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Pacini Editore Catalogo della biblioteca privata di padre Ernesto Balducci Fondazione Ernesto Balducci Fiesole a cura di Elisabetta Viti Direzione scientifica di Mauro Guerrini

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  • PaciniE d i t o r e

    Catalogo della biblioteca privata di padre Ernesto Balducci

    Fondazione Ernesto Balducci Fiesole

    a cura di Elisabetta Viti

    Direzione scienti�ca di Mauro Guerrini

  • Catalogo della biblioteca privata di padre Ernesto Balducci

    Fondazione Ernesto BalducciFiesole

  • Toscana Biblioteche e Archivi – Strumenti

    Oltre ad una tiratura limitata a stampa, le pubblicazioni di questa collana sono realizzate in versione digitale, scaricabili gratuitamente dal sito web della Regione Toscana (www.regione.toscana.it) e della Pacini Editore (www.pacinieditore.it).Gli e-book sono realizzati in formato ePub, al fine di garantire una lettura ottimale del documento, qualunque sia il lettore e il sistema operativo utilizzato.

    I. Carteggio universale di Cosimo I De Medici /XVI Archivio di Stato di Firenze Inventario XVI (1571-1574) Mediceo del Principato acuradiSusannaGori

    II. Catalogo della biblioteca privata di padre Ernesto Balducci acuradiElisabettaViti,DirezionescientificadiMauroGuerrini

    Toscana Biblioteche e Archivi

    I. Gli archivi degli editori toscani. Materiali dal censimento regionale acuradiLucaBrogionieAldoCecconi

    II. Gli incunaboli della Biblioteca Provinciale dei Frati Minori di Firenze acuradiChiaraRazzolini,ElisadiRenzo,IreneZanella

  • PaciniE d i t o r e

    Catalogo della biblioteca privata di padre Ernesto Balducci

    Fondazione Ernesto Balducci Fiesole

    acuradiElisabettaVitiDirezionescientificadiMauroGuerriniPrefazioneeprofilobiograficodiBrunaBocchiniCamaianiSaggiointroduttivodiLucianoMartini

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    Regione Toscana – Direzione regionale Presidenza

    Coordinamento editorialeSettore Comunicazione istituzionale e pubblicitaria. Eventi e tutela del marchio

    Supervisione e coordinamento generale Settore Biblioteche, archivi, istituzioni culturaliPaola RicciardiFranco Castellani

    © Copyright 2012 Pacini Editore e Regione Toscana

    ISBN 978-88-6315-434-4

    Realizzazione editoriale e progetto grafico

    Via A. Gherardesca56121 [email protected]

    Sales ManagerLisa Lorusso

    Responsabile di redazioneFrancesca Petrucci

    Fotolito e StampaIndustrie Grafiche Pacini

    L’editore resta a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare e per le eventuali omissioni.

    Copia fuori commercio - Vietata la vendita

    Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633.Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, e-mail [email protected] e sito web www.aidro.org

  • Sommario

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    Prefazione al catalogo della biblioteca privata di padre Ernesto BalducciBrunaBocchiniCamaiani

    Chiavi di lettura del percorso di riflessione intellettuale e religiosa di padre Ernesto Balducci tramite la sua biblioteca privataMauroGuerrini

    Ernesto Balducci. Profilo biograficoBrunaBocchiniCamaiani

    Percorsi di Biblioteca. Ernesto Balducci tra lettura e scritturaLucianoMartini

    Catalogo della Biblioteca privata di Ernesto Balducci

    Indice classificato

    Indice Autori

    Tavole

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    Il catalogo della biblioteca privata di padre Ernesto Balducci che ora viene pubblicato grazie alla eccellente curatela scientifica del prof. Mauro Guerrini e della redazione della dottoressa Elisabetta Viti, è il più recente contributo dopo una serie di pubblicazioni che la Fondazione ha promosso per favorire lo sviluppo di una me-moria che si alimentasse con un’analisi e un approfondimento scientifico dell’itinerario di Balducci e dell’evo-luzione del suo pensiero.La preoccupazione era stata in primo luogo conservare e ordinare le sue carte rispettando una prima sistemazione che lo stesso padre scolopio aveva dato; il lavoro è stato possibile grazie all’attenzione della Regione Toscana che ha concesso un finanziamento per la catalogazione e l’ordinamento. L’esito di questo primo lavoro è documentato nel volume Percorsi di archivio: l’archivio di Ernesto Balducci, nel quale sono descritte in modo analitico la documen-tazione ‘privata’ (carteggi, diari, quaderni) e ‘pubblica’ (conferenze, omelie, saggi, in via di elaborazione). Come ha notato in quel volume Monica Galfrè: “‘pubblico’ e ‘privato’ rimandano a due diversi momenti di elaborazione teorica […]; sono anche i termini di una dialettica interiore […]. L’intreccio, su più livelli, della dimensione privata e di quella pubblica costituisce il nodo attorno a cui si dipanano gli interessi e le tematiche riflesse nel patrimonio documentario del suo archivio”. Con la supervisione della Sovrintendenza archivistica della Toscana, e in particolare del dott. Capannelli, è stata portata a termine l’inventariazione analitica di tutto l’archivio privato, ad opera della dott.ssa Michela Giuranna. Un rilievo peculiare aveva poi, nelle intenzione della Fondazione, l’edi-zione critica dei Diari, curati in questi anni con grande acribia filologica da Maria Paiano; essi costituiscono una delle sezioni più significative tra i manoscritti conservati perché forniscono elementi preziosi per conoscere le linee della sua formazione e della sua futura riflessione e azione pastorale. Numerosi sono poi gli studi e le edizioni di fonti che hanno valorizzato questi materiali, così come molto numerose sono le pubblicazioni o le ristampe delle sue opere e delle sue omelie tenute negli ultimi anni alla Badia fiesolana. Il progetto di una conservazione e catalogazione della biblioteca si pose subito dopo la scomparsa del padre; in-fatti, di fronte alla necessità di un trasloco delle carte e della biblioteca privata dalla sua stanza alla biblioteca degli scolopi, un gruppo di amici si incaricò di dare un primo sommario ordinamento alla sua biblioteca, per gruppi di volumi, per non alterare l’ordine assegnato da Balducci ai suoi libri che erano sistemati in modo tematico; il trasloco si è svolto quindi evitando dispersioni e dislocazioni che ne alterassero le logiche interne. Tale biblioteca, di poco meno di quattromila volumi, come già sottolineato, non copre certamente l’arco delle sue letture e dei suoi interessi; è la sua biblioteca privata, come sottolinea il prof. Guerrini, quella che aveva nella sua stanza, dove aveva portato sia i libri giovanili che quelli che costituivano la base e i riferimenti dei suoi materiali di studio. Una prima catalogazione è poi stata effettuata da giovani e volontari, ma il lavoro non aveva il carattere scientifico che ne permettesse la pubblicazione.Il lavoro è quindi stato ripreso nel 2005, sotto la direzione scientifica del prof. Mauro Guerrini e con la collabora-zione della dott. Elisabetta Viti, per arrivare ad una edizione scientifica che permettesse di studiare gli itinerari di studio e di riflessione religiosa e culturale, attraverso una panoramica degli interessi così ampi e diversificati come quella che emerge dal catalogo.

    Prefazione al catalogo della biblioteca privata di padre Ernesto BalducciBrunaBocchiniCamaianiFondazioneBalducci

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    I presidenti della Fondazione, il dott. Carmelo Pellicanò e poi padre Annibale Divizia, hanno già espresso al prof. Guerrini la profonda gratitudine per un lavoro così ampio, condotto con un rigore esemplare. Questa gratitudine esprimo anch’io come responsabile della sezione archivistica e delle fonti.Pubblichiamo anche un saggio di Luciano Martini, pensato e scritto nel 2002, in previsione di una pubblicazione del catalogo, che scaturisce da un’attenta lettura del catalogo provvisorio integrato con una conoscenza molto approfondita e penetrante dell’itinerario culturale e religioso di Balducci. Il saggio: Percorsi di biblioteca. Ernesto Balducci tra lettura e scrittura, sottolinea le continuità e le discontinuità, gli approfondimenti e le infinite curiosità che caratterizzano Balducci come religioso e come intellettuale; in questo lavoro Martini ripercorre i titoli del catalogo ponendoli in relazione con i passaggi più significativi delle opere balducciane e della sua riflessione cul-turale e religiosa, individuando anche autori che a volte non sono presenti nella biblioteca. Ripubblicare questo saggio, che era stato anticipato in un volume del 2002, è anche un modo di rendere omaggio ad un amico molto caro che ci ha lasciato, come un segno di gratitudine.Desidero inoltre ringraziare l’archivista della Fondazione Balducci, dott.ssa Michela Giuranna, per l’aiuto prestato nel reperire le foto qui riprodotte e Giovanni Martellucci, responsabile del laboratorio fotografico della Facoltà di Lettere e Filosofia di Firenze, per la riproduzione delle stesse.La speranza è che questa edizione, costruita con tale competenza scientifica, possa suggerire nuove ricerche sui percorsi di studio e di riflessione di Balducci, che trovarono una così ampia condivisione in quei decenni, riu-scendo ad interpretare una esigenza di rinnovamento religioso, ecclesiale e politico sociale; una ricerca che rimane come lezione da non abbandonare.

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    “Mi sono spesso domandato che ne sarebbe stato di me se fossi nato in una città chiassosa e illuminata, in una tranquilla famiglia borghese. Ma sono nato nel silenzio di un paese medioevale, sulle pendici di un vulcano spento e in una cornice umana dove era difficile discernere il confine tra la realtà e la fiaba. Sono cresciuto avvolto in un silenzio che mi dava spavento e mi avvezzava ai contatti col mistero. È stata una grazia? È stata una circostanza casuale che ha condizionato la mia libertà per sempre? Queste domande si spengono nel silenzio e cioè nel giusto posto”.

