Pace e bene! OGGI FRATINI DOMANI APOSTOLI · DOMANI APOSTOLI N. 9 SETTEMBRE 200 Pace e bene! ... te...

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OGGI FRATINI DOMANI APOSTOLI N. 9 SETTEMBRE 200 Pace e bene! MENSILE D’INFORMAZIONE RELIGIOSA E MISSIONARIA PIA OPERA FRATINI E MISSIONI - 38100 TRENTO - Convento Belvedere S. Francesco, 1 Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 - conv. in L. 27/2/2004 n. 46 Art. 1 comma 2 - DCB Trento Autorizzazione Tribunale di Trento n. 32/1952 - Approvazione ecclesiastica - Redazione: Fr. Claudio Righi Direttore responsabile: Fr. Francesco Patton - Stampa Effe e Erre, Trento - Distribuzione gratuita fuori commercio N ella chiesa di Caldonazzo (Trento), do- ve sono parroco, si può ammirare una bel- la statua dell’Angelo Custode, rappresen- tato con due grandi ali, piegate in alto, verso il quale i fede- li del luogo prestano una partico- lare devozione. Se io chiedessi a qualcuno a che servono le ali, quasi certamente avrei que- sta risposta: le ali, anche quel- le dell’Angelo servono per vo- lare. Se la stessa domanda pongo, invece, alla Bibbia ho una ri- sposta diversa: le ali degli an- geli servono anzitutto per proteggere, custodire, difen- dere. L’Angelo custode ha le ali per custodire le persone affidategli; in fondo l’angelo è Dio stesso creatore, protet- tore, custode di tutti i suoi fi- gli. Dio è padre e madre; ed è proprio della madre custodire i figli, difenderli dai pericoli, permettendo a chi si sente minacciato di cercare rifugio sotto le ali del Signore. Così prega il salmo 17,8: Cu- stodiscimi, o Signore, come pupilla degli occhi, proteg- gimi all’ombra delle tue ali. Il salmo 57,2: Mi rifugio all’ombra delle tue ali, finché sia passato il pericolo. Il salmo 61,5: All’ombra delle tue ali tro- verò riparo. Il salmo 63.8: Esulto di gioia all’ombra delle tue ali. E così altri ancora. Gesù stesso ricorre a queste immagini per esprimere la sua preoccupazione verso il popolo d’Israele e la Città santa: Geru- salemme, Gerusalemme, che ucci- di i profeti e lapidi quelli che ti sono stati inviati, quanti volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, co- me una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto (Mt 23, 37). Dio si presenta come madre e padre. Se la preoccupazio- ne della madre è volta a pro- teggere il figlio, stringerlo al cuore, coprirlo di attenzioni, la preoccupazione del padre è invece dare ali al figlio, per ve- derlo crescere, diventare adul- to, libero, responsabile. Do- po aver fatto uscire Israele dal- l’Egitto, al momento di realiz- Chiesa di Caldonazzo - Trento. L’Angelo custode. Gli angeli custodi, nostri amici e protettori

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OGGI FRATINIDOMANI APOSTOLI

N. 9SETTEMBRE

200�

Pace e bene!

MENSILE D’INFORMAZIONE RELIGIOSA E MISSIONARIA

PIA OPERA FRATINI E MISSIONI - 38100 TRENTO - Convento Belvedere S. Francesco, 1Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 - conv. in L. 27/2/2004 n. 46 Art. 1 comma 2 - DCB TrentoAutorizzazione Tribunale di Trento n. 32/1952 - Approvazione ecclesiastica - Redazione: Fr. Claudio RighiDirettore responsabile: Fr. Francesco Patton - Stampa Effe e Erre, Trento - Distribuzione gratuita fuori commercio

