoratori”, “Il governo e Con-findustria vogliono solo rendere il lavoro una merce (ma lo sarà sempre finché perdura il capita-lismo, ndr), come era nell’800” minando “diritti, lavoro e demo-crazia”. Ma contemporaneamen-te ha fatto affermazioni più che discutibili come all’inizio del suo intervento, quando ha esordito con un “non siamo in piazza per difendere cose che non ci sono più, anche perché ci hanno tolto tutto. E Renzi stia tranquillo, non siamo qui contro di lui, ma abbia-mo l’ambizione di proporre idee per il futuro dell’Italia”.

Ma come, non era una mani-festazione contro Renzi e il suo governo? Che vuol dire “non di-fendiamo cose che non ci sono più?” Allora non ha più sen-so difendere l’articolo 18? E le “idee per il futuro dell’Italia” quali sono? Le stesse di Rodotà, rifor-mare il capitalismo collocando i lavoratori sotto l’ala della borghe-sia riformatrice e socialdemocra-tica, spargendo illusioni politiche, sindacali e costituzionali, lega-re i lavoratori al gioco elettora-le che prevede l’alternarsi delle varianti di destra e “sinistra” del-la borghesia infognando i lavora-tori dentro il capitalismo. Landini dimostra di non essere “più a si-nistra” di altri esponenti di quella stessa parte politica che abbia-mo visto alla manifestazione, è dello stesso stampo. La differen-za sta nell’influenza che ancora esercita sui lavoratori, sulla sua figura personale per il momento non ancora screditata da scan-dali o inciuci.

Landini non scioglie nemme-no tutti i nodi organizzativi e per ora non si autocandida a leader della Coalizione sociale anche perché sono in molti a pensare che lui punti alla segreteria gene-

rale della Cgil, quando nel 2018 scadrà il mandato della Camus-so. Il bacio affettuoso che le ha dato sul palco forse vuol dire che c’è un accordo tra i due? Non a caso Landini vuole rinnovare il sistema di voto nella Cgil perché quello attuale impedirebbe la sua nomina a segretario poiché que-sto è scelto dal gruppo dirigente dove non ha grande sostegno, mentre un’elezione di tipo diret-to, tipo primarie, grazie anche alla sua esposizione mediatica, lo favorirebbe. La Camusso era sul palco, con un atteggiamen-to freddo e distaccato, sempre in un angolo, rendendo palese come il suo appoggio all’iniziati-va era più formale che sostanzia-le. L’unica licenza che si è presa è stata alla conclusione quando ha rimproverato a Landini di aver citato il papa Giovanni XXIII “te la potevi risparmiare” (e in effetti...).

Il pMlIAlla manifestazione ha par-

tecipato una rossa e combattiva delegazione nazionale del PMLI guidata dal compagno Andrea Cammilli e composta da com-pagni provenienti da Lazio, Pie-monte, Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna. Con i loro cor-petti, le spille e i fazzoletti hanno dato una bella immagine proleta-ria sia i giovani che i più maturi. Hanno portato cartelli, bandiere dei Maestri e del Partito, lancia-to slogan e cantato. Il PMLI non si è limitato a trattare la questio-ne attraverso Il Bolscevico on-line ma ha voluto essere fisica-mente in piazza portando il punto di vista dei marxisti-leninisti tra i lavoratori presenti in massa alla manifestazione, per non lascia-re completo campo libero a vec-chi e nuovi imbroglioni riformisti. A tutti i membri della delegazio-ne è giunta una lettera di ringra-ziamenti (pubblicata a parte) per il lavoro svolto da parte dei diri-genti nazionali con alla testa il Segretario generale, compagno Giovanni Scuderi

Pur con forze numericamen-te limitate già i primi compagni

giunti al concentramento sono stati avvicinati da molti manife-stanti. Un lavoratore voleva ac-quistare la bandiera dei Maestri, un altro ha lasciato un contributo per una spilla, altri hanno richie-sto Il Bolscevico e noi li abbiamo invitati a seguirlo sul web. Sono state diffuse centinaia di volanti-ni con le parole d’ordine e quelli dal titolo “Il potere politico spet-ta di diritto al proletariato” e “Viva la lotta di classe”. Innumerevo-li le foto che ci sono state scat-tate, special modo ai cartelli che invitavano a spazzare via Renzi e allo sciopero generale. Molte foto del PMLI sono apparse su vari siti, come l’Ansa, yourepor-ter e la.repubblica.it. Sul sito del quotidiano romano si trova an-che una breve intervista al com-pagno Andrea Cammilli, seppur tagliata nella sua significativa parte finale, nella quale il compa-gno sottolinea la partecipazione attiva del Partito per “manifestare contro questo governo reaziona-rio e antioperaio che sta toglien-do ogni diritto ai lavoratori come l’art. 18 o lo Statuto dei lavorato-ri e contemporaneamente favori-sce i padroni. Renzi ci vuole ri-portare indietro di cent’anni”.

Lo spezzone del PMLI ha sfi-lato in mezzo ai metalmeccanici, cantato assieme a loro le canzo-ni proletarie, anche parecchi dei nostri slogan sono stati rilanciati sia più avanti che indietro a noi, anche quelli politicamente più impegnativi come “Tutti uniti con-tro il capitalismo, tutti uniti per il socialismo”. Al nostro passag-gio molti facevano cenni di ap-provazione, altri ci salutavano e ci incitavano. Come accade ge-

neralmente alle manifestazioni sindacali o a forte connotazione operaia i marxisti-leninisti si ri-trovano in mezzo al corteo come pesci nell’acqua. Ben diverso in-vece l’atteggiamento degli orga-nizzatori nei nostri confronti.

Al nostro arrivo in piazza del Popolo ci siamo posizionati ab-bastanza vicino al palco, anche perché la piazza non era anco-ra completamente piena. Nes-sun problema con chi ci stava vi-cino, anzi, qualcuno si è persino offerto di aiutare una compagna a reggere la bandiera. A un cer-to punto però è arrivato il servizio d’ordine che con fare aggressi-vo ha invitato alcune compagne e compagni a indietreggiare per-ché non volevano bandiere di partito davanti a Landini. Gli è stato risposto prontamente che c’erano anche bandiere di al-tri partiti e non si può vietare di esporre i propri simboli.

In seguito un altro elemento, con fare meno arrogante, si è av-vicinato per chiedere di spostar-ci e gli è stato fatto notare il suo atteggiamento in netta contraddi-zione con quanto declama la Co-alizione sociale, “democratica e aperta a tutti” ma evidentemente non alla falce e martello, quanto-meno quella del PMLI. Alla fine siamo tatticamente indietreggia-ti di alcuni metri ma ciò non ha impedito che nella piazza il PMLI tra i partiti fosse quello più visi-bile e tanti filmati sono lì a dimo-strarlo. Ciò non toglie la gravità del fatto perché erano anni che non succedeva una cosa del ge-nere. Magari veniva mandato ap-positamente uno striscione a co-prirci ma qui ci è stato chiesto

“ufficialmente” di indietreggiare.Staremo a vedere gli sviluppi,

se su certe questioni la Coalizio-ne sociale porterà avanti batta-glie specifiche da appoggiare e adotterà veramente un atteggia-mento aperto come declama a parole. Certamente le scadenze elettorali potrebbero restringere queste possibilità. Il PMLI è più che disponibile a un fronte unito di lotta contro il governo Renzi, siamo stati i primi, inascoltati, a proporlo. Uniti per spazzarlo via, per farlo cadere con la piazza, poi ognuno andrà per la propria strada. Siamo invece fortemen-te contrari al progetto politico di Landini perché, come abbiamo detto nell’intervista rilasciata a

repubblica.it, pensiamo che solo il socialismo possa garantire un reale cambiamento ai lavoratori e alle masse popolari.

La Coalizione sociale si pre-senta invece come l’ennesimo inganno per legare i lavoratori al capitalismo. Sarebbe un sui-cidio politico per le lavoratrici e i lavoratori farsi abbindolare, per-ché la negazione del partito del proletariato, indicata quasi come indispensabile da Landini e soci, significa la rinuncia per la classe operaia alla propria emancipa-zione e a quella dell’intera socie-tà, l’accettazione del capitalismo e la rinuncia al socialismo e alla conquista del potere politico.

I RIngRAzIAMentI Del centRO AllA DelegAzIOne nAzIOnAle Del pMlI

“Avete compiuto una missione storica, smascherando in piazza e davanti ai metalmeccanici

la coalizione sociale riformista di landini”Ai membri della Delegazione

nazionale del PMLI alla manife-stazione nazionale a Roma pro-mossa dalla FIOM

Care compagne e compa-gni,

alla manifestazione nazio-nale dei metalmeccanici pro-mossa dalla FIOM, siete sta-ti grandi e combattivi. Alfieri e

propagandisti rossi e determi-nati. Siete stati tutti bravissimi, anche le compagne e i compa-gni che per la prima volta hanno fatto parte di una delegazione nazionale del PMLI. Ammirevo-li, come sempre, le compagne e i compagni più anziani. Un elogio particolare ai compagni con l’asta con due bandiere e al compagno biellese che ha diffu-so 450 volantini “Viva la lotta di classe”, forse un record mai re-

alizzato da un solo compagno durante una manifestazione na-zionale.

Sotto la direzione del com-pagno Andrea Cammilli ave-te compiuto una missione sto-rica, smascherando in piazza e davanti ai metalmeccanici la Coalizione sociale riformista di Landini. Un avvenimento che rimarrà negli annali della storia del PMLI e del movimento ope-raio italiano.

Abbiamo inflitto un colpo durissimo al rinnegato e im-broglione riformista di sinistra Landini. Questo spiega il vergo-gnoso comportamento del ser-vizio d’ordine che ha allontana-to da sotto il palco le bandiere e i cartelli del PMLI.

Ispirandoci all’editoriale del Segretario generale del Parti-to, compagno Giovanni Scude-ri, per il 38° Anniversario della fondazione del PMLI, dobbiamo

continuare a propagandare nel-le piazze e nei luoghi di lavoro e di studio la nostra posizione sul-la Coalizione sociale riformista che impantana i lavoratori nel capitalismo.

I dirigenti nazionali del PMLI, con alla testa il compagno Gio-vanni Scuderi, vi ringraziano di cuore per la vittoriosa missione compiuta e prendono esempio dal vostro coraggio, dal vostro spirito di sacrificio, dalla vostra

dedizione alla causa per assol-vere fino in fondo i loro compiti.

Mettiamocela tutta, ciascu-no al proprio posto di combat-timento in base ai compiti che ci ha assegnato il Partito e con-centrati sulle priorità, per dare al PMLI un corpo da Gigante Ros-so affinché trionfi il socialismo e il proletariato conquisti il potere politico.

Uniti, coi Maestri e il PMLI vinceremo!

Il bAcIO Del pAttO?

Roma, 28 marzo 2015. Maurizio Landini dà un gran bacio piuttosto affettuoso a Susanna Camusso, sul palco di piazza del Popolo da cui il leader della Fiom ha lanciato la Coalizione socia-le riformista invisa alla Segretaria generale della CGIL.