    Ernesto Balducci, Il cerchio si chiude

    La biblioteca d’autore

    Il lemma biblioteca è declinato in molti casi con l’apposizione di un aggettivo, ma le due grandi categorie riman-gono pur sempre quelle che la definiscono in relazione al loro soggetto proprietario: biblioteca privata e biblioteca pubblica. La biblioteca privata nasce ancor prima della diffusione del libro a stampa: basti pensare alle raccolte del mondo greco e latino e alle collezioni del Rinascimento, in primis quella di Francesco Petrarca. Le biblioteche pri-vate, scrive Angela Nuovo in Biblioteconomia. Guida classificata, sono “vivacissimi terminali di una rete di scambi di conoscenza e cultura, svolgono un ruolo di avanguardia nella comunicazione e condivisione di ricerche, letture e scoperte scientifiche”. Il loro studio, prosegue l’autrice, “è anche un fondamentale contributo alla storia delle idee in quanto consente la ricostruzione della personalità e del profilo intellettuale dei loro possessori”. La cate-goria biblioteche private può presentare ulteriori specifiche: una fra le più interessanti, e sicuramente quella che più d’ogni altra ha calamitato l’interesse del mondo accademico e professionale, è la specie che viene etichettata “biblioteca d’autore”, definita, secondo il Gruppo di studio ad hoc dell’Associazione italiana biblioteche (AIB), una “raccolta di libri accorpati in maniera funzionale alla propria attività da un soggetto significativo per la comu-nità culturale. I documenti sono legati da un vincolo che li caratterizza in quanto insieme e tali da restituire sia il profilo del soggetto produttore che momenti della nostra storia culturale”.La definizione evoca un concetto tipico delle scienze archivistiche: il vincolo. Ed è appunto il rapporto biblio-teconomia-archivistica che trova proprio in questa specie di biblioteca terreno fertile per un confronto e una col-laborazione. È necessario conservare traccia del vincolo volontario che tiene insieme ogni pezzo della raccolta, che si forma, dal punto di vista di chi le dà origine, senza distinzione tra materiale di natura archivistica e di natura bibliografica: libri, singoli fascicoli di periodico, estratti, dépliant, fotografie, disegni, biglietti d’invito a presen-tazione di libri o a inaugurazioni di mostre, corrispondenza, fogli di lavoro, materiale paratestuale in senso ampio, spesso inserito entro la copia del libro o del fascicolo a cui si riferisce, formano un insieme indissolubile. Questa documentazione, a cui si aggiungono in alcuni casi oggetti e arredi, restituisce infatti gli interessi e le relazioni in-trecciate dal proprietario nel contesto storico in cui ha operato, in quanto segno della propria vita letteraria, artis-tica e scientifica. Il singolo pezzo rappresenta un unicum, un tassello imprescindibile e insostituibile di un insieme

    Chiavi di lettura del percorso di riflessione intellettuale e religiosa di padre Ernesto Balducci tramite la sua biblioteca privataMauroGuerrini

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    che aiuta a ricostruire le pratiche di formazione e studio del soggetto possessore; esso rappresenta un unicum anche per i motivi per cui è giunto in biblioteca e per cui è stato usato dal proprietario, nonché per la presenza frequente su molti di essi di dediche, ex libris, timbri, postille e note manoscritte a margine del testo. L’insieme costituisce pertanto un bosco e non una somma di alberi e di cespugli, e diviene creatore di nuova informazione. In questa prospettiva, è indispensabile che ciascuna risorsa sia descritta e indicizzata in modo analitico, nella consapevolezza che ognuna è parte inseparabile di una collezione tipica.

    Il catalogo della biblioteca privata di padre Ernesto Balducci

    La biblioteca privata di Ernesto Balducci, di cui pubblichiamo il catalogo, auspicato dalla Fondazione Ernesto Balducci e redatto da Elisabetta Viti, rientra nel concetto di biblioteca d’autore per l’identificazione intellettuale tra proprietario e raccolta, costituita nell’arco di una vita di ricerca, riflessione, relazioni con intellettuali di nu-merose parti del mondo, di esperienze personali, sociali e religiose variegate e intense.La biblioteca consiste di circa quattromila volumi, selezionati in base agli interessi e allo spazio disponibile, con-servati nella camera-studio in cui padre Ernesto viveva alla Badia Fiesolana e, dopo la morte avvenuta il 25 aprile 1992 in seguito a un incidente stradale, trasferiti nella sede della costituita Fondazione Ernesto Balducci, sempre a Fiesole. La biblioteca privata non copre tuttavia l’intero arco delle sue letture e dei suoi interessi, perché Balducci custodiva (e utilizzava) altri libri, a cui forse era meno legato da vincoli affettivi e scientifici, nella biblioteca della Badia Fiesolana.La biblioteca privata è costituita dalle opere che hanno rappresentato la base e il riferimento costante di un percorso di studio che inizia con il suo interesse per la letteratura tedesca, russa, francese e soprattutto italiana del Novecento, quindi per il rinnovamento della Chiesa e del suo rapporto con il mondo, per la riforma della liturgia, per il Concilio Vaticano II (l’evento essenziale e più sofferto del suo sacerdozio) e per le tematiche legate all’auspicato rinnovamento religioso post-conciliare; prosegue con l’attenzione crescente verso i problemi sociali, l’antropologia, l’analisi del rapporto tra religione e fede, e tra fede e impegno politico, per culminare con le rifles-sioni sull’uomo planetario al di là del contesto religioso, che hanno caratterizzato la parte finale della sua vita. La raccolta contiene testi di teologia ed ecclesiologia, storia, storiografia, storia dell’arte, sociologia, psicologia, ecologia, etologia, diritto e storia del diritto; un settore particolare riguarda la sua terra natale: Santa Fiora e il Monte Amiata. La biblioteca comprende inoltre alcune edizioni di pregio della Bibbia. La maggior parte dei libri sono editi nel Novecento.Lo spettro degli argomenti evidenzia da una parte la vasta cultura di padre Ernesto, dall’altra la sua curiosità in-tellettuale, i suoi interessi poliedrici in campo ecclesiale e sociale, il variare nel tempo e d’importanza dei nuclei tematici oggetto di analisi, il suo modo di lavorare e di preparare gli scritti e le numerose conferenze che avevano sempre un impatto fortissimo sull’auditorio. Con la profondità delle sue riflessioni e il suo linguaggio schietto, padre Ernesto affascinava e coinvolgeva giovani e anziani; le sue considerazioni avevano sempre un risvolto mili-tante, come la sua battaglia per la liceità dell’obiezione di coscienza di fronte alla guerra, in particolare nell’era atomica, che gli costò una condanna di otto mesi, con la condizionale, per apologia di reato, o la fondazione della rivista “Testimonianze”, l’opera che ancora oggi è legata al suo nome e al suo magistero.La biblioteca segna dunque l’evolversi degli interessi e delle esperienze di Balducci e conferma la sua attitudine a intessere rapporti in molteplici direzioni: dai cattolici democratici e dai sacerdoti che caratterizzarono la Firenze pre e post conciliare, come Raffaele Bensi, Bruno Borghi, Benedetto Calati, Danilo Cubattoli, Mario Gozzini, Giorgio La Pira, Lorenzo Milani, David Maria Turoldo, Giovanni Vannucci, persone che soffrivano le doglie del parto di una nuova cristianità e umanità, a teologi del rinnovamento teologico ed ecclesiale come Edward Schil-lebeeckx, Marie-Dominique Chenu, Jean Danielou (con cui ebbe rapporti distanti e talora polemici), a politici e filosofi come Lelio Basso e Roger Garaudy, a Silvano Piovanelli, il vescovo fiorentino degli anni Ottanta. Molti libri ed estratti che riceveva in dono dai suoi interlocutori presentano dediche che testimoniano questa fitta rete di relazioni e di confronto internazionale.

  • P r e f a z i o n e

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    Il catalogo

    Una prima catalogazione sommaria della biblioteca privata fu compiuta subito dopo la morte di Balducci per permettere il trasferimento della raccolta dalla sua stanza alla Biblioteca della Badia: risultarono presenti circa quattromila volumi, come si è detto. Il lavoro fu ripreso nel 2005, con la descrizione e l’indicizzazione analitica della raccolta, ed è terminato nel 2010. Il catalogo presenta un’architettura articolata in tre parti:- un nucleo centrale costituito dalle registrazioni catalografiche di tutte le risorse documentarie. Per ogni item è stata redatta una registrazione che contiene l’accesso per autore, la descrizione, la notazione classificata con il cor-rispettivo equivalente verbale e la segnatura di collocazione presso la Biblioteca della Badia Fiesolana;- un indice per autore, che registra tutte le responsabilità dichiarate sul frontespizio e sulle fonti d’informazione e che rinvia al numero progressivo della registrazione catalografica. La scelta e la forma delle intestazioni fa riferi-mento alle Regole italiane di catalogazione per autori, la forma per le voci della Bibbia, della Chiesa cattolica, della Curia romana, dello Stato pontificio, del Vaticano, dei papi e degli antipapi fa riferimento ad ACOLIT;- un indice classificato, che ordina sistematicamente le registrazioni catalografiche, in forma ridotta, secondo la Decimal Dewey Classification (DDC), Edizione 21. Le notazioni sono corredate dai relativi equivalenti verbali, che permettono di comprendere il significato del numero. Le formulazioni verbali tengono presente le vedette del navigatore Dewey dell’OPAC della Biblioteca nazionale centrale di Firenze.

    Il catalogo è stato prodotto inizialmente con il software Win/ISIS e i dati bibliografici sono stati presentati in formato UNIMARC; i dati sono stati quindi convertiti in Word e le registrazioni catalografiche sono state nu-merate progressivamente e ordinate alfabeticamente per autore (persona, ente e congresso) e per titolo delle opere anonime. Le opere e le raccolte di opere (o di parti di opere) di un autore hanno l’accesso principale al suo nome, anche nel caso in cui non figuri sul frontespizio ma sia stato individuato in altre parti della risorsa o in fonti esterne. Opere che risultano dalla collaborazione di più autori hanno l’accesso all’autore nominato per primo sul frontespizio e per le responsabilità dichiarate sul frontespizio. Eccezione: non è stato creato alcun accesso per quei nomi che si presentano contratti, cioè con le sole iniziali per il nome e per il cognome, e per i quali non si è riusciti a risalire alla forma sciolta.La forma dei nomi degli autori, degli enti e dei titoli uniformi tiene in considerazione le intestazioni adottate nella banca dati della Bibliografia nazionale italiana (BNI) e degli OPAC dell’Indice SBN (Servizio bibliotecario na-zionale), della Bibliothèque nationale de France (RAMEAU e Autorités BnF), della Library of Congress (Library of Congress Authorities) e della British Library. Il catalogo presenta, quando è stato possibile, la forma sciolta dei nomi, anche quando i repertori sopramenzionati propongano forme contratte.La descrizione delle risorse è redatta secondo il formato internazionale ISBD, International Standard Bibliographic Description, preferendo, in caso di alternativa, la soluzione che sembrava facilitare la lettura delle registrazioni catalografiche. Alcuni particolari:- sono stati registrati tutti i nomi di persone ed enti che compaiono sulla fonte d’informazione prescritta (fron-tespizio per i libri) ed, entro parentesi quadre, le responsabilità intellettuali che si potevano ricavare da altre fonti interne o esterne alla risorsa;- è sempre stata segnalata la presenza dei contributi di padre Balducci. Le note relative alla copia registrano i contrassegni di possesso, gli ex libris, i timbri, etc. e indicano tutte le precedenti collocazioni; le dediche sono state così registrate: “Con dedica dell’a.”, se il dedicatario è l’autore del testo; “Con dedica”, se il dedicatario non è l’autore; viene dichiarata la presenza di allegati all’interno di un volume.

    Ringrazio p. Giovanni Grimaldi, amico e confratello di p. Ernesto Balducci, che ha fornito preziosi suggerimenti in varie conver-sazioni avvenute nel luglio 2011. Un ringraziamento particolare a Marta Ricci per l’attenta lettura e i generosi consigli e a Luciano Vannucci per la dedizione, pazienza e professionalità con cui ha seguito gli aspetti informatici del catalogo informatico.