Nella chiesa di Caldonazzo (Trento), do-ve sono parroco, si può ammirare una bel-la statua dell’Angelo Custode, rappresen-tato con due grandi ali, piegate in alto, verso il quale i fede-

li del luogo prestano una partico-lare devozione. Se io chiedessi a qualcuno a che servono le ali, quasi certamente avrei que-sta risposta: le ali, anche quel-le dell’Angelo servono per vo-lare.Se la stessa domanda pongo, invece, alla Bibbia ho una ri-sposta diversa: le ali degli an-geli servono anzitutto per proteggere, custodire, difen-dere. L’Angelo custode ha le ali per custodire le persone affidategli; in fondo l’angelo è Dio stesso creatore, protet-tore, custode di tutti i suoi fi-gli. Dio è padre e madre; ed è proprio della madre custodire i figli, difenderli dai pericoli, permettendo a chi si sente minacciato di cercare rifugio sotto le ali del Signore.Così prega il salmo 17,8: Cu-

stodiscimi, o Signore, come pupilla degli occhi, proteg-gimi all’ombra delle tue ali. Il salmo 57,2: Mi rifugio

all’ombra delle tue ali, finché sia passato il pericolo. Il salmo 61,5: All’ombra delle tue ali tro-

verò riparo. Il salmo 63.8: Esulto di gioia all’ombra delle tue ali. E così

altri ancora.Gesù stesso ricorre a queste immagini per esprimere la sua preoccupazione verso il popolo d’Israele e la Città santa: Geru-salemme, Gerusalemme, che ucci-di i profeti e lapidi quelli che ti sono stati inviati, quanti volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, co-me una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto (Mt 23, 37).Dio si presenta come madre e padre. Se la preoccupazio-ne della madre è volta a pro-teggere il figlio, stringerlo al cuore, coprirlo di attenzioni, la preoccupazione del padre è invece dare ali al figlio, per ve-derlo crescere, diventare adul-to, libero, responsabile. Do-po aver fatto uscire Israele dal-l’Egitto, al momento di realiz-Chiesa di Caldonazzo - Trento. L’Angelo custode.

Gli angeli custodi, nostri amici e protettori

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zare con lui un’alleanza eterna, Dio ricorda al po-polo pellegrinante l’evento straordinario della li-berazione: Voi stessi avete visto ciò che io fatto al-l’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatti venire fino a me (Es 19, 4).A quel tempo non c’erano treni, automobili o aerei. Non c’era niente di più veloce delle ali dell’aquila, e Dio affida a queste (ali) la libertà del suo popolo perché arrivi velocemente a Lui, visto come la ter-ra promessa e la felicità perenne. Dio non è geloso della sua felicità e della sua vita intima, come lo era-no le divinità pagane. La mitologia greca racconta la tragica avventura di Dedalo ed Icaro, prigionie-ri del Minotauro. Per fuggire si costruirono delle ali e per incollare le piume usarono cera. Spiccarono il volo, ma avvicinandosi al dio sole la cera si sciolse e precipitarono.Gli dei erano gelosi della loro felicità ed escludeva-no i mortali. Così fulmina-rono i giganti che volevano scalare l’Olimpo. Al contra-rio, Dio è felice di parteci-pare all’uomo la sua vita, la sua bellezza, la sua bontà, la sua grazia e felicità. Dio ci ha creati per essere felici con lui.Per questo il Signore ci met-te a fianco il suo Santo An-gelo con la missione di illu-minarci e custodirci. Dio ha messo un Angelo Custode anche a fianco del suo Fi-glio prediletto, Gesù, per-ché lo proteggesse. Nel de-serto, dopo le tentazioni: il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo serviva-no (Mt 4, 11). E nel Getse-mani, in preda all’angoscia e sudando sangue gli apparve allora un angelo per confor-tarlo (Lc 22, 43). Dio non abbandona i suoi figli nel momento della tentazione e della prova.Ma tu, l’hai mai sentito l’Angelo Custode vicino a

