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CHRISTIAN SALERNO

CONSERVATORIO LOVE

NON SOLO MUSICA

Parte V

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Conservatorio Love (Parte V)

Christian Salerno

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Impaginazione di Christian Salerno

Copertina: Christian Salerno

Fotomanipolazione: Christian Salerno

Prima edizione Agosto 2013

Sito web: ChristianSalerno.com

La presente opera è rilasciata secondo la licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia License

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Il Racconto è verosimile.

5. Ossessione

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[…] Mi punta la torcia nell’occhio, io mi copro il volto col braccio e poi

continua: «Pare che in questa festa circolasse della droga, lei ne sa

qualcosa?»

«Droga? Non credo, siamo tutti studenti del conservatorio e poi non ho

mai toccato neanche una sigaretta in vita mia.»

«La credo ma devo perquisirla.»

Tiro su le mani e divarico le gambe. L’agente mi perquisisce nel colletto

della t-shirt, poi nelle tasche dei pantaloni, e tira fuori con la mano un

sacchetto contenente polvere bianca.

«Mai toccato una sigaretta, vero?»

Alla vista di quel sacchetto mi immobilizzo. Divento bianco, di sasso. Non

riesco più a spiegarmi né tanto meno a difendermi. Non ho la più pallida

idea di come ci sia entrata quella roba nella mia tasca, eppure devo

scoprirlo perché chiunque sia stato mi voleva incastrare.

«Andiamo signorino, ci facciamo un bel giretto in centrale» tenendomi

per la t-shirt.

Mi volto e guardo negli occhi Ela, sperando che lei potesse risolvere in

qualche modo questa situazione, ma i suoi occhi sbarrati non mi

permettono di percepire le sue emozioni.

Scendiamo le scale, usciamo dal portone e poi l’agente col cranio

lucidissimo mi mette la mano sulla testa, me la abbassa ed entro in auto.

Sono in un auto dei carabinieri per la prima volta in tutta la mia vita e ho il

cuore in petto che sta per esplodermi. Mi vengono in mente tutte quelle

volte in cui ho sognato di essere inseguito dalla polizia ed ero costretto a

scappare perché ero innocente. Anche ora sono innocente, come nel

sogno così nella realtà, ma non posso scappare, né correre né gridare la

mia innocenza.

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L’auto rallenta e arriviamo in centrale. Mi fanno uscire tenendomi in due,

dopodiché mi fanno sedere su una sedia e quello che mi ha messo in auto

mi dice:

«Chi te l’ha data e chi altro la possedeva?»

«Agente, io… davvero non so come ci sia finita. Non ho mai neanche

toccato una sigaretta in tutta la mia vita!»

«Sai che se non collabori con noi renderai il tutto solo più difficile?» mi

dice guardando il suo compagno.

«Non so cosa dirle, fate ciò che meglio credete.»

Probabilmente chiunque al posto mio avrebbe cercato di dare più

spiegazioni, avrebbe piagniucolato di più, avrebbe cercato di smuovere in

loro la compassione. Io invece sono sempre stato un tipo che ha sempre

creduto molto nella giustizia, sia terrena che divina, e ogni qual volta che

ho subito un torto, ho sempre lasciato scorrere senza mai rispondere con

dell’altro fuoco perché tanto prima o poi, a tutti noi sarebbero tornate

indietro le proprie azioni.

Credo molto in questo e nella responsabilità delle proprie azioni. Ho

studiato molti libri di filosofia e di esoterismo. Ho studiato la legge della

compensazione, la teoria dell’entanglement, il grande potere che ha

l’universo su di noi e che noi abbiamo su di lui. Tutto prima o poi torna a

compensarsi, è solo questione di tempo. Questa legge è sempre stata

rispettata. Chi commette dei torti paga, è solo questione di tempo.

Sono consapevole della mia innocenza, so che tutto si risolverà per il

meglio, anche se questo episodio mi lascerà un segno per tutto il resto

della mia vita.

Mi fanno altre domande alle quali io non so rispondere. Vedono la mia

rassegnazione sul mio volto ma allo stesso tempo anche la mia innocenza,

ed è forse per questo che non mi hanno già sbattuto in una cella.

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«Hai diritto a fare una telefonata al tuo avvocato di fiducia.» mi dice il

solito con la testa pelata.

«Non ne ho mai avuto bisogno, perciò chiamerò a casa, loro ne

conosceranno di certo uno.» Pur sapendo che anche i miei non ne hanno

mai avuto bisogno. Prima di comporre il mio numero di casa, penso a cosa

poter dire ai miei per non farli allarmare troppo. Mia madre è un tipo

molto ansioso, non so come reagirebbe. Compongo il numero e risponde

proprio lei.