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    “Sono nato e vissuto in un ambiente operaio, in una regione marginale della Toscana, sul monte Amiata, spettatore di ingiustizie, di miserie, di sfruttamenti spaventosi”1. Ernesto Balducci collegava in questo modo l’ambiente delle sue origini (era nato a Santa Fiora nel 1922), con le note fondamentali della predicazione e riflessione religiosa che lo hanno caratterizzato: l’ansia per i problemi sociali, la traduzione e l’attualizzazione del messaggio evangelico in un linguaggio adeguato e compatibile con la mentalità, le esigenze, le aspettative dell’uomo contemporaneo, il dialogo con la cultura moderna e, strettamente collegato con questi, il nodo problematico autorità-libertà che lo coinvolgeva direttamente come religioso. Temi e modalità di approccio che hanno fatto di lui un protagonista e un testimone attento e quanto mai lucido della Chiesa e della società italiana della seconda metà del Novecento.Il rapporto di obbedienza all’autorità nella Chiesa, per un religioso che ne fa oggetto di un voto specifico, è di primaria importanza e Balducci vi aderisce e mantiene fede a questo impegno. Ma, se l’obbedienza è praticata con attenzione e talvolta con non poca sofferenza, non c’è mai la sottomissione del giudizio e della volontà, né la rinuncia alle sue opinioni e ai suoi orientamenti spirituali e teologico-culturali, che anzi vengono difesi e riaf-fermati in una ricerca che ha binari autonomi. Le cosiddette virtù passive, che nella tradizione ascetico-spirituale, ignaziana in particolare, vedevano frequentemente l’obbedienza e la sottomissione al superiore come espressione della volontà divina, e che erano condizioni e presupposti di una rigida e compatta disciplina ecclesiastica, vengo-no rimesse fortemente in discussione fin dagli anni del Seminario romano. Scriveva infatti nel suo Diario:

    A me non piace affatto quella fisionomia buddistica che molti scrittori ascetici danno alla morale cristiana. Secondo essi l’uomo per essere conforme alla morale evangelica deve spegnere in sé ogni desiderio, reprimere ogni passione, rinunciare ad ogni umana aspirazione e porsi in uno stato di indifferenza di fronte ad ogni eventualità (…). No! Il vangelo è vita, il vangelo è fuoco, il vangelo è spada (…). Egli benedice tutti i desideri, tutte le aspirazioni che non distolgono l’anima dal suo ultimo fine, tutte le passioni consacra che al bello, al vero e al grande siano dirette2.

    Fin dai primi anni giovanili quel modello religioso-spirituale non è mai assunto acriticamente ed è una delle ra-gioni delle perplessità relative alla sua professione solenne da parte del rettore del seminario romano. Il seminario romano, il Calasanctianum, che formava gli scolopi italiani e dove Balducci rimase dal 1938 al 1944, rispondeva alle direttive della riorganizzazione dei seminari voluta da Pio X e poi da Pio XI; l’impostazione degli studi e della vita di seminario era tesa a formare un religioso pio, devoto, obbediente, per il quale la formazione culturale era del tutto subordinata a quella religiosa. Tale impostazione si sarebbe scontrata ben presto con alcune esigenze sentite come fondamentali dal giovane Balducci e che emergono con grande evidenza nei suoi diari. Il suo itinerario personale si caratterizza con una autonomia molto accentuata rispetto alle linee e preoccupazioni

    1 E. Balducci, Il cerchio che si chiude. Intervista autobiografica a cura di Luciano Martini, Genova, Marietti, 1986, p. 12.2 Id., Diari, 1940-1945,a cura di M. Paiano, Firenze, Olschki, 2002, I, 1940-1943, p. 12, annotazione del 14 giugno 1941.

    Ernesto Balducci.Profilo biografico

    BrunaBocchiniCamaiani

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    prevalenti nei superiori. Una delle caratteristiche più evidenti è la sua curiosità vastissima, una ricerca su molte tematiche diversificate, che esulano dai programmi e dall’impianto scolastico e che tendono a definire e costruire un itinerario autonomo e organizzato con una certa sistematicità. Queste esigenze non erano accettate dal rettore del seminario che lo accusava di “indisciplina” e di essere “ostinatamente dedito a studi profani”, tanto che il suo giudizio era “sfavorevole sulla sua vocazione”3; di fatto vi fu una dilazione della professione solenne di quasi un anno tra il 1942 e 1943, ma la stima di altri docenti del seminario e dello stesso padre generale fece sì che nell’apri-le del 1944 egli venisse ammesso alla professione solenne.Con la professione dei voti e successivamente l’ordinazione sacerdotale nell’agosto 1945 si aprono possibilità nuo-ve: la sua vita a Firenze si sarebbe caratterizzata molto diversamente, con rapporti sociali ed educativi molto più ampi e con una possibilità di studio libera e autonoma, tanto che al suo arrivo a Firenze Balducci annota nel suo diario: “Incipit vita nova”. Il periodo fiorentino degli anni Cinquanta è molto rilevante nel suo itinerario, perché si coniugano momenti di vita religioso-spirituale e di impegno politico-sociale con aspetti importanti della sua maturazione culturale, che si può dispiegare finalmente con libertà e che caratterizzeranno in modo definitivo la sua fisionomia. La ricerca di un nuovo modello sacerdotale e pastorale si coniuga così con una presenza culturale che, fino alla fine degli anni Quaranta, è legata prevalentemente ai circoli letterari, con la preminenza della figura di Papini. Gli studi all’università fiorentina gli permettono un ampliamento di orizzonti e in particolare la tesi di laurea su Fogazzaro, discussa con Momigliano, rappresenta, con l’approfondimento dei problemi connessi alla crisi del modernismo, come lui stesso ha affermato, anche “il punto di incontro tra la creazione letteraria, l’interesse teologico e la passione per il rinnovamento della Chiesa”4. Un grande rilievo assume in questo periodo la sua meditazione del testo di Rosmini Le cinque piaghe della Chiesa; nella predicazione e nell’impegno pastorale è fortemente sottolineato il richiamo alla testimonianza, ispirandosi alla spiritualità dei Piccoli fratelli di Charles de Foucauld; questo richiamo viene sentito e riproposto come un atteggiamento profondamente diverso, alter-nativo rispetto a un cattolicesimo italiano caratterizzato da un proselitismo aggressivo proteso interamente alla conquista e alla costruzione di una società integralmente cristiana. In una nota di riflessione per la predicazione del 1951 annotava:

    Troppi cristiani si attendono un trionfo definitivo della Chiesa, la sua glorificazione tra i popoli, la concorde fraternità sotto la sua materna protezione. Ma (…) peccheremmo di poca fede se non tenessimo presente che sulla terra noi siamo un esercito che viaggia e pone le sue tende, che la redenzione si deve compiere sulle membra del Cristo, con le stesse oscure sofferenze che egli per amore nostro ha sofferto. Il successo terreno, la solidarietà dei governanti, i privi-legi politici, quando non sono condizione necessaria alla libertà della Chiesa, ostacolano il suo cammino5.

    Il rapporto di collaborazione e di amicizia con La Pira segna profondamente Balducci e caratterizza questo pe-riodo della vita fiorentina. La sua predicazione e la sua azione pastorale si legano fortemente in questi anni alle iniziative lapiriane, con un sostegno alle lotte operaie per la Pignone, con la scelta di prendere posizione “dalla parte dei poveri”, così come con la partecipazione ai convegni per la pace e la civiltà cristiana e alle numerose iniziative politico-culturali e sociali di La Pira. La parola di Balducci, i suoi corsi di “teologia per laici” creano una vasta opinione pubblica, muovendosi secondo linee e prospettive spesso lontane da quelle predicate dalla gran parte della gerarchia cattolica nel dopoguerra e negli anni Cinquanta. Balducci avrebbe rievocato con nostalgia quell’ambiente e quel clima fiorentino:

    Quanto a noi è certo che ricorderemo per sempre, con indicibile rimpianto, gli anni in cui la Chiesa fiorentina, in perfetta pace, offrì lo spettacolo di un vescovo come Elia Dalla Costa, di un sacerdote come don Giulio Facibeni e di un laicato come quello che ha portato [con La Pira] la testimonianza politica dei cattolici ad un prestigio senza

    3 B. Bocchini Camaiani, Ernesto Balducci. La Chiesa e la modernità, Bari-Roma, Laterza, 2002, pp. 66-67 sgg.4 E. Balducci, Il cerchio che si chiude, cit., p. 23.5 Id, Diari (1945-1978), a cura di M. Paiano, Brescia, Morcelliana, 2009, p. 339, annotazione del 4 febbraio 1951.

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    confronti. È stato un momento di grazia a cui non solo la nostra nostalgia, ma la nostra stessa coscienza dovrà volgersi per essere più certa dei propri ideali6.