Un bacio che suggella un patto tra i due sulla successione di Landini alla testa della CGIL? Lo sapremo quando la Camusso, nel 2018, si dimetterà dall’incarico per fine mandato.

roma, 28 marzo 2015. uno scorcio di Piazza del Popolo durante il comizio di Maurizio Landini a chiusura della manifestazione (dal sito nazionale della FIoM)

I compagni andrea Cammilli e Manuele mentre lanciano con forza le parole d’ordine del PMLI

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10 il bolscevico / interni N. 14 - 9 aprile 2015

Consentendo alla polizia l’intrusione nei nostri pc, tablet e smartphone

Renzi vuole legalizzaRe l’HackeRaggio di Stato

Per ora la norma fascista è stata solo stralciata dal decreto sul rifinanziamento delle missioni militari e sulle norme antiterrorismo, in attesa di essere inserita nella legge bavaglio sulle intercettazioni

“Noi consideriamo la privacy un diritto fondamentale, ma mi fa ride-re chi ha sempre detto di no alla di-fesa della privacy ed è stato favo-revole alle intercettazioni a go-go, gossippare e irrilevanti, oggi che c’è da combattere il terrorismo si sve-gliano difensori della privacy”. Così il ministro dell’Interno Alfano, dopo che era stato stralciato dal decre-to sul rifinanziamento delle missio-ni militari e sulle misure antiterrori-smo in approvazione alla Camera, ha risposto con strafottenza alle cri-tiche piovute sul suo emendamento che avrebbe consentito alla polizia di introdursi abusivamente nei no-stri computer, tablet e smartphone. E non solo dei “sospettati” di terro-rismo, ma di qualsiasi reato connes-so “con sistemi informatici e telema-tici”. Annunciando comunque che la misura sarà riproposta “nel disegno di legge sulle intercettazioni già ap-provato dal Consiglio dei ministri” e che sarà presentato presto in parla-mento.

Si tratta di un emendamento ab-norme, anticostituzionale e libertici-da, che non ha precedenti tra i pae-si cosiddetti democratici, se non nel

famigerato Patriot Act di stampo fa-scista fatto approvare da Bush all’in-domani dell’11 settembre per poter spiare segretamente e indiscrimi-natamente qualsiasi soggetto con-siderato anche lontanamente “so-spetto”. Non era contenuto nel già mostruoso decreto fascista varato dal governo il 18 febbraio, ed era stato aggiunto dal governo a firma del sottosegretario all’Interno Filippo Bubbico (PD) durante l’esame nelle commissioni Giustizia e Difesa della Camera, dove era stato approvato il 19 marzo alla chetichella e quasi a stragrande maggioranza, se si ec-cettua una debole protesta del M5S, ed era stato completamente ignora-to dalla grande stampa. E sarebbe quindi approdato anche in aula, se non se ne fosse accorto il deputa-to di Scelta civica Stefano Quinta-relli, che ha gettato l’allarme sulla sua pericolosità antidemocratica e liberticida.

L’emendamento del governo, in-fatti, aggiungeva all’articolo 266-bis comma 1 del Codice di procedura penale che consente le intercetta-zioni informatiche, la frase “anche attraverso l’impiego di strumenti o di

programmi informatici per l’acquisi-zione da remoto delle comunicazio-ni e dei dati presenti in un sistema informatico”. In sostanza autorizza-va, oltre all’intercettazione già pre-vista delle comunicazioni, anche lo spionaggio diretto dei sistemi infor-matici del sospettato, attraverso l’in-trusione di appositi programmi (i cosiddetti malware usati nella pira-teria informatica), in grado di spiare email, documenti foto, filmati e tut-to quanto memorizzato sul pc, tablet e cellulare del sospettato. E questo senza autorizzazione della magi-stratura, in base al semplice sospet-to che il bersaglio “possa” commet-tere un reato, e senza specificare che tipo di reato: quindi non solo per terrorismo, ma per ogni genere di reato commesso “mediante l’impie-go di tecnologie informatiche o tele-matiche”.

L’emendamento del governo le-galizzava di fatto l’hackeraggio di Stato. “L’Italia – aveva scritto Quin-tarelli sul suo blog – diventa il primo paese europeo che rende esplicita-mente ed in via generalizzata lega-le e autorizzato la ‘remote computer searches’ e l’utilizzo di captatori oc-

culti da parte dello Stato”. “Se non interveniamo – aggiungeva il depu-tato di Sc – da domani per qualsiasi reato commesso a mezzo computer – dalla diffamazione alla violazione del copyright o ai reati di opinione o all’ingiuria – sarà consentito violare da remoto in modo occulto il domi-cilio informatico dei cittadini”. Ancor più esplicito il giudizio dell’ex gene-rale della Guardia di finanza Umber-to Rapetto, che su “Il Fatto Quoti-diano” ha paragonato la norma ad una perquisizione illegale compiuta senza le necessarie garanzie lega-li, proprio come avverrebbe in un regime in cui vige la legge marziale. E ha fatto questo esempio: “Io l’al-tro giorno ho visto online i video di propaganda dell’Isis. Ho consultato quel materiale perché dovevo fare un’intervista, ma non sono né un loro fan né un istigatore. I comporta-menti possono essere dettati da cu-riosità, diritto di cronaca e mille altre ragioni”.

L’aspetto ancor più incredibile e vergognoso di questa vicenda è che proprio quelli che vogliono arrivare a tutti i costi ad una legge per limita-re le intercettazioni legali della ma-

gistratura contro i politici e impren-ditori corrotti, i mafiosi ecc., sono gli stessi che hanno ideato questa nor-ma mostruosa che permette lo spio-naggio indiscriminato da parte della polizia e senza alcun controllo della magistratura.

Alla fine, sia pure con molta rilut-tanza e ipocrisia, il caso è approda-to anche sulle pagine della grande stampa di regime, come i megafo-ni renziani “la Repubblica, “Il Cor-riere della Sera” e “La Stampa”, ha svegliato dal sonno il Garante del-la Privacy, Antonello Soro, e destato l’attenzione anche del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Eu-ropa, Nils Muizniek. Per cui Renzi, prima che il bubbone scoppiasse del tutto, si è precipitato a stralciare l’emendamento dal testo del prov-vedimento. Ma è solo una delle sue tipiche mosse furbastre, primo per-ché così fa finta di essere estraneo all’emendamento di Alfano, mentre lo conosceva benissimo; e secon-do perché per farlo decadere sa-rebbe bastato che il PD votasse uno dei due emendamenti abrogativi di M5S e SEL, cosa che però avreb-be impedito una sua riproposizio-

ne futura. Mentre con lo stralcio l’e-mendamento può metterlo da parte e riproporlo in un’altra legge, quella appunto già pronta del governo sul-la stretta alle intercettazioni disposte dalla magistratura e alla loro pubbli-cazione, che sta cucinando insieme ad Alfano e Orlando e che vuol far approvare entro il 2015.

In ogni caso lo stralcio non atte-nua minimamente la gravità di un decreto come quello sul rifinanzia-mento delle missioni di guerra all’e-stero e sulle “misure antiterrorismo”, che mentre scriviamo sta per es-sere approvato in prima lettura alla Camera, e che contiene in abbon-danza molte altre mostruosità giuri-diche, anticostituzionali e liberticide. Ossia misure punitive preventive e discrezionali contro presunti “terro-risti” o “simpatizzanti terroristi” da vero e proprio stato di guerra, e che possono essere usate anche con-tro chiunque, come ad esempio i No Tav e il nostro stesso Partito, si op-ponga al governo del Berlusconi de-mocristiano e al regime capitalista e neofascista imperante. Decreto che ci proponiamo di esaminare in det-taglio in un prossimo articolo.

Protestano i sindacati degli inquilini

Truffa del governo Renzi sugli sfratti Fondi destinati al fondo sociale affitti per il 2015

Anche sul fronte della casa il go-verno del Berlusconi democristiano Renzi si distingue per la sua politi-ca antipopolare. Nel testo del Mil-leproroghe non c’è alcuna traccia della proroga del blocco degli sfrat-ti proposta dai sindacati degli in-quilini, ossia di un altro anno alme-no, ossia fino al 31 dicembre 2015. Una decisione presa in pieno cli-ma natalizio e diventata tale all’ini-zio dell’anno nel quasi silenzio dei mass media del regime neofasci-sta. Laconica la risposta dell’allora ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi (NCD), autore del decreto sul-la casa: la questione non è stata in-serita visto che nel provvedimento sono stati incrementati i fondi affit-ti e morosità incolpevole pari a 446 milioni di euro. Una valutazione ri-tenuta del tutto errata dai sindacati

degli inquilini. Nel suo comunicato, Lupi e compari avrebbero indicato la somma degli stanziamenti fino al 2020, non quella riservata per il 2014–2015, stanziando 100 milioni di euro per il fondo affitti nel 2014 e nel 2015, 35 milioni di euro per il 2014 e 35 milioni di euro per il 2015 per il fondo morosità incolpevole. Secondo i sindacati, dunque, per il biennio 2014-2015 la somma totale è di 270 milioni e non di 446, con la particolarità, inoltre, che le somme non sono ancora arrivate ai comu-ni interessati. Si tratta di cifre asso-lutamente inadeguate per affronta-re la crisi abitativa attuale: si pensi solo che nel 1999, sedici anni fa, il solo fondo per gli affitti contava su 350 milioni di euro all’anno. Nel-la sola città di Roma - dove i mo-vimenti per la casa hanno montato

una protesta durissima contro il ne-opodestà Marino e il governo anti-popolare di Renzi, che hanno rispo-sto a colpi di manganelli e denunce - si va verso una vera e propria va-langa di sfratti: ben 3mila sui 30mila previsti per il territorio nazionale, secondo i sindacati.

Dal 2009, ossia dal quarto go-verno del neoduce Berlusconi fino all’avvento del nuovo Berlusconi Renzi vi sono stati 350 mila sfrat-ti, ad un ritmo di 80 mila senten-ze all’anno, di cui il 90% di questi provvedimenti sono per morosità incolpevole, ossia non dipendente o voluta direttamente dagli inquili-ni. Attualmente nei Tribunali del ter-ritorio nazionale pendono ben 300 mila sentenze analoghe che aspet-tano di essere eseguite. Il governo Renzi non propone alcun piano se-

rio urgente di edilizia popolare con ben 700mila famiglie che chiedono una casa popolare, senza ricevere risposta. I sindacati, inoltre, calcola-no che per ogni sfratto accertato ci siano almeno altre 10 famiglie “bor-der line”, quelle cioè che hanno al-meno due mensilità di affitto arre-trate. Tutto ciò tenuto conto che con il governo Renzi l’Italia è piombata ancora di più tra gli ultimi posti in tema di casa e alloggi, atteso che si riserva il 4% per gli alloggi sociali contro una media europea del 16%: ben 12 punti percentuali dovuto an-che la scarsa attenzione per le gio-vani coppie, soprattutto con lavoro precario, in cerca di primo alloggio.

I padroni di Confedilizia gongo-lano: “il governo evitava il 31esimo blocco degli sfratti: ha rotto la ritua-le liturgia”, ha sottolineato il presi-

dente di Confedilizia, Corrado Sfor-za Fogliani. “Confidiamo –aggiunge Sforza Fogliani - che il governo, contro ogni suggestione, terrà fer-ma la decisione in sede di esame del decreto Milleproroghe, dove po-trebbe riaffacciarsi qualche posizio-ne di pericolosa demagogia”.