«Ma, ciao, ti chiamo dalla stazione dei carabinieri di Milano. Sono qui per

un equivoco. Non so cosa fare, conoscete un avvocato, potete venire

qui?» Dico con voce flebile.

«Cri smettila di fare lo scemo.» Con tono preoccupato.

«Non sto scherzando mamma, venite qui, fatti prestare il navigatore da

mio fratello, via Alfredo Guella n.17»

«Sveglio tuo padre e arriviamo, tu non ti muovere.»

“Dove vuoi che vada? Sono qui con sti due simpaticoni che non fanno

altro che farmi le stesse domande da due ore!!”

Una volta messa giù la cornetta avviso gli agenti che i miei sarebbero

arrivati a momenti.

Aspetto intanto minuti interminabili in quella Sala. Mi chiedo come io sia

potuto capitare qui dentro. Forse è tutto un sogno, sto sognando come

sempre. Mi tiro un pizzicotto sul braccio ma il dolore lo sento più forte

che mai. È tutto reale!

L’altro agente lo vedo che si avvicina dopo essersi allontanato a

telefonare. Mi guarda con sorriso compiaciuto e mi dice:

«Alzati, sei fortunato. Qualcuno che si trova un po’ più in alto, ha voluto

che ti lasciassimo libero.»

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«Chi è stato?» Domando.

«Il Maresciallo Lorenzi, sicuramente lo conosci.»

«A dire il vero… mai sentito prima.»

Il carabiniere pelato risponde dicendomi: «Allora magari conosci la figlia,

Natalie?»

«Oh sì sì la conosco, è … una mia carissima amica!» Non sapevo più come

definirla dopo questa sera, chissà se lei mi avrebbe voluto più rivedere.

«Ecco, allora ringrazia il Dio che siete così amici. Ora sparisci,» Con tono

amichevole.

Annuisco allontanandomi pian piano, ed esco fuori dalla centrale. Aspetto

fuori l’arrivo dei miei che sopraggiungono in un istante e mi riportano a

casa. Vengo tempestato da tante altre domande da parte loro, ma tutto

ciò che voglio fare in questo preciso momento è andare da Natalie,

ringraziarla e chiederle scusa. Nonostante tutto quello che le ho fatto lei

mi vuole ancora bene. È davvero una ragazza incredibile! Intanto mi

ricordo che fra una settimana, Venerdì alle 9.30 ho l’esame di pianoforte

per passare all’ultimo anno e non ho ripassato quasi nulla. Il mio maestro

mi ha già sgridato e in più devo finire di mettere a memoria una sonata di

Beethoven, la prima in Fa minore, la adoro!

Non ho tempo ora per piangermi addosso, devo solamente mettermi a

studiare, studiare e ancora studiare.

Così, con un clima pessimo in casa mia, decido di isolarmi da tutto e tutti.

Monto in camera mia la mia tastiera Yamaha p-155/B, mi metto in cuffia

e tutto il mondo sparisce.

Spengo la luce della camera, accendo quella alogena posizionata al pc.

Illuminandomi lateralmente, vedo l’ombra delle mie dita sui tasti.

Quest’atmosfera magica mi fa venire tutto purché la voglia di studiare,

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così inizio ad improvvisare. Parto lentamente con la mano sinistra che

forma degli arpeggi in Reb maggiore, e la destra che inizia ad intonare una

tenera e dolce linea melodica che assomiglia molto ad un canto popolare

come quello che viene intonato nella sinfonia pastorale di Beethoven.

Chiudo gli occhi e mi lascio andare alle note. Non ci sono pensieri

riguardante altro, c’è solo musica. Le cuffie amplificano e insonorizzano

tutto, al punto da non sentire nemmeno più i miei genitori borbottare

nella stanza accanto. Tutto scompare e rimane solo questa dolce melodia

sul pedale di Reb maggiore. La mia mente inizia a vagare mentre le mie

mani vanno in automatico. Non so che cosa sto suonando ma allo stesso

tempo me ne rendo perfettamente conto, è una sensazione molto strana

da descrivere. Penso ad immense praterie, penso ad un cielo azzurro

magnificamente sereno, penso alla natura, al canto degli uccelli, e infine

penso a Natalie.

Mi fermo, tolgo le cuffie. Penso a lei, e penso al fatto che non riesco a

stare ancora per molto senza far nulla. Così prendo il cellulare per

chiamarla. La pesco velocemente dalla mia rubrica, premo il pulsante per

avviare la chiamata e sento squillare il cellulare. Come pensavo non

risponde, così, decido di lasciare un sms.