    In realtà l’episcopato e la Chiesa italiana, seguendo le indicazioni del pontificato di Pio XII, riproponevano con forza il modello della “società cristiana” caro alla tradizione intransigente, con il sostegno della Chiesa alla Democrazia cristiana e con la conseguenza di una politicizzazione della vita ecclesiale, che aveva caratterizzato la storia italiana del secondo dopoguerra; inoltre la scomunica dei comunisti nel 1949 aveva accentuato tale contrapposizione. L’attività di formazione teologica dei laici, da parte di Balducci, con le lezioni tenute al Chiostro Nuovo e presso lo Studio teologico per laici, era parte di una più ampia attività pastorale che trovava il suo sbocco più significativo nella fondazione della comunità Il Cenacolo, Centro d’impegno cristiano. Il gruppo del Cenacolo si era costituito tra il 1952 e il 1953, avendo come nucleo il settore giovanile della S. Vincenzo, a cui era restato affiliato, così come permanevano molti legami con i gruppi, soprattutto giovanili, dell’Azione Cattolica e di Rinascita cristiana. Rispetto all’attività vincenziana, dalla quale molti provenivano, il Cenacolo voleva porsi in modo innovativo, coniugando fortemente l’attività assistenziale alla formazione religioso-spirituale e all’interesse politico-sociale. Di fatto questo si traduceva in un impegno sempre più ravvicinato rispetto alle numerose iniziative lapiriane. Inoltre un ulteriore aspetto di novità era dato dalle modalità di organizzazione dell’attività assistenziale, che poneva al centro dell’attività non solo l’aiuto momentaneo, ma il tentativo di trovare una soluzione definitiva ai singoli casi, che venivano discussi collegialmente. Gli ambiti di intervento erano quelli del disagio sociale, legato alla povertà e alla emarginazione, con una attenzione particolare ai giovani.La caratteristica peculiare della vita comunitaria del Cenacolo era data dal tentativo di coniugare un forte impe-gno religioso e caritativo con “uno stile di libertà” che dovevano caratterizzare una “comunità consapevole”, dove l’appartenenza e l’adesione non veniva verificata con tessere o impegni cogenti, ma sulla base unicamente della scelta libera dei singoli. Dal momento che era necessario tenere fede ad impegni presi nei confronti dei poveri, questa libertà poteva talvolta creare qualche disagio, ma Balducci richiamava i giovani a non dare alcun giudizio sugli altri, in una logica che non doveva privilegiare “l’incremento” delle opere del Cenacolo rispetto al valore del “rispetto reciproco”. La stretta connessione presente nel Cenacolo tra impegno caritativo religioso-teologico e politico veniva vista con grande sospetto dalla gerarchia. In particolare suscitava rilievi e diffidenze il rapporto con le iniziative lapiriane, dalle lotte operaie ai convegni per la pace o quello dei sindaci del mondo nel 1955, con la presenza del sindaco di Mosca, in anni caratterizzati dalla logica della guerra fredda. Inoltre dal 1958 egli aveva fondato la rivista “Testimonianze” e si accentuava in questo modo la sua attività pubblica, di saggista e di scrittore, che avrebbe trovato nell’impegno per la pace, accanto a La Pira, un ulteriore sviluppo e una nuova stagione. È da questo ordine di preoccupazioni che ha origine l’allontanamento di Balducci da Firenze voluto e imposto dal Sant’Uffizio e dal card. Ottaviani, nel 1959.La destinazione a Frascati e poi a Roma in realtà non avrebbe allontanato definitivamente Balducci da Firenze. Contrariamente alle intenzioni della gerarchia gli avrebbe permesso di ampliare il suo raggio di influenza, con la possibilità di seguire da vicino i lavori del Concilio Vaticano II e di intensificare i suoi legami con ambienti italiani e internazionali, soprattutto francesi. L’impegno per il Concilio si intreccia significativamente con quello per la pace e l’obiezione di coscienza. A Firenze in particolare, la mobilitazione per il processo a carico del primo caso di un obiettore cattolico, Giuseppe Gozzini nel 1962, aveva un significativo risvolto interconfessionale e assumeva forme di incontro e dialogo tra cristiani e laici. Balducci prendeva posizione pubblicamente a difesa dell’obiezio-ne di coscienza e di Gozzini con un’intervista che sarebbe stata all’origine del processo che lo avrebbe coinvolto. Dopo una prima assoluzione nel 1963, egli veniva condannato in appello per “apologia di reato” nell’ottobre dello stesso anno, sentenza poi confermata dalla Cassazione nel giugno 1964, con la motivazione che le tesi espresse dallo scolopio avrebbero sostenuto “un principio non ortodosso” nel porre “la coscienza al di sopra di ogni ‘valore storico’”. Inoltre la condanna veniva aggravata dall’accusa di aver sostenuto le sue tesi “con dolo” e “con malizia” come se fossero la dottrina della Chiesa7. Contemporaneamente alla condanna della Corte d’appello di Firenze si

    6 Id., In memoriam, in «Testimonianze. Quaderni mensili di spiritualità», V (1962), n. 41(gennaio-febbraio), p. 8.7 La ricostruzione delle vicende in B. Bocchini Camaiani, Ernesto Balducci, cit., pp. 170 sgg.

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    era avuta anche una ripresa delle accuse contro Balducci presso le autorità ecclesiastiche, il Sant’Uffizio, l’Ordine degli Scolopi, e la curia fiorentina. Le contrapposizioni in diocesi si accentuavano mentre il dibattito aveva eviden-ziato il permanere in Italia di una cultura politica e di una mentalità di destra fortemente autoritarie e si erano ma-nifestati i legami di questa cultura con le posizioni di una tradizione ecclesiastico-religiosa romana e anticonciliare. Per Balducci la difesa dell’obiezione di coscienza si inseriva in un quadro molto complesso, in cui la valorizzazio-ne della coscienza individuale faceva parte di una immagine della Chiesa più articolata, non più societas perfecta ierarchice ordinata, ma popolo di Dio, all’interno del quale la figura del fedele acquisiva un riconoscimento e una centralità nuove. Il dibattito conciliare, in particolare quello sulla libertà religiosa, avrebbe permesso, nella ri-flessione di Balducci, una svolta definitiva nell’acquisizione del primato della coscienza individuale, come pietra miliare di una Chiesa non più modulata secondo immagini prevalentemente societarie, ma centrata sulla liturgia e sull’annuncio della Parola. Il pontificato di Giovanni XXIII e il dibattito conciliare venivano vissuti da Balducci con grande entusiasmo e con la convinzione di assistere ad un momento di profondo e radicale mutamento per la Chiesa e per la società, mentre la sua vicenda personale relativa al processo per l’obiezione di coscienza e anche la condanna assumevano un significato tutto peculiare, quasi provvidenziale e “profetico”. Scriveva infatti nel diario, nel Natale del 1963, poche settimane dopo la condanna in appello, di un “sentimento di ‘plenitudo’ che mi conforta nelle molte tribolazioni, vecchie e recenti”8. La sua attività allora, come conferenziere e come pubblicista impegnato per la riforma della Chiesa, si accentua moltissimo, tendendo a raggiungere anche il più piccolo paese di provincia, per creare un legame, un movimento capace di incidere sulla Chiesa e sulla società. Ma se è innegabile un suo ruolo nella Chiesa italiana del Concilio e del postconcilio, è a Firenze che la sua presenza ha un peso indubbiamente più significativo. Il suo ritorno nella città toscana era previsto da tempo, in particolare dopo l’udienza privata concessa da Paolo VI nell’ottobre del 1964 anche in relazione alla vicenda del processo per l’obiezione di coscienza. Il desiderio di Balducci era fortemente appoggiato anche dai superiori dell’Ordine, i quali di fronte ai ripetuti pareri negativi di Florit, preoccupato per quelle che definiva le “imprudenze” di La Pira e di altri che a lui si ispiravano, decidevano di trasferire lo scolopio alla Badia fiesolana, in territorio della diocesi di Fiesole ma di fatto a Firenze, dal luglio 1966. Ma il clima di polemiche ecclesiali e politiche nella Chiesa fiorentina si accentuava per la progressiva emarginazione di La Pira fino all’esclusione dalle liste per le elezioni del 1966. In un clima di tensione e diffidenze, che registrava non pochi casi di dissidio e scontro tra alcuni sacerdoti e il vescovo nel 1968 scoppiava il caso Isolotto. La comunità parrocchiale aderiva alla contestazione messa in atto nel duomo di Parma e il cardinale chiedeva le dimissioni del par-roco e del viceparroco. Le polemiche si accentuavano fino alla rimozione del parroco don Enzo Mazzi e dei sacerdoti che operavano con lui. La comunità non accettava la decisione episcopale e si riuniva in piazza per la celebrazione dell’eucarestia. Si creava così una polarizzazione che da una parte consistente del clero fiorentino veniva rifiutata, non riconoscendosi né in una pura difesa del principio di autorità nella Chiesa, né nella sua contestazione, e che richiedeva una qual che partecipazione collegiale alle decisioni. Si evidenziava però in questi anni una certa distanza tra Paolo VI, sulla stima del quale Balducci poteva contare, e il cardinale Florit in relazione alle difficoltà e tensioni che caratterizzavano la Chiesa fiorentina. Le vicende relative alla comunità dell’Isolotto evidenziavano uno dei nodi cruciali del difficile post-concilio in Italia: esso era infatti emblematico della concezione e del rapporto di autorità nella Chiesa. Florit poteva valersi di una tradizione e di una prassi ecclesiale che aveva sempre privilegiato l’obbe-dienza come condizione imprescindibile della stessa appartenenza ecclesiale. Di fronte ad una soluzione imposta in forza di una affermazione dell’autorità episcopale, Balducci esprimeva un giudizio fortemente negativo, ribadendo il principio della dipendenza reciproca tra esercizio dell’autorità e vita comunitaria:

    La comunità e il vescovo si trovano in una reciprocità di relazioni obbliganti, a dirimere il cui eventuale conflitto non è sufficiente appellarsi unilateralmente ai diritti della comunità o a quelli dell’autorità episcopale (…). Una messa detta a dispetto del vescovo è dunque in contraddizione col proprio significato. Ma anche una messa detta dal vescovo a dispetto della comunità è in contraddizione col proprio significato9.

    8 E. Balducci, Diari (1945-1978), cit., p. 433-434, annotazione del 25 dicembre 1963.9 Una documentazione relativa al caso Isolotto è contenuta nell’Appendice a E. Balducci, La Chiesa come Eucaristia, Brescia,

    Queriniana, 1970, pp. 107-123, cit. a p. 111. Cfr. inoltre, Comunità dell’Isolotto, Isolotto 1954/1969, introduzione di E. Mazzi,

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    La vicenda dell’Isolotto e il giudizio negativo sulle posizioni assunte da Florit e sul suo governo della diocesi, espresso anche pubblicamente da Balducci, avrebbe – come annota nei diari – “prodotto un terremoto nei rap-porti con la gerarchia”10. La sua situazione all’interno dell’Ordine diventa alquanto difficile e si profila l’ipotesi, più volte riproposta tra il 1969 e il 1971, di una sua “esclaustrazione” o dimissione dall’Ordine. Ancora una volta sarebbe stata la “benevolenza” (il termine è di Balducci) di Paolo VI nei suoi confronti ad evitare ulteriori rotture e sanzioni. Il religioso dichiarava che non era disposto ad accettare che i conflitti fossero risolti unicamente con una riaffermazione dell’autorità e scriveva in un testo diffuso tra amici e confratelli: “più di una volta ho eseguito ordini evidentemente ingiusti, nella convinzione che essi fossero occasioni opportune per esercitare le virtù asce-tiche della vita religiosa. Ma dopo il Concilio non mi è più possibile adottare come criterio sufficiente delle mie decisioni quello della mortificazione di me stesso. Ci sono delle decisioni che hanno diretta attinenza alla vita della Chiesa: esse vanno ponderate col criterio della responsabilità ecclesiale”11.In realtà egli si era convinto, sulla base dell’”analisi della realtà storica” oltre che per la sua “non breve esperienza di uomo di Chiesa (…), che all’interno del popolo di Dio, ci sono strutture e modalità di potere che giustificano se stesse con se stesse e sono di loro natura inconciliabili col senso di responsabilità. Di fronte ad esse l’arrendevolez-za ascetica non è che individualismo sacralizzato[…]. È doveroso riconoscere all’autorità ecclesiastica il compito di valutare l’autenticità dottrinale di un giudizio pronunciato da chiunque in nome del Vangelo, ma è doveroso sollevare obiezioni ogni volta che essa sottopone a provvedimenti disciplinari un credente, per il solo fatto di avere osato pronunciare un giudizio, fosse pure nei confronti del papa”12. Queste prese di posizione derivavano da una rimeditazione ecclesiale sulla base di alcuni testi neotestamentari e conciliari che sottolineavano come l’origine stessa dell’autorità nella Chiesa fosse da porsi all’interno della vita comunitaria e non al di sopra di essa, ma queste impostazioni erano alquanto lontane dall’essere accettate nella realtà italiana. Tutta la riflessione sulla Chiesa e sul sacerdozio presente ne La Chiesa come eucarista e I servi inutili, così come tanti brani presenti nel Diario dell’Esodo, sono da leggere come strettamente intrecciati con questa vicenda così come con molte decisioni romane come quelle relative alla “destituzione” di Lercaro e, ancor prima, alle “dimissioni” di La Valle dalla direzione de «L’Av-venire d’Italia»; questi fatti nel giudizio e nell’esperienza biografica di Balducci acquistano un grande rilievo tanto da assumere progressivamente il significato di una svolta.Il “quadro di una crisi”, che Balducci ritiene di poter leggere nella Chiesa del postconcilio, italiana in particolare, è dovuto ad “un momento drammatico” di passaggio rispetto all’immagine e alla identità stessa del sacerdote; per quella crisi – scrive – non valgono né i provvedimenti disciplinari, né gli appassionati richiami dall’alto, perché occorre ritrovare oggettivamente l’immagine di noi stessi nella parola di Dio, che è il luogo della nostra identità assoluta”13. A partire da questo periodo è sempre più forte nella sua riflessione la stretta connessione tra la va-lorizzazione del primato della coscienza individuale e la sottolineatura del rilievo liturgico e sacramentale della vita della comunità locale, con la riaffermazione che “ovunque è convocata l’assemblea eucaristica ivi è la Chiesa locale”14. Gli aspetti societari e giuridici della Chiesa sono meno presenti, come accantonati, anche perché in Bal-ducci vengono progressivamente meno le speranze relative alle possibilità di riforma della Chiesa che lo avevano accompagnato in tutta la sua vita religiosa e sacerdotale. Le divergenze con le prospettive della gerarchia della Chiesa italiana si evidenziano in occasione del referendum sul divorzio del 1974. L’appello alla mobilitazione dei cattolici, da parte dei vescovi italiani, chiedeva di difendere il modello cattolico della famiglia garantendo l’indissolubilità del matrimonio attraverso le leggi dello Stato. Bal-ducci condivideva le ragioni di quell’“appello dei cattolici democratici per il no al referendum”, che raccoglieva un’adesione molto ampia tra intellettuali e figure di rilievo dell’associazionismo cattolico, ribadendo il valore mo-