Duro il commento dei sindacati inquilini che, a riguardo del no alla proroga degli sfratti, afferma che trattasi di un vero e proprio “crimine sociale: le giustificazioni del gover-no sono ridicole, il parlamento ripa-ri a questa assurda iniquità”. L’U-nione Inquilini aveva già affermato che si trattava di “una proroga che riguardava una singola fattispecie di sfratti, quelli per finita locazione (quindi escludeva sia la morosità, oggi causa prevalente delle sen-tenze, sia la necessità per il pro-prietario di riavere l’alloggio) e inte-ressava esclusivamente un numero limitato di famiglie”. Si parlava, so-stanzialmente, continua il sindaca-to, di “nuclei con redditi complessivi lordi inferiori a 29 mila euro e con-temporanea presenza di anziani, minori, portatori di handicap gravi,

malati terminali”. Il segretario na-zionale del Sunia, Aldo Rossi, ha detto senza mezze parole che “nei prossimi giorni circa 30mila fami-glie rischiano: sfratti che interessa-no famiglie bisognose”.

I sindacati degli inquilini e i mo-vimenti di lotta per la casa, dopo aver annunciato le giusta mobili-tazioni contro il famigerato “decre-to Lupi”, sono riusciti a bloccare il decreto sulla dismissione dell’edili-zia residenziale pubblica che pre-vedeva l’asta delle case popolari a prezzi di mercato e senza tutele per gli assegnatari. Bisogna ora op-porsi al provvedimento del ministro delle Infrastrutture e alle sue misure liberticide e antipolari, come quella contenuta all’art. 5 del decreto, che taglia acqua luce e gas a chi occu-pa immobili vuoti e ne chiede il riuso per fini abitativi. I sindacati insisto-no, invece, non solo sul ritiro del de-creto, ma anche su un serio piano straordinario di incremento dell’of-ferta pubblica degli alloggi sociali nonché il blocco di almeno un anno sugli sfratti, compresi quelli per mo-rosità incolpevole.

CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI E DEGLI SCIOPERI

151824

7

Uiltucs Uil, Fisascat Cisl e Filcams Cgil - Sciopero generale nazionale del settore del turismo

Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals Confsal, Gilda Fgu - Manifestazione nazionale a Roma del personale della scuola

USB, UNICOBAS, ANIEF - Sciopero della scuola

ANpAC - Sciopero di 24 ore del personale navigante (piloti e assistenti di volo) gruppo Alitalia

MAGGIO

APRILE

Dopo i 22 arresti di gennaio altri 11 provvedimenti cautelari tra funzionari del Campidoglio, imprenditori e ispettori Asl

Si AllARgA lo SCAnDAlo Delle TAngenTi nei MuniCiPi e ASl Di RoMA

In vigore un vero e proprio tariffario per le tangentiIl sIndaco MarIno non poteva non sapere

Prosegue l’ondata di arresti a Roma per lo scandalo delle tan-genti nei Municipi e nelle ASL: dopo i 22 arresti dell’8 genna-io, sono state eseguite lo scorso 2 febbraio altre undici ordinanze di provvedimenti cautelari emes-se dal gip del Tribunale di Roma, Anna Maria Gavoni, nei confronti di funzionari e tecnici del Comune di Roma nell’ambito di un’indagine su corruzione e concussione con-dotta dai pm capitolini.

Anche gli 11, recentemente raggiunti da provvedimenti caute-lari, chiedevano mazzette sia per autorizzare i lavori edilizi sia per chiudere gli occhi sugli abusi com-messi nei cantieri: essi sono un tecnico del XIV municipio, Giovan-ni Grillo, finito in carcere, due fun-zionari del Dipartimento IX del Co-

mune di Roma, Daniele Cacchioni e Massimo Mazzucco, e due ispet-tori presso lo Spresal (servizio pre-venzione e sicurezza ambienti di lavoro), Rita Del Brocco e Franco Di Carlo che sono finiti agli arresti domiciliari, mentre sono stati sot-toposti all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria sei impren-ditori (Federico Savo Sardaro, An-tonio Serratore, Silvio Santamaria, Fabrizio Fontana, Alfonso Bruno Fattibene e Paolo Bacolini).

I tecnici del IX Dipartimento ar-restati per reati di corruzione si occupavano di istruire le pratiche edilizie per il rilascio di autorizza-zioni edilizie - come per esem-pio il permesso di costruire, l’ap-provazione delle varianti in corso d’opera e le concessioni edilizie in sanatoria - e dagli accertamen-

ti eseguiti è chiaramente emerso che alcuni costruttori, allo scopo di ottenere in tempi rapidi l’approva-zione dei progetti edilizi, venivano obbligati a sottostare alle illecite pretese di pagamento da parte dei funzionari responsabili delle prati-che, sotto l’esplicita minaccia di al-lungare i tempi.

L’inchiesta, partita dalla de-nuncia di due costruttori romani, ha potuto accertare l’esistenza di un vero e proprio tariffario per le tangenti, un sistema collaudato da tempo: 6.000 euro erano necessa-ri per ottenere la dichiarazione di inizio dei lavori, 3.000 per le prati-che di sanatoria, 8.000 per le va-rianti e 10.000 per la dichiarazione di fine lavori. Inoltre per evitare i controlli sulle misure di sicurezza venivano richieste 100 euro, men-

tre la tangente per evitare o am-morbidire le attività ispettive della Asl era di mille euro.

Il sistema di corruzione sma-scherato dalle indagini nel settore delle costruzioni residenziali della capitale apre uno squarcio preoc-cupante sul metodo adottato dai pubblici ufficiali indagati, i quali ri-chiedevano tangenti sia nella fase preliminare, nel momento in cui venivano presentati i progetti al IX Dipartimento per ottenere l’au-torizzazione edilizia, sia nella fase esecutiva, quando i tecnici dell’i-spettorato edilizio dei vari Municipi effettuavano i controlli nei cantieri, senza ovviamente rilevare gli abu-si perché pagati per non farlo.

Checché ne dica per discolpar-si, il sindaco Marino non poteva non sapere.

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N. 14 - 9 aprile 2015 interni / il bolscevico 11Svenduto un altro pezzo pregiato dell’industria nazionale

La Cina Compra La pireLLiIl 22 marzo il consiglio di am-

ministrazione di Camfin, la finan-ziaria che con il 26,2% controlla la Pirelli, ha approvato l’accordo con China National Chemical Corporation (ChemChina) per la cessione della maggioranza azionaria alla sua controllata Chi-na National Tyre & Rubber Co. (Cnrc): in pratica la vendita della Pirelli ai cinesi, che al termine di una lunga e complessa opera-zione finanziaria e societaria che partirà in estate, arriveranno a detenere una quota variabile tra il 51 e il 65 % dell’industria italiana di pneumatici presieduta e diretta da Marco Tronchetti Provera.

ChemChina è un gigante indu-striale a controllo statale con 140 mila dipendenti e un fatturato da 36 miliardi di euro, che opera in sei diversi settori, dalla chimica alla gomma, ed è già presente in 140 paesi. Ultimamente ha com-prato la francese Adisseo, l’autra-liana Quenos, la norvegese Elkem e l’israeliana Makteshim Akam, ma con la fusione della branca di Pirelli che produce gli pneumatici per veicoli industriali con la pro-pria controllata Aeolus Tyre, pun-ta a un netto salto di dimensioni e a salire dall’attuale 28° posto al 4° o 5° posto tra i produttori mon-diali in questo settore.

Questo accordo - ha dichiara-to con toni ottimistici Tronchetti Provera assicurando che la sede, la direzione e la ricerca della nuo-va società resteranno in Italia - “rappresenta una grande oppor-tunità per Pirelli. L’approccio al business e la visione strategica di Cnrc garantiscono lo sviluppo e la stabilità di Pirelli”. Toni altrettanto ottimistici e soddisfatti sono stati espressi dal suo nuovo socio ci-nese, Jianxin Ren, presidente di ChemChina, che si è detto lieto di “diventare partner di Marco Tron-chetti Provera e del suo team per continuare a costruire insieme un gruppo di portata mondiale e un leader del mercato nell’industria globale dello pneumatico”. Ma per il futuro dei lavoratori della Pirelli e dell’industria nazionale, le prospettive non appaiono affatto così ottimistiche e rassicuranti come i due contraenti mirano a far credere.

La vendita della Pirelli ai ci-nesi, infatti, assomiglia per certi aspetti alla vicenda della Fiat, sempre governata dalla stessa famiglia e mai riuscita ad acqui-sire dimensioni internazionali per mancanza di investimenti e per non voler dividere la proprietà e il controllo con altri soggetti; per finire poi di fatto in mano ai fondi di investimento americani, anche se formalmente è stata la Fiat ad acquistare la Chrysler. Anche Leopoldo Pirelli aveva tentato in passato di acquisire dimensioni

internazionali, o quantomeno eu-ropee, con i tentativi di acquisto dell’inglese Dunlop prima, e della tedesca Continental poi, entram-bi falliti per gli stessi motivi di fon-do per cui erano falliti i tentativi degli Agnelli. Dopo il disastroso tentativo speculativo di Tronchet-ti Provera di scalare la Telecom, negli ultimi anni la Pirelli si era ri-sollevata ma a prezzo di pesanti ristrutturazioni e la cessione di importanti settori come quello dei cavi; e soprattutto con la vendita di quote consistenti del capitale azionario, come il 50% di Camfin ceduto ai russi di Rosneft, il più grosso gruppo petrolifero con-trollato direttamente dal governo di Mosca, il cui amministratore delegato Igor Sechin è amico e consigliere, nonché ex collega nel Kgb, di Vladimir Putin.

Chiusa la storia della pirelli come industria

italiana L’attuale assetto proprietario

vede infatti la Camfin che control-la Pirelli divisa a metà tra Rosneft e Coinv, una finanziaria controlla-ta a sua volta per il 76% da Tron-chetti Provera e altri soggetti, tra cui l’industriale genovese Mala-calza col 7%, più un 12% ciascu-no a Intesa Sanpaolo e Unicredit. Da circa un anno, quindi, la Pirelli era già per metà in mani stranie-re, e l’accordo di oggi con i cinesi chiude definitivamente la storia centenaria di questa azienda in quanto industria italiana: come per la Fiat la sua internazionaliz-zazione non è avvenuta infatti attraverso una crescita interna e una conseguente espansione so-vranazionale, ma molto sempli-cemente perché comprata da un soggetto estero finanziariamente ed industrialmente più forte. O due, se si includono anche i russi, che però rispetto ai cinesi sono in posizione nettamente minoritaria, e per di più indeboliti nella loro capacità di manovra dalle san-zioni da cui sono stati colpiti per via dell’Ucraina.

In cambio del 51% Tronchetti Provera sarebbe riuscito a strap-pare ai cinesi dei patti parasociali che fornirebbero ampie garanzie al mantenimento della “italianità” della Pirelli. Come la permanen-za in Italia della direzione e del centro di ricerca e sviluppo, con la clausola che un loro eventuale trasferimento deve essere appro-vato da una maggioranza quali-ficata del 90%. La Bidco, ossia la holding che controllerà Pirelli, avrà un consiglio di amministra-zione di 16 membri eletti per metà dai cinesi (che nomineran-no anche il presidente, il cui voto

vale doppio) e per metà dai soci italiani e russi, e Tronchetti Prove-ra ne sarà il vicepresidente e am-ministratore delegato per i pros-simi 5 anni. Ciò che gli consente di dichiarare che almeno di qui al 2012 il management di Pirelli re-sterà in mani italiane.