te, che ti illumina, custodisce, regge e governa? Ma-gari mi risponderai di no. Anch’io risponderei al-lo stesso modo se me lo chiedessero. Ma se guardo per un istante a quella bella statua dell’Angelo della chiesa di Caldonazzo, noto, e lo faccio notare anche ai bambini della catechesi, che la mano dell’Angelo sembra stringere la mano del fanciullo per guidarlo; in questo caso, è chiaro, che il fanciullo sente la ma-no dell’angelo. Ma se guardi attentamente, da vici-no, t’accorgi che la mano dell’angelo sfiora, ma non tocca la mano del bambino. L’Angelo custode è vi-cinissimo al bambino, ma non lo tocca, e il bambi-no pur avendo l’angelo a suo fianco non lo sente.L’angelo di Dio, che in fondo è Dio stesso, è pro-prio così: è più vicino a noi di noi stessi, ci avvol-ge, ci penetra, ci conforta, sostiene. Ma così discre-tamente, così rispettosamente, che tu credi di es-sere solo a camminare per la tua strada. Ci furo-

no santi e sante che avevano una grande devozione al-l’Angelo custode, parlavano e si confidavano con lui co-me ad un amico.Quale compagnia miglio-re per il viaggio della no-stra vita? Pensi che Tobio-lo avrebbe potuto trovare per il suo viaggio un com-pagno migliore dell’Angelo Raffaele?

Don Mario Filippi

Preghieraall’angelo custode.

Angelo di Dio,che sei il mio custode,illumina, custodisci,reggi e governa meche ti fui affidatodalla bontà celeste. Amen.

Gli Angeli custodi, da sempre, sono venerati e pregati con fede e fiducia.

I frati minori a Capitolo per rivivere la grazia delle originiCon lucidità e determinazione la fraternità fran-cescana intende celebrare il Capitolo (riunione) straordinario dell’intero Ordine, che avrà luogo ad Assisi nella seconda decade di settembre.È un evento speciale per la grande famiglia del Poverello, che si colloca all’interno del triennio commemorativo (2006 - 2009) della cosiddetta conversione di san Francesco o mutamento radica-le di vita, iniziata l’anno del Signore 1206 in As-sisi, e l’approvazione della Regola per Francesco e primi compagni da parte della Chiesa, nella per-sona di papa Innocenzo III, l’anno 1209

Avevamo precedentemente ricordato ai nostri lettori quest’importante appuntamento trienna-le, che vede l’intero Ordine dei frati minori impe-gnato in una seria, profonda e capillare revisione del proprio modus vivendi dentro il nostro tempo, segnato da generosi sussulti di risveglio religio-so accanto a una perdita vertiginosa di ideali cri-stiani ed umani. La stessa fraternità francescana, sottolineava il ministro Generale, padre Josè Car-ballo in un suo recente documento, è attraversata da segni gioiosi di rinnovata primavera di fede e di entusiasmo propri delle origine del Movimen-to accanto a sacche di ristagno e di immobilismo, che aggrediscono persone consacrate e comunità. Con energia e decisione il ministro generale, gio-vane frate spagnolo, chiama a raccolta gli oltre se-

dicimila seguaci di san Francesco, spronandoli ad un audace e lucido lavoro di rifondazione e di rinno-vamento dell’intero Ordine, aggiornando strutture antiche e creando forme nuove di evangelizzazio-ne e di presenza.Siamo figli e fratelli di un padre “gigante”, ripete con enfasi il ministro generale, statura imponen-te e viso rotondo, la cui santità, audacia, ardimen-to e creatività sono rimasti vivi per otto secoli, e sono tuttora vivi nel cuore e nella vita di molti nostri fra-telli... Santità, audacia, ardimento e creatività, con-tinua il documento di padre Carballo, che tutti noi siamo chiamati a riprodurre con coraggioso impegno, facendo rivivere la grazia delle origini...Queste priorità evangeliche verranno approfon-dite dalla grande assemblea francescana riunita in Capitolo ad Assisi, quel santo luogo dove 800 anni fa si è accesa la luce radiosa della risurrezio-ne evangelica, che ha sbalordito i contemporanei di Francesco, ed ancora non cessa di illuminare di speranza e di ottimismo quanti si avvicinano al

Chiesa di san Damiano. Luogo dove, nell’anno 1206, Cristo crocifisso chiamò alla sequela evangelica

il giovane Francesco d’Assisi.