    Bari, Laterza, 1969; Comunità dell’Isolotto, Oltre i confini. Trent’anni di ricerca comunitaria, Firenze, LEF, 1995; C. G. De Vito, Mondo operaio e cristianesimo di base. L’esperienza dell’Isolotto di Firenze, Roma, Ediesse, 2011.

    10 E. Balducci, Diari (1945-1978), cit., p. 822, annotazione del 25 dicembre 1969, alle pp. 821-823.11 Progetto di una “Lettera esplicativa ai confratelli e agli amici”, in Archivio Fondazione Balducci (AFB), III, Ordine religioso, 37,

    2/2, Curia generalizia 1953-1980, cc. 74-78.12 Ibidem.13 E. Balducci, I servi inutili, Assisi, Cittadella editrice, 1970, p. 5. 14 Ibidem, p. 42.

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    rale e religioso dell’indissolubilità, ma rifiutandone l’assunzione coattiva da parte dello Stato. Balducci accettava la richiesta del vescovo di Fiesole di non intervenire pubblicamente, pur sottolineando che nella Chiesa italiana “le linee pastorali si fissano senza nessun rispetto per il sensus fidei del popolo di Dio, senza nessuna adeguata consul-tazione delle diverse opinioni, specie in materia opinabile, come nel caso”15. La sua obbedienza sottolinea la sua appartenenza ecclesiastica, ma non gli impedisce di discutere le richieste della gerarchia, in particolare quando si tratta di scelte politiche, e della loro legittimità. In questi anni è sempre più forte in Balducci la consapevolezza che quella riforma della Chiesa che era stata la spe-ranza più grande della sua vita religiosa ed ecclesiale non si sarebbe avverata, almeno nella misura e nelle modalità sperate con l’avvento del Concilio. Si accentua allora la riflessione che pone direttamente a confronto la fede e la Parola con le singole scelte del credente, non limitate ad una visione tradizionale che ritiene individualistica, ma in un rapporto che sente sempre più necessario e ravvicinato tra fede e scelte politico-sociali. Il suo orizzonte ri-guarda il ruolo del cristianesimo, ma anche delle altre religioni; le critiche, pur presenti, alle linee privilegiate dalla istituzione ecclesiastica, si pongono all’interno del superamento di quella prospettiva che egli avrebbe definito “ecclesiocentrica”, per divenire piuttosto un elemento caratterizzante di una severa analisi della civiltà occiden-tale e della critica delle connessioni profonde tra le religioni storiche e questa civiltà, che esigono, a suo modo di vedere, una profonda rivoluzione culturale. Con L’uomo planetario si approfondisce questo tipo di riflessione, che egli avrebbe definito della “svolta antropologica”, nella quale la “necessità morale della pace” assume la forza di “un imperativo assoluto da cui dipende la stessa sopravvivenza dell’umanità”; di fronte a questo assoluto “lo stesso discorso su Dio” risente del limite gravissimo di essere un “nome particolare, interno ai molti codici linguistici in uso nelle tradizioni culturali”16. Ne L’uomo planetario è presente un’ampia analisi della situazione delle religioni e delle Chiese “nella prospettiva del duemila” di fronte a quella che egli ritiene sia una svolta in atto sul piano storico-culturale, antropologico oltreché politico-sociale ed economico. In particolare, esprimendo la convinzione che le “religioni” si trovino “all’ultimo bivio”, si dedica ad una articolata disamina delle linee prevalenti al loro interno negli ultimi decenni. Ma le mutazioni profonde presenti anche nel cattolicesimo, secondo la sua lettura, fanno parte di cambiamenti anche più decisivi e che riguardano il cristianesimo come realtà religioso-culturale, per la quale il conflitto Nord-Sud e “l’emancipazione del Sud significhera[nno] la fine del cristianesimo che noi conosciamo”. Nell’era atomica “il primato della coscienza, su cui si basa la nozione laica di libertà” doveva essere assunto dalle religioni come proprio; queste avrebbero dovuto integrare tale principio all’interno del proprio pa-trimonio religioso. L’incontro di preghiera tra le grandi religioni svoltosi ad Assisi nel 1986 gli appariva come un primo segnale in questa direzione, perché “la pace è innanzitutto rispetto delle coscienze e dunque rinuncia a ogni strumento di coazione, anche a quei sottilissimi strumenti di cui sono esperte le religioni del proselitismo”17. In questi anni il suo impegno prevalente è quello di costruire nuove prospettive per una educazione ad una cultura di pace; a questo fine fonda una piccola casa editrice ‘Edizioni cultura della Pace’, nella quale promuove la pubbli-cazione di testi importanti della tradizione culturale ispirata al dialogo e alla pace e anche saggi su autori di rilievo. La prospettiva finale era espressa in una utopia, che comportava la fine o un cambiamento radicale del modo di essere delle grandi religioni; essa gli appariva espressa quasi simbolicamente da una immagine, la morte di quattro cappellani militari su una nave inglese, la Dorchester, colpita da un siluro tedesco nel 1943:

    Nella lotta selvaggia per la vita (…) quattro uomini rimasero calmi e consapevoli, quattro cappellani militari: un rabbino, un sacerdote cattolico e due pastori evangelici. Si erano legati l’uno all’altro per non cadere dalla coperta viscida e già fortemente inclinata. Tutti e quattro avevano avuto la loro cintura di salvataggio, ma ciascuno aveva offerto la propria ad un uomo dell’equipaggio. Allorché la Dorchester s’impennò, prima di colare definitivamente a picco tra i flutti, si videro i quattro per l’ultima volta. Stavano ritti e immobili tenendosi per mano, addossati contro il parapetto: pregavano.

    15 Lettera di padre Balducci a mons. Bagnoli del 27 aprile 1974, in AFB, IV, Chiesa, I, 1/3, Curia Fiesole, c. 176; cfr. B. Bocchini Camaiani, Ernesto Balducci, cit., p. 264 sgg.

    16 E. Balducci, L’uomo planetario, Milano, Camunia, 1985, I ed.; San Domenico di Fiesole, Edizioni Cultura della Pace, 1990, II ed., p. 24.

    17 Ibidem, p. 184.

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    Quella immagine serviva a riproporre una tesi che non aveva ancora la forza di una proposta articolata, ma voleva indicare piuttosto delle piste di ricerca, delle prospettive e delle speranze per uscire da logiche che gli sembrava-no totalmente interne a dinamiche istituzionali e quindi alla fine sterili o destinate unicamente ad una gestione dell’esistente:

    La catena dei quattro uomini di Dio è entrata a far parte del mio mondo interiore: è come l’orizzonte simbolico in cui mi imbatto quando mi volgo indietro per fissare il momento in cui cominciò ad inabissarsi il passato di cui sono figlio e a prender forma quel futuro a cui non riesco ancora a dare un volto. Nel gesto dei quattro eroi (…) c’è la fine dell’età delle molte religioni, la fine volontaria che ha partorito l’unica religione all’altezza della nuova età della nostra specie: la religione che assume come valore sommo la salvezza dell’uomo anche mediante il dono della propria vita18.

    È una prospettiva che avrebbe ampiamente argomentato ne La terra del tramonto, illustrando quella che, a suo giudizio era una importante chiave ermeneutica, la “dialettica tra uomo edito e uomo inedito”, dove “l’orizzonte dell’uomo inedito non è l’eterno, è il tempo come misura della realizzazione delle possibilità inibite, non è il rifiuto della terra, è, al contrario, la sua integrazione nei ritmi della libertà”19. L’integrazione tra culture diverse si poneva allora come “un dono dei ‘barbari’ (…) di cui abbiamo necessità”20. Per questo motivo il volume era dedi-cato “alla memoria di Atahualpa, ultimo re degli Incas, e ai 70 milioni di indios immolati dall’‘uomo moderno’, nel quinto centenario della loro sventura”. L’occasione del quinto centenario della scoperta del ‘Nuovo mondo’ veniva allora colta, promuovendo la pubblicazione di una serie di saggi nelle ‘Edizioni cultura della pace’, per un “ripensamento critico degli eventi del 1492 e dell’intera storia che da quegli eventi ha preso inizio”. Pur rifiutando un certo “ingenuo moralismo”, Balducci esprimeva l’esigenza di dare un “giudizio morale sui protagonisti della conquista”, anche per rispondere alla “necessità (…) di orientare il corso delle cose in piena libertà dai condizio-namenti che il passato continua a imporre al presente”, cercando di comprendere “se nelle culture sopravvissute ai cinquecento anni di spregiudicata egemonia non ci siano valori capaci di gettar luce sul nostro futuro”21. Il merito di Las Casas in questa prospettiva era stato quello di “salvare l’universalità del Vangelo”, e citando l’Apologetica historia, ricordava che “ogni popolo è barbaro all’altro”22.In continuità con queste prospettive tra il 1991 e il 1992 Balducci si impegnava intensamente nel movimento per la pace in occasione della guerra del Golfo con numerose conferenze e prese di posizione pubbliche contrarie all’azione militare. Nell’aprile del 1992 moriva in un incidente stradale, mentre ritornava da San Giovanni in Persiceto dove aveva tenuto una conferenza su questo tema con il significativo titolo: “Addio alle armi”.