Un’operazione complessa e piena

di incogniteMa le cose non sono così cer-

te. L’operazione che prenderà il via tra pochi mesi è molto de-licata e il suo esito tutt’altro che scontato. Intanto c’è la questione dei soldi: l’operazione vale com-plessivamente 7 miliardi, ma i cinesi ne metteranno solo 2,3 e italiani e russi altri 1,1; gli altri 4 li metteranno le banche, tra cui in parte gli attuali soci Unicredit e Sanpaolo, ma soprattutto l’ame-ricana JP Morgan, già ben nota per le sue ricette ultraliberiste: a che condizioni, e con quali garan-zie in cambio, anche dal punto di vista occupazionale e sindacale?

Inizialmente i cinesi acqui-steranno il 100% di Camfin, che sarà incorporata da una newco (new company, nella fattispecie la Bidco) in cui riconfluiranno an-che una parte dei capitali realiz-zati dai soci italiani e russi della stessa Camfin. Questa newco lancerà poi un’Opa (offerta pub-blica di acquisto) per il 100% di Pirelli, diviso per il 65% ai cinesi e per il 35% tra i soci della vecchia Camfin. Con la possibilità per questi ultimi di salire fino al 49%, e i cinesi scendere conseguente-mente al 51%. In una terza fase Pirelli uscirebbe dalla Borsa (pos-sibile se un solo soggetto pos-siede almeno il 90% delle azioni), così da facilitare lo scorporo degli pneumatici industriali che si fon-derebbero con la cinese Aeolus. Mentre il comparto gomme per auto e moto, quello a più alta redditività, sarà fatto rientrare in

Borsa al termine dell’operazione, senza rischi di scalate da parte di soggetti terzi, tipo fondi di inve-stimento americani o simili.

È chiaro che un’operazio-ne così lunga e complessa può andare incontro a molti rischi e imprevisti. Se un azionista im-portante, come per esempio Ma-lacalza, si rifiutasse di vendere, come sembra intenzionato a fare, si aprirebbe subito un problema per il buon esito dell’Opa. Inol-tre l’Opa è stata fissata al valo-re di 15 euro ad azione, ma sul mercato questo valore appare già superato nei fatti. Insomma, le variabili in gioco sono tante e si aprono grandi incognite sul cammino di tutta l’operazione. E la cosa ancor più grave è che in tutta questa assai opaca vicenda neanche una parola è venuta da Palazzo Chigi, che pure è sta-to costantemente informato da Tronchetti Provera durante la fase finale delle trattative. Come se considerasse tutta la vicenda un affare strettamente privato e non riguardasse il destino di uno degli ultimi pezzi pregiati dell’industria nazionale e di decine di migliaia di famiglie di lavoratori.

italia terreno di conquista

È quello che hanno denuncia-to immediatamente le organiz-zazioni sindacali, a cominciare dalla Filctem-Cgil, che con una nota della Segreteria naziona-le ha detto che con la vendita della Pirelli “un altro importante pezzo del tessuto industriale del nostro Paese passa di mano”, sottolineando che “siamo terreno di conquista”, e che “a scorrere l’elenco delle grandi società che negli ultimi anni sono passate sotto il controllo di gruppi non italiani vengono i brividi”. Ma so-prattutto denunciando che “sono decenni che in questo Paese non si discute di politica industriale e

l’atteggiamento dell’attuale go-verno in questa vicenda è quello di fare da spettatore senza che nessuna voce si levi, neanche per chiedere chiarimenti, né per chiedere garanzie circa l’assetto industriale e produttivo futuro del gruppo Pirelli”.

Il fatto è che la dottrina del Berlusconi democristiano Renzi, con la parola d’ordine liberista che bisogna a tutti i costi attirare gli investimenti in Italia, è proprio quella di favorire al massimo la penetrazione dei grandi gruppi stranieri e la svendita delle indu-strie nazionali pubbliche e priva-te, e quindi per lui la vendita della Pirelli ai cinesi non rappresenta un problema per il quale mettere almeno dei paletti ed esigere ga-ranzie, ma semmai un successo di cui vantarsi e ascrivere al “cli-ma di fiducia” che egli avrebbe riportato nel Paese: “L’operazio-ne Pirelli-ChemChina va letta co-munque in senso positivo rispet-to alla scelta di investire in Italia”, ha detto infatti il sottosegretario all’Economia Zanetti, sottoline-ando il fatto che “fino a qualche anno fa non eravamo neanche tra i primi 10 Paesi di riferimento per gli investimenti cinesi, ora siamo sesti”.

È vero che l’Italia nel 2014 è diventata il secondo Paese del-la UE ad attrarre gli investimenti cinesi nel capitale azionario di importanti società private, con punte del 100% di Krizia e del gruppo oleario Sagra e Berio. Ma soprattutto con le acquisizioni della Banca Centrale di Pechino nei grandi gruppi pubblici, tra cui il 40% di Ansaldo Energia e il 35% di Cassa Depositi e Prestiti Reti per 2,1 miliardi, con i quali si è assicurata la partecipazione alle reti strategiche del gas e dell’elet-tricità del nostro Paese. A cui si sono aggiunte piccole (il 2% per ora) ma significative partecipa-zioni in altre aziende strategiche come Eni, Enel, Generali, Tele-com, Fiat-Chrysler, Mediobanca, Saipem, Prysmian e Terna.

Con la Pirelli, però, non si trat-ta solo di un investimento, ma di un vero e proprio passaggio di proprietà e conseguente cambio di nazionalità di una delle indu-strie più importanti e storiche del Paese, ed è questo che il governo Renzi finge di non vedere. Mentre il socialimperialismo cinese con-tinua a espandersi e ad acquisire un ruolo sempre più egemonico nei confronti della superpotenza americana ed europea.

Palazzo Chigi tace e acconsente

iL Senato nero Copre i Corrotti negando L’aUtorizzazione aLL’USo deLLe interCettazioni verSo L’attUaLe Senatore azzoLLini (nCd)

pd, fi, nCd e Lega assicurano l’impunità all’ex sindaco di molfetta

Lo scorso 3 dicembre il Sena-to nero ha negato l’autorizzazione all’uso delle intercettazioni avan-zate dalla Procura di Trani per il senatore NCD Azzollini, indagato per una maxi-truffa da 150 milioni di euro legata all’opera di costru-zione del porto di Molfetta. Infatti, il 7 ottobre del 2013, a conclu-sione di una delicata inchiesta condotta dai magistrati pugliesi, il parlamentare (ex PDUP, Verdi, PCI e PDS, poi FI e infine NCD), presidente della commissione bi-lancio del Senato, veniva iscritto nel registro degli indagati assieme ad altri 60 tra funzionari comunali, ex-amministratori e politici.

Azzollini è stato sindaco di Molfetta con fasi alterne, dal 1994, fino a ricoprire la carica di senatore, al punto che l’indebita somma di poltrone aveva fatto sollevare uno scandalo.

Successivamente scoppia il bubbone del porto di Molfetta relativamente alla realizzazione della diga foranea e del nuovo

porto commerciale della città con un fiume di danaro pubblico, ben 147 milioni di euro, 82 milioni dei quali ottenuti dall’ente comunale, a fronte di un’opera il cui costo iniziale era previsto in 72 milioni di euro. La Procura accusa Azzollini e gli altri indagati di associazione per delinquere, truffa ai danni del-lo Stato, abuso d’ufficio, frode in pubbliche forniture, attentato alla sicurezza dei trasporti marittimi e reati ambientali. L’opera, infat-ti, appaltata nell’aprile del 2007 con consegna lavori nel marzo 2008, non solo non è stata finora realizzata a causa della presenza sul fondale antistante il porto di migliaia di ordigni bellici, ma non vi è neppure la possibilità che i lavori possano concludersi nei termini previsti dal contratto di appalto assegnato a tre grandi aziende italiane: Cmc (capofila), Sidra e Impresa Cidonio. Secon-do i magistrati di Trani si sapeva, e bene, che, fin dal 2005, circa due anni prima dell’affidamento

dell’appalto, i fondali interessati dai lavori erano impraticabili per la presenza degli ordigni, con falsa attestazione da parte delle istituzioni locali in camicia nera che l’area sottomarina era ac-cessibile. In questo modo si è consentita illegittimamente la so-pravvivenza dell’appalto e l’arrivo di nuovi fondi pubblici, sono state fatte perizie di variante ed è stata stipulata nel febbraio 2010 una transazione da 7,8 milioni di euro con l’Ati appaltatrice.

Non solo, all’atto della di-scussione in Senato sulla Legge di stabilità la senatrice PD Laura Cantini ha chiesto di inserire un finanziamento di ben 10 milioni di euro, ancora per il completamen-to della diga foranea del porto di Molfetta.

L’ennesimo regalo che andrà a finanziare, col pretesto della diga, i rapporti clientelari di Azzolini, dal momento che i lavori per il porto sono bloccati e già quasi del tutto finanziati. Nei corridoi di Palazzo

Madama all’atto della votazione dell’emendamento, poi passato, circolava la voce che lo stesso Renzi insisteva sulla necessità di stornare a Molfetta velocemente quei 10 milioni di euro.

Un fiume di danaro pubbli-co ingente che continua a fluire, dopo che il Senato ha respinto la richiesta della Procura pugliese chiedeva al Senato l’autorizzazio-ne a procedere contro Azzollini, ascoltandone le intercettazioni a completamento dell’inchiesta.

La richiesta avanzata vedeva una votazione conclusasi con 160 no all’autorizzazione e soli 36 sì, con protagonisti assoluti i renziani del PD, la Lega e la casa del fascio riunitasi per l’occasione (ossia FI e NCD). Tutto ciò nella piena ipocri-sia del nuovo Berlusconi che più volte ha cianciato di fronteggiare con aspre sanzioni penali i reati contro la pubblica amministrazio-ne, salvo poi fare diversamente per far felice i giannizzeri di Alfano e del neoduce di Arcore.

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12 il bolscevico / interni N. 14 - 9 aprile 2015

Renzi e Poletti vogliono tagliaRe le feRie scolasticheL’obiettivo è di regalare manodopera gratis o quasi ai padroni

“Tre mesi di vacanza per gli studenti sono troppi e potreb-bero essere mandati a lavorare d’estate”. Con queste assurde parole il ministro del lavoro Polet-ti si è esibito parlando a Firenze al convegno sui fondi europei e il futuro dei giovani promosso dalla Regione Toscana.

Secondo Poletti, un mese di vacanza va bene, anche uno e mezzo può andare, ma non c’è l’obbligo di farne tre, senza far nulla. Magari un mese protrebbe essere passato a fare formazione. Su questo punto è intervenuta anche la ministra dell’istruzione Giannini che lodando le parole di Poletti ha subito voluto precisare come già nel DDL della “Buona scuola” la formazione lavorativa

degli studenti specie per quelli degli istituti professionali, anche nei periodi di sospensione dell’at-tività didattica, sia già una realtà.