Basilica di S. Francesco. Giotto. Papa Innocenzo III ap-prova, nel 1209, la forma di vita o Regola per Francesco e

la sua primitiva fraternità.

L’esercizio della carità

messaggio del nostro Fondatore. Ricordiamo, in-fine, le direttive suggerite dal successore del San-to, il ministro generale. Egli ci invita fortemen-te a: guardare al futuro con fiducia, essere profezia, guardare al passato con gratitudine, vivere il presente con passione, concentrare tutta l’attenzione sull’essen-ziale che è il Signore del creato e della storia, per poi andare incontro con amore e dedizione agli uomini e donne, nostri fratelli e sorelle.Sull’onda lunga delle generose ed audaci pro-

Se uno della comunità cadrà ammalato,gli altri lo devono servireTra le parabole delle quali il Signore Gesù si è servito per illustrare a tutti i misteri del Regno di Dio, ce ne sono alcune che costituiscono una sorta di “vangelo nel Vangelo”: come la parabo-la cosiddetta del “Figliol prodigo”, dove Dio ap-pare nelle vesti di un padre sempre in attesa del

Mentre l’enciclica Deus Caritas est di papa Benedetto XVI è oggetto tuttora d’universale consen-so e di approfondite riflessioni, crediamo fare cosa gradita proporre ai lettori un saggio sulla Cari-tas – esercizio dell’amore (seconda parte dell’enciclica), preparato per il nostro periodico da padre Car-lo Paolazzi. Attingendo alle Fonti Francescane, frate Carlo di Palù di Giovo, studioso di storia e spi-ritualità francescana, ha riassunto gli atteggiamenti evangelici che caratterizzano la carità verso il sof-ferente, quali l ’attenzione somma, l’amore appassionato, il servizio continuo, fatti propri da san Francesco e dallo stesso proposti e raccomandati ai fratelli e sorelle del suo Ordine.

Non basta “vedere”

la sofferenza altrui,

occorre ch’essa trovi eco nel cuore

di chi la vede, trasformandosi in

gesti di carità

evangelica.

figlio lontano, ma paziente e conciliante anche nei confronti del figlio vissuto in casa; o quella del Buon Samaritano, dove il gesto di solidarie-tà di uno “straniero” verso uno sconosciuto, feri-to e abbandonato sulla strada, viene proposto a esempio di chi voglia farsi “prossimo” per i suoi fratelli: “Va’ e anche tu fa’ lo stesso” (Lc 10, 37).In realtà la seconda parabola segnala con straor-

poste di vita, richiamate dal documento soprac-cennato e che verranno elaborate dalla numero-sa schiera dei frati capitolari, muoviamoci tutti noi, religiosi e laici, magari lentamente (la mag-gioranza siamo ormai sopra i settant’anni!), per rivivere l’avventura evangelica della rifondazione francescana, sempre confortati dalla parola di Ge-sù: Non abbiate paura, io sono con voi. Mettiamoci in cammino, quindi, con lucidità ed audacia.

Paf

Figliol prodigoBuon Samaritano

dinaria evidenza il momento in cui nasce l’amo-re coinvolgente e fattivo che deve contraddistin-guere i discepoli di Gesù: e lo fa contrapponen-do il levita e il sacerdote – che ”quando vide il ferito passò oltre dall’altra parte” – al Samari-tano, che “passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione” (misericordia motus est). La lezione è chiara. “Vedere” con raccapriccio il bisogno o la sofferenza dell’altro non basta, bisogna che la sofferenza altrui trovi eco nel cuore di chi la ve-de, trasformandosi in quella serie coerente di ge-sti caritativi con i quali il buon Samaritano si è fatto “prossimo” dell’uomo ferito: “lo vide e n’eb-be compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite… e si prese cura di lui” (Lc 11, 33-34).