    Bibliografia essenziale

    Della vastissima produzione di padre Ernesto Balducci si segnalano alcune tra le opere più note; una ampia raccol-ta bibliografica in Ernesto Balducci. Cinquant’anni di attività, a cura di A. Cecconi, Firenze, Chiari, 1996.Il Vangelo di Giovanni, a cura del Cenacolo, Firenze, Dispense di spiritualità, 1957; I ed. 1965; II ed. con prefa-zione di G. Ravasi, Milano, Piemme, 2001.La verità e le occasioni, Roma, Ed. San Paolo, 1960.Cristianesimo e Cristianità, Brescia, Morcelliana, 1964.Papa Giovanni, Firenze, Vallecchi, 1964.La Chiesa come eucarestia, Brescia, Queriniana, 1969.I servi inutili, Assisi, Cittadella ed., 1970.Diario dell’Esodo 1960-1970, Firenze, Vallecchi, 1971.

    18 Ibidem, p. 165.19 Id., La terra del tramonto. Saggio sulla transizione, San Domenico di Fiesole, ECP, 1991, pp. 52-53.20 Ibidem, p. 78.21 Id., Montezuma scopre l’Europa, San Domenico di Fiesole, ECP, 1992, p. 5.22 Ibidem, p. 92.

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    Ha ancora senso il Vangelo della pace?, Roma, Ed. San Paolo, 1984.L’uomo planetario, Milano, Camunia, 1985; II ed. San Domenico di Fiesole, ECP, 1990.Il cerchio che si chiude, intervista autobiografica a cura di L. Martini, Genova, Marietti, 1986.Giorgio La Pira, San Domenico di Fiesole, ECP, 1986.Gandhi, San Domenico di Fiesole, ECP, 1988.Francesco d’Assisi, San Domenico di Fiesole, ECP, 1989.La terra del tramonto, San Domenico di Fiesole, ECP, 1992.Montezuma scopre l’Europa, San Domenico di Fiesole, ECP, 1992.

    Inoltre vanno ricordate le raccolte dei commenti alla liturgia della Parola:Il mandorlo e il fuoco, Roma, Borla, 1979 anno C vol. 3; 1980 anno A; 1981, anno B.Il Vangelo della pace, Roma, Borla, 1985 anno C. vol. 3; 1986 anno A; 1987 anno B vol.2.Gli ultimi tempi, Roma, Borla, 1991 anno C vol. 3; 1998 anno A.

    Dopo la morte di Ernesto Balducci per iniziativa della Fondazione Balducci sono stati pubblicati:Agnese Baggio – Ernesto Balducci. Lettere 1950-1979, a cura di A. Giolo e N. Silvestri, Centro Studi Agnese Baggio, Fondazione Ernesto Balducci, San Domenico di Fiesole, ECP, 2001. Gli ultimi tempi. Commento alla liturgia della Parola, vol. 2/anno B, Roma, Borla, 1998, anno B, vol. 2.Il tempo di Dio, (omelie dall’Avvento 1991 alla Pasqua 1992), San Domenico di Fiesole, ECP, 1996.Diari 1940-1945, Tomo I, 1940-1943, a cura di M. Paiano, Firenze, Olschki 2002, Tomo II, 1943-1945, Firenze, Olschki, 2003; Diari (1945-1978), a cura di M. Paiano, Brescia, Morcelliana, 2009.

    Scritti su Ernesto Balducci

    Percorsi di archivio. L’archivio di Ernesto Balducci, a cura di B. Bocchini Camaiani, M. Galfré, N. Silvestri, Firenze, Regione Toscana, Toscana Beni librari, 2000.A. Cecconi (a cura di), Fede e poesia nel giovane Balducci. 1940-1950, introd. di L. Grassi, Firenze, Libreria Chiari, 1998.B. Bocchini Camaiani (a cura di), Ernesto Balducci. La Chiesa e la modernità, Bari, Laterza, 2002.L. Martini, La laicità nella profezia. Cultura e fede in Ernesto Balducci, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2002.A. Cecconi, Papini-Balducci. Un incontro difficile 1945-1948, Firenze, Libreria Chiari, 2002.B. Bocchini Camaiani, Ernesto Balducci. La Chiesa, la società, la pace, Morcelliana, Brescia, 2005.

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    1. Ernesto Balducci e la lettura

    Quando penso alla Biblioteca di Ernesto Balducci mi torna alla mente un ricordo personale al quale ho fatto riferimento già in altra sede1. Nell’autunno del 1958, appena sedicenne, guardando in libreria i quaderni rossi della rivista “Testimonianze”, rimasi attratto, fra le altre cose, dalle recensioni dei libri posseduti dalla Biblioteca Cattolica Moderna presso la sede del “Cenacolo”, in via Gino Capponi 132. Decisi di andarci e fui accolto proprio da Ernesto Balducci. Mi ascoltò con molta cordialità, ma di fronte alle mie richieste circa la possibilità di consul-tare i libri, pur assicurandomi l’accesso alla Biblioteca, volle richiamare la mia attenzione sul fatto che nei locali ad essa attigui era stato predisposto un centro di accoglienza e assistenza per i poveri. Mi fece anzi notare che prima dei libri esistono i poveri. Fu così che entrai in contatto diretto con p. Balducci. Quell’incontro con lui è stato determinante per la mia vita, ma naturalmente non è di questo che intendo ora scrivere. Voglio invece osservare come fosse per me emblematica sia la gerarchia di valori che in quel modo Balducci indicava, sia il fatto che la Biblioteca comunicasse con le stanze attigue a quelle in cui si incontravano i poveri. Le parole di Balducci, a me rivolte in quell’occasione con l’accen-to di una provocazione intenzionalmente educativa, rispondevano anche a una sua precisa immagine del lavoro culturale, del modo e del fine del leggere i libri, che nella sostanza è stata in lui costante, pur in presenza di forti e significative varianti connesse alle diverse fasi del suo percorso biografico. Se ne trova una sostanziale conferma nell’opera dedicata a Francesco d’Assisi, il santo da lui più amato durante tutta la vita. Commentando “l’intransi-genza con cui Francesco volle che si applicasse la regola che i frati nulla portassero con sé nel loro stato permanente di pellegrini, nemmeno i libri”, Balducci rileva come essa non derivasse “da un pauperismo formalistico ma dal timore – alimentato da quanto aveva sotto gli occhi – che i libri fossero per i Minori la via per rientrare in quel mondo che avevano lasciato”3. Veniva così di nuovo tematizzato, sia pure sotto un’angolatura diversa da quella propria delle parole a me rivolte nel 1958, il rapporto fra la povertà e il leggere e conservare i libri. Francesco, secondo Balducci, intendeva in questo modo combattere nei suoi frati “quella sete del sapere che è una forma dissimulata della sete dell’avere”, e che nei più dotti tra essi si manifestava nel bisogno di consultare i libri prima di stabilire il quid faciendum: “Non erano i libri che lo disturbavano, dunque, era lo spirito libresco, che già è di per

    1 L. Martini, “Testimonianze” 1958-1977, in “Le Carte 4-5”, 2001, p. 26.2 Presso la Biblioteca Cattolica Moderna si trovavano raccolte numerose opere e riviste soprattutto di teologia, spiritualità e pro-

    blematiche sociali, politiche e storiche, alle quali attingevano gli appartenenti alla comunità del “Cenacolo”, fondata da Balducci nel 1952, e poi i redattori della rivista “Testimonianze”. Il patrimonio librario di questa biblioteca è andato disperso nel corso del tempo, e di essa non è stata conservata alcuna catalogazione. Una visione parziale della sua composizione si può avere consultando le prime annate di “Testimonianze”, dove venivano recensite molte delle opere ivi raccolte. Si è incrementato invece, nel corso del tempo, il patrimonio delle riviste conservate nell’Emeroteca di “Testimonianze”. Occorre tenere presente che Balducci ha usufru-ito largamente sia della Biblioteca Cattolica Moderna sia, ancor più, dell’Emeroteca di “Testimonianze”.

    3 E. Balducci, Francesco d’Assisi, San Domenico di Fiesole, ECP, 1989, p. 111.

    Percorsi di Biblioteca.Ernesto Balducci tra lettura e scritturaLucianoMartini

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    sé una vittoria del mondo sul cuore dell’uomo, sulla ‘parola del cuore’, unica vera fonte di sapienza”4. Al contrario Balducci osserva: “La capacità conoscitiva che Pascal chiamerà esprit de finesse non si sviluppa con la lettura dei libri, ma richiede, come sua condizione prima, la libera disponibilità dei movimenti affettivi che orientano incon-sciamente l’intelletto e gli consentono o meno di penetrare nella realtà che fa da orizzonte del vivere quotidiano”5. Per lui il santo di Assisi non è soltanto una figura storica di grande rilievo, è un modello antropologico per così dire ‘assoluto’. L’interpretazione che egli dà delle parole di Francesco sul possesso dei libri corrisponde anche al suo ideale di sapere. Il rapporto di Balducci con i libri era certamente animato da una grande ed enciclopedica cu-riosità e da una vorace volontà di possederne i contenuti, ma sempre era riportato verso la realizzazione di quello che, nella sua intervista autobiografica Il cerchio che si chiude, definisce uno “stretto raccordo fra bisogni vitali e alimentazioni culturali”6. In altre parole i libri avevano per lui una sorta di funzione di servizio nei confronti del compito culturale che si riprometteva di affrontare, compito che non era mai meramente conoscitivo ma sempre rivolto alla trasformazione della realtà. Di qui il suo stile di lettura e di documentazione che poteva lasciare stupefatti gli studiosi professionali, come egli stesso, con una punta di compiacimento misto a ironia, amava riconoscere. Era uno stile, nelle apparenze, spesso informale. Siamo in molti a ricordare Balducci lettore vorace e spesso sottolineatore di libri, riviste e gior-nali, in tutte le situazioni e in tutte le posizioni: magari in piedi, in un treno stipato, di ritorno da uno dei suoi innumerevoli giri di conferenze, o camminando intorno al chiostro della Badia Fiesolana, o “steso bocconi sul verde di un prato d’alta montagna” e sottolineando “con mano passionale”, come egli ricorda a proposito di La petite peur du siècle XX, di E. Mounier, un libro chiave per le prospettive che, nel corso degli anni ’50, apriva a lui e a un’intera generazione di giovani7. Ma era in realtà uno stile attraversato da una forte tensione volta a ricercare e cogliere nella scrittura degli altri passaggi illuminanti e rivelativi per il proprio travaglio interiore, inserendolo così in una più ampia coralità di voci. Per il modo in cui sintetizza la gamma dei motivi che contrassegnavano l’atteggiamento balducciano verso la lettura, conviene riportare per intero una pagina dell’introduzione scritta alla fine degli anni ’50 per Concordanze spirituali, una sua antologia tematica di testi delle grandi tradizioni religiose della storia umana:

    Abituato, fin dai primi anni della mia formazione, ad aver rispetto dei liberi moti del mio spirito, i momenti migliori della mia lettura sono quelli in cui, ripercorrendo con l’occhio i miei scaffali, la memoria si ferma su questo o quel libro, quasi obbedendo alla traccia di uno stupore che ricerca le sue occasioni. Se questa disponibilità – ahimè, così rara – è accompagnata da una viva partecipazione alla sofferta esistenza dell’uomo moderno, allora la lettura trova un motivo attorno al quale ordinarsi. Leggere è, in questo caso, come un pro-gressivo liberarsi, un ricondurre le forme costanti della psicologia umana dentro il tessuto di una tradizione sacra ininterrotta, un sottrarre la piaga dell’uomo dalle angustie irritanti per aprirla al mite sole della sapienza perenne. Ci crediamo nuovi e siamo antichi, le nostre pene sono già state sofferte e le nostre disperazioni sono più vetuste delle Piramidi. Forse il processo della nostra redenzione è questo: dall’ignoranza presuntuosa allo stupore primitivo, dallo stupore primitivo alla speranza cristiana. Le mie piccole antologie obbediscono quasi sempre a questo periplo. Qui il limite del mio lavoro e qui, insieme, il suo pregio, l’autenticità della sua ispirazione. Mi sembra già di vedere la meraviglia dei competenti, posto che uno di loro prenda mai in mano questa raccolta. Essi avrebbero voluto che fra le pagine scelte da me figurassero altre, ben più significative. La mia scusa è già detta: non sono corso nelle biblioteche, sono rimasto fedele ai miei libri, ognuno dei quali ha una sua storia, dove si mescolano diversamente l’incontro fortuito e la ricerca personale. Non dunque opera erudita è la mia, certo è opera spirituale, di tal genere, cioè, che chi non è sordo alle ragioni supreme della bellezza (non dico a quelle della fede) non potrà non prender parte alla mia gioia. Le note bibliografiche non vogliono dare l’impressione di un’erudizione che non ho, vogliono soddisfare quel minimo di onesto ricono-

    4 Ibidem, p.112.5 Ibidem, p. 111.6 E. Balducci, Il cerchio che si chiude. Intervista autobiografica a cura di Luciano Martini, I ed., Genova, Marietti, 1986; II ed. (da

    cui si cita), Casale Monferrato, PIEMME, 2000, p. 34.7 E. Balducci, Il terzo millennio. Saggio sulla situazione apocalittica, Milano, Bompiani, 1981, p. 7.

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    scimento verso le fonti che è fra le buone abitudini della cultura e, soprattutto, vorrebbero offrire a qualche lettore meno distratto le necessarie indicazioni per letture più integrali8.

    Credo che questa caratterizzazione che Balducci propone del proprio modo di leggere risulti confermata dallo svolgimento dell’indagine che voglio qui proporre. Essa ha come punto di riferimento primario la Biblioteca di Balducci (d’ora in avanti la Biblioteca), quale egli ce l’ha lasciata al momento della morte, e, tra i ‘percorsi’ che si possono compiere al suo interno, intende privilegiare quelli suggeriti da una ricognizione dei diversi autori che via via hanno costituito punti di riferimento significativi all’interno della opera di Balducci. Avremo così modo di osservare che le opere in essa contenute sono soltanto una parte di quelle da lui effettivamente lette, o comunque tenute presenti e consultate anche in vista della stesura dei suoi scritti, così come non mancano opere che sem-brano non essere state lette o, quanto meno, sembrano aver inciso assai poco nel complesso della sua riflessione. Tuttavia se guardiamo al catalogo della sua Biblioteca che comprende 3684 volumi, e consideriamo le note di let-tura, tenute da Balducci durante alcuni periodi in modo sistematico, e i riferimenti bibliografici presenti nella sua opera, credo si possa affermare che questo catalogo ci offre sicuramente la gran parte dei presupposti bibliografici più significativi del percorso culturale di Balducci.

    2. I libri come maestri

    In «Il cerchio che si chiude» Balducci ricorda:

    In tutta la mia formazione non ho incontrato, fra i miei maestri, una sola persona che io possa ricordare con simpatia, a cui debba qualcosa. […]. Erano tutti uomini in cui si era sedimentata, in forme estremiz-zate, l’impostazione ideologica tridentina, di antagonismo fra Chiesa e mondo, di disciplina rigida, di alli-neamento alla volontà del papa, addirittura di culto della persona del papa. Questo terrorismo ideologico si era tradotto in una ripugnanza per la cultura pur che sia: la stessa voglia di leggere libri appariva come un segno di scarsa vocazione. […] Naturalmente, con una formazione umana vissuta così allo sbaraglio, senza un maestro che mi desse un’impronta, senza un programma che favorisse una gestione autonoma della ricerca, io ho contratto [….] un certo gusto per l’andamento non programmatico, per l’estemporaneità9.

    Le ricerche di Bruna Bocchini Camaiani10 e la lettura dei Diari, che a partire dal 1940 Balducci ha tenuto con grande regolarità per molti anni, anche dopo il periodo romano di formazione, unitamente al commento ad essi proposto da Mariella Paiano11, confermano e documentano largamente i termini di questa ricostruzione autobiografica. Nel periodo della permanenza presso lo Studentato Calasanziano Balducci poté soddisfare la sua voracità di lettu-ra in condizioni davvero difficili. La Biblioteca dello Studentato era del tutto inadeguata a offrire i libri necessari a un rinnovamento degli studi e delle letture dei giovani chierici. Inoltre da parte delle autorità scolopiche (il p. Generale e soprattutto il p. G. Rigetti, che fu Maestro e Rettore dello Studentato dal 1940 al 1945) vi era una forte ostilità nei confronti degli studi profani e della libertà di iniziativa dei giovani studenti nella scelta delle let-ture, nel timore che tutto ciò andasse a detrimento della priorità che doveva essere data alla disciplina e alla vita di pietà. Questa impostazione era anche sanzionata da un preciso Regolamento, ispirato alle più generali direttive romane, che provocò in quegli anni reprimende e provvedimenti severi nei confronti di quelli che ad essa non si conformavano. Fra essi in particolar modo Balducci, che fu dal p. Maestro ripetutamente censurato per il suo

    8 E. Balducci, Concordanze spirituali, Torino, ERI, 1959, pp. 15-16.9 E. Balducci, Il cerchio che si chiude…, cit, pp. 31-34.10 Cfr. B. Bocchini Camaiani, Ernesto Balducci. La Chiesa e la modernità, Bari, Laterza, 2002, pp. 3-91. 11 E. Balducci, Quaderni di Diario (1940-1944), a cura di Mariella Paiano, Firenze, URT, Leo S. Olschki, 2002. A questa edizio-

    ne dei Diari, al citato volume della Bocchini Camaiani, rimando per quanto riguarda le letture di Balducci fino all’immediato dopoguerra, e da essi traggo la massima parte delle indicazioni inerenti al medesimo periodo, senza ora, per necessità di sintesi, rimandare a riferimenti dettagliati.

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    presunto orgoglio, per l’indisciplina e, soprattutto, per l’essere ostinatamente dedito agli studi profani, e per il suo diffondere nascostamente i libri fra i compagni, tanto che nell’inverno del 1942 questo tipo di studi gli fu per qualche tempo formalmente interdetto. Leggendo i Diari risulta manifesto come Balducci, fin dall’inizio della sua formazione, scegliesse e svolgesse le sue letture fortemente condizionato dai limiti in cui l’ambiente lo poneva, ma anche costantemente mosso dall’im-pulso a forzarne le recinzioni secondo un intento fortemente progettuale, rivolto a realizzare la costruzione della propria personalità. In ogni caso, anche quando la lettura poteva risultare casuale, il suo significato veniva da Bal-ducci ricondotto ed espresso in relazione agli sviluppi della propria coscienza: “Ogni libro – annota il 13 dicembre 1942 – lascia in me un ricco deposito di concetti che poi attraverso una rielaborazione personale io trasformo nella mia sostanza spirituale”12.Le pagine dei Diari, almeno fino al 1944, l’anno della sua venuta a Firenze, sono in larghissima parte dedicate all’auto osservazione del costruirsi della propria personalità. In modo particolare sono dedicate all’intreccio fra le esperienze interiori e quelle di lettura, al modo in cui esse accompagnavano e rendevano possibile il progredire della formazione culturale e spirituale, e il precisarsi dei termini della propria vocazione. I progressi e i traguardi del suo itinerario erano ottenuti combattendo contro un ambiente percepito come ostile, in primo luogo perché “viziato dallo stupido pregiudizio che pietà e scienza, arte e religione siano incomponibili”13. In questo contesto, attribuendosi una certa inclinazione all’orgoglio (autoaccusa frequentemente ripetuta), Balducci osserva che esso era, in certo qual modo, legittimato dal fatto che “tutto ciò di che è ricca l’anima mia l’ho acquistato da me solo” e che “nel travaglio spirituale della mia giovinezza non uno ho trovato che mi aiutasse del suo consiglio o almeno della sua comprensione”14. In un clima siffatto avrebbe potuto aiutarlo almeno lo scambio con gli amici, ma anch’esso era problematico per non dire del tutto assente, tanto da poter affermare “sempre più urgente si fa in me il bisogno di un cuore a cui confidarmi. […] La mancanza d’un amico è una delle pene più sentite della mia giovinezza”15. In Il cerchio che si chiude Balducci torna sulle modalità in cui veniva costruendo il proprio processo formativo, che definisce “una vita interiore personale parallela, dove mi appassionavo a letture estranee alla scuola, quelle che potevo fare”16. Egli ne offre così una chiave di lettura sostanzialmente rispondente a quella suggerita dai diari, che peraltro, ne sono testimone, rileggeva via via che rispondeva alle domande dell’intervista. Ma subito dopo aggiun-ge, in un modo che appare un po’ autoriduttivo: “Non dico che ero un autodidatta: la parola è già troppo alta. Un autodidatta si organizza. Io invece andavo avanti con letture occasionali”17. Queste ultime parole sembrano quasi riprendere un’annotazione del Diario del 22 dicembre del 1942, dove Balducci scrive:

    Un tempo io non altro bramavo che accumulare elementi culturali senza affatto preoccuparmi se essi riscuo-tevano interesse dal mio spirito. Non feci che adunare una eterogenea congerie che mi gravava sulla mente minacciando di soffocare il germe della mia personalità. Quanto tempo ho sprecato per appagare la mia sete di erudizione. E tutto quello che non si inserì nell’organismo vitale del mio spirito il tempo ha dissipato e nul-la me ne è restato. Adesso invece meno leggo ma più posatamente, riuscendo a somministrare alimento alla mia personalità evolventesi lentamente ma sicuramente. L’idea altrui ne suscita un’altra dalla mia coscienza18.