Secca è stata la risposta del-le organizzazioni sindacali e stu-dentesche che hanno definito le esternazioni di Poletti, deliranti per Alberto Irone della Rete degli studenti, e allucinanti per Danilo Lampisi dell’unione degli studenti (USD).

Per il PMLI questa provocazio-ne di Poletti è l’ennesimo insulto che il governo del Berlusconi de-mocristiano Renzi e i suoi ministri lanciano contro le masse studen-tesche e giovanili già martoriate e oppresse da controriforme sco-lastiche neofasciste ed una di-soccupazione dilagante. Pensare

di ridurre il tempo di riposo e di svago di cui i giovani e gli studen-ti necessitano dopo mesi e mesi di obbligo scolastico, proponen-do di metterli alla mercé della borghesia per lavori sottopagati se non completamente gratui-ti e zero tutelati, non incentiva e non crea formazione nei giovani come vaneggia Poletti, il quale tra l’altro si vanta di come i suoi figli passino un mese d’estate ai magazzini generali a scaricare casse di frutta, (dove sarebbe la formazione?) ma sarebbe solo l’ennesimo regalo ai capitalisti da parte del governo dopo il Jobs Act e la “Buona scuola”. Una pratica quella del lavoro giovanile nei mesi estivi che per altro esiste già ed è diffusa sopratutto tra i fi-

gli dei ceti sociali più poveri, figli di operai o disoccupati che per permettersi un minimo di sosten-tamento o aiutare i propri genitori in difficoltà sono costretti a lavori massacranti per una manciata di euro, senza dimenticare che per di più grava sulle loro spalle una mole imponente di compiti che le scuole assegnano loro durante i mesi estivi.

Di fronte a questa provocazio-ne devono alzarsi forte lo sdegno e la protesta delle masse giovanili e studentesche, con una conse-guente intensificazione delle lotte di piazza e delle occupazioni di scuola e università che abbiano come obiettivo quello di spaz-zare via il governo del Berlusconi democristiano Renzi.

alle PRimaRie PD-fi-mPa-an

la base agrigentina del PD si astiene e boccia l’inciucio con fiCroCetta e i dirigenti renziani, dopo aver promosso Le

primarie Comuni, sono Costretti a fare marCia indietroDal nostro corrispondente �della SiciliaAd Agrigento il 22 marzo si

sono svolte le primarie d’am-mucchiata PD-FI e rottami di vari altri partiti, tra cui AN ed MPA. E il risultato, di quelli che i dirigenti renziani del PD siciliano, sordi agli avvertimenti della base, non si aspettavano, è deflagrato come una bomba politica, investendo la loro linea antipopolare.

Ha stravinto, con 2.152 voti il candidato imprenditore di FI Sil-vio Alessi, vicino all’ex-FI ed ex-pluri assessore regionale, l’agri-gentino Michele Cimino, leader del Patto Democratici per le Ri-forme, formazione recentemente nata al parlamento siciliano per iniziativa dell’intramontabile in-ciucista Salvatore Cardinale, PD, con l’obbiettivo di far transitare appoggi da destra sul governo Crocetta e di sostenere in Sicilia le “riforme” di Renzi, ma vicino anche al parlamentare di For-za Italia Riccardo Gallo, nonché al noto Dell’Utri, condannato in Cassazione a 7 anni di carcere per concorso esterno in associa-zione mafiosa.

Il segretario del circolo “Ber-linguer” di Agrigento, Epifanio Bellini, ha raccolto soltanto 808 preferenze, poco più di un terzo di quelle di FI e molto meno del numero degli iscritti. Giuseppe Vita, imprenditore, espressione di AN, ha avuto 567 voti. Piero Marchetta, commercialista ed ex Mpa, 534 preferenze.

In sostanza i naturali alleati FI, MPA, ex-AN, hanno raccolto 3.253 voti in totale, 4 volte più del PD.

È fallita, grazie all’astensione di massa della base PD, l’ambiziosa operazione dei dirigenti renziani locali e regionali di ricomporre ed egemonizzare, dandole rap-presentanza politica in cambio di voti, l’area democristiana, orfana dell’ex governatore Cuffaro, boss dell’agrigentino in carcere per mafia, e i pezzi dell’MPA, orfani di don Raffaele, ex-governatore anche lui con problemi di mafia, e di raccogliere e rilanciare gli oppositori forzisti dell’occupante del Viminale.

I dirigenti renziani di Agrigento si sono visti sgretolare il partito nelle mani e traballare le loro pol-

troncine sotto il sedere. Tanto da chiedere di annullare le primarie, commissariare la segretaria pro-vinciale e individuare un nuovo candidato PD da contrapporre al forzista Silvio Alessi.

Certo non c’è che dire è un grande colpo politico l’essere ri-usciti con una mossa a ricompor-re il “centro-destra” agrigentino anti-Alfano, a farsi mettere con le spalle al muro dai filomafiosi e ad alienarsi la propria base.

La “fine pinsata” politica pote-va venire fuori soltanto dall’invin-cibile asse tra l’arroganza antipo-polare del governatore siciliano don Sasà Crocetta e del renziano di primo pelo segretario regionale del PD, Fausto Raciti, che se ne infischiano della propria base, e l’arte inciucista democristiana di Marco Zambuto, ex-sindaco di Agrigento, ex-FI e adesso presi-dente regionale renziano del PD. Quest’ultimo a fine febbraio ha incontrato a Palazzo Grazioli il neoduce Berlusconi, per pianifi-care l’alleanza e, con tutta proba-bilità, anche la vittoria del candi-dato di FI.

Comunque si concluda questa

vicenda, il PD, ne esce screditato agli occhi della base e delle mas-se popolari, in balia degli incapaci ed arrivisti dirigenti renziani, che hanno lavorato per rafforzare e ri-vitalizzare le cosche dei politican-ti borghesi, che hanno distrutto Agrigento e la Sicilia e per man-tenere lo status quo mafioso, infi-schiandosene altamente di quan-to succede nella città, che ha uno dei tassi di disoccupazione più alti d’Italia, dove il lavoro è quasi esclusivamente precario, il dram-ma dell’emigrazione attanaglia i giovani e decine sono le vertenze aperte, e dove interi quartieri an-nunciano il loro astensionismo di protesta, com’è successo per le europee 2014.

Che le masse agrigentine boc-cino tutti i candidati a sindaco, astenendosi alle elezioni comu-nali. Perché Agrigento sia gover-nata dal popolo e al servizio del popolo ci vuole il socialismo. Non votare i partiti borghesi al servizio del capitalismo. Delegittimiamo le istituzioni rappresentative bor-ghesi. Creiamo le istituzioni rap-presentative delle masse fautrici del socialismo.

Roma

Poletti contestato dai giovani precari a colpi di “Buffone”

e “vergogna”S’era recato il 26 marzo alla

sede della Regione Lazio per partecipare a un convegno sul programma europeo “Garanzia Giovani” insieme con il gover-natore, Nicola Zingaretti, PD, e il commissario europeo per l’occupazione, Marianne Thys-sen, per snocciolare le fanta-stiche quanto irreali cifre sulla “crescita” dell’occupazione, quando il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, si è imbattuto nella giusta e dura contestazio-ne di un folto gruppo di giovani precari.

Tenuti lontani dalla polizia, i lavoratori lo hanno “accolto” con assordanti fischi e grida di “vergogna” e “buffone”, contestando l’ennesimo spre-co di fondi pubblici per l’ini-ziativa propagandistica sullo scatolone vuoto e inefficiente di “Garanzia Giovani” (Europe-an Youth Guarantee is a fake, “il progetto Garanzia Giovani dell’UE è una balla” recitava uno striscione) e denunciando al megafono come le forme di sfruttamento previste da questo programma non sono formative, ma “roba vecchia” per far lavorare i giovani “sen-za rimborso e per niente al mese”.

“Non lavoriamo gratis” e “No al business sulla disoccu-pazione giovanile, noi vogliamo reddito e diritti”, hanno giusta-mente affermato i manifestanti, riferendosi anche al Jobs Act del governo Renzi. Sotto attac-co anche le populiste ed anti-giovanili dichiarazioni del mini-stro del Lavoro, secondo cui gli studenti dovrebbero passare un mese a fare formazione, sottraendolo alle vacanze esti-ve. “I miei figli d’estate sono sempre andati al magazzino della frutta a spostare le casse. Sono venuti su normali, non sono speciali”.

Sembra di sentire ancora la Marchionne in gonnella, Elsa Fornero, e i suoi insulti di or-mai oltre due anni fa ai giovani italiani troppo “schizzinosi” di fronte al lavoro.

Non se ne può più né della condizione di sfruttamento sel-vaggio a cui sono sottoposte le masse giovanile, né della reto-rica paternalista, aggressiva e insultante nei loro confronti che regolarmente accompagna le dichiarazioni dei ministri, quan-do parlano della questione del lavoro giovanile.

A proposito di spostare cas-sette in un magazzino, Poletti non inventa nulla. In Italia da sempre, e oggi ancor più dopo le controriforme del governo Renzi, i figli delle masse popo-

lari, milioni di giovani, se gli va bene dai 14 anni in su sennò anche da prima, spostano cas-sette, o fanno lavori sottopaga-ti e supersfruttati, dalla mattina alla sera tutto l’anno, non solo qualche ora d’estate, e questo corrisponde all’unica formazio-ne lavorativa che i governi han-no loro consentito. Quello che propone di nuovo il ministro Poletti è la generalizzazione a tutti i giovani di queste disuma-ne forme di sfruttamento, che invece andrebbero abolite.

Perché rimanga agli atti, riportiamo un brano di un’in-tervista rilasciata da una gio-vane che in piazza contestava Poletti e le cifre governative su “Garanzia Giovani”: 476.000 giovani iscritti, 233.000 presi in carico e 49.000 che avrebbero già avuto una proposta tra tiro-cini, opportunità occupazionali, formazione, stage e servizio ci-vile. 303.000 contratti a tempo indeterminato, con un aumento di 79.000 unità (+38,4%), sullo stesso periodo del 2014.

La giovane rivela come van-no veramente le cose: “Dopo che mi sono iscritta al sito, sono andata al primo colloquio e poi da sola ho cercato infor-mazioni, ho saputo che potevo accedere al tirocinio. Loro non mi hanno più richiamata. Da sola ho trovato un’azienda e ho insistito perché attivassero il percorso, quindi un lavoro nel lavoro. Trovare il tirocinio ed attivarlo è un lavoro”. Altri giovani in piazza hanno parlato di stage non ancora retribuiti a distanza di mesi nonostante il supersfruttamento e di licen-ziamenti in tronco.

Poi si scopre che neanche il ministro è in grado di fare una previsione attendibile sulla validità del programma euro-peo e Manpower, l’agenzia di selezione del personale, rivela che le prospettive di assunzio-ni non cambiano molto dopo il Jobs Act. E questo sarebbe, secondo Renzi “il segnale che l’Italia riparte”, come ha dichia-rato dopo aver letto i numeri snocciolati da Poletti?

Per mettere uno stop a questo scempio, Renzi e il suo governo vanno fermati con la lotta di piazza, costruendo un ampio fronte che raduni forze politiche, sindacali e sociali con obiettivi strategici anche diversi ma che abbia in comu-ne l’obiettivo di spazzar via il governo del nuovo Berlusconi democristiano e tutte le con-troriforme a partire da quelle antigiovanili, dal Jobs Act alla “Buona scuola” che lo con-traddistinguono.