Da: 340561****

Ora: 00:58

Grazie infinite per tutto ciò che hai fatto per me. Se non vorrai

più vedermi lo capisco, ma vorrei solamente avere l’opportunità di

rivederti un ultima volta prima che tutto finisca.

Christian.

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Tengo il cellulare sulla tastiera, in modo tale che se dovesse stare per

arrivarmi un messaggio sentirei l’interferenza che me lo preannuncia, e

quindi sarei immediatamente pronto ad aprire il messaggio.

Neanche a dirlo, sento un’interferenza…

Da: 348717****

Ora: 01:00

Sei già fuori? Volevo solo farti capire che sono solo io la tua

ragazza. Non dimenticartelo mai.

Ela.

Ma questa è pazza!!! Questa ha qualcosa che non va sicuramente, e inizia

a farmi paura per davvero. È stata quindi lei a mettermi quel sacchetto

nei pantaloni? E come ha fatto? Beh, in quel momento non è che ero

molto lucido, avrebbe potuto fare di tutto senza accorgermene.

Ora vado dai carabinieri e la denuncio. Sì, e che cosa dico? Sul messaggio

c’è scritto tutto e non c’è scritto nulla, non mi crederanno mai, e poi in

genere una ragazza non si comporta così. Già… le ragazze non Stalker.

Non le rispondo ed attendo col cellulare in mano la risposta di Natalie

mentre pian piano i miei occhi si assopiscono fino a chiudersi.

Sono in auditorium, ci sono i 4 professori che sono pronti ad ascoltare il

mio esame di pianoforte. C’è Santi, severo ma orgoglioso si me, Messina

che è il maestro di pianoforte e accordatura che ha sempre e unicamente

quell’espressione facciale indecifrabile. Alla sua destra c’è De Colmi, che

ha la fama di essere uno dei più bravi insegnanti del conservatorio, e

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infine Tortoni, arrivato da poco, ma che mi sta molto simpatico.

Inizio a suonare la sonata di Beethoven, e dopo le poche righe, inizio ad

avere vuoti di memoria. Sono in panico e in più non ho nemmeno lo

spartito, li ho lasciati tutti a casa perché ero convinto di saperli benissimo!

L’ansia sale alle stelle e la riesco a palpare, mentre Tortoni, il più

simpatico, preme un pulsante rosso che emette un suono da

eliminazione, subito dopo anche De colmi lo preme, poi Messina ed infine

il mio maestro mi guarda negli occhi, sta per premere anche lui e…

Mi sveglio! Era solo un sogno, menomale!! Accidenti a me e a questi sogni

terribili. Tutte le volte che ho un evento importante, lo sogno sempre a

distanza di una settimana. Riesco a ricordarmi tutti i piccoli particolari.

Questo un po’ mi inquieta perché se poi nella realtà succede almeno una

parte di quello che ho immaginato, inizio ad agitarmi perché so già come

andrà il finale, perché l’ho sognato!

Mi vesto di corsa e scendo di casa senza parlare con nessuno. Entro in

auto e mi dirigo in Conservatorio. Questa mattina, alle 11 ho la lezione di

accompagnamento pianistico col Maestro Verdi. Solita routine.

Autostrada, pensieri, casello del pedaggio che mi interrompe i pensieri, e

parcheggio lontano chilometri.

Arrivo in conservatorio con largo anticipo e tutti mi guardano quando

passo. Mi guardo bene, sperando di non aver abbinato gli indumenti in

modo troppo casuale, ma subito mi rendo conto che non mi guardano per

come sono vestito, ma per quello che ho combinato, o meglio, mi è

capitato in questi ultimi giorni.

Entro in aula 23, dove a breve avrò lezione e inizio a riscaldare sia le mani

che la voce. Poco dopo entra il Maestro Verdi che con aria meno allegra

del solito mi domanda:

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«Allora, studiato questa settimana?»

«Insomma Maestro, ho l’esame di pianoforte Venerdì…»

«Lo so ma non è una buona scusa. Ci sono anche le altre materie,

altrimenti non le avrebbero messe, non ti pare?»

«Lo so lo so ma infatti non sto cercando di giustificarmi.» Rifiutandogli lo

sguardo.

«Dai non ti preoccupare. Piuttosto ho saputo cos’è successo ieri sera. Ma

stai bene?»

«Guardi Maestro, è una situazione talmente assurda che se gliela

racconto non mi crede.»

«Ma io ti credo invece, e anche se ti conosco da meno di un anno, ti

conosco abbastanza da sapere che quella roba non era tua. Hai per caso

capito chi te l’ha messa?»