    Non solo i Diari, ma anche i diversi tipi di quaderno19, nei quali fino al 1946 Balducci ha schedato e annotato con rigorosa sistematicità le opere che veniva leggendo, e dalle quali trascriveva lunghissimi brani, anche nella loro lingua originale straniera (francese e tedesco), mostrano la grande varietà degli interessi che appassionavano

    12 E. Balducci, Quaderni di Diario…, cit., 13 dicembre 1942, 198.13 E. Balducci, Quaderni di Diario…, cit., 15 giugno 1942, 59.14 E. Balducci, Quaderni di Diario…, cit., 6 luglio 1942, 81.15 E. Balducci, Quaderni di Diario…, cit., 22 giugno 1942, 63.16 E. Balducci, Il cerchio che si chiude, cit., p. 3217 Ibidem.18 E. Balducci, Quaderni di Diario…, cit., 22 dicembre 1942, p. 208.19 Per un’illustrazione delle peculiarità di questo rilevantissimo materiale documentario cfr. Percorsi di archivio. L’archivio di Ernesto

    Balducci, a cura di B. Bocchini Camaiani, M. Galfré, N. Silvestri, Firenze, Edizioni Regione Toscana, 2000, pp. 91-97 e B. Boc-chini Camaiani, Ernesto Balducci. La Chiesa e la modernità, cit., pp. 16-17.

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    P e r c o r s i d i B i b l i o t e c a . E r n e s t o B a l d u c c i t r a l e t t u r a e s c r i t t u r a

    la sua ricerca e che vedevano soprattutto coinvolte la letteratura, la filosofia e la problematica religiosa cristiana. Non entro ora nel merito dell’influenza che le singole letture hanno esercitato su Balducci. Mi limito soltanto ad osservare che costantemente, fin dall’inizio degli studi, anche quando si autoaccusava di cadere nella dispersione e frammentazione delle proprie curiosità e interessi, Balducci ha cercato nella lettura una risposta adeguata ai dissidi e alle tensioni che nel corso degli anni si manifestavano, all’interno della propria soggettività, tra razionalismo naturalistico e misticismo soprannaturale, tra cuore e mente, tra intellettualismo e realismo classico tomistico ed istanza mistica e volontaristica. Adeguata anche all’istanza di trovare le vie di una sintesi conoscitiva, all’interno della quale i dissidi e le tensioni potessero ricomporsi armonizzando il divino e l’umano, una sintesi che egli cer-cava in una sua idea e progetto di umanesimo cristiano. In modo particolare forte era il suo interesse per quei pen-satori che rendevano possibile una valorizzazione delle dinamiche immanenti alla soggettività, in una prospettiva però di apertura alla trascendenza. Ciò per Balducci implicava anche una valorizzazione della propria soggettività. È questa mi sembra una delle chiavi interpretative che permettono di comprendere il grande interesse che Bal-ducci mostrava per il pensiero dei massimi esponenti dell’idealismo italiano: da B. Croce, per le sue idee sull’arte e sulla storia, e per il modo in cui chiariva la circolarità dei diversi momenti dell’esperienza umana all’interno del soggetto umano; a G. Gentile, per la conoscenza che sul piano pedagogico gli rivelava delle leggi dello sviluppo della personalità umana; allo spiritualismo cristiano francese e in modo particolare a M. Blondel, per il modo in cui, partendo dalle istanze e dai dinamismi della soggettività, mostrava l’esigenza e insieme l’inaccessibilità del soprannaturale, e così lo preservava dai rischi del modernismo. Occorre infine osservare come, sul piano più strettamente teologico-spirituale, questa posizione si manifestasse in modo particolare attraverso la predilezione per una linea di spiritualità di pensiero e di santità che andava da San Paolo a Sant’Agostino, a San Francesco20 e alla tradizione francescana, passando attraverso il Paradiso di Dante, nella quale, se assunta nel suo complesso, si ricomponevano mente e cuore, intelletto e amore, istanza razionale ed esperienza mistica. Con la sua venuta a Firenze nell’autunno del 1944, dopo i duri anni dello studentato, si apriva per Balducci un periodo radicalmente nuovo, nel quale la sua vita poteva dispiegarsi con una libertà e un’ampiezza d’iniziativa fino allora inedite. Come testimoniano i suoi quaderni di appunti, questa acquisizione di libertà coinvolgeva anche la lettura, facilitata dalla possibilità di accesso al prestito della Biblioteca Nazionale Centrale21, e un’ulteriore apertu-ra verso la cultura laica. I suoi interessi andavano dunque dall’approfondimento dell’opera di Croce, studiato ora alla luce delle lezioni universitarie di E. P. Lamanna, alla letteratura, dove accanto ad autori cattolici come G. K. Chesterton e G. Bernanos, e G Papini22 troviamo autori ‘laici’ come A. Gide, E. Vittorini e S. Quasimodo, a un primo avvicinamento all’opera di Freud23 e alle problematiche del marxismo e del socialismo24.

    20 La predilezione di Balducci per San Francesco d’Assisi risale all’autunno del 1941 quando lesse l’opera dedicata al santo da un amico della madre, D. Bulgarini (San Francesco, Torino, Paravia, 1940), grazie al cui interessamento egli nel 1934 poté entrare nello Studentato Scolopico. Ma l’interesse e l’amore per la personalità di San Francesco accompagna Balducci durante tutta la vita, come è dimostrato non solo dai saggi a lui dedicati (v. soprattutto Francesco d’Assisi, cit.), ma anche dalle circa trenta opere presenti nello scaffale della Biblioteca dedicato al Santo, che vanno dalla monografia di G. Joergensen (San Francesco d’Assisi, Torino, SEI, 1957), a quelle di P. Sabatier (Vita di san Francesco d’Assisi, Milano, Mondadori, 1988), di R. Manselli, (S. Francesco d’Assisi, Roma, Bulzoni, 1980) e di G. Miccoli (Francesco d’Assisi. Realtà e memoria di un’esperienza cristiana, Torino, Einaudi, 1988); dalle Fonti francescane (Padova, Assisi, EMP, 1980) ad opere inerenti la spiritualità francescana.

    21 V. in proposito B. Bocchini Camaiani, Ernesto Balducci. La Chiesa e la modernità, cit., pp. 92-98.22 Per il rapporto fra Papini e Balducci cfr. Papini-Balducci.Un incontro difficile. 1945-1948, a cura di A. Cecconi, Firenze, Libreria

    Chiari, 2002. Nella Biblioteca sono presenti cinque opere di Papini, delle quali alcune dedicate a Balducci.23 Servendosi del prestito della Biblioteca Nazionale Centrale nel gennaio del 1945 Balducci leggeva di S. Freud Introduzione allo

    studio della psicoanalisi, prima ed. italiana autorizzata sulla terza ed. tedesca del 1920 del dott. E. Weiss, Libreria psicoanalitica internazionale, 1922. Questa opera non è presente nella Biblioteca, dove invece del fondatore della psicoanalisi sono presenti sei volumi editi in lingua italiana tra il 1949 (Tre saggi sulla teoria della sessualità, Milano, Dall’Oglio, 1949) e il 1990. L’interesse verso l’opera di Freud costituisce, come si vedrà, una costante del percorso intellettuale di Balducci.

    24 Per i primi accostamenti di Balducci al pensiero marxista e socialista cfr. B. Bocchini Camaiani, Ernesto Balducci. La Chiesa e la modernità, cit., pp. 95-96, dove indica nove titoli di opere. A proposito di questi volumi è interessante notare che due sono di autori cattolici (A. Brucculeri e gli autori francesi del volume Il Comunismo e i cristiani, Brescia, Morcelliana, 1945), cinque sono ascrivibili ad autori laici e in un certo senso classici della bibliografia intorno a questa materia (G. Sorel, C. Pettinato, A. Loria, E. Ludwig, A. Rosenberg), e uno a un autore russo di fede ortodossa della diaspora post-rivoluzionaria (N. Berdjaev). Il pensiero di Marx e la problematica del socialismo e del comunismo costituiscono uno dei nodi cruciali della cultura e della politica del ‘900,

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    3. Prima del Vaticano II

    3. 1. La problematica dell’esperienza religiosa

    Nella Biblioteca sono ancora molte le presenze dei volumi che negli anni ’50, fino all’inizio degli anni ’60, rispon-devano alle tematiche culturali che a quell’epoca maggiormente interessavano Balducci. Non poche sono però le assenze. Alcuni dei volumi ritenuti più significativi furono oggetto di segnalazione nelle schede pubblicate da Bal-ducci sui ‘segnalibri’ distribuiti la domenica alla “Messa degli artisti”25, cosicché il riferimento a queste permette in molti casi di avere più chiaro il suo giudizio su taluni autori e talune singole opere. Alcune di queste opere erano in più diretta connessione con la sua predicazione, altre riguardavano invece autori legati al mondo della lettera-tura. Altre infine erano inerenti alle tematiche dell’esperienza religiosa, della teologia della storia, e della Chiesa considerata nei suoi rapporti con la civiltà, che costituivano gli ambiti più rilevanti della problematica affrontata da Balducci in questo periodo di tempo. È pertanto sui riferimenti agli autori, che hanno accompagnato la sua riflessione intorno a questi temi, che intendo ora soprattutto soffermarmi.L’interesse per la tematica dell’esperienza religiosa, nella sua valenza antropologica connessa alla specificità dell’esi-stenza cristiana, è presente in numerosi saggi degli anni ’50, alcuni dei quali testimoniano un notevole lavoro di documentazione sulla bibliografia in materia, soprattutto cattolica, ma non solo, e di attenta discussione di alcune delle sue tesi più significative26. In Balducci questo interesse si saldava con quello per il rinnovamento dell’apolo-getica, che gli appariva un’urgenza ormai ineludibile, e che doveva, a suo giudizio, rispondere in primo luogo alla sensibilità emergente nella cultura dell’uomo moderno, in particolare a quella propria del clima esistenzialistico dominante nel secondo dopoguerra. Questa sensibilità, piuttosto che un freddo argomentare razionale destinato a lasciare insensibili i più, postulava “una apologetica più raffinata sulla linea della psicologia”, tale da aiutare l’uomo “a portare la sua inquietudine all’estremo”, fino a porlo “di fronte al dilemma ultimo, là dove si innestano le linee divergenti della disperazione e della speranza”, e a predisporlo realmente a sentir “parlare di Grazia e di reden-zione con la certezza di una interna risonanza” 27. Ciò richiedeva di dare il giusto spazio all’analisi dell’esperienza esistenziale. D’altra parte Balducci riteneva anche necessario mantenere ferma, nell’argomentare apologetico e teologico, l’istanza metafisico-razionale, e anzi diffidava fortemente di un’enfatizzazione dell’esperienza religiosa ed esistenziale non radicata in essa. Questa diffidenza è presente con particolare chiarezza nella sua tesi di laurea su A. Fogazzaro (sostenuta alla Facol-tà di Lettere dell’Università di Firenze, discussa con A. Momigliano nel 1950 e pubblicata nel 195228), dove guida molti tratti dell’analisi di Balducci nei confronti del romanziere, e del suo modernismo. Del modernismo Balduc-

    con il quale Balducci si è confrontato costantemente. Occorrerebbe pertanto dedicare a questa tematica un ampio studio spe