Davanti a montecitorio

migliaia Di Docenti PRecaRi manifestano contRo la scuola Di Renzi e giannini

Lo scorso 17 marzo sono stati oltre 4.000 gli insegnanti preca-ri ad avere manifestato davanti Montecitorio per opporsi stre-nuamente alla riforma della scuo-la disegnata dal disegno di legge governativo fortemente voluto da Renzi e dal ministro Giannini, re-centemente inviato alla Camera.

La protesta è perfettamen-te riuscita, al di là dei numeri comunque importanti di coloro che manifestavano davanti al Parlamento, che hanno ottenu-to la solidarietà dalle assemblee di studenti che si sono tenute in tutta Italia, perché il problema del precariato riguarda l’intero Pae-se, come dimostra la provenienza dei docenti, venuti da tutta Italia in rappresentanza dei 140.000 in-segnanti che hanno un contratto a tempo determinato e degli altri

100.000 abilitati esclusi delle gra-duatorie ad esaurimento.

Tantissimi erano i precari di se-conda fascia d’istituto, i più pena-lizzati dalla riforma del governo, che hanno duramente contestato le decisioni del Governo con un bavaglio davanti al volto lancian-do gli slogan “Vergogna, la buo-na scuola siamo noi” e “La Buona Scuola la fanno alunni e docenti, non i presidi padroni”.

I lavoratori rivendicano l’inseri-mento immediato nelle graduato-rie ad esaurimento di tutti i docen-ti abilitati a partire dalla seconda fascia d’istituto, l’immissione in ruolo laddove vi sono posti liberi, il pagamento degli scatti di anzia-nità negato ancora dal contratto collettivo nazionale 2006/2009 e delle ferie, il recupero del primo gradino stipendiale ai neo-assun-

ti tolto dal contratto del 2011 e la conversione dei contratti, sot-toscritti su posto vacante, da 30 giugno a 31 agosto.

Insomma, i professori che già lavorano, e spesso da molti anni, nella scuola e che ormai sono parte integrante dell’organigram-ma scolastico, altro non chiedo-no che una presa d’atto da parte dello Stato del ruolo che già svol-gono attivamente.

Critiche pesanti sono poi sta-te rivolte contro il progetto di fare del preside una sorta di manager all’interno dell’istituto, confe-rendogli poteri ben maggiori di quelli che ha attualmente, com-preso quello di chiamare i sup-plenti da un albo, il che rischia di creare situazioni - sostengono i professori durante la manifesta-zione - di scarsa trasparenza, di

favoritismo se non addirittura di illegalità.

Eppure i posti vacanti nelle scuole di tutta Italia, tali da po-ter collocare già ora a ruolo mol-tissimi precari, sono tantissimi, come ha sottolineato Marcello Pacifico, presidente dell’Asso-ciazione Nazionale Insegnanti e Formatori, il quale ha denunciato l’inerzia del ministero presieduto dalla Giannini nel volere fare un serio censimento dei posti liberi, aggiungendo infine che tali posti “vanno dati a tutti quei docenti che dopo anni e anni di servizio in cattedra, dopo aver tutti svolto un concorso pubblico o riservato, vanno stabilizzati e indennizzati. E lo stesso discorso va fatto per decine di migliaia di amministrati-vi, tecnici e ausiliari non citati nel disegno di legge”.

roma 17 marzo 2015. La manifestazione dei lavoratori precari della scuola sotto montecitorio contro la “Buona scuola” di renzi e giannini

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N. 14 - 9 aprile 2015 cronache locali / il bolscevico 13Affari con tangenti, metano e camorra

L’Arresto deL sindAco d’ischiA dimostrA che Le denunce deL PmLi di

ischiA non erAno infondAte �Dal corrispondente dell’Organizzazione di Ischia del PMLIL’Organizzazione isola d’I-

schia del PMLI aveva visto giu-sto quando con un comunicato stampa, denunciò l’iniziativa della maggioranza del Consiglio comunale di Ischia, di assegna-re la cittadinanza onoraria al presidente della Cpl Concordia, Casari. Fu una scelta assurda e apparentemente inspiegabile, visto che la società non ha meta-nizzato Ischia gratuitamente, ma a fronte di onorari considerevoli.

I nostri dubbi hanno avuto puntuale riscontro con quanto è accaduto: l’arresto del sindaco di Ischia Giosy Ferrandino, pri-mo dei non eletti al Parlamento europeo per il PD, di suo fratello Massimo per aver ricevuto inca-richi dirigenziali nei lavori di me-tanizzazione e del responsabile della Cpl, Francesco Simone.

I reati contestati, a vario titolo, vanno dall’associazione per de-linquere alla corruzione (anche internazionale), dalla turbata libertà degli incanti al riciclag-gio, all’emissione di fatture per operazioni inesistenti. Forse la

spiegazione dell’operazione che condusse all’assegnazione del-la cittadinanza onoraria al capo della Cpl, giunge abbastanza chiara.

L’inchiesta coordinata dai pm Woodcock, Carrano e Loreto e condotta dai reparti speciali del Comando per la Tutela dell’Am-biente del colonnello Sergio De Caprio, il “Capitano Ultimo” ha preso le mosse nell’aprile 2013 ed ha portato alla luce, secondo l’accusa, un sistema di corru-zione basato sulla costituzione di fondi neri in Tunisia da parte della Cpl Concordia con cui retri-buire pubblici ufficiali per ottener-ne i “favori” nell’aggiudicazione di appalti. Nella vicenda sarebbe coinvolto anche Massimo D’Ale-ma. E in una delle intercettazioni agli atti dell’inchiesta Francesco Simone, dirigente della CPL ar-restato, parla di Massimo D’Ale-ma (non indagato) sottolineando la necessità di “investire in Italia-ni europei dove D’Alema sta per diventare Commissario Europeo” in quanto “D’Alema mette le mani nella merda come ha già fatto con noi ci ha dato delle cose”.

Dall’inchiesta emerge anche

che la Cpl Concordia acquistò “alcune centinaia di copie dell’ul-timo libro” di D’Alema “nonché al-cune migliaia di bottiglie del vino prodotto da una azienda agricola riconducibile allo stesso D’Alema”. Lo sottolinea il gip, nell’ordinanza di custodia cautelare, definendo questa vicenda “significativa”. La Cpl, emerge dagli atti dell’inchie-sta, ha anche sponsorizzato la presentazione del volume “Non solo euro” dell’ex leader del Pd a Ischia, l’11 maggio 2014, con l’in-teressamento del sindaco Giosi Ferrandino, oggi arrestato. Fran-cesco Simone, parlando al tele-fono con il sindaco, candidato Pd alle elezioni europee sottolinea l’importanza dell’evento: “sotto la campagna elettorale faremo una cosa” e poi “questo pure è un se-gnale forte che ti appoggia tutto il partito”. “Ferrandino - scrive il gip - si mostra molto entusiasta”. Il giorno precedente, sempre a Ischia, “la moglie di D’Alema ha presentato la sua produzione di vini”. Di questo vino, la Cpl ne ha acquistate 2.000 bottiglie.

L’intreccio fra il sindaco d’I-schia, la Cpl e forze “occulte” appare abbastanza stretto. Non

si spiegherebbe tra l’altro, come il sindaco d’Ischia abbia potuto prendere un bel po’ di voti fuori dell’isola se non con l’appoggio di “poteri forti”, quando proprio l’isola ebbe la forza di punirlo alle ultime elezioni europee per condannare la sua politica, più volte denunciata dai marxisti-leninisti dell’isola d’Ischia. Non entriamo nel merito dell’inchiesta ma di certo, la politica di questo sindaco ex Forzista e poi Pd, da poco eletto presidente dell’Anci Campania, è estremamente fal-limentare.

Infatti, in varie occasioni il PMLI ha denunciato le scelte scellerate della sua giunta, che hanno portato all’abbandono dell’intero comune, alla crisi di diversi servizi dai trasporti alla vivibilità, alla viabilità, alla man-canza di programmazioni, alla esagerata tassazione, ai tentativi di privatizzare società pubbliche mal ridotte solo a causa di poli-tiche clientelari. In queste stesse occasioni il PMLI ha invitato le masse a disertare le urne e l’a-stensionismo, proprio alle ultime elezioni europee, è stato abba-stanza alto e significativo.

A cAsteLfrAnco emiLiA (modenA) AssembLeA PubbLicA Per LA cAmPAgnA stoP-ttiP

il PmLi partecipa all’assemblea per la campagna stop-ttiP

Fermiamo il Trattato transatlantico. Solo il socialismo può fermare il capitalismo �Dal corrispondente dell’Organizzazione di Modena del PMLIMartedì 24 marzo l’Organiz-

zazione di Modena del PMLI ha partecipato all’assemblea pubblica promossa dal comitato STOP-TTIP di Modena presso la biblioteca “Lea Garofalo” di Ca-stelfranco Emilia.

Oltre a tanti interessati all’affol-lata serata hanno partecipato vari comitati popolari locali e partiti, il Presidio Libera di Castelfranco Emilia (associazione contro le mafie), Gas C’è (Gruppo d’ac-quisto solidale di Castelfranco Emilia), Comitato No Cave di Piumazzo, Lista Civica Frazioni e Castelfranco Emilia (collegata al Comitato No Cave), ANPI, SEL, M5S e PRC.

Hanno presieduto l’assemblea Fausto Gianelli dei Giuristi De-mocratici e due rappresentati del comitato STOP-TTIP di Modena. L’assemblea è iniziata con un pic-colo sketch, anteprima di quello che sarà il grande teatro popolare di strada che percorrerà le vie del centro storico di Modena sabato 18 aprile, in occasione della gior-

nata internazionale contro il TTIP, a cui l’Organizzazione di Modena parteciperà attivamente. I rap-presentanti del comitato hanno ringraziato tutti i partiti, tra cui il PMLI, le associazioni ed i movi-menti che si stanno attivando e che si sono attivati per la raccolta firme e per la propaganda tra le masse della campagna contro il Trattato transatlantico.

A Modena i nostri compagni avevano informato le masse sul TTIP con un volantino autopro-dotto consegnato durante i ban-chini, dopo aver partecipato a varie assemblee del comitato con una presa di posizione. Ora c’è da fare un passo in più, bisogna partecipare alla raccolta firme e già l’Organizzazione modenese del PMLI si è attivata per la propa-ganda e ha stampato varie copie del modulo cartaceo da conse-gnare durante i prossimi banchini in piazza.

In tutta sostanza la serata ha avuto lo scopo di informare nuo-vamente le masse popolari sul TTIP poiché esso è un problema di cui i mass-media servi del ca-pitalismo non parlano assoluta-

mente e solo con iniziative come queste e con il fronte unito delle masse popolari si può informare e lottare contro il capitalismo.