Convertirsi alla “dolcezza” dell’amore per chi soffreQuesta pagina evangelica dovette imprimersi con tale forza nel cuore di Francesco, che quando il santo di Assisi, alla vigilia della morte, ripensò al momento decisivo della sua conversione, non tro-vò di meglio che rievocarlo sulla falsariga della parabola evangelica: “Il Signore dette a me, fra-te Francesco, d’incominciare a fare penitenza co-sì: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa trop-po amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E al-lontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo” (Testamento, 1-3). In tutta la letteratura france-scana non esiste forse pagina che faccia capire in forma così profonda e suggestiva, che cosa signi-fica “convertirsi al Vangelo”: accogliere la grazia

che scende dall’alto, “vedere” e servire con amore Cristo che continua a soffrire nei suoi fratelli, e in questo servizio scoprire una “dolcezza” segreta che coinvolge tutta la persona e tutta la vita.Che nella persona del povero e dell’infermo si na-sconde Cristo, è convinzione che Francesco attin-geva da una ininterrotta tradizione cristiana ed esprimeva con la consueta efficacia ad un confra-tello poco riguardoso verso un povero, per giunta ammalato: “Vuoi sapere in che modo hai peccato contro il povero, anzi contro Cristo? Quando vedi un povero, devi pensare a colui nel nome del qua-le viene, cioè Cristo, che prese sopra di sé la nostra povertà e infermità. La povertà e infermità di co-stui è infatti come uno specchio, attraverso il qua-le dobbiamo contemplare e considerare con pio affetto l’infermità e povertà che il Signore nostro Gesù Cristo portò nel suo corpo per la nostra sal-vezza” (Specchio di perfezione, 37).Sono pensieri e atteggiamenti che Francesco, co-me di consueto, vive in prima persona e trasfe-risce all’interno della fraternità, applicandoli se-condo una linea di condotta tanto degna di es-sere imitata quanto difficile da imitare, lui che sapeva essere “severo con sé, indulgente con gli altri, discreto in tutto” (Celano, Vita prima, 83). Anche in questo caso, come in altri innumerevo-li, è difficile descrivere l’atteggiamento di Fran-cesco verso i confratelli infermi meglio di quan-to abbia fatto il suo primo biografo: “Dimostrava una grande compassione per gli infermi e una te-nera sollecitudine per le loro necessità. Se a volte la bontà dei secolari gli mandava qualche corro-borante per la sua salute, lo regalava agli altri am-malati, mentre ne aveva bisogno più di tutti. Fa-ceva proprie le loro sofferenze e li consolava con parole di compassione, quando non poteva reca-re loro soccorso”. La carità, che vale più della leg-ge e dei sacrifici, gli ispira gesti pieni di attenzio-ne e di cortesia, volti a superare le possibili diffi-coltà psicologiche del malato: “Mangiava perfino nei giorni di digiuno, perché gli infermi non pro-vassero rossore, e non si vergognava nei luoghi pubblici della città di questuare carne per un fra-te ammalato (…). Una volta venne a conoscenza che un frate ammalato aveva desiderio di man-giare un po’ d’uva. Lo accompagnò in una vigna e, sedutosi sotto una vite, per infondergli corag-

S. Francesco morente. Il Santo raccomanda ad ogni persona di “servire” il fratello e la sorella come essi stessi

vorrebbero essere serviti ed amati.

OGGI FRATINIDOMANI APOSTOLI

MENSILE D’INFORMAZIONE RELIGIOSA E MISSIONARIA

gio, cominciò egli stesso a mangiarne per primo” (Celano, Vita seconda, 175-6).