Rimango stupito: «Io credo di sì. Non voglio saltare a conclusioni

affrettate ma credo sia stata Ela, la ragazza che studia violino col Maestro

Corradi.»

«Ma quella ragazza bionda… bellissima…?»

«Sì Maestro, proprio lei.» Rispondo.

«E perché è stata lei?» chiede insospettito.

«Perché da diversi giorni mi tampina, dice che vuole sempre vedermi

anche se io sono fidanzato … o meglio, ero fidanzato. Lei mi sta rovinando

tutto, rendimento, relazioni amorose e il rapporto con la mia famiglia. Da

quando l’ho conosciuta sono iniziati i miei problemi.»

Vedo il Maestro Verdi pensieroso, guarda fuori dalla finestra, chissà a

cosa starà pensando.

«Chiedo scusa per lo sfogo Maestro, ma …» aggiungo.

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«Non ti preoccupare, spero solamente che questa faccenda si risolva, nel

migliore dei modi.» Poi mi sorride e aggiunge: «Dai, a che punto sei con

l’aria del Catalogo del Don Giovanni di Mozart?»

«Mah, credo benino.» Rispondo stringendomi nelle spalle.

«Dai, innanzi tutto spiegami prima che cosa accade in questa scena. Prima

di suonarla e cantarla devi sapere che cosa accade in una scena, no?

Perciò, dimmi un po’.»

Amo questa scena e la so a memoria, anche perché su Youtube mi sono

visto tantissime volte tutta l’opera integrale del D.Giovanni, ah che

meraviglia!

«Praticamente c’è Donna Elvira, una vecchio amore, o meglio scappatella

del D.Giovanni, che lo rincontra dopo diverso tempo e chiede a lui delle

spiegazioni, del perché non si è fatto più vivo. D.Giovanni rincarna l’uomo

virile, il vero maschio che non teme nulla, nemmeno la morte, ma niente

può contro gli occhi dolci di una donna che cerca spiegazioni, che implora

pietà. Così il D.Giovanni, non riuscendo ad affrontare questa situazione,

chiede al suo servo di dirle a lei tutta la verità, e ciò che lui non ama avere

rapporti fissi ma scappatelle per tutto il mondo. Così inizia a leggerle il

catalogo con sopra segnate tutte le sue avventure amorose. »

«Molto bene Christian e complimenti per l’attentissima analisi. Ti ricordi i

numeri delle ragazze con la quale è stato?» domanda il prof.

«Certo! In Italia 640, in Lamagna 231, 100 in Francia, in Turchia 91 e in

Spagna 1003.» poi aggiungo «Insomma, più di 2000 donne.»

«Non ne hai sbagliata una! Senti un po’, e ti ricordi come si fa a

sbarazzare poi definitivamente in seguito di donna Elvira?»

«No, non ricordo.»

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«Come no? Dovresti prendere sempre spunto dalle opere di Mozart! Se tu

vuoi liberarti di una donna, devi seguire quello che fa il D.Giovanni! Nella

scena del balcone lui fa travestire il suo servo da D.Giovanni, e lo fa

flirtare con Donna Elvira, così facendo, lui ha tutto il tempo per poterci

provare con la serva di Donna Elvira. Perciò se ti vuoi liberare di una

donna, devi far sì che lei si innamori di un altro, questo è l’unico modo per

poterti sbarazzare di una appiccicosa.»

Alla fin fine la lezione d’accompagnamento pianistico diventa un lungo

discorso sul come lasciare le donne, di come farsi lasciare, delle strategie

migliori e così via. Non avrei mai pensato che il Maestro Verdi sarebbe

potuto essere così d’aiuto in questo campo, in fondo ha più di 50 anni ed

è ancora single.

Finisce la lezione e mi precipito fuori dall’aula. Voglio andare a parlare

con Natalie. Provo a chiamarla ma non risponde. Così decido di

precipitarmi sotto casa sua. Suono al citofono ma non mi risponde

nessuno. Forse sarà in università? Ovunque sia la aspetterò su questo

portone fin quando non la incontrerò. Insomma, dovrà entrare o uscire

prima o poi. Intanto si sono fatte le 13.30 circa e inizio ad accusare dei

piccoli crampi alla pancia. La mattina ho il brutto vizio di non fare mai

colazione, così se salto anche il pranzo mi sento malissimo ma non posso

permettermi di andare qualche minuto in piadineria, perché potrei

perdere l’occasione di incrociare Natalie.