Nell’intervento di Gianelli, che ha spiegato egregiamente l’orro-re del Trattato, segnaliamo una presa di posizione, anche se un po’ timida, di antiparlamentarismo borghese, in sostanza ha fatto capire che continuare a delega-re rappresentanti che sono legati comunque alla borghesia e al ca-pitalismo di certo non frutta nulla alla lotta contro il trattato ma che bisogna che le masse popolari stesse si indignino contro le deci-sioni delle varie istituzioni borghe-si e amministrazioni locali. Inoltre ha informato che il TTIP, può es-sere consultato solo nelle amba-sciate americane ma con la pre-senza obbligatoria di un marine che controlla che non siano presi appunti né fatte foto, in pratica si è “con il fucile puntato sulla testa” e questo conferma nuovamente l’orrore e la perversione del capi-talismo nei confronti delle masse popolari.

Dobbiamo assolutamente far fronte unito e movimentarci, con il TTIP si conforma l’orrore di una giustizia privata, perché si costru-iscono appositamente organismi legali internazionali in difesa dei monopoli e delle multinazionali capitaliste, nella pratica un vero e proprio arbitrato internazionale, a cui le aziende monopolistiche del capitale potranno appellarsi per ri-valersi su governi colpevoli, a loro dire, di avere ostacolato la corsa del sistema capitalista al profit-to. Effettivamente, con il TTIP, le multinazionali capitaliste avranno mano libera di citare gli Stati e gli enti pubblici a giudizio presso un tribunale speciale per violazione dello stesso TTIP, con possibilità di pesantissime sanzioni a carico

dei cittadini e ci saranno ricadute anche sui diritti dei lavoratori. Con l’approvazione del TTIP quel poco di “democrazia” verrà totalmen-te annientata e si instaurerà una mostruosa dittatura capitalista spietata che non si farà nessuno scrupolo di schiavizzare ulterior-mente le masse popolari.

Uniamoci per fermare il TTIP!Contro il capitalismo, per il so-

cialismo!Coi Maestri e il PMLI vincere-

mo!

rossi e nardella (Pd) promuovono e

finanziano l’istruzione privata

Genitori e insegnanti delle materne fiorentine protestano contro la “scuola in appalto”

�Dal nostro corrispondente della ToscanaIl candidato alle prossime

elezioni regionali e attuale go-vernatore toscano Enrico Ros-si (PD) ha fatto approvare dalla giunta regionale l’erogazione di due milioni di euro ai comu-ni toscani per elargire contribu-ti alle famiglie che iscrivono i propri figli alle scuole dell’in-

fanzia paritarie.Questa decisione non è nuo-

va negli anni, ma trova ancor più giustificazione nella recen-te controriforma della “Buona scuola” varata dal governo del nero Berlusconi Renzi e del-la sua ministra all’istruzione, la montiana Stefania Giannini, che ha esteso sgravi fiscali per chi iscrive il proprio figlio alle scuole private, mentre le scuo-le pubbliche cadono a pezzi e vi sono migliaia di precari che attendono di essere immessi a ruolo.

Oramai in tutto e per tutto Rossi ricalca a livello regionale Renzi al quale ha “giurato” fe-deltà, garantendosi così la can-didatura alle regionali senza le tanto care al PD primarie.

Per avere aiuto a pagare la retta alla scuola privata, baste-rà avere un Isee sotto i 18 mila euro per 100 euro a figlio o dai 24mila ai 30mila euro per 30

euro a figlio.Un paradosso se pensiamo

che in molti comuni toscani per avere agevolazioni su mensa o trasporti scolastici la soglia di Isee è notevolmente più bas-sa, irraggiungibile da famiglie con una o due persone in CIG o mobilità e che invece avrebbe-ro necessità di aiuti economici.

E intanto avanza la privatiz-zazione. Il comune di Firenze

del neopodestà Dario Nardella (PD) attraverso la vicensinda-co e assessore all’educazione Cristina Giachi (PD), adducen-do la motivazione di mancan-za di fondi, ha deciso di appal-tare il servizio pomeridiano di 64 sezioni su 108 delle materne comunali fiorentine a una coo-perativa privata con insegnan-ti esterni.

Una grave decisione che ha portato ad una giusta e corag-giosa protesta di molti genito-ri e insegnanti, sostenuti anche dalla CGIL, contro “la scuola in appalto”, contro le scuole di serie A e scuole di serie B, con tanto di sit-in in via Nicolodi all’ufficio della pubblica istru-zione ed una crescente mobili-tazione.

Occorre mobilitarsi per af-fossare la nera riforma scola-stica in difesa della scuola pub-blica, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti.

Firenze, marzo 2015. Uno dei vari presidi organizzati contro la privatiz-zazione dei servizi scolastici

mA LA situAzione è grAve in tuttA LA zonA

L’ospedale “di venere” di bari rimane senza posti letto

�Dal corrispondente della Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” di BariL’ospedale “Di Venere”, sito

nel quartiere Carbonara di Bari, soffre da giorni di una grave ca-renza di posti letto che sta renden-do le condizioni di vita dei degenti ancor più dure.

In più reparti si registra la man-canza di posti: non solo presso Medicina generale ma persino in chirurgia, dove le cure a cui sono sottoposti i pazienti sono più in-tense e richiedono maggior atten-zione. Per sopperire alla mancanza di posti letto, sono state appronta-te delle “postazioni” d’emergenza: così avviene in una medicheria e persino nei corridoi dell’ospedale in cui languono da giorni diversi ricoverati.

Spicca per gravità il caso di una donna di 63 anni, operata d’urgen-za per un infarto intestinale, che stava in degenza da tre giorni su di una barella in un corridoio; do-lorante e attaccata a una bombo-la d’ossigeno per poter respirare, era “protetta” solamente da un pa-ravento bianco per separarla dal continuo passaggio di personale e di parenti in visita ad altri pazien-ti. Non sembra essere un caso iso-lato perché un altro ricoverato, in attesa di essere operato, aspettava su di una barella che funge da letto in una sala d’aspetto.

La situazione è divenuta così insostenibile da portare qualcuno a chiamare il nucleo antisofistica-zioni dei carabinieri che, giovedì 26 marzo, hanno constatato lo sta-to dei fatti.

Giovanni Stellacci, segreta-rio generale della Cisl Funzione pubblica ha affermato che “il 19 marzo scorso il pronto soccor-so ha contattato il Policlinico, la Mater Dei, Triggiano, Putignano, Molfetta, Terlizzi, Trani, Barlet-ta, Corato, Acquaviva delle Fon-ti, Brindisi e Foggia prima di tro-vare un posto letto a Monopoli”. Il problema sembra quindi esteso a macchia d’olio su tutto il ter-ritorio e, riferendosi all’ospedale “San Paolo” nell’omonimo quar-tiere periferico di Bari, Stellacci specifica: “Nel reparto di ortope-dia, in alcuni turni, prestano ser-vizio soltanto un infermiere e un ausiliario, con alto rischio d’er-rore oltre al carico di lavoro alta-mente logorante”.

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N. 14 - 9 aprile 2015 esteri / il bolscevico 15Alla guida di una coalizione di paesi sunniti con l’appoggio di Usa e Gran Bretagna

L’ArABiA sAUditA BomBArdA Lo Yemen per impedire ALL’irAn di controLLArLo trAmite GLi HoUtHi

Almeno 45 persone sono ri-maste uccise nello Yemen il 30 marzo, secondo le organizzazioni umanitarie che lavorano nel paese, in un raid aereo compiuto dalla co-alizione guidata dall’Arabia Sau-dita contro le milizie sciite hou-thi e sunnite dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh che hanno costret-to alla fuga il presidente Abd Rab-bu Mansour Hadi, riparato a Riad. Questo è uno degli effetti dell’at-tacco, per ora solo aereo, che la coalizione di paesi sunniti ha lan-ciato il 25 marzo, senza peraltro una formale dichiarazione di guer-ra come è oramai uso da parte dei paesi reazionari e dei loro padrini imperialisti; grazie alla protezione e all’appoggio di Usa e Gran Bre-tagna la cosiddetta comunità inter-nazionale, nello specifico l’Onu, non ha mosso ciglio in una azio-ne che i governi arabi reaziona-ri di fede sunnita hanno scatena-to nello Yemen per impedire alla formazione sciita degli Houti, so-stenuta dall’Iran, di prenderne il controllo.

Il pronto intervento anche dell’Egitto del generale golpista al Sisi, salito peraltro al potere con l’avallo e i soldi di Riad, potreb-be allargare la crisi al momento locale in una più ampia e perico-

losa guerra aperta in una regione già sotto il tiro dell’imperialismo e della sua guerra contro lo Sta-to islamico. Il braccio di ferro da tempo in atto tra Arabia Saudita e Iran era finora sottotraccia nello Yemen come in Siria e non è certo uno scontro di confessioni religio-se seppur interne all’islamismo, sunniti contro sciiti, ma soprattut-to uno scontro politico tra le due potenze che ambiscono all’ege-monia locale.

Lo Yemen è un Paese arabo musulmano con una netta divi-sione tra una maggioranza sunni-ta e una minoranza sciita concen-trata nelle regioni del Nord-Ovest. Fino al 1990 è stato diviso in due stati separati lo Yemen del Nord e lo Yemen del Sud, con capitale Aden. La riunificazione portò alla presidenza Saleh, che rimase in carica fino al 2012 quando la sua repressione della Primavera araba nel paese spinse gli Usa a premere perché passasse la mano; il sostitu-to individuato fu Hadi, vice di Sa-leh dal 1994. Una presidenza che è stata rimessa in discussione da

una rivolta popolare nel luglio del-lo scorso anno dopo la decisione del suo governo di tagliare i sussi-di per i carburanti e il prezzo del-la benzina raddoppiò in poche ore. Le formazioni Houthi attestate nel Nord del paese e che già combat-tevano contro il governo di Sanaa dal 2004 arrivarono nel settembre scorso fino a occupare parte della capitale. Gli scontri cessarono con un accordo tra le parti che preve-deva un nuovo governo e la rifor-ma della costituzione per dar vita a una stato federale.

Un percorso che Hadi non ha mandato avanti e che ha provoca-to a gennaio un nuovo attcco delle forze Houthi che assieme a quel-

le dell’ex presidente Saleh hanno costretto il presidente a dimetter-si; chiuso nella capitale agli arresti domiciliari, Hadi fuggiva prima a Aden, lo strategico porto all’uscita del Mar Rosso, e poi a Riyad chie-dendo l’aiuto per tornare al pote-re.

Aiuto che l’Arabia Saudita ha subito messo in campo alla guida di una coalizione che compren-de Egitto, Marocco, Sudan, Emi-rati arabi uniti, Qatar, Bahrein, Kuwait e Giordania, schierando 100 cacciabombardieri e mobili-tando 50mila soldati nell’opera-zione battezzata “Tempesta deci-siva”. Alla coalizione si univano anche Sudan, Pakistan, Marocco

e Turchia mentre gli Usa metteva-no a disposizione i loro servizi di spionaggio e logistici. Il Cairo in-viava 4 navi da guerra per “met-tere in sicurezza il golfo di Aden” e annunciava di essere pronto a un’offensiva via terra accanto alle truppe di Riyad. Appoggio a Ri-yad era espresso anche dall’Auto-rità nazionale palestinese di Abu Mazen.

La vera ragione dell’intervento saudita era però svelata dal capo della diplomazia degli Emirati Arabi, Anwar Gargash, che soste-neva che il quadro strategico nella regione “sta cambiando a vantag-gio dell’Iran, non si può ignorare ciò”.