“Li servano come vorrebbero essere serviti essi stessi”Ma dalle pagine che descrivono le origini del mo-vimento francescano escono indicazioni ancora più importanti di quelle riguardanti la persona di Fran-cesco: perché l’atteggiamento del santo verso i mala-ti è diventato esemplare per i suoi primi compagni, e di qui – attraverso l’attività legislativa dei Capitoli di Pentecoste – è entrato nelle “norme di vita” per l’in-tera fraternità. “E ovunque sono e si incontreranno i frati, si mostrino familiari tra loro reciprocamen-te… E se uno di loro cadrà malato, gli altri frati lo de-

vono servire come vorrebbero essere serviti essi stessi”, prescrive la Regola bollata del 1223 (cap. VI 9), pre-ceduta su questa via dalla Regola del 1221, che con-tiene alcune norme operative particolarmente atti-nenti non solo al nostro discorso, ma anche all’occa-sione che l’ha ispirato: “Se un frate cadrà ammala-to, ovunque si trovi, gli altri frati non lo lascino sen-za avere prima incaricato un frate, o più se sarà neces-sario, che lo servano come vorrebbero essere serviti es-si stessi; però in caso di estrema necessità, lo possono affidare a qualche persona che debba assisterlo nella sua infermità” (Regola non bollata X 1-2).

Fra Carlo Paolazzi

Dalle nostre missioniIl prezioso lavoro religioso - pastorale e quello di promozione umana, offerto dai nostri francescani trentini alla gente dell’America Latina e d’Africa, trova un gioioso apprezzamento da parte dei no-stri benefattori non solo ma anche un giusto rico-noscimento dalle autorità civili del luogo.È il caso di padre Mario Comina, da 44 anni in Bo-livia, un missionario e un apostolo della carità ol-tremodo sensibile e generoso, che ha fatto del ser-vizio per il Regno di Dio e dell’uomo l’unico scopo del sacerdozio e della consacrazione religiosa. Il Dizionario biografico delle perso-nalità di Bolivia, pubblicato recen-temente nella repubblica andina, ha riservato, infatti, al missiona-rio di Pejo la seguente attestazio-ne di benemerenza. Mario Comina Francescano è stato insignito di Me-daglia d’oro, due volte, a Wayapacha e Pocona (provincia del Carrasco). Onorificenza “Amico della città” di Cochabamba. Onorificenze di gran-

de importanza ricevute dal reverendo padre Mario da vari Comuni e Province del dipartimento di Co-chabamba e anche di La Paz, in considerazione de-gli eminenti servizi prestati alla Nazione e nume-rosi felicitazioni per il lavoro svolto a favore di va-rie istituzioni sportive e culturali.Il gentile riconoscimento della Nazione bolivia-na al missionario padre Comina, si accompagna a quell’altra dichiarazione di encomio, la meda-glia Moto Menedez, di cui abbiamo dato noti-zia nel precedente bollettino, assegnato dalla re-gione di Tarija a padre Angelo Donati, religioso trentino, superiore - guardiano del convento cit-

tadino, la cui fondazione risale al-l’anno 1606.Sono brevi flash di cronaca, che pur nella semplicità dell’annuncio, sot-tendono una meravigliosa attività religiosa e sociale, civile e culturale dei nostri missionari, iniziata e mai smessa da quando un drappello di frati trentini approdarono sull’im-menso e impervio altopiano delle Ande, a partire dal 1949.P. Mario Comina

Ai nostri benefattori. Nel generoso sforzo di alfabetizzazione delle comunità rurali d’Africa e di quelle campesine di Bolivia, sostenuto dai nostri missionari di Trento, desideriamo unire anche il contributo economico della Pia Opera Fratini e Missioni, in fondo quello che voi, affezionati e be-nevoli benefattori, ci fate pervenire. Abbiamo intenzione di aiutare prossimamente, infatti, con ma-teriale scolastico e con la creazione di mense, fanciulli e ragazzi che frequentano le numerose scuo-le avviate e gestite dai nostri missionari.