Aspetto, mi guardo in torno, gioco col cellulare, faccio chiamate ad amici

che non sentivo da anni. Qualsiasi cosa per far passare il tempo. Le gambe

iniziano a cedermi a furia di stare in piedi. Continuo a pensare a cosa

poterle dire quando la incontrerò. Studio le frasi più convincenti, sempre

facendo riferimento alla PNL, in modo tale da riuscire a calmare la sua

rabbia, e continuo a ripassare, come se dovessi prepararmi ad un esame.

Controllo il cellulare per vedere se mi ha scritto o mi ha cercato. Metto

per la prima volta la suoneria al mio telefonino, io che da anni vado

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sempre in giro col silenzioso perché non sopporto essere chiamato nei

momenti in cui ho più da fare. Sono le ore 18.00.

Da lontano inizio a scorgere un magnifico tramonto. Quel sole arancione

che illumina i palazzi più alti di Milano rendendoli dello stesso colore in

cima. L’atmosfera è così intensa, manca solo una persona per rendere

tutto perfetto. Natalie.

Dicono che ti accorgi realmente di quanto ci tieni ad una persona solo

quando la perdi. Ed è vero, ora che l’ho persa, so che farei di tutto per

riaverla al mio fianco ancora una volta.

Le 19 e le 20 scorrono velocemente, e vedo uscire dal conservatorio gli

ultimi professori e poi le bidelle. Anna mi vede mentre chiude il portone

del conservatorio:

«Salerno, ma che ci fai ancora qua?»

«Niente Anna, sto aspettando una ragazza.»

«Hai un’aria sconvolta stai bene? Vieni, siediti un po’ dentro che parliamo

un po’.»

Così riapre il portone del conservatorio e stiamo un po’ seduti sui muretti

del chiostro a parlare un po’. Gli racconto tutta la situazione mentre lei mi

guarda con estremo interesse. Giungiamo alla fine della conversazione

attorno alle 21.00 e le dico:

«Quindi questa è la situazione e… farei di tutto per poterla riavere

ancora.»

«Lei ci tiene ancora a te, si vede! Sei disposto a tutto tutto?» mi domanda

accendendosi in viso.

«Sì, perché?» le chiedo sorridendo.

«Vieni, dammi una mano!»

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Ci dirigiamo nel salone dell’organo che è posizionato a pian terreno, e

dentro c’è un organo immenso a canne e uno Steinway mezza coda

tenuto in ottime condizioni.

Anna mi indica di prendere lo Steinway e di farlo slittare fuori, dato che

ha 3 possenti rotelle. La vedo che poi spalanca totalmente il portone

d’ingresso del conservatorio e le chiedo:

«Cosa intendi fare?»

«Lascia fare a me, so io cosa ci serve a questa ragazza.»

Portiamo il pianoforte a coda per strada. Quella zona di Milano a

quest’ora è svuotata e ci sono solo pedoni che ci guardano come se

fossimo dei marziani. Lo spostiamo per pochi metri, fino ad arrivare sotto

casa di Natalie.

«Bene ragazzo mio, adesso tira fuori il tuo cuore.» Guardandomi con

occhi brillanti.

«Se funziona, te ne sarò riconoscente a vita, lo sai vero?» le dico.

Lei mi sorride.

Così entro di corsa a prendere lo sgabello in aula organo, ritorno sotto

casa di Natalie, mi siedo, apro il coperchio del pianoforte, scopro la

tastiera e ci poggio le mani sopra.

Che cosa suono? Che cosa potrà farle aprire il suo cuore a me?

Ricordo che quando siamo stati in barca, avevamo come sottofondo il

primo tempo di “Al chiaro di luna”, e l’atmosfera era fantastica. Se gliela

suono, sicuramente capirà che sono io, e ricordando quei bei momenti,

potrà cancellare ciò che di brutto è accaduto in questi giorni.

Sol# - Do# - Mi, con la destra e un basso raddoppiato di Do# con la

sinistra, così comincia quest’emozione. Mentre le mie mani accarezzano

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quei magnifici tasti in avorio, la mia testa è rivolta verso l’alto, al secondo

piano dell’edificio, verso la finestra che dà alla camera da letto.

Dopo poche battute vedo accendersi la luce in quella stanza, mentre

attorno a me sempre più persone incuriosite si fermano a guardare e ad

ascoltare. La maggior parte di loro capiscono che si tratta di una serenata

e sono curiosi sull’esito di questa. Vedo la gente che passeggia fermarsi, e

attorno a me si crea un semicerchio. Guardano tutti in alto assieme a me,

senza sapere chi ci fosse in quella camera.

Vediamo tutti scorgere un ombra dietro le tende delle finestra. L’ombra

apre la maniglia delle finestra che si spalancano lentamente e[…]

***

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