L’attacco aereo allo Yemen è “un’aggressione militare che com-plica la crisi interna”, denunciava il ministro degli Esteri di Teheran, Mohammad Zarif; una “palese ag-gressione” per il governo siriano di Assad, un “intervento illegit-timo e imprudente” per il movi-mento sciita libanese Hezbollah che in un comunicato affermava che “quest’avventura, che man-ca di saggezza e di giustificazio-ni legali e legittime ed è guidata dall’Arabia Saudita, sta portando la regione verso un aumento del-le tensioni e ne mette in pericolo il futuro e il presente”. L’attacco era criticato anche dal ministro degli Esteri iracheno Ibrahim al-Jaafari e in prima persona dal presiden-te russo Putin che dopo una tele-fonata al presidente iraniano Ro-hani chiedeva la fine immediata dell’attacco.

L’Egitto pronto all’intervento di Terra Russia E siRia condannano

obama: 10 mila marines restano in

Afghanistan nel 2015“Circa diecimila soldati ame-

ricani rimarranno in Afghanistan per tutto il 2015”, annunciava il 23 marzo il presidente degli Stati Uniti Barack Obama nel-la conferenza stampa alla Casa Bianca al termine dell’incontro con l’omologo afghano, Ashraf Ghani. Una decisione che ribalta quella confermata solo tre mesi fa quando Washington annuncia-va che le forze di occupazione dell’imperialismo americano nel paese asiatico sarebbero state ri-dotte da 10 mila a 5 mila entro la fine del 2015.

Annunciato in pompa magna da Obama il 27 maggio 2014, quel piano prevedeva che alla fine del 2016 sarebbe rimasta nel paese una presenza minima di marines, quelli ritenuti neces-sari per la sorveglianza dell’am-basciata a Kabul, insieme a circa 4.000 militari degli alleati Nato tra cui Germania, Italia e Turchia col compito principale di adde-strare e assistere le forze di sicu-rezza afghane.

Lo scorso 31 dicembre in Afghanistan terminava l’opera-zione “Isaf”, col ritiro da Kabul della bandiera del contingente della Forza internazionale di as-sistenza alla sicurezza, operativo dal 2003 sotto il comando della Nato. I militari dei paesi impe-rialisti restavano comunque sotto le bandiere dell’operazione “Re-solute Support”, che rimaneva una missione di guerra. E infatti a fine 2014 la Casa Bianca aveva in parte rivisto il piano autoriz-zando i suoi marines a svolgere missioni di combattimento, al-meno per un altro anno. Obama

aveva salutato la fine della mis-sione Isaf come “la conclusio-ne responsabile della più lunga guerra nella storia americana”. Dopo tre mesi compie l’ennesi-ma giravolta; almeno per l’anno in corso.

La conferma della presenza dei 10 mila soldati del contin-gente Usa in Afganistan per tut-to il 2015 era stata di fatto “pre-parata” dalle recenti richieste del presidente afghano Ashraf Gha-ni di rendere più “flessibile” il programma di ritiro; una spon-da forse concordata con la Casa Bianca che ha fornito a Obama la giustificazione per fare mar-cia indietro. E per non dover am-mettere che la guerra contro la resistenza dei Talebani non è af-fatto vinta, anzi resta un grosso problema per il governo fantoc-cio di Kabul che non può fare a meno della copertura militare imperialista.

Lo confermano indirettamen-te anche i resoconti della visi-ta a Washington del presidente Ghani e del premier incaricato Abdullah Abdullah che hanno incontrato i massimi esponenti dell’amministrazione, dal segre-tario di Stato John Kerry al se-gretario alla Difesa Ashton Car-ter, il segretario al Tesoro, il capo della Cia e altri funzionari cui hanno chiesto aiuti finanziari; il ministro Carter prometteva di chiedere al Congresso i soldi ne-cessari per mantenere i 350.000 membri delle forze di sicurezza afghane fino al 2017. Altro che la fine dell’occupazione dell’Af-ghanistan promessa, annunciata e poi rimangiata da Obama.

A tUnisi

i governanti dei paesi imperialisti marciano uniti contro lo stato islamico

Convocata dal presidente tu-nisino Essebsi, si è svolta il 29 marzo a Tunisi la marcia istituzio-nale di condanna dell’attentato terroristico da parte dei com-battenti islamici antimperialisti avvenuto al museo del Bardo 11 giorni prima. Una marcia ispirata a quella di Parigi dell’11 gennaio dopo gli attacchi cominciati con l’assalto al settimanale satirico islamofobico “Charlie Hebdo”. E come quella ha voluto rappre-sentare l’unità dei governanti dei paesi imperialisti contro lo Stato islamico, in nome della “guerra al

terrorismo”.Lo slogan ufficiale della mar-

cia era “Le monde est Bardo”; alcune decine di migliaia di mani-festanti sfilavano nella capitale da piazza Bab Saadoun fino a quella del museo.

Alla testa del corteo il presi-dente tunisino Beji Caid Essebsi e il premier Habib Essid. In rappre-sentanza della Francia sfilavano il presidente François Hollande e il premier Manuel Valls, accanto al primo monistro italiano Matteo Renzi accompagnato dalla pre-sidente della Camera Laura Bol-

drini e da una delegazione della Commissione esteri della Came-ra presieduta da Fabrizio Cicchit-to. Presenti anche il presidente polacco Bronislaw Komorowski, quello palestinese Mahmoud Ab-bas, il premier algerino Abdelma-lek Sellal e i ministri degli Esteri di Germania e Spagna, Frank Walter Steinmeier e José Garcia Margallo.

“Siamo qui per dire che noi non la diamo vinta ai terroristi”, affermava Renzi come se l’at-tacco al museo fosse avvenuto per chi sa quale combinazione

e non come risposta alla politica dell’imperialismo che saccheggia e opprime i Paesi arabi e musul-mani.

Per evitare il terrorismo islami-co occorre che l’imperialismo si ritiri dal Medioriente e dal Nord e Centro Africa, titolava il comuni-cato dell’Ufficio stampa del PMLI del 19 marzo, e invece Renzi ac-canto a Hollande si disputava la prima fila nella marcia di Tunisi e nella politica interventista contro lo Stato islamico, quantomeno sulla sponda meridionale del Me-diterraneo.

A tunisi

iL WorLd sociAL ForUm spArGe iLLUsioni sU Un “ALtro mondo possiBiLe” coL cApitALismo L’organizzazione internazionale dei movimenti, partiti e governi riformisti schierata con l’imperialismo contro il terrorismo, ossia lo stato islamico

TsipRas: “iL mondo poTRà pRogREdiRE soLo gRaziE aLLa dEmocRazia” boRghEsE

La manifestazione di apertura del Forum Sociale Mondiale (Wsf, nella sigla inglese) che si è tenuto a Tunisi dal 24 al 28 marzo è sta-ta una “grande marcia dei popoli contro il terrorismo”, ripetuta il 28 marzo a chiusura dei lavori, fra i quali quello di una commissione speciale per inziare a scrivere una “Carta Internazionale Alter-mondialista contro il terrorismo”. Il tema era ovviamente entrato prepotentemente nell’agenda dei lavori del Forum dopo l’at-tacco del 18 marzo al museo del Bardo ma anche in questo caso l’organizzazione internazionale dei movimenti, partiti e governi riformisti non ha saputo o voluto smarcarsi dalle posizioni dei pae-si imperialisti, non li ha denunciati per il saccheggio e l’oppressione dei Paesi arabi e musulmani, e ha finito per schierarsi con l’imperia-lismo contro il terrorismo, ossia lo Stato islamico.

Il motto della giornata inaugu-rale era “Popoli di tutto il mondo uniti per la libertà, l’uguaglianza, la giustizia sociale e la pace. In solidarietà con il popolo tunisino e tutte le vittime del terrorismo,

contro ogni forma di oppressio-ne”, una posizione che se non parte dalla denuncia che sono il capitalismo e l’imperialismo i responsabili della negazione di questi diritti finisce per coprirli da “sinistra”. E conferma che pur par-tendo da denunce anche giuste il Wsf continua a spargere illusioni su un “altro mondo possibile” col capitalismo, che in fondo è il suo “peccato originale” da quando re-visionisti e riformisti hanno preso la testa di questa fetta del movi-mento antiglobalizzazione con la prima edizione del Forum sociale mondiale tenutasi nel 2001 a Por-to Alegre, in Brasile, e nato in con-trapposizione al Forum mondiale economico di Davos.

Al Social Forum mondiale 2015 di Tunisi, che ha avuto il suo centro nel Campus Farhat Ha-ched El Manar, hanno partecipa-to più di 60 mila attivisti, di quasi 4.400 associazioni, che hanno dato vita a una serie di seminari, convegni e eventi culturali di vario genere su temi importanti come i mutamenti climatici, la sovranità alimentare, i trattati commerciali, le migrazioni e la pace. Momenti

di discussione e di confronto che però dovranno produrre proposte concrete; quello di Porto Alegre si concluse con la redazione di una lettera aperta nella quale veniva-no elencate alcune proposte e richieste come l’istituzione della “Tobin tax”, la cancellazione del debito dei paesi in via di svilup-po, la lotta contro gli Ogm e la soppressione dei paradisi fiscali. Proposte interessanti ma che non mettevano in discussione il ca-pitalismo. Diversi partecipanti di organizzazioni italiane, fra le quali Arci, Libera, Cospe, Legambien-te, Cgil, hanno sottolineato che quello spirito, perso per strada, deve essere ritrovato per rilan-ciare le iniziative del Forum fra le quali la mobilitazione in occa-sione della prossima COP21, la Conferenza delle Parti sui muta-menti climatici che avrà luogo a Parigi il prossimo novembre; una discussione lasciata al Consiglio internazionale del Wsf riunitosi sempre nella capitale tunisina. Vedremo, ma le premesse non sono delle migliori.

Il Consiglio dovrebbe decidere anche la sede del prossimo in-

contro e fra le possibili sedi ci sa-rebbe Atene in omaggio all’ultimo arrivato nella schiera degli anti li-beristi, soprattutto a parole, il pri-mo ministro greco Alexis Tsipras. Che ha inviato ai partecipanti al Forum un saluto nel quale ha elo-giato l’organismo per aver “dimo-strato come forze sociali, prove-nienti da diverse parti del mondo e alle prese con vertenze diffe-renti tra di loro, possano conver-gere su cause comuni riuscendo, in questo modo, a proporre una visione e un progetto diversi per il pianeta”, con valori condensati in slogan come “le persone pri-ma dei profitti” o “un altro mon-do è possibile” e ha indicato che “il mondo potrà progredire solo grazie alla democrazia, al rispet-to dei diritti, alla solidarietà e alle battaglie collettive”. La democra-zia è ovviamente quella borghe-se. E ha concluso con “usando la solidarietà come arma i popoli vinceranno!”. Per combattere il capitalismo e l’imperialismo, come per opporsi efficacemente alle politiche neoliberiste, la soli-darietà da sola è un’arma utile ma niente affatto decisiva.

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Proletari

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PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO

date la vostra forzaintellettuale, politicae materiale al PMLI

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Per spazzare via il governo del Berlusconi democristiano Renzi e il capitalismo e conquistare il socialismo e il potere politico

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